RM-Omelia alla festa dell' natività di san Giovanni Battista onomastico ufficiale di Don Bosco

9

O melia Navitivà del Battista


«Egli era una lampada che arde e risplende» (Gv 5,35)

Onomastico ufficiale di Don Bosco

Is 49,1-6; Sal 39; At 13,22-26; Lc 1,57-66.80





Carissimi confratelli,

celebriamo oggi con tutta la Chiesa la solennità della Natività di San Giovanni Battista, una festa ricolma di significato e valore nella vita della Chiesa e una data traboccante di ricordi per noi Salesiani per essere il giorno dell’onomastico ufficiale di Don Bosco, al quale piaceva fare di questa data la festa della sua famiglia. È stato infatti questo fattore che mi portò due anni fa a chiedere di tornare a fare di questo giorno la festa del Rettor Maggiore.


Inoltre ci sono due elementi nuovi che, negli ultimi anni, hanno avuto per noi una risonanza particolare: la morte di Don Viganò, avvenuta il 23 giugno 1995, e il compleanno di Don Vecchi (pure il 23 giugno), che celebrava il suo onomastico nella Natività di San Giovanni Battista. È dunque una data in cui si può fare memoria di Don Bosco e dei suoi successori.


Oggi tuttavia, più in accordo con il carattere liturgico della festa, vorrei un poco riflettere sulla figura di San Giovanni Battista e, alla sua luce, individuare quei suoi tratti, cui Don Bosco era più sensibile.


Quando nel IV secolo si cominciò a celebrare la nascita del Signore, si pensò naturalmente di commemorare anche quella del precursore. In Occidente, si è imposta immediatamente la data del 24 giugno, che segnava il solstizio d'estate, come il 25 dicembre quello d'inverno. Giovanni era, in realtà, la «lampada» che doveva diminuire quando fosse apparsa la luce (Gv 5,35; 3,30). Questo ruolo fa di lui «più di un profeta» (Mt 11,19). Gli altri hanno annunciato, in termini più o meno velati, il salvatore. Lui lo ha visto con i suoi occhi. Lo ha battezzato e ha indirizzato verso l'Agnello di Dio coloro che divennero i suoi primi discepoli (Gv 1,35-42). È impossibile annunciare il Vangelo senza parlare di Giovanni, il precursore. Nelle chiese dell'Oriente questa inscindibilità tra Gesù e Giovanni è tale che sopra la «porta regale» dell'iconostasi si vede sempre un'icona del Cristo in gloria con Maria alla sua destra e Giovanni alla sua sinistra. Ciò sta ad indicare la venerazione di cui gode Giovanni in tutte le tradizioni liturgiche. Egli è, del resto, il solo, a parte il Signore e la vergine Maria, di cui si celebri la natività (24 giugno) e la morte (29 agosto).


La sua vocazione ricorda quella di Geremia, la sua vita quella dei «nazirei», uomini votati a Dio per tutta la loro vita o per un tempo determinato (At 18,18). La sua missione viene descritta con gli stessi termini usati per quella di Elia (Ml 3,23-24: Si 48,10). Egli è venuto a «preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1,17). La nascita di Giovanni è stata una buona novella che ha prodotto, attorno a sé e ai suoi genitori, le prime manifestazioni della gioia messianica. Come in seguito a proposito di Gesù, ci si è chiesto: «Chi sarà costui?». Lo si vedrà quando, sulle rive del Giordano, egli si rivelerà un intrepido predicatore di quella salvezza che Dio vuole vedere giungere «fino ai confini della terra» (Is 49,6). Con la sua persona e la sua missione, Giovanni, il precursore, resta quindi inseparabile da Gesù e dalla buona novella rivolta a tutti gli uomini che Dio ama. L'iconografia, il numero dei bambini ai quali si dà il nome di Giovanni Battista e delle chiese dedicate al precursore sono chiare testimonianze della pietà cristiana, che ha compreso il posto di prim'ordine occupato da Giovanni Battista nell'evento della salvezza in Gesù Cristo. Egli è anche il modello dei predicatori e di tutti i credenti che devono farsi da parte davanti a colui che annunciano, per «prepararne le strade».



Tra gli elogi che Gesù fa di San Giovanni Battista uno dei più belli è quello che ci riporta il Vangelo di Giovanni quando mette sulle labbra di Gesù queste parole: «Egli era una lampada che arde e risplende» (Gv 5,35). Gesù non ha detto: «che arde e brucia», poiché è dal fervore di Giovanni che derivava il suo splendore e non era il suo splendore a produrre il suo fervore. Giovanni non bruciava per poter brillare. Il fuoco del suo fervore proveniva dallo spirito di amore, e non dallo zelo della vanità o della gelosia, perciò non trova resistenza alcuna nel cercare con chiarezza chi è Gesù, se e colui che doveva venire o doveva attenderne un altro. E quando gli viene rivelato non se ne scandalizza, ma indica ai suoi discepoli chi è l’Agnello di Dio, che si deve seguire, a costo di restare senza di loro, consapevole che è proprio necessario che Gesù cresca ed egli diminuisca.


Lo splendore di Giovanni Battista proveniva dalla sua attesa del Signore, vissuta con tanta intensità che il suo cibo e il suo vestito erano un segno della sua prontezza per scorgerlo, riceverlo ed accoglierlo.


Lo splendore di Giovanni Battista proveniva dal suo fervore interiore e ardente e dalla sua totale dedizione spirituale, che lo rendeva libero e totalmente disponibile per Dio e alla sua rivelazione in Gesù.


Lo splendore di Giovanni Battista proveniva dal fuoco della sua parola con cui invitava, con coraggio e senza esitazione, tutti quanti alla conversione, rimproverando in tutta libertà ogni sorta di ipocrisia.


Vivere pieni di tensione affettiva e spirituale come chi veramente attende il Signore e rendere visibile questa nostra condizione.


Vivere carichi di fuoco interiore, frutto della nostra totale consegna a Dio, completamente disponibili per lui.


Vivere votati completamente all’evangelizzazione dei giovani per mostrar loro l’Agnello di Dio e farli diventare suoi discepoli.


La persona del Battista si fa per noi messaggio e ci indica quattro grandi pericoli da scongiurare nella Congregazione, sia nella vita delle comunità, sia in quella dei singoli confratelli.


Mormorazione, perché distrugge il clima di famiglia che, secondo Don Bosco, dovrebbe regnare in tutte le comunità, sì da far che tutti quanti possano sentirsi a casa, accolti, ben voluti, stimati, accompagnati.


Superficialità spirituale, perché provoca un affievolimento della fede che dovrebbe essere la motivazione più nobile e trainante, e persa la quale siamo portati a vivere senza gioia, entusiasmo e convinzione.


Genericismo pastorale, perché rappresenta un tradimento allo Spirito Santo, che arricchisce con carismi variegati la sua Chiesa, ai destinatari che si vedono privati della nostra presenza e a Don Bosco, che il nostro Fondatore e Padre.


Pessimismo, perché è espressione di una speranza debole e ci rende ingiusti con il Signore che, attraverso il suo Spirito, guida la storia e porta avanti il suo meraviglioso disegno di salvezza.


Il segreto per evitare questi pericoli e quello di far rivivere Don Bosco in noi, il che comporta leggerlo, studiarlo con amore, sforzarci ad imitarlo nel suo zelo ardente per la salvezza dei giovani. Facciamo tesoro dei suoi ammaestramenti, così come scaturiscono di tutta la sua vita.


Agendo così potremo:

Ripristinare lo spirito di famiglia, in linea con le grandi scelte del CG 25, che si rivelano sempre più attuali e profetiche.


Ridare a Dio il primato che corrisponde solo a Lui, appunto perché ci ha voluto consacrati per essere al suo servizio: “la sua gloria e la salvezza delle anime”, come diceva Don Bosco.


Rinnovare il Sistema Preventivo, che non è solo un metodo pedagogico ma anche una spiritualità, vissuta innanzitutto con i confratelli e non solo con i ragazzi e i collaboratori.


Aprire la porta all’ottimismo, imparando da Don Bosco a scorgere le tracce dello Spirito e lasciare spazio alla novità, con il cuore pieno di speranza.


La nostra spiritualità non è altra che quella che promana dal “Da mihi animas” e dal Sistema Preventivo, e si esprime in una passione per Dio e per i giovani, nella bontà con familiarità e simpatia, nell’amare e farsi amare, nell’ “estasi dell’azione”, nella visione ottimista della realtà, nel coraggio ecclesiale e buon senso sociale.


Questo è, a mio avviso, il messaggio che ci lascia Giovanni Battista e, insieme a lui, Don Bosco e i nostri compianti don Viganò e don Vecchi.


«Venne un uomo mandato da Dio

e il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

Per rendere testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Egli non era la luce,

ma doveva render testimonianza alla luce» (Gv 1,6-8)

Don Pascual Chávez V.

Casa Generalizia, 24.06.04