2017_CameroniP_Don_Rinaldi


2017_CameroniP_Don_Rinaldi

1 Pages 1-10

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1.1 Page 1

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Don Pierluigi Comeroni SDB
Don Rinaldi
Padre buono e umile servo di tutti
Profilo spirituale
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\\
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1.2 Page 2

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Testi a cura di: Don Pierluigi Cameroni, sdb
O Editrice Shalom - 20.05.2017 Centenario della fondazione dell'Istituto
delle Volontarie di Don Bosco
rsBN 9788884044877
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SHALOM
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L'editrice Shalom non concede diritti d'autore (né patrimoniali noroli) all'Autore del presente libro.

1.3 Page 3

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Indice
Presentazione......
I
Introduzione
13
1. Biografia
24
1.1 Gli anni di Lu Monfenato (18s0-1871) 24
Autografo di don Rinaldi sulla sua giovinezza ........... 33
1.2 Aspirante e giovane salesiano (1871-1882) 38
Propositi di Filippo Rinaldi tra il 1811 e il 1881
40
Propositi e preghiere di don Rinaldi tra il I 878- 1819 45
1.3 Direttore delle vocazioni adulte
e superiore in Spagna (1882-1901)
51
Propositi di don Rinaldi del 1889
53
1.4 Prefetto Generale (1901-1922)
58
Il campo dei fedeli laici
64
La dedizione paterna alle Figlie di Maria Ausiliatrice .. .. 70
1.5 Rettor Maggiorc (24 aprile 1922 - 5 dicembre 193 D 77
2. Profilo virtuoso
83
2.1 Vicino a noi e grande nelle virtù.
83
2.2 Fede: Uomo di una fede massiccia, granitica 94
Uomo tutto di Dio .
99
Uomo di preghiera......
103

1.4 Page 4

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La colonna dell' Eucaristia
106
La colonna di Maria
108
Preghiere alla Madonna .
tt2
Uomo apostolico
116
2.3 Speranza: ogni giorno bisogna portare
un mattone alla costruzione
della nostra dimora in Paradiso
123
2.4La carità verso Dio:
tutto in don Rinaldi era amor di Dio
131
2.5 La carità verso il prossimo:
se non mi metto in contatto
con le anime mi matertaltzzerei. .
139
Si parlava di don Rinaldi come di un papà
t42
Amava tutti e avrebbe voluto arrivare a tutti
t46
2.6 Prudenza: la virtù che maggiormente
spiccò in don Rinaldi
r52
2.7 Giustizia: la carità
senza giustizia diventa debolezza
160
2.8 Fortezza'. omnia possum in eo qui me confortat t66
2.9 Temperanza: lavoro e temperanza
faranno fiorire la Congregazione
175
2.10 Un religioso perfetto: coepit .facere et docere 179
Castità: riservarci solo per Dio come Maria.
179
Povertà: io sto tanto comodo così!.
183
Obbedienza: sottomissione di cuore
185
Umiltà: si considerava il servo di tutti
189

1.5 Page 5

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3. Una testimone singolare
193
3.1 Suor Maria Lazzari, fondatrice delle Suore
Missionarie della Passione di Gesù
t93
3.2 Testimonianza di madre Maria Lazzarr
200
4. Don Rinaldi fondatore
212
4.1 Don Rinaldi, una vocazione adulta
attenta alla vita secolare
214
4.2 Associazione delle Zelatncr salesiane
220
Conclusione
229
Prospetto cronologico della vita
del beato Filippo Rinaldi
24t
Iter della causa di beatificazione
243
Preghiera per la canonrzzazione.
241

1.6 Page 6

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Padre buono
e umile servo di tutti
Profilo spirituale
t
'ìì
ÈtB

1.7 Page 7

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Presentazione
In occasione del primo centenario dell a fondazione
dell'Istituto delle Volontarie di Don Bosco, sono lieta di
presentare il libro di don Pierluigi Cameroni Don Rinal-
di. Padre buono e umile selyo di tutti. Profilo spiritua-
le. Già il titolo ci indica la ricca proposta spirituale che
l'esperienza di questo figlio di don Bosco ci offre con la
sua vita pregna di Dio.
I santi non sono semplicemente i nostri intercesso-
ri, ma sono soprattutto coloro che con la loro testimo-
ntanza ci accompagnano nel nostro cammino di santità
e sono per noi trasparenza dt quel Dio vivo e fedele che
ci cammrna accanto nella storia e ci ama con tenetezza
di Padre. Don Filippo Rinaldi, vivente immagine di don
Bosco, è stato uno di questi.
Il prezioso testo di don Pierluigi Cameroni delinea
un profilo che mette in evidenzall grande spessore spi-
rituale del nostro Beato, che fa di lui un vero alpinista
dello Spirito.
Don Rinaldi era un uomo di Dio dalla fede grandis-
sima, che si è nutrito di preghiera e di Eucaristia. Di
lui diceva don Ceria: <<Don Rinaldi ci si presenta con
la caratteristica d'uomo dalla vita interiore. La praticò
per sé, la predicò agli altri. Era suo convincimento che a
voler vivere secondo lo spirito di don Bosco bisognasse
non perdere di vista Ia sua vita interiore.. .>>. La medi-
tazione, in particolare, era vista e vissuta da lui come
Presentaz.ione 9

1.8 Page 8

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un momento indispensabile per crescere nella vita inte-
riore. Alle giovani, che ha guidato spiritualmente e con
le quali ha dato rnrzio all'esperienza di secolarità con-
sacrata salesiana, raccomandava: «Mai lasciare un solo
giorno dell'anno di fare la meditazione>r.r
Don Rinaldi era un uomo colmo di amore di Dio;
un amore incarnato, che si traduceva in bontà e premu-
ra paterna per il prossimo, sia dal punto di vista ma-
teriale che spirituale. Come un buon padre era, infatti,
premuroso a venire incontro ai bisogni dei confratelli,
ma anche di tanta gente comune che bussava alla sua
porta o nei quali lui stesso intuiva un bisogno; era anche
molto apprezzato per la sua direzione spirituale saggia,
prudente e profonda. Proprio dall'esperienza dt accom-
pagnamento spirituale di alcune oratoriane della Casa
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, desiderose di fare un
percorso di santità, è nato uno dei frutti più belli della
sua operosità creativa, un'espertenza del tutto nuova in
quel tempo: fedele all'impulso dello Spirito Santo, egli
è stato il fondatore di quello che oggi è l'Istituto secola-
re delle Volontarie di Don Bosco.
Un uomo accogliente, che sapeva donare il suo tempo
con generosità a chiunque avesse bisogno di lui, trattan-
do ognuno come se fosse la persona più importante del
1 ISTITUTO SECOLARE "VOLONTARIE DI DON BOSCO", DO-
cumenti e testi, V, "Quaderno Carpanera". Le conferenze spirituali di
don Rinaldr alleZelatrici di M.A. (1917-1928), Roma 1980, p. 194.
10 Drm Rinalcli

1.9 Page 9

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mondo. Umile, egli considerava gli altri sempre migliori
di lui; prudente e trasparente nelle relazioni, cordiale e
riservato nello stesso tempo; forte nelle avversità e nelle
incomprensioni; austero e semplice; fedele agli insegna-
menti del Santo dei giovani, tanto che di lui si diceva
che «di don Bosco gli mancava solo la voce>>; devoto,
con la semplicità di un bambino, alla Vergine Maria.
Se i santi sono come stelle nella notte, che ci indica-
no il cammino nella vita, certamente don Rinaldi può
considerarsi una stella di prima grandezza, da amare, da
imitare, da cui imparare molto. Sono certa che questo
volume ci aiuterà a conoscere ancora più in profondità
la spiritualità salesiana e a far crescere in quanti legge-
ranno la sete di santità vissuta nel quotidiano così come
ci ha indicato il nostro don Filippo Rinaldi.
Olga Krizova
responsabile maggiore
delle Volontarie di Don Bosco
Presentaz.ione 11

1.10 Page 10

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E
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E
Don Rinoldi. Uno sguordo
buono, mitissimo e poterno.
, ::''

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Introduzione
<<Vi esorto a camminare nel modo degni della vocazione a cui
siete statt chiamati, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazien-
z&, sopportandovi gli uni gli altri nell'amore, studiandovi di con-
servare l'anità dello Spirito nelvincolo dellapace" (cfn Ef 4,1-3).
«Chi avvicinava don Rinaldi sentiva di avvicinare un
papà. Anche la sua figura fisica ispirava confidenza: un
bel facctone atteggiato abitualmente a un dolce sorriso,
ma appena percettibile; dolce e calma anche la voce;
lenta e misurata la parola; uno sguardo buono, mitis-
simo e paterno, invitante al colloquio» (Don Zerbino).
La testimonianza di vita di don Filippo Rinaldi è in-
carnazione di una libertà vissuta nel dono di sé, in una
incondizionata fiducia nell'amore di Dio Padre di cui
fu segno tangibile. La sua vicenda umana e spirituale,
che ripercorriamo valorizzando in modo privilegiato le
testimontanze raccolte in occasione delle inchieste ce-
lebrate in vista della sua beatificazione,2 è segnata, fin
2 SACRA CONGREGATIO PRO CAUSIS SANCTORUM P.N
l3

2.2 Page 12

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da quando era un ragazzino nel collegio salesiano di
Mirabello, dall'incontro con don Bosco, che da padre
lo accompagnerà nel suo cammino vocazionale e im-
primerà in forma originale tutta la sua esistenza. Don
Rinaldi visse nella luce di don Bosco, interpretando il
carisma salesiano attraverso la categoria della paternità,
come espressione di autenticità e fecondità vocazionale.
Egli fin da giovane respinse ogni tentazione di affidarsi
a padri spirituali estemporanei e investito fin da prete
novello di responsabilità, fino a diventare nel tempo
successore dello stesso don Bosco, non solo mise in
guardia contro questa tentazione, ma confermò e con-
solidò l'esperienza educativa e pastorale nata dal Santo
dei giovani. Guidato e sotto lo sguardo paterno di don
Bosco, fece esperienza dt quell'autorità spirituale che
libera, fa crescere e porta a maturazione ogni germe di
bene, lasciandosi guarire, sollevare e condume in forma
personale e unica. Sperimentò una paternità autorevole
nei confronti della quale visse un'obbedienza filiale che
rn forza della grazia dello Spirito Santo non rattrista,
rende docili e attenti ai sussurri del Maestro interiore e
749, TAURINENS. CANONIZATIONIS SERVI DEI PHILIPPI
RINALDI, SACERDOTIS PROFESSI AC RECTORIS MAIORIS
SOCIETAIIS SANCTII FRANCISCI SALESII, POSITIO SUPER
VIRTUTIBUS, Tipografia Guerra, Roma 1985.
Per la Bibliografia invio al volume M. DAI LOC NGUYEN, Fe-
deltà nel dinamismo. Dott Filippo Rinaldi e la crescita del carisma
salesiano, LAS, Roma 201 1 , pp. 147- 150.
14 Don Rinaldi

2.3 Page 13

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apre ortzzonti di novità non solo per il singolo, ma per
tutti coloro che a lui si rapportano o da lui in qualche
modo dipendono.
In effetti, strutturato intimamente da questa esperien-
za carismattca di una paternità rigenerante e liberante,
don Rinaldi da subito diventò punto di riferimento per
tante persone e per tante istituzioni in un crescendo che
lo portò a dilatare la paternità ereditata da don Bosco
in forma davvero prodigiosa. Il fatto che f,n da giovane
sacerdote fosse investito di grandi responsabilità, qua-
li l'accompagnamento e la formazione delle vocazioni
adulte, è segno di come in ogni fase della sua vita, pur
rivestendo compiti e ruoli diversi, da direttore a ispet-
tore, da Prefetto Generale a Rettor Maggiore, visse e
interpretò l'autorità in chiave spirituale, non come un
esercizio di potere o nello stile di un manager da centro
direzionale, ma piuttosto come un esperto intercettatore
delle onde dello Spirito e fedele seguace dei suoi de-
sideri, sia per la vita delle singole persone, che delle
comunità e delle istituzioni.
Un primo aspetto di tale esercizio di paternità spiri-
tuale si manifestò nell'intento e nella determinazione di
salvaguardare e di custodire il nucleo del carisma sale-
siano, che dalla culla di Valdocco si incarnava in con-
testi e ambienti nuovi e diversi. Non solo un bene da
custodire, ma da far fiorire in tutte le sue espressioni,
dando forza e vigore in modo speciale alla traduzio-
ne laicale del carisma, con attenzione privilegiata agli
Padre buono e umile setl-o di tutti 15

2.4 Page 14

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ex-allievi e ai cooperatori, e inaugurando una forma
nuova di consacrazione secolare, col poffe il germe di
quello che fiorirà come Istituto secolare delle Volonta-
rie di Don Bosco. Don Rinaldi fu garante di una novità
nella continuità, attraverso un esercizio pratico di di-
scernimento e di azione discreta ed efficace per portare
ovunque la linfa vitale del carisma, valorrzzando tutte le
risorse carismatiche ed evitando frammentazioni o ridu-
zioni ideologiche.
Un secondo aspetto fu la capacità che don Rinaldi
pose in atto nell'attingere alla sua esperienza personale
che affondava le radici nelle sorgenti stesse dell'espe-
rtenza salesiana, tratta direttamente dalla fonte del Fon-
datore e nell'humus di quello spazio ricco di grazia che
fu Valdocco e la prima generazione salesiana. La sua
vicenda di maturazione e decisione vocazionale, l'ac-
compagnamento delle vocazioni adulte, gli anni vissuti
in Spagna come direttore prima e poi come ispettore,
i ruoli che ricoprì ai vertici della Congregazione sale-
siana, furono segnati dall'esperienza vissuta della di-
rezione spirituale sia personale che comunitarta. Don
Rinaldi visse le diverse responsabilità a cui fu chiamato
nella modalità secondo cui il superiore era innanzitutto
responsabile dell a salus animarum dei suoi sudditi. I1
motto del Da mihi animas trovava la prima espressione
e campo di azione nella cura e nella custodia vocazio-
nale dei confratelli. I1 superiore, così come don Bosco
1o volle, si rifaceva alla grande tradizione monastica
16 Don Rinaltli

2.5 Page 15

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dell'Abbà, del Pater, riflesso della paternità di Dio, del-
la sua misericordia e della grazia preveniente e sanante.
Ciò che sorprende in don Rinaldi è il fatto che, in co-
munione con don Michele Rua e don Paolo Albera, pri-
mi successori di don Bosco, visse un momento delicato
quando la Santa Sede stabilì che i direttori delle case
religiose non fossero più confessori dei confratelli. Con
grande saggezza e in obb edienza a Roma, don Rinaldi
seppe adattare la disposizione in modo che non venisse
compromesso il carisma e insieme cogliendo le oppor-
tunità che tale sfida comportava. Non meraviglia quindi
che abbia svolto il ruolo dell'autorità e che abbia stimo-
lato quanti erano chiamati a tale compito a non crearsi
alibi di fronte all'altezza di esso. Un aspetto questo di
grande attualità per la vita consacrata, per cui superiori
e responsabili sono chiamati, di fronte a scarsità nume-
rica ed emoffagra vocazionale, a non fuggire al dovere
di rendere conto del progresso spirituale dei fratelli e
delle comunità.
In tale visione l'obbedienza e la missione non sono
capriccio personale o cedimento sconsiderato alle ur-
genze del momento, ma risposta ai desideri dello Spirito
colti attraverso un vero discernimento personale e comu-
nitario. Don Rinaldi attraverso I'esercizio diuturno della
direzione spirituale, del ministero della Riconcilrazione,
dell'ascolto e del confronto con i collaboratori, acquisì
una capacità di scrutare f intimo dei cuori e di favorire
l'apertura delle coscienze, aprendo la via regale del ri-
Padre buono e umile sewo di tutti 17

2.6 Page 16

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conoscimento della volontà di Dio e della disponibilità
a compierla con fedeltà e creatività. Si presenta quindi a
noi come il superiore-padre che conosce esteriormente
e interiormente le persone, anzi promuove nelle persone
quella conoscenza rcale di che sicurezza e forza,,
evitando gli estremi dei ripiegamenti narcisistici o del-
le impennate velleitarie. Certamente le relazioni sono
asimmetriche per i diversi ruoli rivestiti e gli ambiti di
responsabilità, ma sul terreno comune della figliolanza
nei confronti di Dio, vissuta nella docilità alle ispirazio-
ni e alle mozioni dello Spirito Santo.
Santità, missione apostolica ed educativa, opera mis-
sionaria, fedeltà e slancio profetico del carisma sono
così ricondotte all'unica visione e sollecitudine paterna.
Il superiore-padre vissuto e interpretato da don Rinal-
di non è quello di chi è preoccupato esclusivamente di
svolgere compiti o distribuire ruoli e mansioni. Don Ri-
naldi non lo fece nemmeno durante i vent'anni in cui ri-
coprì il ruolo di Prefetto Generale, dovere che principal-
mente richiedeva lo svolgimento di compiti disciplinari
e amministrativi. Egli seppe conservare e dilatare quel
lievito di paternità e di direzione spirituale che proprio
in quegli anni 1o condusse ad avviare le opere e le im-
prese più originali della sua vita. Egli aiutò le persone
e le istituzioni, sia quelle già fondate sia quelle che da
lui presero inizio, a diventare quello che erano chiama-
te a essere. Per realtzzare questo, seppe riconoscere e
respingere sia la tentazione di essere un superiore gen-
18 Don Rinctlcli

2.7 Page 17

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darme che reprime e controlla, sia quella,, acui era forse
probabilmente più esposto, di lasciar colrere, di non in-
tervenire e correggere. Come un bravo cocchiere seppe
gestire bene queste due tendenze e condurre le vicende
delle persone e delle istituzioni con grande saggezza e
grandezza d'animo che gli vennero da tutti riconosciu-
te. Ne risultò un superiore-padre dall'animo solido,
sperimentato, lontano da ogni rispetto umano o ricerca
di consenso, fortemente disinteressato a ogni strategia
mirante a conservare il potere, anzi in ogni passaggio
di autorità riconosceva umilmente la propria incapacità
e indegnità e in diverse circostafize manifestò la neces-
sità di provvedere a nuove nomine, a investire su nuovi
confratelli più capaci, più giovani, più idonei ai compiti
richiesti.
Alla scuola di don Bosco egli era convinto che la
grazia di Dio è all'opera, si tratta di assecondarla e di
corrispondere. La vita spirituale consiste nell'accettare
che la nostra esistenza sia plasmata dallo Spirito nel-
la docilità alla sua azione. In questa relazione di amore
possiamo constatare il primato della grazia e, insieme,
il contributo libero e consapevole dell'uomo. L essere
umano collabora ponendosi in ascolto e tenendosi di-
sponibile e docile. Il suo desiderio è di incontrarsi con
il Signore e nella preghiera chiede che questo incontro
avvenga e contribuisca alla missione che deve compie-
re.La vita spirituale è un dinamismo che si sviluppa in
un processo temporale che assume tutte le dimensioni
Podre buono e umile servo di tutti 19

2.8 Page 18

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dell'essere umano, con un proprio ritmo e con i propri
momenti di crescita e prova.
Consapevole delle proprie debolezze e incapacità,
don Rinaldi visse sempre nella profonda convinzione
che <<se il Signore non costruisce la casa, invano si af-
faticano i costruttori>> (Sal 127 ,l) e che <<senza di me
non potete far nulla» (Gv 15,5). Espressione concreta
di questo primato della grazia era l'insistenza a vive-
re quell"'unione con Dio" che caratterizzòla vita nello
Spirito di don Bosco e che lo spinse a chiedere a don
Eugenio Ceria di redigere il famoso testo Don Bosco
con Dio,3 in occasione della beatificazione del Santo dei
giovani.
Strumento privilegiato per coltivare ogni giorno 1'u-
nione con Dio fu la fedeltà e il richiamo costante alla
meditazione quotidiana, ricevuto come consegna da don
Bosco morente. Così scriveva nella lettera circolare del
24 febbraio 1925: <<Don Bosco nelle Memorie scritte da
lui stesso per nostro ammaestramento, dice che all'età
di circa 12 annt don Calosso lo ammaestrò intorno al
modo di fare ogni giorno un po' di meditazione, e ag-
giunge che da quell'epoca ha cominciato a gustare che
cosa sia la vita spirituale. Noi faremo certo a lui cosa
gradita, e che attirerà sopra di noi le benedizioni di Dio,
se ci propoffemo di far meglio la meditazione. Elevan-
do la mente a Dio, impareremo a operare in modo più
3 E. CERI A, Don Bosco con Dio, LDC, Torino 1946.
20 Don Rinoldi

2.9 Page 19

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conforme allo spirito del Padre, nostra guida e modello:
saremo più attivi, più buoni coi ragazzi, prù caritatevoli
coi confratelli, più sacrificati per il bene delle anime;
e muoveremo il cuore di Dio a rivelare più presto al
mondo la santità di don Bosco>>.4 Con la meditazione,
1'esame di coscienza quotidiano, il ritiro mensile e gli
esercizi spirituali annuali, sono momenti privilegiati di
ascolto della Parola di Dio, di purificazione del cuore, di
discernimento della volontà di Dio.
I1 suo ruolo di superiore-padre lo portò a dedicare
particolare cura quando si trattava di discernere la scelta
di coloro che erano chiamati ad assumere ruoli di re-
sponsabilità, curarne costantemente la formazione e ve-
rificarne l'operato. Si trattava di operare per la vita delle
comunità nell'accompagnamento dei confratelli, nella
custodia della vita consacrata e del carisma, e nella pu-
rificazione di ogni deviazione e malattia spirituale, per
assicurare le condizioni della missione e per salvaguar-
dare il buon nome della Congregazione.
Uoccasione di questo lavoro è la celebrazione del
centenario della fondazione dell'Istituto secolare delle
Volontarie di Don Bosco, del quale negli Atti processua-
li così si parla: <<Le Zelatrici di Maria Ausiliatrice, oggi
Volontarie di Don Bosco, sono la più geniale istituzione
di don Rinaldi in campo femminile, mentre era Prefet-
4 Lettera Circolare del 24 febbraio 1925, in Aui del Capitolo Su'
periore, n. 28, p. 350.
Pudre bLtono e untile ,tervo di ttttti 2l

2.10 Page 20

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to Generale della Congregazione.Il Servo di Dio aveva
il temperamento o meglio il carisma del fondatore. Sa-
peva leggere nei segni dei tempi, cogliere i bisogni del
mondo e dar respiro alle ansie delle anime. Partendo da
richieste spirituali, che salivano dal mondo femminile
tn mezzo al quale lavorava, don Rinaldi arrivò a com-
piere e attuare una forma di vita consacrata nel mondo,
che oggi va sotto la dicitura di secolarità consacrata. Le
dottrine spirituali e giuridiche del suo tempo non erano
mature come oggi; mancavano soprattutto documen-
ti ufficiali della Chiesa a sostegno di innovazioni nel
mondo della consacrazione a Dio. Ma non è difficile
dimostrare come don Rinaldi ebbe il carisma, non della
vita religiosa nel mondo, a guis a di teru' ordine, ma della
secolarità consacrata, per la elevazione e santificazione
delle realtà terrestri. Arrivò così a poffe gli inizi di un
istituto secolare che oggi in lui si riconosce e lo onora
come Padre e Fondatore».s
Don Rinaldi rifulge così oggi come un dono speciale
per tutta la Famiglia Salesiana e in modo speciale per
l'Istituto delle Volontarie di Don Bosco che 1o venera
come fondatore. La sua testimonianzaci è di aiuto e mo-
nito a vivere e promuovere Ia vita consacrata nelle sue
diverse forme ed espressioni nella loro autenticità, su-
perando sia le derive funzionaliste che le letture troppo
psicologiche. In particolare ripropone la necessità della
5 L. CASTANO, Posirio, Summariunt, p. 505, § 1750
22 Don Rinaldi

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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custodia dei fratelli e della comunità o della fraternità,
e insieme una visione del superiore-padre che si riap-
propria della cura spirituale e carismatica dei fratelli,
nell'eserctzio della paternità spirituale che trova una
delle espressioni più vive e feconde, nel sapore della
"casa" e dello "spirito di famiglia", tipiche del carisma
salesiano.
Podre buono e umile servo di tutti 23

3.2 Page 22

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r. Biografia
r.r Gli anni di Lu Monferrato
(r85o-r 8ZZ)
Filippo Rinaldi nacque a Lu Monferrato, diocesi di
Casale e provincia di Alessandria, il 28 maggio 1856
da Cristoforo Rinaldi e Antonra Brezzi e fu battezzato
lo stesso giorno della nascita. I genitori, contadini agia-
ti, ebbero nove figli, ai quali inculcarono uno spirito
schiettamente cristiano e una profonda pietà. Il padre
era di un'onestà ineccepibile e profondamente religio-
so; la madre fu definita dallo stesso don Rinaldi «una
donna saggia, una donna forte, una donna santa». Del
padre don Rinaldi dice che preservò i figli <<con la sua
pietà... dalla corruzione del mondo>>. Si ignorala data
della Prima Comunione di Filippo che cominciò a rice-
vere assiduamente l'Eucaristia, caso unico tta i ragazzi
della parrocchia. Ricevette la Cresima all'età di 6 anni
112l maggio 1862. Un anno prima aveva avuto un con-
tatto fuggevole con don Bosco. <<La prima volta che D.
Bosco fu a Lu, D. Rinaldi doveva avere sette o otto anni
24

3.3 Page 23

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(in verità ne aveva 5). Egli era in casa che si divertiva.
Quando gli venne fatto di percepire iI suono di una ban-
da che si avvicinava a quella parte. Uscì anche lui, che
molta gente si era radunata. Non sapeva ancora di D.
Bosco e lo vide per la prima volta in quella occasione, in
mezzo ai suoi giovani, trattenendosi con la popolazione
che faceva ressa al suo passaggio. La banda seguì su alla
parrocchia e a poco a poco arrivò anche D. Bosco. Lui
seguì la banda, come era naturale. In quella confusione
di gente, anche lui si avvicinò a don Bosco, ma al più
gli ebbe baciata la mano>>.6 Fin dall'infanzia egli rivelò
un carattere buono, socievole e sereno; fu rispettosissi-
mo dei genitori, che lo indicavano ad esempio agli altri
figli. Fu devoto della Madonna. Non frequentò la scuola
elementare del paese, ma ricevette la prima istruzione
da un maestro privato. Tutto il paese viveva in un inten-
so clima religioso, e nel giro di un secolo vi fiorirono
in numero veramente eccezionale le vocazioni. La fa-
miglia e la parentela Rinaldi furono straordinariamente
feconde di vocazioni maschili e femminili: venticinque
tra il 1800 e il 1900.?
6 Altri ricordi del fratello Don Giovanni Rinaldi, Positio, Doctt-
tnenta, n. XVII, pp. 552-553.
7 Questo piccolo paese sarebbe rimasto sconosciuto se nel 1881
alcune madri di famiglia non avessero preso una decisione che
avrebbe avuto delle grandi ripercussioni. Molte di queste mamme
avevano nel cuore il desiderio di vedere uno dei loro figli diventa-
re sacerdote o una delle loro figlie impegnarsi totalmente al ser-
Pudre bttono e umile servo cli tutti 25

3.4 Page 24

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Nell'autunno del 1866 il padre 1o mandò al Piccolo
Seminario San Carlo che don Bosco aveva stabilito nel
vicino paese di Mirabello. si incontrò due volte, nel
novembre 1866 e il 9 luglio 186l , con don Bosco, il
quale destò in lui una profonda impressione, lasciando
una traccia indelebile nel suo animo. In una circolare
del l93l a pochi mesi dalla morte, don Rinaldi ricor-
dava quelf incontro descrivendolo con i tratti tipici
della spiritualità salesiana: parlava infatti di "Padre",
vizio del Signore nella vita consacrata. Presero dunque a riunirsi
tutti i martedì per l'adorazione del Santissimo Sacramento, sotto la
guida del loro parroco, monsignor Alessandro Canora, e a pregare
per le vocazioni. Nessuno avrebbe pensato che il Signore avrebbe
esaudito così largamente la preghiera di queste mamme. Da que-
sto piccolo paese sono uscite trecentoventitré vocazioni alla vita
consacrata: centocinquantadue sacerdoti (e religiosi) e centosettan-
tuno religiose appartenenti a quarantuno diverse Congregazioni.
In alcune famiglie ci sono state qualche volta anche tre o quattro
vocazioni. L'esempio più conosciuto è quello della famiglia Ri-
naldi. I1 Signore chiamò sette figli di questa famiglia. Due figlie
entrarono tra le Salesiane: suor Maria Luisa Rinaldi fu missionaria
per quarantuno anni in Santo Domingo e Centro America, men-
tre suor Filomena Rinaldi restò in Piemonte intrepida e coraggiosa
educatrice. Tra i maschi, cinque diventarono sacerdoti salesiani. In
effetti, molti giovani entrarono tra i Salesiani. Non è un caso dal
momento che don Bosco nella sua vita si recò quattro volte a Lu. Il
Santo partecipò alla prima Messa di Filippo Rinaldi, suo figlio spi-
rituale, nel suo paese natio. Filippo amava molto ricordare la fede
delle famiglie di Lu: <<Una fede che faceva dire ai nostri genitori: il
26 Don Rinaldi

3.5 Page 25

▲back to top
"amorevolezza", "parola all'orecchio", o'amicizia",
"Confessione", tutti ingredienti di un'intensa vita spi-
rituale: «Ricordo, come di ieri la prima volta che ebbi
la fortuna di avvicinarlo nella mia fanctullezza. Conta-
vo allora poco più di l0 anni. Il buon Padre era in re-
fettorio, dopo il suo pranzo, e ancora seduto a mensa.
Con grande amorevolezza s'informò delle mie cose, mi
parlò all'orecchio, e, dopo avermi chiesto se volevo es-
sere suo amico, soggiunse subito, quasi a chiedermi una
prova della mia corrispondenza,, che al mattino andassi a
confessarmi. Sono luci lontane, che però brillano di più
viva chiarezza, ora che la vita volge al termine, tra gli
Signore ci ha donato dei figli e se egli li chiama, noi non possia-
mo cefio dire di no!». Ogni dieci anni, a partire dal 1946 quando
si celebrò il Primo Convegno delle Vocazioni, tutti i sacerdoti e
le religiose ancora in vita si radunavano nel loro paese di origine
giungendo da tutto il mondo. Don Mario Meda, per lunghi anni
parroco a Lu, raccontava come questo incontro fosse una vera e
propria festa di ringraziamento a Dio per aver fatto grandi cose a
Lu. La preghiera che le madri di famiglia recitavano a Lu era breve,
semplice e profonda: «Signore, fa che uno dei miei figli diventi sa-
cerdote! Io stessa voglio vivere da buona cristiana e voglio portare
i miei figli al bene per ottenere la grazta di poterti offrire, Signore,
un sacerdote santo. Amen».
Merita ricordare madre Angela Vallese (1854-1914), Figlia di Maria
Ausiliatrice, superiora della prima spedizione missionarìa delle FMA
in Patagonia; monsignor Evasio Colli (1883-1971), arcivescovo di
Parma, amico di papa Giovanni XXIII; monsignor Marjo Cagna
(191 1-1986), nunzio apostolico in Giappone, Jugoslavia, Austria.
Padre huorto e umile servo tli tutti 27

3.6 Page 26

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splendori abbaglianti dell'aureola immortale che cinge
il capo di Colui al quale accostai il mio di bambino per
dirgli la mia anima nell'orecchio>>.8 La seconda volta
si confessò dal Santo; in seguito don Rinaldi confidò a
don Eugenio Ceria di aver visto don Bosco «rifulgere
all'improvviso di luce arcana nel volto». Direttore della
casa di Mirabello era don Giovanni Bonetti, mentre era
8 Lettera Circolare del 26 aprile l93l , in Atti del Capitolo Supe-
riore, n. 56, pp. 940-941.
Lu Monferroto, storico incontro
delle vocozioni locoli (l 9461.
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3.7 Page 27

▲back to top
assistente il chierico Paolo Albera, che Filippo ricorderà
sempre con gratitudine e affetto e che diventerà il se-
condo successore di don Bosco. Il giovane salesiano 1o
accompagnava con il suo consiglio, con la sua parola
confortevole e soprattutto con l'esempio di carità e di
religiosità. Tuttavia, nell'estate del 1861 , dopo la secon-
da visita di don Bosco, Filippo si allontanò dal collegio
con animo amareggiato, come uno che avesse sbagliato
strada. Lasciò il collegio e ritornò in farniglia, per il mal
di capo e il mal di occhi, e per essere stato percosso da
un assistente.
Tornato a Lu, riprese il lavoro dei carnpi, conducendo
una vita esemplare, distinguendosi per la pietà e la virtù.
ll A anni ebbe una brevissima crisi senza conseguenze:
con qualche altro giovane meditava di non partecipare
a una processione, indossando la cappa della Confra-
ternita di San Biagio di cui faceva parte, ma vinse la
tentazione e il rispetto umano fece il suo dovere e lasciò
scritto: <<La memoria di quel giorno mi fece sempre un
gran bene>>. La pronta e totale ripresa è confermata dal
fatto che a 18 anni fu eletto priore della Confraterni-
ta e che, unico tra i giovani, come egli stesso dichiarò,
frequentava la santa Comunione. Si pensò a combinar-
gli un matrimonio, ma egli, dopo essersi recato da don
Bosco su invito del Santo, scartò decisamente l'idea di
sposarsi.
La sua vocazione religiosa maturava lentamente. Pen-
sando di non avere né la salute né la capacità per essere
Puclre buorto e umile sento di tutti 29

3.8 Page 28

▲back to top
sacerdote, voleva piuttosto dedicarsi a qualche mansio-
ne, a suo avviso più umile: «Il mestiere del prete non mi
sembrava fatto per me>>. Sui vent'anni, dunque, non sen-
tendosi chiamato al matrimonio e dovendo prendere una
risoluzione, Filippo aveva pensato di farsi largo in qualche
Ordine religioso. Non dunque contadino, ma neppure sa-
cerdote. Oltre alla grazia di Dio, molti fattori concorsero
a far maturare in lui la vocazione religiosa: le cure dello
zelante parroco don Ganora, "gran suscitatore di vocazio-
ni", e I'interesse di don Bosco che, avendo riportato una
buona impressione del giovane, continuò a seguirlo senza
smettere di tenere gli occhi su di lui e, di incoraggiarlo e
di esortarlo ad abbracciare l'ideale della consacrazione a
Dio, invitandolo a seguire la vita religiosa nella Società
Salesiana, nonostante le resistenze e le difficoltà messe in
gioco dal giovane monferrino. Lo stesso Filippo Rinaldi
racconterà più tardi: <<Don Bosco non mi lasciava in pace.
Ripetutamente mi scriveva o mi faceva dire che dovevo an-
dare con lui... Poco dopo mi scrisse invitandomi come al
solito ed io stanco di questa insistenza gli risposi: "Sovente
ho mal di capo. . . di più ho la vista debole; quindi è impos-
sibile che io possa intraprendere e continuare gli studi...".
Credetti aver vinto. Al contrario don Bosco mi scrisse an-
cora dicendomi: "Vieni: il mal di capo passerà e di vista
ne avrai a sufficienza pff studiare". Mi sentii vinto e dopo
aver riflettuto un po' pensai ubbidire a don Boscorr.e
9 G. VACC A, Positio, Informatio, pp. l0-11 , n. 17.
30 Don Rinaldi

3.9 Page 29

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Ora, per quanto risulti pur sempre un po' sfumato il
profilo spirituale del giovane Rinaldi, durante tutta la
sua vita secolare, ci sono elementi sicuri per ritenere che
egli, prima e dopo Mirabello, fu un modello per serietà
di costumi, obbedrenza ai genitori, pietà specialmente
mariana, frequenza ai sacramenti, cosa piuttosto rara a
quei tempi, e per la partecipazione attiva alla Confrater-
nita di San Biagio, di cui era stato nominato priore: un
fatto anche questo molto significativo, trattandosi di una
associazione di persone anziane, generalmente gelose dei
loro privilegi. Inoltre nonostante la prestanza fisica, che
gli attirava le simpatie delle ragazze del paese, non sem-
bra che Filippo abbia avuto storie sentimentali, anche se
ebbe qualche momento di crisi e di leggerezza. Comun-
gue, quando superò finalmente la naturale incerlezza,,
grazie alle premure di don Bosco, e si decise per la vita
religiosa, aveva già compiuto 21 anni. Egli aveva gettato
delle buone basi per diventare un ottimo religioso e sacer-
dote, come di fatto poi avvenne. In particolare manifestò
in questa fase della sua vita uno spirito religioso, l'impe-
gno per lapertezione, lo zelo apostolico tra i compaesani,
l'umiltà e la prudenza: tutte dimensioni che come semi
daranno frutti copiosi di santità e di fecondità apostolica.
La vocazione religiosa del giovane Rinaldi quindi
maturò lentamente, fra incertezze, sofferenze e resisten-
ze che duravano da circa dieci anni, dovute al suo tem-
peramento piuttosto indeciso, alla congenita insicurezza
psicologica e alla profonda umiltà che lo portavano a
Padre buono e uruile servo di tutti 31

3.10 Page 30

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diffidare di sé, soprattutto di fronte alle responsabilità
del sacerdozio. Finalmente la grazia di Dio e l'assisten-
zadi don Bosco vinsero I'incertezzael'esitazione di Fi-
lippo. Fu un momento di vera conversione. Il22 giugno
1876 F'ilippo ebbe un lungo colloquio con don Bosco
sulla sua vocazione. Seguì uno scambio di lettere con
don Bonetti e, 11 22 novembre, si svolse un ultimo in-
contro con don Bosco. È significativo che, nel lasciare
il mondo per consacrarsi al Signore, chiedesse alla Ma-
donna, in termini perentori: «Piuttosto la morte, anziché
non corrispondere alla mia vocazione>>.
Riportiamo un testo autobiografico di don Rinaldi ri-
velativo della sua fisionomia umana e spirituale. Innan-
zitutto risalta il ruolo decisivo di don Bosco nel discer-
nimento e accompagnamento vocazionale del ragazzo,
con uno stile improntato a pazienza, purificazione delle
motivazioni e soprattutto attrattiva carismatica. Inoltre
emerge quel tratto "riservato" che 1o carattertzza,, fin da
ragazzino, sia nella considerazione che ha di se stesso
che delle sue azioni, e che lo distinguerà per tutta la vita.
Espressioni come <<essere nascosto in Congregazione>>,
<<attendere a umili uffici», <<senza che persona al mon-
do 1o travedesse>>, <<nessuno di casa se n'avvide e aveva
detto nulla>>, <<lo pregaya a tenere ogni cosa segreta>>,
denotano non solo un tratto psicologico, ma uno stile di
vita centrato sull'interiorità, su ciò che non è immedia-
tamente visibile. Nella parte finale dello scritto si nota
una volontà forte e decisa, affidata all'intercessione ma-
32 Don Rinaltli

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
terna di Maria, nel voler essere fedele al dono ricevuto.
Si tratta di una scelta di vita che segna un punto di non
ritorno, nella consapevolezza del dono di Dio e della
garanzia offerta dalla mediazione di don Bosco.
Nella parte intitolata Episodio don Rinaldi narra il ri-
cordo di una giornata che segnò uno spartiacque nella sua
esistenza. Nonostante fosse circondato da una compagnia
di coetanei che 1o spingeva a liberarsi da ogni legame con
I'educazione del passato e i segni della fede appresa in fa-
miglia, giunse alla decisione di superare ogni condiziona-
mento e barriera psicologica per testimoniare la propria
libertà di scelta e l'adesione personale alla fede dei padri.
Le lacrime e le preghiere della maruna, unite alla potente
intercessione di san Giuseppe, sono aiuti che lo pongono
per sempre sulla strada della volontà di Dio.
AurocRAFo Dr DoN Rrnvlrur
SULLA SUA GIOVINEZZAIO
(il " quadernetto" custodito nell'archivio salesiano
consta di 6 fogli; manca il primo foglio).
... Dovunque; aveva risposto a tutte le mie obbiezio-
ni, m'aveva guadagnato poco a poco. Distaccato da me
l0 Autografo di don Rinaldi stilla sua giot,inezza, Positio, Docu-
menta, n. IX, pp. 535-538.
Pudre buono e wnile servo di tutti 33

4.2 Page 32

▲back to top
stesso io non aveva più difficoltà da superare. I parenti
m'avrebbero lasciato libero e la mia scelta cadeva na-
turalmente su don Bosco che m'aveva già riguadagnato
colle sue attrattive, con le sue spedizioni nell'America.
Di studiare poi o no, mi sentivo indifferente, anzi aves-
si sempre avuto quegli umili sentimenti d'allora. Allora
desiderava essere nascosto nella Congregazione e d'at-
tendere ad umili uffici. Determinato così nel mio cuore
senza che persona al mondo 1o travedesse, decisi di re-
carmi in persona da D. Bonetti a Borgo S. Martino.
Era una domenica di settembre ed io di buon mattino
parlo con la speranza di confessarmi, comunicarmi dai
Salesiani e abboccarmi con D. Bonetti per dare l'addio
Lu Monferroto, veduto oereo.
t..{
o* -lI
F

4.3 Page 33

▲back to top
ai parenti... (sic). Giunto a S. Martino, trovo nessuno in
portineria, salgo quindi 1o scalone, entro in cappella...
nessuno, monto ancora una scala, apro un uscio e trovo i
coadiutori che s'alzavano da letto. <<Dov'è don Bonetti?>>,
domando. <<D. Bonetti!!Non è più direttore, fu traslocato
a Torino!!!». Come un cane bastonato non aspettai altro,
rivolsi i tacchi e prima delle nove era già di ritorno a Lu.
Nessuno di casa se n'avvide, ed allora pensai raggiungere
D. Bonetti con uno scritto. Eran dieci anni dacché aveva
scritto e mi studiai di aprirgli il cuore come meglio potei.
Ed egli mi rispose incoraggiandomi a nome di D. Bosco.
In famiglia avevo detto nulla, ma si sospettò vedendo ar-
rivare lettera con l'intestazione dell'Oratorio, per cui il
giorno 12 novembre, festa di S. Evasio, aprii il mio cuore
a mio padre con una lettera. Povero Padre, ne fu coflìmos-
so. Io poi lo pregava a tenere ogni cosa segreta, come si
fece fin dopo la mia partenza.
Il giorno 22 del medesimo mese andai da D. Bosco
a S. Martino dove si faceva Ia festa di S. Carlo. D. Bo-
sco mi disse che andassi a Sampierdarena; che dopo
due anni sarei andato a Torino a mettere la veste, come
avvenne.
Il giorno prima della partenza andai dal mio confes-
sore per accomiatarmi. A tal novella sbarrò gli occhi, mi
fissò ben in viso e veduto che dicevo da senno, mi diede
saggi consigli e la sua benedizione. Salutati finalmente
i parenti volgeva Ie spalle a quel mondo che m'aveva
rubato i più bei anni di vita.
Poclre bur»to e wnile setryo di tuni 35

4.4 Page 34

▲back to top
Faccia il Signore e Maria SS. che dopo di avere resi-
stito tanto alla grazia pel passato non abbia più ad abu-
sarmene in avvenire.
Sì, o Madre mia SS., piuttosto la morte anziché non
corrispondere alla mia vocazione. Fate che col presente
e coll'avvenire abbia a riparare il passato.
Episodio... (Sic)
Stiam allegri: è ormai giunta l'età di prendere parte alle
compagnevoli brigate, di far parte del mondo galante, di
godersela, di sciallare anche un tantino... Puffare! Dicias-
sette anni, dicevo... Sta vedere che debbo giacermene nel
cantuccio del camino, oppure pendere dal grembiale della
Mamma. Siam giovinotti e non dobbiamo fare il gatto di
marmo. Via tante baie... Uavere amici, il lasciare certe
pratiche proprie delle donne e dei ragazzi non è poi gran
malaccio. Invece di frequentare confraternite, processioni
ecc. è meglio fumarsi un sigaro. Che piacere mandare fuo-
ri dalla bocca tanti nuvolotti di fumo che s'accavallano,
s'innalzano, si sciolgono e vanno a perdersi... !
Intanto è domenica; si esce di casa, si cerca un buon
tempone e via. . .; ché non facciamo una gita pel paese?
Siamo all'ordine; anzi v'è anche... C. G. che partecipe-
rebbe volentieri: e chiamalo. Così si va e si viene su e
giù chiacchierando.
Suonano i vespri pel primo, pel secondo. . . e pri-
ma che suoni tl terzo non converrebbe centellinare un
36 Don Rinaldi

4.5 Page 35

▲back to top
bicchiere di malvasia? Ottimamente. Non appena sia-
mo entrati in cortile, la madre squadra da capo a piedi i
compagni; è roba, dice, per mio figlio? Povero ragazzo
ya a vendere I'anima! E noi non immaginando quel che
pensasse una madre, bevemmo alla salute.
Era il giorno del patrocinio di S. Giuseppe e secondo
il costume al mio paese si fa la processione. Io fin a quel
giorno essendo stato da piccino ayyezzato dall'avolo a
frequentare la confraternita di S. Biagio, era sempre an-
dato in processione con la cappa bianca, malgrado che
già incominciassi ad arrossire. Ed ero preso soprattutto
dal rispetto umano che doveva vincere congedandomi
da quei giovani, fermai di non andarvi... Sono già...
andare rn mezzo alle donne... coi vecchi... Tuttavia
prendemmo le mosse per entrare in chiesa. Noto di pas-
saggio che uno di quei giovani era molto pericoloso e
sono certo che in chiesa o m'avrebbe disturbato o m'a-
vrebbe fatto uscire. Io però ero tranquillo, m'avvicino
alla porta, la spingo per entrare ed apertala passarono
i miei compagni, poi come arrestato da una mano invi-
sibile mi sento respinto. Capovolgo senza dire verbo e
come forsennato corro a precipizio verso casa... Entro
in casa ed un gemito misto al mio nome percuote le mie
orecchie. Era la povera Madre che inginocchiata avanti
S. Giuseppe pregava liberarmi dai malvagi. Mortificato
afferro il mio abito e vado alla processione, mentre la
buona Madre dice: S. Giuseppe t'ha toccato il cuore.
Aveva ragione io non so ancora adesso spiegare quel ri-
Padre buono e ttmile servo di tutti 37

4.6 Page 36

▲back to top
volgermi indietro, quella mano che mi respingeva, quel-
la corsa precipitosa, impensata, senza fini e non dicendo
(sic): c'era la mano di Dio. La memoria di quel giorno
mi fece sempre un gran bene e mi infonde una grande
confidenza tn S. Giuseppe. Ed ora in riconoscenza vor-
rei descrivere come si conviene tal fatto per rendergli
gloria ed animare molti altri a ricomere sempre a questo
caro Santo. Ma siccome non so e non posso lo prego a
mantenere sempre nel mio cuore confidenza illimitata
verso di lui ed ad ispirarla a molti altri.
r.z Aspirante e giovane salesiano
(t877-r882)
Da quel momento egli si abbandonò fiduciosamente
nelle mani di Dio che ne fece «un ardito e sicuro reahz-
zatore di imprese apostoliche». Così, all'età di 21 anni,
nel 1877, Filippo entrò nelf istituto che don Bosco aveva
aperto a Sampierdarena (Genova) per la formazione delle
vocazioni adulte, trovando come direttore don Paolo Al-
bera, già suo assistente a Mirabello. Scrivendo ai genitori
lo definiva il suo <<angelo custode>>, che con la parola e
con 1o sguardo lo confortava e sosteneva nel cammino
intrapreso, a tal punto che quando il giovane Rinaldi gli
confidò il timore che un giorno o l'altro sarebbe potuto
fuggire, si sentì rispondere: <<Io verrei a prenderti».
Di quei suoi primi anni di vita religiosa ci rimango-
38 Don Rinuldi

4.7 Page 37

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no i "Propositi" che il giovane Rinaldi consegnava a dei
foglietti volanti, ma che costituiscono un prezioso docu-
mento per conoscere il dinamismo spirituale che animò la
sua formazione religiosa e la sua preparazione al sacerdo-
zio. Dal tenore di quei "Propositi", non sembra esagerato
affermare che, fin da allora tendeva con tutte le forze alla
perfezione della vita cristiana. Risulta infatti che la sua
vita era dominata da motivazioni spirituali e impostata
su un programma concreto, fatto di lotta ai difetti, vigi-
lanza nelle tentazioni, costante controllo delle passioni,
preghiera, mortificazione e fiducioso abbandono in Dio,
sotto lo sguardo vigile di Maria santissima. Capisaldi del
suo impegno ascetico quotidiano erano: l'umiltà, l'obbe-
dienza, il controllo nel parlare e la totale disponibilità al
volere dei superiori, considerati come rappresentanti di
Dio e mediatori della sua volontà. Sono orientamenti pra-
tici di vita religiosa senza idealismi e illusioni, rivelativi
di quella concretezza che guiderà don Rinaldi in tutta la
sua vita e segni di una maturità spirituale non comune in
un giovane studente aspirante alla vita religiosa. Di gran-
de valore il passaggio in cui affermava: <<Voglio fare, pen-
sare, parlare solo avendo di mira Dio>>, espressione di una
scelta radicale, che strutturerà in profondità la sua vita, un
punto di non ritorno che lo orienterà in ogni evento lieto o
triste. Emergono inoltre due virtù che 1o qualificheranno
nel suo profilo spirituale, la carità e l'umiltà: l'una mani-
festata nell'eserctzio di una paternità buona e amorevole,
I'altra nell'attitudine costante nel servizio generoso e di-
Padre buono e umile sento di nrti 39

4.8 Page 38

▲back to top
sinteressato del prossimo. Propositi che trovano nella fe-
deltà alla medrtazione mattutina e nell'esame di coscien-
za serale il riferimento costante di ripresa e di verifica.
Pnoposrrr Dr FrLrPPo RrN,l.r.nr
TRA rL 1877 E rL 188L1t
(Questt propositi autografi, scritti in anni diversi,
sono contenuti in tre foglietti, in calligrafia molto minu-
ta e ancora incerta).
Tua consigliera sia la morte.
Nelle opere mira e fine sia 1'eternità.
Abbi ognor grande diffldenza di te stesso e gran con-
fidenza in Dio, in Maria SS.
Voglio e prometto di osservare le regole della Con-
gregazione di S. Francesco di Sales.
Voglio domare la mia superba inclinazione.
Al sabato farò la S. Comunione a onor di Maria SS.
27 -3-83 Esercizi Spirituali
Risolvo di leggere sovente e praticare scrupolosa-
mente fino agli Esercizi Spirituali del prossimo autunno
le soprascritte vecchie promesse.
LL Proposrti di Filippo Rinaldi tra iL 1877 e il 1881, Positio, Docu-
rnentu, n. VII, pp. 532-534.
40 Don Rinuldi

4.9 Page 39

▲back to top
Il d\\22 settembre del 1878 ho fatto voto di castità per
un anno.
Il27 settembre del 1879 rinnovato
Ricordi del mio confessore, datimi per facilitare la via
nella congregazione salesiana e per premonizione (sic):
Umiltà, Pazienza, Obbedi enza
Filippo?? (Sic) Allorquando sei tentato rifletti:
1. I pericoli del mondo.
Z.Lo scopo per cui ti sei ritirato.
3. Che nel mondo non c'è piacere stabile.
4. Che tutto è dissipazione di spirito.
5. Che per salvarsi bisogna patire.
6. Che la preghiera e la fiducia in Dio vincono ogni
difficoltà.
7. Quanto è propiziaMaria SS. alle preghiere ben fatte.
8. Chi è il mondo ed il corpo e che è l'anima e il Paradiso.
Pensa e rammemora quali impulsi hai avuto dalla Di-
vina Grazia, perché ti ritirassi dal mondo; e che qui ci
vuole il Signore.
I 877-Sampierdarena
Metodo giornaliero
l.La mattina svegliatomi bacerò il Crocifisso dicendo
qualche giaculatoria. Bacerò anche l'abitino o meda-
glia della SS. Madre e a Lei raccomanderò quel gior-
no che ancora il Signore mi concede.
Padre buorut e umile setl-o di tutti 4l

4.10 Page 40

▲back to top
2. Onde intendo tutte le volte che suona il campanello d'es-
ser pronto a fare il comando per ubbidire a Maria SS.
3. Discenderò dunque dal letto appena dato il segno ed
inginocchiatomi chiederò tutte le mattine a Maria
Santissima la Sua santa benedizione.
4. Nel vestirmi voglio tenere il pensiero raccolto in Dio.
5. Del restante del giorno farne quel che piace ai miei
superiori.
6. Voglio vincere le distrazioni che mi veffanno sia in
chiesa che in studio od in scuola.
7. Se il mio superiore non mi toglie il permesso farò
ogni mattina la SS. Comunione.
8. Verserò ogni mia inquietudine nel seno del mio supe-
riore spirituale.
9. Voglio cibarmi solamente quando e quanto richiede il
mio corpo per conservarmi in salute.
10. Nellarrcreazione mi asterrò dal parlare troppo, a me
tanto dannoso.
1 1. Nelle passeggiate e nei casi di uscita mortificherò
gli occhi per amore di Maria SS.
12. Voglio e prometto di essere devoto di Maria SS. e di
S. Giuseppe. E, da Voi spero, cara Madre, e da voi,
mio dolce protettore, la grazia d'arrivare ad amare
Gesù e di dar la vita per la sua gloria.
20-3-81
Voglio salvare l'anima mia. Sopporterò le contrarietà
sfogandomi solo con Gesù, Maria e S. Giuseppe.
42 Don Rinalcli

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

▲back to top
t9-4
Qui, qui che così basta; anzi fu già troppo: faccio
punto fermo e con la grazia del Signore voglio asso-
lutamente cessare di lamentarmi; voglio fare, pensare,
parlare solo avendo di mira Dio. Quindi sforzarmi per
sottomettermi di cuore a qualsiasi superiore, cercando
solo la gloria di Dio. Invece di pensare come dovrebbero
comandare, penserò come devo ubbidire; e quando devo
comandare io cercherò d'aver prima almeno ottenuto un
consenso il più... [inintelligibile] possibile da quel su-
periore che mi indica la regola.
Mio Dio, Mamma Santissima, lo voglio perché lo vo-
lete ma datemi la grazia.
Ricordo del Signor don Canepa Domenico: C. e O.
Promisi sul Monte della Madonna della Guardia il
3 ottobre '79 di obbedire sempre ai miei superiori.
Se Maria Santissima mi concede la memoria e la vera
sapienza prometto di occupare tutto il tempo che mi re-
sta dopo l'obbedieflza in letture sacre, prediche e scritti
che parlino di Maria.
Padre buono e wnile .\\err:o di tutti 43

5.2 Page 42

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K 4à, ,
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!
'2

5.3 Page 43

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Pnoposrrr E PREGHTERE
Dr DoN Rrxlror rRA rr, 1878 -l879tz
(ll foglio non è stato datato, ma in matita è stata po-
sta la data che pare probabile: IBTB).
Io son un bastone nelle mani del Signor Direttore. Mi
ama, mi vuol in Paradiso; dunque devo lasciar lui che
pensi, che m'aiuti, che mi porti in Paradiso.
La cura, il pensiero dei miei studi a Lui la lascio; io
voglio esser contento, quando posso dire, sin qui ho fat-
to ciò che ho potuto, e via.
Di scienza, d'tngegno e memoria, ne ho niente senza
laprotezione di Maria SS. Ebbene, se potrò riuscire bene,
sia gloria sua e di Dio, se no, non ci devo pensare io.
Madre SS. Ricordatevi che io intendo di studiare per
la gloria di Dio, onde scienza che mi rechi danno non
datemela. E che fui sempre da voi sinora soccorso, e
spero che m'abbandonerete giammai.
EVVIVA MARIA e Chi la creò.
(Sul verso dello stesso foglietto).
12 Propositi e preghiera di Don Rinaldi tra il 1878-1879, Positio,
Documenta, n. VIII, pp. 534-535.
Padre buono e um.ile servo di tutti 45

5.4 Page 44

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Metodo di vita riguardo ai cibi.
1"A colazione: mai la tazza piena di latte e caffè - non
più di Y4 di pagnotta.
2" A ptanzo: a sazietà, con una mortificazione.
3" A cena: minestra una scodella - pane mezza pagnotta,
non più.
4" Fuori pasto né cibo né bevanda.
Mi studierò di acquistare l'umiltà vera e di esercitare
la carità verso tutti. A tal fine non lascerò passar giorno
senza meditare anche un solo istante su tali virtù ed esa-
minarmi se ho peccato contro esse.
La ripresa degli studi fu, all'inrzio, difficoltosa, ma
fece poi registrare continui progressi. Da privatista con-
seguì l'abThtazione magistrale. Superate le prime diffi-
coltà ambientali e scolastiche, al termine dell'anno, fu
qualificato «studiosissimo e buonissimo>>. Pienamente
fiducioso nell'aiuto del Signore e della Madonna, pro-
gredì assai nella formazione spirituale, tanto che tl 22
settembre 1878 fece il voto di castità per un anno, e lo
rinnovò nel successivo.
L'8 settembre 1819,, entrò nel noviziato a San Beni-
gno Canavese e si meritò subito la stima e la fiducia del
maestro don Giulio Barberis, che 1o nominò assistente
dei suoi compagni.
Anche il non facile compito di assistente dei suoi
compagni, ufficio svolto non senza intime lotte inte-
46 Don Rinaldi

5.5 Page 45

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riori, unitamente all'obbedienza al direttore spirituale,
contribuirono a temprarne gradatamente il carattere,
fino all'acquisizione di quella s\\ctrezza di sé, sereni-
tà e imperturbabilità che furono poi le caratteristiche
dell'uomo maturo. I1 20 ottobre ricevette l'abito chieri-
cale dallo stesso don Bosco e il 13 agosto 1880 emise la
professione perpetua.
Fece un corso accelerato di filosofia e teologia
(1880-1883), continuando lo sforzo per la formazione
del carattere e il superamento dell'insicurezza psicolo-
gica. Notevoli furono i progressi nella vita spirituale,
acquistando una straordinaria maturità spirituale, che
poi gli permise di raggiungere rapidamente i vertici del-
laperfezione. Se ne ha una conferma del resto anche nel
fatto che, nel frattempo, lo stesso don Bosco usò tutto il
prestigio del suo consiglio e della sua autorità per farlo
ayanzare fino alla meta del sacerdozio, che ricevette il
23 dicembre 1882 ad Ivrea.
Tutto questo per desiderio di don Bosco, come at-
testerà lo stesso don Rinaldi a pochi mesi dalla sua
morte, come segno del ruolo decisivo che il Santo ebbe
nella sua vocazione salesiana e sacerdotale: <<Devo ri-
cordare che resistetti interiormente ed esteriormente
alla vocazione da dieci a vent'anni compiuti. Fu don
Bosco che mi tracciò la via, che mi mandò a ricevere
le sacre ordinazioni senza che io ne facesse cenno o
domanda a lui o ad altri. Fatto sacerdote, mi chiese
se ero contento; risposi: restando don Bosco va tanto
Padre huono e um.ile seruo di tutti 47

5.6 Page 46

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bene; ma se D.B. mi mette fuori della Congregazione
io mi troverei ben a disagio».r3
Come risulta dalf itinerario biografico e come 1o stes-
so don Rinaldi spesso dichiarava e umilmente riconosce-
va, è evidente che non ebbe modo di formarsi un'ampia
cultura specialistica sia sotto l'aspetto scientifico che
teologico: non glielo permisero le tappe rncalzanti della
sua preparazione sacerdotale, definite dalla tradizione
salesiana "scuola di fuoco", a indicare come in tempi
brevi si dovevano conseguire risultati che rendessero
idonei quanto prima alle esigenze del lavoro salesiano
tra i giovani. Certamente la pteparazione umanistico-
teologica di Filippo Rinaldi, sia all'inizio della vita re-
ligiosa che in seguito, fu ridotta all'essenziale. Con don
Rinaldi, don Bosco volle fare in fretta, averlo subito a
disposizione, e si accontentò del puramente necessario.
Egli si impegnò nello studio e, soprattutto, ripose la sua
fiducia nelle decisioni prese in merito da don Bosco,
ed eseguite con estrema docilità. È uero, poi, che ciò
che distinse don Rinaldi e che tutti gli riconobbero fu
la sua scienza pratica, nata dal buon senso, dalla rifles-
sione personale e dall'esperienza, illuminata certo dalla
grazia di Dio: questa scienza fece di lui non un dottore,
ma un direttore spirituale ricercato, un maestro di vita e
anche un santo uomo di governo.
L3 Riflessioni di don Rinaldi su un foglio autografo senza data,
Positio, Documenta, n. XIV, p. 548.
48 Don Rinaldi

5.7 Page 47

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L'esame della sua vita, dai primi anni di sacerdo-
zio al vertice delle responsabilità nella Congregazione
è prova concreta del passaggio dall"'incertezza psico-
logica", resa più insistente dalle precarie condizioni di
salute, dalla difficoltà di riprendere gli studi e dal bas-
so concetto di sé, a una maturità che si caratterizzò per
una crescente vita interiore, che attraverso il ministe-
ro sacerdotale e l'esperienza acquisita fecero di lui un
uomo dal pieno dominio di sé, dal giudizio preciso su
uomini e situazioni, dalla guida sicura e animatrice per
tutti coloro che lo accostarono. Fu una persona calma
e serena, dominatrice di uomini e di eventi, rimanendo
umile, riservato, senza ostentazione dtforza, confidente
più in Dio che in se stesso. Anche nella sua vicenda si
può riconoscere come l'azione dello Spirito Santo operi
delle vere trasformazioni e anche quelli che agli occhi
degli uomini posso essere limiti e mancanze, in chi si la-
scia intimamente plasmare da lui, si trasformino in punti
di forza che fanno diventare la vita un'avventura nello
Spirito.
In questo periodo della sua vita si manifestano già
in maniera particolare alcuni tratti della sua fisionomia
spirituale: la devozione tenera e filiale alla Madonna,
la serietà e la concretezza con le quali si impegna nella
propria santificazione, la fedeltà alle pratiche di pietà
e la fiducia nei superiori, piena di semplicità e di doci-
lità, che raggiunse il suo vertice nei riguardi del Santo
fondatore.
Padre buono e umile servo di tutti 49

5.8 Page 48

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Don Rinoldi, direttore
dei Figli di Morio o Torino.
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5.9 Page 49

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r.3 Direttore delle vocazioni adulte
e superiore in Spagna (r882-r9or)
Subito dopo I'Ordinazione sacerdotale don Rinaldi,
per decisione di don Bosco, fu direttore dell'Opera di
Mathi Torinese (1883-1884), dove il giovane superiore
con 1o zelo,la carità e la paternità, fece subito della casa
una vera famiglia. L'anno successivo fu trasferito alla
casa di San Giovanni Evangelista in Torino, dove veni-
vano formate alla vita religiosa e preparate al sacerdozio
le vocazioni adulte. Trovandosi a Torino ebbe la fortuna
e il privilegio di poter frequentare abitualmente il Fon-
datore, che gli fu di guida, di esempio e di sprone nella
pratica della perfezione. Fu un periodo particolarmente
fruttuoso per lui, in quanto poteva confessarsi ogni set-
timana da don Bosco e così assimilarne il vero spirito.
Egli ne approfittò al punto che quanti 1o conobbero ne
ricordano ammirati la pietà senza ostentazione, la cari-
tà, lo zelo,la fermezza, abbellita sempre di benignità, e
la costante serenità: un ricco corredo di virtù insomma,
che ne facevano già un maestro di impareggiabile sa-
prenzapedagogica. «Diresse la casa per cinque anni. Fu
un quinquennio, che possiamo considerare come il pe-
riodo centrale della sua esistenza, perché in esso portò a
compimento la trasformazione tniziata, quando conob-
be e seguì la sua vocazione. Entrò in San Giovanni con
qualche cosa ancora di giovanilmente corrivo o immo-
dico o impulsivo che si voglia dire, e mostrava in certa
Padre buono e umile servo di tutti 51

5.10 Page 50

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vivacità di espressione e di atti e in certa esuberanza dei
sentimenti; ma ne uscì virilmente padrone di e spiri-
tualmente superiore alle contingenze della vita quotidia-
na. Al solo vederlo dava un'impressione di fermezza,, dr
benignità e di uomo piorr.'o
I1 valore di don Rinaldi non sfuggì neanche al succes-
sore di don Bosco, il beato Michele Rua, che nel 1889
lo inviò in Spagna come direttore della casa di Sarrià, a
Barcellona. Alla vigilia della partenza egli formulò dei
14 E. CERIA, Vita del Servo di Dio Sac. Filippo Rinaldi, SEI, To-
rino. ristampa 1951, pp.55-56.
w.t
Don Rinoldi ispettore
in Spogno (1892-1901).

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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propositi giunti fino a noi, che ci rivelano chiaramen-
te come don Rinaldi, in breve tempo, avesse acquistato
un perfetto equilibrio di carattere e una grande paternità
spirituale. La totale padronanza con cui egli assolverà il
suo compito, sebbene a contatto con una realtà per mol-
ti aspetti tanto diversa dalle precedenti esperienze fatte
in Piemonte, mostra fino a che punto avesse progredito
nella pratica della virtù e quanto fosse radicata la sua
fedeltà alf ideale ereditato da don Bosco. Consapevole
dei suoi limiti, di cui è indice quell'«Attento Filippo!»,
messo all'inizio dei "Propositi", visse anche questa sta-
gione della vita con grande e filiale fiducia in Maria,
sentendosi sempre e solo sto niiio.
Pnoposrrr Dr DoN Rrxaror DEL 18891s
Stamattina tutta umiltà - anche al principio del pran-
zo - quindi confidenza e speranza in Dio - sicurezza di
riuscire a grandi cose.
Alla fine del pranzo, per la mia sciocchezza, non sep-
pi francamente parlare delle mie miserie, imbrogliai o
meglio arrossii e dissi "sì", quando doveva dir "no" ed
eccomi lontano lontano da quei santi pensieri da cui pri-
ma era animato.
15 Propositi di Don Rinaldi del 1889, Positio, Docuruenfa, n. XII,
pp.543-545.
Patlre buono e umile servo di tutti 53

6.2 Page 52

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Se qui durante gli Esercizi Spirituali faccio questo
modo, che sarà di me nelle faccende, nelle difficoltà,
lontano dai superiori?... Dove prenderò quella tranquil-
lità, quella franchezza,, quello spirito di don Bosco, spi-
rito di santità?
Maria Santissima, ecco il vostro nifio. Deh aiutatemi
a fare quanto vuole Iddio per giungere a fare quel bene
che i superiori s'aspettano da me, la gloria di Dio richie-
de, il bene delle anime vuole ed anche io miserabile in
certi fortunati momenti ho desiderato.
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6.3 Page 53

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Risolvo quindi:
1" Di fare una sincera confessione.
2' Se andrò nella Spagna:
D Parlerò poco anche con gli esterni di quanto è
estraneo alla gloria di Dio e al bene della società.
II) Carità e mansuetudine sempre coi confratelli sop-
portando pazientemente qualunque cosa possa
avvenirmi, ascoltarli ed interrogarli, chiedendo
regolarmente i rendiconti. Però sarà bene dare del
tu a tutti e non chiacchierare di cose vane e scioc-
che. Qui attento Filippo ! Insistere che attendano al
proprio dovere e vigilarli.
Fare regolarmente la meditazione e, specialmente
sull'umiltà, l'esercizio della buona morte, le confe-
renze, i rendiconti, la preghiera prima di ogni azio-
ne per tenermi raccolto in Dio. Nei casi straordinari
dirò almeno: Maria Ausiliatrice, pregate per me!
3'Coi giovani allegro e buono sempre ed esserlo davve-
ro. Trattenermi con loro giuocando, chiacchierando.
Poi parlare di Dio, Maria Ausiliatrice, di don Bosco.
4" Con le suore pazienza sempre, riservatezza e non ab-
bandonarle, ma non sciupare il tempo.
5" Coi benefattori belle maniere, mai opposizione; par-
lerò specialmente delle opere nostre, cioè di don Bo-
sco, di Maria Ausiliatrice, del bene da farsi, del biso-
Monoscritto con i ",Pl8r8o9p.ositi"
di don Rinoldi del
55

6.4 Page 54

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gno del loro appoggio, di don Rua, dell'Oratorio. Non
entrerò in cose politiche; dichiarandomi ignorante ed
occupato nel fare del bene ai giovani, quindi nelf im-
possibilità di occuparmene.
Umiltà, confidenza tn Maria Ausiliatrice e coraggio.
M. A., aiutatemi! S. Giuseppe, assistetemi!
Arrivato colà.
l" Esaminerò bene la Casa: i laboratori, le scuole, la ri-
creazione, la chiesa, il refettorio, cercando di cono-
scere bene le usanze.
2" Chiederò bellamente a tutti i confratelli: chierici, pre-
ti, secolari ed ascritti.
3'Farò una conferenza.
Durante i dodici anni della sua attività nella peniso-
la iberica, prima come direttore della casa di Sarrià per
tre anni, poi per altri nove come ispettore (= provincia-
le) della neo-Ispettoria Ispano-Portoghese, don Rinaldi
fondò solidamente, nello spirito di don Bosco, ventuno
case salesiane tra Spagna e Portogallo, tanto da essere de-
finito "fondatore dell'Opera salesiana in Spagna". Nella
nuova sede, con la sua amabilità, seppe guadagnarsi la
stima e la simpatia generali. «Amò la Spagna come se vi
fosse nato>>, disse l'arcivescovo di Valencia, monsignor
Marcellino Olaechea. Notevole l'aiuto da lui prestato alle
Figlie di Maria Ausiliatrice, incoraggiando e sostenendo
56 Don Rinakli

6.5 Page 55

▲back to top
la fondazione di nuove presenze. Promosse anche atti-
vità editoriali. Dalle testimontanze si può dedurre come
don Rinaldi seppe talmente ben armonizzare dinamismo
apostolico e vita interiore, da toccare senz'altro l'apice
dell'eroismo.
Prima di tutto come religioso perfetto: fedelissimo
alla Regola e allo spirito salesiano, cercò instancabil-
mente di promuoverlo con la parola e con l'esempio fra
i confratelli e fra i giovani, puntando specialmente sulla
vita di famiglia, di pietà, di carità, povertà. Applicando
inoltre il metodo preventivo nell'edtcazione della gio-
ventù, in breve tempo riuscì a portare un nuovo soffio
di vita salesiana, raccogliendo il frutto di numerose e
buone vocazioni per la Congregazione salesiana e per le
Figlie di Maria Ausiliatrice.
Poi come superiore ideale, per la saggezza illumina-
ta del suo governo, per la prudenzanell'agtre,la carità e
la ferme zza tnsieme. Fu instancabile nell' adempimento
del suo dovere, ma sempre calmo e sereno, impertur-
babile nei momenti difficili, perché fiduciosamente ab-
bandonato nelle mani di Maria santissima ausiliatrice.
Promosse la stampa cattolica, gli oratori festivi, tenne
molte conferenze e rttiti; sosteneva, stimolava, incorag-
giava con circolari vibranti di fede e di zelo.
Infine, come sacerdote modello, seppe guadagnarsi
non solo la stima, la fiducia e la venerazione fra i confra-
telli e le Figlie di Maria Ausiliatrice, ma fra gli stessi laici
di ogni estrazione sociale. Quando lasciò la Spagna, per
Ptrdre huorto e untile servo tli tutti 57

6.6 Page 56

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decisione ancora del beato Michele Rua, quanti 1o aveva-
no conosciuto e ne avevano potuto apprezzarele virtù, ne
conservarono un ricordo incancellabile per la bontà del
cuore, la carità, l'impareggiabile paternità, il suo ardente
zelo per il bene delle anime e nella ricerca delle vocazio-
ni, che sapeva discernere con occhio sicuro, incoraggiare
e guidare. Così testimoniò monsignor Marcellino Olae-
chea, che lo conobbe quando era ragazzino e che ebbe
grande familiarità con don Rinaldi nei diversi incarichi,
soprattutto come ispettore della Spagna: <<Ho f impres-
sione di non aver trovato, nella mia ormai non breve esi-
stenza, un sacerdote che mi abbia dato più alta idea della
paternità amorosa di Dio».16 Ciò non poteva essere che il
risultato di una vita che apparentemente si svolgeva in un
modo semplice e piano, ma che di fatto era adempimento
perfetto, perché costante, spontaneo, pronto e gioioso, di
tutti i doveri religiosi e sacerdotali, in piena fedeltà allo
spirito di don Bosco, ossia pratica eroica delle virtù cri-
stiane, e in quelle proprie del suo stato di religioso.
r.4 Prefetto Generale (rgor-rgzz)
Nel 1901, nominato Prefetto Generale, cioè Vicario
Generale dal beato Michele Rua, passò da un'attività
prevalentemente pastorale, a un compito di carattere
16 M. OLAECHEA, Positio, Sumtnariurn, p. 363. § 1230.
58 Don Rinaldi

6.7 Page 57

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6.8 Page 58

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piuttosto burocratico, dovendosi occupare d'ora in avan-
ti di questioni disciplinari e amministrative e diventando
primo collaboratore del Rettor Maggiore. Don Rinaldi
accettò il cambiamento in spirito di fede, di obbedtenza
e di servizio; anzi, vi si accinse subito con tale impegno,
capacità e rettitudine da guadagnarsi in breve la piena
fiducia dei confratelli; tanto è vero che, per ben due vol-
te, i Capitoli Generali del 1904 e 1910 ve lo riconferma-
rono, la seconda volta addirittura a pieni voti. Si adattò
al nuovo compito e al nuovo tenore di vita a tal punto
che si diceva: <<Don Rinaldi sembra che sia stato sempre
Prefetto Generale>>.
Nei diciannove anni che don Rinaldi fu Prefetto Ge-
nerale, dette prova inconfutabile di essere un vero sale-
siano, che viveva il suo sacerdozio in intima comunione
con Dio, ma sempre proteso verso la salvezza delle am-
me. Ne fanno fede: 1'autenticità della sua vita religiosa;
la fedeltà agli impegni diretti ad alimentare la vita inte-
riore, a incominciare dalla celebrazione quotidiana della
santa Messa alle ore 4:30 del mattino, dopo una devota
preparazione e seguita da un prolungato ringraziamen-
to; 1'assiduità al lavoro, la disponibilità incondizionata
nell'affrontare i molteplici e spesso spinosi problemi
del suo ufficio; la generosità e comprensione verso tutti;
la carità e fermezza dimostrata nella correzione fraterna,
che doveva fare per dovere d'ufficio; l'imperturbabile
serenità anche nelle difficoltà più gravi, come quando
dovette interessarsi dei dolorosi "fatti drYarazze"; l'ù-
60 Don Rinaldi

6.9 Page 59

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miltà a tutta prova; 1'obbedienza pronta ai due superiori
generali, don Michele Rua e don Paolo Albera, che si
susseguirono in quegli anni.
Circa i cosiddetti "fatti di Varazze", che segnarono
la vita della Congreg azione di quegli anni e che larga
risonanza ebbero a livello nazionale, occorre ricordare
che tutto ebbe inizio quando nel 1907, per macchina-
zione della massoneria e dei circoli anticlericali, venne
condotta una spregiudicata campagna scandalistica con-
tro il collegio salesiano diYarazze (Savona). Accusatori
erano un alunno interno, attraverso un diario dimostra-
tosi poi falso, e la madre adottiva del ragazzo, ispiratrice
del diario. I Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice e
gli alunni erano accusati di oscenità e di "messe nere".
Colpendo i Salesiani si mirava a infamare f intera Con-
gregazione e la Chiesa stessa. Il fatto ebbe straordinaria
risonanza in tutta Italia, grazie all'amplificazione ope-
rata dalla stampa anticlericale. Don Rinaldi in qualità di
Prefetto Generale venne incaricato di seguire il caso e
anche in questa dolorosa circostanzamanifestò in modo
eccellente la sua saggezza e prudenza: assicurò il diret-
tore del collegio, don Carlo Viglietti, della vicinanza dei
superiori e dell'intera Congregazione, diede indicazio-
ni puntuali su come muoversi sia in ambito giudiziale
che sul fronte dell'opinione pubblica. Nell'arco di pochi
giorni ci fu la pronta e decisa azione dei Salesiani. Le
accuse grazie alla loro assurdità vennero smontate, le
polemiche giornalistiche si esaurirono, mentre le vicen-
Padre buorto e umile servo cli tutti 61

6.10 Page 60

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de giudiziarre si protrassero fino al 1912. Don Rinaldi
in questo periodo fu chiamato a tenere i rapporti tra i
superiori salesiani e gli avvocati difensori, trovando fi-
ducia da parte dei primi e stima da parte dei secondi. Ri-
velativi del suo atteggiamento sono alcuni dei bigliettini
che metteva sotto la statua della Madonna e nei quali
con umile considerazione di manteneva la sua fiducia
nell'aiuto della Vergine. <<Madre carissima, 1'anno l90l
pose ai vostri piedi due delitti pei beni Tambeccari (?) e
Turina. La l" fu risolta, la 2" è sospesa. Quest'anno non
so quante liti debba poffe ai vostri piedi: c'è pendente
tutta la causa Yarazze e non so dove cominci e dove ter-
mini; ci sono quelle di Silva e Farina, quella di Napoli
e Giardini, e chissà quante il diavolo susciterà. Mi rac-
comando a Voi, avvocata nostra. Non ho altra speranza
io ignorante ed inutile vostro incaricato che spero non ci
abbandonerete in questo 1908. F. Rinaldi>r.17 È una sem-
plice notazione, ma dimostra il profondo e sempre vivo
senso religioso che egli portava negli affari scottanti del
suo ufficio. Si deve riconoscere che anche grazie alla
sua abilità, prudenza e costanza la causa ebbe alla fine
un esito felice con la sentenza del 5 giugno 1912.
Come sacerdote, poi, non poteva limitarsi a rendere
soltanto un servizio burocratico, per quanto prezioso e
meritorio; avvertiva il bisogno di espandersi, di comu-
nicare agli altri la propria ricchezza interiore. Così lo
17 Preghiere alla Madonno, Positio, Documenta, n. XV pp. 548-549
62 Don Rinaldi

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

▲back to top
troviamo impegnato, prima di tutto, nella formazione
dei giovani chierici salesiani nello spirito di don Bosco
e nella pedagogia salesiana, di cui egli era un eccellente
maestro. Innumerevoli furono i discorsi, le confetenze,
le lezioni o istruzioni che egli tenne su quegli argomenti.
Dal 1900 al l9l4 ogni quindici giorni si recava a Fogliz-
zo a parlare ai chierici salesiani e la sua parola semplice
e insieme originale lasciava una profonda impressione
in chi lo ascoltava, per la convinzione e la passione che
gli fluivano dal cuore, atal punto che tali lezioni furono
trascritte dagli uditori, riconoscendolo un <<maestro di
salesianità>>. r8
Instancabile fu ancora nell'apostolato delle Confessio-
ni, della predrcazione della Parola di Dio e nella direzione
spirituale, riuscendo sempre persuasivo ed efficace, per 1o
spirito soprannaturale e per l'ottimismo che vi infondeva,
nonché per la sua sensibilità e delicatezza. Per decenni
fu anche l'animatore spirituale dell'oratorio femminile di
Valdocco, tenuto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Aveva
un dono speciale per capire e guidare le persone: rimane-
va nel confessionale per alcune ore ogni mattina dopo la
santa Messa e sapeva dirigere le anime con bontà assie-
me alla fermezza, indinzzando verso la vita consacrata
coloro che davano segni di vocazione. La sua presenza,
come già quella di don Bosco, era un continuo richiamo
18 E. VALENTINI, Don Rinaldi, Maestro di pedagogia, Pontificio
Ateneo Salesiano, Torino 1965.
Podre buono e umile servo di tutti 63

7.2 Page 62

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alla presenza amorosa di Dio. Nessuna meraviglia, dun-
que, che dall'attività apostolica del Rinaldi sbocciassero,
nel fratteffipo, numerose vocazioni alla vita religiosa fra
i Salesiani e fra le Figlie di Maria Ausiliatrice, e che tanti
e tante giovani ne uscissero ben preparati per una vita di
famiglia autenticamente cristiana.
In questi anni si distinse sempre più nel compito di
animazione, accompagnamento dei gruppi della Famiglia
Salesiana, sia consolidando quelli già avviati, sia dando
vita a nuove realtà tra cui il primo nucleo di quello che nel
tempo si sarebbe costituito come Istituto secolare delle
Volontarie di Don Bosco, che riconosce in don Rinaldi il
proprio fondatore. Si dedicò con passione a nuove e ori-
ginale forme di apostolato da essere un autentico uomo di
avanguardia e per cer-ti aspetti profetico.'e
Il cauPo DEr FEDELI LArcr
Don Rinaldi dimostrò qui un interesse veramente an-
ticipatore. Rinvigorì e promosse 1'assoctazione dei Coct-
peratori. Se ne soleva interessare personalmente, allora,
19 Per la presentazione del ruolo carismatico di don Rinaldi nei con-
fionti della Famiglia Salesiana riportiamo parte della Lettera scritta
da don Egidio Viganò in occasione della beatrficazione di don Rinal-
di, Don Filippo Rinuldi genuino kstimone e Interprete dello «spirito
salesianor, rn Atti Consiglio Generale, n.332, pp.22-31.
64 Drsn Rina{di

7.3 Page 63

▲back to top
il Rettor Maggiore attraverso un delegato. Don Rinaldi
percepì che le cose non si muovevano a sufficienza per
mancanza di una adeguata organrzzazione; insistette
con don Rua per la creazione di un ufficio centrale, pre-
sieduto dal Prefetto e composto di tre consiglieri e qual-
che segretario, secondo il bisogno. Scelse il personale,
stimolò l'azione degli ispettori e dei direttori, promosse
diverse iniziative di formazione e di impegno aposto-
lico, distinse chiaramente i Cooperatori dai Benefatto-
ri, stimolò l'incorporazione dei giovani che avessero
compiuti i l6 anni, curò più tardi, nel 1917 , una nuova
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7.4 Page 64

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edizione del regolamento semplificando la pratica delle
iscrizioni, si preoccupò che i centri locali fossero dina-
micamente vivi, andò formando e completando i quadri
degli animatori; diede anche, in vista di questo, speciale
rilievo al «Bollettino Salesiano». Dal 1903 al 1930 fece
celebrare nove congressi internazionali, quattro in Ita-
lia e cinque in America Latina: vale la pena notare che
quello del 1920 segnò una svolta nell'organizzazione e
azione dei Cooperatori salesiani. La sua preoccupazione
di fondo era quella di far vivere con attualità tra essi il
vero spirito di don Bosco.
Con gh Ex-allievi l'azione di don Rinaldi fu ancor
più originale e ricca di risultati, con prospettiva interna-
zionale e mondiale. Si possiedono in archivio documen-
ti che dimostrano come egli studiasse questo argomen-
to con i laici stessi. Indisse il congresso internazionale
del 19ll a Valsalice, dove si proclamò la Federazione
tnternazionale delle associazioni e vennero creati gli
organi direttivi: era la prima Federazione internaziona-
le di questo tipo tra tutte le istituzioni cattoliche ! Da lui
partì anche f idea che gli Ex-allievi innalzassero a don
Bosco sulla ptazza Maria Ausiliatrice un monumento,
che giunse alla sua felice realizzazione nel 1920. Per
l'inaugurazione egli aveva promosso tre congressi in-
ternazionali: dei Cooperatori, degli Ex-allievi e delle
Ex-al1ieve.
Don Rinaldi, infatti, fu f ispiratore e l'organrzzato-
re anche delle Ex-allieve: <<Fin dal primo momento che
66 Don Rinaldi

7.5 Page 65

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prese a occuparsi dell'Oratorio femminile, vagheggia-
va il grandioso disegno di stringere le Ex-allieve delle
FMA in un'Unione mondiale, novità ardita senza dub-
bio, ma che non lo spaventò». Alla prima associazione
prepose la signora Felicita Gastini, figlia di quel Carlo
Gastini che aveva raccolto il primo gruppo degli Antichi
Alunni di don Bosco.
Un altro gruppo dell'ambito femminile, che è stato
oggetto delle sue cure di predilezione, è quello delle
Zelatrici di Maria Ausiliatrice, che fiorì poi nell'attua-
le Istituto secolare delle Volontarie di Don Bosco. Nel
1908 scelse tra le Figlie di Maria le cosiddette "Zela-
trici dell'oratorio". Nel primo congresso delle Ex-allie-
ve (1911) alcune di esse proposero una associazione di
Figlie di Maria "nel secolo"; più tardi (3 ottobre 1916)
preparò per loro un abbozzo di statuto in sette punti; il
20 maggio 1917 indisse la prima riunione: fu l'inizio
ufficiale! Superò non poche difficoltà e incomprensioni;
finalmente ebbe via libera con I'approvazione di un pri-
mo regolamento in diciotto articoli per I'Associazione
delle Zelatrtct salesiane (luglio 1918); 1126 ottobre l9l9
accompagnò le prime sette professioni e, poco dopo
(novembre L920), fece eleggere tra loro un consiglio
per ammettere le nuove (autonomia laicale ! 29 gennaio
L92I). L'8 ottobre 1922, ricevendo da alcune di esse la
rinnovazione dei voti, insistette sul loro spirito salesia-
no, considerandole le prime consacrate dedicate a se-
guire don Bosco nella società. Sembra a prima vista una
Pttdre btutrto e tunile ser\\to di tutti 67

7.6 Page 66

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cosa umile, come tutti i semi, ma nasconde una geniali-
ecclesiale... Nessuno pretende di affermare che abbia
pensato esplicitamente a un Istituto secolare, come 1o si
concepisce oggi: sarebbe una pretesa anacronistica. Ciò
che, però, dobbiamo considerare sicuro è che egli intuì e
percorse una via che portava alla secolarità consacrata e
che nel far ciò intese prendere un ideale inattuato di don
Bosco e dargli forma.
Un'altra iniziativa laicale da ricordare è l'Unione Don
Bosco fra insegnanti.Da parte di alcuni insegnanti - di-
retti spiritualmente da don Rinaldi - era stata avanzata,
all'inizio degli anni '20, la proposta di creare un'asso-
ciazione apolitica di ispirazione cristiana tra maestri e
professori. Egli intuì subito il beneficio che ne sarebbe
venuto sia per i membri stessi sia per l'azione educativa
che avrebbero potuto svolgere nelle scuole statali. Fece
sua l'iniziativa e diede vita così a una originale Unione,
di cui egli diventò il primo animatore col suo alto pre-
stigio. L tniziativa presentava tre caratteristiche che gli
risultavano assai care: era assoctazione di laici, si pro-
poneva 1'educazione morale della gioventù, e intendeva
operare secondo i criteri del sistema educativo di don
Bosco. Anche questo tipo di associazione fu la prima
del genere in Italia nell'areadi ispirazione cristiana: don
Rinaldi non andava certo alla ricerca di primati, ma il
suo ardore apostolico gli faceva prendere volentieri del-
Ie posizioni di avanguardia.
Un altro campo in cui appare assai positiva la sua
68 Don Rinctldi

7.7 Page 67

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operosità inventiva è quello della comunicazione so-
ciale. Sono pochi forse coloro che si aspettano in don
Rinaldi la preoccupazione di dar vita a una grande Edi-
trice: eppure è la realtà. Egli è il fondatore della So-
cietà Editrice Internazionale (SEI). Don Bosco aveva
già avviato diverse attività editoriali a Valdocco, ma
con il passar dei decenni non si era raggiunta un'ordi-
nata sistemazione generale. Don Rinaldi organizzò il
settore e creò la SEI, per il cui sostegno finanziario ri-
corse anche ai Cooperatori e Benefattori di diverse na-
zioni d'Europa e d'America. Come il Santo fondatore,
anche lui aveva il senso imprenditoriale di certe opere
apostoliche.
Inoltre egli è stato il promotore di varie pubblicazioni
e riviste; per esempio: già in Spagna il giornaletto «El
Oratorio festivo>>, poi curò molto il «Bollettino Salesia-
flo>>, fondò «Voci fraterne>> e <<Unione» per gli Ex-allie-
vi e le Ex-allieve, il periodico «Maria Ausiliatrice>> per
la basilica di Valdocco, la rivista <<Gioventù Missiona-
ria>> per le missioni. Allestì biblioteche per la gioven-
tù; fondò circoli di cultura; favorì la schola cantoru,tm,
le casse di Mutuo soccorso, i servizi medici gratuiti...
Ebbe l'idea di fondare anche una Rivista per la donna:
è interessante considerare il senso di attualità con cui
concepiva questo progetto di periodico femminile.
Paclre btrono e ttmile setno di tutti 69

7.8 Page 68

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Ll onnzroNE PATERNA
ALLE Frcrrn nr Ma.nrl AUSTLTATRICE
Egli si trovò ad agire in un momento particolarmente
delicato quando, per disposizione della Sede Aposto-
lica, si stabilì l'autonomia giuridica e amministrativa
dell'Istituto, fino allora aggregato alla Società di San
Francesco di Sales. Bisognava saper intensificare la co-
munione nello spirito e nella missione, mentre si orga-
nrzzaYa 1'autonomia.
Egli si conquistò un generale riconoscimento di sti-
ma quando fece una buona e ragionevole divisione dei
beni materiali tra le due Congregazioni, come appare
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7.9 Page 69

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dai Processi; ma soprattutto conquistò la fiducia di tutte
e di tutti quando si adoperò con azione continua, pater-
na e profondamente spirituale perché si conservasse il
comune patrimonio carismatico del Fondatore. Le de-
posizioni dei Processi sono unanimi ed entusiastiche a
questo riguardo: le testimonianze delle FMA sono le più
valide sia sulla sua santità personale, come sull'azione
da lui svolta per la comunione spirituale e apostolica
delle ormai due Istituzioni di don Bosco.
Campo privilegiato dell'azione di don Rinaldi, in
collaborazione con le FMA, fu l'oratorio femminile di
Valdocco da quando cominciò a lavorarvi nel 1907 col
titolo di direttore (come allora si usava) succedendo
a don F'rancesia. Qui egli per anni profuse veramente
l'ardore del suo zelo sacerdotale e la originalità del-
le sue rniziative educative e apostoliche. Quasi non si
riesce a comprendere come egli abbia potuto svolgere
tanto lavoro oltre quello che aveva come Prefetto; ma
le deposizioni sono così particolareggiate, concordi
e autorevoli, che ne assicurano l'oggettività. Egli la-
sciava alle suore quanto era di loro competenza, ma
animava, suggeriva, guidava, incoraggiava con paterno
ottimismo e illuminata saggezza. In un clima di fer-
vore condiviso si raccoglievano centinaia di rugazze
e di giovani; sorgevano associazioni secondo l'età e
il diverso livello spirituale: si trattava di gruppi apo-
stolici, sociali, culturali, ricreativi, che alcune testi
elencano e spiegano con profusione di dati; molteplici
Padre buono e umile servo di tutti 7l

7.10 Page 70

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manifestazioni tenevano l'oratorio in un continuo tono
di mobilitazione festosa; si moltiplicavano le vocazio-
ni (egli era confessore regolare nella basilica, due ore
ogni mattino). In particolare insisteva che le ragazze
si portassero a Dio, parlando loro di Gesù per poterle
correggere da ogni leggerezza e germe di mondanità.
Dalle giovani l'azione passava nelle famiglie, nel quar-
tiere, nei posti di lavoro, nelle associazioni cattoliche
diocesane. L'oratorio non era un mondo chiuso, ma
spalancato: un fermento di bene, nel quale don Rinaldi
faceva entrare anche elementi del laicato cattolico per
guidare veramente alla vita.
Era, questa, una grande lezione salesiana non solo
per le FMA, ma anche per i confratelli. Don Rinaldi,
infatti, concepiva l'oratorio come centro vivo dt tntzia-
tive culturali, sociali e religiose. Lo voleva arricchito da
opportune rnrziative laicali; 1o auspicava collocato nelle
periferie cittadine (come furono più tardi quelli del San
Paolo e di Monterosa che egli come Rettor Maggiore
prediligeva a Torino). In quello maschile di Valdocco fu
lui, per esempio, il fondatore del circolo 'Auxilium",
diventato poi famoso in Piemonte. (Al primo anno di
fondazione, nel 1906, i soci vollero che egli fosse pre-
sidente; accettò, ma con la condizione di preparare diri-
genti laici che avrebbero dovuto guidare 1'associazione
sotto la propria responsabilità).
Oltre le attività oratoriane, abbondava la sua prezio-
sa direzione spirituale per le suore, le conferenze peda-
72 Don Rinaldi

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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gogiche che egli andava a farc alla Casa Generali zia dr
Nrzza Monferrato, dove funzionava un fiorente Istituto
Magistrale: parlava alle suore, alle ragazze dei corsi su-
periori, alle maestre, alle mamme. È so.p.endente come
abbia saputo comprendere i problemi femminili trattan-
do, oltre che temi strettamente pedagogici, quelli del
fidanzamento, del matrimonio e della vita coniugale,
con una visione veramente pastorale. Seppe trasferire
nel mondo femminile quella conoscenza e pratica del
Sistema Preventivo, la cui piena applicazione fino allora
era stata interpretata prevalentemente dal punto di vista
delle opere maschili.
Ma l'apporto più grande verso le Figlie di Maria
Ausiliatrice, don Rinaldi lo realizzò come interprete e
difensore del comune patrimonio spirituale. Suor Cle-
lia Genghini ha deposto nei Processi: «Il periodo che
intercorse fra il 1905 e il 1913, e specialmente fra il
1905 e il 1901 , fu veramente cruciale. Si temeva di
essere completamente sottratte alla direzione del su-
periore della Società Salesiana, e quindi, un po' alla
volta, allo spirito di don Bosco... In questo periodo don
Rinaldi con la sua bontà paterna, e coi suoi saggi e
illuminati consigli, fu di grande conforto e di aiuto al
nostro Istituto. Ne sono prova le lettere che indirtzza-
va in quel periodo. In una sua lettera del 5 settembre
1905, diceva: "Il Signore vi illumini. State passando
il momento più solenne della vostra vita. Qui non ci
vuole che serenità e grazia di Dio. Io spero molto bene
Padre buono e umile seryo di tutti 73

8.2 Page 72

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dai nuovi provvedimenti, se saprete inoculare in tutto
1o spirito di don Bosco">>.20
Dunque: ben venga una giusta autonomia, ma nella
- piena comunione dello stesso spirito. <<A questo fine
- depose suor Teresa Graziano don Rinaldi avvicinava
con una particolare preferenzae con prudente frequenza
le superiore maggiori, le quali, nei primi anni del suo
Rettorato, erano ancora domiciliate alla Casa Madre
di Nizza. Fu lui ad ottenere che la Casa Madre venisse
trasportata a Torino presso il santuario di Maria Ausi-
liatrice, onde le superiore potessero partecipare più in-
tensamente e con maggiore comodità alla vita salesiana,
e ricevere più efficace e larga impronta dello spirito di
don Boscorr2l. Era straordinariamente preoccupato di
assicurare la più stretta comunione nell'identico prezio-
so patrimonio.
Egli in questa delicata circostanza fu l'uomo prov-
videnziale, saggio, delicato, paterno, costante e illumi-
nato; pareva avesse ricevuto in dono dallo Spirito una
speciale capacità di percezione dei tratti dell'animo
femminile: incideva con delicatezza nei loro cuori in
modo veramente ammirevole. La direzione spirituale, le
lettere personali, i consigli alle superiore, le molteplici
forme di contatto orientativo, anche Ie correzioni, sono
serviti a intensificare la fedeltà e 1'unione.
2A C. GENGHINI, Positio, Summarium, PP.218-219, §§ 758.760.
21T. GRAZIANO, Positio, Summarium, P. 1 13, § 338.
74 Don Rinaldi

8.3 Page 73

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È bello constatare la schiettez za con cui parlava o
scriveva alle superiore. Così, per esempio, in una let-
tera del 1915 alla benemerita superiora generale madre
Caterina Daghero, dice con familiare sincerità: «Mio
desiderio fu sempre quello di favorire fra di voi le idee
che mi paiono veramente di don Bosco. Mi pare che
fino a un certo punto si abbia detto troppo "sono suore,
sono donne, non tutto è adattabile fra di loro". Così si
lasciò correre e, senza avvedercene, diventate religiose
comuni a tutte le altre. In questo caso non era necessa-
rio un Istituto femminile in più: ce ne sono già tanti!».
Espressioni, queste, che rimandano a un clima culturale
di altri tempi, soprattutto da parte di preti e di confra-
telli. Ma è rimarchevole - e direi profetico - il fatto che
egli non abbia mai tollerato nei confronti delle F'iglie
di Maria Ausiliatrice - come delle religiose in genera-
le - comportamenti meno delicati e giudizi provenienti
da un certo complesso di superiorità, e, nel contempo,
abbia esortato madre Daghero a custodire gelosamente
la comune identità salesiana di cui la venerata cofonda-
trice, madre Mazzarcllo, fu sempre gelosa interprete e
trasE:p-amrenerzitaoysloap.rattutto di don Rinaldi se i due Istitu-
ti, nella legittima autonomia giuridica, hanno saputo
mantenere rapporti di intensa comunione spirituale, di
mutua comprensione, di solidarietà pratica e di feconda
coll abor azione reciproca.
È, questo, un monito profetico per noi oggi in una
Padre. buorut e umile servo di tutti 75

8.4 Page 74

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Chiesa caratterizzata dalla comunione e impegnata in
una ricerca apostolica di nuova evangelizzazione.
Quando don Rinaldi fu eletto Rettor Maggiore, con-
siderò suo grave compito la nomina pontificia di dele-
gato apostolico per l'Istituto delle FMA ottenuta per la
prima volta dal papa Benedetto XV nel 1917 , per valido
interessamento del cardinale Cagliero.
Tra i molteplici servizi e orientamenti meritano un
particolare ricordo le speciali Strenne d'inizio d'anno
per le FMA: 1922,, 1929, 1930, 1931 e 1932. Don Ri-
naldi soleva dare una Strenna differente ai vari gruppi, a
volte era diversa persino tra i Salesiani: una per i preti e
un'altra per i coadiutori. Rivolgeva tutti i suoi interventi
a far sì che fossero meglio tenuti in vigore il carattere e
la forma dati loro dal Fondatore senza mai chiudersi alle
esigenze dei tempi.
In conclusione, mentre da una parte don Rinaldi rive-
lava eccellenti qualità di governo, dall'altrasenza accor-
gersene si consolidava nella pratica abituale, spontanea,
gioiosa di tutte le virtù cristiane, ffia specialmente della
carità, prudenza, giustizia, fortezza e purezza in un'ar-
moniosa fusione di contemplazione e di azione, che lo
teneva contemporaneamente proteso verso Dio e verso
il prossimo. Non si staccherà più da questo tenore di
vita, certamente eroico.
76 Don Rinuldi

8.5 Page 75

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r.5 Rettor Maggiore
(24 aprile rgzz - 5 diòembre rg3r)
Quando fu eletto Rettor Maggiore tl24 aprile 1922,
il regolatore del Capitolo, don Luigi Piscetta, gli chiese
se avrebbe accettato. Don Rinaldi aveva nascosto la fac-
cia tra le mani e stette così alcuni istanti, che a tutti par-
vero eterni. Poi, commosso, rispose: «Questa elezione è
una confusione per me e per voi. La Madonna vuol fare
vedere che è essa sola che opera in mezzo a noi. Pregate
perché io non guasti ciò che hanno fatto don Bosco e i
suoi successori>>.
I1 periodo in cui don Rinaldi fu Rettor Maggiore dei
Salesiani abbraccia quasi dieci anni ed è senz'altro il più
ricco di testimonianze circa il suo profilo virtuoso, sia
grazie ai testimoni dei tre processi, sia grazie alla do-
cumentazione bibliografica e archivistica. Risulta infatti
ben delineata la profonda vita interiore del terzo succes-
sore di don Bosco e, al tempo stesso, la sua intensa atti-
vità apostolica, in cui spicca la sua paternità spirituale.
Prima fra tutte le sue preoccup azioni di padre, fu
la formazione religiosa e professionale dei confratelli.
Puntò anzitutto sulla necessità di una profonda vita inte-
riore, da trasfondere poi nelle opere, e cercò di promuo-
verla in tutti i modi: inviò circolari che costituiscono
ancora oggi una testimonianza tangibile della sua fede
e della sua pietà; tenne frequenti riunioni o adunanze,
specialmente a livello di educatori; concesse udienze a
Ptrtlre buono e umile .\\ervo di tutti 77

8.6 Page 76

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§
Don Rinoldi Rettor
Moggiore 11922' l93l).
Q.
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dr
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.r§
f,s )
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8.7 Page 77

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tutti coloro che lo desideravano, mostrando sempre pie-
na disponibilità ad ascoltare, confortare e spronare verso
iI bene; visitò tutte le case che poté, in Italia e all'estero;
dove non poteva arrivare di persona, inviava lettere pa-
terne, dando prova concreta della sua costante premura
per il bene di tutti, di spirito di sacrificio e instancabile
laboriosità. «Don Rinaldi era instancabile e si prestaya a
tutto e a tutti con estrema bontà, sempre calmo, uguale a
se stesso; nel suo cuore paterno sapeva trovare la parola
opportuna che tutti lasciava soddisfatti, e al tempo stes-
so pieni di ammirazione e venerazione per lui>>.22
Un altro aspetto che come Rettor Maggiore ebbe par-
ticolarmente a cuore, fu l'osseryanza delle regole e lo
studio della spiritualità di don Bosco, di cui egli era lo
specchio fedele nella vita di ogni giorno davanti a Dio,
in comunità e nei rapporti sociali. La beatificazione del
Fondatore, nel 1929, fu l'avvenimento più importante
del suo Rettorato, con le conseguenti celebrazioni in
Italia e in tutto il mondo. Anche se fu per lui una gran-
de fatica, gli offrì anche I'occasione propizia per rilan-
ciarne il carisma, come prototipo di religioso educatore,
per rinfocolare tra i confratelli lo spirito di famiglia, la
vita comunitaria e la santificazione del lavoro, per cui
chiese e ottenne da Pio XI l"'Indulgenza del lavoro san-
tificato". Scrivendo del momento della beatificazione,
diceva: «Compresi chi diventava don Bosco per noi. . .
22 A. CANDELA, Positio, Sununarium,p. 167, § 578
Padre buono e unùle setno di tutti 79

8.8 Page 78

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il modello sicuro della nostra vita di religiosi educatori,
la lucerna posta sul candelabro per illuminare il mon-
do; il ministro fedele proposto alla distribuzione di beni
agli indigenti; lo speciale intercessore verso la Vergine
Ausiliatrice>>.23
Inoltre, conformemente all'orientamento generale
della Chiesa, diede impulso alle missioni: attraverso l'i-
deale missionario, rilanciato con entusiasmo in Congre-
gazione, ottenne risultati sorprendenti, sfociati in una
meravigliosa fioritura dr vocazioni, che permisero ai
Salesiani di arrivare in tutti i continenti e portarvi la luce
del Vangelo. Era convinto che l'ideale e l'entusiasmo
missionario coltivasse il cuore dei giovani, ne aumentas-
se la fede e suscitasse vocazioni. Per questo istituì case
per aspiranti missionari. Li inviò prima del noviziato,
nei Paesi di missione, perché conoscessero l'ambiente e
imparassero le lingue. Fondò l'Associazione Gioventù
Missionarra e promosse congressi e mostre missiona-
rie. Non è senza significato che durante il suo Rettorato
il numero dei membri della Congregazione passasse da
circa quattromlla a circa ottomila unità, e che aumentas-
se notevolmente anche il numero delle case religiose e
delle opere, con incalcolabili benefici spirituali special-
mente per la gioventù.
Devotissimo del sacro cuore di Gesù e di Maria san-
23 Lettera del9 luglio 1929, in Atti del Consiglio Superiore, n. 49,
p.770.
80 Don Rinaltli

8.9 Page 79

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tissima ausiliatrice, don Rinaldi ne promosse il culto
con encomiabile zelo,, attingendo a queste sorgenti sere-
na fiducia, ottimismo, speranza, fortezza nelle difficoltà
e nella malattia, calma di fronte alla morte. Negli ultimi
due anni della sua vita, mentre gli venivano meno gra-
dualmente le forze fisiche e aumentavano gli acciacchi,
soprattutto a causa del mal di cuore, sopportò ogni di-
sagio con edificante rassegnazione, continuando, finché
poté farlo e in quanto le forze glielo permettevano, a
interessarsi dei problemi dei confratelli, curandone la
c orri spo ndenza personalmente, ri cevendoli amabilmen-
te in udienza, ascoltandoli con grande pazienza e condi-
videndone ansie e gioie.
Nel 1929, essendo alquanto precaria la sua salute
pensava di presentare le sue dimissioni da superiore
generale. Si pose personalmente un caso di coscienza,
ma il consiglio e l'autorità dei suoi collaboratori 1o in-
dussero a risolverlo continuando il suo incarico. A tale
riguardo va fatto osservare lo straordinario beneficio
morale che veniva alla Congreg azione e alla Famiglia
Salesiana dalla presenza ai vertici di un superiore che se
non in pieno vigore, tuttavia faceva sentire come nessun
altro l'eredità spirituale di don Bosco. In un momen-
to di grande fervore religioso ed entusiasmo apostolico
per la beatificazione di don Bosco (2 giugno 1929) fu
provvidenziale che don Rinaldi fosse Rettor Maggiore.
Don Rinaldi anche in questo era un umile servo che non
cercava prestigio, ffia si donava senza riserve.
ktdre buono e urnile servo di tutti 81

8.10 Page 80

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Verso la fine della vita i malanni cronici si aggrava-
rono e fu prostrato dall'esaurimento delle forze: sul suo
capo incombeva anche la minaccia di tn ictus, che era
una mal attra di famiglia. Nei primi giorni del dicembre
del 1931 soffrì per un ininterrotto singulto. AIle 4:30 del
5 dicembre ricevette la Comunione e ascoltò in camera
la Messa. Sembrava migliorare e volle ricevere per brevi
istanti un venerando salesiano francese. Rimasto solo in
camera, fu udito tossire; dopo qualche minuto fu intro-
dotto i[ barbiere: don Rinaldi era seduto sul seggiolone
come assopito, con il capo reclinato: aveva lasciato il
mondo in punta di piedi. Sulle ginocchia gli fu trovato il
primo volume della vita di don Rua, con alcuni appunti
sul modo con cui don Bosco aveva coltivato la vita spi-
rituale del suo successore e dei suoi figli.
82 Don Rinalcli

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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e. Profilo virtuoso
z.r Vicino a noi e grande nelle virtù
Prima della sua morte, pur ritenendolo <<amato e sti-
mato come un buon papà, come un superiore e salesia-
no esemplare perfetto in tutto, ma tanto vicino a noi,
non si parlava di lui come di un santo>>24; ma dal giorno
della sua morte, sia la spontanea "venetazione" che si
manifestava da molte parti, sia "le grazie" che taluni
dicevano di ricevere per sua intercessione, <<ci fecero
capire quale fosse in realtà la sua virtù>>.2s
Infatti, durante tutta la sua vita di religioso e di sa-
cerdote don Rinaldi, a prima vista, non fece nulla di
straordinario, contrariamente a come avviene spesso in-
vece nella vita dei santi, che, dotati di doni preternatura-
li, non di rado richiamano l'attenzione sul loro operato
piuttosto originale; tutti però, per decenni, avevano po-
tuto constatare, ammirati, che egli non solo era rimasto
24T. LUPO, Positio, Summarium,p.387 § 1317.
25 lbidern, § 1318.
83

9.2 Page 82

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costantemente fedele all'ideale abbracciato da giovane,
ma che con ferma volontà aveva attuato, alla perfezio-
ne, il programma di vita allora professato. Gradualmen-
te per lui divenne un fatto abituale muoversi con gioia
nella sfera della vita dello Spirito, trascinando anche gli
altri; praticare le virtù teologali e cardinali; osservare
i voti e tutti gli obblighi del proprio stato, secondo lo
spirito di don Bosco, nella medesima semplicità e umil-
tà, tanto appunto da dare f impressione che in lui tutto
fosse normale.
Una santità piana, dunque, quella di don Rinaldi;
attuazione di un preciso programma di vita, ma senza
scosse, senza impennate, senza gravi penitenze, all'in-
fuori di quelle richieste dalla totale fedeltà alla legge di
Dio e agli obblighi del proprio stato, e senza umilianti
mortificazioni; una santità che non ha nulla di austero
e quasi nulla dr tradrzionale; che è il risultato di un ser-
vizio reso a Dio e al prossimo per amore di Dio, perciò
con umana sensibilità, fermezza e amabilità. Una santità
che piace, insomma, perché si snoda luminosa e serena
in quell'ottimismo che nasce dalla speranza teologale
vissuta, al di fuori della rigida cornice di altri tempi;
una santità attuale, perché imitabile, oggi, da parte di
chiunque sia animato dalla ferma volontà di dare a Dio,
in qualsiasi circostanza della vita, una risposta adegua-
ta, secondo i doni da lui ricevuti e dove è chiamato a
trafficare i propri talenti.
Non si tratta di un tipo di santità che si rivela nei fatti
84 Don Rinaldi

9.3 Page 83

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straordinari, ma di una vita eroica che si svolge nella ri-
cerca costante del bene, nella fedeltà continua al dovere,
nel controllo perfetto di in mezzo a tutte le difficol-
grandi o piccole della vita quotidiana. La sua santità
«prende un timbro di naturalezza e di spontaneità bona-
rta e umile, che edifica, senza dare nell'occhio>>.'6 È l'e-
sempio di <<una vita ordinaria vissuta così perfettamente
da potersi qualificare straordin artar>.27
Don Rinaldi, partendo da una sana educazione cristia-
na, arrivò rapidamente ai vertici della santità religiosa e
sacerdotale. Distinguendo la sua vita in due principali
periodi: quello secolare, che abbraccia circa ventidue
anni, e quello religioso-sacerdotale che ne comprende
alf incirca altri cinquantatré,, emerge il forte impegno
di perfezione e la continua ascesa nell'esercizio delle
virtù, fino a gradi elevati, che i testimoni non esitano a
deflnire, in modo esplicito o equivalente, eroici, per la
prontezza, la gioia, la costanza e l'arduità, sia nell'os-
servanza delle leggi Dio e dei precetti della Chiesa, sia
nei suoi doveri di superiore e di religioso.
Don Pietro Ricaldone,28 che gli fu accanto dal 1910
26 A. ZANINANTONI, Positio, Summarium, pp. 438-439, § l5 15.
27 P. RICALDONE, Positio. Sttmmarium, p.277 . § 968.
28 Don Pietro Ricaldone è senza dubbio il testimone più autore-
vole nel processo per la beatificazione di don Rinaldi. Nacque il
27 luglio 1870 a Mirabello dove don Bosco aveva aperto il primo
collegio salesiano fuori Torino. Suo padre, uomo di carattere e d'e*
quilibrio, agiato agricoltore, diventerà sindaco del paese. Per com-
Pudre buono e mnile servo di tutti 85

9.4 Page 84

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al 1931, e gli succedette come Rettor Maggiore, lo co-
nobbe quando don Rinaldi era direttore al San Giovan-
nino a Torino, ricordava come era particolarmente rico-
nosciuta l'opera di don Rinaldi nella promozione delle
vocazioni e come rimase impressionato per la sua bontà
e per le doti di governo, e soprattutto per l'ammirazio-
ne e per l'affetto che confratelli e giovani nutrivano per
il loro direttore: <<Dovendo esprimere il mio umile giu-
dizio sulla personalità di don Rinaldi, direi che egli fu
un sacerdote di grande vita interiore, di un giudizio e
criterio pratico veramente eccezionale; di una bontà e
paternità che traspariva da tutti i suoi atti; di una forza
e di una produzione di lavoro che non si sa spiegare, se
si considera la sua salute troppe volte precaria; ed infine
di una umiltà così profonda, da non lasciar trasparire
in lui nulla di straordinario al punto che generalmente
piere gli studi tu mandato nel collegio salesiano di Alassio, poi in
quello di Borgo San Martino. Qui un giorno Pietro poté conversare
da solo a solo con don Bosco, che rivedrà una seconda volta a To-
rino. Dopo qualche esitazione. che lo condusse al seminario di Ca-
sale fino alle soglie della teologia, fece ritorno dai Salesiani. Fece
la prima professione religiosa il 23 agosto 1890. Ancora giovane
chierico fu inviato in Spagna dove rimase per vent'anni svolgendo
un'intensa azione apostolica ed educativa e diventando nel 1901
ispettore dell'Andalusia e svolgendo anche il compito di visitato-
re delle case dell'America Latina. Nel 191I venne chiamato a far
parte del Consiglio Superiore come direttore generale delle scuole
protessionali e agricole. Nel 1922 fa eletto Prefetto Generale. In
86 Don Rinaldi

9.5 Page 85

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non si pensava che di lui si sarebbe dovuto introdurre
la causa di beatificazione>>.2e Rifacendosi poi alle mol-
te conversazioni avute con lui circa la necessità di una
solida base di vita cristiana per una autentica vita con-
sacrata e un fecondo ministero sacerdotale, ne conseguì
che don Rinaldi <<fu sempre modello di osservanza der
comandamenti di Dio, della Chiesa e delle costituzioni
e tradtzioni Salesiane. Egli non praticò, predicò mai
una ascetica sublime, ma all'incontro piana, semplice,
accessibile, come quella di S. Francesco di Sales e di
S. Giovanni Bosco... questo spiega perché in lui non
abbiamo mai visto nulla di straordinario, ma una vita
quegli anni si distinse nella preparazione del padiglione delle mis-
sioni salesiane all'Esposizione vaticana, oltre che a compiere una
visita straordinaria alle missioni dell'Estremo Oriente. Ebbe grande
parte nell'organizzazione degli eventi legati alla beatificazione di
don Bosco (1929). Nel 1932 venne eletto Rettor Maggiore, quarto
successore di don Bosco, e resse la Congregazione salesiana per
circa vent'anni. Uomo di rilevanti doti d'intelletto e di governo,
diede vasto impulso alla formazione spirituale e professionale dei
Salesiani, allo sviluppo degli istituti di cultura superiore, tra cui il
Pontificio Ateneo Salesiano. Per due volte compì l'intero giro del
mondo, ovunque portando l'altezza delle sue direttive, la grande
comprensione del cuore, I'incremento promozionale tra i nativi e
la sollecitudine tra gli emigrati. Moltiplicò gli istituti professionali,
assicurandone ovunque il personale specialtzzato. Ebbe la gioia di
vedere la canonizzazione di don Bosco e di madreMazzarello, la
beatificazione di Domenico Savio. Morì i[ 25 novembre del 1951.
29 P. RICALDONE, Positio, Swnmarium, p.266, §§ 926-921 .
Pudre buono e tunile servo di tutti 87

9.6 Page 86

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ordinaria vissuta così perfettamente da potersi qualifi-
care straordinaria».30 E conclude con un ritratto davvero
completo e reale della fisionomia virtuosa di don Rinal-
di: «Sono convinto che don Rinaldi abbia praticato in
grado eroico le virtù: 1) perché le praticò durante tutta
la vita; 2) perché le praticò con uno sforzo dr volontà
straordinarra, anche durante le malattie, le difficoltà e le
avversità; 3) soprattutto perché vi fu da parte sua un im-
pegno mai interrotto e fuori dall'ordinario per nascon-
dere l'eroicità con cui praticava le virtù stesse; 4) perché
mi pare di poter asserire che fu veramente eroico il suo
totale distacco dalle cose della terra, dalle persone, da
se stesso>>.31
Don Tranquillo Azzini conobbe don Rinaldi nel 1901
quando questi ritornava dalla Spagna per diventare Pre-
fetto Generale. Ricorda come lo incontrò quando era
ancora studente, riportandone un'ottima impressione,
come di un uomo tutto di Dio. Racconta che don Rinal-
di esaminava le mani di ciascuno per vedere se c'erano i
calli, perché diceva ai giovani aspiranti: «Se siete buoni
a lavorare sarete buoni operai nella vigna del Signore>>.
Ebbe l'occasione di incontrarlo diverse volte da giovane
studente e ogni volta don Rinaldi gli diceva: «Ricordati
che tu mi appartieni>>, manifestando quella paternità che
genera alla vita salesiana con la bontà e la pazienza che
30 /vi, p.277, §§ 967-968.
3l lvi, p.294, §§ 1034-1035
88 Don Rinuldi

9.7 Page 87

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conquista i cuori. Don Azzint testimoniò che don Rinal-
di praticò le «virtù in modo, nell'apparcnza, ordinario,
ma in realtà in modo straordinario. Anzi,, per la sponta-
neità con cui le praticava e per la costanza con cui perse-
verò in esse fino alla sua morte, ritengo che egli le abbia
praticate in modo che non esito a chiamate eroico>>.32
Altri testimoni insistono sull'eroismo di fronte alle
prove, alle difficoltà e alle contrarietà, che don Rinaldi
dovette affrontare e superare. Molto significative in pro-
posito sono le parole di don Pietro Tirone, membro del
Capitolo Superiore e direttore spirituale generale della
Congregazione, che indicano il costante sforzo che don
Rinaldi fece per tutta la vita di fronte a tutte le difficoltà:
«Praticò queste virtù tutte in modo molto sopra all'ordi-
nario, che io non dubito di dichiarare eroico. Se si con-
sidera la lunga durata del tempo - tutta la sua vita - in
cui le praticò; se si tiene conto dello sforzo che dovette
fare per vincere se stesso, le sue naturali inclinazioni;
se si considerano le difficoltà provenienti dalla natura
delle cose e dalla malizia degli uomini, le prevenzioni,
le consuetudini contrarie che egli dovette superare per
praticare queste virtù, bisogna pur dire che si richiedeva
una volontà ben risoluta ed una forza più che umana
per praticare queste virtù come egli lo fece>>.33 Tale con-
vinzione andò crescendo nel tempo soprattutto quando
327. AZZINI, Positio. Summarium. p.24, § 83.
33 P. TIRONE, Posirio, Sunmtarium. p.245, § 852.
Padre buono e ttruile servo di tutti 89

9.8 Page 88

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in ragione degli incarichi ricevuti collaborò strettamen-
te con don Rinaldi, ricevendone ulteriore edificazione:
<<Non solo mi confermai nella mia opinione, ma crebbi
ancora assai nella stima e ammirazione che avevo per
il suo ardentissimo zelo sacerdotale e per la sua ammi-
rabile attività in ogni campo, ma soprattutto per le sue
elettissime virtù>>.3a
Per conoscere l'alta perfezione e la profonda spi-
ritualità, è significativo quanto affermò don Giuseppe
Matta, sacerdote diocesano, offrendoci la motivazione
profonda dell'agire virtuoso di don Rinaldi: «Poiché
egli praticò sempre queste virtù con vera naturalezza e
adempì ogni giorno ed in ogni circostanza - anche nelle
più avverse - della sua vita fino alla morte, in modo da
rivelarsi uomo perfetto, per quanto è possibile alle for-
ze umane coadiuvate dalla grazia di Dio. Nella sua vita
I'ordinario diveniva straordinario, per la perfezione con
cui egli compiva ogni cosarr.3s Le testimonianze proces-
suali presentano un quadro delle virtù di don Rinaldi
con quelle note che i teologi indicano come segni dell'e-
sercizio eroico: molteplicità di atti, continuità per lungo
tempo, prontezza, facilità, giocondità, arduità. Inoltre le
virtù non sono improvvisate, ma sono veramente sentite
e interiormente vissute con piena e libera responsabilità
di vita spirituale.
34 [vi, p.227 , § 784.
35 G. MATTA, Positio, Summarium, p.347 , § I 196
90 Don Rinalcli

9.9 Page 89

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Suor Rosalia Dolza,, Figlia di MariaAusiliatrice, co-
nobbe don Rinaldi quando era ancora novizia a Nizza
Monferrato, restando interiormente toccata dalla predi-
cazione dell'uomo di Dio, che suscitò in lei fermi pro-
positi di vita religiosa e di appassionato ardore aposto-
lico. Questo primo incontrò fu come un seme che nel
tempo crebbe e consolidò l'impressione ricevuta da gio-
vane novizia e che si perfezionò quando, come direttrice
e ispettrice, ebbe modo di incontrare diverse volte e per
lungo tempo don Rinaldi. Questo del primo incontro,
che segna poi una storia di relazioni positive e fruttuo-
se, ritorna in diverse testimonianze ed è espressivo di
quella tradizione pedagogico-spirituale testimonrata da
don Bosco stesso che nell'incontro provvidenziale con
il giovane Bartolomeo Garelli, l'8 dicembre 1841, pose
il seme della sua futura opera e missione educativa e lo
stile di un approccio educativo incisivo e duraturo. Tale
incontro e relazione furono così determinati che suor
Dolza non esitò ad affermare: <<Non ho trovato né co-
nosciuto altri sacerdoti e superiori che gli fossero uguali
in virtù e santità, pur essendo persone degnissime e re-
ligiosi pieni di virtù. Ma il Servo di Dio eccelleva e tutti
superava in modo eminenterr.36
Don Antonio Candela, che fu in Spagna come di-
rettore e ispettore dal 1904 fino al 1916, direttore della
casa salesiana di Marsiglia in Francia e in seguito, nel
36 R. DOLZA, Positio, Sunmtarium, p. 163, § 564.
Padre buuru e umile servo di tutti 91

9.10 Page 90

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1925, fu eletto membro del Consiglio Superiore, costatò
come il ricordo di don Rinaldi era vivissimo non solo
tra i membri della Famiglia Salesiana, ma tra il nume-
roso stuolo di benefattori e amici dell'Opera Salesia-
na: «Si elogiavano da tutti in modo particolare le sue
virtù, il suo grande criterio pratico, la sua prudenza, il
suo grande cuore e il suo ardente zelo per il bene delle
anime, che sapeva discernere con occhio sicuro, e inco-
raggiare e guidare. Non udii mai da nessuno una voce
discordante>>.37
A conclusione sono di particolare valore le espres-
sioni di monsignor Evasio Colli nell'elogio funebre che
fece a poche settimane dalla scomparsa di don Rinaldi:
<<Fu uomo che ebbe I'equilibrio di tutte le virtù più che
1'appariscente preponderaflza di una di esse. Egli fu al
medesimo tempo uomo di azione formidabile ed asce-
ta; audace e prudente; tenace e umile; forte e paterno;
uomo di affari e uomo di Dio; Apostolo e Costruttore;
moderno e conservatore; fu insomma uomo spiritual-
mente completorr.3s
Attraverso 1'esercizio delle virtù traspare l'uomo di
Dio che ha assimilato 1o spirito del Vangelo e del suo
fondatore san Giovanni Bosco, secondo uno stile ispi-
37 A. CANDEL A, Positio, Summarium, p. 165, § 572.
38 L. CASTANO, Beato Don Filippo Rinaldi, 1856-1931. Vivente
immagine di Don Bosco e suo Terzo Successore, Elledici, Torino
1990, p. 14.
92 Don Rinuldi

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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rato al Trattato dell'amor di Dio e a\\l'lntroduz.ione alla
vita devota di san Francesco di Sales. In particolare le
virtù teologali della fede, speranza e carità occupano un
posto centrale, sono i nuclei dinamici che condizionano
e vivificano tutto f impianto di una vita virtuosa. Tutti
gli avvenimenti, anche quelli dolorosi, sono per don Ri-
naldi espressione della sapienza e bontà di Dio. Da que-
sta fede scaturiscono congrui atteggiamenti: fiducia nel-
la Provvrdenza, serenità nelle bufere, abbandono filiale,
parco uso delle cosiddette abilità umane o degli appoggi
umani, visione delle cose sub specie aeternitatis, ricer-
ca esclusiva della gloria di Dio. La fede, così, fiorisce
nella speranza, e matura nella carità, dando quella gioia
rasserenatrice.
La fisionomia spirituale di don Rinaldi alla luce del-
le virtù da lui esercitate rileva da un lato aspetti visibili
e percepibili che caratterizzano il volto del discepolo
del Cristo, così come don Bosco volle che apparisse
in una società che purtroppo non sembrava ormai più
apprezzare le forme allora classiche della vita religio-
sa, dall'altro aspetti meno percepibili ma ugualmente
importanti come la nervatura nascosta e robusta, linee
portanti che caratterizzano una modalità ascetica nel-
la sequela del Cristo. Lo "specifico", quindi, più che
una nota o una virtù, è un insieme di atteggiamenti,
di convinzioni profonde e di esperienze ben collauda-
te, che confluiscono armonicamente nella creazione di
uno stile originale e peculiare di santità e di apostolato
Puclre huono e umile servo cli tutti 93

10.2 Page 92

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che fanno di don Rinaldi una delle incarnaziont e del-
le interpretazioni più singolari dello spirito salesiano,
frutto di meditazione, preghiera, responsabilità voca-
zionale e carismatica.
z.z Fede: uomo di una fede massiccia,
granitica
La fede che traspare nella vita di don Rinaldi lo de-
finisce prima che religioso, credente, esuberante di en-
tusiasmo per il mistero di Cristo e impastato di bontà,
con un cuore forgiato dalla carità, che lo rende dina-
mico ed equilibrato, operoso e temperante, creativo e
di buon senso. La fede viene a indicare tutta una visio-
ne "dall'alto" della realtà in cui siamo immersi, visio-
ne permeata di ottimismo e di saggezza. Essa offre con
chrarezza le motivazioni pastorali dell'azione e permea
e soffegge quel tono di sano umanesimo che caratterizza
l'apostolato salesiano. Uuomo di fede è tutto rivolto al
mistero di Dio, convinto della vittoria finale del bene sul
male, impegnato instancabilmente nella costruzione del
Regno. Don Rinaldi era convinto che I'indebolimento
della fede in Dio avrebbe causato un grave decadimento
spirituale, con conseguenze deleterie per la stessa iden-
tità cristiana e apostolica della Congregazione e della
Famiglia Salesiana.
Quando i testimoni parlano della fede nella vita di
94 Don Rinaldi

10.3 Page 93

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don Rinaldi adoperano aggettivi come "massiccia",
"granitica", o'vivissima". Espressioni che richiamano il
concetto biblico del credere, come avere fondamento,
essere basati su roccia sicura, testimoniare stabilità e
consistenza. <dJomo della fede profonda, robustarr, 10
definisce don Carlo Marchisio; <<uomo di fede profon-
da e sentita>>, lo ricorda suor Ursula Pavese. In modo
molto simile si esprimono altri testimoni quasi compo-
nendo una litania di riconoscimenti: <<IJomo di altissima
fede>>, <<uomo di fede vivissima e profonda>>, <<uomo di
una fede massiccia, granitica>>. C'è chi 1o dice <<animato
da vivissima fede»; chi parla del suo <<vivissimo spirito
di fede che animava tutta la sua vita e tutto il suo apo-
Don Rinoldi oi piedi di Pio Xl nell'udienzo concesso
nel cortile di Son Domoso il 3 giugno1929,
in occosione dello beotificozione di don Bosco.
"a.\\
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l[l.i,
II
'fr I i
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!"r{
i\\
.-i
.I

10.4 Page 94

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stolato>> e chi afferma che «fu sempre animato da una
grande fede».
Si coglie dalla forza e vivacità del vocabolario usa-
to dai testimoni l'eco di un convincimento personale
fondato sull'esperienza. Non si afferma che avesse una
grande fede soltanto, ma che la fede in qualche modo lo
definiva "uomo di fede". Una fede che viene descritta
come profonda, robusta, massiccia e granitica, dando
così un aspetto virile alla fede di don Rinaldi. Alcuni ri-
cordano il celebre testo paolino, quando riflettono sulla
fede di don Rinaldi: <<Viveva veramente di fede»; <<vive-
va unicamente di fede»; «in tutta la sua vita fu guidato
unicamente da motivi di fede». Si avverte come il voca-
bolario usato da non pochi testimoni sia un vocabolario
che esprima totalità: "Sempre", "unicamente", "tutta la
sua vita", "tutto il suo apostolato". Chi ascolta con spi-
rito distante ha f impressione di trovarsi davanti a giudi-
zi troppo universali, tuttavia si avverte che tali giudizi,
oltre il loro contenuto concettuale, hanno un proprio
valore e significato soggettivo. Tali vocaboli "sempre",
"unicamente", "tutto", rendono trasparente la forza del-
la fede di don Filippo Rinaldi, come valore unificante
della sua vita.
Non c'è dubbio. Una fede vivissima, solida, animò
don Rinaldi. E vero: la fede appare con rilievo in tutti gli
uomini e le donne di Dio, poiché essa è il primo frutto
dell'azione gratificante di Dio e la risposta fondamentale
dell'essere umano alla preseflza e alla parola vivificatrici
96 Don Rinaldi

10.5 Page 95

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di Dio. È pu. vero che nei vari testimoni dello Spirito, an-
che gli aspetti fondamentali del vivere cristiano finiscono
per rivestire degli aspetti particolari e per questo motivo,
oltre a essere elementi comuni, diventano caratteristiche
dell'espertenza religiosa di alcuni di essi. Thle è, ci sem-
bra, il caso della fede nella spiritualità di don Rinaldi. E
stato tale spirito di vera fede che gli ha dato il coraggio di
affrontare tanti impegni difficili inerenti alla sua missione
e al suo ufficio: «Quando si vedeva don Rinaldi lo si ve-
deva continuamente immerso in Dio, in perenne medita-
zione, nonostante i suoi molteplici incarichi. Tutta la sua
attività era un'attività di fede, ed il suo governo si ispirava
e si basava sul suo spirito di fede profonda>>.3e
Diversi sono gli indizi attraverso i quali si manife-
stava questa fede profonda e viva: «Solo 1'ardentissimo
spirito di fede ci la spiegazione di tutta la sua vita e
della sua mirabile attività»; la fede «traspariva da tut-
to il suo essere e agire>>, in particolare quando pregava,
celebrava, teneva conferenze. Diversi ricordano il suo
<<modo di stare dinanzi al Santissimo Sacramento>>; fa-
ceva trasparire la sua profonda fede e la «grande devo-
zione>>, quando celebrava l' Eucaristia; <<era trasparentis-
sima la sua fede nella sua pietà e nelle sue devozioni>>.
Anche le prediche e le conferenze sono circostanze Ln
cui esprimeva la sua fede e la rafforzayanei suoi uditori:
<<Cercava di infonderla anche in noi>>.
39 E. VALENTINI, Pasirio. Summarium, p. 518, § 1794.
Padre huono e wnile servo tli tutti 97

10.6 Page 96

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L'oratoriana Anna Frassati, direttrice di associazionr
e dell'Azione cattolica, da persona perspicace e aposto-
licamente impegnata, così ricorda f influsso in lei la-
sciato da don Rinaldi: <<Con la sua parola semplice, ffia
profonda, senza divagazioni, ricca di sostanza, trasmet-
teva la fede: non voce che si ascolta e passa, ma radice
nei cuori>>.ao Don Pietro Rinaldi, pronipote, 1o conob-
be fin da ragazzo; diventato salesiano ebbe con lo zio
sempre rapporti confidenziah ed epistolari, e ne scrisse
un profilo biografico e spirituale dal titolo eloquente By
love compelled, Sospinto dall'amore, così testimoniò:
<<Da un profondo spirito di fede traeva origine la calma
imperturbabile del Servo di Dio, la sua costante serenità
come pure la sua parola sempre rasserenante e confor-
tatrice; quello spirito di fede che lo aveva indotto a scri-
vere trai suoi propositi di novtziato: "Voglio pensare,
parlare, fare avendo solo di mira Dio">>.ar
40 A. FRASSATI, Positio, Summurium,p.479, §1655.
41 P. RINALDI, Positio, Summarium,p.399, § 1363.
98 Don Rinalcli

10.7 Page 97

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Uolro rurro »r Dro
Don Rinaldi era un <<uomo tutto di Dio»; <<la sua per-
sona portava alle cose di Dio». Era il riflesso esterno di
quell'rndl'rizzo teologale, di fede, speranza, carità, che
orientò la sua persona e la sua vita. La fede animava
la sua profonda comunione con Dio, alimentata dalla
preghiera continua e fervorosa. Si vedeva chiaramente
che era unito con Dio e a chi 1o osservava dava l'im-
pressione di un uomo in continua unione con il Signore.
Coloro che hanno passato diversi anni insieme con lui
lo descrivono come una persona <<in continua unione
con Dio>>, <<continuamente immerso in Dio>>, <<dotato
dal più ardente spirito di preghiera>>, <<un sacerdote din-
nanzi al quale sentivi la presenza dr Dio>>, <<era adorno
del vero spirito di preghiera. Si può dire che pregava
sempre>>. I1 suo raccoglimento destava ammtrazione ed
edrftcazione.
Questa fede sincera e profonda aveva il suo fonda-
mento nella unione con Dio: «Egli era sempre tranquil-
lo e sereno, raccolto e devoto, anche tn mezzo alle più
svariate occupazioni. Si vedeva che il pensiero di Dio
gli occupava l'anima e lo si sarebbe definito l'uomo
della vita interiore rn mezzo al frastuono della vita quo-
tidiana».42 Don Azzint dichiarò: <<Posso attestare che il
Servo di Dio fu uomo di altissima fede, anzi che viveva
42 P. TIRONE, Posirio, Sumrnariutn, p. 242, § 840.
Parlre bt«tno e umile servo di tutti 99

10.8 Page 98

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veramente di fede. E lo dimostrava con la perfezione
delle sue opere e con le sue parole, che erano sempre
ispirate ai più alti e più puri principi della fede. Ciò che
maggiormente spiccava in lui erala fiducia continua ed
assoluta che riponeva nel Signore. Non contava niente
sulle proprie forze e sull'aiuto degli uomini, ma tutto si
riprometteva alla guida soprannaturale della fede».43 I1
medesimo teste asserisce che don Rinaldi ardeva di zelo
per la propagazione della fede, insegnava il catechismo
alle fanciulle, curava molto il decoro della Casa di Dio
e delle sacre funzioni,, era devotissimo dell'Eucaristia,
della Vergine santissima, di san Francesco di Sales, di
san Valerio, protettore del suo paese. La fede guidò e
sostenne la sua vita.
Guido Ferreri, inserito fin da giovane in una delle
opere più originali di don Rinaldi, la parrocchia e l'ora-
torio di San Paolo a Torino, così si espresse: «Don Ri-
naldi era convinto ed esemplare nella fede. Questa fede
traspariva in ogni sua manifestazione in misura eccezio-
nale. Io ebbi occasione di servirgli più volte Messa, e la
sua devozione ci edificava tutti. La sua predicazione era
tutta improntata allo spirito di fede, all'aborrimento del
peccato. Dopo una sua esortazione ci si sentiva devoti e
più buoni. Aveva una profonda devozione alla Madon-
na, e la sua predicazione mariana ci infervorava... In-
fervorava i giovani all'amore al Papa attraverso la sua
43 T. AZZINI, Positio, Summarium, p.7 , § 20.
100 Don Rinalcli

10.9 Page 99

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ptedicazione, sull'esempio di don Bosco. Il suo zelo per
la propagazione della fede lo dimostrava con il suo inte-
ressamento per ciascuno di noi in Oratorio ed invitando
anche noi ragazzi a svolgere l'apostolato presso i com-
pagni. Dall'Oratorio uscirono pertanto alcune decine
di vocazioni, buona parte delle quali avviate in terra di
missione>>.aa Le sue confetenze erano così interessanti e
pratiche che si conservano molti quaderni degli appun-
ti presi dalle suore. In tal senso è di particolare valore
rl Quaderno Carpanera, raccolta delle conferenze fatte
alle giovani, nucleo del futuro Istituto delle Volontarie
di Don Bosco.
Della fede, della devozione all'Eucaristia, al sacro
cuore e alla Madonna, così attestò Nicola Angeleri,
che aveva frequentato I'oratorio di Valdocco, dove don
Rinaldi aveva fondato un fiorentissirno circolo 'Auxi-
lium", con intento di formazione spirituale e di azione
sociale per i giovani in vista di un fruttuoso apostola-
to dei laici: <<In don Rinaldi risultava evidente una fede
viva e operante. La fede e l'amore al Signore erano il
movente delle sue attività. Nel modo di celebrare e nella
predrcazione si sentiva la sua fede viva e la presenza del
Signore. Insisteva in modo speciale sull'Eucaristia, la
devozione al S. Cuore e alla Madonna>>.4'5
Suor Ida Diana, Figlia di Maria Ausiliatrice, conobbe
44 G. FERRERI, Positio, Summariurn, p.496, §§ 1720-1722
45 N. ANGELERI, Posirio, Summarium,p.490, § 1691.
Pudre ltuono e umile ,servo di tutti 101

10.10 Page 100

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don Rinaldi quando aveva 12 anni e frequentava I'ora-
torio di Maria Ausiliatrice a Valdocco, dove don Rinaldi
era direttore spirituale e animava diverse associazio-
ni che si distinguevano per spirito di pietà, purezza dr
vita, unione e carità vicendevole dei membri, prontezza
nel compiere ogni opera di bene, creando un clima di
alto livello spirituale e morale, ter:reno fecondo di for-
tr vocazioni alla vita consacrata e al matrimonio. Così
descrisse la fede dell'uomo di Dio: <<Il senso profon-
do della sua fede traspariva dal modo con cui stava alla
presenza del SS.mo Sacramento, dal come celebrava la
Santa Messa o presiedeva ad altre funzioni religiose. La
sua fervida e meditata predicazione sulle verità eterne
testimoniava la sua fede vivissima. Soprattutto quando
esortava alla devozione a Gesù Sacramentato, a Maria
Ausiliatrice, le sue parole erano eco viva e profonda di
una fede vissuta e comunicativa. Era chiaro che le verità
che egli predicava erano il naturale irradiamento della
sua vita interiore, del suo vivere alla presenza di Dio, da
cui traspariva che il suo non era un insegnamento teori-
co, ma esperienza vissuta. E questo incideva fortemente
su quanti lo ascoltavano>>.46 Bene sintettzza monsignor
Marcellino Olaechea: «Aveva profonda fede teologica e
appariva quale rl iustus ex fide vivit>>.47
46 L DIANA, Posirio, Sununariunt,p.454, § 1570.
47 M OLAECHEA, Positio, Sttmntariunt, p. 368, § 1249.
fiz Don Rinuldi

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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Uovro Dr PREGHTERA
Questa fede si esprimeva e si alimentava nella vita e
nella pratica della preghiera, come testimoniarono co-
loro che gli furono vicino. Don Tommaso Bordas, che
conobbe don Rinaldi quando all'età di 9 anni entrò nella
casa salesiana di Sarrià Barcellona (Spagna), riportando
fin dal primo incontro avuto in occasione della predica-
zione di un corso di esercizi spirituali una forte impres-
sione, che si rinforzò ulteriormente quando da giovane
studente di teologia ascoltava le conferenze pedagogi-
che del Prefetto Generale nella casa di Foglizzo e poi
nei vari incarichi che svolse nella Casa Generalizia dr
Torino, descrive la vita quotidiana di don Rinaldi come
quella di un uomo «indubbiamente dotato di grande spi-
rito di preghiera, tanto vocale, quanto mentale. Era per
noi edificante vederlo sempre al suo posto fin dalle pri-
me ore della mattina nel coro di Maria Ausiliatrice, par-
tecipando alla prima meditazione della comunità con un
atteggiamento talmente raccolto, che infondeva pietà in
tutti i presenti. Non lo si vide mai sedersi durante la me-
ditazione... Inculcava poi lo spirito di preghiera da cui
egli era potentemente animato, negli altri come mezzo
principale per raggiungere la perfezione cristiana e per
superare le difficoltà di ordine spirituale e materialer>.48
Ogni sera poi abitualmente scendeva dalla camera, at-
48 T. BORDAS, Positio, Sununarium, p.79, § 278.
Padre buono e umile servo cli tutti 103

11.2 Page 102

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traversava il cortile di Valdocco e andava nel coretto re-
trostante all'altare <<dove si tratteneva in lunga preghiera
e devota adorazione, con un contegno che denotava tutta
la vivissima fede da cui era animato il suo cuore>r.ae Lo
si vedeva attuare quell'ideale della preghiera incessante
che si erano proposti i Padri del deserto in obbedienza
alla raccomandazione di Cristo Signore e dell'Apostolo:
<<Pregava sempre>> e molti avvertivano il suo <<profon-
do raccoglimento>>. Per una buona chiave di lettura del
suo spirito di pietà vale la pena riportare quanto pensava
circa il rapporto "meditazione-Eucaristia": <<Diceva che
la meditazione ben fatta, sotto un certo aspetto diviene
più efficace della stessa Santa Comunione, perché è più
difficile che cada in peccato chi ha profondamente e se-
riamente meditato, che non colui che si è comunicato,
sia pure con le più sante disposizioni>>.s0
Fervorose e frequenti erano le sue visite a Gesù Sa-
cramentato; inoltre era molto amante delle orazioni gia-
culatorie che ravvivano il senso della presenza di Dio
lungo la giornata, l' affidamento a Maria e f interces-
sione dei santi; non era cosa rara sorprenderlo con la
corona del santo Rosario in mano; era poi commovente
vederlo pregare ai piedi delf immagine di Maria Ausi-
liatrice, davanti alla quale si recava assai spesso durante
la giornata per pregare nel suo santuario.
49 A. CAI{DEL A, Positio, Summaritun, p. 178, § 615.
50 T. AZZINI, Positio, Summariurz, p. 16, § 51.
104 Don Rinuldi

11.3 Page 103

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Viveva e inculcava la devozione eminentemente sale-
siana al sacro cuore di Gesù. Così scriveva in una lettera
a don Pietro Berruti, ispettore del Cile: <<D'ora innan-
zi tn ogni dubbio e timore dirai solo: "Cuore di Gesù,
confido in voi", poi tira innanzi sia riguardo a te come
agli altri>>.sr Promosse con molteplici iniziative il culto
del sacro cuore, raccomandando «di foggiare il proprio
cuore sul Cuore stesso di Gesù; ed egli ne era una copia
fedele».52 Tale devozione non aveva nulla di sdolcinato
o sentimentale, ma era la fornace ardente da cui spri-
gionava 1o zelo apostolico che portava le persone da lui
dirette a testimoniare la fede con coraggio in famiglia,
nelle fabbriche, senza vergogna. «Egli era persuaso che
solo attraverso un intenso amore al Cuore di Gesù si
poteva rassodare la vera pietà nel cuore delle sue figlio-
1e>>.53 Negli ultimi anni diede grande importanza alla so-
lennità del Sacro Cuore organizzando una processione
interna all'oratorio cui partecipavano genitori e bambini
e durante la quale predicava incentrando tutto sulla fa-
miglia e promuovendo la consacrazione delle famiglie
al sacro cuore.
Tra i santi preferiti c'era il "suo" don Bosco, per il
quale ebbe una devozione <<impossibile a descrivere>>
e assunse come suo stretto dovere personale quello di
51 P. ZERBINO, Positio, Summarium,p.479, § 1444.
52 M. LAZZAR| Positio, Summarium, p. 306, § 1074.
53 T. GRAZIANO. Positio, Summariunx,pp.106-107, § 370
Pctdre buorut e umile servo di tutti 105

11.4 Page 104

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propagarne la devozione. Dedicò ogni sua energta a
conservare nella Congregazione il vero spirito del Fon-
datore, di cui fu definito <<un'immagine vivente». A ciò
si aggiungono il suo amore per il Papa e le devozioni
personali che coltivò con costanza.
Ll coroNNA DELLtEucARrsrrA
La dimensione cristologica della vita spirituale di
don Rinaldi si incentrava nell'amore a Gesù Eucaristia.
Un testimone vi vedeva <<un qualcosa di straordinario
per cui si comprendeva subito, anche semplicemente
nell'atto della sua preghiera, come egli fosse intima-
mente convinto della reale presenza di N.S.G.C. nella
santissima Eucaristia>>.5a «Vivissima era la devozione al
Santissimo Sacramento>>; «caldeggiava e propagava la
devozione eucaristico>, ritenuta base e anima del siste-
ma preventivo di don Bosco.
Senza voler portare attenzione a sé, egli inculcava
con il suo contegno esterno, devoto e rispettoso, la ve-
nerazione e 1'amore per l'Eucaristia. Diversi testimoni
affermano di essere stati impressionati dal modo in cui
celebrava la santa Messa. Don Tommaso Bordas, che
diverse volte ebbe modo di assistere alla santa Messa
celebrata da don Rinaldi, testimoniò: «Pur seflza singo-
54 G. MATTA, Positio, Summarium. p. 326, § I 132'
106 Don Rinal.cli

11.5 Page 105

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larità, il suo contegno denotava come egli fosse intima-
mente compreso del grande mistero che stava celebran-
do e profondamente convinto della presenza di Gesù in
Sacramento... Non ometteva mai una fervorosa prepa-
razione e un conveniente ringraziamento>>.5s E,spressio-
ne di tale fede e amore eucaristici era l'adorazione al
Santissimo Sacramento: <<In occasione delle Ss. Qua-
rantore, che venivano celebrate in Maria Ausiliatrice,
55 T. BORDAS , Positio, Summarium, p.72, § 252.
?
re"
,l930
Don Rinoldi nel
occonto o uno stotuo
t
del socro cuore.
Nello dedico invoco
lo benedizione di Morio
Ausiliotrice per gli
omici di Mortì Codolor
{Spogno}.

11.6 Page 106

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si vedeva il Servo di Dio prostrato a lungo, in fervente
adorazione, tutto raccolto ed assorto, in modo da non
accorgersi di quanto avveniva intorno a lui>>.s6 Voleva
che il luogo della dimora eucaristica del Signore fosse
sempre pulito e decoroso. Durante la notte, qualora non
dormisse, andava in spirito ai cinque tabernacoli, quelli
della casa e quelli delle Figlie di Maria Ausiliatrice per
adorare il Signore, con uno stile che richiama I'amore
eucaristico della beata Alexandrina Maria da Costa, sa-
lesiana cooperatrice, mistica dell' Eucaristia.
Ll cor,oNNA Dr MARrA
Della devozione mariana parlarono non pochi testi-
moni: <<Nutriva una specialissima devozione alla Ma-
donna... incitava ad amarla>>. La devozione a Maria è
"specialissima", "profonda", "tenera", "viva", "tene-
rissima". Bene riassume la devozione mariana di don
Rinaldi la
noto come
testimonianza
il Servo di Dio
di don Giuseppe Matta:
fosse devotissimo della Santa
Madonna specialmente venerata sotto il titolo dell'Im-
macolata e di Ausiliatrice dei Cristiani. Seguendo una
lodevolissima tradizione esistente nella Società Salesia-
na, voleva che la festa dell'Immacolata fosse celebrata
con particolare solennità e che fosse tenuta la consueta
56 T. GRAZIANO, Positio, Summttri1qm,P.t25, § 426.
108 Dott Rinaldi

11.7 Page 107

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Accademia. Aveva poi una cura particolare perché tutto
quanto si riferiva al culto della Vergine Santissima, spe-
cialmente venerata sotto il titolo di Ausiliatrice, fosse
compiuto colla più grande solennità e con opere di par-
ticolare pietà. .. La festa poi di Maria Ausiliatrice era
per lui un vero avvenimento. Tutto doveva convergere
a glorific are la Vergine benedetta, ad esaltarla colle pre-
ghiere e coi canti e soprattutto si curava che numerose
fossero le confessioni e le comunioni... In ogni sua let-
tera, in ogni sua esortazione, in ogni suo scritto e in ogni
sua predtcazione, non mancava mai la sua parola effi-
cacemente incitatrice ad amare la Madonna, a pregarla
intensamente, a darle un culto di particolare amore ed
averne la più grande fiducia in Lei».57 La giaculatoria
Maria Auxilium Christianorum era continuamente sulle
sue labbra. Con grande ardore ne promuoveva il culto
con gli scritti e con le esortaziom che trascinavano gli
uditori nell'infiammarsi di amore e di devozione per la
Madre di Dio.
La devozione alla Madonna, alla quale fu educa-
to fin dall'infanzia e che ebbe aspetti tenerissimi, fu
una delle sue speciali caratteristiche. «Il suo amore
e la sua devozione verso di Lei avevano un alcunché
di profondamente ingenuo, e direi quasi infantile, che
rivelavano peraltro tutta la fiducia e l'abbandono che
egli in Lei riponeva. Quando aveva qualche difficoltà
57 G. MATTA, Posttio, Summariurn, p. 329, § I 138.
Padre bunrut e umile seryo di tutti 109

11.8 Page 108

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particolare, ricorreva al suo patrocinio con piena con-
fidenza>>.-58 Per documentare il suo ricorso filiale a Ma-
ria santissima, vale la pena di leggere i bigliettini che
collocava sotto una statuetta della Madonna posta sul
suo scrittoio. Si tratta di preghiere scritte su fogliettini
58 T. AZZINI, Positio, Summarittm, p. 10, § 33
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11.9 Page 109

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staccati e che riflettono le situazioni difficili e i proble-
mi che doveva affrontare e risolvere giorno per giorno.
All'inizio dei messaggi si trovano espressioni come:
«Madre carissima... Mi raccomando a Voi, avvocata
nostra. Non ho altra speranza io ignorante ed inutile
vostro incaricato che spero non ci abbandonerete>>,
<<Mamma mia SS.ma... alla mia prudenza ed attività
sono affidati gli interessi della Pia Società. Voi sape-
te come torpissimo (sic) e come non sappia che pesci
prendere. Vogliate quindi fare voi. Voi sapete quello
che si deve fare e come. Voi siete l'aiuto nostro, Voi la
nostra Madre. Se vi debbo servire comandatemi, gui-
datemi. Basta che io vi sia strumento nelle vostre mani
e vostro sempre dev.mo figlio e servo>>; «Madre mia
dolcissima...>>. Sono espressioni che da un lato espri-
mono la confidenza illimitata e filiale nell'affidamento
alla materna intercessione di Maria, dall'altro manife-
stano il senso di inadeguatezza e di incapacità di fronte
a difficoltà e situazioni non semplici.
Padre buono e umile setno di tutti 111

11.10 Page 110

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PnBcruERE ALLA ManonqNAse
(Sono preghiere scritte su fogliettini staccati, au-
tografe, che don Rinaldi collocava sotto una statuetta
della Madonna sul suo scrittoio. Sono scritte in anni
diversi e riflettono i problemi che egli doveva risolvere
giorno per giorno).
Madre carissima, l'anno 1907 posi ai vostri piedi due
liti pei beni Tambeccari (?) e Turina. La 1'fu risolta, la
2" è sospesa. Quest'anno non so quante liti debba por-
re ai vostri piedi: c'è pendente tutta la causa Yarazze
che non so dove cominci e dove termini; ci sono quelle
di Silva e Farina, quella di Napoli e Giardini, e chissà
quante il diavolo susciterà.
Mi raccomando a Voi, avvocata nostra. Non ho altra
speranza io ignorante ed inutile vostro incaricato che
spero non ci abbandonerete in questo 1908.
F. Rinaldi
Vergine, Madre, dopo Yarazze viene Marsala. Voi
avete risolto perfettamente le cause Tambeccari, Turina,
Silva, Yarazze,, ecc.; a Voi quindi avvocata nostra anche
Marsala vi affido. Dirigete a bene la nostra ignoranza,
i miei spropositi a quanto faremo. Voi sapete poi quanti
59 Preghiere alla Madonna, Positio, Documenta, n. XV pp.
548-550.
ll2 Dort Rinaldi

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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dubbi, quante tncettezze accompagnano le mie opera-
ziom; guidatele a bene, pel bene delle anime alla gloria
di Dio.
Senza di voi sapete che non ne indovina una il vostro
in C. J. F. R. Volgete lo sguardo a Bari, Loreto, Alvito.
Biglietto posto do don Rinoldi sotto uno stotuo
dello Modonno collocoto nel suo ufficio
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12.2 Page 112

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Mamma mia SS.ma, alla mia prudenza ed attività
sono affidati gli interessi della Pia Società. Voi sapete
come sono torpissimo (sic) e come non sappia che pesci
prendere. Vogliate quindi fare voi. Voi sapete quello che
si deve fare e come. Voi siete l'aiuto nostro, Voi la nostra
Madre. Se vi debbo servire comandatemi, guidatemi.
Basta che io vi sia strumento nelle vostre mani e vostro
sempre dev.mo figlio e servo. 18 - 12 - 08.
Carissima madre . La questione delle proprietà la
metto sotto la vostra direzione perché io non so pro-
prio cosa fare. Anche la Libreria e la Casa dell'Ora-
torio non so come aggiustarle. Voi sapete ciò che ci
conviene e ciò che io posso fare con vantaggio delle
opere vostre. Comandatemi adunque o disponete voi
direttamente; sia però io l'esecutore della volontà di
Dio e non della mia.
Beneditemi. Vostro in C.J.32 - 10 - 09.
l3-3-'14. Madre mia dolcissima. Voi sapete qual è il
tormento ed il pericolo che mi travagliano. A voi ricorro
perché mi liberiate. Ricordatevi che sono vostro e vo-
glio esserlo esclusivamente e per sempre. Ma voi sapete
che da me posso nulla, come nulla so né comprendo.
Illuminatemi. Fortificatemi, salvatemi, liberatemi. O
clemente, o Pia, o dolce Vergine Maria - dignare me
laudare te: da mihi virtutem contra hostes tuos.
ll4 Don Rinaldi

12.3 Page 113

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25-7 -' ll . Cara Madre. Vi raccomando la causa di
Loggia (?), di Caviglione, di Gaido, di Quaranta, di Mo-
ron. Voi sapete che io non posso fare altro che perdere la
mia testa e la loro. Difendete me da qualunque pericolo
e loro da qualunque male. Voglio solo che (sia) a gloria
di Dio e bene delle anime. Vostro Fil.
Madre carissima. Da qualche tempo richiamo all'at-
tenzione degli altri le cose che mi riescono bene e pre-
visioni avverate sia per soddisfazione del mio amor
proprio sia per ottenere l'ammiraz\\one di quelli che mi
ascoltano; ora questo è superbia, vanità ed amor pro-
prio: debbo correggermi per cercare solo Dio. Aiutatemi
a praticare l'ama nesciri et pro nihilo reputari. Voi 1o
sapete che nulla può da solo il povero... (forse «Filip-
po>> - tagliato fuori).
Cara Madre SS.ma. Parto per la Spagna: vi racco-
mando il viaggio e il fine per cui lo faccio. Senza di
voi faremo nulla o solo spropositi. Vi raccomando mio
fratello: fate che tutto riesca a bene dell'anima nostra.
Beneditemi. Vostro povero Filippo Rinaldi
t2-2-1911
Madre carissima, fatemi conoscere se debbo lasciare
l'Oratorio fem. o quanto e come debba interessarmene.
Non permettere che dia pretesto a chiacchiere, sospetti
od anche calunnie. Illuminatemi, ma liberatemi pure da
Podre buono e umile servo di tutti ll5

12.4 Page 114

▲back to top
malignità disoneste. Voi amaste tanto la bella virtù e non
soffriste il minimo insulto durante la vostra vita, liberate
me e noi da tali miserie.
30- r 2-09.
Vostro figlio F.R.
Uolro APosrolrco
Non solo nella devozione personale ma anche nelle
sue attività esterne, nelle sue iniziative e nelle sue esor-
tazioni ai confratelli, dimostrò la sua profonda fede.
«Dalla fede traeva ispirazione per tutte le sue iniziative
e per tutte le sue opere e cercava di infonderla anche
in noi, e in quanti avvicinava>>.60 Don Giuseppe Matta
affermò: <<Fu un uomo di una fede massiccia e granitica,
che viveva unicamente di fede, la quale erala norma di
ogni sua attività».6r I discorsi e le conversazioni erano
improntati a spirito di fede che producevano grande pro-
fitto spirituale nei suoi interlocutori. Metteva in guardia
perché il dinamismo apostolico dei membri della So-
cietà non li portasse a un'attività sfrenata, a danno del-
la vita dello Spirito. Nelle sue prediche inculcava uno
spirito di fede: <<Bastava sentire una sua conferenzapet
avvertire che era un uomo in cui la fede formava laforza
60 F. GASTINI, Positio. Sumtnarium.p.40. § 143.
6f G. MATTA, Positio, Summarium. p. 324, § 1 124.
116 Don Rinaldi

12.5 Page 115

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principale di azione, in modo da diventare in lui come
una seconda natura, che animava tutte le sue intenzioni
e le sue opererr.62
La vita, le vicende e l'attività di don Rinaldi non
si possono spiegare senza una fede al massimo livello
che riluceva nelle parole, nei rapporti con gli altri, nel-
la direzione spirituale, perfino negli affan, nei quali fu
prevalentemente impegnato negli anni in cui fu Prefetto
Generale. La sua storia dimostra che per fede egli decise
di donarsi a Dio e di accettare le difficili obbedienze che
segnarono tutte le sue cariche, essendo egli convinto che
per la sua salute e la sua cultura poteva essere utthzzato
solo negli uffici più umili.
Traspare la fisionomia di un uomo di orazione co-
stante e convinta che dalla sua unione con Dio traeva la
forza per I' azione e il servizio di ogni giorno. Appena
eletto Rettor Maggiore si recò a Roma dal papa Pio XI
per rinnovare la devozione e l'obbedienza filiale sua e di
tutta la Famiglia Salesiana al Vicario di Cristo e in quel-
la circostanza chiese l'indulgenza del lavoro santificato.
La sua attività incessante non era un attivismo super-
ficiale, ma espressione della convinzione che caratteri-
stica propria dello spirito salesiano sia una «operosità
instancabile, santificata dalla preghiera e dall'unione
con Dio>>.
Don Angelo Zannantoni, alunno di Valdocco e poi sa-
62C. MARCHISIO, Posirto, Summarium. p.409, § 1400.
Pqtlre buono e umile servo di tutti ll7

12.6 Page 116

▲back to top
lesiano, mette bene in luce laforzacontagiosa e irradiante
della fede di don Rinaldi che marcò in modo irreversibi-
le la sua storia vocazionale, espressione di una pastora-
le vocazionale fatta di attrazione: <<Era riconosciuto da
tutti come un uomo di fede eroica, che traspariva dalla
sua persona e sosteneva tutta la sua attività. La sua era
una fede soprannaturale basata sulf interiorità e aliena da
ostentazione esteriore e da fracasso. In lui esteriormente
non si notava nulla, non aveva una fede basata sul senti-
mento, ma chi 1o avvicinava la sentiva sprigionarsi dal
suo intimo e ne rimaneva conquistato, come avvenne a
me stesso. Infatti quando emisi i miei voti nelle sue mani
ne uscii con un profondo sentimento di gioia che non po-
tevo spiegarmi. Il contatto con lui mi aveva procurato una
profonda calma e serenità e quelf intima gioia mi durò
per diversi giorni. Quelli che lo avvicinavano avevano la
distinta impressione che era un uomo il cui abbandono
alla volontà di Dio era totale. Un uomo che sempre sem-
brava in comunione con il Signore>>.63
Concorda suor Teresa Graziano, Figlia di Maria Au-
siliatrice, ispettrice in Sicilia: «Era animato da vivissimo
spirito di fede, che animava tutta la sua vita e tutto il suo
apostolato. Questo spirito di fede affiorava in tutte le ma-
nifestazioni del suo pensiero e del suo cuore>>.64 Tale fede
63 A. ZANNANTONI, Positio, Summarium, pp. 440-441, §§
1522-1523.
64T. GRAZIANO, Posttio, Summarium, p. I 19, §§ 406-407.
118 Don Rinaldi

12.7 Page 117

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la rasserenava e illuminava nelle difficoltà della vita, sen-
tendosi interiormente rafforzatae pronta a compiere ogni
sacrificio, come quando lo incontrò per la prima volta
confessandosi nella basilica di Maria Ausiliatrice. Nono-
stante ci fossero diverse persone in attesa e tentata più
volte di andare da un altro confessore, sentiva come una
mano che la tratteneva presso quel confessionale, come
se a quel confessionale fosse legata ùna gtazia speciale.
Infatti sperimentò una consolazione inesprimibile e so-
prattutto incontrò colui che avrebbe risolto il problema
della sua vita, a tal punto che la data che don Rinaldi le
indicò per entrare nell'Istituto coincideva esattamente
con quella da lei decisa un anno prima per farsi religiosa.
Nelle difficoltà e avversità la luce della fede non si
affievolì mai in don Rinaldi, ma brillò maggiormente,
guidando il suo cammino verso Dio. In particolare, ne-
gli anni in cui fu Prefetto Generale si trovò a trattare
un cumulo di affari e una grande responsabilità gravava
sulle sue spalle. La cura dell'amministrazione e della
disciplina religiosa erano sostenute da grande fede che
gli dava calma e serenità di spirito, assoluta padronanza
di senza smamimenti e agttazionl
Della sua fede testimonia anche l'atteggiamento di
docilità e di visione soprannaturale con il quale accolse
sempre le indicaziont dei superiori e, in modo del tutto
particolare, la sua unione e assoluta compenetrazione
con don Bosco, sia quando era in vita che dopo la sua
morte: in ogni momento della sua vita, e specialmen-
Padre bnono e tunile servo di tutti ll9

12.8 Page 118

▲back to top
te durante il periodo in cui svolse la canca di Rettor
Maggiore della Società Salesiana, fu ben conscio che
la sua missione principale era quella di conservare in-
tegralmente lo spirito del Santo fondatore ed eseguire
fedelmente, fin nei minimi particolari, quanto da lui era
stato indicato o progettato: con questa convinzione so-
lidamente radicata, don Rinaldi fu un diffusore instan-
cabile della fede, promuovendo costantemente attività
apostoliche e dando un grande impulso alle missioni.
Tale spirito di fede ispirava anche i consigli con cui
guidava le anime, che scendevano preziosi di luce e di
fervore nel profondo dei cuori. In alcune lettere scritte
da don Rinaldi ai pronipoti, così si esprimeva: <<Mi do-
mandi cosa devi fare per essere un salesiano secondo
il cuore di don Bosco. Sarai tale se cerchi solo Dio in
tutto ciò che fai; se non ti spaventi di fronte al lavo-
ro; se sei temprante, allegro, tollerante verso gli altri e
paziente con tutti... Solo se avrai imparato a soffrire e
umiliarti per Gesù Cristo, il tuo progresso nella vita spi-
rituale sarà assicurato... Nella ricerca della santità è alle
cose ordinarie che dobbiamo rivolgerci, i nostri doveri,
i sacrifici nascosti dal nostro vivere giorno per giorno.
Affrontiamole con fede ad un tempo serena ed allegra,
in unione con Gesù Cristo... Vedi di animare ogni tua
azione vivendo per Cristo, con Cristo e in Cristo>>.65
E,spressione concreta della sua fede fu lo studio e
65 P. RINALDI, Positio, Summarium, p.399, §§ 1364-1365
120 Don Rinalcli

12.9 Page 119

▲back to top
I'azione svolti nel promuovere l'attività missionaria dei
Salesiani e il grande sviluppo che [e missioni salesiane
conobbero sotto il suo Rettorato. Il suo impegno impres-
sionante in favore delle missioni era stimolato dal desi-
derio di propagare e aumentarelafede. La fede infatti fu
la luce di tutta la sua vita religiosa e del suo apostolato.
Nel suo Rettorato mirò a orientare i Salesiani verso
lo spirito di preghiera e di unione con Dio, poiché que-
sto era stato anche il segreto della santità di don Bosco.
In occasione del Capitolo Generale del 1922 affermò:
<<Non dimentichiamo mai che 1o spirito è superiore alle
norme e alle regole e che i faccendieri battagliano mol-
to, ma concludono poco. Con una soda pietà si fanno
miracoli>>. Aveva espresso a don Bosco il desiderio di
recarsi in missione per propagare la fede, ma ebbe in
risposta che avrebbe mandato gli altri. E, infatti, da
Rettor Maggiore diede grandissimo impulso all'attività
missionaria dei Salesiani, fondando istituti per i giovani
da preparare alle missioni con il programma: <<Se sarete
santi, salverete le anime» e preferiva accettare le missio-
ni più povere e difficili.
Padre buorto e umile servo di tutti l2l

12.10 Page 120

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13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

▲back to top
2.3 Speranza: ogni giorno
bisogna portare un mattone
alla costruzione della nostra dimora
in Paradiso
Alla scuola di don Bosco, per don Rinaldi la speran-
za sta a segnalare la certezza dell'aiuto dall'alto, in una
vita tutta creativa, impegnata cioè a progettare quotidia-
namente delle attività pratiche per la salvezza soprattut-
to della gioventù nel conseguimento della meta ultima:
il Paradiso. Questa virtù mette in luce il dinamismo e
l'attività del Salesiano nella costruzione del Regno; la
costanza dei suoi sforzi e l'entusiasmo del suo impegno
si fondano sulla certezza dell'aiuto di Gesù e di Maria.
Don Rinaldi è convinto che Dio solo può fortificarci,
egli solo ci manterrà saldi fino alla fine perché ci ha
messi sul solido fondamento di Cristo; egli è per essen-
za fedele e ci proteggerà dal male.
«Il Servo di Dio era animato da una vivissima Spe-
ranza. Il suo pensiero era pienamente orientato verso i
beni eterni, che egli sperava di poter conseguire per i
meriti infiniti di N.S. Gesù Cristo».66 I testimoni infatti
sono d'accordo nel ritenere che don Rinaldi fu un uomo
di grande speranza. Vedevano Ia sua vita proiettata «al di
delle cose di questo mondo>>, <<imperniata sulle cose
di lassù», <<orientata verso il cielo». Tale spirito sopran-
66 T. AZZINI, Positio, Sutrunarium, p.12, § 40
Padre bur»to e umilesenn di tuui 123

13.2 Page 122

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naturale gli dava una fiducia incrollabile nella divina
Provvidenza. LuL che nella sua adolescenza era incerto
e indeciso, divenne con l'aiuto della divina grazia tn
modello di donazione intrepida a Dio: «Nel corso di tut-
ta la sua vita dimostrò di mai fare fidanza sulle proprie
forue o nelle proprie iniziative, ma di confidare soltan-
to nell'aiuto del Signore, che invocava costantemente,
e nell'aiuto di Maria Ausiliatrice, alla quale affidava le
sue causerr.6l Possedeva una serenità e un ottimismo che
trasmetteva anche agli altri, soprattutto in occasione di
eventi o situazioni dolorose, come scriveva a suor Te-
resa Graziano colpita da una disgrazia famigliare: <<Fai
coraggio e confida tanto in Dio e nella Madonna... Se
qualche volta fa soffrire il seguire Nostro Signore, ri-
cordiamoci che in Paradiso saremo ben largamente ri-
compensati>>.68 Di questa speranza testimonia anche don
Candela, riferendo la seguente risposta di don Rinaldi
quando gli manifestò l'inadegtatezza e il disagio speri-
mentati nell'essere nominato membro del Capitolo Su-
periore: «Vedi, in Congregazione ci sono dei confratelli
più capaci di noi e che farebbero meglio di noi. Ma il
Signore ha scelto noi. Facciamo quello che possiamo.
Egli farà il resto>>.6e Era anche segno di speranza la se-
renità costante in mezzo alle grandi prove. La sua arma
67 T. BORDAS , Positio, Summarium, p.78, § 272.
68 T. GRAZIAI{O, Positio, SLtntmarium,pp.132-133, § 451.
69 A. CANDEL A. Positio, Suntmarium, p. 196, § 686.
124 Don Rinaldi

13.3 Page 123

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in quei frangenti era la preghiera fiduciosa fondata sulle
promesse di Cristo.
Inoltre tale fiducia, che sorgeva dalla sua fede, con-
feriva una nota caratteristica alla sua spiritualità, cioè, la
serenità e il controllo di in tutte le circostanze. Una-
nimemente si parla della sua calma e serenità costante,
impareggiabile, soprannaturale, incrollabile, anche in
mezzo alle grandi prove. Don Guido Favini che conob-
be don Rinaldi come alunno dell'oratorio di Valdocco e
successivamente come salesiano ebbe rapporti confiden-
ziali, ricevendo incarichi di responsabilità, tra cui quel-
lo di incaricato dell'oratorio San Paolo, testimoniò: «Al
suo ufficio giungevano tutti i maggiori problemi ammi-
nistrativi, economici e disciplinari delle varie Ispettorie
e di ogni casa della Congregazione salesiana, con le loro
ansie morali, legali, frnanziarie. Ed egli si prendeva cura
fino ai particolari, senza mai alterarsi, con calma incrol-
labile, prudenza e premura di cui i superiori e confratel-
li gli erano immensamente grati anche quando doveva
prendere gravi provvedimenti. Mai che alzasse la voce,
che perdesse la pazienza, che si alterasse. Questo spirito
di raccoglimento gli consentiva di prendere tutto dalle
mani di Dio, di vedere le vie della Provvidenza dr Dio,
di godere l'unione abituale con Dio, di superare tutte le
difficoltà con la fiducia in Dio e l'assoluto abbandono
nelle mani di Dio».70 Il suo caratteristico ottimismo era
70 G. FAVINI, Positio, Summarium, p. 463, § 1598.
Pttdre but»to e nmile servo di tutti 125

13.4 Page 124

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tutto soprannaturale e fondato, anche nelle circostanze
più ardue, nella certezza dell'aiuto divino. «Sia colla
parola e sia cogli esempi, cercava di instillare nel cuore
di quanti avvicinava questa sua illimitata fiducia negli
aiuti del Signore, questa sua vivissima speranza da clur
era animato, e che trasfondeva con parole persuasive e
piene di paterna bontà>>.7r
Don Pietro Zerbino, che 1o conobbe da ragazzo e da
giovane salesiano a Valdocco, testimoniò: <<La speranza
in don Rinaldi dava al suo aspetto esteriore quella impa-
reggiabile serenità che riusciva a calmare gli animi più
agitati... e a dare a tutti il senso della tranquillità e della
fiducia.. . Il suo era un ottimismo soprannaturale, ali-
mentato da una incrollabile fiducia in Dio: le situazio-
ni difficili, le difficoltà impreviste, le proporzioni vaste
delle iniziative non 1o turbavano, perché era convinto
che, se un'opera era voluta da Dio, l'avrebbe condotta a
termine, come era sempre avvenuto, vivente don Bosco.
Noi che 1o abbiamo conosciuto ed avvicinato per anni,
non ricordiamo di aver visto una sola volta don Rinaldi
accigliato o turbato... La speranza erorca di don Rinal-
di rifulse soprattutto nella fondazione di nuove difficili
Missioni, come quella del Giappone, e nella fondazione
di vari Istituti Missionari per alimentarle di personale,
sicché in soli 9 anni poté aumentare di oltre 2000 il nu-
mero dei Missionari Salesiani. Per sopperire a queste
7l A. CANDELA, Positio, Surnmttriwn,p. 182, § 633
L26 Don Rinoldi

13.5 Page 125

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enormi spese confidava nella Provvidenza, nftutando
decisamente di ricorrere a mezzi umani che non fosse-
ro in linea con i mezzi di cui si suole servire la divina
Provvidenza>>.72 In particolare voleva che i confratelli
pensassero e agissero non secondo le logiche del mon-
do, convinto che le opere di Dio non sono come quelle
degli uomini. Un aspetto questo di grande attualità an-
che per la Chiesa del nostro tempo, quando spesso ci
si lascia coinvolgere e travolgere da logiche mondane
che sortiscono sempre in clamorosi fallimenti e ferisco-
no profondamente la vita e la credibilità della comunità
ecclesiale, suscitando a volte anche gravi scandali. In-
teressante quello che don Bonvicino disse circa l'opera
di Borgo San Paolo a Torino: <<Circa la speranza debbo
rilevare la sua grande fiducia nella Provvidenza tn tutte
le rnrziative apostoliche e il suo ottimismo fondato sul-
la speranza del Divino in tutto. Per l'Oratorio di Borgo
San Paolo devo proprio dire che contra spem in spem
credidit>>.73
Qui ci sono gli indizi di una virtù provata fino all'e-
roismo. La fede eroica era alla base della sua speranza.
<<Era animato da una ardentissima speranza sopranna-
turale che dimostrava in ogni sua opera intrapresa. Non
confidava in se stesso, negli aiuti degli uomini ma
72 P. ZERBINO, Positio, Summarium, p. 421, §§ 1447 -1451.
73 Testimonianza del sac. Ignazio Borricino, Positio, Docurnenta,
n. XV[I, SDB, p. 555.
Psclrc buono e nmile sert)o di tutti 127

13.6 Page 126

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riponeva tutta la sua fiducia in Dio. Soleva dire: "Se
anche personalmente debbo subire qualche insuccesso
nelle mie operaziom, non importa; se l'opera è voluta
da Dio, penserà egli a farla trionfare)''>>.74 Pienamente di-
staccato dai beni temeni, riponeva tutta la sua fiducia in
Dio, abbandonandosi a lui: <<Colonna portante di tutta la
vita di don Rinaldi fu la sua speranza eroica. Attendeva
tutto da Gesù e da Maria Ausiliatrice, ai quali affidava
la soluzione di ogni difficoltà con abbandono pieno e
filiale ai divini voleri e la ricerca dei beni celesti senza
alcun attaccamento ai beni terreni>>.7s Con questa spe-
ranza avviò due oratori in una zona periferica e difficile
di Torino, intraprese l'apertura di numerosi aspirantati
soprattutto per le vocazioni missionarie.
A questo orientamento della sua vita vengono fatti
risalire dai testimoni il distacco assoluto dai beni e dagli
onori della terra, il suo vivere affidato alla Provvtdenza,
inculcato anche come forma di vita ai suoi confratelli.
Una volta gli fu offerta la partecipazione agli utili di una
lotteria nazionale, che egli rifiutò perché voleva vivere
di Provvidenza e non di lotterie. Naturalmente ci si ri-
ferisce anche al distacco dai beni presenti e dagli onori,
proprio di chi ha voluto incarnare nella propria vita reli-
giosa I'orientamento escatologico del cristiano.
<<La sua persona portava alle cose di Dio. Quando si
7 4 T. GRAZIAN O, Positio , Sununarium, p. l3l , § 441 .
75 C. MARCHISIO, Posirio, Sumntariwn, p. 409, § 1404.
128 Don Rinulcli

13.7 Page 127

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parlava con don Rinaldi ci si accorgeva che tutta la sua
vita era imperniata sulle "cose di lassù"... Soleva dirci:
"Ogni giorno bisogna portare un mattone alla costruzio-
ne della nostra dimora in Paradiso"».76 La fede cristiana
si traduce necessariamente in speranza, poiché si tratta
di fede nel Dio della promessa. L'esistenza cristiana è
una vita in cammino, un orientarsi decisamente verso
il futuro di Dio, o verso Dio nostro futuro, facendoci
guidare da lui. Le dichiarazioni dei testimoni presen-
tano don Rinaldi teso verso il suo futuro divino: <<Era
animato da una vivissima speranza.Il suo pensiero era
pienamente orientato verso i beni eterni>>; un altro ri-
corda che <<aveva costantemente il pensiero del Paradiso
ed era solito dire: "Il Paradiso non costa mai troppo"rr.
Don Tommaso Bordas attestò: <<Pari alla sua ardentissi-
ma fede, fu viva nel Servo di Dio la virtù teologale della
speranza, tanto nel senso di raggiungere con la grazia di
Dio la vita eterna, quanto nella sicurezza di avere i soc-
corsi divini necessari al conseguimento del detto fine, e
al compimento delle opere di bene e di zelo per la gloria
di Dio».77 Tale era il suo incoraggiamento ai Salesiani
alla costanza: <<Con la speranza del Paradiso». Infatti
don Rinaldi non lasciava passare mai nessuna occasione
senza inculcare vivamente in tutti questa virtù cristiana
da cui egli era animato. Nelle conferenze, nelle predi-
76 A. FRASSAII, Positio, Summarium, p. 480, § 1657.
77 T. BORDAS, Positio, Summarium,p.76, §§ 266-267
Pcrdre buono e umile servo tli tutti 129

13.8 Page 128

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che, nelle sue conversazioni private, cercava di trasfon-
dere questo suo spirito di illimitata fiducia in Dio, da cui
era intimamente penetrato il suo cuore.
La salvezza dell' anima fu l'assillo fondamentale di
don Rinaldi, e per risolverlo impegnò con volontà seria
e decisa tutta la vita, affidandosi con fiducia al Signore e
lavorando indefessamente, in vista del Paradiso. La vita
è la prova più sicura dell'abito eroico della speranza e
fatti concreti lo dimostrano: l'abbandono della famiglia
per seguire la vocazione, il generoso sforzo compiuto
all'età di20 anni per diventare sacerdote, la quasi imme-
diata responsabilità di direttore accettata per obbedtenza,
il distacco improvviso dall'Italia per andare a lavorare in
Spagna, vent'anni vissuti come Vicario del Rettor Mag-
giore tra affari complessi e spesso tremendamente ango-
sciosi, e infine dieci anni di governo della Congregazione
con un programma straordinario di iniziative promosse
solo per il regno di Dio, sono fatti che presuppongono
l'immensa forza della speranza. Contava con sicrxezza
sulle promesse di Dio e guardava al di delle vicende
umane, ne poteva affrontare le difficoltà e il rischio con
fiducia, con costafiza, con animo inalterabilmente sere-
no. Don Rinaldi ha fatto tutto questo e perciò egli non ha
compiuto solo atti isolati di abbandono in Dio, ma tutta
la sua vita è stata un gesto eroico di speranza. Gli ultimi
anni furono una preparazione accelerata al Paradiso, che
vedeva molto vicino, a tal punto che era solito salutare
con un convinto: «Arrivederci in Paradiso!».
130 Don Rinulcli

13.9 Page 129

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2.4La carità verso Dio:
tutto in don Rinaldi era amor di Dio
Coloro che 1o hanno avvicinato, hanno notato che era
<<un profondo amore di Dio che lo spingeva, ed era il mo-
tivo della sua dedizione alle anime. Amava Dio e voleva
che fosse da noi amato>>.78 Tale amore si traduceva nel vi-
vere tn grazia di Dio e nel crescere nelle virtù e nell'esor-
tare ad amare il Signore: <<Cerca solo il Signore in tutto e
lascia cadere il resto».7e Questa carica interiore di amore
traspariva nelle sue parole e nelle sue prediche, semplici
ma sincere, con le quali riusciva a toccare le anime. Non
metteva mai la propria persona in evidenza. Al contrario,
possedeva <<uno sforzo speciale per nascondere se stesso,
perché in tutto apparisse sempre Iddio».80
Il suo amore per Dio 1o spingeva a mettere in prati-
ca con grande esattezza la sua santa volontà e ad ave-
re un orrore particolare per ogni forma di peccato e il
desiderio di riparazione. Don Tranquillo Azzini, che 1o
conobbe fin dal 1901 e lavorò per molti anni alle sue di-
pendenze come segretario amministrativo della Società
Salesiana, dichiarò: «Il Servo di Dio, animato da quella
ardentissima carità che lo legava al Signore, soffriva im-
mensamente per le offese che l'umanità ingrata fa a Dio.
78 A. FRASSATI, Positio, Summarium,p.480, § 1659.
79T. GRAZIANA, Positio, Summarium,p. I35, § 461.
80 P. RICALDONE, Positio, Summarium, p.285, § 995.
Pudre htutno e umile servo di tutti 131

13.10 Page 130

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E si studiava di ripararle in quel modo migliore che gli
tornava possibile. Dal fatto che dopo morto - a quanto
sentii dire - gli furono trovati indosso strumenti di peni-
tenza, ritengo che egli anche con questt mezzi cercasse
di riparare queste offese che dal mondo vengono fatte
alla infinita Maestà di Dio>>.8r La sua carità si manifesta-
va nello zelo: per la conversione dei peccatori, pregando
per loro e facendo il possibile perché ritornassero sulla
retta via, nell'organizzazione di ore e di giornate di ri-
parazione a Gesù Sacramentato, nella dedizione assidua
al ministero della Confessione con una generosità che si
può dire veramente eroica.
I testimoni concordemente mettono in risalto le altez-
ze,, alle quali si levò I'amore di don Rinaldi verso Dio:
amore che risplendette con straordinaria intensità nella
sua vita e ne qualificò la santità. Don Tirone, nominato
direttore spirituale generale della Società Salesiana, atte-
stò: «Tutto in don Rinaldi era amor di Dio. Di Dio era
piena la mente e il suo cuore, di Dio parlava sovente, e
sempre col più profondo rispetto e col più tenero amore.
La sua vita intera, anche quando doveva occuparsi delle
cose più svariate, eta un atto continuo, un inno incessante
di amor di Dio, e uno slancio di zelo per la gloria di Lui e
la salvezzadelle anime. Le numerose opere alle quali pose
mano e condusse felicemente a compimento con costanza
e sacrificio, non erano che un effetto del suo grande amor
81 T. AZZIN| Positio, Sunrmarium, p. 17, § 56.
132 Don Rinuldi

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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di Dio. Dio era l'unico ed il sommo scopo della sua vita,
dal suo ingresso in congregazione fino alla sua morte>r.82
Suor Ursula Pavese, che conobbe don Rinaldi frequen-
tando l'oratorio femminile di Valdocco, fin da bambina di
6 anni rimase così impressionata dall'incontro con lui che
sovrapponeva l'immagine del monumento di don Bosco
nella ptazza di Maria Ausiliatrice alla paternità sperimen-
tata nell'incontro con don Rinaldi. Conservando vivis-
simo nel tempo il ricordo delle impressioni, degli stati
d'animo, del clima che si respirava all'oratorio e dei frutti
spirituali maturati nella frequent azione dell' oratorio, così
testimoniò: «Attraverso l'unzione pacata e calda della sua
parola sentivamo che Dio era in rapporto con noi e noi
con Dio. Ne uscivamo con l'animo infervorato, convin-
te che per amare il Signore bisognava pensare ed agire
così come egli, don Rinaldi, ci insegnava, e gioiosamente
ci sforzavamo di agire e vivere veramente così... Il suo
grande amore per Dio traspariva all'esterno in quel qual-
cosa che non avremmo saputo definire, ma che ci faceva
convinte che era un santo. Quel suo amore per Dio che
si comunicava potentemente a noi, e che al solo incon-
trarlo, più per impulso interiore che per ragionamento, ci
richiamava a quel bisogno che le sue parole avevano fatto
nascere in noi, ragazzine dai 14 ar 18 anni, di amare il
Signore, di stare unite a lui, anzi dico, goderlo ...Lacarità
per Dio e per il prossimo che tutte riconoscevamo gigante
82 P. TIRONE, Posirio, Summttriunt, p.241, §§ 836-837.
Pudre buono e umile servo cli tutti 133

14.2 Page 132

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in don Rinaldi era il segreto e la misura della carLca di spi-
ritualità che si viveva in alcuni settori dell'oratorio. Carità
per il prossimo, che se era capacità di andare incontro
con tanta comprensione a tutte le necessità materiali e
morali, era specialmente non solo azione per la salvezza
delle anime, ma ansia di portarle alla maggior intimità
con Dio>>.83
La carità verso Dio si traduceva nello sforzo costante
per vivere sempre alla sua presenza e compiere la sua
volontà. Egli praticò ciò che insegnava'. <<La vera pietà
non quella di parole, di belle frasi, di atteggiamento
esteriore, di frequenti visite in chiesa: no; ma quella che
si nutre di sacrificio e di adempimento della volontà di
Dio>>.84 Per don Ricaldone: <<La sua carità verso Dio la
manifestava con un profondo spirito di pietà e con un
raccoglimento edificante. Appariva poi, e moveva i cuo-
ri nelle sue conversazioni, prediche e conferenze. Chi lo
trattava intimamente, si convinceva che vi era in lui uno
sforzo speciale per nascondere se stesso, perché in tut-
to apparisse sempre Dio. Era delicatissimo anche nelle
cose minime, soprattutto quando si trattava di impedire
l'offesa di Dio».8s E, ciò seflza mai fermarsi conside-
rare di aver raggiunto Ia meta. In una conferenza alle
Figlie di Maria Ausiliatrice disse: <<Adesso direte a me
83 U. PAVESE, Po s iti o, S untmctrium, pp. 445 -447, § § I 540- I 5 42.1 547
84 P. TIRONE, Posirio, Summctrium, p.242, § 842.
85 P. RICALDOI{E , Positio, Sumruarium, p. 285. §§ 995-996.
134 Don Rinaldi

14.3 Page 133

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di fare anch'io quello che ho raccomandato a voi. Fa-
temi questo augurio ai piedi dell'altare. Ditelo, ditelo
a Gesù che possa anche io amare il mio prossimo, ce-
lebrare bene la Santa Messa, dire bene le orazioni. Mi
direte: Ma lei lo fa già! Si può far meglio, si può sempre
far meglio. Avanti, avanti sempre, fino al Paradiso>>.86
Della serietà di questo impegno testimoniano an-
che i propositi formulati quando era studente a Genova
Sampierdarena.
Don Tommaso Bordas, che conobbe don Rinaldi in
Spagna quando aveva 5 anni e poi gli fu vicino fino alla
mofie in qualità di addetto al Capitolo Superiore Salesia-
no, attestò: «Tutta la vita del Servo di Dio si può dire che
fu un atto continuo della sua carità verso il Signore. Lo
dimostrò coll'esemplarità della sua vita che conduceva
già fin da giovinetto prima di entrare nella congregazione
salesiana; colla puntualità con cui attendeva ad ogni sua
obbligazione; con la precisione che conduceva la sua vita
religiosa e colla grande delicatezza dt coscienza che si di-
mostrava evidente in lui. . . Era poi completa la sua sotto-
missione alla volontà di Dio in ogni evenienza, sottomis-
sione che non mancava di inculcare nei suoi dipendenti,
specialmente ai suoi penitenti, quale base e fondamento
della loro vita cristian»>.87
L'amore che don Filippo Rinaldi portava verso quel
86 P. TIRONE, Posirio, Summariunt, pp.242-243, § 843.
87 T. BORDAS , Positio, Summarium, p.79, §§ 276-277.
Pad.re huono e umile sen'o di tLrtti f35

14.4 Page 134

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Dio che si è rivelato a noi in Gesù come Amore, viene
espresso con il vocabolario della totalità: «Tutto in don
Rinaldi era amore di Dio»; <<aveva il cuore pieno di vero
amore per il Signore>>; <<animato da vivissima carità ver-
so il Signore»; <<animato da ardentissima carità verso
il Signore». Si può raccogliere tutto un florilegio degli
aggettivi, con cui i testimoni qualificano la carità di don
Rinaldi verso Dio: ardentissima, vivissima, tenerissima,
forte. Sono qualificaziom che da un lato manifestano
il fuoco della carità che scaturisce dal cuore di Cristo
e dell'altro i tratti tipici del buon Pastore che ama con
cuore mite e umile, nel dono di sé.
Non si tratta di affermazioni astratte, ma fonda-
te sull'esperienza e su fatti concreti. «Dalla sua stessa
presenza, con il suo comportamento dimostrava la sua
grande unione con Dio ed il suo immenso amore... è
difficile giudicare una persona, ma molte cose si pos-
sono intuire, e in don Rinaldi si intuiva, si sentiva un
profondo amor di Dio che lo spingeva, ed era il motivo
della sua dedizione alle animerr.s8 L innamorato, si sa,
parla spesso dei suoi amori. Don Rinaldi non poteva na-
scondere il suo amore verso la fonte dell'amore. Late-
nerezzae 1'ardore di cui parlano i testimoni, si riferisco-
no evidentemente all'aspetto affettivo della carità. La
vivissima carità verso Dio era dimostrata dal sottoporsi
pienamente alla sua volontà, manifestata ed espressa at-
88 A. FRASSATI, Positio, Summaritulx,p.480, § 1659
136 Don Rinoltli

14.5 Page 135

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traverso gli inviti e i comandi dei suoi superiori. Uamo-
re di Dio, trasformato con generoso impegno in carità,
riempiva la sua anima; oltre a manifestarsi esteriormen-
te con la sua amabile paternità, lo hanno mostrato e lo
mostrano ancora le molteplici opere a cui ha dato inrzio
nel campo dello spirito, senza interruzione, con costan-
za, con zelo, fino ad assorbire le sue forze fisiche, senza
mai dire basta.
Don Tiburzio Lupo, che conosceva bene la spiritualità
dell'uomo di Dio, attestò: «Della sua carità verso Dio è
prova la sua vita di pietà, l'edificante celebrazione della
S. Messa, la sua assiduità alle pratiche di pietà in comu-
ne, specialmente alla meditazione, la sua devozione al
S. Cuore di Gesù che, sull'esempio del Beato don Rua,
sempre promosse nelle case salesiane, l'abbandono alla
volontà di Dio nelle infermità che 1o afflissero, special-
mente negli occhi, e la malattia del cuore, che acuivano
il suo desiderio di unirsi con Diorr.se Non diversamente
manifestò il suo pensiero don Antonio Candela, attento
e profondo conoscitore del Beato: <<L'amore di Dio si
può dire che era il movente della intensa attività di don
Rinaldi. Appariva chiaramente da quanto diceva, scrive-
va e faceva. Tutto in lui era rivolto a glorificare lddio.
Indubbiamente il Servo di Dio aveva una grandissima
dehcatezza dr coscienza e si studiava costantemente di
mantenere l'unione con Dio, mantenendosi lontano dal-
89 T. LUPO, Positio, Summarium, p. 383, § 1295.
Padre huono e umile servo di tutti 137

14.6 Page 136

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la colpa. Di questa unione con Dio parlava spesso nelle
sue conferenze>>.eo
Suor Teresa Graziano dichiarò: <<Tenerissima e vivis-
sima certamente era la carità del Servo di Dio verso il
Signore. E la dimostrava nella piena adesione della sua
volontà a quella di Dio. Per compiere questa divina vo-
lontà aveva accettato gli uffici a cui non si sentiva natu-
ralmente portato, e li compiva con molta pace,, serenità
e perfezione. .. U amore del Servo di Dio per il Signo-
re si manifestava in modo particolare nel suo spirito di
pietà, nella preghiera fatta sempre con calma e con un
profondo raccoglimento>>.er Infine Arturo Poesio, allie-
vo dell'oratorio ancora vivente don Bosco e successi-
vamente presidente dell'Associazione Internazionale
degli Ex-allievi salesiani, così depose: <<Per quanto è a
mia conoscenza e per quanto mi risulta dalle sue mani-
festazioni esterne, posso attestare che il Servo di Dio
aveva il cuore pieno di vero amore per il Signore, per
la cui gloria spendeva tutte le sue energie e tutte le sue
attività. Al suo contatto ebbi sempre l'impressione che
fosse un sacerdote esemplare, alieno da ogni colpa e im-
perfezione, e tutto dedito a moltiplicare le opere buone
per la gloria di Dio e per il bene delle animer>.e2
90 A. CANDEL A, Positio, Summarium, p. 182, § 634.
91 T. GRAZIANO, Positio, Sumntarium,p.l33, §§ 452-453.455.
92 A. POESIO, Positio, Summarium, p. 31, §§ I 12-113.
138 Don Rinaldi

14.7 Page 137

▲back to top
z.5La carità verso il prossimo:
se non mi metto in contatto
con le anime mi materializzerei
L'amore di Dio si traduceva in carità verso il prossi-
-o. È evidente la visione soprannaturale e teologale che
animava don Rinaldi e che lo spingeva alla generosità
eroica. Dall'eroico amore verso Dio scaturiva in don Ri-
naldi il suo straordinario amore per il prossimo: amore
soprannaturale, sincero e operoso, continuo e univer-
sale. Si può ben dire che in lui si realizzò pienamen-
te quanto egli stesso disse in occasione di un corso di
esercizi spirituali alle Figlie di Maria Ausiliatrice: <<La
vita interiore spinge, obbliga alla carità, al lavoro, al sa-
crificio per il prossimo>>. Innanzitutto, don Rinaldi com-
esattamente i suoi doveri come superiore, con una
donazione totale di per il bene dei fratelli, non solo
quando ciò comportava un'intensa attività esterna, con
frequenti spostamenti (per esempio, durante il periodo
che trascorse in Spagna), ma anche nelle lunghe ore di
ufficio nello svolgimento delle mansioni di Prefetto Ge-
nerale e Rettor Maggiore della Società Salesiana.
Tuttavia, l'amore di Dio lo spinse a trovare il tem-
po per una magnifica attività sacerdotale, nel ministe-
ro della Confessione, della direzione spirituale e della
predrcazione, nonché per la promozione diretta di opere
apostoliche. Don Tirone riferì come don Rinaldi, chia-
mato nell'anno 1901 a svolgere la carica di Prefetto Ge-
Padre burtrut e umile servo di ttttti 139

14.8 Page 138

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nerale, <<ogni mattina celebrava la S. Messa alle ore 4:30
e poi per un paio d'ore sedeva al confessionale sempre
molto frequentato. Chiamato anche di giorno, lasciava
il suo lavoro e si recava subito in confessionale. A chi si
meravigliava rispondeva: "Così ci ricordiamo di essere
pretil".La sua direzione spirituale era molto apprezzata
e molti ne approfittavano>>.e3 Don Zerbrno riporta pure
le seguenti parole dette da don Rinaldi a don Rodolfo
93 P. TIRONE, Pcrsirio, Summarium, p.231, § 799
Don Rinoldi con sguordo poterno
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14.9 Page 139

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Fierro che gli riferiva il biasimo di alcuni per il tem-
po che il Prefetto Generale dedic ava al ministero delle
Confessioni: <<Guarda, io sono tutta la giornata tra affari
e denari; se non mi metto a contatto con le anime e non
cerco di portarle e portarci a Dio, mi materializzerei>>.ea
La vita interiore di don Rinaldi era vita di amore a
Dio e di dedizione al prossimo. Il suo amore agli altri
però si ammantava di bontà, di soavità, di benevolenza
attenta e premurosa, di dolce longanimità. In una pa-
rola: di spirituale paternità che sostiene e aiuta a cam-
minare nelle vie di Dio. Qui don Rinaldi manifestò il
carattere distintivo della sua non comune personalità e
dei lineamenti inconfondibili della sua vita sacerdota-
le, nell'esercizio della più alta e perfetta virtù teologale.
La carità verso il prossimo naturalmente è proiezione e
realizzazione pratica della carità verso Dio. Si può dire
che tutta la sua vita, la sua molteplice e multiforme atti-
vità dispiegata attraverso oratori, conferenze, prediche,
catechismi, non ebbero che uno scopo: di prevenire e
di combattere il peccato e promuovere la gloria di Dio
e il bene spirituale delle anime. Tutta la sua vita come
fu un atto di carità verso Dio, così fu un atto di carità
verso il prossimo, all'interno della Congregazione, cioè
con i sacerdoti e con il personale, e all'esterno, nell'e-
sercizio continuo delle opere di misericordia spirituali e
corporali.
94P. ZERBINO, Positio, Summarium, p. 429. § 1482.
Padre buono e wnile servo di tutti 141

14.10 Page 140

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Sr plnLAvA Dr DoN Rrna,r-nr
coME Dr uN p.qPÀ
<<Nell'esercizio del suo ufficio di Rettor Maggiore,
andò rivelandosi ogni anno di più. Manifestando pru-
denza, sapienza e soprattutto paternità, suscitando un
crescente affetto filiale in tutti i suoi figli. Si parlava di
don Rinaldi come di un papà. Come caratteristica di don
Albera fu la pietà e di don Rua la regola, l'osservanza,la
fedeltà, così di don Rinaldi fu la paternità>>.e5
Come superiore, era un padre buono per tutti. I te-
stimoni parlano della sua <<non comune paterna bontà».
Si prodigava nel donarsi agli altri, letteralmente fino
all'ultimo momento della sua vita. In effetti, dopo un
ultimo atto di carità verso un confratello anziano che
gli aveva chiesto udienza, si mise sfinito sul seggiolone
dove, dopo qualche minuto, morì. I confratelli sottoli-
neano la sua paterna bontà nel governare, nell'esortare,
nel correggere. La paternità fu La caratteristica propria,
inconfondibile e identificante di don Rinaldi. <<Era con-
vinto che gli uomini si conquistano più col cuore che
colf intelligenza. Perciò non si stancava di raccomanda-
re la bontà, con tutti, ed esortava a vedere Gesù Cristo
anche nei più umili e soprattutto nei lontani da Dio».e6
Questo era anche quanto inculcava a coloro che veni-
95 lvi,p.416, § 1429.
96 P. RICALDONE , Positio, Summarium, p. 287 , § I 005 .
142 Don Rinaldi

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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vano rivestiti di responsabilità di governo e di direzione.
Rivelativa è una lettera scritta alla nipote suor Maria Ri-
naldi, che gli chiese consiglio quando si trovò a essere
nominata superiora: <<Il tuo primo compito è di salva-
guardare lo spirito di famiglia nella comunità... il tuo
ruolo come superiora è di irradiare calma, serenità, al-
legria... Molto spesso uno sguardo a te stessa e vedi
se la tua faccia diffonde luce di sole attorno a te... Una
superiora deve governare col cuore, non con la regola:
Don Rinoldi portoto
in trionfo dogli ospironti
missionori dell'lstituto
"Cordinsle Cogliero"
di lvreo.
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15.2 Page 142

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è il cuore che fa amare la regola. Questo è ciò che don
Bosco pensava, insegnava e praticava. Se come superio-
ra, sei incapace di farti amare dalle suore, allora sei fuori
posto, e farai bene a chiedere di essere rimossa>>.e] E a
un ispettore di recente nomina scriveva: «Sii padre: con
la paternità farai miracoli».
C'è una foto che dice molto bene quando don Rinaldi
fosse un padre amante e amato. Lo ritrae tra i viali della
casa di Ivrea portato su un seggiolone dai giovani aspi-
ranti missionari. Egli ne fu divertito e contento, soprat-
tutto per la gioia che vedeva sprigionarsi dai suoi figli,
gioia figliale di cui egli fu sempre diffusore. Una foto
che richiama l'episodio di quando r ragazzi di Valdocco
portarono don Bosco su un seggiolone, facendo festa ed
esprimendo la loro incontenibile gioia, dopo che era sta-
to guarito per intercessione della Madonna. Qui come
allora sono i giovani che in certo modo canontzzano la
santità salesiana che ha nella paternità I'espressione più
sublime di quella carità pastorale che ama e suscita cor-
rispondenza d' amore. La sua vita appare come un'ap-
plicazione costante della parola che aveva scritto nella
prima circolare ai soci della Congregazione: <<I124 del-
lo scorso aprile, quando... mi prostrai tutto commosso
dinanzi alla sorridente immagine della nostra Ausilia-
trice, nel suo Santuario, sentii in cuore mio che tutti in
quell'istante mi eravate dati da Lei come flgli carissimi
97 G. RINALDI, Positio, Summarium,p.472, § 1631.
144 Don Rinaldi

15.3 Page 143

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in Gesù Cristo, e che d'allora io non dovevo più vivere
che per voi. La paternità non importa forse una comple-
ta immolazione per il bene dei figli?».e8
Una paternità accogliente, sincera, tenera, compren-
siva e soccoffevole, che egli esercitò in tutto l'arco della
sua vita e che diventò la meraviglia di tutti, confratelli,
suore e laici, nell'ultimo trentennio e in particolare du-
rante il Rettorato. «Il suo Rettorato fu caratterizzato da
una grande paternità e da una accentuata spiritualità. Per
comune affermazione dei confratelli don Rinaldi fu l'uo-
mo della bontà e della paternità, e così 1o conobbi io>>.ee
Interessante che questa paternità verso i confratelli
era riconosciuta e apprezzata anche dagli esterni. Suor
Teresa Graziano esalta la carità di don Rinaldi verso i
confratelli salesiani: <<La nota dominante della sua ca-
rità risplendeva in modo evidentissimo nei riguardi dei
suoi confratelli. Non solo li trattava tutti con paterna
bontà, ma dava risalto alle loro belle qualità, ne copriva
i difetti, non voleva che si toccassero i suoi figli, e li di-
fendeva come un buon padre zeTante del buon nome di
tutta la sua famiglia».roo
Don Pietro Zerbtno, dopo aver riportato diversi episo-
di sulla carità di don Rinaldi verso il prossimo, conclude
98 Lettera del Rettor Maggiore,24 maggio 1922, in Atti del Capi-
tolo Superiore, n. 14, p. 3.
99 C. MARCHISIO, Posirio, Summariurn, p. 408, § 1395.
100 T. GRAZIANO, Positio, Summarium, p.l36, § 468.
Padre buono e umile ,tetto di tutti 145

15.4 Page 144

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dicendo: «Questi ultimi episodi mi richiamano una forma
salesianissima di carità nella quale don Rinaldi si distinse
forse come nessun altro Superiore Maggiore dopo don
Bosco: la paternità, che è la caratteristica più bella e più
cara a don Bosco. Chi avvicinava don Rinaldi sentiva di
avvicinare un papà. Anche la sua flgura fisica ispirava
confidenza; \\n bel faccione atteggiato abitualmente a un
dolce sorriso, ma appena percettibile; dolce e calma an-
che la voce; lenta e misuratala parola; uno sguardo buo-
no, mitissimo e paterno, invitante al colloquio>>.r01
Avr.rva rurrl E AvREBBE voLUTo
ARRIVARE A TUTTI
Si dava a tutti con eroica generosità, senza preferen-
ze, amando tutti dello stesso affetto di padre e cercan-
do di risolvere giustamente tutte le situazioni. Se ave-
va qualche preferenza era per coloro che soffrivano e
che erano malati, prodigandosi con carità straordinaria.
Ebbe un'attenzione speciale per i confratelli ammalatati
che tornavano dal fronte al termine della prima guerra
mondiale. Simile attenzione dimostrava per le ex-allie-
ve ammalate, visitandole, confortandole e aiutandole.
Di grande realismo questa memoria di un'oratoriana:
<<La sua carità eroica si dispiegava soprattutto nelle visi-
101 P. ZERBINO, Positio, Summarium,p. 425, § 1463.
146 Don Rinctlcli

15.5 Page 145

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te ad ammalati. Lo vidi spesso portarsi a sollevare ani-
me angeliche di figliuole, passando attraverso sozzure
materiali e morali: tuguri, soffitte, lunghi corridoi oscu-
ri e pericolosi quali si trovavano in alcune case della
vecchia Torino intorno a Valdocco, non lontano da casa
mia. La sua figura traboccante bontà addolciva anche i
visi più duri e ostili in quelle case dove il sacerdote non
era desiderato... il suo salire e scendere per quelle scale
gli era gravoso: pareva oppresso dal peso di tanta mise-
ria materiale e morale. Perciò egli rivolgeva poi la sua
accorata supplica a persone religiose e pie laiche perché
Giovoni dell'ospirontoto
missionorio di lvreo.
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15.6 Page 146

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intensificassero la loro assistenza a questa povera gente;
ma, più che gli era possibile, arrivava lui stesso, a cau-
sa del pericolo di contrarre la tubercolosi che vigeva in
quelle stamberghe prive di igiene. Amava tutti e avrebbe
voluto arrivare a tutti>>.r02
La sua parola aveva spesso un effetto rassicurante
e tranqurlhzzante sugli altri, come raccontò don Pietro
Zerbrno che da giovane confratello si trovò a vivere un
cambio di comunità che gli costava moltissimo a causa
di un confratello dal carattere difficilissimo. Incontran-
do don Rinaldi nel cortile di Valdocco, questi gli strinse
forte la mano, lo guardò e con poche parole lo cambiò
interiormente così che il giovane confratello si sentì tra-
sformato: alf incubo subentrò una pace che fece risor-
gere il sole della serenità. E così testimoniò lo stesso
don Zerbino: <<Per me la carità eroica di don Rinaldi si
rivelava soprattutto sotto la forma di una bontà che era
diventata in lui una abitudine. Era infatti buono con tut-
ti, anche con i colpevoli. È vero che "Dio solo è buono",
ma Dio comunica la sua bontà ai suoi amici. Quella di
don Rinaldi era una bontà soprannaturale, frutto di una
continua unione con Dio e del suo straordinario amore
per il Sacro Cuore di Gesù».r03 Il grandissimo spirito di
carità verso il prossimo nell'ultima tappa della sua vita,
sacerdote da parecchi anni e superiore dei Salesiani, era
102 R. GABASIO, Positio, Sutnmarittm, p.488, § 1686.
103 P. ZERBINO, Positio, Sununarirtm, p. 422, § 1456.
148 Dort Rinaldi

15.7 Page 147

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illuminato dalla grazia della paternità. Come destinatari
della sua predilezione si parla dei malati e dei genitori
dei salesiani. Come manifestazione di tale carità si cita
l'amore che dimostrava nel correggere i confratelli, la
spinta che dette alle missioni salesiane, la sua dedizione
al confessionale e alle varie opere di apostolato, quali
catechesi, oratori, associazioni laicali.
In tutto, dimostrava un rispetto sincero per la persona
singola. Donava il suo tempo generosamente all'indi-
viduo, chiunque fosse, che veniva da lui con una do-
manda, una difficoltà, un problema. <<Non aveva mai
fretta>>, è una costatazione che troviarno presso molti
testimoni, ed è indicazione di un controllo di sé e di una
carità veramente eroica: <<Quando si parlava con lui si
usciva sempre confortati con la soddisfazione di aver
potuto esprimere ogni pena, ogni situazione. Egli non
aveva mai fretta. Riceveva qualsiasi persona, anche un
ragazzo, e 1o riceveva come se fosse una persona molto
importante>>.r04 Donarsi a tutti e senza riserve fu un'esi-
genzaprofonda del suo cuore. Incarnava la bontà di don
Bosco. La stessa comprensione delle miserie umane, la
compassione per tutte le necessità materiali e spirituali,
la stessa premura nel ricevere, consolare, infondere co-
raggio e speranza etano la traduzione concreta di tale
compassione del suo cuore di padre. Felicita Gaslini,
madre di famiglia, loda la carità e la bontà paterna di
104 C. MARCHISIO, Posirio, Summctriurn, p.408, § t395.
Padre buono e tunile .\\ert'o di tutti 149

15.8 Page 148

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don Rinaldi: «Anche nell'esercizio della carità verso il
prossimo, quale espressione di quella carità vivissima
onde il suo cuore ardeva per il Signore, il Servo di Dio fu
un vero modello. Amava il prossimo per fargli del bene,
avendo per altro di mira prima il bene dell'anima, e poi
quello del corpo. Attese con ogni impegno all'esercizio
delle opere di misericordia spirituale e temporale>>.r05
Sia da Prefetto Generale che da Rettor Maggiore la sua
anticamera era affollatissima di poveri; ed egli alla carità
materiale univa sempre quella spirituale. Sono innume-
revoli i giovani orfani e abbandonati da lui accolti nelle
case salesiane. Talvolta gli si fece osservare che forse ne
erano accettati troppi. Ma egli rispondeva bonariamente:
<<Va' un po' 1à, il Signore ne ha per tutti». Amava visitare
gli infermi e malgrado il grande lavoro promosse sempre
le Conferenze di San Vincenzo de' Paoli.
Vengono citati numerosi episodi, anche da parte di
chi ne fu destinatario, a prova dell'eroico esercizio del-
le opere di misericordia spirituale e colporale. Carità
perfetta nella cura della formazione di tutto il personale
salesiano, dei giovani degli oratori maschili e femmini-
li, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per le quali spiegò
uno zelo particolare, per gli Ex-allievi dei Salesiani, per
i quali fu prodigo di aiuti anche materiali. «Caratteristi-
ca del Servo di Dio era la carità paterna che dimostrava
particolarmente per gli Ex-allievi... Si dimostrava sem-
105 F. GASLINI, Positio, Summarium,p.47, § 170
150 Don Rinaldi

15.9 Page 149

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pre lieto di trovarsi in mezzo agli Ex-allievi... Niente
di più consolante per un padre che vedere intorno a i
propri figlioli».106 Non aveva alcun rancore verso chi lo
offendeva o lo faceva soffrire e fu larghissimo di perdo-
ni generosi e incondizionati. La sua carità si estendeva
anche ai defunti, che suffragava e faceva suffragare.
Don Azzini attestò: «Il Servo di Dio non tralasciò
certamente di occuparsi con zelo delle opere di mise-
ricordia spirituale e corporale ogni qualvolta gliene si
presentava l'occasione. Fu sua costante preoccupazione
l'istruzione cristiana della gioventù, cui, in modo spe-
ciale, mirava l'opera salesiana. Volle pertanto si desse
vivo incremento alle scuole di Religione in tutti gli Isti-
tuti Salesiani, e alle scuole di catechismo in tutti gli Ora-
tori dalla Società Salesiana dipendenti. Con i confratelli
poi fu sempre di una carità più che paterna. Si può dire
che arrivava dappertutto ove c'era una necessità o un
dolore. Non attendeva neppure che le necessità fossero
segnalate, ma quasi le preveniva... Fu immensamente
caritatevole con i confratelli infermi. Li visitava soven-
te, li confortava con aiuti spirituali, e voleva che fossero
convenientemente assistiti in tutto, tanto per le medicine
quanto per il vitto. La sua carità non si smentiva neppure
quando qualche confratello veniva meno ai suoi doveri.
Anche nell'ammonire e nel coffeggere era sempre pater-
no. Ricordo che un giorno un confratello si trovava nel
106 A. POESIO, Positio, Summnrium, p. 32, §§ I 15- I I 6.
Padre buono e Ltmile servo di tutti 15l

15.10 Page 150

▲back to top
suo ufficio e vociava e dava in escandescenze. Il Servo
di Dio invece si mantenne sempre calmo e sereno, tanto
che quello dovette poi riconoscere il suo torto e chie-
dergli scusa>>.r07 Anche verso i confratelli che avevano
lasciato la Congregazione dimostrava affetto e stima.
Un'opera di carità in cui rifulse fu quella nel conso-
lare gli afflitti e questo in modo speciale verso t ragaz-
zi,, che quando vedeva abbattuti o scoraggiati subito li
avvicinava per ridonare gioia, quasi memore della sua
esperienza da ragazzo nel collegio di Mirabello. Così
avvenne con il giovane Gregorio Ferro, in Spagna, che
avvicinò don Rinaldi per dirgli che voleva lasciare il
collegio. Don Rinaldi avvicinò la testa del ragazzo al
suo petto e gli disse: ..No, figlio mio, tu sarai salesiano
e farai molto bene>>. E così avvenne.
2.6 Prudenza: la virtù che maspdormente
spiccò in don RinalEI
Diverse testimonranze concordano nel riconoscere la
prudenza quale virtù caratteristica di don Rinaldi, spe-
cialmente come superiore e maestro di vita spirituale,
una virtù nella quale si rispecchiavano la sua interiorità
e la santità. Si parla della sua (<consumata prudenza>>, di
<<prudenza personificata», esercitata con il tratto squisi-
107 T. AZZINI, Positio, Summarium, p.18, § 60.
152 Don Rinaldi

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

▲back to top
to dell'amabilità e della delicatezza. Monsignor Evasio
Colli, arcivescovo di Parma, intimo amico di don Ri-
naldi, affermò: <<Per me egli impersonava la prudenza
tant'è che io mi confidavo in lui fino in fondo, anche
su cose del mio ministero episcopale, certo che la sua
parola precisa e calma mi risolveva anche i problemi
più spinosi>>.r08 Don Ricaldone che gli fu vicino per
vent'anni nel governo della Congregazione, poté affer-
mare: «Se dovessi dire quale sia stata la virtù che mag-
giormente spiccò in don Rinaldi, non temerei di asserire
108 E. COLLI, Positio, Summarittm, p.401, § 1371
ospironti
ne].1924.
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16.2 Page 152

▲back to top
che fu la prudeflza... Aveva una profonda conoscenza
di se stesso, e perciò una grande umiltà, convinto della
sua insuffrctenza. La manifestò ogni volta che si tratta-
va di accettare qualche cartca... nelle difficoltà e nelle
opere intraprese la sua parola era sempre luce e sicura
direttiva per tutti. Possedeva in grado sommo la discre-
zione e di essa si serviva per illuminare, ordinare, gui-
dare, moderare in ogni circostanza. Sapeva conservare
i segreti e le confidenze. Misurava le parole e ancor più
gli scrittt. La sua discrezione era unita alla verità, alla
dolcezza e alla fermezza>>.10e E don Bordas continua
sullo stesso registro: <<IJna delle grandi doti che faceva
don Rinaldi superiore così stimato, era senza dubbio
la sua consumata prudenza, effetto naturale ed eviden-
te del suo concentramento e della sua unione con Dio.
Non era mai affrettato, fla sempre calmo e padrone di
se stesso. Lasciava dire ed esporre tutte le opinioni e
poi, con grande ponderatezza dava il suo giudizio, che
generalmente era accolto da tutti, anche dagli opposi-
tori, con vera compiacenza>>.1r0 Suor Graziano rilevò:
«In lui la prudenza non era soltanto una qualità natu-
rale, ma vera virtù soprannaturale, perché 1o si vedeva
sempre concentrato in se stesso, e si notava che, prima
di agire o di dare qualche consiglio, si raccoglieva in se
stesso e pregava. Sembra proprio che attingesse da una
109 P. RICALDONE, Posirio, S ummarium, pp. 289 -29rJ, § § 1 0 I 3- 1 0 I 5.
110 T. BORDAS, Positio, Summariunz, p. 85, § 299.
154 Don Rinaldi

16.3 Page 153

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luce interiore le deliberazioni che doveva prendere, e i
consigli che doveva dare>>.rrr
Basta ripercorrere in rapida carrellata le diverse tappe
della vita di don Rinaldi, per rendersi conto che egli agì
sempre con somma prudenza. Quando decide di seguire la
chiamata di Dio alla vita religiosa chiede consiglio ai suoi
superiori ed è un modello di sincerità e di docilità. Poi,
come superiore, appare sempre soggetto alla legittima au-
torità ed esercita le sue funzioni in modo pienamente sod-
disfacente e con abbondanzadi frutti. «Il Servo di Dio può
essere definito 1'uomo prudente per eccellenza, in quanto
non era mai agitato, corrivo nelle sue decisioni, ma calmo,
tranquillo, ponderato. Se occorreva, si pigliava tanto tem-
po quanto fosse necessario per esaminare e riflettere sopra
le cose... Pregava per avere i lumi necessari, e in circo-
stanze più difficili e in affari più importanti, faceva lui
stesso e faceva fare tridui e novene, per assicurarsi la pro-
tezione e i lumi del cielo. . . Quanta pruden za egli dimostrò
quando doveva decidere della sua vocazionet La studiò
lungamente da sé; ma non si decise di seguirla finché non
ebbe f invito chiaro e ripetuto da San Giovanni Bosco di
entrare nella Congregazione. Così pure quando si trattava
di ricevere gli ordini sacri o cariche nella congregazione,,
non 1o faceva se non chiamato da don Bosco e assicurato
essere quella la volontà di Dio a suo riguardo>>.112
111 T. GRAZIANO, Positio, Summarium, p. 144, § 495.
ll2P. TIRONE, Positio, Summarium,p.243, §§ 844-846.
Padre buono e umile servo di tutti 155

16.4 Page 154

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Nel suo governo, ai diversi livelli, sa rispettare la com-
petenza degli altri superiori senza mai invadere il loro
terreno, ascolta e tiene in conto il parere dei consiglie-
ri, mostrandosi tuttavia irremovibile quando si tratta di
difendere qualche principio o tradizione di don Bosco;
e, dopo aver pregato e aver studiato le singole questioni
con l'aiuto di chi di dovere, prende le decisioni e le met-
te in pratica senza indugio. Don Candela riferì: «Nelle
adwanze Capitolari lasciava la massima libertà di parola;
udiva da tutti i consigli e non prendeva deliberazione se
non dopo che si era ben ponderata ogni cosa e soprattutto
dopo aver chiesto i lumi dal cielo>>.r13 Don Ricaldone, par-
lando alla luce della sua espeflefiza personale, dichiarò:
<<Era molto ponderato, direi, quasi per natura, nell'agire.
Più d'una volta a me parve eccessivo e mi permettevo
di dirglielo: egli sorrideva, ffià alla prova dei fatti vede-
vo poi che egli aveva ragione. Era non solo un cunctator
[temporeggiatore], ffio abile veleggiatore tra gli scogli:
abilissimo poi nel trovare soluzioni impreviste anche in
affari materialirr.rr4 Nei verbali del Capitolo Superiore si
incontrano spesso queste espressioni: <<pensarci ancora>>,
<<pensarci meglio», <<riflettere, poi si deciderà>>, <<preghia-
mo, poi decideremo>>.
La prudenza si manifestava nell'ordinario svolgi-
mento delle sue mansioni, nella direzione spirituale,
113 A. CANDEL A, Positio, Summarium, p. 187, § 653.
ll4 P. RICALDONE, Posirto, Sttmmctrium, pp.283-284, § 991
156 Don Rinctldi

16.5 Page 155

▲back to top
risplendendo con particolare intensità in talune circo-
stanze, particolarmente difficili, che dovette affrontare e
risolvere. In tali casi fu di una prudenza e di una sempli-
cità veramente eroiche, guidato come era da particolari
doni di natura, ffià soprattutto dalla luce che gli veniva
dalla grazia soprannaturale, frutto di orazione e di con-
templazione. Basterà ricordare il suo modo di agire du-
rante campagne calunniose contro i Salesiani, come ad
esempio nel caso dei "fatti di Varazze", scatenato dalla
Massoneria. Don Rua dava le alte direttive, ffia chi do-
veva trattare con gli avvocati, con i giornalisti e con altre
persone, fu don Rinaldi. Egli seppe condume le cose in
modo che cessò lo schiamazzo dei giornali e tutto finì.
I colpevoli vennero condannati, ma quante noie per lui,
quanti pensieri e quanto lavoro! Merita ricordare anche
il suo atteggiamento nei riguardi delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, soprattutto in occasione del provvedimento
della Santa Sede che stabiliva l'autonomia degli Istituti
religiosi femminili rispetto a quelli maschili.
Anche i suoi penitenti esaltano la sua prudenza nella
direzione spirituale e nei rapporti personali; una pruden-
za esercttata con semplicità e fermezza: <<La ftanchez-
za rn persona... la chiatezza personificata>>. Sempre fu
prudente, sia quando trattava cose concernenti il suo
ufficio, sia quando trattava con i confratelli, sia nella di-
rezione spirituale. Segno evidente della sua consumata
prudenza era il concorso di anime al suo confessiona-
le nella basilica di Maria Ausiliatrice. Lo provocava il
Pudre buono e rcnile ,tervo cli tutti 157

16.6 Page 156

▲back to top
fatto che i penitenti scoprivano in don Rinaldi un di-
rettore di spirito illuminato, pratico e fatto secondo il
cuore di Dio. Don Eugenio Valentini attestò: «È notorio
che don Rinaldi era ritenuto una persona di grande pru-
denza e di illuminato consiglio. Prima di essere eletto
Rettor Maggiore egli si recava ogni giorno a confessare
in basilica e il suo confessionale era molto frequentato.
Divenuto Rettor Maggiore e non potendo più attende-
re al confessionale, le sue udienze divennero frequen-
tatissime da ogni ceto di persone che si rivolgeva a lui
per consiglio ed aiuto morale>>.r15 Suor Graziano, che 1o
ebbe guida nella vocazione e nella vita religiosa, così
parlò della sua prudenza: <<La sua direzione spirituale
non aveva nulla di lungo e di complicato. Il Servo di
Dio aiutava con la sua parola illuminata e paterna. E,
occorrendo, sapeva chiedere dei veri sacrifici, ma poi
sosteneva 1'anima nelle lotte, sospingendola sempre al
bene ed inspirandole la più grande fiducia nella bon-
infinita di Diorr.r16 Un'antica oratoriana così ricordò
la sua giovinezza sotto la guida di don Rinaldi: «Per la
sua fama di uomo virtuoso e prudente don Rinaldi era
ricercatissimo per problemi di coscienza ed era ritenuto
illuminato nelle scelte vocazionali. Fu guida illumina-
ta, per molti anni, di numerosissime generazioni giova-
ni e anche meno giovani. Dotato di fine intuito, di luce
115 E. VALENTINI, Posirio, Summarium,p.523, § 1807
116 T. GRAZIANO, Positio, Sununarium,p. 145, § 499.
158 Don Ritruldi

16.7 Page 157

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divina, rndirrzzava a scoprire la volontà di Dio. Credo
sia difficile numerare tutte le belle, sante vocazioni che
hanno impreziosito le Figlie di Maria Ausiliatrice du-
rante quegli anni e dovute al Servo di Dio... a quell'e-
poca, nell'atmosfera dell'Oratorio "vivo", passava per
la testa di tutte noi giovani l'idea di diventare postulanti.
Don Rinaldi faceva pregare, consigliava, "fren ava" . La
chtarezza delle sue intui ziom impressionava>>.I 17
Esempi di tale saggezza sono i consigli dati a don
Ignazio Bonvicino quando venne inviato a Penango per
avviare un aspirantato missionario. In tale circostanza
don Rinaldi gli disse: «L'aspirantato non è ancora il no-
viziato: è un collegio dove si pratica meglio lo spirito di
don Bosco. Se dovrai allontanare qualche aspirante, fa in
modo che vada via ben impressionato per il trattamento
avuto; come amico, non come nemico>r.l18 Forse tale in-
dicazione era anche frutto della sua espeflenza personale
quando se ne andò da Mirabello per essere stato mala-
mente trattato e ricordando come è poi difficile ricostrui-
re rapporti feriti e cancellare ricordi negativi. Allo stesso
don Ignazio, quando venne successivamente inviato a di-
rigere la nuova scuola agrana di Cumiana, disse: «Nelle
questioni controverse, non ascoltare una campana sola;
ll7 A. FRASSATI, Posttio, Sumntarium, pp. 482-483, §§
1667-r668.
ll8 Tbstimonianza del sac. Ignazio Bonvtcino, Positio, Documenta,
n. XVIII, SDB, p. 555.
Padre buorto e umile sen)o tli tutti 159

16.8 Page 158

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ascoltale tutte».tte La sofferta e travagliata vicenda del-
la sua storia vocazionale l'aveva portato a essere ardito
e sicuro nel realizzare imprese apostoliche e soprattutto
nell'arte di aiutare le persone a discernere e scegliere la
propria vocazione. Che saggi di prudenzanel consigliare
il reclutamento delle vocazioni, nell'apertura delle nuo-
ve case, nell'assegnare ai soggetti compiti determinati
e possibili ! Che prudenza nel prevenire gli abusi o nel
medicarli, nell'evitare malintesi, nel fare i piani di lavo-
ro e nell'eseguirli secondo i tempi e le circostanze! Don
Ricaldone affermò: «Riconosco di non aver trovato altra
persona che possedesse in grado così eminente il dono
del consiglio come don Rinaldi. A lui ricorrevano sacer-
doti, religiosi, industriali, uomini di governo, per espoffe
i loro dubbi e ne uscivano illuminati e confortati>>.r20
2.7 Giustizia: la carità senza giustizia
diventa debolezza
L'amore di don Rinaldi per i fratelli era un amore
che manteneva sempre in vista le esigenze della giusti-
zia. Fu un uomo "giusto" nel senso pieno della parola.
«Quanto alla giustrzia sono convinto che don Rinaldi fu
rlVir lustus nel senso biblico di un uomo fornito di ogni
ll9 lbidem.
120 P. RICALDONE, Posirio, Summarium, p. 288, § 1008
160 Don Rinctltli

16.9 Page 159

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virtù. Soleva ripetere: "La carrtà senza giustizia diventa
debolezza. Bisogna essere buoni, ma giusti, sbaglia chi
preferisce la carità alla giustizia". Trovai sempre esattis-
simo il Servo di Dio nel compimento dei doveri verso
Dio, e molto attento nel ricercare e eseguire la sua san-
ta volontà. Verso il prossimo poi era di una deli catezza
somma per tutto ciò che gli era dovuto>>.r2r Praticò in
modo perfetto la virtù della giustizia verso Dio e ver-
l2l P. ZERBINO, Positio, Swnmariut'tt, p. 427, §§ 1473-147 4.
lE
-a
{
-
4Wi
Don Rinoldi don Ricoldone
e il conte De Moistre
tro giovoni

16.10 Page 160

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so il prossimo. A Dio diede tutto se stesso e nei diver-
si ruoli di responsabilità non si risparmiò. Don Guido
Favini attestò: «Corrisponde perfettamente a verità che
don Rinaldi esercitò la giustizia in sommo grado. Verso
Dio: tutta la sua vita fu un continuo ricercare la volontà
di Dio per eseguirla; ed egli la trovava nei desideri e
nei suggerimenti di don Bosco e degli altri superiori,
negli avvenimenti che gli occorsero, e ad essa sempre
si uniformò per rendere a Dio il tributo di ossequio e
obbedienzache gli era dovuto. Fatto religioso salesiano,
non defletté mai dalla regola, tanto da essere ritenuto il
più salesiano dei figli di don Bosco. Verso gli uomini:
specie nei suoi rapporti da superiore, curò con massi-
mo impegno di non favorire nessuno a danno di altri,
di distribuire equamente le cariche, di amare tutti dello
stesso affetto di padre, di risolvere giustamente tutte le
situazioni>>.t22
La pratica della giustizia si manifestò nell'esattezza
con cui come Prefetto Generale amministrò i beni della
Congregazione e si adoperò perché i debiti fossero saldati
al più presto. Ecco come ne parlò il suo segretario ammi-
nistrativo: «Ebbi campo di ammirare la sua precisione dal
lato amministrativo. Trovandomi infatti per molti decenni
con lui nell'ufficio di amministrazione, quando egli era
Prefetto Generale, potei notare come fosse puntuale e mi-
nuto nella registrazione; come volesse fossero soddisfatti
122 G. FAVINI, Positio, Summarium, p.465, §§ 1606-1607.
162 Don Rinaldi

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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puntualmente i creditori ed i fornitori: e posso dichiara-
re di non aver mai sentito che gli sia stato mosso qual-
che appunto in ordine al metodo della contabilità, e che
qualcuno si sia lamentato di non aver ricevuto quanto gli
spettav»>.r23 Merita rilevare che nei ventuno anni in cui fu
Prefetto Generale, a fronte di uno sviluppo straordinario
di opere, non si registrarono fallimenti o rischi economi-
ci. Tale senso di responsabilità si manifestava anche nel
fatto di voler essere informato e messo al corrente di tutte
le situazioni di carattere amministrativo, pur avendo pie-
na fiducia nei suoi collaboratori. Da notare anche il suo
senso di riconoscenza verso i benefattori. Grandissimo
merito fu la sua preoccupazione nell'eseguire la loro vo-
lontà con precisione, cosa in verità non comune vedendo
certe libertà che altri si prendono e di cui ci sono prove
tristissime. A tale proposito organizzò un apposito ufficio
per manifestare la riconoscenza verso i benefattori.
Un esempio eloquente di esercizio di giustizia, senza
favoritismi, 1o troviamo nel rapporto con i suoi quattro
nipoti salesiani. Uno di questi attestò: «Rilevo la rico-
noscenza verso i benefattori ed i suoi rapporti verso la
sua famiglia. Il Servo di Dio fu sempre alieno dal volersi
immischiare negli affari della parentela. Eppure la sua
influenza sul parentado fu grande e beneficante... né su-
periori, confratelli scorsero in lui anche solo l'ombra
di nepotismo. Ci seguiva con interesse più che paterno,
123 T. AZZINI, Positio, Summarium, pp,2A-Zl, §§ 69-70.
Pudre bnono e unùle servo di tutti 163

17.2 Page 162

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mai però che ci volesse in alcun modo privilegiati>>.t24
Sulla giustizia verso gli altri egli citava ai suoi fami-
liari l'esempio di suo padre Cristoforo, come scrisse in
occasione della morte: «E voi specialmente che dovete
reggere la famiglia imitate la sua giustizia nei contrattt,
il suo attaccamento alla religione, il suo disinteresse nel
maneggiare i beni e le cose della Chiesa, la sua costanza e
risolutezza nell'allevare i figli».r25 Da sacerdote e religio-
so questo esempio si arricchì di motivaziom soprannatu-
rali. Non faceva distinzione di età, di merito e di cariche.
Un altro esempio di giustizia si verificò al momen-
to della divisione dei beni immateriali tra la Società
Salesiana e 1'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
quando, per volontà della Santa Sede, le due Congrega-
ziom furono giuridicamente e amministrativamente se-
parate. L influsso positivo ed equilibrato di don Rinaldi
su tale questione delicata mostrò il suo profondo senso
di giustizia e di prudenza. La cosa era particolarmente
delicata e assai complessa perché vi era una completa
comunione di beni immobiliari, ma egli con il suo senso
di giusti zia e di equità, condusse le cose in modo che al
termine della divisione si rimase con mutua soddisfazio-
ne e completa armonia.
Altro episodio da ricordare quando si adoperò a
nome di don Rua per la composizione della vertenza tra
124 P. RINALDI , Positio, Summarium, p. 4Ol, § 1373.
125 Positio, Docltmenta, fi. XI, p. 543.
164 Don Rinaltli

17.3 Page 163

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i padroni della ditta Poma e i loro operai in occasione di
uno sciopero. Egli fu il mediatore che fece avvicinare le
due parti e le portò a risolvere il contenzioso con soddi-
sfazione di entrambe.
E in certi casi che giustizia praticò! Specie con i con-
fratelli, nei riguardi dei quali bontà e fortezza converge-
vano in una magnifica sintesi di paternità; sapeva dare
torto a qualche superiore intemperante, sapeva sostenere
i diritti lesi, materiali e spirituali, pagava di persona o at-
traverso la Congre gazione gli errori di qualche membro,
senza rifugiarsi nell'anonimato o invocando il sostegno
dei potenti a propria protezione. Tàle esercizio della giu-
stizia si manifestò in modo veramente eroico anche nei
casi in cui si dovette procedere a difendere la buona fama
della Congregazione davanti a gravi calunnie che com-
promettevano seriamente la sua stessa sopravvivenza.
Don Antonio Candela attestò: «All'epoca dei cosiddet-
ti "fatti di Yarazze" io mi trovavo in Spagna. Ma sentii
dire che il Servo di Dio, pur sentendo tutto il dolore delle
gravi accuse che si erano accumulate contro la Società
Salesiana, tuttavia non si perdette d'animo, e pieno di fi-
ducia nell'immancabile aiuto del Signore e della Vergine
SS.ma Ausiliatrice, con animo gagliardo prese le diretti-
ve per sfatare quelle obbrobriose calunnie, e attraverso
un poderoso lavorio di avvocati riuscì a ottenere la piena
giustificazione della Società Salesiana>>. r26
126 A. CANDEL A, Positio, Summarium, p. 182, §§ 631-632
Podre bnono e mnile ,sen)o di tutti 165

17.4 Page 164

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2.8 Fortezza: omnia possum
in eo qui me confortat
Il dominio completo di e sopra tutte le reazioni
spontanee della natura, un dominio che si manifestò nel-
la calma tn mezzo alle difficoltà quotidiane, rivelò in
don Rinaldi una fortezza di animo che per la sua perfe-
zione e la sua perseveranzafu eroica. Se ne ha una prova
nello sforzo per tendere alla perfezione religiosa e sa-
cerdotale, e alla santità: sforzo sostenuto costantemente
per tutta la vita. Con un lungo esercizio, raggiunse il
Visito di don Rinqldi
o uno comunità solesiono nel 928,
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:
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I

17.5 Page 165

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completo dominio su se stesso, la perfetta inalterabili-
in ogni circostanza e il controllo degli avvenimenti
esterni, anche se imprevisti e incresciosi. Don Tommaso
Bordas attestò: «La fortezza soprannaturale splendette
nel Servo di Dio in modo speciale, prendendo partico-
lare rilievo dalla sua profonda umiltà. Giacché, benché
sentisse molto umilmente di sé, non dubitava di intra-
prendere grandi imprese e di proseguirle con energia,
quanto comprendeva che erano richieste dalla maggior
gloria di Dio e dal bene delle anime. Si vedeva che era
animato dal sentimento dell'apostolo quando diceva:
"Omnia possum in eo qui me confortat">>.12' Si ricor-
dano le opere compiute per far fronte a numerose diffi-
coltà materiali e morali, le ferite provocate dalla prima
gueffa mondiale, dissesti finanziari, le spese affrontate
per sostenere le missioni, le persecuzioni subite dalla
Congregazione in diverse parti del mondo.
Tutto questo senza mai perdere [a sua consueta giovia-
lità e paterna amorevolezza. La serenità infatti fu acqui-
stata a caro prezzo, come frutto di una lotta contro se stes-
so. I1 suo carattere lo avrebbe portato a essere indulgente,
ma la fortezzagli diede il dominio perfetto su se stesso, di
modo che la sua bontà proverbiale e la sua serenità inal-
terabile non erano segno di debolezza, bensì di provata
virtù. Tutti i testimoni parlano della sua serenità inalte-
rabile, della sua <<perfetta inalterabilità dinanzi agli scon-
I27 T. BORDAS , Positio, Summarium, p. 89, § 3 I 3.
Padre huono e ttmile serva eli tutti 167

17.6 Page 166

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certi e agli imprevisti più incresciosi»; perf,rno nei periodi
di stanchezzae dell'ultima malattia <<era imperturbabile»,
<<non ne parlava mai, agendo... serenamente>>. Allo stes-
so tempo ammettono che era <(quasi inflessibile quando
si trattava di conservare immutate le tradizioni religiose
lasciateci da don Bosco>>; che <<era austero e inflessibi-
le con se stesso... seppe coffeggere caritatevolmente ma
con fermezza chi mancava alla disciplina religiosa e allo
spirito di don Bosco>>; e che era fermo e intransigente nel
govemare quando si trattava di difendere la verità.
Diede prova di eroica fortezza nella malattia, specie
negli ultimi anni, come testimoniò don Vacca, che gli
fece da segretario particolare nell'ultimo periodo della
sua vita e che ebbe da don Rinaldi prove di paterno af-
fetto e materna attenzione: <<Pur conoscendo il suo stato
e la condizione pericolosa del suo cuore, anche nell'ul-
timo biennio si sottomise a viaggi faticosi, per porta-
re, anche lontano, il conforto del suo sorriso... lui era
sempre per tutti, sia per dare udienza, ricevere manife-
stazioni festose, celebrare funzioni, senza darsi vinto;
e mai che il suo sorriso si modificasse sul suo volto e
lasciasse trasparire stanchezza o intolleranza... E, non
ne parlava mai, agendo con uno spirito di adattamen-
to al suo male così serenamente, che il ricorso all'aiuto
altrui sembrava piuttosto da parte sua un atto di paterna
confidenza, che non un bisogno inderogabile. Non un
lamento per le molti notti insonni, gli erano motivo
per dispensarsi dalle sollecitudini quotidiane del dovere
168 Don Rirutldi

17.7 Page 167

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e della carità».r28 Si rileva la sua costanza e perseveran-
zanella pratica della virtù e l'impegno con cui era fede-
le alle pratiche di pietà. Don Ricaldone dichiarò: «Nei
periodi di esaurimento passava le notti insonni seduto il
più delle volte sopra un seggiolone. E pure era sempre
là alle 4:30 del mattino per celebrare la Santa Messa, e
assistere poi alla meditazione>>. r2e
Tuttavia, l'aspetto che si deve studiare con maggior
attenzione è quello che riguarda la fortezza di don Ri-
naldi nello svolgimento delle sue mansioni come supe-
riore, tenendo anche presente che per quasi cinquant'an-
ni egli svolse ininterrottamente cariche di governo nella
Società Salesiana. I documenti presentano come tratto
più caratteristico di don Rinaldi la sua bontà alla quale
si unisce, sempre con maggiore intensità, il senso della
paternità. Nonostante ciò, non mancano le testimonianze
che documentano come tale bontà fosse congiunta con la
fermezza, sempre rndtizzata alla gloria di Dio e al bene
delle anime. È significativa in merito la deposizione di
don Ricaldone: «È naturale che un superiore maggiore di
una congregazione trovi molte difficoltà sul suo sentiero;
non accenno a quelle che potremmo chiamare ordinarie;
e parlo di una sola>.t'u Qui il riferimento è a quando nel
1931 il duce, Benito Mussolini, sciolse tutte le associa-
f28 G. VACCA, Positio, Summarium, pp.255-256, §§ 888-890
129 P. RICALDONE, Posirio, Summariurn,p.275, § 959.
130 lvi,p.284, § 992.
Padre buono e wnile sen,o di tutti 169

17.8 Page 168

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zioni cattoliche e anche gli oratori festivi. Don Rinaldi
abbandonò Torino in segno di protesta e ottenne, parlan-
do alle autorità con estrema franchezza, che gli oratori,
per intervento personale del Duce, fossero riaperti. La sua
parola, (<sempre improntata a mansuetudine e a mttezza,
assumeva vigore di frase e di tonalità incisiva quando si
trattava di affermare la verità o di difendere comunque
principi indiscutibili di sana spiritualità; e in provvedi-
menti chiaramente intuiti o definiti era intransigente, pur
procedendo con le maniere più affabili».r3l Don Rical-
done testimonia come don Rinaldi fosse "inflessibile"
quando si trattava di conservare immutate le tradizioni
religiose lasciate da don Bosco, e racconta di una volta
che 1o vide veramente adirato quando un poveretto con
la sua condotta aveva causato una pessima impressione
tra i giovani; dopo averlo duramente richiamato, 1o allon-
tanò. Don Tirone riferisce come, di fronte al modernismo,
don Rinaldi richiamò severamente qualcuno che pareva
anche solo condiscendente a questa posizione. Egli <<era
persuaso dell' obbligo e dell' imp ortanza della comezione ;
la faceva e voleva che si facesse, ma sempre con dolcez-
za, più che correggere amava incoraggiare>>.r32 A tempo
opportuno sapeva coffeggere caritatevolmente, ma con
fermezza, chi mancava alla disciplina religiosa e allo spi-
rito di don Bosco.
131 G. VACCA, Positio, Summaritttn,p.255, § 887.
132P. RICALDONE, Posirio, Summarium, p.291, § 1020
170 Don Rinuldi

17.9 Page 169

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Della fortezza di don Rinaldi testirnoniano anche le
opere che intraprese e la costanza con la quale le eseguì.
Considerando l'incertezza che carattenzzò le origini del-
la sua vocazione, è significativa la fermezzacon la quale,
fin dal noviziato, formulò e mantenne i propositi, intro-
dotti da un energico "voglio". Nonostante la fragilità del
suo fisico, non indietreggiò mai di fronte alla fatica che
comportavano le sue mansioni, anche nei periodi di pro-
strazione. In don Rinaldi lafortezza era qualcosa di armo-
nico tra la dolcezza e la fermezza, egli aveva <<un braccio
di ferro e un guanto di velluto>>. La sua autorità era priva
di parole e modi forti, ma intrisa di umiltà che commuo-
veva e convinceva. Egli raramente comandava, più spesso
egli pregava, invocava, esortava, esprimeva un pensiero;
espressioni prive di vigore nella forma, ma più forti di
certi imperativi. Il loro fascino derivava dalla fortezzache
gli usò con se stesso: non indulgere alle debolezze della
natura, alle giustificazioni interessate dell'orgoglio o, in
genere, delle passioni, agli adattamenti di convenienza,
o ai sotterfugi del compromesso. <<Non si sgomentò mai,
mai si perdette di coraggio anche nei momenti di mas-
sima difficoltà. In quelle circostanze raddoppiava, si può
dire, la sua confidenzarnMariaAusiliatrice, alla quale si
affidava e si raccomandava con la più fervorosa preghie-
ra. E riusciva a superare le più gravi difficoltà con la più
assoluta calma e tranquillità». r33
133 T. AZZINI, Positio, Summarium, p. 21, § 74.
Pudre huorut e wnile servo di tutti 17l

17.10 Page 170

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La virtù della fortezza si manifestò nella forza di ca-
rattere e nel modo con cui affrontò le avversità, con un
dominio completo di se stesso: «In ogni circostanza lo si
vide esercitare la virtù più eminente, eroica, senza fatica,,
senza mostrare disgusto lotta, come se in lui i moti
delle passioni non esistessero affatto, tanta era la calma,
la pace, il sorriso che infioravano il suo volto, sempre
sereno, sempre paternamente e amabilmente buonorr.r3a
Una bontà che sapeva essere forte e una fortezza tem-
perata da bontà: queste erano qualità che si àrtn:onizza-
vano nell'animo di don Rinaldi e ne caratterizzavano la
personalità. Questa virtù fu certamente straordinaria e
la praticò eroicamente, se riuscì a tenere una tensione di
altissimo grado nella ricerca della propria santificazio-
ne, e nel lavoro spirituale, organizzatlo e anche mate-
riale della Congregazione. Pregava, predicava, confes-
sava indefessamente e ininterrottamente. Viaggi senza
numero per incontrare i suoi figli e attività intensa in
tutto il corso della sua vita. Don Giacomo Vacca attestò:
«Mi pare che la virtù della fortezza fosse in lui come
un abito perfettamente attagliato alla sua persona, che
anche nella sua presenza e nella parola sempre grave
ne affermava il possesso, come di una disposizione di
natura. La sua perfetta inalterabilità dinanzi agh scon-
certi e agli imprevisti più incresciosi, il suo spontaneo
fidare nella Provvidenza, affermato con una serenità
134 M. LAZZARI, Positio, Summarium, p. 307 , § 1076.
112 Don Rinaldi

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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d'animo che edificava e comunicava agli altri il senso
della sicurezza, mi avevano convinto che fosse giunto a
tale dominio con un esercizio ben lungo di difficoltà e
di asprezze; e la sua vita antecedente ne è una conferma.
Esercizio eroico di fortezza e di resistenza, negli ultimi
anni particolarmente, gli fu pure offerto dal male che
poi lo annientò. Non aveva timori né incertezze sulla
sua responsabilità. Dopo aver a lungo pregato e riflettu-
to, dopo anche aver chiesto consiglio agiva poi con tale
fermezza, anche nei casi più complessi, sì da suscitare
in tutti la piena fiducia del buon esito>>.r35
Questo fino alla fine: «Manifestò la fortezza nel
resistere alle passioni, nel sopportare persone e avver-
sità, e nelle malattie. Qualche volta mi diceva: "Vedi?
Quest'occhio è già perduto, e dall'altro non vedo che
traveggole, mosche nere e luci". Eppure si conservava
allegro e sereno... Nel 1924 credette che tutto fosse fi-
nito; eppure era imperturbabile, e non si riusciva molte
volte a fargli prendere un po' di riposo. Quanto alla sua
fortezza nel difendere i diritti della Chiesa, della fami-
glia e della Congregazione, specialmente per ciò che ri-
guarda la libertà dell'educazione cristiana, lo dimostrò
chiaramente>>.r36
135 G. VACCA, Positio, Summarium,pp.254-255, §§ 884-886.
136 P. RICALDONE, Posirio, Summarium,p.292, §§ 1025-1026
Paclre buono e urnile sento di tutti 173

18.2 Page 172

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18.3 Page 173

▲back to top
2.9 Temperanza: lavoro e temperanza
faranno fiorire la Congregazione
La temperanza che nella tradizione salesiana è sem-
pre colle gata al lavoro, come stemma proclamato più
volte da don Bosco, indica un generale dominio di in
uno stile di vita austero, fatto di sacrificio e di orario esi-
gente e accompagnato da un senso di misura e di equi-
librio come frutto della capacità di frenare le proprie
reazioni. Questo atteggiamento di temperanza va unito
a un certo contegno generale di simpatico stile popolare,
ricco di buon senso e con sufficienti spazi per una sana
- - dose di furbizia. «Il salesiano diceva don Rinaldi
deve sapere frenarsi, non va con gli occhi chiusi, li apre
ma non va più in là: se questo non sta bene, si ferma.
Dominatore di anche nel gioco; misurato con il ra-
gazzo che lo fa disperare; capace di tacere, di dissimula-
re, di parlare a tempo debito, di essere furbo».
La sua temperanzast mostrò nel tenore della sua vita.
I testimoni affermano che <<nel cibo non aveva nessu-
na ricercatezza... s'accontentava del cibo comune...
era mortificatissimo nel . sonno. . modestissimo nel
vestito e nella camera... alieno dalle curiosità più che
legittime...>>; la sua fu una vita veramente penitente e
mortificata. E tutto ciò nonostante il fatto che sia sta-
to superiore per quasi tutta la sua vita sacerdotale. Egli
fin dalla giovinezza si impose un regime quanto mai
mortificato e sobrio, privo di ricercatezza e di comodità
Pttdre hnono e umile setlto di tutti 175

18.4 Page 174

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sia nel vitto, che nell'abbigliamento, che nell'arreda-
mento della camera e dell'ufficio, al quale restò fedele
per tutta la vita. Basta richiamare gli impegni presi da
giovane aspirante a Sampierdarena e quelli formulati in
occasione della partenza per la Spagna, dove si vede un
programma completo di controllo degli atti, delle parole
e degli atteggiamenti. Don Tarquinio Azzini così trat-
teggiò la tempetanza di don Rinaldi: «Fu quanto mai
parco e temperante. Stette sempre al vitto comune, e
ricordo che alla sera ordinariamente non prendeva un
goccio di vino. Non amava la ricercatezza, non cerca-
va le comodità nel vestito, nell'arredamento della
camera e dell'ufficio. Al sonno dava appena il tempo
indispensabile, poiché andava letto tardi e si alzava pre-
sto. Osservava esemplarmente i digiuni e le astinenze di
regola, a cui univa pure delle particolari mortificazioni.
Posso perciò testimoniare che la sua fu veramente una
vita penitente e mortificata>>.137 La calma inalterabile,
la costante padronaflza di sé, la compostezza edificante
che favorivano il raccoglimento interiore, lo spirito di
orazione e di unione con Dio 1o rendevano temperante.
'Allergico" a ogni comodità e agratezzafu definito «più
unico che rarorr, in un genere di temperanza particolar-
mente arduo: «Dalla sua bocca non usciva mai una parola
in più, o meno che appropriata o che potesse offendere la
giustizia, la carità o la fama altrui. Ogni volta che lo avvi-
137 T. AZZINI, Positio, Summctrium, p.21, §§ 12-73
176 Don Rinrildi

18.5 Page 175

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cinai non sentii mai se non parole di edificazione. Anche lo
stesso tono della sue parole rivelava l'uomo che per virtù, e
lungo esercizio, aveva il completo dominio su se stesso>>.r38
Don Tommaso Bordas attestò: <<Era davvero un mo-
dello straordinario della virtù della temperanza. A comin-
ciare dal suo modesto modo di vestire, fino all'assenzadr
ogni ricerca di comodità che si notava in tutto il tenore
della sua vita, era una manifestazione continua di que-
sta virtù. Quanto al vitto stava completamente alla vita
comune, senza ricorrere a cibi speciali... Era molto par-
co nel riposo, prolungando molte volte il lavoro, dopo le
preghiere della sera e alzandosi per tempo al mattino, per
attendere agli esercrzi dt pietà e al ministero delle con-
fessioni. F'u inoltre sostenitore della prescrizione di non
riposarsi a letto dopo pranzo. La temperanza del Servo
di Dio era intesa non solo nel senso ristretto e limitato
dell'uso dei cibi, delle bevande e del sonno, ma nel domi-
nio completo di tutte le passioni, che debbono essere sot-
tomesse alla ragione e alla fede. Il suo esempio in questo
era così luminoso che comunicava grande efficacia nelle
frequenti esortazioni che faceva ai Salesiani inculcando
queste virtù, specialmente nelle conferenze e nei ricor-
di degli Esercizi Spirituali, memore sempre del motto di
don Bosco: "Lavoro e temperanza fanno fiorire la Con-
gregazione Salesiana">>.r3e Don Pietro Zerbtno in modo
138 G. MATTA, Positio, Summttrium,p.343, § 1183.
139 T. BORDAS, Positio, Summariunz, p. 88, §§ 309-312.
Padre bnorut e wnile. servo di ttttti t77

18.6 Page 176

▲back to top
simile: «L allergia istintiva che don Rinaldi provava per
qualsiasi comodità o agiatezza dice a quale grado eroico
avesse portato la pratica della temperanza.La levata mat-
tutina alle 4:30, le lunghe ore passate nei venti anni che fu
Prefetto Generale tra le quattro assi di uno stretto confes-
sionale, le lunghe ore di udienze a ogni ceto di persone,
i viaggi allora disagiati, la vista assai debole che gli ren-
deva disagiata la lettura di stampati e di lettere che pure
doveva leggere, il vitto comune non sempre confacente al
suo stomaco, e molte altre penitenze inerenti alla sua ca-
rica, furono occasioni accettate con amore da don Rinal-
di per mortificarsi ed esercitare la carità in modo eroico.
C'è poi un genere di temperanza assai raro, nel quale don
Rinaldi è stato eroico, ed è la temperanza nell'uso della
lingua. Le parole sue erano sempre contate, prudenti, se-
rene, atte acalmare qualunque spirito agitato. Per me don
Rinaldi entra nella categoria degli uomini più unici che
rari, canonizzati da S. Giacomo quando dice: "Chi non
Un corpo fragile, minato dal lavoro e dalle malattie,
esigeva cure continue. Don Rinaldi le accettò, ma con
quanto sforzo! La mortifrcazione gli era abituale, dando
un valore di espiazione e di assimilazione a Cristo Si-
gnore. "Frate corpo" merita poco; basta quel tanto che
lo mantenga in vita e dia ali all'anima per volare e rac-
cogliersi in colloquio con Dio.
140 P. ZERBINO , Positio, Summarium, p. 428, §§ 1,477 -1479.
178 Don Rinalcli

18.7 Page 177

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z.Lo Un religioso perfetto:
coepit facere et docere
CasrrrÀ: nrsnRvARcr sor.o PER Dro
coME Manrl
Don Rinaldi fu modello di religioso convinto e ze-
i lante, che osservò perfettamente voti emessi con la
professione religiosa salesiana. Egli visse con profonda
coetenza la sua consacrazione religiosa e non va assolu-
tamente dimenticato il fatto che essa fu dovuta al peso
che ebbe don Bosco in tutta la sua vita, a partire dalla
vocazione, alla quale don Rinaldi diede un significato
quasi misterioso: nel momento cruciale della decisione
vide don Bosco circondato di luce.
«Immagine vivente>>, di don Bosco, alla quale man-
cava <<soltanto la parolarr, fu <<un angelo di purezza>>;
per moltissimi anni impegnato nell'apostolato in vari
ambienti femminili fu da tutti ammirato e venerato per
la sua estrema riservatezza senza smagliature. <<Fu sem-
pre modesto, composto, correttissimo. Non abbiamo
mai rilevato in lui qualcosa di meno delicato nel parlare
e nell'agire>>.r4r U'na manifestazione speciale della sua
castità la troviamo nel fatto che doveva continuamente
ftattarc con donne - suore, laiche eragazze dell'oratorio
- e tuttavia non si è mai notata in lui «la minima debo-
141 P. RICALDONE, Positio, Suntmariunt,p.292, § 1027.
Pctdre bt«tno e umile serr;o di tutti 179

18.8 Page 178

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lezza>>. Positivamente, «il suo stesso contegno esterno
sprigionava un senso di riserbo e di purezza controlla-
bile da tutti. Ebbe continuamente a trattare con donne, è
anzi indubitabile che egli ebbe un dono particolare per
comprendere l'animo femminile; ma in tutta la sua vita
mai e poi mai si ebbe un minimo sentore di cedimento
al sentimentalismorr. r42 Interessante questa testimonian-
za dt suor Pavese, che fu giovane oratoriana: <<Pur fre-
quentando con discreta assiduità 1'ambiente femminile,
in don Rinaldi mai ebbi a notare un tratto meno che de-
licato e casto. Nella sua formazione egli inculcava a noi
questa bella virtù con garbo, delicatezza e persuasione
tanto che ci si innamorava dell'ideale di riservarci solo
per Dio come Maria; e in questo infervorava la giornata
142 P. RINALDI , Positio, Summarium, p. 403, § 1379
Don Rinoldi nel suo ufficio.
I
-
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l'
t.
*4:
..§
*-
e
F
cÈr

18.9 Page 179

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della purezza, che don Rinaldi aveva suggerita annua-
le>>.r43 Conseguenza di tale formazione era la proposta
che faceva alle giovani di fare il voto di castità, rinno-
vato ogni sei mesi, sia per le ragazze che si preparava-
no al matrimonio che per quelle che tendevano alla vita
consacrata.
Fedelissimo interprete della pedagogia di don Bosco,
educò e protesse l'innocenza dei giovani e fu severissi-
mo in fatto di educazione sessuale. «Questa virtù era in
lui tanto più preziosa in quanto egli era di natura mol-
to sensibile ed amava molto le anime che erano a lui
affidate. Questa virtù era in lui frutto di una continua
vigllanza sopra se stesso e di una ammirevole e costante
mortificazione dei suoi sensi. Chiunque 1o avvicinava
era animato dal più profondo rispetto per la virtù di cui
egli risplendeva, pur essendo animato dalla più semplice
famigliarità per la grande bontà paterna con cui egli trat-
tava>>.r44 Da ciò derivò anche una pedagogia della casti-
tà: «Tutte le sue raccomandazioni per l'osservanza del
sistema preventivo avevano come speciale scopo quello
di conservare l'innocenza flet giovani che non l'aves-
sero ancora perduta, quanto di evitare il contagio e le
ricadute nelle anime già vittime del male>>.ra-5
Don Antonio Candela così si espresse: «Praticavala
143 U PAVESE, Positio, Summarium, p. 450, § 1557.
144T. GRAZIANA, Positio, Surnmarium,p.151, § 521.
145 T. BORDAS , Positto, Summarium, p. 9A, § 3 18.
Padre buono e umile servo di ttuti 181

18.10 Page 180

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virtù della castità in una maniera esemplare: quale supe-
riore salesiano, tanto nella Spagna come a Torino, ebbe
occasione di avvicinare dame dell'aristocrazia e donne
di ogni ceto. Ebbi modo di vedere con quale dignità e
riservatezzalo faceva. Nelle sue conferenze e nelle pre-
diche raccomandava molto la purezza. In occasione del
II centenario della canonrzzazione di San Luigi Gon-
zaga scrisse una comunicazione negli Atti del Capitolo
raccomandando la pwezza; pot si riferiva a don Bosco
amante della bella virtù e modello di mortificazione
nel praticarla, esortando i Salesiani a imitare il loro pa-
dre>>.t46 E don Giuseppe Matta depose: <<Posso attestare
che il Servo di Dio praticò pure la virtù della castità in
modo veramente esemplare. Avendolo avvicinato parec-
chie volte, mi sono fatto un'impressione che egli fosse
un angelo di purezza. Dal suo portamento sempre com-
posto, dalla sua parola sempre castigatissima, da tutto
l'insieme che traspariva dalla sua parola e dal suo con-
tegno, si vedeva che il Servo di Dio amava e praticava
la virtù della castità, che con la stessa sua presenza in-
culcava negli altri... Ricordo che alla sua morte, uno dei
più begli elogi che io sentii di fare lui dai confratelli fu
quello che riguardava il suo amore alla bella virtù>>.r47
146 A. CANDEL A, Positio, Sumrnurium, p. 190, §§ 664-665.
141 G. MATTA, Positio, Suntmarium,pp.344-345, § I187.
182 Don Rinakli

19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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PovBnrÀ: ro sro rANTo coMoDo così!
La sua povertà vissuta in forma evangelica, si espri-
meva nel distacco dai beni e dai conforti di questo mon-
do. Voleva evitare ogni sospetto di lusso nelle case della
Congregazione. Confidava più nella divina Provvidenza
che nella ncchezza umana e voleva che in ogni Provincia
ci fosse almeno una casa sostenuta esclusivamente dalla
divina Provvidenzae che si accettassero gratuitamente gli
orfani e altri giovani di condizione povera. In occasione
dei terremoti di Messina (1908) e della Marsica (1914)
volle che si aprissero le case agli orfani. <<Tanto come
Prefetto Generale quanto come Rettor Maggiore racco-
mandò sempre con grande insistenza la povertà religiosa,
e non si stancava mai di inculcare ai suoi figli salesiani
l'abito di una bene intesa economia. Voleva sempre gli
edifici con la grandiosità e amptezza richiesta dalle esi-
genze pedagogiche e igieniche; ma voleva escluso ogni
dettaglio di lusso o di ricercatezza. Lo stesso chiedeva
quanto al mobilio e all'arredamento scolastico>>.r48
Dopo aver goduto il benessere in famiglia, da religio-
so volle essere libero da tutto. Come salesiano, fu per
quasi tutta la vita superiore, ma non volle tollerò mai
per alcuna particolarità. Praticava la povertà come
virtù e come voto, esercitandosi nella mortificazione e
raccomandandola attraverso il distacco dalle cose terre-
148 T. BORDAS , Positio, Summarium, p.92, § 323.
Padre buorut e umile. servo di tutti 183

19.2 Page 182

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ne e la pratica concreta. <<Fu un vero esempio di povertà
religiosa. Non esito a dichiararla eroica anche in con-
fronto a quella degli altri Rettori Maggiori da me co-
nosciuti. Mi ha sempre impressionato la grande povertà
degli abiti che indossava don Rinaldi, Rettor Maggiore
dei Salesiani. La veste era vecchia e sbiadita, le scarpe
molto ordinarie, gli occhiali ovali, piccoli, cerchiati di
metallo bianco, per quei tempi di ultima qualità. Anche
l'ufficio e la sua cameretta avevano mobili poverissimi
e piuttosto scomodi>>. r4e
Don Pietro Ricaldone testimoniò: «Praticò la povertà
con nel vestire, nel vitto, nella camera. Quando, dopo
la sua morte, dovetti esaminare la sua cameretta rimasi
edificato da quella estrema povertà. Distaccato dal de-
naro, dalle cose della terra e dalle comodità. Più ancora
che come voto, predicò la povertà come virtù, esercitan-
dosi nella mortificazione e raccomandandolarr.r50 E don
Pietro Rinaldi, suo nipote, dichiarò: «Ho visto io stesso,
insieme al mio papà, la sua camera. Era veramente po-
vera, tanto che mio padre gli disse se non era il caso di
cambiare mobilio, specialmente un letto più comodo e il
tavolo di studio, che era veramente scomodo e sganghe-
rato. In quella circostanza rl Servo di Dio rispose: "Ma
no, ma no, io sto tanto comodo così">>.1'5r
149 P. ZERBINO , Positio, Summarium, p. 431 , § 1487.
150 P. RICALDONE, Posirio, Summarium,p.292, § 1028
151 P. RINALDI, Positio, Summarium,p.402, § 1378.
184 Don Rinoldi

19.3 Page 183

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OnnnorENza: sorroMrssroNE Dr cuoRE
La sua obbedienza era soprattutto sottomissione in
spirito di fede alla santa volontà di Dio. Tale spirito gli
dava la forza di accettare l'ufficio di superiore che gli
venne conferito molte volte durante la sua vita. Aveva
poi un rispetto profondo per la Regola e le Costituzio-
ni, alle quali egli stesso era obbedientissimo. Un uomo
dunque che era a tal punto fedele ai suoi doveri religiosi
e allo spirito del Fondatore che si è potuto vedere in lui
<<uno specchio della perfezione religiosa>>.
Nell'obbedienza fu esemplare tin dall'tnfanzia e
nel resto della vita l'esercitò con eroismo, da quando
superò le sue perplessità abbandonandosi a don Bo-
sco. <<Nell'obbedienza il Servo di Dio fu un modello
fin dai primi giorni in cui entrò in comunità. Vi entrò
già per ubbidienza a don Bosco, e, appena entrato, si
dimostrò obbediente a don Albera, che fu il suo pri-
mo direttore... Come superiore generale, poi, fu os-
servantissimo delle Costituzioni. Verso ogni autorità,
tanto civile quanto specialmente religiosa, fu sempre
in ottimi rapporti e professò verso di loro la più gran-
de deferenza>>.rs2 Per spirito di fede e di obbedienza
accettò sempre i più difficili e alti incarichi che gli
vennero assegnati, nonostante si sentisse inadeguato.
Concepì l'obbedienza come <<sottomissione di cuore,
152T. AZZllt{l, Positio, Summartunr, p. 23, § 81
Ptrdre buorto e umile sento di tutti 185

19.4 Page 184

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cercando solo la gloria di Dio». Tra i propositi formulati
in diverse circostanze, si legge questo: <<Sforzarmi per
sottomettermi di cuore a qualsiasi superiore, cercando
solo la gloria di Dio. Invece di pensare come dovrebbero
comandare, penserò come devo ubbidire; e quando devo
comandare io, cercherò di avere prima almeno ottenu-
to un consenso il più... possibile da quel superiore che
mi indica la Regola>>.r53 Ed ancora: <<Io sono un basto-
ne nelle mani del Signor Direttore. Mi ama, mi vuole
in Paradiso; dunque devo lasciare lui che pensi, che mi
aiuti, che mi porti in Paradiso>>.r54 Si tratta di propositi
non solo formulati, ma esemplarmente e costantemente
mantenuti, come risulta dalle testimonranze.
Don Pietro Zerbrno in forma dettagliata tratteggiò l'ob-
bedienza di don Rinaldi: <<L'eroica ubbidienza dt don Ri-
naldi appare dalla considerazione particolareggiata delle
varie autorità cui si è sottomesso e all'insistenza con cui
parlava della necessità di essere sottomessi all'autorità
della Chiesa, del Papa, ecc... Don Rinaldi si sottomise 1')
a don Bosco'. nella sua umiltà si credette sempre indegno
e incapace di essere sacerdote; ma con edificante docilità
e ubbidienza si recò agli Ordini sacri ogni volta che don
Bosco glielo diceva. Così fece quando lo elesse direttore
153 Propositi di Filippo Rinaldi tra il I877 e il l89l, Positio, Do'
cumenta, n. VII, p. 534.
154 Propositi e preghiera di Don Rtnaldi tra il 1878-1879, Positio,
Documenta, n. VIII, p. 534.
186 Don Rinaldi

19.5 Page 185

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dei "Figli di Maria". Anche le cariche successive, fino a
quella massima di Rettor Maggiore, le accettò sempre e
solo per amore a don Bosco e alla Congregazione, vincen-
do la sua istintiva ripugnanzaper le cariche e per gli onori.
Interessante il fatto che da Rettor Maggiore, non poten-
do fare il prescritto "Rendiconto" al superiore, si recava
presso I'urna di don Bosco e faceva al Padre il suo ren-
diconto filiale. 2") a don Rua: il futuro Beato, conoscen-
dolo bene, gli affidò una missione non facile, mandandolo
a sviluppare l'opera salesiana in Spagna, con le semplici
parole: "Ho pensato di mandarti in Spagna". Anche quan-
do era Prefetto Generale, e quindi Vicario di don Rua, gli
fu sempre docilissimo 3") a don Albera'. ... Quando don
Albera fu eletto Rettor Maggiore, lui che era suo Vicario e
seconda autorità dei Salesiani, fece questo proposito: "Se
il superiore è contento, continuerò ad occuparmi delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, e delle exallieve dell'Oratorio
femminile. Ma quando convenisse rinunziarvi, lo farò al-
legramente>>.r5'5 Anche da Rettor Maggiore visse e incul-
cò l'obbedtenza in particolare con la pratica delle Costi-
tuzioni: <<Osservantissimo delle Regole, ne promuoveva
1'amore e l'osservaflza negli altri. Eletto Rettor Maggiore,
la prima strenna spirituale che diede ai Salesiani fu questa:
"Cerchiamo di imitare il Servo di Dio don Rua nell'esatta
osservanza della vita religiosa". Sono convinto che il Ser-
vo di Dio descriveva se stesso quando diceva: "I1 Salesia-
155 P. ZERBINO, Positio, Summarium,p.433, § 1495
Pudre buono e trmile servo cli tuui 187

19.6 Page 186

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no che osserva puntualmente la regola, divien quasi senza
avvedersene un altro don Bosco; intorno a lui si diffonde
un'atmosfera tutta speciale che gli attira e gli affeziona la
gioventù e gli concilia la benevolenza dei buoni e la defe-
rente tolleranza dei cattivi">>. rs6
Verso la Chiesa e il Papa accettò sempre con docilità
e pronta obbedienzale diverse disposizioni e richieste,
come quando si trattò della questione del direttore-con-
fessore, riconoscendo nell'obbedienza alla volontà del
Papa la volontà di Dio e il desiderio di don Bosco. Sono
degne di rilievo le dichiarazioni ricorrenti, specie nelle
circolari, di attaccamento e assoluta fedeltà alle diretti-
ve, richiami e insegnamenti del Romano Pontefice, che
egli accettava e voleva fossero accettati semplicemen-
te e docilmente, senza la minima discussione, da tutti i
suoi religiosi, come norma prima e sicura di giudizio e
di prassi. <<Fu sempre esemplare nell'ubbidienza, spe-
cialmente quando si trattava del Papa, delle Autorità
ecclesiastiche e dei suoi superiori... Per lui la voce di
don Bosco, di don Rua, di don Albera era un comando.
Seppe obbedire anche al medico propter necessitatem.
Ricordo che un giorno era già uscito di camera con la
valigia per recarsi in Sicilia. Il medico, presente, gli dis-
se che in coscienza non gli poteva permettere di viaggia-
re. Don Rinaldi fece capire che si trattava di un impegno
preso e che gli pareva di stare discretamente. Il medico
156 A. CANDEL A, Positio, Swnmarium, pp. I 91- 192, §§ 669-674.
188 Don Rinttltli

19.7 Page 187

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insistette e don Rinaldi ubbidì... Era osservantissimo
delle regole. Forse nessuno, dopo don Bosco, le mise in
più bella luce e meglio le illustrò e ne promosse 1'osser-
yanza>>,,rs7 come conferma la circolare del 1924 scritta
in occasione del 50" di approvazione delle Costituzioni.
Uvrrr-tÀ,: sr CONSTDERAvA
IL SERVO DI TUTTI
Don Rinaldi visse in profonda umiltà praticandola
e amandola vedere nei confratelli, soprattutto quando si
trattava di assumere qualche responsabilità e carica. <<Lo
abbiamo sempre visto umile nel portamento, nel parlare
e nell'agire. Aveva un concetto bassissimo di e non ri-
cordo di averlo udito parlare di sé. Si reputò indegno ogni
volta che fu promosso a qualche carica...La sua umiltà era
sempre rivestita di bontà e di dolcezza. Fu sempre acco-
gliente e dal suo modo di agire si capiva che si considera-
va il Servo di tutti. Aggiungo che la sua umiltà era intesa
rettamente e non gli impediva di occupare il suo posto sia
come direttore che come ispettore, Prefetto Generale e
Rettor Maggiore, col dovuto decoro. E, mentre praticava
egli stesso l'umiltà e tutte le altre virtù, non tralasciava
di inculcarle con amorevole e forte insistenza ai confra-
157 P. RICALDONE, Posirio, SummctriLtnt,p.292, §§ 1029-1031
Ptrdre httono e umile setno cli tutti 189

19.8 Page 188

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telli>>.rs8 Don Azzim confermò: «Era dotato in modo ve-
ramente eminente della virtù dell'umiltà, che praticò co-
stantemente in tutto il tempo della sua vita. Non ambì mai
onori, e non cercò mai di farsi valere. Era così modesto e
così umile, che chiunque non lo avesse personalmente co-
nosciuto, e l'avesse visto, l'avrebbe ritenuto per l'ultimo
sacerdote della nostra Congregazione. Anche nell'eserci-
zio della sua mansione di superiore della comunità, non
fece mai pesare la sua autorità, ma trattò sempre tutti con
grande e veramente squisita paternità, per cui tutti i suoi
dipendenti andavano a lui con la massima confidenzarr.r5e
L umiltà era <<la sua virtù più cara>> e, dopo la pater-
nità, la caratteristica più spiccata e che maggiormente
colpiva chi gli si avvicinava, come avveniva per i diversi
ospiti che giungendo all'oratorio diValdocco vedevano la
spontaneità con cui umili coadiutori e t rugazzi si avvici-
navano al Rettor Maggiore e l'affabilità con cui egli li ac-
coglieva. Era il suo atteggiamento umile che toglieva ogni
soggezione. Sull'esempio di don Bosco, infatti, anche da
Rettor Maggiore volle essere chiamato solo "don Rinal-
di". <<La pratica dell'umiltà proveniva dalla sua volontà
permanente di considerarsi piccolo e di non mettersi mai
in evidenza, tanto meno poi di sovrastare agli altri. Accet-
sempre per ubbidienza gh uffici più alti della Società,
ma egli avrebbe desiderato un posticino all'ombra di un
1581vi, pp.293-294, §§ 1032-1033.
159 T. AZZIN| Positio, Sumnutrinm, p.23, § 82
190 Don Rinalcli

19.9 Page 189

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noviziato>>.r60 Non parlava mai di sé e tentò di rinunziare
prima alla carica di Prefetto Generale e poi, quando ne-
gli ultimi anni gli acciacchi si aggravarono, al Rettorato,
ritenendo che il suo stato di salute avrebbe potuto pregiu-
dicare il governo della Congreg azione e che questa non
doveva camminare con il suo passo.
Fu un suo proposito fin dalla giovinezza: <<Mi studierò
di acquistare l'umiltà vera...>>, e 1o mantenne fedelmente,
nelle parole, nelle opere, nei gesti. <<In tutto il tempo che
l'ho conosciuto, mi è sembrato l'umiltà personificata>.r6r
Don Pietro Zerbino attestò: «Paternità e umiltà sono per
me le virtù caratteristiche della figura di don Rinaldi...
Alla morte di don Rua, don Rinaldi assunse, secondo il
Regolamento, il governo della Congregazione. E quando,
per la prima volta, si radunarono i membri del Capitolo
Superiore, Ii pregò, durante la vacanza, non solo di volerlo
compatire, ffia assisterlo con l'aiuto e con il consiglio sul
governo della Congregazione. E quando venne eletto Ret-
tor Maggiore, dopo la morte di don Albera, dichiarò agli
elettori: "Questa elezione è una confusione per me e per
voi". Egli esigeva l'umiltà anche dai missionari: "Noi dob-
biamo andare in missione con umiltà per imparare dagli
altri, portando il nostro corredo di esperienze e di buona
volontà, per lavorare e per pregare. Il bene 1o fanno soltan-
to i Santi" . . . La sua umiltà 1o spingeva anche a chiedere ai
160 T. GRAZIANO, Positio, Summariunt, p. 155, § 534.
161 E. VALENTINI, Posirio, Summariurn,p.525, § 1815.
Pctd.re buono e umiLe servo di tutti 191

19.10 Page 190

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suoi collaboratori di correggerlo. In una lettera al catechi-
sta generale don Tirone scriveva: "Nelle mie parole ci deve
essere sgarbatezza,, alterrgia o qualche cosa di noioso che
irrita gli altri. Vedi tu ciò che c'è: forse quello che non im-
magino nerìmeno e avvertimi su questo e qualunque altra
cosa, affinché non avvenga che mentre raccomando a tutti
la carità e l'unione, non sia che la guasti con quelli che mi
sono più vicini. Aspetto da te questa carità, che mi farai
come si deve, senza paura di irritare il mio amor proprio,
che ha bisogno di esser umiliato"... Don Rinaldi aveva an-
che l'aspetto dell'uomo umile. Si aggirava per i corridoi e
per i cortili con passo lento, tutto raccolto in se stesso, con
gli occhi abitualmente bassi, come se fosse l'ultimo della
casa, ed era il primo! Sempre pronto a fermarsi all'avvici-
narsi di chiunque volesse parlargli o anche solo baciargli
la mano>> .162 E don Giuseppe Matta: «Il Servo di Dio fu
sempre umilissimo, pur essendo insignito di mansioni e di
incarichi importanti. Non 1o sentii mai parlare di sé; amava
tenere gli ultimi posti. Tànto nei discorsi, quanto nelle let-
tere annuali, tutto il bene compiuto dai salesiani 1o riferiva
al Signore, alla bontà e patrocinio della Madonna, alf ispi-
razione del fondatore. Non v'era pericolo che egli esaltasse
1'opera sua; che anzi amava fosse ignorato il lavoro ponde-
roso che egli compivor.r63
162 P. ZERBINO, Positio, Summarium, pp.434-435, §§ 1499.
1501 -rs02.1503. r508.
163 G. MATTA, Positio, Summarium,p.346, § I 193.
192 Don Rinaldi

20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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3. Una testimone singolare
3.r Suor Maria Lazzari,
fondatrice delle Suore Missionarie
della Passione di Gesù
Maria Virginia nacque a Torino il 6 giugno 1885 in
una famiglia molto religiosa, primogenita di tre fratelli.
Aveva solo dieci anni quando il padre, trasferito a por-
tici per ragioni di lavoro, morì a causa di un'infezio-
ne. La madre, molto colta, crebbe i figli trasmettendo
sani principi cristiani e un'ottima istruzione. virginia
si diplomò e lavorando continuò gli studi universitari,
avendo dall'età di 2l anni come direttore spirituale don
Filippo Rinaldi, terzo successore di don Bosco. per so-
stenere la famiglia, prese servizio come impiegata alle
Ferrovie dello Stato benché sentisse la chiam ata alla
consacrazione. Don Rinaldi le suggerì l'Istituto secola-
re delle Figlie del Cuore di Maria, dove entrò ( 1909) col
nome religioso di Margherita Maria di Gesù che tenne
poi per tutta la vita. Nel 1912 emise i voti e nello stes-
so anno, vinto un concorso, iniziò Ia carriera scolasti-
193

20.2 Page 192

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20.3 Page 193

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ca come lnsegnante e segretana. Prima a camerino, fu
poi trasferita a Pinerolo, quindi all'Istituto Magistrale
"Rosa Govone" di Mondovì e nuovamente a pinerolo.
Dal 19ll al 1923 virginia prestò servizio al Magistrale
"Berti" di Torino, quindi passò al Liceo ,,D, Azeglio',.
Il 5 dicembre l93l morì il bearo Filippo Rinaldi, suo
confessore, tre anni dopo fu la volta dell'amatissima
mamma. virginia non aveva più vincoli familiari; erano
trascorsi ventiquattro anni dai voti religiosi, vissuti nel-
la società con profondo spirito cristiano. Nei momenti
liberi era al cottolengo o in altri istituti per insegnare
gratuitamente o visitava i poveri, cui portava soccorso
ma soprattutto la Parola di Dio.
Già dal 1922 don Rinaldi le aveva raccomandato di
pregare per una grande missione cui era destinata, glie-
ne parlava di tanto in tanto senza riuscire a specificar-
le quale fosse. Finalmente nella euaresima dellAnno
santo 7933, ricevendo nel monastero della visitazione
un pacco di immagini con il "quadrante della passio-
ne", comprese che era di divulgare l"'Ora di guardia
con Gesù nelle ore della sua santa passione". Ne fece
stampare e ne distribuì, raccogliendo adesioni fra i suoi
numerosi conoscenti, pensando che l'opera fosse da af-
fidare a un Istituto religioso. Nel luglio lg33 incontrò il
Provinciale dei Passionisti e gliene parlò. Nell'autunno
1934 si rivolse a Ftenze alle sorelle della Riparazione
Notturna. Nel gennaio 1935 ebbe però l'ispirazione a
scrivere di getto, come sotto dettatura, un "programma,,
Padre bttono e nmile ,\\ervo di tutti l9S

20.4 Page 194

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che a Padova propose alle Ancelle della Santissima Tri-
nità. Non era la strada giusta. Conobbe padre Alessio
Magni, un gesuita che dopo attento esame le riferì: <<Non
approvo che cerchi di affidarla ad altri. Vada a Torino
e dia principio all'opera adunando quelle figliole che
mostrassero vocazione>>. Virginia scrisse poi nelle sue
memorie: «Compresi che facendo diversamente andavo
contro la Divina Volontà e, pur sentendo profondamente
la mia nullità, mi posi completamente a disposizione di
Dio». Non aveva nulla, neppure un luogo in cui radu-
nare le eventuali compagne, avendo sempre alloggiato,
come pensionante, presso istituti religiosi. A quei tempi
abitava presso le Suore Terziarie Carmelitane dr Pozzo
Strada. Fu però provvidenziale che un giorno le capitas-
se tra le mani un libretto dedicato alla passione scritto
da padre Giusepp e Petazzi, un gesuita triestino che ri-
uscì a contattare. Si accordarono, con reciproco impe-
gno, di diffondere i libretti e le immaginette sacre. Nel
dicembre 1935 scrisse una meditazione di preparazione
al probandato e una formula di ammissione che nella
notte di Natale pronunciò privatamente nella chiesa del-
la Visitazione, e ripeté al mattino, con tre amiche, nella
cappella della sindone. Era f inizio dell'opera. solo il
31 maggio 1936, Pentecoste, poté trasferirsi con il poco
mobilio che aveva, in un'abitazione del centro di Torino.
La nascente Con gregazione, voluta dalla Provvidenza,
iniziò a essere conosciuta, contando tra i sostenitori il
servo di Dio monsignor G. B. Pinardi, vescovo ausilia-
196 Don Rinaldi

20.5 Page 195

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re. Arrivarono le prime aspiranti, mentre virginia iniziò
a viaggiare per portare avanti la sua missione. Ai pri-
mi di agosto andò a Rovigo presso alcuni parenti, poi a
Brescia. Il 30 settembre 1936 fu ricevuta in udienza dal
cardinal Maurilio Fossati che la incoraggiò. il 5 dicem-
bre venne approvato lo statuto delle Missionarie della
Passione di Gesù, due giorni dopo fu emesso il Decreto
di Erezione come Pia unione. La piccola comunità ri-
cevette fin da subito molte richieste di collaborazione
da parte di sacerdoti e vescovi: giunsero da Navasa di
Limana presso Belluno, da Padova e da Trieste, da quel
gesuita che aveva conosciuto. Per tale motivo virginia
chiese di insegnare presso un istituto di quella città. Il
suo stipendio era al momento l'unica fonte certa di red-
dito. Avrebbe concluso la sua carriera scolastica tre anni
dopo. Alla fine del 1936 si poté acquistare una casa in
villanova presso Mondov\\, grazie a una suora salesiana
amica del defunto beato Rinaldi. Era fatiscente, ma ac-
cessibile alle loro possibilità economiche e per una fe-
lice coincrdenza sorgeva su un'altura detta Monte Cal-
vario. È l'attuale casa Madre Generalizia. Furono anni
di grandi sacrifici, vissuti però cristianamente. Madre
Margherita era madre e maestra, consigliera e confiden-
te di tutte. La povertà era grande, ma altrettanto grande
era l'entusiasmo. Le richieste di aiuto si moltiplicaro-
no: nell'autunno 1938 il parroco di Chiusa pesio, da
anni alla ricerca di religiose per aprire un orfanotrofio,
fu il primo. Ne seguirono altre cui madre Margherita
Puclre buono e tunile servo di tr.ttti 197

20.6 Page 196

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rispose come poté, superando difficoltà enormi, spinta
dalla consapevolezza del bene che veniva compiuto. Fu
il tempo della seconda guerra mondiale e della peno-
sa vicenda della casa di Trieste. Quella casa, acquistata
grazie al generoso aiuto di una nobildonna, che permet-
teva l'apostolato nella periferia, tra i più emarginati,
vide nascere un gruppo di suore dissidenti capeggiate
da un gesuita. Era "la prova del fuoco". Dopo tante pene
nel 1942 madre Margherita fu costretta, con 1'aiuto dei
Padri Serviti, alla chiusura. Chi le rimase fedele testi-
moniò quali furono le sue parole: <<Aver cura di dimen-
ticare ogni parola offensiva che possiamo aver ricevuto
e non serbare rancore con chicchessia, perché altrimenti
si inaridisce il cuore e si paralizzano i sentimenti più
delicati della carità».
Tre anni dopo capitò un fatto straordinario, quasi una
risposta dall'Alto allo zelo apostolico dell'Opera. Men-
tre si recava in treno a Mondovì, una delle più valenti
Missionarie, suor Carla De Noni, fu ferita mortalmente
da una raffica di mitraglia. Ricoverata in fin di vita e as-
sistita dalla Lazzari, sopravvisse inspiegabilmente, ma
\\l 26 aprile fu portata in Casa Madre perché spirasse
tra le consorelle. Non vi erano speranze umane, ma ma-
dre Margherita, radunata la comunità, disse di pregare
chiedendo f intercessione di don Rinaldi di cui aveva
come ricordo un fazzoletto. Lo diede alla povera suor
Carla, che con grande stupore, ebbe un miglioramento
repentino. Scampata la morte, dovette essere sottoposta
f98 Don Rinuldi

20.7 Page 197

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a una ventina di brevi ma dolorosissim e operazioni per
l'estrazione delle schegge ossee che aveva nel volto. Ri-
maneva disgiunta la mandibola, per la mancanza di due
centimetri d'osso, e la lingua penzoloni. Un pomeriggio
suor Carla si assopì, al risveglio l'osso era sanato, come
risultò dall'esame radiologico. Il miracolo suggellò la
beatificazione nel 1990 di don Filippo Rinaldi.
In Piemonte l'Istituto prosperò in pochi anni. Madre
Margherita, che dal 1942 aveva accettato la cura del-
la Casa di Esercizi Spirituali della diocesi monregale-
se, aprì nel 1 947 una scuola materna gratuita. Dal 1949
ebbe la responsabilità della Casa Alpina a Balma di Fra-
bosa per lavoratori poveri, tre anni dopo le fu affidato
l'Ospizio Maschile di Mondovì che stava per chiudere.
Accettò inviando le uniche suore che in casa le erano
d'aiuto. Nel 1958 fu la volta di una colonia a Marina di
Finalpia (Savona), nel 1960 la casa di riposo drPiozzo.
In molte occasioni, se ne contano un centinaio, dovet-
te rispondere di no, assolutamente impossibilitata. Nei
due ultimi anni di vita la madre si preparò serenamente
alla morte. Il 15 maggio 1961 partì con alcune conso-
relle per Lourdes, il 14luglio fu a Villanova per l'ulti-
ma volta. Ritiratasi a Torino, all'alba del 12 dicembre
spirò serenamente. Nel I 964 ha avuto luogo la solenne
traslazione della salma nella casa Madre di villanova
Mondovì.
Pudre buono e umile sen)o di tutti 199

20.8 Page 198

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3.2 Testimonianza di madre MariaLazzati
«Mi chiamo Lazzart Maria del fu Giovanni e del-
la fu Dalla Chiara Giuditta, nata a Torino il 6 giugno
1885. Superiora [della] Pia unione delle Missionarie
della Passione di Gesù. Sono diplomata maestra. Sono
domicili ata aVillanova di Mondovì, dove esiste la Casa
Madre.
Conobbi il Servo di Dio in circostanze singolari. De-
siderando trovarmi un confessore conforme ai bisogni
del mio spirito, pregai Maria Ausiliatrice che mi otte-
nesse tanta grazia. Nei primi giorni del settembre 1906,
ebbi f ispirazione di portarmi alla chiesa di Maria Au-
siliatrice per confessarmi; non però con l'intenzione di
cercarmi colà un direttore di spirito abituale, perché il
Santuario era troppo lontano dalla mia abitazione, che
era vicina alla chiesa salesiana di S. Giovanni Evange-
lista. A1 Santuario di Maria Ausiliatrice mi rivolsi al sa-
crestano perché mi chiamasse un confessore: venne un
sacerdote venerando, il Rev.mo sig. don Filippo Rinaldi
allora Prefetto Generale della Pia Società Salesiana dal
quale mi confessai, e nel quale conobbi subito un'anima
tutta di Dio. Mi trovai molto bene; vi ritornai altre volte
ad intervalli, finché mi persuasi che meritava la spesa di
attraversare tutta la città, e tutte le settimane, per ave-
re la direzione di quel santo sacerdote che dimostrava
di essere stato scelto da Maria Ausiliatrice per la cura
dell'anima mia.
200 Don Rinakli

20.9 Page 199

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Passai sotto la guida del Servo di Dio oltre venticin-
que anni della mia vita. In questo periodo vidi sempre
nel Servo di Dio un vero maestro di spirito, e come tutti
lo definivano, compreso il curato di Maria Ausiliatrice,
don Roberto Riccardi, un altro San Giovanni Bosco, un
confessore e direttore ideale, un santo di impareggiabile
virtù...
Mi sono convinta che il Servo di Dio praticò in modo
veramente eminente ed eccezionale tutte quante le vir-
tù. Brillavano in lui in modo spiccatissimo l'umiltà, la
carità, lapazienza,lapurezzae lo spirito di povertà. Era
poi ammirevole per lo zelo che aveva per la gloria di Dio
e per la salvezza delle anime. Era poi completamente
morto a se stesso e a tutte le cose della terra.
Il Servo di Dio era per tutti la bontà personificata.
Era un vero padre per tutti sebbene di carattere non
espansivo, non sdolcinato, e di poche parole. Era sem-
pre posato, composto, educatissimo, e rispettoso con
chiunque ed in ogni evenienza. Lo vidi avvicinare ragaz-
zetti, ascoltarli benevolmente, trattarli con espressioni
di paternità, quasi con rispetto e con un interessamento
commovente. Sempre condiscendente in quanto poteva
fare un piacere, o rendere un servizio a chicchessia. Un
giorno, mentre attendevo un'udienza da lui, una povera
vecchietta gli chiedeva un biglietto di presentazione e di
raccomandazione. Ma non era mai contenta della forma
adoperata dal Servo di Dio; glielo fece fare e rifare di-
verse volte, finché egli, con espressione quasi di dipen-
Padrc buono e um.ile setyo di ttttti 201

20.10 Page 200

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denza e di grande bontà le disse: "Dettatemi quello che
volete che scriva, ed io 1o scriverò".
Ammalatosi nel 1910 un ottimo giovinetto, il Servo
di Dio mi accennò alla desolazione della povera mam-
ma, che per di più si trovava in gravi strettezze finanzia-
rie; dimostrò vivo desiderio che raccogliessi un po' di
denaro tra le persone di mia conoscenza pff venire in
soccorso di quella povera famiglia, senza peraltro far
dei nomi. Quando glielo portai mi ringrazlò con viva
riconosc enza.
Nel dicembre 1918 venne anche in casa nostra, dove
eravamo colpiti mia madre, mio fratello ed io dall'in-
fluenza volgarmente detta spagnola. Quando seppe che
non riuscivamo a trovare suore che vi venissero a ve-
gliare, si interessò per trovare e mandarci la mamma di
una oratoriana che altre volte era stata richiesta di ugua-
le servizio presso altri infermi. La sera stessa vedemmo
giungere la buona vegliatrice, ed ammirammo la grande
carità e sollecitudine del Servo di Dio. Essendo io e la
mamma ammalate gravi, e quindi nella impossibilità di
cercare aiuto, morto il mio fratello nel giorno di Nata-
le, egli si offerse di mandare - e mandò di fatto - due
giovani a vestirlo, che credo fossero due coadiutori sale-
siani. Durante quella malattia, dopo essermi confessata,
gli dissi che temevo di morire. Egli mi fece coraggio, e
mi disse di stare tranquilla, che non sarei morta, ma che
avrei dovuto compiere ancora molte ubbidienze.
In quello stesso periodo, non visitò soltanto noi, ma
202 Don Rinalcli

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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visitò e confortò molti altri ammalati, interessandosi
con paterna bontà dei loro bisogni, ed aiutandoli secon-
do le sue possibilità.
Sull'esempio di San Giovanni Bosco e soprattutto del
Divin Maestro, egli passò beneficando tutti, prodigando
i tesori della sua carità, che era paterna, universale ed
inesauribile. Si può dire che arrivava a comprendere tut-
ti i dolori e a soccoffere ogni miseria. Ricchi e poveri,
dotti ed ignoranti, religiosi e religiose del suo e di altri
Istituti, secolari, ragazze, uomini, fanciulli, tutti acco-
glieva con grande bontà, e per tutti manifestava grande
comprensione, e a tutti prodigava quegli aiuti che gli
erano possibili. Per tutti si prodigava in quanto gli fosse
possibile, non solo come padre, ma come fosse servo
umile e devoto. Mostrava stima di tutti, e mai avrebbe
permesso parola alcuna che anche menomamente potes-
se sonare a discredito del prossimo, o mettesse in rilievo
qualche difetto, sia pur minimo, del suo prossimo.
Raccomandava di foggiare il proprio cuore sul Cuore
stesso di Gesù; ed egli ne era una copia fedele. Posso
attestare che egli non cercava che il bene, il maggiore
bene possibile, e il bene voleva fosse fatto bene, come
tante volte raccomandava. Si occupava di ogni anima
e di ogni affare che gli venisse affidato, come se non
avesse avuto altre od altri di cui occuparsi.
Nella direzione delle anime, era allo stesso tempo
fermo e soave: sapeva rendere la pietà amabile; dimo-
strava facile e desiderabile I'esercizio della perfezione.
Patlre bttono e umile servo di tutti 243

21.2 Page 202

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Ed esortava alla pratica delle virtù più sode. Conduceva
le anime a Dio quasi come se non se ne avvedessero, e
sapeva infondere devozione e amore ardentissimi ver-
so Gesù sacramentato e Maria Ausiliatrice. Nelle anime
assecondavala grazia, e non la preveniva nel senso che
sapeva attendere I'ora di Dio, guidava ognuno alla per-
fezione dello stato in cui era chiamato non secondo le
sue vedute personali, ma secondo i particolari disegni
della Divina Provvidenza.
La sua squisita e santa paternità è tuttora da tutti ri-
cordata con rimpianto, e molti sono d'accordo nel dire
che un altro don Rinaldi non si trova più.
Si sarebbe detto che l'esercrzio costante della virtù
avesse assunto in lui il carattere di una seconda natura.
In ogni circostanzalo si vide esercitare la virtù più emi-
nente eroica, senza fatica, senza mostrare disgusto,
lotta, come se in lui i moti delle passioni non esistes-
sero affatto, tanta era la calma, la pace, il sorriso che
infioravano il suo volto, sempre sereno, sempre paterna-
mente, amabilmente buono.
Il Servo di Dio possedeva il discernimento degli spi-
riti, per cui le anime che erano sotto la sua guida, si sen-
tivano al sicuro. Egli comprendeva tutto: sovente legge-
va nel cuore e sapeva anche quello che io non gli dicevo.
In varie circostanze diede prova di conoscere perfetta-
mente l'avvenire, e molte cose da lui annunziate prima
della sua morte, si sono pienamente avverate dopo che
se ne volò al Cielo.
204 Don Rinuldi

21.3 Page 203

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Nove anni prima di morire, e precisamente nel luglio
7922, mi raccomandò di pregare e di prepararmi per una
grande missione: di questa missione mi parlò varie vol-
te nel corso dei nove anni, dicendo chiaramente che si
trattava di un'opera che doveva fare molto bene. Difatti,
qualche anno dopo la morte del Servo di Dio sorse il no-
stro Istituto, senza che quasi io ci pensassi, e non sapessi
spiegarmi il come.
In varie circostanze il Servo di Dio mostrò di conosce-
re cose interne a tutti sconosciute. Tra le altre, una volta
il Servo di Dio si recò all'Istituto Salesiano di Milano.
Mentre si trovava là, ebbi bisogno assoluto di parlargli,
ma nessuno assolutamente lo sapeva. Andai a Milano
per poche ore; mi recai subito in portineria dell'Istituto
Salesiano a chiedere di lui. Venne difatti in parlatorio, e
siccome gli dimostrai la mia sorpresa di trovarlo in casa,
egli mi rispose che stava aspettandomi. Meravigliata di
ciò, gli chiesi come era possibile che mi aspettasse, non
sapendo, come non sapevo neppure io di recarrni colà,
trattandosi di cosa improvvisa. Egli mi disse con tutta na-
ttralezza. che nella mattinata aveva sentito che certamen-
te io sarei andata a parlargli in quel giorno.
Mi recai più volte a pregare sul sepolcro del Servo
di Dio per richiederlo di aiuto e dr grazie, e notai che
anche altre persone, non appartenenti alla Società Sa-
lesiana, pregavano sulla sua tomba, attratte dalla sua
fama di santità e dal desiderio di ottenerne la sua vali-
da protezione.
Padre buono e wnile .tervo di tutti 205

21.4 Page 204

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Nel Servo di Dio, fin da quando era in vita, io vidi
sempre come un vero modello di sacerdote, di religio-
so, di direttore di spirito e di superiore. E questo giudi-
zio era pienamente condiviso da molte persone che mi
parlavano di lui. Egli aveva ricevuto da Dio doni pre-
ziosissimi, i quali, con la costante corrispondenza alla
grazia, diedero frutti meravigliosi di bene, a vantaggio
delle anime. Dopo la morte del Servo di Dio, la fama
della sua santità non è certo cessata, che anzi, è andata
crescendo in quanti 1o conobbero.
Non lessi, sentii mai dire nulla contro la generale
fama di virtù e di santità che circonda la memoria del
Servo di Dio. Mi sembra impossibile che si possa tro-
vare qualcosa da ridire intorno alla sua santità di vita e
alle sue virtù, avendo egli dimostrato colla sua vita di
essere una creatura al di sopra assai di tutte le umane
miserie.
Profondamente convinta della santità del Servo di
Dio, dopo la sua morte mi feci dare da un Salesiano che
più gli stava vicino, qualche oggetto che gli fosse appar-
tenuto, da conservare in ogni evenienza, come preziosa
reliquia.
Mi risulta che molti si raccomandano alla sua prote-
zione, intimamente convinti dalla sua santità. Io perso-
nalmente ricorsi a lui in varie circostanze,, ed ottenni per
sua intercessione moltissime grazie. Da qualche tempo
avevo un principio di cateratta all'occhio sinistro, cau-
sata, diceva 1'oculista, dal molto lavoro con luce elettri-
206 Don Rinaldi

21.5 Page 205

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ca; avevo come una nebbtuzza nell'occhio che sovente
mi impediva di vedere chiaramente. Quando mi trovai
vicino alla bara del Servo di Dio, quel male scompar-
ve in un attimo, come per incanto. Ricordo che mi ero
raccomandata a lui quando egli era ancora in vita, per
il mio povero occhio ed egli mi aveva risposto di stare
tranquilla.
Pochi mesi dopo la morte del Servo di Dio, trovan-
domi nella scuola, mi accorsi di avere smarrito un do-
cumento di molta importanza; dopo averlo lungamente
ed inutilmente cercato mi rivolsi con fiducia al servo di
Dio, perché mi facesse la grazia di ritrovarlo, benché
non sapessi proprio più ricercarlo. Appena terminatala
mia breve preghiera sento cadere per terra in mezzo alla
scuola una carta, come se qualcuno l'avesse sbattuta a
terra. Ero sola in classe i mt alzai subito per raccogliere
il foglio. E non è a dire con quanta emozione e rico-
noscenza abbia raccolto il documento tanto inutilmente
ricercato e tanto desiderato.
Più importanti sono due fatti che io ritengo vera-
mente miracolosi. Il primo avvenne nel nostro Orfana-
trofio Femminile di Chiusa Pesio nell'estate del 1940.
Una bambina di nome Rita Dadone, che frequentava
il nostro ricreatorio, contro il divieto ripetuto della
suora, approfittando di un momento in cui non si vide
osservata, si aggrappò all'altalena in corsa, e cadde
malamente, rompendosi una gamba. Non si può dire
il dolore delle suore e dei genitori. Subito si provvide
Padre bttono e untile servo di tutti 207

21.6 Page 206

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a che la ragazza avesse la cura del caso, e la gamba
venne ingessata. Ma quando dopo il tempo prescritto,
il medico tolse l'ingessatura nella clinica di Mondovì,
si accorse che la gamba non era guarita. La fanciulla
fu visitata anche da un chirurgo di Torino, che ordinò
una radiografia; dichiarò poi che I'osso era fuori posto,
che si doveva operare, e che in ogni caso la fanciulla
sarebbe rimasta zoppa. Si può immaginare il dolore
della famiglia e specialmente il furore del padre. Le
nostre suore ne furono addoloratissime; quella sera
non cenarono, ma subito si recarono in cappella ove
passarono gran parte della notte in preghtera, suppli-
cando il Servo di Dio che ottenesse dal Signore che
tutto andasse bene, e la fanciulla non rimanesse zoppa.
Promisero, a grazia ottenuta, di darne relazione ai Sa-
lesiani. I1 giorno appresso era fissato per l'operazione.
Il chirurgo, prima di procedere all'atto operatorio volle
vedere ai raggi la gamba; e fu con grande suo stupore
che la trovò guarita, perfettamente sana e lunga come
1'altra. Naturalmente non si parlò più di operazione.
Coi sensi della più profonda riconoscenza le suore rin-
graziarono il Servo di Dio. Dell'avvenuto miracolo si
mandò relazione al Rev.mo don Ceria, Salesiano. Non
so se il fatto sia stato preso in considerazione, ffia Rita
Dadone ebbe sempre da allora la gamba perfettamente
sana, e sono ormai passati ben dieci anni.
Il secondo prodigio avvenne nel seguente modo. Il
giorno 20 aprrle 1945, suor Maria Carla De Noni, al
208 Don Rinaldi

21.7 Page 207

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secolo Caterina De Noni, suora del nostro Istituto, si
trovava sulla ferrovia elettrica che unisce Villanova a
Mondovì, per incarico avuto di portare un sacco di vi-
veri ai comandanti partigiani nascosti. Mancava poco
ad arrivare a Mondovì. Quando tre aeroplani com-
parvero improvvisamente, e scesero a mitragliare la
ferrovia. La nostra suora fu gravemente colpita; ebbe
fracassata e asportata la mandibola inferiore, ricevette
due gravi ferite al polmone sinistro, ed una al braccio.
Le sue condizioni si rivelarono subito gravissime; le si
dovette amministrare l'Olio Santo per strada. Traspor-
tata in clinica, si attendeva da un momento all'altro il
suo trapasso.
G
f
l^1
I
I
Suor Corlo De Noni, lo mirocoloto per intercessione di don Rinoldi,.
-

21.8 Page 208

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Facemmo subito ricorso alla preghiera al Servo di
Dio; dopo qualche giorno la trasportarono in Casa Ma-
dre a Villanova Mondovì. Il giorno 27 apttle verso le
10 del mattino era agonizzante,, e il medico aveva già
dichiarato che non vi era più speranza alcuna. Ricordai
di avere tn fazzoletto appartenuto al Sig. don Rinaldi;
andai a prenderlo e lo consegnai alla consorella suor
Celina che 1o portasse alla morente, mentre io corsi in
comunità per dire alle consorelle che suor Carla stava
per spirare, e che andassero subito in cappella a pregate,
per strappare un miracolo ad intercessione di don Ri-
naldi stesso. Quindi mi portai al letto di suor Carla con
1'angoscia nel cuore.
La morente, come ebbe posto sul male dalla con-
sorella rl fazzoletto del Servo di Dio, raccontò di poi,
che sentì subito allontanarsi la morte; ebbe un grande
sollievo, e con nostro stupore, chiese da bere con dei
gesti, perché dal momento del mitragliamento non le era
stato più possibile articolare parola. Le porgemmo del
latte, che essa poté sorbire. Da quel momento migliorò;
in breve tempo le cicatrici si chiusero; crebbe la carne e
la pelle mancante del viso in modo veramente sorpren-
dente; ma mancava sempre I'osso della mandibola, per
cui la bocca non si poteva chiudere; la lingua cadeva
penzoloni, e la suora non poteva né parlare, man-
giare. Suor Celina che stava attomo all'inferma, qual-
che tempo dopo, le disse: "Vedrà, suor Carla, che don
Rinaldi non fa le cose a metà, e le farà crescere anche
2L0 Don Rinulcli

21.9 Page 209

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l'osso". Difatti, dopo alcuni giorni, in un pomeriggio,
Suor Carla prese sonno, e dormì saporitamente un'ora
e mezza; svegliatasi, sentì del duro in bocca; si sfasciò,
toccò il mento, e constatò che era cresciuto 1'osso della
mandibola. Da quel momento, si sentì completamente
guarita; poté chiudere la bocca, parlare, nutrirsi, e inco-
minciò a riprendere la sua vita normale. Di questa gua-
rigione prodigiosa venne fatto il processo nella Curia di
Mondovì>>. r64
164 M. LAZZARI Positio, Summarium, pp. 303-312, §§
1063- 1089.
Paclre buono c untile servo di tutti 2ll

21.10 Page 210

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4. Don Rinaldi fondatore
Di don Rinaldi si può dire che sia stato un vero profe-
ta: più di trent'anni prima che la Chiesa iniziasse a parlare
ufficialmente degli Istituti secolari, con il documento di
Pio XII Provida Mater Ecclesia, del 2 febbraro 794J , a
cui fece seguito un documento esplicativo, Primo Felici-
ter del l948,lui dava vita all'Associazione delle Zelatnci
salesiane, chiaramente orientata alla secolarità, e nucleo
da cui fiorirà l'Istituto delle Volontarie di Don Bosco.r6s
165 Con la Costituzione apostolica Provida Mater Ecclesia del 2
f'ebbraio 1947 , festa della Purifìcazione, veniva tracciata anzitutto
sinteticamente una storia degli "stati di pert'ezione", dagli Ordini
Religiosi alle Congregazioni e alle Società di vita comune. Come
ultima tappa s'inseriscono le nuove istituzioni di laici (e di sacer-
doti regolari) consacrati a Dio, alle quali si attribuisce il nome di
"Istituti secolari". Era un passo decisivo, una conquista che dava un
fondamento giuridico e un posto nella Chiesa alla nuova forma di
vita consacrata in pieno mondo. Il 12 marzo 1948 Pio XII emanò
il Motu proprio Primo feliciter, che non solo chiariva la Provida
Mater, ma su alcuni punti offriva la chiave per la sua retta inter-
pretazione. Se la Provida Mater offre il fondamento giuridico degli
Istituti secolari, il Prirno Feliciter esprime la vita dei loro membri.
Qualche giorno dopo fu emanato il decreto Cum Sanctissimus della
212

22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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In tante cose egli fu figlio del suo tempo e condizio-
nato anche dal linguaggio teologico-ascetico dell'epo-
ca, come ad esempio nell'uso dell'aggettivo "religioso",
attribuito a uno stato di vita che proprio egli stesso vo-
leva prefigurare come "non religioso", e che noi oggi,
soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, definiamo me-
glio con il termine "consacrato". Ma è altrettanto vero
che in tante altre cose don Rinaldi prevenne e superò
i tempi, il che vale soprattutto - per restare nel nostro
campo - nei confronti del concetto di "secolarità", non
evidentemente in termini giuridici e lessicali, ma di si-
curo quanto alla sua sostanza, tale da superare la sem-
plice secolarità "sociologica", per addentrarsi molto al
di di essa e toccare la stessa secolarità che si vuol
definire "teologica".
Parlando della fondazione dell'Associazione delle
Zelatrrci salesiane, don Castano nella sua opera Beato
Ftlippo Rinaldi, vivente immagine di don Bosco,la pre-
senta in un capitolo che significativamente porta il titolo
Fondatore in penombra, e così la presenta: <<Don Rinal-
di arrivò a concepire e attuare una forma nuova di vita
consacrata nel mondo e a poffe gl'inizi di un Istituto
che oggi in lui si riconosce e lo onora come ispiratore
e padre. Si potrebbe dire che fu questa l'opera più in-
dovinata e personale del Servo di Dio, anche se è ve-
Sacra Congregazione dei Religiosi, che è una specie di commenta-
rio ufficiale delle direttive riguardanti gli Istituti secolari.
Podre bwmo e umile servo di tutti 213

22.2 Page 212

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rissimo che egli volle restare nell'ideale di don Bosco,
attribuendo al fondatore ciò che faceva, e se al principio
poté sembrare una semplice derivazione del suo spirito,
in realtà non lo era. Più che a condividere la missione
del Padre e Maestro, don Rinaldi mirava ad allargarne
le opere, a diffonderne le aspiraz\\ont, ad accrescere la
vitalità dell'albero salesiano. Di fatto, guardato alla luce
della storia, egli riuscì ad emulare e completare la figura
del suo grande Modello, e ad acquistare cittadrnanzatra
gli ideatori e rnrziatori di nuove assocraziom religiose
nella Chiesa. Intuì cioè e precorse la via che portava alla
secolarità consacrata per la elevazione e santificazione
del mondo. Il che era del tutto nuovo allo spirito sale-
siano, che si arricchiva di una intuizione ecclesiale di
prima qualità>>.r66
4.r Don Rinaldi, una vocazione adulta
attenta alla vita secolare
Certamente un ruolo decisivo nella formazione del-
la sua personalità 1o svolse l'ambiente famigliare in
cui visse fino a 20 anni, dove la presenza femminile,
della madre, delle sorelle, era quotidiana, segnando la
sua sensibilità e la sua capacità di relazionarsi in forma
serena e positiva con il mondo femminile. «Nella vita
166L. CASTANO, op.cit.,p. 123.
214 Dort Rinaldi

22.3 Page 213

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di famiglia, sotto la custodia ferma e amorosa della
madre, a contatto con quattro fratelli e due sorelle, il
Servo di Dio imparò a conoscere ed apprezzare la don-
na. Il modello vivo e palpitante era sua madre solerte
in ogni cosa, preoccupata di educare cristianamente i
figli, dimentica di per essere tutta a tutti, pronta al
sacrificio senza lamenti, serena e composta sempre,
ricca di virtù e di saggi ammaestramenti. . . In una con-
ferenza sulla missione della donna alle oratoriane di
Valdocco, non poteva fare elogio migliore esclaman-
do: "Ringrazio Dio d'avermi dato una mamma forte,
una mamma saggia, una mamma santa!". Con la ma-
dre c'erano le sorelle, la maggiore delle quali, Filome-
na, fu sua madrina di Battesimo, e verso cui egli ebbe
sempre una stima ed un affetto particolari. Affetto e
stima ampiamente ricambiati, tanto che fu vista parec-
chie volte andare a confessarsi dal fratello. Sembra una
cosa trascurabile, ma, in generale, il fanciullo che vive
in famiglia con sorelle, anziché con soli fratelli, acqui-
sta una psiche particolare; la sua personalità sembra
farsi più completa, in quanto la sua forza viene addol-
cita da un senso di cavalleresca protezione verso chi è
più debole di lui, nel tempo stesso che la gentrlezza e
la grazia delle sorelle influiscono sul suo sentimento e
la sua formazione morale. Anche sulla sua conoscenza
psicologica. [Abbiamo visto] quanto don Filippo fos-
se maestro in questo difficile campo ove l'apostolato
incontra spesso difficoltà quasi insormontabili, e trova
Parlre buorut e umiLe servo di tutti 215

22.4 Page 214

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22.5 Page 215

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sicuramente accanto a grandi soddisfazioni, pericoli
grandi e acutissime spine>r.r67
Già nel periodo trascorso in Spagna e soprattutto negli
anni in cui fu Prefetto Generale don Rinaldi si manifestò
come uomo di una grande creatività, attento nel leggere
i bisogni della società e suscitatore di numerose gruppi e
attività educative, apostoliche e sociali. Merita ricordare
che il vivaio in cui si costituì il nuovo gerrnoglio dell'al-
bero salesiano, frutto dello zelo apostolico e della cari-
ca profetica di don Rinaldi, fu il piccolo ma vivacissimo
mondo dell'oratorio femminile di Valdocco di cui egli
fu direttore. Sotto la sua guida e direzione in pochi anni
si venne realizzando una vera e propria costellazione di
iniziative e fondazioni a vantaggio spirituale e materiale
della gioventù femminile, che costituiva un universo in
espansione di cui don Rinaldi era non soltanto il centro
propulsore, ma la mente e l'anima. Si trattava dell'orato-
rio femminile di Torino-Valdocco, aperto da don Bosco
nel 1876, allorché da Mornese chiamò a Torino le prime
Figlie di Maria Ausiliatrice e le alloggiò in povere stanze
vicino alla culla delle opere salesiane.
Per cogliere in modo pieno [e novità e l'apertura con
cui don Rinaldi si avvicinò al mondo femminile oc-
corre collocarsi all'inizio del secolo, in una mentalità
167 L. LARESE - CELLA, Il cttore di Don Rinaldi. krzo Succes-
sore di S. Giovanni Bosco, L.I.C.E. - R. BERRUTI, Torino 1952,
pp.6-7.
Padre huono e ttmile sen)o di tutti 217

22.6 Page 216

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così assai lontana e chiusa rispetto all'attuale. Anche
semplicemente il trattare nelle conferenze da lui tenute
alle oratoriane e alle donne membri dei diversi gruppi
e associazioni i temi del fidanzamento, del matrimonio
e della vita coniugale, del lavoro e della partecipazione
alla vita sociale e le molteplici attività e iniziative che
suscitò e animò, mostrano che egli non temeva le novi-
tà, sapeva rispondere in modo dinamico e originale alle
esigenze dei tempi e percepire i tratti dell'animo femmi-
nile, valortzzando la donna in tutte le sue componenti e
potenzialità.
Già nel 1905, prima di venire nominato direttore,
aveva suggerito la fondazione di una piccola Società di
Mutuo Soccorso tra le oratoriane: le iscritte versavano
modeste quote mensili e in caso di malattia avevano di-
ritto a essere soccorse. Osservava don Rinaldi che detti
sussidi <<non erano limosine, ffia sovvenzioni spettanti
loro di pieno diritto, a tenore del regolamento». Alla re-
visione dei conti si procedeva periodicamente dinanzi a
tutte le interessate.
Nel 1906 era riuscito a costituire un gruppo di Patro-
nesse in difesa delle giovani operaie del quartiere e della
zorra periferica di Valdocco. Erano signore torinesi che,
sotto la denominazione di 'Amiche delle lavoratrici", si
valevano dell'influenza derivante dalla loro posizione
sociale per proteggere e aiutare specialmente le giovani
operaie che frequentavano l'oratorio delle suore.
Dal 1901 fino all'elezione a Rettor Maggiore, nel
218 Don Rinoldi

22.7 Page 217

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7922, fu animatore e direttore dell'oratorio, suscitato-
re di attività e di associazioni rivolte al bene spirituale,
culturale e sociale della gioventù femminile che lo fre-
quentava, che si mostrò più assidua che mai, felice di
assecondarlo e seguirlo nelle sue proposte e imprese. In
particolare le sue catechesi, la sua predtcazione e le con-
fercnze toccavano il cuore delle uditrici e fin dall'inizio
suore e ragazze cominciarono a prendere appunti e a re-
gistrare ciò che il direttore andava proponendo e presen-
tando, apprezzando la rrcchezza interiore e la profonda
salesianità che lo distingueva.
Nel 1911, al primo convegno Ex-allieve delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, don Rinaldi aveva colto il deside-
rio di alcune più vicine all'Istituto le quali, pur restando
nel mondo per motivi talora indipendenti dalla propria
volontà, desideravano integrarsi nella Famiglia Sale-
siana, per vivere lo spirito di don Bosco ed esercitare,
in qualche misura, le opere caratteristiche del suo zelo
apostolico. Per don Rinaldi, abituato alla ponderatezza
e sensibile alle aspirazioni delle anime, quel gruppo di
antiche allieve, non tardò a far rivivere nella sua mente il
progetto di «Soci esterni>>, che don Bosco aveva ideato
nello schema primitivo delle Regole, e che i revisori del-
la Curia romana avevano scartato come novità non in-
quadrata nelle forme tradizionali della vita religiosa. In
realtà i due progetti - quello inrziale del Santo e quello
innovatore delle Ex-allieve - non erano destinati a iden-
tificarsi, per la diversità di vita che si presupponeva: l'u-
{'7tt/r,: lstrtinr; t tutiilt.'\\'r.'t't'i, dt ttttli 211}

22.8 Page 218

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na di semplici cristiani,l'altra di anime con voti unite in
associazione. Comunque la richiesta del 1911 era per la
Società Salesiana un invito a trasferire in maniera nuova
e schiettamente religiosa lo spirito di don Bosco tra laici
destinati a restare nel mondo. Venne stilata anche una
traccia di Regolamento che però non ebbe seguito, per-
ché <<non comispondente ai bisogni di anime che dove-
vano vivere nel mondo>>. Don Rinaldi intuì il significato
di ciò che stava maturando e percorse un vero cammino
di discernimento nello Spirito, segnato anche da incom-
prensioni e difficoltà, che tuttavia non lo distolsero dal
suo proposito e dalla ricerca della volontà di Dio su que-
sta nuova forma di incarnazione del carisma salesiano.
4.2 Associazione dell e Zelatrici salesiane
Il 3 ottobre 1916, in accordo con tre giovani dell'ora-
torio femminile di Valdocco e sue figlie spirituali, sotto-
pose a don Paolo Albera, Rettor Maggiore, uno Statuto
in sette punti dal quale emergono chiaramente elemen-
ti di secolarità consacrata. Nel suo esposto don Rinal-
di parla di un <<tenore di vita>>, di <<corrente di idee»,
un'immagine suggestiva che dice qualcosa di sorgivo,
da orientare e accompagnare in sintonia con lo spirito di
don Bosco. Lui vuole le associate legate ai cooperatori
salesiani, sottolineando il carattere laicale che le deve
distinguere; ma le vuole anche consacrate. Inoltre, al
220 Don Rinaldi

22.9 Page 219

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quarto punto indica che il campo di azione deve essere
la famiglia e la società, dove dovranno dare, secondo il
loro stato, il buon esempio e prendere parte alle opere di
pubblica carità e pietà. Devono inoltre impegnarsi nella
diffusione della buona stampa, e avere una cura speciale
della gioventù bisognosa con un appoggio spirituale o
materiale. Indica infine la connotazione salesiana della
nuova vocazione. In questo primo abbozzo di regola-
mento si ritrovano già tutti gli elementi di consacrazio-
ne, secolarità e salesianità che, sviluppati e arricchiti,
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doSBio.* orrelvq.rc i{

22.10 Page 220

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confluiranno in quello finale delle Zelatrtci, e ne faran-
no il germe di un Istituto secolare salesiano quale sarà
quello delle Volontarie di Don Bosco. Don Rinaldi pro-
cedette con oculatezza e prudenza. Interessante notare
come in diversi appunti e interventi di quegli anni per
farsi capire adoperasse le espressioni <<secondo il vostro
stato>>, <<secondo la vostra condizione>> e simili, ripetu-
te con insistenza sia quando parla dei voti, sia quando
illustra la vita di preghiera e di apostolato: tutta la loro
vita, insomma, dovrà essere da loro vista e vissuta in un
clima di autentica "secolarità", con tutte le sue legittime
esigenze, a differenza di quella "religiosa".
Dopo che don Albera diede I'approvazione al progetto,
il20 maggio l9ll, nella novena di Pentecoste e all'inizio
del triduo di Maria Ausiliatrice, fu posta la pietra miliare
dell'incipiente gruppo di persone consacrate nel mondo.
Si trattava di tre Figlie di Maria, Maria Verzotti, France-
sca Riccardi e Luigina Carpanera, pietre angolari di una
«Società di Figlie di MariaAusiliatrice nel secolo>>. Nello
storico primo incontro che segnò la fondazione dell'Isti-
tuto, vennero da don Rinaldi sottolineati tanti elementi
che indicano non solo un cammino spirituale , ma anche
i tratti di una consacrazione secolare e salesiana. Dopo
averle chiamate per nome, tenne un discorso che davvero
si può definire fondativo e programmatico nello stesso
tempo, di cui riportiamo i passaggi più significativi, così
come vennero registrati da una delle prime associate, Lu-
igina Carpanera: <<Da parecchio tempo i Rev.mi Superiori
222 Don Rittaldi

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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ricevono diversi inviti affinché si istituisca una Società
di Figlie di Maria Ausiliatrice nel secolo. Questo desi-
derio sentito da diverse anime di unirsi maggiormente a
D. Bosco, di vivere dello stesso suo spirito, di perfezio-
narsi e di esercitare nel mondo le stesse opere esercitate
dai Salesiani... I superiori accolsero sempre bene questi
desiderata, tanto più che questa cosa era veramente nella
mente e nel programma del venerabile don Bosco. Nella
relazione che Egli stese dell'opera Sua, parlava appunto
di due Classi distinte di persone, osservanti una stessa re-
gola, una delle quali formasse Comunità e l'altra vivesse
nel mondo, per ivi promuovere 1o spirito della Congrega-
zione, nella esplicazione pratica dell'azione. Forse il Ven.
don Bosco avrebbe effettuato questo progetto, se la mole
dell'opera sua diffondendosi rapidamente in modo stra-
ordinario, non l'avesse completamente assorbito. Si era
allora tra l'anno 1875-1880; ed è questo il motivo per cui
più tardi non si trova un accenno a quest'opera ch'era ve-
ramente nella sua mente. Tuttavia i superiori studieranno
il modo eimezzi di poter tniziarc quest'opera, anzi, sog-
giunse il reverendissimo Signor Direttore, il Rev.mo Sig.
don Albera, dopo la visita che voi tre per laterza volta gli
avete fatto, esponendogli sempre il vostro desiderio; me
ne parlò, manifestandomi la grave sua preoccupazione
di iniziare una nuova opera di bene.. . noi incominciamo
quest'opera nell'oscurità, e daremo principio con le tre
presenti, le quali, unite moralmente nello stesso spirito,
si perfezionino soprattutto nell'esercizio particolare della
Padre buono e urnile servo cli tutri 223

23.2 Page 222

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preghiera, secondo però lo spirito del venerabile don Bo-
sco: molta semplicità, nessune complicazioni. Nessuno
deve sapere quello che sta maturando nel vostro cuore,
continuate ad essere quali siete. Alla suora che vive in
comunità riesce più facile la pratica delle opere di pietà,
perché regolate da un orario fisso, mentre voi lo dovete
adempiere, quando e come potete; ma però è indispensa-
bile che anche in voi vi sia ordine, unione e uniformità di
preghiere. Innanzi tutto studiate bene 1o spirito del Ven.
don Bosco; ordine diligente nelle pratiche di pietà che sa-
ranno le medesime delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ma
in senso ridotte, cioè: ogni giorno assistere alla S. Messa,
nel frattempo recita delle preghiere del buon Cristiano,
dieci minuti di meditazione, recita del S. Rosario. Si può
far servire come pteparuzione alla S. Comunione la recita
del S. Rosario e come nngraziamento la meditazione e
viceversa come si crede meglio. La meditazione non la
dovete lasciare senza un grave motivo; anche solo cinque
minuti; perché è nel raccoglimento, nel silenzio interno
che si sente la voce di Dio e si forma l'anima religiosa.
Come pure le altre pratiche di pietà, cioè assistere la S.
Messa e la S. Comunione ogni giorno. Nel pomeriggio
farete una visita a Gesù Sacramentato, durante la qua-
le se potete, fate un po' di lettura e poi raccoglietevi un
momento. Se vi succede di non aver il tempo di fare
la visita, la lettura, raccoglietevi brevemente alla sera
nella vostra camera prima di prendere il riposo e portatevi
in spirito in Chiesa ai piedi di Gesù Sacramentato, fate in
224 Don Rinaldi

23.3 Page 223

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questo modo anche in casa, la vostra visita e la lettura...
Un'altra pratica di pietà, è di fare una volta al mese un
giorno di ritiro spirituale. scegliete un giorno del mese
possibilmente festivo per meglio raccogliervi e meditare
un po' di più su qualche punto specialmente della vostra
vita interna, prendendo quelle risoluzioni e propositi per
rendervi migliori, pensando di santificarlo come fosse
l'ultimo giorno della vostra vita. Fate ogni anno alme-
no tre giorni di santi spirituali Esercizi. Esercitare nel
mondo quelle virtù che certo acquisterete con una vita
più perfetta, adoperandovi e prestandovi per fare il mag-
gior bene possibile, secondo sempre lo spirito del Ven.
le don Bosco. Ma ripeto: molta semplicità in qualsiasi
vostra opera o pratica di pietà. Siete poche, soltanto tre,
non importa; le opere del Signore nascono nella povertà,
nell'umiltà e si formano nel silenzio. È meglio poche, ma
di spirito buono; è meglio un solo arboscello, ma dalla
radice sana e forte, che molti sparsi, e dalla radice debole.
Thcete, non chiamate nessuna a seguirvi, il vostro buon
esempio basterà; siate unite tra voi tre, formate un cuor
solo, un'anima sola. Siete in tre, è questo il numero per-
fetto, ché tre sono pure le Persone della SS.ma Trinitb>.168
Don Rinaldi concluse il suo intervento rallegrandosi
che la prima adunanza avvenisse alla vigilia del triduo
168 ISTITUTO SECOLARE "VOLONTARIE DI DON BOSCO",
\\ Documenti e testi, "Quademo Carpanera". lc conferenze spirituali
di don Rinuldi aLle Zelatrici di M.A. (1912-lg2B), Roma 1980, pp. l-1 .
Padre buono e umile ,\\ervo di tutti 225

23.4 Page 224

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di Maria SS. Ausiliatrice e nella novena dello Spiri-
to Santo, raccomandando di pregare perché 1o Spirito
Santo illuminasse i superiori. Nel mese di luglio alle
prime tre si aggiunsero Celestina Domini e Giovannina
Peraldo; e a novembre Caterina Borgia e Teresa Salas-
sa: il lievito cominci aya a dare il suo effetto. Tuttavia
non mancarono momenti di difficoltà dovuti a incom-
prensioni e a tentativi intenzionatr a voler cambiare
f indole propria del gruppo. Don Rinaldi con grande
umiltà chiese al Rettor Maggiore se dovesse continuare
nel suo compito di animazione e direzione dell'oratorio
femminile e indirettamente del piccolo gruppo, ma don
Albera 1o confermò e rassicurò nel suo ruolo e nella sua
missione. Di conseguenza per tutto il 1918 e il 1919
don Rinaldi venne disponendo le giovani al genere di
vita che intendevano condurre nel mondo come con-
sacrate nello spirito di don Bosco. Intanto dietro anche
alle indi caziom del cardinale Giovanni Cagliero venne
redatto il Regolamento dell'Associazione delle Zela-
trici salesiane, che delineava gli elementi di una vita
consacrata laicale, salesian a. Le prime sette professioni
furono emesse 1126 ottobre l9l9 nella cappella attigua
alle camerette di don Bosco, quasi a significare che si
trattava di un virgulto nato dall'albero del carisma sale-
siano che germogliava in una nuova forma di vita. A ri-
cevere tali primizie fu lo stesso cardinale Cagliero, con
la presen za dr don Rinaldi. Il 29 gennaio l92l don Ri-
naldi volle che quel primo gruppo di giovani consacrate
226 Don Rinaldi

23.5 Page 225

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avesse anche un consiglio laico: chiaro orientamento a
un'autonomia laicale.
Merita ricordare le parole rivolte da don Rinaldi alle
zelatrici nel giugno del 1922, a pochi mesi di distanza
dalla sua elezione a Rettor Maggiore e in occasione del-
la festa del sacro cuore, riferimento centrale di quella
carità pastorale, centro del carisma salesiano, che quelle
consacrate erano chiamate a testimoniare nel mondo:
<<Fate tutto quello che potete; il Signore per prop agare
la sua dottrina non si è servito dei grandi della terra,
filosofi, dottori, re; ma di poveri pescatori e con
essi ha convertito il mondo, ha diffuso il suo Vangelo.
Il Signore sceglie gli umili, perché vuole si veda chia-
ramente che non siamo noi che facciamo, ffio è Lui che
opera; Egli si serve delle cose più meschine per ottenere
i migliori risultati e far risplendere la sua potenza. Ba-
sta da parte nostra assecondare i suoi desideri, lavorare,
lasciandoci guidare da Lui, perché noi siamo piccoli e
capaci a nulla. Cooperate dunque a lavorare con tutte
Ie vostre forze, sollevando il cuore a Dio, confidando
in Lui, per fare del bene alle anime. Sia un risveglio
di pietà vera che corrisponda alla vostra missione, non
per vivere conforme il vostro gusto, ma per cooperare
a fare del bene ovunque e sempre. Don Bosco diceva
che si fa il bene sempre e dovunque, tanto con le per-
sone pie come con le persone tristi, perché era convinto
di cercare solo la gloria del Signore. E voi, dovunque
vi trovate, siate vere Figlie di don Bosco: nei laborato-
Paclre bnr»to e wnile servo di tutti 227

23.6 Page 226

▲back to top
ri, nelle fabbriche, negli uffici, per le vie, nei crocchi,
non dovete smentirvi mai; sempre uguali, coerenti a voi
stesse, ai vostri sentimenti; pie, serie, zelantr. Lavorate
con semplicità e candore, senza ostentazione, simili alla
Madonna e degne Figlie di don Bosco, esternando la
vostra pietà, e confortando con la parola buona, soave,
caritativarr.l6e
Don Rinaldi continuò ad accompagnare e dirigere
spiritualmente la nuova associazione con stile paterno e
riservato, restando sempre in ombra, come il servo buo-
no e fedele che ha compiuto il suo lavoro. La Chiesa
gli ha riconosciuto il titolo di fondatore di quello che
nel tempo sarà l'Istituto secolare delle Volontarie di Don
Bosco (1959), tncarnazione di un progetto di vita consa-
crata nel mondo con lo spirito di don Bosco.
169 Iv,i. pp. 1 50- 15 I .
228 Don Rinaldi

23.7 Page 227

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Conclusione
In don Filippo Rinaldi abbiamo un esempio quanto
mai pertinente di una vita religiosa e santa. Spese genero-
samente la sua vita non solo nell'adempimento di mansio-
ni nascoste e umili, ma nell'ufficio di superiore con delle
gravi responsabilità verso la Congregazione, la Famiglia
Salesiana e la Chiesa. Fu superiore per quasi tutta la sua
vita sacerdotale (1883-1931), e per gli ultimi trent'anni
fece parte del governo supremo di una Congregazione re-
ligiosa, molto numerosa e in pieno sviluppo ed espansio-
ne. conciliò la fermezzadell'autorità con la bontà paterna
da tutti riconosciuta. Nel governo fu fedelissimo custode e
trasmettitore della genuina spiritualità salesiana originata
da san Giovanni Bosco. L autorità di cui dispose non gli
diede le vertigini; egli sarà,humilis prima chefortis, e dalla
sua umiltà trarrà gli argomenti più atti a scuotere i tiepidi,
riportandoli all'amore della vita consacrata salesiana. E
tutto ciò nel periodo critico delle prime generazioni dopo
la morte del fondatore. Seppe vivere da religioso perfetto,
in continua unione con Dio, con un profondo spirito di
fede, amore e speranza teologali; umile, laborioso e se-
reno in tutte le circostanze, sacrificandosi generosamente
229

23.8 Page 228

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per il bene del suo Istituto, della Chiesa e delle anime. Egli
fu superiore al servizio esclusivo di Dio. Si è santificato
governando, dando a tutti, confratelli, membri della Fa-
miglia Salesiana, uomini e donne di Chiesa, il modello di
consacrato, di sacerdote e di apostolo.
Non fece cose straordinatie, ma sicuramente era stra-
ordinario il modo in cui le faceva. Sacerdote di grande
vita interiore, modesto e umile, con un giudizio e cri-
terio pratico eccezionale, di una bontà e paternità che
traspariva da tutti i suoi atti, di una forza e capacità di
lavoro che non si riesce a spiegare, considerando negli
ultimi tempi la salute molte volte precaria. Il suo stile
di azione manifesta un acuto senso di realismo e con-
cretezza, come quando nell'accettare nuove vocazioni
tra I'altro scherzosamente verificava se le mani avessero
calli così da garantire buoni operai alla vigna del Signo-
re. Alla scuola di don Bosco e seguendo il suo metodo
curava la pietà, la carità e la laboriosità. <<Per conservare
le vocazioni, soleva dire, che se si trattava di moralità
o di difetti contrari alla vita religiosa, bisognava essere
inesorabili. Se invece si trattava di altre manchevolezze,
bisognava sopportarle e correggerle. Batteva molto sul-
Ia convefitenza di assecondare le inclinaziont personali
non affatto contrarie alla vita religiosa».r7o Era molto
comprensivo e paterno nel discernimento delle vocazio-
ni, soprattutto quando si trattava di giovani che pur non
170 C. GENGHINI, Positio, Summarium, p.209, § 725.
23{l Don Rinaldi

23.9 Page 229

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essendo malati non erano colossi di salute. Ebbe sem-
pre a cuore la cura delle vocazioni e la formazione delle
nuove generazioni, esortando a essere vigilanti nell'ac-
cettare i novizi, forti nella formazione, prudenti nelle
ammissioni, allontanando superficiali e volubili.
L'innato atteggiamento realista e la totale lealtà inte-
riore, ne facevano una persona libera e franca nel parlare
e nell'agtre, e all'occoffenza anche decisa nel risolvere
situazioni; per esempio, <<indusse a restare a casa presso
il padre già anziano una figliola che aveva vera voca-
zione,, e non le concesse di entrare nell'Istituto finché il
padre, per interessamento suo, non si sposò una seconda
volta, avendo così la necessaria assistenza>>.r7r Per le ra-
gazze disoccupate si interessava per trovare loro lavoro;
similmente le numerose organi zzazioni da lui fondate
avevano lo scopo precipuo di formare donne sagge e
complete, che sarebbero state spose e madri vere; soleva
dire «che una buona formazione domestica della donna
è il miglior presidio per il buon ordine della famiglia e
che una casa ben tenuta si fa amare anche dal marito, il
quale sentendosi felice, tranquillo, e a suo agio in essa,
nonpenSapiùadisertarlaeacercareritroviesvaghi>>.|12
Sul versante della vita di preghiera portava la stessa
lucidità di vedute; per esempio non aveva difficoltà a far
recitare o cantare in latino i vespri arragazzi: <<Sì, è vero
l7lT. GRAZIANO, Positio, Summarium, p. 146, § 504.
172 lvi, p. 104, §,362.
Padre buono e umile servo di tutti 231

23.10 Page 230

▲back to top
che non capiscono nulla di queste orazioni e di questi
canti, ma.. . supplet Ecclesia, e cioè... non sono i singo-
li che pregano, ffia è tutto il corpo mistico della Chiesa
che si eleva in preghiera al Signore»;r73 così pure, con
stupefacente realismo cristiano, diffondeva tra la gio-
ventù femminile la pratica del voto di castità rinnovato
ogni sei mesi, per formare un domani famiglie sane e
cristiane e per preparare consacrate totalmente dedicate
alla loro vocazione e missione. Nel trattare con gli altri,
sia nei comuni rapporti sociali, sia nella direzione spi-
rituale, sia nel governo della Società Salesiana che nel
difendere strenuamente nei tribunali i propri diritti, fu
sempre trasparente e fermo: <<Era la franchezza in per-
sona. Non solo aborriva da ogni mendacio, ma era, per
così dire, la chiar ezza personifi cata>>.17 a
Da quanto detto, consegue logicamente un carattere
estremamente equilibrato, sensibile sia a ogni manche-
volezza propria e altrui che al più piccolo atto virtuoso.
I testimoni sono unanimi: «Già da natura aveva sortito
carattere calmo, equilibrato e sereno. Uaveva ancora
perfezionato con la sua vigilanzae con la preghiera>>;r75
inoltre, <<la sua caratteristica spiccata era la bella dote
di equilibrio e di ponderazione: soprattutto spiccava per
173 A. CANDEL A, Positio, Summarium,PP.lTT-178, §§ 613-614
174T. AZZINI, Positio, Surnmarium,p.21, § 71.
L75 lvi, p. 20, § 67.
232 Don Rinaldi

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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la sua umiltà profonda>>.176 Ne nasceva una forte carica
umana e religiosa da spingere anche i più riottosi alla
pratica eroica delle virtù: <<Le sue parole piene e riboc-
canti di paterna bontà, di grande semplicità, ma di gran-
de profondità di concetti, e sempre adatte alle persone
che l'ascoltavano e alle circostanze, scendevano piene
di efficacia in quanti lo udivano>>.117 IJna volta sembrò
duro e scortese verso una donna che con i suoi continui
pettegolezzi andava compromettendo la pace e il buon
nome del gruppo: «Ricordati che si può andare alf infer-
no anche per la lingua!»; mentre in un'altra circostanza
sembrò adirato sul serio: si trattava di un poveretto che
con la sua condotta aveva lasciato una pessima impres-
sione tra i giovani.
Una sintesi scultorea del profilo interiore e salesiano
di don Rinaldi è data dal biografo don Pietro Rinaldi,
suo pronipote: «A mio giudizio le caratteristiche del
Servo di Dio sono la profonda vita interiore e l'attività
dinamica accompagnata da grande paternità>>.r78 Giusta-
mente la serenità e imperturbabilità di carattere fu la ca-
ratteristica più rilevata e maggiormente apprezzata dai
testimoni. Don Rinaldi è un tesoro di spiritualità e di
virtù, una figura sotto ogni aspetto esemplare ed eccel-
sa, <<un santo autentico>>, come diceva il cardinale Mau-
176T. BORDAS, Positio, Summarium,p.77,§ 211.
177 T. GRAZIANO, Positio, Summariurn, p. 127 , § 433.
178 P. RINALDI, Positio, Summarium, p.398, § 1362.
Podre buono e umile servo di tutti 233

24.2 Page 232

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rilio Fossati, arcivescovo di Torino, <<un santo di primo
piano>>, secondo il giudizio di monsignor Evasio Colli,
compaesano e arcivescovo di Parma, che fu suo grande
amico. Un perfetto esempio, e non solo per i Salesiani,
di come i religiosi possano e debbano essere fedeli al
carisma del loro fondatore, rispecchiato nella vita dei
più sicuri interpreti. Un'anima totalmente di Dio, inten-
ta a vivere nella semplicità e serenità di spirito la sua
vita cons acrata e sacerdotale tn ptenezza.
Come <<uomo di Dio>> si distinse per la generosità con
cui dalla giovinez za frno al termine della vita mirò alla
perfezione della santità; per l'intima unione con Dio,
dalla quale scaturì una imperturbabile serenità e calma
di spiritoi per lo zelo infaticabile nel promuovere la glo-
ria di Dio e la salvezza delle anime; per il senso religio-
so a cui seppe sempre ispirarsi di fronte alle non facili
responsabilità di superiore, vivendo tutto e solo per Dio.
Come <<apostolo» andò incontro agli uomini e alle
donne del suo tempo con la spiccata caratteristica della
bontà che 1o fece riconoscere da tutti «Padre amatissi-
ffio>>, con una inesauribile varietà di iniziative di bene,
con un ardimento e una fede che lo spinsero a intrapren-
dere grandi imprese specie nel campo missionario, con
una aderenza piena alle esigenze dei tempi nuovi.
A distanza di anni la sua santità giganteggia e si con-
statano i risultati eccezionali del servizio che egli rese
alla Chiesa attraverso la Congregazione salesiana e i
gruppi della Famiglia Salesiana, in particolare quelli da
234 Don Rinalcli

24.3 Page 233

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lui fondati. Tra tutti coloro che gravitano attorno alla
Famiglia di don Bosco e all'infuori di essa, la sua fama
di santità non solo si è affermata, ma va continuamen-
te crescendo come dimostrano le relazioni di grazie,la
continuità delle opere e l'interesse alla sua figura.
Negli anni del post-Concilio in cui la Chiesa ha sol-
lecitato le istituzioni religiose a far rivivere 1o spirito del
fondatore, si guarda a don Rinaldi come a colui che è
stato il più fedele interprete e continuatore e può quindi
essere, per le nuove generazioni, un punto di riferimen-
to e quasi un ponte che ricongiunge e riconduce a don
Bosco.
La sua santità è un valido stimolo di santificazione
per il Popolo di Dio. I sacerdoti e i consacrati potranno
guardare a lui nelle presenti difficoltà della loro vita e
missione come a guida e modello che ha saputo armo-
nrzzare una intensa vita interiore con l'ardore dinamico
dell'apostolato.
Richiamando quanto è stato detto e scritto sul beato
Filippo Rinaldi, e in modo particolare sulla base degli
Atti processuali della sua beatificazione, sulle testimo-
nranze e sui documenti, possiamo affermare che ci si
trova dinanzi a una figura meravigliosa di uomo, di cri-
stiano, di salesiano sacerdote, di apostolo, di fondatore
degna di essere proposta all'imitazione dei fedeli. La
sua canontzzazione non soltanto avrà grande importan-
za per la Famiglia Salesiana, che si sentirà incoraggiata
e sospinta a operare sempre più e sempre meglio nel va-
Podre buono e wnile servo di tutti 235

24.4 Page 234

▲back to top
sto campo della sua missione, ma sarà motivo di una più
intensa vita cristiana per tutti i fedeli, ai quali don Ri-
naldi ha lasciato un'eredità indelebile di alta e profonda
spiritualità salesiana, che contribuirà a un incremento
molto sensibile di vocazioni consacrate, sacerdotali e
laicali.
Don Rinaldi presenta una forma di santità molto
semplice, lineare, attraente, amabile. Non si tratta di
un tipo di santità che si rivela nei fatti straordinari, ma
attraverso una vita interamente eroica tesa alla ricerca
costante del bene, nella fedeltà continua al proprio do-
vere, nel controllo perfetto di in mezzo a tutte le dif-
ficoltà grandi e piccole della vita quotidiana. Fu supe-
riore al servizio esclusivo di Dio, caratterizzandosi per
Ia saggezzallluminata del suo governo, per la prudenza
nell'agire, per la carità e la fermezza, per f impareggia-
bile paternità del suo animo.
La santità di don Rinaldi va vista nel segno della fe-
deltà alla figura e allo spirito di don Bosco, del quale
egli fu degno discepolo e originale continuatore. Fu il
terzo successore di san Giovanni Bosco alla guida del-
la Società Salesiana, dopo il beato Michele Rua e don
Paolo Albera. Nei quasi dieci anni del suo Rettorato, la
Congregazione salesiana raggiunse un rapido sviluppo
sia spirituale che culturale dei suoi membri, sempre più
impegnati, a livello mondiale, nei delicati settori dell'e-
ducazione dei giovani e delle missioni. Negli oltre cin-
quant'anni di vita religiosa salesiana, si distinse come
236 Don Rinoldi

24.5 Page 235

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fedele interprete dello spirito di don Bosco e specchio
delle sue eroiche virtù.
II 1" aprile 1934,, domenica di Pasqua, fu canonrzza-
to don Bosco, fondatore della Congregazione salesiana.
Seguì, 11 29 ottobre 1972, la beatificazione di don Mi-
chele Rua, suo primo successore. Il 29 aprile 1990 fu
beatificato don F'ilippo Rinaldi. È questo, senza dubbio,
un fatto di rilievo, che torna a onore della Famiglia Sa-
lesiana e, in pari tempo, mette in evidenza la profonda
spiritualità impressa alla Con gregazione dal Fondatore
e conservata viva dai suoi immediati successori. Don
Rinaldi fu tutto nella scia spirituale di don Bosco, che lo
illuminò nella sua vocazione, gli fece superare le incer-
tezze,lo seguì con speciale cura, 1o stimò e lo preparò
agli importanti incarichi che poi gli affidò.
Concludiamo con un ritratto spirituale del beato Fi-
lippo Rinaldi fatto dal salesiano don Gugliemo Viflas
Pèrez, nato nel 1879 aAuiga (Huesca) e morto nel 1956
a Barcellona, testimone al processo rogatoriale svoltosi
a Barcellona in Spagna.
«Desidero tentare di abb ozzare un profilo povero ed
umile di don Rinaldi, non sotto l'aspetto totale - com-
pito troppo difficile, per non dire impossibile, risulte-
rebbe abbracciare tutti gli aspetti - ma del don Rinaldi
sui quarantacinque anni, del don Rinaldi della Spagna
salesiana, che rappresenta l'epoca nella quale noi con
lui convivemmo ed avemmo i maggiori rapporti.
Quanto al fisico era un gran tipo! Basta guardare le
Paclre buorut e umile servo di tutti 237

24.6 Page 236

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sue fotografie. Nella Spagna in linguaggio popolano noi
chiamammo quel tipo un buon ragazzo molto leggiadro.
Volto piacentissimo ! Pieno di bontà paterna e di
distinzione.
Gli occhi, con gli occhiali leggermente inclinati, fu-
rono un segreto, come una calamita per la maggior parte
di coloro che 1o conobbero. Solo dopo molti anni essi si
accorsero che uno di quegli occhi era senza vista!... ma
tutti poterono godere degli sguardi paterni ed attraen-
ti che penetravano dolcemente fino al fondo delle ani-
me. . . che rimanevano soggiogate sull'istante !
Nell'orazione sembrava inabissato e come se stesse a
parlare con Dio; distrarlo, chiamarlo o passargli qualche
commissione intimoriva.
Nello zelo per l'educazione dei giovani era un vero
apostolo, nel1a formazione del personale un don Bosco.
Nel tratto con i Salesiani un padre.
Il suo sorriso dolcemente mite e piacevole contagia-
va, non perché prorompesse in grandi risate, che non
erano da lui, ma perché vedere il loro padre lieto e sod-
disfatto faceva gioire e rallegrare i suoi figli.
Gesti bruschi o maniere forti non rientravano nel suo
carattere, sempre dolce e nello stesso tempo fermo.
Le sue parole piuttosto poche che troppe! Egli non
ne faceva spreco. Dalla sua bocca tutti raccoglievano la
loro manna, la loro, quella di cui avevano bisogno, quel-
la che pare arrivasse alle loro anime come linguaggio
ispirato o come profetico.
238 Don Rinoldi

24.7 Page 237

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I suo portamento esteriore in tutto elegantemente
semplice e dignitoso, sempre virile senza stonature, sem-
pre attraente per la calamita ed il profumo delle sue virtù.
La sua profonda umiltà ed abbandono in Dio lo rese-
ro intrepido nelle sue imprese... e di partì la Spagna
salesiana!
Tutte le sue virtù, vissute con zelo ardente, furono
stelle di luce, che raggiunsero l'altezza dei Santi, ma la
sua paternità fu un sole senza occaso. Sotto quel sole
tutti si sentivamo bene, fiduciosi soggiogati... figli!!
Con lui noi ci sentivamo protetti. Nulla avevamo da
tenere.
Indubbiamente così dovette essere, nelf insieme, il
nostro glorioso Patrono, S. Francesco di Sales».r7e
179 G. VINfAS PÈREZ, Positio, Summarium, pp.313-374.
Padre buono e umile sen)o di ttttti 239

24.8 Page 238

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BEATIFICATO IL 29 APRILE I99O
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24.9 Page 239

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Prospetto cronologico
della vita del beato Filippo Rinaldi
1856, 28 maggio Nasce a Lu Monferrato (Alessandria).
1861, 15 ottobre Vede per la prima volta don Bosco, in
passeggiata a Lu con i suoi rugazzi.
1856-1877 Yita secolare a Lu Monferrato (Alessandria).
1866 Passa un anno nel Piccolo Seminario di Mirabel-
1o. Incontra due volte don Bosco. Al termine dell'anno
rientra in famiglia.
1877, ottobre Va a Genova-Sampierdarena nella casa
per le vocazioni adulte.
1877-1879 Compie il corso del ginnasio.
18791 8 settembre Noviziato a San Benigno Canavese.
1879, 20 ottobre Vestizione chiericale.
1880, 13 agosto Professione perpetua.
1880-1883 A San Benigno Canavese per lo studio della
teologia.
1882, 17 settembre tonsura e quattro ordini minori a
Biella, da monsignor B. Leto.
23 settembre Suddiaconato a San Benigno, da monsi-
gnor B. Leto.
8 ottobre Diaconato a San Benigno, da monsignor E.
Manacorda.
Padre buono e umile servo di tutti 241

24.10 Page 240

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23 dicembre Presbiterato a Ivrea, da monsignor D.
Riccardi.
1883-1889 Direttore delle vocazioni adulte a Mathi e a
Torino-San Giovanni Evangelista.
1889-1892 Direttore della casa salesiana di Barcello-
na-Sarrià in Spagna.
1892-1901 Ispettore (= Provinciale) delle Case salesia-
ne di Spagna e Portogallo.
1901 Don Michele Rua lo nomina Prefetto Generale
(Vicario) della Congreg azione.
1904 È confermato Prefetto Generale dal Capitolo Ge-
nerale X.
1910 È riconfermato Prefetto Generale dal Capitolo Ge-
nerale XI.
1922124 aprile Viene eletto Rettor Maggiore,terzo suc-
cessore di don Bosco, dal Capitolo Generale XII.
1931, 5 dicembre Muore a Torino.
242 Don Rinaldi

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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Iter della causa di beatificazione
La causa di beatificazione e canonizzazione di don
Rinaldi ebbe un inizio singolare. Il suo successore, don
Pietro Ricaldone, che gli fu accanto per 20 anni, di-
chiarò di essere stato a suo tempo perplesso sulla conve-
nienza di promuoverla, perché don Rinaldi «non lascia-
va trasparire nella persona alcunché di straordinario» e
che prima di prenderne f iniziativa si era in attesa di un
segno straordinario, che dimostrasse in modo ineccepi-
bile la volontà del Signore di glorificare il suo Servo. A
distanza di quattordici anni dalla morte di don Rinaldi,
il segno venne e fu un clamoroso. Nel 1945 suor Carla
De Noni, suora delle Missionarie della Passione di No-
stro Signore Gesù Cristo, fondate da madre Margherita
Lazzan, figlia spirituale di don Rinaldi, in seguito a un
bombardamento (si era nel corso della seconda gueffa
mondiale) ebbe, tra le altre ferite, fracassata e parzial-
mente asportata la mandibola inferiore, che, in seguito
all'applicazione di un fazzoletto di don Rinaldi, inaspet-
tatamente crebbe di alcuni centimetri, consentendo alla
suora, che era agonizzante, di riprendere la vita.
1947-1953: Processo Ordinario di Torino con ventidue
testi, tuttr de vistt, e tutti favorevoli. Dei testi: otto Sale-
siani e sei Figlie di Maria Ausiliatrice. Si aggiungono:
una religiosa, fondatrice della Pia Unione delle Missio-
Podre buono e unile servo di tuui 243

25.2 Page 242

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29 oprile 1990.

25.3 Page 243

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narie della Passione di Gesù; un sacerdote diocesano,
tre laici e tre laiche.
1949-1950: Processo Rogatoriale di Barcellona con
venti testi, tu;ttt de visu.
19-2-1956: Decreto di approyazione degli Scritti.
1L-6-1977: Decreto di Introduzione della Causa.
1980-1981: Processo Apostolico di Torino. Essendo
morti quelli del Processo Ordinario tutti i ventidue testi
sono, eccetto uno, de visu e conobbero don Rinaldi so-
prattutto negli ultimi quindici anni della sua vita.
25-6-1982: Deqeto di Validità dei Processi.
1985: Esame della Commissione Storica.
14-10-1986: Congresso Peculiare dei Consultori Teologi.
23-12-1986: Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi.
3-l-1987 : Decreto di Venerabilità.
3-3-1990: Decreto di riconoscimento del miracolo.
29-4-1990: Papa Giovanni Paolo II lo beatifica tn ptazza
San Pietro a Roma.
Padre buono e unùle servo di tutti 245

25.4 Page 244

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d
"
*

25.5 Page 245

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Preghiera
per la canonizzazione
Dio, Padre infinitamente buono,
tu hai chiamato il beato Filippo Rinaldi,
terzo successore di san Giovanni Bosco,
a ereditarne spirito e opere
e a dare inizio a varie realtà carismatiche
nella Famiglia Sale siana :
ottienici di imitarne la bontà,
l' int rap re nde nza ap o s t o li c a,
l'operosità instancabile santfficata dall'unione con Dio.
Concedi a noi le grazie che ffidiamo
alla sua intercessione.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Per informazioni e segnalazione di grazie
Postulazione Generale Salesiani don Bosco
Via della Pisana I111 - 00163 ROMA
postulazione@ sdb.org
Istituto secolare Volontarie di Don Bosco
Via Aureliana 53 - 00187 ROMA
segreteria @ istitutovdb. it
Padre buono e Ltmile sen)o di ttttti 247

25.6 Page 246

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SHALOM
"La Vergine santa è il mezzo delquale nostro Signore siè servito per venire sino a noi, ed è
anche il mezzo di cui noi dobbiamo servirci per andare a lui...
Se, dunque, noi stabiliamo la solida devozione della santissima Vergine, cro è so/o per stabilire
piu perfettamente quella di Gesù Cristo, è solo per dare un mezzo facile e sicuro per trovare
Gesù Cnsto. Se la devozione alla santissima Vergine allontanasse da Gesù Cristo, bisognereb-
be rigettarla come un'illusione del diavolo.
È, però, esattamente il contrario: questa devozione è necessaria proprio per trovare Gestt Cristo
perfetta mente, ama rlo teneramente e servi rlo fedel mente".
San Luigi tVaria Grignion di tVontf ort, Trattato della vera devozione a A/laria
UEDITRICE SHALOM stampa libridi preghiera, meditazione, conoscenza delle basi della fede
che non si piega alle mode, di riflessione sulla morale cattolica e biografie dei santi.
Tutti itesti sono scritti in assoluta obbedienza alla Chiesa cattolica, in un linguaggio semplice
ma profondo, e offrono la possibilità di:
. trovare Gesù Cristo perfettamente,
. amarlo teneramente,
. servirlo fedelmente.
La Vergine santa non solo è '17 mezzo del quale nostro Signore si è servito per venire sino
a noi", ma ella è anche "il mezzo di cui noi dobbiamo servirci per andare a /ui". Attraverso
Maria troviamo, conosciamo, amiamo e serviamo Gesù, come solo una madre conosce, ama
e serve il proprio figlio, per cui l'Editrice Shalom vuole amare e far amare teneramente Gesù:
. riaffermando la centralità dell'Eucaristia,
. promuovendo la preghiera come mezzo privilegiato per trovare il Signore,
. diffondendo la devozione al Cuore immacolato di Maria,
. onorando san Giuseppe e gli arcangeli.
Le pagine che seguono offrono una selezione di libri, attinenti per argomento al presente testo,
finito distampare nel maggio 2017 presso bBold. Sono un piccolo assaggio di una produzione
molto più varia e vasta, consultabile sul Catalogo generale che puo essere richiesto ai nostri
recapiti oppure visitando i siti:
www.editriceshalom. it
www.shalomviaggi.it
Alla prima registrazione su uno dei siti si potrà ricevere a casa, gratuitamente, il Catalogo
e un omaggio (un numero del "Messalino", un numero della rivista o altro...) come nuovo
cliente. lnoltre, iscrivendosi alla newsletter, periodicamente si potranno ricevere tutte le novità
editoriali, le news e il calendario degli incontri di preghiera.
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