Commenti RM al conferimento della cittadinanza onoraria di Frascati

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Discorso per il conferimento della cittadinanza onoraria

al Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco


Frascati – Scuderie Aldobrandini

4 luglio 2005



Preg.mo Sig. Sindaco,

Autorità civili di Frascati e Signori Ambasciatori dell’Argentina,

Signore e Signori presenti,

è per me motivo di grande gioia e soddisfazione potermi trovare oggi con voi. Lo faccio nel ricordo del carissimo Don Juan Edmundo Vecchi, mio predecessore, che nell’anno 2000, in occasione del centenario di fondazione dell’Istituto Salesiano “Villa Sora” aveva in programma la sua venuta a Frascati, ma la malattia non gli permise di realizzare questo desiderio.


Lo faccio io oggi, come nono successore di Don Bosco, a cinque anni di distanza, per una duplice significativa circostanza: un nuovo centenario (quello della morte del Venerabile Zeffirino Namuncurà) ed il conferimento al Rettor Maggiore dei Salesiani della cittadinanza onoraria di Frascati come “Civis Tusculanus”. E’ bello considerare poi un terzo significativo evento che scaturisce dai primi due, il gemellaggio fra Chimpay e Frascati, due cittadine così distanti geograficamente e storicamente fra loro, eppure accomunate dalla presenza incisiva dell’Opera Salesiana. La prima ha visto nascere il Venerabile Zeffirino il 26 agosto 1886 e l’iniziale espandersi della missione salesiana in Patagonia, la seconda (Frascati), accolse Zeffirino negli ultimi mesi della sua vita dal 19 novembre 1904 fino alla primavera del 1905.


Alla luce di tali eventi, mi permetto di esporre tre considerazioni.



1.La memoria del Venerabile Zeffirino Namuncurà


Fare memoria, nel linguaggio religioso cristiano, significa accompagnare l’evento con una triplice attenzione: guardare con riconoscenza il passato, vivere con fiducia il presente, e proiettarsi con speranza nel futuro. Vuol dire quindi ascoltare ed imparare, accogliere la ricchezza del passato ed alimentare il presente, lasciarsi interrogare e porre germi di futuro. Vogliamo perciò, non solo commemorare Zeffirino, ma trarre da lui un motivo di rinnovato impegno per l’oggi ed il domani.

Non è un fatto casuale, per un popolo ed una terra, aver dato i natali ad un giovane che è vissuto santamente, è morto santamente, è stato proclamato Venerabile nel 1972 dal Papa Paolo VI, viene ritenuto santo nell’affetto e nella devozione del popolo argentino (“in cielo Dio, in terra Zeffirino”) e dell’intero continente sudamericano.


Egli non è l’espressione di se medesimo, o solo il campione nell’esercizio eroico delle virtù individuali. Egli è anzitutto il frutto di una famiglia fiera e generosa, della forte tribù degli Indios Araucani, della terra di Patagonia, dell’Argentina intera. Se la santità ha potuto fiorire in lui è perché ha trovato un fertile terreno in quelle qualità umane proprie della sua terra e della sua stirpe, che egli ha assunto ed ha perfezionato.


Ci è grato, dunque, vedere nel Venerabile Zeffirino tutta la storia (spesso drammatica) del suo popolo. Egli riassume in sé le sofferenze, le ansie, le aspirazioni di generazioni che lo hanno preceduto e che proprio nell’arco degli anni della sua fanciullezza si incontravano con il Vangelo e si aprivano al dono della fede. Il tutto viene raccolto in una sua programmatica espressione: “Voglio studiare per essere di aiuto al mio popolo”.


Il santo non è mai simile ad una meteorite che attraversa d’improvviso il cielo dell’umanità, ma è piuttosto il frutto di una lunga e silenziosa gestazione di un popolo che esprime in quel suo figlio le sue qualità migliori.


Siamo qui dunque per fare memoria di culture e tradizioni antiche, di popolazioni fiere ed indomite, ma anche per riscoprire la fecondità del Vangelo che non distrugge i valori autentici di cui ogni cultura è portatrice, ma li assume, li purifica, li perfeziona.


Zeffirino aveva un grande sogno nel cuore: quello di studiare, diventare sacerdote e tornare tra la sua gente per contribuire alla crescita culturale e spirituale del suo popolo, come aveva visto fare dai primi missionari salesiani. Voleva, sia pure in modo germinale e tuttavia chiarissimo, incarnare in sé il Vangelo, per incarnarlo nella storia e nella tradizione del suo popolo: oggi diremmo, per inculturarlo.


Chi pensa che la fede religiosa sia una forma di alienazione o di disimpegno si sbaglia. Essa è, al contrario, l’energia per la trasformazione della storia. La santità, mentre per alcuni evoca la singolarità di una condizione ritenuta poco aderente alla vita quotidiana, sta invece a significare la pienezza dell’umanità realizzata. Il santo è un uomo vero, riuscito, felice. Le testimonianze dei contemporanei di Zeffirino si richiamano a vicenda nell’indicare la bontà del suo cuore e la serietà del suo impegno. “Sorride con gli occhi”, dicevano di lui i compagni. Era un adolescente ammirabile, esemplare, santo.


E’ questo, credo, il primo insegnamento da trarre dalla celebrazione odierna. La vita di ogni uomo viene arricchita dalla accoglienza della parola del Vangelo, divenendo autentica, ricca, feconda. Ma anche le tradizioni popolari, la cultura, l’economia, l’ attività politica, l’arte, la ricerca e la scienza, non hanno nulla da temere dall’incontro con il Vangelo, anzi possono trarre da esso ispirazione e stimolo per essere a servizio dell’uomo, di tutti gli uomini, e non contro l’uomo, od a vantaggio di pochi.



2.L’assegnazione al Rettor Maggiore del titolo di “Civis Tusculanus”


E’ questo il secondo motivo di gratitudine e di gioia della giornata odierna. Ringrazio di tutto cuore il Signor Sindaco Dott. Franco Posa, e l’intero Consiglio Comunale per questa attestazione di stima e di affetto che, attraverso la mia persona, vuole raggiungere le generazioni di Salesiani che si sono succeduti in Frascati, a Villa Sora ed a Capocroce. Fu grazie ad una petizione rivolta al primo successore di Don Bosco, il Beato Michele Rua, a firma del sindaco e di oltre cento cittadini, che i Salesiani arrivarono a Frascati nel 1896, prima nella Direzione del Seminario Diocesano e, quattro anni dopo, nell’attività scolastica, svolta ininterrottamente fino ad oggi, nell’antica Villa dei Duchi di Sora.


I nomi di Don Chiari, Don Villa, Don Goretti, Don Pulla, Don Fasòglio, Don Cammaràno, Don Malagòli, Don Jacoangeli, e di tanti altri Salesiani sono nel cuore di intere generazioni di giovani di Frascati, dei Castelli Romani, e dell’Italia centrale e meridionale, che hanno avuto in Villa Sora il loro centro educativo e formativo, la loro seconda famiglia e, per non pochi, la loro unica famiglia.


Una presenza assai incisiva è stata poi svolta dalla Parrocchia e dall’Oratorio di Capocroce, per diversi decenni animate dai confratelli Salesiani. Quel cortile è stato per tanti giovani della città il luogo della allegria, dell’impegno, della spensieratezza, della formazione cristiana. Con tali presenze, i Salesiani sono entrati a far parte indissolubilmente della storia di Frascati, condividendo di essa le ore liete ed i momenti tristi. Non possiamo non ricordare la partecipazione generosa di numerosi Salesiani (uno dei quali, Don Pietro Pizzichetti ancora vivente) per soccorrere la popolazione all’indomani dei bombardamenti che funestarono la vita della città sul finire della seconda guerra mondiale. In quel frangente, Villa Sora, pur parzialmente distrutta, aprì incondizionatamente le sue porte per ricoverare centinaia di famiglie di Frascati, prive della abitazione e provate dalla perdita degli affetti più cari.


Il conferimento al Rettor Maggiore della cittadinanza onoraria da parte del Sindaco e dell’intera Amministrazione comunale è quindi un momento per fare sintesi di questa storia passata, ma anche l’occasione per assumere un rinnovato impegno a favore dei giovani, che è la ragione della presenza ormai centenaria dei Salesiani a Frascati.


E’ urgente rivolgere un’attenzione appassionata e disinteressata ai giovani.. Se la Chiesa, la scuola, le Istituzioni civili perdono il contatto con i giovani, non li coinvolgono e non li ascoltano, li lasciano in balia di se stessi, disorientati, oggetto di attenzione interessata da parte di chi si rivolge a loro come ad una possibile area di mercato in cui espandersi.


Frascati, per la sua bellezza e la sua incomparabile posizione, è tuttora meta abituale di migliaia di ragazzi, adolescenti e giovani. Sarebbe auspicabile una intensa collaborazione tra quanti hanno a cuore la vita dei giovani per condividere idee, iniziative, progetti, che, nel rispetto del pluralismo e della originalità di ciascuno, faccia di questa città un laboratorio permanente di animazione giovanile sul territorio.


La presenza dei Salesiani a Villa Sora è, e vuole restare, in prima linea. Il servizio scolastico della Scuola Secondaria di Primo Grado e del Liceo classico e scientifico rimane un punto di riferimento significativo nell’area di Roma sud e dei Castelli Romani. Le attività estive per centinaia di ragazzi, il Collegium Artis, il Teatro, le strutture sportive, il Centro di ospitalità intitolato a Zeffirino Namuncurà sono servizi di prim’ordine per i giovani di questo territorio.


Vorremmo poter accogliere ancor più ragazzi e giovani, specie delle fasce economicamente più deboli, ma sono note le difficoltà ed i nodi che restano incredibilmente insoluti nel settore scolastico. La distinzione fra statale e non statale non può più significare spazi di estraneità e di concorrenza, ma risorse vive e complementari che una comunità civile riconosce presenti nel suo territorio e che promuove. Se una scuola ben funzionante è considerata un bene prezioso per la educazione dei giovani, tutta la comunità civile si sente impegnata in essa, con forme varie di sostegno e di collaborazione. Anche in questo Frascati e la sua Amministrazione possono scrivere una pagina d’avanguardia, creativa e moderna.



3.Il gemellaggio tra Chimpay e Frascati


La felice ricorrenza del 1° centenario della morte del Venerabile Zeffirino Namuncurà ha fatto incontrare tra loro gli Amministratori ed, idealmente, l’intera popolazione di due città distanti geograficamente, ma accomunate dalla memoria di un giovane considerato santo.


E’ un gesto molto bello e significativo. Esso testimonia l’apertura a culture diverse, la disponibilità a scambiare i propri beni spirituali e le proprie tradizioni, in un reciproco dare e ricevere che arricchisce tutti. In un tempo di mercificazione dei rapporti e di riduzione degli scambi alla sola dimensione economica, un gemellaggio è un forte segnale di gratuità e di reciproca volontà ad apprendere dall’altro e ad accogliere l’altro.


Nelle prime settimane, il Direttore del tempo, Don Ludovico Costa ebbe qualche timore che Zeffirino avesse a soffrire da parte dei compagni: “giovani e ragazzi – egli dice – allegri, irrequieti, vivaci, facili allo scherzo ed alla burla”. Ma non fu così. Zeffirino, pur così diverso da loro per provenienza, cultura e lingua, fu da tutti subito stimato, rispettato, amato.


E’ un segnale, credo, eloquente per il nostro tempo in cui i fenomeni migratori si intensificano e di consolidano. L’accoglienza dell’altro, specie se segnato dalla sofferenza e dal bisogno, è il primo segnale positivo di una comunità civile, davvero degna di questo nome. Nel nome di Zeffirino, si incontrano da oggi due popoli, due nazioni, due ricche tradizioni culturali. Sia anche questo un segno profetico che le città di Frascati e di Chimpay oggi pongono, verso un nuovo modello di convivenza e di civiltà che è stato giustamente definito “la civiltà dell’amore”.



Conclusione


Chi entra nella Basilica Vaticana, può scorgere in alto, nell’ultima nicchia a destra della navata centrale, una grande statua di San Giovanni Bosco che indica l’altare e la tomba di San Pietro. Accanto a lui due giovani, uno dalle fattezze europee e l’altro dai tipici tratti somatici delle tribù del Sudamerica. E’ evidente il riferimento ai due giovani santi: Domenico Savio e Zeffirino Namuncurà. E’ l’unica raffigurazione di ragazzi presente nella Basilica Vaticana. Rimane così, fissato nel marmo, nel cuore della cristianità, l’esempio della santità giovanile, di quell’amore totale che è dono gratuito di sé, che abbatte barriere, avvicina popoli e culture, fa crescere l’umanità e lascia un segno di quella vita che non muore.


La giornata odierna, i significati e le memorie, gli impegni e le prospettive che essa suscita sono una pagina bella di storia e di civiltà. A quanti hanno contribuito a scriverla va il mio sincero e sentito ringraziamento.




P. Pascual Chávez Villanueva

Rettor Maggiore

Frascati: Conferimento Cittadinanza onoraria (04.06.05)