1951_RicaldoneP_Don_Bosco_educatore_Vol2


1951_RicaldoneP_Don_Bosco_educatore_Vol2

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Sac. PIETRO RI0.ALDONE
DON Bos,co
EDUCATORE
VoLUME II.
Ristampa
LIBRERIA DOTTRINA CRISTIANA
COLLJ<; DON BOSCO (ASTI)

1.2 Page 2

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Per la Socief,à Salesiana
Torino, 1 ottobre 1951
Sac. Andrea Gennaro
Visto: nulla osta
Torino, 22 ottobre 19 51
Can. Luigi Carnino Rev.
IMPRIMATUR
C. L. Coccolo, V. G.
Proprietà riservata alla Libreria Dottrina Cristiana
Iatituto Salesiano Arti Grafiche - Colle :Qon Bosco - Asti - 1953

1.3 Page 3

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' ··' ...
--: ) '
FORMAZIONE SALESIANA '
J, Serie, 13

1.4 Page 4

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- - - - - - F-o-r-m-a:-z-do-n-e -S-a-le--ia-n-a- - - - - -7
Voi. I.
I SE RI E
(Sac. P. Ricaldone )
I Vot,: lntrodu:sione - Povertà
Voi. II.
I Voti: Castità - Ubbidien:sa
Voi. III. Le Virtù: lntrodu:sione - La Fede
Voi. I V.
Le ,Virtù: La Speran:sa
Voi. V.
Le Virtù: La Carità
• Voi. VI.
Le Virtù Cardinali
• Vol. VII.
Le Virtù: L'Umiltà
• Voi . V I I I .
La Pietà: Vita di Pietà
L'Eucaristia - ll Sacro Cuore
Voi. I X. La Pietà: Maria Ausiliatrice Il Papa
• Voi. X. Il Rendiconto - La Visita Canonica
Voi. X I.
Oratorio Festivo,
Catechismo, Forma:sione Religio•a
Voi. X II· XIII. Don Bo•co Educatore
Voi. I.
Voi. II.
Voi. III.
Voi. IV.
Il S ER I E
(Sac. E. Ceria)
Don Bosco con Dio .
La vita religiosa
Profili dei •Capitolari Saleaiani
Profili di 33 Coadiutori Salesiani
Di pro11ima pubblicazione

1.5 Page 5

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PROSPETTO DELLA TRATTAZIONE
INTRODUZIONE
I. Brevi cenni sulla preparazione di Don Bosco al-
l'apostolato educativo.
_2. Don Bosco educatore e pedagogista.
a) Doverosa chiarificazione.
b) La scienza pedagogica di Don Bosco.
c) Don Bosco, scrittore di materie pedagogiche.
d) Il << sistema educativo >> di Don Bosco.
e) Particolare responsabilità della Famiglia Sa-
lesiana.
PARTE PRIMA
DON BOSCO
DI FRONTE AL PROBLEMA EDUCATIVO
CAPITOLO I. Don Bosco, Apostolo dell'educazione.
I. Importanza e necessità dell'Educazione.
2. Il triste quadro.
3. Miserando stato delle fanciulle.
4. Le cause.
5. Dovere dei genitori.
6. La ~issione dei Cooperatori.
7. Ardore di Don Bosco per l'educazione della gioventù.
T

1.6 Page 6

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CAPITOLO II. Il concetto di educazione secondo
Don Bosco.
1. Una domanda legittima.
2. Il primo professore di << Pedagogia Sacra>>.
3. La definizione di { Educazione>> data da Don Bosco.
4. Brevi considerazioni sulla definizione di Don Bosco.
5. Formazione integrale.
6. Il conoetto di educazione secondo San Tommaso.
a) L'anima è signora del corpo.
b) Il primato della volontà.
c) Dio e la pedagogia.
d) Natura e grazia.
e) Il procedimento educativo.
fJ Educatore ed educando.
PARTE SECONDA
IL S ISTEMA PREVENTIVO
Premessa.
SEZIONE PRIMA
Elementi fondamentali dell'educazione
CAPITOLO I. Il sistema.
1. L'opuscolo sul Sistema Preventivo.
2. Dichiarazioni di Don Bosco sul suo sistema.
a) Alcune conversazioni.
1) Col Ministro Rattazzi.
i) 001 Prefetto di Tor ino.
3) Col Maestro Bodmto.
VI

1.7 Page 7

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b) Una << Buona Notte J> sul Sistema Preventivo.
c) Altri accenni del santo Educatore.
3. Il principio informatore del Sistema Preventivo
a) Il fondamento dell'amore.
1) L'educazione, opera d'amore.
2) L'amore, essenza dell~ vita cristiana.
3) San Francesco di Sales, Santo dell'amore.
4) ·non Bosco e la sua missione d'amore.
b) L'amore, anima del Sistema Preventivo.
1) Il Sistema Preventivo net pensiero di Don Bosco,
2) L'amore nel Sistema Preventivo.
3) Come Don Bosco amava i suoi giovani.
4) La lettera del 1884 da Roma.
c) Le manifestazioni della carità.
1) L a dolcezza.
2) La confidenza.
I. Sua utilità.
II. Come avvicinare i giovani: esempi dì Don Bosco.
A. All'inizio ·della sua missione.
B. Don Bosco in Trastevere.
C. Don Bosco in Piazza del Popolo.
D. Don Bosco e Michele Magone.
E. «Vada alla pompa!»
III. Mezzi per guadagnare la confidenza.
A. Le udienze particolari.
B. Le buone maniere.·
CAPITOLO II. Gli educatori.
1. Il Direttore come Padre.
a) Vita di famiglia.
b) Requisiti · del Padre.
VII

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e) Il Direttore come centro dell'autorità e della
responsabilità.
d) Uffici del Direttore.
1) Dirigere.
2) Consigliare e correggere.
3) Vigilare.
4) Altri doveri del Direttore.
2. I collaboratori.
a) Il Prefetto.
b) Il Catechista.
c) Il Consigliere è gli altri Superiori.
3. Requisiti dell'Educatore.
a) La figura ideale dell'educatore secondo Don
Bosco.
b) Doveri dell'educatore.
1) Amare i giovani.
j) Essere pa ziente.
3) Coltivare l'intesa reciproca.
4) Pregare per i giovani.
5) Operare con costanza e con rettitudine d'intenzione
4. La ricompensa dell'Educatore.
CAPITOLO III. Gli educandi.
I. Importanza della conoscenza dei giovani.
2. Mezzi per conoscere i giovani.
3. L'indole dei giovani.
4. I giovani pericolosi.
VITI'

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I~
SEZIONE SECOND-'.
Il metodo
CAPITOLO IV. La disciplina come mezzo generale
di educazione.
I. Amorevolezza e di~ciplina.
a) Autorità educatrice e perciò amorevole.
b) La mancanza di amorevolezza.
c) ,Servire il Signore in letizia.
d) Costante allegria del Padre.
e) Sua allegria in mezzo ai giovani.
2. La disciplina educati11a.
a) La disciplina all'Oratorio di Valdocco.
b) Concetto di Don Bosco sulla disciplina.
c) Importanza della disciplina.
d) Mezzi per ottenere la disciplina.
1) Rispet to al fanciullo.
2) Non eccedere.
3) Educare al rispetto verso i Superiori.
4) Rispetto reciproco tra i Superiori.
APPENDICE AL CAPITOLO IV. Ùn'esperienza disci-
plinare moderna: << Il villaggio dei ragazzi >>•
. a) Il nome.
b) Autogoverno!
e) Princìpi informatori.
CAPITOLO V. L'assistenza come mezzo iondainen-
tale di disciplina.
I. Concetto dell'assistenza.
IX

1.10 Page 10

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2. Importanza dell'assistenza.
3. L'assistenza come dev'èssere.
a) Assistenza positiva.
b) L'assistenza, opera di amore.
c) Assistenza solidale.
d) Altre qualità dell'assistenza.
e) Cose da fvitare durante l'assistenza.
f) Particolare vigilanza sulle letture cattive.
1) I libri.
2) Giornali e riviste.
4. Responsabilità degli assistenti.
5. Don Bosco, assistente modello.
6. [}assistenza_negli ambienti particolari.
a) In Chiesa. ·
b) Nello studio.
/
c) Nei laboratori e nei reparti agricoli.
d) Nel refeptorio.
e) In r icreazione.
f) Durante il passeggio e nelle- file.
g) In portineria.
· h) In dormitorio.
i) Nell'iniermeria.
CAPITOLO VI. Correzione e castighi.
1. La funzione educativa della legge.
a) Far conoscere la legge.
b) Mezzi per far conoscere la legge.
2. L'amorevole correzione negli esempi e nelle parole
di Don Bosco.
X

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2.1 Page 11

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I a) Come correggeva Don Bosco.
1) Sua delicatezza.
2) La parolina all'orecchio.
3) Nella •Buona Notte».
4) Nel cortile.
5) Efficacia correttiva dello sguardo di Don Bosco.
6) Aspettava la ·calma.
'
7) Esortava a ricever bene le correzioni.
b) Come Don Bosco insegnava a correggere. ·
1) La correzione è un dovere per tutti.
2) Correggere in privato.
3) Longanimità, fermezza e imparzialità nella correzione.
4) Saper dimenticare.
3. I castighi.
a) L'amore.volezza e i castighi.
b) La grande Circolare sui castighi.
1) Prima di punire si adoperino tutti gli altri mezzi di
correzione.
2) Si aspetti il momento opportuno.
3) Si eviti anche l'apparenza della passiona lità.
4) Si lasci sempre la speranza del perdono.
5) Quali castighi adoperare.
6) A chi spetta castigare.
e) Altre norme di Don Bosco riguardo ai castighi.
d) Come Don Bosco castigava.
CAPITOLO VII. La scuola come palestra d'educazione.
Premessa.
I. Come Don Bosco usava l'istruzione ai fini educativi.
2. La scuola.
·
a) Funzione educativa della scuola.
.xr
I

2.2 Page 12

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b) Scuola cristiana.
e) L'ambiente della scuola.
d) La scuola in azione.
1) Don Bosco, maestro model!•.
2) Preparazione remota.
3) Preparazione prossima.
4) Puntualità, ordine, puìizia.
5) La disciplina nella scuola.
6) La spiegazione.
7) Il metodo induttivo.
8) Il metodo deduttivo.
9) Doti dell'insegnamento.
10) L'interrogazione.
11) Assegnazione dei lavori.
12) Correzione dei lavori.
(
13) I voti.
14) Lo studio del latino.
15) Per le vacanze.
16) Fuori classe.
e) Come promuovere l'applicazione allo studio.
1) All'Oratorio si studiàva.
2) Esortazioni agli studenti.
3) Nove mezzi per studiare con profitto.
4) Industrie di Don Bosco per ottenere lo studio e la
buona condotta.
6) Emulazione e incoraggiamento.
CAPITOLO VIII. L'esemplarità fattore supremo
educazione.
1. · Necessità del buon esempi.o.
a) Valore educativo dell'esempio nel pensiero <
nella pratica di Don Bosco.
b) L'esempio, CQefficiente di moralità.
XII

2.3 Page 13

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-,
2. La moràlità, degli educatori.
a) Come ne parlava Don Bosco.
li) Importanza della virtù della castità per l'edu-
catore Salesiano.
e) La scelta degli educatori.
'
d) Mezzi per la moralità degli educatori.
1) Mezzi negativi.
I. Dignitoso riserbo.
II. Come trattare le varie persone.
III. Fuga delle occasioni e tentazioni.
2) I mezzi positivi.
n e) primo responsabile della moralità.
/) Il modello dell'educatore Salesiano.
g) Santità è Purezza.
CAPITOLO IX. Il Sistema Preventivo, sistema di
Santità.
PARTE TERZA
L'EDUCAZIONE IN .ATTO
Premessa.
CAPITOLO I. L'educazione fisica.
I. Il corpo nel pensiero di Don Bosco.
2. Gura della salute.
·
1
a) Preoccupazioni di Don Bosco per la salute dei
giovani.
b) L'ambiente e la persona.
c) Alimenti e vestimenta.
xm

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3. Il giuoco nel sistema di Don Bosco.
a) Necessità e fine della ricreazione.
b) Ricreazione piacevole.
c) Il giuoco come elemento educativo.
d) La ginnastica.
e) Giuochi passionali e antieducativi.
f) Musica e spettacoli.
CAPITOLO II. L'educazione estetica.
1. Alla ·scuola della mamma ...
2. Educazione estetica per mezzo della liturgia.
3. Educazione estetica nelle scuole clàssiche e professio-
nali.
4. Lp, musica e lo spettacolo come mezzi di educazione
estetica.
a) La musica.
b) Il teatrino.
1) Sua origine e sviluppo all'Oratorio,
2) Suoi scopi.
3) La materia del teatrino,
4) Cose da escludersi.
c) Il cinematogrn,fo ,
. d) La radio.
CAPITOLO III. L'educazione intellettuaie.
. 1. L'ingegno di Don Bosco e la sua prodigiosa memoria.
2. Importanza e fine dell'educazione intellettuale.
3. Scuole in funzione di vita.
4. Scuole domenicali e serali .
XIV

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5. Scuole elementari, diurne ed esNve.
6. Scuole interne per gli studenti:
7. Scuole professionali interne.
8. Non svilire il lavoro.
9. La preparazione dei maestri.
IO. Libri e testi adatti.
a) << Biblioteca della Gioventù Italiana>>.
b) << Selecta ex scriptor~bus latinis Christianis >> •
c) I vocabolari.
d) La Collana Drammatica .
I I. Don Bosco, scrittore-educatore.
12. Gli scritti di Don Bosco e i loro pregi.
a) << La Storia d'Italia>>.
b) << La Storia Ecclesiastica>>.
e) << La Storia Sacra>>.
d)_ << Le Letture Cattoliche>>.
13. Don Bosco, form:atore di scrittori.
CAPITOLO IV. L'educazione sociale.
I. Vita di collegio, vita di famiglia.
a) Il pensiero di Don Bosco.
b) Valore sociale della vita di collegio.
c) Spirito di economia e di risparmio.
d) _Paternità di Don Bosco.
e) Spirito di famiglia degli Ex-Allievi.
2. Educazione social,e dei primi collaboratori.
3. Le Compagnie Religiose.
4. Società di mutuo ;;c>ècorBO.
5. Relazioni sociali.
xv

2.6 Page 16

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a) Compagni_cattivi.
, b) Compagni . buoni.
e) Apostolato sociale.
d) Il fattore sociale del gioco.
6. La buona educazione.
a) Dovere di essere ben educati.
b) Don Bosco, perfetto gentiluomo.
e) Urbanità dei Superiori e degli educatori.
CAPITOLO V. L'educazione morale.
I ; l!'ormazione della. coscienza.
a) Gli insegnamenti del Padre.
b) Formazìone al senso del dovere.
c) Formazione al senso della responsabilità.
2. Formazione del cuore.
a) Come la voleva Don Bosco.
b) Un pericolo.
e) Distacco dalle cose.
d) Santo amore fraterno.
3. Formazione della volontà.
a) Come la voleva Don Bosco.
b) Mezzi per la formazione della volontà.
1) Mortificare la volontà.
2) Vincere il rispetto umano.
3) Frenare l'indole.
4) Soggiogare le passioni.
6) Pensare, parlare, agire rettamente.
e) Scritti e parole di Don Bosco intorno alla for-
mazione della volontà.
XVI

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4. Formazione alla virtù.
.a) Abiti buoni e virtù
b) Virtù particolari.
1) L'obbedienza.
. 2) L'umiltà.
3) La moralità degli educandi,
I. Purezza, Grazia, Santità.
II. Preziosità della virtù angelica.
III. Bruttezza del peccato contrario alla purezza,
IV. Mezzi per coltivare la moralità tra i giovani,
A. L'assistenza,
B. L'occupazione continua.
C. La mortificazione del cuore e dei sensi.
D._La preghiera.
E. La frequenza ai Sacramenti.
V. Contro l-0 scandal-0.
A. L'allontanamento degli scandalosi,
B. Prassi di Don Bosco contro gli scandalosi,
C. Correzione pubblica.
D. Come impèdire lo scandalo,
5. Formazione del carattere.
6. Formazione della personalità.
CAPITOLO VI. L'educazione religiosa.
I. Valore educativo della religione nel pensiero di
Don Bosco.
2. Istruzione religiosa.
3. Religione e Pietà.
4. Il santo timor di Dio.
5. Le pratiche religiose.
a) I Santi Sacramenti.
xvn

2.8 Page 18

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b) La Confessione.
1) Suo. necessità.
2) Il Confessore stabile e la direzione spirituale.
3) Efficacia educativa d~lla Confessione.
4) Norme ai confessori e agli educatori.
e) La Comunione.
. d) La Santa Messa e la visita al SS. Sacramento.
e) La divozione alla SS. Vergine.
f) La devozione al Papa.
g) L'imitazione dei Santi.
h) . L'Esercizio della Buona Morte.
i) Ritiri Spirituali.
1
l) Il ciclo delle ricorrenze religiose.
6. Il soprannaturale nell'educazione.
CAPITOLO VII. L'educazione per la vita.
· 1. L 'orientamento professionale.
a) Sua natura..
b) Fattori e mezzi dell'orientamento professionalè.
2. La vocazione.-
a) La vocazione, chiamata divina.
b) Obbligo di seguire la vocazione.
c) Mezzi per conoscere la vocazione·.
cl) Necessità di una guida in fatto di vocazione.
e) Libertà nella scelta dello stato.
CONCLUSIONE.
I
XVIII

2.9 Page 19

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PREMESSA
Nel primo volume di Don Bosco Educai ore
abbiamo preso in considerazione le idee di Don
Bosco sulla educazione ed esaminato, alla luce
dei suoi scritti, delle sue parole e dei suoi esem-
pi, il sistema di cui egli si valse. Ci proponiamo
di vedere, in questo secondo volume, le realiz-
zazioni pratiche dell'opera pedagogica del nostro
· ·, Padre.
Sappiamo già quale dev'essere il fine supremo
dell'educazione, quali le principali caratteristiche
del sistema preventivo, quali le doti che deve
possedere la persona dell'educatore. Questo cor-
redo di nozioni sarebbe già sufficiente per po-
ter intraprendere la nostra missione educativa
sulle orme deJ nostro santo Fondatore;
Ci sembra però cosa cJ.i inestimabile valore,
sia teorico che pratico, indugiarci ancora alquan-
to a considerare, e quasi' a sorprendere, Don Bo-
u:x:

2.10 Page 20

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sco in azione, di fronte ai mille problemi dell'e-
ducazione: e così vedremo come egli abbia sa-
potuto risolverli con abilità e sicurezza.
Questo gioverà assai, non solo a facilitarci,
con la luce dell'esempio, il nostro còmpito di edu-
catori, ma ancor più a illuminare e approfon-
dire le norme teoriche. E servirà in particolar
modo ad accrescere la 'nostra· stima e il nostro
amore ~er il ilostro Padre, accendendo vieppiù
in noi il nobile desideri.o di imitarlo.
xx

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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PARTE TERZA
L'EDUCAZIONE IN ATTO
1 (Il)

3.2 Page 22

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I
/
:..
I
I

3.3 Page 23

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CAPITOLO I.
L'EDUCAZIONE FISICA
Prima di addentrarci in questo argomenfo ci
sia permessa una costatazione, che pensiamo gio-
vi a meglio capire ciò che verremo esponendo.
Non ci parè esagerato afferm'are che, forse,
pochi ~Itri educatori furono arricchiti da Dio
di doni corporali tanto straordinari quanto Don
Bosco: doni che evidentemente gli avrebbero reso
più agevole l'educare fisicamente i suoi giovani.
Era dotato di singolare rob"ustezza e di straor-
dinaria forza muscolare. Fanciullo ancora, sor~
prendeva tutti per la sua abilità e agilità in ogni
sorta di esercizi fisici.
Attirava a sè i coetanei' e anche gli adulti
con giochi di ogni genere: danzando sulla corda,
facendo salti spettacolosi e audaci acrobazie alla
sbai:ra, e simili.
Studente a Chieri, accettò la ormai notissima
sfida del ciarlatano che, con i suoi giochi, allon-
3

3.4 Page 24

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tanava la gente e in particolare i giovani dalla
Chiesa, e lo vinse clamorosamente alla corsa, al
salto, nell'arrampicarsi e nel fare giochi di de.;
strezza con la bacchetta.
Divenuto capo di una turba di monelli, mostrò
una meravigliosa resistenza al lavoro, alla fa-
tica e alla Teglia.
Vecchio, infermo e degente, diede ancora pro-
ve della sua eccezionale forza fisica, destando lo
stupore dei medici che lo assistevano.
Questi brevi cenni bastano a convincerci che
Don Bosco ave-va doti eminenti per fornire ai
suoi giovani una conveniente educazione fisica.
1. Il corpo nel pensiero di Don Bosco.
Formato allo ·spirito di San Francesco di Sales,
Don Bosco aveva un'idea giusta ed equilibrata di
tutto ciò che concerne l'educazione del corpo. Co-
me per il suo Patrono, così anche per lui il co.rpo
non è il nemico dell'anima: lo è solo quando, da
noi accarezzato, si ribella contro lo spirito. L':tntico
adagio, Mente sana in corpo sano, era da lui in-
teso nel senso di cercare una giusta collaborazio-
ne tra l'un~ e l'altro.
Egli era persuaso che una buona educazione
fisica contribuisce a una buona educazione in-
tellettuale e morale. Perciò, guidato da motivi so-
4

3.5 Page 25

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prannaturali, e soprattutto dal desiderio del bene
delle anime, volle disporre di tutte le energie del
corpo a vantaggio della gioventù e · del popolo.
D'altronde, essendo il corpo parte integrale
della nostra natura, è intimamente associato all'a-
nima. vero ,che vi furono anche dei Santi, i
quali credettero di dover con straordinarie peni-
tenze affievolire, ridurre le forze del corpo, af-
finchè più sicuramente esse non avessero il so-
pravvento sull'anima.
Non è questo il luog;o per fare discussioni ,
su tali ' pratiche. Diciamo solo che Don Bosco,
mosso da un altro spirito, è seguendo le orme dj
San Francesco di Sales, ha battuto una via diver-
sa. Egli voleva che non si privasse indebitamente
il corpo nè del sufficiente n_utrimento, nè del ri-
poso necessario: e ciò per renderlo strumento atto
alla gloria di Dio ed al bene del prossimo.
Premeva a San Francesco·di Sales e a Don Bo-
sco poter disporre di un ricco capitale di energie
fisiche per sottrarre il numero più grande pos--
sibile di anime al demonio.
Naturalmente i due Santi sepp·ero armoniz-
zare mirabilmente questo loro principio con lo
spirito di mortificazione, predicato dal Vangelo:
le mortificazioni, secondo il loro pensiero, non do-
vevano essere tali da nuocere ai fini della carità
verso il /prossimo.
5

3.6 Page 26

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Questa i{ioderazio~e e questo eq1,1ilibrio stan-
no alla base delle idee di Don Bosco riguardo
all'educazione fisica. Ond'è che il .nostro Padre,
specialmente trattandosi di educare la gìoventù,
non volle dare ai soliti denigratori della educa-
zione cattolica, nè pretesti nè motivi ad accuse
di negligenza, anzi di disprezzo per l'educazione
del corpo.
Egli era persuaso che, per ottemperare ai pre-
cetti del Vangelo circa la mortificazione del corpo
e dei piaceri terreni, il Cristiano deve essere ben-
sì formato nelle cose che riguardano lo spirito,
ma. senza trascurare il corpo al punto da nuocere
all'anima che tende verso il ·Cielo. 'È. sempre il
grande mònito di Sant'Agostino, il quale afferma
che la Chiesa, anche quando parla dei beni del-
l."anima, non perde d~ vista quelli del corpo.
Allo stesso tempo è bene osservare che altro
è l'educazione della gioventù, e altro l'ascetica di
penitenti, di eremiti e di altri santi adulti, i
quali giudicarono essere cosa utile al loro bene
spirituale il far rigide mortificazioni, penitenze,
digiuni, allo scopo soprattutto di domare le pas-
sioni ribe~li..
Ma qm giova
r1 ic
hiama
r
e
alla
mente
che,
quan-
<lo si tratta di adulti, non siamo più nel eampo
dell'educazione propriamente intesa: ai giovani in-
vece bisogna apprestare l'educazione fisica e le
6

3.7 Page 27

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cure del corpo, secondo il princ1p10 che abbiamo
enunciato e che fu professato da San Francesco
di Sales, da Sa~ Giovanni Bosco e da altri Santi.
È vero che, anche tra i giovani, vi possono
essere delle eccezioni: basta ricordare San Luigi
Gonzaga e l'angelico Beato Domenico Saxio, i
quali praticarono una straordinaria mortificazio-
ne. Qui però ognun vede che non si tratta più
di semplice procedimento educativo, ma di casi
·particolarmente eminenti di perfezione conqui-
stata anche attrave:rso eccezionali forme di eroi-
smo cristiano.
Don Bosco non tralasciò di predicare ai gio-
vani intera la dottrina del Vangelo; ma, parlan-
do delle mortificazioni e penitenze, inculcava quel-
le proprie della loro età e che, secondo lui, do-
vevano consistere specialmente nell'adempimento
pe:r:Jetto dei propri doveri, nel frenare i sensi e
la fantasia, nel disciplinare l'intelligenza e nel-
l'indirizzare rettamente 1a volontà. Però, mentre
raccomandava queste cose, egli insisteva con
parola e con l'esempio perchè ai giovani si des-
se una educazione fisica, che permettesse lo svol-
gimento completo delle loro attività individuali
e sociali.
L'educazione fisica per San Giovanni Bosco
non doveva ridursi, come taluno potrebbe imm3...:
ginare, ad un esercizio meccanico o ad un insie-
"
'1

3.8 Page 28

▲back to top
me organico di movimenti ginnastici o di lavori
manuali e corporali. Nè poteva consistere sola-
mente in particolari sollecitudini o adattamenti
per ciò che si riferisèe all'alimentazione, alla di-
stribuzione delle ore di lavoro e di riposo. Era
tutto-questo, sì; ma soprattutto era compenetrata
da ciò che costituisce l'essenza e l'anima di tutta
fotera l'educazione, vale a dire dallo speciale ri-
guardo al perfezionamento dell'educando, compo-
. sto di anima è di corpo. Don Bosco voleva che
i suoi giovani attendessero alle funzioni, diremo
così, di carattere materiale e corporale, secondo
le buone regole: che imparassero a nutrirsi, edu-
catamente e sobriamente; a lavorare, con slancio
e retta intenzione; a divertirsi, gioiosamente; a
riposare, quasi a premio delle attività svolte ordi-
natamente: insomma, l'educazione anche fisica do-
veva essere, secondo il Santo, orientata se~pre
verso il profitto spirituale.
In altre parole, anche con l'educazione fisica
bisognava · formare l'anima dei giovani in guisa
che, usciti più tardi dai suoi Istituti, si trovasse-
ro padroni di se stessi e· del -loro .operare, sapes-
sero e potessero regolarsi rettamente anche quan-
do il mondò offrisse loro ricchezze, libertà e qnr.-
,gli allettamenti che generalmente accompagnano
le cose riguardanti il corpo e la materia.
Mentre, più con la pratica che con la teoria,
8

3.9 Page 29

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I
egli insinuava, o meglio radicava, nell'animo dei
giovani questa retta e giudiziosa distribuzione
delle loro attività, specialmente mediante l'orario
che regolava la vita dei suoi Collegi e Istituti,
non trascurava però quei mezzi specifici di edu-
cazione fisica che in tutti i tempi, secondo il
sano progresso, la scienza pedagogica ha sem-
pre indicato come necessari al completo svilup-
po educativo.
·
Don Bosco, - con fine accortezza e non co-
mune conoscenza dell'animo giovanile, nonchè con
quel ,suo quasi istintivo tatto psicologico, - scel-
se e preferì quei mezzi educativi che, mentre
giovano alla formazione del corpo, son di gran-
de aiuto alla formazione dello spirito. Intendia-
mo parlare specialmente del gioco, della ginna-
,stica e della ricreazione.
Leggendo la Vita di "Don Bosco, e specialmente
quanto di lui riferiscono le Memorie Biografiche,
si prova ammirazione nel vedere quanto fossero
insistenti le sue raccomandazioni circa tuttq eiò
che si riferisce a una ben compìta educazione
fisica.
Negli Appunti di Pedagogia Sacra, che Dou
Barberis spiegava ai chierici per ordine e secon-
do le direttive di Don Bosco, quasi un quinto de]
libro è dedicato all'educazione fisica.
Ma, ripetiamo, il principio fondamentale del-
9

3.10 Page 30

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- l'educazione fisica, secondo Don Bosco, era que-
sto: che ogni buon educatore contribuisse a con-
servare la sanità e a perfezionare le energie fi-
siche e lo sviluppo dei sensi del fanciullo, nella
misura che si richiede perchè il corpo diventi
strun\\.ento adatto e docile a servizio dell'anima.
Sant'Agostino aveva appunto detto che t l'uomo
· è un'anima che si serve del corpo, ricordando
così ai materialisti di tutti i tempi che il corpo
de.ve sottostare all'anima, e non viceversa, e che
ogni lavoro educativo va rivolto specialmente a
irrobustire la volontà nella pratica delle norme
morali.
Per attuare il principio suindicato, il nostro
Padre, con una concezione ampia e completa,
volle che, in fatto di educazione fisica, si tenesse
conto cli tutti gli elementi atti al raggiungimento
di un fine sì nobile. Egli poi in particolare non
trascurava l'i"giene degli ambienti ·e delle pe-rso-
ne, e grandemente si preoccupava della' salute e
dei .mezzi che contribuiscono a difenderla, con-
servarla e irrobustirla.
,
2. Cura della salute.
' Per quanto riguarda le persone, sia degli
educatori che degli educandi, godiamo di poter
affermare che forse nessun padre ebbe tanta cura
10

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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/
della sanità dei propri figliuoli quanta Don Bo-
sco se ne prese per i suoi collaboratori e alunni.
Egli, per propria esperienza, aveva capito l'im-
portanza del conservare la salute. -
Il Dottor Combal, che nel 1884 si era recuto
a visitare Don Bosco a Marsiglia, gli aveva
espresso questo giudizio: - Lei ha consumato la
Yita con troppo lavoro! È un abito logoro per-
chè troppo indossato, i giorni festivi e i giorni
feriali. Per conservare questo abito ancora un
po' di tempo, l'unico mezzo sarebbe di riporlo
in guardaroba. Voglio dire che per lei la medi-
cina principale sarebbe l'assoluto riposo.
- Ed è l'unico rimedio al quale non posso
assoggettarmi! - rispose sorridendo Don Bo-
sco J 1).
Però negli ultimi anni della sua vita, lo
stesso nostro Padre dovètte riconoscere di aver
sacrificato gran parte della salute con un lavoro
proprio eccessivo, specialmente passando anche
notti intere nello scrivere libri e sbrigare cor-
rispondenza. « Io - diceva - darò sempre per
consiglio ai giovani di fare quello che si può
e non di più. La notte è fatta per il riposo.
Eccettuato il caso di necessità, dopo cena nes-
suno deve applicarsi in cose scientifiche. Un
uomo robusto reggerà alquanto, ma cagionerà
sempre qualche detrimento alla sua salute» (2).
11

4.2 Page 32

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Egli infatti, colpito da gravi malattie, era stato
costretto a regolare meglio il suo lavoro, speri-
mentandone ben tosto i vantaggi. «La qual co-
sa ;:::-,- egli scrive - mi ha fatto credere che il la-
voro ben ordinato non sia quello che reca danno
alla salute corporale » (3).
Comprendendo tutto il valore della salute, non
ricusava i riguardi che giovassero a mantenerla.
Al tempo stesso esortava tutti con la parola e
con l'esempio a e.5sere forti nel sopportare con
tranquillità d'animo gli incomodi della stagione
e altri eventuali disagi: il che sapeva fare con
ilarità e · piacevolezza.
« Già - esclamava nei giorni di gran freddo,
- ogni anno l;>isogna che il freddo ritorni: pro-
curate ripararvi bene perchè non abbiate a sof-
frire nella sanità ». Nella stagione calda, in cer-
ti giorni di- afa: « .Bene, bene, - l'udivano dire,
- questo ci voleva: le campagne hanno bisogno
di calore ». E magnificava i vantaggi che l'e-
state reca alla natura.
Era stanco? « Già - diceva sorridendo -
mi sono stancato un po'. Oh, un giorno o l'al-
tro, se avrò un tantino di tempo libero, vorrò
riposarmi! ». Ai suoi nondimeno ripeteva che
non si affaticassero troppo (4).
· Lasciò scritto in proposito Mons. Costamagna:
< Egli è certo che se tutti i Salesiani che vissero
12

4.3 Page 33

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con Don Bosco volessero pubblicare tutte le curl:!
·
tenerissime che egli ha loro prodigato, se ne
dovrebbero scrivere molti volumi. Egli, come il
Divin Redentore, passò facendo del bene: pren-
deva a cuore i nostri affanni e le nostre sofferen-
ze, tanto fisiche che morali, come se gli apparte-
nessero esclusivamente. Ci concedeva sempre tut-
to quello che non fosse di nocumento materiale
e spirituale nostro e della Comunità. Egli stu-
diava il modo di alleggerirci il peso della vita
di studio e di lavoro, con feste religiose, passeg-
giate, teatrjni e altre ricreazioni, sempre svaria-
te ma innocenti. Voleva che stessimo ben at-
tenti a non perdere la sanità, e che perciò evi-
tassimo le correnti d'ari?, l'umidità, lo star fermi
al sole, specialmente nei cosiddetti mesi della
erre: Mensibus erratis - ci diceva - sub sole
ne sedeatis. Voleva ancora che nel passare da m1
luogo caldo al freddo usassimo gli opportuni ri-
pari; che non ci fermassimo al freddo quando
eravamo sudati; e che evitassimo il mangiare e
bere troppo o troppo poco, il fare inutili spre-
chi di voce, l'applicarci a occupazioni mentali
subito dopo la refezione, il non dormire suffi-
cientemente (Septem sufficiunt horae - ci ri-
peteva - iuveni senique: bastano sette ore al
giovane e ali'anziano; ma lasciava che i Diret-
tori concedessero un'ora in più o in meno, secon-
13

4.4 Page 34

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<lo le circostanze). Soprattutto ci esortava a non
abbandonarci alla melanconia, lima sorda di ogni
~ più florida salute, e infine di evitare· una cura
esagerata del corpo andando avanti a forza di
droghe e di rimedi che finiscono col rovinarlo,
giusta il proverbio: Vive miseramente colui che
vive m edi ~iJ!almente: qui medice vivit, misere
vivit » (5).
Talvolta scendeva a particolari commoventi,
occupandosi direttamente del vitto .o di quanto
poteva occorrere per la cura della persona (6).
E non solo pei vicini, ma si direbbe che an-
cor più per i lontani ·egli moltiplicasse le sue sol-
lecitudini. · Ai primi missionari partenti 1'11 no-
vembre 1875 lasciava questo fra gli altri ricordi:
« Abbiate cura della sanità. Lavorate, ma solo
quanto lè vostre forze comportano » (7). E a
Mons. Cagliero ricordava nel 1886: « Raccoman-
da a tutti cura grande della sanità »(8)
Si può affermare che quasi non scrivesse let-
tere ,ai suoi senza toccare quest o- argomento. Così
a Don Rua nel 1869: « So che avete molto da
fare, ma prima di ogni altra cosa, bada alla tua
sanità e a quella degli altri » (9).
Gli stavano a cuore soprattutto gli amma-
lati. Appena metteva piede in una delle sue
case, « la prim; domanda era se vi fossero am-
malati, e recavasi subito a visitarli. Per essi
14

4.5 Page 35

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nutriva una carità veramente materna ed osser-
vava se fossero provvisti di ogni cosa ne_cessaria.
Così pure passava ad esaminare come· fossero
trattati gli infermicci .e anche i sani. - Econo-
mia sì - diceva - ma anche grande carità!
Si abbia tutta la cura di loro nel cibo, nel vesti-
to, msomma in tutto quello che abbisogna-
no» (10).
« lo son d'accordo - diceva ai Direttori nel-
l'a'prile del 1875 ~ che quando uno non sta
·bene, si abbia tutte le cure possibili e gli sia-
no ·somministrate tutte le cose che possono es-
sergli vantaggiose. Raccomando in ~odo spe-
ciale ai Direttori che non s_i lasci mancare mai
nulla agli ammalati: preferisco che si ,lasci piut,,
tosto qualcosa da fare che affaticare troi{po un
individuo. Chi p~ò fare di più, faccia di più-
e lo faccia volentieri: chi può fare meno, sia
tenuto nello stesso conto degli altri e si abbia
riguardo alla sua complessione o malferma sa-
1 lute » (11).
/
a) PREoccuPAZIONE DI DoN Bosco
PER LA SALUTE DEI GIOVANI.
Verso i giovani era sempre il padre buono
e l'educatore solerte, che aveva :un'unica bra-
_ma, quella di formare nel modo più completo
15

4.6 Page 36

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i 'Sùoi cari :figliuoli. Ci rende.remmo infermi nn-
bili, se volessimo riferire anche solo sommaria-
mente le costanti sue raccomandazioni per ]a
sanità. Per lùi tutto ciò che riguarda il fisico
doveva avere lo scopo, oltre che mettere a di-
sposizione dello spirito attività corporali fre-
sche ed efficienti, anche d'istruire praticamente
i giovani a formarsi un corredo di utili cogni-
zioni e pratici accorgimenti, dei quali disporre
anche in seguito per la conservazione e l'irrobu-
stimento deHe forze 9-elforganismo. D'altronde,
persuaso che ai giovani gli avvisi bisogna -ripe-
terli frequentemente, data la loro leggerezza e
volubilità, venne in tal modo a lasciarci su que-
'
I~
sto punto un vero t,es.oro di -paterne e sapienti
raccomandazioni.
·
Nel 1864 diceva ai giovani: « Figliuoli miei,
pensiamo in questo momento a un massimo no-
stro dovere, ed è che dobbiamo fare buon uso
della sanità in servizio e gloria di Dio. L_a sani-
tà è un gran dono del Signore, e tutta per Lui
noi dobbiamo impiegarla. Gli occhi devono ve-
dere per lddio, i- piedi camminare per Dio,
le mani lavorare per Dio, il cuore battere per
Dio, tutto insomma il nostro corpo servire p er
Dio, finchè siamo in tempo; in modo che quan-
do Dio ci toglierà la sanità e ci avvicineremo
all'ultimo nostro- giorno, la coscienza non abbia
16

4.7 Page 37

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I
a rimproverarci di averne usato male» (12).
Nè si accontentava di raccomandazioni a vo-
ce. Nel 1855 pubblicava cinque libretti dal ti-
tolo La buona regola di vita per conservare la
sanità. Erano dieci conversazioni sugli effetti
fisici e morali dell'intemperanza, dell'abuso del
mangiare e del bere, . di certe abitudini · contro
l'onestà · dei costumi, dell'ira e delle passioni
egoistiche; e vi si suggerivano i mezzi per
emendarsene (13).
Anche nel sistema preventivo indica alcuni
mezzi che giovano alla salute (Regolam., 93).
Fra i mezzi indiretti, ma efficacissimi, per
conservare la sanità, egli raccomand~va agìi
alunni di conservare la pace della coscienza;
di applicarsi allo studio moderatamente, per-
chè ogni sforzo di mente sfibra e svigor,isce, ol-
tre l'intelligenza, anche il corpo; e, infine, una
cura speciale per conservare l'ìllibatezza dei co-
stumi, perchè il fuoco delle passioni può consu-
mare prematuramente la salute dei giovani.
Nel novembre 1859 diceva loro: « Per con-
servare la sanità e vivere lungamente, è neces-
sario: primo, coscienza chiara, _cioè coricarsi «1-
la sera tranquilli, senza timori per l"eternità:
secondo, mensa frugale; terzo, vita attiva; quar-
to, buona compagnia, ossia fuga dei viziosi».
E spiegava brevemente detti punti (14).
17

4.8 Page 38

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Parlando una sera di maggio del 1875 e ralle-
grandosi che in casa non vi fosse alcun ammala-
lato, disse che « contribuiva in sommo grado
alla longevità la buona morale, che ci dà le
regole del ben vivere e c'insegna ad amare la
virtù, la temperanza, e molte - altre cose utilis-
sime alla conservazione del corpo·» (15).
Nè devono parere esagerate o fuor di luogo
queste norme. Clii voglia infatti riconoscere la
verità deve ammettere che, per la salute di
un giovane, nulla vi è di più noci-vo della vita
scostumata, la quale porta anche alla lettura <lei
libri e romanzi che eccitano la fantasia fino
ad alterare a volte le stesse energie psichiche
e a ' disseccare, per COSÌ dire, le midolle dell'OSSèl,
Riguardo poi ai giova:i;ii ascritti Don Bosco,
scrivendo nel 1879 a Don Barberis da Marsiglia,
mostrava il suo interessamento per la salute
di quei figliuoli, « pupilla » degli occhi suoi (16).
« lo ho bisogno - diceva in una conferenza ai
novizi - che voi cresciate e diveniate giovani
robusti e che vi usiate i riguardi necessari per
conservarvi in sanità, per ·poter più tardi lavo-
rare molto ». Quindi proibiva loro di studiare
durante ' la ricreazione, benchè fossero imminenti
gli esami (17). Allo scopo di esercitarli nel moto
e irrobustirne l'organismo procurava loro delle
belle passeggiate. « A tal fine --:- afferma Don
18

4.9 Page 39

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Barberis - Don Bosco c'invitava con l'esempio
e con le parole a fare anche lunghi viaggi a
piedi per rinforzare la nostra fibra » (18). « Bi- ·
sognerà - diceva un giorno il Santo allo stesso
Don Barberis - che dopo Pasqua tutti i giovedì
si conducano i · giovani ascritti a fare una pas-
seggiata di buon mattino a Villa Monti, posta
sulla collina di Superga, ad un terzo della sa-
lita e in mezzo a boschetti. Potrebbero passare
là tutta la giornata e verso sera tornarsene al-
l'Oratorio». ,Era convinto che ciò avrebbe recato
·grande vantaggiò alla loro salute (19).
Don Bosco prevenne le colonie estive con-
ducendo i suoi giovani per mesi interi attra-
verso le incantevoli colline del Monferrato: in tal
modo procurav·a loro svago e vigore, façendo
anche conoscere l'opera sua.
Nel 1876,- così parlava ai suoi alunni: « li
moto è quello che più giova alla sanità >>; e ri-
conosceva che le lunghe passeggiate da lui fatte
gli avevano giovato assai. « Io sono di parere
- aggiungeva - che una causa non indifferP.nte
della diminuzione di sanità ai nostri giorni pro-
venga dal non farsi più tanto moto come una vol-
ta si faceva. La comodità dell'omnibus, della vet-
tura, della ferrovia [ed oggi, con maggior ragione,
potremmo dire delle automobili e ·di altri mezzi
di trasporto] toglie moltissime occasioni di fare
19

4.10 Page 40

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'
passeggiate anche brevi, mentre cinquant'anni
fa si giudicava passeggiata l'andare da Torino
a Lanzo a piedi. Mi pare che il moto della fer-
rovia e delle vetture non sia sufficiente all'uomo
per star bene» (20).
b) L'AMBIENTE 'E LA PERSONA.
È ovvio che non sarebbe ragionevole giudica-
re gli ambienti, vale a dire gli edifizi e le loro con-
dizioni igieniche, dei primi tempi di Don Bosco,
alla luce dei criteri costruttivi dell'epoca nostra.
Egli però ci teneva assai a che le sue case,
anche se povere, fossero riccpe di aria e di luce,
e le nuove avessero quell'esposizione topografica
che gli igienisti ritenevano maggiormente gio-
vevole alla salute.
Tutt.i sanno che, nei tempi in cui Don Bosco
incominciò .le sue opere, si avevano idee ben di-
verse da quelle di · oggi circa i servizi di decen-
za e .i bagni. Si deve notare però che egli, ri-
guardo all'igiene e a tutti i servizi inerenti, si
sforzava di progredire coi tempi. Basterebbe csa-
. minare le sue ultime imponenti costruzioni, fatte
sotto la sua immediata direzione, per persuadersi
dei notevoli progressi realizzati in proposito.
Una cosa gli stava grandemente a cuore, ed
era che, oltre ad una buona distribuzione degli
20

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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ambienti, qual era richiesta dai criteri di una sa-
na pedagogia,. vi fosse in tutte le sue case gran-
de proprietà e pulizia (21).
Al prefetto e agli assistenti, come abbiamo vi-
sto, parlando delle loro rispettive mansioni, egli
affidò la responsabilità della pulizia dei vari
ambienti.
Ma Don Bosco esigeva pure particolarmente
la pulizia e l'ordine della persona, poichè dalla
mancanza di pulizia possono svilupparsi ma-
lattie.
Mamma Margherita lo aveva educato ad essa
con costanti lezioni, perchè considerava la net-
tezza . come una forma di rispetto che si deve
avere a sè e agli altri. Don Bosco praticò - mi-
rabilmente le lezioni della santa genitrice: il
costante ordine della sua persona era indizio del-
1'ordine mirabile dell'anima sua (22). ·
Il lunedì, il giovedì e il sabato ciascun al-
lievo, in ora appositamente fissata, do~eva ri-
pulire più diligentemente i propri ~biti e il pro-
prio letto. V'era insomma nettezza nella persona
e decenza nei vestiti anche nei giorni feriali. Nelle
feste poi e in ogni caso di uscita, gli alun111,
benchè non avessero altra divisa che il berretto,
vestivano tutti convenientemente; e non si fa-
ceva distinzione fra studenti e artigiani, fra
quelli che pagavano un po' di pensione e quelli
21
I

5.2 Page 42

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che godevano di un posto gratuito; fra quelli che
erano provvisti dai parenti e quelli cui ogni
cosa era s(J)mministrata dalla casa di Don Bosco.
« Era una gioia - dice il biografo - vedere alla
domenica tutti i giovani _in aspetto così lin-
1
do » (23).
C) ALIMENTI E VESTIMENTA.
I punti sui quali insisteva maggiormente era-
no quelli che riguardavano l'alimento e le vesti-
menta. a tutti nota la sobrietà veramente ec-
cezionale di Don Bosco, il quale ripeteva fre-
quentemente: « Di due cose desidererei far sen-
~a: dormire e mangiare » (24).
Egli tuttavia si preoccupava grandemente
delle particolari necessità dei suoi. A Don Rua,
mandato nel 1863 ad aprire la prima casa sa-
lesiana in Mirabello Monferrato, dava norme
preri ose per il vitto, l'abito e il riposo e per la
sanità sua, del' personale e degli allievi (25).
Voleva che il vitto, anche se non tanto fine,
fosse però sano ed abbondante. Il pane Jo vole-
va di prima qualità. D'altronde, considerate le
condizioni della maggior parte delle famiglie
d'allora, il vitto che Don Bosco dava ai suoi
giovani era, il più delle volte, migliore (26).
Quando fondò l'Istitut~ delle Figlié di Maria
22

5.3 Page 43

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Ausiliatrice per l'educazione delle fanciullè, mo-
strò anche verso di esse identiche sollecitudini,
desideroso che non · mancasse la· ne~essarìa ali-
mentazione.
Sul finire del 18'74 si éra recato a visitare
il Collegio di Borgo San Martino. La Superiora
delle Suore addette ai servizi di Casa si presen-
tò tutta afflitta a Don Bosco, lamentandosi che
il . Direttore insisteva perchè si cibassero più
abbondantemente che non a Mornese, ove a ve,;a-
no fatto il 'loro noviziato, e aveva imposto loro,
invece di una, due pietanze.
Don Bosco rispose con finta serietà: « L'affare
è grave da-fvero, e fa d'uopo riflettervi sopra.
Prima di d~cidere però, portatemi, se ·vi piace, le
due vostre pietanze! » Poichè era imminente
l'ora del pranzo, gliele portarono subito. Allora
il Santo, versando in un solo piatto ·vuoto quan-
to contenevano gli altri due e porgendolo alla
Direttrice: « Ecco - disse -tolto ogni scrupolo;
qui avete due pietanze in un sol piatto ad un
tempo: e così nè il Direttore nè quei di Mornese
potrann6 chiamarsi malcontenti di voi » . (2?).
Fin da giovane Don Bosco si era fatto legge
rigorosa di non mangiare nè bere fuori del tem-
po ·dei pasti: questa stessa raccomandazione egli
inculcava frequentemep.te ai giovani (28).
Anche in tempo di ricreazione sapeya al-
23

5.4 Page 44

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ternare le amenità con salutari avvisi. Quando
·qualcuno si lamentava di leggeri incomodi, dice-
va: < Pitagora prescriveva sempre questi tre rime-
di per ogni soda di incomodi: dieta, acqu-'l fre-
sca, moto». Altra volta dava la seguente ricetta:
Quies, mens hilaris, . dieta. Ad uno che aveva
sempre paura di ammalarsi raccontava faceta-
mente questo apologo: < Un convalescente per
timore che qualche cibo gli facesse male, voleva
essere sempre assistito, durante i pasti, dttl me-
a dico. Ora avvenne che una volta gli portarono
un pollo. Il medico · cominciò ad, osserv&rlo
fine di togliere quelle parti che ·cr edeva danno-
se all'informo. Nel tagliare le ali disse: ala,
mala, e le pose nel proprio piatto. Nel tagliare le
coso.i.e disse: Coxa, noxa, e fece lo stesso; e poi
testa, infesta, e fece come prima ; e così fece del
corpo, e finalmente · esclamò: collum sine pelle,
bonum; tolta la pelle al collo, lo passò al cliente.
Egli intanto si pappò la pelle ·e il resto». Na-
turalmente tutti ridevano, e Do·n Bosco: ~ H.-:ii
capito? Metti dunque da _banda le paure e le pre-
occupazioni non necessarie. Fidati un po' prn
della Provvidenza divina. Ricorri a Maria SS. e
va' avanti con tranquillità » (29).
Ma mentre Don Bosco da una .parte si preoc-
. cupava che il vitto dei suoi giovani foss e suffi-
e ciente sano, dall'altra non cessava di inculcar
24

5.5 Page 45

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loro la virtù della sobrietà, utile alla salute del
corpo non meno che alla salute \\dell'anima.
Anzitutto ricordava ai ,$UOi giovani la vita
spartana e austera di altri tempi, ben differente
da_quella comoda di ·allora. Le famiglie di cam-
pagna, i ·cui · figli volevano studiare, dovevano
pensare anzitutto a collocarli presso qualcuno che
si prendesse cura di loro. Il vitto o semplice-
mente la I minestra venivano somministrati dal pa-
drone di casa, oppure i parenti inviavano loro set-
timanalmente il pane necessario. Sovente i giovani
partivano dal paese con qualche sacco di farina,
di meliga, di ,,p atate, .di castagne, e ciò doveva ser- .
vire loro di nutrimento tutto l'a~no. Per quan-
to facesse freddo, non si parlava di riscaldamen-
to. Ciò che poi mancava, i poveri studenti dove-
vano procurarselo pre13tando qualche serv1z10,
trascrivendo carte, facendo ripetizioni, o in altro
modo (30). Ciò ricordava ai suoi alunni per ahi- ·
tuarli ad essere forti nelle necessità e nei disagi.
Di frequente li esortava ad evitare og:Ui in-
gordigia, come pure la troppa fretta nel mangia-
re, ricordando la nota sentenza Prima digestio·
fi,t in / ore (s'incomincia a digerire -masticando)'
Soleva dire: « Datemi un giovane temperante nel
mangiare, nel bere e nel dormire, e voi lo vedrete
vir~uoso, assiduo. ai suoi doveri, pronto sempre
quando si tratta di far del bene, e amante di mt-
25
'

5.6 Page 46

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te le virtù: ma, se un giovane è goloso, LLmante
del vino, dormiglione, a poco a poco avrà tutti
.i vizi: diverrà sbapato, poltrone, irrequieto e
tutto gli andrà a male. Quanti giovani furono ro-
vinati dal vizio della gola! · Gioventù e vino so-
no due fuochi: vino e castità non possono coa-
bitare insieme » (31).
Nel gennaio del 1864 così parlò ai giovani:
« Santa Teresa dice che anche l'anima ha i suoi
capelli, i quali, se si lasciano crescere, diverran-
no corde ». Poco prima aveva accennato ai Car-
taginesi, che, spogliati delle loro armi dai Ro-
mani, non avendo corde da mettere negli ·urchi
per le frecce, tagliarono i capelli alle loro donne,
che li avevano lunghissimi, e, intrecciandoli, ne
fecero delle corde.
1
« I capelli dell'anima - proseguiva il santo
Educatore - sono i difetti che ciascuno ha. Sono
piccoli da principio, sottili come un capello; rua,
se non si tagliano quando incominciano a ma-
nifestarsi, diverranno in breve così grossi, così
lunghi, che il demonio ne farà delle corde per
tirarvi alla rovina. Questi difetti, q"uesti vizi, adcr,-
so si posson_o facilmente tagliare, ma andando
avanti diventano abito, mettono profonde radici,
diventano corde: e come si fa a tagliare le corde
con un paio di forbici? ... Uno, ad esempio, ama
i liquori, cerca di averne provvista nel baule,
26

5.7 Page 47

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di quando in quando ne beve un bicchierino:
ecco il capello! Se costui si lascia guidare da chi
gli vuol bene, capirà che con ciò s'infiamma il san-
gue e che non sono convenienti ciimili bibite ad
un giovanetto b~ne educato: ed ecco il \\°:apello
tagliato. Se invece vuol continuare a dispetto de-
gli avvisi, farà disordini, il sangue si accende,
talora sarà mezzo brillo, le tentazioni assaltano,
si cede: ed ecco la corda. Vi è un altro... che .
mangia a tutte le ore: ecco il capello. Se ub-
bidisce al Superiore che gli dice dì mangiare a
pasto con certa misura, non fa indigestione, non
fa malattie; ma se si lascia vincere dall'appe-
tito, con lo stomaco pieno non può più'--stndiare,
a poco a poco aborre dall'applicarsi perchè ciò
· gli fa male, si dà alla poltroneria, e l'ozio è il
padre di tutti i vizi: ed ecco la corda... E così
andate avanti discorrendo. S'incomincia <lai poco
e si va al molto... Insomma, aiutatemi a correg-
gervi delte mancanze leggere con là vos,tra buo-
_na volontà. Lasciate':i tagliare questi piccoli ca-
pelli e il demonio non r1.uscirà ad afferrarvi e
strascinarvi » (32).
Il 6 aprile · 1869 indicò tre nemici della virtù,
e specialmente della castità: of.ia, oina, dapes
(ozio, vino e gozzoviglia) (33).
Per conseguenza consigliava freque1':Jtemen te
.gran sobrietà nei cibi, nelle vivande, nel ripo-
27

5.8 Page 48

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I
so (34). Come si vede, Don Bosco mirava anzi-
tutto a salvaguardare la virtù dei suoi giovani,
pur preoccupandosi della loro sanità mediante
una sana alimentazione.
Nè trascurava il vestito, che voleva modesto,
senza ricercatezze, ma che servisse veramente <'fl
suo· scopo di difendere il corpo ,. dagli sbalzi di
temperatura. Il 23 marzo 1865 diceva: < Oggi è
caduta molta neve e sembra che non vogHa ces-
sare così presto: anzi è probabile che duri qual-
che giorno. Tuttavia la stagione è troppo avan-
zata e quindi presto il sole la scioglierà. Vi dico
questo perchè vi prendiate cura della salute.
Alleggerirvi di vesti, giocare, sudare, e poi anda-
·re nella scuola o nello studio può farvi moito
male> (35).
La sera del 7 gennaio 18?6 faceva queste al-
tre raccomandazioni: « Siate attenti, miei cari °fi-
gliuoli, che io vi darò alcmv salu~ari consigli,
i quali, ·se saranno da -voi messi in pratica, ,·i
saranno di grande giovamento. Quando vi tro-
vate in studio, in refettorio od in parlatorio, vo-
glio dire in luoghi in cui l'ambiente è più caldo,
non tenetevi molto coperti; e quando ne uscite
procurate di· mettervi un fazzoletto al collo, oppu-
re alla bocca e al naso, per alcuni minuti secondi,
onde impedire che alla respirazione d'aria cald11
ne succeda una d'aria fredda, perchè ciò potreb-
28

5.9 Page 49

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be produrvi un gran male. Così pure quandu
andate od uscite di camera. Al mattino, quando
vi alzate da letto, procurate di · astenervi per.
alcuni minuti dall'uscire dalla camera... Quando
siete in letto guardate che le coperte vi coprano
il collo, poichè se il collo e le spalle restassero
esposte all'aria, poco o nulla vi gioverebbe l'avere
indosso anche un materasso ». Nella stessa esor-
tazione insisteva soprattutto perchè coloro che
mancassero di coperte o di vestiti si affrettas-
sero a far presenti le loro necessità, chè si sa-
rebbe tosto provveduto al fabbisogno. E conclu-
deva: <( Vedete, tutte queste sono piccol e cos~,-
ma si trascurano facilmente: e si possono gua-
dagnare certi raffreddori e certe costip-azioni che
poi n'on si curano nè punto nè poco. Vi prego
di mettere in pratica i miei avvisi, perchè, VP--
dete, io voglio che stiate bene nell'anima; dico
nell'anima, perchè così potrete stare anche btne
di corpo » (36).
_Tutte queste norme che Don Bosco dava con
paterna insistenza per la cura della sanità ci di-
'cono · chiaramente come egli avesse vivo il senso
di quella igiene tanto raccomandata oggi d_ai
pedagogisti per il bene del corpo. Ciò spiega pu-
re come molti degli alunni dei primi tempi, edu-
cati e cresciuti con spartana sobrietà, siano giun-
ti a un'età invidiabile. Basti citare il Card. Ca-
.29

5.10 Page 50

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gliero, morto a 88 anni d'età e Don Francesia, a
91; tutti e due vissuti ai tempi eroici.
Noi c'he abbiamo avut'o la fortuna di essere
stati educati nelle case salesiane quando viveva
ancora Don Bosco, ed era nel massimo onore e
splendore l'osservanza di quanto egli man mano
consigliava e prescriveva ai suoi figli per ren-
derli veramente abili nell'educare i giovéj.ni, ri-
cordiamo molte norme igieniche udite nella scuo-
la di Galateo al giovedì, oppure nel sermoncino
della Buona Notte. I Superiori ci suggerivano
tante belle e utili cose circa il vitto e il vestito,
scendendo a volte a, particolari: quali ad esempio,
il non leggere per conto proprio durante i pasti;
l'evitar di trattare a mensa di cose serie o, peg-
gio, disgustose; e ·altre cose cirèa il cibo e il ri-
poso, che, ancor oggi, entrati negli ottantadue anni
di età, richiamiamo alla memoria con compiacen-
za e gratitudine.
Ma è tempo che passiamo ad esaminare an-
che altri mezzi che i pedagogisti titengono di
grande importanza per la educazione fisica, e
cioè il giopo, la ricreazione, la ginnastica.
_,.,
-I
I
3. Il gioco ne) sistema di Don Bosco.
risaputo - e il metodo dell'educazione mo-
derna lo predica ·in tutti i toni e in tutte le for-
30

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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me come se si trattasse di ~na sua invenzione -
che il gioco debitamente sorvegliato e moderato
serve mirabilmente a sviluppare non solo l'at-
tività, ma indi;ettamente anche la personalità
dell'educando. Si dice con ragione che nei picco-
li e ingenui giochi dei fanciulli si concentra il
più delle volte tutta l'attività umana della loro
incipiente personalità. Lo sforzo che essi metto-
,no nel giocare, l'agonismo per riuscire, la soddi-
sfazione della conquista, segnano come altrettan-
te tappe di sviluppo e, possiamo qire, di forma-
zione del loro animo.
Il gioco poi è in tutti i sensi una necessità per
l'animo giovane, soprattutto nel periodo dell'in-
fanzia, della fanciullezza e anche dell'adolescen-
za. È una vera distensione del corpo e dell'ani-
mo, uno sfogo alle loro molteplici energie, . e per-
sino ù n diversivo per le loro tendenze ecl' incli-
nazioni, le quali potrebbero purtroppo dirigersi
verso scopi e mete meno giuste e meno oneste.
A Don B(?SCo non isfuggì questo aspetto psi-
cologico e spirituale d el gioco; anzi egli seppe
servirsi del gioco come di uno dei mezzi di più
nofevole importanza nell'op.era educativa che si
svolge nei suoi Istituti, e di grande giovamento
ai giovani. ,
L'Onorevole Alfredo E. Smith, presentando
al pubblico Nordamericano la vita di San Gio-
31
I

6.2 Page 52

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van'ni Bosco scritta da Padre Neil Boyton, dice
che il ·nostro Fondatore potrebbe con ragione esse-
re considerato come il Santo Patrono dei giochi.
È fuor di dubbio che nessun santo più di lui
si è servito tanto ampiamente e attivamente di
questo mezzo per il bene della gioventù.
Ricordiamolo ancora I una volta il piccolo /;io-
coliere, acrobata sulla corda, agilissimo nelle cor- '
se e nel salto, mago dei bussolotti, attorniato dai
suoi conterranei, piccoli e adulti, che egli a f-
fascinava coi giochi ·e poi edificava col racconto
di esempi e la re,ci'ta di prediche udite, wn l'e-
sortazione alla preghiera e alie virtù cristiane!
Non pochi, di certo, leggendo il primo sogno fot-
to dal giovanetto Bosco, all'età di nove anni,
saranno rimasti colpiti dal fatto che la prima
scena, presentatasi al futuro educatore e santo,
è un campo di ricreazione, un animato svolger-
si di giochi, ima moltitudine sterminata di fan-
ciulli che si trastullavano: quasi a indicargli che,
anche con i giochi e la ricreazione, avreb,be po-
tuto e dovuto compiere una missione ·efficace di
bene. Anzi fu precisamente durante la foga di
quella ricreazione che egli ascoltò, per la primà
volta, dall'Uomo venerando e dalla Donna di
maestoso aspetto, quei saggi consigli, che c1vre b-
bero costituito il fondamento e l'essenza del suo
sistema pedagogico.
32

6.3 Page 53

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Quanto egli aveva praticato ai Becchi, lo con-
tinuò alla Moglia, a Chieri. Sacerdote, fondò
l'Oratorio Festivo, il cui scopo, - scrisse gtà nel
primo Regolamento, - « è 9-i trattenere la gio-
ventù nei giorni di festa con piacevole cd one-
sta ricreazione dopo aver assistito alle sacre fun-
zioni di chiesa ». Considerava pertanto la ricrea-
zione « come allettamento ài giovani per farli in--
tervenire » (3?).
Nello stesso Regolamento, in due capitoli, dà
norme sàpienti per regolare lo svolgersi dei gio- ·
chi, stabilendo, quando non aveva ancora assi-
stenti, la categoria dei cosiddetti « Regolatori del-
. la Ricreazione», il cui ufficio era precisamente
quello di far sì che i giochi fossero efficaci stru-
menti educativi.
Che più? Della ricreazione, coine abbiamo det--
to, egli fu per molti anni animatore e fattore at-
tivissimo; bastava anzi la sua presenza per ren-
derla vivace e pervasa di santa letizia.
Don Bosco, profondo conoscitore del cuore
giovanile, era convinto che, per migliorarlo, fos-
se indispensabile preparargli quell'ambiente di
gaiezza e innoce:µte espansione che, mentre gli
serve di attrattiva, ne sodisfa le inclinazioni e lo
affeziona alle persone e alla istituzione che ne
devçno plasmare l'animo e _formare . il; carattere.
E qui si a vv~rta che il Santo voleva giochi
33
2 (Il)

6.4 Page 54

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adatti per tutti. Nel già citato Regolamento eg·li
scrive: « È vivo desiderio che nella ricreazione
tutti possano prendere parte a qualche trastullo
nel modo e nell'ora permessa ». E, dopo aver
enumerato negli articoli seguenti i giochi princi-
pali e aver dato sapienti . disposizioni per .:eg9-
larne il funzionamento, insiste ancora: .e: È par-
ticolarmente raccomandato agli invigilatori il pro-
curare che tutti possano partecipare a qualche
divertimento » (38).
Del gioco e della ricreazione parlò in non
poche circostanze. Quando tratta dell'applicazio-
ne del sistema preventivo classifica i giochi < tra
· i mezzi più efficaci per ottenere la disciplina,
giovare alla moralità e alla sanità ». Per questo
vuole che ai giovani, a tutti i giovani < •.. si
dia ampia libertà di saltare, correre, schiamaz-
zare a piacimento » (Regolam., 93).
·
Anzi, a dimostrare quale importanza mora-
lizzatrice dava al gioco, giunse talvolta a farne
argomento di fioretti spirituali. H primo dicem-
bre 1864, nella Buona Notte ai suoi cari gio-
vani, dopo aver avvisato che non voleva si
cambiasse l'ora di ricreazione in ora di 5tudio
èd aver insi9tito perchè la ricreazione si facesse
intera, s'indugiava a indicar norme opportune
per- renderla .ben fatta, e conchiudeva lasciando
\\
a tutti questo fioretto: < Una ricreazione or<li-

6.5 Page 55

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nata come si richiede da giovani ben ordina-
ti» (39).
Don Bosco, da buon educatore, quantunque mi-
rasse, con zelo più intenso e come a fine ulti-
mo, al bene dell'anima, era convinto, come si dis-
se, che tutte le energie umane possono ,e devono
essere mirabilmente e santamente sfruttate a van-
taggio di quella. Nel suo pensiero anche il gio-
co e la piacevole ricreazione dovevano cooperare
efficacemente a tal fine.
Il Locke scrisse essere il motto mens sana in
corpore sano la breve ma completa ·definizione
d Ila felicità di questo mondo. Don Bosco avreb-
be fatto le sue riserve su questa affermazione,
a meno che alla mente sana si fosse dato quell'am-
pio significato morale che abbraccia tutto il com-
plesso di una vita veramenje cristiana. Neppure
egli avrebbe ammesso ciò che fu affermato .da
taluno, ossia che d&lla sanità, come dalla cifra
significativa collocata av_anti agli zeri, la vita
riceve tutto il vigore. Insomma Don Bosco rifug-·
giva da queste pur velate concezioni di sapore
materialistico, che fanno consistere prevalente-
mente la felicità nel benessere fisico e nelle ~o<li-
sfazioni del corpo.
Tuttavia egli era d'accordo con i migliori edu-
catori e · psicologi nell'ammettere che è notevole
l'influenza della robustezza fisica - acquistata
35

6.6 Page 56

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e conservata con esercizi e ricreazioni opportu-
ne - sulla intelligenza e sulla v_olontà.
È risaputo infatti che le energie fisiche e mo-
rali, e le loro rispettive manchevolezze, s'influen-
zano a vicenda.
Mentre i giochi e la ricreazione esercitano un
influsso notevole sul]o sviluppo fisico, procurano
freschezza e forza dì assimilazione all'intelligen-
za, gioia allo spirito, e sono al tempo stesso un
sano diversivo e un freno ·efficace alle passioni.
Ecco perchè Don Bosco volle con tanta insi-
stenza e sapiente accortezza che la gioia, il riso, i
giochi, fossero in giuste proporzioni mescolati alle
occupazioni serie, preparando· così il piacere con
la fatica e ricreando la fatica con il piacere.
a.) NECESSITÀ E FINE oÉLLA RICREAZIONE.
Il lavoro intellettuale imI?one l'immobilità det
corpo con la sedentarietà, a volte in un ambiente
non bene arieggiato; e a ciò si deve aggiungere
lo sforzo dell'applicazione. doveroso pertanto
il meritato e tempestivo riposo all'intelligenza:
riposo che non è ozio, poichè presuppone lavoro.
Ecco il motivo per cui l'ozioso non gusterà mai
le gioie di un meritato riposo, essendo il lavoro
~ piacevole .anche perchè vien poi ricompensato
, dal riposo.
36

6.7 Page 57

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Questi princìpi, riaffermati dalla pedagogia ~ (
dalla psicologia moderna, vengono a dare pie-
namente ragione a Don Bosco, il quale, mentre fu
apostolo e uno dei più alti esponenti del lavoro,
fu anche assertore della efficacia che ha la ri-
creazione - praticata come mezzo e mai come
fine - per rinvigorire le energie perdute, remlen-
dole nuovamente atte al lavoro. ·
Ricreare, etimologicamente, vorrebbe dire ap-
punto creare di nuovo. Praticamente la fatica
(si badi bene, la fatica e no!} 1 solo l'uso o l'eser-
cizio), affievolisce e quasi rid~ce a nulla le ener-
gie di determinate facoltà: è necessario pertap.-
to riacquistarle, ri-crear.le, liberandole da quella
specie di narcosi o intossicazione che la stan-
chezza produce. Ed è praticamente nello stato
di riposo o di semiriposo che esse si rinnovel- '
lano. Il sonno calmo e profondo è ·il riposo per
eccelJenza, che meglio ridà le energie perdute.
E qui è bene osservare che, non solo l'uso cc-
cessivo delle energie intellettuali produce la stan-
chezza mentale, ma anche il Lavoro fisico, che
perc10, se esagerato, può rendere l'uomo . in,et-
to allo studio.
Da ciò si conclude che la ricreazione, il gfo-
ço, per corrispondere alle finalità dell'educazio-
ne devono avere determinati requisiti, che uoi
ci proponiamo ora di esaminare, studiando il
I
/

6.8 Page 58

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gioco e la ricreazione come furono intesi e prati-
cati da San Giovanni Bosco.
b) RICREAZIONE PIACEVOLE.
Nell'introduzione al suo già citato Regolamento
Don Bosco parla di « ricreazione piacevole», e
noi possiamo senz'altro asserire che da questo
solo qualificativo e specificativo son fissati i ca-
ratteri, i requisiti pedagogici delle ricreazioni.
Dicono gli psicologi che l'attività fisica della
ricreazione per raggiungere il suo fine dev'essere
gradita al fanciullo: solo se è conforme ai suoi
gùsti, essa suscita in lui sentimenti di piace1·e.
Aggiungono che il gioco deve sviluppare la for-
za fisica nella gioia e nella libertà, e syolgersi
- per quanto è possibile - non già in sale
chiuse, ma all'aria libera e sana, all'aperto. Solo
in ·tal modo il gioco diventa veramente una, ricrea-
zione, rinnovando o irrobustendo le facoltà, me-
diante il riposo dello spirito.
La gioia vi~ne così a tramutarsi in un tonico
efficace e potrebbe definirsi il canto del trionfo
di un organismo ben equilibrato: il riso dei fan-
ciulli fu chiamato ~ la musica di Dio>.
E così intese e volle la ricreazione Don Bo-
sco, il Santo della piacevolezza e ·dell'allegria.
Il suo saluto più comune era questo: ~ State al-
38

6.9 Page 59

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legri ». E perchè la ricreazione riuscisse piace-
vole e gioconda voleva che si lasciasse ai giova-
ni « ampia libertà» nel gioco (Regolam., 93).
E qui è bene mettere in evidenza quanta par-
te sia riservata all'attività del giovane nella ri-
creazione salesiana. Gli allievi, uscend~ dalle aule
o dal refettorio, dopo aver fatto una breve vi-
sitina in Cappella, si accingono a organizzare i
giochi, e ciò essi fanno a seconda' dei loro gusti
nelle varie epoche dell'anno. Il Superiore, l'as-
sistente, è, tra loro, uno di loro: è un fratello
maggiore; non comanda il gioco, generalmente
non ne è nemmeno l'arbitro; è sorteggiato al pari
degli altri e si trova con essi per dire, qnan<lo
fosse opportuna, la parola eccitatrice e paèifica-
trice.
e) lL GIOCO COME ELEMENTO EDUCATIVO.
Abbiamo ripetµto che Don Bosco, non solo
procurava i] gioco a tutti i suoi allievi, ma qua-
si a nobilitarlo, egli stesso, quando il tempo e le
forze glielo consentivano, vi si dedicava, essen-
done non solo l'anima, ma inarrivabile ed indi-
scutibile trionfatore. Questo fatto costituisce una
delle più belle e tipiche nostre tradizioni: ·. il
Salesiano che gioca.
·. Quante volte i parenti e i visitatori si fermu110
39

6.10 Page 60

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sorpresi e ammirati a osservare i nostri maestri
e assistenti che, agili e, trafelati, corrono nei cor-
tili, fatti giovani coi giovani, accomunando, in
una sola, la gioia degli alunni e dei precettori
nell'ambiente di un mirabile spirito di famiglia,
tutto pervaso di semplicità ed eminentemente edu-
cativo, come lo volle e praticò il nostro Padre
Don Bosco.
Allora soprattutto l'educatore si rende padro-
ne del cuore dell'e<lucando. Cogliendo il momento
opportuno, egli, dietro l'esempio di Don Bosco,
sa dire, sia pure di sfuggita, la parola buona
che, appunto perchè meno aspettata, colpisce,
trova la via del cuore, ottiene risultati inspe-
rati. Si realizzano in questa maniera sempre nuo- ·
vi e mai interrotti anelli della mirabile catena
delle magiche paroline che ebbero tanta potenza
sulle labbra di Don Bosco.
A taluno può forse recar meraviglia l'insisten-
za con cui il nostro Padre proclamò l'intima e
logica colleganza tra la ri'creazione e la moralità.
La sua tenacia nel non permettere giochi seden-
tari e nel volere all'incontro quelli che mettes-
sero possibilmente in esercizio tutta la p~rsona,
derivava dal fatto che da questi ne viene van-
taggio alla mente, allo studio, alla di~ciplina, e
soprattutto alla moralità (40).
A Don Bosco l'esperienza aveva insegnato che
40

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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là ove non si gioca, regna sovrana la noia, la qua-
le è pessima ispiratrice e consigliera. Dalla noia
alla critica, ·alla mormorazione, e a discorsi meno
corretti, non vi è che un passo. I crocchi dei gio-
vani furono para-g.onatì a · mucchi di materia in-
fiammabile: basta una, scintilla per provocare
l'incendio.
Se gli allievi giocano, non si formerann~ croc-
chi, nei quali entra il diavolo per fare i suoi gua-
dagni; poichè, quando il repertorio della crona-
ca dell'Istituto e delle altre notizie sia esaurito,
spesso si viene alle critiche e ai discorsi più o
meno cattivi (41).
« Se la ricreazione ..:._ diceva a Don Bosco la
guida nel sogno di Roma - è fatta con svoglia-
tezza, ne proviene la freddezza in tanti nell'ac-
costarsi ai santi Sacramenti, la trascuratezza nelle
pratiche di pietà in chiesa e altrove, lo stare
mal volentieri in luogo dove la divina Provviden-
z~ li ricolma di ogni bene per il corpo, per l'a-
nima, per l'intelletto. Di qui il non corrispondere,
che molti fanno, alla loro vocazione. Di qui le in-
gratitudini verso i Superiori, di qui i segretumi,
le mormorazioni, con tutte le altre deplorevoli
consegueni;e » (42).
Affinchè il gioco fosse veramente giovevole
allo spirito, Don Bosco voleva lo si cir.condasse
di tutte quelle precauzioni che concorressero a
41

7.2 Page 62

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renderlo tale. Egli non avrebbe certamente appro-
vato taluni succinti vestiti che oggi sono in vogai
specialmente trattandosi di determinati giochi,
nei quali gli abiti sportivi offendono la modestia
cristiana con il conseg·uente danno della morale.
Una tradizione salesiana, fissata nei Regolamenti,
dice appunto: « Si esiga dagli alunni quella mo-
destia· e decenza nel vestire, che è voluta dal ca-·
rattere religioso dei nostri istituti e dallo spirito
del nostro Fondatore » (Regolam., 116).
Tutti sanno quanto fosse elevato, pudico, santo
il sentimento che Don Bosco aveva della moclè-
; tia, virtù che voleva fosse come il celeste pro-
fumo dei suoi Istituti. doveroso perciò che i
suoi figli, eredi del" suo spirito, reagiscano forte-
mente contro certe correnti spud"orate, che non si
possono, con passività traditrice dei propri doveri,
tollerare; ogni debolezza in questi casi può essere
peccaminosa. Che avrebbe detto, il grande Padre
e Maestro della gioventù, di certi spogliatoi, oye
la virtù fa naufragio in un ambiente ammor-
bante di paganesimo?
Si difenda pertanto, con tenace ardimento, la
ricre» zione salesiana quale la volle e praticò Don
Bosco, il quale esigeva che si divertissero i gio-
Yani appunto perchè non avessero a pervertirsi.
Ecco perchè elencò sempre i giochi tra i grandi
fattori di educazione~ Nel suo pensiero il giovane
42
\\

7.3 Page 63

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che gioca, si apre alla gioia come il ·o:re rugiadoso
all'apparire dell'aurora. Tale gioia egli ~bbe cara
come riflesso ·e specchio della pace e . della p-Ù-
rezza del cuore.
Affinchè il gioco raggiu:Qgesse la sua finalità
educativa, Don Bosco voleva che tutti i superiori
prendessero parte alla ricreazione dei giovani (43),
non escluso ii' Direttore (44).
Con ciò egli mirava a promuovere quello spi-
rito di famiglia, per cui « la familiarità porta
affetto e l'affetto porta confidenza » togliendo
« la fatale barriera della diffidenza» (45).
Ecco perchè i figli di San Giovanni Bosco
continuano, sulle orme del Padre, ad essere Ma-
1
.
gistri ludorum, per far sì che i cortili delle Case
salesiane siano perennemente scuole, templi, pa-
lestre vivificatrici per il corpo e per lo ·spirito.
D"altronde basta udire le testimonianze dei
nostri Ex-Allievi per capire come gli educatori
più ·apprezzati e rispettati siano proprio quelli
che sanno mettersi ·come compagni di gioco tra
i loro educandi. In questi casi l'affetto e la grati-
tudine aggiungono forza all'autorità e al rispetto.
Un educatore che gioca è una vera provvi- .
<lenza per il SUò Istituto, nel quale' egli sarà coef- 1
ficiente valido di buona educazione, vero angelo
della ricreazione. Se con i giovani saprà essere
uno di loro, sempre con loro, tutto per loro, egli
4,3

7.4 Page 64

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sarà pure, come Superiore, sopra di loro con l'av-
viso e il consiglio, con la soave correzione e col co-
~ante incoraggiamento.
d) LA GINNASTICA.
A proposito del gioco, taluno amerà forse sa-
pere quale fosse il pensiero di Don Bosco riguar-
do alla ginnastica. Egli la enumera tra i mezzi
che possono contribuire al bene dei giovani, e ne
fa cenno nel Sistema Preventivo (Regolam., 93).
Quando poi nel 1878 parlò al Ministro Crispi del
sistema preventivo come mezzo per la rigenera-
zione della gioventù, presentandogli all'uopo un
apposito memoriale - di cui avrebbe poco dopo
inviato copia anche al Ministro Zanardelli, ': uc·-
ceduto a Crispi - tra i mezzi educativi mise anche
la ginnastica (46).
Nelle solenni celebrazioni p~r la consacrazione
del tempio di Maria Ausiliatrice, e proprio nel
pomeriggio dello stesso giorno, alla presenza del
Vescovo di Alha e di un pubblico distinto, vi fu
un saggio ginnico dato dai giovani di Lanzo e
dell'Oratorio.
Ma la domanda che qui si affaccia è questa:
può e dev'essere la ginnastica ca'nsiderata come
un gioco, e quale vera ricreazione? Rispondiamo
subito che, se la ginnastica non è libera, non può

7.5 Page 65

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essere considerata come un gioco. Essa, come
scienza regolatrice di movimenti, come arte siste-
matica di esercizi fisici, non è che una lezione di
più; utile senza dubbio, quando non sia esagerata,
allo sviluppo delle membra e all'irrobustimento
_generale. Mfl tutti riconoscono che i movimenti
artificiosi e compassati della ginnastica non val-
gon'? certamente quanto l'attività libera e spon-
tanea del gioco. Anzi non mancano dei pedago-
gisti, i _quali considerano la ginnastica come un
insufficiente surrogato dei giochi naturali della
gioventù, poichè essa, oltre ad altri inconvenienti.
non procura il piacere che si prova nel gioco li-
bero, e . risulta perciò fisiologicamente di meno
valore. V'è chi giunge a ritenere che l'insegna-
mento della ginnastica è più faticoso di tutti gli
altri insegnamenti, non escluso quello della ma- .
tematica.
In certe nazioni, insigni pedagogisti fecero
un'attiva propaganda dei giochi giovanili da con-
trapporsi ·alla ginnastica. Quale fosse il pensiero
dei pedagogisti dell'Università di Torino ai tempi·
di Don Bosco al riguardo, ce lo dice l'Allievo:
« Spingendo la riflessione ·teorica oltre il conve-
nevole si sono escogitati sistemi ed intrecci di mo-
vimenti ginnastici talmente complicati e artifi-
ciali, che ad essere eseguiti importano una fatica
di cervello .e di applicazione di mente quale si
45

7.6 Page 66

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converrebbe allo studio di una materia astratta;
ed impacciano lo spontaneo sviluppo delle forze
muscolari. La natura ha essa stessa insegnato al
fanciullo la libera e salutare ginnastica d elle sue
membra, e questa ginnastica non va pervertita
dalla strapotenza dell'arte » (47).
Il nostro Padre non avrebbe approvato C'P,f-
te forme di atletismo e non pochi- sforzi violentì
in vigore presso i ginnasti, ·che praticamente sot-
traggono energie al lavoro intellettuale; nè cre-
diamo neces~ario aggiungere che egli non avrebbe
mai permesso un 'educazione fisica che si propo-
nesse lo sfoggio di virtuosismi di forza bruta: a
lui bastava. formare e mantenere corpi fisicam ente
e moralmente sani. Quando nel 1865 il Duca
d'Aosta, · con gentile pensiero, volle regalare ai
giovani dell'Oratorio una parte dei suoi attrezzi
ginnastici, Don Bosco, anzichè collocarli in mia
palestra per servire di scuola, li volle nell'am-
biente libero del cortile per la ricreazione (48).
Possiamo pertanto conchiudere che il gioco
voluto da Don Bosco, e quale si pratica tradi-
zionalmente nei suoi Oratori e Istituti, è il gioco
che ridona le energie consumate nello studio e
nel lavoro: è il gioco piacevole e libero da costri-
zioni. Non è adunque la ginnastica che, avendo
la coartazione. della scuola, esige attenzio e e
può diventare persmo un rompicapo: e nemmeno
46

7.7 Page 67

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l'atletismo, che ingrossa eccessivamente i muscoli
e può affaticare al punto da produrre altera~ioni
nervose e psichiche.
\\
e) Grocm PASSIONALI E ANTIEDUCATIVI.
I pedagogisti vogliono siano esclusi anzitutto
i giochi che eccitano eccessivamente le passioni.
L'anima deve dominare il gioco e non esserne do-
minata. D'altronde l'esperienza ci dimostra come
coloro che si' sono abituati ai piaceri violenti per-
dono il gusto dei piaceri moderati. Il gusto vero
e temperato per i diverti;rnen ti si può alterare
allo stesso modo che -si snatura il palato per le
vivande: e tutti abbiamo sperimentato che i pia-
ceri ·semplici, anche se sono meno vivi e sensibili,
sono ancora e sempre i più benèfici.
Don Bosco non voleva nel gioco l'eccessiva
tensione, l'ecci_tamento passionale che può dar
luogo a un linguaggio non misurato, a un tono
sguaiato, e persino a ingiurie e insulti. Cotesta
furia eccitatrice, anzichè riposare i nervi e lo
spirito, li sottopone a una tensione funesta. Ed
egli osserva che tale scomposta eccitazione dura
anche dopo; al punto che i giovani, i quali do-
vrebbero raccogliersi e concentrarsi poi nello stu-
diò, non riescono più a fermare la loro atten-
zione (49).
47

7.8 Page 68

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Vi sono dei pericoli anche per l'incolumità
del . corpo, quando il gioco è violento o comun-
que non misurato.
Un giorno Don Bosco trova in cortile il gio-
vanetto Besucco, zoppicante e malconcio a causa
di urti e scontri con i compagni. 11 caro figliuolo
avendo inteso che la ricreazione piace al Signore,
vi si era impegnato a fondo senza_controllo. Don
Bosco lo ferma, lo guarda, e sorridendo gli dice:
« Vedi, caro Bes ucco, i giochi e i. trastulli devono
impararsi un poco alla volta, di mano in mano
che ne sarai capace, sempre per altro in modo
che possano servire di ricreazione, ma non mai
di oppressione al corpo » (50).
I giochi, come li intese Don Bosco, devono la-
sciare al loro termi~e l'animo sereno. Per questo
nei nostri cortili, finito il divertimento, il grido
gioioso di vittoria dei trionfatori è seguìto quasi
subito dagli allegri- commenti dei vinti, che con
i primi si uniscono in conversazione improntata a
spirito di famiglia. Tutti poi, sollevati, calmi,
contenti, ritornano al lavoro intellettuale con la
· mente _aperta e il cuore tranquillo.
Don Bosco da sagace educatore, parla ancora
dei giochi che non raggiungono, oppure ostaco-
lano, le finalità del lavoro educativo.
In particolare egli proibisce i giochi, trastuili,
salti, corse, o qualsiasi altra ricreazione in cui
48

7.9 Page 69

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vi possa essere compromessa la sanità o la mo-
ralità degli allievi. Questa proibizione è fonda-
mentale, come purn quella èhe riguarda i giochi
di soldi (51).
Una volta proibì il gioco della palla, ma ciò
fece per un motivo già indicato: egli voleva ·che
il gioco fosse per tutti; di conseguenza, quando
il cortile non aveva sufficiente spazio, proibiva
quei giochi che consentivano soltanto a pochi di
giocare.
Gli premeva poi l'esclusione dei giochi seden-
tari, per la ragione che non rispondono al bisogno
che il ragazzo ha di movimento e di sfogo. Per
questo non volle mai che nei cortili di ricrea-
zione dei suoi 'Istituti vi fossero panche o sedili
di sorta, per evitare di dar occasione a detti gio-
chi. Del resto, i ped·agogisti sono unanimi nell'e-
scludere i giochi che non siano sufficientemente
giochi, quelli cioè che, esigendo troppa riflessione,
per ciò stesso affaticano lo spirito anzichè ri-
posarlo. Ecco perchè Don Bosco non permetteva
nei suoi Istituti il gioco delle carte, del quale
aveva sperimentato gli inconvenienti quando erà
ancora seminarista: fin dal 1836, aveva. preso · il
proposito di non più giocare alle carte, perchè
stancano la mente, causano prrdite di tempo e
appassionano troppo (52).
Vi sono nel primo Regolamento dell'Oratorio
49

7.10 Page 70

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festivo alcune norme che il buon P&dre da va,
affinchè il trastullo diventasse ancor più ricrea-
tivo e formativo, mediante il rispetto alle regole
della buona educazione e la pratica della carità.
Ivi si' proibisce « il grido smodato, il disturbare
i giochi altrui, lanciar sassi, palle di legno o cl i
neve, il danneggiare le piante, il porre iscrizioni
o pitture, il guastare i muri e i mobili, far segni
o figure con carbone o legno e con altro capace
a macch}are. poi in particolare maniera proi-
bito il rissare, il percuotere, ed anche mettere
incivilmente le mani sopra i compagni. Siamo tutti
figliuoli -di Dio e dobbiamo amarci colla medesima ·
carità come altrettanti fratelli» (53).
Riassumendo, Doh Bosco proibiva ogni gioco
che includesse « pericolo di offendere Dio, recar
danno al prossimo, e cagionare male a se stes-
so» (54).
Diceva pure il nostro Padre di non chiamare
clivedimento uno spasso che lascia nel cuore ri-
morsi e paura dei · giudizi di Dio.· Egli voleva,
e lo ripeteva frequentemente, che la ricreazione
dei suoi giovani fosse sempre fatta in guisa che
ognuno di essi potesse ripetere la risposta data
da San Luigi a chi lo interrogò, mentre · allegr~-
mente giocava, che cosa avrebbe fatto se in quel
punto fosse stato avvertito da un Angelo che, do-
po un quarto d'ora, il Signore lo avrebbe ·chia..
50
I

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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mato al suo tremendo giudizio. Egli prontamente
rispose che avrebbe seguitato il gioco: « Perchè
so di certo - soggiunse - che questi divertimen-
ti piacciono al Signore » (55).
Ci è caro infine rilevare che in parecchi cortili
dei nostri Istituti fu innalzato un monumento a
Don Bosco, il quàle, come da un trono, · col suo
sorriso paterno, presiede alle ricreazioni. Sorgano
dappertutto queste statue ammonitrici, non solo a
ricordo dell'Educatore insigne e santo, ma soprat-
tutto come garanzia di una r1creaz10ne sana e m-
temerata.
f) MusICA E SPETTACOLI.
Parlando del divertimento nel sistema educa-
tivo dì Don Bosco, rn;m si può non ricordare, ol-
tre il gioco che importa un esercizio prevalente-
mente fisico, anche tutte le altre forme ricreative,
quali la musica e lo spettacolo, che egli seppe
adoperare da maestro a fini educativi. ,
Qneste hanno pedagogicamente una importan-
tanza straordinaria, come si va sempre meglio ri-
conoscendo ai nostri giorni. La ricchezza e la pro-
fondità della loro efficacia derivano dal fatto che
esse interessano, non solo il settore deil'educazione
fisica, ma anche quelli dell'educazione estetica e
intellettuale~ facendo direttamente appello alla
51
/

8.2 Page 72

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emotività e alle facoltà spirituali del fanciullo,
nella età in cui egli, meno sensibile agli sti-
moli puramente intellettuali, è straordinariamente
aperto a tutto ciò che parla alla sua fantasia.
Noi ci riserviamo di indugiarci sul valore
, educativo della musica e dello spettacolo, tratfan-
do dell'educazione estetica. Questa può logicamen-
te occupare un posto intermedio tra l'educazione
fisica e quella intellettuale, dato il suo carattere
di maggior aderenza ai bisogni e ai gusti del gio-
vanetto, avido com'è di tutto ciò che possa sodi-
sfare l'intensità della propria vita emotiva e fan-
tastica.
L'educazione ·estetica si propone appunto di
venirè incontro a questo bisogno, sodisfacendolo
e insieme disciplinandolo in modo che il carat-
tere' del fanciullo, che si va formando, non resti
turbato nel suo equilibrio e non ne risenta danno,
nè per eccessive e morbose sovraeccitazioni,
per inopportune e non meuo dannose inibizioni.

8.3 Page 73

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f:APITOLO II.
L'EDUCAZIONE ESTETICA
L'educazione estetica si propone di aiutare a
perfezionare nei giovani il sentimento del bello,
nell'intento di far loro apprezzare le bellezze del-
la natura, quelle dell'arte e, più ancora, della re-
ligiQne.
Don Bosco non trascurò questa parte dell'e-
ducazione, che egli già fin da fanciullo aveva
preso a gustare alla scuola della venerata ma-
dre. Dobbiamo alla sua ferrea memoria se alcune
magnifiche considerazioni giunsero fino a noi.
1. Alla scuola della mamma...
Mamma Margherita, ignara di studi e incap~-
ce di speculazioni artistiche, parlando al suo Gio-
vanni delle bellezze del creato e della natura, non
si proponeva di suscitare in lui il senso estetico,
ma piuttosto il senso di una riconoscenza profon-
53

8.4 Page 74

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da a Dio, che tutte queste bellezze aveva dis-
seminate sulla terra e negli spazi, a bene del-
l'uomo. Tuttavia implicitamente educava e svi-
luppava anche il gusto del bello.
In una notte stellata, uscendo all'aperto ella
mosi:rava ai figli il cielo e diceva : « È Dio che
ha creato il mondo .e ha messe lassù tante stelle.
Se è così bello il firmamento, che cosa sarà il Pa-
radiso »? Al sopravvenire della b ella stagione,
innanzi a una vaga campagna, ad un prato tutto
sparso di fiori, al sorgere di un'aurora serena, ov-
vero allo spettacolo di un rossò tramonto di sole,
esclamava: · « Quante belle cose ha fatto il Si-
gnore per noi ». Se addensavasi un temporale e
al rimbombo del tuono i fanciulli si aggruppavano
attorno a l~i, osservava: « Quanto potente è il
Signore, e chi potrà resistere a Lui? Dunque
non facciamo peccati ». Quando una grandine ro-
vinosa portava via i raccolti, andando coi figli a
osservarne i guasti diceva: « Il Signore ce li aveva
dati, il Signore ce li ha tolti: Egli ne è il padrone.
Tutto pel meglio; ma sappiate che pei cattivi so-
no castighi e che con Dio non si burla ». Quando
ì- raccolti riuscivano bene ed erano abbondanti:
« Ringraziamo il Signore - ripeteva. - Quan-
to è stato buono con noi dandoci il nostro pane
quotidiano». Nell'inverno, qu ando erano tutti as-
sisi innanzi a un bel fuoco, e fuori era ghiaccio,
54

8.5 Page 75

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vento e neve, essa faceva riflettere alla famiglia:
« Quanta gratitudine noi dobbiamo · al Signol'e,
che ci .provvede di tutto il necessario! Dio è ve-
ramente Padre: Padre nostro, che sei ne.i cie-
li» (56).
Formato a questa scuola e mosso dal suo natu-
rale impulso ad .investigare le ·cose, Don Boscò
seppe comunicare in seguito ai suoi giovani, in
una forma tutta singolare, quelle lezioni riguar-
danti il bello, facendo loro apprezzare le bellez-
ze della natura, sviluppando ed elevando per tal
modo in essi il senso cristiano e soprannaturale
del divino.
Raccontava egli stesso che una sera, nel 1851,
. dopo aver lavorato tutta la giornata, era salito
verso le undici di notte a1Ia sua camera. « Giunto
sul balcone - diceva - mi fermavo a contempla-
re gli spazi interminabili del firmamento, mi oriz-
zontavo con l'Orsa Maggiore, fissando lo sguardo
nella luna, poi n,egli altri pianeti, poi nelle stel-
le; pensavo, contemplavo la bellezza, la grandez-
za, la moltitudine degli astri, ,la lontananza ster-
minata fra di loro, la distanza da me e, inoltran-
domi in questi pensie:rri, salivo verso le nebulose
e al di là ancora, e, riflettendo che l'ultima stella
dell'ultima nebulosa e che ciascuna di quelle che
a milioni formano quel gruppo, poteva essere
come un centro da cui si poteva godere uno spet-

8.6 Page 76

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tacolo quale si gode dalla terra, da qualunque
par.te, da qualunque punto si volge attorno · lo
sguardo in una notte serena, tanto ne ero preso
che mi venivano le vertigini. L'universo mi ap-
pariva un'opera così grande, così divina che io
non potev-o più reggere a quello spettacolo, e
il ~io unico scampo, era di correre presto nella
mia camera... ». Tutti i giovani a questo punto,
sorpresi, e, quasi ritenendo il respiro, aspettavano
che cosa avrebbe detto ancora Don Bosco; ed egli,
fatta una breve pausa, ripigliava facetamente:
« e correvo a cacciarmi sotto le lenzuola! ». I
giovani ridevano a quest'uscita. Ed egli, dopo
aver detto: « La nostra mente si perd~. e non
può formarsene un 'idea per quanto languida :>,
concludeva: « Com'è meravigliosa l'onnipote,nza di
Dio! » (57).
.
1
Su questi · argomenti soleva intrattenere i ra-
gazzi nelle frequenti passeggiate· in campagna e
soprattutto nelle passeggiate ·autunnali ai Becchi
e peç'le colline del Monferrato, facendo notare le
scene pitt0resche del paesaggio circostante.
Era logico questo suo modo di procedere, per-
chè egli, educatore per natura e per missione, si
proponeva la formazione di tutto l'uomo. Perciò,
non solo si o'ccupò di ·quello che avesse potuto
giovare al corpo, mediante l'educazione fisica, e
alla mente, attraverso l'educazione intellettuale;

8.7 Page 77

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ma coltivava pure le potenze immaginative onde
sviluppare negli alunni il sentimento del bello,
mediante opportuni paragoni, ·sapienti analogie e
magnifici ritratti morali. Particolare menzione me-
'
ritano gli splendidi sogni, che avevano a volte al-
cunchè del sapore evangelico delle ' parabole di
Nostro Signore.
Siccome egli era intimamente persuaso che il
bello altro nonf e' se non lo splendor~ del vero e
l'incanto del buono, per questo, n ella formazione
estetica, sapeva assurgere quasi istintivamente, e
senza che gli ascoltatori se ne avvedessero, a Co-
lui che è Sommo Vero e Bontà Assoluta.
/
2. Educazione estetica
per mezzo della Liturgia.
Mezzo sovrano e di somma importanza, di cui
si serviva Don Bosco per la formazione del senso
estetico nei suoi gio':ani, era il culto sacro.
Splendore d'arte egli volle nelle Chiese da
lui costruite (58).
Nella casa di Dio esigeva ordine e proprietà
somma: nei paramenti, nei vasi sacri, nella sacre-
stia, in tutto.
Ciò che si riferiva al culto era da lui tenuto
in grande onore. Anche le più piccole cerimonie,
come il segno della croce, gl'inchini, le cerimo-
57

8.8 Page 78

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nie, le voleva fatte con dignità e divozione (39).
Voleva che la Santa Me~sa fosse servita (60)
e celebrata con grande compostezza e divozio-
ne (61). Egli stesso, già prete, fu visto fare talo-
ra da accolito per dare il buon esempio (62).
Stabilì per tutti la scuola di cerimonie (63):
fomentava· ogni atto di culto (64). -
Il suo esempio era mirabile (65). Il Marchese
Scarampi veniva alle funzioni di Maria -Ausilia-
trice attratto dalla divozione e maestà del cul-
to (66): e, come lui, molti altri.
Per fomentare l'amore e la grandiosità del
culto approvò la fondazione della Compagnia del
SS. Sacramento e del Piccolo Clero (6?). ·
Voleva infondere nella mente dei suoi giovani
l'idea quanto più eccelsa possibile della maestà
di Dio e delle sue perfezioni infinite.
3. Educazione estetica
nelle Scuole Classiche e P1·Qfessionali.
Appena ebbe aperte le scuole, altrettanto
egli faceva nel campo letterario, ove sapeva met-
tere in magnifica luce i migliori brjlni degli au-
tori più insigni della lingua italiana, latina e
greca, che egli aveva studiati e gustati nel pe-
riodo di formazione. Lo sviluppo da lui dato
agli studi, che voleva fatti con diligenza, serie-
58

8.9 Page 79

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e costanza, sotto la guida di professori forniti
di un ottimo gusto letterario, è anche una prova
irrefragabile del suo amore a tutto cio che fosse
bello.
Avremo occasione di esporre quanto egli sep-
pe realizzare, coadiuvato dai suoi figli, per ren-
dere accessibili ai giovani le bellezze classiche
delle diverse letterature senza che ne scapitasse
la loro formazione morale.
Nella misura . voluta, altrettanto egli fece nel
campo professionale e agricolo, valendosi della
sua personale esperienza. Sono da ammira.re in-
fatti le vie della Provvidenza nel 'condurre il
giovanetto Bosco all'apprendimento dei diversi
mestieri, dei quali avrebbe potuto poi giovarsi
a vantaggio dei suoi giovani quando avrebbe ini-
ziato le scuole professionali.
A questa sua personale esperienza in ogni ge-
nere di lavori manuali si deve in parte l'impulso
da lui dato alle scuole di arti e mestieri, e quindi
anche a quella educazione estetica, che è neces-·
sariamente annessa all'apprendimento dell'arte.
Ne sono una ~plendida conferma le deliberazioni
del Quarto Capitolo Generale, .che si occupò an-
che di dare un indirizzo estetico agli artigiani,
sia dal punto di vista tecnico della esecuzio-
ne, che da quello artistico del diségno professio-
u ale.
59

8.10 Page 80

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Ecco le decisioni prese: < Non basta che l'a•
lunno artigiano conosca bene la sua professione,
ma, perchè la possa esercitare con profitto, biso-
gna che abbia fatta l'abitudine ai diversi lavori
e li compia con prestezza. Ad ottenere la prima
cosa gioverà: ' secondare possibilmente l'inclina-
zione dei giovani nella scelta dell'arte o mestiere;
provvedere abili ed onesti maestri d'arte, anche
con sacrificio pecuniario, affinchè nei nostri labo-
ratori si possano compiere i vari. lavori con per-
fezione. necessario inoltre che il Consigliere ,
Professionale e il Maestro d'arte dividano, o con-
sideri~o come divisa, la serie progressiva dei la-
vori che costituiscono il complesso dell'arte in
tanti corsi o gradi, per i quali facciano passare
l'alunno, così che questi, dopo il suo tiro~inio,
conosca e possieda completamente l'esercizio del
suo mestiere>. Si parla quindi del tempo neces-
sario per l'apprendimento dell'arte: « Non si può
determinare la durata del tirocinio, essendo che
non tutte le arti richiedono ugual tempo per ap-
prenderle; ma per regola generale può fissarsi a
cinque anni».
Riguarda particolarmente la formazione arti.-
stica degli artigiani la segu,ente deliberazione: < In
ogni casa professionale, nell'occasione della distri-
buzione dei premi, si faccia annualmente un'espo-
sizione dei lavori compiuti dai nostri alunni, ed
CO
\\

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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ogni tre anni si faccia un'esposizione generale a
cui prendano parte tutte le nostre Case di A.r-
tigiani ». Inutile dire che le mostre professionali e
agricole salesiane sono tutt'oggi in grande onore
presso i figli di Don Bosco.
Nel medesimo Capitolo Generale si pro-
muoveva inoltre l'emulazione degli allievi, e si
procurava di stimolarli alla ·perfetta esecuzione dei
lavori, con un provvedimento speciale inteso a
dare settimanalmente ai giovani duè voti distin-
ti, uno pel lavoro e uno per la condotta, e a ç.i-
stribuire il lavoro a cottimo, stabilendo un tanto .
per cento ai giovani, secondo un sistema approva-
to dalla Commissione incaricata. Quanto poi alln
casa degli Ascritti Artigiani, si stabiliva: « Sia
ben fornita di materiale occorrente a perfezionarsi
nelle diverse professioni ed abbia i migliori capi
artisti salesiani » (68).
L'educazione estetica promossa da Don Bosco
nel campo profession'ale culminò in quella ma-
gnifica presentazione dell'arte del libro che volle
fare ai benefattori e ammiratori dell'Opera sua
nell'Esposizione Nazionale di Torino del 18~4. Egli
aveva messo in mostra nella galleria per la di-
dattica e la libreria, dove figuravano i prodotti
delle arti grafiche, ben mille volumi d'ogni sesto
e qualità, e saggi di disegno e di quanto si rife-
riva a scuole elementari, tecniche e ginnasiali:
61 I

9.2 Page 82

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il tutto in scansie di elegante struttura, dove spic-
cavano preziose legature. ,
Ma poi, in un intero padiglione di 55 metri
di lunghezza per 20 di larghezza, collocò e mise
in azione tutto i:l macchinario necessario per la
produzione del libro. Il suo intendimento era di
dare una dimostrazione pratica del molteplice la-
voro richiesto dalla produzione materiale del li-
bro. Ora, qui, la curiosità del pubblico assisteva
al IgradJiale processo per cui, da un mucchio di
p enci, si arrivava alla confezione del volume.
· Oltre .a una nuova macchina per la fabbri-
cazione della carta, che produceva circa dieci
quintali di carta al giorno, vi figurava il magni-
fico complesso d'altre macchine della cartiera, ti-
pografia e legatoria, e soprattutto si vedevano i
giovanetti addetti all'appre:qdimento: il successo ·
fu straordinario (69).
Già il Regio Provveditore agli Studi, nel 1870,
invitando la Direzione della tipografia salesiana
a partecipare alla mostra didattica di Napoli,
aveva dichiarato che, fra gli editori di Torino,
Don Bosco teneva· « un posto distinto » e che il
suo nome figurava « a buon diritto tra coloro che ·
onorano la nobilissima delle arti moderne » (70).
Si resta compresi di ammirazione e stupore
ancor oggi, quando si pensa al lavoro compiuto
da Don Bosco e dai suoi figli in questo campo.
62

9.3 Page 83

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Eg1i aveva detto al futuro Pio XI, suo graditis-
simo ospite all'Oratorio nel 1883, che, special-
mente nell'arte ~el libro, intendeva « essere all'a-
vanguardia del progresso » (?1). E il grande Pon-
tefice, rievocando, dopo mezzo secolo, quella vi-
sita, diceva: « Don Bosco con l'intuito del veg-
gente scorse e sentì di quale decisivo ausilio fosse
l'arte tipografica ed editoriale ai nostri giorni
per l'apostolato e l'educazione cristiana » (?2).
4. La mu~ica e lo spettacolo ·
come mezzi di educazione estetica.
a) LA MUSICA.
Per l'educazione estetica dei suoi alunni Don
Bosco si servì in larga misura, forse come nes-
sun altro educatore prima di lui, della musica.
, Fin da bambino si era .esercitato nel canto; più·
tardi a Castelnuovo aveva imparato a suonare
una spinetta, e poi il violino. Si perfezionò in .se-
guito nella music'a esercitandosi sopra un vec-
chio cembalo (?3) e riuscendo ad accompagnare
durante le funzioni.
1
Per la mancanza di musica adatta alla ca-
,pacità dei giovani, fece qualche·composizione che
servisse allo scopo, ma senza pretese e senz'om-
bra di ambizione.
63
'

9.4 Page 84

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Si distinse pu:re nel canto gregoriano. Fatto
sacerdote, fu lui il primo maestro dei giovanetti
dell'Oratorio, introducendovi la novità dei cori
collettivi di voci giovanili.
Indubbiamente egli era stato 9-otato da natura
di un vivo senso artistico musicale; ma più che
altro è da avvertire che, profondo conoscitore dei
giovani, aveva notato quale salutare efficacia
esercitasse la musica sull'animo loro. D'altronde
essa era pure suscitatrice feconda di · quell'alle-
.gria che -egli voleva quasi cielo ridente sulla vita
di famiglia dei suoi Istituti.
IJ culto ·della musica doveva poi riuscire uno
dei distintivi delle sue case, anzi un elemento
necessario alla loro vita.
Al principio ebbe cooperatori valenti ('74), pei
quali la maggior difficoltà consisteva nel nuovo
metodo d'insegnamento praticato da Don Bosco.
Egli non faceva la scuola ai singoli separatamen-
te, ma collettivamente. Anzi diversi maestri di
musica, desiderosi di conoscere come si svolgèsse
la scuola fatta da Don Bosco, venivano ad assi-
stervi.
Egli vagheggiava grandi masse ·di voci come
spontanea espressione della preghiera e del fer-
vore del popolo ·cristiano. « In tal mQ;·lo - egli
diceva __:_ i fedeli troveranno in Chiesa quel1e
attrattive di cui tante belle cose lasciarono scrit-
64

9.5 Page 85

▲back to top
te gli antichi, e segnatamente Sant'Agostino > (75).
Per lui sarebbe stata la cosa più gradita udi-
re una Messa in canto gregoriano èseguita nella
Chiesa di Maria Ausiliatrice da mill~ voci di-
vise in due cori. Appena ebbe giovani interni,
egli stesso faceva la scuola di canto gregoriano
ogni sabato, per far eseguire bene i canti della
domenica. Era anche il suo spirito sacerdotale che
lo portava ad amare, ·anzi a prediligere questo
canto liturgico per eccellenza, che non voleva
eseguito comecchessia. Si era ben lungi dalla
perfezione odierna; ma le esecuzioni promosse
da Don Bosco segnavano già un certo progresso
rispetto a quei tempi e soprattutto erano una
pratica affermazione di principio.
Lo studio della musica all'Oratorio era in
servizio della Chiesa. Per animare questo inse-
gnamento ottenne da Pio IX particolari indulgen-
ze ai maestri e agli scolari (76).
Lo scopo di Don Bosco nell'educazione arti-
stica era sempre la formazione morale e religio-
sa dei suoi giovani ed il bene delle anime in ge-
nerale. Così si spiega come egli conducesse nelle
diverse parrocchie della città e deirarchidiocesi,
e a volte anche più lontano, i suoi giovani can-
tori, per dimostrare come il canto gregoriano e la
musica potessero contribuire efficacemente al bene
della Religione, attirando i fedeli alla Chiesa.
65.
3 _(II)

9.6 Page 86

▲back to top
Infatti, mentre questi correvano ad ascoltare 16
melodie musicali, potevano al tempo stesso nu-
trirsi della parola di Dio, che illumina e guida
verso il fine dell'uomo. Fino allora sulle orche-
str~ eransi sempre udite voci robuste di uomini
adulti: ora invece canti assolo, duetti e cori di
voci giovanili, davano ai fedeli l'impressione di
un canto d'angeli e quelle voci bianche toccavano
più sensibilmente le fibre del cuore umano. D'al-
tronde l'amor proprio dei ragazzi onestamente
soddisfatto, le passeggiate che essi sospiravano
per giungere alla mèta prefissa, le merende ed
anche i pranzi che erano apparecchiati nelle par-
rocchie ove si · recavano, facevano dimenticare
ogni fantasia meno buona (7?).
Nessuno poteva essere eletto cantore, ~e non
era di esemplare condotta, di bella voce e di buo-
na sanità (78). Volendo poi che i cantori fossero
una predica vivente nei luoghi ove andavano,
stabilì che appartenessero anche al Piccolo Cle-
ro (79).
Sin dalla fondazione della prima scuola di
canto, per dimostrare il pregio nel quale teneva ,
la musica, il giorno in cui si celebrava la festa
di Santa Cecilia, invitava a pranzo e faceva se-
dere alla sua tavola i primi cinque o sei giova-
netti cantori di migliore abilità e condotta; prati-
ca che amò continuare per molti anni (SO). In se-
66

9.7 Page 87

▲back to top
guito, per prevenire abusi e disordini, fissava
tassativamente quanto si doveva dare ai giovani
mÙsicisti in determinate solennità (81).
In tutti gli atti di Don Bosco splende sempre
di viva luce l'educatore che ha perennemente di-
nanzi il fine ultimo dell'uomo. Per questo diceva
al chierico Vacchina: < Anche la musica serve a
educare! » (82).
Nelle esecuzioni, curava e faceva curare mol-
tissimo l'espressione, vole.udo giustamente che il
canto fosse la manifestazione esterna d'un senti-
mento interno di fede e di amore a Dio.
Pei giovani musicisti inseriva nel primo Re-
golamento dell'Oratorio festivo queste avverten-
ze: < Ai cantori è caldamente raccomandato di
guardarsi dalla vanità e dalla superbia, due vizi
assai biasimevoli, che fanno p·erdere il frutto di
ciò che si fa, e producono inimicizie tra com- ·
pagni. Un cantore .veramente cristiano non do-
vrebbe mai offenders·, nè avere altro fine se non
lodare Iddio, ed unire la sua voce a quella degli
Angeli, che J o bene_dicono e lo lodano in cie-
lo» (83). Nel Regolamento degli Allievi (Capo IV,
Contegno in chiesa) ribadisce la stessa cosa dicen-
do: < Non sia mai che apriate la bocca solo per
far pompa della vostra voce; pensate invece che
col canto divoto lodate Iddio, e alla vostra voce
fanno eco gli Angeli del Cielo>.
G7

9.8 Page 88

▲back to top
Però si avverta che Don Bosco voleva la mu-
sica non solo a decoro delle funzioni sacre, ma
anche per allietare i teatri, le accademie, le ri-
creazioni. Insomma le armonie della musica, sia
vocale che strumentale, dovevano giocondare gli
spiriti perennemente.
Un giorno, trovandosi a Marsiglia, venne a
visitarlo un religioso che aveva fondato in una
città della Francia un Oratorio Festivo, e gli
chiedeva- se approvasse _la scuola di D1usica fra i
divertimenti dei giovani, e prese a n'arrargli tut-
ti i vantaggi che dalla musica potevano trarsi per
l'educazione, l'occupazione, la ricreazione dei gio-
van1.
Don Bosc0 ascoltò approvando-; e rispose: (: Un
Oratorio senza musica è un corpo senz'anima >.
« Ma, ~ il religioso soggiunse, - la musica por-
ta i suoi inconvenienti e non piccoli!>.- E quindi
parlò della dissipazione alla quale induce taluni,
del pericolo che i giovani vadano a cantare o suo-
nare nei teatri e nei caffè, nei balli, nelle dimo-
strazion~ politiche e via dicendo.
Don Bosco udì tutto senza dire parola, e poi
recisamente rispose: « meglio l'essere o il non
essere? Uri Oratorio . senza musica è un corpo
se.nz'anima! » (84). \\
D'altronde, per prevenire tra gli allievi del
canto e della banda alcuni dei mali indicati, Don
68

9.9 Page 89

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Bosco aveva inserito nel Regolamento delle sue
scuole diurne e serali quest'articolo: « Da ogni
allievo musico si esige formale promessa di non
andare a cantare nè a suonare nei pubblici tea-
tri nè in altri trattenimenti in cui possa es-
sere compromessa la Religione od il buon costu-
me » (85).
Voleva poi che i cantori fossero applauditi, ed
'eventualmente compatiti nelle loro esecuzioni.
Trovandosi a Marsiglia, l'abate Mèndre vice-
curato di Saii. Giuseppe, gli stava a lato durante
un trattenimento. I musici ogni tanto . facevano
qualche stecca. L'abate, assai competente di mu-
sica, scattava. Dopo varie di queste impazienze,
Don Bosco gli sussurrò all'orecchìo in francese:
« La musica dei ragazzi si deve ascoltare col cuore
e non colle orecchie! ». Infinite volte il Mendre
gustò di ripetere la sapiente sentenza, rifacendo
simpaticamente il tono con cui era stata pro-
ferita (86).
Don Bosco, persuaso che il canto e la musica
fossero da annoverarsi tra i segreti di una buona
riuscita nell'ed~cazione (8?), dava sempre alla
musica· vocale il primo posto anche negli Oratori
festivi (88), cercando così di rendere più amene
che fosse possibile le adunanze I domenicali.
Durante ìl periodo del suo insegnantento riu-
scì a far imparare Messe, laudi, canti sacri, ascol-
1
69

9.10 Page 90

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tatissimi ovunque i giovani si recassero (89).
Quando poi le sue occupazioni non gli permisero
di con·tinuare quella scuola, l'affidò man mano ad
altri. Egli però continuò a sorvegliarla, perchè
gli premeva soprattutto formar~ nel modo mi-
gliore coloro che avrebbero continuato e perfe-
zionato l'opera sua.
La stessa autorità municipale di Torino as-
segnò a Don Bosco un premio di mille lire per
l'ardo-re col quale promuoveva la musica vocale
e istrumentale (90).
--
In seguito egli commise l'incarico della scuola
di musica é di canto al chierico Giovanni Ca-
gliero, ponendolo àl tempo stesso sotto la .guida
di valenti maestri perchè si formasse nelle diffe-
renti materie di qtlell'arte (91).
Il Cagliero àveva doti eccezionali per la mu-
sica, e specialmente per la composizione e l'inse-
gnamento. Scrisse infatti ·parecchie romanze; lo
stesso Verdi ebbe parole di alta lode pel Figlio
dell'Esule e Lo Spazzacamino. La musica sacra
da lui scritta fu per molti anni eseguita in parec-
chi luoghi. Ne'Il'Oratorio poi aveva s~scitato tra i
giovani vero amore Jla musica, affinandone il
senso artistico. A lui, partito missionario per l'A-
merica, sucoesse il Maestro Dogliani, che si di-
stinse per l'abilità eccezionale di formare grandi
masse musicali tra i giovani. La tradizione di
70

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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quei primi si diffuse, insieme ,alle opere salesian0,
in tutte le parti del mondo.
Frattanto la musica sacra ebbe la riforma vo-
luta dalla Chiesa, affinchè rispondesse meglio ai
. suoi fini. Le scuole di canto create da Don Bosco
e dai suoi figli si fecero centri d'irradiamento del-
le nuove melodie. È doveroso segnalare tra i mi-
gliori propagandisti e compositori del nuovo in-
dirizzo musicale sacro Don Carlo · Baratta. Don
Matteo Ottonello, Don Giovanni Grosso, Don G io-
vanni Pagella, Don Raffaele Antolisei, per no-
minare solo alcuni defunti.
Darà ancora un'idea di quanto abbia fatto Don
Bosco per l'educaziGuc estetica dei suoi giovani,
un accenno di sfuggita all'imponente esecuzione
musicale che èbbe luogo per la consacrazione del-
la Chiesa di Maria Ausiliatrice il 9 giugno del
186,8.
Vi presero parte oltre 400 giovani cantori con
molti maestri di canto e dilettanti della città: alle
prove intervenn'ero i più distinti maestri di mu-
sica di· Torino. L'esecuzione della Messa e della
celebre antifona · Sancta Maria succurre miseris,
cantata da tre cori distinti, superò ogni aspetta-
zione e fu un avvenimento artistico di grande
risonanza (92).
71

10.2 Page 92

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b) IL TEATRINO.
1) Sua origine e sviluppo all'Orat01·io.
I
Don Bosco si distinse nel rendere pratico e
fine il gusto dei suoi allievi anche per mezzo del-
le cosiddette tornate o accademie letterarie e del
teatrino. Ne faremo qualche cenno.
Il 24 giugno 184? (si era proprio agli inizi
della dimora stabile a Valdocco) segnò una data
memorabile per i gioviani di Don Bosco. L'Arci-
vescovo di Torino Mons. Fransoni aveva accet-
tato di buon grado l'invito a cresimare i biri-
chini di Valdocco ed aveva promesso che vi avreb-
be inoltre celebrata la Messa e distribuita la Co-
munione. La notizia riempì tutti di indieibile gio-
ia, e i preparativi, per rendere la festa più
splendida che si potesse, divennero febbrili. L'ac-
coglienza fatta all'illustre Prelato fu qua:O.to mai
cordiale. Appunto in quella circostanza l'Arei--
vescovo, entrato nell'umile Cappella e alzat.osi ·
a parlare, s'avvide che colla punta della mitra da-
v a nel soffitto, e, · sorridendo, esclamò sottovoce :
« Bisogna usare rispetto a questi giovani e predi-
care loro a capo scoperto». E così fece.
Dppo la Messa - seguita dalla colazione, of-
fer ta ai giovani dall'Arcivescovo, - si svolse una
festicciola in onore del Prelato. Si lei:;;sero compo-
nimenti in versi e in prosa, si recitò un gra-
72

10.3 Page 93

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zioso dialogo, e<l ecco finalmente comparire il ce-
lebre Caporale .di Napoleone. Questi procurò una
sì amena ricreazione, che l'esimio Prelato ebbe
poi ad affermare di non aver mai riso tanto in
vita sua (93). Possiamo dire che allora nasceva il
· teatrino salesiano, il quale però avr-ebbe preso
consistenza solo due anni dopo, nel 1849, per il
maggior impulso datogli dal Santo.
Scrive Don Lemoyne che in quell'anno < fu il
suo ardente amore alla bella virtù che diede origi-
ne al teatrino per gli allievi interni dell'Orato-
rio » (94). Si noti l'alta finalità che ne determinò
l'origine.
Al principio, il giovanett9 Carlo Tomatis s'in-
gegnava a fare i burattini, servendosi di una te-
sta di Gianduia. Più tardi il Marchese Fassati
regalò un teatrino di m~rionette, e il buon · To-
matis, aiutato da Don Chiappero, divertiva gli
spettatori con burle e motti piacevoli. Così fino
_al 1851. S'incominciò allora un tentativo di pal-
coscenico improvvisato, sul quale recitavansi com-
mediole e farse.
Dal 1858 al 1866 il teatrino si faceva nel re-
fettorio sottostante alla Chiesa di San Francesco
di Sales, e, proprio in quegli anni e in quel mo-
destissimo locale, si recitarono le famose comme-
die latine che attrassero all'Oratorio il fior fio-
re della cittadinanza torinese.
73

10.4 Page 94

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La commedia intitolata Minerval, del Padre
Palumbo, fu rappresentata 1'11 aprile 1861 con
,tal successo che si volle il bis. Vennero in seguito
le applaudite commedie latine d-el professore Don
Francesia.
Basta l'accenno a questa audace impresa' per
capire con quanta serietà ed efficacia si adopera-
va Don Bosco a formare il senso estetico dei suoi
-alunni.
Quando poi il suddetto locale non potè più
contenere il numero crescente dei giovani e degli ·
invitati, s'incominciò a preparare il teatrino nel-
l'ampia sala di studio.
Le accademie si facevano all'aperto, in cortile.
Particolare carattere rivestivano le ac~ademie per
l'onomastico · di Don Bosco, allietate dalle trovate
e dai canti del celebre Gastini, che si compiaceva
di chiamarsi « il Menestrello di Don Bosco». L'ul-
tima, cui prendesse parte il buon Padre, fu quel-
la del 1887, nella Festa di San Giovanni Battista.
In tale occasione egli manifestò il desiderio ·di
costruire un locale destinato esclusivamente al
teatrino; ma ciò non potè effettuarsi che nel 1894
dal suo primo successore Don Rua. L'inaugurazio-
zione avvenne all'Epifania 'del 1895 con la recita
della Casa della Fortuna, scritta dallo stesso Don
Bosco e rappresentata la prima volta nella festa
di Santa Cecilia del 1864.
74
.)

10.5 Page 95

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Ci parvero necessari questi cenni storici sul-
l'origine del teatrino salesiano perchè, attraverso il
suo svolgersi, noi veniamo a. conoscere sempre
meglio il pensiero pedagogico di Don Bosco ri-
spetto al teatro. Tale pensiero noi lo troviamo
fissato nel piccolo Regolamento d el teatrino, _trac-
ciato nel 18?'7 dallo stesso Don Bosco e presentato
al Primo Capitolo Generale in quel medesimo
anno. L'argomento è diviso in quattro parti e
vi ·si tratta del teatrino, della materia ad~tta, del-
le cose da escludersi, dei doveri del capo-teatrino.
da nota{si che Don Bosco, uomo eminente-
mente pratico, non s'indugiò sulla questione tan-
te volte sollevata, se cioè il teatro fosse un bene
o un male. Egli era convinto che avviene pel tea-
tro come per tante altre cose umane, che sono
buone o cattive a seçonda ·del fine che uno si
propone e dei mezzi adoperati per raggiungerlo.
D'altronde anche la storia del teatro in ge-
nerale ci parla delle varie sue mutaziohi, poichè
esso manifestò a volte · un .carattere religioso, al-
tre volte un carattere _patriottico, ed anche un
carattere didattico, quale palestra per la forma-
zione estetica. Nella maggior parte dei _casi fu
un passatempo, che disgraziatamente, soprattutto
con la commedia satirica, degenerò in laidezze che
nuocevano ai costumi. Purtroppo· anche le laudi
drammatiche ed evangeliche, e gli atti sacramen-

10.6 Page 96

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tali a sfondo essenzialmente spirituale e religioso,
non sempre cor~isposero alla loro finalità.
\\ Presentemente poi ognuno sa quanto sia il
male che, malgrado nobili tentativi in contrario,
ha diffuso ~ diffonde il teatro. Noi non possiamo
ammettere che si sacrifichi la morale all'arte sce-
nica e seguitiamo a éredere con Don Bosco che ·
oggetto del teatro debba essere l'elevazione e san-
tificazione della vita. Egli nella breve prefazione
al suo lavoro Una dispufa tra un avvocato e un
pastore protestant~ scrisse queste parole: < Cre-
do che sia facile rappresentare questo dramma
tanto nelle città quanto nei paesi di campa-
gna, e che, mentre la verità e l'intreccio delle cose
renderanno piacevole il trattenimento, l'errore
verrà pure manifestato e la verità conosciuta a
'maggior gloria di Dio, a vantaggio delle anime e
a decoro della nostra santa cattolica Religio-
ne» (95).
·
Così intese Don Bosco il teatro, e così appmÌ-
to egli si esprime all'inizio del Regolamento: < Il
teatrino, fatto secondo le .regole della morale cri-
stiana, ·può tornare di grande vantaggio alla gio-
ventù, quando non miri ad altro, se non a ralle-
grare, educare e istruire i giovc>ni più che si pos-
sa moralmente :)) (96)_.
7(3

10.7 Page 97

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2) Scopi del teatrino.
1) Ra' llegrare. Il teatro deve servire anzi-
tutto a rallegrare i giovani. Il 30 gennaio 18'71
Don Bosco diceva ai Direttori dei suoi Istituti:
« In ogni Casa di .educazione, o bene 'o male, bi-
sogna che si reciti, perchè questo è anche un
mezzo per imparare a declamaTe, per imparare
a leggere con senso; e poi, se non c'è questo, pare
che non si possa vivere » (9'7).
Se il divertimento era già importante ai tempi
di Don Bosco, come d'altro11.de lo fu in ogni tem-
po, ben possiam~ dire che dalla Società moderna
è considerato necessariò come il pane. Non è
più un semplice desiderio, ma une. frenesia di di-
vertimenti. È uno sviamento e una aberrazio-
ne contro cui bisogna reagire, pur riconoscendo
che, sventuratamente, ci troviamo dinanzi a lina
triste ma ineluttabile realtà. È questo il .motivo
p er cui, pressochè in tutte le nazioni, sorgono co-
mitati, non solo di cattolici, ma anche di altre
confessioni religiose, i quali si prefiggono lo scopo
di moralizzare il divertimento.
Don Bosco, quasi presagendo le tristi conse-
guenze di questa frenesia, anzichè indugiarsi a
lamentare i disordini, si preoccupò di eliminarli
in ragione delle sue forze, e di rallegrare i gio-
vani secondo le regole della morale cristiana.
77

10.8 Page 98

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2) Educare: « I Direttori egli scrive
si ricordino che il tea'tro deve servire di sollievo
e di educazione per i giovani, che la Divina Prov-
videnza invia alle nostre Case» (98).
Con queste parole Don Bosco fissava il secondo,
e, vorremmo di.re, il precipuo scopo da raggiun-
gere pei: mezzo del teatrino. Educatore e Fonda-
tore di Famiglie· Religiose destinate all'educazio-
ne, voleva che tutto servisse a .così nobile scopo.
Il teatrino fu da lui considerato come parte in-
tegrante del suo sistema educativo: ed era tanto
convinto di ciò che non disdegnò di dedicare al
teatrino parte della sua attività di scrittore. Anzi
creò a tal fine la « Collana drammatica» nella
quale figuravano, tra gli altri lavori di polso,
' quelli del nostro valente Don Lemoyue.
Lo spirito di quei lavori dovrebbe servire sem-
pre a noi di esempio circa il modo di comporre
per le nostre scene.
La casa della fortuna, scritta dallo stesso Don
Bosco, è una produzione potentemente educati va.
In essa la parola semplice, pervasa di grazia e
· di freschezza, ci presenta sempre la morale viva
e trionfante.
Conoscitore dei cuori, Don Bosco si sforzava
di migliorarli anche qua1ido li inondava di gioia
serena, liberandoli dalle funeste conseguenze del
teatro perverso. Il vizio non si corregge colla rap-
78

10.9 Page 99

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presentazione del vizio; avverrà anzi il rovescio.
Noi sappiamo con quale veemenza il Crisostomo
ed altri santi Pastori ed Educatori si scagliavano
contro le luride rappresentazioni dei loro tempi.
Essi dicevano che la gioventù educata fra que-
sto luridume diventa più infame di qualunque
fiera. E di conseguenza Don Bosco volle per i
suoi figli un teatro che alla piacevolezza unisse
l'idea morale. « Si diano pure commedie - di-
ceva - ma cose semplici, che abbiano una mora-
lità» (99).
.
Naturalmente, affinchè una rappresentazione
sia morale, quale la intendeva Don Bosco, non
basta che contenga qualche espressione religiosa
o alcuni sentimenti onesti, mentre l'intreccio ·ri-
mane del tutto alieno, se pure non è contrario,
più o meno velatamente, alla morale cristiana.
È necessario-che tutta l'azione scenica abbia una
vera e propria impostazione in senso cristiano,
ossia - per applicare alle composizioni teatrali
ciò che San Giovanni Bosco raccomandava a Don
Lemoyne per la prosa storica - «: la morale sia
come impastata nel racconto, e non Cùme ma-
teria separata» (100).
3) Istruire. Il terzo fattore del teatro voluto
da Don Bosco è l'istru~ione. Lo dimostrò pratica-
mente quando fece rappresentare sul palcosce-
nico la sua commedia in 3 atti Il sistema metrico
79

10.10 Page 100

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decimale. Il celebre pedagogista Ferrante Aporti,
che assistette alla rappresentazione, ne fo ammi-
rato e disse: < Don Bosco non poteva immaginare
un· mezzo più efficace per rendere popolare il _si-
stema metrico decimale: qui lo si impara riden-
do » (101). Lo stesso dicasi della già citata Dispu-
ta tra un av;ocato e un pastore protestante, che
si aggirava intorno alle verità della Fede.
Don Bosco però non si accontentava di fissare
in forme generiche le finalità del teatrino. Av-
viene troppe volte, ed egli lo sapeva, che nono- .
stante la bontà dei prindpi, se ne possono dedur-
re conseguenze meno rette, o farne applicazioni
errate. Per ovviare a questo inconveniente egli
scese ai più minuti particolari, che manifestano,
non ·solo l'alto suo senso morale,' ma anche quel-
l'illuminata praticità che d'ordinario è la chiave
del successo nelle imprese.
3) La materia del teat'rino.
Il teatro doveva, secondo il nostro Padre, rag-
giung~re il fine per cui era stato istituito, e poi-
chè esso è a vantaggio dei giovani, voleva compo-
sizioni semplici, morali e brevi (102).
La materia dunque dev'essere anzitutto sem-
plice, cioè proporzionata alla intelligenza e alla
capacità dei giovani. Certi drammi a tesi filosofi-
80

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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che o sociali, infarciti di ragionamenti astrusi che
si prestano ànche a essere fraintesi, non sono
certamente materia adatta per i nostri teatrini.
Egli voleva che non si tenesse gran conto de-
gli esterni, che eventualmente fossero invitati alle
nostre rappresentazioni. Queste devono servire d'i-
. struzione e ricreazione agli alunni, e perciò il
contenuto dev'essere alla portata dei medesimi.
I
Gli invitati e gli amici che sogliono intervenire,
rimangono sodisfatti e contenti vedendo come nei
nostri Istituti si cerca in tutto la formazione, il
gusto e l'utilità dei giovani educandi: « Non è
più teatrino, ma un vero .teatro - lamentò una
volta il nostro Padre. E proseguiva: - Nè io
intendo che i nostri teatrini diventino spettacoli
pubblici, in modo da far arrabbiare quelli che
non possono venire, e da cercare in ogni modo
di aver dei biglietti di entrata» (103).
In secondo luogo la cosa che maggiormente
preoccupava Don Bosco era che il, teatro foss e .
emiuentemente moral,e. Una buona recita può va-
lere quanto e forse più di una predica: e perciò
a - come diceva Don Bosco - « non s'abbiano
vedere di quelle scene che indurir possono i]
cuor dei giovani o far cattiva impressione sui deli-
cati lor sensi » (104). Nel suo pensiero il teatro do-
veva essere specchio di virtù e cattedra di ve-
rità, e non già un saggio di psichiatria introspet-
81

11.2 Page 102

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tiva, e meno ancora un'avventura di ladri e di
briganti: gioia egli voleva per gli occhi, e nutri-
mento per lo spirito dei giovani spettatori.
Era sua norma che la nausea del vizio è me-
glio destarla proponendo la bellezza della virtù.
Per questo scriveva: « Si devono escludere le tra-
gedie, i drammi, le commedie, ed anche le farse
in cui viene vivamente rappresentato un carattere
crudele, vendicativo, immorale, sebbene nello svol-
gimento dell'azione si abbia di mira di corregger-
- lo ed emendarlo ». E ne dà la ragione: « Si ritenga
che i giovanetti ricevono nel loro cuore le impres-
sioni di cose vivamente rappresentate, e difficil-
mente si riesce a farle dimenticare con ragioni
o con fatti opposti » (105).
Chi è vissuto tra i giovani sa capire l'alta
sapienza di questa considerazione. Purtro,ppo essi I
subiscono più fortemente l'impressione dell'atto
malvagio che non l'~ntidoto dell'azione virtuosa.
Per lo stesso motivo Don Bosco vuole che < i
duelli, i colpi di fucile e di pistola, le minacce
violente, gli atti atroci, non facciano mai parte
del teatrino » (106). È risaputo che\\ tutto_ciò che
è violento, anzichè educare, turba l'animo del
fanciullo. L'educatore attento potrà rendersi con-
to di ciò, osservando i ragazzi nei giorni succes-
sivi a una recita in cui spiccarono caratteri vio-
lP-:nti. Anche i più .piccini cercheranno di ripro-
82

11.3 Page 103

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durre al v.ivo le scene e le mosse più tragiche,
ripetendo financo frasi e parole ingiuriose o vol-
gari uscite ,dalle labbra degli attori.
Come ben si vede, nulla sfugge all'intuito'pro-
fondamente pedagogico di Don Bosco: egli vuole
il teatro essenzialmente formativo, e non lo avreb-
be mai concepito ·puramente come un diversivo
amorale, come suol dirsi. Senzà voler scendere a
discussioni, pensiamo con Don Bo.sco che non è
possibile togliere a una rappresentazione teatrale
ogni efficacia morale. Come non esiste pratica-
mente la scuola neutra, così neppure esiste iJ
teatro amorale.
Già ai tempi di Don Bosco erano in uso le co-
siddette riduzioni, le quali avevano lo scopo di
·sopprimere dal testo teatrale le scene o le fras i
sconvenienti, e soprattutto di cambiare o di toglie-
re le parti affid~te a persone di sesso diverso. Egli
però non approvava questi sistemi. In una circo-
stanza fu ridotto e rappresentato all'Oratorio Ge-
lindo o La Natività di N. S. Gesù Crisi;;-_ Gli in-
convenienti furono tali che Don Bosco non lo per-
mise mai più (10'7).
Certi adattamenti - o · perchè non manca a
volte chi ne conosca l'intreccio originale e ne ren-
da edotti i compagni, oppure perchè nella mag-
gior p_arte dei casi la soppressione lascia suppor-
re chissà che cosa - sono grandemente danno-
83

11.4 Page 104

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si. È poi risaputo abbastanza che certe cose e
certi personaggi si tolgono dal contesto ma riman-
gono sulla scena, oppure, ciò che può esser peg-
gio, tra le quinte.
Don Bosfu su questo punto era così severo- che; '
essendo stato invitato ad assistere, iri un Istituto
diretto da religiosi, a una rappresentazione ·tea-
tral~ che non era conforme - alle norrpe suespo-
ste, non potè trattenersi dal dire al Superiore:
- E dànno di queste cose? - E alzatosi, ab-
bandonò il teatro (108).
Don Bosco insiste perchè < non sia mai nomi-
nato il nome di Dio, a meno ~he ciò avvenga a
modo di preghiera o di ammaestramento ,) : nè
vuole che < si proferiscano best~mmie o impreca-
zioni, sia pure con lo scopo di farne poi la corre-
zione. Si evitino pure quei vocaboli che, detti altro-
ve, sarebbero giudicati in.civili o plateali) (109).
Pel -raggiungimento delle finalità suindicate
Don Bosco suggerisce ancora che tra un atto e
l'altro, « sia dominante la declamazione di brani
scelti da buoni autori, la poesia, la prosa, le fa-
vole, le cose facete e ridicole quanto si vuole, pur-
chè non immorali. La musica vocale o strumen-
tale, le - parti obbligate, gli assolo, i duetti, ter-
zetti, quartetti, cori, sia.no scelti in modo che pos-
sa.no ricreare e promuovere ad un tempo l'educa-
zione e il buon costume » (110).
84

11.5 Page 105

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Don Barberis, maestro di pedagogia all'Ora-
torio, così enumerava gli effetti di una sana rap-
presentazione: « Il teatro, se le commedie sono
ben scelte:
·
1) È scuola di moralità, di buon vivere so-
ciale e talora di santità.
2) Sviluppa assai la mente di chi recita e
gli dà disinyoltura.
3J Rallegra i giovani, che ci pensano molti
giorni prima e molti dopo.
4) u:r;io dei mezzi potentissimi p er preoccu-
pare le menti. Quanti cattivi pensieri e _cattivi
discorsi allontana, richiamando ivi tutta l'atten-
zione e tutte le conversazioni!
5) Attira molti giovani ai nostri Colleg·i poi-
chè durante le vacanze i nostri aliievi raccontano
ai parenti, ai compagni, agli amici, l'allegria delle
nostre Case » (111).
È evidente che l'esercizip della memoria e l'ap-
prendimento di scelti brani giovano alla formazio-
ne intellettuale e artistica degli alunni. Quando
poi i componimenti sono fatti dagli allievi stessi
che si presentano a recitarli, si ha pure il van-
1
taggio di un potente contributo alla riflessione e
alla formazione del carattere, mediante profonde
affermazioni, che diventano insensibilmente pro-
gramma di_ vita feconda. Infine l'intervento di
molti e molti nelle rappresentazioni e declama-
85

11.6 Page 106

▲back to top
zioni contribuisce, secondo Don Bosco, a rendere
.meno superbi i giovani (112).
Stavano tanto a cuore queste recite, e l'espe-
. rienza dimostrò essere tanto benefico il loro ln-
flusso, che nel Regolamento del teatrino v,em{e
inserito questo articolo di grande utilità pratica:
« Ogni Direttore e gli altri Superiori sono invi-
tati a mandare ,all'Ispettore quei componimenti
drammatici ~he possono rappresentarsi secondo
le regol~ sovraesposte. L'Ispettore raccoglierà tut-
te le rappresentazioni già conosciute, esaminerà
quelle· che gli fossero deferite, e le conserverà se
sono adatte, e ne fa:c.à le debite correzioni» (113).
Con questa semplice misura si andò forman-
do la. prima collanà drammatica, seguita da tante
altre in tutte 1~ lingue: e siamo certi che l'osser-
vanza di detta prescrizione servirà ad arricchirle
di sempre nuove produzioni.
Anche nelle accademie Don Bosco voleva che la
materia illOn fosse dissimile da quella del teatro.
Nel 1876, in occasione della festa del Patro-
cinio di San Giuseppe, gli artigiani fecero un'ac-
cademia, in cui l'elemento morale dava l'intona-
zione a ogni dialogo e sentimenti cristiani sboc-
ciavano qua e là ad çt{fiorare il discorso. Don
Bosco ne rimase così sodisfatto che, nel suo di-
scorsetto di chiusura, disse, come raramente dice-
va: 4: Vorrei che di queste accademie con simili
86

11.7 Page 107

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dialoghi ·se ne facessero tutti i giorni. Io, potendo,
verrei ad assistervi ogni volta. Ne sono tanto
contento che nulla più. Fatene, fatene ancora, che
io mi procurerò il piacere · di trovarmi fra voi ».
Indi raccomandò al Direttore Don Lazzero che
quei dialoghi fossero conservati, per ripeterli al-
frove (114).
Parlando della sodisfazione provata in circo-
stanze simili il cronista aggiunge questo con;imen-
to: « Mi persuasi di due cose: che questa specie
di accademie religiose ben preparate possono es-
sere bellissime, istruttive, e al tempo stesso pro-
durre un bran bene morale ai giovani » (115).
Infine Don Bosco esige che le composizioni tea-
trali siano brevi. Egli fa notare che la troppa
lunghezza dei drammi o delle composizioni, « ol-
tre al maggior disturbo delle prove, generalmente
stanca gli uditori, e fa perdere il pregio della rap-
presentazione, e cagiona noia anche nelle cose
stimabili » (116).
« Il bello e la specialità dei nostri teatrini
consiste nell'abbreviare gli intervalli tra un atto e
l'altro e nella declamazione di composiztoni ap-
positamente preparate o ricavate da buoni au-
tori » (117).
Noteremo .per ultimo che il santo Educatore
insiste che si prepari il palco alla vigilia della re-
cita, « in modo che non abbi~i a lavorare nel
87

11.8 Page 108

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giorno f~stivo » (118), con poca edificaz~one da
parte degli alunni.
4) Cose da escludersi.
Ma il pensiero pedagogico .di Don Bosco ri-
spetto al teatrino appare anche dalle norme da
lui stabilite sia per gli attori che per gli spet-
tatori, e raccolte in due capitoli intitolati: < Cose
da escludersi) e < Doveri del Capo del Teatrino~.
Dovendo le recite essere un mezzo pedagogico,
egli anzitutto vuole che possano effettivamente
servire di stimolo e di premio.
Tutti sanno come s1a vivo nei, giovani il desi-
derio di recitare. Orbene dice Don Bosco: < Tra
ì giovani da destinarsi a recitare si preferiscano
i più buoni di condotta, che, p er comune incorag-
giamento, di quando in quando saranno surrogatj
da altri compagni » (119).
Con lo stesso alto senso educativo determinò
· che si limitasse l'abbigliamento alla trasformazio-
ne dei propri abiti, o a quelli che già esistono nel-
le rispettive case o che fossero da taluni regala-
.ti (120). Gli abiti troppo eleganti' lusingano l'a-
mor proprio degli attori, ed eccitano i giovanetti
a recarsi nei pubblici teatri p er appagare la
loro curiosità. Il capo-teatrino sia poi rigoroso
nell'adottare vestiari decenti . (121).
Udiramo dal $ervo di Dio Don Rinaldi che,
88

11.9 Page 109

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essendo egli Direttore del nuovo Istituto di San
Giovanni · Evangelista in Torino, per la miglior
riuscita di uno spettacolo teatrale, a cui dove va
intervenire il Card. Àlimonda, si credette bene di
prendere a nolo da un teatro pubblico vestiari
veramente ricchi ed eleganti. Don Rinaldi osservò
che Don Bosco, quando vide ·i giovani così ricca-
mente vestiti, abbassò gli cechi e non li alzò
più durante tutto il tempo dello spettacolo.
All'Oratorio restò celebre la rappresentazio ne
dei Tre Re Magi, fatta ancora ai tempi cosiddetti
eroici. Siccome si sapeva che Don Bosco non
a~rebbe autorizzato spese per il noleggio dei ve-
stiti, il buon Tomatis con qualche compagno 1ri-
correndo alle suore del Rifugio e a Parroci, potè
avere in prestito alcuni piviali. Quando i Re-Magi
comparvero sul palcosce;nico con i piviali sulle
spalle, le risa convulsive degli spettatori n:on
avevano più fine; e· Don Bosco tdlse d'impiccio
i poveri attori ordinando loro di deporre subito
quelle sacre vesti (122). ll ricordo dell'il\\genua
semplicità di quei primi tempi è una l~zione sa-
lutare per tutti.
Insegna ancora la buona pedagogia eh~ il pre-
mio, affinchè abbia il suo effetto salutare, non
dev'essere ecèessivo. Per questo Don 'Bosco proi-
bisce che agli attori si facciano altre regalìe, oltre
il premio della recita stessa.
89

11.10 Page 110

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Secondo il nostro Padre, «: il permettere ehm-
parare la musica, il canto, il suono, di esercitarsi
a declamare e simili, deve già riputarsi sufficiente
soddisfazione. Se poi alcuno si fosse guadagnato
un premio speciale, i Superiori hanno molti mezzi
per rimeritarlo condegnamente » (123).
Don Bosco poi considera come sorgente di di-
sordini « le bibite, i confetti, i commestibili, le
colazioni o merende, ,che talvolta si distribuiscono
agli attori o a quelli che si occupano deglj ap-
parecchi materiali » (124).
(: L'esperienza - egli continua - mi ha fatto
persuaso che queste eccezioni generano vanaglo-
ria e superbia in coloro cui sono usate, invidie e
umiliazioni nei compagni che non ne partecipano.
A questo si aggiungano altri più gravi motivi, fa-
cilmente intuibili, per cui si crede opportuno di
stabilire che non siano usate particol~rità agli
attori, i quali vadano alla mensa e al trattamento
comune. Essi devono essere contenti di prender
parte alla comune ricreazione o come attori o co-
.r,ne spettatori » (125).
È veramente mirabile la delicatezza di Don
·Bosco, Educatore, cui nulla sfugge di quanto può
contribuire alla formazione degli educandi, secon-
do la sua ·massìma che il teatrino ~ deve servire
di sollievo e di educazione per i giovani che la
Divina Provvidenza invia alle nostre Case> (126).
90

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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Riguardo poi agli spettatori, che sono gli alun-
ni, egli inculca la riconoscenza verso i Sup eriori
che s'industriano e si sacrificano per procurar loro
una piacevole distrazione. Domanda 1ad essi com-
patimento per gli attori, e soprattutt~ per chi
sbagliasse o facesse meno bene. Sempre nel Re-
golamento per gli Allievi (Capo XV, Contegno
nel Teatrino) li esorta a non manifestar disappro-
vazione o scontento e ad essere invece larghi e
generosi nell'applaudire gli attori, i quali si son
sottoposti a non lievi fatiche e a perdite di ri-
creazioni e di sonno per procurare alcune ore
liete agli spettatori.
· Quando intervengono persone esterne, racco-
manda ne sia regolata prudentement l'entrata,
l'uscita e la presenza, in modo da -non turbare il
buon andamento delle cose.
Don Bosco era convinto che il teatrino potreb-
be diventare facilmente un mezzo di perversio-
né, a·nzichè d'educazione, qualora ·non fosse cir-
condato di tutte le cautele. Per questo stabilisce
che durante le prove e le recite sia ocù.l~ta l'as-
sistenza (12?) e che non si permetta la presenza
sul palco a coloro che non r,ecitano (128).
La delicata ocùlatezza di Don Bosco, mentre
costituisc.e una eredità preziosa per i suoi figli, è
anche di esempio e di stimolo a chiunque debba
occuparsi della gioventù.
91

12.2 Page 112

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e) IL CINEMATOGRAFO.
Parlando del ·teatro, come elemento di forma-
zione estetica e morale, non si può oggi non dire
una parola sul cinema. È vero che il cinema non
esisteva ai tempi di Don Bosco: noi possiamo
tuttavia, alla luce dei suoi concetti ped~gogici,
vedere se il cinema risponda ad essi e possa con-
siderarsi come mezzo di educazione estetica e
morale.
Le persone oneste sono certamente concordi
nel dire che, disgraziatamente, il cinema, quale-
oggi esiste, è nella ~aggioranza dei casi, strumen-
·to di corruzione. Basta leggere i giornali per ren-
dersi conto dell'influenza che esso esercita sugli
nnimi giovanili. Latrocinii, assassinii, suicidi, fur-
ti, fattacci di ogni genere vengono perpetrati da
minorenni, còrrotti alla perversa scuola del ci-
nema.
Associazioni di padri e madri ~i famiglia,
e gli stessi Parlamenti, invocano un argine con-
tro questa fangosa fiumana èhe minaccia di tra-
volgere, col pudore della gioventù, le più care ·
speranze. dell'umanità. Dio voglia che i Governi
aiutino efficacemente le iniziative e gli sforzi
di tutti gli onesti!
Non mancherà. forse chi voglia prendere la
difesa di certo cinema dicendo che, dopo tutto,
92

12.3 Page 113

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si rappresenta al vivo il VIZIO appunto percL ,
lo si esecri e fugga. No, il ~aie non bisogna.
insegnarlo perchè lo si eviti, ma nasconderlo per-
chè non lo si commetta. C'è poi una passione,
la più bassa della nostra natura, con la quale
non si lotta, ma dalla quale si fugge. È questo
l'insegnamento degli educatori, di ogni uomo one-
sto e dei santi. Diceva in proposito il Manzoni
che in noi c'è già troppo fuoco d'amore latente
senza bisogno che gli scrittori (e in questo caso,
i produttori di films) vi aggiungano l'esca. E
poi a causa del peccato originai~, è così debole e
perversamente inclinata la natura umana che.
quando il vizio è ben dipintQ, tutta la pervade
e offusca.
Altri vorrà obiettare che il niale esiste e che
noi lo abbiamo costantemente sotto i nostri occhi.
Ma allora che bisogno c'è di presentarlo ai giovani
e agli adulti sotto i colori più smaglianti e con
le attrattive più ·seducenti? È vero, il male esi-
ste. Ma l'educatore sapiente insegnerà al giovane
a rifuggire da esso, perchè non vi si attacchi; · ]o
ammonirà di non scherzare con le fiamm~ se non
vuole averne bruciate le ali; e soprattutto procure-
rà, solleva'ndolo dal fango che lo circonda, di su - ·
blimarlo alle sfere serene del candore.
Così jnsegnava Don Bosco. Questi sono i suoi
princìpi, che noi possiamo e dobbiamo mettere
93

12.4 Page 114

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in luce e praticare davanti al dilagare del cine
corruttore. Nè si dica che certe cose non fanno
più impressione. È questa anzitutto una men-
zogna; e poi l'abitudine, non ·solo non toglie la
malizia, ma la rende più degradante.
Don Bosco sapeva, .per aver visitato durante
lunghi anni le carceri e ·per aver trattato con i
giovani abbandonati nelle vie e nelle p razze, che
proprio la perversa abitudine di assistere a cer-
te scene abbassa ogni giorno più il termometro ,
morale, togliendo alla gioventµ. la ..- fragranza del-
la purezza, la quale è il suo tesoro più ricco;
l'ornamento più leggiadro.·
Dai princìpi ped~gogici di Don Bosco risulta
ben chiaro che la vita, alla luce della natura e
della
vato
Grazia,
di quel
èr'eqauliaslmcoosachdei
ben più grande ed ele-
sventuratam. ente si ri-
solve in una spudorata ostensione del fango. ·Dal-
la lettura del suo Regolament~ sul teatrino ri-
sulta chiaro che egli non avrebbe mai approvato
cert_i accostamenti di fango e di santità, certe
mescolanze di sacro e di profano, per cui quasi
si pretenderebbe che la Religione e la santità deb-
bano servire di pretesto p er coonestare l'oscenità.
Per Don Bosco la Religione non è un elemento
decorativo: e non avrebbe mai permesso di ridur-
re la santità a una maschera. I suddetti ibridismi
li avrebbe chiamati col loro nome, definendoli una
I
.
94

12.5 Page 115

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indecorosa profanazione, un insieme di ipocrisia
e menzogna per ingannare e corrompere gli incau-
ti. Egli non avrebbe mai permesso che contrasti,
impressioni e curiosità malsane, si potessero coo-
nestare poi con una fugace smorfia di pentimento,
dopo che, per ore intere di morbosa eccitazione
immorale, la fantasia fosse stata stimolata a fo-
mentare i bassi istinti. La smo~fia ben tosto va di-
menticata, ma permangono gli offuscamenti e i
travolgimenti del senso e dello spirito.
Don Bosco avrebbe applicato ai films ciò che,
a proposito del teatro, riguarda la ria.uzi'one di
certi drammi o commedie. Il taglio della pellicola
non moralizza certe situazioni equivoche, anche
se si tolgono di mezzo le scene direttamente of-
fensive del pudore. E poi, come già si disse per i
drammi, i tagli sono troppe volte uno stimolo a
curiosità morbose.
Conchiudiamo quest'argomento dicendo che
il teatrino, come lo concepì Don Bosco, ha non po-
chi e non lievi vantaggi sul cinematografo. So-
prattutto ppr ciò che riguarda i giovani attori,
il teatrino è un premio, un incoraggiamento, un
utile esercizio intellettuale ed artistico, una oc-
cupazione veramente formativa.
Pel teatrino poi è assai più facile il controllo
della materia, e si può avere anche una comple-
ta sicurezza morale; mentre le pellicole, che an-
95

12.6 Page 116

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che le case pm serie noleggiano come perfetta-
mente morali, riservano troppe ingrate sorprese.
Sono note a tutti le precauzioni delle sa:le catto-
liche per accertarsi di un severo controllo morale
dei films, perdendosi in ·ciò molte ore preziose:
eppure, anche così, non mancano tante delusioni
e, diremmo, tradimenti._
vero che vi sono pellicole a carattere sem-
plicemente istruttivo e· documentario; ma queste,
oltre ad essere ancora purtroppo scarse, non ri-
spondono a tutti gli scopi formativi del teatrino.
Don Bosco era persuaso che l'uomo è buono, non
per quello che sa, ma per quello che fa: ecco per-
chè col teatrino egli non si limitava a coltivare
la mente, premendogli soprattutto d'irrobustire la
volontà ed arricchire il cuore.
Questo è certo, che anche Don Bosco, una
Yolta fatto persuaso non potersi più sopprimere
· il cinema, avrebbe cercato in tutti i modi di li-
mitarlo e migliorarlo, favorendo- le iniziative che
teU:dono a così nobile scopo.
Il fatto che siano sorti in quasi tutte le Nazioni
comitati e società che si propongono la creazione
del cinematografo educativo, indica quanto siano
giusti i criteri di Don Bosco, ed anche quanto sia
grave il male che si lamenta. A questa impresa
moralizzatrice e ricostruttrice egli avrebbe sti-
molato, non solo i suoi figli, ma tutti gli educatori,
/
96

12.7 Page 117

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ai quali stia a cuore la T_era formazione della
gioventù.
d) LA RADIO.
Taluno vorrà ancora chiedere quale atteg-
giamento avrebbe preso Don Bosco dinanzi alla
radio. Mosso dal suo grande amore alla gioventù,
avrebbe anzitutto fatto ogni sforzo per arginare
i mali della radio, stabilendo che ne fosse con-
trollato e disciplinato l'uso.
Questo appunto raccomandava Pio XI nel-
l'Enciclica Divini Illius · Magistri con le seguenti
notabili espressionj: < Ai nostri tempi si fa neces-
saria una tanto più estesa e accurata vigilanza
quanto più sono cresciute le occasioni di naufragio
morale e religioso per la gioventù inesperta, se-
gnatamente nei libri empi e licenziosi, molti dei
quali diabolicamente diffusi a vii prezzo, negli
spettacoli del cinematografo, ed ora anche nelle
audizioni radiofoniche, le quali moltiplicano e
facilitano, per così dire, ogni sorta di letture, co-
me il cinematografo ogni sorta di spettacoli. Que-
sti potentissimi mezzi di divulgazione, che pos-
sono riuscire, se ben governati da sani princìpi,
di grande utilità all'istruzione ed educazione ven-
gono purtroppo spesso subordinati all'incentivo
delle male passioni ed all'attività del guadagno».
Il motivo principale di questi disordini bisogna
97
' (Il)

12.8 Page 118

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cercarlo nella coscienza di chi parla alh1 radio,
la quale non è sempre cristianèl; ow-lè <'he la :ra-
dio non si può ascoltare sempre e da tut.ti.
Anche Suèl Santità Pio XII, il ..>? 11pr,i,,lf. ,h::l
1948, denuncìava in un messaggio ra<liodiff11~0 la
responsahilità del criminale cht fa della ra,Uo
uno strumP.uto cli corruzione intellcttualt-; e mo-
rale, ed t'Su:dava chi. parla alla radio a portare
nel1'enunciatn di ciò che deve dire quella delica-
tezza, -1uel1a nnhiltà di espressione, che gli per-
met.ta di farsi ('omprendere dai grandi, senza de-
stare l'immaginazioite o commuovere ]a sensibilità
dei piccoli. Jfaximu debetur puerc, rer>erentia: si
deve al fanciu11o ii più grande rispetto, diceva
il poeta Giovenale. Conciliare questo rispetto con
il diritto o .il dovere di parlare, ecco il proble:...
ma che intei-essa anzitutto i genitori e poi gli edu-
catori.
Don Bosco si farebbe eco dell'appello dei Papi
per la salvaguardia della moralità anche nel cam-
po della radio, affinchè non sia causa di tanti tra-
viamenti giovanili. Egli avrebbe esortato i suoi
Figli e tutti gli educatori a scongiurare i pericoli
della radio, come già quelli del teatro e del cine,
con grande vantaggio della moralità e della stessa
.formazi,one estetica dei giovani.
98

12.9 Page 119

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CAPITOLO III.
L'EDUCAZIONE INTELLETTUALE
1. L'ingegno di Don Bosco
e la sua prodigiosa memoria.
Se notevoli furono le doti fisiche elargite da
Dio a Don Bosco, ancor più e, vorremmo dire, del
tutto straordinarie, furono le doti intellettuali.
Ci scosteremmo dallo - scopo principale di que-
sta trattazione se volessimo indugiarci a parlarne;
è però doveroso dirne , qualco~a, sia pure breve-
mente e quasi di sfuggita, prima di affrontare il
tema della educazione intellettuale.
Pio XI, nel discorso ·del 20 febbraio 1927 su
Don Bosco, intessè mirabilmente le lodi . delle
straordinarie attitudini intellettuali del nostro Pa-
dre: « Forza, vigoria di mente, calore di cuore,
luminoso e vasto ed alto pensiero, e non comune,
anzi superiore· di gran lunga alla ordinaria vi-
goria di mente e d'ingegno, e proprio anche (co-
se generalmente poco note e poco notate) di que-
gli ingegni che si potrebbero chiamare ingegni
99

12.10 Page 120

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.
propriamente detti, l'ingegno di colui che avreb- ,
be potuto riuscire un dotto, il pensatore, lo sc~it-
tore > (129).
Sei anni dopo, il 19 novembre 1933, lo stesso
Pontefice, dando un rapido sguardo alle cose da
lui personalmente vedute e -udite, presentò Don
Bosco come ·una creatura eletta nell'ordine na-
turale e in quello soprannaturale, 4:: magnifica fi-
gura soffuia di molteplici splendori e fatta di
molteplici Talori, di bontà generosa, di grànde in-
gegno, di intelligenza luminosa, vivida, perspic<1.-
ce, vigorosa, che, anche se si fosse Hmitata al cam-
mino degli studi e della scienza, certo avrebbe la-
sciato qualche profonda traccia, come qualche
traccia in questo stesso campo ha pur lascia-
to> (130).
< Don Bosco - disse altra volta - fu certo
più uomo di azione che di studio. (Ma) non gli
mancava nè un ingegno vasto e vivace· nè una
grande capacità di lavoro che non lo faceva sgo-
mentare di neisuna impresa> (131).
Di -questo suo ingegno Don Bosco diede pro-
va straordinaria (132), scavalcando ad'dirittura
le scuole elementari (133) ed abbreviando vari
codi· delle scuole medie e superiori. Fu sempre
il primo della scuola': il 15 maggio del 1841 su-
biva l'ultimo esame riportando il plus quam
optime (134}.
100

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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All'ingegno egli sep,pe unire sempre un granJ--:
amore allo studio. Anc,he quando lavorava in cam-
pagna, teneva un libro aperto, e, appoggiandosi
,a un tralcio, studiava la lezione (135).
Ed è meraviglioso vedere come egli abbia po-
tuto, in quegli anni, leggere tanti libri, special-
mente di classici italiani e latini (136).
Oggi gli studenti che dispongono di ·tanta do-
vizia di mezzi per progredire negli studi, appren-
derebbero con grande stupore che lo studente Bo-
sco per poter leggere con sua comodità gli au-
tori italiani e latini fece un contratto con un li-
braio ebreo, di nome Elia, dal quale riceveva in
prestito ogni volume della collezione dei classi-
ci, pagando un compenso di cinque centesimi per
libro (13?).
·
E che diremo della sua prodigiosa memoria?
Di essa diede §aggi portentosi, r1petendo alla let-
tera, appena decenne, le prediche udite dalle lab-
bra del suo Cappellano di Murialdo (138).
Iniziato agli studi da quel virtuoso sacerdote,
il quale aveva avuto agio di ammirare le sue me-
ravigliose doti, tosto si accorse che per lui legge-
re era lo stesso che ritenere, perchè ogni cosa gli
restava scolpita e indelebile nella mente (139).
Lasciò scritto egli stesso: « Quando ero a Chieri,
l'attenzione nella scuola mi bastava per imparare
quanto era necessario. In quel tempo ~ aggiun-
101

13.2 Page 122

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ge 10 non faceva distinzione tra il leggere e
lo ·studiare» (140). Un saggio del tutto insolito
dèHa sua mirabile memoria lo diede appunfo
a 'Chieri. Il Professore spiegava la vita di Age-
silao ' scritta da Cornelio Nepote ,1 Giovanni aveva
dimenticato il testo a casa. Per non farsi scoprire,
teneva avanti la grammatica. I suoi compagni se
ne accorsero e incominciçl.rono a sorridere. Il Pro-
fessore fece allora alzare Giovanni ordinandogli
di leggere, di fare la costruzione, e di ripetere
la spiegazione del brano che era stato letto.
Giovanni ripetè tutto _a perfezione fra lo stu-
pore dei compagni che scoppia'rono in un ap-
plauso. Il Professore, dapprima sconcertato e poi
resosi conto dell'accaduto, disse a Giovanni: « Pro-
curate di servirvi bene della vostra felice memo-
ria» (141).
·Restò memorabile la straordinaria prova di
memoria a cui lo sottopose il compagno Comollo
.. nel 1837 (142).
Quando venne a capire la bellezza e profon-
dità dei Padri e dei Dottori della Chiesa, lesse
molti volumi delle loro opere, come pure parecchi
commentari sulla Sacra . Scrittura. Prese pui e
un'esatta conoscenza dei Bollandisti. Si dedicò
alla lingua greca ed ebraica, e in particolare al-
la lettura dei libri storici. Il Testamentino greco
lo aveva imparato a memoria, e questa lingua
102 ·

13.3 Page 123

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traduceva, con grande facilità. Ancora nel 1886
recitava interi capitoli delle lettere di San Paoìo
in greco e in latino (143).
, Non poche volte parlò egli stesso del gran dono
che Iddio gli aveva fatto (144), e del quale egli
si servì per formare in seguito i suoi primi col-
laboratori dirigendo le loro discussioni scientifiche
e letterarie (145).
Se ne valse specialmente per scrivere le vite
dei Papi ed altre operette che egli dettava èon
facilità sorprendente a questo e a quello dei suoi
chierici (146). Essa gli r endeva utilissimi servizi:
anche a distanza di molti anni ricordava nomi,
persDne e fatti (147).
Nell'ultimo periodo della sua vita, dopo le
udienze cli parecchie ore, ricreava i suoi segretari
recitando brani dei più famosi classici italiani e
latini (148). Aveva una predilezione per Dante,
e si era persuasi che lo sapesse tatto a memoria;
lo portava sempre nella valigia per sollievo del
suo spirito durante i viaggi (149).
A 69 anni egli godeva ancora di questo ine-
stimabile beneficio. Il biografo ci racconta di lui
cose veramente fuori dell'ordinario, che egli me-
desimo potè costatare a Roma e altrove (150).
La stessa attestazione fece il Card. Cagliero,
parl~ndo della grande erudizione di Don Bosco
nella letteratura italiana, latina e greca (151).
103

13.4 Page 124

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Forte della sua stessa esperienza, il Santo
incoraggiava i suoi figliuoli a mandar molte cos~
a memoria, dicendo: < Se acquisterete svariate
cognizioni, avrète un grande aiuto per far del
bene specialmente alla gioventù; ma, senza l'e-
sercizio della memoria, a nulla gioverà averle im-
parate, perchè troppo facilmente le dimentiche-
rete » (152).
2. Importanza e fine
dell'educazione intellettuale.
Cou tante doti e con il corredo scientifico pre-
paratosi attraverso un'applicazione allo studio ve-
ramente eccezionale, Don Bosco era in grado di
affrontare serenamente e con garanzia di successo
i problemi dell'educazione intellettuale.
Anzitutto non sfuggì al santo Educatore l'im- ·
· portanza di questo ramo della' Pedagogia. Chia-
mato da Dio a una missione provvidenziale, era
naturale che i suoi sforzi, specialmente agli inizi
dell'opera sua, fossero dedicati p'referibilmente
all'insegnamento religioso, che egli fin da bambi-
no aveva sap'uto impartire in modo del tutto ec-
cezionale ai suoi piccoli, e talora anche già adul-
ti, compaesani.
Continuò l'insegnamento del catechismo du-
ran te tutta la sua vita, persuaso che questo apo-
104

13.5 Page 125

▲back to top
stolato sarebbe stato di grande efficacia per la
formazione ·morale dei giovani e del popolo. Egli
riuscì in tal modo uno dei più esperti e più gran-
di catechisti della Chiesa.
Però, indagatore sagace, fin dai più · teneri an-
ni aveva . compreso la somma importanza e la
necessità di apprendere varie materie, come pure
diverse professioni.
Si era agli inizi della campagna che i nemici
di Dio avrebbero condotta a fpndo servendosi di
ogni mezzo per esaltare l'istruzione «scientifica»,
la quale allora - ed oggi, ancor più decisamente
- prescindeva da tutto ciò che trascende la ma-
teria, soste-nendo perciò i princìpi malsani di quel
naturalismo che conduce logicamente all'ateismo.
Erano a lui noti i danni cagionati dalle nuo-
ve correnti del suo secolo, le · guaii praticamente
sacrificavano all'istruzione intellettuale la for-
mazione morale. Fin d'allora si pretendeva di di-
stinguere tra istruzione ed educazione fino a scuo-
tere il dovuto equilibrio tra Tuna e l'altra e a
creare così degli uomini dalla testa/ smisura,ta-
mente grande ma dal cuore gretto e rattrappito:
si rendeva per tal modo vana, tumida e malsana
la struttura della formazione intellettuale.
Don Bosco, guidato dal suo intuito profon-
damente pedagogico, aveva compreso che non vi
poteva essere vera istruzione, la quale non fosse
105

13.6 Page 126

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al tempo stesso una vera educazione. L'istruzione
infatti accompagna di pari passo lo svolgersi ed il
compiersi dell'agire umano, il quale deve comin-
ciare sempre con la conoscenza del fine per pas-
sare poi a scegliere e ad applicare concretamente
i mezzi che conducono al. fine stesso. '
Questa vigile coscienza del fine educativo, ·cui
deve tendere ogni formazione intellettuale, accom-
pag ò Don Bosco per tutta la sua vita e lo rese
instancabile nell'attuazione del suo programma.
La sera del 15 aprile 1885, parlando con un
valente avvocato, si soffermava sulla ricerca dei
motivi di tante aberrazioni dilaganti. L'interlo-
cutore dava delle spiegazioni piuttosto secondarie;
onde il Santo: « No, no, m'io buon avvocato. La
causa del male è una sola: l'educazione pagana
che si generalmente nelle scuole. Formata tut-
ta su classici pagani, imbevuta di massime e di
sentenze pagane, impartìta con metodo pagano,
oggi che la scuola è tutto, questa educazione non
formerà mai veri cristiani. Ho combattuto tutta
la mia vita contro questa perversa educazione che
guasta la mente ed il cuore della gioventù. Fu
sempre mio ideale riformarla su basi schietta-
rnent~ cristiane. Per questo ho intrapreso la stam-
pa castigata dei classici latini profani più usati
nelle scuole: per questo h~ cominciato la pubbli-
cazione di scrittori latini cristiani. Ho mirato a
106

13.7 Page 127

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questo con molti avvertimenti dati ai Direttori,
maestri e assistenti salesiani» (153).
Don Bosco aveva tracciato a Don Barberis il
Tero scopo della educazione intellettuale: e cioè
abituare l'alunno a percepire, a riflettere, a giudi-
care e a ragionare rettamente.
Orbene, è notevole lo sviluppo che il primo
maestro - ~orremmo dire, ufficiale - di Peda-
gogia nella Società Salesiana, diede, nei suoi Ap-
punti di Pedagogia Sacra, alla educaz1one intel-
lettuale, /seguendo le direttive ·di Don Bosco. QuP-
sti voleva coltivata ed equilibrata tutta l'intelli-
genza: e ciò, mentre i fautori dell'istruzione .laica,
ipocritamente chiamata « neutra », s-i preoccupa-
vano di arricchire l'intelletto degli alunni con mol-
te cognizioni, trascurando poi di formare le gio-
vaµi menti soprattutto alla riflessione.
Eppure, non l'uomo erudito, ma quello rifles-
sivo e ragionatore p'orta maggior giovamento alla
civile società. A che servono infatti le molte co-
gnizioni, qualora non siano dovutamente com-
prese, approfondite, assimilate, e al tempo stesso
rettamente orientate? V'ha di più. Don Bosco, da ,
saggio educatore, mentre s'ingegnava di procu-
rare il debito sviluppo a tutte le attività intellet-
tuali dell'alunno, non dimenticava mai l'alta, di-
vina 'missione di formare tutto l'uomo, indirizzan-
dolo ai suoi eccelsi destini. Egli stimava essere
107

13.8 Page 128

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grave errore il coltivare la sola formazione intel-
lettual e a scapito di quella riguardante anche le
altre attività umane, con danno irreparabile per
la ,personalità delreèlucando.
L'umana società, non lo ripeteremo mai abba-
stanza, ha bisogno di cervelli ben compresi delle
Yere e altissime finalità dell'uomo: e non di teste
ricolme di .svariate cognizioni più o meno utili,
·ma totalmente prive di ciò che maggiormente im-
porta. Forse Don Bosco, nelle sue ripetute con-
versazioni con l'Allievo, eminente pedagogista di
Torino, aveva conchiuso con lui che il buon edu-
catore non deve limitarsi al cranio e al cervello,
ma estendersi all'uomo, a tutto l'uomo.
Don Barberis, formato nell'Università Piemon-
tese, non poteva prescindere dall'insegO:amento
scientifico dei suoi Professori; anzi, delle verità
app.rese alla loro scuola, egli seppe servirsi per
dar vigore al suo insegnamento, appoggiandolo su
basi che tenessero nel dovuto conto i nuovi por-
tati della scienza. E così, n ei suoi Appunti, parla
dei princìpi fondamentali, delle leggi, dei limiti
dell'educazione intellettuale; tratta del buon
maestro, delle linee generali della didattica e delle
diverse forme d'insegnamento; dedica pure una
speci aie sezione alla memoria e ai mezzi per eser-
citarla e rinvigorirla opportunamente.
Tuttavia, formato alla scuola di San Giovanni
108

13.9 Page 129

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Bosco, insiste e si preoccupa anco:r più perchè
l'educazione intellett'uale sia impartita, non solo
.ampiamente, ma, soprattutto, rettamente.
3. Scuole in funzione di ·vita.
L'educazione intellettuale, tenuta da Don Bo-
sco in così alta stima e presentata alla luce delle
migli.ori tradizioni, doveva comprendere un insie-
me di norme, di mezzi pratici, di accorgimenti -
atti a fornire alle menti degli alunni la conoscen-
za delle lettere e delle scienze indispensabili e
convenienti alla loro vita.
Scuola, adunque, i cui risultati dovevano sfo-
ciare e rimanere in1funzione di vita, e mai da essa
disgiunti o ad essa estranei.
I1 Santo aveva cominciato l'opera sua didat-
tica ed educativa con la scuola di catechismo:
'ed è evidentissimo l'influsso di .tale insegnamento
,sulla vita vis~uta dell'alunno. Ma, nel pensiero
del nostro Padre, anche le scuole serali doveva-
no migliorare, non solo le condizioni intellettuali,
ma anche quelle morali e sociali di tanti poveri
manovali e garzoni di bottega, la cui posizione
era troppe volte infelice per la loro ignoranza
nelle scienze e negli stessi mestieri che esercita-
vano. C<'>sÌ pure · le scuole professionali e classi-
che dovevano essere, secondo le direttive di Don
109

13.10 Page 130

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Bosco, in funzione della vita: e lo stesso è a dirsi
di quelle agricole e commerciali.
I biografi ci mostrano come le sue scuole era-
no adatte alla condizione degli alunni, al loro
orientamento, alla loro vocazione: tutte quante
dovevano gettare fasci di luce sui sentieri della
vifa percorsi dai giovani, migliorando il presen-
te e garantendo l'avve~ire.
Al fin qui detto aggiungeremo ancora una os-
servazione. Mentre Don Bosco voleva che l'istru-
zione fosse veramente educativa, non volle mai
sostituire la scuola alla famiglia e alla Chiesa.
È certo che lo Stato ha nella scuola lo stru-
mento più atto a provvedere alla formazione dei
futuri cittadini: e non reca stupore che qua e là
abbia modificato la scuola in modo tale qa farne
quasi un centro di vità famigliare, sociale, mo-
rale e religiosa, illudendosi di poter surrogare la
famiglia e la Chiesa con la scuola. Questa però è
una evidente esagerazione e un fanatismo: è una
delle deviazioni di un totalitarismo assai funesto.
La scuola, la vera scuola, deve restare quale
ci fu tramandata dalle più sane tradizioni, e cioè
palestra d'istruzione in lettere, in scienze ed ar-
ti, anzi palestra educativa nel pieno significato
della parola: senza tuttavia sostituirsi alla fami-
g1ia e alla Chiesa.
110

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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4. Scuole domenicali e .serali.
A .questo punto è opportuno un breve cenno
circa le scuole di vario genere che Don Bosco in-
trodusse man mano all'Oratorio, dimostrando in
tal guisa quanto gli stesse a cuore l'educàzione
intellettuale dei figli del popolo.
Fin da quando era al Convitto Ecclesiastico
di San Francesco d'Assisi, egli aveva ricono-
sciuto la necessità d'istruire specialmente .certi
giovanotti analfabeti, i quali, pur essendo già inol-
trati negli anni, ignoravano affatto le verità della
Fede.
Per costoro organizzò presto · le scuole dome-
nicali e festi v_e.
- Interessante il metodo cli scuola da lui adope-
rato con essi.
Per una domenica o due faceva passare e ri-
passare l'alfabeto e la relativa sillabazione. Di
poi prendev·a il piccolo catechismo della Dio-
cesi e sopra di esso li faceva esercitare sino a
tanto che fossero capaci di leggere una o due
delle prim~ domande e risposte: e queste assegna-
. va poscia per lezione da studiare lungo la set-
timana. La domenica successiva si ripeteva la
stessa materia, aggiungendo altre doman de e ri-
sposte, e così di seguito. In questa guisa egli ot-
tenne che, dopo poche settimane, taluni leggessero
111

14.2 Page 132

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e studiasser& di per sè intiere pagine della dot-
trina èristiana.
Per o-vviare alla difficoltà di coloro che, per
tardo ingegn0, dimenticavano lungo la settimana
ciò che la domenica avevano imparato, si servì di
scuole serali, con le quali istruiva i suoi giovani
più profondamente e li teneva lontani dai pericoli
nelle ore della sera. Con gare e con premi li in-
namorava sempre più di tali studi (154).
Dette scuole serali, iniziate dal Santo a Va]-
docco verso la fine del 1844, vennero ben prèsto
attivate in altri luoghi del Piemonte, e poi lar-
gamente promosse e sparse ovunque in Italia.
Molti giovani, che non avrebbero potuto fre-
qu~ntare le scuole statali per motivi di età, o di
lavoro, o di condizioni sociali od economiche, alla
sera dei giorni feriali, eccettuato il sabato e la
vigilia delle feste di precetto, si recavano a una
certa ora da Don Bosco e dal Teologo Borel.
Questi cangiavail<;> le proprie camere in scuole e
insegnavano a leggere, a scrivere e a far di con-
to. Ciò allo scopo, non solo di renderli più abili
all'apprendimento di un'arte o mestiere, ma so-
prattutto per impartir loro più facilmente l'istru-
zione religiosa attraverso lo studio del catechi-
smo (155).
Chiuse l'anno dopo per mancanza di locale,
di a sei mesi riusciva a riaprirle, in grazia di
112

14.3 Page 133

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tre stanze che aveva preso a pigione, per adi-
birle a scuole, in casa Moretta.
Ogni sera, dopo che in città erano state chiu-
se le officine, i giovani venivano ad imparare a
leggere sui cartelloni murali, escogitati apposita-
mente da Don Bosco. ·
'
Ma non tardarono a farsi sentire le incompren-
sioni e le inimicizie. Quantunque fosse chiara e
manifesta la sincerità dello zelo di Don Bosco,
non tutti vedevano bene questo suo intromettersi
nelle scuole cittadine. Anche la frequenza di tan-
ti giovanotti alla casa Moretta non poteva pas-
sare inosservata e no:ri. dar da dire agli sfaccen-
dati. Anzi se ne fece un gran rumore, da alcuni
' in senso favorevole e da altri in senso avverso. In
seguito a certe dicerie sparse nell'inverno del
1845-46, l'opera era giudicata, anche da persone
serie, vana e pericolosa. Dalle male lingue Don
Bosco era chiamato un rivoluzionar io, un pazzo,
un eretico. Dicevasi essere l'Oratorio un ripiego
studiato per allontanare la gioventù dalle rispet-
tive parrocchie e p~r istruirla in massime so-
spette.
Queste ultime i~putazioni, che erano preva-
lenti, fondavansi sulla falsa credenza che Don
Bosco fosse partigiano di una pedagogia assai
dubbia, per il fatto che egli permetteva ai suoi
ragazzi ogni sorta di ri2reazione rumorosa, ben-
113

14.4 Page 134

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chè non tollerasse nè peccati nè inciviltà. Il si-
stema corrente di educazione scolastica era di-
sciplinato dal viso arcigno del maestro e dalla
sferza: e le innovazioni di Don Bosco arieggiava-
no troppo a libertà.
Alcuni, specialmente-- di idee settarie, facevano
ciò per allontanare da lui i giovanotti, mentre
, questi, che lo conoscevano, aumentavano la stima
e l'attaccamento a lui. Altri invece vedevano in
Don Bosco qualche cosa di straordinario e di
grande, che non sapevano sp_iegare, e specialmen-
te la sua arte nel legare a sè gli animi e domina-
re le moltitudini. « Guai a noi - esclamavano --
guai alla Chiesa, se Don Bosco non è prete se-
condo il cuore di Dio!... Lo sarà?». E l'osteggia-
vano, non sapendo persuadersi che egli secon-
dasse gli impulsi di un,a missione celeste.
San Giuseppe Cafasso comprendeva Don Bo-
sco, ed , ai mormoratori rispondeva invariabilmen-
te con tono grave e con accento quasi profetico:
« Lasciatelo .fare, lasciatelo fare!» (156).
Dopo qualche mese, nel 1846, Don Bosco potè
avere altre sale a . pianterreno e vi trasportò al-
cune classi, divise e suddivise secondo la maggiore
o la minore istru~ione dei giovani: rendeva così
più facile l'osservanza ,della disciplina,_e soprat-
tutto più graduale e proficuo l'insegnamento qgli
alunni, cresciuti di numero fino a trecento .(157).
114_

14.5 Page 135

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Più tardi, durante le vacanze del 1848, Do11
Bosco diede maggior impulso alle scuole serali, ri-
servandosi gli adulti illetterati, la maggior par.te
coi baffi e con la barba: faceva loro scuola a par-
te, adoperando un metodo tutto suo per insegnar
loro l'alfabeto.
Accompagnava la spiegazione con motti argu-
ti e paragoni ameni che rallegravano gli scolari e
fissavano loro in mente le lettere da lui scritte
sulla lavagna. Disegnava, per esempio, una - O -,
poi la tagliava in mezzo con una linea perpendi-
colare. La parte sinistra era una ·- C -, quella
destra una - D -. E così procedeva segnando li-
nee rette e curve, cancellando e aggiungendo, ma
tenendo un ordine logico di idee per non ingene-
rare confusioni. In fine raggruppava le lettere in
sillabe e formava le parole (158).
I suoi scolari, benchè non avvezzi a lavori di
mente, imparavano che era una meraviglia, e,
dopo breve tempo, sapevano leggere e scrivere
correttamente. Non faceva loro mai scuola senza
un po' di catechismo. Ad intervalli un fatterello
. che ispirava amore alla virtù, orrore·al vizio. Al
termine, il canto di una lode.
Come li ebbe così dirozzati, ne cedette l'in-
segnamento a un ·suo giovane aiutante, senza tut-
tavia tralasciare di vigilarli: e talora impartiva
loro perfino lezioni di" calligrafia e di aritmetica.
115

14.6 Page 136

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Questi suoi alunni finivano con aiutare Don Bo- .
sco a canta~e in presbiterio cogli alunni interni e
a .salvare le anime. Nei casi di necessità li soc-
correva con denaro.
Nel 1849 si propose di indirizzare agli studi
1
veri e propri, quattro giovani prescelti, per
condurli nel più breve tempo possibile alla ve-
stizione clericale. Aveva compreso che gli ordi-
nari metodi usati nel fare la scuola non gli avreb-
bero dato frutto sufficiente; quindi ne aveva esco-
gitato uno tutto caratteristico, e l'esperienza die-
de ragione alla sua ingegnosa audacia. Jnsegnava
la grammatica esponendone con brevità e lucidis-
sima chiarezza le regole, ed esigendone da ciascun
allievo la ripetizione, per così accertarsi se aves-
sero compreso. In virtù del suo ingegno ·sì acuto
e sì chiaro, della facile sua comunicativa, e so-
prattutto della sua inalterabile pazienza e carità,
egli potè ben presto renderli in grado di assag-
giare il latino. Nè ciò deve fare meraviglia, se si
riflette come fossero piene le giornate sue e dei
suoi scolari. Basti dire ~he si levavano alle quat-
tro e mezzo del mattino (159) .
. 5. Scuole elementari, diurne ed estive.
Oltre · alle necessità spirituali degli operai,
specialmente adulti, Don Bosco guardava anche
116

14.7 Page 137

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a11'abbandono in cui giacevano tanti bambini
sprovvisti d'ogni istruzione ed errabondi per le
, strade, esposti al vizio e ad ogni sorta di miseria
materiale e morale. Anche per essi il buon Pa-
dre ebbe viscere di tenero affetto, -e pensò di isti-
tuire per loro alcuni corsi di scuole elementari
diurne all'Oratorio.
In una Circolare del 1° ottobre 1856, diretta
ai benefattori~ scrisse: « Alla vista del bisogno
· ognora crescente di istruire i ragazzi appartenen-
ti alla classe bassa del popolo, mi sono determi-
nato di aprire una scuola diurna per accogliere
almeno una parte di quelli che in numero stra-
grande vanno vagando lungo il gio'rno, sia per-
chè i parenti non si dànno cura di loro, sia an-
che perchè si trovano lontani dalle pubbliche
scuole. Egli è _per occorrere al bisogno di questi
ragazzi che ho dato mano alla costruzione di una
scuola capace di contenerne 150 » (160).
Il santo Educatore segnala un'altra ragione
ancora di tali scuole, affermando che all'Orato-
rio vi sono « scuole diurne per quei giovanetti
che, essendo male vestiti od alquanto indiscipli-
nati, non possono frequentare le classi pubbli-
che:, (161).
Orbene, nel nov~mbre del 1856, il locale situa-
to presso il portone di entrata era all'ordine,
corredato di ogni attrezzo e mobile necessado per
'
117

14.8 Page 138

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una scuola diurna e · giornaliera. _Non molto tem-
po dopo, lo apriva ai giovanetti esterni. Era un
vero nugolo di ragazzi che accor.revano dalle case
dei dintorni (162).
All'inizio del 1857 procurava a questi anche la
comodità di confessarsi sovente, e, per quelli fra
loro che erano promossi alla prima Comunione,
fissava, per la successiva Pasqua, .il Martedì San-
to· (163). Simili scuole diurne vennero aperte nel
1859 all'Oratorio di San Luigi (164).
Il lavoro e le preoccupazioni di Don Bosco per
quei ragazzi della strada non avevano tregua
neppure durante le vacanze: aumentavano anzi;
poichè, nel p ·eriodo estivo, egli aprì per più anni,
agli esterni, corsi ele:gientari negli Oratori di San
Francesco di Sales, di San Luigi e di San Giu-
seppe. I ragazzi vi affluivano in buon numero.
Nel 1876 superavano i 600.
In una città grande come Torino, quella era
una vera provvidenza per le famiglie, che. non
potevano tener chiusi i:ri casa i figliuoli, nè pre-
servarli .dai pericoli della strada; ma era soprat·
tutto una benedizione per i ragazzi stessi.
Quello soleva essere il tempo per prendere tan-
ti pesciolini, che non andavano mai a confes-
sarsi; e quanti se ne contavano che non si erano
curati dei Sacramenti dalla Pasqua! È vero che
da a pochi mesi, finite le vacanze autunnali,
118

14.9 Page 139

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tanti di quegli alunni improvvisati tornavano in
balìa di se stessi; ma intanto avevano acquistato
una discreta istruzione religiosa, avevano preso ]a
salutare consuetudine dei Sacramenti, non aveva-
no più il rispetto umano nè la vana paura del
confessore. Ecco perchè Don Bosco, fintantochè
le circostanze glielo permisero, sostenne, a costo
di qualunquè sacrificio, siffatte scuole durante il
periodo estivo e autunnale (165).
6. Scuole interne per gli studenti.
La fondazione delle scuole serali e diurne per
esterni, segnò in pratica i primi passi verso le
scuole ginnasiali interne, le quali, naturalmente,
stavano più' a cuore a Don Bosco, tutto inteso a
dare ai giovani dell'Oratorio una.più soda forma-
zionè morale e intellettuale per mezzo di un'assi-
stenza accurata e di un controllo immediato ri-
guardo all'andamento generale degli studi.
Don Bosco s_i risolvette a stabilire le scuole m-
terne dell'Oratorio nel 1855. Fino allora aveva
mandato gli studenti presso ottimi professori del-
la città; ma l'andata e il ritorno erano stati pieni
di pericoli morali per quello che si vedeva e si
udiva.
Procedendo in questo con la solita prudenza,
ai primi di novembre destinò ad aula scolastica
119

14.10 Page 140

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la sala della prima Cappella. Qui radunò i gio-
vani appartenenti alla terza ginnasiale, e assegnò
loro per maestro il chierico Giovanni Francesia. il
quale, compiuti i 12' anni, aveva finito in modo
splendido i corsi di latinità.
Don Bosco ben conosceva il valore intellettuale
e morale di Francesia e anche degli altri chierici
Provera, Anfossi, Durando e Cerruti, man ma no
che li destinava all'insegnamento. In vari modi
li aveva messi alla prova con diverse occupazioni
simultanee: e, scherzando, faceva loro osserva re
che i grandi storici, poeti, oratori del foro roma.:
no, avevano passata gran parte della loro vita sui
campi di guerra, tra i rumori del foro, nelle fac-
cende dello stato, e riuscivano in cose disparate
grazie all'esercizio, che perfezionava ogni loro fa-
coltà. Il Francesia ebbe in quell'anno la fortuna di
avere per discepolo il Beato Domenico Savio, che
meritò di essere promosso tra i primi.
Frattanto gli studenti di 1a e 2a ginnasiale, e
quelli di umanità e rettorica, continuavano a fre- .
quentare scuole private in città (166).
Per fa:vci un'idea del coraggio dimostrato· da
Don Bosco nell'aprire scuole interne all'Oratorio,
basta osservare che, dopo pochi mesi, e cioè al-
·l'inizio del 1856, il Ministro della Pubblica Istru-
zione faceva approvare dal Senato e dal Parla-
mento una legge, secondo la quale l'insegnamento
1~0

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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presso i Seminari e i Collegi doveva dipendere
dal Ministero.
In tali angustie Don Bosco, meditando la ...-a-
stità dei suoi disegni per l'istruzione e l'educazio-
ne cristiana della gioventù, prevedeva le grandi
procelle che si sarebbero sollevate contro di lui;
ma procedeva sicuro, dicendo più volte ai suoi
fig]iuoli: « Non dubitate, passerà la burrasca, tor-
nerà il bel tempo, e fortunati quelli che non pi-
glieranno scandalo da me. È una promessa che io
ebbi da Tale che' non s'inganna. L'Oratorio non
è cosa mia; anzi, se fosse mia, vorrei che il Si-
gnore la disfacesse subito » (16?).
Queste infatti non furono che il principio di
una lunga serie di difficoltà più grandi, escogi-
tate dai settari allo scopo di distruggere le bene-
fiche istitu.zioni dell'Oratorio, e culminate nelle
famigerate perquisizioni governative, che però non
sortirono l'effetto voluto dai nemici di Don Bosco.
Perseverando con indomita costanza nelle sue
,
imprese il Santo giunse a compilare, all'inizio
dell'anno scolastico 1860, il Regolamento della
Casa, che, pur non essendo ancora stampato,
venne letto con solenne apparato agli alunni, pre-
senti tutti i Superiori con Don Bosco (168).
Nel 1863, mentre · fervev·a ancora una grave
questione con l'Autorità scolastica a motivo dei
· titoli d'insegnamento, Don Bosco, imperterrito, fa-
121

15.2 Page 142

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ceva innalzare un nuovo edificio destinato alle
scuole ginnasiali.
Nel 18?4 apriva le stesse scuole agli esterni.
Nè si contentò che ai medesimi s'impartisse l'in-
segnamento: nel mese di gennaio del 18?5 stabilì
che anch'essi prendessero parte con i loro condi-
scepoli interni alle funzioni religiose nella Chie-
sa di Maria Ausiliatrice, e volle che non si fa-
cesse < nessuna eccezione per nessun moti-
vo '> (169).
Dell'applicazione allo studio e dell'atmosfera
di disciplina che regnava nelle scuole dell'Orato-
'rio sono splendida testimonianza i risultati con-
seguiti dagli alunni agli esami pubblici, il rico-
noscimento delle Autorità scolastiche e la gratitu-
dine che dimostrarono in ogni circostanza gli al-
lievi dell'antico Oratorio. Qui ci piace citare un
solo fatto.
Nel maggio del 1863 visitò l'Oratorio l'Ispet-
tore delle scuole secondarie classiche, con fini
tutt'altro che buoni. Tuttavia restò altamente am-
mirato per l'ordine e la disciplina che ovunque
andava riscontrando. La 3a ginnasiale poi, compo-
sta di oltre 120 alunni, lo convinse che tal di-
sciplina non era passeggera e fittizia, ma soda e
reale. Infatti, terminata l'ispezione, l'insegnante in
segno di gentilezza volle accompagnar!~ fino al-
l'altra aula; ma l'Ispettore cercò di dissuaderlo,

15.3 Page 143

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per timore che durante la di lui assenza ancor-
chè solo momentanea, tanti vispi giovanetti fa-
cessero disordine.
- Non tema, sig. Professore, perchè io sono
sicuro che niuno di essi aprirà bocca o si muo-
verà di posto.
- Questo mi pare impossibile - replicò l'I-
spettore. Si lasciò nondimeno accompagnare un
tratto, e poi disse: - Ritorniamo indietro e an-
diamo ad ascoltare il silenzio che ella dice.
Accostatosi pian piano all'uscio della scuola,
origliò e spiò · dal buco della serratura: tutta la
numerosa scolaresca stava immobile e silenziosa,
come se l'insegnante fosse in cattedra. Allora con-
cluse:
- Non avrei mai creduto! Non avrei mai cre-
duto! Questa è una meraviglia: e fa onore a lei
e ai suoi scolari!
L'insegnante era il chierico Celestino Duran-
do {170).
7. ScuÒle professionali interne.
Don Bosco si preoccupò grandemente dell'e-
ducazione intellettuale degli artigiani ricoverati al-
l'Oratorio, e diede origine all'opera delle Scuole
Salesiane di Arti e Mestieri, la quale doveva avere
m seguito così notevoli sviluppi.
È noto come Don Bosco, nei primordi del suo
133

15.4 Page 144

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Oratorio, ricoverasse giovani che, per essere
sprovvisti d'ogni coltura, e per giunta orfani o la-
sciati in abbandono dai propri parenti, non era-
no in grado, di guadagnarsi da vivere. Preoccu-
pato dei loro bisogni materiali, provvide anzitut-
to ad essi pane e lavoro collocandoli presso qual-
che officina o bottega in città. In un secondo
tempo fondò laboratori interni di vario genere per
garantire loro, con l'apprendimento dell'arte, an-
che una migliore formazione morale e religiosd.
Finalmente, appena potè, istituì scuole profes-
sionali allo scopo di completare e perfezionare la
formazione dei giovani . artigia ni con quegli ele-
menti di cultura generale ~ particolare, che era-
no convenienti alla loro condizione speciale e al-
l'esercizio del loro mestiere. Don Bosco adunque
procedette per gradi.
Il malcostume · e l'irreligione degli operai, la
stampa pornografica e le produzioni indecorose
delle vetrine e delle botteghe lungo le strade, met-
tevano in serio pericolo l'educ·azione morale e re-
ligiosa che egli cercava di impartire ; i suoi fi-
gliuoli artigiani, che si recavano a lavorare in
città. Perciò col concorso dei benefattori, l~anno
1853, comprati alcuni deschetti e gli attrezzi ne-
cessari, collocò il laboratorio dei calzolai in un
piccolo corridoio della casa Pinardi, presso il
campanile della ch,iesa. Contemporaneamente de-
124

15.5 Page 145

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sti:µò alcuni giovani al mestiere di sarto collocan-
doli nell'antica cucina.
Don Bosco fu il primo maestro degli uni e
degli altri. Aveva già ~sercitato iJ mestiere di
sarto quando era studente. Così pure, di quando
in quando, andava a sedersi al deschetto per in-
segnare ai giovani calzolai il maneggio della le-
sina e dello spago impeciato, per rattoppare le·
scarpe (171).
All'inizio del 1854, nella speranza di poter
'avere in tempo non lontano una tipografia a sua
disposizione, apriva quasi scherzando, - com'era
solito in molte sue imprese, - un terzo lab(?rato-
rio: la Legatoria di libri. Ed ecco come.
Fra i giovani dell'Oratorio non v'era alcuno
che s'intendesse di questo mestiere, e pagare nn
capo d'arte esterno non era ancora il caso. Tut-
tavia un giorno, mentr'~ra attorniato da alunni,
depose sopra un tavolino i fogli del libro che ave-
va per titolo < Gli Angeli Custodi ) e, chiamato
·un giovane, gli disse:
- Tu farai il legatore!
- Io il legatore? Ma come faccio, se non so
nulla di questo mestiere?
- Vieni qual Vedi questi fogli? Siediti a ta-
volino: bisogna cominciare dal piegarli.
Don Bosco pure si sedette, e, fra lui e il gio-
vane, piegarono tutti i fogli.
125
-

15.6 Page 146

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Il libro era formato, ma bisognava cucirlo.
Subito con farina si fece un po' di pasta, e al li-
bro si attac<:!Ò anche la copertina.
Quindi si trattò di rifilare i fogli pel taglio
voluto. Come fare? Tutti gli altri giovani cir-
condavano il tavolino, curiosi •spettatori e te-
stimoni di quella inaugurazione. Ciascuno dava il
suo parere. Chi proponeva il coltello, chi le
forbici. Non c'erano ancora le lamette.
La necessità rese · Don Bosco industrioso. Va
in cucina, prende con sussiego la mezzaluna d'ac-
ciaio che serviva per tagliare l'aglio e le cipolle,
e, con questo arnese, si mette al lavoro. I giovani
sbottavano · dalle risa.
- Voi ridete, - esclamò Don Bosco, - ma
io so che in casa nostra ci dev'essere .questo labo-
ratorio di legatori, e voglio che s'incominci.
Il libro era infine rilegato e rifilato; e Don Bo- ,
sco: - Ora vogliamo indorarne il taglio.
- Vedremo anche questa! - soggiunse Mam-
ma Margherita.
Egli, fatta comprare un po' di vernice, scio-
glieva in essa un po' di « terra d'ombra» gialla:
ed ecco il libro dorato.
'
Tutti .ridevano, anche Don Bosco. Ma il labo-
ratorio era inaugurato e si stabiliva nella secon-
da stanza della prima parte del fabbricato nuovo,
vicino alla scala.
126

15.7 Page 147

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Egli intanto, andando nelle botteghe di To-
rino, procurava d'imparare le regole di questo
mestiere e, di mano in mano, l'insegnava al suo
primo legatore.
A questo primo ne aggiunse poi altri, e com-
però pure qualche strumento col quale si an~
dava lavorando alla buona. Poi vennero ricove-
rati alcuni giovanetti che avevano già fatto i
legatori in città, ed essi contribuirono al pro-
gresso dei lavori, in modo che il laboratorio co-
minciò a . fare le sue prime prove con la piega-
tura e cucitura delle Letture Cattoliche e di libri
scolastici (1 ?2).
Anche a noi viene da sorridere. Ma ci volevà
tutta la fede e la volontà di Don Bosco per dar
principio a così grandi imprese, partendo dal
nulla.
Due anni dopo, nel 1856, istituiva il primo
laboratorio dei falegnami a pianterreno, sotto le
sue camerette. Per la fin e dell'anno fu provvisto
.di banchi, di svariati ferri e di un magazzino di
legnami (1'2'3).
Nel 1861 attuava un gran disegno, che gli sta-
va sommamente a cuore.
Col Vescovo di Ivrea, nel febb:1;2-io dello stesso
anno, aveva trattato dell'allestimento di una ti-
pografia, per la edizione di classici greci, latini
e italiani, nonchè di vocabolari purgati, e spe-
I 127

15.8 Page 148

▲back to top
cialmente per le Letture Cattoliche e per la buona
stampa da diffondersi più attivàmente in mezzo
al popolo. Entrambi si erano mostrati dello stesso
parere del Card. Pie, il quale aveva lasciato scrit-
to: « Quando tutta qna popolazione, fosse anche
la più devota ed assidua alla chiesa ed alle pre-
diche, non leggesse che giornali cattivi, in meno
di trent'anni diventerebbe un popolo di empi e
di rivoltosi. Umanamente parlando, non y'è pre-
dicazione di sorta che valga contro_la forza della
, stampa cattiva » (174).
Don Bosco da undici anni andava vagheggian-
do una tipografia di sua proprietà. Ne aveva pure
trattato col Rosmini. Finalmente il suo desiderio
diventava ·realtà.
Nel settembre ordinò ' lo sgombero di una sala
situata presso la portineria e _in quel locale fece
collocare due vecchie macchine a ruota, con un
torchio comprato d'occasione; in più, un banco
e le cassette pe:r i caratteri, lavoro dei falegnami
dell'Oratorio.
Ripeteva intanto ai suoi giovani: . « Vedrete!
Avremo una tipografia, due tipografi.e, dieci tipo-
grafie. Vedrete!» (175). Pareva le contemplasse .già
a Saropierdarena, a Nizza, a Barcellona, a Buenos
Aires, a Montevideo, e via diéendo, moltiplicate
ora per tutto il mondo e alimentate dal provvi-
1
denziale vivaio di Coadiutori per le Arti Grafi.che
128

15.9 Page 149

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situato presso la sua casetta nativa, su] Colle
che porta il suo nome.
Nel 1862 al posto della tipografia, che ven.p.e
traslocata, iniziò l'officina dei fabbri-ferrai.
Questo aumento progressivo dei laboratori in-
duceva Don Bosco a modificare successivamente i
rispettivi Regolamenti al fine di prov,vedere me-
glio alla responsabilità del lavoro, alla disciplina,
alla economia e alla moralità degli artigiani (1?6).
Nella scelta dei maestri d'arte Don Bosco era
oculatissimo, e rigoroso nel togliere quell'ufficio
a chi se ne fosse reso indegno. Essi infatti, più
d'ogni altro, avevano influsso sui giovani sia nel
_bene che nel male, e da loro dipendeva prin-
cipalmente l'avvenire professionale degli alun-
ni (1??).
Da un foglietto aggiunto al fascicolo delle
' Letture Cattoliche del dicembre 1864 si viene a
conoscere che, · in quel medesimo anno, il Santo
aveva aperto una libreria vera e propria. Vi si .
annunziavano infatti varie opere messe in ven-
dita. ,
Questa libreria, che doveva prendere vaste
proporzioni, apriva un nuovo campo di attività
a un certo numero di giovani, pei quali Don Bosco
stabilì una scuola di commercio.
Apprezzando -poi tutto il valore della pubbli-
cità, non tardò a pubblicare, come nuovo mezzo
129
li (Ii)

15.10 Page 150

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di propaganda per il bene, un catalogo generale,
che i~ novantasei pagine conteneva l'elenco delle
edizioni uscite dalla sua tipografia {1'78).
Tutto sommato, nel 1874 ~ gli artigiani nei vari
stabilimenti dell'Oratorio esercitavano il mestie-
re di calzolaio, sarto, ferraio, falegname, ebanista,
pristinaio, libraio, legatore, compositor~, tipogra-
fo, cappellaio, musica, disegno, fonditore di ca-
ratteri, stereotipista, calcografo e litografo » (1'l9ì,
Migliaia e migliaia di operai uscirono da quei
laboratori di Don Bosco, educati cristianamente:
e si sparsero dovunque con immenso vantaggio
per · loro e per la società (180).
Tali furono gli umili inizi dei fiorenti labora-
tori, che oggi come allora si sforzano, come ap-
punto egli voleva, di porsi all'avanguardia per
la preparazione dei capi e maestri, per l'attrezza-
tura delle macchine, per la regolarità dei corsi
di studio, e per la serietà del tirocinio pratico.
E non è a dire a quante fatiche e a quanti sa-
crifici Don Bosco n~m si sobbarcasse per mettere
e mantenere in efficienza i suoi laboratori. Egli
stesso· il 4 dicembre del 1885 narrò ai Capitolari
alcune difficoltà ~he aveva dovuto superare nel-
l'istituire le scuole di arti e mestieri all'Orato~io:
« Prima - così disse - obbligai i capi a provve-
dere i ferri del mestiere anche per i giovani; poi
quest'obbligo fu ristretto personalmente al capo,
130

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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mentre la Casa era obbligata a provvedere i
ferri ai giovani; talora si pattuiva che io avrei
messo solo certi ferri determinati a disposizione
dei capi, mentre gli altri se li sarebbero portati
da casa; tal altra che il capo avrebbe dovuto
provvedere ai giovani una parte degli strumenti
del mestiere e l'altra sarebbe provvista dall'Ora-
torio. Ma ne seguiv.ano sempre s ese a capriccio
dei capi, ed ora i giovani non erano provvisti,
ora i capi usavano i ferri dei giovani e risparmia-
.
vano i loro... Ora c'erano le questioni dei ferri rot-
ti, ora di quelli scomparsi, ora perchè erano stati
usati fuori del laboratorio e fuori del tempo di la-
voro... .Così pure sorgevano dissensi sulle modalità
dei lavori, negligenze nell'insegnare ai giovani,
diverbi sui guadagni _quando erano interessati
in un'impresa. Ho provato a mandare i giovani
nei laboratori in città, quindi a ritirarli con lo
stabilire laboratori in casa. Ho anche posto tutti
/
'
i giovani sotto capi che nei nostri laboratori
esercitassero l'autorità q.ei padroni di bottega ;
ma allora i giovani divenivano veri servitori ed
.
erano sottratti all'autorità del Superiore. Non si
poteva più esercitare· una sorveglianza diretta,
i giovani non ascoltavano che il capo, talora lo
stesso orario correva pericolo di venire violato per
l'urgenza di un lavoro. Furono insomma fastidi
sopra fastidi> (181). A tutti questi e ad altri in-
131

16.2 Page 152

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convenienti Don Eosco cercò di porre fine con
l'istituzione dei Coadiutori fnessi a capo dei suoi
laboratori.
Frattanto, col crescere del personale e dei lo-
cali, Don Bosco aveva provveduto a sollevare il
livello culturale degli artigiani, istituendo per essi,
man mano che se ne presentava l'opportunità,
speciali corsi di istruzione, che avevano luogo re-
golarmente nelle ultime ore della sera.
L'anno 18?5 segnava un vero progresso nel-
1'andamento dei laboratori, che s'incamminavano
sempre più a divenire scuole professionali. La
scuola per gli artigiani, che finiva con l'anno
scolastico degli studenti, fu proseguita anche do-
po. Éssa, limitata precedentemente alle ultime ore
della sera, prese a farsi anche al mattino appeua
terminata la Messa, a cui gli artigiani assisteva-
no da soli, come ancor oggi, subito dopo la levata.
Degno di nota il fatto che Don Bosco non ve- .
deva bene che gli a igiani cambiassero mestiere,
ritenendo che da ciò provenisse loro gran /danno.
Perciò il 30 maggio ammonì chi di ragione che
tali cambiamenti non si permettessero. « Bisogna
proprio - disse - che chi viene per una deter-
minata cosa faccia quella e non un'altra. Quanti
cambiamenti si sono già fatti! E quasi tutti riu-
scirono male » (182). Vedremo più tardi come
egli favorì l'orientamento.
1.12

16.3 Page 153

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Frattanto le scuole professionali si ,moltiplica-
vano in Italia e all'estero.
Nel settembre ·del 1886, a dare un notevole im-
pulso a tali scuole intervennero le deliberazioni
, del IV° Cap,itolo Generale. Il paragrafo 2° dello
schema diramato ai Confratelli presentava un
duplice oggetto: indirizzo da darsi agli artigiani
e mezzi per s~ilup11arne la vocazione religiosn,
Partecipò alla discussione anche il coadiutore
Rossi. Le deliberazioni prese meritano di non gia-
, cere neg_li archivi, sia perchè rispecchiano il pen-
siero c;li Don Bosco, che certamente le suggerì
o fece sue, sia pe'rchè segnano il primo passo, da
un periodo basato sulla tradizione, a un altro re·
golato da leggi scritte circa l'indirizzo intellet-
tuale, tecnico, religioso, delle nostre scuole profes-
sionali (183).
Vi si definisce anzitutto lo scopo caritatiYo
della nostra Congregazione: «·Fra le, principali
opere di carità che esercita la nostra Pia So-
cietà vi è quella di raccogliere, per quanto è
possibile, giovanetti abbandonati, pei quali riu-
scirebbe inutile ogni cura di istruirli nelle erità
della c~ttolica fede, se non fossero ricoverati ed
avviati a qualche arte1o mestiere». Si provvede
quindi alla creazione di un incaricato straordina-
rio
degli
1
artigiani:
« In
quelle
case
dove
il
numero
degli artigiani è considerevole, si potrà incaricare
133
/
'

16.4 Page 154

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uno dei soci che abbia cura particolare di ìoro,
col nome di Consigliere professionale». Quanto
1
ai giovani si stabilisce: < Il fine che si propone
la Pia Società Salesiana nell'accogliere ed educa-
re questi giovanetti artigiani, si è di allevarli in
modo che, uscendo dalle nostre case, dopo aver
compiuto il tirocinio, abbiano appreso un mestie-
re onde guadagnarsi onoratamente il pane della
vita, siano bene istruiti nella Religione, ed ab-
biano le cognizioni scientifiche opportune al loro
stato. , Ne segue che triplice deve essere l'indi-
rizzo da darsi alla loro educazione: religioso-mo-
rale, intellettuale e professiona:le » (184).
Dopo aver trattato dell'indirizzo religioso-mo·
rale, il quale riflette in generale quello degli stu-
denti - e che da noi verrà opportunamente espo-
sto nel capitolo della educazione morale - il do-
cumento viene a parlare dell'indirizzo intellet-
tuale.
'Ed è per noi doveros.o tener conto dell'epoca in
cui queste cose furono deliberate, ricordando , 1
la scarsissima coltura allora impartita ai meno
abbienti, in gran parte analfabeti.
Quale parte avesse l'istruzione nel quadro del-
la vita degli artigiani all'Oratorio risulta evi-
dente dalla semplice esposizione delle delibera-
zioni prese in seno al Capitolo: < Perchè gli
alunni artigiani conseguano nel loro tirocinio
134

16.5 Page 155

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'
professionale quel corredo di cognizioni letteTa-
rie, artistiche, scientifiche, che loro sono necessa-
1' rie, si stabilisce che abbiano ogni giorno, finito il
· 1avoro, un'ora di scuola; e, per coloro che ne aves-
sero maggior bisogno, si faccia anGhe scuola . al
mattino dopo la Messa della Comunità fino al
tempo di colazione... Sia compilato un program-
ma scolastico da eseguirsi in tutte le nostre case
di artigiani e vengano indicati i libri da leggere
e spiegare nella scuola; si classifichino i giovanj
dopo averli sottoposti ad un esame di prova, e
si affidi ·1a loro istruzione a maestri pratici. Una
volta alla settimana un Superiore faccia loro una
lezione di buona creanza; nessuno possa essere
ammesso a scuole speciali, come di disegno, di lin-
gua francese, ecc., se non è sufficientemente istruì-
. to nelle cose spettànti alle classi elementari. Al
fine dell'anno scolastico si dia un esame per con-
statare il profitto di ciascun alunno e siano pre-
miati ·i più degni. Quando, finito il suo tiroci-
nio, un giovane vc:>lesse uscire dall'Istituto gli si
consegni un attestato notando distintamente il
suo profitto nell'arte o mestiere, neil'istruzione e
buona condotta » (185). ,.
Fin da allora parte essenziale delle scuole di
arti e mestieri di Don Bosco è la scuola detta di
teoria e di disegno professionale. Una ben stu-
diata distribuzione delle ore di lavoro,_ di istru-
135

16.6 Page 156

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zione generale, di teoria dell'arte e di disegno ap-
plicato ha dato splendidi risultati pratici a van-
taggio degli alunni formati in dette scuole.
Abbiamo creduto bene di ricordare queste
deliberazioni, per dimostrare quanto stesse a cuo-
re a Don Bosco l'educazione intellettuale degli
artigiani e quanto avesse egli stabilito concreta-
mente al riguardo, valendosi unicamente del ·sue
profondo intuito e della sua esperienza.
Egli sapeva ben~ssimo che, mentre da una
part~ il braccio compie quello che la mente detta,
dall'altra il solo lavoro, ossia l'esercizio del pro-
prio mestiere non raggiungera mai gli scopi del-
1'educazione in genere, e neppurè quelli della edu-
cazione professionale in ispecie. È troppo neces-
sario che l'esperienza venga sostenuta dalla teoria
e sia fiancheggiata d~ nozioni complementari,
affinchè il lavoratore sia cosciente di quello che
fa e di quello che può e vuole fare. Soltanto a
questa condizione il la~oro risulter~ riflesso e in-
dice della personalità umana, ossia di tutto l'uo-
mo: il quale è materia e spirito, intelligenza, sen-
timento e volontà.
Lo stesso possiamo dire per le scuole agricole
di Don Bosco, nelle quali i piccoli agricoltori,
mentre sono iniziati nell'esercizio dei lavori della
terra e nel m ~neggio dei relativi strumenti e ·
macchine, ricevo:O.o pure quella istruzione teorica
136

16.7 Page 157

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agraria che è necessaria per conoscere a fondo i
problemi riguardanti le loro attività.
Noi pertanto, con orgoglio di figli, possiamo
affermare che,- anche in questo settore del lavoro,
Don Bosco è stato antesignano, precorrendo i bi -
sogni dei tempi. Giustamente fu annoverato tra
i più grandi benefattori dell'umanità.
Anzichè perdersi in vane teorie, il Santo hn
- preferito risolvere ipratìcamente i problemi sociali,
mettendo i suoi alunni in grado di guadagnarsi
il pane con cognizione della propria arte e con
onestà di costumi. E vi è riuscito mirabilmente,
dando a tutti un grande esempio di effioace vo-
lontà, e mostrando col fatto che la Chiesa, solle-
cita degli interessi spirituali ed eterni degli no-
mini, non perde di vista i lo'ro intere§si e biso-
gni temporali, facendo convergere anche questi
al fine precipub della salvezza delle anime.
8. Non svilire il lavoro.
In questi ultimi anni vi fu qua e là il tenta-
tivo d'intromettere ip forma inusitata il lavoro
nella scuola, quasi che ogni scuola, e di qualsiasi
grado, dovesse divenire al tempo stesso un .la-
boratorio di arti e mestieri.
Si dicev~, o meglio si pretendeva, che in ta I
modo sarebbe divenuta generale e pratica l'educa-
137

16.8 Page 158

▲back to top
zione al lavoro: tutti gli alunni, futuri cittadini,
si sarebbero resi idonei a guadq_gnarsi il pa-
ne in qualunque condizione fossero venuti a
trovarsi, e la patria avrebbe avuto tutti uomini
capaci di concorrere al fabbisogno della nazione.
Nessunò nega l'importanza e la necessità del
"lavoro per il benessere e la prosperità del paese.
\\ Ma non si può approvare la sua intromi_ssione in-
debita nel quadro dell'istruzione, col grave in-
conveniente di una contemporaneità di studi e di
apprendimenti assai nociva alle condizioni e pos-
sibilità degli stessi alunni.
Era poi in pratica una vera svalutazione del
lavoro, rendendolo, agli occhi degli alunni stu-
denti, un curioso gingillarsi e un vero perditempo.
Il lavoro va rispettato, perchè è cosa sacra dal
giorno in cui le mani del Divin Salvatore in certo
modo lo hanno divinizzato.
D'altronde chiunque ha intrapreso gli studi
secondari e superiori, sia per particolari condi-
. zioni famigliari o regionali, sia per nativa pro-_
pensione alle scienze o alle lettere, con ciò stesso
si è già messo su un piano di vita, in cui l'opera
del lavoro manuale o meccanico delle arti e dei
mestieri non- costituisce più uno speciale e pre-
scelto strumento d'attività e di produzione per il
benessere propriÒ .e altrui.
Obbligare questi _alunni studenti a un appren-
138

16.9 Page 159

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I
dimento professionale o agricolo è introdurre nella
loro .vita, con ' scapito di tempo, di soldi e di ren-
dimento, un'attività per la quale non sentono al-
cun interesse professionale, esulando ess.a . dal
quadro delle loro aspirazioni pel presente e pel
futuro. Del resto, resperienza lo ha dimostrato
fino all'evidenza: nelle scuole di lavoro, introdotte
abusivamente nel quadro degli studi letterari o
scientifici, venne a mancare l'attratti_va, lo sprone,
e soprattutto il senso di una vera responsabilità
per un lavoro · che gli alunni senti ano di com-
piere quasi per inutile sport.
II contrario avviene a quegli alunni, che, supe-
rati gli studi primari, intraprendono ·subito gli
studi d'avviamento al lavoro, per abilitarsi in un
mestiere, in un'arte meccanica o in qualche pro-
fessione. Essi sanno di avere già iniziato la pro-
pria carriera di' lavoro, la quale servirà a procu-
rar loro il sostentamento durante tutta la vita;
p~rciò mettono nell'apprendimento del mestiere
o dell'arte il maggior interesse, affinchè ogni nuo-
va conquista nell'esercizio del lavoro arricchisca
il loro patrimonio.
E questo interesse pel rendimento del lavoro, o
meglio questa responsabilità, gli alunni la sen-
tono, anche perchè c'è chi la fa sentire. Essi in-
fatti, - a misura che vanno superando i primi
esercizi, che son come tanti p.onti di passaggio
139

16.10 Page 160

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verso il perfetto apprendimento del mestiere, -
non solo vanno prendendo conoscenza delle ma-
terie prime e degli utensili del proprio mestiere,
mé!- possono anche essere avviati a cooperare, in
proporzione della loro attività, a un lavoro red-
ditizio, ordinato forse dà un cliente, al quale essi
e il laboratorio devono rendere conto.
Per Don Bosco, e nel suo sistema, l'istruzione
rimane ben classificata e inquadrata nella impo-
stazione generale dell'educazione intellettuale dei
giovani educandi. Gli studenti, gli artigiani, gli
agricoltori, formano distinte sezioni, ciascuna al
proprio posto, pur essendo oggetto dello stesso
inteFesse morale e delle stesse cure spirituali per
una vera formazione integrale e cristiana.
9. La preparazione dei maestri.
Grande fu la preoccupazione di Don Bosco
p er evitare he si infiltrassero nelle sue scuole
elementi, i quali potessero in qualsiasi modo af-
fievolire o guastare la ·sana e completa forma-
zione dell'uomo e del cristiano. Si persuase ben
presto che i due pericoli principali potevano de-
rivare dalla mancanza di maestd adatti e dal di-
fetto di opportuni libri di testo. Ed ecco che
egli, pur assillato da cento altre preoccupazioni,
anche d'indole materiale, si accinse alla forma-
- 140

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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zione di insegnanti capaci e alla preparazione di
testi che non offrissero pericoli per -la moralità
degli allievi.
Leggere nella vita di Don Bosco ciò che egli
fece per la preparazione di insegnanti idonei,
che avrebbero dovuto-, seguendo i suoi esempi e
lve1.vsauecnoomrmmoez,1.c0onne.tinuare l'opera sua, d esta sempre
Egli era solo: non importa. Dapprima si preoc-
cupò di fornire, come già accennammo, le sue
scuole festive e serali di buoni maestri di cate-
chismo. Tra coloro che frequentarono l'Oratorio
ve n'erano alcuni dei più grandicelli, di eletto in-
gegno, desiderosi di un'istruzione più estesa. Fece
una scelta di questi, e somministrò loro, in ore
adatte, l'insegnamento gratuito della lingua ita-
liana, latina, francese, di aritmetica e altre mate-
rie; ma a condizione che essi alla loro volta ve-
nissero ad aiutarlo nell'insegnare il catechismo
durante la· quaresima, e nel fare la scuola dome-
nicale e serale ai loro compagni.
La prova riuscì a meraviglia, quantunque co-
stasse a lui fatica e sudori, e anche disilfo.sioni:
taluni infatti, dopo avergli fatto spendere molto
tempo e denaro per libri e sussidi dati alle loro
famiglie, gli mancarono infine di parola.
Quei maestrini, da otto a dieci all'inizio, si
accrebbero, e non solamente gli furono di grande
141

17.2 Page 162

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I
aiuto nell'istruire · altri giovanetti, ma riuscirop_o
ancor essi a prendere nel ·mondo carriere onorate.
In alcuni poi, avendo egli scoperto speciali atti-
tudini per una decisa vocazione allo stato eccle-
siastico, prese a far loro· particolari ripetizioni,
sicchè divennero sacerdoti eccellenti nel ministero
delle anime (186).
Più tardi da un egregio professore, il quale
aveva aperto una scuola privata per elementi
sèelti della nobiltà torinese, ottenQe fossero ac-
cettati anche alcuni clei suoi migliori elementi ri-
tenuti meritevoli di quel favore. L'ottimo profes-
sore, che stimava assai Don Bosco, ripetutamente
ebbe poi a dirgli che quegli alunni avevano con-
tribuito efficacemente a migliorare la sua scuola.
Mentre i :figli dei ricchi e dei nobili avevano
forse troppe distrazioni in casa e fuori, e quindi
non sempre grande interesse per lo studio, i gio-
vani di Don Bosco portarono la nota di una gran-
de serietà, di un'applicazione, diremmo, eccezio-
nale, e di un profitto tale, che cooperò a rendeTe
man mano la scuola stessa più apprezzata ed at-
traente.
D'altronde gli allievi dell'Oratorio ci tene-
vano a :figurare tra i primi, sia per sentimento di
dovere, sia per recare soddisfazione a Don Bo-
sco. Il profitto di quei primi giovani fu vera-
mente notevole, cosicchè poterono presentarsi agli
142

17.3 Page 163

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esami ufficiali e freqùentare in seguito l'Univer-
sità.
Ad essi,, appena rivestiti dell'abito chiericale,
Don Bosco affidò i corsi ginnasiali dell'Oratorio.
Gli premeva soprattutto che quei giovani aiu-
tanti fossero forniti delle necessarie doti peda-
gogiche e didattiche. A questo lavoro si accinse
egli stesso consigliandoli, guidandoli, assistendoli
oppure facendoli assistere, nelle prime prove, da
professori provetti. Li interrogava e li esaminava
frequentemente, nelle riunioni e conferenze che
teneva a tale scopo, arricchendo così la loro for-
mazione didattica e pedagogica, non solo coi suoi
consigli tanto preziosi, ma anche mediante l'espe-
rienza dei maestri più quotati. Il Santo faceva
tutto ciò da pari suo, poichè aveva sortito da na:-
tura doti preclare per l'insegnamento.
Ecco un esempio del come Don Bosco formava
i suoi insegnanti. Nell'anno scolastico 1877-78
aveva affidato la scuola di prima ginnasiale infe-
riore, nell'Oratorio, al chierico Bernardo Vacchi-
na, che aveva appena finito il noviziato: un ra-
gazzo, insomma, vestito da chierico. Egli p erò lo
vigilava patèrnamente. Gli dava, nella direzione
spirituale e in altre circostanze, avvisi sul modo
di comportarsi con la scolaresca, di pregare per i
suoi alunni, di dar l9ro buon esempio special-
mente in chiesa, narr,are fatti edificanti, formarsi
143

17.4 Page 164

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idee chiare, non parlare troppo lui medesimo ma
far parlare gli scolari, prendersi cura dei meno
intelligenti, raccomandare che tutti si avvicinas-
sero spesso ai Superiori. Lo esortava anche a la-
vorare, ora in espiazione dei propri pecc~i, ora
per farsi dei meriti, ora per esercitare la carità
verso il prossimo, ora per evitare 1'assalto delle
tentazioni.
-'
Una volta gli domandò se in ç_lasse vi fosse
ordine. - Non sempre - rispose Vacchina.
- Vedi, - gli osservò Don Bosco, - se vuoi
essere ob_bedito e risp ettato, fatti voler bene. Ma
non carezze, massime sulla faccia o prendendo
per le mani.
1
Simili raccomandazioni gli ripeteva alle v~lte
incontrandolo in cortile e durante la conversa:;,
zione in camera. Tra l'altro si faceva dare da lui
ogni mese, corretto, un lavoro di prova dei suoi
alunni (18'7).
~ un fatto innegabile, - afferma il biogra-
fo, - che, sotto l'influsso di Don Bosco, si for-
mavano di anno in anno certi tipi di chierici, dei
quali si sarebbe voluto perpetuare la generazione:
rifl essivi, studiosi, ferventi nelle pratiche divote,
e insieme pronti a far .di tutto, sol che sapessero
_una cosa conforme al desiderio dei Superiori.
Conducevano una vita che era un misto di rac-
cog-limento e di attività, e che noi oggi potremm~
144

17.5 Page 165

▲back to top
definire come un riflesso della spiritualità stessa
di Don Bosco» (188).
E questa spiritualità Don Bosco cercava d'in-
fondere e di alimentare nel cuore dei suoi primi
collaboratori, in tutte le maniere, non ultima
quella di riservare ad essi soli dei corsi speciali
di Esercizi Spirituali.
1
Egli bramava inoltre che i suoi maestri, alla
I
formazione pedagogica, didattica e morale, ac- ,,
coppiassero quella letteraria e scientifica corre-
data da titoli legali d'insegnamento, per una sem-
pre migliore attrezzatura delle sue scuole. Per
que~to stabiliva di iscrivere i suoi chierici all'U-
niversità.
Ma qui è bene ricordare che a quei tempi era-
no .pochissimi gli ecclesiastici e religiosi che fre-
quentava.no le Univ.ersità dello Stato, e, se le
frequentavano, era per compiervi i loro studi
nelle facoltà di filosofia ~ teologia, che allora
formavaho parte delle Università statali. Invece
' quasi nessuno frequentava le altre facoltà lette-
rarie e scientifiche.
Don Bosco, intuendo i tempi, si era persuaso
che i Governi avrebbero preparato leggi restrit-
tive, per proibire l'insegnamento a que~ sacer-
doti o religiosi che non avessero titoli Iegali. In-
fatti il 4 ottobre 1848 era stata promulgata una
nuova legge sulla pubblica istruzione, con la
145

17.6 Page 166

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'quale si abrogava il Regolamento scolastico del
1822. L'.insegnamento fu sostanzialmente secola-
rizzato, ,,in quanto veniva tolta qualsiasi inge-
renza dell'autorità ecclesiastica nelle scuole pub-
bliche e private, pur conservando negli Istituti
di educazione qualche pratica di pietà, la Messa
festiva, e il triduo di pTeparazione alla Pasqua.
· I Seminari si lasciarono, per grazia. pienamente
soggetti ai Vescovi; ma gli studi ivi compiuti éra-
no dichiarati senza valore per gli esami e i gradi
nelle scuole pubbliche, qualora non si seguissero
i nuovi regolamenti. ·
Don Bosco subito comprese il bisogno di nupie-
rosi Istituti cattolici da erigersi a qualunque co-
sto; · perchè altrimenti, come avrebbero potuto i
Vescovi riposare tranquilli sull'ortodossia di un
insegnamento religioso impartitò da maestri , non
soggetti alla loro autorità? E poi andando di
· quando in ·quando all'Università per assi~tere a
qualche lezione, non tardò a costatare il cre-
scente mal animo di studenti ed insegnanti contro
la Chiesa. Un giorno udì 'che un professore di-
ceva: « Una volta l'istruzione era tutta in mano
ai preti, ed ora bisogna che passi in mano ai
laici. V~rrà il tempo in cui il clero, se vorrà im-
parare qu'alcosa, bisognerà che venga a scuola da
noi» (189). Era quello il proposito deliberato dei
settari.
146

17.7 Page 167

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Per di più nell'Università eravi anche la fa-
coltà di teologia: ma non vi fu stranezza nè errore
che non si sostenesse, -che non si difendesse spe-
cialmente contro i diritti e l'autorità del Sommo
Pontefice e della Chiesa. I Vescovi reclamarono
invano. Alcuni di essi vietarono ai loro chierici
di frequentare i corsi universitari, ·mentre altri
dissimulavano, lasciando che. i loro diocesani pro-
seguissero a studiare teologia e ne ottenessero la
laurea.
Don Bosco era del parere di questi ultimi.
Fermo sempre nella certezza che questa legge
sarebbe durata molti anni, era d'avviso che si
mandassero a conseguire lauree - e specialmente
quelle necessarie per i vari rami d'insegnamento
nei ginnasi, nei licei ed anche nelle Università,
- chierici e sacerdoti di provata virtù e inge-
gno: bastava premunirli e assisterli, perchè po-
tessero schivare i temuti p ericoli di pervertimento.
Egli osservava che questo era ]'unico mezzo
per il quale la Chiesa avrebbe potuto indiretta-
mente influire sull'istruzione pubblica; altrimenti,
venendo a cessare i molti ottimi insegnanti di al-
lora, ·forse e senza forse avrebbero preso il loro
posto professori guasti da falsi princìpi.
'Pel Santo Educatore, operare diversamente sa-
rebbe ,stato un abbandonare col tempo tutta la
gioventù agli avversari (190) . .
147

17.8 Page 168

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Per questo, superando egli stesso difficoltà di
ogni genere, - le quali, prese insieme, costitui-
rono durante anni interi un vero calvari-o, - in-
viò quei suoi primi allievi e :figliuoli a prendere
titoli legali universitari. L'esito compensò lar-
gamente i suoi sacrifici e così man mano potè
dotare le sue scuole di maestri e professori uffi-
cia]mente patentati.
Vi furono~ di quelli che trovarono argomento
di critica tifecero le meraviglie per la risoluzione
di Don Bosco. Per lui era cosa evidente che gli
uomini ·.politici, a dispetto della legge allora vi-
gente, sarebbero stati di anno in anno sempre
più ostili alla libertà d'insegnam0nto, e che av~eb-
bero posto gravi incagli, affi.nchè gli Ordini re- ·
ligiosi e i Sacerdoti in generale non potessero più
attendere nè al pubblico nè al privato insegna-
mento, sia scientifico sia letterario. « È 1:6.nita, -
andava egli dicendo, - i tempi sono cattivi e
n~n cambieranno così presto. Noi, fra alcuni anni,
dovremo o chiudere le nostre scuole od avere
maestri e professori patentati per insegnare>
(191).
,
Perciò, come già prima aveva messo a stu-
diare parecchi suoi chierici perchè potessero pre-
sentarsi agli esami di corso normale e fornirsi
delle patenti' per le scuole elementari, allo stesse>
modo ne preparò alcuni fra più distinti p,er il
148

17.9 Page 169

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conseguimento delle lauree: cosicchè fra i Supe-
riori di Congregazioni religiose fu il primo, e il
solo allora, a prendere questo provvedimento, fa-
·cendo iscrivere alla Regia Università di Torino
( suoi alunni per compiervi i corsi di Belle Let-
tère, di Filosofia e di Matematica.
Con ciò Don Bosco dimostrava la necessità che
I
il clero si armasse conformandosi alle esigenze·
delle leggi, al fine di resistere, per quanto sarebbe
stato possibile, all'istruzione laica, empia e can-
dalosa. Mentre tutelava così un gran numero di
vo~azioni ecclesiasticµe, dimostrava pure in faccia
alla gente quanta importanza desse agli studi, e
pre·parava infine l'espansione, anche fuori di To-
rino, della sua Società, la quale altrimenti nep-
pure all'Oratorio avrebbe potuto sussistere come
Congregazione inségnante.
Egli, in questa sua decisione, era andato d'ac-
cordo col Vicario generale della Diocesi; e di ciò
fu testimone Don Rua. Ma non tutti gli Ecclesia-
stici, anche di molta pietà, videro bene questa
'misura. Alcuni Vescovi la disapprovarono, con- I
dannando il buon prete quasi che si fosse piegato
ad ingiuste pretensioni del Governo: ed -essi non
permettèvano che il loro clero si presentasse agli
esami. In seguito però, scorgendo le conseguenze
che il loro disparere produceva a danno .delle
anime, si accorsero quanto prudentemente Don
149
/

17.10 Page 170

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Bosco avesse operato nell'interesse della Chiesa,
provvedendo a che le scuole non sfuggissero com-
pletamente di 'mano al clero: e ben tosto ,imita-
rono il suo esempio.
Avendo egli stesso consigliato i Superiori di
vari Ordini religiosi di procurare ai loro Istituti ·
professori laureati del proprio Ordine, essi sulle
prime si mostrarono sorpresi, ma più tardi con-
vennero non potersi fare altrimenti. A questo mo-
do Don Bosco fu stimolo a che molti sacerdoti e
chierici, oltre i suoi, si abilitassero all'insegna-
mento classico inferiore e superiore.
Al Vescovo di Bergamo, che non voleva con-
venire con le sue ragioni, egli rispose: « Dirò po-
che parole per non fare questioni. O i Pastori
della Chiesa si gettano avanti e riprendono con
questo mezzo l'istruzione della gio~entù, preve-
nendo i laici, e allora le cose andranno bene;
ovvero :,i ritirano e stanno inerti, ed allora da qui
a dieci anni l'empietà avrà il suo trionfo nelle
scuole ». Dopo qualche anno, Monsignore dovettè
ricredersi, e scrisse a Don Bosco: « Avevate ra-
gione; . ma ora è forse troppo tardi» (192).
Con tutto ciò si continuava ad accusarlo di
imprevidenza, perchè l'attendere a questi studi
non era senza pericolo per la gioventù ecclesia-
stica. Il Professore T,ommaso Vallauri diceva a
Don Francesia: « Don Bosco fa sempre conto di
150

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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/
mandare i suoi chierici all'Università? Ditegli da
parte mia che qui regna un'~ria pestilenzia-
le! » (193). Ma Don Bosco era sicuro che i prin-
cìpi cattolici avevano salde radici nel cuore dei
suoi figli; e poi questi erano premuniti dai suoi
avvisi.
Diceva loro: « Volete voi essere forti per com-
battere contro il demonio e le. sue tentazioni?
Amate la Chiesa, venerate il Sommo Pontefice,
frequentate i Sacramenti, fate sovente la visita a
Gesù nei suoi Tabernacoli, siate molto divoti di
Maria SS., offrttele il vostro cuore, ed allora su--
pererete tutte le battaglie e tutte le lusinghe del
mondò. Quando si tratta di fare il bene, di r.e-
spingere o di combattere gli errori, mettete la
vostra confidenza in Gesù e Maria, e allora sa-
i:.ete pronti a calpestare il rispett6 umano e a su-
bire il martirio » (194).
Iddio premiò quella sua fatica: dandogli la
sodisfazione di vedere che la riuscita fatta da
quei suoi primi figli superò ogni sua speranza.
Basti citare alcuni nomi: Don Giovanni Battista
Francesia, elegante umanista, che all'età di · no-
vant'anni scriveva ancora apprezzate poesie in
italiano, e il cui latino classico lo fece stimare e
ritenere come if miglior discepolo del Vallauri;
Don Francesco Cerruti, organizzatore sagace delle
scuole salesiane e scrittore di libri pedagogici e
151

18.2 Page 172

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letterari; Don Celestino Durando, autore di di-
zionari latini; Don Giovanni Garino, autore a sua
volta di una g_rammatica greca assai apprezzata
e di altri scritti e commenti in latino ed in greco;
Don Giovanni Tamietti, commentatore di autori
classici; e altri molti, più .vicini a noi, quali Don
Paolo Ubaldi, ellenista insigne, Don Sist~ Co-
lombo e Don Eugenio Ceria, valenti umanisti,
commentatori essi pure di classici italiani, latini,
greci.
Insomma fu una vera eletta generazione di
uomini, i quali, alla lor volta, -lie formarono altri
non pochi, rendendo così le scuole di Don Bosco
sempre più apprezzate, sia dai genitori che vi
mandavano i loro figliuoli, sia dagli esaminato-
ri pubblici, che riconoscevano negli alunni di
/
Don Bosco una preparazione degna di lode.
Ed è bello qui ricordare che questi figliuoli
arrivarono a conseguire i necessari diplomi e ti-
toli a prezzo d'ina~diti sacrifici, poichè mentre
frequentavano i corsi dell'Università, facevano
scuola ed attendevano a determin9-te · discipline
ecclesiastiche. Si era nei tempi eroici, e quei pri-
mi Salesiani erano disposti a tutto.
È vero che queste occupazioni sottraevano loro
un tempo notevole, ma Don Bosco teneva per
fermo che essi, senza qualche cosa da fare, si
sarebbero forse applicati meno intensamente al
1 53

18.3 Page 173

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'
_proprio studio, mentre, incalz~ti da altri lavori,
imparavano a non perdere il tempo e profittava-
no di più.
E qui bisogna notare che allora Don Bosco
solo per o-rave indigenza di personale permise che
in alcum collegi' venisse assunto qualche ele-
mento esterno.
In seguito alla formazione d'un numero suffi-
ciente di insegnanti scelti tra i suoi figli, nella
conferenza dei Direttori del 24 settembre 1875,
presieduta dallo stesso Don Bosco, ·fu deciso « che
non si prendessero profess_ori esterni, sia per l'in-
gente spesa, sia per un po' di noncuranza loro
circa il profitto degli alunni, sia per i pericoli
morali causati da divergenze di idee, di spirito e
di interessi » (195).
10. Libri e testi adatti.
Un altro pericolo vedeva Don Bosco, e non
meno grave, nei testi di scuola. Purtroppo si
mettevano nelle mani dei giovani i libri ·di clas-
~ sici greci, latini, italiani, senza pre11ccuparsi se
contenevano, insieme ai pregi letterari, gravissi-
me deficienze riguardanti i princìpi" della morale
e del buòn costume. Il suo cuore di sacerdote e
-di educatore cristiano non gli permetteva di espor-
re quei suoi cari figliuoli al pericolo di avve-
153

18.4 Page 174

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lenarsi il' cuore li\\." dove essi si recavano ad abbe-
verarsi per arricchire la mente.
Dopo serie riflessioni, e dopo aver interrogato
ed entusiasmato quei suoi primi figli e collabo-
ratori, decise di preparare una sua collana di
libri di testo. Essa avrebbe contenuto opere di
autori classici greci, latini, italiani, ma espurgati
di quelle pagine, di quei brani, o anche solo di
quelle parole, che avessero potuto in qualche mo_,,
do ·offuscare la delicatezza morale dei suoi alunni.
Nel 1868 pertanto, sotto la guida del valente
Don Francesia, professori salesiani e non sale-
lesiani si accinsero all'opera dando alle scuole la
nota collana Selecta ex latinis scriptoribus, i cui
volumi, assai apprezzati, uscirono ib molte edi-
zioni fino ad oggi (196).
E poichè era persuaso che un altro pericolo di
corruzione, e forse più grave, provenisse da quei
classici italiani, anche fra i più celebrati, i quali
furono troppo dimentichi dei princìpi della mo-
rale, Don Bosco, che da tempo , aveva ideato la
pubblicazione di una piccola biblioteca per la
gioventù studiosa levando da quegli scritti tutto
ciò che potesse nuocere alla santità dei pensieri
e dei costumi, credette giunto il momento di ac-
cingersi all'opera.
Egli ben sapeva che da certi i~~egnanti, col
pretesto e in nome dell'arte, si sarebbe gridato
154

18.5 Page 175

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contro questa da essi ritenuta barbara mutilazio-
ne: ma non si curò della loro critica la quale,
·dopo tutto, avrebbe dimostrato la saggezza e la
necessità di siffatta revisione.
Procedette dunque egli stesso alla scelta degli
autori e a distribuirli, per la correzione e per il
relativo commento, a quei professori che meglio
rispondevano al suo pensiero: e ben presto ebbe
intorno a sè un'accolta di eletti ingegni, pronti a
cooperare a quella saggia impresa.
Egli se li teneva carissimi, e tutti erano stretti
a lui da vera amicizia. Convenivano alle . feste
famigliari e, a quando a quando, si adunavano
per deliberare sulla scelta dei libri. Non avrebbe
voluto pubblicare certi classici, come il Macchia-
velli e il Leopardi, rimanendo essi, anche cor-
retti, sempre pericolosi: ma i programmi governa-
tivi li esigevano. Raccomandò pertanto che di
questi autori fossero scelti i passi meno nocevoli
e diligentemente purgati: diede pure alc.une nor-
me perchè, nello spiegarli, si eliminasse ogni pe-
ricolo I e si mettesse sempre in piena luce la ve-
rità, cui si opponevano i loro errori. Don Bosco
voleva insomma che i classici fossero spiegati nel-
lo splendore delle idee cristiane (197).
Ai suoi Salesiani diceva al riguardo: « Cia-
scuno sappia cavar profitto spirituale da ogni
cosa: da quanto vede, sente, opera, studia, legge,
155

18.6 Page 176

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anche in autori profani. Per esempio, chi fa scuo-
la, spiegando un autore pagano e incontrando
una bella massima, ne faccia tesoro; richiami su
questa l'attenzfone dei discepoli, né ricavi utili
conseguenze per sè e per gli altri. Guardate come
fa l'ape. Essa va lontano anche qualche miglio a
raccogliere il miele; e sa separare .il miele dalla
cera, e lasciare nel fiorellino un, sugo velenoso
che potrebbe dare la morte a se stessa e alle sue
compagne. 'Così dobbiamo fare noi: scegliere ciò
che può giovare, spogh rei di ciò che è difetto e
peccato. In questo modo possiamo imparare qual-
che cosa da tutti e da tutto» (198).
/
a) « BIBLIOTECA DELLA G1ovENTù ITALIANA '.l). ·
Trattandosi di nor]Jle squisitamente pedagogi-
che, crediamo utile puhblicare qui il programma
che il Santo Educatore compose e diffdse il 18
novembre 1868.
« Il bisogno universalmente sentito di istruire
la studiosa gioventù nella lingua italiana deve
animare tutti i cultori di questa nobile nostr-a fa-
vella ad usare quei mezzi che sono in loro potere
per agevolarne lo studio e la cognizione. Egli è
' con questo intendimento che si è ideata la Biblio-
teca ;della Gioventù Italiana. Suo scopo è di pub-
blicare quei testi di lingua, antichi e moderni;-
1
156

18.7 Page 177

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che più da v1cmo possono interessare la colta
gioventù.
« Per riuscire in questa impresa fu istituita una
Società di benemeriti celebri· professori· e dottori
in lettere, i quali si propongono:
1) Di raccogliere e di pubblicare i migliori
classici della nostra lingua italiana ridotti all'or-
tografia moderna, affinchè si possano meglio leg-
gere e comprendere dal giovane lettore;
2) Trascegliere _quelli che per amenità di
materia e purezza di lingua gioveranno meglio
allo scopo;
3) Nei commenti, ove e sia il caso, si fa-
ranno ·solo brevi annotazioni che servano a dilu-
cidare il senso letterale, nel che si ·seguiranno le
interpretazioni dei più accreditati commentatori;
4) Noi giudichiamo bene di omettere in par-
te, ed anche del tutto, quegli autori comunque
accreditati, i quali contengono materie offensive
alla Religione e -alla moralità;
5) Sarà usata massima cura affinchè la par-
te tipografica lasci niente a desiderare per 1a
nitidezza dei caratteri, bontà della carta, e per
la esattezza della stampa.
« Ciò posto noi ci accingiamo all'opera, racco-
mandandone il buon esito agli educatori della
gioventù e a tutti' gli amanti della gloria del-
l'italiana favella e del maggior bene della gioven-
1G7

18.8 Page 178

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». (Seguono le condizioni di associazione) (109).
L'iniziativa di Don Bosco fu salutata con gioia ·
dalla stampa locale.
,
Le pubblicazioni furono iniziate nel gennaio
1869 ed ebbero termine nel 1885, dopo aver pub-
blicato in 204 volumi le migliori opere dei clas-
sici_ italiani. Da notare che furono numerosi gli
associati e , che oltre ai volumi ad essi spediti, se
ne spacciarono più di mezzo milione nelle scuole
e collegi con grande vantaggio morale dei giovani.
Anché dopo la morte di Don Bosco se ne conti-
nuò la ristampa. Il Marchese Giacom9 della Chie-
sa, poi Papa Benedetto XV, si gloriava di essere
stato uno degli abbonati ·a quella cwllana (200).
Un insigne critico, il De Luca, esaltava in un
importante giornale romano l'antica biblioteca
dei classici italiani éditi da Don Bosco che tanto
giovamento avevà portato ai cattolici italiani in
tempi assai calamitosi; e finiva affermando: < Una
storia di tale attività sarebbe senza dubbio un
capitolo onorato, q~ando si volesse narrare la
coltura dei cattolici i_taliani nell'800 » (201).
b) « SELECTA EX SCRIPTORiBus
LATINIS CHRISTIANIS :l).
Allo scopo di mettere in mano ai suoi giovani
libri moralmente sicuri, Don Bosco si accinse an-
158

18.9 Page 179

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che a un'altra importantissima impresa, quella
cioè di pubblicare una collana clal titolo Selecta
ex scriptoribus latinis Chrisiianis.
Parlando dei suoi studi filosofici, egli accen-
nava ad un grande errore nel qua,le era incorso,
e che avrebbe potuto essergli causa di funeste
conseguenze, se un fatto - che egli considera-
va provvidenziale - non lo avesse liberato. Abi-
tuato alla lettura dei classici in tutto il corso se-
condario, assuefatto alle figure enfatiche della mi-
tologia ed alle favole dei pagani, egli non trovava
gusto nello stile semplice dei libri ascetici. Giun-
se a persuadersi che la buona lingua e la elo-
quenza non si potesse imparare dai . libri che trat-
tano di religione. Le stesse opere dei .santi Padri
gli sembravano frutto di ingegni assai limitati, ec-
cettuati i princìpi religiosi che essi esponevano
con forza e chiarezza. Ciò era conseguenza di
discorsi uditi da persone eziandio ecclesiastiche,
valenti nella classica letteratura, ma poco rispet-
tose verso . questi grandi luminari della Chiesa,
perchè non li conoscevano.
« Sul principio del secondo anno di filosofia,
- egli scrive - andai un giorno a far visita al
SS. Sacramento e, non avendo meco il libro di ,
preghiera, mi feci a leggere De lmiiaiione Chri-
sti, di cui lessi qualche capo intorno al SS. Sa-
.cramento. Considerando attent~mente la sublimi-
159
I

18.10 Page 180

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tà dei pensieri e il modo chiaro e nel tempo stes-
so ordinato ed eloque11te con cui si esponevano
quelle grandi verità, cominciai a dire tra me stes-
so: - L'autore di questo 1libro era un uomo dot-
to! - Continuando altre e poi altre volte a leg-
gere quell'aurea operetta,· non tardai ad accor-
germi che un solo versicolo di essa conteneva tan-
ta dottrina e moralità, quanto non avrei trova-
ta nei grossi volumi dei classici latini. È a que-
sto libro che son debitore di ayere cessato dalla
lettura profana » (202).
Si diede pertanto -alla lettura dei classici cri-
stiani e, a misura che progrediva negli anni, si
fece sempre più profonda in lui la stima dei Pa-
dri e degli scrittori latini cristiani.
Fatto sacerdote e circondato dai suoi primi
chierici, seppe infondere in essi tale amore. Fin
dal 1851 egli, in tempo di vacanza, spiegava, e
tanto ben'e, a Rua Michele e ad altri suoi alun-
ni, vari brani di questi sacri autori, e special-
mente le lettere di San Girolamo: e insisteva che
le traducessero, mandassero a memoria e com-
mentassero. Cercava di infondere negli altri i)
proprio entusiasmo e provava gran p ena nel sen-
tire come alcuni professori distinti deridessero il
latino della Chiesa e dei Padri, chia~andolo con
disprezzo « latino di sagrestia».
Egli diceva che coloro i quali disprezzano la·
160

19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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lingua della Chiesa, si mostrano ignoranti delle
opere dei Santi Padr:i, i quali, in buona sostan-
za, formano da soli la letteratura di più secoli e
una splendida letteratura che, per molti lati,
eguaglia, nella forma, l'età classica, e per magni-
ficenza di idee la supera infinitamente come il
cielo la terra, la virtù il vizio, Dio . l'uomo. Anzi
aggiungeva che, per eleganza di stile, grazia di
lingua, robustezza e sl}.blimità di concetti, alcuni
di essi tengono il primato sugli stessi autori del
secolo d'Augusto. E lo dimostrava.
Quando Pio IX nel 1855 in una sua Enciclica
sciolse la questione tra Mons. Dupanloup e il
Gaume, decidendo che si doveva unire bellamente
lo studio dei classici pagani con quello dei clas-
sici cristiani, p,er rivestire con lingua latina, pur-
gata ed elegante, le idee cristiane, e dando nor-
-me in proposito, Don Bosco ripeteva essere le sue
idee in perfetto accordo con quelle del Papa (203).
Non è a pensare che egli nutrisse comecches-
sia poca stima letteraria per i classici latini pro-
fani. Li aveva studiati,--ne possedeva dei lunghi
tratti a memoria, li commentava con maestria;
ma, sacerdote, apostolo, e soprattutto educatore,
non poteva non vedere il male che, dalla loro
lettura e dai loro insegnamenti, poteva derivare
alla gioventù.
~ La rivoluzione francese - egli osservava -
6 (Il)
161

19.2 Page 182

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ha preso le proprie massime cl.agli scrittori del
paganesimo, anzi sono questi che formarono
quella generazione di sicari. E da ciò ne vennero
le deplorabili rovine che tutti sanno. Le idee di
patria, di odio agli stranieri, di gloria acquistata
con la forza brutale, di vendetta encomiata, di
superbia, di dio stato, di conquiste, ecc., sono
quelle che guastano le menti tenerelle dei giovani
e che fanno giudicare -viltà la soave mitezza del
cristianesimo » (204).
Don Bos·co poi_sapeva a tempo e luogo, con
carità e prudenza, diffondere questa sua opinio-
ne. Aveva anche un argomento suo proprio. Di- 1
ceva: « È un delitto disprezzare il latino dei San-
ti Padri. Noi cristiani non formiamo una vera
società gloriosa, santa, divina? Questi scrittori
ecclesiastici non sono nostri, e nostra gloria? E
perchè disprezzare le cose che ci appartengono,
· e trovare solo il bello nei nostri nemici, nel paga-
nesimo? E questo si chiama amore alla propria
bandiera, alla Chiesa, al Papa?» (205).
Il celebre Tommaso Vallauri, professore di let-
terelatine all'Università di Torino, geloso dei pro-
pri meriti e insofferente di opinioni contrarie
alle sùe, in uno scritto stampato aveva biasimato
gli autori latini cristiani asserendo che essi, tutti
intenti all'insegnamento e alla difesa della Reli-
gione, avevano trascurata, anzi deturpata la lin-
162

19.3 Page 183

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gua. Lo seppe Don Bosco, il quale un giorno non
si trattenne dal dire in bel modo al Dottor Val-
lauri: « Ella sostiene che gli autori cristiani latini
non scrissero con eleganza i loro libri, mentre
San Girolamo viene paragonato, pel suo modo di
scrivere, a Tito Livio, Lattanzio a Cicerone, ed
altri a Sallustio e a Tacito ». Don B~sco non disse
di più. Vallauri tiflettè alquanto e poi rispose:
« Don Bosco ha ragione; mi dica pure quello chr
debbo correggere; io ubbidirò ciecamente » (206) .
Don Bosco, giusto estimatore dell'arte, e più
ancora della morale, non poteva soffrire che i
giovani fossero obbligati ad usare solamente clas-
sici profani senza l'antidoto dei classici cristiani.
Egli così rendeva un servizio, anzi una glorifica-
zion~ alla Chiesa cattolica, procurando al tempo
stesso alla gioventù studiosa 'argomenti di vita
cristiana (207).
Don Tamietti pertanto, dietro suo invito, pre-
parò ed annotò, di San Girolamo, il De viris il-
lustribus, le Vite di San Paolo primo eremita, di
Sant'Ilarione, del monaco Malco, oltre una decina
di lettere. In tal modo Don Bosco aveva scelto
il momento propizio per risolvere praticamente
il grande battagliare che erasi sviluppato in Fran-
cia per opera di Mons. Parisi~ fin dal 1845 in-
torno all'insegnamento dei classici. Quella lotta,
che la Enciclica Inter multos del 25 marzo 1855
163

19.4 Page 184

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non era riuscita a sedare, si era Tiaccesa, e Pio IX
fu costretto a ribadire le raccomandazioni già
_fatte, pubblicando un Breve in data 22 apri-
le 18?4.
L'anno seguente, in un altro Breve del 1° apri-
le a Mons. Bartolomeo, Vescovo di Calvi e Teano,
e poi Cardinale, dopo aver ricapitolato lo stàto
della questione; insisteva nuovamente. Il dotto
Prelato esortava allora i suoi p;ofessori e sacer-
doti a seguire le direttive pontificie.
Con questo favorevole intervento e decisione
del Papa, Don Bosco sentì in se stesso crescere
la lena nell'attuazione del suo disegno (208). Ap-
profittava di tutte le occasioni per caldeggiare l'o-
pera intrapresa. Ai suoi Direttori faceva questa
raccomandazione il 2? gennaio del 18?5: « Altra
cosa che desiderò è l'introduzione nelle nostre
scuole dei classici c istiani invece di q~elli del
paganesimo. Non potremo farlo tutto d'un tratto,
ma desidero che, per quanto si può, si cominci
a fare ... In tal modo potremo mettere un riparo
ad un male molto grande dei nostri tempi » (209).
Nel Capitolo del 18?? insisteva: « Ogni Di-
~ettore si faccia con zelo a propaga re nei nostri
Collegi le collané dei classici. Lungo l'anno pro-
curino tutti in varie circostanze di parlarne, far-
le conoscere, lodarle, e ottenere che molti resti-
no associati. Saranno sempre buoni libri .che si
164 \\

19.5 Page 185

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spargono nel collegio e che si le~go"no con grande
vantaggio» (210).
In ogni circostanza riappare l'educatore con
tutto il suo zelo e il suo immenso amore ai gio-
vam, che vuole salvare dalla corruzione.
e} I VOCABOLARI.
Sempre- con lo scopo di togliere dalle mani
giovanili tutto ciò che potesse offuscare la mente
e corrompere il cuore, si accinse a un'altra im-
portante impresa. Egli aveva notato che i vo-
cabolari riboccavano di parole e frasi oscene.
Pensò di farne pubblicare dei nuovi, purgati da .
tutto ciò che potesse nuocere al buon costume.
A tal fine nel 1868 affidò al Dottor Don Fran-
cesco Cerruti l'incarico di comporre un vocabola- _
rio italiano, perch,è vi eliminas·se tutte le espres-
sioni men che delicate in fatto di onestà. Don
Cerruti obbedì e fece un'opera pregiatissima in
ogni lato (211).
Al tempo stesso assegnava il lungo e grave la-
voro del Dizionario Greco-Italiano e Italiano-Gre-
co al Prof. Teologo Marco Pechenino, dandogli
come amanuense un chierico .dell'Oratorio. Af-
fidava in pari tempo la cura del Dizionario Lati-
no-Italiano e Italiano-Latino al Prof. Don Cele-
stino Durando, il quale dalla sua opera maggiore
165

19.6 Page 186

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in due volumi estrasse po.i un dizionario minore
tn un sol volume per le classi inferiori del gin-
nasio (212).
d) LA COLLANA DRAMMATICA
Una nuova manifestazione dell'importanza che
Don Bosco dava alla buona educazione e forma-
zione intellettuale dei suoi alunni - sia per ripa-
rare i danni del positivismo e del naturalismo,
che lottavano satanicamente al fine di infiltrarsi
nelle scuole e nella vita pubblica e privata, sia
al tempo stesso per suscitare in tutti il gusto verso
nobili /ideali ed imprese di sacrificio ~ di eroismo
a vantaggio del prossimo -- si ebbe nel 1885 con ]a
Piccola Collana di Letture Drammatiche per isti-
tuti di educazione e famiglie. Usciva un volume
ogni due mesi: il primo fu il noto dramma di Don
Giovanni Battista Lemoyne Le pistrine o L'ultima
· ora del paganesimo.
Con questa iniziativa Don Bosco ebbe in ani-
mo di formare una biblioteca teatrale di operette
scelte e rappresentabili da giovani soli, negli Ora-
tori festivi e in altri Istituti. Altrettanto fece per
i teatrini delle fanciulle nei collegi.
11. Don Bosco scrittore-educatore.
Sarebbe incompleta la trattazione che riguar-
da ciò che fece Don Bosco per la educazione 1n-
1
166

19.7 Page 187

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tellettuale della gioventù se non dicessimo qualco-
sa; sia pure brevemente, di lui come scrittore:
poichè, lo si avverta bene, Don Bosco fu scrit-
tore in funzione di educatore.
D'altronde, a detta di molti, < scrivere e dif-
fondere · buoni libri ad istruzione della gioventù
e del popolo fu un lavoro contìnuo del San-
to » (213).
Pio XI, che lo conobbe e avvicinò nella inti-
mità, disse della sua vocazione allo studio (214)
e delle sue pubblicazioni (215), oltre un centinaio,
di cui alcune ebbero un esito straordin:ario di
40, ?O e persi:r;io 600 edizioni (216).
Della sua preparazione a scrivere sono una
testirr:anianza la serietà degli studi fatti in se-
minario ed al Convitto Ecclesiastico, e le molte
opere, veramente di polso, che egli lesse e studiò
avidamente in quei teD?-pi, come quelle di Giusep-
pe Flavio, del Fleury, del Calmet, del Cavalca,
del Passavariti, del Segneri, tutta la Storia Ge-
nerale della Chiesa dell'Henrion, che gli restò vi-
vamente impressa nella memoria, e molti scrit-
ti in materia di Religione, come quelli di Mons.
Marchetti, Frayssinous, Balmes, Zucconi e di molti
altri ancora (21 ?).
Tra i documenti della sua· vasta erudizione
storica, sono notevoli una lettera di « Schiari-
menti » in difesa dell'opuscolo Il centenario di
167

19.8 Page 188

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San Pietro Apostolo, e la lettera da lui scritta
1'8 aprile 1863 all'Editore della Storia Popolare
dei Papi del Chantrel: di questa egli fa una
critica esauriente, mettendone a punto le numero-
se deficienze ed inesattezze, indicando fatti, fonti,
testi, citando nomi di Padri, di storici, giudicàn-
do e consigliando con una sicurezza e con una
competenza che fanno stupire (218).
Ma, più ancora che della erudizione e del1a
critica, era amante del bene dei giovani e della
verità.
I
Ecco il giudizio che Don Bosco dava dei Pro-
messi Sposi nella Storia d'Italia: « La stima che
abbiamo di quest'opera non ci tratterrà tuttavia
dal biasimare altamente il rit atto che ci porge
di Don Abbondio e quello della sgraziata Gel-
trude. Il Manzoni, che voleva dare all'Italia un
libro veramente morale ed ispirato da sentimento
cattolico, poteva certo presentarci migliori· carat-
teri; gli stessi romanzieri d'oltr'Alpe ben altra
idea ci porgono generalmente del Parroco catto-
lico. Il giovane poi che fin dai suoi primi anni
ha imparato, coll'amore ai genitori, la venerazione
al proprio Parroco, dovrà necessariamente ricevere
cattiva impressione nella mente e nel cuore dopo
siffatta lettura». Quindi ·- dice il biografo --
non ne consigliava la lettura ai giovanetti, per-
chè inesperti e impressionabili, e solamente la
168

19.9 Page 189

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tollerò quando fu nelle scuole prescritta dal Go-
verno. Da ciò si argomenti che cosa Don Bosto
pensasse degli altri romanzi. Diceva continua-
mente che i libri, anche non cattivi, ma leggeri
ed appç1.ssionati, sono pericolosi, in specie per la
moralità (219). ·
Sempre a proposito del suo amore alla verità
e del suo coraggio nel difenderla, si sentì dire da
Pio IX: « Tre Papi sono a voi debitori! Ne avete
difesa la fama oltraggiata, con la Storia d'Italia.
l'Ecclesiastica, e le Letture cattoliche» (220).
Alti Prelati a Roma vollero mettere a prova
la preparazione storica di Don Bosco, e ne rima-
sero pieni di ammirazione (221).
Il Santo aveva anche.una buona preparazione
linguistica (222). Lo stesso Leone XIII, che tanto
si distinse per il suo classico stile latino, restò
-meravigliato al leggere una supplica scritta in ot-
timo latino da Don Bosco (223).
Si occupò pure con risultati notevoli delle leggi
e decreti della Chiesa, e ne diede ~mpie prove
in speciali documenti (224). Ma, ancor più che la
scienza, amava Gesù Cristo, e Crocifisso, come
appun/o egli stesso ebbe a rispondere il 21 mar-
zo 1858 a Pio IX, che lo aveva interrogato in pro- ..
posito (225). Egli nello scrivere non aveva altro
fine che quello di far del bene, e non cercava la
lode degli uomini. « Il mio studio, - diceva, -
169

19.10 Page 190

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nel predicare. _e nello scrivere, fu sempre ed um-
camente rivolto a farmi intendere da tutti, sia
nell'esposizione come nell'uso dei vocaboli più
semplici e conosciuti » (226).
Abbiamo detto che egli aveva preveduto co-
me la scuola e la stampa, cose eccellenti in sè,
sarebbero diventate mezz_i potenti per seminare
l'errore e corrompere i costumi. Per prevenire il
male e giovare ~Ila gioventù e al popolo, egli '
si dedicò a scrivere buoni libri. A questo fine to-
glieva molte ore della notte ai suoi riposi, e du-
rante il giorno occupava tutti gli istanti, che
la cura dei suoi giovanetti, il sacerdotale ministe-
. ro e lo studio della teologia morale -gli lasciavano
liberi.
Il tavolino della sua stanzetta . era ingombro
di quaderni e fogli, zeppi di note che andava dili-
gentemente raccogliendo, soprattutto in difesa del-
la Religione e della Chiesa, e in relazione alla
scuola. Con questo preparava materia per i mol-
ti libri che andava ideando e dei quali l'oppor-
tunità e l'eccellenza sarebbe stata provata dalle
molte edizioni e dai giudizi favorevoli pubblicati
da personaggi di gran fama. -
Tuttavia, benchè Don Bosco sentisse in sè la
grazia e la potenza di tale missione, non si at-
teggiò mai a scrittore, nè manifestò per questo
alcun sentimento di vana glc:,ria (227).
170

20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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Il suo stile semplice e paterno si rivela so-
prattutto nelle Memorie dell'Oratorio di San Fran-
cesco di Sales dal 1815 al 1855, da lui scritte per
ordine del glorioso Pontefice Pio IX e riservate
ai soli Salesiani: Memorie den'Oratorio ché vi-
dero la luce soltanto nel 1946, centenario appunto
della Casa Madre e centenario pure della elezio-
ne di Pio IX a Vicario di Gesù Cristo.
t'2. Gli scritti di Don Bosco e i loro pregi.
Presentando ai giovani la sua Storia Sacra
e la Storia ecclesiastica, D,on Bosco risolse una
grande difficoltà: quella di procurare libri di te-
sto adatti alla loro intelligenza ed età. Persino
quando egli SGrisse l'Aritmetica con l'originalis-
simo suo metodo per insegn,are il Sistema Metri-
co Decimale, anche allora tale libro, pur trat-
tandosi di una materia in generale poco gradita
ai giovanetti, fu accolto con piacere e segnò un
trionfo per le sue scuole: tanto più che provve-
deva ai bisogni, non solo intellettuali, ma anche
materiali, del popolo.
Un· giornale di Torino, assai quotato per se-
rietà ed erudizione, lodava Don Bosco per la se-
sta edizione della sua Aritmetica e il Sistema Me-
trico Decimale: libro « condotto con tanta sempli-
cità, chiaJ1ezza d'idee e popolarità, che lo crediamo
171

20.2 Page 192

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il prn acconcio per le scuole èlementa'ri > (228) \\
Semplicità e chiarezza erano le sue doti pre-
cipue. Egli parlava ·come scriveva, e scriveva
come parlava: sempre familiarmente. Per assi-
curarsi di essere pen compreso da tutti faceva
leggere i suoi manoscritti a semplici operai po-
co istruiti, perchè poi gliene riferissero il con-
tenuto. Un giorno, leggendo egli a sua madre il
panegirico- di San Pietro, indicava il Santo Apo-
stolo col titolo di Clavigero. Sua Madre lo inter-
ruppe .e gli disse: - Clavigero? Dov'è questo
paese? - Egli avvertì subito che qllella era una
parola troppo difficile per intendersi da perso:pe
del popolo, e ,la cancdlò (229).
Prima di stampare Il Divoto dell'Angelo Cu-
stode, leggevalo al portinaio del Rifugio. E quau-
do questi non intendeva, egli, dandone la colpa
al suo stile piuttosto elevato, rifaceva con ·gran
pazienza il lavoro fino a che quel brav'uol,Ilo ca-
pisse (230).
Nominato membro dell'Accademia deirArcadia,
vi si recò la sera del Venerdì Santo, 14 aprile
1876, per leggervi una sua composizione sulle pa-
role dette da Gesù Crist_o in Croce. Egli non si
smentì neppure in quella solenne circostanza;
perchè parlò bensì con grande correttezza e pro-
fondità di pensiero. ma non disginnte dall'umil-
del suo stile.
172

20.3 Page 193

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Quel modo semplice e facile nel parlare anche
delle cose più difficili, gli cattivò gli animi di tut-
ti, e il suo discorso fu applauditissimo (231).
Gli premeva di essere capito. Tuttavia, pur
amando la chiarezza, non sacrificava mai la pu-
rità e la proprietà della lingua (232).
È meritevole di essere ricordata anche la sua
pietà, delicatezza e carità nello scrivere (233).
1 suoi libri sono un modello della delicatezza som-
ma da lui sempre usata quando trattava materie
pericolose. « Alcune volte accadde a me, - affer- ·
mò il Servo di Dio Don Rua, - e a vari miei
compagni - di trovarci incagliati nel raccontare
alcuni fatti dell'Antico Testamento: e consultando
la sua Storia Sacra trovavamo 'il modo di espri-
merci con tale delicatezza da escludere ogni peri-
cofo di sconvenienza » (234).
I Protestanti, con foglietti, dispute, lettere
scritte da apostati, fecero di tutto per farlo ta-
cere, ma egli non desisteva e con le armi della
carità di Nostro Signor Gesù Cristo e della dol-
cezza di San Francesco di Sales, continuava a
confutare l'errore, rispondendo senza acrimonia,
.dissimulando le ingiurie e rispettando le persone
(235). A chi non sapeva conservarsi abbastanza
calmo nel controbattere accuse ed ingiurie, dava /
questo ricordo: « Non scrivere parole offensive:
gli scritti rimangono ». Un autore gli chi,edeva
173

20.4 Page 194

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norme e consigli per la pubblicazione di qualche
suo librettq. « Ti raccomando - rispose . Don
Bosco - una cosa in particolare: non offendere
la carità» (236). Negli scritti d el Santo tutto
è calmo e limpido, senza alcun'ombra di acri-
monia!
Ma la dote che maggiormente rifulse in Don
Bosco scrittore fu l'umiltà. Malgrado le sue am-
pie cognizioni storiche, geografiche, letterarie, pas-
I
sava tutte le sue composizioni per la revisione
a persone di liconosciuta scienza e abilità, come
a Silvio Pellico, al Professore Amedeo Peyron,
al Professore Matteo Picco, e ad altri. « Anzi, -
dice il Card. Cagliero, - alle volte si abbassava
fino a -far esaminare da alcuni di noi i suoi opu-
scoli e le lettere da pubblicarsi e da mandarsi
ai benefattori delle sue opere » (23?).
Inoltre era vera specialità degli scritti di Don
Bosco il loro fascino. A questo proposito è note-
vole ciò che gli accadde nel dicembre del 1862
in un colloquio col Provveditore agli studi, Comm.
Francesco Selm.i.
- Lei parla bene, - disse il Professore; -
ma debbo dirle che mi piacciono assai poco i
suoi libri!
Don Bosco lo pregò di indicargli i difetti, as-
sicurandolo che ne avrebbe tenuto conto in futu-
re edizioni.
174

20.5 Page 195

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- È ben lei l'autore della biografia del gio-
vanetto. Domenico Savio.
'
- Per l'appunto.
- Ebbene, quel libro è pieno di famdismo; lo
lesse mio figlio e ne fu talmente preso che a
ogni ora domanda di essere condotto da Don Bo-
sco; e temo quasi che gli dia volta ·1 cervello.
- Ciò vorrebbe dire che i fatti ivi contenuti
sono chiaramente esposti ed ameni, così da essere
con facilità intesi dai giovanetti e da incontrare
il loro gusto; questo appunto era il mio divisa-
mento. Ma intorno alla lingua e allo stile, vi ha
ella trovato qualche difetto da correggere?
- Di questi, no: anzi vi ho scorto purezza e
proprietà di linguaggio ed uno stile facile e po-
polare » (238).
Lo stesso Tommaseo, il quale veniva talora
a visitare Don Bosco, gli disse, parlando del suo
modo di scrivere: « Caro Signor Don Bosco, sono
lieto di poterle dire che lei trovò uno stile facile,.
il vero modo di spiegare al popolo le sue idee in
maniera che le .intenda. Anzi lei seppe rendere
popolari e piane anche le ma_terie difficili » (239).
.
a) LA « STORIA n'lTALIA ».
Don Bosco vedeva con alto rammarico perfidi
scrittori che - per mezzo di Sommarii, Com-
175

20.6 Page 196

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pendii, Storie e via dicendo - facevano barbnro
scempio della Storia d'Italia, rimettendo in luce
viete e già mille volte confutate calunnie .con-
tro i Papi, presentati come nemici d'Italia e re-
sponsabili delle sciagure patrie. Tali storie -nazio-
nali cominciavano ad adottarsi in varie scuole
come libri di testo. Al tempo stesso i Protestanti
combattevano fieramente il P a pato, e il giornali-
smo settario ne assaliva il dominio temporale.
Questi tradimenti della verità, questo avvele-
namento delle giovani menti rivolt8:va l'anima di
Don Bosco, che si accinse a prestarvi quell'anti-
doto più efficace che per · lui si potesse: la sua·
Storia d'Italia.
·
Ecco come Don Bosco stesso espone l'intendi-
mento che lo guidò in quel lavoro: « Esporre la
verità storica, -insinuare l'amore alla virtù, la
fuga del vizio, il rispetto all'Autorità e alla Re-
ligione,. fu intendimento finale di ·ogni pagina...
Se a taluno riuscirà di qualche vantaggio, ne ren-
da glorira al Dator di tutti i beni , cui intendo
consacrare queste mie tenui fatiche » (240) .
Parlando poi delle fonti dice: « Posso nondi-
meno accertare il lettore che non iscrissi un perio-
do senza confrontarlo con gli autori più accre-
ditati, e, per quanto mi fu possibile, contempora-
nei o almeno vicini al tempo cui si riferiscono
gli avvenimenti. Neppure risparmiai fatica nel
/
176

20.7 Page 197

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leggere i moderni scrittori delle cose d'Italia,
ricavando da ci~scuno quello che parve convenisse
al mio intento. Ho f~tto quello che ho potuto
perchè il mio lavoro tornasse utile a quella por-
zione della umana società che forma la speranza
di un lieto avvenire, la gioventù » (241).
Meritano poi speciale attenzione queste sue
parole che rivelano come la sana educazione del-
la gioventù fosse il suo continuo pensiero, l'oggetto
precipuo di ogni sua fatica: « Egli è un fatto
universalmente ammesso che i libri d~vono es-
sere adattati all'intelligenza di .coloro a cui si
parla, in quella guisa che il cibo dev'essere ac-
con ·o alla complessione degli individui. Giusta
questo principio io divisai di raccontare la Sto-
ria d'Italia alla gioventù seguendo. nella materia,
nella dicitura e nella mole del volume le stesse
regole già da me praticate ·per altri libri al me-
desimo scopo destinati.
« Tenendomi pertanto ai fatti certi, più fecon-
di di moralità e di utili ammaestramenti, tralascio
le cose incerte, le private congetture, le troppo
frequenti citazioni di autori, come pure le trop-
po elevate discussioni politiche, le quali cose tor-
nano inutili e talvolta dannose alla gioven-
» (242).
Tra i libri pubblicati da Don Bosco forse nes-
suno riscosse tante lodi come la Storia d'Italia.
177

20.8 Page 198

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Fu detta un monumento di amor'e alla gioventù.
Non si può non fare le più alte meraviglie al sa-
pere come, in mezzo a tanti travagli di mente e a ·
tante fatiche di corpo pel governo della sua nume-
rosa famiglia, Don Bosco abbia ancora trovato
tempo per comporre e dare alle stampe una
Storia d'Italia, la quale è una delle opere più
belle ed importanti uscite dalla sua penna.
I dotti scrittori della Civilt-à Cattolica, le-
vandola al cielo, la chiamarono « un libro che
nel suo genere non ha forse pari in Italia ». Nel
loro periodico espressero quest'altro giudizio: « Sot-
to la penna dell'ottimo Don Bosco la Storia non
si tramuta in pretesto ,di bandire idee di una po-
litica subdola o princìpi di un'ipocrita libertà,
come purtropP.O avviene di cert'altri compilatori
di epiloghi, sommari, compendi che corrono l'Ita-
lia e brulicano ancora per molte scuole, godenti
riputazione di buoni. Alla veracità dei fatti, alla
copia della materia, alla nitidezza dello stile,
alla simmetria dell'ordine, l'Autore accoppia una
sanità perfetta di dottrine e di massime, vuoi mo-
rali, vuoi religiose, vuoi politiche~ (243).
L'Armonia annunziava la Storia d'Italia di
Don Bosco inserendola nel numero dei libri da
far conoscere, adatti ai bisogni dell'educazione e
dell'istruzione della part~ pii) cara della società,
qual è la gioventq.
173

20.9 Page 199

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Di detta Storia tessè un elogio anche il Tom-
maseo: « Ecco un libro modesto che gli eruditi
dì mestiere e gli storici severi degnerebbero for-
se appena di uno sguardo, ma che può nelle
scuole adempire gli uffici della storia meglio às-
sai di certe opere celebrate... L'abate Bosco in
un volume non grave presenta la Storia tutta d'I-
talia nei suoi fatti più memorandi; sa sceglierli,
sa circondarli di luce assai viva. Ai piemontesi
suoi. non tralascia di po.rre innanzi quelle memo-
rie che riguardano più in particolare il Piemon-
te, e insegna a fare il simile agli altri maestri, il-
lustrare cioè le cose men note e più lontane con
le più note e 1~ più prossime...
< In tanta moltitudine di cose da dire l'abate
Bosco serba l'ordine e la chiarezza, che, diffon-
dendosi da una mente serena, insinuano negli ani-
mi giovanili gradita serenità... Soggiungerò che
i più fra i giudizi dell'autore mi paiono confor-
mi, insieme, a civiltà vera e a sicura moralità.
Nel coÌloquio quasi famigliare che, raccontando,
egli tiene coi suoi giovanetti, saviamente riguar-
da le cose pubbliche dal lato della morale pri-
vata più accessibile a tutti e più direttamente
proficua » (244).
Questa Storia fu per quei tempi e in appres-
so una provvidenza, stimata dai buoni e anche dai
non sospetti di troppo cattolicfsimo. Dio solo sa
179

20.10 Page 200

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il bene che arrecò alla gioventù e il male da cui
la preservò. Non appena conosciutine i pregi, i
padri di famiglia, i maestri, gli Istitutori, che de-
sideravano avere figliuoli e discepoli eruditi nella
Storia patria, ma non attossicati, andarono a gara
per loro provvederla.
,
In molte case di educazione ed in vari Collegi
e R·c~oli Seminari venne accolta con favore e
adottata come testo (245).
Nel corso di trent'anni s~ ne spacciarono oltre
70.000 copie. In principio lo stesso Ministro della
Pubblica Istruzfone, che era Giovanni Lanza, la
fece esaminare, se ne compiacque molto, l'onorò
d'un premio di mille lire, e mostrò desiderio che
venisse adottata nelle scuole governative. Ciò che ·
sarebbe stato fatto, se Don Bosco si fosse rasse-
gnato a togliere alcuni periodi. Egli però nulla
volle mutare e non si curò di un progetto che pu-
re gli avrebbe fruttato _un lucro notevole. Anzi
era pronto a soffrire con gioia l'ira dei settari
che lo avevano preso in sospetto di reazionario
e capo di reazione a favore del Sommo Pontefi-
ce (246).
La Storia d'Italia di Don Bosco fu tradotta
anche in inglese e adottata come libro scolastico.
I nostri Confratelli di Londra trovarono, sopra
un panchet-t---o--- dove si vendevano libri di secon-
da mano, un magnifico volume in inglese col ti-
180

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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tolo Compendio della Storia d'Italia di Giovanni
Bosco, traslatp dall'italiano da un ex Ispettore
Go_vernativo delle scuole I. D. Morell, LL. D.
Era edito dalla tipografia Longman, Green, una
delle principali ditte editrici di Londra, n e1
1881 (247).
b) LA « STORIA ECCLESIASTICA ».
Anche la sua Storia Ecclesiastica ad uso delle
scuole ebbe una accoglienza favorevolissima. Le
ragioni didattiche e pedagogiche che hanno ispi-
rato questo volume sono un monumento dell'amo-
re di Don Bosco alla Chiesa, al Papa, ed ai gio
vani (248).
Don Bosco, disapprovando il sistema seguito
anche dagli ~utori ecclesiastici di grido, di fare
delle Storie Ecclesiastiche piuttosto nazionali, tra-
scurando la parte principale che vi de·ve avere
il Sommo Pontefice, sosteneva che il perno at-
torno a cui deve aggirarsi una Storia Ecclesia-
stica è il Papa, e quindi una vera storia delle
Chiesa doveva essere ·essenzialmente una « Sto-
ria dei Papi ».· Tale fu il criterio col quale scris-
se la sua Storia Ecclesiastica. Ma non bisogna di-
menticare che egli fin dal 1849 aveva incomincia.
to a comporre con queste idee una Storia univer-
sàle della Chiesa Cattolica, a confutazione delle
menzogne e calunnie degli eretici, e a corre-
'181

21.2 Page 202

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zione di metodo e di errori di alcuni autori cat-
tolici. Nel 1870 era quasi finito il manoscritto
che, nelle vacanze autunnali e durante i viaggi,
egli per tanti anni era andato curando. Se non che
un giorno smarrì sul treno l'ultima parte che più
non potè ritrovare, e l'opera rimase purtroppo in-
terrotta (249).
Allora compilò la seconda edizione della Sto-
ria Ecclesiastica che ebbe un grande successo.
Degno di nota il riserbo con cui scriveva.
A Tomatis Carlo, che gli aveva chiesto come
si regolava quando si fosse imbattuto in punti
difficili a trattarsi, dovendo per esempio -dir male
di qualche personaggio, Don Bosco rispose:
« Ove posso dir bene, lo dico: e dove dovrei dir
male, taccio».
- E la verità?
- Io ·scrivo non per i dotti, ma specialmente
per. gli ignoranti e per i giovanetti. Se narrando
un fatto poco onorevole e controverso, io turbassi
la '-fede di un'anima semplice, non è quesfo indur-
la in errore?... Le colpe 'di uomini, anche emi-
nentissimi, per nulla offuscano la santità della
Chiesa; anzi sono una prova della sua divinità...
_,- E questo pure intenderebbero i giovani, quando
potessero integrare i loro studi. Del resto ri-
cordati che le sinistre impressioni, ricevute in
tenera età, per u·n parlare imprudente, portano
182

21.3 Page 203

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sovente lagrimevoli conseguenze per lu Fede e
per il buon costume » (250).
Il Card. Tripepi, parlando delle Vite dei primi
Papi della Chiesa, scritte da Don Bosco, dopo
averlo elogiato pel suo senso e valore storico,
finisce con queste parole: « Il dotto e venerato
Don Bosco si era dato con una mano esperta: a
delineare le ges.ta di questo Papa... Vuolsi rende-
re_gloria immortale ed aver obbligo, eterno all'eru-
dito e zelante Do~ Bosco, gran lume di Torino e
della Chiesa» (251). ,
Appunto pei suoi riconosciuti meriti storici,
nel dicembre 1872, Mons. Castaldi invitava Don
Bosco a far parte dell'Accademia di Storia Ec-
clesiastica che pensav~ fondare (252).
e) LA « STORIA SACRA ».
Don Bosco aveva rilevato i difetti delle Sto-
rie Sacre allora in uso pei fanciulli e in generale
inaccessibili ai medesimi per la troppa ricerca-
tezza delle frasi, dello stile, dei concetti.
« Indotto da queste ragioni, - egli scrive,-
mi proposi di compilar un corso di Storia Sa-
cra che contenesse le più importanti notizie dei
libri santi e si potesse presentare ad un giovanet-
to qualunque senza pericolo di risvegliare idee
meno opportune. Affine di riuscire in questo di-
183

21.4 Page 204

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,,, '
visarne~to, narrai ad un numero di giovani di
ogni grado ad uno ad uno i fatti principali della
Sacra Bibbia, notando attent~mente quale im-
pressione facesse in loro quel racconto e quale
effetto producesse di poi. Questo mi servì di nor-
ma per tralasciarne alcuni, accennarne appena al-
tri, e corredarne non pochi di più minute ci:i;co-
stanze. Ebbi eziandio sott'occhio molti compendi
di Storia Sacra e tolsi da ognuno quello che mi
parve più conveniente» (253). Insomma il Santo
si era di proposito applicato a compila;e una
Storia Sacra che, « oltre alla faéilità della dici-
tura e popolarità dello stile, fosse scevra dei no-
tati difetti» (254).
Don Bosco stabiliva poi questi tre corollari: la
certezza della venuta del Messia, fondata sull'av-
1
veramento delle profezie; l'esistenza di una Chie-
sa, unica arca di salvezza per tutti gli uomini,
divina, infallibile, indefettibile; questa Chiesa es-
sere la Cattolica Romana con alla testa il Som-
mo Pontefice. .
_
·
Nello stesso tempo era ii'itento a combattere i
Protestanti, ma senza lasciarlo intravvedere. Per-
ciò, narrando i fatti del Nuovo e dell'Antico Te-
stanìento, pose in risalto il culto esterno, il purga-
torio, la necessità delle opere buone per salvarsi,
la venerazione delle reliquie, l'intercessione dei
Santi, il culto di Maria Vergine, la Confessione,
184

21.5 Page 205

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la presenza reale di Gesù Cristo nella SS. Euca-
ristia, il primato del Papa: elementi che dànno a
questo libro un carattere di attualità per la rin-
novata propaganda protestante nelle regioni d'I-
talia.
Pertanto in un volume di circa 200 pagine egli
( espose i fatti più important( della Bibbia, con
lingua purgata, in forma piana, con stile chiaro,
come furono sempre le caratteristiche di tutti i
suoi libri, sicchè i fanciulli non trovassero diffi-
coltà ad intenderne la narrazione ed a ritener-
la a memoria (255).
I Anche per la Storia Sacra seguì il metodo già
usato, e andando al Convitto Ecclesiastico per
studiare e scrivere, consegnava di ·tanto in tanto
i fogli della Storia Sacra al portinaio perchè li
leggesse, e ritornando si faceva dire se ne veva.
capito il senso. In caso contrario rimaneggiava il
lavoro, rendendosi ancor più semplice e popo-
lare (256).
Il metodo didattico è ciò che vi ha di più
fruttuoso in questo libro. Da ogni fatto s.crittu-
rale il Santo sa ricavare una massima educa-
tiva ed esprimerla in modo adatto alla giovane
età (257).
I
Il metodo didattico di Don Bosco risalta an-
cora d Ila opportunità della cronologia, del di-
zionario geografie<;>, delle i~cisioni, e in modo par-
185

21.6 Page 206

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ticolare èlelle divisioni e suddivisioni inserite nel
testo, poichè l'esperienza gli suggeriva essere qu&-
sto il metodo più facile a far sì che un racconto
qualunque dalla mente di un giova,ne possa es-
ser appreso e ritenuto (258).
d) LE < LETTURE CATTOLICHE).
Sempre per contribuire alla sana forma,zione
intellettuale della gioventù e del popolo, Don Bo-
sco aveva,iniziato fii{ dal marzo 1853 la pubblica-
zione delle Letture Cattoliche, che hanno superato
il migliaio di numeri e inondato l'Italia e il mon·-
do con milioni di copie.
La Civiltà, Cattolica dando un giudizio di esse
si esprimeva così: « Librettini di piccola mole,
pieni di soda istruzione, adattati alla capacità
del popolo minuto, e tutta cosa opportuna per
questi tempi: ecco il pregio di queste Letture Cat-
toliche. Siane lode all'egregio Don Bosco; e i pa-
dri· di famiglia, per quanto han cara la fede 1 dei
loro figliuoletti, se ne valgano per gittar loro nella
mente i primi germi di una istruzione qual è
richiesta - dalla condizione dei tempi» (259).
Don Bosco infatti, profondo conoscitore del-
1'epoca in cui visse, aveva visto le rovine della
mente e del cuore che si accumulavano per l'in-
fluenza settaria ed eretica della _libera stampa,
186

21.7 Page 207

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.
e aveva provveduto con le Letture Cattoliche
ad una salutare e larga opera di restaurazione in
mezzo al popolo e alla gioventù. In quei fascicoli,
con ampiezza di vedute, egli sapeva raccogliere
quanto di splendido, di commovente, di edifican-
te, si trovava sparso nella Storia della Chiesa
e delle Nazioni, e quanto di incantevole ed umile
virtù egli aveva visto nella vita dei suoi fan-
ciulli.
Non v'era principio dommatico e morale, su
cui lo spirito volterriano del secolo non lasciasse
cadere il disprezzo e la derisione, senza che il
Santo in persona, o per mezzo di popolarissimi
scrittori, non sorgesse a difenderlo, dissipando
l'immensa colluvie di calunnie e di pregiudizi
insinuati nelle anime a danno della Chiesa e del-
la Società (260).
Le difficoltà, anzichè arrestare, stimolavano
Don Bosco. Alle villanie ed ingiurie rispondeva
con imperturbabile carità, perdonando di buon
grado a tutti i dileggiatori, studiandosi di evi-
tare i personalismi, continuando però a svelare
l'errore ovunque si nascondesse (261), anche da-
vanti alla prospettiva di feroci vendette (262),
deUe quali non ·mancavano gli esempi.
Quando passò la direzione di .t~li Letture al
Sacerdote,.. Salesiano Conte Carlo Cays, gli rac-
comandava: < Non ci sia niente da ledere la tene-
187

21.8 Page 208

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ra e mobile mente della gioventù in morale: nep-
pure la politica del giorno » (263).
Alcuni numeri, veri gioielli pedagogici, eb-
bero l'onore di molte edizioni.
Il fascicolo Severino - per citarne uno dei
tanti '_ fu lodato dal Prof. Vallauri, che lo lesse
d'un sol fiato (264) .'
Quasi sempre i suoi volumetti venivano se-
gnalati e raccomandati ai lettori, non solo dai
giornali cattolici cli Torino, ma anche da quelli
di Roma. Ad esempio, di un altro volume, dal
titolo Massimino, un giornale romano scriveva:
« Tutti gli errori che i nemici della Religione no-
stra santissima vanno spargendo per traviare
i semplici e gl'ignoranti, specialmente per ciò
che ,riguarda la venerata Sede del Capo dell~ -
Chiesa, vi sono confutati con uno stile chiaro,
persuasivo e adattato all'intelligenza di tutte le
persone » (265) .
13. Don Bosco formatore di scrittori.
'/
Il nostro Padre non fu soltanto scrittore, ma
abile formatore di scrittori. Conosceva i suoi figli
e, guardando alle attitudini e ai ,- gusti dei singoli,
insinuava loro l'idea di fare questo o quel la-
voro, cercando d'imprimere in essi bel bello il
proprio concetto e il propr10 spirito intorno al-
188

21.9 Page 209

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la trattazione proposta. Indi suggeriva libri di
consultazione; correggeva manoscritti, scendendo
ai più minuti particolari di stile e di ling·ua;
istradava man mano con avvisi orali e scritti;
chiamava non cli r~do a collaborare se.co in la-
vori da pubblicare. Ecco, per esempio, in qual
modo affidò a Don Bonetti la revisione di un
suo manoscritto nel 18?5: « Ho bisogno che col
tuo occhio cli lince e col tuo sagace ingegno dia
un'occhiata a questi .manoscritti prima di stam-
parli. Ma io li lascio alla tua responsabilità. Pro-
cura che la pietra pomice non solo lisci il legno,
ma lo disgrossi e poi lo ripulisca. Capisci?» (266) .
Incaricando Don · Giovanni Turco d'un altro
lavoro gli scriveva: « Eccoti un libretto da tra-
~:lursi dal francese. Tu certamente lo volgerai
liberamente, non con stile elegante, che non è
il tuo, ma con uno stile popolare classico, periodj
brevi, chiaro, ecc., proprio come sei solito a seri.:
vere » {26'!).
A Don Barberis faceva notare: « Tu prima
cerchi i pensieri e poi li ordini e fai da questi
risultare il tutto; Invece prima si deve concepire
l'intero argomento, ordinarlo e ad esso coordinare
poi i singoli p ensieri». Notatiglì poi alcuni di-
fetti ling~istici, proseguiva: « Sempre periodi cor-
ti; in luogo di un sol periodo lungo_, ogni volta cht'
si può, farne due o tre. Il verbo alla fine è da
189

21.10 Page 210

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lasciarsi ad altri scrittori; noi, che tendiamo al-
i'assoluta popolarità, abbandoneremo sempre .qu~l
vezzo. Avviene ancora spesso che sotto varie for-
me e con diverse parole non si faccia che ripe-
tere uno stesso pensiero: questo è modo da scrit-
torelli. Espresso un pensiero, rapidamente si passa
.ad un altro » (268}.
Coi mezzi anzidetti il Santo si sforzò di ren-
dere l'educazione ·intellettuale dei suoi figliuoli
libera da tutto ciò che in qualsiasi modo avesse
potuto confondere la mente e soprattutto turbare
il cuore degli educandi.
/
190

22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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CAPITOLO IV.
L'EDUCAZIONE SOCIALE
L'educare socialmente il fanciullo rientra nella
cerchia dei fini che deve prefiggersi reducatore:
si tratta infatti di preparare !'educando, che è
destinato alla vita di società, a essere domani un
membro degno e attivo della società stessa.
1. Vita di collegio, vita di famiglia .
E qm e bene mettere in rilievo un carattere
particolare dell'educazione collettiva della scuo-
la e del collegio, che è quello appunto di costi-
tuire una forma di vita che stia di mezzo t~a la
vita intima della famiglia, quasi chiusa attorno al
focolare domestico, e la vita aperta e pubblica
che i giovani, al termine della loro formazione,
conduranno poi in mezzo alla società.
Quale raccordo o anello d'unione -tra l'una e
l'altra, la vita di collegio, per essere ben organiz-
191

22.2 Page 212

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zata e ben adattata alla condizione e alle esigenze
degli alunni, deve ancora avere molto della vita
di famiglia: mentre d'altra parte deve, 1mz1a.re
man mano g]i educandi a una forma di vita
sociale.
a) h PENSIERO DI DoN Bosco.
Don Bosco "ca·pi, vorremmo dire, pressochè
istintivamente, e attuò questo aspetto della vita
di collegio nel suo sistema di educazione. Chi infat-
ti- osservi lo svolgimento della giornata educativa
nelle Case Salesiane e più ancora si sforzi di pene-
trare il profondo senso e lo spirito animatore di tut-
ti gli atti che vi si susseguono, e consideri il modo
di agire, di parlare, di sentire, dei Salesiani formati
secondo lo spirito del Padre, s'accorge subito che
in esso si respira e si vive un intenso spirito di fa-
miglia. È questa una tradizione dei primissimi tem-
pi di Don Bosco, la quale costituisce come l'anima
del suo sistema. E noi abbiamo éJ.ppunto visto come
egli, fin dagli inizi dell'opera sua, abbia concepito
la figùra dell'educatore come la figura di un p adre.
Ed egli era tale. Quando raccoglieva i primi
alunni dalle strade o da famiglie indigenti, se li por-
tava a casa chiamandoli figli. Quando accettava
nuo i giovani, molte volte terminava le pratiche
relative con queste parole: < Vieni, io ti farò da
192

22.3 Page 213

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padre>. Così fece con colui che poi sarebbe dive-
~uto il Card. Cagliero, e con tanti altri (269).
Il Collegio, l'Oratorio, era per lui . la casa: ed
ancor oggi gli istituti salesiani sono di preferenza
chiamati Casa Salesiana, e non convento, nè mo-
nastero, nè comunità religiosa {270.).
Don Lemoyne, parlando dei primi anni dell'O-
ratorio, scrive che l'Oratorio era allora una vera
famiglia (271), dove Don·Bosco aveva la sollecitu-
dine di un padre· (272), e Mamma Margherita la
sollecitudine di una madre (273). Anzi, sul prin-
cipio della fondazione dell'Oratorio non vigeva al-
tra regola fuori di quella che lega naturalmente
i membri di una famiglia (274), e i giovani non sen-
tivano che vi fosse differenza tra l'Oratorio e la loro
casa paterna (275).
Respiravasi un'aria di famiglia che rallegrava.
Don Bosco concedeva ai giovani tutta quella liber-
tà che non era pericolosa per la disciplina e per la
mor~le. Quindi non si esigeva che si recassero in
fila ai luoghi ove chiamavali la campana e, nella
stagione calda, tollerava eziandio che nello studio
deponessero la cravattina e la giubba, e non ce-
deva alle rimostranze degli assistenti, tanto piace-
vagli andare alla buona, sicchè tutto sapesse di
famiglia. Solo anni .dopo acconsentì, quando il
numero dei giovani era straordinariamente aumen-
tato" (276)_.
7 (II)
,, 193

22.4 Page 214

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Di ritorno dai suoi viaggi Don Bosco narrava ai
sùoi alunni quanto gli era occorso, a volte per più
sere di seguito. Era questa la sua costumanza quan-
do stava qualche tempo fuori dell'Oratorio: e i
giovani vivevano della sua vita (27'7).
Don Paolo Orioli, in un suo opuscolo La Casa
di Don Bosco in Torino, ove era ·stato ospite per
qualche tempo, scrive riguardo ai Superiori: « Se
li avvicini senza conoscer.li, non sospetteresti pun-
to che siano costituiti in autorità... perchè il
loro tratto sociale è tale che pare voglian allon-
tanare perfino il sospetto dell'esser loro. Ma più
cresce la sorpresa quando vedi quei direttori aggi-
rarsi in mezzo ai giovani studenti, agli artigiani,
e porgersi più da amici che da Superiori. Nella
casa di Don Bosco non è quell'aria grave d'autori-
tà che spira in certi collegi... Fa consolazione al-
i'animo il vedere quei laureati tanto modesti e
non curanti dei loro pregi reali > (278). Don Bosco
stesso, come abbiamo visto, si compiaceva di sot-
tolineare questo spirito di famiglia che vigeva al-
l'Oratorio.
Il 31 maggio del 1876 si era recato con Don
Barberis a Villafranca d'Asti, per vi~itare un
sacerdote infermo, alunno dell'Oratorio. Di ri-
torno, sul treno, diceva a Don Barberis: 4: Fra noi
i giovani adesso sembrano ~ltrettanti figli di fa-
miglia, · tutti padroncini di casa; fanno propri
194

22.5 Page 215

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gli interessi della Congregazione. Dicono < La no-
stra· chiesa, il nostro Collegio di Lanzo, di Alas-
sio, di Nizza », e qualunque cosa riguardi i sale-
siani la chil!:_mano ~nostra>... poi sentendo sem-
pre a dire che bisogn'a andare nel tal luo-
go, che la via è aperta a quell'altro, che siamo
chiamati da tante parti, in Italia, in Francia,
in Inghilterra, in America, pare loro di essere i
padroni del mondo» (279).
Quest'atmosfera di famiglia Don Bosco vole-
va perpetuata nei suoi collegi quando scriveva
nel Sistema Preventivo che l'educatore dev'es?ere
in mezzo ai suoi giovani come un padre amoroso
che vigila e cura tutti i loro interessi (Rego-
lam., 88). Si capisce allora come in questo ambien-
te gli alunni diventino come figliuoli e si la-
scin9 in generale .dominare da tale spirito.
Anzi quanto più son da esso pervasi, tanto più
dimostrano il loro interesse per la casa · ove di-
morano e si educano, e per le cose dei loro educa-
tori e della stessa Famiglia 'Salesiana.
Così avviene che i giovani parlano delle < no- ·
stre Missioni », delle « nostre Case », dei < nostri
Collegi », come se veramente si trattasse di cosa
loro e della loro propria famiglia.
Perciò nelle Case Salesiane non si viene solo
per studiare, per ottenere un certificato di esa-
mi felicemente superati, ma si viene per conti-
195
\\

22.6 Page 216

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nuare a vivere una vera vita di famiglia, ricca
di frutti per l'avvenire, e sovente più piena e
completa di quella stessa che i giovani vivevano
nel focolare domestico, ove purtroppo non manca-
no a volte parole -sconvenienti ed esempi poco for-
mativi.
b) VALORE SOCIALE DELLA VITA DI COLLEGIO.
In un ambiente educativo così organizzato, il
fanciullo è quasi insensibilmente condotto alla
conoscenza e alla pratica delle norme del vivere,
che 'sono base indispensabile per una buona riu-
scita.
Parlando ai giovani Don Bosco paragonava la
vita di collegio alla vita sociale delle api. < De-
sidero - egli disse nel 1864 - che impariate a
fare il miele come lo fanno le api. Sapete come
fanno le api a produrre il miele? Con due cose
principalmente: 1) Non lo fanno ciascuna da sola
ma sotto la dirézione di una regina che obbedi-
scono in ogni circostanza; e poi sono tutte insie-
me e si aiutano a vicenda. 2) La second a cosa si
è che vanno raccogliendo qua e là i succhi d ei fio-
ri; ma ·notate: non raccolgono già tutto quello che
trovano, ma ora vanno su di un fiore ora si posa-
no su di un altro, e da ciascuno p igliano solamcn-
1 te ciò che serve a fare il miele.
196

22.7 Page 217

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« Veniamo ;ll'applicazione. Il miele figura· tut-
to il bene che fate voi con la pietà, con lo stu-
•dio e con l'allegria, perchè queste tre cose vi da-
ranno tante consolazioni, dolci come · il miele.
Dovete imitare però le api. Primo nell'obbedire
alla regina, cioè alla regola e ai Superiori. Senza
obbedienza ·viene il disordine, il malcontento, e
si fa più nulla che giovi. Secondariamente l'es-
sere molti -insieme serve molto a far questo mie-
le di allegrezza, pietà e studio. È questo il vantag-
gio che reca a voi il trovarvi nell'Oratorio. L'es-.
sere ·'molti assieme accresce l'allegria delie vostre
ricr'eazioni, toglie la melanconia quando ·questa
brutta maga volesse entrare nel cuore; l'essere
molti serve d 'incoraggiamento a sopportare le
fatiche dello studio, serve di stimolo nel vedere il
profitto degli altri; uno comunica all'altro le
proprie cognizioni, le proprie idee, e così uno im-
para dall'altro. L'essere fra molti che fanno il ben~
ci anima senz'avvedercene.
« Dovete pure imitare le api nell'andare a
raccogliere solo ciò che è buono e non ciò che è
c,attivo. Ciascheduno osservi nella condotta dei
suoi compagni ciò che vi ha di meglio, e poi pro-
curi di imitarli » (280).
Don Bosco voleva con ciò portare tutti a coo-
perare al bene comune dentro del collegio. _
La vita collegiale favorisce l'educazione so-
197

22.8 Page 218

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ciale, poicp.è la compagnia di m~lti necessaria-
mente implica, oltre che l'esercizio dei propri
doveri e dei propri diritti, anche un complesso._
di relazioni éhe si sopportano o si stabiliscono con
gli altri. Gli atti di ciascun membro della comuni-
collegiale sono coordinati al bene di tùtti, e
quindi regolati dalle leggi della sociabilità, affin-
chè gli uni non siano di detrimento o di dist_urbo
agli altri: e a questo provvedono i Regolamenti
dell'Istituto.
Dalla vita di collegio adunque è massima-
mente favorito lo sviluppo di quella socievolez-
za, la quale da una parte esige il sacrificio dei
propri comodi pel rispetto alla esigenze altrui,
e dall'altra, togliendo l'individuo dall'isolamento
del suo egoismo, lo fa come uscire da se stesso
per darsi agli altri con affabilità, con gentilezza,
con espansione di cuore.
Don Bosco, persuaso dell'importanza che 'han-
no in~ ollegio le relazioni sociali, cercava di pro-
muoverle in ogni maniera, non solamente esigendo
che i suoi giovani intervenissero tutti puntualmen-
te alle pratiche della vita comune, ma ancora fa-
cilitandone la partecipazione col rimuovere osta-
coli e col moltiplicare mezzi ed occasioni.
Si sforzava pure di infondere nei singoli alun-
ni la virtù della schiettezza e sincerità, la quale
è base di ogni rapporto sociale, fondato sopra la
)
198

22.9 Page 219

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reciproca stima e fiducia. « Dite sempre con fran-
chezza la verità, - soleva raccomandare, - per-
chè le bugie, olg:e all'essere offesa di Dio, ci ren-
dono figli del demonio principe della menzogna,
~ fa~no sì che, conosciuta la verità, voi siate re-
putati menzogneri, disonorati presso i vostri Su-
periori e presso i vostri compagni» (281).
e) SPIRITO DI ECONOMIA E DI RISPARMIO.
Una caratteristica dello spirito di famiglia è
certamente quel senso di economia e risparmio
che fa tesoro di qualsiasi cosa giovevole ai comuni
interessi. Tuttì i ·membri di una famiglia bene or-
dinata sono interessati a cooperare direttamente o
indirettamente al benessere comune. Senza que-
sto spirito di collaborazione l'economia domestica
è desti~ata alla rovina, poichè bastano po.chi a
distruggere quello che altri si sforzano di accu-
mulare per il sostenimento di tutti i membri.
Do:11 Bosco naturalmente non poteva pretende-
re dai suoi giovani, la maggior parte orfani o fi-
gli di famiglie povere, una cooperazione diretta
e proporzionata ai bisogni della casa. Perciò da
un lato si limitava a esigere quel minimo che
.ciascuno poteva dare per contribuire al suo so-
stentamento, e dall'altra li educava allo spirito
di economia e di risparmio, raggiungendo . lo
199

22.10 Page 220

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scopo di ottenere che anche i giovani cooperas-
sero almeno indirettamente all'interesse generale
della grande famiglia dell'Oratorio.
Personalmente Don Bosco in fatt9 di economia
aveva per norma il .nequé la.rgius neque parcìus
di San Tommaso: non spese superflue, nè grette
spilorcerie. Quando una spesa gli ~embrava ne-
cessaria, agiva in modo da apparfre addirittura
magnificò. Una ,massima da lui spesse volte ri-
petuta era questa: < lo non temo che ci manchi
la Provvidenza, qualunque maggior num~ro di
giovani accetteremo gratuitamente, o per le gran-
di opere anche dispendiosissime nelle quali ci
slanciamo per l'utilità spirituale del prossimo;
ma la Provvidenza .ci mancherà quel giorno in
cui si sciuperanno danari in cose superflue o non
necessarie'» (282).
Egli dapprima si preoccupò di informare delle
sue idee i principali responsabili della economia
domestica, cioè i Direttori èd i Prefetti,. ai quali,
direttamente o per iscritto, impartiva frequen-
ti istruzioni con l'incarico di ammaestrare gli altri.
Così, nelle Conferenze di San Francesco di S~les
del 18?6, dopo aver sottolineato il fatto che la
Provvidenza non era venuta niai meno, soggiunse:
« Tuttavia, mentre noi ci appoggiamo ciecamente
sulla Divina Provvidenza, raccomando a tutto
potere l'economia. Risparmiamo quanto si può;
200

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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risparmiamo in ogni modo: nei viaggi, nelle vettu-
re, nella carta, nei commestibili, negli abiti. Non
si sprechi nè un soldo, nè un centesimo, nè un
francobollo, nè un foglio di carta. Io ciò racco-
mando caldamente a ciascuno di voi e specialmen-
te agli assistenti, ai p~ofessori e a tutti gli a~tri,
che procurino ,di fare e di far fare ai loro stid-
diti ogni risparmio conveniente, ed impedire qua-
lunque guasto del quale si avvedano» (283).
Suggeriva di « risparmiare tutto ciò che si può,
tutto ciò che è oltre il bisogno! », assicurando: < Se
noi facciamo questo, la Provvidenza ci manda tut-
to il resto, e possiamo esserne certi, qualunque sia
il bisogno » (284).
Però, nel raccomandare l'economia, non vole-
va assolutamente lasciar mancar-e il necessario
ai suoi. Così il 14 luglio 1873, dopo d'aver racco-
mandato economia, quant'era possibile in tutto,
soggiungeva: « Con questi ricordi però non in-
tendo d'introdurre una economia troppo esage-
rata, ma solo raccomandare risparmi dove si
possono fare; ma è mia intenzione che niente si
ometta di quello che può contribuire alla sanità
corporale e al mantenimento della moralità tanto
fra gli amati figli della Congregazione quanto
fra gli ~llievi che la Divina Provvidenza affid'a
alle nostre sollecitudini:, (285). Ciò diceva perchè
confidava nell'aiuto che viene dall'Alto: < Il no-
201

23.2 Page 222

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sho vi vere - rip eteva - è appoggiato sullu Di-
vina Provvi denza, che non ci mancò mai, e spe-
riamo che · non sarà per mancarci » {286).
Gli stava molto a cuore la pulizia, conside-
randola, non solo come regola di educazione e uno
strumento d'igiene, ma anche di risparmio (28?).
A questo senso di risparmio voleva fos sero
educati anche gli alunni, e per parte .- sua 11011 si
lasciava sfug·gire occasione per inculcarlo. Nella
Buona Notte del 16 dieemb~e 1864, dopo aver la- ~
mentato lo spreco di pane in ca~a, diceva ai gio-
vani: « lo apprezzo troppo questo genere neces-
sario per la vita, so quanto costa procurarlo, so
·che è un dono della Provvidenza, e farei qualun-
que- sforzo p.erchè non fosse sprecato. Quindi,
quando avete qualche tozzo·di pane, il quale, per-
chè è duro o per qualunque altra ragione, volete
gettarlo via, piuttosto portatemelo: io me lo porrò
in saccoccia e ne farò l'uso che stimerò me-
glio » (288).
Approvò in casa una specie di compagnia,
detta «.dei tozzi di pani:,, della quale fece parte
anche l'a'ngelico alunno Domenico Savio. I sin-
goli membri di questa società si proponevano di
servirsi, a preferenza, di tutti gli 'avanzi del pane
lasciati in pasti precedenti, anche dagli altri,
prima . di spezzare una pagnotta ancora intera.
Don Bosco era il primo a darne l'esempio (289)..
202

23.3 Page 223

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Come del pane, così della carta voleva che si
avesse la massima cura.
In un discorso da lui tenuto ai Direttori duran-
te le Conferenze di San Francesco di Sales nel
18?5, dava queste norme: « In tutti i Collegi si
tenga da conto la carta usata. I fogli scritti da
una sola parte si destinino a servire per le bozze
delle nostre tipografie; i mezzi fogli interamente
bianchi si cuciscano in quadernetti per scrivervi ·
memorie o per fare ricevute;-la cartaccia d'imbal-
laggio si conservi per le spedizioni; la carta che
è tutta scritta si venda alle cartiere. Sarà non
piccola economia il far così; saranno migliaia di
lire risparmiate» (290).
Personalmente Don Bosco teneva· conto dei
mezzi fogli di carta, i quali, con diligenza, stac-
cava dalle lettere che riceveva e metteva da parte
per valersene a scrivere o a fare taccuini per
memorie di ·minore jmportanza. Molto gli rin-
cresceva quando si imbatteva in qu,1lche og-
getto in abbandono o sciupato inutilmente, e rac-
comandava perchè foss ero utilizzati nel miglior
modo possibile. Faceva riporre la stes3a carta ·
straccia, o una cordicella abbandonata n ~l cortile,
osservando che sarebbe venuto il tempJ di ado-
perarla (291).
In tal modo egli abituava i giovani a qnel
senso di economia e di risparmio, di cui deve
203

23.4 Page 224

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essere informato ogni buon amministratore e del
quale avrebbero fatto tesoro anche nella. vita av-
venire.
d) PATERNITÀ m DoN Bosco.
Lo spirito di famiglia, che costituiva una delle
più affascinanti caratteristic;he dell'Oratorio, ave-
va la sua fonte e il più luminoso esempio nelJa
persona di Don Bosco. Disse bene Don Rm1, quun-
do definì Don Bosco: « Un uomo nel quale Dio
elevò la paternità spirituale al più alto gra-
do» (292): e certamente la sua 'paternità verso i
giovani aveva del celestiale (293).
In pratica siffatta paternità, universale
1.
ma non
generica nè trascendentale, gli suggeriva quella
e ·moderazione che distingue gli uomini illuminati
e v-eramente superiori~ che, sapendosi adattare
con buon criterio ai diversi temperamenti, tutti
piega con fortezza e soavità là dove il bisogno o
il dovere richiede (294)
Nel suo cuore paterno infatti dalla preoccupa-
zione per i grandi interessi della Casa e della
Congregazione non si dis~ociava mai l'attenzione
minuta ai bisogni individuali dei singoli. Ne
fanno testimonianza anche le sue lettere (295).
çhe gran preservativo era la bontà di Don Bo-
sco verso i giovani! In chiunque della Casa e~li
204

23.5 Page 225

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s'imbattesse, il suo animo paterno gli dettava sem-
pre una buona parola; il che contribuiva a pro-
durre serenità di ambiente e desiderio di piacer-
gli. L'aureola di bontà che gli splendeva in fronte
esercitava un fascino irresistibile sui giovani. Ba-
stava che egli comparisse in cortile perchè tosto,
al primo vederlo, fosse un corrergli incontro per
baciargli la mano e stare vicino a ·lui: ed egli a
parlare, a ridere, a scherzare, volgendo qua e là
lo sguardo benigno e accostando l'orecchi~ a chi
mostrasse di aver segreti da confidargli. I giovani
insòmma lo amavano e godevano di attestargli il
loro amore.
« Don Bosco per noi era tutto», disse Don Nai.
E diede nel segno l'argentino Mons. De Andrea,
togliendo a dimostrare nel suo discorso per la
festa della Beatificazione, che < Don Bosco Edu-
catore ebbe del pedagogo il puro necessario, del
carabiniere niente, del padre tutto > {296).
Anche nel dar comandi a chiunque, anche al
più umile confratello, era della· più delicata e
squisita bontà. Mai che lo facesse · con tono au-
toritario, ma sempre come se chiedesse un fa-
vore (297).
Il 3 settembre 187'7 diceva ai giovani studenti
che erano in procinto di partire per le vacanze:1
« Un padre quando de"ve abbandonare i suoi figli,
o quando vuol mandarli a fare qualche com-
205

23.6 Page 226

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m1ss10ne in lontano paese, benchè sappia suoi
figli essere obbedienti e conosçere bene il nego-
zio che hanno da fare, tuttavia teme sempre che
qualche disgrazia incolga a quei figli che egli
ama tanto. Partiti che sono, egli vive in angoscia,
pensando che potrebbero cadere in qualche fosso,
sdrucciolare giù da qualche pauroso precipizio
in mezzo alle montagne, essere ·sbranati da qual-
che lupo in mezzo ai boschi, cadere sotto il col-
tello dell'assassino in qualche burrone, o soffrire
incomodi e ·disagi per la lunghezza del cammino,
l'asperità dei luoghi, le intemperie della stagione.
E fino a quando vive in angoscia? Quando tor-
nerà ad essere tranquillo? Finchè, ritornati al
tetto paterno, possa di nuovo stringerli al suo
seno.
« Credetelo: questo padre che teme, padre in-
degnamente ma di tutto cuore, sono io. Quei fi-
gliuoli che devono separarsi per andarsene in
lontano paese siete tutti voi che andate alle va-
canze ~ (298).
Specialmente verso i figli colpiti dalla sven-
tura aveva tratti ineffabili di tenerissimo affetto.
Verso la fiue di settembre del 1863 moriva quc1si
improvvisamente al suo paese il padre de] gio-
, vane Sala Antonio, più tardi Salesiano ed Eco-
nomo Generale della Congregazione. Don Bosco
dopo il pranzo lo mandò a chiamare, che venis~e
206

23.7 Page 227

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in refetttorio. Stupito Sala andò subito e gli
chiese:
- Che cosa desidera?
- Voglio prendere il caffè in tua compagnia!
E gliene porse una tazza con molta amorevo-
. lezza. Sorbito poi il caffè, a poco a poco gli dis-
se la· dolorosa ' notizia.
Sala diede in un dirotto pianto, ma· Don Ala-
sonatti sorreggendolo· gli sussurrava all'orecchio:
- Ti è morto un padre e te ne rimane un al-
tro (299).
II Teologo Reviglio, giovanetto ancora, e.ra
capo di un , gruppo di .birichini nei, pressi dell'O-
ratorio. Don Bosco, sapendo che il poveretto da
quando aveva preso a frequentare l'Oratorio era
perseguitato dai genitori, un giorno del 184? che
lo vide in lagrime, gli disse con grande effusione:
« Ricòrdati che in ogni evento io ti farò sempre
da padre, e tu, trovandoti a mal partito, fuggi a
casa mia» (300).
Il .Santo poi, quando edeva qualcuno dei
suoi tornato da lonta~o, provava una contentez-
za che non si può esprimere. Gli domandava su-
bito: - Hai fatfo buon viaggio? · Hai già pran-
zato? Ti occorre · qualche cosa? Dillo... Se sei
stanco diremo al Direttore che ti prepari subito
una camera! - e quasi non dava a nessuno tem-
po di chiedergli notizie della sua salute.
201

23.8 Page 228

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Domandava informazione della loro casa, co-
me stessero i confratelli, gli alunni, i benefattori.
E, quando ripartivano, li ringraziava della visita
e li pregava di portare i saluti a tutti e di ringra-
ziare tutti delle preghiere fatte per lui. < Li be-
nedico tutti, - diceva, - e prego Dio che li
tenga in salute in questo mondo, finchè non ci
riunisca tutti in Paradiso. Le cose di questa terra
son p·asseggere\\ ma il Paradiso è eterno> (j01).
e) SPIRITO DI FAMIGLIA.. DEGLI Èx-ALLIEVI.
Lo spirito di famiglìa tanto inculc1,;1to da Don
Bosco si perpetua mirabilmente negli Ex-Allievi.
Nè dobbiamo meravigliarci che la speciale for- .
mazione degli educ;andi a questa intimità fami-
liare, già per se stessa frutto di un lavoro vera-
,, mente educativo, abbia una efficienza del tutto
straordinaria anche quando l'allievo vive ormai
lontano dalla sua casa di educazione e dai suoi
educatori.
Praticamente si avvera il fatto che, ogni qual
volta l'alunno lascia la Casa Salesiana, non ab-
. bandona ordinariamente l'affetto e il ricordo per
la famiglia di cui fece parte e a cui si sente
tuttora vincolato in unione di tutti gli altri, che
sono Ex-Allievi come lui.
Gli Ex-Allievi di Don Bosco si trovano ormai
208

23.9 Page 229

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sparsi m tutto il mondo, anche là dove non vi
sono Case Sa~esiane: il loro numero è tale da
costituire un grosso esercito. Come in generale i
Salesiani si distinguono per il loro modo di parla-
re e di agire e per una certa gioconda spiglia-
tezza, vorremmo dire che per queste stesse carat-·
teristiche si distinguono pure i loro Ex-Allievi.
Non di rado accade che, incontrandosi due
che non si erano mai conosciuti, perchè cresciuti
ed educati in località distinte, dopo le prime pa-
role riconoscono con senso di gioia che sono am-
bedue ex-allievi: ed ecco che, rivivendo l'antico
spirito di famiglia proprio delle case salesiane,
vengono a parlare di Don Bosco e dei loro anti-
chi superiori, e delle vicende della loro vita di
collegio.
··
Negli Ex-Allievi di Don Bosco si è formato
uno spirito sempre pronto a manifestarsi quasi
istintivamente, allorchè in viaggio o in pubblica
adunanza si presenta loro un sacerdote che parla
di Don Bosco e di Maria Ausiliatrice. Lo ricono-
scono membro della Famiglia dei loro antichi
educatori e lo avvicinano: si ravviva la fiam-
ma latente, e tra il Salesiano e l'Ex-Allievo si
crea una corrente di familiarità come tra vecchi
amici, grazie a una certa quale affinità spirituale,
che solo può essere valutata da chi ne abbia fatta
l'esp erienza.
. 209

23.10 Page 230

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Questa sopravvivenza di Don Bosco nell'ani-
mo <lei suoi alunni, tra i ricordi della-loro infanzia
e adolescenza, questa sua paterna immagine per-
petuata e venerata nell'intimo santuario del cuo-
re anche attraverso le più svariate e dure vicende
·della vita postcollegiale, è una prova della pro-
fondità e saldezza con la quale si è radicato in
loro quello spirito di famiglia che avevano respi-
rato durante il periodo della loro formazione.
Gli Ex-Allievi di Don Bosco sono ancor oggi
il miglior collaudo della bontà e dell'efficienza
del suo sistema educativo. Essi possono a buon di-
,,, .ritto considerarsi ~el mondo, non solo come pro-
paggine della sua opera, ma come il prolunga-
mento dello spirito del Padre, da essi riprodotto
e propagato nell'ambiente sociale ove li colloca
la divina Provvidenza, con l'affetto del figlio che
parla e mette in luce le grandezze del proprio ge-
nitore.
Gli Ex-Allievi Sàlesiani hanno voluto, nel cen-
tenario dell~ sua nascita, erigergli un ·monumento
davanti alla diletta Basilica ·di Maria Ausiliatrice.
Ma il vero. monumento da essi innalzato alla figura
immortale di Don Bosco, più che scolpito nel bron-
zo e nel IJ?-armo, ha base profonda e inconcussa
nei loro cuori.
Per questo nelle adunanze solenni, in cui ven-
gono ricordati i fasti della storia salesiana, non
210

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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mancano mai gli ' Ex-Allievi. Essi vi COI).vengono
dalle più diverse nazioni e città; ma (cosa mira-
bile) questa massa di uomini differenti per razza,
per origine, per lingua, per costumi, parla, tutta
compatta, il comune linguaggio dell'affetto e della
riconoscenza, .costituendo il più grandioso trionfo
della educazione cattolica e salesiana.
Vi è ancora un altro aspetto assai interessante
dello spirito degli Ex-Allievi da mettere in rilievo:
è il fatto, universalmente riconosciuto, del loro fa-
cile e pronto adaùam~nto alle virie incombenze
della vita sociale. Per questo Don Bosc·o, e dopo
cli lui i Salesiani suoi figli, ebbero ed hanno insi-
stenti richieste di Ex-Allievi per cariche pubbliche
e posti di direzione o di comando .nella società.
In particolare gli Ex-Allievi artigiani - e lo di-
ciamo con vero compiacimento - in molti luogp.i
. furono desiderati e impegnati prima ancora che
uscissero dalla scuola professionale salesiana: e
si è visto praticamente che, per l'educazione rice-
vuta, essi hanno saputo soddisfare pienamente le
esigenze cli colo:rco che li hanno chiamati a dirigere
istituti, stabilimenti ed aziende di vario genere.
Questo fatto, che fu già di conforto a Don Bo-
sco e lo è oggi per i suoi figli, pensiamo debba at-
tribuirsi, oltre che alle doti dei · singoli irid.ividui,
anche al frutto dell'educazione sociale impartita
fin dagli inizi' da Don Bosco. Egli seppe, con fine
211

24.2 Page 232

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-
,
tatto psi~ologico, invogliare gli alunni a compiere
ogni . loro dovere con ·gioia e con entusiasmo, tra-
ducendo in pratica la grande massima pedagogica
oggi tanto esaltata: « Non si tratta di lasciar fare
ai giovani ciò che vogliono, ma di farli yolere ciò
che debbono fare:..
Prima -ancora che si parlasse di quel certo in-
dirizzo delle scuole, detto aftivismo, che erronea-
mente fu proclamato come una novità, Don Bosco,
seguendo i princìpi della pedagogia cattolica, ave-
va saputo ottenere dai suoi giovani prontezza ed
esattezza ·nel loro dovere, interessandoli personal-
mente a compierlo nel modo migliore: per tal mo-
do li formava ed attrezzava mirabilmente anche
per la vita sociale.
Sarebbe assai interessante, e soprattutto istrut-
ti_vo dal punto di vista pedagogico, ricordare al-
meno i più importanti dei mille e mille episodi .
nei quali si manifesta, in una luce particolarmente
simpatica, la forza dell'educazione impartita da
Don Bosco a questi suoi figli; ma ci limiteremo a
qualche cenno del come si prolungava la sua pa-
ternità verso i suoi antichi alunni.
Il 1!2' luglio del 1884 era circov.dato da un grup-
po notevole di Ex-Allievi Saçerdoti. All'ora del
brindisi il più antico di essi, il Teologo Reviglio,
p arroco di Sant'Agostìno in Torino, si alzò e disse :
< Dica, Don Bosco, come potremo noi ricomp en-
212

24.3 Page 233

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sarla di quanto ha fatto e patito m nostro van-
taggio :1>?
Ed egli: « Chiamatemi sempre padre, e io sarò
felice~-
« Sì, sempre nostro padre lo chiameremo! » fu
il grido unanime dei presenti (302').
Ognuna di quelle riunioni di Ex-Allievi, sacer-
doti o laici, ri,usciva commovente. E questi senti-
menti di commozione si ripetono oggi nei conve-
gni in tutte le case sparse nèl mondo.
L'ex-allievo Girolamo Maria Suttil scriveva
dal monastero il 20 giugno 1865, in occasione del-
'l'onomastico di Don Bosco: « Pensai sempre a lei
come a un tenero padre... Nulla mi vieta di pre-
gare per lei, di essere vicino a lei, al mio diletto
Padre, al mio impareggiabile Signor Don Bosco,
che io amo in Gesù e Maria, primo dopo Dio. E
dico primo dopo Dio, imperocchè, se i miei geni-
tori mi diedero la vita fisica, lei mi diede la vita
dell'anima » (303).
Il 20 febbraio· del 1880 Don Bosco parlando ai
Cooperatori ed alle Cooperatrici convenuti a Mar-
siglia e accennando all'affetto che gli Ex-Allievi
conservavano pel loro padre, raccontò questo epi..:
sodio. Un antico allievo dell'Oratorio di Torino,
che era~i stabilito a Barcellona, inteso del viaggio
di Don Bosco, non aveva potuto resistere al d e-
siderio, anzi al bisogno di rivedere l'amatissimo
213
I

24.4 Page 234

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suo padre e benefattore; indi, passato il mare, gli
comparve dinanzi felice di intrattenersi con lui
un poco, dopo tanto tempo, per dargli conto di sè
e delle cose sue.
« Son rimasto fedele -- diceva quel bravo ex-al-
lievo - ai suoi buoni consigli e ammaestramenti, e
mi sento ben fortunato. Ho preso moglie, i miei
affari vanno discretamente, e non chiedo di più
al Signore. Ho voluto vedere ancora una volta lei,
mio buon padre, domandarle la benedizione per
me, per la moglie, per i miei figli_, e aprirle an-
cora una volta in confessione la mia coscienza,
come con tanta gioia del mio cuore facevo trenta-
cinque anni or sono » (304) .·
2. Educazione socialy
dei primi collaboratori.
L'intenzio:qe di formare i giovani alla vita so-
ciale appare già in modo evidente nel primo ab-
bozzo del Regolamento dell'Oratorio festivo, com-
pilato nel 1847, del qua.le poi si fecero edizioni
con successive aggiunte.
In esso Don Bosco, con spirito pedagogico e re-
ligioso, ed anche profondamente sociale, si preoc-
cupò di stabilire gli organi od elementi direttivi
dell'Oratorio stesso. Si resta, oggi ancora, sorpresi
considerando la molteplicità delle cariche da lui
214

24.5 Page 235

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stabilite: e ci si d<?manda come e dove abbia po-
tuto trovare, 1n quei primi tempi, il personale ne-
cessario, non avendo ancòra nessun salesiano.
Chi però penetri a fondo nel pensiero di D01:
Bosco si convince che egli, con la divisione delle
cariche, intese determinare le diverse mansioni e
il relativo lavoro da compiersi; poichè è evidente
che la visione chiara delle opere da svolgersi ne
rende più esatto lo svolgimento.
Ma soprattutto egli si prefiggeva di suddividere_ _ _'------1
le responsabilità per cominciare così a formare
praticamente i suoi collabor~tori all'apostolato, ed
estendere per mezzo loro la sfera d'azione a fa-
vore della povera gioventù.
Nella maggior parte dei casi Don Bosco in
~uei primi tempi, mancando di sacerdoti, si servì,
per quanto gli fu possibile, di chierici e anche dei
giovani più grandicelli.
Però, da esperto educatore, non abbandonava
a se stessi quei suoi aiutanti; ma, come è .detto
precisamente nello stesso Regolamento, li riuniva
con frequenza, spiegava loro le varie mansioni e
il modo di compierle, dando norme e direttive, la
cui esecuzione controllava poi con grande carità,
avvisando opportunamente ·quando fosse neces-
sar10.
Chi esamini i doveri delle singole cariche ri-
mane stupito al vedere che certe incombenze sem-
215

24.6 Page 236

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brano quasi di nessuna importanza: per esempio
c'era l'incaricato di suonare il campanello, un al-
tro di aprire le porte, un terzo di chiuderle, un
quarto di accendere le candele, e così via fino ad
arrivare ad attribuzioni di maggior responsabilità
nell'assistenza, nell'ordinare i registri dei voti, nel
far recitare le lezioni daado il voto, e via dicendo.
Oggi ancora nelle Case Salesiane si mantiene
la tradizione del Padre, e così vengono affidati ai
giovani più seri una parte dei còmpiti e delle ca-
riche relative allo svolgersi della vita sociale e di-
sciplinare del collegio. Nelle scuole vi sono i de-
curioni inca:ricati di prendere le lezioni dei loru
compagni: anche nello studio vi sono decurioni e
vicedecurioni, e così pure nel refettorio.
Pel servizio della Cappella, del Piccolo Clero,
della musica vocale e strumentale, ~i sono speciali
incaricati scelti tra i _giovani stessi. Tutto ciò è
un pratico avyiamento alla vita sociale.
3. Le Compagnie Religiose.
Tra gli. ordinamenti escogitati da Don Bosco,
meritano specialissima menzione, per la loro g,ran-
de importanza sia religiosa che sociale, le cosid-
dette « Compagnie Religiose ».
Esse sorsero man mano con uno scopo che si
direbbe in prevalenza religioso. Però chi studia
216

24.7 Page 237

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piccoli regolamenti delle quattro Compagnie (San
Luigi, San Giuseppe, Immacolata, SS. Sacramento,
cui era annesso il Piccolo Clero), si convince ben
presto che lo scopo di Don Bosco nell'istituirle e
fomentarle era triplice: e cioè, il miglioramento
dell'alunno, un maggior contributo al buon anda-
mento dell'Istituto con l'esercizio dell'apostolato
d'ambiente e una opportuna iniziazione all'apo-
stolato sociale.
·
Tutti potevano partecipare alle Compagnie Re-
ligiose. Oltre alle quattro già enumerate, eranvi
anche per i giovani catechisti, interni ed esterni,
le « Conferenze di San Vincenzo »; e così pure
una « Società· di Mutuo Soccorso » per gli adul-
ti (305), come vedremo.
,
Il miglioramento degli alunni risulta evidente
dal fatto che essi, per entrare in una Compagnia, ,
dovevano liberamente chiedere di esservi a,mmessi;
quindi passare un periodo di prova, durante il
quale dovevano dimostrare di esser degni dell'ac-
cettazione. Siamo dunque di fronte a un profondo
stimolo educativo pel raggiungimento di una mèta,
che era· frutto di buona volontà, di fermi propo-
siti. e di sforzi continuati.
Per essere accettato pella Compagnia, il richie-
dente doveva osservarne il Regolamento: il quale,
con tutto il suo insieme di norme ç precetti, ad al-
tro non tendeva c_he a suscitare propositi di virtù,
217

24.8 Page 238

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adempimento sempre più fedele dei propri doveri,
progresso nella condotta morale e religiosa me-
diante la pratica di determinate opere di bene.
La stessa solennità, con cui si faceva l'ammis-
sione, serviva a suscitare profonda impressione di
bene in chi, davanti ai Superiori e ai compagni,
pronunciava la formula prescritta per l'accetta-
zione.
Ognuno comprende l'efficacia educativa e for-
mativa di questi · mezzi e il loro benefico influsso
sull'andamento generale della casa.
Veniamo .ora a, considerare come le Compagnie
, Religiose preparavano alla vita sociale e all'apo-
stolato d'ambiente. Anzitutto vi e~ano cariche elet-
tive: perciò i soci, ·compresi della. loro responsa-
bilità, dovevano pensare a chi dare il voto per oc-
1
cuparle. Vi erano p oi frequenti riunioni con temi
di attualità, svolti generalmente dai soci stessi, i
quali venivano così ad assumere, di fronte agli
altri membri della Compagnia, l'impegno di com-
piere pei primi ciò che inculcavano e raccomanda-
vano ai compagni.
La vita sociale si rendeva ancor più attiva con
la partecipazione ordinata alle discussioni che .se-
guivano la breve conferenza e che si aggiravano
per lo più su proposte fatte dai singoli per il bene
della Compagnia, dei soci e ·della · Casa in gene-
rale (306);
218

24.9 Page 239

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In tal modo il socio si rendeva conscio della su a
responsabilità, non solo quando faceva le sue_pro-
poste, ma ancora quando si trattava di discutere
e approvare quelle dei su~i compagni; giacchè,
una volta approvate da tutti, doveva farle sue,
propagarle e cooperare a sua volta a tradurle in
pratica.
Questo indirizzo pre-valentemente pratico delle
Compagnie, qual era inculcato da Don Bosco, ad-
destrava i soci alla vita di apostolato, mediante lo
spirito di iniziativa, di _generosità ~ di lavoro tra i
compagni onde procurare il bene di coloro che
stavano loro dattorno; e al tempo stesso li prepa-
rava a saper vivere in società, e segnatamente nelle
associazioni cattoliche, per il tempo in cui avreb-
bero dovuto lasciare l'Oratorio e vii.vere in mezzo
al mondo.
Questa giovanile e rigogliosa vita sociale era
praticata fin da quei tempi in un modo che ancor
oggi ci riempie di ammirazione. Era un mondo di
iniziative, una gara per aiutar a farsi del bene a
vicenda. Vi era la cura di portare determinati soc-
corsi ai bisognosi; vi era l'impegno di pregare per
i compagni ammalati ed anche, se i Superiori lo
avessero permesso, di prestar loro quei servizi con-
sentiti aaua loro età; vi era infine l'obbligo d1
suffragare le anime di quei soci che venissero a
morire.
219

24.10 Page 240

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Fin dal 184?, qu~ndo Don Bosco pensò di isti-
tuire la Compagnia di San Luigi, il suo pensiero
era ben chiaro. Egli intendeva migliorare l'alun-
no mediante l'imitazione delle virtù del Santo,
avviandolo a una vita così morigerata e pia da
divenire sale e luce in mezzo alla moltitudine de1
compagni.
A questo tendevano le due condizioni che il
Santo aveva posto per l'accettazione. La prima era
che l'aspirante facesse un mese di prova, metten-
do in pratica le Regole e dando buon esempio in
chiesa e fuori di chiesa; la seconda, che fuggisse
i cattivi discorsi e frequentasse i Santi Sacra-
menti (30?); e ciò, perchè desiderava che la sele-
zione per l'ammissione dei soci fosse fatta con
grande serìetà e diligenza.
Queste Compagnie sussistono e fioriscono an-
c~ra oggi nei nostri istituti con lo stesso spirito
e con gli stessi scopi, regolamenti, iniziative, tradi-
zioni e vantaggi.
Il bene esercitato allora e in seguito, e anche
presentemente in tutte le Case Salesiane, da que-
ste Compagnie, è veramente grande. Don Bosco
scrisse: « Io credo che tali associazioni si possano
chiamare chiave della pietà, conservator,o della
moralità, sostegno delle vocazioni ecclesiastiche e
religiose. Nessuno abbia timore di parlarne, di
raccomandarle, di favorirle e di esporne lo scopo,
220

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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l'origine, le indulgenze, ed altri vantaggi che da
queste si possono conseguire » (308).
Gli ascritti ·alle Compagnie, con l'esempio e
l'apostolato, sono come il buon lievito che per.:.
vade la massa dei compagni, e neutralizzano l'o-
pera dei cattivi, che, sebbene in piccolo numero,
, non mancano mai (309).
Don Bosco asseriva ancora che lo spirito e il
profitto morale di un Istituto dipende dal pro-
muovere il Piccolo Clero e le.altre Compagnie Re-
ligiose (310). La loro efficacia è tale che, appar-
tenendo ad esse, gli allievi da educandi diventano
praticamente, quasi senza avvedersene, un buon
aiuto ai loro educatori.
Ecco perchè il nostro santo Fondatore non per-
mise mai che, nelle Case Salesiane, si stabilis-
sero altre Compagnie. E chi Iion sa che l'ecces-
sivo numero degli organismi è, in generale, la
causa prima del loro irregolare funzionamento e
della loro decadenza?
.Il 6 dicembre dell'anno 1860 disse recisamente:
« Non s'introduca alcuna novità nella casa. An-
corchè si veda che una cosa sarebbe migliore, non
importa. Lasciamo il migliore e te~iamoci al buo-
no >> . Indi, riferendosi a una proposta che con-
templava la erezione di una nuova associazione
religiosa, pur lodandone lo scopo, esortava a non
introdurla {311). Raccomandava che si coltivas-
221

25.2 Page 242

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sero bene quelle già esistenti nell'Oratorio (312).
« Si abbiano care - insisteva - queste piccole
Comp_agnie che vi sono in Casa... Ciascuno scel-
ga quella in cui potrà. esercitar meglio la sua di-
v<;>zione. Raccomancl_-o specialmente ai catechisti,
ai maestri, ai Direttori di queste Compagnie, che
le rinnovino e le accresc;ano; che esortino i gio-
vani a farvisi inscrivere; ho detto· male: no, non
esortino, ma lascino la via aperta ai giovani, af-
finchè chi vuole possa entrarvi; perchè, io lo so,
di esortazioni non ne avete il bisogno » (313).
Ai maestri· e · assistenti dava quest'altra im-
portante avvertenza: « Se qualche giovane di que- _
ste Compagnie ha qualche difetto, non rimpro-
veratelo mai rinfacciandogli il pio sodalizio al
quale si è ascritto, come titolo di scherno. Inco-
raggiate invece i giovani a farvisi ascrivere e a
promuovere così le pratiche di pietà » (314).
Don Lemoyne sintetizza con queste parole i
fruttì di dette Compagnie: « Gli alunni, stretti
fra loro come falange nelle varie Compagnie, stu-
diavano di trarre sulla strada della vita quanti
potevano degli sconsigliati, premunivano e allon-
tanavano gli incauti dalle l'oro insidie » (315).
Entravano inoltre, senza quasi avvedersene, in
' intima relazione coi Superiori: donde i vantaggi
che ciascuno può· immaginare. Infine, siccome vi
era la consuetudine che, col crescere dell'età,
222

25.3 Page 243

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si passasse da una Compagnia di minor grado a
una di grado più elevato, si notava il progredire
di molti nella virtù.
La conseguenza logica· e consolante di tutte
queste magnifiche attività era ed è il formarsi di
un terreno accuratamente preparato per la voca-
zione sacerdotale e religiosa, coltivato dalla fo r--
mazione profondamente cristiana dei soci, dal
buon esempio dei compagni, e da quell'insieme di
virtù naturali e c_ristiane che spinge tutti a per-
fezione sempre maggiore .(316).
Infine, e non è questo l'ultimo vantaggio delle
Compagnie Religiose, i soci, uscendo dall'Istitu-
to ' Salesiano, passàno naturalmente ad altre As- .
sociazioni Religiose, a Circoli Cattolici, e in par-
ticolare all'Azione Cattolica, dove possono man-
tenersi forti contro la corrente .tlel male, perchè
vi trovano appoggio ed eccitamento alla virtù
e all'apostolato. Soprattutto poi essi vanno a in-
grossar le file degli Ex-Allievi e Cooperatori Sa-
lesiani, i quali, in tanti campi e in mille ·modi,
lavorano per . propagare le idee e i princìpi edu-
cativi di Don Bosco.
Il contributo delle Compagnie _Religiose Sa-
lesiane alla preparazione di apostoli del bene è
parso così notevole, che anche recentemente fu ,
riconosciuto a Roma e.on invito ufficiale al Primo· ..._
Congresso Mondiale per l'Apostolato dei Laici.
223

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4. Società di Mutuo Soccorso.
Bisogna rilevare anzitutto che il nostro Padre
fondò una Società di Mutuo Soccorso, riunendo in
tale associazione i giovani operai, . che frequenta-
vano l'Oratorio, col preciso scopo di proTvedere
ai- loro bisogni temporali e spiri uali.
Intorno al 1850 andavano sorgendo molte socie-
liberali ispirate alla massoneria ed avverse alla
Religione. Una di queste era la < Società degli
operai >. Molti, ignari dei suoi scopi e dei suoi
mrtodi, vi avevano dato il .proprio nome.
Con l'istituzione della Società di Mutuo Soc-
corso Don Bosco era corso ai ripari, impedendo
che i giovani dell'Oratorio s'invogliassero d'iscri-
versi a società pericolose. Inaugurata il 1° lu-
glio del 1850, fu uno dei primi esempi di quelle
innumerevoli Società o Unioni di Operai Catto-
lici che in seg uito si diffusero ovunque (31'7}.
Il Regolamento speciale compilato d allo st esso
Don Bosco notava chiaramente che il fine della
Soci età era di « prestare soccorso a quei com-
pagni che cadessero infermi o si trovassero nel
bisogno, perchè involontariamente privi di lavo-
ro ». I Soci, per essere ammessi alla Società, do-
vevano essere iscritti alla Compagnia di San Lui-
gi. Ciascuno di essi pagava u n soldo ogni dome-
nica, nè poteva godere dei vantaggi della Socie-
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che sei mesi dopo la sua accettazione. Il soc-
corso per ciascun malato era ,di 50 centesimi al ~
giorno (si pensi che si era nel 1850) fino al suo
ristabilimento in perfetta sanità. Quelli poi che,
senza · loro colpa, rimanevano privi q.i lavoro,
cominciavano a percepire il suddetto soccorso ot-
to giorni dopo la loro disoccupazione.
La Società era amministrata da un Direttore,
Vice-direttore, Segretario e Vice-segretario; da
quattro Consiglieri, un Visitatore o sostituto, e un
Tesoriere. A ogni socio . veniva inoltre consegna- ,
to come tessera un libretto apposito, sotto il fron-
tespizio del q~ale stavano scritte le parole del
Salmo 133: « Quanto mai, o fratelli, è piacevole
e vantaggioso stabilirsi in società ».
Questa organizzazione, mentre abituava i gio-
vani al risparmio e al senso di una giusta previ-
denza, li educava purè a quello spirito di soli-
darietà, che è fattore sociale di comune benessere.
Essa però destò le ire di coloro i quali facevano
convergere ogni sfor;;- al corrompimento delle
masse per averle ai loro cenni in date occasio-
ni (318).
Il 4 agosto 187$ Don Bosco propose anche agli
Ex-Allievi la fondazione di una Società di Mutuo
Soccorso a loro vantaggio e con le stesse finalità.
Gastini, capo degli Ex-Allievi, attendendo all'at-
tuazione del benefico disegno, non ebbe a fare di
8 (II)
. 225

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r meglio che ri~hiamare in vigore antico Regola-
mento (319).
Così Don Bosco, prevenendo i tempi, prendeva
a cuore la soluzione dei problemi sociali tra gli
operai in un'atmosfera di collaborazione e di
fratellanza che solamente il cristianesimo può, e
di fatto vuole, attuare nel mondo, in pieno con-
trasto coi princìpi di quell'egoismo e di quell'o-
dio di classe, che dividono e lacerano la società
moderna.
5. Relazioni sociali.
Le relazioni sociali tra compagni e compagni
costituiscono un altro aspetto dell'educazione so-
ciale che Don Bosco dava ai suoi giovani. Ognu-
no sa quale importanza rivesta nella società ]a
scelta delle compagnie e delle amicizie, le quali,
quando siano moralmente buone, diventano il so-
stegno morale e sp·esso economico dell'ind1.viduo,
mentre, quando disgraziatamente non siano tali,
possono costituire anche la sua rovina.
Orbene, uno dei presupposti d'ella educazione
sociale è mettere ·in guardia i membri della so-
cietà stessa contro coloro che la danneggiano tra-
, scinando al male gli uomini che la compongono, e
di favorire gli scambi e le relazioni -fra coloro che
contribuiscono al miglioramento suo, con l'esem-
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25.7 Page 247

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pio e con la parola. Questo spiega l'insistenza
di Don Bosco, che a volte parrebbe esagerata,
nell'insegnare ai giovani la maniera di conoscere
i propri compagni e nell'esortarli a far loro del
bene con tutti i mezzi di cui dispongono, fug-
gendo i soggetti pericolosi.
a.) CoMPAGNI CATTIVI.
« Fuggite come la peste - insisteva - i cat-
tivi compagni: cioè state lontani da tutti quei
giovani , che bestemmiano, oppure , nominano il
Santo Nome di Dio invano, fanno o parlano di
cose disoneste. Fuggite altresì quelli che par-
lano male di nostra santa Cattolica Religione,
criticando i sacri Ministri, e soprattutto il Ro-
mano Pontefice, Vicario di Gesù Cristo » (320).
A chi si las'ciava facilment~ ad~scare dalle lu-
singhe, diceva sovente: « Non tener per amico
chi soverchiamente ti loda » (321).
Premuniva i giovani contro il pericolo delle
cattive compagnie, specialmente in prossimità del-
le ,vacanze, quando si sarebbero trovati soli, in
balìa di se stessi (322). Per il mese di giugno d el
1858 stampava il fascicolo delle Letture Cattoli-
che intitolato Giuseppe e Isidoro, a scopo di far
aprire gli occhi ai suoi giovani sullo scoglio dei
falsi amici. Vi si narravano le traversìe . di un
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povero giovane che, ingannato e poi tradito da
Isidoro, era fuggito con lui dalla casa patema;
ma presto, dopo esser caduti insieme nelle mani
dei pirati, Giuseppe, rientrato in se stesso, si ri-
volgeva a Dio, e riusciva a tornare al paese na-
tivo; Isidoro invece periva miseramente (323).
b) COMPAGNI BUONI.
Don Bosco, ben conoscendo l'inclinazione che
spinge i giovani a cercare la compagnia d'altri,
si sforzava di promuovere in ogni modo le rela-
zioni coi buoni. Nell'appendice al fascicolo Ger-
mano l'ebanista dava questa norma: < Gli amici e i
compagni sceglieteli sempre fra i buoni ben co-
nosciuti, e tra questi i migliori; ed anche nei mi-
gliori imitate il buono e l'ottimo, e schivatene i
difetti, perchè tutti ne abbiamo~ (324).
Indicava anche la maniera di stabilire buoni
rapporti. in società con altri, praticando la carità
e quelle norme di cristiana edificazione, che poi
fissò nel capo IV del Regolamento per gli Al-
lievi. In esso Don Bosco raccomanda di amare
e onorare i condiscepoli, edificandoli con il buon
esempio ed aiutandoli con l'opera e con la pa-
rola; li esorta al perdono e al rispetto, fuggendo
lo scandalo, le mormorazioni, le critiche, lo scher-
no, le ingiurie e .l'orgoglio.
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Nè si cred.a che l'insistenza fosse solo per la
pratica della virtù, poichè essa si estendeva an-
che all'adempimento dei doveri, e soprattutto al
progresso nello studio. ·Era convinto che la fre-
-quenza dei compagni amanti dello studio contri-
buissé efficacemente alla formazione generale del-
l'individuo ed in particolare al profitto negli
studi (325).
Naturalmente, nel suo pensiero, questi contatti
dovevano servire a rendere sempre più intimi i
rapporti della socievolezza, irrobustendo lo spi-
rito di famiglia e abituando il giovane alla vita
di società, ove tali rapporti sono così frequenti e
necessari. Dagli avvisi chè egli costantemente da-
va ai suoi alunni, si vede ben chiaro che in tal
modo egli non intendeva formarli ~olamente per
il periòdo in cui rimanevano nella sua Casa, ma
che assai gli premeva di prepararli a essere buon
fermento per il tempo in cui avrebbero dovuto,
fuori di collegio, mantenere rapporti sociali co~
ogni categoria ·di persone.
C) A POSTOLATO SOCIALE.
Fra compagni, Don Bosco des.iderava che s i
stabilissero soprattutto relazioni ai apostolato:
' D 'altra parte la più alta espressione dello spi-
rito di famiglia è certamente quella per cui tutti
i me~bri cercauo di farsi del bene a v1cenda. '
229

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L'apostolato ha questo di speciale, che costrin-
ge il giovane a uscire in certo qual modo da se
stesso e dai propri comodi, per cercare gli altri
e curarne gli interessi, in virtù di quella legge di
solidarietà cristiana, che deve legare gli uomini
fra loro.
·
Don Bosèo, divorato fin da piccolo dalla sete
di salvare le anime dei suoi coetanei, comunicava
1 piii. tardi la stessa fiamma ai suoi. giovani, ani-
mandoli all'apostolato della preghiera, del consi-
glio, del piccolo servizio e del buon esempio (326} .
Guidò per la via di questo ideale con felice
successo il piccolo 'Domenico Savio, facendone un
eroe e un santo. Sull'esempio dell'angeli'co gio-
VB;ne si f qrmarono falangi di giovinezze, che si
prodigarono con identico zelo anche fuori del-
l'ambiente di collegio, ,J:Lelle parrocchie, nelle dio-
_cesi, in seno alle associazioni cattoliche, ovunque
si trovavano, anche nei posti delle più ampie
responsabilit à dello Stato, facendo onore a se
stessi, alla Chiesa e ai propri educatori.
1 Bramoso di portare i suoi giovani alle vette
dell'apostolato, Don Bosco seppe accendere nel
loro cuore anche lo · zelo per le Missioni , allar-
gando in tal modo i loro orj..zzonti di donazione e
di conquista (3 ~7). E schiere di missionari ar-
denti e infaticabili, primo fra tutti il Card. Ca-
gliero, uscirono da questa palestra di apostolato
230

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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e si slanciarono a salvare le anime dei fratelli
lontani, . ancora immerse nelle ombre di morte.
d) lL FATTORE SOCIALE DEL' GIUOCO.
Parlando della educazione fisica abbiamo tra-
lasciato volutamente di metterne in eviden.za un
elemento che deve considerarsi come uno dei .più
importanti ai fini dell'educazione sociale: inten-
diamo parlare del fattore sociale del giuoco. È
bene dire ora, sia pur brevemente, che ! diverti-
menti all'Oratorio di fatto raggiungevano, oltre
che gli scopi di ordine fisico e morale, anche uno
scopo di ordine sociale: e non solamente i diver-
timenti organizzati e d'indole artistica, come
quelli del teatro, del canto e della banda, ma an-
che, e vorremmo dire soprattutto, i divertimenti
liberi del cortile.
·
I1 gi uoco che, come abbiam visto, ha tanta p·ar-
te e tanta importanza nell'educazione salesiana,
mentre da un lato favorisce la massima aper-
tura di espansione così utile ' per la conoscenza
dell'educando, dall'altro converge l'attenzione e
gli sforzi dell'educando stesso a controllare del
continuo i suoi atti e le sue parole affinchè non
siano per recar danno o molestia ai compagni.
Il giuoco mette in azione· particolarmente il
senso della sociabilità, per cui giovan.i tendo-
231

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\\
no a stare insieme; incrementa · l'abit~ . sociale
della cortesia, dell'affabilità e della buona edu-
cazione, esclµdendo ogni forma di grossolanità
nel tratto e nelle parole: fomenta la carità e
l'amore fraterno assieme al rispetto per la per-
sona e per l'onore ·del prossimo; e soprattutto
con. le svariate sue leggi introduce l'esercizio del-
la g.iustizia e della lealtà, condizioni indispensa-
bili, non solo pel ·giuoco, ma anche per ogni al-
tr~ forma di attività sociale.
Si capisce così perchè Don Bosco abbia dato
- e fu già rilevato - tanta importanza e impul-
so al giuoco.
6. La buona educazione.
/
Ma il vivere in società è legato a certe for-
me è costumanze, le quali - ~arie secondo i po-
poli e secondo le epoche - sono talmente entra-
te nella mentalità e nelle abitudini, -che la loro
osservanza è diventata una necessità.
In fondo, dette forme e costumanze sono un
aspetto della educazione sociale. Fu giustamente
osservato che la mano e il cuore a nessuno si
aprono così presto e volentieri come alle persone
ben educate, sicchè tutti riconoscon~ che la buo-
na educazione è un fattore di prim'ordine per il
successo . nella vita di società.
232

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Quante volte si è verificato il caso che la stima
_e la riputazione di una persona sia stata legata
alla finezza del suo tratto, specialmente nei rap-
porti tra Superiori e sudditi!, Ora il Savio rac-
comanda espressamente che si abbia cura della
riputazione (328). E San Francesco di Sales, nel-
la sua Filotea, afferma che « la riputazione è una
delle basi della vita socia] e, perchè senz'essa si
riesce, non solo inutili, ma dannosi al pubblico,
a motivo dello scandalo che questo ne rice-
ve » (329).
,
Nostro Signore stesso sembra commendare col
suo esempio l'osservanza delle -buone costumanze,
allorquando muove dolce rimprovero ~ Simone,
detto il lebbroso, perchè, nell'accoglier~o in $Ua
casa, ha trascurato la cerimonia d'uso verso gli
ospiti {330).
a) DOVERE DI ESSERE BEN EDUCATI.
La buona educazione rapprese:n.ta un comples-
so di doti e disposizioni, per q1i si riesce abitual-
mente cortesi e gentili, amabili ed accetti. Cri-
stianamente essa è il fior fiore della carità, e San
Francesco di Sales non cessava di raccomandarla
vivamente, mentre con là finezza dei suoi modi ne
dava la più schietta interpretazione.
· Notiamo, ad esempio, la bella sfumatura di
233.

26.4 Page 254

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carità che ispirano queste osservazioni sulla d e- ·
cenza nel vestire: « La nettezza dev'essere quasi
sempre la stessa nei nostri abiti, sui quali non
dobbiamo, per quanto è possibile, lasciare mac-
chia o lordura di sorta. La nettezza esterna ri-
vela in qualche modo il buon ordine interiore.
Anche Dio esige la decenza esterna della per-
sona in coloro che si accostano ai suoi altari
ed esercitano l'ufficio più elevato _della divo-
zione ».
E continua il nostro santo Patrono: « Vesti pu-
re lindamente, o Filotea: nulla si vegga sulla tua
persona di negletto e mal raffazzonato, essendo
indizio di poca stima degli altri il recarsi ad un
convegno con un vestito che faccia spiacevole im-
pressione; ma fuggi tutte le ricercatezze, vanità,
singolarità e bizzarrie... Io vorrei che il ·mi_o di-
voto e la mia divota fossero sempre i più ben
vestiti della brigata, ma i meno sfarzosi e ricer-
cati; .li vorrei insomma adorni di grazia, decoro
e dignità » (331).
San Francesco di Sales insegnava ancora che
le parole' debbono essere sempre in armonia coi
sentimenti, a fine di procedere in tutte le circo-
stanze con semplicità e candidezza di cuore: « l'ar-
tificio, l'affettazione, la doppiezza, sono vizi con-
trarii alla sincerità e semplicità » (332). A riguar-
do delle conversazioni fa osservare che ( la schiet.-
23-!

26.5 Page 255

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tezza, la semplicità, la mansuetudine e la mo-
destia piacciono . sempre più d'ogni altra co-
sa » (333). ·
Don Bosco, formato alla scuola, alle dottrine e
all'imitazione di San Francesco di · Sales, rifulge-
va per questa gentilezza in sommo grado. Egli poi
la esigeva dagli educatori e dagli educandi nel
suo Oratorio: dagli educatori, per influire salu-
tarmente nella formazione dei giovani; dagli edu-
candi, per abituarli a saper vivere in società.
Ed era convinto che la buona educazione è un ele-
mento indispensabile alla vita di famiglia che
egli voleva rigogliosa nell'Oratorio: poichè senza
gentilezza l'armonia della casa facilmente si tur-
ba, i vincoli dell'amicizia, come ogni altro vin-
colo sociale, presto si spezzano, gli sforzi del-
1'apostolato rimangono inefficaci e ·la vita di so-
cietà diviene intollerabile.
b) DoN Bosco PERFETTO GENTILUOMO.
Prima che con le parole, Don Bosco cercava
d'insegnare ai suoi le regole d'urbanità con l'esem-
pio. Egli era un modello di uomo ben educato.
Attento a ogni gesto o parola, non offendeva
alcuno, trattando tutti col massimo rispetto. Non
venne mai meno a nessuno di quei riguardi che
si dovevano usare a chi veniva a fargli visita.
235

26.6 Page 256

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I patrizi, che lo osservavano attentamente, se ne
meravigliavano, e più volte furono uditi escla-
mare: - Ma dove ha imparato Dòn Bosco si-
mili cortesie?
Don Albera si sentì ripetere mille volte tale
domanda anche in Francia. -Ed era questa una
ragione, se si vuole secondaria ma· reale, del de-
siderio che avevano i grandi signori di ospitarlo
nei loro palazzi.
Simili gentilezze egli usava egualmente coi
poveri, e non entrava mai nelle loro case senza
scoprirsi il capo. Anche cogli alunni era di una
cortesia incantevole. Diceva,- ad esempio: - Vor-
rei affidarti quella tal cosa: che ne dici tu? -
Fammi grazia di eseguire una commissione. -
Permetti che ti dia un avviso. - Pu,oi aiutarmi
in questo lavoro?
Nelle sue azioni nulla v'era di affettazione
perchè erano informate· alla carità di Nostro Si-
gnore, come si addice a un prete (334). Un parro-
co biellese diceva d'aver cominciato ad amare
Don Bosco quando conobbe un giovane sacerdo-
te ex-alunno dell'Oratorio; perchè riteneva che
le maniere di fare di costui, così diverse dalle
consuete, fo~sero state da lui apprese alla scuola
del Santo (335).
Don Bosco vedeva nella buona creanza il ger-
mogli o di molte virtù, perciò si dava d'attorno e
23G

26.7 Page 257

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mostrava un grande zelo nell'insegnarne le re-
gole ai suoi giovani. Egli voleva che comparisse-
ro assennati, e che la compostezza di ogni atto,
il garbo, l'ingenuità e l'onesta verecondia, loro
conciliassero, presso la gente, stima e benevo-
lenza.
E i giovani si specchiavano nei portamenti del
buon Padre, il quale, sia in pubblico sia in pri-
vato, non cessava di far loro sentire i suoi avvi-
si e le correzioni opportune (336).
Essendo egli un modello di cristiana dignità
nella compostezza della persona, aborriva da
ogni scherzo villano, da ogni gioco che portasse
a metter le mani addosso ai compagni, e da ogni
altra specie di famigliarità sconveniente, come
camminare a braccetto, tenersi per mano, · e si-
mili. Asseriva essere questi tratti contro il gala-
teo e la buona educazione; e raccomandava agli
assistenti che vegliassero perchè fosse osservato
con esattezza il suo avviso (33?).
In mezzo al cortile egli v"edeva e notava ogni
atfo dei suoi alunni, e sottovoce dava a ciascuno
l'avviso conveniente. A questo diceva: - Sta di-
ritto sulla persona; non curvarti a quel modo:
sembra che tu abbia la gobba. - Ad altri: - Non
infossare la testa fra ]e spalle, che fai la figura
di una civetta. - Quelle braccia non muoverle
così goffamente; pare che tu non sappia cosa
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26.8 Page 258

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farne. - Leva le mani di saccoccia: è un segno
sconveniente di padronanza.
Sovente correggeva uno sbadato con un gesto,
senza che altri se ne avvedesse, per non mor.tifi-
carlo. Per esempio, se taluno avesse sputato per .
terra alla presenza di persone di riguardo, o sul
pavimento della camera, egli faceva atto di avere
Ùn simile bisogno e si portava il fazzoletto alla
bocca. Lo stesso faceva se uno tossiva, starnutiva ;
o sbadigliava sguaiatamente. Se scorgeva ·che
qualcuno, dopo aver mangiato, non si era forbito
la bocca, egli facevasi passare sulle labbra la sua
bianca pezzuola co-:0. un g~sto significativo del
capo. A chi aveva macchie sul vestito, con un
sorriso gliele indicava, mettendoci sopra il dito;
e ciò bastava (338).
Crescendo i giovani sempre più di numero,
presto si accorse della necessità di istituire una
scuola in cui s'inculcassero loro le norme del Ga-
lateo. Tale scuola si teneva una volta la settima-
na nella sala di studio, al giovedì mattina, oppure
talvolta alla domenica, prima di pranzo. Spetta-
va al Prefetto della casa questa incombenza, e
primo a fl rla fu Don Alasonatti nel 1855. Era il
coronamento della cristiana educazione, perchè i
giovanetti venuti dalla campagna e dalle officine
non àvevano ancor appreso le maniere per dipor-
tarsi garbatamente in società (339).
238

26.9 Page 259

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Affinchè i giovani elessero la debita importan-
za alle lezioni di Galateo, e ne traessero il mas-
simo profitto, Don Bosco stesso talora 'presen-
tavasi a salire la cattedra, al posto del Prefetto.
Molti distinti Ex-Allievi attestarono che, usciti
dall'Oratorio, loro bastarono le norme di buona
creanza ascoltate alla scuola di Don Bosco per
saper vivere onoratamente in società ed essere
stimati persone cortesi e compìte (340).
Egli scrisse anche una commedia in tre atti
per esporre come in compendio le mancanze più
frequentj co.ntro la civiltà dei modi (341). Lo stes-
so Regolamento per gli studenti è in gran parte ,
un codice di buona creanza, in cui si parla dif-
fusamente del 'contegno che i giovan~ devono te-
nere çon le diverse categorie di persone, a co-
minciare dai Superiori e compagni; nei vari am-
bienti del collegio, e cioè in chiesa, nello studio,
in scuola, in refettorio, in camerata, nel teatrino,
in ricreazione; e, fuori casa, a pa~seggio e nelle
visite; infine vi si insegna il modo di scriver
lettere, anche a personaggi illustri.
Sono pagine che non si dimenticano per 1~
concisione e chiarezza, per la brevità e delica-
tezza con cui sono state séritte.
Don Bosco aveva il senso della dignità e del-
-l'onore, e si sforzava di comunicarlo agli alunni.
Il 19 aprile 1863, in preparazione agli Esercizi
239

26.10 Page 260

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Spirituali, raccomandava: < Ho bisogno che i pre-
dicatori vedano che siete ben educati; perciò, in-
contrandoli nel cortile o nei corrid{)i, salutateli;
ma non ,con aria truce, sibbene con aria allegra.
Vedete, io sono un po' superbo che si dica i miei
giovani éssere buoni ed educati; ma per questo
è necess~rio che vi facciate veder tali, e che per
conseguenza procuriate di esserlo » (342).
Rammentava loro gli insegnamenti ricevuti
durante l'anno, specialmente in prossimità delle
vacanze, affinchè, , tornando presso i- parenti, ami-
ci, benefattori, dimostrassero all'esterno i segni
di quella buona educazione che avevano ricevu-
to all'Oratorio (343).
e) URBANITÀ DEI SUPERIORI
E DEGLI EDUCATORI.
Una deliberazione delle Conferenze Generali
della nostra Società esortava i Direttori a far sì che
i soci conoscessero e praticassero le regole delL.i
cristiana educazione, e, a tal fine, queste si fa-
cessero imparare nell'anno di Noviziato (344). Og-
gi ancora stabilito che, negli Studentati filosofici
e teologici, « s'insegnino opportunamente a.i chie-
erici le regole della cristiana urbanità. Il Direttore
gli altri Superiori inculchino con l'esempio e
con la parola l'osservanza , delle norme 1g1eni-
che, la mondezza della persona e delle vesti, 1a
240

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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dignità del portamento, la cortesia dei modi e
una certa piacevolezza nel conversare non d i-
sgiunta da modestia e gravità » (Regolam., · 316).
Nei suoi .Appunti di Pedagogia Sacra Don
Barberis, dopo aver sottolineato il fatto che il
possesso delle doti civili facilita il còmpito dellu
educazione, fa questo quadro dell'educatore ben
nato: « Le condizioni d'ordine civile riguardano
il contegno esterno della persona dell'educatore, e
si compendiano ~ell'osservanza non affettata, ma
spontanea, di tutto il galateo; quindi un modo di
vestire, di andar.e, di stare, di parlate, di gesti-
re, che serbi la giusta misura tra gli estremi ed
eviti ogni eccesso, o, come suol dirsi, ogni ·carica-
tura; ordine e decoro così lontano da ogni tra-
scuratezza che possa offendere la decenza, come
da ogni ricercatezza che possa detrarre alla di-
gnità. I fanciulli hanno un senso vivissimo per
l'uno e per l'altro vizio, e l'in{pressione che ne
ricevono non vale a promuovere, ma a reprimere j
sentimenti di stima e di rispetto per il loro mae-
stro. Veda dunque egli che tutto il suo contegno_
spiri gravità, ma senza alcuna durezza nè osten-
tazione; dolcezza, ma senza ombra di moin~ e
di smancerie; serenità che inviti alla confidenza,
ed una giocondità che diffonda un'aura di con-
il tentezza in tutta la scuola. Insomma abbia mae-
stro un contegno tutto naturalezza e punto pe-
241

27.2 Page 262

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<lanteria, una dignità sempre piacevole ed una
piacevolezza sempre dignitosa» (345).
Don Bosco stesso nelle visite· alle Case racco-
mandava moltissimo che non si omettesse mai la
lezione settimanale di galateo, e si avessero cure
speciali perchè i più piccoli andassero ben pu-
liti e pettinati (346). Abbiamo già parlato del
rispetto coi quale Don Bosco voleva trattato il
fanciullo (34?). Aggiungiamo soltanto un'osser-
vazione del nostro buon Padre:
« Se un fanciullo passandovi innanzi non vi
saluta, forse p,erchè nessuno glie l'ha insegnato,
o perchè per sbadataggine non ci pensa, salutate-
lo voi ·per il primo: sarà la migliore lezione. Chi
invece pretendesse d'insegnare l'urbanità ·ad un
ragazzo sberrettandolo con uno scappellotto, non
sa che voglia dire urbanità, nè conosce punto
il modo di guadagnare il cuore dei giovani·. E
poi non sono essi i prediletti nobilissimi · fi gl.i
del Re d'ei Re? E chi ha un po' di fede e di ca-
rità, oserà trattarli aspramente e con disprez-
zo?~ (348).
Quanto ci tenesse Don Bosco a che i suoi
figli praticassero le norme della gentilezza lo
mostrano alcuni appunti autografi di una istru-
zione, che il Santo fece ai Salesiani su tale ar-
gomento durante un corso di Esercizi Spirituali.
I!1 quel foglio sono esposte le norme della buona
242

27.3 Page 263

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creanza che si debbono osservare a 1µensa, in
ricreazione e, in generale, ovunque.
L'introduzione è informata a questo bellissimo
principio: « La carità in pratica forma la vera
ed11icazione e buona creanza» (349).
Così Don Bosco, sulle orme di San_Francesco
di Sales, insegnò ai suoi che l'aristocrazia dello
spirito come quella dei modi esteriori è la carat-
0
teristica del vero cristiano, e in modo speciale
-dell'educatore animato dalla eacità- e-da-ll0-Spir~i-_---"--·--1
to del Vangelo.
Dovendo ora chiudere questo importante capi-
tolo della educazione sociale, ci piace sottolineare
ancora una volta il fatto che Don Bosco, nell'edu-
care i suoi giovani alla vita di società, intendeva
che imparassero non soltanto a esercitare i pro-
pri diritti e a godere i beni della comunità, ma
altresì a sopportare il corrispondente peso dei
doveri e sacrifici che il vivere sociale porta con
sè. Il benessere collettivo infatti non risulta già
dalla sodisfazione degli egoismi e comodi delle
singole persone 0 dei singoli gruppi, ma anzitutto
dalla osservanza degli obblighi che a ciascuno
incombono. In tal senso Don Bosco educava i suoi
giovani, animandoli allo spirito di sacrificio, al-
l'adempimento di tutti i propri doveri, allo zelo
dell'apostolato. Perciò anche in questo campo egli,
precorrendo i tempi, procurò un antidoto alla so-
2-1 3

27.4 Page 264

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cietà moderna, la quale, dando libero sfogo al
più sfrenato egoismo di classe e dell'individuo,
ha deviato dal retto sentiero e preclusa la via
alla ricostruzione morale dei . popoli, COn graTe
scapito della pace, della giustizia e del benessere
sociale.
--

27.5 Page 265

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CAPITOLO V.
L'EDUCAZIONE MORALE
È certo che il punto' centrale di tutta l'opera
educativa è quello che si . chiama normalmente
« Educazione morale e religiosa». Soffermiamoci
ora sull'aspetto morale: subito dopo esamineremo
anche quello religiosg.
Va da che tut.t:i quanta l'opera dell'educa-
zione dell'uomo dev'essere morale, in quanto che
tutto ciò che comunque ·tocca la persona umana
non dev'essere in nessun modo di~orme dai det-
tami della moralità: la. stessa edu'cazione fisica
non può prescindere dalle leggi morali, se vuo]
davvero concorrere a formare la personalità del-
1'educando.
Tuttavia, quando nell'educazione si distingue
il settore morale dagli altri settori, gli si vuol ri-
conoscere, come caratteristica sua propria, la for-
mazione della coscienza retta e l'ammaestramento
245

27.6 Page 266

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all'onesto eserc1z10 della libera volontà, affinchè
!'educando impari ad agire moralmente, ossia in
conformità alla natura umana e in preparazio-
ne al conseguimento dei suoi eterni destini.
Come ognun vede, criterio dominante di tutto
il procediment0 dell'educazione morale è lo stret-
to rapporto che la creatura umana ha con la leg-
ge di natura e col suo Fine Ultimo. L'uomo deve
aver sempre in mano la fiaccola della moralità
per chiarire ed illuminare con essa tutti i suoi
' passi, tutto il sentiero ch'egli percorre, viaggia-
tore verso i suoi destini temporali ed eterni.
Questi passi .sono le .sue azioni; questo sentiero,
o questa strada che dir si voglia, è la sua vita,
o meglio la sua vocazione nel pieno sviluppo
della propria personalità.
·
Orbene, alle azioni veramente umane concor-
rono mente, cuore e volontà: la mente, mediante
la saggezza e · la coscienziosità; il cuore, mediante
l'orientamento dell'affettività; la volontà, median-
te la fermezza della decisione e la fedeltà del-
1'esecuzione. Di qui scaturisce la necessità, p er
l'educazione morale, di formar debitamente co-
scienza, cuore e volontà dell'educando: il che por-
terà senza dubbio alla pratica della virtù, alla
conquista di un carattere adamantino e al rag-
giungimento della vera personalità.
Noi non possiamo indugiarci eccessivamente
246

27.7 Page 267

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a disting·uere, nell'insieme dell'educazione morale
praticata da Don Bosco e trasmessa ai suoi figli
nella luce e sotto la guida del Sistema Preventi-
vo, tutti gli aspetti degli elementi testè accennati.
Ci I.imiteremo a fare soltanto qualche rilievo,
dando maggior sviluppo a ciò che 'riguarda la for-
mazione alla virtù.
1. Formazione della coscienza.
a) Gu INSEGNAMENTI DEL p ADRE.
Vediamo anzitutto quali siano, nel sistema di
Don Boscò, gli elementi destinati propriamente
alla formazione della coscienza dei suoi giovani.
Balzano subito ai nostri occhi tanti savi ac-
corgimenti per formare in loro quell'intelletto
pratico, che anzitutto conosce la legge mora-
le e poi valuta bene ogni azione, scoprendone
la concordanza ·o discrepanza con detta legge
morale.
Notiamo ancora con quale frequenza e insi-
stenza Don Bosco si adoperava per far conoscere
tutte queste cose ai suoi alunni. Le sue conver-
sazioni familiari durante la ricreazione, i collo-
qui privati, le sue paterne e veramente pratiche
Buone Notti, le conferenze e prediche, insomma
tutte le sue parole rivolte ai giovani, non avevano
247
I

27.8 Page 268

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altro scopo se non quello di insinuare nelle men-
ti, e perciò nelle coscienze, il retto giudizio pra-
tico circa le cose e le azioni della vita.
Altrettanto . dicasi per le letture, ch'egli fa-
ceva fare in pubblico e in privato; e per tutte
le attività della casa, tanto adatte a ispirare buo-
ne idee e savi giudizi.
L'educazione, per Don Bosco, era davvero la
formazione dell'uo,rno, soprattutto riguardo alla
moralità e al raggiungimento dell'ultimo suo fine:
e di ciò in particolare si preoccupava nei suoi
insegnamenti, nei suoi atteggiamenti pratici e
in tutto il suo lavoro· educativo.
Fin da piccolo era stato abituato dalla mam-
ma ad agire per dovere, vale a dire, secondo la
coscienza illuminata da motivi assai elevati, quali
l'amor di Dio e l'affetto ai parenti (350).
Mamma Margherita, ricol'.dando la legge di Dio
con piccoli richiami ora all'uno e ora all'altro dei
suoi figli, li abituava a giudicare della convenien-
za o sconvenienza delle loro azioni (351).
Lo stesso fece a sua volta Don Bosco nel-
l'Oratorio, dove - secondo l'affermazione di Don
Lemoyne - « la coscienza era la prima rego-
la, (352).
Il Santo infatti voleva,che i giovani apprendes-
sero a fare il bene e a fuggire ·il male, non già p er
riguardo all'uomo, ma p er riguardo a Dio; non pei
248

27.9 Page 269

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premi o pei castighi del maestro o del Superiore,
ma per dovere di coscienza (353). .
Agli inizi era solo, ma sapeva educare in modo
tale che, al posto dei suoi aiutanti che ancor
non aveva, agisse la coscienza stessa dei gio-
vani; e questi si astenevano dal male per amore
di Dio e del loro buon Direttore; e allorchè era-
0
no caduti in qualche fallo, Si riconoscevano spon-
taneamente colpevoli.
Il detto di San Paolo Chi lavora non man-
gia era invalso nell'Oratorio come assioma im-
preteribile. Se qualcuno talora, per poltroneria
o per altro motivo, aveva commesso qualche man-
canza, Don Bosco, saputa la cosa, àndavagli in-
contro dicendogli: « Ebbene, come va? Come ti re-
goli? vero quello che ho udito di te? Possibile che
tu non voglia una buona volta metterti a fare del
bene? Se tu fossi Superiore ed io al tuo posto, e mi
,regolassi come ti regoli tu, che cosa faresti? Giùdi-
cati da te stesso. Che cosa ti meriti?» . (354).
Diceva altre volte ai ragazzi dell'Oratorio :'
< Dovete dire al demonio quando vi chiede qual-
che cosa contro coscienza: - Non posso, non pos-
so, perchè ho un'anima sola. - Questa è la vera
logica cristiana, questo è un ragionamento mi-
gliore che non tutti quelli dei sapienti secondo il
·mondo:» (355). Nel 1875, dopo d'aver raccoman-
dato ai giovani il silenzio ' nei tempi prescritti,
249

27.10 Page 270

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soggiungeva: < Non lo voglio imporre con minac-
ce o castighi, ma lascio alla coscienza di ciascu-
no il mettere diligentemente in pratica questo
avviso. Sappiate che continuando con tale ordi-
ne è un vero piacere che fate a Don Bosco. Ma
no~ fatelo solo per questo motivo: fatelo per pia-
cere al Signore e alla Beata Vergine» (356).
Esortava i giovani ad aspirare non alla mer-
cede umana, ma a quella divina con queste pa-
role: « impossibile piacere al mondq. Il miglior
consiglio si è di fare bene quanto possiamo e
poi non aspettarci la mercede dal mondo, ma da
Dio solo » · (357).
Quindi abituava i giovani ad avere sempre
una grande purità d'intenzione, e ne specificava
il modo dicendo: « Purità d'inten~ione è fare quel-
lo che più piace a Dio; e noi ce ne assicuriamo
con l'obbedienza » (358).
b) FORMAZIONE AL SENSO DEL DOVERE. '
Per formare la coscienza dei suoi giovani
Don Bosco doveva mirare in pratica a sviluppare
in essi il senso del dovere.
Questo senso in lui era profondamente radica-
to. Ancora studente a Chieri aveva fatta sua e
seguiva questa norma: Ogni cosa ha il suo tempo
(359). Si può affermare che l'adempimento di
250

28 Pages 271-280

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28.1 Page 271

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tutti i propri doveri fu regola costante del suo
operare (360). ' ·
Educatore e Superiore, raccomandava poi agli
altri, e specialmente ai suoi- giovani, quanto egli
stesso aveva fatto e continuava a fare. Nel 1856
scriveva: « Quello che ha da rendere un gio-
vane virtuoso e onesto, cioè un vero galantuo-
mo, è l'adempimento di tutti i doveri che l'uomo
ha verso di Dio, verso se stesso, e verso i suoi
simili; doveri che voi non potete imparare se non
sotto il magistero della Chiesa, alla scuola del
catechismo» (361).
Egli solev~ proporre ai suoi educandi il mot-
to che il Comollo aveva fissato e scritto su di
un libro, perchè gli servisse come programma
di vita: « Fa molto chi fa poco, ma fa quello che
deve fare; fa nulla chi fa molto, ma non fo
quello che deve fare» (362).
, < Si adempia con diligenza - diceva -.:. ogni
nostro dovere. Con diligenza, cioè con amore, per-
chè la parola diligenza viene dal verbo diligere :
· amare » (363). Esortava tutti a eseguire i doveri
del proprio ufficio alla presenza di Dio, offrendo
a lui ogni azione e lavoro, perchè ridondasse a sua
gloria (364).
Nel regolamento per la nuova Casa di Mira-
bello introdusse questo articolo: « Niuno si ri-
fiuti a qualsiasi basso lavoro e rìtenga eh€ Dio
251
I

28.2 Page 272

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domanda conto dell'adempimento dei doveri del ·
proprio stato, e non se si abbiano coperti impie-
ghi e cariche luminose. Nelle quotidiane occu-
pazioni ognuno si ricordi come tanto colui che è
occupato nei bassi uffici, quanto colui che con-
suma la sua vita nel predicare, confessare, ed in
altre più sublimi cariche del ministero sacerdo-
tale, avranno in cielo la medèsima mercede, pur-
chè _lavorino per la maggior gloria di Dio> (365).
Sapeva approfittare di ogni ocèasione per in-
culcare il sentimento del dovere, e in modo spe-
ciale nelle grandi solennità, quando la volontà
è più disposta.
·
Nell'esatto adempimento dei propri doveri ve-
àeva il mezzo più adatto e potente sia per trion-
fare delle passioni (366), sia per onorare questo
o quel Santo (36?).
Don Bosco non tralasciava di fare qu'alchc
salutare rimprovero ai negligenti. La sera del 18
aprile 1875 diceva ai giovani: 4: Ma per altro,
se ho da dire una parola di lode ai buoni, non
è men vero che me ne rimanga un'altra di rim-
provero per coloro che non sono cattivi, ma co-
i me si suol dire, 'nè freddi nè caldi, quelli cioè
che sanno essere cosa buona andare in· chiesa,
cosa buona il pregare, lo stare attenti ai propri
doveri. Lo sanno e lo dicono; ma- per essi altro
è il sapere e altro il fare, perchè loro sembra
252

28.3 Page 273

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, di trovarsi in niezzo ad un ostacolo gravissimo
che impedisca l'operare: questo è realmente la
loro indifferenza » (368). Voleva inoltre che chi
ne avesse l'incarico facesse osservare agli àltri
i lo·ro doveri (369).
e) FORMAZIONE
AL SENSO DELLA RESPONSABILITÀ.
Connessa intimamente con la forma·zione al
dovere da eseguire è la formazione al senso di
responsabilità di front.e a Dio e agli uomini.
Per questo Don Bosco portava .ai suoi ahrn ~:
l'esempio di San Bernardo che aveva scritto in
tutti i luoghi del convento pei quali doveva passa-
re: Ad quid venisti? (A che scopo sei venuto qui?ì
e concludeva: « Ecco il mio consiglio. Scrivetf'
in un angolo di . qualche libro o quaderno que-
sta parola: Ad quid venisti? E pensate: . ad quid
venisti in questo mondo? ·Per amare e servire Id-
dio e guadagnarti il Paradiso: se fai altrimentì,
sei fuori di riga. Ad quid venisti in questo Orato-
rio? Sono venuto per studiare, per fare profitto
nella scienza e nella pietà, per conoscere quale
sia la mia vocazione: se non faccio questo pro-
fitto il mio tempo è perduto! » (370).
,
Quanto all'impiego del tempo usava questa
esortazione: « Se conosceste la grande fortuna che
è la vostra, di aver un mezzo da poter studiare,
253

28.4 Page 274

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vi sforzereste con - ogm 1mpeg:rro per non per-
dere neppure un briciolo di tempo! » E richiama-
va l'esempio degli anziani che rimpiangevano il
tempo perduto in gioventù, e accennava a tante
migliaia di giovani di buona volontà, i quali ·non
avevano i mezzi per poter studiare, o non pote-
vano essere accettati in collegio. E concludeva:
« E voi siete i preferiti dalla Divina Provvidenza.
I
Se fra di voi ci fosse chi non volesse studiare
preferendo la poltroneria, nonostante tanti , sa~
crifici da parte dei parenti, da parte dei Superio-
ri che fanno tutto quello che .possono per aiutarvi,
da parte dei compagni che dànno tanti buoni
esempi, qual conto rigoroso dovete rendere a
Dio, se non approfittate del tempo che avete. Il
Signore ci domanderà conto anche di un sol
'minuto che avessimo perduto! » (371).
Richiamava gli alunni studenti a un par-
ticolare senso di responsabilità dicendo loro: < Voi
che avete maggior istruzione e siete occupati in
cose più alte, non dovete . usare parole e modi
grossolani, ma dimostrare coi fatti la vostra edu-
1
cazione » (372).
2. Formazione del cuore.
a) CoME LA VOLEVA DoN Bosco.
Don Bosco, che tanto si adoperò · per la forma-
i
zione della éo,scienza, si occupò pure intensamente
251

28.5 Page 275

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I
della formazione del cuore, insegnando agli alun-
ni a ben orientare gli affetti non sempre rego-
lati che ne emergono.
L'infanzia, la fanciullezza, l'adolescenza e la
stessa giovinèzza, sono epoche di una straordina-
ria fioritura di sentimenti e di affetti: . e non è qui
il caso di indugiarci a discuterne la natura, l'oc-
culta provenienza, la maggior o minor esten-
sione. Il fatto si è che all'educatore, nella strada
ardua e penosa della sua missione, i sentimenti
del giovanetto si presentano sovente, ora come
aiuto, ora come ostacolo all'opera educativa. An-
zi, appunto perchè a detta degli stessi migliori
psicologi, si tratta di un $ettore pedagogico me-
no conosciuto ed esplorato, l'educazione del cuore
presenta difficoltà non facili a superare. ·
Don Bosco non trascurò l'educazione del cuo-
re; non la sacrificò all'educazione della mente,
credendo di aver fatto tutto, quando avesse pro-
curato di immettere nelle menti un'idea, per buo-
na e geniale che fosse; nè tanto ·meno confuse
l'educazione del cuore con quella che forma la
volontà all'abito della decisione ferma ed onesta.
Puntando direttamente sul nucleo più centrale
e profondo della sentimentalità umana, egli cercò
di trasformare l'amore nella più fine e sublime
carità: carità verso Dio, carità verso il prossimo.
Chi legge la sua vita, vien presto a conoscere
255

28.6 Page 276

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con quale zelo e con quante industrie egli si ado-
perasse per allontanare dalla mente e dalla fan-
tasia dei suoi alunni qualsiasi cosa, che potesse
generare nei loro cuori sentimenti meno nobili
ed onesti.
Anzitutto, però, dava egli stesso l'esempio di
un virtuoso distacco da quanto può ingombrare
il cuore.
Personalmente aveva sperimeritato le conse-
guenze degli attacchi sensibili. All'età di dieci
anni aveva preso, allevato e addestrato nel can-
to, un merlo. Quell'uccello era la sua diuturna
delizia. Ma allorchè un giorno lo vide mezzo
sbranato nella gabbia, ne provò tanto dolore e
rammarico che pianse più giorni. Ragionando poi
sulla frivolezza di quell'amore, prese una riso-
luzione superiore alla sua età: cioè di non attac-
care mai più il cuore a cosa terrena.
Più tardi, incontrandosi a Chieri con Luigi
Comollo, giovane di un candore verginale e di
una straordinaria purezza e semplicità di costu-
mi, entrò con lui in tenera e profonda amicizia.
Quantunque quell'amore fosse tutt'altro che ter-
reno e sentimentale, e anzi, tutto santo ed u'n i-
camente diretto a vicendevole perfezione, tut-
tavia anche di questo ebbe a pentirsi. Il vivo do-
lore che provò alla morte dell'amico fu così gran-
de, che fece un nuovo proposito per cui niuuo,
256

28.7 Page 277

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da Dio in fuori, avrebbe mai posseduto il suo
cuore (3?3).
Studente, la sua carità non ammetteva ec-
cezioni nell'aiutare i condiscepoli nelle cose di
scuola (374). Divenuto sacerdote, fu ammirabile
il pieno dominio sulle passioni e la padronanza
· sopra 'il suo cuore : moderava gli affetti di sim-
patia, di sensibilità, come purP, di collera e di
;ivversione, in guisa da assoggettarli sempre alla
retta ragione, agli insegnamenti della Fede, allo
zelo per la maggior gloria di Dio.
Erano abiti che egli possedeva in grado eroico
(375).
Parlando un giorno ai suoi, fece questa cate-
gorica affermazione: « Io stesso posso dirlo schiet-
tamente di non aver nessuno in Casa che io pre~
diliga più di un altro, tanto il più alto di voi io
I
amo come il più umile. Tutti sono miei figli, e
per salvarli volentieri darei la mia yita stessa,
perchè essi sono e devono essere tutti, giusta il
detto di San Paolo, gaudium meum et corona
mea': allegrezza e corona mia v (3?6).
. b) U~ l'ERICOLO.
Alla formazione del cuore possono essere un
grave ostacolo le affezioni non regolate, anche
verso i compagni.
257
9 (Il)

28.8 Page 278

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Rigorosamente, ma con prudenza, Don Bosco
inibiva le amicizie particolari, per quanto sulle
prime non presentassero pericoli di sorta (3?'7).
In una conferenza, nella quale aveva trattato
della bella virtù, disse: « Un'altra cosa, che non è
punto di vantaggio alla. castità, si è l'amicizia:
non l'amicizia vera, fraterna, ma quell'amicizia
particola're che il cuore nostro nutre più per
uno che pet un altro. Certuni, e non sono i
pochi, attratti da qualche dote, sia corporale che
spirituale, di qualche compagno o subalterno,
tendono ad amicarselo offrendogli ora un bicchiere
di vino ora un confetto, ora un libro, ora un'im-
magine, ora altre cose. Si comincia in tal modo
a coltivare le amicizie che escludono gli altri e
preoccupano mente e fantasia. Quindi occhiate
appassionate, strette di mano, baci; poi più avan-
ti qualche letterina, qualche altro regalo, dicendo: .
- Fammi questo piacere; fammi quest'altro; vie-
ni, ·andiamo in quel luogo, in quell'altro! - ln-
, tanto i due amici si trovano impigliati· nel lacd.o
senza che se ne accorgano» (3'2'8).
Per evitare ,il pericolo di tali amicizie, dava
anche .questo consiglio: « Non lodare mai nessun
giovane in modo speciale; le lodi rovinano i più
bei naturali. Uno che canta bene, un altro che
reciti con disinvoltura, è subito lodato, corteggia-
to, tenuto prezioso~ (3'79).
258

28.9 Page 279

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Metteva anche in guardia contro i danni che
potevano derivare .dal teatro, ove la voce canora,
l'abilità .nel porgere, i vestiti e le truccature,
possono diventare occasione per tali amicizie, dalle
quali poi deri;ano tanti disordini, e financo la
rovina morale di alcuni (380) .
. Per stroncare in tempo nel corso dell'anno
siffatte nocive relazioni, aveva stabilito che si fa-
·cessero a nietà anno, e non alla fine, gli Esercizi
Spirituali. « Questi Esercizi - diceva - sono il
. gran mezzo per rompere certe relaziÒni o amiciziè
malsane. Allora è che il giovane si determina
a far bene, . prendendo forti risoluzioni che ·gli
serviranno di guida almeno per il corso dell'anno.
, Se invece gli Esercizi sono al termine dell'anno,
ecco che non c'è più tempo di eseguire i propo-
nimenti fatti e po1, col far così a lungo quel che
si vuole, i mali incancreni;cono ~ (381).
e) DISTACCO DALLE COSE.
Don Bosco però, desideroso di dare una buona
formazione al cuore, raccomandava ai giovani
di distaccarlo, non solo dalle persone, ma anche
dalle cose della terra. Insomma si prefiggev_a . di
fare di essi degli uomini spiritualmente liberi e
non degli _schiavi.
e: Per distacco del cuore dalla terra - diceva
259

28.10 Page 280

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in ·preparazione alla festa di San Luigi del
1864, - per distacco del cuore dalla terra intendo
distacco dalle persone poco buone, dai piaceri il-
leciti, dalle amicizie troppo particolari; il distacco
dai cibi e dalle bevande, che sono a voi occasione
di golosità; il distacco non fosse altro da un vesti-
to, da quattro stracci pei quali vi lasciate domi-
nare dal desiderio di far figura, e comparire leg-
geri ed ambiziosi così da sembrare damerini...
Chiedete dunque al Santo · di sollevarvi un po'
da queste vanità del mondo · e d'innalzare un
poco il cuore verso le cose del Cielo» (382).
Sembra_ di ascoltare un provetto maestro di
spirito che parla ad una accolta di Religiosi, i
quali han fatto voto di povertà: sì grande è il
distacco del cuore che Don Bosco domanda ai
suoi giovani. ·Ma egli ben sapeva di quanta gene-
rosità e di quanto eroismo son essi capaci, e non
si peritava di lanciarli per le vie della più alta
perfezione dopo d'essersi sforzato di piantare
nel loro cuore le solide basi della vita cristiana.
Nella stessa parlata del 20 giugno 1864 soggiun-
geva: « Vedete, io vorrei che voi faceste come fan.-
no gli uccelli ancora piccini, quando vogliono sni-
dare. Incominciano ad uscire sull'orlo del nido,
poi scuotono le alucce, tentano di alzarsi un poco
ed intanto fanno prova delle loro forze. Così
dovete fare voi: scuotere un poco le ali per alzar-

29 Pages 281-290

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29.1 Page 281

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vi al cielo... Incominciate dalle cose piccole e da
quelle che sono necessarie per l'eterna salu-
te~ (383).
d) SANTO AMORE FRATERNO.
Finora noi abbiamo esaminato la parte che
potremmo chiamare negativa della formazione del
cuore: vediamo ora come Don Bosco faceva a
sollevare il cuore dei suoi alunni ai più casti ed
eccelsi amori. Li premuniva anzitutto contro gli
sbandamenti di simpatie ed antipatie, fomentando
tra Superiori e giovani, tra studenti e artigiani,
la più viva amicizia. Era in certo modo il cuore
stesso di Don Bosco che legava insieme tutti i
cuori (384).
Li incoraggiava a battere la via della virtù
con l'esempio della sana e santa amicizia che le-
gava fra di loro Gregorio Nazianzeno e Basi!i0,
studenti ad Atene (385).
Altre volte spiegava il comandamento dell'amo-
re dicendo: « Ricordatevi dell'avviso che dav,,
San Giovanni Evangelista ai suoi discepoli: Dì-
ligite altérutrum: Amatevi a vicenda. Questo amo-
re. non è semplice consiglio: un comando, e
perciò pecca chi non l'osserva. Quindi mai ci sia-
no tra voi parole ingiuriose, risse, invidie, vendet-
te, scherni, malignità. Fatevi del bene l'un l'al-
261

29.2 Page 282

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tro, e sarà prova che vi amate tutti ·a vicenda
come fratelli. Oh! Che bel Paradiso terrestre sa-
rebbe questa nostra Casa, quanti atti virtuosi si
ammirerebbero dagli angeli, quante benedizioni
di più il Signore invierebbe sui nostri capi, qua-
le sarebbe la , consolazione di Maria SS., se tutti
ci mettessimo d'impegno nel compatirci, aiutar-
ci, sopportare, perdonare, perchè trionfi sempre
la carità » (386).
·
Era poi sua norma costante: 4: Io vi esorto ad
essere o amici di tutti o di nessuno » (387).
Parlando ai suoi giovani nel 1876 replicava:
« Un'altra cosa ch---e voleva dirvi, si è che tutti vi
vogliate bene tra, di voi, che vi amiate per farvi
del bene a vicenda, per darvi buon esempio, per ·
darvi dei buoni consigli. .Ma non mai e poi mai vi
siano di quelle . amicizie che purtroppo si fanno
per darsi scandalo a vicenda, per fare discorsì
cattivi, per essere assassini dell'anima uno del-
l'altro » (388).
« Una cosa - diceva ancora - mi preme di
raccomandarvi, ed è che procuriate di amarvi a
vicenda e che non · disprezziat·e nessuno. Perciò
e accogliete tutti senza eccezione in vostra compa~
gnia, fate a tutti parte volentieri dei vostri tra-
stulli. Via perciò certe antipatie verso qualche
compagno, delle quali non si sa quasi rendere
ragione... dovere dei giovani, non solo bene edu- _
262 .

29.3 Page 283

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cati, ma cristiani, il far buone accoglienze a tutti
ed usare cortesie con tutti » (389).
Con l'amor del prossimo fomentava anche
l'amor di Dio, di Gesù e di Maria, dicen-
do che .solo l'amor di Dio può unire .le menti e i
cuori (390) ; A un giovane scriveva questa mass'i-
ma: « Soffri volentieri qualche cosa per· qu,el Dio
che tanto sofferse per te » (391). E di Gesù Sacra-
mentato parlava così: « Vedete, questo è e dev'esse-
re l'unico e il vero vostro amico: Egli, la consolazio-
ne nelle afflizioni, Egli il distributore della grazia r.
delle allegrezze ». E continuava a passare in ras-
segna i benefizi di questo Amico Divino per ispi-
rarne ai giovani un amore sempre maggiore (392) .
In un'altra circostanza, dopo aver animato
tutti a scuotere le due ali spirituali dell'amore
a Gesù e alla Vergine Santa per solle+arsi in al-
to, soggiungeva: « Oh, se io potessi un poco met-
tere in voi questo grande amore a Maria e a Gesù
Sacramentato, quanto sarei fortunato! -Vedete,
dirò Ùno sproposito, ma importa niente. Sarei di-
sposto, per ottenere questo, a strisciare co"n la
lingua per terra di · qui fino a Superga. È uno
sproposito, ma io sarei disposto a farlo. La mia
lingua andrebbe a pezzi, m~ -importa niente:
io allora avrei tanti giovani santi l> (393).
Così Don Bosco in maniera delicatissima col-
tivò tutti i sentimenti più nobili del cuore gio-
263
I

29.4 Page 284

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vanile: dall'affetto filiale alla dedizione per · il
prossimo, dall'amore della Chiesa e della patria
sino alle ~orme più sublimi della èarità verso Dio,
verso Gesù SacramenJato e il suo Cuore Sacra-
tissimo, e verso Maria SS., che voleva fosse con-
siderata dai suoi alunni quale ~enera e dolcissima
Madre.
Può forse desiderarsi una educazione del cuore
migliore di questa?
\\
3. Formazione della volontà.
a) CoME LA voLEVA DoN Bosco.
Il nostro Padre, pur occupandosi direttamente
deH'educazione del cuore, amava però insistere
piuttosto sull'educazione della volontà, dalla quale
dipende in definitiva, il ver~ amore, nònchè il
dominio degli affetti disordinati.
Com'è noto, l'azione propria della · volontà si
svolgè mediante la -deliberazione, la decisione e l'e-
secuzione. Don Bosco però, nel suo modo di fare
eminentemente pratico, non si indugiava certo
in queste distinzioni: egli preferiva andare subi-
to diritto al risultato concreto di questi tre ele-
menti, considerandoli nel modo con cui dovevano
attuarsi.
La sua educazione della volontà consisteva
264

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anzitutto nel renderla forte, allontanando da essa
gli impedimenti che avessero potuto ostacolarne il
retto esercizio. Con accorgimenti veramente pre-
ventivi egli circonq.ava in certo modo la volontà
dei suoi alunni con un sistema di difese, preve-
nendo, alle volte molto remotamente, l'azione di
quei fattori che avrebbero .potuto influire ne-
gativamente su di essa. Moltiplicava perciò l'in-
flusso degli esempi buoni, sia mediante la vita
edificante degli educator·i e la virtù non ordinaria
degli alunni, sia proponendo esempi tratti da
racconti, parabole, episodi e buoni libri, o anche
creando egli stesso esempi, a guisa di similitu-
dini e apologhi. Allo stesso scopo si affrettava a
destinare qualche compagno buono e virtuoso ai
nuovi arrivati, per · iniziarli alla' vita della Casa
e alla pratica aella virtù. Tutto l'insieme poi della
,/ vita dei suoi fstituti, l'orario, l'assistenza, il con-
trollo, la caritatevole correzione, il coltivare la
vita della grazia, contribuiva a formare la volon-
tà dei suoi· giovani.
,
Quanto gli premesse l'educazione della volon-
tà risulta dalle seguenti mirabili pagine della Vi-
ta di Luigi · Colle:
« Il privilegio più grande di tutti i fanciulli,
di cui gli adulti non isdegnano occuparsi abbas-
sandosi al loro livello per addestrarli all'esercizio
delle funzioni della vita spirituale, viene conside-
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rato lo sviluppo dell'intelligenza. Ma troppo spes-
so mancano di prudenza questi educatori, perchè
11:on conoscono, o assai facilmente perdono di vista,
la natura umana e la reciproca dipendenza delle
nostre facoltà. Rhz:olgono og·ni sforzo a svilup-
pare la facoltà del conoscere e quella del sen-
tire, che per triste ~rr.ore, ma- dolorosamente trop-
po comune, confondono con la facoltà di amare:
ed invece trascurano completamente la facoltà
sovrana, la volontà, unica sorgente del vero e pu-
ro amore, di cui la sensibilità non è che una fal-
sa immagine. Se si occupano talora di questa po-
vera volontà, non è tanto per regolarla e forti-
ficarla col ripetuto esercizio d_i piccoli atti di
virtù chiesti all'affezione del fanciullo e ottenuti
facilmente dalle buone _disposizioni del cuore; m:1,
col pretesto di dover domare una natura ribelle,
si ostinano a piegare la volontà con mezzi vio-
lenti, e così, invece di raddrizzarla, la distrug-
gono.
« Per questo errore fatale turbano l'armonia
che deve presiedere allo sviluppo paralleio delle
facoltà dell'anima, e guastano i troppo delicati
congegni affidati alle loro mani inesperte.
« L'intelligenza e la sensibilità sovraeccitate
da una coltura intensa, attraggono tutte le forze ·
dell'anima, ne assorbon~ tutta la vita, e acq~i-
stano bén presto una vivacità estrema, unita alla
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più squisita delicatezza. Il fanciullo concepisce
prontamente; l'imm'aginazione sua è ardente e
mobile; la memoria fedele rintraccia senza sfor-
zo e çon scrupolos& esattezza i più piccoli par-
ticolari: la sensibilìtà incanta quanti si avvici-
nano.
« Ma tutte queste brillanti qualità nascondono a
stento l'insufficienza più vergognosa, la debolezza
più fatale. Il fanciullo, e più tardi purtroppo il
giovane, trascinato dalla prontezza delle conce-
zioni, non-sa pensare nè agire con criterio; man-
ca affatto di buon senso, di tatto, di misura, in-
somma di spirito pratico. "
« In lui non cercate nè ordine nè metodo; im-
broglia tutto, confonde tutto, tanto nei discorsi
quanto nelle azioni; e vi sconcerta con mosse
brusche e .impetuose, e con strana incoerenza.
Ieri vi affermava con entusiasmo m~a pretesa ve-
rità; domani, con ~guale incrollabile convinzio-
ne, vi sosterrà precisame~te il contrario. La ra-
gione, offuscata e non sorretta dalla debolezza
della volontà, non gli. permette di pensare seria-
mente da sè. Egli riceve tutti i giudizi degli altri e
li fa suoi unicamente perchè _seducono la sua
immaginazione o lusingano la sua sensibilità; e
con la stessa leggerezza li abbandona, perchè non
gli piacciono più, o perchè altre teorie ·più sedu~
centi hanno affascinato la sua viva intelligenza.
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29.8 Page 288

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~ Troppo rapido per leggere in fondo all'anima,
non ne conosce che la superficie, cioè le commozio-
ni passeggere, e, pronto a coglierne i minimi moti,
cr~de di aver deciso con fermezza tutto ciò che gli
sembra di volere: e, incapace d'imporsi a ~e stesso,
·si affretta a metterlo in pratica; Triste e ridicolo
zimbello dello spirito maligno, che non cessa
d'ingannarlo destandogli nell'interno delle im-
pres~ioni che egli, povero cieco, crede propositi
' ben saldi e lungamente meditati.
« Nè più nè meno come il suo pensiero ha fa
rapidità del lampo, così egli si piega · a ogni
movimento: talora di mal animo, perchè in fondo
al cuore ha ancora un resto di rettitudine, ma
in fine si piega. Far diversamente gli sembre-
rebbe mancanza di ~incerità; vuol essere al di fuo-
ri quel che è al di dentro; gli parrebbe un'ipocri-
sia frenare le proprie passioni. E così crede di
voler ciò che in realtà non vuole, così crede di
non volere ciò che effettivamente vuole.
« La virtù lo seduce, ma, poichè ripugna alla
debolezza della sua natura, interpreta questa in-
terna ripugnanza come volontà contraria. In-
gannato dalla propria stoltezza, l'infelice si di
spera di non poter credere nè volere .ciò che in
fondo invece crede e vuole.
« Inutilmente le grazie più preziose cadono su
quest'anima, poichè non può raccoglierle: la sua
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coscienza è come un mare in burrasca, agitato
di vo1ta in volta dalle più contrarie correnti.
« Schiavo del proprio umore, il disgraziato
vede ogni cosa attraverso la passione che lo domi-
na in quell'istante. Si tratta di decidere e di voler
fare un'azione importante? Invece di considerare
l'azione in se stessa, e di esaminarne i motivi, le
circostanze, il fine, interroga l'oracolo ossia la sua
scjocca sensibilità. In balìa delle proprie impres-
sioni chiede a se stesso: - Che te ne pare? - e,
secondo l'attrattiva o ripugnanza che sente 'nell'a-
nimo, opera o meno. E codesto per lui è riflettere!
« E, se sbaglia, guardatevi dal rinfacciarglielo:
non riconoscerà mai d'aver sb11gliato, e dirà sem-
pre di aver agito come doveva agire: - Ho do-
vuto fare ciò chè mi diceva la mia coscienza!
Ero in buona fede.
« Più tardi, se in circostanze difficili dovrà
9-ar saggio di carattere ben temprato, non aspet-
tatevi nulla da lui. Capace degli slanci più gene-
rosi, è ,invece soggetto alle più strane d ebolezze.
La violenza e l'ostinazione saranno le uniche ma-
nifestazioni di una volontà debole, e per giunta
lo vedrete praticare sempre il rovescio.
« Ma almeno le qualità del cuore compenseran-
no tanti difetti? E la sensibilità, tanto coltivafa
nei primi anni, l'avrà reso più tenero e amo-
. revole di cuore? Anche qui purtroppo troviamo
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lo stesso vuoto che abbiamo riscontrato nelle al-
tre facoltà. Si affeziona facilmente, ma con la
stessa facilità dimentica. Il suo · amore non ha
stabilità. Senza essere realmente cattivo, non
_conosce altra legge che il capriccio. Non ha mai
saputo conservarsi degli amici, perchè non è sta-
to mai capace di imporsi qualche riguardo verso
di loro, ma li ha sempre feriti, o con un'allusione
crudele, o con una trascuratezza sprezzante, o con
una punta amara, o con una frecciata insolente,
o con un sospetto infondato e ingiurioso. E con
tutto ciò, egli si stupisce che l'amicizia, misco-
nosciuta e ferita in quel che ha di più delicato,
si ritiri da lui! Povero essere incompleto, si lagna
di .essere sempre incompreso!
« Precipitazione ed incostanza, ecco le linee più
marcate di questo carattere. Se ne voleva fare
un uomo, · e no~ si è riusciti che a farne un essere
intelligente ed amante, ma debole e irragionevole:
in breve, una specie di animale perfezionato.
« E non si dica che questo ritratto è esagerato.
Guardiamoci intorno, e purtroppo vedremo che ve
ne sono tanti. Quante ne abbiamo incontrate an-
che noi di queste nature attraenti, ma incomplete,
· che la nostra pittura ritrae perfettamente! An-
dando al fondo delle cose riconosceremo che un
1 tal vuoto lagrimevole è frutto della prima educa-
zione.
/
270

30 Pages 291-300

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· « Dappertutto si deplora l'indebolimento dei
caratteri; ma la causa della decadenza, almeno
in parte, non sarebbe da ricercarsi nella dimen-
ticanza, anzi nel disprezzo dei princìpi più ele-
mentari di educazione cristiana? E donde tale
disprezzo? Donde tale educazione falsa e mon-
ca? Senza dubbio dall'ignoranza, ma anche e so-
prattutto dall'egoismo e da una tenerezza mal in-
tesa.
« Si cerca di gòdere . il fanciullo invece di
sacrificarsi per lui. Ciò che un'affezione sincera.
sana, se si vuole, ma limitata e impre~idenfe nel
suo incosciente egoismo, domanda a un bimbo
così teneramente ma .c~ecamente amato, è anzitut-
to un trionfo dell'amor proprio, una soddisfazione
della propria ·sensibilità. Si gode di poter far
sfoggio dappertutto delle qualità precoci del fan-
ciullo prodigio! Si bevono avidamente gli elogi
che gli son fatti: lo' si loda persino quando è
presente, senza appunto accorgersi dei rapidi
progressi della sua vanità crescente, che divie-
ne presto presunzione, vanagloria ed orgoglio
insopportabile! Com~nemente ci si trova diletto
e ci si culla nelle dimostrazioni affettuose, proprie
dell'indole del fanciullo: si è rapiti nell'ammirare
le sue grazie native. Si ricevono -e si provocano i
su~i vezzi come si farebbe delle carezze di .un
cagnolino, lo si adula precisamente come si fa
2il

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con questo animale, e lo si castiga per ma] umore
o per collera quando annoia o si rifiuta di ub-
bidire o di stare quieto.
« Lo si vuole assai carezzevole, be;ne educato,
istruito.'.. e basta. Qual è invece l'obbligo dell'edu-
catore cristiano? Egli, secondo lo spirito di Gesù
Cristo e la pratica della sua morale, fugge dal
dare ai fanciulli a lui affidati questa educazione
animalesca: deve incamminarli subito per 1a via
della santità, i cui estremi sono rinuncia e gene-
rosità. Per comunicare loro tale spirito di sa-
crificio deve rivolgere le sue cure soprattutto a
coltivarne la ragione e la volontà, senza trascu-
rare alcuna delle altre facoltà » (394).
b) MEZZI PER LA FORMAZIONE
DELLA VOLONTÀ.
La citazione è stata lunga, ma era necessaria e,
come ci sembra, suggestiva. Passiamo ora a parla-
re dei mezzi dei quali si serviva· Don Bosco p er
formare e irrobustire la volontà. Lasciò scritto
Mons. Reggio, Vescovo di Ventimiglia, che tro-
vandosi n ell'Oratorio, udì dalle labbra di Don
Bosco questa definizione della sapienza: « Essa
è l'arte ·di ben governare la propria volon-
» (395) . Quest'arte il Santo la possedeva in mo-
do mirabile.
272

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1) Mo'rtijìcare la volontà.
Era p ersuaso che la volontà anzitutto bisogna-
va domarla e fortificarla. Don Barberis un gio r-
no gli presentò il caso di un giovane_ascritto, il
quale, un po' per astio e un po' p er puntiglio, vo-
leva essere dispensato da certi studi letterari.
Nonostante çhe Don Barberis avesse risposto un
no assoluto, il giovane ascritto continuava a in-
sistere. - Si tratta - diceva Don Barberis - cL
un giovane d'ingegno non comune e di carattere
fermo e capace di molta virtù, quando, ·calmato
il bollore dell'indole, si mettesse a far bene. -
Domandava perciò se fosse opportuno, senza mo
strar di cedere, chiudere un occhio e lasciar fare,
cercando di coprire la cosa alla meglio.
- No, - rispose Don Bosco; - procedi pure
con le dolci, non dirgli parole da irritato, dàgli
pure a divedère che non fai gran caso della sua
pertinacia e che l'attribuisci a leggerezza giovani-
le; ma tieni fermo sul punto di volere che faccia
quanto gli hai detto di fare . Su questo non tran-
sigete. - E soggiungeva che cedere era rovinarlo
per l'avvenire (396).
E a che cosa miravano tutte le cure e insisten-
ze di. Don Bosco per avvezzare i giovani a mor-
tificare gli occhi, la gola, la lingua, i sensi inter-
ni ed esterni, se non a rafforzare in essi la volon-
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30.4 Page 294

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tà nella lotti;l contro le passioni e le ribellioni rn-
terne?
2) Vincere il rispetto umano.
Un gran nemico della volontà è il rispetto
umano: esso trascina ad abbandonare l'adempi-
mento della legge e del proprio dovere, sacrifican·-
do tutto a vani timori e·a false considerazioni che,
specialmente pei giovani, diventano purtroppo
giganteschi fantasmi e spauracchi.
1
Il Santo Éducatore non si stancava esorta-
re ed aiutare in mille modi, perchè i suoi giova-
netti sapessero calpestare e vincere il rispetto u-
mano.
In occasione di una solenn~ premiazione a fi-
ne d'anno, li avvertiva che durante le vacanze si
, guardassero dal rispetto umano, soggiungendo:
« Dite francamente con San Paolo: Non erubesco
Evangelium. Io non mi vergogno dell'Evangelo!
Siate uomini e non frasche: Esto viri Fronte alta,
passo franco nel servizio di Dio, in famiglia e
fuori, in chiesa e in piazza. Che cos'è il rispetto
umano? Un mostro di cartapesta, che non morde. ·
Che cosa sono le petulanti parole dei tristi? Bolle
di sàporie che ·svaporano in un istante. Non cu-
riamoci degli avversari e dei loro scherni.
« Il coraggio dei tristi non è fatto che dell'al-
trui paura. Siate coraggiosi e li vedrete abb;ssa-

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re le ali. Siate di buon esempio a tutti e avrete
la stima e le lodi di tutto il paese.
~ Un villanello che abbia fede, c)le baci e ri-
baci nella sua capanna un crocifisso, mi innamora;
ma un professore, un capitano, un magistrato, uno
studente che a] tocco della campana recita colla
famiglia l'Angelus, il De profundis pei suoi morti,
questo, dico, mi si impone e mi entusiasma... Fate
insomma che la gente, vedendovi senza rispetto
umano, fedeli alle leggi eh Dio e della Chiesa,
interrogando chi siate, possa sentirsi rispondere
stupefatta: - Egli è un figlio di Don Bosco! » (39?).
Diceva ai giovani artigiani: « Non lasciatevi
mai vincere dal · rispetto umano. Può darsi che
taluno vi metta in canzone e si beffi di voi, ma
non importa. Verrà il tempo in cui' il ridere e il
burlare dei maligni si cangerà in pianto nell'in-
ferno, e il disprezzo dei buoni si muterà nella ,più
consolante allegria in paradiso. Notate peraltro
che, stando voi fedeli al Signore, ne avverrà che
gli stessi vostri dileggiatori saranno costretti a
pregiare la vostra virtù, di maniera che non ose-
ranno più molestarvi coi loro perversi ragiona-
menti » (398).
Una sera del 1858 Don Bosco diceva ancora
ai giovani: « L'uomo talora non ha paura di ~f-
frontare i] cannone, non teme le armi, non le be-
stie feroci, non il mare burrascoso, non i viaggi
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per foreste immense, per deserti senza confini,
ma poi non si sente il coraggio di vincere un
vile rispetto um-?-no, un vile rossore. Ha paura di
uno scherno, di un sorriso maligno. Eppure si
tratta di obbedire a Dio e alla sua santa Chiesa
in cose gravissime... E, facendo diversamente, ne
va di mezzo l'eterna salute! Non è questa una
pazzia? Perdere l'anima per le vane parole di
' qualche scioccherello, che si riderà ·della vostra
dappocaggine! ». E ricordava la minaccia del Sal-
vatore contro coloro che si vergognano di con-
fessarlo dinanzi agli uomini (399).
3) Frenare l'indole.
Altro mezzo da lui consigliato per acquistare
il dominio della volontà era la lotta contro la pro-
pria indole, se permalosa o comunque infelice.
Personalmente usava grande prudenza nel com-
patìre le suscettibilità giovanili e nel prevenirle
non prendendo mai nessuno di fronte nel par-
lare, comandare, e specialmente nel distribuire
impieghi. Non mancava mai di correggerli aJ
minimo difetto che in essi scoprisse, ma stava in
grande attenzione a non disgustare nessuno. Il
suo avviso non era mai un rimprovero che irri-
tasse, e tutti intendevano come egli ciò facesse per
il loro bene (400).
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Parlava chiaro, esortando i giovani a conser-
varsi sereni e a non invanirsi. « Talora si vede
un giovane - diceva iI Santo - che ha qualche
speciale dono dal Signore, che è riuscito a far
bene il suo lavoro, o ad avere un posto distinto
nella scuola, o un bel voto all'esame, pavoneggiar-
si, ringalluzzirsi tutto per l'onore guadagnato,
credersi perciò qualche cosa di grosso, andare ·a
stuzzicare l'uno e l'altro per farsi ripetere il pro-
prio panegirico, tenere i ptopri compagni come
inferiori a sè, offendersi se non è trattat.o come
crede di meritarsi. Questa è superbia che reca
discapito, perchè ci facciamo ridere alle spalle,
offendiamo l~ suscettibiljtà degli altri, e Dio pre-
sto o tardi ci umilierà».
« Così pure - aggiungeva - vi sono dei gio-
vani che non sanno soffrire una paroletta, e molto
meno una burla, un atto ironico, un motto in-·
giurioso; diventano rossi come la cresta del gallo,
saltano su, rispondono per le rime, menano le
mani, e guai a chi li guarda: E questa è super-
bia che ci fa mancare alla carità, che ci fa dimen-
ticare il precetto del perdono, ci aliena gli animi
dei co~pagni, e ci rende odiosi a tutti, finchè
non troviamo qualcuno più forte di noi1 che ci
rende pan per focaccia. E allora dispiaceri, ma-
lumori, rabbie e brutte figure.
« Dunque - concludeva - se siamo lodati,
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se le nostre cose van bene, ringraziamone il Si-
gnore: ma siamo umili, pensando che tutto viene
da Dio e che Dio può togiierci tutto in un mo-
mento. Se siamo biasimati, osserviamo · se il bia-
simo è ragionevole, e correggiamoci; se non è
ragionevole, pazienza e calma, sopportiamolo p er
amor di Gesù che fu umiliato per noi. Assuefa-
_tevi a saper frenare voi stessi, che è questo il
modo di avère amici e nessun nemico » (401).
4) Soggiogare le passioni.
Don Bosco, ragionando del modò di vincere le
passioni, raccontava che una volta era venuta da
lontano una persona per parlare a Don Cafasso .
e chiedergli come dovesse fàre per vincere fe
proprie passioni. Don Cafasso non disse altro che
una parola sola: « Mortificarle ». Questo bastò
a quell'uomo p erchè andasse via contento. E Don
Bosco soggiungeva: - Io volli poi esaminare in
pratica la forma di questo consiglio, e lo trovai
~empre mezzo esatto ed infallibile per ottenere
lo scopo (402).
« Chi non si mortifica -:- soleva dire - non
è nemmeno capace di far buone preghiere » (403).
Raccomandava · ancora che non si trascurassero
le piccole mortificazioni cagionate dallo stare
composto e modesto, pre_gando, sedendo, studìan-
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do, passeggiando (404). Agli educatori suggeriva
di chiedere frequentemente, agli allievi, piccoli
atti di virtù.
5) Pensare, parlare, ag~re rettamente.
Sempre per educare la volontà dei suoi alunni
Don Bosco voleva si esercitassero a pensare, a
parlare e agire rettamente. « Procura - suggeriva
- di agir sempre con un principio di fede, e non
mai a caso o per fini umani. Dà sempre grande
_ importanza a tutte le cose che fai ». E altra vol-
ta: « Di Dio pensa secondo la- fede, del pro.ssimo
secondo la carità, di te bassamente secondo l'umil-
tà. Di Dio pari~ con venerazion<:, del prossimo
come vorresti che si parlasse a te, di te stesso ·
parla umilmente o taci » (405) .
. Raccomandava di riflettere due volte prima di
parlare, rammentando la sentenza dell'Ecclesia-
stico: « Il cuore degli stolti è nella. loro bocca
(cioè parlano senza pensare) e la bocca dei saggi
è nel cuor loro! (pensano e considerano tutto
quello che debbono di;e) ». E dimostrava quanto
fosse necessaria tale riflessione ad ottenere ciò
che si desidera, per evitare spropositi, per non
tradire segreti, per non crearsi dei nemici, per
non tirare sopra di noi stessi gravi danni, per
non offendere il Signore (406).
279

30.10 Page 300

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Egli era convinto che ordinariamente con la
riflessione si riducono tutti i giovani a riconoscere i
propri errori ed a correggerli. Quindi non stan-
cavasi mai di avvisare e consigliare _con una pa-
zienza veramente eroica (407). E non ometteva
di richiamare alla riflessione certi naturali sba-
dati, sospettosi, di .primo impeto, i quali, se
non sono messi · a freno, prorompono facilmente
in sfuriate, insultano quelli dai quali credono di
aver ricevuto offesa, maligna:qo sulle intenzioni al-
trui, e sono persuasi di avere tutte le ragioni d el
monqo. E intanto si alienano gli amici, diventano
odiosi alla società, sono la favola di tutti.
Quanti se ne incontrano di questi screanzati, i
quali · non cadrebbero in ridicolo se ponessero
attenzione ad essere tardi nel parlare, lascianp.o
sbollire la loro fantasia, anzi dissimulando e ta-
cendo sempre (408).
Parlando agli alunni dava loro, tra le altre,
queste norme: « Siate sempre facili a giudicar be-
ne del prossimo, e, quando non potete altro, giu-
dicate bene delle intenzioni, scusandolo almeno
per queste; non rinfacciate mai i torti _già per-
donati. Fate -del bene a tutti, del male a nessu-
no (409). Imparate da Domenico Savio, da Ma-
gone, da Besucco, a fuggire le mormorazioni. Se
il prossimo ha dei difetti, sappiate compatirlo.
Sopporti~mo ~ vicenda gli uni i difetti degli altri,
2SO

31 Pages 301-310

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31.1 Page 301

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poichè nessuno di noi è perfetto (410). Siate lenti
nel giudicare. Volete voi che il vostro compagno
vi stimi? Pensate sempre bene di tutti; e siate
pronti ad aiutare il vostro prossimo, e sarete
contenti » (411).
Sapeva infondere in essi lo spirito di fortezza
con frasi ed impressioni buttate là a caso, ma in
realtà per risvegliare un sentimento addormentato.
A chi era angustiato da tribolazioni di corpo o
di spirito diceva: « Tutto passa! ». E a chi era
m difficoltà: « Niente ti turbi! » (412).
Incoraggiava sempre, e a chi provava qualche
ostacolo negli studi o nelle occupazioni, infon-
deva coraggio, ricordandogli il proverbio pie-
montese: « Per la via si aggiusta la soma all'asi-
nello» cioè: operando, si supera:po le difficol-
(413).
e) SCRITTI E PAROLE DI DoN Bosco
INTORNO ALLA FORMAZIONE DELLA VOLONTÀ. .
\\
Ma Don Bosco non pensava solo ai giovani
dell'Oratorio: egli avrebbe voluto salvare tutti- i
giovani del mondo. Ecco perchè, pur assillatò da
mille occupazioni e preoccupazioni, non cessava
dal pubblicare libri e opuscoli di carattere edu-
cativo; soprattutto in relazione alla formazione
della volontà.
281

31.2 Page 302

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Nel 1855 scriveva un volumetto dal titolo: La
forza della buona educazione: curioso episodio
contemporaneo. Un giovane converte il , padre
con l'ottima condotta (414). Nel settembre dell'an-
no seguente ne pubblicò un altro, scritto pure per
i giovani, in cui si dipingeva per contrapposto
la sventura di uno di essi, che, sprezzando la
santa educazione ricevuta, si lasciò trascinai-è dal
vizio al delitto, con tutti gli orrori dei rimorsi,
calmati infine da una sincera conversione (415).
Nell'aprile del 1862 pubblicava L'orfano di
Fènelon, ossia Gli effetti di una educazione cri-
stiana (416), e nel 1875 Goffredo: racconto morale
per il popolo. È un racconto commovente, molto
educativo. On giovane contadino ·procura la con-
versione del pa_dre e di due fratelli, che d~ moiti
anni vivevano dimentichi di Dio e della sua
legge (417).
In tal modo egli si adoperava per guidare tutti
al vivere onesto e cristiano, e cioè a vivere Bene.
Scriveva nel Galantuomo del 1871: < Se vuoi vive-
re felice, protetto da Dio, rispettato e amato da-
gli ,uomini, bisogna che te lo meriti . coll'essere di
buon cu0re con tutti, amare i tuoi amici, esse11e
paziente e generoso coi tuoi , i:ieinici, piangere con
chi piange, non aver invidia della felicità al-
trui, far del bene a tutti e del male a nessu-
no» (418)_.
282
/

31.3 Page 303

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A chiusura della terza edizione della Storia
- d'Italia poneva queste parole: < Dobbiamo te-
mer grandemente quello che altri saranno per dire
intor;no alle nostre azioni, e vivere in modo che
gli uomini abbiano argomento .di parlare bene
di noi » (419).
Ecco con quali norme e consigli invogliava
i suoi giovani a viver bene: « Tutti dobbiamo por-
tare I la croce come . Gesù, e la nostra croce sono
le sofferenze che tutti incontriamo nella vita (420).
Al punto di morte si raccoglie quello che abbiamo
seminato nel corso di nostra vita (421) . Tutta la
vita dell'uomo dev'essere I una continua prepara-
zione alla morte (422). I tre nemici dell'uomo so-
no: la morte (che lo sorprende), il tempo (che gli
sfugge), il demonio (che gli tende i suoi lacci).
Beato in questa vita è colui che non ha rimorsi
di coscienza (423). Bisogna operaPe come se non
si dovesse morire mai, e vivere come se si dovesse
morire ogni giorno » (424).
Il pensiero della morte era frequente sulle lab-
bra di Don Bosco. Eccone alcuni altri saggi:
« Colui il quale vuol passar bene il suo ultimo
istante in que.sto mondo bisogna che viva bene.
Un proverbio latino dice così: Qualis vita, fini s
ita. Quale sarà la vita, tale sarà la morte (425) .
La vita è troppo breve. Bisogna fare in fretta
quel poco che si · può, prima che .la morte ci sor-
283

31.4 Page 304

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prenda (426). Se vi piace condurre vita lunga,
bisogna che vi mettiate tostO' in grazia di Dio
e vi manteniate costantemente in essa, perchè iJ
peccato è uno stimolo che ,ci fa venire più pre-
sto la morte addosso » (42?).
·
A Parigi diceva alle educande della Visita-
zione: « Ricordate.vi che vi è un Dio solo, che vi
è un solo paradiso in cielo, che vi è una ·sola vita
sulla terra, e che vi è un'anima sola» (428). A
Magone Michele, che gli domandava insistente-
mente quanto sarebbe ancora vissuto, rispondeva:
<< Datti pace, non affannarti. La nostra vita è
nelle mani del Signore, che è un buon Padre.
Egli sa fino a quando . ce la debba conservare.
D 'altronde il sapere il tempo della morte non è
necessario per andare in Paradiso, ma bensì il
prepararci con opere buone » (429).
4. Formazione alla virtù.
L'Uomo dall'aspetto v~nerando che, nel sogno
di nove anni, aveva insegnato a Giovannino a
conquistare l'animo dei fanciul,li con la mansuetu-
dine e con la carità, gli aveva ordinato: « Mettiti
dunque immediatamente a far loro una istruzione
sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della
virtù ».
Don Bosco spese tutta la sua vita nel mettere
2S-i

31.5 Page 305

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in pratica questo suggerimento per assicurare l'c- I
sito della formazione morale dei suoi giovani.
Anzitutto ingaggiò una lotta implacabile con- .
tro il peccato, vera e propria deformazione mora-
le, che offende Iddio, dà morte all'anima e neutra-
lizza og~i sforzo educativo.
·
Perciò non si lasciava sfuggir occasione alcu-
na per ispirare ai suoi giovani orrore contro il
peccato, descrivendone con sorprendente efficacia
la natura, gli effetti, le cause, le occasioni, i danni
e i castighi: e specialmente suggeriva mezzi e mol-
tiplicava industrie per impedirlo o almeno scon-
giurarne le nefaste conseguenze per le anime e per
l'ambiente stesso ove si faceva opera educativn.
In particolare--diceva ai suoi collaboratori:
« È una grande ventura l'insegnar qualche ve-
.rità della Fede ad un ignorante e l'impedire anche
un sol peccato. \\
· « Bisogna che teniamo lontano il peccato dalla
Casa e che i . nostri giovani si mettano tutti in
grazia di Dio: senza ,,di questo le cose non possono
andar bene.
<( Pregate pure, ma fate del bene più che po-
tete alla gioveJ?,tù; fate il possibile per impedire
anche solo un peccato veniale.
« Impegni, puntigli, spirito di vendetta, amor
proprio, ragioni, pretensioni ed ·anche l'onore, tut--:
to deve sacrificarsi per evitare il peccato.
285

31.6 Page 306

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« Noi qui nella Casa sopportiamo ogni capric-
cio, ogni fanciullaggine, ogni dispiacere, ma non
mai l'offesa di Dio» (430).
A più forte ragione il santo Educatore· invi-
tava a sradicare le eventuali abitudini cattive, che
possono essere causa di dannazione anche per i
giovànf (431). E ne spiegava il perchè: « Quanto è
difficile sradicare un vizio che abbia messo le
radici in gioventiì! » (432).
Un punto della «strenna » pel 1880 era questo:
« Tener lontane le abitudini anche indifferenti in
cose non necessarie » (433). Particolarmente racco-
mandava di evitare gli eccessi nel mangiare e nel
bere, e l'uso del tabacco: « Vedete, - diceva, -
purtroppo di abitudini ne abbiamo già varie, cui
siamo obbligati di soddisfare. Non prendiamocene
altre da noi, non creiamoci necessità- » (434).
Combatteva gli oziosi e i poltroni, spiegando
che « l'ozio è vizio che tira sempre con sè molti
altri vizi » (435) . ·
a) ABITI BUONI E VIRTÙ.
1 Per Don Bosco educare la volontà significava
soprattutto arricchirla di virtù, p~rchè appunto la
stabilità di questi abiti buoni la rende- forte e fe-
conda di bene. Non dobbiamo stupirci perciò se
nelle sue parlate, nei suoi scritti, nei suoi incontri
e conversazioni coi giovani, li esortasse sempre al-
286
I

31.7 Page 307

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I
l'acquisto della virtù e in modo speciale di quelle
più necessarie alla loro formazione umana e cri-
stiana.
« Ciascuno - inculcava - si sforzi di acqui-
stare molti abiti buoni, perchè in questo modo pÒ-
trà molto più facilmente praticare la virtù » (436).
E ne dava la ragione: « Le abitudini formate in
gioventù per lo più durano tutta la vita: se sono
buone, ci conducono alla virtù e ci dànno morale
certezza di salvarci» (43'7).
Nella seconda edizione della Storia d'Italia
scriveva: « La Storia insegna come in ogni tempo
è stata amata la virtù e furono sempre venerati
quelli che l'hanno praticata; al contrario fu sem-
pre biasimato il vizio e furono disprezzati i vi-
ziosi. La qual cosa deve essere a noi di eccita-
mento a fuggire costantemente il vizio e praticare
la virtù » (438).
Per innamorare i giovani della virtù, spesso
la rassomigliava a fiori smaglianti. È celebre il so-
gno del 30 maggio 1865 nel quale vide i giovani
presentare i loro mazzi di fiori ad un Angelo, che
li deponeva sopra un grande altare dedicato a
Maria (439).
.
Rilevava soprattutto l'importanza di darsi alla ·
pratica della virtù fin dalla giovinezza: ( Colui il
quale vuole realmenté divenire grande, - diceva
- ha bisogno di incominciare fin da giovane a
287

31.8 Page 308

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battere coraggiosamente la via della virtù_> (440).
Bonum est r,iro: non che sarà beato, ma che è già
beato in questa terra, cum portar,erit iugum ab
adolescentia sua, chi incomincia a darsi tutto al
Signore fin dalla sua gioventù. Difatti uno che in-
comincia da giovane a far bene, venendo anche
vecchio sarà beato, perchè non ha niente che gli
rimorda la cosciénza. Barà anche povero, ma è
contento perchè ha la pace del cuore. Esso è beato
perchè non teme la morte » (441).
Nel Regolamento per gli Allievi (Capo III,
Della Pietà) lasciò scritto: « Datevi da giovani
alla virtù, perchè aspettare a darsi a Dio in età
avanzata, è porsi in gravissimo pericolo di andare
eternamente perduti».
Parlando di alcuni fra di essi che avevano da
Dio grazie e carismi speciali, Don Bosco commenta-
va: <i: A in.e però è più cara una virtù costante che le
grazie straordinarie, poichè questi segni di predi-
lezione sono molto pericolosi, tanto più quando
fossero frequenti, se uno si lasciasse vincere dalle
tentazioni della superbia» (442).
Incoraggiava i giovani alla virtù con questa
interrogazione: « u;. giovane virtuoso, ma vera-
mente virtuoso, non è vero che è amato da tutti?
che è carissimo ai Superiori, ai suoi genitori, ai
suoi maestri? (443). Scriveva nel 18?6 agli alunni
del Collegio di San Nicolàs nell'Argentina: 4: Con~
288

31.9 Page 309

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tinuate il camminç> della virtù, e voi avrete sempre
la pace del cuore, la benevolenza degli uomini e
la benedizione del Signore » (444).
b) VIRTÙ PARTICOLARI.
Taluno vorrà conoscere quali fossero le virtù
particolarmente raccomandate dal Santo. La :ri-
sposta non è facile, per due motivi: anzitutto per-
chè il grande zelo di Don Bosco avrebbe desiderato
che i suoi alunni brillassero di luce singolare in
tutte le virtù; in secondo luogo perchè egli, pro-
fondo conoscitore dei loro cuori, si preoccupava.
da esperto educatore, di inculcare ai singoli le
virtù delle quali avevano maggior bisogno. .
Se parlava a una massa di giovani, allora dava
norme e proponeva virtù, che servissero per tutti.
Ecco ad esempio i ricordi dati a un gruppo di
giovani torinesi:
« 1° - Ricordatevi, o giovani, che voi siete la
delizia del Signore. Beato quel figlio che da gio-
vane comincia ad osservare la legge del Signore.
2° - · Iddio merita: di essere amato .perchè ci
ha creati, ci ha redenti, e ci ha fatto e ci fa innu-
merevoli benefizi, e tiene preparato un premio a
chi osserva la sua legge.
3° - La carità è quella che distingue i figliuoli
di Dio ,~ai figliuoli del demonio e del mondo.
289
10 (II)

31.10 Page 310

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4° - Colui che dà buoni co.nsigli ai suoi com-
pagni fa grande opera di carità. ·
5° - Obbedite ai vostri Superiori,' secondo il
comando di Dio, ed ogni cosa vi riuscirà bene >
(445).
Ben si può dire che egli non si lasciasse sfug-
gire occasione per inculcar~ nell'animo dei suoi
giovani or questa or quell'altra virtù, secondo
l'opportunità. Però nel Regolamento per gli Al-
lievi (Capo III, Della Pietà) scrive: < Le virtù che
formano il più bell'ornamento di un giovane cri-
stiano sono: la modestia, l'umiltà, l'obbedienza e la
carità>.
Non staremo più qui a insistere sulla sua cura
perchè nei giovani regnasse sovrana la carità, es-
sendoci già trattenuti su questo argomento par-
lando dell'educazione sociale e della formazione
del cuore.
Ci limiteremo pertanto a parlare dell'obbe-
dienza, dell'umiltà e della purezza, a coltivare le
quali nel cuore dei suoi figli, Don Bosco dedicò le
sue più grandi sollecitudini. Daremo una maggiore
estensione ·alrargomen:to della bella virtù, in· rela-
zione all'importanza che egli I sapientemente an-
netteva all'acquisto di questa gemma preziosissi-
rµa, ai fini di un'educazio~e profonda, efficace e
completa.
290

32 Pages 311-320

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32.1 Page 311

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1) L'obbedienza.
Don Bosco inculcava con particolare solleci-
tudine l'obbedienza. < La prima virtù di un gio-
vane - diceva - è l'obbedienza al padre e alla
madre> (446). < Invece di fare opere di · peni-
tenza - insisteva :-- fate quelle dell'obbedien-
za ·:. (447).
Nel 1868 dava ai giovani, per salvarli dalla
perdizione, questi tre mezzì a lui suggeriti in u11
sogno d"'a una guida misteriosa: < Hanno i Supe-
riori, li obbediscano; hanno le Regole, le osser-
vino; hanno i Sacramenti, li frequentino~ (448).
< Il Signore - , affermava in altra circostanza -
stabilisce i Superiori e dà loro le grazie necessa-
rie pel buon governo dei loro sudditi. Omnis pote-
stas a Deo (Da Dio è ogni potere). Non so come
non intendano alcuni essere l'obbedienza tanto ac-
cetta a Dio, e che colui che obbedisce non sbaglia
mai, mentre sempre sbaglia chi non ·obbedisce.
Tenetela profondamente scolpita nella vostra men-
te questa grande verità » (449).
Il 16 maggio 1857 un giovane domandò a Don
Bosco in pubblico ·qual fu la regola o la chiave
che Domenico Savio usò per divenire così buono
e santo. Don Bosco rispose: < La chiave e la ser-
ratura che - usava Savio Domenico per entrare
nella via del Paradiso e chiudere il passaggio al
291

32.2 Page 312

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demonio era l'obbedienza e la gran confidenza
nel Direttore spirituale » (450).
Su di un'immagine scrisse: « Fuggi l'ozio, ama
la virtù ed il làvoro. L'ubbidienza è la chiave di
tutte le altre virtù» (451). < L'obbedienza - di-
ceva ancora'- unisce, moltiplica le forze, e, colla
grazia di Dio, opera portenti> (452).
Insegnava poi anche il modo di obbedire: < Se
qualcuno venisse in particolare comandato di fare
qualche cosa, la faccia con tutto piacere e pron-
tamente» (453).
Parlando della bellezza e dei vantaggi di questa
virtù, osservava: ~ L'obbedienza è il compendio
della perfezione· di tutta la vita spirituale, è la
via meno laboriosa, men pericolosa, e la più si-
cura e la più breve che vi sia, per arricchirsi di
tutte le vi!'tù e per arrivare al Paradiso (454). Do-
ve regna l'umile obbedienza, ivi è il trionfo della
grazia » (455).
2) L'umiltà.
Parlava frequentemente dell'umiltà come d'un
mezzo indispensabile per pregar bene, per saper
ubbidire e per vivere puri. In tutte le sue esorta-
zioni splende sempre la scienza e l'arte di gran-
de Educatore. Diceva agli studenti: « Non vi insu-
perbite mai di ciò che sapete. Qqanto più uno sa,
tanto 'più egli conosce di essere ignorante. Socrate
292

32.3 Page 313

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diceva: Hoc unum scio, me nihil scire (Questo solo
so, che non so nulla). Quindi siate umili: 1° col
persuadervi di non saper nulla; col non ser-
virvi in male della scienza; col sapere ciò che
ci insegna Gesù Crocifisso: perdonare le ingiurie
ricevute, perdonare ai nemici» (456). Inculca que-
sta virtù nel Regolamento degli Allievi (Capo VI,
Contegno nella scuola e nello studio, n. 22): « La
virtù che è in particolar maniera inculcata agli
studenti è l'umiltà. _Uno studente superbo è uno
stupido ignorante. Il · principio della sapienza è
il timor di Dio: lnitium sapientiae timor Domini,
dice lo Spirito Santo. Il principio di ogni peccato
è la superbia: lnitium omnis peccati superbia
scribitur, dice Sant'Agostino ». Li metteva in guar-
dia contro la superbia con . quest'altro avverti-
mento: « Solo il sapere che uno è superbo, questo
basta per conoscere che è anche disonesto. Io lo
so dai libri che ho letto e dalra esperienza di tren-
tacinque anni» (457).
Sottoponeva a particola;i prove di umiltà gli
adulti, laici o sacerdoti, che domandavano di farsi
Salesiani. Per assicurarsi della loro virtù e delh,
loro perseveranza nella risoluzione presa, ad un
professore di filosofia affidava una scuola di pri-
ma elementare; ad un oratore di merito sorve-
glianza dei famigli; ad un signore distinto l'assi-
stenza di un laboratorio; ad altri destinava mi.
293

32.4 Page 314

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posto meno onorevole alla mensa dei Superiori.
Ma soprattutto osservava come si adattassero alla
vita, comune e agli incomodi che da .questa sono
cagionati; e, conoscendo che una occupazione non
andava a genio a qualcuno, un bel giorno lo in-
caricava proprio di questa con un « Mi faccia il
piacere di far la tal cosa, gliene sarò grato» (458).
L'esempio dell'umiltà, se-condo il Santo, doveva
partire dagli stessi educatori.
Scriveva ad un Direttore: < Fare il béne che si
può senza comparire. La violetta sta nascosta, ma
si conosce e si trova all'odore» (459).
Attestò un sacerdote, antico allievo ·dei tempi
eroici dell'Oratorio: « S'informava dei nostri studi,
esortandoci a metterci in grado, con una santa vi-
ta ed una soda scienza teologica, di salvare quan-
te più anime avremmo potuto. Ed aggiungeva:
- Ma, se avremo la scienza senza l'umiltà, no_n sa-
remo giammai figliuoli di Dio, sibbene figli del
padre della superbia, che è il demonio. - E ta-
lora ripeteva a chi era facile nel parlare dei suoi
studi: - Non dir sempre quello che sai, ma fa' di
saper bene quello che dici> {460) ..
Don Bosco insisteva ancora: < Perchè la vo-
stra parol~ abbia prestigio e ottenga l'effetto vo-
luto, bisogna che ciascun Superiore, in ogni cir-
costanza, distrugga il proprio io. I giovani sono
fini osservatori e se si accorgono che in un Supe-
294

32.5 Page 315

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riore c'è gelosia, invidia, superbia, smania di com-
parire e primeggiare egli solo, è perduta ogni in-
fluenza di lui sopra del loro animo. La mancan-
za di umiltà è sempre a danno della unità! E un
Collegio, per l'amor proprio di un Superiore, può
andare in rovina. Ah! sì, :fioriranno sempre item-
pi antichi dell'Oratorio, se si guarderà solamente
a procurare la gloria di Dio; ma, se cercheremo
la nostra gloria, ne verrà malcontento, divisione,
disordine. .I Confratelli facciano un corpo solo
col Superiore; e questi un cuor solo con tutti i
suoi dipendenti, senza aver mire secondarie, che
non servono pel nostro santo scopo» (461).
4: La gloria dell'Oratorio - proclamò una vol-
ta - non deve consistere solamente nella scienza,
ma in modo speciale nella pietà. Uno di medio-
cre ingegno, ma virtuo~ e umile, fa molto mag-
gior bene e più grandi cose ehe · uno scienziato
superbo; non è la scienza che faccia i santi, ma
la virtù » (462).
Infine, ricordava spesso che < la via sicura e
più breve per arrivare. alla perfezione è la via
dell'umiltà e della obbedienza/ (463).
3) La moralità degli educandi.
Si può dire che lo sforzo educativo di Don
Bosco e tutte le sue maggiori cure e preoccupa-
205

32.6 Page 316

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zioni fossero rivolte in modo partirnlarissimo a
promuovere, a curare e a difendere nei suoi gio-
vani la pratica della bella virtù.
Era sua ·abituale espressione che, quando
in un giovane fosse stata messa ben al sicuro
la purezza, si poteva essere tranquilli di lui, del
suo avvenire e della sua eterna salvezza. Il la-
voro intenso e costante compiuto da Don Bosco
a questo scopo, ci dà veramente ,la misura del
suo zelo, del suo amore per le anime. e dell'ef-
ficacia del suo sistema educativo.
Il P. Giovanni Semeria, parlando di Don Bo-
sco, fa questa asserzione: < Il suo metodo educa-
tivo fu la morale più austera n ella forma più
gioconda, il metodo di San Francesco di Sales e
di San Filippo Neri, la gioventù rispettata nei
suoi istinti migliori, corretta risolut'amente ed
energicamente nei suoi istinti p bassi» (464).
Verremo ora esponendo m an .mano i mezzi coi
quali Don Bosco circondava i suoi giovanetti p er
tener a bada il più basso dei loro istinti e p er
difender la purezza dell'anima loro. « Salviamo la
purezza ·dei giovani e salveremo la gioventù »:
è la parola d'ordine ch'egli lasciò in eredità ai
suoi figli, persuaso chè il problema centrale del-
l'educazione giovanile fosse appunto quello di sal-
vare la purezza. Risolto bene questo problema,
è ben ris~lto il problema di tutt~ la vita: al con-
296

32.7 Page 317

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Lrario, risolto male il problema della purezza, re-
stano compromessi tutti gli altri valori, in parti-
colar modo quelli soprannaturali. E così avviene
che, a · causa delle colpe più vergognose, la fede
della maggior parte dei giovani fa naufragio nel-
l'età più bella, éon grave pericolo di perdizione
eterna.
Queste ragioni indussero Don Bosco a non la-
sciare nulla di intentato per mettere al sicuro la
virtù dei suoi giovani, convogliando anzi in que-
sta direzione tutti i mezzi,. umani e divini, natu-
rali e soprannaturali del suo siste:rp.a educativo,
che si chiama preventivo proprio perchè intende
di prevenire, prima di dover correggere, le man-
canze e le colpe giovanili.
Il mezzo dei mezzi, quello che Don Bosco stes-
so propose come sintesi di tutti gli altri, è appun-
to questo: « Studio e sforzi per introdurre e pra-
ticare il sistema preventivo~ (465).
Come si vede, il Santo Fondatore, per la sal-
vag·uardia della moralità, fondeva insieme peda-
gogia e religione.
Trattando di questo argomento coi suoi figli,
egli non faceva distinzione fra l'una e l'altra,
persuaso che ogni più piccola regola o racco-
mandazione, soprattutto in questo campo, rive-
stisse un imm:enso valore, tanto sotto l'aspetto
pedagogico quanto sotto quello morale e religioso.
/
297

32.8 Page 318

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Certo si rimane profondamente colpiti ·dalla
praticità con la quale egli ha saputo presentare
e risolvere una questione così ardua e delicata.
Anzichè attardarsi in considerazioni teoriche di
natura mistica e psicologica sulla essenza dellà
bella virtù, egli è disceso subito al pratico, preoc-
cupandosi dei mezzi, di cui precisamente ha bi-
sogno la gioventù per affrontare e risolvere il
problema centrale della sua età. Egli era pro-
fondamente convinto che il brutto vizio è la
causa della rovina del corpo, della ~ente, del cuo-
re dei giovani, e il flagello più funesto delle fa-
miglie e della società: e perciò, tra i mezzi per
combattere piaga sì purulenta, egli scelse i più
semplici, i più facili e, come l'esperienza insegna,
i più efficaci, tutti ·legati alla pratica del suo si-
stema preventivo.
I. Purezza, Grazia ~ Santità.
Alcuni Santi preferirono teorizzare sopra l'a-
mor di Dio che, quale aspetto positivo della purità,
necessariamente implica il distacco dalle crea-
ture e p.articolarmente dal fango del peccato im-
puro. Ma essi in genere si rivolgevano a persone
::1clulte, già progredite nella virtù.
Don Bosco invece, sapendo che pei ragazzi il
problema si riduce tutto a fuggire la colpa, e
specialmente ~ quella colp~ >, a fine di vivere la
293

32.9 Page 319

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vita della grazia, e trovando le considerazioni teo-
riche non sempre adeguate alle loro menti e quin·
di meno efficaci, rivolse tutta la sua attenzionE
alla ricerca dei mezzi più pratici, ma adatti alla ,,,
poca riflessione giovanile: e volle che i suoi :fig]i
facessero altrettanto.
Riflette questo indirizzo pratico persino la de-
finizione che de1la santa purezza egli diede ai gio-
vani nel 1858: ~ Dicono i teologi che per purità
s'intende un odio, un aborrimento a tutto ciò che
è contro il sesto precetto, siccehè qualunque per-
sona, ciascuna nel suo stato, può conservare la
virtù della purità» (466).' Don Bosco qui mette
in particolare .evidenza l'aspetto negativo della
purezza: l'odio e l'aborrimento al peccato impuro.
Però non sarebbe esatto il dire che Don Bosco
abbia trascurato, nella formazione dei giovani
alla bella virtù, il fattore dell'amor di Dio. Anzi
a lui spetta il merito d'aver come concretizzato
questo aspetto positivo della purezza, presentan-
do alle anime giovanili l'amor di Dio sotto for-
ma di divozione all'Eucaristia e al Sacro Cuore,
che sono rispettivamente il Sacramento e il Sim-
bolo dell'amor di Dio. Ed è così che i giovani, a
contatto con Gesù Sacramentato e col suo Cuore
Sacratissimo, si accendevano del più puro amor
di Dio, e quindi del più profondo odio e aborri-
mento al peccato, secondo quello che dice l'A-
299

32.10 Page 320

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postolo: Qui sunt Jesu Christi carnem suam crtt-·
cifixerunt cum vitiis et concupiscentiis: coloro che
sono di Gesù Cristo hanno crocifisso la loro èarne
con i rispettivi vizi e concupiscenze (467).
A conferma di ciò, porteremo questa testimo-
nianza del biografo: « La ragione di tanta carità
e purità nei giovanetti ce la disse un esimio vec-
chio professore, già alunno nell'Oratorio: - Giu-
dicando adesso le cose che io vidi per dieci e più
anni nell'Oratorio, conchiudo che nessun altro sa-
cerdote, di molti che ne conosco, vidi ardere di
tanto puro amore di Dio come Don Bosco, e che
tanto si sia adoperato perchè tutti Lo amasse-
I'O » (468).
Don Bosco era assillato dalla diuturna preoc-
cupazione di salvare nel cuore dei suoi giovani la
grazia di Dio; e poichè era· convinto che questa
è continuamente e particolarmente minacciata dal
brutto peccato - qu.asi l'unico peccato che egli
temesse per la gioventù - corse subito ai ripari
pe~ combatterlo, sicuro che, col trionfo su .di esso,
sarebbe trionfata la grazia di Dio nelle loro ani-
me: Egli non visse che per questo, e per questo
volle che anche i suoi figli spendessero la loro
vita. La sua e nostra missione è questa: lavorare
per tener lontano dai giovani il peccato, e spe-
cialmente « quel peccato», per coltivare in essi
la grazia di Dio.
300

33 Pages 321-330

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33.1 Page 321

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Sì, Don Bosco fece del problema della pu-
rezza una questione di grazia: di modo che la
purezza dev'essere, nel suo pensiero, ordinata alla
grazia. Secondo. il santo Fondatore, giovane puro
equivale a giovane in grazia di Dio: educazione
quindi alla purezza non tanto per la virtù della
purezza, quanto per la grazia di Dio. Aggiun-
giamo anzi, in ultima analisi: educazione alla
purezza per la santità.
Infatti - -e non è un mistero per nessuno - sono
tali e tanti i pericoli contro la bella virtù che
in tutti i tempi, ma specialmente al giorno d'og-
gi, il giovane incontra nel mondo, e perfino in ca-
sa propria, da autorizzarci a dire ·che egli per con-
servarsi puro deve raggiungere anche l'eroismo.
'A questo proposito noi ricordiamo che il gran-
de Pontefice Pio XI, nel suo discorso dopo la let-
tura dei Decreti per la proclamazione del marti-
rio di Cosma da Carboniano, gloria dell'Arme-
nia, e per il Tuto riguardo alla beatificazione di
Don Bosco, partendo dal concetto che « le cele-
brazioni dei Màrtiri sono esortazioni ai martìri ))
diceva, riferendosi appunto alla purezza: « Ci so-
no infatti le anime, le vite cristiane che, infiam-
mate dagli esempi del martirio, volontariamente
si consacrano al prezioso martirio incruento, ne-
cessario per custodire inviolata la castità... Quan-
ti veri martìri u~rontati per custodire la purezz_a
301

33.2 Page 322

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e la dignità delle famiglie! Quante lotte talvolta
veramente sanguinose, di quel sangue morale che
sono le privazioni e le ·lacrime, per non acqui-
stare, a· prezzo di onestà, dei vantaggi troppo cari!
Quanti martìri incruenti per mantenersi puri, il-
libati, degni del nome di uomini e di cristiani in
mezzo a così profonda depravazione! » (469).
Ora questo esercizio eroico della purezza sup-
pone l'esercizio eroico della carità . verso Dio: per
amor di Dio infatti jl cristiano si distacca in
modo perfetto dalle creature e aderisce completa-
mente alla Divina Volontà.
Udiamo, per convincercene, la categorica af-
fermazione fatta e ripetuta da San Paolo nella
prima lettera ai Cristia~i di Tessalonica: Peroc-
chè questa è la volontà di Dio, la vostra santifica-
zione, la quale consiste nell'astenersi da ogni im-
purità... Dio infatti non ci ha chiamati all'immon-
dezza, ma alla santità (470);
Il Padre Dionisio Buzy, commentando quest'u lti-
me parole, illustra le tre ·ragioni presentate da San
Paolo per al1ontanare i fedeli dall'impurità. Nel
trattare della seconda ragione, scrive: « Ci cre-
diamo nello stretto dovere di affermare che la gra-
zia della vocazione (s'intende al cristianesimo, e
perciò assai più per chi è chiamato alla vita re-
ligiosa) implica e postula il trionfo della purità.
Dall'esame di questo versetto (il , 0) e del 3°, -
302

33.3 Page 323

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con.chiude il dotto Padre - risulta che la purez-
za è l'elemento caratteristico della santità» .(471).
Già San Tommaso aveva dichiarato aperta-
mente nella Sqmma Teologica che la santità im-
porta mondezza e purezza: ebbe ragione pertanto
Don Bosco di ripetere spesso che « un giovane pu-
ro è un giovane santo » (-4/72).
1,
Ed è questo l'aspetto profondo, la finalità spe-
cifica del ·sistema preventivo. Ciò non sempre vie-
ne inteso nel mondo. Ecco perchè a volte si vuol
presentare questo sistema educativo sotto un
aspetto puramente naturale, puramente disciplina-
. re, puramente umano. Ciò significa svuotarlo de1
vero suo contenuto, che consiste nel tener lontano
· dai giovani il peccato per farli vivere nella gra ·
zia di Dio: per farli vivere, cioè, castamente,
cristianamente, santamente.
II. Preziosità della virtù angelica.
Don Bosco sapeva mirabilmente entusiasmare
i giovani per la bellezza della- santa purità e del-
la cÒnservata innocenza (473).
Pel Santo l'innocenza è < lo statò fortunato
della grazia santificante conservato mercè la co-
stante ed esatta osservanza della divina legge: e
la conservata purità dell'innocenza è fonte ed ori-
gine di ogni scienza e di ogni virtù » (474).
303

33.4 Page 324

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Agli innocenti il santo Fondatore rivolge le
più fervide ~ trepide parole, come quando, la se-
ra della festa della Santissima Trinità del 186?,
dopo aver raccontato un sogno in cui aveva visto
alcuni suoi giovanetti innocenti vagamente inco-
ronati, esclamava: « Figliuoli miei, ·siete voi tutti
innocenti? Forse ve ne saranno tra voi · alcuni e
ad essi rivolgo le mie parole. Per carità, non per-
dete un pregio di valore inestimabile! È una ric-
chezza che vale quanto vale il Paradiso, quanto
vale Iddio! Se aveste potuto . vedere come erano
belli questi giovanetti coi loro fiori! L'insieme di
questo spettacolo era tale che io avrei dato qua-
lunque cosa del mondo per godere ancora di quel-
la vista, anzi, se fossi pittore, l'avrei per una gra-
zia grande poter dipingere in qualche modo ciò
che vidi. Se voi conosceste la bellezza di un in-
nocente, vi assoggettereste a qualunque ·più pe-
noso stento, perfino anco alla morte, per conserva-
re il tesoro dell'innocenza ì) (4?5).
Ma anche coloro che erano ritornati in grazia
di Dio gli recavano grande sodisfazione. E tutti
il buon Padre animava dicendo: « I puri di cuore
vedranno la gloria di Dio. E per puri di cuore
s'intendono coloro che non ebber9 la disgrazia _di
cadere nel brutto peccato o, se caddero, si rial-
zarono subito ~ (4?6).
·
Riportiamo qui ancora qualche saggio della
304

33.5 Page 325

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maniera affascinante con la quale Don Bosco sa-
peva innamorare i giovani della s;mta purità.
Scrive nel Giovane Provveduto: « Ogni virtù
nei giovanetti è un prezioso ornamento, che li
rende cari a Dio ed agli uomini. Ma la virtù re-
gina, la virtù angelica, la santa purità è un te-
soro di tal pregio, che i giovanetti i quali la
possiedono, diventano simili agli Angeli di Dio
nel Cielo, sebbene siano àncora mortali sopra la
terra: E-runt sicut Angeli Dei in coelo, sono pa-
role del Salvatore. Questa virtù è come il centro
intorno a cui si raccolgono e si conservano tutti
i beni, e se per disgrazia si perde, tutte le altre
virtù sono perdute. Venérunt autem mihi omnia
bona pariler cum illa, dice il Signore.
« Oh, quanto io mi stimerei felice, se potessi ·
insinuare nei vostri teneri cuori l'amore a questa
angelica virtù! » (47?).
Nella celebre predica da lui fatta nella terza
domenica di ottobre del 1858, dopo aver parlato .
. della protezione con cui Dio circonda gli inno,.
centi in questa vita, usciva in questi accenti sulle
predilezioni di Gesù per coloro che avevano ser-
bato intatta la loro innocenza: « Qual credete
voi che fosse il motivo, pél quale Gesù Cristo
amava tanto di stare e di conversare coi fan-
ciulli, di accarezzarli, se non perchè questi non
avevano ancor perduta la bella virtù della pu-
305

33.6 Page 326

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rità? Gli Apostoli volevano cacciarli, avendo le
orecchie intronate dai loro schiamazzi, ma il Di-
vin Salvatore riprendendoli, comandò che li la-
sciassero I venire a Lui: Sinite parvulos venire ad
me; talium est enim regnum caelorum: lasciate
che i fanciulli vengano a m~; di tali infatti è il
regno dei cieli; soggiungendo che essi (gli Apo-
stoli) non sarebbero entrati nel regno dei cieli, se
non fossero divenuti semplici, puri e casti come
quei fanciulletti. Il Divin Salvatore risuscitò un
fanciullo ed una fanciulla; ma perchè? Perchè, in-
ferpretano i Santi Padri, non avevano perduto la
purità. Perchè Gesù' Cri'sto dimostrò tanta predi-
lezione per San Giovanni? Quando ascende al
monte 'Jabor per trasfigurarsi conduce per testi-
monio San Giovanni. Nell'ultima cena lascia che
Giovanni declini il suo capo sovra il Suo petto,
lo vuole compagno nell'orto del Getsemani, lo
vuole testimonio sul monte Calvario. Confitto in
Croce si rivolge a Giovanni e dice: - Figlio, ecco
qui tua Madre. - Poi: - Donna, ecco qui tuo fi-
glio. - A Giovanni -venne affidata da Gesù Sua
Madre, la più grande creatura che sia mai uscita
dalle mani di Dio, e simile alla quale nessuna giam-
mai uscirà! Ma perchè tanta preferenza? Perchè, o
cari giovani, San Giovanni aveva un titolo spe-
ciale all'affetto di Gesù per la sua verginale pu-
rità. E questo amore di predilezione di Gesù
306

33.7 Page 327

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verso di lui era tale da destare gelosia negli altri
Apostoli, sicchè già credevano che Giovanni non
avesse a morire, avendo Gesù detto a Pietro:
- E se volessi che costui vivesse, -/inchè io venga.,
a t-e che fmporta? - San Giovanni infatti fu co-
lui che sopravvisse di mqlti anni a tutti gli altri
Apostoli,- e a lui Gesù Cristo fece vedere la gloria
che godono in cielo coloro i quali hanno in questo
mondo conservata la bella virtù della puri-
tà» {478).
Come ognuno può costatare, Don Bosco eru
maestro inarrivabile nella descrizione dei pregi
della bella virtù. Attestò il Cardinal Cagliero:
« Egli preferiva trattenerci sulla virtù della casti-
tà, dicendola fiore bellissimo di paradiso, e degno
di essere coltivato nei nostri giovani cuori, e' gi-
glio purissimo che col suo candore immacolato ci
avrebbe fatti somiglianti agli angeli del cielo. Con
queste ed altre belle immagini, Don Bosco ci in- -
namorava di questa cara virtù, intanto che il suo
volto raggiava di santa gioia, la sua voce argenti-
na usciva calda e persuasiva, ed i suoi .occhi inu-
midivansi di lacrime, per timore che ne appau-
nassimo la bellezza e preziosità anche solo con
cattivi pensieri o brutti discorsi » (479).
Avrebbe voluto che tutti i giovani del Pic-
colo Clero fossero come altrettanti gigli attorno
al Cuore di G esù Sacramentato: e spiegava che
307

33.8 Page 328

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il giglio è bianco, e quindi purità; che il giglio
olezza, e quindi buon esempio; che il giglio deve
· custodirsi bene, altrimenti avvizzisce subito, e
quindi mortificazione (480).
Don Bosco praticava egregiamente un elemen-
tare principio della psicologia umana, la quale
vuol conoscere prima gli aspetti utili ed attraen-
ti d'una legge pesante, d'una virtù difficile, af-
fine di trovarvi una spinta e un aiuto alla sua
debolezza per osservarla. Di questo principio bi-
sogna giovarsi non solo nel campo delle conqui-
ste materiali, ove i beni sensibili hanno un mag-
gior mordente, ma anche e soprattutto in quello
spirituale ove i beni sovrasensibili sono oggetto
di fede. Don Bosco con descrizioni e rappresen-
tazioni sensibili rendeva anche -questi beni som-
mamente cari: con ciò dimostrava di tener contb
di tutto l'uomo, il quale è materia e spirito, ragio-
ne e sentimento.
A questo deve aggiungersi la forza della gra-
zia e della sua santità personale: ciò spiega l'ef- _
fetto _mirabile che le sue parole producevano in
quelli che l'udivano: 4: Solamente chi è puro e ca-
sto come gli angeli - andavano esclamando -
saprebbe parlare della purità in tal modo> (4'31 ).
Scrive Don Bonetti: « Più volte dal pulpito l'ho
udito parlare di questo argomento, ma sempre
una volta più dell'altra, lo confesso, sperimentai
308

33.9 Page 329

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I
la forza delle sue parole, e sentivami spinto ad
ogni sacrifioio, per amore di così inestimabile te-
soro. Questo non sono io solo a dirlo, ma ho i1
testimonio di quanti con me l'udivano.
« Usciti di Chiesa molti venivano meravigliati
ad esclamare con me e con altri: - Oh! che belle
cose disse mai stamane Don Bosco! io passerei
il giorno e la notte ad ascoltarlo! Oh! quanto
bramerei che lddio mi concedesse il dono di poter
io pure, quando sarò sacerdote, innamorare in
tal modo il cuore d~lla gioventù e di tutti per
questa sì bella virtù » (482).
E Don Bosco scriveva col medesimo incanto e
con la medesima delicatezza con cui parlava. Nel
1856 fece litografare, su doppio foglio, i quindici
misteri del Ros ario. Si trovava presente il Teologo
Golzio, quando il Santo correggeva l'esposizione
di questi misteri. Al terzo gaudioso, giunto alle
parole « Si contempla come la Vergine SS.... » si
volse al Teologo e lo interrogò: - Diede alla lu-
ce? - Può andare, - di.sse il Teologo. Ma Don
Bosco pensò e poi soggiunse: - · Nacque da Ma-
ria Vergine? - E, dopo aver ripensato, disse a
· un chierico che era in sua compagnia: - Nota:
« Si contempla come il nostro Redentore nacque
nella città di Betlemme » (483). .
309

33.10 Page 330

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Hl. Bruttezza del peccato
contrario ulla purezza.
Don Bosco trattava quest'argomento con ter-
mm1 riservati e prudenti. Evitava di pronun-
ciare i nomi di tale peccato; alle tentazioni non
dava altro epìteto che quello di cattive; una ca-
duta appellava disgrazia. Per contrario lo stesso
vocabolo castità non gli sembrava abbastanza
sodisfacente. Vi sostituiva quello di purità che
presentava un senso più esteso e secondo lui me-
no risentito dalla fantasia (484). Per molti anni
non osò trattare della bruttezza del vizio op-
posto, tanto gli era in aborrimento: e, solo in ul-
timo, vedendo essere cresciuta continuamente la
malizia nei giovani, i quali fin da· bambini erano
stati vittime o spettatori di cose nefande, per clue
o tre volte si indusse a svelare le spaventose con-
seguenze di tale colpa (485). Però anche in tali
casi egli parlava piuttosto della bruttezza del pec-
cato in genere, e non ne trattava mai senza par-
lare nel contempo della preziosità della bella vir-
tù, affinchè nel contrasto lo scosso animo del gio-
vane concepisse un maggior orrore al vizio op-
posto. Non scendeva mai a particolari che p·o-
tessero offuscare anche solo lontanamente il can-
dore del giglio, ma ricorreva ad immagini, alle-
gorie e rappresentazioni simboliche. Così para-
310

34 Pages 331-340

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34.1 Page 331

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,gonava Io stato dei disonesti allo stato degli ani-
mali immondi, di un agnello piagato, di un faz-
zoletto stracciato; a una refezione di quaglie schi-
fose, di pane ammuffito, di carne serpentina.
Tanta riservatezza nel parlare ai questo a1·go-
mento Don Bosco la inculcava anche ai suoi figli.
< Perchè non entri il demonio, - diceva lo-
ro,-,- chiudete la porta: questa è la bocca, perchè
è colla lingua che si fanno i riprovevoli discorsi.
Non dirò di quelli che offendono direttamente 1a
bella virtù, ma sibbene di certi parlari che sem-
brano indifferenti; di certi racconti, favole, sto-
-rielle non cattive in sè, ma per certe circostanze:
di motti non troppo ·castigati: questi bastano cer-
te volte a destar cattivi pensieri nei giovani, che
furono già vittime di certe miserie; ovvero in-
ducono altri a interpretarle, cagionando disistima
verso chi ha parlato. E i buoni in tali casi, poten-
dolo, si allontanano. Quindi non parlar più del ne-
cessario e sempre di cose utili all'anima> (486).
Udendo qualcuno parlare con qualche frase
imprudente, egli diceva: « Queste sono di quelle
cose che l'Apostolo San Paolo- non vuole si ac-
cennino fra i cristiani ». E soggiungeva: «: Perchè
non potete encomiare la virtù angelica, invece di
bruttarvi la bocca con queste parole?>. Dichia-
rava un giorno al giovane Tomatis Carlo: « Ricòr-
dati che le sinistre impressioµi ricevute in te-
311

34.2 Page 332

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nera età per un parlare imprudente, portano so-
vente lagrimevoli conseguenze p er la fede e pel
buon costume» (48?).
Radunàti un giorno i confessori della C asa,
anche a loro « raccomandò molta cautela nell'in -
terrogare i ragazzi sulle cose lubriche, ' per non
insegnar loro quello che non sanno » (488).
Stando così le cose, non si vede come possa
conciliarsi con queste . direttive del nostro santo
Fondatore l'assai «,diffuso errore di coloro, che
-con pericolosa pretensione e con brutta parola
- e ci esprimiamo con l'ispirato linguaggio del-
l'immortale Pontefice Pio XI - promuovono una·
cosiddetta educazione sessuale, falsamente stiman-
do di poter premu~ire i giovani contro i peri-
coli del senso, con mezzi puramente naturali, qua-
le una temeraria iniziazione ed istruzione pre-
ventiva per tutti ·indistintamente; e anche pub-
blicament~, e, p eggio ancora, con ésporli p er
tempo alle occasioni, per assuefarli, come essi di-
cono, e quasi ·indurirne l'animo contro quei pe-
ricoli » (489).
Don Bosco non avrebbe esitato a far SffO il
pensiero e le direttive del grande Pontefice. D'al-
tronde noi abbiamo già chiaramente esposto il
suo atteggiamento di fronte a tale problem a (490).
Ma poichè il male, anzichè arrestarsi, va m ag-
giormente estendendosi col dilagare del materia-
3
,. ')
1...,

34.3 Page 333

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lismo ateo, il quale purt~oppo ai nostri giorni a<l-
dirittura inscena l'immoralità organizzata, urge,
sulle orme di Don Bosco, ricorrere a tutti i mezzi
che sono a nostra disposizione per arginare l'on-
da pestifera di questo naturalismo terribilmente
pericoloso, che, ricusando di riconoscere la nativa
fragilità della natura umana e l'esperienza stessa
dei fatti; espone la gioventù a essere travolta nel
fango.
IV. Mezzi per coltivare
la moralità, fra i giovani.
A - L'assistenza.
Il primo rnezzo che quasi si identifica col si-
stema preventivo è quello dell'assistenza, perchè
a sistere significa precisamente vigilare in guisa
da mettere i giovani nella morale impossibilità
di commettere mancamenti, specialmente contro
la bella virtù. Per questo la vigilanza deve dir-
si ufficio più angelico che umano, servendo allo
scopo di. tener lontani i peccati più dannosi alla
salute dell'anima e anche del corpo.
Si è già parlato dell'assistenza in generale,
ma non si può non ricordare l'insistenza con cui
Don Bosco raccomandavn agli assistenti la con-
tinua vigilanza, per allontanare dalle ·mani -e
dagli occhi dei giovani qualunque cosa potesse
313

34.4 Page 334

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far nascere in loro qualche mala curiosità o inse-
gnare qualche malizia (491). E insisteva: e: L'assi-
stenza sia solidale; nessuno se ne creda dispensato,
quando si tratta d'ipipedire l'offesa di Dio» (492).
e: Fate sacrifizi, ove occorra, per assistere e vi:-
gilare »· (493). Poichè « seme di- buon qostume fra
gli allievi sono la precisione dell'orario e la pun-
tualità di ciascuno al proprio ufficio» (494), a
tutti i Superiori, insegnanti, assistenti e maestri
d'arte, ricordava l'obbligo di prevenire i disor-
dini e mantenere ferma l'osservanza del regola:.
mento, salvaguardia della moralità (495).
A riguardo di alcuni gravi inconvenienti che
erano successi all'Oratorio, Don Bosco ~ottolinea-
va la responsabilità dei colpevoli dicendo nella
buona -notte del 13 febbraio 1865: « Lasciate che
io mi sfoghi, che sfoghi il mio cuore con yoi, chè
per voi non ho mai segreti. Io ho bisogno di sfo-
garmi: se molta colpa vi è in chi obbedisce, non
ne manca in chi comanda~ Se ciascuno facesse il
proprio dovere nell'ufficio che gli venne asse-
gnato, certi disordini non avverrebbero. Chiun-
que ha qualche autorità nella casa procuri di
servirsene per la salute delle anime» (496).
Il principale impegno di Don Bosco consiste-
va dunque nel togliere i giovani dai pericoli; per
questo motivo andava straordinariamente guar-
dingo nello stabilire gli assistenti ed i maestri;
314
(

34.5 Page 335

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e voleva cortili ampi, e che tutti i giovani potes-
sero essere sotto gli occhi degli assistenti (49?).
Diceva ai suoi collaboratori: ( Tollerate tutto:
vivacità, sbadataggine, ma non l'offesa di Dio e
in modo particolare il vizio contrario alla purità.
Star bene in guardia su questo e mettere tutta
l'attenzione sui giovani che ci hanno affidati. Piut-
tosto che si commettano peccati contro la pu-
rezza è meglio chiudere la casa~ (498). ,
< L'esperienza ci mostra che un segno dell'im-
moralità è il fuggire i Superiori » (499).
Voleva si facesse oggetto di comune sollecitu-
dine lo scoprire allievi pericolosi e, una volta sco-
perti, lo svelarli al Direttore (500).
<i: Qualunque cosa si venga a scoprire, si dica
al Direttore. Non vi è segreto che tenga, eccetto
quello della confessione, perchè il Direttore, co-
me padre di famiglia, ha diritto di sapere tutto
ciò che riguarda i suoi figliuoli per poter adem-
piere il suo ufficio. Tacere ciò che può recare
•danno alla comunità è rendersi complice e re-
sponsabile. Il Direttore saprà usare prudenza e
non compromettere alcuno. Non si abbia mai ti-
more di o:ffendere o di dar disgusto palesando cer-
te cose. Alcune .volte si tace per mesi e intanto
si mormora perchè il Direttore non provvede.
Nemmeno si temano ·rigorose misure per colui
del quale si fa rapporto. La nostra mira sia sem-
315

34.6 Page 336

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/
pre la gloria di Dio e la salute delle a:µime! Si
manifestino al Direttore anche i sospetti. Il _Su-
. periore ·può liberamente sospettare, non del pec-
cato, ma delle inclinazioni del giovane. Quindi
è carità sos_pettare. Il Direttore domandi sovente
informazioni ai maestri, assistenti e capi-camera-
ta, a chi accompagna a passeggio, a chi assiste i1,1
chiesa, çlella condotta dei singoli giovani; (501).
Diceva a Don . Viglietti: « Qui sta la scienza
del Direttore e degli altri Superiori, nel saper
togliere di mezzo ai giovani tali erbe velenose
(libri cattivi e cattivi discorsi). E non è cosa tan-
to racile antivenire, scoprire, tagliare. È un lavo-
' . ro da sega e non da falce, perchè s'incontrano
dei grossi sterpi e dei tronchi disseccati. L'u-
nione fra i Superiori e le correzioni fatte in tem-
po, se non riusciran_no ad impedire tutto il male,
tuttavia faranno ' sì che la strada non s'ingom-
bri di sterpi » (502).
L'assistenza e la vigilanza le esigeva special-
mente sui libri (503).· Allontanate dai nostri "
allievi - diceva - ogni libro proibito, anche qnan-
do fosse prescritto per le scuole, nè si pongano
in vendita. Qualora ve ne sia necessità, si farà
un'eccezione, ma soltanto per coloro che doves-
sero presentarsi ai pubblici esami. Si leggano e
si diano a leggere preferibilmente le vite dei no-
stri allievi~ (504). In particolare le vite dei santi
316

34.7 Page 337

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giovanetti, beato Domenico Savio, Besucco Fran-
cesco e Michele Magone, soffuse- di un profumo
celestiale di fragrante purezza, dovevano eserci-
tare Un fascino irresistibile sopra quegli allievi
che venivano ·educati nello stesso ambiente e d.a
quel medesimo artefice di giovinezze liliali, che
era Don Bosco.
\\
B - L'occupazione continua.
La · fantasia del ragazzo, così mobile · e vivace,
se non è tenuta a freno Òd impegnata in altro,
è un'arma potente nelle -mani del demonio per far
strage della sua innocenza. Per questo Don Bo-
sco diceva ai suoi: « I ragazzi bisogna tenerli con-
tinuamente occupati.· Oltre la scuola , o il mestie-
re, è necessario impegnarli a prender parte alla
musica o al piccolo clero. La loro mente così sarà
in continuo lavoro. -Se non li occupiamo noi stessi,
si occuperanno da sè~ e certamente in idee e cose
non buone» (505). Raccomandava spesso la ·fug~
dell'ozio e l'amore al lavoro {506). Rip_~teva ai
suoi giovani le parole di San Filippo Neri:
« Ozio e castità non possono andare insieme».
E spiegava: « L'ozio è -il vizio che tira con sè
molti altri.. vizi. ozioso chi non lavora, chi pen-
sa a cose nÒn necessarie, chi dorme senza biso-
gno. Quanq.o si v~de un compagno ozioso, si ·ha
da temere subito per lui: la sua virtù non è
, "'
317

34.8 Page 338

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al sicuro... Non lavorate voi? Lavora il demonio!
Il nemico delle anime gira sempre attorno ten-
tando di farci del danno, e, se vede qualcuno
disoccupato, approfitta subito di quella occasio-
ne propizia per mandare ad effetto i suoi disegni.
La vostra mente è lr,ferma che non pensa a nul-
la? Ebbene, il demonio suscita subito immagina-
zigni di cose vedute, udite, lette, incontrate. Si
continua a stare neghittosi? Queste immagina-
zioni fanno presa nella mente, lavorano, lavorano: ·
e non ci si resiste, e la tentazione resta vinci-
trice. Il pericolg è poi .maggiore quando uno
riposa pm del bisogno, e specialmente ancora
quando ha il ticchio di riposare lungo il gior-
no » (507).
,
Perchè gli allievi fossero sempre occupati nel-
lo studio, .voleva che nella scuola si assegnas-
sero loro il lavoro e le lezioni (508). Nello stesso
tempo consigliava di « non prolungare troppo il
.tempo dello studio per i piccoli o per coloro che
sono poco occupati> (509).
Insisteva anche riguardo al cortile: «Non .per-
mettete mai che i giovani stiano oziosi in tempo
di ricreaziqne » (510) . « Cercate di animare molto
la ricreazione con quei ·giochi che ai giovani tor-
nano più graditi» (511), sbandendo < quegli altri
che portano a tratti di mano, baci, carezze » e ·
simili (512). Perciò esortava gli assistenti a < tro-
318

34.9 Page 339

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varsi in ricreazione e in questa impiegare il
tempo stabilito». E proseguiva: « Ma mi direte
voi: ..- Cos'ha da fare la ricreazione con la virtù
della castità? - Ed io vi dirò esser ella un mez-
zo efficacissimo onde conservarla. Voi necess~ria-
mente .assistete i giovani o dovrete assisterli. Cer-
te volte vi verrà dato di vedere un giovane che
sta bene di corpo ma è pensieroso. Parla. con
nessuno e, quando è interrogato, dice parole in-
garbugliate, delle quali nessuno capisce il senso.
Coloro che sono istruiti, ed hanno la grazia di
conoscere il cuore umano, . di penetrarne le più
intime latebre, conoscono che, in quella mente,
si aggirano pensieri non verecondi; conoscono
che, se quel giovane non è ben tenuto d'occhio,
è capace di andarsi a ficcare in qualche bugigat-
tolo per ivi leggere libri osceni: conoscono che la
castità in lui corre sommo pericolo. Da che cosa
procede questo? Tutto dall'ozio della ricreazione.
Col fermarsi lì, solo, la sua mente cominciò a
fabbricare certi ·castelli, cui ,prima poco o nulla
pensava; pensandoci sopra ne venne il compia-
cimento, quindi il diletto, e dal diletto ~Il'opera
è bre-ye il passo» (513).
·Ripeteva sovente che si somministrassero conti-
nuamente, sempre e dovunque, buoni pensieri,
che, nel momento del pericolo, reagissero contro le
maligne insinuazioni. Giudicava mezzo assai va-
319 ,

34.10 Page 340

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lido per preservare i giovani dal male, il tener
sempre occupata, con nuove e singolari idee, la
loro mente e la loro fantasia. E perciò in ricrea-
zione, oltre ad intrattenerli in mille cose inte-
ressanti, proponeva loro problemi ed interroga-
zioni di svariata natura, lasciandone ad essi la
soluzione e promettendo premi. Così molte volte
.accadeva che, dopo le prediche, proponesse qual-
che questione. che dovevano essi · stessi cercare di
sciogliere lungo la settimana (514).
Sempre per timore che i giovani potessero
trovare pericolo per la moralità, voleva che le va- ·
canze di fine . d'anno scolastico fossero abbre-
viate il più possibile, e che, prima di esse, gli
allievi fossero premuniti contro i pericoli che
avrebbero potuto incontrare. Favoriva pure par-
ticolarm nte la permanenza degli studenti e de-
gli artigiani negli i.stituti durante le vacanze stes-
se (Regolam., 125-6).
·
« Le vacanze non· fanno del bene ai giovani »
ripeteva spesso (515). Giungeva persino a chia-
marle « la vendemmia del diavolo» (516). E, non
potendo limitarle del tutto e a tutti, cercava di
pre;,.enirne i perniciosi effetti, col dire ai suoi
alunni: « Fate belle vacanze, ma non state mai
inoperosi. Se non lavorate voi, lavora il demonio.
Di giorno lavorate, divertitevi, conversate, giocate.
Non si stia mai senza fare qualche cosa » (51 ?)
·. 320

35 Pages 341-350

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35.1 Page 341

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Per lo stesso motivo non voleva che si per-
mettessero le vacanze in famiglia per Natale,
Carnevale, Pasqua: e neppure che si concedesse
l'uscita per la città e nelle- trattorie in occasione
di visite da parte dei parenti (Regolam., 123),
provvedendo piuttosto nella casa un luogo dove
potessero trattenersi a mangiare assieme genitori
ed allievi.
C - La mortificazione
del cuore e dei sensi.
Questo mezzo fondamentale Don Bosco suggc- '
riva direttamente ai giovani, quando diceva: « Cu-
stodite il vostro cuore e i vostri sensi » (518).
La mortificazione del cuore comprende la fuga
delle amicizie sensibili e dei cattivi compagnì. An-
~itutto la fuga delle amicizie particolari. Con
l'assistenza Don Bosco mirava a togliere i gio-
vani dalle occasioni pericolose. Perciò era rigoroso
nel volere che si impedissero, sia pure. con pru-
denza, le amicizie particolari sensibili, per lo più
fonte di disordini morali.e disciplinari, per quanto
sulle prime non presentino pericoli di sorta (519).
« Giovani che per gli anni addietro - escla-
l!lava un giorno - davano moltissime speranze di
buona riuscita, ora o non sono più all'Oratorio o,
se ci sono ancora, menano una vita ben differen-
te dalla primiera. Avvisati di troncare, di rom-
11 (Il)
321

35.2 Page 342

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pere certe amicizie particolari, non sapevano dar-
si ragione di simile avviso; essi credevano in
ciò esservi nulla di male; ma intanto venivano
sempre pi~ freddi verso gli altri compagni, ver-
so i Superiori e verso Dio stesso » (520).
« Guai, - diceva un'altra volta, - guai se si
concedesse ai giovani quello che sovente doman-
dano colle parole e anche coi fatti. Quante volte
berrebbero il veleno! E ciò sia detto specialmen-
te per ciò che riguarda la modestia. Vorrebbt ro
andare con certi compagni, desidererebbero con-
tinuare certe amicizie, e i Superiori non vo-
gliono. Infatti, vi è alcuno che ha un po' di ma-
lizia e la lascia intravvedere agli altri; ~d ecco:
gli innocenti, subito curiosi, chiedono con istan-
z.a . spiegazioni, e purtroppo le intravvedono a
loro danno, e sono anche date da quei disgraziati
che fanno le parti del demonio: e intanto gli in-
cauti bevono il veleno» (521).
Riguardo. poi alla fuga dei , cattivi compagni,
i quali generalmente allacciano il cuore <lei più
deboli, Don Bosco ne fece argomento in una con-
ferenza sulla castità.
« In primo luogo San Filippo Neri diceva:
- Fuggite le cattive compagnie! - Ma come? Io
qui, in questo Oratorio, vi avrò da dare il con-
siglio di fuggire le cattive compagnie? Forse che
tra noi vi sono dei cattivi compagni? Non vo-
322

35.3 Page 343

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glio neppure supporre che ve ne siano. Mn osser-
vate. Si chiama cattivo compagno quello che in
qualunque maniera può occasionare l'offesa di
Dio. Molte volte avviene che, anche colo.ro i
quali in fondo al loro cuore non sono cattivi, di-
ventino, per un altro, pericolo di offesa a Dio: e
questo non si può fare a meno di dirlo compagno
pericoloso per quell'altro. Si vedono spesso certe
amicizie particolari e certe affezioni geniali, le
quali in sè non saranno cattive, cioè non ne av-
viene nessuna cosa gravemente peccaminosa; ma,
se uno dei due non è cattivo, è almeno rilassato;
ma non si vuol distaccare più da questa affe-
zione. Ed ecco che tu ti accorgi che si comincia a
raffreddare la pietà in loro: più poéa divoziÒne,
meno frequenza ai santi Sacramenti, meno zelo
nell'adempimento dei propri doveri, n,egligenza
nell'osservanza di certe regole, maggior libertà nel
discorrere; e, poco alla volta, a un compagno buo-
no, per aver frequentato molto un altro, questi
divènta pietra d'inciampo; e si può dire che,
benchè buoni tutti e due, uno diventa di inciam-
po all'altro. Se i Superiori 'non prendessero qual-
che ripiego, entrambi sarebbero perduti. Queste
amicizie particolari od affezioni geniali recano
del danno, non fosse altro perchè sono couiro ·
l'obbedienza: per ciò solo, non si possono dir
buone. La disobbedienza poi priva della grazia
323

35.4 Page 344

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speciale di Dio, ed ecco il motivo per cui poco
alla volta se ne riceve danno.
«: Qualcuno mi dirà per scusarsi: - Non vi
sono compagni cattivi nella nostra Casa! - Ma
io vi dico che possono benissimo esservene. Il
passato ci deve ammaestrare del presente. 11 de-
monio ha dei servitori dappertutto. Molte volte si
va avanti per lungo tempo, e poi uno se ne ac-
corge che quel tale era piuttosto un lupo ra-
pace, e ciò solamente dopo che la rovina del
gregge fu assai grande. Vari erano con noi gli
anni scorsi, la cui apparenza era tutta buona ed
ora sono Dio sa come. Questo vuol dire, o che essi
non erano realmente buoni, oppure, se lo erano,
vi fu chi poco alla volta fece loro del male. Que-
sti, a dir vero, per grazia speciale di Dio, sono po-
chi, ma ve ne sono. - Son tutti buoni! - ripetono
taluni; ma l'esperienza, e non il cuore, deve am-
maestrarci in ciò. E l'esperienza c'insegna che, tra
gli Apostoli, vi fu un Giuda: e, negli Ordin_i re-
ligiosi più santi, vi fu sempre la scoria. E se
sorgesse un po', di mezzo a noi, un Giuda, come
suol dirsi? Ah! lontani, lontani, dai compagni
pericolosi! Si frequentino invece i buoni, quelli .
che volentieri vanno a far visita al SS. Sacra-
mento, che incoraggiano al bene: e la nostra af-
fezione tratti egualmente ogni compagno col1a
stessa carità; ma si fuggano i sussurroni, quelli
324

35.5 Page 345

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che cercano di esimersi dalle pratiche di pietà,
quelli che vogliono essere esclu~ivi nelle loro ami-
~ cizie ;i) (522).
Per lo stesso motivo voleva che s'impedisse la
trasmissione di biglietti o lettere tra compagni
ed ogni speciale relazione tra interni ed e8ter-
ni (523). Costoro, infatti, vivendo nel mondo, non
hanno quella particolare sensibilità per il pro-
blema dell~ purezza ·che caratterizza il collegiale,
onde potrebbe facilmente assumere certi atteggia-
menti o pronunciare certe parole, che, senza es-
sere apertamente oscene, possono tuttavia tur-
bare la fantasia di chi vive sotto una speciale
vigilanza, col pericolo di offendere, col sentimen-
to del pudore, anche la legge di Dio.
Nel trattare poi della mortificazione dei sensi,
soprattutto si rivela _la sapienza e l'equilibrio di
Don Bosco, il quale teneva .sempre in gran conto
le particolari condizioni del giovane.
« Io non intendo già che facciate rigorose pe-
nitenze o lunghi digiuni e maceriate la vostra car-
ne coi flagelli come fecero molti S,,a, nti. Oh! no.
Il vostro corpo è ancora tenero e rie potrebbe
soffrire. Volete però che io vi suggerisca U:n mo-
do di fare anche voi un po' di p~nitenza, aaattata
alla vostra età e alla vostra condizione? ... Attenti
_ai sensi esterni! Fate digiunare i vostri occhi. Gli
occhi sono chiamati le finestre per le quali en-
325

35.6 Page 346

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tra il demonio nell'anima. Chiudete queste fine-
st~e, quando vanno chiuse. Non p ermettet_e mai
che gli occhi si fermino in nessun modo a guar-
dare cose o dipinti o fotografie, che siano con-
trarie alla virtù della modestia. Ritirate subito gli
sguardi, quando s'incontrano con oggetti p erico- ,
losi. Un'altra mortificazione degli occhi è frena-
re la curiosità » (524).
« Vi è poi da mortificare, da far digiunare, l'u-
dito con non mai fermarsi ad ascoltare discorsi
che possono offendere la bella virtù, o discorsi di
mormorazione » (525). « Non vi è altra cosa che
possa fare più danno, specialmente quando· si è
ancora in giovanile età, dei cattivi consigli » (526).
« Far digiunare la lingua, con proibirle ogni
parola che possa dare scandalo, astenendosi sem-
pre dal dire motti pungentt contro qualche com-
pagno, rifuggendo dal . parlare male di chicches-
sia: insomma non tener mai un discorso che non
osereste fare al cospetto di un Superiore) (527).
Parimenti: « Astenetevi dal dire anche una parola
sola in dialetto piemontese. un fioretto che sem-
bra di nessuna utilità, ma vi sarà di grande gio-
vamento nell'imparare bene la lingua italia-
na » (528). Questo pur~ può cooperare alla morali-
tà, poichè parlando in dialetto il giovane è in più
facile occasione di uscire in espressioni non buo-
ne, magari udite da altri a casa sua, ed anche
326

35.7 Page 347

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perchè forse, in qualche caso, è meno compreso
da chi ha l'incarico della sorveglianza.
Ma Don Bosco, come esecrava il turpiloquio,
così non poteva soffrire che si pronunziassero pa-
role plateali, che potessero suscitare un pensiero,
un s~ntimento, men che onesto, ed esclamava:
« Certe parole nec nominentur in vobis! » (529).
Non permetteva mai alla sua presenza scherni
anche solamente grossolani; una frase un poco
liberale lo faceva arrossire e non esitava ad av-
vertire chi l'aveva pronunciata (530). Un giorno
un giovane dell'Oratorio sbadatamente si presen-
tò in un crocchio di compagni, tra i quali stava
Don Bosco, col vestito non accomodato alla per-
sona secondo le strette esigenze della modestia.
Tutti al vederlo presero ingenuamente a ridere,
ma Don Bosco rimase impassibile. Interrogato in
questa ed altre circostanze .di sirnil genere, come
facésse a trattenere le risa, rispose: - lo ido
quando voglio, e quando non voglio non ri-
do (531).
In quanto al contegno esteriore, sovente, in
nome della buona educazione, della urbanità e
del reciproco rispetto, proibiva la _soverchia fami-
liarità e voleva che si insistesse coi giovani per-
chè •osservassero le regole della buona creanza
(532). Non tollerava che fra loro fossero sgar-
bati o che si abbracciassero anche solo per ischer-
327

35.8 Page 348

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zo, ben sapendo che la rozzezza del tratto facil-
mente ingenera rozzezza anche nei sentimenti
del cuore, col pericolo di suscitare la ribellione
dei sensi. Li esortava a regolare ogni azione in
modo da allontanare ogni sospetto sulla loro con-
dotta (533) .
Infine, mortificazio:r:ie della gola: < Non nutrite
delicatamente il corpo. Questo non vuol dire che
non gli si dia il necessario, ma che non si
cerchi nei cibi di contentare il suo gusto. Sa n
Pietro Apostolo grida: Fratres, sobrii estate et
vigilate. Mette il sobrii estate prima ancora
del vigilate o del f ortes in fides; perchè, chi non
è sobrio, non può vigilare, non può esser . fo rte
n ella fede, non può vincere colui che circuii quae-
rens quem dévoret. Invece chi è sobrio può· vi-
gilar e e farsi forte e vincere il d emonio... Ah 1
non cerchiamo delicatezze pel nostro corpo !... D 1"'.
ceva un santo direttore di anime che il corp o
deve' aiutare l'anima a fare il bene e deve ser-
virla. L'anima è la signora del corp o. Il nostro
corpo ha da essere considerato come un somaro
che deve portare l'anima: poichè al p adrone toc-
ca di andare a cavallo. Ma guai se questo pa-
drone lascia troppa libertà a questo suo somaro!
Quando si nutrisce troppo il corpo allora vuole
comandare esso, e, se lo si contenta in ciò che
domanda, l'anima resta sotto e sar ebbe un voler
/
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35.9 Page 349

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obbligare il padrone a portare il somaro. Il corpo
in questo caso non è più un aiuto, ma un impedi-
mento. Non facciamo questa mostruosità. Cia-
scuna cosa tenga il suo posto stabilitole da Dio.
Guardiamoti dal troppo cibo e specialmente dal
troppo bere. Molti giovani che er~mo qui specchi
di santità, perdettero la vocazione per non aver
usato i debiti riguardi in questo, ed ora sono
nel mondo pietra di scandalo al prossimo. Sap-
pia~o adunque tenere non soddisfatto, mortifi-
cato, questo misero corpo: e non recalcitrerà; e vi-
vremo tranquilli e felici nella pace di Dio» (534).
< Guardate di essere ·temperanti nel mangiare
e nel bere. I Santi Padri dicono che noi viviamo
con un nemico, e questo. è il :qostro corpo. Se
noi gli diamo tutto ciò che egli domanda, allo-
ra esso prende baldanza ·e può farci del male:
ma se gli diamo poco nutrimento, - a somiglian-
za di un cavallo, al quale se gli si dà da man-
giare poco fieno e poca bi~da diventa docile, -
allora egli piega subito le orecchie ed obbedisce al-
1.o spi.rito. Ricordatevi che, al dire . dei Dottori
della Chiesa, gola e castità non possono siare
insieme. Di più San Paolo, scrivendo ·avvisi per
i vari ceti di persone, pei giovani dà solamente
questo: ut sobrii sint. - Possibile? - voi mi di-
rete. - San Paolo non trovava altri avvisi più
importanti da dare loro? - No: poichè quando i
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35.10 Page 350

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giovani sono sobrii potranno fare molto pro-
fitto nella virtù. Se manca la sobrietà, il demonio
tenta, e si cade in molti peccati» (535).
All'eccesso nell'uso della carne e del vino
Don· Bosco attribuiva l'immoralità dominante in
qualche paese. Perciò non si stancava di ammo-
nire i giovani.: « Grande temperanza nel . man-
giar carne e nel bere vino » (536). Soleva anche
raccomandare ai suoi cuochi che evitassero le vi-
vande eccitanti (53?). ' Quanto al vino, dicev~.. ai
Superiori nel dicembre 18?5: « Vorrei che si fa-
cesse una prova: si dia quest'oggi anche solo un
bic hiere di vin buono a tutti i giovani dell'O-
ratorio e domani si faccia fare un buon esame di
cosc~enza: si vedrà quel che su~cessé ! I gio-
vani non ne sognano nemmeno la causa, non san
nulla del che e del come; ma molti pensieri cat-
tivi, molte tentazioni e, credo di poterlo dire con
sicurezza, molte cadute in peccato, ne furono
la conseguenza » (538).
Strettamente collegato con la mortificazione
dei sensi, per Don Bos~o è il non eccedere nel
sonno. Gli premeva che si evitasse di mandare i
giovani a letto subito dopo pranzo: (( Io trovo
pericolosissimo il riposo dopo pranzo: è proprio
quel demonio meridiano di cui parla la Sacra
Scrittura, che si insinua anche nelle anime pm
buone. Lo sa il povero re Davide! È un mo-
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36 Pages 351-360

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36.1 Page 351

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mento, quello, in cui l'anima è meno preparata;
invece il corpo sazio è, in quel momento, più pre-
parato. Allora il demonio occupa l'immagina-
zione, p©i l'intelletto, quindi si fa strada allà vo-
lontà, ed ecco che si deplorano miserevoli cadu-
te » (539). Perciò Don Bosco insisteva: < Per i
giovani si continui quanto da noi .già si pratica;
nei paesi di gran caldo, dopo aver fatto un po'
di ricreazione, si radunino nello studio o nella
scuola e, quivi, ciascuno al proprio posto, studii
o dorma a suo piacimento, purchè siano assi-
stiti affinchè regni il silenzio e chi vuol ripo-
sare non ne venga impedito. Così chi sente il
bisogno di riposare, può farlo~ gli altri, cui il
sonno" non si concilia, hanno occupazione e tut-
ti i pericoli scompaiono. Insomma quel che si
riprova è l'abitudine di andare a letto dopo
pranzo ». A chi fece notare che nei paesi cal-
di questa abitudine ,era proprio generale, sic-
chè pochissimi non la seguivano: « Ebbene - re- ·
plicò il Santo - procuriamo di essere noi nel
numero dei pochissimi, e credo che non ci tro-
veremo' malcontenti d'aver schivato quest'abitu-
dine. Così faced do, si potrà lavorare di più, si
acquisterà maggior riputazione è altri imiteranno
for se il nostro esempio » (54~).
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36.2 Page 352

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D - La preghiera.
Finora, seguendo Don Bosco, abbiamo trattato
di mezzi che, bene usati, tolgono i giovanj dai pe-
ricoli di cadere in certi , peccati. Ma egli racco-
mandava pure l'orazione ed i Santi Sacramenti.
Quando parleremo della educazione religiosa,
passeremo in rassegna i principali mezzi di pietà
inculcati da Don Bosco. Qui ricordiamo solo qual-
che sua raccomandazione circa la preghiera, pre-
sentata come mezzo potente per vincere le tenta-
zioni e i nemici della purezza.
Egli desiderava che si coltivasse la pietà in
tutte le sue forme, private e pubbliche, perchè
essa ci unisce a Dio, santità _e purezza infinita e
baluardo onnipotente contro ogni specie di ten-
tazione.
Nel · 1865, traendo qualche pratica applica-
zione dal sogno del gattone, disse: < Queste vit-
.torie sono difficili! Ma l'eterna Sapienza ci ha
detto qual è il mezzo per conseguirle: - Hoc ge-
nus daemoniorum non eiicitur nisi per orationern et
jeiuniu.m (Demoni siffatti non si scaccian se non
con la preghiera e col digiuno). Alzate il vostro
braccio, sollevate in aria il vostro fiore e sarete
sicuri. La modestia è una virtù celeste, e chi
vuole conservarla bisogna che s'innalzi verso il
cielo. Salvatevi adunque con l'orazione. Orazione
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36.3 Page 353

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che v'innalza al cielo, sono le preghiere del matti-
no e della sera, dette bene; orazione è ]a Medi-
tazione e la Messa; orazione è la frequente Con-
fessione e la frequente Comu:p_ione; orazione sono
le prediche e le esortazioni dei Superiori; ora-
zione è la visita al SS.mo Sacramento; ·orazione
il Rosario ; orazione lo studio. Con questa ora-
zione il vostro cuore si dilaterà come un pallone
e si eleverà verso il cielo e così potrete dire quello
che diceva Davide: Viam mandatorum tuorum
cucurri, cum dilatasti cor meum (La via dei tuoi
precetti io corro, quando tu allarghi il mio cuo -
r e). Così porrete in s_alvo la più bella delle virtù :
e il vostro nemico, per quanti sforzi faccia, non
potrà strapparla dalle vostre mani » (541).
« Con la parola orazione, - diceva altra vol-
ta, - intendo ogni sorta di preghiera, sia men-
tale che vocale, le giaculatorie, le prediche, le
letture spirituali. Chi prega, vince sicuramf'nte
ogni tentazione per forte è gagliarda che sia; chi
non prega, è in prossimo pericolo di cadere. L'o-
razione deve esserci una cosa tanto cara! Essa è
come un'arma che dobbiamo sempre aver pronta
per difenderci nel momento del pericolo. Io rac-
comando questa orazione specialmente alla sera
quando si va a riposo. questo uno dei tempi più
pericolosi per la bella virtù... » (542). Oltre alla
_preghiera accennava a certi ( rigagnoli, per cui
333

36.4 Page 354

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le .grazie e le benedizioni scorrono e si fanno via
al cuore dei giovanetti », e cioè Piccolo Clero,
Compagnie, Sacramenti, tridui, novene, esercizi
spirituali, funzioni e solennità di chiesa (543).
Gli stavano molto a cuore le divozioni a San
Giuseppe, sposo castissimo di Maria, ·e a San Lui-
gi per la sua straordinarià innocenza. Per ot-
tenere la protezione di questo santo Protettore
della gioventù, faceva recitare tutti i giorni una
preghiera da lui composta in suo onore e inserita
poi nel Giovane Provveduto.
Insisteva particolarmente sulla divozione a
Maria Vergine, modello di ogni purezza e san-
tità, madre di tutte le virtù, ma in modo speciale
della castità. Ad essi la presentava sotto i titoli
di Ausiliatrice e ·di Immacolata, affinchè tro-
vassero nell'Ausiliatrice l'aiuto potente per pra-
ticare quella virtù di cui l'Immacolata è emblema.
« Una pratica - diceva - che io · consiglio in
modo particolarissimo è · di baciare la medaglia
di Maria Ausiliatrice e ripetere la giaculatoria
Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis:
giaculatoria trovata in ogni circostanza tanto op-
portuna e tanto proficua. Da tutte le parti si
vedono effetti straordinari prodott1 da questa
confidenza in Maria Ausiliatrice. Ma state certi ,
che se la Madonna aiuta 'tutti, ha poi cura di
noi in modo peculiarissimo, come figli prediletti;
334

36.5 Page 355

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invocata non mancherà certo di venirci in am-
to nei momenti opportuni» (544).
Raccomandava inoltre il pensiero della pre-
senza di Dio, affinchè il sentimento del santo
timor di Dio li distogliesse, nel momento del pe-
ricolo, dal commettere peccati.
« Rinnovia~o con frequenza - _diceva -
questo pensiero nella nostra mente ·e fuggirà d a
noi la voglia di peccare. Si p ensi inoltre che
noi siamo creature, immagini di Dio; che il Si-
gnore è il nostro Padrone, che vede ogni azjone,
ogni pensiero; che noi siamo cristiani cattolici,
ossia dichiarati seguaci di Gesù Cristo, e che
i Sacramenti hanno anche santificato il nostro
corpo... Pensiamo che Dio è nostro Giudice, e,
qua~do siamo tentati diciamo: - Come oserò di-
sgustare un Dio così buono, che mi ha sempre
?eneficato e che mi giudicherà? » (545).·
· E - La frequenza ai Sacramenti.
Don Bosco considerò sempre la frequenza ai
santi Sacramenti come il principale mezzo per
evitare peccati e disordini (546).
L'Eucaristia infatti mette il cuore del giovane
in contatto con le carni immacolate del divino
Agnello, il quale unendoci strettamente a Sè, ci
divinizza e ci fa pregustare l'ebbrezza delle gio-
335

36.6 Page 356

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ie celesti. Per questo insisteva: e: Fate con molta
frequenza delle fervorose Comunioni. Andando
a riceve~ Gesù nel vostro cuore, e sovente, l'a-
nima vostra resterà tanto rinforzata dalla grazia,
che il corpo sarà costretto ad essere obbediente
allo spirito» (54?):
Addestrava i suoi figliuoli, come· abbiamo visto,
all'amicizia con Gesù · Sacramentato, affinchè in
Lui trovassero sfogo i sentimenti dei loro cuori
·bisognosi di a~are e di essere amati.
Voleva però che ai Sacramenti dell'Eucaristia
e della Penitenza i giovani si accostassero con le
dovute disposizioni.
Ecco due difetti che, secondo lui, rendono nul-
le o ineffica~i, e financo sacrileghe, le confessioni,
soprattutto in materia di purezza.
·
Il primo difetto è la mancanza di dolore e di
,proponimento. ~ La pianta si conosce dai fr9tti
se è buona o no: così dal frutto riportato pos.:..
siamo conoscere la natura delle no~tre confessioni.
Alcuni v~nno -a confessarsi sempre con le medesi-
me mancanzy, Ciò che cosa indica? Che la con-
fessione, non recando frutto, non è buona? EL!
sì! quando si fanno tali confessioni, se proprio
non vi è miglioramento, vi è grandemente a te-
mere che le confessioni non siano buone, che sia-
no nulle. Ciò indica o che non venne fatto il
proponimento o che non si ebbe cura di metterlo
336

36.7 Page 357

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in pratica. Si direbbe qualche volta che si vu
a . confessarsi per cerimonia e che si vuole bur-
lare il Signore. Io dunque raccomando molto che
ciascu;o procuri, nelle confession1, di eccitarsi
ad un veramente grande dolore dei peccati com-
méssi: e poi, di tanto in tanto, si pensi un poco
sui frutti delle còuf~ssioni passate. Facciamo pro-
ponimenti fermi che non mutino pi"ù... Altrimenti
si andrà sempre avanti con le medesime colpe
e siccome qui spernit mòdica paulatim dècidet
(chi disprezza il poco, andrà tra breve in ro-
vina), così noi ci metteremo in evidente pericolo
di dannarci, essendo per nostra natura già tanto
proclivi al male» (548).
Il secondo difetto è la mancanza di confessore
stabile. Perciò, oltre alla confessione settimanale,
Don Bosco consigliava ai giovani di non mutare la
sicura guida del confessore fisso: « E se taluno si
fosse lasciato sopraffare dal demonio? Attenti a
non fare il primo passo falso dopo quella mi-
seria. È un gran passo falso, e molto fatale, quelle
di coloro i quali, se loro càpita qualche disgrazia .
cambiano confessore. Io non trovo altra cosa eh e
faccia più male, perchè qui non si tratta sola-
mente di ricevere l'assoluzione, ma si tratta d~ di-
rezione. Qualunque confessore potrà darvi l'as-
soluzione; ma come volete che vi possa dirigere
colui al quale narrate solo le cose ordinarie e, se
337

36.8 Page 358

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vi .è qualche cosa più grave, non gliela narrate?
Qual giudizio potrà dare di certe mancanze che,
non sapendo altro, potrà giudicar leggere, e che
pur son causa di ciò che voi nascondete? Quali
mezzi spirituali potrà darvi, quali consigli sug-
gerirvi, se credendovi quali voi dite, crederà scru-
polo ciò che è consenso, sbadataggine ciò che è
conseguenza di quello che non sa?... Ah! sentite!
La più gran medicina per guarire in questi casi,
il gran ritegno per non fare ulteriori cadute, è
confessarsi dal confessore ordinario» (549).
Il terzo difetto, sul quale .Don Bosco non si
stanca mai di insistere, è la mancanza di since-
rità. Il 1° marzo del 1863 diceva a Don Bonetti:
« Povero me! Io trovo che le confessioni di molti
giovani non possono reggere colle norme date dal-
la Teologia. Per lo più non si fa conto dei man-
camenti commessi .dagli otto ai dodici anni; e se
un confessore non va propriamente a cercare, ad
interrogarli, essi ci passano sopra e vanno avan-
ti fabbricando così su falso terreno » (550).
Perciò raccomandava caldamente ai confessori
di non rendere, con ' impazienze e con sgridate,
odiosa e pesante la confessione, perchè i giovani
facilmente non osano più parlare, e quindi sa-
crilegi su sacrilegi; ma di procurare con tutta ca-
rità di ·guadagnarsi la loro confidenza (551).
Come ognun vede, i mezzi suggeriti da Don ·
338

36.9 Page 359

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Bosco per mantenere e incrementare la moralità
dei giov.ani, possono ridursi a due: prevenire il
male coll'astenersi da tutto ciò che- porta al pec-
·cato, e (: praticare tutte le cose che possono contri-
buire a conservare la santa virtù della mode-
stia » (552).
Il Santo, non esige mezzi straordinari: si ap -
piglia a quelli più ordinari e facili ma veramente
fondamentali, facendone la massima applicazione
per trarne il massimo vantaggio. Così, nelle sue
parlate in pubblico ed iri privato, in cortile ed in
chiesa, nei suoi sogni e nelle sue raccomandazioni,
ne tratta nel modo più vario, .più esteso ed edi-
ficante. Essi però sono in fondo sempre gli stessi:
quelli cioè che indicava a educatori ed educandi
e che, un giorno suggerì al giovane Michele Ma-
gone in un biglietto che diceva così: « Leggi e
pratica. Cinqu~ ricordi che San Filippo Neri
dava ai giovani per conservare la virtù delln
purità. Fuga delle cattive _compagnie., Non nu-
trire delicatamente il corpo. Fuga dell'ozio. Fre-
quente orazione. Frequenza dei Sacramenti, spe-
, ·cialmente della Confessione». Ciò che ivi era
detto in breve, glielo espresse altre volte più dif-
fusamente in questa forma:
« 1) Mettiti con filiale :fiducia sotto la pro-
tezione di Maria: confida in Lei, spera in Lei.
Non si è mai udito al mondo che alèuno abbia ~on
'339

36.10 Page 360

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fiducia ricorso a Maria, senza che ne sia stato
esaudito. Sarà essa tua difesa ~egli assalti, che il
demonio sarà per dare all'anima tua.
2) Quando ti accorgi di essere tentato met-
titi sull'istante a fare qualcosa. Ozio e modestia
non possono vivere insieme. Perciò, evitando l'o-
zio, vincerai eziandio le tentazioni contro questa
virtù.
,
3) Bacia spesso la medaglia, oppure il Cro-
cifisso; fa' il · segno della santa Croce con viva
fede, dicendo: - Gesù, Giuseppe, Maria, aiu-
tatemi a salvare l'anima mia. - Questi sono i tre
nomi .più terribili e più formidabili pel demonio.
4) Che se il pericolo continua, ricorri a
Maria, colla preghiera proposta9i da santa Chie-
sa, cioè: - Santa Maria, Madre di Dio, prega
per me peccatore.
5) Oltre a non nutrire delicatamente il cor-
po, oltre alla custodia dei sensi, specialmente' de-
gli occhi, guàrdati an.cora da ogni sorta di cat-
tive letture: anzi, qualora cose indifferenti fos-
sero a te di pericolo, cessa tosto da quella ]et-
tura; per opposto leggi volentieri libri buoni, e,
tra questi, preferisci quelli çhe parlano delle glo-
rie di Maria e del SS. ·sacramento.
6) Fuggi i cattivi compagni: al contrario
fa' scelta dei compagni buoni, cioè di quelli che,
per la loro buona condot'ta, hai udito lodare dai
340

37 Pages 361-370

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37.1 Page 361

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tuoi superiori. Con essi parla volentieri, fa· ri-,
creazione, ma procura di imitarli nel parlare, nel-
l'adempimento dei doveri e specialmènte nelle pra-
tiche di ,pietà.
7) Confessione e Comunione con quella
maggiore frequenza che giudicherà bene il tuo
confessore; e, se le tue occupazioni il permet-
tono, va' sovep.te a fare visita a Gesù in S&c1·a-
mento » (553).
V. Contro lo scandalo.
L'estirpazione dello scandalo era un rimediO'
adoperato da Don Bosco per la salvaguardia del-
la moralità nei suoi Istituti e Oratori. La con-
siderazione dei danni che esso cagionava all'm- ;
dividuo e alla comunità, gli faceva preavvertire
i giovani: « Ciascuno si guardi specialmente dalla
immodestia negli atti e nelle par"ole. Questo è
il vizio che maggiormente danneggia la gio-
ventù» (554). Ai Direttori poi diceva: ~ Si vegli
attentamente perchè non s'introduca nei giovani
il veleno della immoralità. Se per sventura en-
tra questo veleno, s'infiltra inosservato, non si
lascia scorgere e finisce con portare un danno
generale irrimediabile» (555). « Un giovane cat-
tivo può disonorare il collegio con una sola paro-
la » (556). « Conosciuto un giovane per malvagio,
II
341

37.2 Page 362

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non lasciamoci illudere da speranze di ravvedi-
mento» (557).
A - L'allontanamento degli scandalosi.
Don Bosc~ provava sommo orrore quando 8en-
tiva parlare dei mali cagionati dagli scanda.losi
(558); perciò nei loro confronti era severo e in-
transigente.
Nella decima conferenza del Primo Capir.olo
Generale, dopo aver suggerito alc.uni mezzi per
la conservazione della moralità nei nostri coJfogi,
proseguiva: « Queste sono precauzioni, con le qua-
li si potranno già ottenere molti buoni effetti;
t~ttavia nè con questo nè con altro si potrà mai
ottenere una moralità assoluta in tutti: bisogne-
rebbe non essere figli di Adamo. Si faccia quan-
to si può, e poi ancora mi poco, e in seguito ri-
cordiamoci di. pregare molto, e la preghiera. ot-
terrà quanto non potremo ottenere coi nostri sfor-
zi. E ricordiamoci che i due mezzi, i più atti a to-
gliere dalla radice ogni azione' d'immoralità e
a introdurre la bella virtù in grado pressochè
perfetto nei nostri allievi sono: t) La molta fre-
quenza dei SS. ·Sacramenti. Questo è il princi-
pale: e, -checchè si diqa, se veramente i Sacramenti
si frequentano molto e nelle dovute maniere, non
si radicherà nessun disordine. 2) · Si restituiscano
342

37.3 Page 363

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alla propria famiglia coloro che cagionassero
scandali di questo genere. Non c'è verso: quan-
do il mal abito è inveterato, solo per mir1acolo
I
uno si converte. Quel tale si confesserà, ne sarà
veramente pentito, ne domanderà perdono in
privato e in pubblico; ma non passerà gran tem-
. po, e saremo da capo. Con costoro bisogna pro-
cedere irremissibilmente. Avranno tutto il dolore
necessario per avere l'assoluzione del peccato-;
ma noi non possiamo fidarci di ·loro per il t.em-
po avvenire » (559).
E Don Bosco torna ripetute volte sulla ne-
cessità di adottare queste misure: « Si.mo se-
veramente allontanati quelli che dices$ero, insi-
nuassero o facessero cose biasimevoli contro la
moralità. Non si tema di usare in ciò troppo
rig'ore » (560). « Non si è mai troppo severi nelle
cose che servono a conservare la moralità » (561).
« Solo in caso di immoralità i Superiori siano
inesorabili. È meglio correre il pericolo di scaccia-
re dalla casa un innocente che ritenere uno scan-
daloso » (562). « Conosciuto un alunno co~e scan-
daloso o pericoloso, si consegni al Prefetto, il
quale tosto lo allontanerà dall'Oratorio » (563).
I
« Piuttosto diminuire . della. metà i giovani in un
collegio, che permettere che le cose vadano male.
Sì, piuttosto si mandi via una metà dei gic-vani,
ma i nostri collegi ~siano_al sicuro. Quando in un
343

37.4 Page 364

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collegio vi è del male morale, non bisogna me-
narne rumore. Se si conosce qualche caporione,
incominciare ad ,espellere questo; dopo qualche
tempo un altro e poi un altro. Mancando chi po-
trebbe seminare la zizzania e ingenerandosi ti-
more in chi vede questi atti risoluti, improvv1s1
e senza tante parole, la moralità si ristabilisce
perfettamente in casa» (564).
Il nostro Padre però insisteva sempre che,
nel prendere questi gravi provvedimenti, si usas-
se la massima prudenza; ed in certi casi egli
stesso ricorreva al consiglio altrui (565).
B - Prnssi di Don Bosco
contro gli scandalosi.
Agiva secondo i casi, ma sempre con carità.
Sul princiP,io di ogni anno scolastico gli edu-
catori sagaci sono dolorosamente costretti a toc-
car con mano che le vçicanze fanno sempre le
loro vittime. Sono giovani che le cattive com-
pagnie o altre pericolose occasioni hanno purtrop-
po trasformati da quelli di prima; perciò, se
si vuol prevenire lo scandalo e incutere un sa1 u-
tare timore nei male . intenzionati, bisogna far
v:olenza al proprio cuore e dare qualche esenipio
solenne. Tale profilassi entrava nel metodo di
Don Bosco (566).
3-±4

37.5 Page 365

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Quando, malgrado la debita cautela, accadeva
di accettare allievi espulsi da altri collegi o al-
trimenti constava essere di mali costumi e peri-
colosi per gli altri, seguiva questa regola che dava
anche ai Direttori: « Fissargli subito un com-
pagno sicuro, che lo assista e non lo perda mai di
vista. Qualora egl_i manchi in cose lubriche, si
avvisi appena una volta, e, se ricade, sia imme-
diatamente inviato a casa sua» (567).
L'espulsione dunque doveva essere l'ultima co-
sa. Dal canto suo prendeva tali e tante precau-
zioni perchè non recassero danno ai compagni,
che quasi mai avveniva alcnn inconveniente grave
a questo riguardo; anzi, si ottenevano conversioni
·straordinarie (568).
Per pri1ha cosa voleva che i giovani perico- ')
losi fossero isolati dai più ·piccoli e ingenui, da
colo.ro che avessero simili propensioni o si cono-
scessero deboli nella virtù; consigliava di circon-
darli di amici sinceri e sicuri eh.e in bel modo cer-
cassero di attirarli alle pratiche di, pietà e alla
frequenza dei SS. Sacramenti. Fatto ciò, esortava
a non stancarsi di avvisarli ad ogni mancanza.
« Parlare, parlare! Avvertir~, avvertire!» era sem-
pre 1a sua frase con gli assistenti e i prefetti.
Avessero mancato tutti i giorni: tutti i g10rni
mandarli a chiamare, anche più volte al giorno
se tale fosse stato il bisogno. Amorevoli nei mcdi,
345

37.6 Page 366

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ma fermi nell'esigere da essi l'adempimento dei
propri doveri. Così facendo, o costoro cambia-
vano condotta, o annoiati, finivano con l'andarsene
a casa, senza che si dovessero usare con essi mi-
sure coercitive. « Ed è appunto di grande impor-
tanza - ammoniva - che i giovani non partano
dall'Oratorio col fiele nel .cuore, poìchè ve.aen-
do il tempo del disinganno, ricordano allora la ca-
rità con la quale furono trattati, ritornano in se
stessi, pensano ai buoni consigli' · ricevuti, all'af-
fetto che loro venne dimostrato, riconoscono chi
fossero i loro veri amici, e, spesse volte, dopo an-
ni ed anni, se si risolvono a fare una buona con-
fessione, si è proprio e solamente nella chiesa del-
l'Oratorio da coloro che li accolsero negli anni
della loro gioventù. Essi ritornano perchè san-
no che spontaneamente se ne sono allontanati. In-
vece se il Superiore fosse ricorso a un inconsulto
e· precipitoso rigore, senza prima averli avvisa-
ti, allora si accende in tanti un'avversione che non
manca presto o tardi di avere le sue conseguen-
ze.Tanto più se talora qualche assistente si fos-
se lasciato andare a menare le mani per sfogo di
rabbia » (569).
Se erano parecchi gli scandalosi, li mandava a
chiamare tutti insieme in una sua stanza e, fat-
tili aspettare per qualche tempo in anticamera
perchè riflettessero sul motivo della chiamata, in-1
346

37.7 Page 367

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cominciava a parlare come la carità sapeva sug-
gerirgli: « Non vi ho fatti avvertire, e non vi ho
avvertiti' abbastanza? Si dice di voi questo e que-
sto: debbo crederlo? E perchè volete darmi tan-
ti dispiaceri? Perchè volete costringermi ad un
passo che tanto mi dà pena? Perchè da voi stessi
non aiutate Don Bosco a salvarvi? Protestate di
non far nulla di male! E la disobbedienza è un
bene? Obbedite una volta. Non fate che vi veda-
no più assieme. Lasciate quei discorsi! fatemelo
per piacere. È l'ultima volta che io vi avviso. An-
datevene, prima che io abbia il dolore di dovervi
mandar vi;:i.. Se vedo çhe voi continuate ad esse-
re cattivi, la mia decisione è presa. Allora pian-
gerete! ». Talora usava frasi più serie. In gene-
rale riusciva bene questa prova, come asserì lo
stesso Don Bosco (570).
Ma se accadeva che taluno avesse dato scan-
dalo, si accendeva di santo zelo ed eseguiva ciò
che più volte era solito protestare innanzi a tut-
ta la comunità radunata: 4: Don Bosco è il più
gran bonomo che vi sia sulla terra; rovinate,
rompete, fate birichinate, saprà compatirvi; ma
noi;i state a rovinare le anime, perchè egli allora
diventa inesorabile ». E infatti, riconosciuto e con-
vinto un tale per scandaloso, lo allontanava sen-
z'altro dalla casa; e non solamente lui, ma anche
i suoi complici (571).
347

37.8 Page 368

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Se talora per imperiose circostanze doveva so-
spendere l'esecuzione della sua .sentenza, avvi-
sava ancor una sola volta lo scandaloso; lo iso-
lava rigorosamente dalla compagnia degli alunni
e procurava che fosse di continuo sorvegliato; ma
se ricadeva, lo cacciava di casa, checchè potes8e
accadere (572h
C - Correzione pubblica.
Don 'Bosco provvedeva sempre ad allontana-
re prima i più responsabili, nel tentativo di eal-
vare i meno colpevoli. Per riuscire più sicuramen-
te nel suo intento taJv·o1ta ricorreva a ~orrezioni
e minacce anche in pubblico. Per esempio la sera
del 13 febbraio 1865, dopo aver denunciato le
mancanze di alcuni giovani, ladri e disonesti,
soggiungeva: « Perciò coloro che si fecero capi
del disordine, saranno messi in nota e senz'altro
domani saranno avvisati acciocchè partano imme-
diatamente da quell'Oratorio che essi hanno pro-
fanato coi loro peccati. Quegli altri poi che fu:,:o-
no meno còlpevoli, restano ora avvisati in pubbli-
co, e lo saranno poi particolarmente da me, uno
per uno. A questi io dico: - Guarda, :figliuolo
mio, cambia costume: altrimenti lo stesso castigo
che ha colpito gli -altri, colpirà anche te; emèn-
dati, hai ancora aperta la strada del p entimento;
I
34.8

37.9 Page 369

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perchè se continui nella via incominciata, tu vai
diritto all'eterna perdizione» (573).
Dopo l'espulsione, Don Bosco non mancava di
segnalare ai giovani il suo rincrescimento di p a-
dre che piang~ per aver dovuto prendere cer-
te misure contro i figli degeneri; in più ne da-
va la ragione: < Quando uno in mezzo ai suoi ccm- .
pagni non ascolta più la voce dei Superiori e fa
il mestiere di lupo rapace, io non posso in co-
scienza tenerlo qui a fare ·del male agli altri: in
questo caso voi sapete che non si transige; quan-
do c'entra lo scandalo dei compagni io non pos- ,
so tollerarlo. Laonde bisogna che stiate attenti;
e quelli che, per loro , disgrazia, fossero già ca-
duti in qualcuna delle mancanze summentovate,
per carità, non continuino, ma si emendino; an-
zi procurino di tener ben celate le lorò sconsi-
gliate azioni, perchè altrimenti perderebbero il
loro buon nome, la stima degli altri, ed anche si
metterebbero in pericolo di essere allontanati dal-
l'Oratorio. Se vi fosse qualcuno non deciso ad
emendarsi, che cioè non voglia stare alle regole,
sapete che cosa io co~siglio? Venga a dirlo, che
esso non sta più volentieri in casa; e si cerchi un
posto altrove: noi gli faremo ancora i suoi buo-
ni certificati. E così le cose procederanno d'ac-
cordo: amici prima, amici dopo. Perchè se sono
i Superiori che vengono a scoprire le mancanze,
349

37.10 Page 370

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allora costui dovrà subirne la vergogna, coll'essere -
scacciato dall'Oratorio, e il danno · di non essere
collocato in luogo ove possa g-uadagnarsi il pane
e di sentirsi rifiutare i buoni certificati riguardo
alla sua condotta per essere accettato neg] i im-
pieghi. E questi certificati sono richiesti, ovunque
uno si presenti per domandar lavoro » (574).
Usava speciali riguardi verso la vittima. Il
pensiero che, tornando in mezzo al mondo, avreb-
be peggiorata la sua condizione morale e religio-
sa e fors'anche perduta -la fede e fatta una mala
morte, lo consigliava a fare del tutto per ritener-
lo press6 di sè, ma se non riusciva nel caritatevo-
le intento di ridurlo sulla buona via, non tardava
a rimandarlo. « Da un canestro pieno di frutti
sani - diceva - bisogna togliere un frutto gua-
sto, per evitare la corruzione degli altri » (575).
Nell'espellere faceva di tutto per salvare. l'o-
nore dei colpevoli. Si vide talvolta scomparire al-
l'improvviso qualcuno dall'Oratorio, e nessuno vi
badò, neppure i chierici, perchè rimastb scono-
sciuto il vero motivo di quella partenza. Tutt'al
più si credette di dover attribuire ciò alla volon-
tà dei parenti o ad affari di famiglia o a- malat-
tia (576).
Richiesto un giorno dal Teologo Murialdo Leo-
nardo quale fosse il suo metodo di procedere
quando avvenissero mancanze contro i buoni co-
350

38 Pages 371-380

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38.1 Page 371

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I
stumi dell'Istituto, Don Bosco gli rispose: < Av-
venendo tali casi, io chiamo a parte nella mia
camera il giovane accusato, osservandogli che mi
obbliga a parlare di quell'argomento di cui San
Paolo non vuole che si tenga parola; quindi gli
faccio notare la gravità del male commesso. Se
così esige la carità verso gli altri, alla chetichella
lo faccio restituire · ai suoi parenti. 'Ma non gli
infliggo nessun castigo,· evitando maggiori mali,
quali sarebbero i discorsi che naturalmente · ne
farebbero ·gli altri allievi» (57?).
' Per salvare il buon norn'.e del colpevole sng-
geriva che nel licenziare questi giovani, si desse
loro qualche buon consiglio e si facesse qualche
affettuosa esortazione. Anche questo per lo più
fa sì che essi poi conservino sempre l'affetto e la
gratitudine verso gli antichi Superiori. Testimo-
niò il Card. Cagliero: « Io senipre osservai che gli .
stessi giovani che avevano meritata l'espulsione
dall'Oratorio conservavano pur sempre l'affetto e
la gratitudine verso Don Bosco, che era stato lo-
ro padre e benefattore » (578).
D - Come impedire lo scandalo
Per preservare i buoni dallo scandalo, Don
Bosco li metteva in guardia contro gli scandnlo-
si dicendo: « Quando vi si avvicina uno di questi,
351

38.2 Page 372

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catti-vi compagni, dite fra voi: - Costui è un
ministro di Satanasso) (579).
Li incitava anche a salvare i compagni peri-
colanti e a smascherare i pericolosi con queste pa-
role: « Se vedete un compagno che è in pericolo
di cadere, correte per carità, correte a soccorrel'lo,
allontanatelo da certi compagni, avvisatelo, prega-
te per lui, insomma salvatelo.· Ne avrete un me-
rito in faccia a Dio e a Maria. Se poi vedete che
qualche compagno cerca di guastare gli - altri,
muovetevi tosto contro di lui, strappategli dalle
unghie la sua preda, gridate: - Al lupo! al lupo!
- Che fareste se, nella vostra greggia, si caccias-
se il lupo e incominciasse a sbranare le pecore
e non vi sentiste la forza di combatterlo e salvére
le vostre pecorelle? Chiamereste aiuto, gridereste:
- Al lupo! al lupo! - Così fate ancora contro
questi lupi infernali che rovinano le anime dei
vostri compagni. Gridate: --:-- Al lupo! al lupo!
- Gridatelo ai vostri compagni; e se non basta, .
gridatelo ai Superiori, ed essi sapranno combat-
terli » (580).
Infine imponeva di denunciare senza remis-
sione i lupi rapaci: < Un mezzo, che per tanti sem-
brerà impossibile, è questo: denunciare i capi del
disordine o del peccato. Questi sono la vera pe-
ste dell'Oratorio, perchè il demonio li prende per
suoi aiutanti e li spinge in mezzo ai gioyani per
352

38.3 Page 373

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far .loro male più che sia possibile. Accusateli
cosforo, svelateli; sono tante anime che voi sal-
vate. Ma voi direte che avete paura d'esserè chia-
mati spie. Ebbene, perchè alcuni sciocchi· vi chia-
meranno spie, volete voi astenervi dal fare un'o-
pera buona? Se un lad~~ entrasse in una casa
a rubare, voi vi tratterreste dal gridare al ladro,
per paura che egli vi dica che siete una spia?...
Lasciate che gli sciocchi vi chiamino pure con
questo nome; il Signore vi chiamerà con altro
nome e v1 darà Egli il premio della vostra cari-
» (581).
5. Formazione del carattere.
· Ci siamo indugiati a considerare quanto stes-
se a cuore a Don Bosco la formazione della vo-
lontà. Come .abbiamo visto, egli si serviva a tale
scopo della mortificazione, della lotta contro il
rispetto umano, del dominio della suscettibilità
e delle passioni, dell'acquisto di abiti buoni, e
specialmente di quelle ~irtù che egli riputava
più adatte alla formazione morale dei giovani.
· Ora è bene concludere osservando come tutto
questo lavorìo portava di natura sua a formare
e irrobustire nell'educando il carattere. Era que-
sta una delle più calde e frequenti esortazioni,
ed era pure il risultato di tutto il suo intenso
lavoro pedagogico (582).
12 (Il)
353

38.4 Page 374

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Plasmata infatti la volontà nel modo suindica-
to, e mediante la precedente nec.essaria formazio-
ne del cuore e della coscienza morale, l'animo
è ormai pronto ad emettere atti umani completi
e perfetti. Questi atti, se ripetuti, come ognuno
sa ed è comunemente insegnato dagli psicologi,
a poco a poco formano gli abiti, e questi, nel ,loro
complesso organico, il carattere.
,
Il caratt½re è così la risultanza degli atti buo-
ni o cattivi divenuti abitudini o abiti. Dagli ahi-
/ ti buoni, ossia dalle virtù, nasce il vero caratte-
re,. il carattere buono ed onesto. E qui giova ri-
cordare che, nel pensiero di Don Bosco, ciò che
deve contribuire efficacemente alla form:1zione
del carattere è la ragione e la Religione', con
L'insieme delle virtù naturali e soprannaturali, teo-
logali e morali, che sono come i cardini e il fon-
damento di tutt~ la vita morale. .
Mediante la grazia l'uomo viene elevato al
piano soprannaturale, e gli vengono infuse le
e virtù teologali della Fede, della Speranza della
Carità, che, collocandolo in diretto contatto . con
. Dio e facendolo vivere della stessa vita divina, co-
stituiscono, per la formazione del carattere, ciò
che si può immaginare .di più efficace e di più
forte, irrobustito per di più dai doni dello Spi-
rito Santo.
Il .carattere quindi lo si può con rag10ne con-
354

38.5 Page 375

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siderare come la virtù che, giunta al suo pieno
vigore, garantisce una vita feconda di bene.
L'educatore perciò può essere già legittima-
mente sodisfatto quando sia riuscito a formare
il carattere del suo educando.
6. Formazione della personalità.
Chi . però studi più profondamente l'essere
umano, specialmente sotto il punto di vista mora-
le e fattivo, dovrà persuadersi che, per ciascu-
no, vi è un'ultima tappa da raggiungere: essa
consiste precisamente nella personalità vera e pro-
pria.
.
La personalità è la stessa persona umana
che, orientatasi verso il suo Ultimo Fine, percor-
re decisamente quella strada che costituisce la
sua vocazione, · dominando e regolando tutte le
sue · azioni verso l'ideale della propria vita.
Il suo raggiungimento presenta agli educa-
tori alcuni problemi cli grande importanza.
Anzitutto, come vedremo più ampiamente, oc-
corre aiutare il giovane nell'orientare la vita ver-
so quell'ideale prossimo e remoto che raccolga
e indirizzi tutte le sue attività verso un determi-
nato fine; e poi bisogna coadiuvarlo nell'organiz-
zare totalmente la propria vita a servizio e in
funzione di quel medesimo ideale.
355

38.6 Page 376

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Don Bosco curava da pari suo la formazione
della personalità nei suoi educandi, cercando di
risolvere i problemi stessi della personalità nel-
la cornice della vita di ciascuno. In tal modo
egli seppe schiudere davanti agli occhi della lo-
ro mente gli orizzonti luminosi di una vita orien-
tata verso Dio nell'adempimento del propri<;> do-
vere, e posta tutta quanta al suo santo servizio
col conoscerlo, amarlo e servirlo in questo mon-
do per partecipare poi della sua ineffabile feli-
cità nell'altro.
Il Santo col suo esempio inculcava quell'ar-
monia e coerenza di sentimenti e di azioni, che
corrisponde alla franca professione di vita cri-
stiana: la qual pròfessione avrebbe poi dovuto
contraddistinguere tutta l'esistenza di ciascuno
nella via liberamente prescelta.
Si direbbe che egli avrebbe voluto che ogni
suo Ex-Allievo · avesse potuto ripetere, ciascuno
nella propria sfera sociale, quanto egli con san-
ta fierezza disse un giorno al Ministro Ricàsoli,
a Firenze, prima ai sedersi a intavolare cun lui
importanti trattattive: «~Eccellenza, sappìa che
Don Bosco è pre e all'altare, prete in confessio-
nale, prete in mezzo ai suoi giovani, e come è
prete in Torino, così è prete a Firenze, prete
nella casa del povero, prete nel palazzo del Re
e dei Ministri! > (583).
356

38.7 Page 377

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Animato da così nobili e robusti sentimenti,
egli voleva che i suoi giovani vivessero una vita
armonicamente - e profondamente cristiana, an-
che per servire di esempio e di stimolo a tutti.
E così, quale esimio coltivatore delle anime,
dopo aver m~sso ogni cura nella conveniente pre-
perazione del terreno, nel gettare nei solchi il
buon seme e nel curare con frequenti surchia-
ture le pianticelle a misura che crescevano, le se-
guiva con cure ininterrotte sino al loro comple-
to sviluppo. In tal modo egli assicurava un't-tbbon-
dante .fioritura e un copioso raccolto.
857

38.8 Page 378

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CAPTTOLO VT.
L'EDUCAZIONE RELIGIOSA
Quale sia la funzione della religione negli
ambienti educativi appare dalle seguenti parole
del Servo di Dio Don Michele Rua, primo Sue- .
cessore di Don Bosco, ri_volte ai padri e alle ma-
dri di famiglia: « L'educazione non è altro che la
continuazione dell'opera del Creatore nel fanciul-
lo: essa deve prendere questa giovane creatura
e guidarla al suo fine supremo. neeessario quin-
di che la Religione tutto signoreggi nella scuola
e nell'istituto: l'insegnamento, la disciplina, la
stessa ricreazione. La Religione non dev'essere
uno studio od un esercizio, a cui sia solo assegna-
to il suo tempo e la sua ora; è una fede, una
legge, che devè farsi sentire costantemente e do-
vunque, ed esercitare la sua azione naturale sul-
la intera formazione. Finchè non si sarà dato a
Dio il suo posto di sovrano nella educazione,
· nulla si potrà sperare di buono da essa. A que-
l
358

38.9 Page 379

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sto solo patto, la scuola, l'istituto raggiungeran-
no il nobile e sublimissimo scopo di veramente
e sodamente educare i giovanetti » (584).
La cosa appare evidente, quando si pensi che
in soltanto la Religione cristiana è grado di for-
nire i mezzi necessari al raggiungimento dell'Ul-
. timo Fine: la Divina Rivelazione, attraverso il
magistero infallibile della Chiesa Cattolica, fa
conoscere all'educando tutto quello che deve fare
o evitare per conseguire la vita eterna; mtntre i
Sacramenti e l'orazione gli çonferisçono la gra-
. zia di osservare tutta quanta la legge di Dio e
di perfezionare in se stesso la vita divina, che,
rendendolo figlio di Dio, ed elevando ogni sua
azione al piano soprannaturale, lo conduce ef-
fettivamente all'acquisto del Paradiso.
1. Valore educativo della Religione
nel pensiero di Don Bosco.
Don Bosco, era profondamente convinto del-
l'importanza e necessità della Religione ·ai fini
educativi, al punto da · farne un perno del suo
Sistema educativo insieme alla ragione e all'amo-
revolezza (Regolam., 89). Anzi, « la: sola Religio-
ne - egli diceva - è capace di compiere la gran-
de opera di una vera educazione» (585). Nelle sa-
1 pienti pagine · che trattano del Sistema Preven-
359

38.10 Page 380

▲back to top
tivo lasciò scritto: « Ragione e Re]igione sono
gli strumenti di cui deve costantemente far uso
l'educatore, insegnarli, egli stesso praticarli, se
vuol essere obbedito ed ottenere il suo fine $ (Re-
golarn,., 90.)
Quest'idea voleva che fosse ben radicata nel-
1'animo degli educatori della gioventù: « La ma-
lattia che guasta il mondo - asseriva - è l'im-
moralità, 'l'incredulità e il materialismo che cer-
ca di infiltrarsi nel cuore dei giovani. Per porre
un argine a ·tanto male è necessario avvicinarli,
coltivarli, e ·dar loro un'educazione veramente
religiosa» (586). Fissava pertanto con queste pa-
role il compito ·dell'educatore: « Poichè l'educa-
zione deve sviluppare nel giovane la passione
p~r il bene e l'odio al male, è compito delì'edu-
cazione fargli comprern;lere l'uno e l'altro come
effetto della corrispondenza o della man canza
di conformità alla volontà di Dio: dimodochè
bene voglia dire obbedire a Dio e 'male disobbe-
\\ dire· a Lui, riassumendo così tutta la direzione
morale pratica nell'unico principio di un Dio
da amarsi al di sopra di tutte le cose e in tutte
' le cose; e tutte le cose, secondo Lui, in Lui e
per Lui » (587).
Si sforzava pure di far capire che, se l'edu-
cando ama, rispetta e, obbedisce a Dio in tutte
le cose, altrettanto farà con l'educatore ch e gli
360 /

39 Pages 381-390

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39.1 Page 381

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parla in nome di Dio. Altro vantaggio infine
che il Santo faceva notare era questo: nella pra-
tica della Religione l'educatore stesso trova quel
complesso di grazie, di aiuti e di benedizioni
che renderanno maggiormente efficace il suo la-
voro educativo (588).
Dell'importanza della Religione Don Bosco vo-
leva fossero compresi anche tutti gli alunni
studenti e artigiani. « Si richiami sovente - egli
dice - agli alunni il pensiero di Dio e del do-
vere, e si persuadano che la bontà dei costumi
e la pratica della religione è propria e necessaria
ad ogni coIJ.dizione di persone » (589).
« Vi rimanga altamente radicato nell'animo -
scriveva a chiusura della sua Storia d'Italia -
il pensiero che la Religione fu in ogni tempo
reputata il sostegno dell'umana società e delle
famiglie, e che, dove nc_m vi è Religione, non
vi è che immoralit'à e disordine» (590).
« Non si tolleri assolutamente - insisteva -
ciò che reca sfregio alle cose di Religione e di pie-
» (591). Verso coloro che offendevano la Reli-
gione Don Bosco era rigoroso come verso i ladri
e gli scandalosi.
'
Parlando il 25 lugli~ 1880 ad un gruppo
di Ex-Allievi, tornava a inculcare quello che essi
avevano da lui ascoltato negli anni della loro gio-
vinezza : « Dovunque vi troviate, mostratevi sem-
361

39.2 Page 382

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pre buoni cristiani e uomini probi. Amate, ri-
spettate, praticate la nostra santa Religione: que\\-
la Religione, con la quale io vi ho educati e pre-
servati dai pericoli e dai guasti del mondo; quel-
la Religione, che ci consola nelle pene della vita.
ci conforta nelle angustie della morte, ci schiu-
de le porte di una felicità senza confini >> (592) .
Concludendo, possiamo dire che tutta la fidu-
cia che il Santo Educatore aveva nell'opera della
formazione della gioventù e nella efficacia della
mis~ione educativa, si basava sopra la Religione,
come risulta da queste sue dichiarazioni: « Le
parole del Santo Evangelo: Ut filiòs Dei qui erant
dispersi congregaret in unum (593) che ci fanno
conoscere essere il Divin Salvatore venuto dal
cielo in ff:rrc1 per radunare insieme tutti i figliuoli
di Dio. di spersi nelle varie parti della terra, par-
mi , che si possono letteralmente applicare alla
giovi-~ntù dei nostri giorni. Questa porzione, la
più d e licato e la più preziosa della umana so-
cieU1. SII CIJÌ si fondano le speranze di un felice·
a vvt:>.u1 re, uon è di per se stessa di indole perver-
sa. Tolta la trascuratezza dei genitori, l'ozio, l'in-
contro dei cattivi compagni, specialmente nei
gior-r1i festivi, I'iésce faèilissima cosa insinuare nei
teut-! ri .cuori i princìpi di ordine, di buon costu-
me, di rispetto, di religione; perchè se accade
talvolta. che già siano guasti in quella età, io
362

39.3 Page 383

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sono piuttost.o per inconsideratezza che per mali-
- zia consumata. Questi giovani hanno· veramente
bisogno di una mano benefica che prenda cura
di loro, li coltivi quindi_ alla virtù, li allontani
dal vizio. La . difficoltà eonsiste nel trovar modo
di radunarli, loro poter parlare, moralizzarli. Fu
questa la missione del Figliuolo di Dio: questo
può solamente fare la sua santa Religione. Ma
· qnesta Religione, che_ è etema ed è immutabile
in sè, che fu e sarà mai sempre in ogni iempo
la maestra degli uomini, contiene una legge cosi
perfetta, che sa piegarsi alle vicende d ei tempi
e adattarsi all'indole diversa di tutti gli uomi-
ni » (594).
2. Istruzione religiosa.
Prima e indisp_ensabile base dell 'educazione
religiosa è una soda istruzione religiosa. A que-
sta Don Bosco dava una tale importanza, chP in.,
cominciò l'Opera degli Oratori Festivi con lo
« scopo primario >> d'istruire i giovani nel ca-
techismo. L'istruzione religiosa p erciò, nel suo
pensiero, costituisce il ce~1tro di tutte le attività
salesiane. ·
Profondo conoscitore della Storia della Chie-
sa, Don Bosco sapeva che gran parte delle ere-
sie erano sorte perchè si ignoravano le formuk
363

39.4 Page 384

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tradi.zior1<1 I i destinate ad esprimere con esattez-
Zij le v~rii·à J ~Jla Fede. Perciò insisteva p erchè
i I cn.teeh ismo fosse bene spiegato e ben capito, e
iiltresi perchè Je for·mule fossero imparate ·bene
él 1Lnemuria. Per lui, la necessità di mandare a
uH::ule il catechi1m10 era fondata su una costata-
zioue di fatto. Quar~du il fanciullo ha imparato
a 111e111oria le formule, per lo più risponde con
· pn::eisioue anche a seuso; viceversa, se ha tra-
st:1nat:o fare questo sforzo, difficilmente rispon-
de euu esattez:z.a, frequentemente cade in errore
e beu presto co11fonde o dimentica le nozioni ap -
v.rest:.
Per meglio assicurarsi che questo studio non
venisse trascurato si faceva dare sovente dai mae-
stri i 1·egistri e Je decurie settimanali e mensili,
sulle quali era riportato il voto di catechismo
meritato da ciascun giovane (595).
Coriviuto della g-raude importanza del1a Reli-
gione, voleva che essa avesse un vero primato
di onore.
Perciò faceva sì che l'insegnamento catechisti-
co fosse circondato di grande stima (596). Esi-
geva che, per essere promossi in catechismo. gli
alunni non ottenessero meno di otto decimi. E,
siccome l'esame di cultura religiosa doveva dar-
si alcuni giorni prima degli esami delle nwterie
letterarie e scientifiche, dispose che chi non fos-
I
3 34

39.5 Page 385

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se approvato dovesse ripetere quell'esame pri-
ma di dare gli altri.
Anche nel distribuire i premi, non voleva che
la Religione fosse in certo modo equiparata con
le altre materie; ma stabiliva, per coloro che
l'avessero meritato, un premio speciale; e proi-
biva di dare il premio a chi si fosse distinto in al-
tre materie, ma non nella Religione (59?).
Speciale entusiasmo suscitò fra gli artigiani,
nel 18?6, una riuscitissima Accademia Catediisti-
ca (598). I Regolamenti fissarono poi la tra<lizio- ·
ne salesiana delle gare catechistiche e di apolo-
getica, da tenersi ogni anno sia negli Istituti che
negli Oratori Festivi (Regolam., 130 e 386).
Su quest'importante materia vi sarebbe ancora
· molto da dire, ma rimandiamo chi voglia espres-
samente occuparsene alla nostra trattazione dal ti-
tolo Oratorio Festivo, Catechismo, Formazione re-
ligiosa (599).
Aggiungeremo solo che Don Bosco voleva che
ai giovani più avanzati negli studi fosse data una
più soda istruzione religiosa, conforme al loro
sviluppo intellettuale e culturale, affinchè non
accadesse che, mentre facevano grandi progressi
nelle scienze profane, restassero terra terra in fat-
to di religione, con grave pericolo di naufragare
m seguito nella fede.
Quanto gli stesse a cuore che i gio~ani co-
365
J

39.6 Page 386

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noscessero i fondamenti razionali della nostra
fede, lo ' dimostra il trattatello apologetico Fon-
damenti della Santa Religione da lui comp~sto
e inserito addirittura nel manuale delle pratiche
di pietà I/ Giovane Provveduto: il che - sia
detto di passaggio - vale tutto un poema a ono-
re della pietà soda e illuminata inculcata -dal
Santo Educatore. Lo spiegare detto trattatello
nelle classi superiori (Regolam., 131) è un punto
importante delle nostre tradizioni circa l'istru-
zione religiosa.
In questi tempi in cui purtroppo la religione,
non soltanto la si vuole ignorata, ma disprezzata
e .calpestata, ogni figlio di Don Bosco deve sen-
tire il dovere di arginare con tutte le sue forze
l'onda pestifera di un materialismo rinnegatore ·
del soprannaturale e corruttore specialmente del-
la gioventù, ricorda~do il monito che il nostro
buon Padre ricevette dall'Alto per sè e per tut-
ta la Famiglia Salesiana: « Catechizzate i fan-
ciulli! » (600).
L'istituzione della Libreria della Dottrina Cri-
stiana nel centenario del primo catechismo fatto .
1'8 dicembre 1841 da Don Bosco al giovanetto
Bartolomeo Garelli, - Libreria che in pochi anni
svolse già un'azione feconda, diretta dal corri- .
spondente Centro Catechistico Salesiano - non
ha avuto e non ha altro scopo all'infuori di que-
366

39.7 Page 387

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sto: promuovere lo studio e la pratica della Re-
ligione, alla luce delle tradizioni e delle norme
pedagogiche c~ttoliche e salesiane.
3. Religionè e Pietà.
La Religione, nel pensiero di Don Bosco, de-
v'essere inseg·nata, non come semplice t eoria, mc1
soprattutto come pratica doverosa per tutti.
Parlando con Don Cerruti biasimava « coloro
che nell'insegnare ri~ucono la Religione a puro
sentimento. - Tu ricordati bene - soggiunge-
va _: che una delle mancanze della pedagogia
moderna è quella cli non volere che nell'educa-
.zione si parli delle massime eterne, e soprat-
tutto della morte e dell'inferno » (601).
Una religione a base puramente sentimentaie
non può mettere un freno alle passioni. Don Bo-
sco è convinto' che regolar~ la vita del giova-
ne, indirizzarne i passi verso le vette della per-
fezione, non è opera del sentimento, troppo inco-
stante e sogg~tto ai · preponderanti influssi del-
l'ambiente, bensì della volontà avvalorata dalla
Grazia. Non è pago di una religione che restringe
i suoi còmpiti a esteriorità passegg~re e che, pa-
scendosi di forme appariscenti, snatura il caratte-
re giovanile con le viltà della ipocrisia. La Re-
, ligione per lui dev'essere una palestra spirituale:·
3G7

39.8 Page 388

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una santa ginnastica, che pieghi i cuori al r;spetto
e all'amore di Dio e del prossimo, nonchè all'e-
satto adempimento dei propri doveri. -
Per Don Bosco pertanto la Religione non è
una cosa astratta. Come la virtù, essa per lui non
è solo luce, ma· soprattutto forza. Egli desidera
nei suoi educandi una Religione vigorosamente at-
tuata e costantemente vissuta: non si appaga di
fiori, esige frutti. Ma v'è di più.
P ervaso dallo spirito di San Francesco di Sa-
les, vuole, come estrinsecazione pratica della Re-
ligione, la pietà e la divozione dolce e amabilf'.
Purtroppo non erano mancati ai tempi ·del
nostro Padre i _ seguaci della ,pietà giansenistica,
imbronciata, rigorista, inesorabilmente distanzia-
ta dall'uomo, addirittura scoraggiante e irraggiun-
gibile. Ci sembra oggi strano, ma è purtroppo
vero che, con idee chimeriche diametralmente op-
poste all'essenza: dello spirito cristiano, si pre-
tendeva avviare al cielo le anime, rendendon e
loro inaccessibili le vie. E se ne allontanava
sp~cialmente la gioventù, la quale, priva dei ca-
rismi e dei conforti divini, anzichè fissare lo
sguardo nelle perfozioni del Padre Celeste che
doveva~o essere la mèta eccelsa di filiale imita- ·
zione, se ne ritraeva sbigottita, piombando nel
fatalismo e financo nella disperazione.
Non è questa la pietà che deve ricostruire
368

39.9 Page 389

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sulle rovine della nostra natura ferita: e meno
ancora è la pietà dei grandi plasmatori d'anime, ·
quah San Francesco di Sales e San Giovanni Bo-
sco.
È canone ammesso da tutti gli educatori e psi-
cologi che,. nel mondo della natura come in quel-
lo della Grazia, si è più portati a cercare, ad ab-
bracciare, a praticare ciò che riesce gradito e
dilettevole. E [?on Bosco si adop"erò in mille mo-
di perchè tutto contribuisse a render soave ed
attraente la pietà dei giovani verso il loro Padre
che sta nei cieli: quella pietà, che era appunto
destinata a fornir loro le ali potenti che doveva-
no innalzarli fino a Dio. Alla scuola d ~l Sa_nto,
la pietà divenne conversazione con Dio ed ele-
vazione fiduciosa del cuore dei figli, che riversa-
no le loro suppliche nel cuore del Padre: divenne
come il respiro dell'anima che vive di Dio; come
dell'aria vive l'uccello e dell'acqua il pesce.
E poichè nell'educazione la molla dell'esempio
è di una efficacia irresistibile, Don Bosco inculca,
esorta, scongiura che quanti lavorano tra i gio-
vani concorrano ad alimentare la fiamma della
pietà nei cuori. « Il Direttore - scrive - deve
precedere gli altri nella Pietà... egli dev'essere
come un padre in mezzo ai propri figli ed ado-
perarsi m ogni maniera possibile per insinuare
nei giovani cuori l'amore di Dio, il rispetto delle
369

39.10 Page 390

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cose sacre, la frequenza ai Sacramenti, filiale di-
vozione a Maria Santissima, e tutto ciò. che co-
stituisce la vera Pietà» (602).
Chi legga attentamente il suo_ primo Rego-
lamento si persuaderà facilmente come tutti gli
articoli, che determinano le mansion · del Diret-
tore e dei suoi collaboratori nonchè il lavoro da
compiere, sono indirizzati a fomentare la Pietà,
rendendoli, per mezzo di essa, sapienti plasma-
tori di anime.
Scultoria e decisiva è, a questo riguardo, la
testimonianza di Don Bonetti che una delle mas-
~ sime più fedelmente praticate e inculcate da Don
Bosco ai suoi collaboratori era: « Far passare
Iddio nel cuore dei giovani, non I solo per la por-
ta della Chiesa, ma anche della scuola o dell'of-
ficina » (603).
4. Il santo timor di Dio.,
Dalla pietà Don Bosco non voleva mai disgiun-
to il timor di Dio. « Questo timore - dice ìl bio-
grafo - ispirato dalle parole di Don Bosco, era
guida e freno- alla condotta dei giovani, e li ad-
destrava a robusta virtù» (604).
Nel Regolamento per -gli Allievi (Capo III,
Della Pietà) si leggono i seguenti articoli:
° , < 1 Ricordatevi, o giovani, che noi siamo crea-
370

40 Pages 391-400

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40.1 Page 391

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ti per amare e servire Dio nostro Creatore, e che'
nulla ci gioverebbe tutta la scienza e tutte le rjc-
chezze del mondo senza timor di Dio. Da que-
sto santo timore dipende ogni nostro bene; tem-
porale ed eterno.
A mantenerci nel timor di Dio gioveranno
l'orazione, i Santi Sacramenti e la parola di Dio ».
_ « Credete pure - esortava il Santo - che
se ' anche foste sani e robusti, ma non fosse ben
radicato nel vostro cuore il santo timor di Dio,
non potreste far nulla. E ritenete ·invece che,
coll'aiuto del Signore, potrete far tutto » (605).
E a un giovane scriveva: « Studia per diventare
molto ricco, ma ricco di virtù, perchè la più
grande ricchezza è il santo timor di Dio » (606).
Ma non si pensi che, inculcando il timor di
Dio, Don Bosco rendesse in certo modo Iddio me-
no caro ed amabile ai suoi -giovani. Timor di Dio ·
per lui significava vivere alla presenza del Si-
gnore, e, considerandone l'infinita Bontà, evi-
tare tutto ciò che pote·sse dispiacerGli: insomma
Ù timor di Dio doveva servire ad eccitare nell?edu-
cando la docilità e la buona condotta (607)~
Anzi, formato alla scuola di San Francesco di
Sales, egli voleva che l'educazione cristiana, per
corrispondere adeguatamente al suo scopo, evi-
tasse di ispirare al fanciullo il timore esagerato
di Dio. « Questo Dio di bontà
iceva - trop-
371

40.2 Page 392

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po spesso viene dipinto come uno spauracchio
atto a intin~idire, mentre il cuore dei fanciulli
si allontana facilmente da tutto ciò che li mette
in soggezione. '.È l'amore di Dio che diminuisce
la soggezione e la diffidenza, e che, al posto di
essa, fa nascere l'espansione fiduciosa e l'abban-
dono giocondo e filiale.
« Si deve dimostrare ai fanciulli che Dio per
noi è il padre più buono e generoso. Noi dobbia-
mo al Su~ Amore ogni cosa: l'esistenza, i genitori,
tutto ciò che noi amiamo. Egli solo ci conserva
tutti questi beni, e la Sua Bontà lo sospinge a
darcene sempre di più, e, in compenso, altro non
chiede da _.noi che l'amore e le prove della no-
stra riconoscenza. Per questo noi dobbiamo ob-
bedire a quelli che Egli ci ha messi accanto per
comandarci in suo nome, e ringraziarlo con tutto
il cuore e parlargli c_on confidenza di quanto ci
preoccupa e chiedergli quanto desideriamo sen-
za timore di riceverne un rifiuto. Egli può far
tutto ciò che vuole; Gli basta volere; e ha pro-
messo d'esaudirci. E, se p er caso noi gli chiedia-
mo cosa che possa farci del male, Egli stesso ha
curç1. di cambiarc_ela con un'altra che sia vantag-
giosa.
« Nella sua grandezza infinita Egli non ave-
va alcun bisogno di noi; era perfettamente felice
prima che noi fossimo; eppure ha voluto crearci
372

40.3 Page 393

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pe.r avere il piacere di amarci e d'essere amato
da noi. Non aborre che una cosa: la disobbe-
dienza! Questo solo Gli impedirebbe d'amarci
e lo obbligherebbe a punirci per: il nostro bene.
Di più: è tanto buono che, se talora manchiamo,
si affretta a perdonarci quando confessiamo la
nostra colpa e Gli mostriamo sincero pentimento
e dolore d'averlo disgustato.
« E nessuna delle nostre azioni può sfuggire a
Lui, perchè Egli è dappertutto e vede tutto, an-
che i pènsieri più segreti. Ha sempre gli occhi
fissi sopra di noi, non per coglierci in fallo e
punirci, il che fa semp.re a malincuore, ma per
amarci e incoraggiarci con la sua presenza a
far il possibile per esserGli più graditi e per soc-
correrci quando occorra. Vuol anche aiutarci in-
ternamente a fare il nostro dove!e, traendoci
quasi per mano. Per questo ha voluto fissare la
sua dimora nel centro dell'anima nostra, per ralle-
grarci, consolarci, darci forza e luce a ben com-
portarci, e calore per· amare tutto ciò che dob-
biamo amare.
« Per dimorare con noi, che lo abbiamo of-
feso, questo Dio di amore volle farsi uomo co-
me noi e morire per noi tra i più crudeli tormenti.
In questo modo Egli stesso ha soddisfatto per noi
e ci ha meritato di andare un giorno accanto a
Lui in Paradiso, dove lo ·vedremo e lò conoscere-
373

40.4 Page 394

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mo perfettamente seriza timore di perderlo mai
più. Là ci intratterremo familiarmente con Lui,
e tutta la nostra felicità sarà nell'amarlo e nel
comprendere qttanto sia degno di essere amato e
quanto Egli ci ami » (608).
5. Le pratiche religiose.
fuori d'ogni dubbio, come d'altronde ri-
sulta dalle Memorie Biografiche del nostro Pa-
dre, che la base di tutta l'educazione ch'egli
impartiva ai giova,ni era la pietà (609). N<d no-
vembre 18?8 Don Bosco aveva avuto un incontro
con Mons. Ferrè, Vescovo di Casale. Quest'insigne ·
Prelato, uomo dotto e profondo osservatore, volen-
do spiegare.__ il motivo per cui la Congregazione
si estendeva tanto e le Case Salesiane progre-
divano così bene, espresse in presenza di ragguar-
devoli personaggi che tutto ciò si doveva a due
grandi segreti, che erano la chiave di tutto il
bene operato dai Salesiani: la pietà e il lavoro.
Riguardo alla pietà così si esprimeva: « (Don
Bosco) imbeve talmente i giovani delle pratiche
di pietà che, quasi direi, li inebria. L'atmosfera
, stessa che li circonda, l'aria che respirano è im-
pregnata di pratiche religiose. I giovani, così
impressionati, non osano quasi più, anche volen-
do, fare il male: non hanno mezzi di farlo; devo-
374

40.5 Page 395

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no assolutamente muovere contro la corrente per
divenir cattivi; trascurando le pratiche di ·pietà,
si troverebbero come pesci fuor d'acqua. Questo
è che rende i giovani così docili, che li fa.operare
per convinzione e per coscienza. Le cose van-
no bene per forza irresistibile ».
Don Bosco fece alle parole del dotto Prelato
questo com·mento: « Quanto alle pratiche di pietà,
si cerca di non opprimere · i giovani, anzi di non
istancarli mai; si fa che esse siano come. l'aria,
la quale non opprime, non istanca mai, sebbene
noi ne portiamo sulle spalle · una colonna pesan-
tissima: la ragione è che interamente ci circonda,
interamente ci i~veste, dentro e fuori :i> (610).
« La pietà - scrive Don Lemoyne - non
s'imponeva, ma le si dava quotidiano alimento
nella comune preghiera, nella Santa Messa, nella
frequente Confessione e Comunione, negli ac-
conci sermoncini d ~ogni se ra prima del ripo-
so » (611).
Ai Direttori riuniti diceva Don Bosco il 1?
.gennaio 1876: « Il punto principale attorno a cui
deve versare la nostra obbedienza si è intorno alle
pratiche di pietà, le ·quali sono come il cibo,
il sostegno, il balsamo della stessa virtù. L'obbe-
dienza, specialmente per le pratiche di pietà, è
la chia..Je maestra dell'edificio della nostra Con-
gregazione; è quella che la sosterrà » (612).
375

40.6 Page 396

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Raccomandava al tempo stesso che si avesse
somma cura di non sovraccaricare i giovani con
pratiche devote (613). A chi gli fece l'appunto
di trattenere i giovanetti in eccessive orazioni,
rispose: « Io non esigo di più di quanto si fa da
ogni buon cristiano, ma procuro che queste pre-
ghiere siano fatte bene» (614).
Consigliava inoltre, specialmente in certe cir-
costanze in cui i nemici da tutto prendevano ar-
gomenfo per combattere la Chiesa, somma pru-
denza e discrezione: « Dobbiamo cercare d'impri-
mere, per quanto è possibile, la Religione nel cuo-
re di tutti, e d'imprimerla più profondamente
che si possa: ma con il meno dj esteriorità che sia
possibile. E, sebbene nelle cose necessarie a farsi
non bisogna guardare in faccia a nessuno, tutta-
vi a, n elle cose non necessarie, conviene evitare
qualunque manifestazione che ci metta troP,po
in vista p er quel che siamo » (615).
E a Don Bonetti, Direttore di Mirabello Mon-
ferrato, scriveva nel 1868: « Ho giudicato bene di
togliere tutte quelle cose che possono dare pre:-
testo di accusarci che noi spingiamo le pratiche
di pietà troppo avanti» (616).
Riguardo poi alle preghiere, voleva che si re-
citassero in comune e ad alta voce: « I ragazzi -
egli dice - sono così fatti che, se non pregano
ad alta voce cogli altri, lasciati a sè, non dircb-
376

40.7 Page 397

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bero più le preghie]'e nè vocalmente nè mental- ,,
mente. Quindi, posto anche che le dicessero ;olo
materialmente, anche distratti, mentre, sono .oc-
cupati a pronun.ziare le parole, non possono par-
lare coi compagni; e le stesse parole che dicono
anche solo materialmente, serv:ono a tener lonta-
·no da loro il demonio » (617).
Desiderava inoltre che le preghiere si recitas- .
sero senza alzare troppo la voce e posatamente,
non con precipitazione: come chi sa di parlare al
Padre che sta nei cieli e a Gesù, Amico dolcis-
simo dell'anima.
Per questo scriveva ai giovani dell'Oratorio il
23 luglio 1861: « Havvi una cosa di grande impor-
tanza da rimediare, èd è il modo tropp'o accde-
rato con cui tra di voi si recitano le comuni pre-
ghiere. Se· volete fare a me cosa graditissima .e
1 nello stesso tempo piacevole al Signore ed utile
alle anime vostre, studiate di essere regolati nel
pregare, distaccando una dall'altra le parole e
pronunciando compiute le consonanti e le siìla-
be, che le parole compongono » (618).
Per aiutare i giovani a ç; mpiere le loro prati-
che religiose con piacere e con frutto, indicavu i
mezzi che servono a rendeile amabili e care: de-
coro della chiesa o cappeÌla, grandiosità di ese-
cuzioni musicali, splendore del culto, varietà di
funzioni, esattezza nelle cerimonie, silenzio rac-
377

40.8 Page 398

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colto e via dicendo (619). Allo stesso scopo esi-
geva il silenzio perfetto, detto · anzi « silenzio
sacro », dalla sera dopo le orazioni sino al matti-
no dopo la Santa Messa. « Questo silenzio repu-
tavalo1di somma necessità perchè gli animi, non
divagati, potessero conseguire tutto _il frutto del-
la preghiera » (620).
Come si vede, Do~ Bosco non voleva una pie-
tà faticosa, sostenuta da teorie e da pratiche
complicate, ma una pietà assai facile, alimentata
da esercizi semplici, ordinari, indispensabili, e
per ciò stesso più graditi e fruttuosi.
Una volta, in tema di purezza, si espresse al
- riguardo con le seguenti parole: « Forse taluno
potrà dire che simili pratiche di pietà sono trop-
po ordinarie. Ma io osservo che, siccome lo sp1en-
dore della virtù di cui parliamo può oscurarsi e
perdersi ad ogni piccolo soffio di tentazione, così
qualunque più piccola cosa che contribuisca a
conservarla, deve tenersi in gran pregio. Per questo
io consiglierei di caldamente invigilare che sia1no
proposte cose facili, che non ispaventino· e nep-
pure stanchino il fedele cristiano, massime poi la
gio~entù. I digiuni, le preghiere prolungate e
simili rigide austerità per lo più si omettono o
si praticano con pena e rilassatezza. Teniamoci
alle cose facili, ma si facciano con perseveran-
za ,, (621).
378

40.9 Page 399

▲back to top
Passiamo ora a esaminare brevemente quali
siano le pratiche di pietà inculcate di preferenza
ai giovani dall'esimio Educatore.
I a) SANTI SACRAMENTI.
Per Don Bosco i Sacramenti erano l'ossatura
principale della pietà e la chiave di volta d1 tut-
to l'edificio spirituale. Fu veramente eccezionale
l'importanza formativa da lui data ai sant( Sa-
cramenti. Si resta sorpresi e ammirati considera11-
do gli sforzi diuturni del Santo per infondere nel
cuore dei suoi giovanetti la divozione alla Santis-
sima Eucaristia, per cui !'educando vive di Gesù
e si trasforma in Lui. L'Eucaristia veniva cosi
a costituire il centro e l'essenza della divozioìle
che egli inculcava verso Nostro Signore.
Nel Sistema Preventivo il Santo scrisse: < La
frequente Confessione, la frequente Comunione,
la Messa quotidiana, sono le colonne che devon
reggere un edificio educativo, da cui si vuole
tener lontane la minaccia e· la sferza~ (Rego--
lam. , 94). Ed altrove: ~ Ricordatevi che il primo
metodo per educar bene è il far buone Confessioni
e buone Comunioni » (622).
Don Bosco · si er"a persuaso', dal suo lungo la-
voro in mezzo ai giovani, che ben poco sarebbe
riuscito a fare qualora gli fosse venuto meno l'aiu-.
379

40.10 Page 400

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to del tutto straordinario dei santi Sacramenii.
Ma dove riteneva assolutamente indispensabile la
forza al tutto divina dei medesimi, era nel con-
seguimento della moralità (623).
Nella Vita di Francesco Besucco scrisse que-
ste forti parole: « Dicasi pure quanto si vuole
intorno ai vari sistemi di educazione, ma io non
trovo alcuna base sicura se non nella frequenza
della Confessione e della Comunione, e credo di
non dir troppo asserendo che, omessi questi due
elementi, la moralità resta bandita :s, (624).
E nella Vita di Domenico Savio: < Egli è
comprovato dalla esperienza che i più validi so-
stegni della gioventù sono i Sacramenti della Con-
fessione e della Comunione. Datemi un giova-
netto che frequenti questi Sacramenti: voi lo
vedrete crescere nella giovanile, giungere alla .vi-
rile età e arrivare, se così piace a Dio, fino alla
più tarda vecchiaia, con una condotta che è
l'esempio di tutti quelli che lo conoscono. Questa
massima la comprendano' i giovanetti per prati-
carla; la comprendano tutti quelli che si occu-
pano , della educazione dei medesimi, per in!:ìi-
/ nuarla » (625).
D'altronde per esperienza egli considerava la
pietà e i Sacram~nti come mezzi efficacissimi
pel mantenimento della disciplina. Nel 1875 al-
cuni signori, trasecolati allo spettacolo di tanti
380

41 Pages 401-410

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41.1 Page 401

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giovani nello studio silenziosi e att.fn ti ai loro
doveri, dissero a Don Bosco che li accompagna.va:
- Per mantenere così la disciplina ci · vorrà
un bel numero di assistenti!
Osservmo: ve n'è uno solo.
Ma allora chissà che rigore si userà!
Oh, no, non ci sono rigori.
Ma, che cosa c'è allora?
Vedano: ciò che rende questi giovani buo-
ni e studiosi non è il timore dei castighi, ma iJ
timore di Dio e la frequenza dei santi Sacramenti.
Ecco ciò che fa fare miracoli alla gioventù » (626).
Attestava il Canonico Ballesio: « Il freno
male, l'eccitamento al bene, la giocondità e la sod-
disfazione nostra, l'ordine nella Casa, la nostra
riuscita nello studio e nel lavoro, tutto nasceva
dalla pietà razionale, intima e fervorosa, che il
servo di Dio sapeva infonderci col suo esempio,
colle prediche, colla frequenza ai Sacramenti, n
quei tempi cosa quasi nuova fra i giovani » (62?) .
E infatti Don Bòsco non si stancava di ripe-
tere: « Ritenete, giovani miei, che i due sostegn i
più forti a reggervi e camminare per la strada
del Cielo sono i Sacramenti della Confessione e
Comunione. Perciò riguardate come gran nemico
dell'anima vostra chiunque cerca di allontanarvi
da queste due pratiche di nostra santa Religio-
ne» (628).
381

41.2 Page 402

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Procurava che tali pratiche fo ssero veramente
ben fatte (629) .
« La sola frequenza ai Sacramenti - disse
un giorno a Don Barberis - non è indizio di bon-
tà. Vi sono di quelli, che, sebbene non facci an o
sacrilegi, vanno però con molta tiepidezza a rice-
vere la Comunione; anzi, la loro mollezza non la.:
scia loro capire tutta l'importanza del Sacramen-
to a cui si accostano. Chi non va alla Comunione
col cuore vuoto di affetti mondani e non si getta
generosamente nelle braccia di Gesù, non ottie-
ne i frutti che si sa teologicamente essere effetto
della Santa Comunione » (630).
Promuoveva .la frequenza ai Sacramenti, anche
a scopo di edificazione: « Ciascuno procuri di da-
re buon esempio ai compagni, particolar.mente
nella frequenza ai Sacramenti» (631).
E, nel primo Regolamento dell'Orator_io Festi-
vo, insisteva: « Si raccomanda a tutti e special-
mente ai più adulti di frequentare i Santi Sacra-
menti nella chiesa dell'Oratorio per dar buon
esempio ai compagni; perchè un giovane che si ac-
costi alla Confessione e alla Comunione con vera
divozione e raccoglimento, fa talvolta ·maggior
impi:essione sull'anima altrui, che non farebbe
una lunga pred.ica » (632).
Con questo sistema Don Bosco praticamente
mostrava di non voler forzare i giovanetti alla
382 ·

41.3 Page 403

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frequenza dei Santi Sacramenti, ma soltanto d'in-
coraggiarli (633). Ai suoi figli raccomandava di
seguire la stessa norma scrivendo nell'Opuscolo
sul Sistema Preventivo: « Nei casi di Esercizi Spi-
rituali, tridui, novene, predicazioni, catechismi,
si faccia rilevare la bellezza, la grandezza, la
santità di quella Religione che propone mezzi
così facili, così utili alla civile società, alla tran-
quillità del cuore, alla salvezza dell'anima, come
appunto sono i Sacramenti. In quef5ta gui_sa i fan-
ciulli restano spontaneamente invogliati a queste
pratiche di pietà, vi si accosteranno volentieri,
con piacere e con frutto » (Regolam., 94).
Egli era di una delicatezza del tutto straor-
1 dinaria per tutelare la libertà di coscienza degli
alunni. « Non s'interroghino mai i giovani - di-
ceva - su cose di coscienza nè si investighi se
uno si confessa o no, se va o non va alla Comu-
nione » (634). Tanto meno poi voleva che aléuno
si facesse scorgere ad osservare chi andasse o
non andasse ai Sacramenti (635). Diceva ancora:
« In classe i maestri, rimproverando i negligenti,
non accennino mai alla loro frequenza ai santi
Sacramenti come in contrasto con la loro condot-·
ta » (636). Di questo suo modo di procedere ere- 1
deva opportuno informare i giovani con questo
avviso: « Fra di noi non vi è comando di accostar-
si a questi Santi Sacramenti; e ciò per lasciare
383

41.4 Page 404

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che ognuno vi si accosti liberamente, per amore
e non mai per timore. La qual cosa riuscì molto
vantaggiosa, poichè vediamo molti ad intervenirvi
ogni quindici od otto giorni, ed alcuni, in mezzo
alle loro giornaliere occupazi~ni, fanno esem-
plarmente la loro Comunione anche tutti i gior-
ni » (637).
.
Così Don Bosco mentre s'industriava a ser-
virsi dei mezzi più acconci alla formazione morale
dei suoi alunni, aveva sempre presente, da buon
educatore, il pensiero di non intaccarne mai la
libertà. Specialmente trattandosi di cose religiose,
egli non voleva vi fosse assolutamente neppur
l'ombra di un abuso d'autorità da parte dell'e-
ducatore nei riguardi dell'educanda. A questo
fine metteva in pratica uno dei capisaldi . di tutto
il suo sistema educativo, vale a dire la ragio-
ne. Nei suoi libri, nei suoi discorsi, nelle sue esor-
tazioni, e potremmo citarne a centinaia, egli,1men-
tre si sforza di metter nella luce più chiara la
ragionevolezza e i vantaggi, per esempio, <le.Ila
Confessione ed i beni che essa arreca all'anima,
con non minor impegno fa capire all'allievo che
non vi è da parte sua obbligo di sorta, nè da par-
te dei Super iori veruna imposizione per indurlo
alla Confessione.
384

41.5 Page 405

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b) LA CONFESSIONE.
1) Sua necessità·
La prima cosa che Don Bosco richiedeva da
un giovanetto nel suo entrare in Collegio era la
riforma morale: e si sa che il principio di essn
sta in una buona Confessione. 1
Egli potevasi be:Q. dire maestro in questa ri fo r-
ma, e da tutti conoscevasi l'efficacia morale de:
suoi consigli. Il Teologo Ballesio, parlando de]Li
vita intima di . Don Bosco, disse: « Amante . ed
espansivo, schivava nel suo governo con ·noi il for-
malismo artificiale ed il rigorismo che ·pone com e
un abisso tra chi comanda e chi obbedisce; ed
esercitava l'autorità ispirando risp etto, confiden-·
za e amore. E le anime nostre gli si aprivci.no con
intimo, giocondo e totale abbandono.- Tutti vole-
vamo confessarci--1da lui, che a questa santa, e a
un tempo dura fatica, consacrava da sedici a v en
ti ore per settimana, e ciò con tutto il suo da fare,
e per tanti anni » (638).
Moltissimi Ex-Allievi furono uditi attestare :
« Egli mi diresse spiritualmente per cinque, otto
dodici anni e, se attualmente son quello che sono
e per riguardo all'anima e alla mia onorevole pos i-
zione sociale, devo tutto a lui » (639).
Anche i gio;vani più adulti lo preferivano ad
ogni altro confessore, perchè li trattava con mol-
13 (Il)
385

41.6 Page 406

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ta carità, parlava loro di Dio, della divina mi-
sericordia, della vita eterna, con una unzione che
. li commoveva; ed aveva pronti certi modi e cer-
te frasi, varie all'infinito, singolari, inaspettate,
·per far rivivere sodi proponimenti nelle loro
a111m.
Eppure, ma~grado un sì lungo esercizio e una
esperienza non · comune, dichiarava quanto nu-
merose e gravi sono le difficoltà per far sì che
i giovani si servano bene del Sacramento della
Confes.sione.
Trovandosi nel 1875 a Sampierdarena in con-
versazione con Don Albera, dopo essèr rimasto
alquanto in silenzio, esclamò: « Quanto è difficile
far del bene alle anime! Adesso che ho sessant'an-
ni mi accorgo ancora ·delle difficoltà che si in-
contrano nel confessare i giovanetti. Eppure Don
Bosco qualche lume l'ha ·ricevuto! » (640).
Probabilmente si riferiva alla integrità della ·
Confessione, data l'estrema ripugnanza che spe-
cialmente i .giovani provano a manifestare certe
miserie. Di qui tutte le sue industrie per ispirare
confidenza nel confessore: « Il confessore è l'ami- "
co dell'anima vostra - diceva loro . - e perciò
vi raccomando di avere in lui piena confidenza.
Dite pure' al vostro confessore ogni segretezza
del cuore, e siate persuasi, che Egli non può ri-
velare la minima cosa udita in Confessione. Anzi
386

41.7 Page 407

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non può nemmeno pensarvi sopra » (641). Li eso:-
tava alla frequenza del Sacramento, com e si leg-
ge nel primo Regolamento dell'Oratorio Festivo:
« Io consiglio tutti i giovani d ell'Oratorio a fare
quanto dice il Catechismo della Diocesi, cioè: è
bene confessarsi ogni quindici giorni od una
volta al mese. San Filippo Neri, quel grande ami-
co della gioventù, consigliava i suoi figli spiritua-
li a confessarsi ogni otto giorni, e a comunicarsi
anche più spesso secondo il · consiglio del confes-
.sore » (642).
Infine, gli stava molto a cuore la pratica della
Confessione generale. Nel 18?6 diceva ai Direttori .
riuniti: « Ora veniamo ad un punto che io credo
della massima importanza per far camminare
bene i giovani nella via della salute. Purtroppo
una lunga esperienza mi ha persuaso esservi bi-
sogno di far fare la confessione generale ai gio-
vani che vengono nei n ostri Collegi; o alme no
almeno questa confession e. essere loro vantaggio-
sissima » (643).
2) Il confessore stabile
e llt direzione .spirituale.
L'efficacia della Confessione per i giovani era
da Don Bosco particolarmente riposta nella scel-
ta di un confessore stabile e nella confidenza cou
lui onde essere ben conosciuti e guidati.
387

41.8 Page 408

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Di ciò parlava con frequenza ai suoi fi.gliuo1i.
Ad esempio, nell'agosto del 1864 diceva loro: < Io
son solito di consigliare- ai giovani che entrano
nuovi nella Casa qu~llo che Pitagora - celebre
filosofo italiano dell'antichità - esigeva dai suoi
discepoli. Ogni qual volta si presentava a lui qual-
che nuovo alunno, per ammetterlo alla sua scuo-
la voleva che prima in confidenza gli facesse .una
minuta dichiarazione, ossia una specie di confes-
sione, delle azioni di tutta la sua vita passata.
Notate che egli era un filosofo pagano, il quale
però cercava colle molte cognizioni acquistate
di rendersi utile al suo simile. Chiedeva adun-
que tale manifestazione, e ne dava la ragione
dicendo: - Perchè, se io non so tutte le azioni
che hanno fatte pel passato, non posso consi-
gliare i, rimedi che richiede il loro stato, e la
moralità dei loro costumi. - Quando un gio-
vane poi era accettato nella sua scuola come al-
lievo, voleva che gli tenesse - il cuore aperto in
ogni cosa: - Perchè - soggiungeva - se io non
conosco il loro interno, mi riesce impossibile far
loro il bene che desidero e di cui essi hanno bi-
sogno.
« Lo stesso io consiglio a voi, m1e1 cari gio-
vani. Alcuni credono che basti aprire intieramen-
te il cuore al Direttore Spirituale per incom in-
cia~e una vita nuova, e che sia confessione ge-
388

41.9 Page 409

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nerale quando dicono tutto... una gran cosa,
ma qui· non è ' tutto... Si tratta, non solo di ri-
mediare al passato, ma anche di provvedere al-
l'avvenire con fermi proponimenti... In quanto
all'avvenire, per camminare con sicurezza dovete
rivelare i vostri difetti abituali, le occasioni nelle
quali eravate soliti cadere·, le passioni doI\\1-inanti;
stare ai consigli e agli avvisi che vi verranno dati,
· mettendoli fedelmente in pratica; e poi conti-
1mare a tenere aperto il vostro cuore con piena
confidenza, esponendo di mano in mano i suoi
bisogni, le tentazioni, i pericoli; dimodochè chi
vi dirige possa guidarvi con sicurezza~ (644).
Per questo Don Bosco raccomandava ai gio-
vani di avere un confessore stabile. Il confesso-
re, nel campo soprannaturale, è come il medico
nella vita fisica che è destinato a conservare e,
in casi necessari, a guarire l'organismo. Ora è
evidente che chi volesse cangiare ad ogni mo-
mento il medico commetterebbe un grave errore,
perchè non avrebbe mai nessuno che lo conoscd
bene a fondo e che lo abbia studiato specialmente
nel corso di ·qualche malattia: ciò si avvera ·anche
per il medico dello spirito.
« Io credo - scrisse Don Bosco - che la più
grande fortuna per un giovane sia la scelta di un .
confessore stabile cui apra il suo cuore; confes-
sore che si pre~da cura dell'anima di lui e che,
389

41.10 Page 410

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coll'amorevolezza e colla carità, lo incoraggi alla
frequenza di questo Sacramento» (645).
« Si eviti il difetto di alcuni che cangiano
confessore quasi ogni volta che vanno a confes-
sarsi, oppure, dovendo confessare cose di mag-
gior rilievo, vanno da un altro, ritornando poscia
dal confessore primitivo. Facendo così costoro
non fanno alcun peccato, ma non avranno mai
una guida sicura che conosca a dovere lo stato
di loro cosciénza. A costoro accadrebbe quello che
ad un ammalato, il quale in ogni visita volesse
un medico nuovo. Questo medico difficilmente po·-
trebbe conoscere . il male dell'ammalato; quindi
sarebbe incerto nel prescrivere gli op,portuni ri-
medi» (646).
3) Efjic'acia . educat-iva della Confessione.
Per ben capire l'insistenza di Don Bosco su
questo punto è bene soffermarci ora a. conside-
rare l'efficacia grande della Confessione in fatto
di educazione morale. Il Santo era d'avviso che
le:+ Confessione costituisce propriamente il e: pun-
to culminante per ottenere la moralit.à » nella Ca-
sa (64'7). Inoltre diceva di non aver trovato altro
mezzo migliore che la Confessione settimanale per
allontanare i giovani dal vizio ed avviarli alla
virtù (648). E ne dava la ragione: < Chi non ha
390

42 Pages 411-420

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42.1 Page 411

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pace con Dio, non ha pace con ·sè, non ha pace
con gli altri... Se il cuore non ha pace con Dio,
rimane angosciato, irrequieto, insofferente di ob-
bedienza~ si irrita per nulla, gli sembra che ogni
cosa vada a male; e, perchè esso non ha amore,
giudica che i Superiori rion lo amino» (649).
« Le anime giovanili, nel periodo della 1oro
formazione, hanno bisogno di sperimentare i be-
nèfici effetti che derivano dalla dolcezza sacerdo-
tale. Vivendo .sotto questo influsso sin dalla tenera
età, si rammentano poi più tardi della pace go- -
duta dopo le sacramentali assoluzioni, e, qualora
si abbandonino agli um ani traviamenti, sanno
sempre ricorrere per aiuto agli amici della loro
infanzia » (650).
Quei pedagogisti che non professano la Reli-
gione cattolica, forse faranno le meraviglie aJ
vedere come da Don Bosco, e dai suoi figli che
ne seguono le norme e gli esempi, si dia tanta
importanza alla Confessione, come a primo fon-
damento di riforma e preservazione mòrale, e co-
me a forza di tutta la missione educativa (651).
Ci sia permesso di chiarire questo concetto.
Nella Confessione settimanale, anche prescin-
dendo dal suo grandissimo valore soprannaturale,
troviamo dei fattori educativi di una efficacia
eccezionale. La · Confessione esige anzitutto, nel-
l'alunno che si prepara a farla, una se-ria rifles-
391

42.2 Page 412

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sione per esaminare lo stato della sua cdscienzs.,
cioè le mancanze, la loro maggiore o minore ma-
lizia, il loro numèro e altre circostanze: cose tutte
da considerarsi attentamente per capire la gravi-
tà della colpa commessa, sentirne il dolore e farne
una sincera dichiarazione al confessore. Tale ri-
flessione forma il giovane a quella serietà che
non è certo una delle caratteristiche della sua vita.
L'introspezione, magnificata oggi come un gran-
de ritrovato scientifico, è sempre stata indispen-
sabile per fare una buona Confessione. ·
Un secondo aspetto dell'efficaçia pedagogica
di questo Sacramento si ha nel dolore che .l'alun-
no deve sentire delle sue mancanze. Se egli rico-
. nosce di aver offeso Dio, Bontà infinita, dal quale '
ha ricevuto tanti e così splendidi benefizi, è certo
che nel suo cuore nascerà un sentimento di pe1.1a,
di dolore, per avere cagionato disgusto, e, in
certi casi, gravissima ingiuria a Colui che egìi
avrebbe dovuto amare sopra ogni cosa e /fedel-
mente servire. Ognuno si rende conto di quaJ
forza formativa sia il dolore che fa sbocciare tali
sentimenti, radicando nell'animo n~biltà di pen-
sare, di sentire e di agire.
Un terzo fattore educativo è costituito dalla
manifestazione delle colpe al Ministro di Dio.
È il caso di dire che chi sa inginocchiarsi gene-
rosamente, da peccatore, s'innalza, e diventa gran-
3 0v .".J

42.3 Page 413

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de. La virtù dell'umiltà, esercitata con siffatte
manifestazioni, incide nell'anima e lascia in essa
una forza per un non comune profitto spirituale.
Altrettanto dicasi della sincerità nella mani-
festazione delle proprie mancanze. Tutti .sanno
quanto sia grande la debolezza dei giovani a
questo riguardo: le bugie sono uno dei difetti che
maggiormente si riscontrano in essi. Si direbbe
che siano convinti di difendere con esse la natu-
rale loro debolezza. Guai, se questo vizio si -ra-
dica nei cuori: li snatura. Ora, la Confessione hn
anche l'altissimo compito di formare il giovane
alla sincerità, procurandogli così un bene di va-
lore inestimabile.
Un altro vantaggio, esso pure di non dubbia
importanza, procura la Confessione al giovane, .
facendogli capire che non basta conoscere le pro-
prie colpe, sentirne dolore e manifestarle, ma che
è necessario fare propositi per l'avvenire, onde
correggerle e sradicarle. Ec_co perchè Don Bosco
raccomandava tanto ai suoi alunni che, andando
a confessarsi, pensasse~o con serietà a formulare
propositi di bene per l'avvenire. Chi s1 e reso
conto delle proprie mancanze deve pur compren-
dere quali possono esserne le cause, quali le
occasioni da evitare, quali le virtù da contrap-
porvi: ed ecco che in tal modo l'alunno viene a
trovarsi nelle mtgliori condizioni per formulare
393

42.4 Page 414

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propositi veramente ben ponderati, i quali, ::-e
praticati, contribuiranno a renderlo migliore, ir-
robustendone la volontà e il carattere.
Vi è un ultimo motivo dal quale l'educatore
può formarsi una giusta idea dell'efficacia for-
mativa della Confessione, ed è il dover fare la
penitenza imposta dal confessore. L'animo d-el
fanciullo sente naturale ripugnanza per tutto èiò
che è penitenza, considerata da lui come castigo.
Quando una penitenza gli viene data nella scuola,
nello studio e in altri luoghi, egli sente in se
stesso quasi un istintivo movimento di ribellione.
Non così n_ella Confessione. Fu lui stesso infatti
che ha voluto andare a confessarsi, che ha rico-
nosciuto e manifestato le sue colpe, che ha risolu-
to di non commetterne più in avvenire: e perciò
prova quasi un se11so di sollievo compiendo la
piccola espiazione che gJi viene imposta. In fine~
la parola del Sacerdote che gli suggerisce qualcl?-e\\
buon consiglio, egli la considera come parola del
Rappresentante di Dìo, anzi di Dio stesso, dalla
cui mano paterna e amorosa riçeve con piena sot-
tomissione qualsiasi penitenza, e si dà premura
di compierla.
·
Non è facile trovar~ nella vita umana un'azio-
ne, la quale presenti un insieme di motiYi tante
efficaci per la buona educazione del fanciullo.
Queste considerazioni ci· fanno capire sempre
394

42.5 Page 415

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meglio con 'quanta ragione Don Bosco inculcasse
tanto la pratica di questo Sacramento e raccoman-
dasse che, entrando µn giovane nell'Istituto, il
Superiore, avutolo a sè, gli facesse capire perchè
il Signore ve l'avesse condotto (652), e gli di-
cesse subito chiaro e senza ambagi, dopo le in-
terrogazioni" di uso e qualche barzelletta, ciò che
si desiderava pel suo bene, invitandolo a mettere
in assetto le cose dell'anima. Ma in tutto vol~va
che si usasse grande moderazione, adattando gli
avvisi alle varie indoli, in modo da non riuscire
molesti, ma invece graditi e accetti.
Ricorderemo infine che la preoccupazione che
nulla venisse a turbare la serenità di una pra-
tica spiritualmente e pedagogicamente sì impor-
tante, ispirò pure al Santo la norma che nei suoi
Istituti non si leggessero mai i voti di condotta
al sabato, se in quel pomeriggio si fanno le Con-
fessioni: affinchè il malumore di quelli che ebbe-
ro note di negligenza non diminuisse o comecches-
sia disturbasse le Confessioni stesse (653).
4) Norme ai confessori e agli educatori.
Gli stavano tanto a cuore le Confessioni ben
fatte che no°: voleva fossero ammessi come Con-
fessori se non sacerdoti conosciuti e ben preparati.
Era convinto che per le Confessioni dei giovani
3:J5

42.6 Page 416

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ci vogliono abilità, esperienza e risorse speciali.
Taluni saranno molto adatti per gli adulti, ma
non riescono coi giovani (654). Di ciò era talmente
persuaso, che avrebbe voluto scrivere ·un tratta:.
tello in proposito.
Nella Vita ·di Michele Magone inserì questi av-
vertimenti ai confessori sul modo di confessare
i fanciulli:
« 1) Accogliete con amorevolezza ogni sorta
di penitenti, ma specialmente i giovanetti. Aiu-
tateli ad esporre le cose di loro coscienza; insi-
stete che vengano con frequenza a confessarsi.
È questo il mezzo più sicuro per tenerli lontani
dal p_eccato. Usate ogni vostra industria affinchè
mettano in pratica gli avvisi che loro suggerite
per impedire le ricadute. Correggeteli eon bontà,
ma· non sgridateli mai; se voi li sgridate, essi
non vengono più a trovarvi oppure tacciono
quello per cui avete loro fatto aspro rimprovero.
2) Quando sarete entrato in confidenza, pru-
dentemente fatevi strada ad indagare se le con-
fessioni della vita passata siano ben fatte. Pe-
rocchè autori celebri in morale, -in ascetica, e di
lunga esperienza, e specialmente un'autorevole per-
sona che ha tutte le garanzie della verità, tutti insie-
me convengono a dire che per lo più le prime
confessioni dei giovanetti se non sono nulle, al-
meno sono difettose, per mancanza d'istruzione o
396

42.7 Page 417

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per omissione volontaria di cose da confessarsi.
« Si inviti il giovanetto a ponderare bene lo
stato di sua coscienza, particolarmente dai sette
sino ai diec;i, ai dodici anni. In tale età si ha già
cognizione di certe cose che sono grave màle, m a
di cui si fa poco conto, oppure si ignora il modo
' di confessarle. Il confessore faccia uso di grand e
prudenza e di grande riserbatezza, ma non ometb
di fare qualche interrogazione intorno alle cose
che riguardano la santa virtù della modestia »
(655) .
In una memoria scritta pei suoi Salesiani, Don
Bosco si esprime così:
« Quando si è richiesti di ascoltar le confes-
sioni, ciascuno si presenti con animo ilare e non
si usi mai sgarbatezza nè mai ·si dimostri impa -
zienza. I · fanciulli si prendano con modi dolci e
.con grande affabilità. Non mai si strapazzino, nè
si facciano le meraviglie per l'ignoranza o per le
·cose deposte in confessione. Qualorç1. si' vedess,:·
necessità in qualcuno di essere istruito, esso sia
invitato in tempo e luogo adattato, ma a parte.
Le cose che ordinariamente mancano nelle con -
fessioni dei fanciulli sono il dolore dei peccati e
il proponimento. Quando manca l'una o l'altra dì·
queste qualità, causa l'ignoranza, si consigli il
fanciullo ad istruirsi frequentando il catechismo,
o studiando la dottrina stampata se egli è capace
397

42.8 Page 418

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di leggere e comprendere quel che legge. Nel
dubbio però, se non appare colpa grave, si può
loro dare soltanto la benedizione » (656).
Concluderemo ora con la fervida esortazione
inserita dal nostro santo Fondatore e Padre nella
Vita di Francesco Besucco: « Se per avventura
questo libretto fosse letto da chi è dalla divina
Provvidenza destinato all'eduéazione della . 'gio-
ventù io gli raccomanderei caldamente tre cose
nel Signore. Primieramente inculcare cpn zelo la
freqt1.ente Coùfessione, come sostegno della in-
stabile· giovanile età, procurando tutti i mezzi che
possono agevolare l'assiduità a questo Sacra-
mento. Insistano secondariamente sulla grande
utilità della scelta di un Confessore stabile da
non cangiar;i senza necessità, ma vi sia copia' di
Confessori, affinchè ognuno possa scegliere colui
. che sembri .più adatto al bene dell'anima pro-
pria. Notino sempre peraltro che chi cangia Con-
fessore non fa alcun male e che è meglio can-
giarlo mille volte, piuttosto che tacere alcun pec-
cato in Confessione. Nè manchino mai di ricorda-
re spessissimo il grande segreto della Confessio-
ne. D·icano esplicitamente che ·il <Sonfessore è
stretto da un segreto naturale, ecclesiastico, _divi-
no e civile, per cui non può per nessun motivo, a
costo di qualunque male, fosse anche la morte,
~n anifestare ad alcuno cose udite in Confessione
398

42.9 Page 419

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o servirsene per sè; che anzi può nemmeno pen-
sare alle cose udite in questo Sacramento; chç
il Confessore non fa alcuna meraviglia, nè di-
in minuisce l'affezione per cose comunque gravi udi-
te Confessione: al contrario acquista credito
al penitente. Siccome il medico quando scopre
tutta la gravezza del male dell'ammalato gode
in . cuor suo, perchè può applicarvi l'opportuno
rimedio, così fa il Confessore, éhe è medico .del-
l'anima nostra, e a nome di Dio con l'assoluzione
guarisce tutte le piaghe dell'anima. Io sono per-
suaso che se queste cose sar,anno raccomandate
e a dovere spiegate, si otterranno grandi risultati
morali .fra i giovanetti, e si conoscerà coi fati i
qual meraviglioso elemento di moralità abbia h1
Cattolica Religione nel Sacramento dell,a Peni-
tenz{l » (65?).
e) LA COMUNION E .
A volte vien fatta ai figli di Don Bosco que-
sta domanda: - Come mai nell'ambiente di vita
di famiglia dei vostri Istituti, e soprattutto senza
che generalmente vi serviate di mezzi repressi vi,
potete ottenere notevoli risultati nell'educazione
<lei giovani, affezionandoli a voi e all'Istituto in
modo tale che essi, anche in seguito, :ricordano con
piacere la vita passata nei vostri Collegi?
399

42.10 Page 420

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La risposta si può leggere nell'opuscolo sul
Sistema Preventivo, dove Don Bosco narra la
visiia di un Ministro Inglese all'Oratorio.
. Il visitatore illustre rimase stupito del silenzio
e della disciplina che regnavano nella sala di stu-
dio di circa cinquecento giovani, e specialmente
all'udire che i Superiori non ricorrevano a mezzi
coercitivi. E ne chiese la spiegazione.
- Signore, ~ rispose Don Bosco, - il mezzo
che si usa tra noi non si può usare tra voi.
- Perchè?
- Perchè sono arcani soltanto svelati ai · cat-
tolici.
- Quali?
- La frequente Confessione e Comunione, e
la Messa quotidiana b en ascoltata » (Regolam., 94.
nota).
Le parole di Don Bosco potrebbero ripeterle
oggi la maggior parte dei suoi figli che spendono
le loro energie nell'opera educativa della gio-
ventù.
La Confessione, ·come abbiamo visto, e soprat-
tutto la Comunione, sono il .gran mezzo di cui si
servì Don Bosco e si servono tuttora i suoi eredi
nell'apostolato per ben educare i giovani. Quan-
do Gesù abbia preso possesso dei cuori giovanili,
resta ben poco da fare all'educatore. L'anima
del fanciullo che alberga la Divinità acquista tale
'400

43 Pages 421-430

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43.1 Page 421

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disposizione e agevolezza a operare il bene, che
non è facile immaginare.
Per questo Don Bosco voleva che i giovanetti
fossero ammessi per tempo alla prima Comunio-
ne. « Si tenga lontana come la peste - diceva -
l'opinione di taluno che vorrebbe differire la pri-
ma Coµiunione ad una età troppo inoltrata, quan-
do per lo più il demonio ha preso possesso del
cuore d'un giovanetto, a danno incalcolabile della
sua innocenza » (Regolam., 97).
Era suo desiderio che fosse Dio stesso nel Sa-
cramento dell'Amore a occupare per primo il cuo-
re di un giovanetto. La pratica seguita da lui, e
che si riallaccia alla prassi primitiva della Chie-
sa, fu solennemente ratificata dal Beato Pio X in
data 20 dicembre 1905.
1
Si noti anche qui la forza educativa della Co-
munione. Il ragazzo che vuol ricevere Gesù Sa-
cramentato, anzitutto deve purificare il proprio
cuore: .e noi abbiamo già visto la forza formativa
della Confessione. Egli inoltre, compreso dell'atto
che sta per compiere, fin d~llo svegliarsi - ri-
volgendo il suo saluto filiale e il suo omaggio di
adorazione a Dio, che lo ha creato e lo conserva,
- richiama alla mente la santa Comunione: «De-
vo ricevere il mio Dio!» Questo pensiero lo muo-
ve a osservare una condotta veramente esempla-
re nell'adempimento di tutti i suoi doveri. Quan-
401

43.2 Page 422

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do poi in chiesa si avv1cma l'istante fqrtunato,
egli vi si dispone con attì di fede, di speranza,
di amore, di pentimento, di offerta e di propo-
nimento: insomma è tutto un susseguirsi di ri-
flessioni e di affetti utilissimi a rafforzare nel cuo-
re del giovane l'amore a Dio e; di conseguenza,
il desiderio di servirlo poi fedelmente durant-e tut-,
ta la giornata.
·
Altrettanto dicasi degli atti che egli si indu-
stria di compiere dopo aver ricevuto Gesù in
cuore:-Dà.rà sfogo a santi affetti, gli chiederà nuo-
vamente perdono delle sue manchevolezze, 0 ·so-
prattutto rinnoverà il proposito di far piacere
e all'Ospite Amico dell'anima sua, evitando de-
terminati difetti e praticando particolari virtù.
Ora non vi è chi non veda quali energie edu-
cative sviluppi nell'animo dell'alunno la Santa
Comunione, anche se si volesse prescindere' - il
che non è possibile - dalle grazie di cui Iddio
arricchisce il cuore del giovane che lo rjceve con
disposizioni tanto filiali.
Ecco perchè Don Bosco favoriva ' la Comunio-
ne frequente ed esortava i suoi alunni ç1. ricevere
Gesù benedetto il più sovente possibile.
Nel dicembre -1887 egli era' a pranzo con di-
stinti prelati ed ecclesiastici. Dopo la ménsa il di-
scorso cadde sulla importanza ed efficacia della
Comunione frequente per l'emendazione della vi-
402

43.3 Page 423

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ta, massime dei giovani, e per il loro avanzamento
nella perfezione. Don Bosco, rivolto al Vescovo
di Liegi Mons. Dutreloux, ivi presente, esclamò
d'un tratto: « Sta lì il gran segreto! » E proferì
queste parole con voce fievole, ma con tale accen-
to di fede e di amore, che commosse vivament~
il Vescovo, come questi ebbe a dire poi a Don
Rua (658).
« La base della vita felice di un giovanetto
è la frequente Comunione», scrisse il Santo ngli
alunni di quarta e quinta ginnasiale di Borgo
San Martino (659). E a chi gli manifestò il pro-
prio timore di abituarsi troppo alla Mensa Eu-
caristica, non esitò a rispondere che continuasse
a fare ogni mattina la Santa Comunione, aggiun-
gendo: « Quando l'abit.udine è buona e ci porta
-al bene, dob_biamo seguirla e praticarla » (660).
Nella Buona Notte del 18 giugno 1864 spie-
il suo pensiero circa la frequenza alla Comu-
nione: « Gli Ebrei, quando erano nel dese1·to,
mangiavano la manna che cadeva tutti i giorni.
Ora ci dice il Vangelo che la m anna è figura del-
l'Eucaristia e perciò dobbiamo anc4e noi mangiar-
la ogni giorno su questa terra, che è :figurata dai
40 anni passati da l popolo Ebreo nel drserto.
Quando noi saremo giunti alla Terra Promessa
non l'avremo più ·a mangiare, perchè vedremo
e avremo sempre Iddio con noi colla sua essenza.
403

43.4 Page 424

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« I primi fedeli - continuava Don Bosco -
si comunicavano tutti .i giorni, e and~ndo alla
Messa quei pochi che, per qualche motivo, non
si potevano comunicare, ad un certo punto di
essa dovevano uscire. Anche più tardi, ma ancora
in quei tre primi secoli, nessuno andava alla :Mes·
sa senza accostarsi alla Comunione. La ·santa
Chiesa poi, radunata nel Santo Concilio di Tren-
to, dichiarò essere suo desiderio che i fedeli, an·
dando alla Messa, tutti si accostassero alla sacra
mensa. Difatti se il cibo del corpo si deve pi·
gliare tutti i giorni, p·erchè non il cibo dell'ani-
ma? Così dicono Tertulliano e Sant'Agostino.
- Ma dunque - voi mi osserverete - avremo
tutti ad accostarci propriamente ogni giorno? -
Vi risponderò che il precetto non c'è di accostar-
si tutti i giorni. Gesù · Cristo lo brama, ma non
lo comanda. Tuttavia per darvi un consiglio, che
sia -adattato alla vostra età, condizione, divozione,
preparazione e ringraziamento, che sarebbe ne-
cessario, io vi dirò: intendetevela col Confessore
e fate secondo il suo avviso. Se ,poi volete sapere
il mio desiderio, eccovelo: comunicatevi ogni gipr-
no. Spiritualmente? il Concilio di Trento dice:
sacramentaliter! Dunque? Dunque fate così: quan-
do non potete comunicarvi sacramentalmente, co-
municatevi almeno spiritualmente.
< Ma prima di lasciarvi andare a riposo -

43.5 Page 425

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concludeva il Santo Educatore - vorrei ancora
togliere un inganno grande che è nella mente dei
giovani. Dicono alcuni che per comunicarsi spes-
so bisogna essere santi. Non è vero! Questo è
un inganno. La Comunione per chi vuol farsi -
santo, non per i santi: i rimedi si dànno ai mala-
ti, il cibo si dà ai deboli. Oh! quanto io sarei
fortunato , se potessi vedere acceso in voi quel
fuoco, che il Signore è venuto a portare sulla
terra! » (661).
,,, Tutte queste espressioni ci paiono ancor più
notevoli, se ricordiamo che Don Bosco visse in
un'epoca, in cui il giansenismo aveva ancora un
influsso funesto, con grande danno della vita cri-
stiana e religiosa. Partendo da un concetto esa-
gerato della giustizia di Dio, presentato ai fedeli
quasi come un giustiziere e un tiranno, i gian-
senisti avevano creato una msormontabile barrie-
ra tra Dio e l'uomo, imponendo condizioni tali
per ricever Gesù Sacramentato, da riuscire que-
sto inattuabile alla gran maggioranza dei fedeli,
cui pertanto era resa quasi impossibile la vita
eucaristica.·
Contro sì funesto rigorismo insorse pratica-
mente Don Bosco, che lasciò scritto nel Sistema
Preventivo: « I catechismi raccomandano la fre~
quent-e Comunione. San Filippo Neri la consiglia-
va ogni otto giorni e anche più spesso. Il Conci-
405

43.6 Page 426

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... lio Tridentino dice chiaro che desidera somma-
mente che ogni fedele cristiano, quando va ad
ascoltare la Santa Messa, faccia eziandio la Co-
munione non solo spirituale, ma bensì sacra-
mentale, affinchè si ricavi maggior frutto da que-
sto augusto e divino Sacramento » (Regolam., 98).
E ben possiamo dire che -il contributo dato ,,.
con sapiente fermezza da Don Bosco, alla santa
battaglia in favore della Comunione frequente
e .anche quotidiana sia stato indubbiamente ef-
ficace.
' Da quanto abbiamo detto apparisce chiaro
che la Santa Comunione era la causa prima
dell'ascendente che Don Bosco acquistava sulla
gioventù, riducendola con tanta facilità ad essere
morigerata e docile (662). Ma al tempo stesso che
ne raccomandava ai giovani la frequenza, non li
sforzava. Lasciava a tutti la massima libertà.
Non si piegò mai a permettere che · nei giorni
di Comunione generale si facessero uscire dai
banchi i giovani ordinati per fila, per andare
All'altare; voleva evitare ad ogni costo che chi
nàn era preparato si lasèiasse vincere con gran
-suo danno dal rispetto umano, o fosse segnato
a dito dagli altri. Meglio la libertà, anche se
unita a un po' di confusione. Ed alla Messa di
comunità erano tanti i giovani che si accostava-
no alla Santa Comunione, che parecchi forestie-
406

43.7 Page 427

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ri chiesero più di una volta quale festa si ce-
lebrasse, perchè loro sembrava di aver assistito
n una Comunione generale (663).
1
d) LA SANTA- MESSA
E LA VISITA .AL SS. SACRAMENTO.
Don Bosco diede tale e tanta importanza alla
Messa, da volerla al posto .d'onore nelle quotHfia-
ne pratiche di pietà in _tutte le sue Case: di gui-
sa che ogni giornata di lavoro e di studio comin-
ciasse con l'azione più augusta della nostra santa
Religione.
Egli parlava con frequenza ai giovani della
Santa Messa, rilevandone la natura, gli scopi,
gli obblighi e il modo di ascoltarla ·con frut-
to (664). Con particolare unzione trattò di · essa
nel Giovane' Provveduto. Troppo gli premeva
che dalla rinnovazione incruenta del Sacrifici,q
. del Calvario i suoi giovani traessero ogni gior-
no abbondanza di grazie ·per la loro genuina for-· ,
mazione cristiana.
A rendere particolarmente viva e fru'ttuosa
la partecipazione ai Divini Misteri, Don Bosco
volle concorresse la recita del Santo Rosario du-
rante la .Messa della Comunità. Per tal modo allà
celebrazione del Mistero Eucaristico, - il quale è
l'augusto Memoriale della vita, passione, · morte,
407

43.8 Page 428

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risurrezione ed ascensione del Divin Redentore,
- va unita la meditazione dei Misteri di Gesù
e la replicata invocazione dell'aiuto della Madon-
na, e i giovani imparano praticamente ad anda-
re a Gesù per mezzo di Maria: ad Jesum per
Mariam.
Si _fecero, già ai suoi tempi e anche dopo, os-
servazioni e critiche acerbe circa la recita del
Rosario durante la Santa Messa. Don Bosço an-
che in ciò seguiva gli insegnamenti di San Fran-
cesco di Sales. Questo Santo, dopo aver presenta-
to alle anime che dirigeva, diversi metodi per
assistere alla Messa, asseriva di non essere contra-
rio a che durante il Santo Sacrificio si recitasse
il Rosario e di avere, anzi, a volte consigliato
proprio tale pratica piuttosto che altre preghiere,
lasciando naturalmente libertà d'interromperlo du-
rante certi punti, soprattutto all'Elevazione (665).
Aggiungiamo che oggi non è più il caso di far
critiche, dopo le vive raccomandazioni di Pa-
pa Leone XIII, il quale ne suggeriva la re-
cita durante la Santa Messa nel mese di Ottobre,
arricchendo questa pratica con speciali indul-
genze; e soprattutto dopo l'Enciclica di S.S. Pio
XII sulla Liturgia, ove è detto che i fedeli posso- ·
no partecipare al Sacrificio Eucaristico, oltre che
usando opportunamente il Messale Romano, anche
< in altra maniera che ad alcuni riesce più fa.
408

43.9 Page 429

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cile: come, per esempio, meditando piamente i
misteri di Gesù Cristo, o compiendo esercizi di
pietà e facendo altre preghiere che, pur diffe-
renti nella forma dai sacri riti, ad essi tuttavia
corrispondono per la loro natura» (666).
Don Bosco conosceva bene l'indole del gio-
vane, e sapeva che eg1i non è portato alla rifles-
sione. Faceva di tutto per abituarlo · ad essa; ma,
siccome la natura non fa salti, voleva .che non si
avessero esigenze eccessive. Non possiamo ad e-
sempio ·pret·endere che i giovani assistano aHa
santa Messa ogni giorno leggendo il Messalino.
Praticamente il risultato di , tale pratica si dimo-
strò negativo, poichè, data la difficoltà di se-
guire e comprendere le preghiere e formule li-
turgiche, dopo qualche giorno il Messalino trop-
po facilmente diventa esso pure un balocco e una
causa di distrazione. Al contrario, la recita al-
ternata e ben fatta dei Sé;lnto ,. Rosario, mentre
permette ai giovani di seguire il Santo Sacrificio
che si svolge davanti ai loro occhi, accompagna
questo stesso pensierÒ con le più belle preghie-
re della Liturgia cattolica, intenotte di quan-
do in quando dall'invito a meditare qualcuno
dei misteri più importanti della nostra santa Reli-
gione, intimamente co:nnessi con il Mistero Eu-
caristico.
Ma Don Bosco intendeva pure che la Messa
409

43.10 Page 430

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quotidìana e la Comunione frequente servissero
a stabilire, nei giovani, rapporti di vera intimità
con Gesù Sacramentato, in tal guisa che il loro
pensiero si rivolgesse qÙasi istintivamente a Lui
anche nel rimanente deÌl,a giornata, visitandoLo
qualche volta in chiesa, fosse pure per brevi
istanti (66?). E ripeteva agli alunni dell'Oratorio:
« Gesù è l'Amico da frequentare, da amarsi, da
riverirsi, da coltivarsi. Oh! quanto bene vi procu-
•'i rerà questo Amico! » (668).
Su tale punto delle visite a Gesù Eucaristi-
' co, Don Bosco insisteva di frequente. Nelle Case
Salesiane è tradizione univer_salmente praticata
che i , giovani, uscendo di refettorio dopo pran-
zo, prima d'iuizia:re la ricreazione, si rechino libe-
ramente in chiesa o in cappella per una breve
visita: ciò taluno fa anche in altre ricreazioni.
Don Bosco amava di.:e che Gesù Sacramentato
è in attesa che Gli si vadano a chiedere grazie
e avori, e che quanto più spesso Gli si doman-
dano grazie, tanto piiì _ç.ontento -Egli è e altret-
tanto abbondantemente le concede.
Anche questo è· un mezzo pedagogico assai ef-
ficace. Praticare spontaneamente qualche r.inun-
zia per compiere senza costrizione di sorta un
esercizio dr pietà, serve a rafforzare la virtù e
a irrobustire il carattere mediante -1a riflessione
e la· spontaneità, che portano il giovane ai- pie-
410

44 Pages 431-440

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44.1 Page 431

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di dell'altare del Dio vivente per ricevere spe-
c_iali benedizioni.
I
Risuonino adunque ognora agli orecchi dei ·
nostri giovani le parole di Don Bosco: « Nel Ta-
bernacolo non vi è il Tesoro più grande che pos-
sa trovarsi in cielo e in terra? Purtroppo che glj
uomini ciechi non lo conoscono questo Tesoro,
ma è certo, certissimo, di Fede, che là vi sono im-
mense ricchezze. Gli uomini sudano per aver da-
nari: ebbene nel Tabernacolo vi è il Padrone di
tutto il mondo. Qualunque cosa che Gli chiediate
e che vi sia necessaria, Egli ve la concede-
» (669). Diceva altra volta: « Volete che il
Signore vi faccia molte grazie? visi~at~lo ,sovente.
Volete che ve ne faccia poche? visitatelo di rado.
Volete che il demonio vi assalti? :visitate di rado
Gesù in _Sacramento. Volete che fugga da voi?
visitate sovente Gesù. Volete vincere il demonio?
rifugiatevi sovente ai piedi di Gesù. Volete es-
sere vinti? lasciate di visitare Gesù. Miei cari!
La visita al Sacramento è un mezzo troppo neces-
sario p er vincere il demonio. Andate dunque
sovente a visitare Gesù· e il demonio non la vip.-
cerà contro di voi » (670).
Per·tal modo regnerà in ogni Casa Salesiana
quella soda e fervente Pietà Eucaristica, che ·
stava tanto a cuore al nostro 1mnto Fondatore e
Padre. Egli diceva ai suoi giovani .in una Buona
411

44.2 Page 432

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Notte del 1876: < Vi raccomando adunque ancor
io, e tanto, una Comunione o una visita in chie-
sa, e anche entrambe queste due cose insieme.
Oh che felicità poter ricevere nel nostro cuore
il Divin Redentore! quel Dio che ci deve dare
1a fortezza e la costanza necessaria in ogni mo-
mento di nostra vita. Il Sacro Tabernacolo poi,
cioè Gesù Sacramentato che si conserva nelle no- ·
stre chiese, è fonte di ogni benedizione e di ogni
grazia. Egli sta apposta in mezzo a noi per con-
fortarci nei nostri bisogni. Credetelo pure, miei
cari figliuoli, colui che è divoto del Santissimo
Sacramento, cioè va con frequenza a fare buo-
ne Comunioni, e colui che va a far visite a Ge-
sù Cristo nel tabernacolo, costui ha un pegno
sicuro della sua eterna salvezza » (6?1).
e) LA DIVOZIONE ALLA VERGINE SANTISSIMA.
Altro mezzo pedagogico di gra~ efficacia n~l
sistema educativo di Don Bosco fu s~mpre la di-
vozione alla Santissima Vergine. Pedagogisti in-
signi hanno messo in luce, anche recentemente,
la forza formativa di questa divozione. Don Bosco
si industriava di persuadere i giovani che, come
nell'ordine della natura Iddio aveva loro dato una
madre, così un'altra Madre av"eva donato nell'or-
dine soprannaturale. Eccitando in essi un amore
412

44.3 Page 433

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filiale e costante verso questa Madre- tenerissimct
e potentissima, era persuaso che i giovani si
sarebbero impegnati, per amore di Essa, a .non re-
carle dispiaceri con le loro mancanze. _D'altronde
si sa che non pochi figliuoli, pur di evitare an-
che pn solo disgusto alla loro madre terrena, sono
capaci anche di compiere' non comuni ' sacrifici.
Don Bosco ripeteva ai suoi giovani che
la divozione a Gesù Sacramentato e a Maria SS.
sono tra i mezzi più efficaci per progredire nella
·virtù, e due potenti ali spirituali, scotendo le
quali il giovane non tarderà a sollevarsi verso
il cielo (6?2). E ancora: « Credetelo, o miei cari
figliuoli, io penso di non dire troppo asserendo
che la frequente Comunione è· una grande co-
lonna sopra di cui _poggia un polo del mondo;
la divozione pÒi alla Madonna è l'altra colonna
sopra cui poggia l'altro polo » (6?3).
Così Don Bosco congiungeva le due fondamen-
tali divozioni della pietà cristiana, persuaso .che
non si può separare la Madre dal Figlio e che
la divozione · alla Vergine Maria deve effettiva-
mente condurre le anime a Gesù nella. pratica
di ogni più bella virtù.
Ora, essend~ appunto questo lo scopo speci-
fico della cristiana educazione, appare chiaro che
la Madonna ha una funzione importante nell'o-
pera educativa. Perciò l'educatore non può e non
413

44.4 Page 434

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deve prescindere dal materno aiuto di Lei; anzi
è suo dovere invocarlo sempre e meritarselo col
diffondere la divozione della Madonna tra i gio-
vani alle sue cure affidati.
Don Bosco aveva sperimentato l'efficacia di
questo intervento di Maria nell'opera educativa
fin dal primo sogno, in cui la Madre di Dio gli
· era stata data come Maestra. Il segreto del
suo successo nel campo pedagogico consiste ap-.
punto nell'aver egli docilmente seguiti gli im-
pulsi e gli ammaestramenti che di mano in mano
gli venivano. impartiti, pel bene della pericolante
gioventù, dalla sua celeste Ispiratrice.
Anzi, Don Bosco attribuiva alla Vergine Au-
siliatrice, . di cui si considera.va strumento, tutto
il bene compiuto personalmente e per mezzo dei
suoi figli; e a questi volle lasciare, quale prezio-
sa eredità e quale garanzia di successo educativo,
la divozione a Maria Ausiliatrice, col mandato 1
esplicito di diffonderla sempre e ovunque. . E
ai giovani inculcava « soprattutto una grande,
una tenera, verace e costante divozfone a Maria
Santissima. Oh! se sapeste - scriveva - che
importa questa divozione, non la cambiereste con
tutto l'oro del mondo! Abbiatela e spero che di-
rete un giorno: Venerunt omnia mihi bona pari- , '
ter com illà (Mi vennero poi con essa tutti i beni
insieme) » (6"!4).
414

44.5 Page 435

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Di qui quel complesso di pratiche divote, che
egli escogitò e stabilì in onore di questa celeste
Madre: la recita quotidiana del S. Rosario; la
pratica del sabato mariano; la celebrazione par- _
ticolarmente' solenne delle feste e novene mariane,
e soprattutto del mese di maggio e del 24 di .detto
mese; il bacio della medaglia e la recita delle
tre Ave Maria ogni sera prima del riposo; l'an-
nuncio in classe delle solennità della Madonna;
e · i fioretti e le mortificazioni in onore di Lei (675).
Ma ciò che maggiormente gli stava a cuore era
l'imitazione delle virtù della nostra Madre ce-
leste. Fu scritto,- e l'udimmo specialmente dai più
antichi allievi di Don Bosco, che quando parlava
della Madonna, la pa~ola, sempre così ' piana e
sobria e meditatà, rivestiva un tono e un tim-
bro speciale ed aveva un'efficacia tale da rapire
i cuori e far versare lagrime di tenerezza ai gio-
vani che l'ascoltavano. Non si limitava però a
considerazioni mistiche o speculative, pur sa-
pendo attingere dai Padri ciò che essi avevano
scritto di meglio in onore della Madre di Dio. Le
sue erano generalmente esortazioni pratiche pèr
,.ndurre i giovani a imitare Colei, che è specchio
di ogni virtù. Ne abbiamo raccolte, in parte, nel-
la Circolare sulla Divozionè a Maria Ausiliatri-
ce {676).
415

44.6 Page 436

▲back to top
., f) LA DEVOZIONE AL pAPA.
Con Gesù e con Maria Don Bosco amò il Papa:
e anche questo terzo grande amore si studiò di
istillare con ogni mezzo nel cuore dei suoi giova-
ni. Non ci diffondiamo al riguardo, avendone già
trattato ampiamente a suo luogo (67'7).
Ricorderemo solo che Don Bosco parlava ai
giovani del Sommo Pontefice con la più · grande
venerazione, volendo 1che fosse da-tutti riconosciu-
to come Vicario di Gesù Cristo e Rappresentan-
te di Dio in terra. Stimolava i suoi educandi a
pregare per il Papa, ad assecondarne le direttive
e persino i desideri, a prendere parte alle sue gio-
ie e ai suoi dolori, a onorarlo con feste, con scrit-
ti, con dimostrazioni speciali. E i giovani, fatti
persuasi che, ubi Petrus ibi Ecclesia (ov'è Pie-
tro e il suo Romano Successore, ivi è la Chiesa), '
crescevano pure figli devoti e servitori fedeli di
santa Madre Chiesa; mentre la loro educazione,
davvero cattolica, si arricchiva di inestimabile
universalità nelle ide~, vaste quanto il mondo, e
nei sentimenti, proporzionati a uno zelo missiona-
rio sempre più generoso e intraprendente.
g) . L'IMITAZIONE DEI SANTI.
Coloro che si oc.cupano dell'educazione dei
giovani sanno quanta forza abbia su di essi l'e-
416

44.7 Page 437

▲back to top
sempio. Fu già rilevato come, in non pochi casi,
esso nell'opera educativa sia tutto o quasi tutto:
per questo Don Bosco attribuiva all'esempio dei
Santi un'efficacia particolarmente formativa. Egli,
che sapeva servirsi con abilità del tutto straordi-
naria dei fatti edificanti tratti delia storia, predi-
ligeva gli esempi ricavati dalle vite dei Santi: an-
zi voleva che i giovani si mettessero sotto la pro-
tezione di questo o quel Santo col proposito di
imitarne le virtù.
Il giovane, di fronte all'ideale virtuoso e
particolarmente ai sacrifici ch'esso esige, facil-
mente si sgomenta, parendogli troppo difficile
il bene da compiere e troppo arduo il sentiero
da percorrere. Se invece gli si mette dinanzi un
Santo coi suoi fulgidi esempi e con l'efficacia del-
la sua potente intercessione presso Dio, allora .
egli pure si sente stimolato all'imitazione, al sa-
crificio, all'eroismò.
·
Ciò spiega come Don Bosco insistesse parti-
colarmente· sulla divozione a San Luigi Gonzaga,
modello d'innocenza conservata con la penitenza
e di completo ~uperamento dello spirito mondano;
sulla divozione a San Francesco c;li Sales, mo-
dello di rettitudine ed· elevatezza di carattere,
1
di solida eppur soave pietà, di generosità nel
seguire la vocazione e nel compiere la propria '
missione di zelo; sulla divozione al glorioso San
417
14 (II)

44.8 Page 438

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Giuseppe, modello di· operosità silenziosa, inces-
sante, santificata dalla più intima unione con
Gesù e con Maria; e infine nella divozione al-
l'Angelo Custode, quale fedele compagno di tutta
la nostra vita e quale sicura difesa contro i pe-
ricoli dell'anima · é del corpo. ·
h) L'EsERc1z10 DELLA BuoNA MoRTE.
Premettiamo che Don Bosco fu il santo dell'al-
legria. Sapeva suscitarla e coltivarla in mille mo- ·
di; anzi, gli ·era tanto cara, che il saluto _più
ordinario da lui rivolto ai suoi giovanetti era
questo: « State allegri ». Se poi si fermava ad
interrogare qualcuno, generalmente gli chiedeva
per prima cosa: « Sei allegro? ».
Per lui l'allegria era come il sorriso di un'a-
nima che vive felice nella grazia di Dio; men-
tre · dove regna il peccato, non vi può essere che
un'allegria fatta di sola esteriorità. La vera al-
legria non affonda le radici in un cuore scon-
volto dalla colpa.
·
Oggi ancora, una delle cose che causano mag-
gior stupore in chi visita gli Istituti di Don Bosco,
è vedere la serenità del volto dei fanciulli e i]
loro ingenuo sorriso.
Orbene, quello stesso Don Bosco, che le sue
Case volle inondate di allegria, fu pure colui
418

44.9 Page 439

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che tra gli educatori ricorse con maggior frequen-
za ed insistenza al pensiero della morte. Proprio
perchè i suoi educandi evitassero il peccato, stron-
catore di ogni vera letizia, egli ripeteva loro di
considerare con frequenza le parole della Sacra
Scrittura: In tutte le opere tue ricòrdati della
tua fine, e non peccherai in eterno! (6?8).
1
Don Bosco non voleva un'educazione monca,
incompleta, ma bensì tale che effettivamente ser-
viss-e a formare l'uomo per _la vita e per la morte
fino al raggiungimento della beata eternità. E
bisogna riconoscere con lui che, prescindendo da
questa visione completa, l'opera pedagogica man-
cherebbe del miglior mordente e della più si-
cura efficacia: diverrebbe anzi mollezza, irrealtà,
se non proprio un vero tradimento.
Bramava adunque il Santo Educatore che i
suoi giovani pensassero alla' morte e che fin dai
loro verdi anni vi si andassero già preparando
convenientemente. Per aiutarli in ciò efficacemen-
te, stabilì una pratica speciale, da lui chiamata
appunto Esercizio della Buona Morte, da farsi
in tutti i suoi Istituti al principio o al termine
di ogni mese, anche in coincidenza con qualche
particolare circostanza.
Detto Esercizio della Buona Morte consisteva
soprattutto nel fare una Confessione e,una Comu-
nione, proprio come se fossero le ultime della vita.
419

44.10 Page 440

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Udiamo come ne parlava Don Bosco ai suoi
alunni: ~ Colui che esercitandosi a morir bene, fa
Confessioni proprio nel modo che le farebbe in
punto di morte, fa Comupioni fervorose come se .
fossero le ultime della sua vita, oh! costui, quando
si troverà sul letto dell'agonia, non proverà più
difficoltà a morir bene. Egli vi è già esercitato;
sulla coscienza non avrà più nulla che lo con-
.turbi, o solo avrà da esaminarsi delle disgrazie
che gli successero in quell'ultimo mese, in quelle
ultime settimane, e non più. Costui morrà con-
tento con ogni speranza di andar subito in Para-
diso » (679).
<: lo penso - insisfeva - che si possa affer-
mare assicurata la salvezza dell'anima di un gio-
vane che fa ogni mese la sua Confessione e
Comunione come se fosse l'ultima della sua
vita» (680).
Esigeva perciò che l'Esercizio della Buona Mor-
te non lo si tralasciasse mai (681), appunto perchè
i giovani ne capissero tutta l'importanza e ne pren-
dessero l'abitudine anche per la vita avvenire.
Gli alunni erano avvertiti sempre, qualche giorno
prima, di prepararvisi; lo si faceva con una certa
solennità; e per dare un'aria festiva a quel gior-
no, dopo la santa Messa, si distribuiva compana-
tico o altro, secondo l'opportunità (682).
I continuatori dell'9pera educativa di San Gio-
420

45 Pages 441-450

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45.1 Page 441

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vanni Bosco sono così persuasi dell'immensa effi-
cacia di questo esercizio di pietà, che .si sforza-
. no di farlo praticare sempre e nel miglior modo
in tutte le Case.
i) RITIRI SPIRITUALI.
Oltre l'Esercizio mensile della Buona Morte,
Don Bosco volle, per tutti i suoi allievi, gli Eser-
cizi Spirituali annuali; vale a dire una serie di
pratiche religiose, a base di brevi meditazioni
ed appropriate istruzioni, per richiamare in for-
ma più solenne i giovani al raccoglimento, all'e-
same di se stessi, ed anche a uno studio accurato
della propria vocazione.
L'età giovanile è portata alla leggerezza è alle
distrazioni. Il Santo anche con questo grande m ez-
zo si proponeva di rimediare a tale ·difetto p ro
prio dell'età, formando nei giovani una più chia-
ra coscienza del loro presente, stimolando una
più ,viva sollecitudine p el loro avvenire e su-
scitando, di conseguenza, promesse e impegni, fer-
vore e zelo.
È risaputo che gli Esercizi Spirituali arreca-
no grande . vantaggio a coloro che li fanno, e
ciò risulta il più delle volte dal miglioramento
della condotta religiosa e morale dei giovani. Co-
me gli esercizi fisici contribuiscono all'irrobusti-
421

45.2 Page 442

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mento delle energie corporali, così gli Esercj zi
Spirituali rendono l'anima più forte nella pr,ttica
della virtù, rafforzando al tempo stesso e ritem-
prando il carattere. In taluni poi si è visto che
gli Esercizi operano una vera trasformazione spi-
rituale, non momentanea, ma duratura, e tale da
decidere sull'avvenire della loro vita.
Don Bosco, che iniziò tali Esercizi all'Orato-
rio fin dal 1847, suggeriva alcuni mezzi che do-·
vevano giovare alla loro buona riuscita. Voleva
che si pensasse per tempo alla scelta di predica-
tori adatti, consigliava che antecedentemente e al-
la lunga si preparasse l'animo dei giovani, e che
si facesse in modo che questi avessero a trovarsi
nelle condizioni migliori per il dovuto raccogli-
mento, badando però a non ingenerare negli ani-
mi noia o stanchezza. Seguendo poi l'impulso
educativo del suo spirito di bontà, dolcezza cd
allegria, sùggeriva che, dopo gli Esercizi, si pro-
curasse ai giovani · qualche passeggio od altro di-
vertimento (683).
Sempre agli stessi scopi morali e religiosi Don
Bosco nel· 1877 introdusse la predicazione di
un Triduo all'inizio di ogni anno scolastico. Egli
sapeva che gli alunni, dopo le distrazioni e i pe-
ricoli delle vacanze estive ed autunnali, hanno
bisogno di un po' di raccoglimento, per rienlra-
re in se stessi, mettere in ordine la loro coscien-
4~2

45.3 Page 443

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1/
za e così riprendere con serenità e buona h·na
1 lo studio. Detto Triduo serve soprattutto a pre-
1- pararli a far subito una buona confessione, che
a assicuri loro buon ·andamento -dell'anno scobsti-
I
co nella disciplina, nella moralità e negli stu-
di (684).
IL l)
CICLO DELLE RICORRENZE RELIGIO,SE.
Don Bosco voleva sempre acceso il fl}oco del-
la pietà e ~apeva ravvivarlo in mille modi. A
tal fine aveva stabilito un concatenamento ammi-
rabile di pratiche religiose e di feste, che, quasi
senza interruzione, suscitavano durante il rorso
dell'anno sentimenti di . devozione nel cuore dei
suoi alunni. Era tutto un susseguirsi quasi i_nin-
terrotto di esercizi religiosi, cosicchè all'Orato-
rio non restavaiio· giorni di vacanza (685). E
avrebbe voluto mantenervi costante lo stesso fer-
vore, riaccendendolo hel cuore dei suoi giovani
con sempre nuovi e santi accorgimenti. Nè si pen-
si che egli in tutto ciò procedesse alla leggiera
e si accontentasse di sole esteriorità; all'inc:on-
tro gli premeva andare alla radice e lavorare in
profondità, perchè, lo ripetiamo, aborriva dalle
pratiche religiose che fossero un vuoto e sterile
formalismo, e non incidessero .sulla vita morale.
Il mese del Rosario lo voleva consacrato alla
423

45.4 Page 444

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Vergine SS., onorandola con una recita parti-
colarmente-divota di tale preghiera, che, come ab-
biamo visto, si diceva ogni mattina durante tutto
l'anno. Del Rosario spiegava l'origine storica non-
chè il senso delle singole preghiere delle quali
è formato. Ricordava inoltre frequentemente ai
giovani i misteri, abituandoli così alla riflessio-
ne durante la preghiera.
Giova qui ricordare che rimase celebre, all'O-
ratorio, la risposta data da Don . Bosco al nifar-
chese Roberto d'Azeglio, il quale visitando la Ca-
sa, ammirava ogni cosa, lodava altamente tutto,
ma giudicava tempo perduto quello che s'impie-
gava nelle lunghe preghiere, e diceva che a quel-
l'anticaglia di 50 Ave Maria infilzate una dopo
l'altra non ci teneva gua;ri e che Don Bosco
avrebbe dovuto abolire quella ~ratica noiosa. « Eb-
bene, - · rispose amorevolmerit~ il Santo, - io
ci sto 'molto a tale pratica: e su questa potrei
dire che è fondata la mia istituzione: e sarei
disposto a lasciare piuttosto t.ante altre cose be11
importanti, ma non questa; e anche, se facesse
d'uopo, rinunzierei alla sua preziosa amicizia, ma
non mai alla recita del santo Rosario » (686).
Al mese di ottobre seguiva quello dei morti.
Abbiamo già visto quale importanza formativa
desse Don Bosco al pensiero della morte. Durante
quei giorni invitava i giovani a mantenersi in
424

45.5 Page 445

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grazia di Dio; e in pm, con delicato sentimento
di pietà umana e sop~annaturale, li esortava a
rivolgere a Dio le loro preghiere o per il padre
o per la madre, forse defunti, o per qualche al-
tro membro della famiglia, ed anche per l'anima
di qualche loro benefattore o amico, come pure
per le anime dei benefattori dell'Istituto; e in ge-
nerale per le anime tutte del Purgatorio, le qua-
li aspetta:u.o da noi l'aiuto onde poter più pre-
sto volare al possesso del Premio eterno.
. Che dire poi dell'impegno particolarissimo con
cui egli voleva si celebrasse la festa della "\\Tergi-
ne Santissima Immacolata? La Congregazione da
lui fondata era nata precisament'e 1'8 dicembre
1841: e gli pre1ùeva che questo fatto fosse ricorda-
to, facendo con fervore, in onore della Vergine
Santa, una novena di preghiere per ottenere da
Lei, oltrech~ favori particol~ri per ciascun indi-
viduo, grazie straordinarie per la Congregazione
e per la Chiesa.
In quei giorni poi tutto · doveva spirare pu-
rezza e virtù angelica: e così gli alunni si sentiva-
no portati dal mutuo esempio e dalle esortazioni
di Don Bosco ad accrescere nei loro cuori l'amore
verso la Madre celeste, e soprattutto a irrobustire
il fermo proposito d'imitarne le virtù, e in par-
ticolare l'ineffabile. candore.
Così, quasi senz'avvedersene, gli alunni si tro-
425

45.6 Page 446

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vavano alle porte della novena e della festa de}
Santo Natale, tutta pervasa di poesia e di gio-
condità. Le funzioni speciali, e in particolare la
Messa della mezzanotte, esercitavano sui giovani
un fascino potente, e l'immagine di Gesù Bambino.
nato per amor loro tra i rigori dell'inverno nell,~
Grotta di Betlemme, serviva a stimolarli a sen -
timenti di viva riconoscenza, che dovevano ira
dursi in fervore e generosità nell'adempimento
dei propri doveri.
Cessat~ il periodo natalizio, Don Bosco met-
teva loro innanzi. la figura mite e soave di San
Francesco di Sales, Patrono della Società Sale-
siana, stimolandoli a imitare il santo Dottore
nella maschia virtù, nella carità illuminata dalla
Fede e dàlla scienza, e nell'amore alla Chiesa.
Anche il Carnevale, - che in città si svolge-
va con manifestazioni purtroppo contrarie ai
princìpi della morale, e diventava un motivo per
moltiplicare le offese di Dio,' - Don Bosco sa-
peva sfruttarlo santamente. Ved~va volentieri che
i giovani si divertissero, e a tale scopo procura-
va loro. una serie di recite teatrali e di giochi che ~
contribuissero a tenerli santç1.mente allegri; ma
al tempo stesso metteva loro dinanzi il rnoHipli-
carsi delle offese fatte a Dio e li esortava ad
1
innalzare a Lui preghiere più ardenti, come ri-
parazione dei peccati e come manifestazione del
4.26

45.7 Page 447

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loro amore. Era sempre la formazione morale
che egli voleva irrobustire in tutti i modi.
La Quaresima, la Settimana Sant~, la Pasqua
con la sua splendida Liturgia, con i ricordi della
Passione e Risurrezione di Gesù Cristo, forniva-
no considerazioni efficacissime, che l'esperto Edu-
catore sapeva sfruttare ai fini dell'educazione.
Frattanto si era giunti al mese più bello del-
1'anno: Maggio, con il profumo dei suoi fiori
e con l'incanto della dolcissima divozione alla
Madre di Dio. Bisogna leggere nelle Memorie
Biografiche - il lavoro compiuto da Don Bosco
tutti gli anni, fin da quando iniziò il suo aposto-
lato educativo in favore dei giovani, dùrante quel
mese! Si resta commossi · davanti alle sue calde
esortazioni e alle sue impressionanti Buone Notti.
Sapeva suscitare una intensa gara tra quei cari
giovanetti perchè manifestassero il" loro affetto
filiale alle Vergine Santa; e con tale efficacia,
che loro non bastava più la chiesa: e così col-
locavano alta,_rini nei dormitori, nello studio, nelle
scuole. E la Vergine benedetta, .aureolata di pu-
rezza e prodiga di materno aiuto, stava sempre
· dinanzi allo sguardo dei giovani a ricordare loro
che~ se veramente l'amavano, dovevano sforzar-
;i cli imitarne le virtù.
Infine il mese del Sacro Cuore veniva a suggel-
!~ire tutto un ciclo di pietà fervente, che .aveva
427

45.8 Page 448

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operato miracoli di trasformazioni educative. In
quel mese parlava soprattutto l'amore: il .quale,
per Don Bosco, come abbiamo visto, non era un
vuoto sentimentalismo, ma un rafforzamento della
volontà, esercitata nel manifestarè a Dio e al
prossimo quella carità, che si traduce soprattutto
nell'adempimento di tutti e singoli i propri doveri.
si deve dimenticare, in questa pur breve
rassegna, uno dei mez'zi che Don Bosco pratica-
va per stimolare il fervore in occasione delle sud-
dette ricorrenze religiose. Nelle· novene, nei tri-
dui, nel mese di maggio, e nel mese di marzo .
praticato particolarmente dagli alunni artigiani
in onore di San Giuseppe, egli suggeriva ai gio-·
vani ogni sera un fioretto da offrire a Dio, alla
Madonna, al Santo che si onorava. Il fioretto altro
non era che un ricordo, un omaggio, una preghie-
ra, una piccola mortificazione, un atto di virtù
insomma, che: mentre voleva essere manifesta-
zione di devozione, era altresì un mezzo effica-
ce di formazione.
In questi ultimi tempi i pedagogisti e gli psi-
cologi hanno parlato molto di sintesi mentali, vah
a dire di parole brevi che sintetizzano un pen-
siero e una pratica. Vere sintesi mentali, ai
fini dell'educazione sodamente cristiana, erano per
l'appunto i fioretti dati da Don Bosco ai suoi
alunni. Di tali fioretti si conservano raccolte in-
428

45.9 Page 449

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teressantissime, che ancor oggi negli Istituti Sa-
lesiani vengono utilizzate per la buona formazio-
ne dei giovani (68?).
6. Il sopran,naturale nell'educazione.
Da quanto abbiamo esposto risulta che, ne]
sistema educativo di Don Bosco, l'educazione re-
ligiosa, - vale a dire cristiana e perciò sopran-
naturale, - occupa un posto di preferenza; anzi,
tutto il sistema 1medesimo è basato su di una
profonda rehgiosità che è frutto di Fede, di Ca-
rità e di Grazia. Sì, Don Bosco fu in verità
l'educatore soprannaturale per eccellenza.
Taluni, colpiti da questa particolarità del si-
stema preventivo, lo dissero senz'altro stretta-
mente teologico e giunsero all'eccesso di affer-
mare che, per la pedagogia soprannaturale di
Don Bosco, non vi può essere posto tra le scien-
ze pedagogiche naturali: secondo essi, starebbe
solo bene in un quadro di scienze teologiche.
A confermare questa loro asserzione contribuì
certamente l'abbondanza di mezzi educativi' re-
ligiosi ispirati dalla Fede Cattolica, dei quali
Don Bosco si servì costantemente, come pure
la gran quantità di elementi soprannaturali di
cui fu intessuta l'esistenza del Santo Educatore,
tanto da far dire a Papa Pio XI che « nella
429

45.10 Page 450

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vita di Don Bosco il soprannaturale era dive -
nuto naturale, lo straordinario quasi ordin a-
rio » (6~8).
È fuor di dubbio che la sua pedagogia è
e deve chiamarsi - per. usare ancora una espres-
sione di Pio XI - « profondamente, completa-
mente, squisitamente cristiana e cattolica » (689) .
D'altronde il Santo medesimo, come abbiamo
rilevato a suo luogo, volle denominarla « Peda-
gogia Sacra».
Tuttavia giova ricordare - 'e in tutto il cor-
so della nostra trattazione lo abbiamo tante volte
ripetuto - che Don Bosco, mentre si •serviva
largamente dei mezzi religiosi, non trascurava
però nè gli aspetti nè i mezzi naturali dell'edu-
cazione.
Ma poi, non forse vero che la vita sopran-
naturale Iddio la vuole inn estata su quella na-
turale? evidente p erciò che l'educatore nel ser-
virsi di .mezzi educativi religiosi e soprannaturali,
non può prescindere dalla natura; la quale viene
precisamente perfezionata e rafforzata da detti
mezzi soprannaturali, contribuendo così a for-
mare uomini completi: uomini che, appunto per-
chè .buoni cristiani, risultano onesti e utili cit-
tadini.
Queste considerazioni però ci conducono lo-
gicamente ad altre ben più gravi. Infatti ciò
430

46 Pages 451-460

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46.1 Page 451

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che pm profondamente divide la pedagogia cat-
tolica da quella che non è o rifiuta di essere
tale, è proprio e soprattutto il settore e, più anco-
ra, il senso morale e religioso, che, come abbiamo
visto, meritamente viene considerato come quello
che caratterizza l'educazione per eccellenza.
Chi si occupa di educazione .si sarà persuaso
che le aberrazioni del pensiero pedagogico e
della pratica di non pochi pedagogisti degli ul-
timi secoli si possono riassumere in una sola
parola: il naturalismo. Esso ebbe inizio ufficiale
con Rousseau e, dopo aver dilagato per me~zo
<lei razionalismo e poi dell'idealismo e del positi-
vismo, continua ora la sua azione malefica e per-
vertitrice con un insieme di errori diversi che
hanno dato luogo alle dottrine più contraddittorie,
e, ciò che più addolora, ad attuazioni pratiche esi-
ziali: · poichè con la pedagogia, che è come il
p·onte di collegamento tra la filosofia e la vita,
è intimamente connessa l'opera educativa che ne
è l'espressione più immediata.
Da tutta quella nefasta congerie naturalistica
la pedagogia non cattolica ha attinto princìpi,
metodi, procedimenti, ricoprendoli con un pa-
.ludamento cosiddetto «scientifico», ma spoglian-
loli di ogni riguardo per l'ordine soprannaturale.
Negato il pecc~to originale e misconosciuto l'u-
,i co supremo Bene ~dell'uomo, ecco che, dinanzi
431

46.2 Page 452

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all'educatore « laico», si colloca un educando
« buono per natura», il ·quale deve trovaré in se
stesso e in ciò che lo circonda il suo bene su-
premo a cui può e deve aspirare. Anzi toccherà
allo stesso educatore «laico», servendosi di false
elucubrazioni, determinare questo bene , supremo
dell'educazione, escogitando al tempo stesso il me-
todo e la tecnica del suo raggiungimento.
È proprio di qui, ·10 ripetiamo, che trae origine
il quadro pauroso delle aberrazioni di dottrina e
di metodo di gran parte della moderna scienza ·
pedagogica, la quale, in troppi casi, quando non
è ostentatamente atea, è sempre però praticamen-
te atea perchè naturalistica. Essa poi, posta di
fronte all'educando, deve, se vuol agire logica-
mente e giusta i suoi princìpi, divinizzarne ed ido-
latr~rne la natura, anche se considerata nei suoi
istinti più bassi e nelle sue passioni più violente.
· È questa purtroppo la triste realtà che ci si
p:r;esenta dinanzi. Quando Rousseau, prescinden-
do dal peccato originale, proclamava il ragazzo
naturalmente buono, e poneva a fondamento della
sua educazione lo spontaneo sviluppo della na-
tura in un ambiente di sconfinata libertà indi-
viduale, tuttavia · poneva ancora a conclusione di
tale educazione una vaga r,eligione e morale « na-
turale ». Ma l'illusoria religiosità e moralità de]
Rousseau furono ben presto ridotte a una rel1_gic
432

46.3 Page 453

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ne della patria e dell'umanità, a una vacua mo-
rale civica, a una filantropia puramente umani-
taria.
E così nell'educazione, impartita dalla scuola
del filosofo ginevrino, si ha il trionfo dèl laici-
smo liberale, che, nella scuola e nella vita, col-
tiva l'illusione cli far dei galantuomini senza Dio
e senza Chiesa, col solo sussidio della scienza e
della filosofia. Ma una scienza e una filosofia sen-
za Religione e senza Dio si sbarazzerà ben pre-
sto anche del moralismo liberale e laico, come
l'esperienza ha dovuto registrare.
In tal modo alla pseudo-religione e alla morale
« naturale» del Rousseau e al mito della sua liber-
si andò sostituéndo fatalmente il culto dell'io
carnale, individuale e collettivo, schiavo dei suoi
istinti e delle sue bassezze. Attraverso le audaci
aberrazioni dì una biologia e dì una psicologia mal
orientate, l'uomo· chiamato «buono per natura»
diventò man mano nient'altro che un buon
animale da rendersi felice con la sodisfazione
dei suoi istinti e inclin~zioni. Anim~ti dallo stesso
- spirito naturalistico sorsero quindi Istituti dotat i
a dovizia di uomini e di mezzi, a servizio di scuo"
le pedagogiche, le quali troppe volte, sotto il velo
di sperimentazioni scientifiche, nascondono un
mascherato materialismo. A tal proposito ci li-
mitiamo a nominare la tristemente famosa scuola
433

46.4 Page 454

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I
della psicanalisi con il suo pansessualismo che
dilagò come una peste. Da queste basi scaturì un
riprovevole complesso di pratiche educative, -
quali la cosiddetta «eugenetica», la vita promi-
scua, l'educazione sessuale, il nudismo, il metodo
tlelle introspezioni morbose, l'attivismo fisico-psi-
chico, - ed un certo sviluppo della personalità
« integrale », che finisce per diventare la -compia-
cente giustificà'Zione del capriccio, dell'anib1zione,
dell'egoismo, della ricerca ,senza scrupoli del suc-
cesso e di una ·felieità chimerica: cose tutte che
troppo spesso coincidono con l'appagamento delle .
proprie voglie più sfrenate, le quali non s'ar-
restano dinanzi a nessuna disonestà, e talvolta
neppure di fronte al delitto. ·
Questa fu la strada battuta dal naturalismo ·
pedagogico · e dall'educazione « laica», divenuti
cinicamente anticristiani ed atei. E a questo tri-
ste quad:ço si potrebbe aggiungere quello dei mali
causati in questo stesso campo dalla politica e
1 1 da una malintesa sociologia: alludiamo al marxi-
smo, al razzismo, al pragmatismo strumentali-
stico del Dewey, per nominarne solo alcuni.
Nè si pensi che il naturalismo pedagogiç o sia
meno esiziale che non quello che di proposito è
ateo e materialista. Anch'e;so co.g. i suoi pÒr-
tati scientifici, con le sue ·tecniche moderne e con
la sua morale naturale, è sempre il malefico er-
43-1

46.5 Page 455

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rore che conduce fatalmente alla negazione delle
vera morale, della religione e quindi anche di Dio.
Non si ripeterà mai abbastanza che qualsiasi
concezione pedagogica dovrà sempre essere defi-
nit& sul terreno religioso e morale, perchè proprio
qui si decide la sorte dell'educando, sia per la
vita eterna, sia per la stessa vita temporale, indi-
viduale e sociale: e qui ancora si fissa, di conse-
guenza, il vero compito dell'educatore.
Il Sommo Pontefice Pio XII, il 6 maggio di
° quest'anno 1951, - nel 1 centenario del Colle-
gio San Giuseppe-Istituto De Mérode, diretto
dai Fratelli delle Scuole Cristiane, così beneme-
riti della cristiana educazione della gioventù sul-
le orme del loro Fondatore San Giovanni Batti-
sta de I~ Salle, - esponendo le note essenziali
dell'arte educativa autorevolmente ammomva:
« Sviluppare, secondo una saggia pedagogia, la
coltura intellettuale; valersi della sanità, del vi-
gore del corpo ·e dell'agilità delle membra, otte-
nuti mediante l'educazione fisica, a vantaggio del-
la prontezza e della duttilità dello ·spirito; affi-
nare, col felice accordo dei sensi e dell'intelli-.
genza, nella formazione artistica, tutte le facoltà
per dare al loro esercizio grazia ed amabilità,
e quindi llna efficacia maggiore, più estesa, me-
glio accolta: tutto ciò è assai bello e buono, ma
non avrebbe valore eterno nè ·soddisfacente pie-
435

46.6 Page 456

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nezza, se la coltura religiosa non venisse a dare,
con la sua ampiezza e la sua magnificenza a tut-
ta l'educazione la sua unità e il suo vero valore».
E il 5 agosto di questo stesso anno, nel suo messag-
gio radiofonico a chiusura del Congresso interame-
ricano di Educazione Cattolica, Sua Santità riba-
diva i seguenti fondamentali concetti: « Che cosa
è più trascendentale nella vita dell'umanità dell'e-
ducazione? Il bambino, l'adolescente stato bene
già detto) è "una speranza"·: promettente speranza ·
della famiglia, deJla patria, di tutta l'umana socie-
tà, ma insieme preziosa speranza della Chiesa, de]
Cielo, di Dio stesso, alla cui immagine e somi-
glianza è stata fatta, di cui ·è figlio o deve es-
serlo. Affinchè questa speranza non manchi, ma
pienamente si realizzi, bisogna educarla e, bene.
Educazione fisica, che irrobustisce le energie del
corpo; educazione intellettuale che sviluppa e
arricchisce le capacità deUo spirito; soprattutto
educazione morale e religiosa che illumina e gui-
da l'intelligenza, che forma e fortifica la volontà,
che disciplina e santifica i costumi, e sola dà
all'immagine di Dio la somiglianza con il pro-
tòtipo divino, che la rende degna di figurare fra
gli eletti ».
Ora, dalla concezione pedagogica di Don Bo-
sco, che abbiamo ampiamente esposta e preci-
sata, scaturiscono alc~me conclusioni che è bene
436

46.7 Page 457

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ricordare ed opporre alla pedagogia naturalistica.
1) Per Don Bosco !'educando ha un'anima
da salvare e l'educatore è educatore cristiano che
educa il giovanetto cristiano. Ne deriva perciò
che pel Santo la finalità dell'educazione è essen- .
zialmente religiosa e soprannaturale tanto da par-
te dell'educatore quanto da parte dell'educando,
e che la sua pedagogia è, come egli la volle qua-
lificare, e come dev'essere, « Pedagogia $aera ».
2) Don Bosco educa soprattutto con quei
mezzi soprannaturali, che la Religione fornisce.
Orbene, siccome il metodo educativo si risolv e
appunto nella scelta dei mezzi adatti · per rag-
giungere il fine, e, per Don Bosco il mezzo dei
mezzi è la Religione, ne consegue che anche il su~
« metodo educativo » è per eccellenza sopranna-
turale.
3) Stabilito così che la finalità educativa, e
il metodo che ne è 1~ logica e necessaria manife-
stazione, per Don Bosco sono in modo prevalente
soprannaturali, è evidente che sia tutta pervasa
di elementi soprannaturali anche la sua « pratica
educativa». È bene perciò non lasciar di insistere
anche su questo punto, se si vuole sradicare ine-
sorabilmente la peste del naturalismo, che mi-
naccia appunto di infiltrarsi nella pratica dell'e-
ducazione cristiana. Giacchè, purtroppo, è da la-
mentare che anche nell'ambiente dell'educazione
437

46.8 Page 458

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cristiana siano penetrate qua e là debolezze, le
quali possono, oggi o domani, risultare vere d~-
viazioni naturalistiche. Infatti si indulge talora,
senza avvedersene e con le migliori intenzioni, a ·
certi sofismi, che indeboliscono l'educazione mora-
le come · l'intende la Chiesa e la praticò Don Bo-
sco: e ciò, sotto pretesto di combattere il cosid-
detto moralismo.
Se vi furono alcuni eccessi moralistici, quel-
lo ad esempio del giansenismo, è a tutti noto che
la Chiesa fu la prima a condannarli. Ma si espon-
gono· al pericolo di cadere man mano nelle dot-
trine negatrici della morale cristiana coloro che,
per non cadere - com'essi dicono - nel morali-
smo, pretendono di separare l'uomo dàl cristiano
e l'educazione naturale da quella soprannaturale;
e così rèlegano e riducono poi praticamente l'e-
ducazion·e morale a una morale svuotata dei prin;-
cìpi e priva dei mezzi soprannaturali.
Non s'avvedono costoro che, una volta colloca-
ti sul falso piano di quella cosiddetta « educa-
zione umana » che considera e rigetta, quale vieto
moralismo formalistico, la dottrina morale cat-
tolica, corrono pericolo di cadere inevitabilmente
nel naturalismo di Rousseau, coi suoi assurdi fi-
losofici e storici di una morale e di una religione
puramente naturalistiche.
Ora, una pretesa educazione morale-religiosa
438

46.9 Page 459

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che si appoggiasse su tali chimere, non potrebbe
non risultare assurda e illusoria, sia come dottri-
na, sia come metodo.
4) Il solco, che sì apre tra l'educazione ge-
nuinamente cristiana, professata da Don Bosco, e
le aberrazioni del naturalismo, assume .le propor-
zioni di un abisso. È proprio questa la forz a,
la grandezza, l'efficacia potente della pedagogia
di Don Bosco: l'essere essa per eccellenza sopran-
naturale come dottrina e come metodo.
Nè dobbiamo temere che la cosiddetta « ped a-
gogia scientifica » riesca a intaccarne le salde ba-_
si, o che i nuovi portati della scienza ~iescano a
sminuirne il valore. Per la Famiglia Salesiana re-
sterà veramente irrefragabile la già ricordata so-
lenne affermazione del santo Fondatore: 4-' La
sola Religione è capace di cominciare e compiere
la grande opera di una vera educazione » (690).
Solo potenziando questo. suo principio, il quale
riassume tutto ciò che siamo venuti esponendo cir-
ca l'educazione religiosa, si riuscirà a creare l'at-
mosfera più adatta e indispensabile all'educanda
e all'educazione.
Se non permetteremo incrinature o . mutila-
zioni in questo settore, noi avremo assicurato per-
petuità e forze perennemente nuove al Sistema
Preventivo ·di Don Bosco; e l'atmosfera sopran-
naturale delle Case Salesiane non solo avvolge-
439

46.10 Page 460

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rà l'educando, ma penetrerà fino a vivificarne la
mente e il cuore. A questo fine lavoreranno con-
cordi tutti i membri della Famiglia Salesiana,
divenuti testimoni viyenti e costanti del messag-
gio educativo soprannaturale portato alla Chiesa e
all'umanità dal Padre e Maestro della gioventù.
San Giovanni Bosco.
440

47 Pages 461-470

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47.1 Page 461

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CAPITOLO VII.
L'EDUCAZIONE PER . LA VITA
Non sarebbe completa la trattazione dell'edu-
cazione impartita da Don Bosco, se non si indi-
casse il lavoro particolare e specifico da lui com-
piuto per orientare i suoi giovani nella scelta
dello stato di vita e della professione a loro più
adatta per formarsi una buona posizione sociale.
Oggi il tema del cosiddetto orientamento è,
in (utte le nazioni, un argo~ento pedagogico di
primo piano: ed è indispensabile che l'educatore
si aggiorni con lo studio costante del come que-
sto problema viene ora impostato, ben sapendo che
mentre una scelta felice del proprio stato e .della
propria professione compie e garantisce il lavo-
ro educativo, uno sbaglio inconsulto in questo
campo può compromettere irrimediabilmente i ri-
sultati di anni e anni di formazione.
Ai tempi 'di Don Bosco non si parlava di
orientamento, ma, con parola più semplice, di
441

47.2 Page 462

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scelta della professione e di vocazioµe. Non cre-
diamo che le due parole si equivalgano. L'o-
rientamento 'da molti è inteso come il mezzo per
conoscere quale professione sociale sia convenien-
te ed utile ad un alunno, affinchè questi trovi nel-
la vita il p~sto e l'occupazione a lui più accon-
cia. La parola vocazione invece viene presa in
un senso, diremmo, più stretto e più alto, con
particolare riferim.ento alla scelta dello stato sa-
cerdotale o religioso a preferenza di quello lai-
cale.
.
·/
Sulla vocazione faremo qualclie rilievo p m
avanti; qui invece considereremo l'orientamento
professionale alla luce dei princìpi pedagogici
e della pratica di Don Bosco.
1. L'orientamento professionale.
a) SuA NATURA.
Fummo interessati, anni or sono, da alte Au-
torità ad esporre il pensiero di 'Don Bosco su
quest'argomento. Si pensò che la prima cosa da
farsi fosse quella di dare la definizione dell'o-
rientamento professionale; e si reputò essere ciò
tanto più necessario, in quanto che taluni, es-
sendosi occupati di quest'argomento ed avendo
trascurato questa indispensabile premessa della
442',

47.3 Page 463

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definizione, privi di base, si lasciarono trascinare.
nelle loro deduzioni, a lamentevoli conseguenze.
Fissata la definizione, fu redatto e presentato
un memoriale dal titolo L'Orientamento Professio-
nale nella fradizione e nell'opera di Don Bosco.
L'Orientamento Professionale, dalle discussioni
fatte · in proposito, risultò definito: « La coor-
dinazione dell'opera dell'educatore e dell'educan-
do intesa a conoscere e preparare la professione ,
Plll consona alle condizioni individuali, familiari
e sociali dell'alunno~.
Secondo questa definizione l'alunno e l'educà-
tore, in collaborazione, convergono a un·a stessa
mèta: il primo còn la sua libertà e le sue incli-
nazioni e condizioni; il secondo con la sua espe-
rienza e conoscenza dell'alunno. Nella definizione
stessa si tiene conto di tutti i valori della persona:
intelligenza, propensioni 'e doti naturali; nonchè
delle condizioni familiari e ambie:otali. E così
l'orientamento, formulato alla luce dei valori suin-
dicati, si fonda su un criterio integrale e adeguato.
Questa definizione fu approvata, perchè ri-
conosciuta consona ai criteri pratici dei quali
Don Bosco e i suoi figli costantemente si serviro-
no per destinare i giovani a questa o a quella
professione, a questo o a quel mestiere. Una deli-
berazione del IV Capitolo Generale, ancora pre-
sieduto da Don Bosco nel 188?, a riguardo degli

47.4 Page 464

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artigiani dice testualmente: < Secondare possibil-
me~te l'inclinazione dei giovani nella scelta del-
l'arte o mestiere» (691)'. Questo principio natu-
ralmente suppone e implica due cose: confidenza
da una parte e conoscenza dell'alunno ed espe-
rienza dall'altra. Più esplicito e più , completo
è ancora un articolo della convenzione stipulata
da Don Bosco per l'apertura dell'Ospizio Sale-
siano di Parma: « Nella scelta del mestiere si
avrà riguardo alla robustezza, istruzione, pro-
pensione ed . anche alla condizione delrallie-
vo>> (692).
Che poi il Santo abbia avuto doti straordina-
rie per giudicare dell'orientamento professionale
dei suoi giovani, lo si rileva dal suo caratteristi-
co intuito naturale circa attitudini e propensioni
giovanili; dall'esercizio pratico, si può dire, di
tutti i pl'incipali mestieri professionali e agricoli
durante la sua giovinezza; e dalla esperienza ac-
cumulata in tanti anni di direzione delle sue stes-
se scuole, così svariate e numerose. Infine era an-
che e soprattutto la sua carità senza confini che
lo portava a interessarsi dei su,oi allievi per pro-
curar loro sia un mestiere appropriato mentre
erano nel ·periodo della loro formazione, sia an-
che, quando gli era possibile, una sistemazione
dopo che avevano lasçiato la Casa Salesiana.
A proposito di questo, ricordiamo di passaggio
444

47.5 Page 465

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che « anche ai giovani operai che avevano termi.,.
nato il ·loro tirocinio, o che per qualche al-
tro motivo dovevano uscire dall'Oratorio, Don
Bosco procurava di assicurar l'esercizio del-
la .loro professione nelle officine più oneste
della città e dei dintorni, con una paga
conveniente. In ·questa premura era aiutato
dall'Economo del Convitto Ecclesiastico e da vari
membri della Società delle Conferenze di. San
Vincenzo dè' Pao!L Di più ancora: egli stesso, o
per mezzo di quei bravi Signori, cercava com-
missioni di lavoro, per i capi .di fabbrica o di
bottega che avevano accettati i suoi operai, ov-
vero si prestava a rendere qualche servizio da
essi domandato » (693).
Serve ancora a manifestare tale suo interesse
quest'attestazione di un Ex-Allievo dell'Oratorio
(ne scegliamo unçi tra mille): « Ed ora la mia
agiata condizione attuale nel commercio la deb-
bo alla educazione ricevuta da Don Bosco ·e ai
suoi buoni uffici presso quelli che mi aiutarono
,a ·conseguire una fortuna » (694). ,
Ritornando ora al nostro problema, è impor-
tante rivelare come la conoscenza dell'allievo da
parte dell'educatore - che Don Bosco voleva
quanto più profonda possibile come base dell'O-
rientamento - doveva secondo lui fondarsi prin-
cipalmente sulla confidenza dell'alunno e doveva
445

47.6 Page 466

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sempre essere frutto di bontà, di lavoro, di dedi-
zione completa e di sacrifici compiuti dall'educa-
tore stesso. Solo allora si aprono i cuori e si paò
effettivamente comprendere e conoscere le intime
aspirazioni dei giovani.
b) FATTORI E MEZZI
DELL'ORIENTAMENTO PROFESSIONALE.
Abbiamo già parlato dello spirito di famiglia.
Qui, seguendo il pensiero or ora ·enunciato, con-
sidere-remo tale spirito come elemento di grande
efficacia per l'Orientamento Professionale nelle
Case Salesiane. « La familiarità - leggiamo nella
famosa lettera del 1884 da Roma - porta affetto
e l'affetto porta confidenza. Ciò è che apre i cuori,
e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri,
agli assistenti ed ai Superiori» (695).
Importanza grande ha pure il lavoro coordi-
nato compiuto dagli e,ducatori nelle Case salesia-
ne. Considerando orç1, questo punto in f.unzione
dell'Orientamento, ci limiteremo a costatare che
la coordinazione del lavoro qei singoli educatori,
stretti attorno al Direttore, fa sì che il lavoro sia
unitario e costante. Cosicchè l'alunno in ciascuno
dei Superiori, Assistenti e Professori, trova sem-
pre un padre, un amico, un fratello, il quale vuol
conoscere e studiare, per guidarli sempre meglio,
446

47.7 Page 467

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coloro che gli sono affidati, preparandoli soprat-
tutto pel giorno in cui dovraJ!nO lasciare la casa
salesiana.
·
Altro fattore assai importante per la cono-
scenza dell'alunno a vantaggio del suo orienta-
mento è il colloquio privato col Direttore: collo-
quio che possono fare spontaneamente gli altm-
ni. Questi colloqui, che si svolgono in un am-
biente di santa paternità, sono quelli dai qua-
li a volte sprizza la parola luminosa e decisi-
va. In essi il Direttore, con prudenza e senza pres-
sioni di sorta, dispone man mano l'alunno a ma-
nifestare le sue preferenze e attitudini a un dato
mestiere o genere di vita, facilitandone così la
scelta a tempo opportuno.
Sono pur e coefficienti per l'Orientamento la
Religione e lo spirito di lavoro che Don Bosco vo-
leva come distintivo delle sue Case e dei suoi fi-
gli. La Religione attira lumi e grazie dall'alto:
il lavoro stesso, mentre rivela e conferma certe at-
titudini oppure la loro ç1.ssenza, disciplina le forze
e rettamente le indirizza.
Si aggiunga che, ai fini/ dell'Orientamento Pro-
fessionale, è indispensabile la conoscenza pro-
fonda della natura e delle esigenze delle varie
professioni. Tale conoscenza è generalmente pos-
seduta dagli educatori salesiani, essendo essi stes-
si i maestri, i capotecnici, i periti, le guide in-
447

47.8 Page 468

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somma che vivono in ·contatto costante con gli
alunni di dette scuole. Don Bosco poi-voleva che
il Direttore ogni due mesi tenesse « una confe-
re.1za agli assistenti e ai capi di laboratorio, per
udire le osservaziòni che avessero a fare, e dar
loro le norme e le istruzioni opportune pel buon
andamento dei laboratori» (696).
Dobbiamo poi notare che le scuole pro-
fessionali di Don Bosco non sono il gigantesco
complesso industriale, ove l'operaio a volte suol
essere legato per sempre a un tornio o a una fre-
satrice quasi quasi come l'antico schiavo al suo
remo. Don Bosco, stabilendo che le sue officine o
laboratori fossero « vere scuole di arti e mestieri»
(Costit., 5), voleva che i suoi giovani artigiani im-
parassero a conoscere talmente la propria pro-
fessione da potere - una volta compiuto il tiro-
cinio o apprendimento pratico - godere nel la-
voro di una certa autonomia, tanto utile al mi-
- glioramento progressivo della propria posizione
professio~ale non solo, ma anche familiare e so-
ciale. Ond'è che gli allievi artigiani capiscono
assai bene l'importanza del lavoro che vanno
man mano compiendo. Premessi i necessari eser-
cizi didattici e vinte le prime difficoltà o ponti
di passaggio, intraprendono il vero lavoro, gra-
duato secondo 1~ progressiva capacità dei singoli.
Questo giova assai all'orienta~ento degli allievi
448

47.9 Page 469

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per la vita: anzi, ne è questa la prova vissuta e
quasi il termometro della loro abilità « a guada-
gnarsi onestamente il pane >; (Costit., 5). ·
D'altra parte, siccome Don Bosco raccomanda:
« Si faccia in modo che gli alunni lavori-
no e che i laboratori produca1no quel tanto che
è compatibile con la' condizione di scuola » (Co-
stit., 5), i giovani artigiani sanno che, dietro il
proprio lavoro, non vi è soltanto la vetrina-mo-
stra della scuola, ma un cliente con tutte le giu-
ste pretese di chi, spendendo il proprio denaro,
ha diritto di vedersi'ripagato con lavori corrispon-
denti alle condizioni ·previamente fissate: e que-
sto, mJntre ·è uno. stimolo alla propria abilità,
porta anche un co~tribùto a un orientamento sem-
pre più coscienzioso e illuminato..
In particolare, per l'Orientamento Professio-
nale fra gli artigiani e gli agricoltori, pensiamo
che nella maggior parte dei casi conserverà un
grande valore il metodo tradizionale: dopo a-
ver avuto le informazioni familiari e ambien-.
tali, nonchè quelle riguardanti . le inclinazio-
ni e tendenze del futuro' alunno, vi è la visita
medica, la consulta· con il capo d'arte, l'esame
delle attitudj ni specifiche d'intelligenza e di ro-
bustezza per determinati mestieri, e possibilmente
una visita a tutti ·i laboratori per notare simpa- ·
tie e preferenze. Per certi mestieri poi si dovrà te-
449
la (II)

47.10 Page 470

▲back to top
ner conto, in modo del tutto particolare, della sa-
lute, della potenza visiva e auditiva, delle incli-
nazioni artistiche.
In tutte queste valutazioni purtroppo avran-
no sempre un grande peso le esigenze e le possi-
bilità familiari.
D'altronde può anche esservi un periodo di
prova: abbiamo , già visto però che leggerezza
e velleità giovanili possono trovar qui un non lieve
pericolo. È questo i) motivo per cui Don Bosco,
ammaestrato da lunga esperienza, .era piuttosto
restìo a questi cambi, perchè possono essere co'n-
tagìosi e costituire generalmente un vero 1perdi-
, tempo.
Accanto ai mezzi tradizionali non sono però
da trascurare, per la più esatta conoscenza delle
doti personali, i numerosi dati oggi° forniti da
studi e da strumenti sempre pm perfetti.
Per questo, in ossequio alle pratiche tradi-
zioni di Don Bosco, è sorto, nel Pontificio
Ateneo Salesiano, un Istituto Superiore di Psi-
~ologia, con indirizzo eminentemente pedago-
gico e pratico, per formare insegnanti capaci di
usufruire di tutti gli apporti della scienza a
vantaggio dell'Orientamento dei nostri alunni.
Inoltre in non poche Case si sono già stabiliti
Centri di Orientamento Professionale nei qnali,
mediant_e l'uso delle tecniche psicologiche, si fa-
450

48 Pages 471-480

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48.1 Page 471

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_cilita la ricerca delle attitudini ò deli:e controindi-
cazioni di qualche professione per gli allievi.
Quanto poi alle scuole secondarie e superiori,
valgono naturalmente le considerazioni fatte, ba-
dando però che qui si ripresentano più spesso,
lungo il percorso degli studi, dei momenti in
cui, rinnovandosi la necessità di una scelta, oc-
corre pure rinnovare e approfondire il lavorìo
di Orientamento. Ciò è da farsi, per esempio,
a~ termine delle scuole elementari, del ginnasio e
del liceo. E si avverta come questa categoria
di giovani studenti sia maggiormente esposta al-
le lusinghe e fantasie, derivanti dalla loro posi-
zione familiare e sociale.
Don Bosco, in questo terreno così irto di -diffi-
coltà, ottenne risultati notevoli. Egli infatti diede
alla Società uomini ben preparati n elle scienze
e nelle arti, ben temprati nella Religione e nella
morale, e soprattutto dotati della ricchezza ine-
stimabile di un forte abito e amore per il
-lavoro.
L'Associazione degli Ex-Allievi Salesiani, ogni
dì più fiorente, mettendoci a contatto con amici
carissimi che un giorno popolavano i nostri Col-,
legi, e che spesso tornano a noi a parlarci delle
loro posizioni sociali, ci conforta con la realtà di
una splendida riuscita della maggior parte di
.essi.
451

48.2 Page 472

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Porremo termine al ·fin qui detto ricordando la
relazione presentata al Primo Congresso Nazio-
nale di Orientamento Professionale, tenutosi a
Torino nel 1948, dal Direttore _dell'Istituto Su-
periore di Psicologia del nostro Pontificio Ateneo.
In quella relazione egli ~ostenne scientifica-
mente le conclusioni suindicate, e ricordò, con
affetto e gioia di figlio, che l'eminente psicologo
S. E. il Padre · Gemelli, nelle relazioni precedenti
aveva chiamato Don Bosco « il Santo Orientato-
re », e che l'illustre Prof. Ponzo dell'Università
di Roma aveva salutato Don Bosco quale « Pio-
niere dell'Orientamento Professionale», avendolo
·il Santo attuato con gran success~ ed efficacia già
ai suoi tempi, quando nel mondo scientifico e pe-
dagogico il problema non era ancor sentito (697).
2) La vocazione.
-Frutto squisito dell'opera educativa è Senza
dubbio la scelta dello stato, ,quando viene fatta
nel modo più prudente dall'alunno che, attraverso
gli anni della propria formazione, ha saputo at-
trezzarsi bene in preparazione al suo avvenire.
Quando poi detta scelta va a posarsi sullo sta-
to sacerdotale o religioso, il frutto deve ritenersi
prezioso tra i più preziosi. Poter favorire il. più
sovente possibile la maturazione di tale frutto
452

48.3 Page 473

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era la costante brama di . Sun Giovanni Bosco, il
quale - per citare un solo esempio - nel 1885
scriveva a un suo missionario d'America: ~ Che
~e nelle Missioni o in qualunque altro modo tu
giungi a ravvisare qu~lche gi_ovanetto che dà
qualche speranza pel sacerdozio, sappi che Dio
ti manda tra mani un tesoro. Ogni sollecitudine,
ogni fatica, ogni spesa per riuscire in una voct1.-
zione non è mai troppa: si calcola spesa sempre
· opportuna » (698).
Vorremmo _poter indugiarci a lungo su questo
graditissimo tema della vocazione, la quale può
a ragione considerarsi v.ero dono . di Dio _e deside-
rato coronamento di tutta un'op era di educazione
cristiana e salesiana; ma per amore di doverosa
brevità, al termine ornai della nostra trattazione,
ci limitiamo a riportare taluni fra i molti e pre-
ziosi pensieri del nostro Padre in proposito.
Non ignoriamo che il problema della vocazio-
ne presenta alcuni aspetti, specialmente teorie;i e
sistematici, che sono oggetto di studio_ fra insi-
gni teologi: lasciando perciò ad essi il prende1·e
posizioni ponderate, noi ci limiteremo a mettere
in luce il sano equilibrio pratico di Don Bosco,
quale può risultare anche solo dalle poche
ma scelte parole, che stiamo per riferire, da lui
· rivolte ai suoi giovani sull'arg~niento.
453

48.4 Page 474

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a) LA VOCAZIONE, CHIAMATA DIVIN A.
Pel santo Educatore l'unico punto di partenza
in tutto questo gravissimo negozio era la Volontà
di Dio.
E così nel Giovane Provveduto (699) parla in
questi termini del « Giovane nella scelta dello ·
stato »: « Nei suoi eterni consigli lddio ha desti-
nato a ciascheduno di noi una condizione di vita
e le grazie relative. Come in ogni altra circostan-
za, così anche in questa, che è capitalissima, il
cristiano ,deve cercar di conoscere la divina V o-
lontà, -imitando Gesù Cristo che protestava di
essere venuto quaggiù solo per compiere i vol e-
ri del suo Eterno Padre. Importa dunque moltissi-
mo, figliuoli miei, che procuriate di venirne bène
in chiaro, per no,n impegnarvi in · occupazioni a
cui il Signore non vi destina».
Alludendo ancora alla Volontà di Dio, il San-
to disse nella Buona Notte del 3 marzo 1865: « In
ultimo darò un avviso a coloro che in quest'anno
sono per compiere il loro studio dì latinità.: Fra-
tres, satàgite .ut per bona op~rà certam vesfram
vocationem et eleetionem faciatis (Fratelli miei,
studiatevi sempre più di rendere certa la vostra
vocazione ed elezione per mezzo delle buone ope-
re) (700). Esaminate in questo tempo quaresimale
qual sia lo stato al quale vi chiama il Signore.
464

48.5 Page 475

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Cercate colle vostre buone opere di domandare
alla Divina Maestà che vi indichi qual sia la
strada p er la quale dovete camminare. Alcuni di
voi mi dicono: - Noi non ci vogliamo far pre-
ti. - Va bene; ma vorrete essere buoni secolari,
vorrete anche da secolari guadagnarvi il Para-
diso; pregate adunque il Signore, per non sbaglia.:.
re la strada anche essendo secolari. - Ora non
ci vogliam pensare; ci penseremo poi. - E quan-
do ci vorrete pensare? Quando non sarete più a
tempo? Perciò preghiamo, facciamo delle buone
Comun ioni, miei cari figliuoli » (701).
Il .buon Padre poi, nella Buona Notte del 13
maggio 18?'7, si esprimeva così: « È specialmente
in questa Novena dello Spirito Santo che ,io so- J
glio raccomandare il pensiero della vocazione:
è il tempo più opportuno per conoscere ciò che il
Si gnore vuole da noi ». Si noti l'espresso riferi-
mento alla Volontà di Dio. << Tutti - proseguiva
Don Bosco - debbono p ensarci, ed in special
modo quelli che hanno già indossato l'abito, che
sono iniziati nella carriera ecclesiastica, cioè i
chierici che hanno bisogno di perseverare... E non
solamente i chierici, ma anche gli ' Itri giovani
devono pensare alla loro vocazione, e per i pri-
mi quelli- di quinta ginnasiale, che di quest'anno
debbono prendere una stabile· risoluzione; anche
quelli della quarta e qualcuno delle altre scuo-
455

48.6 Page 476

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-
le inferiori incomincino a pensare adesso a quel-
lo che dovranno fare in avvenire, per assicurarsi
un felice stato anche in questo mondo. Se deli-
berano per tempo e prendono consiglio, al fine
dell'anno si trovei:anno contenti e sicuri » ('?02) ..
Potremmo moltiplicare le citazioni, ma pre-·
feriamo riportare qui una lettera scritta apposi-
tamente dal Santo sull'argomento della vocazio-
ne ai suoi « amati figli di quarta e quinta gin-
nasiale di Borgo San Martirio».
« Ritenete adunque - così Don Bosco, dopo
un paterno preambolo - che in questo mondo
1
gli uomini devono camminare per la via del Cie-
lo in uno dei due stati: Ecclesiastico o secolare.
Per lo stato secolare ciascuno deve scegliere qne-
gli studi, quegli impieghi, quelle professioni, che
gli permettano l'adempimento dei doveri del buon
cristiano e che sono di gradimento ai propri ge-·
nitori. Per lo s.tato ecclésiastico poi , si devono
seguite le norme stabilite dal nostro Divìn Sal-
vatore: Rinunziare alle , agiatezze, alla gloria dei
mondo, ai godimenti della terra p er darsi al ser-
vizio di Dio e così vie meglio assicurarsi i gnu-
dii del Cielo, che non avranno più fine. Nel fare
questa scelta ciascuno ascolti il parere del pro-
prio Confessore e poi senza badare' nè a Supe-
riori, nè a parenti, ad amici, risolva quello che,
gli faciliti la strada della salvezza e lo consoli
456

48.7 Page 477

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al punto della morte. Quel giovanetto che entra
' nello stato ecclesiastico con questa intenzione, egli
ha morale certezza di fare gran bene all'anima
propria ed all'anima del prossimo.
« Nello stafo ecclesiastico inoltre - continua
Don Bosco - vi sono molte diramazioni che
devono tutte partire da un punto e tendere al
medesimo centro che è Dio. Pretè nel secolo, prete
nella religione, prete nelle missioni estere sono
i tre campi in cui gli evangelici operai _sono chia-
mati a lavorare ed a promuovere la gloria di Di.o.
Ognuno p'uò scegliere quello stato che gli sta
più a cuore, più adattato alle sue forze fisiche e
morali, prendendo consiglio da persona dotta
e prudente. A questo punto io çlovrei sciogliervi
molte difficoltà che si . riferiscono al mondo, che
vorrebbe tutta · la gioventù · al suo serv1z10,
mentre Dio la vorrebbe tutta per Sè. Tuttavia ,
procurerò verbalmente di rispondere, o meglio
spiegare le difficoltà che a ciascuno possono O<;-
co:rrer~ nel prendere qualcuna di queste impor-
tanti deliberazioni.
« La ,base poi della vita felice di un giova-
netto - conchiude il santo Edù~atore - è
la frequente, Comunione e leggere ogni sabato la
preghiera a Maria Santissima sulla scelta dello
stato, come sta descritta nel Giovane Pr()vvedu-
to » (?03).
457

48.8 Page 478

▲back to top
Questa preghiera è così caratteristica, che
stimiamo necessario riprodurla, anche perchè si
veda sempre meglio quanto Don Bosco insistesse
sul punto che si abbraccia la vocazione per com-
piere la Volontà di Dio che chiama. Detta pre-
ghiera è così concepita:
« Eccomi ai vostri piedi, o Vergine pietosa,
per impetrare da Voi la grazia importantiss-ini~ .
della scelta del mio stato. Io non cerco altro che
di fare perf~ttam:ente la volontà del vostro di-
vin Figlio in tutto il tempo della mia vita. De-
sidero ardentemente di scegliere quello stato che
più mi renderà contento quando mi troverò al
punto della morte. Deh! Madre del Buon Consi-
glio, fatemi risuonare agli orecchi una voce che
allontani ogni dubbiezza dalla mia mente. A Voi,
che siet~ la Madre del mio Salvatore, s'appar-.
tiene altresì d'esser la Madre della mia salvezza.
Perchè se Voi, o Maria, non mi partecipate un
raggio del divin Sole, qual luce mi rischiarerà?
Se Voi non m'istruite, o Madre dell'Incarnata Sa-
pienza, chi mi ammaestrerà? Udite dunque, o Mt,-·
ria, le mie umili preghiere. Dubbioso e vaciìlan-
te indirizzatemi, guidatemi nella retta via che
conduce alla vita eterna, giacchè Voi siete la Ma-
dre del bell'amore, del timore, della cognizione
e della .santa speranza, i cui fiori producon frutti
d'onestà e d'onor.e» (?04).
453

48.9 Page 479

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b) OBBLIGO DI ABBRACCIARE LA VOCAZIONE.
Su quest'obbligo Don Bosco voleva fossero
ben istruiti i suoi giovani, specialmente verso il
termine della loro educazione in col1egio.
Però ne aveva già scritto nel Giovane Prov-
veduto, confortando il suo dire con l'esempio
del Patrono San Francesco di Sales. Ecco le
sue parole:
« Proponetevi di fare la volontà di Dio, chec-
chè ve ne possa avvenire, e malgrado la disap-
provazione di chi ,giudica secondo le viste deJ
secolo.
« Ove i genitori o altre persone autorevoli vo-
. lessero distogliervi dal cammino a cui Dio v'in-
vita, ricordatevi che quello è il caso di mettere
in pratica il grande avviso del Vangelo, di ub-
bidire prima a Dio che agli uomini. Non dim~n-
ticate, no, il rispetto e l'onore che dovete loro:
rispondete e trattate sempre con umiltà e mansue-
tudine, ma senza · pregiudicare al supremo iu-
teresse dell'anima' vostra. Chiedete consiglio sul
contegno da osservare e confidate in Colui che
pùò tutto. Consultate persone sagge e timorate
del Signore, specialmente il confessore, dichia-
rando con piena schiettezza il vostro caso e le vo-
stre disposizioni.
« Quando San Francesco di Sales ebbe palc-
459

48.10 Page 480

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sato in casa sua che Dio lo chiamava al sacerdo-
zio, i genitori gli osservarono che come primo-
genito della famiglia doveva esserne l'appoggio
ed il sostegno; che l'inclinazione allo stato eccle-
siastico derivava da una divozione indiscreta, e
ch'eg]i avrebbe benissimo potuto santificarsi an-
che vivendo nel · secolo; anzi, per meglio impe-·
gnarlo a secondare ìe loro intenzioni, gli propose-
ro un matrimonio onorevole e vantaggioso. Ma
,nulla valse a smuoverlo dal suo proponimento.
-Antepose costantemente la volontà di Dio a quel-
la dei genitori, che pur teneramente amava e
profondamente rispettava; e preferì di rinuncia-
re a tutti i vantaggi temporali, anzichè venir ·
meno alla grazia della sua vocazione. E i geni-
tori che, nonostante' qualche men retta idea ori-
ginata da viste mondane, erano p ersone di pietà,
ebbero in seguito .a chiamarsi contenti della su~:1
r·soluzione »· (705).
Ancora pef giovani che stanno in famiglia
e in mezzo ai pericoli del mondo, il Santo scri-
veva; tra ç1.ltri Ricordi, il seguente : « Una delle
cose, cui dovrebbero sempre pensare e studiare
i giovanetti, si è la elezione delJo stato. P er loro
disgrazia ci pensano poco e p erciò la più parte
la sbagliano ; si fanno infelici in vita, e si metto-
no a gran rischio di essere infelici p er tutta l'e-
ternità. Voi pensateci molto, e pregate sempre
460

49 Pages 481-490

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49.1 Page 481

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perchè Dio vi .illumini: e non la sbagliere-
te » (?06).
A Don Bosco stavano a cuore particolarmente
gli alunni interni della 4a e 5a ginnasiale. « De-
siderava che ciascuno gli scrivesse un biglietto
per dirgli in confidenza a quale stato sembra-
vagli di essere chiamato, se cioè allo stato eccle-
siastico o al secolare; e chi aspirava allo stato
ecclesiastico, gli dicesse se intendeva prepararsi
per entrare in seminario oppure romperla . defi-
nitivamente col mondo e consacrarsi a Dio nella
vita ritìrata, com'era appunto quella d~i Sale-
siani; ma· ognuno partisse dal principio di voler
scegliere quello stato che a lui pareva meglio con-
facente alla salvezza dell'anima propria » (?O?).
A questi alunni il 14 gennaio 1886 Don Bosco
parlò così: « Ho visto che molti stamattina ~ono
venuti qui per le Confessioni, a far la · Comu-
nione e l'Esercizio della Buona Morte. Io sono
molto contento; ma naturalmente che questo ec-
cita negli altri un po' d'invidia. E i piccolini
possono dire: - E non abbiamo anche noialtri
i nostri peccati da confessare a Don Bosco? -
Eh, sì, ma Don Bosco, come ho già detto, non
può più attendere a tutti. Egli perciò si limita
a quei di quarta e quinta, perchè essi si trovano
nell'ultimo anno in cui debbono deliberare della
loro vocazione, da cui quasi sempre dipende. la
461

49.2 Page 482

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salute eterna di un giovane... Vi ripeto che mi
preme solo di sapere i vostri pensieri sulla vo-
cazione, sia ecclesiastica, come non ecclesiastica,
perchè desidero la vostra felicità temporale ed
etema » (?08).
'
Con ragione pertant'o il biografo potè affer-
mare che il nostro Padre « conoscendo qual fa-
vore inesti:µiabile sia una _chiamata del Signore
al suo divino servizio, nei suoi discorsi familia-
ri coi giovanetti sapeva trovare il momento oppor-
tuno per infondere nel loro animo un'altissima
idea dello stato sacerdotale e l'obbligo stretto di
ottempera~e alla divina chiamata » (?09).
e) MEZZI- PER CONOSCERE LA · vocAZIONE.
Da quanto abbiamo fin qui udito da Don
Bosco, si deduce che in tema di orientamento il
-vero problema pe; !'educando consiste nel e,ono-
scere il più sicuramente possibile lo stato cui
il Signore lo chiama: di modo che la stabile de-
cisione riguardante tutta la sua vita avvenire
sia da lui presa in conformità ai dettami della
prudenza umana e c;ristiana.
Scrive al riguardo il nostro Padre nel Giova-
ne Provveduto: « A qualche anima, che Dio volle
favorire in modo singolare, Egli manifestò per via
straordinaria lo stato a cui la chiamava. Voi
462

49.3 Page 483

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non pretendete tanto; ma consolatevi nella si-
curezza che il Signore vi guiderà sul retto cam-
mino, purchè dal _canto vostro non trascuriate i
mezzi opportuni per una prudente deliberazione ».
Quindi il santo Educatore passa a specificare
quali sono i mezzi da lui. ritenuti p i:ù opportuni:
« Uno di questi è di passare illibata la fan-
ciullezza e la gioventù, ovvero di riparare con
una sincera penitenza gli anni disgraziatamente
trascorsi nel peccato.
« Altro mezzo è la preghiera umile e perseve-
rante. Vi gioverà ripetere con San Paolo: Signo-
re, che volete ch'io faccia? Oppure con Samuele:
Parlate, o Signore, che il vostro servo Vi ascolta.
O col Salmista: Insegnatemi a fare la vostra
volontà, perchè siete Voi il mio Dio. O qualche
altra consimile affettuosa aspirazione.
« Allorchè dovrete venire alla risoluzione, ri- ,
volgetevi a Dio con più speciali e frequenti ora-
zioni: indirizzate a questo intento la santa Messa
che ascoltate; applicate questo scopo qualche-
Comunione. Potete anche praticare qualche nove-
na, qualche triduo, qualche astinenza, visitare
qualche insigne santuario.
« Ricorrete altresì a Maria, che è la Madre
del Buon Consiglio; a San Giuseppe suo sposo,
fedelissimo ai divini comandamenti; all'Angelo
Custode, ai vostri Santi Protettori.
463

49.4 Page 484

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' « Sarebbe ottima cosa, potendo, il premettere
a una decisione di tanta importanza gli Esercizi
Spirituali o qualche giorno di ritiro » (710).
Premeva tanto a Don Bosco quest'ultimo mez-
zo che ne inculcava la necessità' anche ai predica-
I I tori degli Esercizi Spir.i,tuali. A Don Barberis,
che stava ' dettando tali Esercizi ai nobili con-
vittori di Valsalice, il Santo espose così il suo
pensiero: « Nel tempo degli Esercizi Spirituali.
bisogna assolutamente trattare sempre della voca- .
zione, e trattarne, per esempio, così: - Il Si-
gnore, creando un uomo, vuole da lui qualche
cosa di speciale. Lo pone, direi quasi, in capo
ad una via che Egli sparge di grazie. Arrivati a
un certo punto della vita, è da prendersi una
decisione: bisogna incamminarsi risolutamente per
quella- tal via che si para dinanzi. Questa via
può essere di due ;pecie, una della vita secolare
e l'altra dello stato ecclesiastico, e la via d(
quest'ultimo si dirama in due, di cui una è per
i sacerdoti sciolti e l'altra per quelli :fegolari,
che si ritirano dal mondo per mettersi più al
sicuro dai pericoli. - E così si continua a ragiona-
re -sul tono di una semplicissima esortazione. Rac-
comandare, e molto, che non si vada alla cieca,
ma che ci si pensi assai assai, e si preghi, si pre-
ghi, essendo questo un punto di capitalissima im-
portanza· nella vita dell'uomo. Poi soggiungere:
464

49.5 Page 485

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- Vi è qualcuno che si senta speciale inclinazio·
ne alla vita sacerdotale o religiosa? Ebbene, co-
stui si arrenda e si consigli specialmente in questi
santi Esercizì. Vi è qualcheduno già avanzato
in età, che non si sentì mai ' nessuna inclinazio-
ne a questi due stati? Ebbene, costui non vi è
chiamato; segua pure il genere di vita, nel qua-
le si trova. ·- In questa maniera io credo che
si possa parlare a tutti di vocazione, in qua-
lunque collegio si predichi e a qualunque
classe sociale i giovani appartengano, siano
essi nobili. .o borghesi o contadini. Questo punto
insomma nei nostri Esercizi ai giovani non si
deve mai tralasciare (?11).
Nell'aprile del 18?? Don Bosco stesso parlò
dinanzi a tutti i giovani della casa, toccando
l'argomento della vocazione: 1
~ Abbiamo compiuta una gran cosa, · siamo in
buone condizioni: abbiamo fatto gli Esercizi Spi-
rituali. Non tutti, è vero, perchè finora i soli stu-
denti li fecero, ma fra poco li faranno anche
gli artigiani. Voi mi fate fare sempre festa! Sì,
è una vera festa per Don Bosco ·il poter prendere
cura delle anime dei suoi giovani. Questo è il
fine per cui si lavora, per questo · fine esiste que-
sta casa: perchè i giovani facciano del bene al-
l'anima loro ». E dopo altre paterne espressioni -
e avvisi per le confessioni, il Santo proseguiva:
465

49.6 Page 486

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« Qualcuno mi domandava una regola generale
riguardo al conoscere la propria vocazione. La
prima regola che io do è questa che tuttj sanno:
se uno non sì sente inclinato allo stato ecclesiasti.,
co, non si faccia prete; se non si sente inclinato al-
lo stato secolare, non si faccia secolare; se poi no-
nostante l'inclinazione, alcuno ·vedesse che uno sta-
to è pericoloso per l'anima sua, prenda consiglio.
Così pure faccia chi non sente speciale inclinazio-
ne a nessuno stato. Se poi uno non fosse non in-
clinato, ma avverso allo stato ecclesiastico, sic-
come questa avversione può essere tentazione del
demonio, prescinda dal deliberare senza esame e
si consigli. Altre regole sono gli Statuti Ecclesia-
stici, la probitas morum (probità di costumi), lo
spirito di santità, e · questa: sarebbe una buo-'
na caparra per attirare la benedizione del Si-
gnore.
« Io do poi un'altra regola - proseguiva Don
Bosco - per scegliere lo stato, ed è questa. Si
metta in un luogo donde possa - vedere il Croci-
nsso, e dica ; - Mio Dio, io voglio abbracciare
quello stato che più mi deve consolare al punto
di . morte. Voi illuminatemi e fatemi conoscere la
vostra santa Volontà. - Poi dica un Pater noster,
e quinqi aspetti un poco, e consideri quanto gli
dice il suo cuore. Molti a cui io ho già suggerito
questo mezzo, deliberarono per uno stato contra-
466

49.7 Page 487

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rio a quello che prima avevano l'intenzione di ab-
bracciare. Il Signore queste grazie le fa a chi le
domanda sinceramente, risoluto di seguire la di-
vina vocazione...
« Anche gli artigiani, e non solo i signorini
studenti, hanno da pensare alla loro vocazione;
perchè se io vedessi in alcuno di loro la volontà
di farsi Salesiano, me lo · prenderò molto a cuore,
e sarò ben sollecito di raccogliere questa perla
preziosa, e conservarla nell'Oratorio.
« Noi tutti intanto - concludeva il buon Pa-
dre - pregheremo il Signore, perchè ognun di voi
ricavi il maggior frutto possibile dagli Esercizi
che ha fatti o che farà, e che voglia assistere
quelli che sono già avviati alla- carriera ecclesia-
stica, ed illuminare quelli che stanno per ab-
bracciarla o per scegliere qualunque sia stato del-
la loro vita, affinchè noi tutti possiamo passare
nella virtù i giorni del nostro pellegrinaggio su
questa terra e, dopo una santa morte, trovarci
un giorno tutti insieme riuniti a lodarlo ·in Pa-
radiso. Buon·a Notte! » (7~2).
Sono già molte e notevoli le cose udite finora
da San Giovanni _Bosco. Tuttavia, sui mezzi per
conoscere la vocazione, abbiamo, per così dire,
una trattazione organica, fatta dal nostro santo
Fondatore in tre Buone Notti del dicembre 1864.
Le riportiamo integralmente, ben sapendo che al-
467

49.8 Page 488

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cune eventuali ripetizioni di penslero verranno
largamente ricompensate dalla parola sempre tan-
to cara e attraente del nostro grande Padr~ su
di un tema così importante e vitale.
Il 5 dicembre Don Bosco disse: « Vi ho pro-
messo di parlarvi dei mezzi necessari. per sco-
prire la vostra vocazione. Stasera vi dirò poche
cose, riserbandomi a parlare poi distesamente
un'altra volt~. Molti di voi saran preti, moltis-
simi resteranno secolari. Ma non bisogna che voi,
perchè dite: - Mi farò prete! - vi crediate di
riuscire preti; e voi perchè dite: - Io· prete non
mi voglio fare! - che crediate dover essere .se-
co1ari. No e poi no. Molte volte Iddio chiama
ad essere preti certi giovani che neppure se lo
sognavano, e molte volte giovani che 'si credevano.
chiamati al Sacerdozio, anzi chierici che avevano
già presa la veste, cambiarono strada.
« Dunque, finchè abbiamo tempo, preghiamo
il Signore · che ci insegni la strada per la quale
dobbiamo camminare. E primo mezzo per far
certa la nostra vocazione, è quello che ci suggeri-
sce San Pietro: Fratres, satàgite, ut per bona ·
opera certam vesiram vocationem et electionem
f aciatis: condurre una vita piena di buone opere,
una vita col santo timor di Dio. Tutto quello che
facciamo, farlo alla maggior gloria del Signore,
è allora il Signore ci dirà quello che vuole da
468
\\

49.9 Page 489

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noi, per che strada dobbiamo incamminarci, qual
carriera abbiamo da scegliere» (713).
Continuò , l'argomento il 10 dicembre:
« Abbiamo detto che primo mezzo per scopri-
re a che stato Dio ci chiami, sono le buone opere.
Il secondo è quello del quale così parla San Pao-
lo: Oportet autem illum et fe$fimonium )habere
bonum ab iis qui foris sunt. Chi sono costoro ch e,
essendo fuori di noi, debbono r~nderci testimo-
nianza? Sono il padre, la madre, il .parroco, i com-
paesani, il Direttore del Collegio o 'Casa di edu-
cazione nella quale ci troviamo. Nè p er Direttore,
per esempio, qui nel nostro Collegio, intendo par-
lare di me solo: ma di tutti quelli eziandjo che
qui entro hanno cura di voi. I giovani ben pre-
sto colla loro condotta dimostrano dove Dio li
chiami, e, .secondo questa condotta, coloro eh_~
foris sunt, proferiscono la loro sentenza. ·
« Vedendo certi giovani che sono raccolti in
Chiesa, riserbati nel tratto, affabili con tutti, sen-
tite eh~ si va dicendo di loro: - Che buon pre-
te sarà costui1 - Di quell'altro si dice: - Che
buon soldato di~enterà:! - E di un terzo: - Di
questo ne faremo un eccellente panettiere! [Qui
Don Bosco ,facetamente colpisce certi poltroni e
golosi, che facevano la raccolta del pane per
mangiarlo fuori tempo e fuori luogo]. Stiamo
attenti ~ far tutto, eziandio i doveri più pie-
469

49.10 Page 490

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coli, con diligenza, 'se vogliamo che il Signore ci
faccia conoscéTe la stra da per la quale egli in·
tende che noi camminiamo.
« Vi sarà un giovane al p aese, d el quale si
sa d a tutti che ha intenzione di farsi prete; ma
in quanto a studiare, studia poco ; in chiesa va
meno che può e vi sta con poca divozione; giuoca
volentieri, frequenta certi compagni, si lascia sfug-
gire certe parolacce. La popolazione . parla di lui
e dà la sua testimonianza: - Che cattivo p rete
ha da riuscire costui! - .Questo stesso giovanetto
viene all'Oratorio, mandato dai parenti e talora
senza chiedere consiglio · al Parroco. Ma, ohimè,
che freddezza! Prendete in mano. la lista d ei voti.
In chiesa, medie; in iscùola, medie; in refettorio,
medie; in studio, medie; in camerata, medie. Tanti
medie possono fare un optime? Mai no!
« Ah, miei cari! Diportatevi b ene .acciocchè
i Superiori possano dirvi francamente il loro pa-
rere sulla vocazione. State attenti a quello che vi
dico adesso, perchè son cose che nei libri non si
1
trovano, oppure si trovano in libri che voi, nel
vostro stato presente, non potete procurarvi. Ab-
biate confidenza nei vostri Su.periori, venite a
consultarli, perchè è nostro piacere giovarvi m
tutto quello che possiamo.
~ Vi sono giovani che in tutto l'anno non s1
cWcostano mai ai Superiori e non si curano me-
470

50 Pages 491-500

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50.1 Page 491

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nomamente di pensare àlla loro vocazione. Ven-
gono le vacanze, si presentano al Parroco e do-
mandano consiglio se debbono farsi preti o pren-
dere altra professione. Il Parroco. domanda loro:
- Che cosa ti ha detto Don Bosco? - Non mi
ha detto nulla - rispondono essi. Ed io sfido
chiunque a dir loro qualche cosa, se non si
lasciano mai vedere. E poi con gli occhi bendàti
prendono uno stato: si fanno preti, per esempio,
senza badare menoma~ente se Dio li abbia chia-
mati. Che sarà mai di loro, privi delle grazie ne-
cessarie?
« In ultimo dirò chi sono quelli dai quali si
deve· prendere consiglio. Primi, i genitori. Essi
però non sempre sono consiglieri- sinceri, perchè
molte volte non prendono, per guida del loro
consiglio, il benessere spirituale del figlio, la _vo-
lontà del Signore, ma sibbene l'interesse del
benessere temporale. Se hanno speranze di una
buona prebanda, lo spingono al sacerdozio; se no,
lo incamminano p er altra carriera: e·alcune volte
si oppongono risolutamente, se manifestasse qual-
che desiderio di farsi prete.
·
« Ma, se i parenti vivono da buoni cristiani,
allora sono i migliori consiglieri che si possano
desiderare. Essi vi hanno osservati accuratamente
molti anni della vostra· vita, cd il loro consiglio
non può essere non giusto e sensato. Com1rn-
471

50.2 Page 492

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que sia, domandate se!Ilpre questo consiglio ai1
vostri genitori, che, in generale, se voi lo do-
manderete come va domandato, vi sarà dato come
si conviené » (?14) ;
·
Don Bosco conchiuse l'argomento il 12 dicem-
bre:
~ Abbiamo parlato del testimonio di coloro qui
foris sunt, l'ultima volt.a. Ora parlerò di ~oJui
che solo può giudicare le cose interne della no-
stra anima, e questi è il Confessore. A lui perciò
dobbiamo aprire schiettamente la nostra coscien-
za ed egli saprà dirci dove il Signore ci vuole.
Scelto che abbiamo un Confessore dobbiamo ·con
assiduità andare dallo stesso, perchè altrimenti
che giudizio potrà fare della nostra vocazione, se
non ci conosce perfettamente? Quindi non bi-
sogna che voi abbiate due Confessori, uno per
i giorni feriali e l'altro pei giorni di festa; che
quando avete sulla'. eoscienza qualche cosa che sia
più grave del solito o almeno che vi sembri più
grave, andiate a confessarvi da un altro, lasciè1 n-
do il solito; a questo modo accadrà che il vostro
Confessore si crederà di avere un angioletto e
invece avrà un diavoletto, e .darà un giudizio oh
quanto diverso dal vero! Voi quindi vi incammi-
nerete p er uno stato per il quale il Signore non
vi voleva. Peggio se faceste come certi giovanetti
che, tutte le volte che si confessano, cambiano
472

50.3 Page 493

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Confessore e sembra che vadano ad assaggiarli
tutti per sapere di che gusto sono. Quindi, miei
cari figliuoli, vi dico schiettamente: mi~ desiderio
è che vi scegliate un Confessore e che andiate
sempre dallo stesso, ·se volete sapere ciò che il
Signore vuole da voi. Confessori estranei alla Ca-
sa ne vengono pochi, ma ne avete tanti nella Ca-
1
sa, che potete scegliere uno che faccia per voi.
Per gli artigiani questa regola non fa di bisogno.
La .loro vocazione è già determinata. Ma per
gli ~tudenti, per i quali la vocazione non è an-
cor bene · determinata, ·corre ·tutt'alfra regola. Tut-
tavia con ciò non voglio dire che chi muta Con-
fessore faccia peccato. Questo no. Anzi faccio no-
tare che, se qualcuno di voi avesse per disgrazia
qualche grave peccato nell'anima e non avesse
· coraggio di confessarlo al suo Confessore ordina-
rio, è molto meglio, piuttosto che fare una con-
fessione sacrilega, che vada da un altro Confes-
fessore; cambi anche tutte le volte. È meglio che
sia incerto del proprio stato che commettere un
sacrilegio, tacendo un peccato in confessione.
« Ma costui, prima di decidere sulla vocazione
alla fine dell'anno, faccia una buona Confessio-
ne generale. Il confessore lo ascolterà con carità,
lo aiuterà a dire ciò che ha vergogna di dire, e
gli 'mostrerà qual sia la sua Yocazione. Ricor-
datevi adunque che il primo giudice della vostra
473

50.4 Page 494

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\\
vocazione è il confessore. Se i vostri parenti, se il
Parroco, se il Direttore della Casa , di educazione
vi dicessero di farvi preti, se aveste anche voi
una certa inclinazione di farlo, ma il confessore
vi dicesse: - Figlio mio, questo stato non è per
te! -, a nulla valgono tutte le altre testimonian-
ze: è questa sola che voi dovete seguire.
« Nello stato secolare poi vi sono anche molte
gradazioni di mestiere, professione, grado sociale.
Anche in ciò è meglio che stiate a ciò che dirà
colui il quale conosce bene il vostro interno. Vi
potrà dire per esempio; - Il fare il maestro non
è per te. Il fare l'avvocato o il m edico o il mili-
tare non è per te. Prendi invece questa o quest'al-
tra arte o professione ! - Il confessore, uomo di
' esperienza, ne sa più di voi. Egli vi può anch e
suggerire i mezzi per fare la vostra carriera. Na-
turalmente se vorrete-farvi p er esempio avvocato,,
e non ne aveste i mezzi, egli non potrà sommini-
strarveli, ma almeno tante volte potrà additarvi
il modo col quale conseguire il vostro fine » (715).
d) NECESSIT À DI UNA GUID A
IN FATTO DI VOCAZIONE.
Furono molte e gravi le lotte sostenute da Don
Bosco nella sua giovinezza pel raggiungimento
della sua vocazione: esse confermarono il Santo
474

50.5 Page 495

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nella necessità di una guida saggia e sperimen-·
- tata per la felice riuscita di una impresa sì im-
portante e decisiva.
Mamma Margherita, da lui interpellata o an-
che spontaneamente, gli aveva sempre fatto ca--
pire che gli lasciàva la massima libertà, premen-
dole solo la pace e l'eterna salvezza del figlio, con
assoluta esclusione del calcolo dell'interesse o del
miglioramento di famiglia (716). Anzi, quando il
prevosto le disse qualche parola sul suo caro Gio-
vanni accennando all'aiuto che avrebbe potuto
prestarle nella tarda · età, non entrando in con-
vento ma facendosi sacerdote secolare, ella si re-
dal figlio ., per dirgli con cristiana fierezza
che, se fatto prete secolare fosse diventato ricco,
ella non avrebbe mai messo piede in casa sua
(717). Avvicinandosi il tempo, nel quale avrebbe
dovuto deliberare della sua vocazione, si trovò
assai perplesso. Lasciò ·scritto nelle Memorie:
« Oh, se allora avessi avuto una guida, che si fos-
se presa cura della mia vocazione, sarebbe stato
per me un gran tesoro; ma questo tesoro mi
mancava! Aveva un buon confessore, che pensava
a farmi un buon cristiano, ma di vocazione non
si volle mai mischiare » (718).
Grazie a un sogno e ad autorevoli consigli, si
decise a entrare in Seminario; il che si affrettò
a fare, raccomandandosi alle preghiere di vari
475

50.6 Page 496

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I
amici perchè non gli mancasse il divino arn-
to (?19).
Quando finalmente, dopo lunga esperienza,
ebbe raggiunta la mèta, dimostrò uno zelo straor-
dinario, senza ·badare nè a fatiche nè a s~crifizi,
per guidare le anime nella scelta d ello stato sa-
cerdotale e religioso. Una diligente statistic~, fat-
ta redigere dal Santo nel 1883, ossia cinque an-
ni prima della sua morte, dimostrò che erano
più di duemila i giovani che, formati nelle Case
Salesiane, avevano poi raggiunto il sacerdo-.
zio nelle .rispettive diocesi, ' senza naturalmente
contare quelli che era~o rimasti a lavorare nella
sua f~miglia religiosa (720).
Rileva il biografo: « Se Don Bosco era pre-
muroso di accogliere ed istruire i giovani, speran-
za della Chiesa, non si può descrivere lo zelo ve-
ramente straordinario col quale li aiutava a co-
noscere la propria vocazione. Dopo affettuosi ec-
citamenti per interessarli alla virtù e alla divo-
zione a Gesù e a Maria, parlava loro di questo
importantissimo affare. E non una sola volta, ma
li voleva a sè più e più volte: interrogava eia-
. scuno sulle propri.e inclinazioni, su1la pratica
delle opere di pietà e soprattutto come se la pas-
1
sassero quanto a costumi. Generaimente li preve-
niva che, colui che non fosse veramente chiama-
to allo stato clericale, piuttosto che mettersi in
476

50.7 Page 497

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una falsa strada, si facesse operaio. Raccoman-
dava a tutti di avere un confessore stabile, e
facevasi volentieri direttore delle loro coscien-
ze » (721).
In fatto di vocazione, Don Bosco usava di
una grande prudenza nel dare il suo consiglio.
Ecco un fatto che, al dire del biografo, « vale
una -lezione ».
Nel 1857 il giovane T ... doveva terminare il
suo corso ginnasiale. La sua condotta lasciava
niente a desiderare. In tutti quei cinque anni non
gli si parlò mai di vocazione. Aveva più volte
domandato a Don Bosco a qual genere di vita lo
consigliava di appigliarsi, compiuto che avesse
il ginnasio.
- Sta buono, - ei gli rispondeva, ~ studia,
prega, e a/ suo tempo Dio ti farà conoscere ciò che
sarà meglio per .te.
- ·Che cosa debbo praticare, affinchè Dio mi
faccia conoscere la mia vocazione?
- San Pietro dice che colle buoiie' opere noi
possiamo renderci certi della vocazione e della
elezione dello stato.
Alla Pasqua dovendosi cominciare gli Eserci-
zi Spirituali, il giovane desiderò trattare d ella sua
vocazione e, sebbene da qualche tempo si sen--
tisse grande propensione allo stato ecclesiastico,
tuttavia temeva di esserne impedito dalla sua
477

50.8 Page 498

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condotta passata. Si presentò pertanto in quei
giorni a Don Bosco, e tenne con lui un colloquio,
che noi ,abbiamo trovato scritto fra le sue carte.
Eccolo:
- Quali sono - chiese il giovane - i segni
che manifestàno essere o non essere un giovane
chiamato allo stato ecclesiastico?
- La probità dei costumi, la .scienza, lo sp_i-
ri to ecclesiastico - rispose Don Bosco.
Come conoscere se vi sia probità di costu-
mi?
La probità dei costumi si conosce special-
mente dalla vittoria sui vizi contrari al sesto co-
mandamento, e di ciò bisogna rimettersi al pa- \\
rere del confessore.
- Il confessore già mi disse che per questo
canto posso andar avanti nello stato ecclesiastico
con tutta tranquillità. Ma, e per la scienza?
- Per la scienza tu devi rimetterti al giudi-
zio dei Superiori, che ti daranno gli opportuni
esqmi.
- Che cosa s'intende per spirito ecclesiastico?
- Per spirito ecclesiastico s'intende la tenden-
za ed il piacere che si prova nel prendere parte
a quelle funzioni di chiesa che sono compatibili
con l'età e con le occupazioni.
Nient'altro?
- Vi è una parte dello .spirito ecclesiastico
478

50.9 Page 499

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che è più di ogni altra importante. Essa consi-
ste in una propensione a questo stato, per cui
uno è desideroso di abbracciarlo a preferenzu
di qualunque altro stato, anche più vantaggioso
e -più glorioso.
- Tutte queste cose trovansi in me. Una vol--
ta desiderava ardentement di farmi prete. Ne fui
avverso per due anni, per uei due anni che Lei
sa; ma al presente non mi sento a nessun'altra
cosa inclinato. Incontrerò alcune difficoltà da
parte di mio padre che µii vorrebbe in u_na car-
riera civile, ·ma spero che Dio mi aiuterà a su-
perare ogni ostacolo.
Don Bosco gli . fece ancora osservare che il
farsi prete voleva dire rinunziare ai piaceri ter-
reni; rinunziare alle ricchezze e agli onori del
mondo; non aver di mira cariche luminose; esser
pronto a sostenere qualunque disprezzo da parte
dei maligni, e disposto a tutto fare, a tutto
soffrire per promuovere là gloria di Dio, guada-
gnarGli anime e per p,rima salvare la propria.
- Appunto queste osservazioni - ripigliò il
giovane '- mi spingono ad abbracciare lo stato
eçclesiastico. lmperciocchè negli altri stati havvi
un mare di pericoli, che trovansi di gran hmga
inferiori nello stato di cui parliamo.
Ma le diffi,coltà dovevano appunto incontrarsi
da parte del padre, il quale - essend~ ricco con
479

50.10 Page 500

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quell'unico erede, appena seppe della sua riso-
luzione, cercò dissuaderlo prima con lettere, e
poi venne all'Oratorio per condurlo a casa. U
giovane si arrese. Nel congedarlo Don Bosco gli
indirizzò queste parole: - Mio buon :figliuolo,
una .gran battaglia ti aspetta. Guàrdati dai cat-
tivi compagni e dalle cattive le~re. Abbi sem-
pre la Madonna per madre tua e ricorri spesso
a lei. Fammi presto sapere delle tue notizie.
Il giovane, molto commosso, tutto prometten-
do partì col padre alla volta della patria. E uian~ .
tenne la sua parola. Cedendo .per obbedienza al-
le insistenze paterne, prese la patente di geo-
metra; ma stette saldo nella sua vocazione. Ave-
va portato con sè l'amore all'Oratorio e sentiv~
risuonar sempre nel suo GUore le parole di Don·
Bosco: « Se perdi l'anima tutto è perduto, se 'Sal-
vi l'anima tutto è salvo in eterno!» Scrupoloso
osservatore delle feste, per amor di guadagno non
lasciavasi in tali giorni tirare a far qualche peri-
zia o a pr endere qualche pubblica misura: - Al-
la festa voglio andare in Chiesa, - diçev:1, -
,,,,,. non voglio far altro. - Il suo esempio, la sua
parola era di mirabile effetto, e prestava PnO
zelante aiuto -al parroco in tutte le opere buone.
Finchè, nel 18?1, ritornava con Don Bosco, ab-
bracciava lo stato religioso e a suo tempo veniva
ordinato sacerdote (722).
480

51 Pages 501-510

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51.1 Page 501

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Un caso assai delicato, e che esige la massima
prudenza nella guida spirituale, si ha quando
sorge nell'educando il dubbio se farsi prete nel
clero diocesano o in una famiglia religiosa.
Sulla decisione, com'è noto, possono influire
motivi di vario genere. Don Bosco però, gelosis-
simo dell'onore sacerdotale, si studiò sempre di
allontanare dall'ingresso nel Seminario quei suoi
alunni che, rivelatisi deboli di fronte alle occa-
sioni e ai pericoli delle vacanze, riuscivano a
conservarsi puri ed edificanti soltanto nella vita
in comune, lungi dagli allettamenti delJe perso:ae
e cose del ~ondo. Egli, che nel Seminario aveva
passato anni felici, desiderava che le vacanze,
per chi aspirava all9 stato sacer.dotale nel secolo,
costituissero effettivamente corrie una garanzia di ·
quella virtù, che sa mantener.si tale anche in me.z-
zo alle lusinghe e ai pericoli del mondo.
Parlando ai Direttori e ai membri del Capi-
tolo Superiore il 4 febbraio del 18?6, Don Bo~
sco toccò anche questo punto a proposito della cu -
ra delle vocazioni.
« Non occorre - così disse il Santo - che io
vi ripeta nuovi avvisi, perchè si coltivino molto
le vocazioni allo stato ecclesiastico. Questo è lo
scopo principale, a cui tende ora la nostra Con-
gregazione. La straordinaria scarsità del clero,
che ogni anno più si deplora, è il maggior male
481
16 (II)

51.2 Page 502

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che presentemente ci minaccia. Ciò che io desi-
dero dirvi sono alcune regole, o sante astuzie,
per coltivare con profitto queste vocazioni. Si
indaghi adunque chi sono coloro che hanno pro-
pensione per la Congregazione, ma non si spin-
ga mai nessuno ad entrarvi; anzi, coloro che desi-
derano andare in Seminario, si lascino in libertà,
e speriamo, purchè siano atti, che faranno del
bene. Ma quando alcuno ci domanderà consiglio
sulla vocazione, come rispondere? E specialmente
quando siamo interrogati da chi è indeciso e pro-
pende più per farsi prete secolare che' per en-
trare in Congregazione? Ecco questo, che io cre-
do un gran consiglio. Quando si vede che un
giovane assai - buono in collegio, è solito nelle
vacanze a far qualche mancanza grave contro la
moralità e, rientrato in collegio, aggiusta la
partita dell'anima, e per vari ni:esi e per tutto
l'anno non ha più nulla da rimproverarsi su que-
sto punto, se costui desidera farsi prete, il consi-
glio che assolutamente gli darei sarebbe questo:
- Se tu vuoi farti prete e vivere nel mondo, tu
la sbagli; non farti prete; oppure entra in una
Congregazione od in un Ordine religioso. - Que-
sto è chiaro: poichè se costui si fa chierico e va
in Seminario, come resisterà nelle vacanze tan-
to lunghe e tanto disastrose?
« Invece, se sta ritirato, allora e pe.r i minori
482

51.3 Page 503

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pericoli e per i grandi aiuti di letture, di medita-
zioni, di Sacramenti, si può benissimo conservare
in grazia. Ma se costui si fa chierico per la dio-
cesi, avverrà di lui come di molti che ci .tocca ve-
dere, i quali vestono l'abito ecclesiastico e dopo
poco tempo lo depongono, ovvero i Superiori ec-
clesiastici sono costretti a farlo loro deporre. In
questo caso si dica pure schietto in confessione a ·
quel giovane: - Se ti piace la vita ritirata, va
nei Cappuccini, nei Domenicani, nei Certosini;
vieni fra noi; fa' tutto come credi meglio, e così
ritirato potrai fare gran bene a te e salvar ani-
me: ma io non ti consiglio il Seminario; piuttosto
sta' secolare; un buon secolare può benissimo
operare la sua eterna salute» ('2'23).
Informando di questi criteri i giovani stessi in
una Buona Notte, il Santo nel 18?7 così si espri-
meva: « Un'altra cosa ancora molti mì hanno,già
domandato: qual differenza esista tra prete sa-
lesiano e prete nelle diocesi o dei Seminari. lo
rispondo: nessuna, rispetto alle persone sacre ed
alla Messa, perchè sono sempre le stesse persone
e la stessa Messa.
« Ma vi sono molti che si fanno Salesiani, a
cui io non consiglierei di farsi preti nel secolo,
poichè certo correrebbero grave p·ericolo. E que-
sti sono quelli che provarono per loro danno nel-
le vacanze, quanto sia loro fatale vivere in mez-
483

51.4 Page 504

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zo al mondo. Mi .domandano consiglio, ed io chieg-
;.
go .loro:
- Le cose tue in collegio come ·vanno? qui sei
tranquillo?
- fo collegio vanno sempre benissimo, IDI
rispondono, qui non trovo nessun pericolo; in
quanto a cose di coscienza sono sempre sicuro.
Solamente le vacanze mi son proprio fatali!
< Ebbene, costui, cui le vacanze sono causa di
cadute, come potrà tenersi ritto in piedi stando
continuamente nel mondo, e anche durante le va-
canze del Seminario? Sarà facilmente preso ,negli
agguati del demonio. Invece in Congregazione
potrà divenire un buon sacerdote e·salvare l'ani-
ma sua.
« Generalmente si crede che per farsi religio-
so sia necessaria maggior santità. · Ciò non è
vero. Se si è santi, certamente è meglio·; ma per
costui non è tanto necessaria la santità quanto
ad uno che stia nel secolo. Il Signore gli darà i
suoi aiuti secondo la sua buona volontà. E per-
ciò almeno potrà farsi Salesiano, Domenicano,
Agostiniano, Francescano od altro, mentre non
potrebbe es;ere buon sacerdote in diocesi. Chi sta
ritiràto in una Congregazione, se cade ha su-
bito chi lo solleva. La frequente Confessione e
la fréquente Comunione, le meditazioni, le visite
a Gesù Sacramentato, le ·letture spirituali, gli av-
484

51.5 Page 505

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vertimenti dei Superiori, le frequenti conferenze
che si fanno a tutti i confratelli radunati insieme,
lo sosterranno e lo faranno subito risorgere da
qualsiasi caduta. Questo vantaggio non l'ha cer-
tamente il sacerdote che vive nel secolo » (?24).
Afferma il biografo .che « i chierici di Semina-
ri diocesani gli chiedevano conforto e aiuto nelle
difficoltà che talora incontravano, gli esponevano
dubbi sulla scelta che aveano fatta, gli si rac-
comandavano perchè suggerisse loro dei mezzi
per far progresso in qualche speciale virtù, ed
egli si affrettava a consolarli. Taluno gli scriveva
in certe perplessità d'animo, avvicinandosi il
tempo delle sacre Ordinazioni; e Don Bosco, che
seguiva le norme dettate dai teologi più severi
nell'escludere dal Santuario chiunque non è sal-
do nella virtù, rispondeva, ma con frasi di tale
soavità, che manifestavano in lui l'uomo del Si-
gnore » (?25ì.
« Ma dobbiamo notare - continua Don Le-
moyne - che Don Bosco, quantunque fornito
tanta dottrina, perspicacia, prudenza, conoscimen-
to degli alunni ~ anche di lumi straordinari, nou
si fidava interamente di sè. Per la scelta della
voèazione, se trattava.si di giovani che non fos-
sero suoi penitenti, voleva che prima sentissero
l'avviso del loro .confessòre.· Sovente, per non dir
quasi sempre, li mandava da Don Cafasso ad
485

51.6 Page 506

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udire l'ultima parola. Non aveva gelosia che si
ricorresse al consiglio di altri sacerdoti prudenti.
- Io ricordo - narra Don Francesco Cerruti -
che giovanetto e anco;ra alunno, se non erro, della
terza ginnasiale, dissi a lui che sentiva piuttosto
disposizione ad entrare · fr.a i Cappuccini. - Eb-
bene, - mi disse, - andremo un giorno al Con-
vento della Madonna di Campagna e là parlerai
al Guardiano. - Infatti fu egli medesimo che mi
presentò al Padre Guardiano, perchè potessi li-
beramente parlargli della mia .vocazione. Ed altri
ebbero da lui consiglio, .licenza di presentarsi ai
Superiori di vari Ordini, per esempio Gesuiti,
Domenicani, Minori Osservanti, Oblati di Maria»
(?26).
..
Queste preziose testimonianze ci portano a toc-
care un ultimo punto, che è davvero di primaria
importanza a riguardo della voca~ione sacerdo-
tale e religiosa.
e) LIBERTÀ NELLA SCELTA DELLO STATO.
Quando l'educatore vien scelto dall'educando
come guida per la propria vocazione, può trovarsi
esposto al pericolo o alla tentazione di esercitare,
se non proprio violenza o coazione, almeno una
pressione morale, af:6.nchè il giovane segua, anche
contro voglia, .la via battuta dall'educatore stesso.
486

51.7 Page 507

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Orbene San Giovanni Bosco, mentre insisteva
sullo stretto obbligo di ponderare seriamente la
scelta dello stato per assecondare la divina chia-
mata, lasciava poi libertà massima all'interessato,
affinchè -prendesse la sua decisione senza falsi ri-
guardi nè a parenti nè a educatori nè a persone
ecclesiastiche o religiose, anche costituite in au-
torità..
Il biografo fa notare che, allorchè Don Bosco
domandava a taluno se nel sacerdozio si sentisse
disposto di preferenza ad aiutarlo nelle opere sue,
facendo vita comune con lui, « esprimeva un suo
vivo desiderio e una grande necessità degli Ora-
tori, anzi una condizione indispensabile perchè
non venisse a mancare l'opera stessa delle voca-
zioni ecclesiastiche. Don Bosco però non faceva
mai detta domanda se non a chi era moralmente
certo che fosse chiamato dal Signore a far parte
della sua Congregazione. Egli professava la gran
massima di San Vincenzo de' Paoli: · - Spetta
a Dio solo scegliere i suoi ministri e destinarli
alle varie mansioni; le vocazioni prodotte dall'ar-
tificio, e mantenute da una specie di mala fede,
recan poi disonore alla Casa del Signore» (727).
Notevole al riguardo fu il caso di un alunno
della quinta ginnasiale, chiamato Giuseppe Mino.
In cinque anni non aveva mai dato motivo di la-
gnanze. Cantore valente e assai simpatico. si era
487

51.8 Page 508

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trovato in occasioni e pericoli maggiori di qua-
lunque altro, dovendo andare a trattenimenti e
pranzi, dov'era ammirato da tutti. Eppure si era
mantenuto sempre buono, tanto che pensava uni-
camente a farsi prete. Ora Don Bosco, subito do-
po gli Esercizi Spirituali del 18?6, disse a pa-
recchi sacerdoti, fra cui ]Jon Barberis, che ne
consegnò alla cronaca le parole: « Se Mino si
fermasse nell'Oratorio come chierico e facesse
parte della Congregazione! Oh come desidererei
che si fermasse! Io gli ho prestate tutte le cure
che si possono prestare ad un giovane, ho fati-
cato molto, e posso dire che egli mi ha sempre
corrisposto. Non avvenne mai che io gli dicessi
una parola e gli dessi un consiglio, e questo con-
siglio o questa parola sia caduta a vuoto. Io poi
non ho lasciato passare circostanza alcuna senza
·fare per lui, anche con mio grande incomodo, ciò
che giudicavo potessi fare nel Signore per il suo
bene. Ora, avendo egli finita la quinta ginnasiale
e dovendo mettere la veste da chierico, quanto
sarei contento che si fermasse con noi! Ma non
sarà cosa tanto facile, perchè è bersagliato dai
genitori e dal parroco, e il Vescovo lo vuole in
Seminario ». Difatti andò nella sua diocesi di
Biella, senza che il Santo nulla mai facesse o di-
cesse che avesse l'aria di costringerne la libertà.
Ancor giovane sacerdote, vi fu rapito da violento
488

51.9 Page 509

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morbo poco dopo la morte di Don Bosco (728).
Bisogna bensì notare col biografo: « Gli sciami
di chierici che si vedevano volteggiare dentro e
fuori deirOratorio facevano dire che là c'era la
fabbrica dei chieri.ci. Anche Monsignor Zappata
(Vicario dell'Archidiocesi Torinese) ai genitori
che andavano da lui per consiglio ,sulla vocazione
dei loro figli, '-diceva: - ;Mandate \\ ostro figlio al-
cuni mesi da D~n Bosco, e se non ha vocazione,
gliela fa venire». Tuttavia prosegue ·1 biografo:
« Non si creda cqn questo che Don Bosco di leg-
geri passasse sopra alle cautele volute dalla pru-
denza e dalla Chiesa. Proprio il giorno innanzi
. (si era nel gennaio del 18?6) erasi presentata a
r lui una famiglia, padre, madre e figliuolo, che si
dicevano mandati appunto da Monsignor Zappata. I
Dissero i genitori: - Questo figlio v-olcva fa'rsj
prete; ha ·promesso tanto, ed ora non vuol più
saperne. Poveri noi! ·- Mar!orjavano quindi il
povero giovane per fargli dire <li sì. Do.il Bosco li
riprese in presenza del figlio, dicendo loro:· - Ma
la vocazione 11011 è n1ica cosa cbe si possa im-
porre! Se egli sente in sè questa inclinazione, ri-
fletterà, pregherà e sarà capace di decidersi da
a ciò che voi desiderate. Ma se non sente incli-
nazione a questo stato, non deve in nessun modo
venirvi spinto per forza » (729).
Aggiungeremo che i giovani stessi dell'Orato-
489

51.10 Page 510

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rio, nei loro discorsi familiari co~ Don Bosco,
toccavano anche il punto se in qualche caso, svol-
tosi sotto i loro occhi, dovesse reputarsi libera la
vocazione .allo ·stato ecclesiastico. Narra la Cro-
naca del 15 giugno 1862 che uno dei giovani più
adulti interpellò in tempo di ricreazione I)on Bo-
sco, circondato dau n numero di giovanetti, da
chierici e da preti:
Mi permette, Don Bosco?
- Parla pure.
- Giudicando secondo la riostra corta intel-
ligenza, pare che talora la scelta della nostra vo-
cazione non sia del tutto libera, o almeno non
senza morale costringiment.o: per esempio, il suo
nipote Luigi non si sentì chiamato allo stato ec-
clesiastico e fu costretto a lavorare la terra, men-
tre non gli fu lasciata libera nessuna strada per
altra carriera. Un secondo esempio: quando Ri-
gamonti andò a casa, dicendo che non si sentiva
chiam_ato allo stato ecclesiastico, i suoi_ parenti
, gli risposero: - Bene, se è così, ti metterai a
lavorare con noi. - Venuta questa decisione a
sua ·notizia, Lei approvolla, dicendo 'essere questo
il vero modo di fare.
Don Bosco ascoltò; poi rispose: « L'elezione
dello stato qui nella Casa è piena~ente libera, e
senza tutti i necessari requisiti, per esempio,
nessuno è ammesso a vestire l'abito clericale. Chi
490

52 Pages 511-520

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52.1 Page 511

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fu vestito di questo ha un segno di vocazione; ma
chi non è chiamato a questo stato, nei tempi
miserabili in cui viviamo, io giudico assai meglio
che lavori la terra. · Per quello che spetta agli
esempi addotti, a Bosco Luigi furono date le
norme intorno all'elezione dello stato; finito l'anno
di rettorica disse che no~ sentivasi di farsi prete,
andò a casa, fu messo a làvorare la terra, ma
nemmeno allora seppe decidere quale carriera più
aggradisse. Rigamonti poi ha i suoi parenti con- .
tadini: questo è da badare; perchè se fosse un
giovane nato di civil condizione, non sarebbe con-
veniente il metterlo a lavorare la campagna; ma
uno, stato tolto dai campi e mandato allo stu-
dio per vedere se il Signore lo chiamasse, posto
che rlon corrisponda, non gli si fa torto, ed è
meglio per lui, rimandandolo a lavorare la ter-
ra » (730).
Al fin qui detto, in fatto di vocazione, mette-
ranno il suggello le seguenti parole, pronunciate
dal Santo nella conferenza tenuta la sera della
festa di San Giu~eppe del 18?6. Erano presenti
Salesiani, Ascritti, Aspiranti, Figli di Maria ed
·altri tra i giovani più grandicelli.
« Oh, sì - disse Don Bosco - che deside-
rerei vedervi tutti slanciati a lavorare come tan-
ti Apostoli! A questo tendono tutti i miei pen-
sieri, tutte le mie cure, tutte le ·mie fatiche. Si è
49.1

52.2 Page 512

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per questo che si accelerano gli studi, si dà ogni
comodità affinchè si pos,m far presto ad indossa-
re l'abito ecclesiastico, si imprendono scuole par-
ticolari. E. come, in vista di tanti e sì pressanti
bisogni, potrei tacere? Potrei io, mentre da ogni
parte ci chiamano (e par proprio la voce di Dio
che si manifesti per bocca di tanti), ritirarmi? E
dopo i manifesti segni della Divina Provvid_enza,
che tanto grandi cose vuol operare per mezzo dei
Salesiani, stare muto e rion cercare di aumentare
il numero degli operai evangelici?
« Ora - proseguiva Don Bosco, venendo al
punto che qui a noi interessa, - ho ancora una
cosa da dirvi, ed è la più importante. Nel men-
tre che io invito tutti voi a stare costanti, o a
farvi iscrivere nella Congregazione Salesiana, non
voglio che chi non ha la vocazione cerchi di en-
tra.rvi. Io vedo il gran bene che possiamo fare, vi
espongo come sia grande la messe che sta davanti
ai nostri occhi, come abbisogni di molti coltivatori
la vig·na del Signore, affinchè coloro che si sen-
tono un'interna voce che dica: - Tu nella Con-·
gregazione potrai fare ,più facilmente la salute
dell'anima tua e la salute delle anime del pros-
simo, - sappiano come stanno le cose, ed ab-
biano comodità di farsi inscrivere: mentre inten-
do che tut.ti gli altri secondino la propria voca-
zione.
4.92

52.3 Page 513

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« Quello che voglio e quello su cui tanto insi-
sto si è che, dovunquè uno sia, s'ia proprio come
si legge là nel Vangelo: Lucerna ardens et lucens.
Io non sono contrario a un giovane che voglia
andare in Seminario e farsi prete nel secolo.
Quello che io voglio, e su cui insisto ed insisterò
sempre finchè avrò fiato e voce, si è che colui il
quale si fa chierico sia santo chierico, come co-
lui che si fa prete sia un santo prete: si è che
colui il quale vuol partecipare dell'eredità del
Signore abbracciando lo stato ecclesiastico, non
s'impigli in cose secolaresche, ma attenda solo a
salvar delle aniìne. Questo io domando: che tutti,
ma specialmente l'ecclesiastico sia luce che illu-
mini tutti coloro che lo circondano e non tene-
bre che ingannano chi lo segue >> (731).
Dio voglia che l'anelito santo e costante del
· nost.ro buon Padre si compia in tutti noi e in
particolare nelle vocazioni che noi, sulle sue or- ·
me, cercheremo dì scoprire e coltivare nei gio-
vani alle nostre cure affidati.
Questi stessi giovani noi ci sforzeremo con
sollecitudine veramente paterna di condurre co-
me per mano fino alla scelta dello stato, la quale
costituisce la decisione più importante per l'o-
rientamento della vita verso gli eterni destini.
/
493

52.4 Page 514

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CONCLUSIONE
Ed ora che, con la grazia di Dio e con l'aiuto
di Maria Ausiliatrice, siamo giunti al termine di
qu~sta non breve trattazione, che tanto ci stava
a cuore di portare a compiment~. sentiamo il
vivo bisogno d'innalzare · un inno di ringrazia-
mento al Signore e una fervida preghiera alla
nostra Madre Celeste, affinchè benedicano que-
.ste umili pagine, ricche solo dell'inestimabile te-
soro di sapienza pedagogica del nostro grande
Fondatore e Padre Don Bosco. Tale sapienza
gli fu ·riconosciuta dalla Chiesa nella sacra Li-
turgia, là ove è detto: « Dedit illi Deus sapienfiam
et prudentiam multam nimis: Iddio gli diede so-
vrabbondante sapienza e prudenza».
·
Possano queste pagine cooperare a , tener sem-
pre viva, in ciascun membro della Famiglia Sale-
siana, quella fiamma di carità che ispirò il Siste-
ma Preventivo di Don Bosco: carità che è luce,
c"alore e forza di purissimo amor di Dio, e che
sboccia in zelo ardente per le anime. Detto zelo
494

52.5 Page 515

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è paragonato, .nella Liturgia della Messa in ono-
re di Don Bosco, alle sconfinate arene delle spiag-
ge del mare: Et latitudinem cordÙ, quasi are-
nam quae est in littore maris. Magnifiche parole,
che l'immortale Pio XI si compiaceva di appli-
care a Don Bosco, affermando: « Si possono dire
di lui, e sembrano scritte anche per lui, come p er
alcuni altri dei più grandi eroi della carità e
dell'azione caritativa » (732).
'
Il prolungato richiamo dei grandi princìpi
educativi che hanno animafo e guidato il nostro
Padre, e l'attenta considerazione del metodo col
quale esplicò la sua azione caritativa e pedagogi-
~a tra i giovanetti, specialmente poveri e abban-
donati, ci han fatto comprendere sempre meglio
tutta la consapevolezza con cui Santa Madre Chie-
sa ha voluto invocare Don Bosco Educatore, n el
suo Oremus, con l'espressione: Adolescentium pa-
trem et magistrum: P ad~e e Maestro della gio-
ventù. ·
Ci sorride il pensiero che il magistero del no-
stro Santo sarà sempre più fecondo, perc:hè at-
tinto alle fonti della Sapienza Infinita, e anche
perchè collaudato con la glorificazione dell'ange-
lico Domenico Savio, salutato da Pio XI come
il « frutto tra i primi, fra i più belli, tra i primi
il più bello, si può dire, il più squisito dell'opera
sua educativa» (733).
495

52.6 Page 516

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Oh, possa il Sistema Preventivo di Don Bosco,
il Sistema ~ella Carità senza misura, penetrare
ovunque a incremento della cristiana educazione
della gioventù: possa trionfare a bene di tutte le
novelle generazioni! Cesserà allora, completamen-
te, l'accorato lamento già registrato da Isaia: Ubi
docfor parvulorum? Ma dov'~ il dottore dei fan- ·
ciulli? (?34).
Gloria eterna adunque a Don Bosco Educatore,
il cui serto l'Altissimo renderà, ne siamo certi,
sempre più fulgente.
FINE
496

52.7 Page 517

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52.8 Page 518

▲back to top
'\\
\\

52.9 Page 519

▲back to top
I.
IL SISTEMA PREVENTIVO
NELL'EDUCAZIONE DELLA GIOVENTù.
Più volte fui richiesto di esprimere verbalmel\\te o
per iscritto alcuni pensieri intorno al così detto sistèma
preventivo, che si suole usare nelle ·nostre case. Per
mancanza di tempo non ho potuto finora appagare
questo desiderio, e presentemente volendo stampare il
regolamento' che finora si è quasi sempre usato tradi-
zionalmente, credo opportuno darne qui un cenno che
però sarà come l'indice di un'operetta che vo prepa-
rando se Dio mi darà tanto di vità da poterla termi-
nare, e ciò unicamente per giovare alla difficile arte del-
la giovanile educazione. Dirò adunque: In che cosa con-
siste il Sistema Preventivo, e perchè debbasi prefe-
rire: Sua pratica applicazione, e suoi vantaggi.
I.
'.l che cosa consista il Sistema Preventivo ·e perchè
dehhasi preferire.
Due sono i sistemì in ogni tempo usati nella edu-
azione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il
,istema Repressivo consiste nel far conoscere la legge
499

52.10 Page 520

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ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i tr'asgrcc
sori ed infliggere, ove sia d'uopo, il meritato castigo ·
Su questo sistema le parole e l'aspetto del Superiore
debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli
ed egli stesso deve evitare ogni familiarità. coi di
pendenti.
Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità
dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo
più solo quando si tratta di punire o di minacciare.
Questo sistema è facile, meno faticoso e giova spe-
cialmente nella milizia e in generale tra le persone
adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in
grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leg-
gi ed alle altre prescrizioni.
Diverso, e direi, opposto è il sistema Preventivo
Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regola-
menti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa,
che gli 1:1.llievi abbiano sempre sopra di loro l'occhio
vigile del Direttor€ o degli assistenti, che come padri
amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento,
diano consigli ed amorevolmente correggano, che è
quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità
di commettere mancanze.
.
Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione,
la religione; e sopra l'amorevolezza: perciò esclude
ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi
leggeri castighi. Sembra che questo sia preferibile per
le seguenti ragioni: ·
I. L'allievo preventivamente avvisato non resta av-
vilito per le mancanze commesse, come' avviene quando
esse vengono deferite al Superiore. Nè mai si adira
per la correzione fatta o pel castigo minacciato oppure
inflitto, perchè in esso vi è sempre un avviso amiche-
500

53 Pages 521-530

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53.1 Page 521

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vole e preventivo che lo ragiona, e per Jo più riesce
a guadagnare il cuore, cosicchè l'allievo conosce la
necessità del castigo e quasi lo desidera.
II. La ragione più essenziale è la mobilità giova-
nile, che in un momento dimentica le regole discipli-
nari, i castighi che quelle minacciano. Perciò spesso un
fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena
cui egli non ha mai badato, che niente affatto ricordava
nell'atto del fallo commesso e che ·avrebbe per certo
evitato se una voce amica l'avesse ammonito.
III. Il sistema Repressivo può impedire un disor-
dine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti; e si
è osservato che i giovanetti non dimenticano i casti-
ghi subìti, e per lo -più conservano amarezza con desi- .
d,erio di scuotere il giogo ed anche di farne vendetta.
Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro
ai loro andamenti conosce che sono terribili le remi-
niscenze della gioventù; e che dimenticano facilmente
le punizioni dei genitori, ma assai .difficilmente quel-
le degli educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vec-
chiaia vendicarono brutalmente certi castighi tocca-
ti giustamente in tempo di loro educazione. Al contrario
il sistema Preventivo rende amico l'allievo, che nell'as-
sistente ravvisa un benefattore che lo avvisa, vuol
farlo buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal
disonore.
IV. Il sistema Preventivo rende avvisato l'allie-
vo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare col
linguaggio del cuore sia in tempo della educazione,
sia dopo cli essa. L'educatore, guadagnato il cuore
del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un gran-
de impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche corregger-
lo allora eziandio che si troverà negli impieghi, negli
501

53.2 Page 522

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uffizi civili e nel commercio. Per queste e molte altre
ragioni pare che il sistema preventivo debba preva-
lere al repressivo.
II.
Applicazione del sistema Preventivo.
La pratica di questo sistema è tutta appoggiata
sopra le parole di s. Paolo che dice: Charitas benigna
est, patiens est; omnia suffert, omnia sperat, omnia su-
stinet. La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma
spera tutto e sostiene qualunque disturbo. Perciò _sol-
tanto il cristiano può con successo .applicare il siste-
ma Preventivo. Ragione e Religione sono gli strumen-
ti di cui deve costantemente far uso l'educatore, inse-
gnarli, egli stesso praticarli se vuol essere' ubbidito ed
ottenere il suo fine.
I. Il Direttore pertanto deve essere tutto consacrato
a' suoi educandi, nè mai assumersi impegni che lo al- .
lontanino dal suo uffizio, anzi trovarsi sempre coi suoi
allievi tutte le volte che non sono obbligatamente
legati da qualche occupazione, eccetto che siano da
altri debitamente assistiti.
Il. I maestri, i capi d'arte, gli assistenti devono es-
sere di moralità conosciuta. Studino di evitare come la ·
peste ogni sorta di affezioni od amicizie particolar{
cogli allievi, e si ricordino che il traviamento di uno
solo può co~promettere un Istituto educativo. Si fac-
cia in modo che gli allievi non siano mai soli. Pe1
quanto è possibile gli assistenti li preceda:no nel sito do.
ve devonsi raccogliere; si - trattengano con loro fino a
che siano da altri assistiti; ·non li lascino mai di-
soccupati.
502
;

53.3 Page 523

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III. Si dia ampia libertà di saltare, correre, schia-
mazzare a pi_acimento. La ginnastica, la musica, la .
declamazione, il teatrino, le passeggiate sono ' mezzi
efficacissimi per otten~re la disciplina, giovare alla
moralità e alla sanità. Si badi soltanto che la materia
del trattenimento, le persone che intervengono, i discor-
si che hanno luogo non siano biasimevoli. Fate tut-
to quello che volete, diceva il . grande amico della
gioventù s. Filippo Neri, a me basta che non faccia-
te peccati.
IV. La frequente confessione, la · frequente comu-
nione, la messa quotidiana sono le colonne che de-
vono reggere un edifizio educativo, da cui si vuole te-
ner lontano la minaccia e la sferza. Non mai ob-
bligare i giovanetti alla frequenza de' santi Sacra-
menti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro como-
dità di approfittarne. Nei casi poi di esercizi spirituali,
tridui, novene, predicazioni, catechismi, si faccia rilevare
la bellezza, la grandezza, la santità di quella Reli-
gione che propone dei mezzi così facili, così utili alla
civile società, alla tranquillità del cuore, alla salvezza
dell'anima, come appunto sono i santi Sacramenti. In
questa guisa i fanciulli restano spontaneamente in-
vogliati a queste pratiche di pietà, vi si accosteranno
volentieri, con piacere e con frutto (1).
(1) Non è gran tempo che un ministro della Regina d'Inghil-
terra visitando un Istituto di Torino fu condotto in una spaziosa
sala dove facevano studio circa cinquecento giovanetti. Si mera-
vigliò non poco al rimirare tale moltitudine di fanciulli in per-
fetto silenzio e senza assistenti. Crebbe ancora la meraviglia
quando seppe che forse in tutto l'anno non avevasi a lamentare
una parola di disturbo, non un .motivo di infliggere o di minac-
ciare un castigo. - Come è mai possibile di ottenere tanto
503

53.4 Page 524

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V. Si usi la massiµia sorveglianza per impedire
che nell'Istituto siano introdotti compagni, libri o
persone èhe . facciano cattivi discorsi. -La scelta di un
buon portinaio è un tesoro per una casa di educa-
zione.
VI. Ogni sera dopo ]e ordinarie preghiere, e prini a
che gli allievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per
esso, indirizzi alcune affettuose parole in pubblico dan-
do qualche avviso, o consiglio intorno a cose da farsi o
da evitarsi; e studii di ricavare le massime da fatti
avvenuti in giornata nell'Istituto o fuori; ma il suo ser-
mone non oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa
è la chiave della moralità, del buon andamento e
del buon successo dell'educazione.
VII. Si tenga lontano come -la peste l'opinione di
taluno che vorrebbe differire la prima comunione ad
un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio
ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno
incalcolabile della sua innocenza. Secondo la discipli-
na della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini
le ostie consacrate che sopravanzavano nella comunione
pasquale. Questo serve a farci conoscere quanto la
Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo alln
silenzio e tanta disciplina? - domanda: - ditemelo. E voi,
- aggiunse al suo segretario, - scrivete quanto vi dice. - Si-
gno r e, - rispose il Direttore d ello Stabilimento, -,- il mezzo che
si usa tra noi, non si può usare fra voi. - Perchè? - Perchè sono
arcani svelati soltanto ai cattolici. - Quali? - La frequente
confessione e comunione e la messa quotidiana ben ascoltata.
Avete proprio ragione, noi manchiamo di questi potenti mezzi
di educazione. Non si può supplire con altri mezzi? - Se non
si usan o questi elementi di religion e, bisogna ricorrere alle mi-
nacce e al bastone. - Avete ragione ! avete ragione! O r eli gion e,
o bastone; voglio raccontarlo a Londra.
504

53.5 Page 525

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santa Comunione. Quando un giovanetto sa distinguere
tra Pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si
badi più all'età e venga il Sovrano Celeste a regnare
in quell'anima benedetta.
·
VIII. I catechismi raccomandano la frequente co-
munione, s. Filippo Neri la consigliava ogni o_tto giorni
e anche più spesso. Il Concilio Tridentino dice chiaro
che desidera sommamente che ogni fedele cristiano,
quando va ad ascoltare la santa Messa, faccia eziandio
la comunione. Ma questa comunione sia non solo spi-
_rituale, ma bensì sacramentale, af:finchè si ricavi mag-
gior frutto da questo augusto e divino sacrificio (Con-
cilio Trid., sess. X_XII, cap. VI).
III.
Utilità del sistema Preventivo.
Taluno dirà che questo sistema è difficile in pra-
tica. Osservo che da parte degli allievi riesce assai più
facile, più soddisfacente, più vantaggioso. Da parte de-
gli educatori racchiude alcune difficoltà, che però resta-
no diminuite, se l'educatore si mette con zelo all'ope-
ra sua. L'educatore è un individuo consacrato al bene
de' suoi allievi, perciò deve essere pronto ad affrontare
ogni disturbo, ognì fatica per conseguire il suo fine,
che è la civile, morale, scientifica educazione dei suoi
allievi.
Oltre ,ai vantaggi sopra esp0sti si aggiunge anco-
ra che:
I. L'allievo sarà sempre pieno di rispetto verso
l'educatore e ricorderà ognor con piacere la direzione
avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i
5.05

53.6 Page 526

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\\.
suoi maestri e gli altri superiori. Dove vanno questi al-
lievi per lo più sono la consolazione della famiglia,
utili cittadini e buoni cristiani.
IL Qualunque sia il carattere, l'indole, lo stato mo-
rale di un allievo all'epoca della sua accettazione, i
parenti possono vivere sicuri, che il loro figlio non po-
trà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà
sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli che
per molto tempo furono il flagello de' ·parenti e per-
fino rifiutati dalle case correzionali, coltivati secondo
questi principii, cangiarono indole, carattere, si die-
dero a una vita costumata, e presentemente occupano
onorati uffizi nella società, divenuti così il sostegno
della famiglia, decoro del paese in cui dimorano.
III. Gli . allievi, che per avventura entrassero in un
Istituto con tristi abitudini non possono danneggiare
i loro compagni. Nè i giovanetti buoni· potranno rice-
vere nocumento da costoro, perchè non avvi nè tempo,
nè luogo, nè opportunità, perciocchè l'assistente, che
supponiamo presente, ci porrebbe tosto rimedio.
Una parola sui castighi.
Che regola tenere nell'infliggere castighi? Dove è
possibile, non si faccia mai uso di castighi; dove poi la
necessità chiede repressione, si ritenga quanto segue:
I. L'educatore tra i suoi allievi cerchi di farsi ama-
. re, se vuole farsi temere. In questo caso la sottrazione
di benevolenza è un castigo, ma un castigo che ecci ta
l'emulazione, dà coraggio e non avvili~ce mai.
II. Presso ai giovanetti è castigo quello· che si fo
servire per castigo. Si è osservato che uno sguardo non_
506

53.7 Page 527

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amorevole sopra taluni produce magg·ior effetto che
non farebbe uno schiaffo. La lode quando una cosa è
ben fatta, il biasimo quando vi è trascuratezza, è già
un premio od un castigo.
III. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni; i ca-
stighi non si diano mai in pubblico, ma privatamen-
te, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e
pazienza per fare che l'allievo comprenda il suo tor-
to colla ragione e colla religione.
IV. Il percuotere in qualunque modo, il mettere
in ginocchio con posizione dolorosa, il tirar le orecchie
ed altri castighi simili debbonsi assolutamente evita-
re, perchè sono proibiti dalle leggi civili,\\ irritano gran-
demente i giovani ed avviliscono l'educatore.
V. Il Direttore faccia ben conoscere le regole, 1
premi ed i castighi stabiliti dalle leggi di disciplina,
· affinchè l'allievo non si possa scusare dicendo: · Non
sapeva che ciò fosse comandato o proibito.
Se nelle nostre Case si metterà in pratica questo si-
stema, io credo che potremo 0ttenere grandi vantaggi
senza venire ·alla sferza, nè ad altri violenti ca-
stighi. Da circa quarant'anni tratto colla gioventù, e
non mi ricordo d'aver usato castighi di sorta, e coll'aiu-
to di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di do-
vere-;- ma eziandio quello che semplicemente de_siderava,
e ciò da quegli stessi fanciulli, cui sembrava perduta
la speranza di buona riuscita.
Sac. Gm. Bosco.
507

53.8 Page 528

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53.9 Page 529

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- II.
REGOLAMENTO PER LE ' CASE
DELLA SOCIETÀ DI s·AN FRANCESCO DI SALES
(Anno 18?7)
ARTICOLI GENERALI
1. Quelli che trovansi in qualche uffizio o prestano
assistenza ai giovani, che la Divina Provvidenza ci
affida, hanno tutti l'incarico di ·dare avvisi e consigli
a qualunque giovane della casa, ogni qual volta vi è
ragione di farlo specialmente quando si tratta d'im-
pedire l'offesa di Dio.
·
2. Ognuno procuri di farsi amare se vuole farsi
temere. Egli conseguirà questo grande fine se colle pa-
role, e più ancora coi fatti, farà conoscere che le sue
sollecitudini sono dirette esclusivamente a vantaggio
spirituale e temporale de' suoi allievi.
3. Nell'assistenza poche parole, molti fitti, e si dia
agio agli allievi di esprimere liberamente i loro pen-
sieri; ma si stia attento a rettificare ed anche correg-
gere le espressioni, le parole, gli atti che non fossero
conformi alla cristiana educazione.
509

53.10 Page 530

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I
4. I giovanetti sogliono manifestare uno di questi
ca1·atteri diversi. Indole buona, ordinaria, difficile, cat-
tiva. i! nostro stretto dovere di studiare i mezzi che val-
gono a conciliare questi caratteri diversi per far del
bene a tutti senza che gli uni siano di nocumento agli
altri.
5. A coloro che hanno sortito dalla natura un ca-
rattere, un'indole buona basta la sorveglianza generale
spiegando le regole disciplinari e raccomandandone l'os-
servanza.
6. La categoria dei più è di coloro che · hanno
carattere ed indole ordinaria, alquanto volubile e pro-
clive all'indifferenza; costòro hanno bisogno di brevi
ma frequenti raccomandazioni, avvisi e consigli. Biso-
gna incoraggiarli al lavoro, anche con piccoli premi e
dimostrando d'avere grande fiducia in loro senza tra-
scurarne la sorveglianza.
7. Ma gli sforzi e le sollecitudini devono essere in
modo speciale rivolte alla terza categorìa che è quella
dei discepoli difficili ed anche discoli. Il numero di
costoro si può calcolare uno su quindici. Ogni supe-
riore si adoperi per conòscerli, s'informi della loro pas-
. sata maniera di vivere, si mostri loro ainico, li lasci
parlare molto, ma egli parli poco, ed i suoi discorsi
siano brevi esempi, massime, episodi e simili. Ma non
si perdano mai di vista senza dar a divedere che si ha
diffidenza di loro.
8. I maestri, gli assistenti, quando ·giun.gono tra i
loro allievi portino immediatamente !'.occhio sopr a di
questi e accorgendosi che taluno sia assente lo faccia
tosto cercare sotto apparenza di avergli che dire o
raccomandare.
9. Qualora si dovesse a costoro fare un biasimo,
510

54 Pages 531-540

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54.1 Page 531

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dare avvisi o c·orrezioni, non si faccia mai m presenz,
dei compagni. Si può nulladimeno approfittare di fatti,
di episodi avvenuti ad altri per tirarne lode o biasimo,
che vada a cadere sopra c_oloro di cui parliamo.
10. Questi· sono gli articoli preliminari del nostro
regolamento. Ma a tutti è indispensabile la pazienza,
la diligenza e molta preghiera senza cui io credo
inutile ogni buon regolamento.
511

54.2 Page 532

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PARTE PRIMA
REGOLAMENTO PARTICOLARE
(Pei Superiori)
CAPO I.
Del Direttore.
1. Il Direttore è capo dello Stabilimento; a lui solo
spetta accettare o licenziare .i giovani della Casa, ed
è responsabile dei doveri di ciascun impiegato, della
moralità e dell'educazione degli allievi. Per l'accetta-
zione però potrà delegare il Prefetto, il quale opererà
in questo a nome del Direttore, si regolerà secondo
le prescrizioni del proprio Collegio, e secondo i li-
miti e le norme segnate in fine del regolamento.
2. Il Direttore soltanto può modificare gli uffizi
de' suoi dipendenti, la disciplina e l'orario stabilito, e
senza suo permesso non si può introdurre variazione
alcuna.
3. Al Direttore spetta· l'aver cura di tutto l'anda-
mento spirituale, scolastico e materiale.
512

54.3 Page 533

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CAPO II.
/
Del Prefetto.
1. Il Prefetto ha la. gestione generale e materiale
della Casa, e fa le· veci del Direttore in sua assenza,
nell'amministrazione, ed .in tutte quelle cose di cui
fosse incaricato.
2. Sopra il libro dei postulanti egli scriverà nome,
cognome, paese e condizione di coloro che doman-
dano di essere accettati pel lavoro o per lo studio;
rileverà specialmente se il postulante travisi in p eri-
colo della moralità. Questa circostanza ne fa prefe-
rire l'accettazione a tutti gli aJtri. Noterà eziandio le
condizioni proposte per l'accettazione, e quelle cose che
giudicherà opportune.
3. Ogni allievo sarà a ccolto dal Direttore o per
delegazione di lui dal Prefetto, che noterà sul ,libro
·mastro il giorno dell'entrata, le condizioni con cui fu
accettato, se portò seco danaro, od oggetti di vestia-
rio, la classe od il mestiere a cui sarà destinato, e ·
l'indirizzo di chi lo raccomanda colle altre necessa-
rie indicazioni.
4. Gli farà assegnare un posto in dormitorio ed in
refettorio. Se è studente lo invierà al Consigliere Sco-
lastico, perchè lo collochi nella sua classe. Se è de-
stinato al lavoro gli farà pur assegnare un posto in
quel laboratorio od in quell'uffizio a cui parrà più
adc;1ttQ secondo il bisogno, e ne tramanderà . il nome
al Direttore ed al Catechista.
5. Quando un allievo cessa d'appartenere alla Casa,
il Prefetto noterà il giorno e il motivo per cui è uscito.
513
17(U)

54.4 Page 534

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Se c10 avvenisse per motivo di decesso, procurerà di
·darne immediatamente avviso a chi di ragione, pren-
dendo memoria dei fatti e delle circostanze, che pos-
sono tornare di buon esempio e di grata ricordanza.
6. Il Prefetto è il centro da cui partono le uscite
e spese, e dove si concentrano tutte le entrate pecunia-
rie, sotto qualunque denominazione appartengano alla
Casa.
,,,
7. Perciò egli terrà conto, almeno in complesso, delle
spese che occorrono pei giovani e per le persone dì
Casa, per le scuole, pei laboratori, pei commestibili .e
per la manutenzione della· Casa. Ma in questa sua am-
ministrazione egli deve sempre tenersi nei limiti, e negli
Qrdini stabiliti dal Direttore o dal Superiore della Con-
gregazione.
.
8. Riceverà tutto il ,denaro che possa provenire dai
laboratori, dai contratti di vendita, dalle oblazioni e
pensioni dei giovani e lo consegnerà al Direttore, dal
quale riceverà quanto occorre alla giornata e pei pa-
gamenti a data fissa.
9. Abbia molta sollecitudine di avere in ordine i
registri secondo le norme di contabilità stabilite per
le nostre case, e ·procuri di tenersi al corrente nel ri-
portare, quando occorre, le' entrate e le uscite, per
essere in grado di poter ogni mese dare conto della
sua gestione, qualora ne sia' richiesto. Ogni tre mesi
procuri di spedire il rendiconto delle pensioni, prov-
viste e riparazioni ai parenti dei giovani allievi, e
sistemare anche ogni trimestre le proprie partite colle
altre Case della Congregazione e colle persone esterne,
con cui si tengono conti aperti.
10. Oltre la contabilità è affidata al Prefetto la
cura del personale dei Coadiutori, e in generale la
514

54.5 Page 535

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disciplina dei giovani, la pulizia e la manutenziorll
della Casa.
11. Quanto alla manutenzìone la sua condotta ed
autorità si limiti a riparare ed a conservare qualunque '
oggetto mobile ed immobile della Casa. Chiunque per-
, tanto avesse bisogno di lavori di questo genere, dovrà
indirizzarsi al Prefetto, ma esso non può far , novità ·
alcuna senza l'espresso consenso dél Direttore; anzi se
trattasi d'opere di demolizione o d'altre cose di qual-
che rilievo, si dovrà attendere il permesso del Rettore
Maggiore.
\\ 12. Riguardo ai famigli, d'accordo col Direttore,
provvederà un personale proporzionato al bisogno, e
veglierà che ciascuno compia i suoi doveri, ed 0ccupi
il tempo, soprattutto che niuno s'incarichi di commis-
sioni estranee al :r:ispettivo uffizio. Raccomanderà però
che avanzando tempo si prestino volentieri aiuto tra lo-
ro, quando ve n'è bisogno.
13. Al mattino andrà, od incaricherà alcuno -che
vada a chiamare i Coadiutori e le persone di servizio,
affinchè tutte intervengano alla santa Messa, e recitino
insieme le orazioni; procurerà di andar a recitar con
loro le orazioni della sera, ed indirizzerà quegli avvisi
che giudicherà a proposito per loro vantaggio spirituale
e temporale. Si farà pur render conto delle proprie loro
occupazioni e dei disordini e guasti che si trovassero
per la Casa. '
14. A lui è in particolare maniera affidata la cura
della pulizia della p'ersona, e degli abiti dei giovani.
Almeno una volta per settimana li farà passare a ras-
segna per assicurarsi della nettezza dei loro abit i,
della testa, badando che niuno abbia troppo lun ga
capellatura.
-
015

54.6 Page 536

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15. Vigilerà che le porte, gli usci, le finestre, chiavi,
serrature non siano guaste. Trovando qualche guasto
avrà cura di farlo riparare al più presto possibile, e
nel mode più economico.
16. Per sè o ·p er mezzo di altri assisterà alla di-
stribuzione del pane a colazione, a merenda, ed a-men-
sa. Avvisi costantemente che colui, il quale non sentesi
di mangiare qualche commestibile, lo riponga sulla
tavola. Chi guasterà volontariamente pane, minestra o
pietanza si avverta severamente, e se non si emenda se
ne dia immediatamente comunicazione al Direttore.
17. È cura del Prefetto che i commestibili siano sani
e ben condizionati, che il pane non si dia troppo fre-
sco, che si pesino o si misurino le provviste quando
sono introdotte in casa, e se ne tenga nota per con-
frontarla coi pesi e colle misure effettuate dai venditori.
18. Mentre vigila che i giovani siano puntuali ai
loro doveri, d'accordo col Consigliere scolastico è col
Catechista con bella maniera procuri che i maestri,
i capi d'arte e gli assistenti si trovino ad occupare il lo-
ro posto all'arrivo dei giovani nella chiesa, nello studio,
nelle scuole, nel laboratorio e ne' dormitori, e così impe-
discano i disordini che generalmente sogliono in quei
momenti accadere.
19. Dove sonvi laboratori, il Prefetto si tenga in
relazione diretta coi capi d'arte· e cogli assistenti, faccia
tener nota del lavoro che si riceve dall'esterno, dei
prezzi pattuiti, di ciò che è pagato e non è pagato,
tempo e spesa fatta, delle provviste, e questo per darne
conto minuto o almeno complessivo a chi di ragione.
20. Per sè o per mezzo di chi è addetto all'uffizio dei
laboratori riceverà le entrate di ciascun laboratorio,
pagherà lo stipendio pattuito per ciascuno, e procu-
(

54.7 Page 537

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rerà che tutti gli utensili siano di proprietà della .
Casa.
21. Procurerà di non lasciar andare gli esterni ne'
dormitori, nelle scuole, ne' laboratori, indirizzando al
Parlatorio o all'uffizio dei laboratori, chi ha bisogno di
parlare · agli allievi, o di trattare di lavori dc,1. farsi
o già eseguiti. ·
22. Il Prèfetto potrà avere in suo aiuto un vice
Prefetto e segretario, cui potrà . affidare la contabilità
e la corrispondenza. fìotrà pur essere coadiuvato dà
un economo qualora per l'ampiezza della Casa e la
molteplicità degli affari ve ne sia bisogno.
23. L'Economo sarà in.caricato specialmente di quan-
to riguarda la pulizia . della casa e dei giovani, il per-
sonale dei Coadiutori e la conservazione e la ripara-
zione delle cose domestiche.
24. L'Economo, gli spenditori, il Provveditore di
libri e di oggetti di .cancelleria sono in relazione diretta
col Prefetto, e per via ordinaria dipendono da lui. Il
Prèfetto aumenterà il numero dei suoi collaboratori
secondo il bisogno.
CAPO III.
Catechista.
1. Il Catechista ha per iscopo di vegliare e prov-
vedere ai bisogni spirituali dei giovani della Casa.
2. Appena gli sarà nota l'entrata di un giovane esso
procurerà di conoscerlo, d'informarlo intorno alle re-
gole principali della Casa, e con massime e maniere
dolci e caritatevoli indagherà di quale istruzione reli-
517

54.8 Page 538

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giosa abbia partic_ol{lr bisogno, e si darà massima
premura pà istruirlo.
3. Badi · eh.e tutti imparino almeno il catechismo
piccolo della Diocesi. A tal fine ogni settimana as..,
segnerà non m~np di una lezione da recitarsi. Terrà
nota di quelli che sono già promossi alla s. Comunione,
e che hanno ricevuto il Sacramento della Cresima, ,e
si prenderà cura speciale di queUi che abbi~ognano di
essere istruiti per ricevere degnamente questi Sacra-
menti'.
4. Vegli attentamente sopra i dife.tti dei giovani,, per
essere in grado, per la parte che gli spetta, di cor-
, reggerli opportunamente e dare in fine d'ogni mese il
voto sulla moralità di ciascuno.
5. Vegliérà . che gli alliev( si accostino assiduamente
ai SS. Sacramenti, si trovino per tempo alle sacre
funzioni, alle preghiere del mattino e della sera, e
studierà d'impedire quanto possa disturbare gli esercizi
di cristiana pietà, nel che si farà aiutare dagli assi-
stenti e dai decurioni.
6. Secondo gli accordi presi col Prefetto, procurerà
che i Capi dei dormitori si trovino per tempo al loro
dovere, che tutti siano puntuali alle sacre funzioni, al
posto loro assegnato, precedendo ·i giovani col buon
esempio.
,. Si darà cura che agli ammalati nulla manchi nè
per lo spirituale nè pel temporale, ma non sommini-
strerà rimedi senza ordine del medico.
8. Conferisca spesso col Prefetto per essere. in grado
di preveni1e ogni disordine.
.9. Il Catechista farà tutto quello che potrà affinchè
oiascup.o. impari bene a servire la s. Messa, sia pro-
nunciando chiarame~te e distintarp.ente le par-ole, sia
518 .

54.9 Page 539

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osservando divotamente le cerimoniè prescritte per que-
sto augusto mistero di nostra s. Religione.
10. Il Catechista degli studenti conferisca spesso co-
gli assistenti di dormitorio, di studio, coi decurioni e
cogli assistenti di scuola, coi maestri e col medesi_mo
Consigliere scolastico, affinchè sia in grado di dare
le opportune informazioni degli allievi, e fare le cor-
rezioni a coloro che le meritassero.
11. Promuoverà le compagnie di S. Luigi Gonzaga,
del SS. Sacramento, del piccolo Clero, dell'Immacolata
Concezione. In caso di bisogno potrà farsi aiùtare da
qualche sacerdote o chierico anziano specialmente· per
fare le conferenze.
12. Prenderà cura dei chierici addetti a qualche
ufficio della Casa, procurando che imparino le sacre
cerimonie ed attendano allo studio della Teologia. Se
si può, farà loro recitare ogni settimana un ,brano
del Nuovo Testamento, e preparerà il servizio in oc-
casione di solennità.
13. Avrà pur cura del servizio della Chiesa, delle
funzioni religiose, e degli oggetti destinati al qivin
culto.
·
14. Nelle solennità maggiori, dove si può, vi sarà
musica vocale con orchestra; nelle feste ordinarie vi
sarà canto gregoriano con organo od harmonium. -
· 15, Per turno sceglierà due chierici dei corsi in-
feriori a fare una settimana di servizio in Chiesa. Co-
storo si troveranno ogni settimana nella Sacrestia al
tempo delle Messe, e se vi è bisogno fermenrnsi fino
alle ore 9. Ma nei giorni festivi p loro servizio sarà
per tutta la giornata.
'
16. Questi chierici procureranno d'imparare a Testire
e svestire il Celebrante, a piegare amitto, cotta e ca-
519

54.10 Page 540

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mice, preparare il Calice e mettere i segnacoli del Mes-
sale a posto, secondo il Calendario della Diocesi.
17. Terrà catalogo degli oggetti esistenti negli Ora-
tori, ed avrà cura che vi sia quanto è necessario al
divin culto; nulla si smarrisca, a tempo debito si faccia
il bucato, le soppressature e rappezzature _dei sacri ar-
redi.
18. Si faccia uso moderato di cera, nè sia adoperata .
se non in cose riguàrda,nti il divin culto. Occorrendo
lumi per cose estranee alla chiesa si provveda al-
trimenti.
· 19. Egli deve promuovere il decoro delle sacre fun-
zioni, e fare sì che in Sacrestia si osservi rigoroso
silenzio, specialmente nel tempo dei divini uffizi.
20. Per l'orario delle Messe, per la predicazione, pei
Catechismi, pei casi di provvista o di spesa di qual-
siasi genere, prend,erà gli opportuni accordi col Diret-
tore ed in sua assenza col Prefetto della Casa.
2L Per la regolare esecuzione di quanto occorre per
la Sacrestia, verrà scelto uno o più Coadiutori, che aiu-
teranno nelle cose che lor verranno affidate.
22. Ne' Collegi in cui si ha la chiesa pubblica e
clero numeroso, il Catechista potrà avere in suo aiuto 1
un Prefetto di sacrestia, specialmente per ciò che è
prescritto dall'art. 14 fino al termine del presente ca-
po (1).
(1) Nelle case p01 m cui sonvi molti studenti e molti ar-
tigiani si potrà stabilire un catechista per la cura spirituale
di questi.
520

55 Pages 541-550

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55.1 Page 541

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CAPO IV.
Catechista degli artigiani.
1. Il Catechista degÌi artigiani oltre a quello che è
notato nel capitolo antecedente de~e procurare, che i
suoi allievi si accostino ogni quindici giorni od almeno
una volta al mese alla santa Confessione e Comunione_
e che niuno manchi alle pratiche di pietà sia nei giorni
festivi che nei giorni feriali.
2. Si terrà in relazione coi capi d'arte, cogli assi-
stenti di laboratorio e di dormitorio, coll'Economo e
collo stesso Prefetto per dare e ricevere informa-
zioni dei giovani alla sua cura affidati.
3. Procuri che gli allievi fa cciano silenzio quando
entrano od escono .di Chiesa, quando escono dai labo-
ratori, vanno ed escono dal refettorio; alla sera nd
recarsi a riposo, e ·al mattino dopo la levata, quando
si portano in Chiesa od altrove pei lorff religiosi
doveri.
4. Badi che niuno si fermi a chiacchierare, nè al-
tercare, ed accorgendosi di qualche disordine usi sommd
diligenza e carità per prevenirlo ed impedirlo.
5. La sera e, se si può, anche al mattino dei giorni
festivi, procuri a' suoi allievi una scuola adattata, e
faccia in modo che nessuno rimanga vagando per la
casa.
6. Tutte le sere li assista in tempo che si recitano le
orazioni, e dopo di esse raccolga gli oggetti smarriti, e
per buona sera d1.a loro un breve ricordo morale. Sa1·à
pur conv1niente che li trattenga qualche volta sui pun-
ti più importanti di buona creanza.
'l. Faccia che tutti gli artigiani imparino a servir
521

55.2 Page 542

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Messa, e promuova fra dj', loro qualche compagnia. come
sarebbe quella di s. Giuseppe, di s. Luigi, e dell'Im-
macolata Concezione.
8. La sua vigilanza dovrà pur estendersi alla scuola
di musica istrumentale, specialmente per ciò che ri-
guarda la moralità e la disciplina (1).
(1) Avvisi per coloro che sono addetti alla sacrestia.
1. A · tutti si raccomanda l'osservanza del silenzio in Sacre-
stia, specialmente quando si compiono le sacre funzioni, e chi è
addetto alla Sacrestia si adoperi per farlo osservare anche dagli
altri.
2. Nettezza nella Chiesa, nella Sacrestia, in tutte le sup-
pellettili, negli altari, -ne' paramenti, sui banchi della Chiesa
e sul pulpito.
3. Attenzione grande a non lacerare imbrattare i para-
menti ed S:Itri arredi di Chiesa, ed abbiasi cura di raccogliere e
conservare lo scolo e gli avanzi delle ca nd ele, dell'olio, del vino.
·4. Non si accendano le candele prima del tempo opportuno,
nè si cagioni disturbo accendendole prima che il Predicatore abbia
terminato il suo ra·gionamento.
.
5. Si usi diligenza a piegar camici, pianete ed altri sacri
arredi, ad eccezione degli amitti e dei purificatoi, che si racco-
mandano alla· cura di ciascun Celebrante.
6. I sacrestani portino a tempo debito la biancheria al bu-
cato, alla soppressatura ed anche alla rappezzatura qualora ne
sia mestieri.
7. Nella Messa ·della Comunità si sospendano le preghiere
in çomune quando si dice il Confiteor, Misereatur, lndulgentiam,
Ecce Agnus J)ei per la Comunione, e quando nella Messa si dà il
segno dell'elevazione dell'Ostia e del Calice, ed allorchè il Sa-
cerdote dà la benedizione.
8. Trattino con somma urbanità tutti quelli che si presen-
tano in Sacrestia per commissioni e specialmente se chiedono
confessori; ringrazino cordialmente quelli che fanno offerta o
danno limosina per ~elebrazioni di Messe,
522

55.3 Page 543

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CAPO V.
Consigliere scolastico.
1. Il Consiglierè scolastico è incaricato di regoJar~ e
far provvedere quelle cose, che possono occorrere agli
allievi ed ai maestri per le scuole e per lo studio.
2. Ricevuto un allievo studente, esso lo collocherà
nella classe, cui sarà giudicato idoneo, e gli farà se-
gnare un posto µello studio.
·
3. Occorrendo bisogno di oggetti d1 scuola ver-
tenze tra gli studenti, lamenti da parte dei ma~stri, .s'in-
dirizzeranno al Consigliere scolastico.
4. Se per mancanza di lavoro o per altro motivo
taluno rimanesse disoccupato, gli assegni qualche cosa
da fare e da studiare, leggere, scrivere· e simili, ma r.ol
lasci inoperoso.
5. Si adoperi che gli studenti siano puliti qnando
vanno al passeggio, e che niuno si allontani dalle. file.
Conti grave mancanza a chi allontanandosi dai com-
pagni va a comperare commestibili, liquori od altro.
6. Assista gli studenti quando si recano alla chiesa,
allo studio, alla scuola, al dormitorio, affinchè si os-
servi l'ordine ed il silenzio.
·
7. Toccherà al medesimo di far presente 111 Diret-
tore od al Prefetto ]e provviste e riparazioni eh~ occor-
rono per sedili, scrittoi, cancelli per lo studio e per le
scuole.
8. Di concerto col Direttore stabilirà gl'im<:>g.!lanti
dei cors'i principali, i supplenti e i maestri · dei corsi
accessori, assistenti, decurioni e vicedecurioni dello
studio, capi ·di passeggiata.
9. È pur sua cura di promuovere il canto grego-
523 .

55.4 Page 544

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riano, la musica vocale, e d'accordo col Direttore stesso
stabilirne i maestri, gli assistenti, e vegliare snlìu di-
sciplina da osservarsi in tali scuole.
10. Accolga dai maestri e dagli assistenti i rifl es-
si intorno alla disciplina e moralità degli aWevi, per
dare loro quelle norme e consigli che egli ravvisasse·
necessarie. Ricordi sovente ai maestri che lavorino per
la gloria di Dio, perdò mentre insegnano la scienza
temporale, non dimentichino ciò che riguarda la sal-
vezza dell'anima. Informi il Direttore ed il Prefetto
mensilmente e più spesso ove fosse duopo. Si riìenga
però che appartiene soltanto al Direttore ed al Prefetto
il dar notizie ai parenti dei convittori.
11. Il fissare l'epoca degli esami semestrali e finali,
le variazioni dei giorni di scuola, le vacanze, 1~ dispen-
se, i ripetitori e le ripeti_zioni a chi ne fosse mestieri,
sono di competenza del Consigliere scolastico, ma
sempre previa intelligenza col Direttore.
12. Per regola ordinaria la cura della declamazione,
delle rappresentazioni teatrali e delle accademie e
simili sarà affidata al Cons~gliere scolastico.
CAPO VI.
Dei maestri di scuola.
1. Il primo dovere dei maestri è di trova rsi pun -
tualmente in classe e d'impedire i disordini che sogliono
avvenire prima e · dopo la cuoia. Accorgendosi che
manchi qualche allievo, ne dia tosto avviso al Consi-
gliere scolastico od ·al Prefetto.
2. Vadano ben preparati sulla materia .che forma
l'oggetto della lezione. Questa preparazione gioverà
524

55.5 Page 545

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\\
molto per far comprendere agli allievi le difficoltà dei
. temi e delle lezioni, e servirà · efficacemente ad alleg-
gerire la fatica allo stesso Maestro.
3. Niuna parzialità, niuna animosità; avvisino, cor-
reggano se ne è caso; ma perdonino facilmente, evi-
tando quanto è possibile di dar essi stessi castighi.
4. I più idioti della classe siano l'oggetto df'lle loro
sollecitudini, incoraggino ma fi0n avviliscano mai.
5. Interroghino tutti senza distinzione e con fre-
quenza e dimostrino grande stima ed affezione per tutti
i loro allievi, specialmente per quelli di tardo ingegno.
Evitino la perniciosa usanza di taluni, che abbando-
nano a loro stessi gli allievi che fossero negJigenti e di
troppo tardo ingegno.
6. Occorrendo necessità di castighi, li infliggano nella
scuola, ma per castigo non allontanino mai alcuno dalla
classe. ,Presentandosi cose gravi, mandino a chiamar il -
Consigliere scolastico o facciano condurre il colpevole
presso _di lui. È severamente proibito di battere ed
infliggere castighi ignominiosi o dannosi alla sanità.
7. Avvenendo il caso di ·dover infliggere castighi
fuori di scuola, o prendere deliberazioni di grande
importanza, riferiscano e rimettano ogni cosa al Con-
sigliere scolastico, od al Direttore della Casa. Fuori
della scuola il maestro non deve minacciare nè inflig-
gere punizioni di sorta, ma limitarsi ad avvisare e
consigliare i suoi allievi con modi benevoli e da sin-
cero amico.
8. Raccomandi costantemente nettezza ne' quaderni,
regolarità e perfezione nella calligrafia, pulitezza nei
libri e sulle pagine che si devono presentare al mae-
stro.
9. Almeno una volta al mese dia un lavoro di pro-
525

55.6 Page 546

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va, e dopo di averlo ,corretto, ne dia le pagine al Su-
periore della Casa, o almeno al Consigliere scola~tico.
10. Tenga la decuria in· modo da poterla ogni gior-
no presentare a chi ne facesse dimanda, come nel ca-
so che qualche persona autorevole visitasse le scuole;
si ricordi però che spetta al Direttorè od al Prefetto il
dar notizie degli allievi.
11. Vegli sopra la lettura dei cattivi libri, raccoman-
di e nomini gli autori che si possono leggere e rite-
nere senza che la moralità e la religione siano com-
promesse, e scelga .per temi i passi più adattati a pro-
muovere la moralità, evitando quelli che possono riu-
scire di qualche danno alla religione ed ai buoni co-
stumi. Stiano però attenti a non mai nominare, per
quanto è possibile, il titolo dei libri cattivi.
12. Dai classici sacri e profani avrà cura di trarre
conseguenze morali, quando l'opportunità della m ate-
ria ne porge occasione, ma con poche parole senza al-
cuna ricercatezza.
· 13. dccorrendo Novena o Solennità , dica qualche
parola d'incoraggiamento, ma con tutta brevità, e se si
può con qualche esempio.
14. Una volta p er settimana facciano una lezione so-
pra un testo latino di autore cristiano.
I CAPO VII.
Del Maestro d'arte.
1. Il maestro d'arte ha carico di ammaestrare i gio-
vani della Casa nell'arte cui sono destinati dai Superio-
ri. Egli deve comp artire il lavoro ai suoi allievi, e fa re
'in modo che niuno rimanga disoccupato.
52 6

55.7 Page 547

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2. Il principale suo dovere è la puntualità nel trovar-
si presente nel tempo di entrata, e ciò per dar tosto oc-
cupazione agli allievi, e per impedire che s'incominci
qualche disordine di chiacchiere o trastulli.
3. Se il maestro d'arte dovesse uscire dàll'Officina
per misure, od altro suo dovere, ne dia avviso all'as-
·sistente, senza il cui consenso non dovrà mai allon-
tanarsi.
4. Osservi e, d'accprdo coll'assistente, faccia osser-
vare il silenzio durante il lavoro.
5. Non deve mai fare contratti coi giovani della Ca-
sa, nè assumersi alcun lavoro di sua professione per
suo conto particolare, nè occuparsi in cose estranee ai
lavori del laboratorio.
6. Non si cominci mai alcun lavo:i;o in laboratorio,
se prim& nell'Uffizio dei laboratori o dell'assistente non
furono notate le intelligenze, il prezzo convenuto, no-
me, dimora di colui pel quale si deve intraprendere
·quel lavoro.
7. Il maestro d'arte al pari che l'assistente -devono
darsi la massima sollecitudine per impedire ogni sorta
di cattivi discorsi.
8. Procurino i maestri d'arte di precedere i loro
allievi col buon esempio, tanto· in laboratorio, quanto
nell'adempimento dei loro doveri religiosi.
CAPO VIII.
Assistenti di scuola e di studio.
1. Gli assistenti di scuola sono incaricati d'invi -
gilare sulla disciplina e sul buon ordine per quel tem-
527
(_

55.8 Page 548

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po e in quella classe, che loro fu affidata, ed in caso
di bisogno, anche sulle altre classi.
2. Dovranno assistere la propria classe nella scuola,
m chiesa, in ricreazione e nella passeggiata.
3. Accompagneranno i giovani dallo studio alla chie-
sa, e dalla chiesa allo studio, e procureranno che va-
dano in ordine ed in silenzio: li accompagneranno an-
cora quando vanno al refettori~ fino a che vi siano
entrati.
4. In ricreazione veglieranno che ciascuno stia uel
cortile assegnato, impediranno . le risse, i discorsi non
buoni, le parole grossolane ed offensive, gli atti scon-
venevoli, come sarebbe il mettere le mani addosso,
e raccomanderanno costantemente che tutti parlino
italiano.
5. Ogni settimana, e più spesso se è · mestieri, ri-
feriranno al Consigliere scolastico intorno alla condot-
ta di ciascun giovane, ma avvenendo cose gravi, ne fa-
ranno pronta relazione.
6. Qualora ad un assistente venisse affidata qual-
che momentanea occupazione, per cui non potesse tro-
varsi nella propria classe, dovrà prima rendere consa-
pevole il Consigliere scolastico, nè si muova dal suo
uffizio, finchè non sia sostituito da un altro.
7. Nellà Chiesa veglino affinchè ciascun allievo ab-
bia il libro delle pratiche di pietà e non altro, e si ado-
peri per sostenere il canto religioso, impedendo nei
giovani le gTida smodate, che sogliono disturbare in-
vece di conciliare divozione. Accorgendosi che in chie-
sa manchi qualcuno della sua classe, ne dia tosto av-
viso al Catechista o Consigliere scolastico appena ter-
minate le funzioni.
8. Perchè la relazione settimanale riesca esatta si
528

55.9 Page 549

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prenda memoria dei difetti conosci uti e delle osserva-
zioni che gli venissero fatte a carico di ciascuno.
9. Per qualsiasi caso, in assenza del Consigliere sco-
la?tico, comunicherà i suoi riflessi al Prefetto.
CAPO IX.
Dell'assistente dei laboratori.
1. L'assistente dei laboratori è incaricato di ve-
gliare sulla moralità, sull'impiego del tempo, e su tut-
to quello che può tornare vantagg~oso allo Stabilimento.
2. Si trovi al tempo ·dell'entrata e dell'uscita dei
giovani dal laboratorio per impedire i disordini, che
potrebbero in quei momenti accadere, e per notare chi
ritarda ed intervenirvi. Mancandovi alcuno, avviserà il
Prefetto od il Catechista degli artigiani per gli op-
portuni provvedimenti.
3. Veglierà attentamente sulla condotta morale de-
gli allievi, sulla loro assiduità e diligenza, ed in fine
d'ogni settimana, udito il parere del maestro d'arte,
darà al Prefetto od al Catechista nota della cond0tta
de' suoi allievi, secondo cui si stabilirà ricompensa o
biasimo meritato.
4. Egli è strettamente obbligato d'impedire ogni ,
sorta di cattivi discorsi, e conosciuto qualcheduno col-
pevole dovrà darne immediatamente avvisò al Supe-
riore. Sarà utile all'assistente trattenersi coi giovani,
spe; ialmente coi più avanzati nell'arte, per intendere i
guasti ed i disordini che sogliono avvenire e che si
possono evitare.
5. Per quanto può non uscirà mai dal laboratorio.
529

55.10 Page 550

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Qualora dovesse momentaneamente allontanarsi ne pre-
venga il maestro d'arte.
6. L'assistente (se ciò non fu fatto nell'ufficio dei
laboratori) noterà il lavoro affidato al laboratorio
colla data., prezzo convenuto, nome, dimora di chi lo
porta o lo manda, colle altre necessarie indicazioni;
e se occorrono convenzioni, faccia i patti chiari e per
,quanto è possibile per iscritto. Esso poi régistri rife-
rendo le parole ·testuali dei committenti. Sarà conve-
niente conservar le lettere e gli scritti analoghi.
,. Noterà pure il giorno in cui il lavoro viene
restituito e se è pagatp o no, ma non farà cassa par-
ticolare. Perciò consegnerà il danaro al Prefetto cd
all'Economo, cui farà ricorso qualora ne avesse bisogno.
8. Nessun lavoro potrà essere eseguito senza previa
licenza del Prefetto o dell'Economo.
9. Dovendosi provvedere oggetti o materiali ne-
cessari, l'assistente ne avviserà il Prefetto od il Capo
d'uffizio ·dei laboratori, perchè dia gli ordini opportuni
allo spenditore. Egli intanto tenga sotto chiave gli
oggetti di maggior valore e che potrebbero andar ,mg-
getti ad indebite sottrazioni. Abbia altresì l'occhio al-
Ìa consumazione del materiale del proprio labora-
torio.
10. Quando si dovessero fare provviste di cui lo
spenditore o l'assistente non fossero · pratici, condurran-
no seco il maestro d'arte o qualchedun altro, provve-
dendo però prima all'assistenza dei giovani.
11. Qualora debba far esso nota dei lavori e delle
provviste, dovrà teriére i suoi registri in modo da po-
tere ogni amio presentare al Prefetto un quadro ;om-
parativo delle uscite e delle entrate, -del materiale con-
sumato e degli utensili guastati o resi altrimenti in-
530

56 Pages 551-560

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56.1 Page 551

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servibili, e di darne . conto ai Superiori in qualunque
occasione ne fossero richiesti.
12. D'accordo col maestro d'arte si tenga, infor-
mato dei perfezionamenti arrecati all'arte, dei prèzzi
correnti, del lavoro che sogliono gli operai eseguire in
un determinato periodo di tempo.
CAPO X.
Assistenti o capi di dormitorio.
1. In ogni dormitorio vi è un capo ed un vicecapo,
i quali sono obbligati a render conto di quanto wve-
nisse contro la moralità e contro la disciplina df'l
dormitorio a lui affidato.
2. Egli deve precedere gli altri col suo buon e·sem-
pio, e mostrarsi in ogni caso giusto, esatto, pieno di
carità e di timor di Dio.
3. L'assistente è tenuto a correggere i difetti de'
suoi allievi, può minacciare punizioni, ma l'applica-
zione di esse è riservata al Prefetto od al Direttore
Alla sera prima di coricarsi visiti il dormitorio, ed ac-
corgendosi che manchi un allievo ne dia tosto avviso
al Prefetto.
4. Insista che la sera, dette le orazioni, in dormi-
torio si osservi rigoroso silenzio fino alla mattina dopo
Messa. Dato il segno della levata sia puntuale a le-
varsi, e, finchè non siano usciti tutti gli altri, non esca
di dormitorio.
5. Vegli attentissimamente per impedire ogni sorta ò1
cattivo di scorso, ogni parola, gesto o tratto od ~nche
facezia contraria alla virtù della modestia. S. P!il)lo
531

56.2 Page 552

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vuole che tali cose siano in nessuna maniera nomi-
nate tra i cristiani. lmpudicitia nec nominetur in vobis.
Venendo à scoprire alcune di tali mancanze è gra ve-
men te obbligato di darne · immediatamente avviso al
Direttore.
6. Egli è pure incaricato di vegliare sulla pulizia
della persona, del letto e degli abiti dei giovani a lui
affidati.
7. Ogni qual volta i giovani debbano recarsi in
dormitorio l'assistente deve essere il primo ad interve-
nirvi, l'ultimo a uscirne e mo~trarsi a tutti modello di
buon esempio. Praebe te ipsum exemplum bonoram
operum (S. Paolo).
NB. Se qualche' allievo, cadesse infermo, l'assisten-
te l'accompagni in infermeria, o ne dia avviso al Pre-
fetto od al Catechista. Per quanto si può non · lasci
alcun giovane solo in dormitorio.
CAPO XI.
Di spensiere.
1. lJ Dispensiere è incaricato di tutte le piceole
somministrazioni che occorrono agli studenti ed agli
artigiani, in libri, quaderni ed altri oggetti di can-
celleria.
2. Formerà un catalogo dei giovani, · che prend,mo
o in utto o in parte le somministrazioni nella Casa e
noterà qualità, valore dell'oggetto, nome, cognome del-
l'allievo, e farà almeno ogni mese addizione di quanto
importa la spesa di ciascuno.
3. Sotto la responsabilità e cura del Prefetto krrà
532·

56.3 Page 553

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nota delle mance degli artigiani, e secondo il merito ne
darà non più della metà. Il resto s1 conserverà a loro fa -
vore. Tenendosi cattiva condotta, la mancia sarà ridot-
ta secondo il demerito. Terrà pur conto dei depositi
degli studenti, distribuendone secondo l'ordine del Pre-
fetto.
4. Farà in modo la sua gestione che possa dar ..::onto
almeno complessivo al Prefetto della Casa una volta
al niese.
5. Il Dispensiere dipende interamente dal Prefetto,
il quale perciò può modificare le attribuzioni nel modo '
e nel tempo che egli giudicherà tornare a maggior
vantaggio della Casa. Ma non distribuirà alcun ogget-
to se non secondo le norme stabilite e gli ordini da tj
dal Prefetto medesimo.
Spenditori.
1. Dal Direttore saranno scelti uno o due spenc1ì-
tori per fare le spese minute della Casa, della cucina,
dei laboratori.
2. Gli spenditori dipenderanno dal Prefetto o da
chi ne fa le veci nelle loro incombenze tanto interne
quanto esteri:ie della Casa.
3. Essi seguiranno gli ordini pre_;entivamente rice-
vuti dal Prefetto o da chi ne fa le veci, terranno re-
golati i registri necessari alla propria gestione, per
dar poi conto specificato o complessivo alla fine del-
1'anno ed ogni volta che ne fossero richiesti.
4. Lo spenditore farà pure le commissioni di cui
verrà incaricato dai propri Superiori.
533

56.4 Page 554

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CAPO XII.
Dei Coadiutori.
1. I Coadiutori o le persone cui si affidano i !a-
vori domestici sono specialmente di tre categorie: Cuc-
chi, Camerieri e Portinai, i quali debbonsi aiutare re-
ciprocamente in tutto quello che è compatibile colle
rispettive .occupazioni.
2. Ai Coadiutori è altamente raccomandato di non
mai assumersi COII).missioni estranee ai propri doveri,
di non ricever manrie da chicchessia, e nemmeno di
trattare negozi o contratti che non riguardano la Ca-
sa. Occorrendo loro qualche affare personale, ne par-
lino col Prefetto.
3. Abbiano fedeità anche nelle piccole cose. Guai
a chi comincia a fare piccoli furti nella compra, vendi-
ta o altrimenti. Senza che se ne accorga egli è condotto
ad essere un ladro.
4. Sobrietà nel ma:u.g}are e soprattutto nel bere.
Chi non sa comandare alla gola è un servo inutile.
5. Non contrarre familiarità coi giovani della Casa;
rispetto e carità c_on tutti nelle cose che riguardano i
loro doveri, senza usare con loro confidenza, peggio
ancora contrarre amicizia particolare.
6. Si accostino non meno di una volta al mese c,·m
divozione alia santa Confessione é Comunione, e ciò
facciano nella propria Chiesa o .proprio Oratorì.:>, af-
finchè la loro cristiana condotta sia conosciuta dai gio-
vani della Casa, e serva loro di buon esempio. ·
7. I coadiutori che appartengono alla Congrega zione
Salesiana devono tenersi alle pratiche di pietà ·sta-
bilite dalle loro regole.
534

56.5 Page 555

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8. Nessuno si rifiuti ai lavori bassi; e ritengano che
Dio domanda conto dell'adempimento dei doveri del
proprio stato, e non se abbiamo coperto un impiego
od una carica luminosa: colui che è occupato •~zinn-
dio nei bassi uffizi, egli ha la medesima ricompen-:;a. ìn
Cielo, che ha colui il quale consuma la sua vita in
luminose e pubbliche cariche. Siccome poi vi son.) .do --
veri speciali di ciascuno, così verrà qui fatta brf've
divisione di quanto a ciascuno si riferisce.
·,
CAPO XIII.
Del cuoco e degli aiutanti della cucina.
t. Il cuoco o capo della cucina\\ deve procurar\\'
che j'I vitto sia sano, economico ed apparecchiato al-
l'ora stabilita. Ogni ritardo cagiona disagio nella co ·
munità.
·
2. Al cuoco incombe di procurare che vi sia grande
nettezza nella cucina, e che niuna qualità di cibo abbia
a guastarsi. Avrà pur cura che non si tengano lumi
accesi dove e quando non ve n'è bisogno.
3. Qualsiasi parte di commestibili, di frutta, pietan-
za o bevanda che sopravanzi, la metta in serbo e non
ne disponga se non nel modo stabilito col Superiore.
4. Deve rigorosamente proibire l'ingresso in cucina
ai giovani e a qualunque persona della Casa, a meno
che vi siano ivi addetti a qualche lavoro o debbano
compiere qualche ordine superiore.
5. Secondo il bisogno delle varie Case, egli .avrà
in suo aiuto altre persone pei lavori di cucina, T) er
la cantina e per i refettori, le quali tutte avranno gran ·
535

56.6 Page 556

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cura della nettezza dei siti di loro occupazione, delle
tavole e delle stoviglie, procurando pur la necessal'ia
ventilazione.
·
6. Nelle distribuzioni di commestibili si ricordino
che essi sono soltanto dispensatori e non padroni, per-
ciò si regolino secondo le norme e gli ordini dei Su-
periori.
7. Occorrendo riparazioni o provviste da farsi ne
diano avviso al Prefetto od all'Economo.
8. Terminati i propri lavori, si occuperanno in altri
uffizi domestici, ma non istaranno mai in ozio.
9. Il cuoco o capo della cucina dovrà vegliare so-
pra tutte le persone a lui subordinate, e qualora scor-
ga qualche disordine, ricorra subito al Prefetto o a chi
ne fa le veci.
CAPO XIV.
/
Dei camerieri.
L È cura dei camerieri assettare e tener pulite le
camere, i dormitori, le scuole, le scale, i corridoi, i
portici, i cortili ecc., ed aver gran cura dei . letti, pa-
gliericci, biancherie e vestiari.
2. Se trovano oggetti di biancheria, di vestiario e
.simili li consegnino a chi di ragione, al proprio pa-
drone o all'assistente od al Prefetto. Anzi finita la ,
ricreazione, un cameriere osservi se vi sono oggetti
in abbandono, e li porti al Prefetto.
3. Daranno pure avviso al Prefetto dei guasti od in-
convenienti che incontrano 'nella casa.
4. Procureranno di mantenere nei dormitori e nel-
le camere la necessaria ventilazione, avvertendo di chiu-
536

56.7 Page 557

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dere le finestre a tempo e luogo, specialmente in oc-
casione d'intemperie.
5. Lungo il giorno, se avranno tempo libero, si met-
teranno a disposizione del Prefetto, da cui de.vouo es-
sere fissate le rispettive occupazioni.
6. Quelli che sono destinati alla cura dei letti, b~an-
cherie e vestiari, avranno gran sollecitudine che f'Ì
tengano ben distinti con numeri od altri segni · gli og..
getti appartenenti agli uni da quelli che appartengono
agli altri. .
7. Procurino che a tempo debito abbia luogo iJ bu--
cato, e si eseguiscano le riparazioni necessari~ per le
biancherie e per gli abiti.
8. A tempo debito faranno parimenti la distribuzione
di quanto occorre a ciascuno pel letto e per la perso-
na, e raccoglieranno la biancheria sudicia, osservando
che niente manchi di ciò che si deve ritirare.
· 9. Allontanandosi qualcuno della Casa, un camerie-
re abbia tosto cura di ritirare gli oggetti e di custo-
dirli diligentemente, tenendo nota ordinata dei bauli,
casse, materassi ecC:
10. L'ordine e la diligenza nel conservare e risar -
cire ciò che vien loro affidato riesce di gran vantaggio
alla Comunità.
CAPO xv.
Del portinaio.
1. strettissimo dovere del portinaio il trovarsi sem-
pre in portineria, ricevere urbanamente chiunque SJ
presenti. Quando deve recarsi altrove per compiere i
suoi doveri religiosi, prender cibo o per altro ragione-
537

56.8 Page 558

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vole motivo, egli si farà supplire da un compagno
stabilito dal Superiore.
2. Non introdurrà mai persona in Casa senza sa-
puta dei Superiori, indirizzando al Prefetto quelli che
hanno affari riguardanti i giovani7lella Casa; e secon-
do le norme, che gli saranno date dai Superiori, indiriz-
zerà al Direttore chi cerca direttamente di lui. Non
ammetta alcuno all'udienza dei Superiori se non nelle
ore che gli verranno indicate.
3. Non permetterà mai ad alcuno l'uscita se non
è munito del rispettivo biglietto, in cui sia notata
l'ora di uscita e di ritorno, el,cetto le persone che fos-
sero date appositamente in nota dal Superiore.
4. Qualunque lettera o pacco indirizzato a.i bi0vani .
o ad altrì della Casa, prima che sia portato a desti-
nazione, sarà presentato in· sè od in nota al Prefetto,
il quale potrà visitarlo o farlo visitare.
· 5. Alla sera avrà cura di chiudere tutti gli usci, che
mettono fuori dello Stabilimento.
6. Sarà eziandio cura del portinaio dare i segnali
dell'orario nel modo e nell'ora indicata dal Supè riore.
7. È proibito di vendere o dì comprare commestibili,
ritenere danaro ed altre cose presso di sè per e, ;mpia-
cere ai giovani od ai parenti, come pure è proibito di
ricevere mancie da chicchessia.
'
8. Procuri la quiete, studi d'impedire le grida, gìi
schiamazzi ed ogn'ì altra cosa che ppssa cagionar distur-
bo alle sacre funzioni, alle scuole, allo studio e al
lavoro.
9. Riceva, se occorre, le chiavi dei dormi tori, delle
scuole, dei laboratori eèl altre, e non le renda se non
a chi è incaricato dell'Uffizio per cui quelle sono ne-
cessarie.
538

56.9 Page 559

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LO. Dia permesso di parlare ai giovani nei giorni
e nelle ore stabilite dai Superiori. Badi che i parenti
o con òscenti non parlino ai giovani fuori del parlatorio,
e non chiami . alcuno in parlatorio se non seéondo le
intelligenze avute coi Superiori. Qualora occorra, gli
si assegnerà qualcuno in aiuto per chiamare gli allievi.
11. Sopra un repertorio noterà le commi:ssi0ni, ina
sia nel rìc~verle sia nel farle, usi sempre maniere dolci
ed affabili, pensando che la mansuetudine e l'affabi-
lità sono le qualità caratteristiche di un buon portinaio.
12. Noti eziandio in appositi registri gli oggetti, che
vengono affidati alla sua custodia sia in arrivo, sia in
partenza , e qualora sia d'uopo, facciasi rilas;:;iare rice-
v uta prima di consegnarli. Non lasci uscir nulla senza
il permesso dei Superiori.
13. Dia nota ai Superiori di chi uscisse senza per-
messo, o si fermasse fuori oltre il tempo assegnatogli
Intanto abbia cura di evitare l'ozio, occupando il tem
po libero nel modo che gli verrà indicato..l
CAPO XVJ
Del teatrino.
Il teatrino, fatto secondo le regole della moralE-
cristiana, può tornare di grande vantaggio alla gioven-
tù, quando non miri ad altro, se non a rall~gra~e, edu
care e istruire i giovani più che si può moralmente
Affinchè s_i possa ottenere questo fine è d'uopo stabilire :
1. Che la materia sia adattata.
2. Si escludano quelle cose che possono ingenerare
cattive abitudini.
539

56.10 Page 560

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Materia adattata.
1. La materia deve essere adattata agli uditori, c·10e
servire di istruzione e di ricreazione agli allievi senza
badare agli esterni. Gl'invitati e gli amici "f!he sog'liono
intervenire, saranno soddisfatti e contenti, s~ vedono
che il trattenimento torni utile ai convittori, e sia
proporzionato alla loro intelligenza. Ciò posto si devono
esci ud ere le tragedie, i drammi, le commedie ed anche
le farse, in cui viene vivamente rappresentato un
carattere crudele, vendicativo, immorale, sebben~ nello
svolgimento dell'azione si abbia di mira di correggerlo
e di emendarlo.
2. · Si ritenga che i giovanetti ricevono .nel loro
cuore le impressioni di cose vivamente rappresentate,
e diffiG,ilmente si riesce di farle dimenticare ·con ragio-
ni o con fatti opposti. I duelli, i colpi di fucile, dj
pistola, le minacce violente, gli atti atroci, non faccia-
no mai parte del teatrino. Non sia mai nominato il
nome di Dio, a meno che ciò avvenga a modo dt
preghiera o di ammaestramento: tanto meno si pro-
feriscano bestemmie od imprecazioni ad oggetto di
farne di poi la correzione. Si evitino pure quei vocaboli
che detti altrove, sarebbero giudicati incivili o troppo
plateali.
·
3. Sia dominante la declamazione di brani scelti da
buoni autori, la poesia, la prosa, le favole, la storia,
le cose facete, ridicole quanto ·si vuole, purchè non
immorali; la musica vocale o istrumentale, le parti
obbligate ed a solo, duetti, terzetti, quartetti, cori, siano
scelti in modo che possano ricreare, promuovere ad
un tempo l'educazione ed il buon costume.
540

57 Pages 561-570

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57.1 Page 561

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Cose da escludersi.
Tra le cose da escludersi devonsi ·annoverare gli
abiti interamente teatrali.
1. Si limiti l'abbigliamento alla tr~sformazione dei
propri abiti, ò a quelli che già esistono nelle rispet-
ti ve Case, o che fossero da taluni regalati. Gli abiti
troppo eleganti lusingano l'amor proprio degli aJtori,
ed eccitano i giovanetti à recarsi nei pubblici teatri per
appagare la loro curiosità.
2. Altra sorgente di disordine sono le bibite, i con-
fetti, i commestibili, colazioni, ·merende, che talvolta
si distribuiscono agli attori o a quelli che si occupano
degli apparecchi materiali.
3. L'esperienza ha fatto persuasi, che queste ec-
cezioni generano vanagloria e superbia in coloro, cui
sono usate; invidia ed umiliazione nl:!i compagni che
non ne partecipano. A questi si aggiungono altri più
gravi motivi, per cui sì crede opportuno di stabilire,
che non siano usate particolarità ;igli attori, e vadano
alla mensa ed al trattamentò comune. Essi devono
essere contenti di prendere parte alla comùne ricreaz.io-
ne, o come attori o come spettatori. Il permettere poi
d'imparare la musica di canto, di suono( di eserci-
tarsi a declamare e simili, deve già reputarsi suffi-
ciente soddisfazione. Se poi alcuno si fosse guadagnato
un premio speciale, i Superiori hanno ·molti mezzi
per rimeritarlo condegnamente.
4. Pertanto la scelta della materia, la moderazione
negli abiti, la esclusione delle cose soprammentovate,
sono la garanzia della . moralità del teatrino.
5. I Direttori poi veglino attentamente, che siano
osservate le regole ·stabilite a parte pel teatrino, e si
y
54]
, .-

57.2 Page 562

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ricordino, che questo deve servire di sollievo e di edu-
cazione pei giovani, che la Divina Provvidenza invia
alle nostre Case.
6. Ogni Direttore pertanto e gli altri Superiori
sono invitati a mandare all'Ispettore o Provinciale i
componimenti drammatici, che possono rappresentarsi
secondo le regole sovraesposte. Esso raccoglierà tutte le
rappresentazioni già conosciute, esaminerà quelle che
gli fossero deferite e le conserverà se sono adatte, e
ne farà le debite correzioni.
Doveri del capo del teatrino.
1. stabilito un Capo del teatrino, che deve tener
informato volta per volta il Direttore della Casa, di
ciò che si vuol rappr,esentare, del giorno da stabilirsi, e
convenir col medesimo sia nella scelta delle recite, sia
dei giovani che devono andar in scena.
2. Tra i giovani da destinarsi a recitare si preferi-
scano i più buoni di condotta, che, per comune inco-
raggiamento, di quando in quando saranno surrogati da
altri compagni.
3. Quelli che sono già occupati nel canto o nel su o-
no procurino di tenersi estranei alla recitazione: po-
tranno però declamare qualche b~ano di poesia o
d'altro negli fotervalli.
4. Per quanto è possibile siano lasciati liberi dalla
recita i Capi d'arte.
5. Procuri che le composizioni siano amene, ed
atte a ricreare e divertire, ma sempre istruttive, morali
e brevi. La troppa lunghezza, oltre al maggior distur-
bo nelle prove, generalmente stanca gli uditori, e fa
542
'I

57.3 Page 563

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perdere il pregio della rappresentazione, e cagionu
noia anche .nelle cose stimabili.
6. Il Capo si trovi sempre presente alle prove, e
quando si fanno di sera, non siano protratte oltre alle
10. Non permetta che assistano alle prove quelli che
non sono a parte della recita. Finite le prove, invigili,
che, in silenzio, ciascuno vada a riposo senza trattenersi
in chiacchiere, che sono per lo più dannose, e cagio-
nano disturbo a quelli che già fossero in riposo. I
7. Il Capo abbia cura di far preparare il palco nel
giorno prin;ia della recita, in modo che non abbiasi a
lavorare nel giorno festivo.
8. Sia rigoroso nell'adottare vestiari decenti.
9. Ad ogni trattenimento vada inteso coi Capi del
suono e del canto, intorno ai pezzi da eseguirsi in
musica.
10. Senza giusto motivo non permetta a chicchessia
l'entrata sul palco, meno ancora nel , camerino degli
attori e su questi invigili che, durante la recita, non
si trattengano qua e là in colloqui particolari. Invigili
pure che sia o_sservata la maggior decenza possibile.
11. Disponga in modo che il teatro non disturbi
l'orario solito; occorrendo la necessità di cambiar~. ne
- parli prima col Superiore della Casa.
12. Nell'apparecchiare e sparecchiare il palco im-
pedisca per quanto è possibile le rotture, i guasti nei
vestiari e negli attrezzi del teatrino.
13. Non potendo il Capo disimpegnare da sè solo,
quanto prescrive questo regolamento, gli sarà sta-
bilito un aiutante, che è il così detto Suggeritore.
14. Raccomandi agli attori un portamento di voce
non affettato, pronunzia chiara, gesto disinvolto, deciso;'
ciò si otterrà facilmente se studieranno bene le parti.
543

57.4 Page 564

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15. Si ritenga che il bello e la specialità dei nostri
teatrini consiste nell'abbreviare gli intervalli tra un atto
e l'altro, e nella declamazione di composizioni preparate
o ricavate da buoni autori.
NB. In caso di bisogno il Capo potrebbe affidare
ad un maestro fra gli studenti, ad un assistente fra gli
artigiani, che esercitassero i loro allievi a studiare
e declamare qualche farsa o ·piccolo dramma.
CAPO XVII.
Regolamento per l'infermeria:
1. Ogni allievo della Casa che sentasi qualche mal e,
si presenti dal Catechista, o- in sua assenza dal Pre-
fetto, per av ere il permesso d'entrare e fermarsi, se oc-
corre, nell'infermeria.
2. Per tutto il tempo della cura si -deve stare al-
l'obbedienza del Catechista, rappresentato da un assi-
stente o dall'infermiere, uno dei quali procuri di tro-
varsi sempre nell'infermeria.
3. I convalescenti non devono uscire dall'infermeria
senza permesso, nè avere alcuna relazione cogli estranei
no11 malati. Chi trasgredisce questa regola resta con-
siderato come r1stabilito, e· dovrà quindi riprendere la
vita comune e le ·ordinarie sue occupazioni.
4. Il giodre o fare schiamazzò non è cosa da mala-
Lo. Perciò nell'infermeria si deve sempre osservare H
silenzio, eccettuato il tempo stabilito per la ricrea-
zione· ai convalescenti e leggermente indisposti, ma tra
di loro e in luogo apposito. Essi non possono libe-
ramente entrare nella camera degli infermi più gravi
544

57.5 Page 565

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senza permesso, che non si dà, se non in caso di as-
soluto bisogno.
5. L'infermiere non permetta mai che altri si trat-
tenga vicino al letto dei malati, se non per compiere
qualche caritatevole officio, a cui egli stesso non po-
tesse attendere.
6. Sarà cura dell'infermiere di far visitare dal D ot-
tore i malati, che gli vengono consegnati, al pm pre-
sto che si possa : è bene che a tal visita sia ·presente
il Catechista o chi ne fa le veci.
7. Ogni ammalato, appena si accorge che la malattia
è un po' grave, chiami esso stesso di ricevere i Sacra -
menti, a] che dovranno pur badare attentamente il
Catechista o l'infermiere. Il possedere la grazia di
Dio è il più gran conforto che possa avere chi soffre .
8. L'assistente procuri che i convalescenti e quelli
che hanno soltanto qualche incomodo, non passino il
tempo in ozio, padre di tutti i vizi; secondo la loro
condizione, potranno occuparsi in letture amene, stu-
diare il Catechismo, aiutare a tener pulita ì'infermeria,
e cose simili.
9. Quando il medico o l'infermiere dichiara che
qualcuno è ristabilito, questi cessi immediatamente di
frequentare l'infermeria, ma si presenti al Catechista o
al Prefetto per essere occupato.
10. È vietato d'introdurre o far uso di cibi diversi
qa quelli che vengono somministrati nell'infermeria, o
suggeriti in particolar modo dal medico. Non si tocchi
nient,: di ciLl che si trova nell'infermeria senza licenza.
11. È poi ri gorosamente proibito ogni sorta di cat-
tivi discorsi. Chi venisse a conoscere qualclie compagno
colpevole di simili scandali, è gravemente obbligato a
farne relazione ai Superiori.
545
18 (II)

57.6 Page 566

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12. Chi desidera entrar nell'infermeria , per visitare
qualche infermo, si munisca del permesso del Cate-
chista o del Prefetto.
13. Assistente ed infermiere facciano sì che questo
regolamento sia caritatevolmente eseguito a maggior
gloria di Dio.
14. La pazienza è necessaria agli ammalati e a chi ne
ha cura. Patientia oobis est necessaria, dice .l'Apostolo. ·
E nella pazienza possederete le vostre anime: In pa-
tientia vestra possidebitis animas oestras.
NB. L'infermiere presenti ogni due giorni al Ca-
techista o al Prefetto la nota di quelli che si ferma no
1
a mangiare nell'infermeria.
546

57.7 Page 567

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p ARTE SECONDA
REGOLAMENTO PER LE CASE
(Per gli 1Allieoi)
CAPO I.
Scopo delle case della Congregazione di s. Francesco
di Sales.
Scopo generale delle Case della Congregazione è
soccorrere, beneficare il prossimo, specialmente coll'e-
ducazione della gioventù allevandola negli anni più
pericolosi, istruendola nelle scienze e nelle arti,, ed av-
viandola alla pratica della Religione e della virtù.
La Congregazione non si rifiuta per qualsiasi ceto
di persone, ma preferisce di occuparsi del ceto medio e
della classe povera, come quelli che maggiormente ab-
bisognano di soccorso e di assistenza.
Fra i giovanetti delle Città e paesi, non pochi fan-
ciulli trovansi in condizione tale da rendere inutile
ogni mezzo morale senza soccorso materiale. Alcuni già
alquanto inoltrati, orfani e privi dell'assistenza, perchè
i genitori non possono e non vogliono curarsi di loro,
senza professione, senza istruzione, sono esposti ai
pericoli di un tristo avvenire, se non trovano chi li

57.8 Page 568

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uccolga, li avvii al lavoro, all'ordine, alla religione. Per
tali giovani la Congregazione di s. Francesco di Sales
apre ospizi, oratori, scuole, specialmente nei centri
più popolati, dove maggiore suol 'essere il bisogno.
Siccome poi non si possono ricevere tutti quelli che
si presentano, così è mestieri stabilire alcune regole
che servano a limitare l'accettazione a coloro, le cui
circostanze li fanno preferire.
CAPO II.
Dell'accettazione.
1. Ogni collegio avrà un programma od un pro-
spetto, in cui saranno notate le condizioni di accet-
tazione secondo la classe delle persone a cui sarà desti-
nato; e per accogliere i giovani in un collegio, si
dovrà osservare se _si verificano in essi tali condi-
zioni.
2. Per tutti si esigeranno gli attestati di età, di
vaccinazione o di sofferto vaiuolo, e dello stato d i
salute. Alla mancanza del certificato di sanità si potrà
supplire colla visita del medico. Si avrà spe~ialmen-
te riguardo a non ammettere fra giovani sani e ben
disposti quelli, che fossero affetti da mali schifosi, e
attaccaticci, o da deformità, che li rendano inabili al
lavoro, ed alle regole e consuetudini del Collegio.
3. Parimenti si baderà a non ammettere dei giovani
od altri individui, che per la loro cattiva condotta e
massime perverse potessero riuscire d'inciampo a' pro-
pri compagni, perciò si esigerà da ciascuno un certi-
ficato di condotta dal proprio parroco, e per regola ge-
548

57.9 Page 569

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nerale non si ammetteranno nelle nostre case di edu-
cazione allievi, che fossero stati espulsi da altri col-
legi.
4. Se trattasi di accettazion e gratuita, si esigerà u·n
certificato che dimostri, che sono orfani di padre e di
madre, poveri ed abban donati. Se hanno fratelli, zii od
altri parenti, che possono averne cura, sono _fuori del'
nostro scopo. Se il postulante possiede qualche cosa, lo
porterà seco nella casa e sarà consumata a suo bene-
ficio, perchè non è giusto che goda la carità altrui
chi ha qualche cosa del suo.
5. Nelle nostre , case di beneficenza saranno eh
preferenza accettati quelli che frequentano i nostri ora-
tori festivi, perchè della massima importanza il
conoscere alquanto l'indole dei gìovanètti, prima di
riceverli definitivamente nell e case. Ogni giovane rice-
vuto nelle nostre case, dovrà considerare i suoi com-
pa gni come fratelli, e i Superiori come quell i che ten-
gono le veci dei genitori.
6. Quanto alle persone destinate ai lavori di casa,
oltre i certificati sovraccennati, si esigerà da loro una
dichiarazione di adattarsi ai regolamenti ed agli or-
dini dei Superiori in quelle occupazioni e@ in quei
luoghi che saranno loro assegnati. Per regola generale
poi si qsserverà che tali persone non siano in età
troppo giovanile.
7. Generalm ente parlando, i giovani accettati gra-
tuitamente saranno destinati ai mestieri. Siccome però
fra essi se ne incontrano alcuni, cui Dio diede attitudi-
ne speciale per lo studio o per un'arte liberale, così
le nostre case di beneficenza si offrono in aiuto di
questi giovanetti, sebbene non possano pagare nulJ a
o solo una modica pensione. Per tal modo questi gio-
549

57.10 Page 570

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vani potranno rendere fruttuosi a se stessi ed al pros-
simo quei doni che Dio Creatore ha in larga copia
loro accordato, è non li lasceranno diventare sterilì
e fors'anco dannosi, per mancanza di mezzi materiali
e di coltura.
8. Converrà però aver di mira, che tali studi ;:ion
cl isturbino il regolamento ed orario della casa, mentre
questi studenti devono proporsi di essere modelli di
buon esempio ai loro compagni, specialmente nelle
pratiche di pietà.
9. Nessuno però sarà ammesso in tal modo a stu-
diai:e; 1° se non ha compiuto il corso elementare;
se nou è dotato di eminente pietà, che per regola
generale dovrà essere comprovata da una buona con-
dotta, tenuta almeno per qualche tempo nelle nostre
case; lo studio sarà il corso classico o ginnasiale,
che si estende . dalla prima ginnasiale alla Filosofia
esclu sivam ente.
10. Gli studenti saranno tenuti a prestai:si a qual-
siasi servizio di casa, come sarebbe servire a tavola,
fare ii' catechismo, e simili.
CAPO III.
Della pietà.
1. Ricordatevi, o giovani, che noi siamo creati per
amare e servir Dio nostro Creatore, e che nulla ci
gioverebbe tutta la scienza e tutte le ricchezze del
mondo senza timor di Dio. Da questo santo timore
dipende ogni nostro bene temporale ed eterno.
2. A mantenersi nel timor di Dio ·gioveranno l'ora-
zione, i SS. Sacramenti e la parola di Dio.
550

58 Pages 571-580

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58.1 Page 571

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3. L'orazione sia frequente e fervorosa ma non mai
di mala voglia, ·e con disturbo dei compagni; ·è meglio
non pregare che pregare malamente. Per prima cosa
al mattino appena svegliati fate il segno della santa
Croce e sollevate la mente a Dio con · qualche ora-
zione giaculatoria.
4. Eleggetevi un confessore stabile, a lui aprite
ogni segretezza del vostro cuore ogni otto o quindici
giorni od almeno una volt.a al mese, siccome dice il
Catechismo romano; una volta al mese, si farà da tutti
l'esercizio della buona morte, preparandovisi con qual-
che sermoncino od altro esercizio di pietà.
5. Assistete divotamente alla s. Messa, e non di-
menticate di fare ogni giorno, o di ascoltare un poco
di lettura spirituale.
.
6. Ascoltate con attenzione le prediche e le altre
istruzioni morali. Badate di non dormire, · tossire o
fare altro qualsiasi rumore durante le medesime. Non
partite mai dalle prediche senza portare con voi qual-
che massima da praticare durante le vostre occupa-
zioni, e date molta importanza allo studio della reli-
gione e del catechismo.
7. Datevi da giovani alla virtù, perchè l'aspettare a
darsi a Dio in età avanzata è porsi in gravissimo
pericolo di a,ndare eternamente perduto. Le virtù che
formano il più bel ornamento di un giovane cristiano
sono: la modestia, l'umiltà, l'ubbidienza e la carità.
8. Abbiate una speciale divozione al Ss. Sacramento,
alla B. Vergine, a s. Francesco di Sales, a s. Luigi Gon-
zaga, a s. Giuseppe che sono i protettori speciali d'ogni
casa.
9. Non abbracciate mai alcuna nuova divozione se
non con licenza del vostro Confessore, e ricordatevi di
551

58.2 Page 572

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quanto diceva s. Filippo Neri a' suoi figli: Non vi
caricate · di troppe devozioni, ma siate perseve,ant.i
in quelle che avete preso.
CAPO IV.
Contegno in chiesa.
chiesa, o cari figliuoli, , è casa di Dio, è luogo
di orazione.
1. Ogni qualvolta entrate in qualche chiesa, prendete
p rima l'acqua benedetta e, fattovi il segno di santa cro-·
ce, fate inchino al1':1ltare se vi è solamente la croce o
qu~lche immagine; piegate un ginocchio ov'è il Ss. Sa:
crnmento nel tabernacolo, fate genuflessione con ambo
le ginocchia se il Ss. Sacramento sta esposto. Ma ba-·
date bene a non fare strepito, non ciarlare ridere.
In chiesa ò non andare o stare col debito rispetto.
La chiesa è casa di Dio, casa di preghiera, di divo-
zione e non di con'\\Tersazione o di dissipazione.
2. Non fermatevi alla soglia della chiesa; non avven-
ga mai che v'inginoçchiate cofi un sol ginocchio, ap-
poggiandovi sgarbatamente col gomito sull'altro; ·non
sedetevi tmlle calcagna, come fanno i cagnolini, nem-
meno sdraiatevi contro il sedile, facendo arco della
persotia: camminando in chiesa, non cagionate mai
calyestìo in - modo da recar disturbo a chi raccolto
prega. Ricordatevi poi che è mal costume, appena en-
trati in chiesa, trattenersi a mirare le persone, gli
oggetti o i capolavori che sono in essa, prima di fare
un atto di adorazione a Dio, come pure è mal fatto
lo stare in ·piedi al tempo della Messa, appena pie-
552

58.3 Page 573

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gando il ginocchio aJ tempo dell'elevazione, come in
alcuni paesi suole avvenire.
3. Durante le sacre funzioni astenetevi, per quanto
potete, di sbadigliare, dormire, volgervi qua e là, chiac-
chierare ed uscire di Chiesa. Questi difetti mostrano po-
co desiderio delle cose Dio, e per lo più dànno
grave disturbo ed anche scandalo ai compagni.
4. . Andando al vostro posto abbiate cura di non
·smuovere i banchi o le sedie nè farle scricchiolare mo-
vendovi ad ogni tratto. Non sputate mai sul pavimento,
perchè tal cosa è sconvenevole e mette in pericolo
1
d'imbrattarsi chi presso voi si inginocchiasse.
5. Siate raccolti anche nell'uscire di chiesa, e non
accalcatevi mai alla porta per uscire tra i primi.
Aspettate a cç>prìrvi il capo passata la soglia, e badate
a non fermarvi, a non far chiasso vicino alla chiesa.
6. Nel dire le orazioni non alzate troppo la voce, ma
nemanco ditele tanto piano da non essere uditi. Le
orazioni si recitino posatarnente e non con precipita-
zione, nè vi sia chi voglia fare più in fretta; termi-
nando mentre altri è ancora a metà.
7. Cantandosi l'ufficio Divino, osservate le pause
assegnate dall'as.terisco, e non cominciate il versicolo
finchè il coro od altra parte abbia terminato. Avvertite
di non far dissonanza di voci o gridando a tutta gola,
o cantando fuor di tono, o facendo un lungo strasci-
co di voci in fine dei versetti o delle strofe.
8. Non sia mai che apriate la bocca solo per fare
pompa della vostra voce; pensate invece che col canto
divoto lodate Iddio, ed alla vostra voce fanno eco gli
Angioli del Cielo.
9. Quando avete la bella fortuna di servire la Mes-
.sa, attendete anzitutto a quanto dice s. Giovanni Cri-
553

58.4 Page 574

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sostomo: « Intorno al sacro altare, mentre 5j cel ebra,
assistono i cori degli angeli con somma divozione e
riverenza, sicchè il servire il sacerdote in sì alto mini-
stero, è uffizio più angelico ch e umano ».
10. Procurate adunque dì conoscere con esattezza
le cerimonie, facendo bene gl'in chini e le gen uilessì oni a
tempo debito. Dite bene le parole pronunziandole a
voce chiara, distinta e divota.
11. Non tenete mai le mani in saccoccia; guardatevi
dal ridere col compagno o voltarvi indietro; solo 1'l
tempo debito osservate alla balaustra se vi ha chi
desideri comunicarsi.
·
12. Andando .e tornando dall'altare camminate po-
satamente; ma procurate che il celebrante non abbia
mai da aspettare.
13. Andate con buona voglia a confessarvi, nè state
mai a girovagare pei corridoi, pei cortili in tempo ddle
confessioni; procurate di prepararvi bene e star
raccolti.
·
14. Non spingete i compagni per passa1·e ad essi
davanti; ma aspettate con pazienza i] vostro turno,
pregando o leggendo qualche libro divoto; ma più che
tutto guardatevi dal parlare fosse anche sotto voce.
15. Nell'atto del confessarvi state n~lla posizione più .
comoda -al confessore, non obbligando mai lui a star
chino o disagiato; nè ·obbligatelo a farvi delle interro-
gazioni in principio; ma voi stessi dite subito da qwrn-
to tempo non vi siete più confessati, se avete fatta
la penitenza e la comunione, e poi faréte l'accusa
dei peccati.
16. Nell'accostarvi alla santa comunione non accaJ.:
catevi per far più presto ; non fatevi attendere in fine;
chi è piccolo di statura si alzi in piedi.
554

58.5 Page 575

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17. Dopo la santa Comumone fate almeno un quar-
to d'ora di ringraziamento.
18. Lungo il giorno prendete la bella abitudine di
fare qualche visita a Gesù Sacramentato. Duri essa
anche solo qua lche minuto; ma sia quotidiana se vi
sarà possibile.
CAPO V.
Del lavoro.
1. L'uomo, m1e1 giovani, è nato per lavorare. Adrt-
mo fu collocato nel Paradiso terrestre affinchè lo col-
tivasse. L'Apostolo s. Paolo dice: è indegno di mangiare
chi non vuole lavorare; si quis non vult operari nec
manducet.
2. Per lavoro s'intende l'adempimento dei doveri del
proprio stato, sia di studio, sia di arte o mestiere.
3. Mediante il lavoro potete rendervi benemeriti della
Società, . della Religione, e far b ene all'anima vostra _
specialmente se offerite a Dio le quotidiane vostre oc-
cupazioni.
4. Tra le vostre occupazioni preferite sempre quelle
che sono comandate dai vostri Superiori o prescritte
dall'ubbidienza, tep.endo fermo di non mai omettere
alcuna vostra obbligazione, per intraprendere cose non
comandate.
·
5. Se sapete qualche cosa datene gloria a Dio, che
è autore d'ogni bene, ma non insuperbitevi, perciocchè
la superbia è un verme che rode e fa perdere il merit0
di tutte le vostre opere buone.
·
6. Ricordatevi che la vostra età è, la primavera della
vita. Chi nQn si abitua al lavoro in tempo di gioventù,
555

58.6 Page 576

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per lo prn sarà sempre un poltrone sino alla vecchiaia,
con dis~more della patria e dei parenti, e forse con dan-
no irreparabile dell'anima propria.
7. Chi è obbligato a lavorare e non lavora fa un fur-
to a Dio ed a' suoi Superiori. Gli oziosi in fine dell<1
vita pr-overanno grandissimo rimorso pel tempo per-
duto.
.
8. Cominciate sempre il lavoro, lo studio e la scuola
con l' Actiones, e coll'Ave Maria, finite con l' Agimus.
Ditele bene queste piccole preghiere, affinchè il Signore
voglia esso guidare i vostd lavori ed i vostri studi; e
possiate lucrare le indulgenze concesse dai Sommi Pon-
tefici a chi compie queste pratichè di pietà.
9. Al mattino prima di cominciare il lavoro, a mez-
zodì ed alla sera, finite le vostre occupazioni, dite l' An-
gelus Domini, aggiungendovi alla sera il De profundis
in suffragio delle anime dei fedeli defunti, ditelo sempre
stando inginocchiati, eccetto il sabato a sera e alla do-
menica, in cui lo direte stando in piedi. Il Regina
coeli si dice nel tempo pasquale stando in piedi.
CAPO VI.
Contegno nella scuola e nello studio.
1. Dopo la pietà è massimamente commendevole lo .
,; tudio. Perciò la prùila occupazione deve consistere nel
fare il lavoro d'obbligo e studiare la lezione; sola-
mente finito questo, potrete leggere qualche buon
libro.
2. Abbiatevi molta cura dei libri, quaderni e quanto
vi appartiene; procurate di non fare sgorbi sopra di
essi, nè guastarli come che sia. Non prendete mai
556

58.7 Page 577

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libri, nè carta, nè quaderni altrui. Occorreii.dovi bi-
sogno di qualche cosa, chiedetela in modo garbato al
compagno vicino. Non gettate carta sotto le tavole o
sotto i banchi.
3. Nella scuola 1alzatevi in piedi all'arrivo àel profes-
sore o maestro; e, se tarda a venire, non fate rumore,
ina attendetelo seduti silenziosamente ripetendo la :ezio-
ne o leggendo qualche buon libro.
· 4. Procurate di non arrivare mai troppo tardi alla
scuola. Nello studio. e nella scuola deponete il berretto,
il pastrano ed il cravattone se l'avete.
5. Occorrendo di dover mancare di scuola o da stu-
dio, per qualunque motivo, rendetene avvisato il mae-
stro preventivamente; e non potendolo per voi stessi,
almeno per mezzo di un compagno. Tornando, altra
volta a scuola prima d'andare a posto, date ragione
della vostra assenza al maestro.
6. Durante la spiegazione, evitate la brutta usanza di
bisbigliare, delinear~ figure sul libro, far pallottole dì
carta, tagliuzzare il banco, far segni smodati d'ammi-
razione per ·1e cose che udite, e peggio dimostrare disgu-
sto; o noia della spiegazione stessa.
7. Non interrompete mai la spiegazione con inter-
rogazioni importune, e se venite interrogati, alzafo'yj
prontamente in piedi e rispondete senza precipitazione
e senza far aspettare.
8. Ripresi di qualche fallo non rispondete mai arro-
gantemente, aveste pure mille ragioni; mostratevi umi-
liati sì, ma contenti d'essere stati avvisati. Nè siate m::i.i
di color che s'impennano, gettano a terra il libro, posa-
no la testa sul banco, atti tutti che indicano superbia
e mala creanza.
9. Non burlate mai chi sbaglia, o non pronunzia bene
557

58.8 Page 578

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le parole o le doppie a suo luogo. t pure contro 'la
carità prendersi gioco de' compagni che fossero più
indietro nella scuola.
·
10. Il fare sgorbi sulla lavagna, lo scrivervi parole
che possono offendere o mettere in ridicolo qualcuno,
lo sporcare le pareti della scuola o le carte geografiche
od altro, il versare l'inchiostro o spruzzare comechessia ·
con quello il vestito altrui, sono tutte cose da cui dovete
guardarvi assolutamenie.
11. I lavori siano fatti con grande attenzione, le
pagine siano ben pulite, bene scritte, ·non frastagliate
alle estremità e sempre con un poco di margine.
12. Rispettate i maestri, o siano di vostra classe o
siano della classe altrui. Prestate speciale ossequio a
quelli che v'insegnavann negli anni andati. La ricono-
scenza verso chi i beneficò è una delle virtù che
più ornano il cuore d'un giovane.
13. L'orario dello studio varia secondo l'orario delle
·scuole, ma tutti sono tenuti ad uniformarvisi.
14. Lo studio s'incomincia con la recita dell' Actiones
e dell'Ave Maria, ~ si finisce coll' Agimus ed altra Ave
Maria.
15. Cominciato lo studio, n on è più lecito di parlare,
pigliare o dare imprestiio, non ostante qualsiasi bisogno.
Si eviti eziandio di fare rumore colla carta, coi libri,
coi piedi e col lasciar eadere qualsiasi cosa. Occorren-
do qualche vera necessità, se ne darà cenno all'as-
sistente, e si farà ogni cosa col minimo disturbo.
16: Niuno si muova o faccia strepito finchè il cam-
panello non abbia dato il segno del termine.
17. Nello studio vi sarà un assistente, il quale è re-
sponsabile della condotta che ciascuno tiene, tanto nella
diligenza ad intervenire quanto nell'applicazione. In
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58.9 Page 579

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ogni banco dello studio sta un decurione ed un vice-
decurione in aiuto all'assistente.
18. Ogni domenica a sera vi sarà una conferenza per
gli studenti, ·in cui il Consiglierè scolastico o chi ne fa
le veci, leggerà i voti di ciascuno con qualche paterno
riflesso, che serva di eccitamento agli allievi ad avan·-
zarsi nello studio e nella pietà.
19. Chi non è assiduo allo studio, oppure reca di-
sturbo quando vi si trova, sarà avvisato; che, se non
si emenda, sarà tost9 destinato ad altre occupazioni o
mandato ai propri par nti.
20. Per contribuire all'esatta occupazioné, ed anche
perchè nella Casa vi sia un posto, ove possa ognuno
tranquillamente leggere e scrivere senza disturbo, nello
studio si dovrà osservare da tutti rigoroso silenzio in
ogni tempo.
. 21. Chi non ha il timor di Dio abbandoni lo studio,
perchè lavora invano. La scienza non entrerà in un'a-
nima malevola, nè abiterà in un corpo schiavo del pec-
cato. In malevolam anima.m scientia non introiùit, nec
habitabit in corpore sv.bdito peccatis, dice il Signore.
22. La virtù in particolar maniera inculcata agli
studenti è l'umiltà. Uno studente superbo è uno stupi-
do ignorante. Il principio della sapienza è il timor <li
Dio. Il principio d'ogni peccato è la superbia; initium
omnis peccati superbia scribitur, dice ·s. Agostino.
CAPO VII.
Contegno nei laboratori.
1. Al mattino, terminate le pratiche di pietà, ogni
artigiauo prenderà senza strepito la colazione, e· si re
559

58.10 Page 580

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cherà immediatamente e con ordine é}.l rispettivo labora-
torio, non fermandosi nè a chiacchierare nè a divertirsi,
e procurerà che nulla gli manchi per le sue occupa-
zioni.
J
2. Il la voro s'incomincerà sempre coll' Actiones e con
l' Ave Maria. Dato il segno del fine di lavoro, si reci-
terà l'Angelus Domini prima di uscire dal laboratorio.
3. In ogni officina tutti gli operai devono essere
sottomessi ed ubi)i<lienti all'assistente ed al Maestro
d'arte, come loro Superiori, usando grande attenzione e
diligenza nel compiere i loro doveri, ed imparare quel-
l'arte con cui dovranno a suo tempo guadagnarsi il
pane della vita.
4. Ogni allievo stia nel proprio laboratorio, nè mai
alcuno si rechi in quello degli altri senza assoluto
bisogno e non mai senza il dovuto permesso.
5. Nessuno esca dal laboratorio senza licenza del-
l'assistente. Qualora fosse necessario mandare qualcuno
per CJmmissioni fuori di casa, l'assistente ne procurerà
il permesso o dall'Economo o d,al Prefetto.
6. Nei laboratori è proibito bere vino, giocare, scher-
zare, dovendosi in questi lavorare e non divertirsi.
7. Per quanto sarà compatibHe all'arte o mestiere che
colà si esercita, si osserverà rigoroso silenzio.
8. Ciascuno abbia cura che non si smarriscano nè si
~uastino gli utensili del labnratorio.
9. Pensi ognuno che l'uomo è nato pel lavoro, e che
.; olamente chi lavora con amore ed assiduità ha la pace
nel cuore e trova lieve la fatica. ·
,10. Questi articoli saranno letti dal Catechista ·o
J all'assistente ogni sabato a chiara voce, e se ne terrà
sempre copia nel laboratorio.

59 Pages 581-590

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59.1 Page 581

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CAPO VIII.
Contegno verso i Superiori.
1. Il fondamento d'ogni virtù in un giovane è l'ub-
bidienza a' suoi Superiori.
L'ubbidienza genera e conserva tutte le altre virtù,
e se questa è a tutti necessaria, lo è in modo speciale
per la gioventù. Se ' pertanto volete acquistare la virtù,
cominciate dall'ubbidienza ai vostri Superiori, rnttomet-
tendovi loro senza opposizione di sorta come fareste a
Dio.
2. Ecco le parole di s. Paolo intorno all'ubbidienza :
Ubbidite a coloro che vi sono proposti per vostra guida,
e vostra direzione, e siate loro sottomessi: perchè essi
dovranno rendere conto a Dio delle vostre anime. Ub-
bidite ri.on per forza ma volentieri, affinchè i vostri
Superiori possano con gaudio compiere i loro doveri e
non colle lagrime e coi sospiri.
3. Persuadetevi che i vostri Superiori sentono viva-
mente la grave obbligazione che li stringe a promuo-
vere nel miglior modo il vostro vantaggio, e che nel-
l'avvisarvi, comandarvi, correggervi non altro hanno di
mira che il vostro bene.
4. Fanno male coloro che non si lasciano mai ved ere
dai Superiori, anzi si nascondono o fuggono al loro
sopraggiungere. Ricordate l'esempio dei pulcini. Quelli
che si avvicinano di più alla chioccia per lo più rice-
vono sempre da essa qualche bocconcino speciale. Così
coloro che sogliono avvicinare i Superiori hanno sem-
pré qualche avviso o consiglio particolare.
5. Date anche loro quelle dimostrazioni esterne di
riverenza che ben si meritano, col salutarli rispettosa-
,.,
561

59.2 Page 582

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mente ,.quando li incontrate, con tenervi il capo sco-
perto in loro presenza.,
6. Sia la vostra ubbidienza pronta, rispettosa ed
allegra ad ogni loro comando, non facendo osserva-
zioni per esimer.Yi da ciò che comandano. Ubbidite,
sebbene la cosa comandata non sia di vostro gusto.
7. Aprite loro liberamente il vostro cuore conside-
rando in essi un padre, che desidera ardentemente la
vostra felicità.
8. Ascoltate con riconoscenza le loro correzioni, e se
fosse necessario, ricevete con umiltà il castigo dei vostri
falli, senza mostrare nè odio nè disprezzo verso di
loro.
9. Fuggite la compagnia di coloro, che, mentre i
Superiori , consumano le fatiche per voi, censurano le
loro disposizioni; sarebbe questo un segno di massima
ingratitudine.
10. Quando siete interrogati da un Superiore sulla
condotta di qualche vostro compagno, rispondete nel
modo, che le cose sono a voi note, specialmente quando
si tratta di prevenire o rimediare a qualche male. Il
tacere .in queste circostanze recherebbe danno a quel
compagno, ed offesa a Dio.
CAPO IX.
Contegno verso i compagni.
1. Onorate ed amate i vostri compagni come altret-
tanti fratelli, e studiate di edificarvi gli uni gli altri col
buon esempio.
2. Amatevi tutti scambievolmente, come dice il Si-
562

59.3 Page 583

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gnore, ma guardatevi dallo scandalo. Colui che con
parole, discorsi, azioni, desse scandalo, non è un amico,
è un assassino dell'anima.
·
3. Se potete prestarvi qualche servizio e darvi qual -
che buon consiglio, fatelo volentieri. Nella vostra ricrea-
zione, accogliete di buon grado nella vostra conversazio-
ne qualsiasi compagno senza distinzione di sorta, e
cedete parte dei vostri trastulli con piacevoli maniere.
Abbiate cura di non mai discorrere dei difetti dei vostri
compagni, a meno che ne siate interrogati dal vostr<
Superiore. In tal caso badate di non esagerare quell o
che dite.
4. Dobbiamo riconoscere da Dio ogni bene ed ogni
male, perciò guardatevi dal deridere i vostri compagn i
pei loro difetti corporali o spirituali. Ciò che oggi dc
ridete negli altri, può darsi che domani permetta 1
Signore che avvenga a voi..
5. La vera carità comanda di sopportare con pazien
za i difetti altrui e perdonare facilmente quando ·talun ,
ci offende, ma non . dobbiamo mai oltraggiare gli altr :
specialmente quelli che sono a noi inferiori.
6. La superbia è sommamente da fuggirsi, il superb<
è odioso agli occhi di Dio e dispregevole agli uomin :
CAPO X.
Della. modestia.
1. Per modestia s'intende un~ decente e r egolata
maniera di parlare, di trattare e camminare. Questa
virtù, o giovani, è uno dei più belli ornamenti della
vostra età, e .deve apparire in ogni vostra azione, in
ogni vostro discorso.
563

59.4 Page 584

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2. Il corpo e le vestimenta · devono essere pulite, il
volto costantemente sereno ed allegro, senza · muovere
le .spalle, o il corpo leggermente qua e là, eccetto che
qualche onesta ragione 'lo richiegga.
3. Vi raccomando la modestia negli occhi, essi sono
le finestre per cui il demonio conduce il peccato nel
cuore. L'andare sia moderato, non con troppa fretta, ad
eccezione che la necessità esiga altrimenti; le mani
quando non sono occupate si tengano in atto decente
e di notte per quanto si può tenetele giunte dinanzi al
pette.
4. Non mettete mai le mani addosso agli altri nè
mai fate .ricreazione tenendovi l'un l'altro pèr mano,
nè mai passeggiate a braccetto, od avvincolàti al collo
dei compagni, come fa talvolta la gente di piazza.
5. Quando parlate siate modesti, non usando mai
espressioni che possano offendere la carità e )a de- .
cenza: al vostro stato, alla vostra età più si conviene un
·verecondo silenzio, che il promuovere discorsi che ge-
neralmente palesano in voi arditezza e loquacità.
6. Non criticate le azioni altrui nè vantatevi de'
vostri pregi o di qualche virtù. Accogliete sempre con
indifferenza il biasimo e la lode, umiliandovi verso Dio,
quando vi è fatto qualche rimprovero.
7. Evitate ogni azione, movimento o parola che
sappiano alcunchè di villano, studiatevi di emendare a
tempo i difetti di temperamento e sforzatevi di formare 1
in voi un'indole mansueta, e costantemente regolata ·
secondo i princìpi della cristiana modestia.
8. pure parte della modestia il modo di contenersi
a tavola, pensando che il cibo è dato a noi, non siccome
a bru'ti, ,solo per appagare il gusto, ma sibbene per
mantenere sano e vigoroso il corpo, quale istrumento
564

59.5 Page 585

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materiale da adoperarsi a procacciare la felicità dc'.
ranima.
9. Prima e dopo il cibo fate i soliti atti di religione
e durante la refezione procurate di pascere eziandi<
lo spirito, attendendo in silenzio a quel po' di lettur-
che vi si fà.
10. Non è lecito mangiare o bere se non quelle cose
che sono dallo stabilimento somministrate; quelli chl
ricevono frutta, commestibili o bibite . di ·qualunqu('
genere, dovranno . consegnarli al Superiore, il quale di ·
sporrù che se ne faccia uso moderato.
11. Vi si raccomanda caldissimamente di non ma i
guastare la benchè minima parte di minestra, pane e,
pietanza. Non dimentichiamo l'esempio del Salvatore
che comandò ai suoi' Apostoli di raccogliere le briciole
di pane, affinchè non andassero perdute: Collìgite frag--
menta ne pereard. Chi guastasse volontariamente qual-
che sorta di cibo, è severamente punito, e deve gran-
demente temere che il Signore lo faccia morire di
fame.
CAPO XI.
Della pulizia.
1. La pulizia deve starvi molto a cuore. La nettezza
e l'ordine esteriore iùdica mondezza e purità dell'anima .
2. Fuggite la stolta ambiziOlJe di azzimarvi o accon -
ciarvi i capelli per fate bella comparsa; ma procurate
che gli abiti non siano mai sdrusciti o sporchi.
3. Tagliatevi le unghie a ·suo tempo e non lasciate
che vi crescano troppo lunghe. Non tenete le scarpe
565

59.6 Page 586

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slegate, lavàtevi i piedi con frequenza specialmente
d'estate.
4. Non uscite mai di camera :;cilza aggiustarvi il
letto, ripulire ed assettare gli abiti e mettere in ordine
ogni cosa vost_ra. Non lasciate scarpe -Yccchie od altro
ingombro sotto il letto, ma metteteìe in qualche riposti -
glio o consegnatele a chi di ragione.
5. Ricordatevi ogni mattino di lavan i le mani e .la
faccia, sia per utilità della vostra salute, sia per non
cagionare schifo agli altri.
6. Tenete i denti puliti; questo vi libererà dal puz-
zore della bocca molte volte da ciò proveniente, e dal
guasto o mal di denti che per lo più ne suole con-
/
seguire.
?. Il pettinarsi deve essere cosa di tutte le. mattine.
Per impiegarvi meno tempo e per più agevolmente te-
nervi pulito il capo, portate costantemente i capelli
corti.
. 8. Non tenete le dita sporche d'inchiostro, e quando
le avrete sozze comechessia non sta bene il pulirle colle
vestimenta, cogli abiti asciugate mai la penna quan-
do finite d'i scrivere.
CAPO XII.
Contegno nel regime della casa.
1. Al rnnti.ino, dato il segno del campanello, lasciate
prontamente ii letto, mettendo mano a vestirvi con tut-
, ta la decenza possibile, e sempre· in silenzio.
2. Non uscite mai di camera senza aggiustare il
letto, pettinarvi, ripulire ed assettare gli abiti, e
mettere in ordine ogni cosa vostra.
566

59.7 Page 587

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3. Dato il secondo segno di campanello, ciascuno
andrà in cappella al luogo designato per recitare le
orazioni in comune ed assistere alla santa Messa nel
tempo che sarà fissato.
4. Mentre si celebra la s. Messa si recitino· le pre-
ghiere ed il s. Rosario, ed in fine vi si farà breve
meditazione.
.
5. È proibito guardare e rifrustare nello scrigno o
cassa altrui. Lungo il giornò niuno si rechi in dor-
mitorio' senza particolare permesso.
6. Guardatevi bene dall'appropriarvi la roba altrui,
fosse anche della minima entità, cd accadendo .di tro-
vare qualche cosa, consegnatela tosto ai Superiori, e
chi si lasciasse ingannare a farla sua, sarebbe severa-
mente punito a proporzione del furto.
7. Le lettere, i pieghi che si ricevono o si spediscono,
devono essere consegnati al Superiore, il quale se Jo
giudicasse può leggerli liberamente.
8. È rigorosamente proibito .il tener denaro presso di
sè, ma devesi depositare tutto presso al Prefetto, il
quale lo somministrerà secondo i bisogni particolari.
È eziandio severamente proibito lo stringere contratto
di vendita, compra o permuta, f~r debiti con chicches-
sia senza il permesso del Superiore.
9. È proibito d'introdurre in Casa o nel dormitorio
persone esterne..-Dovendosi P8;rlare con parenti od altra
persona, si andrà nel parlatorio comune. Non istate mai
vicini agli altri quando tengono discorsi particolari. Nè
mai introducetevi nei laboratori, nei dormitori altrui,
perchè tal cosa riesce di grave disturbo a chi entra od
a chi lavora. È P,arimenti proibito di chiudersi in ca-
mera, scrivere sopra le mura, piantar chiodi, far rot-
ture di qualsiasi genere. Chi colpevolmente guastasse
567

59.8 Page 588

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qualche cosa, è obbligato farlo riparare a sue spese.
Infine è pure proibito trattenersi nella camera del por-
tinaio, in Cucina, ad eccezione di quelli che sono ivi
incaricati di qualche uffizio.
10. Usate caritù con tntti, compatite i difetti altrui,
non imponete mai soprannomi, nè mai dite o fate cosa
alcuna che detta o fatta a voi, vi ~ossa recar dispia-
cere.
CAPO XIII.
Contegno fuori della Casa.
1. Ricordatevi, o giovani, che ogni cristiano è te-
nuto di mostrarsi edificante verso il prossimo, e che
nessuna predica è più efficace del buon esempio.
2. Uscendo di casa siate riservati negli sguardi, nei
discorsi, ed in ogni vostra azione. Ni una cosa può es-
sere di rnaggio1: edificazione quanto il vedere un giovane
di buona condotta; egli <leve far vedere che appartiene
ad una comunità di giovani cristiani e ben educati.
3. Quando aveste a recarvi a passeggio, oppure a
scuola, od a fare commissioni fuori dell'Oratorio, non
fermatevi a mostrare a dito chicchessia, fare risa
smodate, tanto meno gettar pietre, divertirvi saltando
fossi od acquedotti. Queste cose indicano una cattiva
educazione.
4. Se incontrate persone che abbiano cariche pub- ·
bliche, scopritevi il. capo cedendo loro la parte della
via più comoda; altrettanto farete co' religiosi e con
ogni persona costituita in dignità, massimamente se
venissero o s'incontrassero nell'Oratorio.
5. Passando davanti a qualche chiesa o divota im-
magine, scopritevi il capo in segno di riverenza. Che
568

59.9 Page 589

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se v'aècadesse di passare v1cmo ad una chiesa, ove si
compissero i divini uffizi, fate silenzio a debita distan-
za per non recar d1sturbo a quelli che entro si trovano.
Abbattendovi in un convoglio funebre scopritevi il ca-
po, recitando sottov<;>ce un Requiem aeternam o il De
profundis. In caso di una processione state col capo
scoperto finchè sia passata. Qualora incontraste . il
Ss. Sacramento portato agl'infermi, piegate ambe le
ginocchia per adorarlo.
6. Ricordatevi bene, che se voi non vi portate .bene
in chiesa, nella scuola, nel lavoro o per istrada, oltre
eh.e ne avrete a render conto al Signore, farete anche
disonore al Collegio o Casa a cui appartenete.
?. Se mai qualche compagno vi fac esse discorsi o vi
proponesse opere cattive, partecipatelo prestamente al
Superiore per avere i necessari avvisi e regolarvi con
prudenza e senza offendere Dio.
8. Non parlate mai male de' vostri ·compagni, del-
l'andamento di Casa, de' vostri Superiori e delle loro
disposizioni. Ciascuno è pienamente libero di rimanere
o non rimanere, e farebbe disonore a se stesso, chi si
lagnasse del luogo dove è in pieria libertà di rimanere
.o di andare dove più a lui .piace.
·
·9, Quando si va al passeggio è proibito fermarsi per
istrada, entrare in botteghe, fare visite e andar a di-
vertirsi •o comechessia allontanarsi dalle fil e. Nemmeno
è lecito accettare invito di pranzi, perchè non se ne
darà mai il permesso.
10. Se volete fare un gran bene a voi ed al1a Casa,
parlatene sempre bene, cercando eziandio ragioni per
far approvare quanto si fa o si dispone dai Superiori
pel . buon andamento della Comunità.
11. Esigendosi da noi una ragioneyole e spontanea
569

59.10 Page 590

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ubbidienza a tutte queste regole. i trasgressori ne sa-
ranno debitamente puniti, e queUi cche le osserveranno,
oltre la ricompensa che devono aspettarsi dal Signore,
saranno anche dai Superiori premiati secondo la per!
severanza e la diligenza.
CAPO XIV.
Del passeggio.
1. Il passeggio è un esercizio molto utile per con-
servare la sanità, perciò quando le regole lo stabili-
scono, non rifiutate mai di prendervi parte.
2. All'ora dell'uscita trovatevi pronti, -mettetevi su-
bito in ordine senza mai farvi aspettare. Si noti che non
è lecito ai giovani di una squadra andare con quelli
dell'altra.
3. Ogni squ~dra deve avere un assistente, il quale è
responsabile dei disordini che in essa possono succedere.
4. Non si lascino uscire coloro che non hanno le
vesti monde e le scarpe pulite. Si vada nei luoghi sta-
biliti; ed in ogni cosa ciascuno obbedisca l'assistente.
5. La passeggiata non sia una corsa, nè si faccia
alcuna fermata senza espressa licenza dei Superiori.
Le passeggiate ordinarie siano di un'ora e mezzo, e non
oltrepassino mai le due ore. La compostezza della per-
sona, la custodia degli occhi, la gravità del passo deb-
bono osservarsi da tutti. La sbadataggine d'un solo po-
trebbe procacciar vergogna a tutto il drappello.
6. La mancanza, di cui si terrà maggior conto, è
di chi si allontana dalle file. L'assistente non può dare
questo permesso. Chi compera o va ai caffè o trattorie
merita l'espulsione dalla casa;
570

60 Pages 591-600

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60.1 Page 591

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AVVERTIMENTI
1. Gli assistenti alla passeggiata osservino esatta-
mente l'ora della partenza e del ritorno.
· 2. Non ammettano, nella squadra loro affidata, al-
cuno che appartenga ad altra squadra.
3. Pongano merde che i giovani siano puliti nella
persona e negli abiti.
4. Non conducano mai giovani nell'interno della
città od a visitare musei, gallerie, giardini, palazzi, ecc.
senza speciale permesso.
5. Non permettano mai che alcuno si arresti per oia,
o si allontani dall'assistente, per nessun motivo.
6. Se aboenga che alcuno commetta qualche mancan-
za subito ne rendano avvisato il Direttore degli studi
od il Prefetto.
"!. Pensino infine gli assistenti che è grande la re-
sponsabilità ch'e essi hanno rigu ardo ai giovani dinan-
zi a Dio e dinanzi ai Sup eriori.
CAPO xv.
Contegno nel teatrino.
1. A vostro divertimento e piacevole istruzione so-
no · concesse rappresentazioni teatrali, ma il teatrino,
che è destinato a coltivare il cuore, non mai sia causa
della più piccola offesa del Signore.
"
2. Prendetevi parte all egramente con riconoscenza
ai vostri Superiori, che ve lo permettono; non date mai
segno di disapprovazione quando si dovesse aspet-
tare od avvenissero cose, che non fossero di vostro
grande incanto.
571

60.2 Page 592

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3. Il recarvisi con precipitazione · anche con peri -
colo di far del male ai compagni, il cercare di pas-
sare avanti agli altri ed accomodarsi nel luogo mi-
gliore e non nell'assegnato, il tenere il berretto in
capo mentre si recita, il volere stare in piedi qu~ndo si
impedisce la vista agli altri, e tanto più il gridar
forte, ed il fischiare in qualunque modo, o dare altri
segni di scontentezza sono cose al tutto da evitarsi.
4. Appena si alza il sipario fate subito silenzio e
se non potete vedere abbastanza bene, non ostinatevi
a voler pure stare in piedi con disagio altrui. Se al- .
tri sta avanti a voi non gridate nè maltTattatelo, ma in
bel modo fatelo avvisato, e se non l'intende quietatevi
voi e soffrite con pazienza.
5. Guardetevi dal disprezzare chi sbaglia o non
recita bene; non date mai voce di disapprovazione, e
nemmanco fuori non fategli rimostranza di sorta. Ca-
lando il sipario applaudite sempre abcorchè non si sia
per avventura proceduto c,on quella precisione che
taluno si aspettava.
6. All'uscire dal teatro non accalcatevi alla porta,
ma uscite con l'ordine che è indicato e copritevi be-
ne, perchè l'aria del di fuori ordinariamente è più
fredda e può- apportar nocumento alla sanità.
CAPO XVI.
Cose con rigore proibite nella Casa.
1. Nella Casa essendo proibito di ritener danaro,
è parimenti proibita ogni sorta di giuoco interessato.
2. t pure vietato ogni giuoco in cui possa essere
572

60.3 Page 593

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pericolo di farsi 'Ciel male e possa avvenir cosa contro
la modestia.
3. Il fumare e masticar tabacco è vietato in ogni
tempo, e sotto qualsiasi pretesto. Il nasare è tollerato
nd limiti da stabilirsi dal Superiore, dietro consi-
glio del medico.
4. Non si darà mai permesso d'uscire coi parenti e
cogli amici a pranzo, o per provviste d'abiti. Occor-
rendo bisogno di questi oggetti, può farsi prendere la
misura per comperarli fatti , o dare ordine che si fac-
ciano uell'officina dello stabilimento.
Tre mali sommamente da fuggirsi.
Sebbene ognuno debba fuggire qualsiasi peccato,
tuttavia vi sono tre mali che in particolar maniera do-
vete evitare perchè maggiormente funesti alla gioven-
tù. Questi sono: 1° la bestemmia, ed il nominar il
nome di Dio invano, la disonestà, il furto.
Credete, o figliuoli miei, un solo di questi peccati
basta a tirare la maledizione del Cielo sopra la Casa.
Al contrario, tenendo lontani qu esti mali, noi abbia-
mo i più fondati motivi di sperare le celesti benedizio-
ni sopra di noi e sopra l'intiera nostra Comunità.
Chi osserva queste regole, sia dal Signore bene-
detto. Ogni ' domenica a sera od in altro giorno del-
la settimana, il Prefetto o chi ne fa le veci, leggerà
qualche articolo di queste regole con breve ed analoga
riflession e morale.
573

60.4 Page 594

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APPENDICE SUL MODO DI SCRIVERE LETTERE.
Regole generali.
Tutto giorno occorre di scrivere lettere, perc10 sa-
opportuno aggiungere qui, a guisa di appendice,
alcune regole.
.
1. Le lettere sono un mezzo con cui noi possiamo
esprimere i nostri pensieri ed affetti agli assenti, ' co-
me colla voce li esprimiamo ài presenti.
2. Per comporre buone lettere torna vantaggioso
leggere qualche buon epistolario, . al quale scopo vi
suggerisco Annibal Caro e Silvio Pellico. Bellissime
oltremodo sono anche le lettere di san Girolamo, di
san Francesco di Sales e di santa Caterina da Siena.
3. Lo stile delle lettere non vuole il soverchio or-
namento ed ama la semplicità; dev'essere spontaneo,
perciocchè tiene del parlaré improvviso, che non è
mai ricercato ed astruso. Lo stile dev'essere preciso,
breve, senza però nuocere alla, chiarezza (Vedi il
n. 10 e 11 in fine di quest'appendice).
4. Quando ·avete da impetrare qualche favore, no
fate proteste esagerate, promesse inviolabili, le quali
nron possiate poi eseguire, ma pensate, che nulla gio- _
va meglio a muovere alcuno in v,ostro favore, che la
semplicità delle parole e la schiettezza dei sentimenti.
5. Le sentenze, dice san Gregorio Nazianzeno seri~
vendo a Nicebolo intorno allo stile epistolare, i pro-
verbi, le massime e le facezie danno grazia ad una let-
tera. Debbono però essere seminate non versate. Il
non farne uso mai è rustichezza, il contrario affet-
tazione.
574

60.5 Page 595

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6. Nelle lettere non vi sia niente di affettato; ma
tutto sia facile e naturale.
?. La civiltà non permette che si facciano ·interro-
gazioni ai Superiori ; se però ve n'ha bisogno, si posso-
no usare queste e simili forme: Permetta, ch'io le
chieda in grazia... ; P erdoni la libertà, che mi prendo,
di chiederle... Nè si debbono affidare incarichi o com-
mettere saluti; e volendoli pur dare, si vuole usare
qualche modo gentile e in forma di preghiera.
8. È b ene osservar questo anche fra eguali, dicendo
ad esempio: Degnatevi di procurare che tutto sia
preparato... La prego a volere usare la gentilezza di ecc.
9. Quando si fa menzione di persona locata in di-
gnità, non si nominino seccamente il Canonico tale,·
il vostro Direttore; ma si deve dire il Signor Canoni-
co, il vostro Signor Direttore, ecc.
10. Le lettere possono essere · di più specie: Poli- -
tiche, scientifiche, erudite, artistiche, didascaliche, se
riguardano a cose di politica, di scienze, di lettere,
d'arti o di studio. Invece si chiamano familiari, quando
versano su argomenti della vita comune.
11. Come nella vita comune parliamo, ora per in-
terrogare o rispondere, ora per pregare o ringraziare,
oi:a per ammonire o riprendere, e quando per consiglia-
re o sconsigliare od augurare, così le lettere familia-
ri possono essere di domanda, o di risposta, di pre-
ghiera o ringraziamento, di avviso o di riprensione, di
consulta o di consiglio, d'augurio, ecc. ecc.
Parti della lettera.
12. Le p~rti di una lettera sono l'introduzione, i]
soggetto ed il saluto. L'introduzione, ovvero l'esor-
575

60.6 Page 596

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dio è un aprirsi, che fa lo scrivente con modo accon-
cio pe·r mettere mano al soggetto che ha in mente
di trattare. Questa parte deve essere molto breve e ta-
lora si può lasciarla affatto ed entrar subito in argo-
mento. Quando però si risponde a lettere o note di
persone autorevoli o di pubblici impiegati, cÒnviene
citare la data e l'argomento della lettera a cui s'in- ·
tende di rispondere, dicendo per esempio: Mi fo do-
vere di rispondere alla gradita sua delli 10 del cor-
rente giugno, relati va a...
13. Il soggetto comprende ciò che si vuole altrui
palesare, sia domanda, sia invito, sia congratulazio-
ni, sia rimprovero ecc.
14. Sotto nome di saluto s'intendono quegli auguri,
quei complimenti, quelle protestazioni di riverenza e
di amicizia, con cui siamo usi a toglier commiato
scrivendo altrui. Esso deve variare secondo il grado
di nostra attinenza e secondo le relazioni verso della
persona cui si scrive. Ad esempio, scrivendo ad un
Superiore si conchiuderà: Col più sincero ossequio -
colla più alta stima - con tutto il rispetto - colla più
profonda riverenza - colla maggior venerazione... Ver-
so i sempljci conoscenti non Superiori: Con vera stjma.
Verso le persone familiari: Con particolare affetto - con
sincera benevolenza - con vero amore. Nelle lettere
di preghiera gioverà associare queste espressioni: Col-
la sicura fiducia di essere esaudito... In quelle di ringra-
ziamento: Colla più viva riconoscenza e gratitudine... ;
e con sentimenti analoghi, negli altri casi. Quando
s'inviano lettere ad illustri personaggi si omette il
saluto propriamente detto, e si scrivono solamente
proteste di riverenza e di ossequio.
15. Terminata la lettera si aggiungono qualche voi-
570

60.7 Page 597

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ta alcune cose, o perchè dimenticate, o perchè so-
no estranee al soggetto. Quest'appendice si vuol se-
gnare colle· lettere P.S. (Post scriptum o presso scritto);
e siccome per lo più rivela disattenzione ed inavverten-
1
za così non è bene metterlo fuorchè nelle lettere fa-
miliari.
16. Nel finire dovete sempre far conoscere che non
siamo pagani, perciò sempre .aggiungere qualche pen-
siero cristiano, p. es. Il Cielo vi sia propizio; non
mancherò di pregare Dio che vi conservi in buona sa-
lute; mi raccomando alle vostre preghiere. Con ·
Vescovi e coi Cardinali si suol usare questa formula:
Chiedo umilmente la sua santa benedizione, e simili.
Corso della lettera e forma della ·medesima.
17. Il foglio della lettera sia pulito ed intero; pe
familiari ed amici può anche servire mezzo foglio;
alle persone di alto grado si scriva sopra un foglio
più grande.
18. La scrittura vuol essere nitida e tersa; poichè
è cosa incivile lo spedire una lettera che abbia sgorbi
o cancellature o sì male scritta che stenti a leggerla
chi la riceve.
1
19. Le linee siano dritte; si lasci· sempre un po' di ·
margine; il fogliò sia sempre piegato per diritto.
20. Chi scrive lettere deve badare all'iscrizione, al-
la data, alla sottoscrizione ed al soprascritto.
21. L'iscrizione od intitolazione della lettera, cioè
l'attributo di onore ·o di affetto che si dà alle perso-
ne a cui si scrive, non sia abbreviata.
22. Dall'iscrizione al cominciamento della lettera
si suol lasciare un intervallo più o meno largo seconde)
I
19 (II)
.577

60.8 Page 598

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maggior o minor grado della persona a cui si scrive;
la stessa regol~ conviene osservare pel margine a
sinistra.'
23. Al di sopra e al , di sotto di ogni pagina con-
viene lasciare lo spazio -almeno di una riga intatto, e
nella seconda facciata si continua· la lettera, comin-
ciando all'altezza dell'iscrizione.
?4. Per non finire la lettera proprio a pie' di pa-
gina, quando il rispetto della persona a cui si scri-
ve il richiegga, si suol fare in modo, che ancor due
o tre' linee rimangano ' per la facciata seguente.
25. La data deve esprimere il luogo, il giorno, il
mese ,e l'anno in cui si scrive; si 'c;olloca d'ordinario
a destra quasi sulla sommità della pagina. Quando
si scrive ad onorevole personaggio si pone a manca,
terminata la lettera dopo la rinnovazione del titolo.
Ma si deve badare che la data sia affatto posta prima
o dopo la lettera, 9enza che divida nè pensieri nè pa-
role che alla lettera si riferiscano·.
26. La sottoscrizione è il nome di chi scrive, e si
vuole accompagnare con uno o più aggiunti, che
esprimono ossequio od amicizia verso la persona a
cui s'indirizza la lettera. Si mette un po' distaccato
dal capo della lettera, all'inferiore estremità del fo-
1 glio a mano destra. , · -
27. Quando scrivesi a persona ragguardevole, una
riga, al di sotto della conclusione della lettera dalla
sinistra ripetesi il titolo della persona medesima, con-
forme al suo grado, e più sotto a destra si fa poi la
sottoscrizione. Per es.:
Di V. S. Illustrissima
Obbligatissimo S~rvitore
N.N.
578

60.9 Page 599

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28. Il soprascritto e l'indiriz~o contiene il nome e co-
gnome della persona a cui si scrive preceduto dagli
analoghi titoli; quindi il nome del luogo a _cui s'in-via
la lettera, e se quegli al quale si scrive si trova in
qualche impiego, oppure è necessario indicare l'abi-
tazione di lùi, ciò si esprime brevemente in altra linea
a sinistra dopo il nome e cognome.
29. La soprascritta vuolsi fare colla massima esa
tezza e chiarezza, scrivendosi nella prima linea il ti-
tolo generale: ad es. All'illustrissimo Signore;· nella
seconda il nome e cognome, indi la carica, e---Solo nella
terza linea le indicazioni d'abitazione e simili, e quando
queste indicazioni non siano necessarie, allora la carica
o l'impiego si può meglio mettere nella terza linea. 11
nome poi del paese o della città a: cui la lettera è indi .
rizzata, va scritto più grosso ' in basso a deslra, e si
suole sottolineare.
-
30. Quando la lettera deve pervenire ad un villag-
gio poco conosciuto, è d'uopo indicare nellà sopra-
scritta anche il circondaiio o la provincia ove quello
si trova.
., Quanto alla frequenza dello scrivere si devo~o
evitare gli eccessi. Sono da biasimare c_oloro che scrivo-
no a gran furia e per ogni piccola cosa inviano al-
trui grandi letteroni; ma non meno sono da biasimare
coloro che piegando al vizio contrario, s'inducono a
stento a rispondere altrui eziandio, quando vi ha
stringente bisogno.
32. Per la frequenza dello scriver lettere è da te-
nere la stessa regola, che per le visi,te. Quando vi è
necessità o convenienza di scrivere altrui qualche cosa,
niuno dee mostrarsi neghittoso; niuno eziandio dee tra -
scorrere nel soverchio ed imbrattare inutilmente carta.
679

60.10 Page 600

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33. Riguardo ai titoli più in uso, ecco 1i princi-
pali:
Al Papa: Sua Santità.
Ai Cardinali: Sua Eminenza.
Ai Vescovi ed Arcivescovi: Sua Eccellenza Reve-
rendissima.
Ai Teologi, ai Canonici e Dignitari-- Ecclesiastici:
illustrissimo e molto Reverendo.
Ai Sacerdoti: Molto Reverendo.
Ai Chierici: Reverendo.
Ai Professori: Chiarissimo.
Ai Deputati e Senatori: Onorevole.
Ai Dignitari secolari ed a qualunque Cavaliere:
mustrissimo.
Ai Commercianti ed Artisti: Pregiatissimo.
Ai Giovani Studenti: Ornatissimo e ,Gentilissimo.
I
/
580

61 Pages 601-610

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61.1 Page 601

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I
III. \\
REGOLAMENTO DELL'ORATORIO
DI SAN FRANCESCO DI SALES
PER GLI ESTERNI
(1 877)
PARTE PRIMA
SCOPO DI QUEST'OPERA
Lo scopo dell'Oratorio festivo è di trattenere la gio-
ventù nei giorni di festa con piacevole ed onesta ri-
creazione dopo di aver assistito alle · Sacre Funzioni
_. di Chiesa.
' Dicesi trattenere la gioventù nei giorni di festa,
perchè si hanno specialmente di mira i giovanetti ope-
rai, i quali nei giorni festivi soprattutto vanno espo-
sti a grandi pericoli µiorali e corporali; non sono però
esclusi gli studenti, che nei ·giorni festivi o nei giorni
di vacanza vi volessero intervP-nire.
2. Piacevole ed onesta ricreazione, atta veraìnente
a ricreare, non ad opprimere. Non sono pertanto pet-
messi quei giuochi, trastulli, salti: corse, e qualsia si
modo di ricreazione in cui vi possa essere compromessa
la sanità o la moralità degli allievi.
~581
I

61.2 Page 602

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3. Dopo aver assistito alla sacre Funzioni di Chiesa;
perciocchè fistruzione religiosa è lo scopo primario,
il resto è accessorio e come allettamento ai giovani
per farli intervenire.
Questò ·Oratorio è posto sotto la protezione di s.
Francesco di Sal~, perch~ coloro che intendono dedi-
carsi a questo genere di occupazione devono proporsi
questo santo per modello nella carità, nelle buone ma-
niere, che sono le fonti da cui derivano i frutti che si
sperano dall'Opera degli Oratorii.
·
Gli uffizi che devono compiersi da coloro, che desi-
derano occuparsene con frutto s_i possono distribuire
tra i seguenti inc~ricati, che nelle rispettive incuIP-
benze sono considerati come altrettanti Superiori.
1. Direttore.
2. Prefetto.
3. Catechista o Direttore Spirituale.
4. Assistenti.
5. Sacrestani.
6. Monitore.
?. lnvigilatori.
8. Catechisti.
9. Archivisti.
10. Pacificatori.
11. Cantori.
12. Regolatori della ricreazione.
13. Protettore.
Le in cumbenze di ciascuno sono ripartite come se-
gue:
582
,

61.3 Page 603

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CAPO l.
Del Direttore.
1. Il Direttore è il Superiore prinçipale, che è ri-
sponsabile di tutto quanto avviene nell'O\\atorio.
2. Egli deve precedere gli altri incaricati nella pietà,
nella carità, e nella pazienza;· mostrarsi costantemente
amico, compagno, fratello di tutti, perciò sempre in-
coraggire ciascuno nell'ade~p1mento dei propri doveri
in modo di preghiera, non mai di severo comando.
1 3. Nel, nominare qualcuno a carica dimanderà il
parere degli altri impiegati, e se sono Ecclesiastici con-
sulterà il Superiore Ecclesiastico, o il Parroco della,
Parrocchia in cui esiste l'Oratorio, a meno che siano
notoriamente conosciuti, e si presupponga nulla esister.vi
in contrario.
4. Una volta al mese radunerà i suoi impiegati per '
ascoltare e proporre quanto _ciascùno giudica vantag-
gioso per gli allievi.
5. Al Direttore tocca avvisare, invigilare, che tutti
disimpegnino i ,rispettivi uffizi, correggere, ed anche
' rimuovere dai loro posti gli impiegati, qualora ne sia
mestieri.
6. Terminate le confessioni di quelli che desiderano
accostarsi al Sacramento della penitenza, il Direttore o
, un altro Sacerdote celebrerà la Santa Messa, cui terrà ·
dietro la spieg_azione del Vangelo, o un racconto tratto
dalla Storia Sacra o dalla Storia Ecclesiastica.
,. Eglr deve essere come un padre in mezzo ai pro~
pri figli, ed adoperarsi in ogni maniera possibile per
insinuare nei giovani cuori l'amor di Dio, il rispetto
alle cose sacre, la frequenza ai Sacramenti, filiale divo-
lazione a Maria Santissima, e tutto ciò, che CO$.fituisce
vera pietà.
583

61.4 Page 604

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CAPO II.
·Del Prefetto.
1. Il Prefett~ deve essere Sacerdote, e farà le veci
del Direttore ogniqualvolta ne occorra il bis6gno.
2. Riceverà gli ordini dal Direttore e· li comunicherà
a tutti gli altri impiegati; invigilerà che le classi del
Catechismo siano provvedute a tempo del rispettivo
Catechista, e sorve'glierà che durante -il Cat~chismo
non avvengano disordini o tumulti nelle classi.
3. In assenza di qualche impiegato, Egli deve tosto
provvedere chi lo supplisca.
-
4. Deve badare ché -i cantori siano preparati sopra
le -antifone, i salini ed inni da cantarsi.
-
_ 5. Il P~efetto compierà anche gli uffizi del Direttore
Spirituale nei paesi dove fosse penuria di Sacerdoti.
, 6. Al Prefetto è pure affidata la cura delle scuole
diurne, serali e domenicali. '
CAPO Iil. \\ ' I
Del Catechista o Direttore Spirituale.
1. Al Direttore Spirituale si appartiene l'a~sistere e
clirige:i;e le sacre Funzioni, perciò deve essere Sacerdote.
•2. Il mattino all'ora stabilita principierà od assi-
sterà , al mattutino della B. Vergine; finito il canto dEìl
Te Deum andrà a vestirsi per celebrare la santa Messa
della Comunità.
·
3. 'Farà il Catechismo in coro, assisterà al Vespro· e
disporrà quanto occòtre per la Benedizione del Ss. S&-
cramento.
,584

61.5 Page 605

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4. Dovrà tenersi bon informato della condotta de'
giovani per essere in grado di darne le debite notizie,
· e spedirne i certificati d'assiduità e moralità qualora
ne sia richiesto.
5. In caso di Solennità Egli procurerà che vi sia
un conveniente num ero di confessori, e di Messe ; di-
sporrà quanto occorre pel servizio delle sacre fu n -
zioni .
/
6. IJ Direttore Spiri tuale dell'Oratorio è a ltresì Di-
rettore della Compagnia cli san Lui gi, le cui incum-
benze sono descritte, ove si pa_rla di questa Compa-
gnia.
?. Se viene a conoscere che qualche giovane grandi-
cello abbia bisogno di religiosa Istru zione, come spes-
so accade, Egli si darà massima soll ecitudine di fissar gli
il tempo e il luogo più adatt o per fare Egli stesso,
o disporre che da altri sia fattò il dovuto Catechismo.
8. Si ritenga che gli Uffizi del Prefetto e del Diret-
tore Spirituale si possono con facilità riunire nella stes -
sa persona.
CA.Po rv'.
Dell' Assi sten te.
1. All 'Assi stente incnmbe di assistere a tutte le sa-
cre FunzioIJ.i dell'Oratorio, e vegli a re che non succedano
scompigli in tempo di esse.
2. Baderà che non avvengano disordini entrando in
Chiesa, e éhe ciascuno prendendo l'acqua benedetta
faccia b ene il segno della santa Croce, e la genufles-
sione · all'altare del Sacramento.
3. · Se succederà che si portino in Chiesa rq.gazzini.
585

61.6 Page 606

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i quali disturbino con grida o. con pianto, avviserà con
bontà chi di ragione affinchè siano portati via.
4. Nell'avvisare alcuno in Chiesa usi raramente la
voce; dovendo c,orreggere qualcuno con discorso un po'
prolungato, differisca di ciò fare dopo le funzioni,
oppure lo conduca fuori della Chiesa.
5. Nel cantare il Vespro od altre cose sacre, indiche-
rà, occdrrendo, in qual pagina del libro si trovi quello
che fu in tonato.
CAPO V.
Dei Sacrestani.
1. I Sacrestani devono essere due: un chierico, ed
un secolare, scelti fra i giovani dati alla pietà, più
puliti, e maggiormente capaci per questa carica.
2. Il Chierico è primo Sacrestano, e a lui partico-
larmente incumbe di _leggere il Calendario, mettere i
segnali a posto nel Messale, e insegnare, se occorre,
le cerimonie per servire la Messa privata e per la Be-
nedizione del Ss. Sacramento.
3. Al mattino giunti in Sacrestia, sarà loro prima cu-
ra di aggiustare tosto l'altare per la santa Messa, ,
preparare acqua, vino, ostie, particole, calice, e l'o-
stensorio, se occorre, per la Benedizione; poscia, men-
tre si incominciano le Lodi della B. V. M,, invitano
il Sacerdote a vestirsi per celebrare la santa Messa.
4. All'ora della predica ne avvisino il predicatore,
lo accompagnino sul pulpito, e lo riconducano dopo
in Sacrestia.
5. Alla Messa ordinariamente accendano due candele
sole; quattro alla Messa della Comunità nei gionni fe-
586

61.7 Page 607

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stivi; sei alle Messe solenni. Nelle feste ordinarie al Ve-
spro quattro, nelle Solennità sei; alla Benedizione del
Santissimo se ne devono accendere non meno di quat-
tordici: (Sinod. Dioces. Tit. X. 22. - Taurin).
6. Non si accendano mai le candele mentre si pre-
dica, perchè ciò dà troppo disturbo al predicatore, ed ,
agli uditori.
7. Nella Sacrestia devesi mantenere silenzio, nè mai
introdurre discorsi, che non riguardino a cosa di Chie-
sa, oppur ai doveri dei Sacrestani.
8. È caldamente raccomandato ad un Sacrestano di
mettersi vicino al campanello solito a suonarsi nella
Benedizione per dar segno quando il Sacerdote si volge
al pubblico col Santissim_o, ma non suonarlo la seconda
volta, finchè non siasi chiuso il tabernacolo, e ciò, per
togliere ai ragazzi una specie di voglia di alzarsi, e u-
scire di Chiesa con irriverenzà a Ge8Ù Sacramentato.
9. Devono trovarsi in Sacrestia prima che comincino
le Funzioni sacre, nè mai partirsi finchè -i Paramen-
tali non siano piegati, e tutti g-li altri oggetti messi in
ordine e sotto chiave.
10. Non usciranno mai di Sacrestia senza chiudere
bene le guardarobe 'ed i cancelli.
Aooisi. per coloro che sono addetti alla Sacrestia.
1. È principalissimo loro dovere aprire e chiudere
la porta della Chiesa, mantenere la mondezza di Essa,
e di ,ogni arredo, od oggetto riguardante l'altare, il Sa-
crifizio della santa Messa, come sono bacini, ampolline,
candelieri, tovaglie, asciugamani, corporali, purificatoi,
avvertendo il Prefetto, quando faccia bisogno, di la-
vare biancheria, ripulire oggetti, o rifarli.
2. Uno dei Sacrestani è incaricato di suonare le cam-
581

61.8 Page 608

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pane, e dare col campanello avviso del tempo in cui
deve cessare la ricreazione, e della entrata in Chiesa,
per le sacre. fu zioni.
3. La sera, un po' prima che suoni l'andata in Chie-
sa, aggiustino le panche disponendole in classi distinte,
come viene indi.cato dal rispettivo numero affisso alla
parete della Chiesa.
4. Mentre i giovani entrano in Chiesa i Sacrestani
distribuiscano ai Catechisti i catechismi numerati, e
cinque minuti prima che finisca il Catechismo due · di
loro, uno a destra, e l'altro a sinistra distribuiscano i
libri per cantare il Vespro; verso il ·fine del Magnifi-
cat, p assino a raccoglierli e li portino al loro posto;
chiudano l'armadio, e consegnino la chiave al capo di -
Sacres tia.
CAPO VI.
DeÌ · Monitore.
1. Il Monitore ha per uffizio di regolare le preghiere
vocali che si fanno nell'Oratorio.
-
2. Ogni giorno festivo entrato in Chiesa incomincia
le preg hiere del mattino, e recita la terza parte del Ro-
'saFio della Beata Vergine Maria.
3. Nelle feste di maggior solennità al Sanctus -leg-
·gerà la preparazione della santa Comunione, e quindi
il ringraziamento.
4. Dopo .la predica recit un' ÀDe Maria, ed al mat-
tino vi aggiunge un Pater noster· ed Ave per i Benefat-
tori, ed un altro Pater ed ÀDe a s. Luigi, e finirà coll'in-
tonare: Lodato sempre sia.
_
5. La sera prima del Catechismo: appena giunto in
Chiesa, un competente numero di giovani intonerà il
· 588

61.9 Page 609

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Padre nostro e il Dio ti saloi. Finito il Catechismo re-
citerà gli atti di Fed e come al mattino, e procurerà di
mettersi in quella p arte- 'della Chiesa dove più facil~
mente può essere udito da tutti.
6. Deve darsi massima sollecitudine per leggere con
voce alta, distinta, e divota in modo, che gli uditori
comprendano che Egli è penetrato di quanto legge.
?. Deve parimenti ritenere, che nella santa Messa,
all'elevazione dell'Ostia Santa e del Calice, all'Ite Mis-
sa est, e nell'atto che il Sacerdote la benedizione si
sospendano le preghiere com uni, dovendo ciascuno in
q~el gran momento parlare a Dio solamente cogli af-
fetti del proprio cuore.
8. Lo stesso dovrà ossérvarsi alla sera nell'atto che
si dà la Benedizione col Santissimo Sacramento.
CAPO VI I.
Degli Invigilato1·i.
1. Gli Invigilatori sono giovani scelti fra i prn esem-
plari, i quali hanno l'incumbenza di coadiuvare l'assi-
stente specialmente nelle sacre Funzioni della Chiesa.
2. Essi dovranno essere almeno quattro, e prende-
ranno posto in quattro punti o angoli principali della
Chi esa, e se non v'è motivo non si moveranno dal pro-
prio posto. Occorrendo di avvisare devono evitare · il
correre precipitato, nè mai passare · dinanzi a.11' Altare
Maggiore senza fare la genuflessione. (1).
(1) In qne' luog hi , ne' quali si possono avere i Catechisti daI
pr in c ipi o fino al ter min e della funzione, po trà bas tar e. il solo assi-
stente coadiu vato d ai detti Catechi_sti d elle singole classi.
589

61.10 Page 610

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I
3. Sorveglino che i giovani, entrando in .Chiesa,
prendano il loro posto, facciano l'adorazione, stiano con
rispetto tanto 'nell'aspéttare quanto nel cantare.
4. Vedendo taluno ciarlare o dormire, lo corregge-
ranno còn belle maniere, movendosi il meno possibile
dal loro posto, senza mai percuotere alcuno anche per
motivi gravi; nemmel!0 sgridarlo con parole aspre, o
con voce alta. In casi gravi si condurrà il c:!'olpevole
fu ori della Chiesa e si farà la- debita correzione.
CAPO VIII.
Dei Catechisti.
1. Una delle principali incumbenze dell'Oratorio è
quella di Catechista; perchè lo se po primario di que-
st'Oratorio è d'istruire nella dott ina Cristiana quei
giovani che ivi intervengono;
'
Voi, o Catechisti, insegnando il Catechismo, fate
un'opera di gran merito dinanzi a Dio, perchè coope-
rate alla salute delle anime redente col prezioso san-
gue di Gesù Cristo, additandq i mezzi atti a seguire
quella via che li conduce1all'eterna salvezza: un gran
merito ancora dinanzi agli uomini, e gli uditori bene-
diranno mai sempre le vostre parole, con cui loro ad-
ditaste la ·via per divenire buoni cittadini, utili alla pro-
pria fami glia, ed alla medesima civile società.
2. I Catechisti per quanto si può siano preti o chie-
rici. Ma perchè tra di noi .vi sono molte classi, e d'al-
tronde abbiamo la buona ventura di avere parecchi
esempl ari Signori, che si prestano a quest'opera, perciò
a costoro con gratitudine si offra una classe di catechiz-
zandi. Nel coro per la classe degli adulti, se è possibile,
vi sia sempre un Sacerdote.
500

62 Pages 611-620

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62.1 Page 611

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3. Qualora il numero dei Catechisti .sia inferiore
a quello delle classi, il Prefetto farà scelta di alcun,i gio-
vani più istruiti, e più atti, e li collocherà in qu ella
classe che manchi di Catechista.
4. Mentre si canta il Padre . nostro ciascun Catechi-
sta dovrà già trovarsi nella classe assegnata.
5. Il Catechista deve disporre la sua classe in for-
-ma di semicircolo di cui egli sia nel mezzo ; nè mai si
curvi verso gli allievi per ihterrogarli, e udire le rispo-
ste, ma si conservi composto sulla persona facendo
spesso girare lo sguardo sopra de' suoi allievi.
6. Noµ si allontani mai dalla sua classe. Occorren-
dogli q1:1.alche cosa ne faccia cenno al Prefetto, o al-
1' Assistente.
7. Ciascuno assista la sua classe fin dopo gli atti
di Fede, Speranza, e Carità, e se può non si muov a
di posto finchè siano terminate le sacre Funzioni .
8. Cinque minuti prima che termini il Cé;ltechismo,
al suono del campanello, si racconterà qualche breve
esempio tratto dalla Storia Sacra, o dalla Storia Eccle-
siastica, oppure si esporrà chiaramente e con popo-
larità un apologo, od una similitudine morale, che deve
tendere a far rilevare la bruttezza di qualche vizio, o
la bellezza di qualche virtù in particolare.
9. Niuno si metta a spiegare prima di aver impa -
rato la materia di cui ' deve trattare. Le spiegazioni
siano brevi e soltanto di poche parole:
10. Non si entri in materia difficile, nè si mettano
in campo questioni che non si sappiano risolvere chia -
ramente .e con popolarità.
11. I vizi che si devono spesso ribattere sono la
bestemmia, la profanazione dei giorni f~stivi, la di-
sonestà, il furto, la mancanza di dolore, di proponi-
mento e di sincerità nella Confessione.
591

62.2 Page 612

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12. Le virtù da menzionarsi spesso sono: catità coi /
compagni, ubbidienza ai superiori, amore al lavoro, fu-
ga dèll'ozio e delle cattive compagnie, frequenza della ·
Confessione e della santa Comunione.
.
1 13. Le classi del Catechismo sono divise come segue~
in coro i promossi per sempre alla s. Comunione, e
che hanno compiuto i qui:ndici anni. Alle cappelle di
San Luigi e della Madonna quelli che sono promossi
per sempre alla s. Comunione ma \\inferiori ai quin-
dici anni. Le altre classi saranno divise per scienza e
- per età sino ai piccoli. Nel1o stabilire le classi di co-
loro, che non sono ancora promossi alla Comunione, si
badi bene di non mettere i piccoli insieme· cb' più
adulti. Pe:,; esempio facciasi una classe di quelli, che so-
no maggiori di quattordici anni; un'altra da' dodici a'
quattordici, da' dieci a' dodici. Ciò ·contribuirà effica-
cemente a mantenere l'ordine nelle classi, a palliare
quel rispetto umano che bi~no i più adulti quando
sono messi a confronto dei iù piccoli.
14. L'ordine da tenersi nell'insegnaTe la dottrina
cristiana è segnato con numeri posti nelle ·éloma-nde del
Catechismo. Le dimaode segnate col numero '1 s'insegni-
no assolutamente a tutti e piccoli e .adulti. Quelle segna-
te col numero 2 a coloro che si preparano per la Cresi-
ma o per la prima Comunione ; le segnate con 3 e 4
a chi desidera d'esser promosso per tutto l'anno. Le
dimande segnate col numero 5 e 6 a chi desidera di
essere promosso per sempre. ..
15 . Il Catechista del .coro per lo più ha soltanto gio.
v.ani già promossi per sempre alla s. Comunione, perciò
non esigerà la, risposta letterale del Ca_techismo, ma
annunziata una domanda la esporrà con brevità e
chiarezza, e per ravvivare l'attenzione potrà fare casi
pratici, analoghi alla materia che tratta, e non mai
592

62.3 Page 613

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/
di cose che non siano adattate all'età, e condizione
degli udifori.
16. ,Ciascun Catechista dimostri sempre un volto
ilare, e faccia vedere, come diffatti lo è, di quanta
' impottanz; sia quello che insegna; nel correggere od av-
visare usi sempre parole, che incoraggiscano, ma non
mai avviliscano.
17. Lodi chi lo merita, sia tardo a biasimare. Tutti
gli impiègati liberi in temp o di Catechismo sono con-
siderati come Catechisti, perchè essi sono più in grado
d'ogni altro di conoscere l'indole ed il modo di conte-
nersi coi giovanr
. CAPO .IX.
Dell'Archivista o Cancelliere.
1. Lo scopo dell'Archivista · si è di ten,ere regi stro.
di qu.anto riguarda l'Oratoriò in gènerale ed in parti-
colare.
, .r
2. Scriverà sopra un cartello nome, togr;.ome e- carica
di riascun impiegato, e lo appenderà in Sacrestia. For-
merà un catalogo di tutti gli oggetti ehe servono ad
uso di Chiesa, particolarmente quelli destinati e do-
- nati per qualche Altare d~terrpinato. Nel che seg.uirà
gli ordini del Prdetto.
·
.
3. Avrà cura e ne renderà conto all'uopo, dei libri,
catalogo, ed altre cose spettanti alla Compagnia di s.
Luigi e'tl alfa Società di Mutuo So•ccor&o.
I
4. In cancello apposito chiuderà sotto chiave tutta
]a musica dell'Oratorio, e non la darà se non al capo
dei cantori.1 Non mai imp resterà musica da portar via. '
Può bensì permettere che taluno la venga a copiare
nella casa dell'Oratorio. -
I
593

62.4 Page 614

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5. A lui pure è affidata una piccola Biblioteca di li-
bri scelti per la gioventù, che Egli può liberamente
imprestare per leggersi sul luogo ed anche portarsi alle
rispettive case, ma dovrà notare nome, cognome, dimo-
ra di colui al quale fo imprestato. Si vedano le regole
del Bibliotecario nella parte 38
6. È cura principalissima dell'Archivista di vegliare
che non si perda alcuna cosa di proprietà dell'Oratorio,
nè oggetto di sorta venga di qui allontanato senza che
egl,i ne abbia preso memoria.
CAPO X.
Dei Pacificatori..
1. La carica dei Pacificatori consiste nell'impedire le
risse, gli alterchi, le bestemmie, e qualsiasi cattivo di-
scorso.
2. Quando avvenissero simili mancanze, (che grazie
a Dio tra di noi sono rarissime), avvjsino immediata-
mente il colpevole, e con pazienza e carità facciano
vedere come simili colpe siano vietate dal Superiore,
· contrarie alla buona educazione, e quello che è più,
proibite dalla santa legge ·di Dio.
3. In caso di dover fare correzioni, abbiasi riguardo
che siano fatte in privato, e per quanto è possibile,
non mai in presenza altrui, eccetto che questa fosse
necessarìa per riparare un pubblico scandalo.
4. È pure incumbenza dei Pacificatori il raccogliere
i giova.ni che veggano in vicinanza dell'Oraforio, con-
durli in Chiesa con promessa di qualche piccolo preJ
mio, a cui certamente il Direttore non si rifiuterà.
5. I Pacificatori procurino d'impedire con modi
5J)4

62.5 Page 615

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graziosi, che alcuno esca in tempo delle religiose fun-
zioni. Niuno si fermi a fare schiamazzo o trastulli vi-
cino alla Chiesa durante le medesime; succedendo que-
sti casi si esortino con pazienza a recarsi in Chiesa
appena dato il segno del campanello.
6. È pure affidato ai Pacificatori il riconciliare coi
Superiori chi avesse fatto mancanza; ricondurre ai ge-
nitori chi- da loro fosse fuggito; lungo la settimana in-
coraggire i compagni all'assiduità all'Oratorio nel gior-
no festivo.
?. Il Priore ed il vice Priore della Compagnia d i
s. Luigi sono Pacificatori.
CAPO XI.
Dei Cantori.
1. È cosa desiderabile che tutti fossero cantori per-
chè tutti debbono prendére parte al canto ; tuttavia
per impedire vari inconvenienti, che potrebbero avveni-
re, si scelgono alcuni giovani, che abbiano buona voce e
sanità, ed a costoro viene affidata la direzione del
canto.
1
2. Fra di noi vi sono due categorie di cantori: quel-
li del coro, l'altra davanti all'altare. Niuno però deve
essere eletto cantore se non ha buona condotta, e se
non sa leggere correttamente il latino.
3. Per essere poi cantore , in coro, si esige che l'allie-
vo sappia solfeggiare e conosca i toni del canto fermo
4. La. cura del canto è affidata ad ·un corista, os-
sia capo dei cantori, e ad un vice-corista. Essi devono
adoperarsi che il canto sia ·ripartito tra i cantori in
modo che tutti possano prendervi parte ed essere ani-
mati a cantare.
595

62.6 Page 616

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5. Al mattino si canta 'l'Uffizio della· B. Vergine Mn-
ria a VOf C corale, ad eccezione degli Inni, Lezioni, T e
Deum, e Benedictus che si cantano secondo le rego] e
, del canto fermo. Nelle feste so]enni si canta tutto in
canto Gregoriano. La sera si canta il Vespro segnato
nel Calendario della Diocesi (i).
6. Intonato un salmo od un'antifona, cantino tutti
a voce unisona, evitando gli strilli, .le intonazioni trop- ,
po a1te o troppo basse. Quando taluno sbaglia nel can- ·
to, non si rìda nè si disprezzi il compagno, ma .il Co-
rista procuri di sottentrargli nella voce per metterlo in
tono.
·.
,7. I cantori posti davanti all'altare-- devono stare at-
tenti per rilevare nel medesimo tono e grado di voce
tutto quell0. che verrà intonato i coro o dall'orche-
stra (2).
,
. .,
8. L'ultima Domenica di · ciascun mese' si canta
/ l'Uffizio dei morti per i compagni, e benefattori de-
funti, il quale Uffizio sarà parimenti cantato in suf- '
fragio d'ogni impiegato e del Padre e della Madre _sua
immediatamente dopo che ne verrà participata la morte.
· 9. Ai cantori è caldamente raccomandato di guar-
darsi dalla vanità, e dalla superbia: due vizi assai bia-
simevoli, che fanno ' perdere il frutto di ciò éhe si fa,
e producono inimicizie tra compagni. Un cantore ve-
ramente cristian non dovrebbe mai offendersi, nè ave-
re a1tro fine se non lodare Iddio, ed unire la sua voce
a quella degli Angeli, çhe ]o .benedicono e lo lodano
in Cielo.
(1) Dove non si possa cantare il mattutino, si canterà almeno
alla sera il Vespro della B. V. oppure la sola Ave Maris Stelfa con
il Magnificat e l'Oremus ecc .
(2) Il capo Corista procuri c.he i salmi ed inni siano cantati al,
ternativamente prima dal coro e poi dalla chiesa.
596

62.7 Page 617

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CAPO XII.
Regolatori della Ricreazione,
1. È vivo desiderio che nella ricreazione tùtti pos-
sano prendere parte a qualche trastullo nel modo e
nell'ora permessa.
2. I trastulli e giuochi permessi sono le boccie, le
piastrelle, l'altalena, le stampelle, la giostra a passo
del gigante, bersaglio a palla, corda, esercizi di gin-
nastica, oca, dama, scacchi, tombola, carriere, o barra
rotta, i mestieri, il mercante, ed ogni altro giuoco che
possa con tribuire alla destrezza ·del corpo.
3. Sono poi proibiti ì giuochi delle carte, dei tarocchi,
ed altro giuoco che irtchiude pericolo di offe.ud.ere Dio,
recar danno al prossimo, e cagionar male a se stesso.
4. Il tempo ordinario per la ricreazione è_fissato al
mattino dalle 10 alle 12, e da 1 a 2,30 pomeridiane, e
dal termine delle religiose funzioni sino a :notte. Nell'in-
verno anche lungo la sera, non però più tardi delle otto, '
vi saranno trattenimenti di ·ricreazione nelle ore, in
cui non si disturbino le scuole.
5. I trastulli sono affidati a cinque invigila.tori, di
cui uno sarà capo:
6. Il capo invigilatore tiene r egistro del numero e
qualità dei trastulli, e ne è r esponsabile. Qualora ò
vogliano provviste e riparazioni ai trastulli ne renderà
consapevole il Prefetto.
7. Gli invigilatori presteranno i loro servizi due per
domenica. Il capo veglia solamente che non avvengano
disordini, ma non è tenuto a servizio, eccettochè man-
chi qualcuno degli invigilatori.
· 8. Ogni trastullo è segnato con un numero, per esem-
pio: se vi fossero nove giuochi di boccie, si fanno nove
597

62.8 Page 618

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cartelli sopra cui si scrive 1-2-3-4-5-6-7-8-9. Se ci fos-
sero cinque paia di stampelle si noteranno col numero
110-11-12-13-14. E così progressivamente degli altri
giuochi.
· 9. Giunta poi l'ora della distribuzione, chi vuole un
trastullò, deve lasciare qualche cosa in pegno, sopra
cui l'invigilatore metterà il numero corrispondente al
trastullo preso.
10. Durante la ricreazione un invigilàtore passeg-
gerà pel cortile, per vegliare che nulla si guasti o si·
porti via; l'altro non si allontanerà mai dalla camera
dei trastulli, ma non si permetterà mai ad alcuno l'in-
trodursi per qualsiasi pretesto nel luogo dove quelli
si chiudono.
·
'
11. È pa;rticolarmente raccomandato agli invigilato;ri,
il procurare che tutti possano partecipare di qualche
divertimento, preferendo sempre quelli eh~ sono cono-
sciuti pei più frequenti all'Oratorio.
12. Terminata la ricreazione, e verificato che nulla
manchi, si metteranno in ordine i giu6chi, poscia, chiu-
sane la camera, se ne porterà la chiave al Prefetto. ~
CAPO XIII.
Dei Patroni e Protettori.
1. I Patroni ed i Protettori hanno l'importantissima
carica di' collocare a padrone i più poveri, ed abbando-
nati, e vegliare che gli apprendisti e gli artigiani che
frequentano l'Oratorio non siano con padroni presso
di cui sia in pericolo la loro eterna salute.
2. È ufficio dei Patroni il ricòndurre a casa _quei gio- 1
vani che ne fossero fuggiti, ,adoperandosi per collocare
598

62.9 Page 619

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a padrone coloro che hanno bisogno d'imparare qualche
professi one, o che sono privi di lavoro.
3. I Protettori saranno due, ed avranno cura di no-
tare· nome e cognome e dimora , dei padroni, che abbi-
sognano di apprendisti e di artigiani per mandare al-
l'uopo i loro protetti.
4. Il ,Protettore opera per assistere I:: correggere
i suoi protetti, ma non si assume alcuna obbligazione
pecuniaria, nemmeno -' presso i rispettivi padroni.
5. Nelle convenzioni coi padroni abbiasi per prima
condizione, che lascino l'allievo in libertà per ,san-
tificare il giorno festivo.
6. Accortosi che qualche allievo è c01locato in luogo ,
pericoloso, lo assista affinchè non commetta disordini,
avvisi il padrone, se parrà conveniente, e intanto s'ado-
peri per cercare miglior partito al suo protetto.
599

62.10 Page 620

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I
I'
I
, PARTE SECONDA
CAPO I.
lncumhenze riguardanti
a tutti gli impiegati di quest'Oratorio.
. 1. Le cariche di quest'Oratorio, essendo tutte eser-
citate a titolo di carità, deve ciascuno adempirle con
zelo, come omaggio che presta alla ,..Divina Maestà,
perciò debbono tutti incoraggiarsi vicendevolmente a
perseverare nelle rispettive cariche ed a compierne gli
anness· doveri. .
2. Esortino all'assiduità quei giovani, che già fre-
quentano l'Oratorio,' e nei' corso della settimana invi-
tino dei nuovi ad int'ervenire.
3. È una grande ventuJ"a l'insegnare qualche verità
della fede a.d un ignorante, e l'impedire anche un sol
peccato.
4. Carità, pazienza vicendevole nel sopportare i
difetti altrui, promuovere il buon nome dell'Oratorio,
degli impiegati, ed animare. tutti alla benevolenza e
confidenza col Rettore, sono cose a tutti caldamente rac-
comandàte, e senza di - esse non si riuscua a man-
tener l'ordine, promuovere la gloria di Dio, ed il bene
delle anime.
600

63 Pages 621-630

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63.1 Page 621

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5. Avvi grande difficoltà a provvedere individui a
coprire tanti uffizi, ed a tale scopo si possono riunire
più uffizi nella stessa persona: p. e. l'l].ffizio dei paci-
ficatori, dei patroni, e degli a~sistenti, si. possono riu-
nire nella stessa persona.
6. Similmente l'u°ffizio del Prefetto può costituire
una carica sola con , quella del Direttore Spirituale. Il
pacificatore, vegliatore, monitore, possono formare un
uffizio solo. Così pure l'archivista, l'assistente, il bi-
bliotecario' può affidarsi ad uno dei Sacrestani che ne
abbia la capacità.
CAPO II.
Condizioni d'accetfazio~e.
1. Lo scopo di quest'Oratorio essendo di tener lon-
tana la gioventù dall'ozio, e dalle cattive compagnie
particolarmente nei giorni festivi, tutti vi possono es-
sere accolti senza ecéezione di grado o di condi- ·
zione.
2. Quelli però, che sono poveri, più abbandonati, e
più ignoranti sono di preferenza accolti e coltivati,
perchè hanno maggior bisogno di assistenza per te-
nersi nella via dell'eterna salute. ·
3. Si ricerça l'età di otto anni, perciò sono esclusi i
ragazzini, come quelli che cagionano disturbo, e sono
incapaci di capire quellò che ivi s'insegna.
4. Non importa eh~ siano difettosi della persona,
purchè siano esenti da male attaccaticcio, o eh~ possa
cagionare grave schifo a' compagni; in questi casi un
solo potrebbe allontanarne molti dall'Oratorio.
5. Che siano occupati in qualche arte o mestiere,
601

63.2 Page 622

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perchè l'ozio e la disoccupazione traggono a hlttti i
vizi, quindi inutile ogni religiosa istruzione. Chi fosse
disoccupato e desiderasse darsi al lavoro può ·indi-
rizzarsi ai protettori, e sarà da loro aiutato.
6. Entrando un giovane in quest'Oratorio deve per-
suadersi che questo è luogo di religione, in cui si -de-
sidera di fare dei buoni cristiani ed onesti cittadini,
perciò è rigorosamente proibito di bestemmiare, fare
discorsi contrari ai buoni costumi, o contrari alla Re-
ligione. Chi commettesse tali mancanze sarà paterna-
mente avvisato la prima volta; che se non si emenda
si renderà consapevole il Direttore, il qual'e lo li-
cenzierà dall'Oratorio. ,
?. Anche i giovani discoli possono essere accolti,
purchè non diano scandalo, e manifestino volontà di
tener condotta migliore.
,
8. Non si p.aga cosa alcuna nè entrando, nè dimoran-
' do nell'Oratorio. Chi volesse aggregarsi a qualche So-
cietà lucrosa, può ascriversi in quella di Mutuo Soc-
corso, le cui regole sono a parte.
9. Tutti sono liberi di frequentare quest'Ora-
torio, ma tutti devono essere sottomessi agli ordini di
ciascun incaricato; tener il debito contegno nella ri- ·
creazione, in Chiesa, e fuori dell'Oratorio.
CAPO III.
/"
Contegno in ricreazione.
1. La ricreazione è il miglior allettamento per la
gioventù, e si desidera, che tutti ne possano parte-
cipare, ma solo con quei giuochi, che tra di noi sono
in uso.
602

63.3 Page 623

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2. Ognuno sia contento dei trastulli, che gli sono
stati trasmessi, e si contenga nel sito assegnato a quel
genere di giuochi.
3. Durante la ricreazione ed in ogni altro tempo è
proibito di parlare di politica, introdurre giornali di
qualsiasi genere; leggere o ritenere libri senza l'appro-
vazione del Direttore.
4. È proibito il giuocar danaro, commestibili od
altri oggetti senza il particolar permesso del Pre-
fetto; si hanno gravi motivi, perchè quest'articolo sia
rigorosamente osservato.
5. Dato il caso, ch e durante la ricreazione entri nel-
l'Oratorio qualche persona, che paia di condizione di-
stinta, ognuno deve darsi premura di salutarla, sco-
prendosi il eapo, lasciando libero il passo, e qualora
occorra anche sospendere il giuoco.
6. Generalmente è proibito il giuocare alle carte, ai
tarocchi, alla palla, al pallone, lo sgridare smoderato.
di!:,turbare i giuochi altrui; lanciare sassi, palle di legno
o di neve, il danneggiare le piante, le iscrizioni, le pit-
ture; il guastare le mura, ed i mobili, far segni o :figur(
con carbone o legno, o con altro capace a macchiare.
7. È poi in particolar maniera proibito il rissare
percuotere, ed anche mettere incivilmente le mani sopra
i compagni; proferir parole sconce; usare modi eh<
dimostrino disprezzò- ai compagni. Siamo tutti figliuol
· di Dio, e dobbiamo tutti amarci colla medesima carità
come altrettanti fratelli.
1
8. Un quarto d'ora prima che termini la ricreazio ne
al tocco del campanello ognuno deve ultimare il giuoc<
·e la partita, che ha tra mano, senza più ricominciare
Suonato poi la seconda volta ciascuno porti il trastullt
ove l'ha preso, e colà gli verrà rilasciato l'oggetto dato
in pegno.
·
603

63.4 Page 624

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I
C APO l V.
I
Contegno in Chiesa.
1. Dato il segno di recarsi in, Chiesa, ogrùmo I vi si
rechi prontamente con ordine, cogli abiti aggiustati, e
quelli che sanno le.ggere non dimentichino il rispettivo
libro.
0
2. Entrando in Chiesa ciascuno prenda 1'acqua bene-
detta, faccia il segno della santa Croce, vada a met-
tersi a suo posto per fare ginocchioni una breve pre-
ghiera, e pensi che , trovasi nella casa di Dio che è il
Padrone del cielo e della terra.
3. In Chiesa no dovrebbe essere necessario alcun
. assistente; il solo pen'siero di trovarsi -nella casa di
Dio dovrebbe bastare ad impedire ogni divagazione.
Ma siccome taluno può dimenticare se stesso, ed il luogo
dove si trova, perciò ad ognuno si raccomanda di stare
sottomesso agli ordini dell'assistente, e dei pacificatori,
nè alcuno cerchi di uscire senza gravi motivi.
4. Si raccomanda a tutti di non dormire, non ciar-
lare, non ischerza e, o fare g·ridi che possono eccitare il
riso o il disturbo. Le quali mancanze saranno imme-
diatamente corrette, ed eziandio punite ad esempio del
Divin Salvatòie, che cacciò dal Tempio a sferzate quelli
che vi negoziavano.
5. Quando taluno' è avvisato di qualche difetto o
a torto o a ragione; accolga in silenzio ed in buona
parte l'av';iso, e se ha qualche motivo a produrre, ciò
faccia dopo le Funzioni di Chiesa.
6. Al mattino niuno cerchi' di uscire finch è non
sia cantato: Lodato sempre sia il nome di Gesù e di
Maria. Alla sera niuno si alzi da ginocchioni \\finchè il
Sacramento non sia chiuso nel Tabernacolo.
604

63.5 Page 625

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7. Si raccomanda a tutti di fare qu anto si può pe1
non uscire di Chiesa in tempo di predica. Termin ate
1 le sacre Funzioni ciascuno senza far tumulto i .port i
a fare ricreazione oppure a casa.
/
CAPO V.
Contegno fuori dell'Oratorio.
1. Ricordatevi, o giovani , che la santificazione dell e
Ieste vi porta la benedizione del Signore su tutte le oc0
cupazioni della settimana ; ma vi sono ancora altre
cose che dovete praticare, altre cose ch e dovete fuggire
eziandio fuori dell'Oratorio.
2. Procurate ogni giorno di non mai omettere k
preghiere del mattino e della sera, fare alcuni minuti
di meditazione o almeno un _po' di lettura spirituale,
ascoltare la santa Messa, se le vostre occupazioni lo per-
mettono. Non passate dinanzi .a Chiesa: Croce, o Imma-
gine divota senza scoprirvi il capo.
3. Evitate ogni discorso osceno, o contrario alla Re-
ligione, perchè S. Paolo ci dice che i cattivi discorsi so-
no la rovina dei buoni costumi.
4. Dovete tutti in ogni tempo tenervi lontani dai
tea tri diurni e notturni, fuggire le bettole, i caffè, i ri-
dotti da giuoco, ed altri simili luoghi pe'ricolosi.
, 5. Non coltivate l'amicizia di coloro, che sono stati
licenziati dall'Oratorio, e che parlano ·male dei vdstri
: Superiori, o che cercan o di allontanarvi dai vostri do-
veri ; fuggite specialmente quelli che vi dessero consiglio
di rubare in -casa vostra o altrove.
6. Finalmente è proibito il nuoto, ed il fermarsi a ve-
dere a nuotare,. come una delle più gravi trasgressioni
delle regol e dell"Oratorio.
605

63.6 Page 626

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CAPO VI.
Pratiche religiose.
1. Le pratiche religiose tra dì noi sono: I:a Confes-
sione e Com unione, e a tale fine ogni Domenica e festa
di precetto si darà comodità a quelli che vogliono ac-
costarsi a questi due augusti Sacramenti.
2. L'Uffizio della B. Vergine, la santa Messa, la le-
zione di Storia Sacra od Ecclesiastica, il Catechismo,
il Vespro, il discorso morale, )a ·Benedizione col SS. .Sa-
cramento sono le Funzioni religiose dei giorni festivi.
3. Delle pratiche particolari cui sono annesse le
. sante Indulgenze si parlerà a suo luogo.
CAPO VII.
Confessione e Comunione.
1. Ritenete, giovani miei, che i due sostegni più forti-
a reggervi e camminare per la strada del Cielo sono i
Sacramenti della Confessione e Comunione. Perciò ri-
guardate come gran nemico dell'anima vostra chiun-
que cerca di allontanarvi da queste due pratiche di
nostra santa Religione.
.2. Fra di noi non vi è comando di accostarsi a questi
santi Sacramenti; e ciò per lasciare che ognuno vi sì
accosti liberamente per amore e non mai per tiinorè.
La qual cosa riuscì molto vantaggiosa, mentre vediamo
molti ad intervenirvi ogni quindici giorni, ed alcuni in
·mezzo alle loro giornaliere occupazioni fanno esemplar-
mente la loro Comunione anche tutti i giorni. La Co-
munione solevasi fare quotidiana dai cristiani dei primi
606

63.7 Page 627

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tempi; la Chiesa Cattolica nel Concilio Tridentino in-
culca che ogni cristiano quando va ad ascoltare la s.
Messa faccia la santa Comunione.
3. TJJttavia io consiglio tutti i .gigvani dell'Oratori o
a fare quanto dice il Catechismo della Diocesi, cioè : è·
bene di confessarsi ogni quindici giorni od una volta
al mese. S. Filippo Neri, quel grande amico della gio-
ventù, consigliava i suoi figli spirituali a Confessarsi
ogni otto giorni, e comunicarsi anche P,iù spesso se-
condo il consiglio del confessore.
4. Si raccomanda a tutti e specialmente ai più adult i
di frequentare i santi Sacramenti nella Chiesa dell'Ora-
torio per dar buon esempio ai compagni; perchè un gio -
vane che si accosti alla Confessione e Comunione con
vera divozione e raccoglimento fa talvolta maggior
impressione sull'anima altrui, che non farebbe una
lunga predica.
5. I confessori ordinari sono il Direttore dell'Ora-
torio, il Direttore Spirituale, ed il Prefetto. Nelle sqlen -
nità s'inviteranno anche altri confessori a pubblica
comodità.
6. Sebbene non sia peccato cangiare confessore, tut-
tavia vi consiglio di scegliervene uno stabile, perchè
dell'anima avviene ciò che fa un giardiniere intorno
a"<l una pianta, un medico intorno ad un ammalato. In
caso poi di malattia· il 'èonfessore ordinario conosce as-
sai facilmente lo stato dell'anima nostra.
7. Nel giorno che scegliete per accostarvi ai santi
Sacramenti, giunti all'Oratorio non trattenetevi in ricrea-
zione pel cortile, ma andate tosto in cappella, prepara-
tevi secondo le norme spiegate nelle sacri istruzioni, e
come sono indicate nel Giovane Provveduto ed in altri
libri di pietà. Se vi tocca aspettare, fatelo con pazienza
ed in penitenza dei vostri peccati. Ma non fate mai risse
607

63.8 Page 628

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per impedire che altri vi preceda, o per passare voi
· stessi davanti agli altri.
8. Il confessore è l'amico dell'anima vostra, e perciò
vi raccomando di avere in lui piena confidenza. Dite
pure al vostro confessore ogni secretezza del cuore, e
siate persuasi che egli non · può rivelare la minima
cosa udita in confessione. Anzi non può nemmeno pen-
sarci sopra. Nelle cose di grave importanzà, come sareb-
be nell'elezione del vostro stato, consultate sempre il con-
fes sore. Il Sighore dice che chi ascolta la voce del con-
fessore ascolta Dio stesso. Qui oos audit, me audit.
9. Finita la confessione ritiratevi in disparte, e col
medesimo raccoglimento, fate il ringraziamento. Se avete
il consenso del confessore preparatevi alla santa Comu-
nione.
10. Dopo la Comunione trattenetevi almeno un quar-
to d'ora a fare il ringraziamento; sarebbe· una gravis-
sima irriverenza se pochi minuti dopo di aver ricevuto
il · Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo
uno uscisse di Chiesa o si mettesse a ridere ed a chiac-
chierare, sputare o guardare qua e là per la Chiesa.
11. Fate in maniera che da una confessione all'altra
riteniate a memoria gli avvisi dati dal confessore, pro-
curando di metterli in pratica.
12. Un'altra cosa riguarda la Comunione ed è: fatto
il ringraziamento, dimandate sempre a Dio questa gra-
zia, cioè di poter ricevere colle debite disposizioni il
santo Viatico prima della vostra morte.
6'08

63.9 Page 629

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CAPO VIII.
Materia delle prediche e delle Istruzioni.
1. La materia delle Prediche e delle Istruzioni mor ali
deve essere scelta e adattata alla gioventù, e per quanto
si può, essere mischiata di esempi, di similitudini, di
apologhi.
2. Gli esempi si ricavino dalla Storia Sacra, dalla
Storia Ecclesiastica, dai santi Padri, o da altri accre-
ditati autori. Ma si fuggano i racconti che possono ec-
citare il ridicolo sulle verità della fede. Le similitu-
dini poi piacciono assai, ma bisogna che siano di cose
conosciute, o facili a conoscersi daglì uditori; che siano
bene studiate ed abbiano un'applicazione chiara ed adat-
tata agli individui.
·
3. Si badi che gli esempi devono solamente servire a
con fermare le verità_ della fede, le quali devono già es-
sere provate prima. Le similitudini poi devono solamente
ser vire di mezzo per dilucidare una verità provata o da
provarsi. Le Prediche si facciano in lin gua italiana,
ma nel modo più semplice e popolare che ,sia possibile,
e dove ne sia mestieri si usi anche il dialetto della pro-
vincia. Non importa che ci siano giovani, ed altri udi--
tori, che comprenda no l'italiano elegante; chi capisce
un discorso elegant e, capisce assai più il popolare, ed
anche il piemontese (1).
4. Le Prediche non devono mai oltrepassare la mez-
z'ora, perchè il nostro s. Francesco di Sales dice essere
(1) Nei primi tempi dell'Oratorio d al 1841 al 1850 si faceva uso
del solo dialetto piemontese ; ma di poi venendo giovanetti cl.a ogni
parte d'Italia, e di t utte le na zioni , si adottò la lingua italian a ,
come quella usata in tutta la penisola.
609
20 (II)

63.10 Page 630

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meglio che il predicatore lasci desiderio di essere udito
e non mai noia. E la gioventù particolarmente ha biso-
gno, e desidera anche di ascoltare, ma sia usata grande
industria perchè non resti mai oè oppressa, nè ann,oiata.
5. Quelli che si degneranno di venire in quèst'O-
ratorio a spiegare l_a parola di Dio sono caldamente
pregati di essere chiari e popolari quanto è possibile ;
facciano cioè in modo, che in qualsiasi punto del di-
scorso gli uditori capiscano quale virtù sia inculcata,
o quale vizio sia biasimato.
CAPO IX.
Feste cui sono annesse le sante Indulgenze.
1. Non c'è giorno di vacanza in quest'Oratorio; le
sacre Funzioni si fanno in tutti i giorni festiv i. Ma
poicbè i Sommi Pontefici hanno concesse molte Indul-
genze per certe Solennità, così in esse si raccomanda
particolare divozione e raccoglimento. II regnante
Pio IX concede Indulgenza Plenaria nelle seguenti
Solennità:
I. S. Francesco di Sales, Titolare dell'Oratorio.
II. S. Luigi Gonzaga, nostro Patrono prin-
cipale, e Titolare dell'Oratorio di Porta Nuova.
III. Annunziazione di Maria Vergine.
IV. Assunzione di Maria Vergine.
V. Nascita di Maria.
VI. Rosario di MariR.
VII. Immacolata Concezione.
VIII. S. Angelo Custode.
2. f: bene qui notare, che per lucrare la Plenaria
Indulgen za è prescritto: La Sacramentale Confessione
610

64 Pages 631-640

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64.1 Page 631

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e Comunione. 20 Visitare questa Chiesa. 30 Far qualche
preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.
3. Le feste dì s. Francesco di Sales, e di s. Luigi
Gonzaga, sono celebrate con particolar pompa e solen-
nità. Il Rettore; il Direttore Spirìtuàle, il Prefetto pren-
deranno insieme i debiti concerti col Priore della Com-
pagnia di s. Luigi per quanto .occorrerà in quei giorni .
C AP O X.
Pratiche particolari di Cristiana pietà.
1. Un'importante pratica di pietà è la Comunione,
che il Sommo Pontefice ha concesso di fare nella mezza-
notte del Ss. Natale. Avvi facoltà di celebrare le tre
Messe consecutive·, di fare la s. Comunione colla Indul-
genza Plenaria a chi s'accosta alla Confessione e Co-
munione. Vi precede· la Novena solenne colla Benedi-
zione del Ss. Sacramento. In quella sera poi tutti pos-
sono liberamente cenare o fare la colazione, poscia
prepararsi per la santa Comunione. La ragione si è, che
bisogna essere digiuni dalla mezzanotte in giù, e tal
Comunione si fa dopo mezzanotte.
2. Nei quattro ultimi giorni della Settimana Santa
vi sono i Divini Uffizi; e si fa il santo Sepolcro. Al
Giovedì poi alle cinque di sera, se il tempo non impedi-
sce, andranno tutti processionalmente a visitare i santi
Sepolcri. Dopo di che avrà luogo la solita funzione del-
la lavanda dei piedi.
3. Si fanno pure esercizi particolari di pietà nel
mese di maggio in onore di Maria Ss.', e nell'ultima
settimana di -questo mesè avrà luogo un Ottavario,
che servirà come di chiusa del mese.
611

64.2 Page 632

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4. Nell'ultima Domenica di ciascun mese si farà l'e-
sercizio della buona morte che consiste in una accu-
rata preparazione, per ben confessarsi e comunicarsi,
e raggiustare le cose spirituali e temporali, come se
ci trovassimo al fine di vita. Nella solennità delle Qua-
rantore e per l'esercizio della buona morte vi è l'In-
' dulgenza Plenaria.
5. Nella prima Doµienica di ciascun m~se si suol
fare una processione· in onore di san Luigi Gonzaga nel
recinto dell'Oratorio, e tutti quelli, che intervengono,
guadagnano 300 giorni di Indulgenza concessa dal re-
gnante Pio IX.
6. Vi è pure Indulgenza Plenaria all'esercizio delle
sei Domeniche di s. Luigi Gonzaga. Consiste questo
esercizio nello scegliere le sei Domeniche precedenti al-
la festa del Santo, e fare in esse qualche pratica di di-
vozione, come fu stampato in piccolo libretto ·ed anche
nel Giovane Provveduto. Chi si confessa e si co:i:nunica
in queste Domeniche può guadagnare l'Indulgenza Ple-
naria in ciascuna di esse.
?. Per lucrare · le sante Indulgenze è indispensabile
lo stato di grazia, perchè non può ottenere la remis-
sione della _pena temporale chi meritasse la pena e-
terna.
8. Tutte le mentovate Indulgenze sono applicabili alle
anime del Purgatorio.
I
CAPO Xl.
Compagnia di s. Luigi.
1. Il regnante Pio IX ha concesso l'fodulgenza Ple-
naria pel giorno in cui uno si fa ascrivere alla com-
612

64.3 Page 633

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pagnia dì s. Luigi. Lo scopo che si propongono i soci s1
è di imitare questo Santo nelle virtù compatibili al
proprio stato, ed avere la protezione di Lui in vita,
e in punto di morte.
1
2. L'approvazione dell'Arei vescovo di Torino, e del
regnante Pio IX, devono animarci ad aggregarci a
questa Compagnia.
3. A maggior tranquillità di tutti vuolsi notare, che
le ·regole della Compagnia di s. Luigi non obbligano sot-
to pena di peccato nemm eno leggero; perciò chi tra-
scura quaiche regola della Compagnia si priva di un
bene spirituale, ma non fa alcun peccato. La promessa
che si fa all'Altare di s. Luigi non è un voto; chi però
non avesse volontà di mantenerla fa meglio a non
iscriversi.
4. Questa compagnia è diretta da un Sacerdote col
titolo di Direttore Spirituale, e da un Priore, il quale
non deve essere Sacerdote.
'
5. Il Direttore Spirituale è nominato dal Superiore
dell'Oratorio. È suo uffizio di vegliare che tutti i Con-
fratelli osservino le regole; fa l'accettazione di quelli,
che gli paiono· degni; tiene il catalogo de' vivi e dei
defunti; è visitatore degli ammalati della Società di
· Mutuo Soccorso. Il tempo della sua carica non è limi-
tato.
6. Il Priore si elegge a pluralità di voti da tutti i
confratelli della Compagnia insieme radunati. La sua
carica dura un anno e può essere rieletto. Il tempo sta-
bilito per la elezione del Priore è la sera del giorno
di Pasqua.
, ç. La carica del Priore non porta alcuna obbli-
gazione pecuniaria. Se fa qualche oblazione in occa-
sione della festa di s. Luigi, di s. Francesco di Sales, od
in altre circostanze, è a titolo di limosina. È pure uf-
613

64.4 Page 634

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6zio suo di vegliare nd coro, e procurare che le Solen.
' nità si facciano con decoro.
8. Al Priore è raccomandata la parte disciplinare
delle regole dell'Oratorio, ed è coadiuvato dal vice-Prio-
re, che è pure eletto a pl urità di voti la Dom enica in.
Albi&.

64.5 Page 635

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PARTE TERZA
DELLE SCUOLE ELEMENTAR l
DIURNE E SERALI
CAPO I.
Classi e condizioiìi di accettazione.
1. Le scuole dell'Oratorio comprendono l'intero cor-
so elementare annuale, le scuole serali dal principio di
novembre alla Pasqua e le autunnali.
Le materie sono quelle prescritte dai programmi
governativi.
2. Tutti possono prendere parte a queste scuole,
eccetto quelli, che non hanno compiuta l'età di 6 anni
o sono infetti da male contagioso, a norma del rego-
lamento dell'Oratorio festivo (parte seconda, cap. I,
art. 4).
3. Nell'atto di accettazione debbono indicare il no-
me, cognome, paternità, luogo di nascita, età e do-
micilio, se sono promossi. alla comunione e quante volte,
se cresimati.
Tutti gli scolari sono strettamente obbligati a fre-
quentare le funzioni dell'Oratorio festivo.
615

64.6 Page 636

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4. La scuola è gratuita, ma ciascuno è tenuto a prov-
vedersi libri, quader:ni e quanto occorré per la scuola,
e chi per estrema povertà non potesse provvedersi del
necessario ne potrà far domanda al Direttore, che non
rifiuterà di aiutarlo quando, verificatosi il bisogno,
vi sia buona condotta da parte dell'allievo.
5. Sebbene queste scuole sieno aperte a tutti, tutta-
via nei casi di ristrettezza di posto, si preferiscono i
più poveri ed_abbandonati, e quelli che già frequentano
l'Oratorio nei giorni festivi.
Avvisi generali.
1. Ogni allievo deve portare rispetto ai superiori ed
ai maestri; e chi non potesse più frequentare la scuola
ne renda avvisato il Direttore o il proprio maestro.
2.. Al cominciar dell'anno si darà a ciascuno un li-
bretto sopra cui, ·sarà segnato l'intervento alle fun-
zioni dell'Oratorio festivo. i abpia cura di farlo bol-
lare mattino e sera d'ogni Domenica, e ogni Lunedì
mattino lo porti con. sè a fine di poterlo presentare al
Superiore, nel caso che ne faccia richiesta.
3. I genitori devono aver cura di mandarli puliti
nella persona e negli abiti, e venire di tanto in tanto
a prendere informazioni della condotta dell'allievo.
4. È proibito rigorosamente a tutti gli allievi: di
far commissioni per gli interni; 2° d'introdurre libri,
giornali, scritti o stampe di qualsiasi genere, senza che
siano prima veduti dal Direttore dell'Orato io.
5. È rigorosamente proibito di gettare pietre, far
risse o schiamazzi nel venire a scuola o nell'uscita.
616

64.7 Page 637

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CAPO II.
Del Portinaio
1. È strettissimo dovere del poci:inaio trovarsi per
tempo in _portineria, ricevere urbanamente i giovani e
chiunque si presenta.
2. Venendo qualche giovane nuovo lo accolga amo-
revolmente, lo informi dell'andamento dell'Oratorio, lo
indirizzi al Direttore od a chi ne fa le veci, perchè
sia iscritto sul registro degli allievi, e gli si ·assegni
una classe:
3. È rigorosamente proibito di lasciar passare per-
sone forestiere collo scopo di penetrare nell'Istituto. In
. tali casi devonsi indirizzare al po rtinaio della casa ov-
vero dell'ospizio.
4. I genitori dei giovani venendo a domandar _in-
formazioni dei loro figli, se sono donne si facciç1.no fer-
mare in fondo al cortile.
5. Deve impedire le comunicazioni delle per~one· in-
terne colle esterne, le commissioni, le compere, le ven-
dite di qualsiasi genere di cose.
6. I giovani, entrati nel cortile, non debbono più
uscire, e quando occorresse qualche ragionevole mo-
ti vo ne ottengano il permesso dal Superiore, o almeno
dal rispettivo maestro.
?. È proibito severamente lasciar uscire alcuno de-
gli interni per la porta degli esterni.
8. Il portinaio deve vegliare che nessuno intro-
duca nel cortile libri, giornali, fogli di qualsiasi genere,
se prima non sieno veduti dal Direttore. Rinnovi co-
stantemente la p1~oibizione cli fumare o masticar ta-
bacco nei cortili o in altri siti dell 'Oratorio.
617

64.8 Page 638

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CAPO III.
Delle scuole serali di commercio e di musica.
1. Le scuole commerciali è di musica sono gratuite;
ma chi desidera frequentarle è obbligato d'intervenire
alle pratiche di pietà dell'Oratorio festivo; gli allievi
devono aver compiuti gli anni 9 di età. Per la scuola
di canto bisqgna almeno essere in grado di leggere il
latino e l'italiano.
2. Nell'atto di accettazione devesi indicare nome, co-
gnome, paternità, luogo di nascita, professione, età e
domicilio; se sono promossi alla Comunione e quante
volte; se cresimati.
3. Da ogni allievo musico si esige formale promessa
di non andare a cantare nè a suonare nei pubblici teatri, .
nè in altri trattenimenti in cui possa essere compro-
messa la Religione od il buon costume.
4. In principio della scuola si reciterà l' Actiones
nostras ecc., coll'Ave Maria. Finita la scuola si dirà
l' Agimus coll'Ave Maria e la giaculatoria: Maria Auxi-
lium ecc. quindi ciascuno si ritirerà a casa sua.
5. Chi dovesse' per qualunque motivo· esentarsi dal-
. la scuola ne darà avviso al maestro od al Direttore.
6. In fin dell'anno sarà fatta pubblica distribuzione
di premi a quelli che si sono segnalati nella condotta
morale e nel profitto scolastico.
CAPO IV.
Dei Maestri.
1-. Il Maestro procuri di trovarsi puntuale in classe
pet impedire che succedano disordini prima e dopo la
scuola.
618

64.9 Page 639

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I
2. Procuri di andar preparato sulla materia della
lezione; ciò servirà molto per far comprendere le diffi-
coltà dei terqi, e tornerà di minor fatica allo stesso
maestro.
3. Ninna parzialità, ninna animosità; avvisi e bia-
simi se ne è caso, ma perdoni facilmente.
4. I più idioti della classe sieno oggetto delle sue
sollecitudini; incoraggi, ma non avvilisca mai.
. 5. Interroghi tutti senza distinzione e con frequenza.
e dimostri grande stima ed affezione per tutti i suoi al-
lievi.
,
6. I castighi sieno inflitti nella scuola; nè per ca-
stigo allontanisi mai alcuno dalla classe. Ma si ri-
tenga che è rigorosamente proib'iio di dare schiaffi, bat-
titure o perc"4otére come che sia gli allievi. Presentan-
dosi casi gravi mandi a chiamare il Direttore, o faccia
condurre il colpevole presso di lui.
?. Dovendo prendere deliberazioni di grave impor-
tanza intorno 'a qualche allievo, ne parli prima col
Direttore.
J
8. Raccomandi nettezza nei quaderni, regolarità e
perfezione nella calligrafia; pulìtezza nei libri o sulle
pagine, che si devono presentare al maestro.
9. Almeno una volta al mese dia un lavoro di prova,
e dopo· d'averlo corretto, ne dia le pagine al Direttore.
10. Tenga la decuria in modo da poterla presentare
ogni giorno a chi ne facesse domanda, e nel caso che
qualche persona autorevole visitasse le scuole.
11. Vegli sopra le letture di cattivi libri, raccomandi
e nomini gli autori che si possono leggere e ritenere sen-
za che la religione e la moralità sieno compromesse.
12. Dai classici sacri e profani avrà cura di trarre
le conseguenze morali, quando l'opportunità della mate- '
ria ne porga occasione, ma senza ricercatezza.
619

64.10 Page 640

▲back to top
13. Sono proibite ai maestri le visite ai parenti dei
giovani.
_
14. . Venendo qualche parente a domandar informa-
zioni di un allievo, dia soddisfazione, ma ciò si faccia
in cortile o nel parlatorio, e non nella scuola.
CAPO V.
Norme generali per la festa
di s. Luigi e di s. Francesco di Sales.
J. Nei nove giorni che precedono la festa, si can-
terà in Chiesa J'Iste confessar... o l'lnfensus hostis etc..
con qualche preghiera ed un sermonc-iI_J.o, o almeno un
po' di lettura de11a vita del Santo, o ·sopra qualche ve-
rità della fede.
2. Nelle Funzioni del mattino e della sera precedente
sj esortino i giovani ad accostarsi ai SS. Sacramenti
della Confessione e Comunione.
3. In questo tempo si provvedano i cantori, sieno
insegnate le cerimonie al piccolo clero, e le cose - che
concernono alle sacre Funzioni ~ si ometta di av-
vis1tre i giovani, che accostan'dosi ai SS. Sacramenti _in
questi ,giorni, possono lucrare l'Indulgenza Plenaria .
/
Del fine del carnovale
e principio della · Quaresima.
1. Nella Domenica di Sessagesima si avvertano i
giovani, che, la Domenica seguente, essendo l'ultima
di carnovale, si farà qualche cosa di particolare in giuo-
chi od altri trattenimenti.
_2. Si avvisi che l'Oratorio .sarà aperto anche il lu-
620

65 Pages 641-650

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65.1 Page 641

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nedì e martedì ultimi di carnovale. In quei tre giorni,
o almeno nella domenica e martedì dopo mezzogiorno,
dopo la ricreazione, si canteranno i Vespri, cui seguirà
l'istruzione in forma di dialogo , e la benedizione col
Ss. Sacramento.
Del Catechismo della Quaresima
e della Cresima.
1. Fin dai 'primi giorni della Qua ·esima si osservi se,
fra quelli che frequentano _l'Oratorio, ve ne siano d a
cresimare. Nel caso affermativo si dividano in due o
tre classi i cresimandi e si facciano loro istruzioni a
parte sul modo di ricevere questo Sacramento. Non
più tardi della metà ·della Quaresima debbono essere
cresimati perchè vi sia tempo a prepararli per la Pa-
squa.
2. I giovani siano classificati secondo la loro età, e
- la scienza, e gli allievi non sieno più dì dieci circa.
3. Il Catechista tenga nota esatta de' suoi alunni,
ed ogni giorno dia il voto di condotta e di profitto.
4. Prima che sia finita la Quaresima procuri che gli
allievi sieno sufficientemente istruiti nei Misteri princi-
pali e specialmente sulla Confessione e Comunione.
5. Nella settimana di Passione esamini i suoi allievi,
e li promuova se sono idonei, e ne dia il voto al Diret-
tore che lo metterà in registro a parte.
6. Quando in classe si avesse qualcuno già adulto,
ma ignorante di religione, lo deve consegnare al Diret-
tore, perchè possa fargli dare un'istruzione adatta.
?. Il giovedì, che separa la Quaresima per metà, non
si fa il Catechismo nè mattino nè sera, e ciò per evi-
tare certi scherzi che spesso sono cagione di rfrse e di
scan·dalo.
621

65.2 Page 642

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8. Al sabato sera si fa pure la dottrina, ma si la-
sc.ia comodità di confessarsi a quelli,. che lo desiderano.
Si abbia massima cura, . che i Catechizzandi nel corso
della Quaresima si. confessino almeno una volta ed an-
che di più, e ciò per evitare inconvenienti che sogliono
accadere quando si accostano per la confessione Pa- ·
squale. Sul fine della settimana di Passione si darà
avviso che nella seguente settimana cominceranno
santi Spirituali Esercizi.
Degli Esercizi e della Pasqua.
1. Gli eserc1z1 cominceranno in quel giorno ed ora
della Settimana Santa, che il Direttore giudicherà di
maggior comodità a' suoi giovanetti.
2. In ciascun giorno vi sarà il numero di prediche
compatibile alla condizione ed occupazione degli al-
li evi.
_
3. Il lunedì mattino dopo la Domenica delle Pal-
me vi saranno le confessioni dei più piccoli non ancora
promossi alla santa Comunione (1).
5. La Domenica della Risurrezione è destinata alla
Pasqua degli artigiani.
Delle sette Domeniche di san Giuseppe
e delle sei Domeniche di san Luigi.
1. Nelle sette Domeniche precedenti alla festa di
s. Giuseppe e nelle sei precedenti ìa festa di s. Luigi
(1) Dove sono molti quelli che fanno la prima Comunione, è
bene che la facciano in un giorno distinto, da soli, a scelta del
Direttore.
622

65.3 Page 643

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Gonzaga. avvi Indulgenza Plenaria per chi si accosta
al santo Sacramento della Confessione ,e Comunione;
perciò se ne dà avviso per tempo, e si mdirizzano ai
giovani speciali parole d'incoraggiamento.
Classificazione dei giovani pel Catechismo.
1. Due volte all'anno conviene ordinare le classi;
dopo Pasqua, perchè allora arrivano molti gio'vanetti
forestieri e d'altra parte bisogna dare un nuovo posto
a coloro, che furono poco prima p·romossi alla santa
Comunione.
La seconda volta si fa sul principio delle scuole au-
tunnali pel gran numero di giovani, che sogliono fre-
quentare l'Oratorio. Allora è bene di fare due catego-
rie, cioè: Artigiani e Studenti.
Delle LQtterie.
1. Si è stabilito,. che le lotterie si facciano ogni tri-
mestre, cioè: a .s. Francesco di Sales, la festa di Maria
Ss. Ausiliatrice, a s. Luigi Gonzaga, alla festa di tutti
i Santi.
2. Chi guadagna avrà un premio corrispondente alla
frequenza ed alla morale sua condotta.
3. Gli oggetti di lotteria saranno libri di divozione,
o di amene letture, quadretti, crocifissi, medaglie, giuo-
cattoli di diverso gènere, ed anche pei più esemplari
qualche paio di scarpe o qualche taglio di vestiario
4. Nella Domenica in Albis si fa solenne distribuzio-
ne di premi a quelli che colla loro buona condotta si
sono segnalati nell'intervenire al Catechismo in tempo
della Quaresima.
·
623

65.4 Page 644

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5. Nella seconda Domenica dopo Pasqua si fa la
lotteria · per quelli che hanno frequentato l'Oratorio
festivo.
6. I pacificatori stanno nel cortile vicino alla lot-
teria per quietare quelli che cagionassero qualche di-
sturbo.
Del Bibliotecario.
1. Al Bibliotecario verrà affidata una piccola scelta
di libri utili ed ameni da distribuirsi ai giovani, che
desiderano, e che fanno sperare di fare qualche pro-
fitto.
2. Noterà sopra un registro nome e cognome di
quelli cui impresta il libro, avvisandoli, che allo sca-
dere del mese procurino di riportare il libro sommi-
nistrato.
3. Terrà pure conto dei libri che entrano ed escono
dalla Biblioteca per poterne dar conto a chi di ragione.
4. Gli addetti alla Biblioteca . saranno due, cioè: il
Bibliotecario, che distribuisce i libri; e l'Assistente gene-
rale, che ne il permesso, e prende nota del nome,
e dimora dell'allievo, e del titolo del medesimo libro.
5. L'uffizio dì Bibliotecario, e di Assistente si possono
riunire nella stessa persona, come pure si possono a
vicenda supplire, in assenza dell'uno o dell'altro.
6. Sia raccomandato a tutti di non perdere libri,
guastarli, o scrivervi sopra il proprio nome, e di re-
stituirli entro un mese.
I
624

65.5 Page 645

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IV.
RICORDI CONFIDENZIALI A DON RUA
Direttore del Piccolo Seminario di Mirabello
(Ottobre 1863)
Al suo amatissimo figlio D. Rua Michele il Sacerdo- ,,_
te Bosco Giovanni salute nel Signore.
Poichè la Divina Provvidenza dispose di poter ap ri-
re una casa destinata a promuovere il bene della gio-
ventù in Mirabella, ho pensato tornare a maggior gloria
di Dio il fidarne a te la direzione.
Ma siccome non posso trovarmi sempre al tuo fianco
per darti o meglio ripeterti quelle cose che tu forse
avrai già veduto praticarsi, così stimo farti cosa grata
scrivendoti qui alcuni avvisi che potranno servirti di
norma nell'operare.
Ti parlo colla voce di un tenero padre che apre il
cuore ad .uno de' più cari suoi figliuoli.
Ricevili aclunque scritti di mia mano come pegno
dell'affetto che io ti porto, e come atto estremo del
mi o vivo desiderio che tu guadagni molte anime al
Signore.
625

65.6 Page 646

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Con te stesso.
1) . Niente ti turbi.
2) A te raccomando di evi tare le 1mortificazioni nei
cibo e in ciascuna notte non fare meno di sei ore di
riposo. Questo è necessario per conservare la sanità
e promuovere il bene delle anime.
3) Celebra la Santa Messa e recita il breviario pie,
devote, attente. Questo procura di praticarlo tu e insi-
nuarlo anche nei tuoi dipendenti.
4) Ogni mattina 'un poco di meditazione, lungo il
gi orno una visita al SS. Sacramento. Il rimanente come
è disposto dalle regole della Società.
5) Studia di farti amare prima di farti temere; nel
comandare e correggere fa sempre co;Òsc~re che tu
desideri il bene e non mai il tuo capriccio. Tollera ogni
cosa quando si tratta di .impedire il peccato; ogni tuo
sforzo sia diretto al bene delle anime de' giovanetti a t~
affidati.
6) Pensaci alquanto prima di deliberare in cose d'im-
portanza e ne' dubbi appigliati sempre a quelle cose che
sembrano di maggior gloria di Dio.
7) Quando ti è fatto rapporto intorno a qualche-
duno, 'procura di rischiarare bene il fatto prima di
giudicare. Spesso ti saranno dette cose che sembrano
travi e sono soltanto pag lie.
Coi Maestri.
1) Procura che ai maestri nulìa manchi di quanto
loro è necessario pel vitto e per il riposo. Tien conte
delle loro fatiche; ed essendo ammalati o semplicemen-
G26

65.7 Page 647

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te incomodati, manda tosto un supplente nella loro
classe.
2) Procura di parlare . spesso con loro o separa-
tamente o simultaneamente; osserva se non hanno trop-
pe occupazioni, se loro mancano abiti, libri; se hanno
qualche pena morale o fisica; oppure trovansi in classe
allievi che abbiano bisogno di correzione o di speciale
riguardo nel grado o nel modo d'insegnamento. - Co-
nosciuto qualche bisogno fa quanto puoi per provve-
dervi.
3) In conferenza apposita raccomanda che interro-
ghino indistintamente tutti i giovani della classe, leg-
gano per turno qualunque tavoro di ciascuno; fuggano
l'amicizia particolare e la parzialità fra i loro allievi;
quando occorre solennità, novena od anche semplice
festa in onore di Maria SS. se ne dia cenno in classe
con un semplice annunzio.
Cogli assistenti o cupi cli camerata.
1) Quanto si è detto pei maestri si può in gran
parte applicare agli assistenti e capi di camerata.
2) Procura che loro nulla manchi perchè possano
continuare i loro studi; perciò fa' in modo che qual-
cuno 'faccia loro scuola ed abbiano tempo per stu-
diare.
3) Procura di trattenerti con essi per udire i pareri
sulla condotta dei giovani loro affidati. Si trovino pun-
tuali al loro dovere: facciano la loro ricreazione coi
giovani.
4) Se tu scorgerai che taluno di essi formi amicizia
particolare o te ne accorgi di lontano la sua moralità
627

65.8 Page 648

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essere in pericolo, con prudenza lo cangerai di sito,
.se occorre gli darai · altra occupazione; e se mettesse
in pericolo la moralità di qualche compagno o di qual-
che giovane lo toglierai dall'impiego e mi parteciperai
tosto la cosa.
5) Radunerai qualche volta i maestri, gli assistenti,
i capi camerata e passeggiata e a tutti dirai che si
•1 sforzi,110 per impedire i cattivi discorsi, allontanare ogni
libro, scritto, immagine, hic scientia est, e qualsiasi
cosa che metta in pericolo la reginà delle virtù, la
purità. Diano dei buoni con sigli, usino carità coi gio·
vani, cono.scendo qualche allievo pericoloso ai compa-
gni, te lo dicano e se ne faccia oggetto delle comuni
sollecitudini.
Colle persone di servizio.
1) Non abbiano molta famigliarità coi giovani e fa
in modo che possano ogni mattina ascoltare la S. Mes-
sa ed accostarsi ai Santi Sacramenti ogni quindici giorni
od una volta al mese.
2J Usa sempre ·carità nel comandare ed in ogni cir-
costanza fa sempre COl}OScere che desideri il bene del-
l'anima loro. Non si permetta che entrino donne ne'
dormitori de' giovani od in cucina , nè t;attino con alcu-
no della casa se non per cose di càrità o di necessità.
3) ·Nascendo dissensioni tra le persone servizi o
ed i giovani od altri del Seminario, ascolta ognuno
con bontà; ma per . via ordinaria dirai separatamente il
tuo parere in modo che uno non sappia quanto si
dice all'altro, ad eccezione che intervengano circostanze
che persuadano diversamente.
628

65.9 Page 649

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4) Sia stabilito un capo alle persone '<li servizio
di probità conosciuta; costui in vigiJ i specialmente sul
lavoro e sulla moralità dei subalterni e si adoperi con
zelo, affinchè non succedano furti e non si facciano
cattivi discorsi.
Coi ·giovani , studenti.
1) Per nessun motivo non mai accettare un giovan,~
che sia stato cacciato da altri collegi o che ti consti
altrimenti essere di mali costumi. Se malgrado la debita
precauzione accadrà di accettarne qualcheduno di tal
genere, dàgli subito un compagno sicuro eh~ non l'ab-
bandoni mai. Qualora egli manchi, sia appena una
volta corretto e la seconda immediatamente mandato
via dal Seminario.
2) Fa quanto puoi per passare in mezzo ai giovani
tutto il tempo della ricreazione; e procura di dire al-
l'orecchio qualche affettuosa parola, che tu sai, di mano
in mano si presenta l'occasione e tu ne scorgerai il
bisogno. Questo è il gran segreto per renderti padrone
del cuore dei giovani.
3) Offriti pronto ad ascoltare le confessioni dei gio-
vani, ma dà loro libertà di confessarsi da altri se lo
desiderano. Procura di allontanare fin l'ombra di so-
spetto che ricordi quanto · fu detto in confessione.
siavi ombra di parzialità a chi si confessa da uno a
preferenza di un altro.
4) . Procura d'iniziare la Società dell'Immacolata
Concezione ma ne sarai soltanto promotore e non diret-
tore; considera tal cosa come opera dei giovani.
629

65.10 Page 650

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Cogli esterni.
1) La carità e la cortesia siano le note caratteri-
_; tiche di un Direttore tanto verso gli interni quanto
\\' erso gli esterni.
2) In caso di questioni intorno a cose materiali ac-
ondiscendi in tutto quello che è possibile anche con
qualche danno, purchè si conservi la carità.
3) Se poi trattasi di cose spirit1,1ali o sempli cemente
morali ' allora le dissensioni devono sempre rivolgersi
nel senso che tornano a maggior gloria di Dio ,e bene
ddle anime. Impegni, puntigli, spirito di vendetta, amor
rroprio, ragione, pretensioni ed anche l'onore, tuttò
deve sacrificarsi in questo caso.
4) Se per altro la cosa fosse di grave importanza è
bene di chiedere tempo per pregare e domandare con-
siglio a qualche pia -e prudente persona.
/
630

66 Pages 651-660

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66.1 Page 651

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V.
GLI' SCRITTI EDITI DJ DON BOSCO
1) Nella Collana delle « Letture Cattoliche »:
t - Introduzione alle « Letture Cattoliche». AvDisi ai
Cattolici. Fondamenti della Cattolicà Religion e,
pp. 32, Torino, Tipografia P. De-Agostini, 1853.
2 - Il Cattolico istruito nella sua Religione. Tratte-
nimenti di un padre di famiglia coi suoi figliuoli
secondo i bisogni del tempo (in 6 fase.), pp. 452,
Torino, Tipografia P. De-Agostini, marzo -settembre
1853.
3 - Notizie storiche intorno al miracolo del SS:mo Sa-
cramento avvenuto in Torino il 6 giugno 1453,
pp. 48, Torino, Tipografia P. De-Agostini, giugno
1853.
4 - Fatti contemporanei esposti in forma di dialogo.
pp. 48, Torino, Tipografia P. De-Agostini, agosto
1853.
5 - Dramma. Una disputa tra un Avvocato ed un Mini- ·
stro protestante, pp. 68, Torino, Tipografia P. De-
Agostini, dicembre 1853.
6 - Cenni sulla vita del giovane Luigi Comollo, morto
631

66.2 Page 652

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\\
nel Seminario di Chieri ammirato da tutti per le
sue rare virtù, pp. 100, Torino, Tipografia P. De-A-
gostini, gennaio 1854.
7 - Conversione di una valdese. Fatto contemporaneo,
pp. 108, Torino, Tipografia P. De-Agostini, marzo
1854.
.
8 - Raccolta di curiosi ,avvenimenti contemporanei, pp.
108, Torino, Tipografia P. De-Agostini, aprile 1854.
9 - Le sei domeniche e la novena in onore di San
Luigi Gonzaga con alcune sacre lodi, pp. 56, To-
rino, Tipografia P. De-Agostini, giugno· 1854.
10 - ll Giubileo e le pratiche divote per la visita del-
le Chiese, pp. 64, Torino, Tipografia P. De-Agostini,
novembre 1854.
11 - Maniera facile per imparare la Storia Sacra ad
uso de] popolo cristiano, pp. 96, Torino, Paravia,
marzo 1855.
12 - Conversazioni tra un Avvocato ed un Curato di
campagna sul Sacramento della Confessione. Saggio
dogmatico storico dell'apostata Luigi De-Sanctis,
pp. 128, Torino, Paravia, giugno 1855. .
13 - Vita di San Martino vescovo di Tours, pp. 96, To-
rino, Tipografia Ribotta, ottobre 1855.
14 - La forza della buona educazione. Curioso episodio
contemporaneo, pp. 112, Torino, Paravia, novem-
bre 1855.
15 - Vita di S. Pancrazio martire, con appendice sul
S~ntuario a Lui dedicato vicino a Pianezza, pp. 96,
Torino, Paravia, maggio 1856.
16 - Pita di San Pietro Principe degli Apostoli, primo
Papa dopo Gesù Cristo, pp. 182, Torino, Paravia,
gennaio 1857.
17 - Due conferenze tra due Ministri Protestanti ed un
Prete Cattolico sopra il Purgatorio e intorno ai suf-
632

66.3 Page 653

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I
fragi dei Defunti, con appendice sopra le Liturgie,
pp. 128, Torino, Paravia, febbraio 1857.
18 - Vita di S. Paolo Apostolo ,Dottore delle genti, ,
pp. 168, Torino, Paravia, aprile 1857.
19 - Vita dei Sommi Pontefici S. Lino, S. Cleto, S. Cl e-
mente, pp. 108, Torino, Paravia, giugno 1857.
20 - Vita dei Sommi Pontefici S. Anacleto, S . Evaristo,
S. Alessandro I, pp. 80, Torino, Paravia, a gosto 1857.
21 - Vita dei Sommi Pontefici S. Sisto, S . Telesforo,
S. Igino, S. Pio I con appendice sopra S. Giustino
apologista della Religione, pp. 96, Torino, Parnvia,
settembre 1857.
.
I
22 - Vita dei Sommi Pontefici S. / Aniceto, S. Sotero ,
S. Eleutero, S. Vittore, S. Zeffirino, pp. 88, Torino,
Paravia, marzo 1858.
23. - Il mese di maggio consacrato a Maria SS.ma lm - ,
macolata ad uso del popolo, pp. 192, Torin o, P aravia,
aprile 1858.
·
'
24 - Porta teca cristiano ovvero av visi importanti in-
torno ai doveri del Cristiano, acciocchè ciascuno
possa conseguire la propria salvezza nello stato in
cui si trova, pp. 72, Torino, Paravia, luglio 1858.
25 - Vita -del Sommo Pontefice Callisto I, pp. 64, To-
rino, ·Paravia, novembre 1858.
26 - Vita del giovanetto Savio Dom enico alli evo dell'O-
r~torio di S. Francesco di Sa les, pp. 144, To;ino,
Paravia, gennaio 1859.
27 - Vita del Sommo Pontefice S. Urbano I, pp. 112,
Torino, Paravia, febbraio 1859.
28 - Vita dei Sommi Pontefici S. Ponziano, S. Antero
e S. Fabiano, pp. 100, Torino, Paravia, agosto 1859.
29 - La persecuzione di Decio e il Pontifi_cato di S. Cor-
nelio I, Papa, pp. 112, . Torino, Paravia, dicembre
1859.
633
'

66.4 Page 654

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30 - Vita e martirio dei Sommi Ponte-fi,ci S. Lucio I e
Santo Stefano I, pp. 120, Torino, Paravia, aprile
1860.
31 - Il pontificato di San Sisto 11 e le glorie di San
Lorenzo Martire, pp. 80, Torino, Paravia, agosto
1860.
32 - Biografia del sacerdote Giuseppe Cafasso esposta
in due ragionamenti funebri, pp. 144, Torino, Para-
via, novembre 1860.
;3 - Una famiglia di Martiri ossia Vita dei Santi Mar-
tiri Maria, Marta, Audiface ed Aoaco e loro marti-
rio con appendice sul Santuario ad essi dedicato
presso Caselette, pp. 96, Torino, Paravia, agosto
1861.
, 4 - Cenno biografico sul giovanetto Magone Michele
allievo dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, pp. 96,
Torino, Paravia, settembre 1861.
35 - Il pontificato di S. Dionigi con appendice sopra
S. · Gregorio Taumaturgo, . pp. 64, Torino, Paravia,
ottobre 1861.
"i h - Biografia -di Silvio Pellico, (estratto dalla « Storia
d'Italia» di D. B.), quale prefazione alle Notizie
inforno alla Beata Panasia raccolte dallo ·stesso Sil-
vio Pellico, Torino, Paravia, dicembre 1861.
:1? - Il pontificato di San Felice primo e di Sant'Euti-
-i:;hiano papi e martiri, pp. 96, Torino, Tipografia del- .
l'Oratorio di San Francesco di Sales, agosto 1862.
18 Amena novella di un Vecchio Soldato di Napo-
leone I, pp. 64, Torino, Tìpografia dell'Oratorio di
San Francesco di Sales, dicembre 1862.
39 - Cenni storici intorno alla vita della B. Caterina
De-Mattei da Racconigi dell'Ordine delle Penitenti di
S. Domenico, pp. 192. Torino, Tipografia dell'Orato-
rio di San Francesco di Sales, gennaio-febbraio 1863.
634

66.5 Page 655

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40 - Il pontificato di San Caio papa e martire, pp. 120,
Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di
Sales, aprile ·1863.
41 - Il pontificato di San Marcellino e di San Marcello
Papi e Martiri, pp. 120, Torino, Tipografia dell'Ora-
torio di San Francesco di Sales, aprile 1864.
42 - Episodi ameni e contemporanèi ricavati da pub-
blici documenti, pp. 112, Torino, Tipografia dell'O-
ratorio di San Francesco di Sales, maggio 1864. ·
43 - Il pastorello delle Alpi ovvero ,Vita del Giovane
Bcsucco Francesco d'Argentera, pp. 192, Torino,
Tipografia dell'Oratorio di San France5co di Sales,
luglio-agosto 1864.
44 - La casa della fortuna. Rappresentazione dramma-
tica, con appendice « Il buon Figliuolo» (di MulloìS
abate), pp. 96, Torino, Tipografia dell'Oratorio di
San Francesco di Sales, gennaio 1865.
45 - Dialoghi intorno all'Istituzione del Giubileo colle
pratiche divote per la visita delle Chiese, pp. 96,
Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco
di Sales, febbraio 1865.
46 - La pace della Chiesa ossia il Pontificato di San
Eusebio e San Melchiade, 'ultimi martiri delle dieci
persecuzioni, pp. 80, Torino, Tipografia dell'Ora-
torio di San Francesco di Sales, giugno 1865.
4, - Vita della Beata Maria degli Angeli Carm. Scalza,
pp. 192, Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Fran-
cesco di Sales, novembre-dicembre 1865.
48 - Valentino o la Vocazione impedita. Episodio con -
temporaneo, pp. 64, Torino, Tipografia dell'Orato-
rio di San Francesco di Sales, dicembre 1866.
49 - Il centenario di S. Pietro Apostolo colla vita de]
medesimo Principe degli Apostoli ed un Triduo in
preparazione della Festa dei Santi Ap))stoli Pietro
635
I

66.6 Page 656

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e Paolo, II Ed., pp. 224, Torino, Tipografia dell'O-
ratorio di S. Frane. di Sales, gennaio-febbraio 186?.
50 - Vita di S. Giuseppe, sposo di Mària SS. e Padre
putativo di Gesù Cristo. Raccolta dai più accredita-
ti autori, colla Novena in preparazione alla Festa
del Santo, pp. 112, Torino, Tipografia dell'Orato-
rio di San Francesco di Sales, marzo 1867.
51 - Novelle e racconti tratti da varii autori ad uso
'della gioventù, pp. 64, Torino, Tipografia· dell'Ora-
. torio di San Francesco di Sales, aprile t867.
52 - Severino ossia Avventure di u.n giovane alpigiano
raccontate da lui medesimo, pp. 192, Torino, Tipo-
grafia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, feb-
-braio 1868.
..,
53 - Meraviglie della Madre di Dio invocata sotto il
titolo di Maria Ausiliatrice, pp. 184, Torino, Tipo-
'grafia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, mag-
gio 1868.
54 - Vita di San Giovanni Battista (anonimo, compi-
lato però per orcline e sotto l'assistenza di D. Bosco,
dal Sac. Stefano Bourlot, poi Parroco Sales. di S.
Giov. Ev. in Buenos Aires), pp. 64, Torino, Tipogra-
fia dell'Oratorio di San Francesco di Sales1 giu-
gno 1868.
.
55 - Rimembranza di una solennità in onore di Maria
Ausiliatrice, pp. 172, Torino, Tipografia dell'Ora-
torio di San Francesco di Sales, novembre-dicembre 1
1868.
56 - La Chiesa Cattolica e la sua. Gerarchia., pp. 152,
Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco df
Sales, febbraio 1869.
57 - L'Associazione dei Divoti di Ma.ria. Ausiliatrice ca-
nonicamente eretta nella Chiesa a Lei dedicata in
Torino con r~gguaglio storico su questo titolo, pp. 96,
636

66.7 Page 657

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.Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di
Sales, maggio 1869.
58 - I Concilii Generali e la Chiesa Cattolica. Conver-
sazioni tra un Parroco e un giovane parrocchiano,
pp. 168, Torino, Tipografia dell'Oratorio di San
Francesco di Sales, agosto 1869. '
59 - Angelina o l'Orfanella degli Appennini, pp. 70.
Torino, Tipografia dell'Ora torio di San Francesco di
Sales, novembre 1869.
60 - Nove gzorni consacrati all'Augusta Madre dél Sal-
oatore sotto il titolo di Maria• Ausiliatrice, pp. 104,
Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di
Sales, maggio 1870.
61 - Storia ecclesiastica ad uso della gioventù, utik
ad ogni grado di persone. Approvata e raccomandata
da Mons. L. Castaldi Arcivescovo di Torino, VII
edizione accresciuta ~ migliorata, pp. 464, Torino,
Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales,
novembre-dicembre 1870.
62 - Apparizione della ~eata Vergine sulla , Montagna
di La Salette, con altri fatti prodigiosi raccolti dai
pubblici documenti, pp. 98, Torino, Tipografia del-
l'Oratorio di San Francesco di Sale·s, maggio 1871.
63 - Fatti ameni della vita di Pio IX raccolti dai pub-
blici documenti, pp. 356, Torino, Tipografia di San
Francesco di Sales, novembre 1871.
64 - Il centenario decimoquinto di S. Eusebio il Grande
e le Chiese dell'Italia Occidentale,, pp. 28, Torino, Ti-
pografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, ag·o-
sto-settembre 1872.
65 - Massimino ossia incontro di un giovanetto con un
ministro Protestante sul Campidoglio, pp. 108, To-
rino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di
Sales, gennaio 1874.
G37

66.8 Page 658

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66 - Il Giubileo del 1875, sua istituzione e pratiche di-
vote p er la visita delle Chiese, pp. 120, Torino, Ti-
pografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, A-
·prile 1875.
o? - Maria Ausiliatrice col racconto di alcune grazie
ottenute nel primo settennio della consacrazione del-
la Chiesa a :{.,ei dedicata in Torino, pp. 320, Torino,
Tipogra,fia dell'Oratorio di San Francesco di Sales,
maggio 1875.
68 - La nuvoletta del Carmelo ossia la divozione a Ma-
ria Ausiliatrice premiata di nuove grazie, pp. 120,
S. Pier d'Arena, Tipografia di San Vincenzo de' Pao-
li, maggìo 1877.
69 - Il più bel. fiore del Collegio Apostolico ossia la ele-
zione di Leone XIII, con breve biografia ·dei suoi elet-
tori, pp. 288, Torino, Tipografia dell'Oratorio di
San Francesco di Sales, settembre 1878.
70 - Il cattolico nel secolo. Trattenimenti famigliari di
un padre coi suoi fi gliuoli intorno alla Religione,
pp. 464, Torino, Tipografia p.ell'Oratorio di San Fran-
cesco di Sales, gennaio-febbraio-marzo 1883.
?1 - Nuovi cenni sulla vita del giòvane Luigi Comollo
morto nel Seminario d1 Chieri, ammirato da tutti per
le sue rare virtù, scritti dal Sacerdote Giovanni Bo-
sco suo ~collega, pp. · 120, Torino, Tipografia dell'Ora-
torio di San Francesco di Sales, marzo 1884.
NB. - Afferma Don G. B. Lemoyne: < Nei pnm1
quindici anni si può dire che gran parte dì quei fasci-
còli (delle « Letture Cattoliche» ) furono opera sua e gli
altri tutti vennero da lui esaminati attentamente, com-
pletati, corretti, e _non solo per ciò che riguarda il
manoscritto originale, ma eziandio le bozze di stam-
p (M. B., V, 18; cfr. IX, 312, 740).
638

66.9 Page 659

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1
2) Fuori della Collana « Letture Cattoliche »:
72 - Cenni storici sulla oita di Luigi Comollo morto
nel Seminario di Chieri, ammirato da tutti per le sue
singolari virtù, scritti da un suo collega, pp. 82, To-
rino, Tipografia Speirani e Ferrero, 1844.
73 - Corona dei Sette Dolori di Maria, con sette brevi
considerazioni sopra i medesimi esposte, in forma
di Via Crucis, pp. 42, Torino, Tipografia Speirani
e Ferrero, 1844.
74 - Una lettera . scritta da D. Bosco nel 1843 al P .
Felice Giordano, oblato di Maria Vergine . (stampata
in una operetta che ha per titolo: Cenni .istruttivi
di perfezione proposti a' giovani nella vita edifican-
te di Giuseppe Burzio, pubblicata dal medesimo P.
Felice nel 1846) pp. 82, Torfoa Tipografia Speirani
e Ferrero, 1844.
75 - Storia ecclesiastica ad uso delle scuole, ufile ad
ogni ceto di persone,' dedicata all'Onoratmo Signo-
re F. Ervé de la Croix Provinciale dei Fratelli D . J
D. S. C., pp. 398, Torino, Tipografia Speirani e Fer-
rero, 1845.
76 - Il Diooto dell'Angelo Custode, pp. 72, Torino, Pa
ravia, 1845.
?? - L'Aritmetica e sistema metrico decimale ridotto
a semplicità e preceduto dalle quattro operazioni
dell'aritmetica, ad uso degli artigiani e della gente
di campagna, pp. 80, Torino, Paravia, 1846.
78. - L'enologo italiano, pp. 150, Torino, 1846.
79 - Esercizio della dioozione alla Misericordia di Dio,
pp. 112, Torino, Tipografia Eredi Botta, 1846.
80 -_ Storia sacra per uso delle scuole, utile ad ogn i
stato di persone, arricchita di analoghe incisioni .
639
'

66.10 Page 660

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pp: 216, Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 184?.
81 - Regolamento della Compagnia di S. Luigi Gonza-
ga, Torino, Tipografia Speirani e Ferrero, 184?.
82. - Il Giovane Provveduto per la pratica dei suoì do-
veri, negli esercizi di cristiana pietà, per la recita
dell'Uffizio della Beata Vergine e de' principali Ve-
spri dell'anno coll'aggiunta di una scelta di laudi
sacre, ecc., pp. 352, Torino, Paravia, 184?.
83 - Il Cristiano guidato alla virtù ed alla civiltà se-
condo lo spirito di S. Vincenzo de' P aoli. Opera
che può servire a consacrare il mese di Luglio in
onore del medesimo Santo, pp. 250, Torino, Para-
via, 1848.
84 - Società di Mutuo soccorso, pp. 8, Torino, Tipogra-
fia Speirani e Ferrero, 1850.
85 - Tre Ricordi ai giovani per conservare il frutto
della Comunione Pasqu ale, Torino, Paravia, 1850.
86 - Avvisi ai Cattolici, pp. 23, Torino, Tipografia Spei-
rani e Ferrero, 1850.
8? - Breve ragguag lio della festa fattasi nel distribui-
re il regalo di Pio IX ai giovani degli Oratori di
Torino. Torino, Tipogr afia Eredi Botta, 1850.
88 - Avviso sacro per gli Esercizi, Torino, Paravia,
1850.
89 - Regolamento per dormitorio , Torino, Paravia, 1852.
90 - Regolamento dei laboratori, Torino, Paravia, 1853.
91 - La -storia d'Italia raccontata alla gioventù dai suoi
J)rimi abitatori sino ai nostri giorni, corredata da
una carta geografica d'Italia, pp. 558, Torino, Pa-
ravia, 1855.
92 - Avvisi alle Figlie cristiane, Torino, Paravia, 1856.
93 - La chiave del Paradiso in mano al cattolico che
pratica i doveri del buon cristiano, pp. 496, Torino,
Paravia, 1856.
640

67 Pages 661-670

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67.1 Page 661

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94 - Regole del teatrino, Torino, Paravia, 1858.
95 - Regolamento del parlatorio, Torino, Paravia, 1860
96 - Rimembranza (dialogo), 1865.
9? - Chi è Don Ambrogio? Dialogo tra un barbiere
ed ·un teologo, pp. 16, Torino, Tipografia dell'Orato-
rio di San Francesco di Sales, 1866.
98 - De Societate S. Francisci Salesii brevis notitiél
et nonnulla Decreta ad eamdem spectantia, pp. 19,
Torino, Tipografia · d·ell'Oratorio di S. Francesco ·ai
Sales, 1868.
99 - Sommario ovvero Riassunto della Pia Società di
San Francesco di Sales nel 23 Febbraio 18?4, Torin o,
Tipografia dell'Oratorio di San Francesco cli Sa-
les, 1868.
100 - Il Cattolico Provveduto p er le pratiche di pietà
con analoghe istruzioni secondo il bisogno dei tem -
pi, pp. ?65, Torino, Tipografia dell'Oratorio cli san·
Francesco di Sales, 1868.
1
101 - Ricordi pe~ un giovanetto che desidera passar be-
ne le vacanze, Torino, Tipografia dell'Oratorio di
S. Francesco di Sales, 1874.
102 - Maniera pratica per assistere con frutto ·alla S.
Messa, pp. 28, Torino, Tipografia dell'Oratorio di
S. Francesco di Sales, 18?4.
103 - Cenno istorico sulla Congregazione di S. France-
sco di Sales e relativi schiarimenti, pp. 20, Roma, Ti-
pografia Poliglotta, 18?4.
104 - Unione cristiana, pp. 8, Torino, Tipografia dell'O-
ratorio di San Francesco di Sales, 1874.
105 - Confratelli' salesiani dall'esilio chiamati alla vita ·
eterna nell'anno 18?3. (In appendice a l C atalogo
della Società Salesiana del 18?4), Torino, Tipogra-
fia Salesiana, 18?4.
106 - Confratelli salesiani chiamati alla vita eterna
641
21 (II)

67.2 Page 662

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nell'anno 1874. (In appendice al Catalogo Generale
del 1875), Torino, Tipografia Salesiana, 1875.
107 - Ricordi confidenziali ai Direttori, Torino, Tipo-
grafia Salesiana, 1875.
108 - Associazione di buone opere, pp. 14, Torino, Ti-
pografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales,
1875.
109 - Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni allo
stato ecclesiastico, pp. 8, Torino, Tipografia dell'Ora-
torio di San Francesco di Sales, 1875. ·
110 - Regole o Costituzioni della Società. di San Fràn-
cesco di Sales secondo il Decreto di approvazione
del 3 Aprile 1874 (precedute dalla Introduzione alle
Regole, del Fondatore), pp. XLII-49, Torino, Tipo-
grafia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, 18?5.
111 - Opera dei Figli d( Maria Ausiliatrice per le vo- ·
cazioni allo stato Ecclesiastico benedetta e racco-
mandata dal S. Padre Pio IX, pp. 8, Fossàno, Tipo-
grafia Saccone, 1875.
112 ... Brevi biografie dei Confratelli salesiani chiamati
da Dio alla vita eterna, 1874-75, pp. 40, Torino,
Tipografia Salesiana, 18?6.
113 - Regolamento per l'infermeria, Torino, Tipografia
.Salesiana, 18?6.
114 - Preghiere del mattino e della sera con altre . pra-
tiche, pp. 32, Torino, Tipografia Salesiana, 18?6. ·
115 - Cooperatori s-alesiani ossia un modo pratico per
giovare al buon costume ed alla civile Società, pp. 18,
Torino, Tipografia Salesiana, 1876.
116 - Inaugurazione del Patronato di -S. Pietro in Niz-
za a Mare, pp. 33, Torino, Tipografia Salesiana, 18??.
117 - Regolamento dell'Ora-torio di San Francesco di
Sales per gli Esterni (la prima pubblicazione risale
al 1852), pp. 62, Torino, Tipografia ·salesiana, 187?'.
642

67.3 Page 663

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118 - Regolamento per le Case della Società di San
Francesco di Sales, comprendente: a) Il sistema Pre-
oentioo nella educazione à ella gioventù (pp. 3-18) ;
b) Il Regolamento per le Case Salesiane (pp. 19-58) ;
c) Il Regolamento per gli Alunni (pp. 59-100) ,
pp . 100, Torino, Tipografia Salesiana, 18?7.
119 - O pera dei Figli di Maria Ausiliatrice per le vo-
cazioni allo stato ecclesiastico eretta nell'O spizio di
S. Vincenz o de' Paoli in S. Pier d'Arena, pp. 28, S.
Pier d'Arena, Tipogr. di S. Vincenzo de' Paoli, 18n.
120 - Capitolo Generale della Congregazione Salesiane
da convocarsi in Lanzo nel p rossimo Settembre, 1887,
pp. 24, Torino, Ti pografia Salesiana, 18??.
1:21 - Regole o Costitu zioni p er l'Istituto delle Figli r
di Maria SS. Ausiliatrice, aggregate alla Società Sa-
_lcsiana, pp. 63, Torino, Tipografia Salesiana, 1878
1~2 - Deliberazioni del Capitolo Generale della Pia So
cietà Salesiana tenuto a Lanzo Torinese nel settem
bre del 1877, pp. 96, Torino, Tipografia Salesian a
1878.
.
123 - L'Oratorio di San Francesco di Sales Ospizio <J:
beneficenza, pp. 44, Torino, Tipografia Salesia n :1
1879.
124 - Le scuole di beneficenza dell'Oratorio di San F ra ,:
c:esco di Sales in Torino, davanti al Consiglio d
Stato, pp. 32, Torino, Tipografia Salesiana, 1879.
125 - Arpa cattolica o raccolta di laudi sacre in ono
di Gesù Cristo, di Maria Santissima e dei Sant
pp. 80, Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Frall
cescù di Sales, 1879.
126 - Conseils à un jeune homme pour acquérir l'habi -
tude de la vertu, et indication des principales chose:-
qu'il doit surtout éviter , pp. 32, Turin, Imprimeri e
Salésienne, 1879.
643 '

67.4 Page 664

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12? - Courte méthode pour faire le Chemin de la Croix,
Chapelet de N. D. des Douleurs. Du choix d'un éfat
de vie, pp. 32, Turin, Imprimerie Salésienne, 1879.
128 - Manière pratique de s'approcher dignement des
Sacrements de ]a Confession et de la Communion,
pp. 32, Turin, Imprimerie Salésienne, 1879.
129 - Sept considérations pour chaque jour de la se-
. maine, pp. 32, Turin, Imprimerie Salésienne, 1879.
130 - Visite au Très-Saint Sacrement et à la S.te
Vierge. Recueil de n euvaines, chapelets et prières,
pp. 32, Turin, Imprimerie Salésienne, 1879.
131 - Letture amene ed edificanti ossia biografie sale-
siane, pp. 60, Torino, Tipografia Salesiana, 1880.
132 - La figlia cristiana provveduta p er la pratica dei
su oi doveri, negli esercizi di cristiana pietà, per la
recita dell'Uffizio della Beata Vergine e de' princi-
pali Vespri dell'anno, coll'aggiunta di una scelta
1
di laudi sacre, ecc., pp. 496, Torino, Tipografia Sale-
siana, 1881.
133 - All'Eccellentissimo Consigliere di Stato (Ricorso
per le scuole dell'Oratorio), pp. 11, Torino, Tipo-
grafia Salesiana, 1881.
134 - Esposizione agli Eminentissimi Cardinali della
Sacra Congregazione del Concilio, pp. 76, San Pier
d'Arena, Tipografia di San Vincenzo de' Paoli, 1881.
135 - Favori e grazie spirituali concessi dalla Santa Se-
de alla Pia Società di San F1ancesco di Sales,
pp. 132, Torino, Tipografia Salesiana, 1881.
t 36 - Biografie. Confratelli salesiani chiamati da Dio
alla vita eterna nell'anno 1881, pp. 31, Torino, Tipo-
grafia Salesiana 1882.
137 - Biographie du jeune Louis Fleury Antoine Colle
par Jean Bosco pretre, pp. 127, Turin, Imprimerie
Salésienne, 1882.
644

67.5 Page 665

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138 - Deliberazioni del Secondo Capitolo Generale della
Pia Società Salesiana tenuto in Lanzo Torinese nel
settembre 1880, pp. 88, Torino, Tipografia Sale-
siana, 1882.
139 - Biografie dei Salesiani defunti nell'anno 1882,
pp. 64, S. Pier d'Arena, Tipografia' Salesiana, 1883.
140 - Norme generali pei Decurioni della Pia Unione
dei Cooperatori Salesiani, pp. 11, San Pier d'Arena,
Tipografia di San Vincenzo de' Paoli, 1883.
l41 - Biografie dei Salesiani defunti negli anni 1883
e 1884, pp. 48, S. Benigno Canavese, Tipografia Sa-
lesiana, 1885.
142 - Breve notizia sullo scopo della Pia Società Sale-
siana e dei suoi Cooperatori, pp. 3, San Benigno Ca-
navese, Tipografia Salesiana, 1885.
143 - Ammaestramenti ed esortazioni di Don Bosco
alle Figlie di Maria Ausiliatrice da pag. 1 a pag. 8
(come introduzione alle Regole o Costituzioni per
l'Istituto delle FF. di M. A.), pp. 103, San Benigno
Canavese, Tipografia Salesiana, 1885.
144 - Lettera circolare ai Cooperatori e Cooperatrici,
del 15 ottobre 1886, pp. 4, Torino, Tipografia Sa-
lesiana, 1886.
145 - Regolamen1i delle Figlie di Maria Ausiliatrice e
deliberazioni del secondo Capito1o Generale, pp. 100,
Torino, Tipografià Salesiana, 188?.
146 - Deliberazioni del terzo e quarto Capitolo Gene-
rale della Pia Società Salesiana tenuti in Valsalice
nel settembre 1883-86, pp. 28, San Benigno Cana-
vese, Tipografia Salesiana, 188?.
14? - (Postuma) Vita di collegio ossia fatti edificanti
estratti dalle biografie di alcuni giovanetti dell'Ora-
torio di S. Francesco di Sales, pp. 240, San Beni-
gno Canavese, Tipografia Salesiana, 1889.
645

67.6 Page 666

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:48 - (Postuma) Memorie dell'Oratorio di San Fran-
cesco di Sales, dal 1815 a l 1855 (con introduzione e
commento del Sac. E. Ceria), pp. 260, Torino, S.E.I.,
1946.
3) Scritti in serie:
149 - L'amico della gioventù, giomale politico-religioso,
fondato e diretto da Don Bosco fino al 61 ° Numero. ·
Fuso poi con L'Istruttore del Popolo. Torino, Tipo-
gr afia Speirani e Ferrero, 1849.
150 - Tavole sinottiche intorno alla Chiesa C~ttolica,
1851.
151 - Foglietti volanti, 1851.
152 - Bollettino salesiano organo dei Cooperatori Sa-
lesiani, iniziato nell'agosto del 1877 a S. Pier d'Arena
col titolo di Bibliofilo cattolico, e col sottotitolo di
Bollettino salesiano mensuale, S. Pier d'Arena, Ti-
pografia di San Vincenzo de' Paoli. 1877.
153 - « Il Galantuomo. Almanacco Nazionale», iniziato
nel 1854.
4) Probabili scritti di Don Bosco:
t '~ - Le Sette Alle~rezze che gode Maria in Cielo.
Risale verso il 1844-45.
21
'
-
Vita
infelice
di
un
novello
apostata,
pp.
48,
To-
rino, Tipografia P. De-Agostini, 10 dicembre 1853.
31' - Cenno biografico intorno a Carlo Luigi Dehaller
memhro del sovrano consiglio di Berna in Svizzera
e _sua lettera alla sua fami glia per dichiara rle il
motivo del suo ritorno alla Chiesa Cattolica Apo-
C:1 6

67.7 Page 667

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stolica e Romana, pp. 94, Torino, Paravia, 1855.
41' - Vita S. Policarpo yescovo di Smirne e marti--
re e del suo discepolo S. Ireneo, vescovo di, Lione e
martire, pp. 96, Torino, Paravia, Dicembre 185?.
5'" - Esempi edificanti proposti specialmente alla gio-
Yentù. F iori dì lingua, pp. 176, Tprino, Paravia.
aprile 1861.
6-;' - Un'app end ice di 12 Ricordi per i giovani del
mondo, aggiunta a « Germano l'ebanista », anonimo ,
pp. 80, Torino, presso la Direzione delle « Letture
Cattoliche », novembre 1862.
?''' - Diario mariano (anonimo), ovvero ecci tamenti
alla divozione della Vergine Maria SS. proposti i11
· ciascun giorno dell'anno per cura di un suo devot o
pp. 280, Torino, presso la Direzione delle « Lettun
, Cattoliche», giugno -luglio 1862.
81' - Le due orfanelle ossia - le Consolazioni nella
Cattolica Religione (anonimo) , Torino, Tipografi ,
dell'Oratorio di San Francesco di Sales, ottobre
1862.
9"' - Luisa e Paolina. Conversazione tra una giovanr
cattolica ed una g·iovàne protestante (di Mons. D e \\
vie, Vesc. di Belley), traduzione dal francese del
Sac. Giovanni Bosco, pp. 118, Torino, Tipografia del-
l'Oratorio di San Francesco di Sales, marzo 1864
10''' - ll cercatore della fortuna (anonimo), Torino, Tipo -
. grafia dell'Oratorio di San Francesco di Sales, Giu-
gno 1864.
11'., - Un'appendice al fascicolo .Storia dellà inquisizio-
ne, intitolata: Maria provvidenza e soccorso di chi
prega, pp. 53-92, Torino, Tipografia dell'Oratorio di
San Francesco di Sales, maggio 1865. ·
12'< - La perla nascosta (di S. Em. il Card. Wise-
man), traduzione dal Francese, corretta da D. Bo
647

67.8 Page 668

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sco, pp. 118, Torino, Tipografia dell'Oratorio di
San Francesco di Sales, Febbraio 1866.
13* - Lo spazzacamino, farsa aggiunta al fase. Da-
niele e i suoi tre compagni in Babilonia, pp. 45 -64,
Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco
di Sales, 1866. .
141' - I Papi da San Pietro a Pio IX~ Fatti storici,
pp. 96, Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Fran-
cesco di Sales, gennaio 1868.
15* - Il pio scolaro ossia la vita di Giuseppe Quaglia
chieriéo cantore nella Chiesa di San Carlo di Mar-
siglia, tradotta dal Francese per cura della Direzione
dell'Oratorio di San Francesco di Sales, pp. 160,
Torino, Tipografia dell'Oratorio di San Francesco di
Sales, febbraio 1877.
16* - Scelta di laudi sacre ad uso delle missioni e di
altre opportunità della Chiesa, pp. 80, Torino, Ti-
pografia dell'Oratorio di San Francesco di Sales,
18?9.
5) Collane fondate da Don Bosco (oltre le « Letture
Cattoliche >):
- Selecta ex latinis scripforibus (progettata già nel
settembre 186? per l'edizione dei classici latini pur-
gati), Torino, Tipografia Salesiana, 1868.
2 - La Biblioteca della gioventù italiana (annunziata
il 18 novembre 1868, iniziava le pubblicazioni il
9 gennaio 1869 coii la Storia della lettera-tura italia-
na del Maffci. Terminavale nel 1885 col 204° volu-
metto. · Scopo: edizione dei classici italiani purgati.
Dirett.: D. C. Durando), Torino, Tipografia Salesia-
na, 1869.
648

67.9 Page 669

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3 - Latini christiani scriptores in usum scholarum
a cura del Sac. Giovanni Tamietti. Iniziò con la
pubblicazione del . De viris illustribus di S. Girola-
mo, Torino, Tipografia Salesiana, 1875.
4 - Piccola collana di letture drammatiche per istituti
di educazione e famiglie, diretta da sacerdoti esper-
ti sotto la guida e per incarico del Sac. Giovanni
Bosco, Torino, Tipografia Salesiana, 1885.
5 - Letture amene ed educative (annunziata nel 1886),
Torino, Tipografia Salesiana, 1887.
6) Raccolte dagli scritti di Don Bosco:
- Deliberazioni dei sei primi Capitoli Generali della
Pia Società Salesiana precedute dalle Regole o Co-
stituzioni della medesima, pp. · 383, San Benigno
Canavese, Tipografia Salesiana, 1894.
·
2 - GIOVANNI Bosco-RuA MICHELE, Lettere circolari
ed altri loro scritti ai Salesiani, pp. 140, Torino,
Tipografia Salesiana, 1896.
3 - Lettera circQlare di Don Bosco ed altri suoi scritti
ai Salesiani (n. 14), pp. 54, Torino, Tipografia Sa-
lesiana, 1896.
4 - Pensées édificantes extraites de ses divers écrits et
distribuées pour chaque jour de l'année. Traduction
de M. l' Abbé Jaunay pretre Salésien, pp. _120, Mar-
seille, Écol e Tipographique Saint-Léon, 1898.
5 - Le vite dei Papi dei tre primi secoli: Vol. 1: da S.
Pietro a S. Pio I (anni 29-167), pp. 528, Torino, Li-
breria Salesiana Editrice, 1902.
6 - Voi. 2: da S. Aniceto a S Stefano I (anni 167-260),
pp. 304, Torino, Libreria . Salesiana Editrice, 1902.
7 - Voi. 3: da Sisto II a S. Melchiade (anni 260-313),
649

67.10 Page 670

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pp. 266, Torino, Libreria Salesiana Editrice, 1902.
8 - La Vertu et les Bieméances chretiennes, pp, 29J, Ni-
ce, Imprim. Sqlés., 1910.
9 ~ Il collegiale modello. Consigli ed esempi tratti dal-
le opere di Don Bosco, pp. 151, Torino, S.E.I., 1931.
7) Epistolario di S. Giovanni Bosco, contenente più
di 2.700 lettere (di prossima: pubbli cazione, a cura del
Sac. Eugenio Ceria, presso la S. E. I).
I
8) Opere e Scritti Editi e Inediti di Don Bosco, nuo-
vamente pubblicati e riveduti secondo le edizioni origi-
nali e manoscritti superstiti, a cura della Pia Società
Salesiana, Torino, S. E. I. Già usciti i pTimi 'quattro
volumi, per opera del Sac. Alberto Caviglia.
I
650

68 Pages 671-680

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68.1 Page 671

▲back to top
VI.
SCRITTI SU DON BOSCO
NB. Per svariaie circostanze questa lista è lungi dal-
l'essere completa. Tutti i Confratelli si sentiranno in-
coraggiati nella loro ammirazione filiale e contribui-
ranno certamente a segnalare ogni voce mancante.
A) EUROPA-AMERICA
I. Lingue latine
1) ITALIANO
Acns PIETRO, Buona Notte, pag. 287, Torino, Tip.
Sales., 1906.
ALFANI, Battaglie e vittorie, Barbera, 1902.
ALBERA PAOLO, Don Bosco modello del Sacerdote Sale-
siano, pag. 87, Milano; Tip. Sales., 1926.
, ALBERTOTTI GrovANNl, Chi era Don Bosco, pag. 100, G e-
ALIMONDA Card. GAETANO, Giovanni Bosco e il suo
nova, Poligrc;lfia S. Giorgio, 1929.
secolo, Orazione Funebre 1° marzo 1888, pag. 52,
Torino, Libreria Salesiana, 1888.
651

68.2 Page 672

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AMADEI ANGELO, Don Bosco e il suo aposto lato, 2 Vol.,
p ag. ·526-55?, Torino, S.•E. I., 1940.
ANZINI ABBONDIO, Don Bosco, Com m emorazione tenu ta
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s. - ,.. .4. P.
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D. S. - Sac. GIOVANNI Bosco, Vita di Domenico Savio.
F. B . - Sac. GIOVANNI Bosco, Vita di Francesco Besucco.
G. P. - Sac. GIOVANNI Bosco, 11 G iovane Provveduto.
c. - L.
Sac. GIOVANNI -Bosco, Vita di Luigi Fiorito Coll e.
M. B. - Memorie Biografiche di Don Bosco, in 19 volum i.
M . M . - Sac. GIOVANNI Bosco, Vita di Michele Magone.
M. O. - San Grov ANNI Bosco., Memorie dell'Oratorio di Sar,
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(6) M. B., VII, 803; X, 1280.
(7) M. B., Xl, 390.
\\8) M. B., XVIII, '2H.
19) M. B., IX, 527; XlU, 878,
~oO.
00) M. B. , X, 1017-18.
(11) M. B .._XI, 169.
(12) M. B., VII, 834-5.
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(14-) M. B., VI, 302.
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(22) M. B., I, 73.
(23) M. B., VIII, 185.
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(25 ) M. B., VII, 524-5-
(26) M. B., IV, 334 ~7.
{27) M . B., X , 650·1.
(2 8 ) M . B ., II, 26-7.
(29) M. B., VI, 411.
(30) M. B .• I, 248.
(31) M. B., IV, 184.
(32) M. B., VI,I, 600
(33) M. B., IX, 599.
(34) M. B., XIII, 8()2-3.
(35) M. B., VIII, 80 .
(36) M. B., XII, 2.8 .
(37) M. B. , III, 91.
(38) M. B., III, 106-7.
<3~> M. B .• vn. 823 .
(40) M. B.. VII, 822.
(41) M. B .. XIV, 840.
(42) M~ B., XVII , 109.
(43) M . B., XIV, 840; lll.
126; IV, 553; VI, 40 2,
(44) M. B., VII, 526.
(45) M . B., XVII, 108 .
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:51) M. B., IV, 755: •XIII.
247; III, 125.
(52) M. B., I, 382-3 .
(53) M. B., III, I 25.
(54} M. B., III, 106.
(55) M. B ., II, 31; G . P.
P. I, Sez. II, b. 1.
! 513 ) M. B., I, 45.
(5 7) M. B., IV, 202-3 .
!58) M. B., XV, 375.
/59 ) M . B., IV , 450 .
(f50 ) M. B., IV, 456 .
(f3l) M . B., IV, 453.
(132) M. B., IV, 452 .
(63) M . B., IV, -1 56; XI, 348;
TU, 1313 .
(64ì M. B., VIII, 351.
/65) M. B., IV, 451.
:66) M. B., IV , 455 .
(67) ]Il[ . B., V, 790; XI, 225- ~.
(68) M. B. , XVIII; 701-2: X,
946.
(69) Mi. B. , XVII, 243-6.
(7,0) M. B., IX , 859.
/71 ) M . B. , XIX, 32 2
(72) M. B., XIX , 32 3.
i 73) M . B., I, 232 :
(74) M. B., III, 150
(75) M. B., III, 151.
176 ) M. B., IV, 45 1
(77 ) M. B., III, 3 21
(78) M . B., III, 105
(79) M. B. , V, 793.
(80) M. . _B., III, 149.
(81) M. B., XVIII, 380.
(82) M. B., XIII, 828 .
(83) M. B., III, 106.
(84) M. B., V, 347.
(85) M. B. , VII, 855 .
(86 ) M ,, B. , XV, 76 , nota. 2•.
(87) M. B ., XI, 222 .
(88 ) M. B., V, 347.
(89) M . B., III, U5 .
708

73.9 Page 729

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1ftl)1 M. tJ. , Lll. 1à1.
1!llJ M. B., 1\\7, 34i.
(92) M. B. , IX, i50; X., ttilf.
(93) M. B., III, 231.
(94J M. B., III, 5!:1 2.
(95) M. B., IV, 694.
(96) Rcgolam. 1877, I:'. I,
C. XVI, D1,i 'featr1uo
M. B., X., 1057.
(!:!7) M. B., X, 1057.
(::J!S)Reoolam. l!S77, P. 1.
C. XVI, Cose da esclo·
dersi, 5.
(1-l!:J) M. B., X, 1057.
(100 ) Sac. E. CERIA, l'ro(ih
dei Oapitot.ari Salesiani.
L.D.O., Colle Don Bosco
(Asti), 1951, p. 396.
OOlJ M. B., III, 601.
(t02) M. B ., XII. 135; X.Hl.
31; X, 1057.
(103) Reoolam. 1877, P. I ,
C. XVI. Materia adatta,
1; M. B •• X, 1057.
004) X, 1057.
(105) Reoolam. 1877, P. I.
C. XVI, Materia adatta, 1·2 .
(106) Reoolam. 1877, P . I,
C. XVI. Materia adatta. 2
1107) M . B., III, 594.
(108) M. B., III, 594.
009) Reoolam. 1877. P . I .
C. XVI, Materia adatta, 2
1110) Reoolam . 1877. P. I.
C. XVI, Materia adatta, 3 .
1111) M. B .. XII, 135·6
012) M. B .. XIV, 839.
UlSj Reaolam. 1877, F. T,
C. X VI, Cose da esolu·
dersi, 6.
(114) M. B., XII, 231.
(115) M. B., XII, 140.
(116) Reoolam. 1877, P. I,
C. XVI, Doveri del Capo
del Teatrino, 5; M, B.,
VI, 106.
lll 7) Regolam. 1877, P, I.
C. XVI, Doverl del Capo
del Teatrino, 15.
111 8 ) Reoolam. 1877, P. ·I.
e. XVI, Doveri del Ca.po
del Teatrino, 7.
(119) Reaolam. 1877, P. I, c.
XVI, Doveri del Capo del
Teat rino, 2; M. B., VI, 106.
(120) M. B., IV, 14; X, 1057.
(121) Regolam. 1877, P. I,
C. XVI, Doveri del Capo
del Teatrino, 8.
(122) M. B., IV, 14.
(123) Regolam. 1877, P.
C. XVI. Cose da esclu·,
dersi, 3.
i 124) Reoolam. 187 7. P. i,
C. XVI, Cose da esclu-
dersi 2.
(125) Regolam, 1877, P. I,
C. XVI, Cose da es0Ju-
de1'8i , 3.
1126) Regolam. 1877, i>. I,
C . XVI. Cose da ElsoJu-
dersi, 5.
(127} M. B., 111, 594.
/128) Reoolam. 1877, P. I,
C. XVI, Doveri del Ca.po
del Teatrino, lu.
',!:l• / Il)
709

73.10 Page 730

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(129) M. B .• XIX, H.
(130) M. B.. XlX, 23,1.
(131) M. B •• XIX , 319-20.
(132) M. B., I, 223.
(133) M. B •• I, 251-2,
(134) M. B., I, 514-li .
(135) M. B., I, 358.
CL36) M. B •• I, 319 .
(137) M. B., I, 317-3,
(138) M. B., I, 130 , 32!1.
(139) M. B., I, 182.
(140) M. B., I, 317.
(141) M. B., I, 252-3.
r142) M. B., I, 433.
043) M. B., I, 394·5.
(144) M. B., XVIII, 364.
(145) M. B., I, 434; VII, 462 .
(146) M. B., V, 57?..
(147) M. B., IV. 639.
(148) M. B .• I, 319.
(149) M. B., VI, 407-8.
(150) M. B .• VII, 121-J.
(151) M. B •• IV, 650.
(152) M. B., 1, 319.
(153) M. B., XVII, 44 i.
(154) M. B •• II, 556-1.
(155) M. B., II, 256.
(156) M. B., II, :150-l.
(157) M . B., II, 556.
(158) M. B., III. 450.
(159) M. B., III, 572·3.
(160) M. B., V, 531.
(161) 111. B., XV. 704.
(162) M . B., V, 553.
(163) M. B .. V, 753.
(164) M. B .. V, 784.
(165) M. B. , XII , 35~-
(166) M. B., V, 360-1.
tl57) M. B .. V, <13~ .
(168) M. B .. VI, 772.
(169) M. B. , XI, 217.
(170) M. B., VII, 446.
{171) M . B., IV, 059.
<172) M. B., V, 34.
ll73 ) M. B., V, 540 .
(174) M. B. , VII, 56,
U 75) M. B., VII, 56.
(176) M. H. , VII, llo.
(177) M. B., VII, 119.
(178) M. B., VII, 788; XV. HO.
(179) M. B., X, 946.
(180) M. B., IV, 665.
(181) M. B., XVII, 569.
(182) M. B., XI, 215-6.
(183) M. B., XVIII, 184.
(184) M. B., XVIII, ìOU.
(185) M. B., XVIII, 701.
(186) M. B., Il, 558-9.
(187) M. B ., XIII, 826 e segg.
(188) M. B., XIII, 65.
(189) M. B., III, 448.
(190) M. B., III, 447-9.
(191) M. B., VI, 345-G.
(192) M. B., VI, 528.
(193) M. B., VI, 347.
(194) M. B., VI, 347-8.
(195) M. B., XI, 349.
(196) M. B., VIII, 927.
(197) M. B., IX, 428.
(198) M. B., IX, 356.
1199) ~- B., IX, 429.
(200) M. B ., IX, 432.
(201) M. B., XV, 441, DOUI,
(202) M. O. , p. 109-110; M.
B., 1, 411.
(203) M. B., IV, 63~.
710

74 Pages 731-740

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74.1 Page 731

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(204) M. B., IV, 636.
(2 40 ) M . B., V, 498.
(205) M. B., IV , G35.
(2H I M . B. , V, 498.
(206) M. B., V, 326.
(24 2) M. B., V, 497.
(207) M. B., IX, 426·7.
(243) M. B., V, 498-9; CiviUà
(208) M. B,, XI, 430.
Cattolica, a. XIII, s. V,
(209) M. B., XI, 29.
v. III, p . 474.
(210) M. B., XIII, 286.
(244) M. B., VI, 291-3.
(211) M. B., IX, 427.
(245) M. B. , V, 499.
(212) M. B., IX, 426.
(246) M. B ., V, 503.
(213) M. B., X, 205.
(247) M. B., V, 504.
(214) M. B., XIX, 318-9.
(248) M. B., II, 330.
(215) M. B., XIX, 234-5.-
(249) M. B., V, 576-7.
(216) M. B., XIX, 102.
(250 ) M. B., III, 3 13-4.
(217) M. O., p. 110-11 1: M. (251) M. B. , VIII, 11 8.
B., I, 411.
(252) M. B., X, 688 .
(218) M. B., VIII, 784; VII, (253) M. B. , II, 396-7.
388-9.
(254) M. B., XVII, 851.
(219) M. B., V, 502.
(255) M. B., II, 393.
(220) M. B., VIII, 605.
(256) M. B., II, 392.
(221) M. B., V , 888.
(257) M. B., II, 394.
(222) M. B., I, 423.
(258) M. B., II, 396-7.
(223) M. B., XV, 430.
(259 ) M. B., IV, 649; Civiltà
(224) M. B., XVII; 125.
Cattol-ica, a. IV, s. II, v. III,
(225) M. B., V, 883.
p. 112.
(226) M. B., IV, 649-50.
(260) M. B., IX, 426.
(227) M. B., II, 192-3.
(261) M. B., V, 33.
(228) M. B., X, 1351.
(262) M. B., IV, 573.
(229) M. B., IV, 650.
(26 3) M. B., XIII, 866.
(230) M. B., II, 270; 392; 193. (26 4) M. B., IX, 106.
(231) M. B., XII, 160.
(265) M. B., X, 1352.
(232) M. B., II, 194.
(266) M. B., XI, 435-6.
(233) M. B., V, 578-9.
(267) M. B., VIII, 925.
(234) M. B., V, 158.
(268) M. B., XIII, 4-01.
(235) M. B. , V, 449.
(269) M , B., IV, 290.
(236) M. B., IV, 208.
(270) M. B :, IX, 56!J.
/
(237) M. B., IV, 650.
(271) M. B., III, 353.
(238 ) M. B., VII, :123 -4, 474. (272) M. B., III, 360.
1239) M. B., V, 118.
(27a ) M. B., Xl, 20,l.
711

74.2 Page 732

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(274) M. B., IV, 542.
(275) M. B., IV, 679.
(276) M. B., VI, 592.
(277) M. B., VI, 516.
(278) M. B., XV, 563.
(279) M. B., XII, 255.
(280) M. B., VII, 602.
(281) M. B., III, 166.
(282) M. B., XII, 376.
(283) M. B., XII, 79.
(284) M. B., X, 1056.
(285) M. B., X, 1100-1.
(286) M. B., XIII, 248.
(287) M. B., X, 1118.
(28 8) 111 . B., VII, 837 • .
(289) M. B., IV, 190.
(290) M. B., XI, 352; X , 1117.
(291) M. B., V, 672·3.
(292) M. B., IX, 818.
(293) M. B., XVIII, 476.
(294) M. B., XIV, 9.
(295) M. B., XIV, 474.
(296) M. B., XI, 224.
(297) M. B., X, 1026.
(298) M. B., XIII, 434.
(299) M. B., VII, 508.
(300) M. B., III, 341.
(301) M. B., X, 292.
(302) M. B. , XVII, 175.
(303) M. B., VIII, 150.
(304) M. B., XIV, 424.
(305) M. B., VI, 189.
(306) M. B., III, 21!l-20.
(307) M. B., III, 216-19.
(308) M. B., XII, 26.
(309) M. B., VIII, 39.
(310) M. B., X, 1103.
(311) M. B., VI, 721.
(312) M. B. , VIII, 229.
(313) M. B. , XI , 523.
(314) M. B., IX, 455.
(315) M. B. , VIII, :rn.
(316) M. B., XIII, -iO 0.
(317) M. B., IV, 73.
(318) M. B., IV, 73- 8.
(319) M. B. , XIII, 758•9.
(320) M. B., IV, 55 .
(321) M. B., III, 617.
(322) M. B., XIII, 428.
(323) -M. B., VI , 17.
(324) M. B. , VII, 292.
(325) M. B., VII, 818.
(326) M. B. , XII, 32.
(327) M. B. , VI, 12; X, 1322;
XIII, 757; XI, 407.
(328) Curaro babe de bono
nomine (Eccli., XLI, 15).
(329) S. FRANOESCO DC S ALES,
La Fflotea, P. III, C. VII,
trad. E. Ceria. S.E.I., 'l'o-
rino, 1940.
(330) ùuc., VII, 44-7.
(331) S. FRANCESCO DI SALES,
La Filotea, P. III, C. XXV.
(332) S. FRANCESCO m SALES,
,La Filotea, P. III, C. V.
(333) S. FRANCESCO DI SALES,
La Filotea, P. III, C. XXIV.
(334) M. B., VI, 211.
(335) M. B., XII, 333.
(336) M. B., VI, 211.
(337) M. B., VI, 215.
(338) M. B., VI, 216.
(339) M. B., VI, 210.
(340) M. B., VI, 220.
(341) M. B., VI, 218.
, 712 .

74.3 Page 733

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,·u2 l M. B., vn. o o.
(377> M. l:J., ·v, 163.
'343 ) M. B., XII, 368.
(378) M. B. , Xll, zl.
(344) M. B,, X, 1115 .
(379) M. B., XIV, lS47.
(345) A, P. S., p, 3H·5,
(346) M. B., X, 1022.
(380) M. B., VIII, lU.
<381) M. B., xn. oi>.
(347) M. B., XIV, 346.
(382°) M. B., VII, 680.
(348) M. B., X, 1081.
(383) M. B., VII, 680.
{349 1 M. B., IX, 996.
(384) M. B., IV, 336.
(350) M. B., I, 68.
(385) M. B., VI, !IU.
(351) M. B., I, 55,
(386) M . B ., VII, 601.
(352) M. B., IV, 679,
(387) M . B., XII, ~2.
(353) M. B., VII, 447.
(388) M. B., XII, 67f>.
(364) M. B., III, 370,
(389) M. B., VII, 681.
I
(355) M. B., VII, 507.
(390) M. B., VII, ~36.
(356) M. B., XI, 253.
(391) M. B ., VI, 442.
1357) M . B., VII, 418; VIII, (39~) M. B., XI, 52~.
869.
(393) M. B., Vll, t>SU-l.
(358) M. B., IX, 986.
(394) L. O. , Capo H.
(359) Omnia tempus babent (395) M. B., IX, 933.
(Eccle., III, 1).
(396) M. B., XI, 27 8 ·9.
(360) M. B., IV, 3,
(397) M. B., VIII, 165 -IJ.
(361) M. B., V, 515,
(398) M. B., III, 131·2.
(362) M. B., I, 401,
(399) M. B., VI, 104.
(363) M. B., XII, 610.
(400) M. B., III, 615.
{364) M. B., XII, 605; III, 166. (401) M . B., VI, 101-2.
(365) M . B., VII, 519.
(402) M. B., VII, 682.
(366 ) M. B., VIII, 43.
(403) M. B., IX, 352.
(367) M. B. , Xl, 232.
(404) M. B., IV, 206.
(368 ) M. B ., Xl, 232.
l405) M. B., III, 6H.
(369) M. B., XIII, 259.
l406) In ore fatuorum cor 11·
(370) M. B., VI, 319.
Jorum, et in corde sa.pien•
(3 71) M. B. , VI, 353.
t.tum os illorum (Eccli., XXl,
(372) M. B., VI, 355,
29); M. B., VI, 213.
{373) M. B ., I, 118 · 19 .
1407 ) M. B., IV, 553-4.
(374 ) M. B., I, 308.
<408) M. B., VI, 213.
'.3 75) M. B .. IV, 212.
0
(37 Phil,. IV, 1; M . B. ,
(409) M. B., VI, 694.
!410) M . B., VIII, 831.
XII, 22.
!Uli M . B., IV, 439 .
713
Il

74.4 Page 734

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(412) M. B •• vr. 404.
(413) M. B., VI, 405.
(414) M. B., V, 346.
(41 5) M. B., V. 515.
(416) M. B., VII, Hl.
(417) M. B., XI. 445.
(418) .M. B., IX, 962 .
(419) M : U,, VII, 251 ·1 .
(420) M. B., X, 6(8,
(421) M. B., III, 18,
(422) M. B., III, l\\l.
(423) M. B., V, 926,
(424 ) M. B., VII, 484..
<425> M. IJ., xI. 322.
(426) M. B., XI, 409.
(427) M. B. , XII, 133.
(428) M. B., XVI, 177.
(429) M. M., capo XTTL M.
B., VI, 120.
i 430) M. B., III, 108; IV. 554:
X, fi86, 1045; XII, 585.
(431) M. B., XII,585; IX, 172 .
(432) M. B. , XIV, 383.
<433) M. B., III, 607-8.
(434) M . B., XII, 447.
1435) M. H., XIII, SOL
(436 ) M. B., XII, 447.
(437) M. B. , III, 607.
(438) M. B., VII, 252.
(439) M. B., VIII, 129 ·32,
(<140) M. B., VI, 99.
(441) M. fl., VIII, 941.
(442) M . H., VI, 969.
(443) M. B., VIII, 941.
(444) M. B., X II, 278.
(445) M. B., III, 607.
(446) M. B., III, 165.
(H7) M. B ., XIII, 89.
<44131 M. B., IX, 173 .
(H9} M. B., XII, H1.
(450) M. B., V, 649 ,
(451) M. B., IX, 861.
1452) M. B., V, 10,
(453) M. B., VII, 2413 .
(454} M. B., VII, 69i.
(455) M. B., VIII, 174.
WS6) M. B., VII, 581·2.
U57J M. B. , IX, 436.
(458) M. B., VIII, 238.
1459) M. B., XVIII, 860 .
(460 ) M. B., III, 614.
(461) M •. B., VI, 389.
(462) M. B., VIII, 931.
(463) M. B., xvn. 211.
(464 ) M. B., X, 35.
(465) M. B. , XVII, 376.
i466 i M. B., VI, 63.
(467 J Gal., V, 24. "
(468) M. B., V, 169.
(469J M. B., XIX, 113-U.
(470) Haec est enim vol untaa
Dei , aanctiflcatio vestra: ut
abstineatis vos a fornica·
tione... Non enim vocavit
nos Deus in irorÌi.unditiam,
sed in sanctificationern (/
Thess., IV. 3,· 7).
(471 ) PIROT, Santa Biòbia,
v. XII, p. 156.
(47 2 l 2-2, q, 8 1, a, 8, Cfr.
Sac. P. RICALDONE, I Voti,
Castità, n. 4, p. 7, L.D.C..
Colle D. Bosco (Asti), 1944.
(473 ) M. B., V, 162.
/474 ) M. B., XVII, 723.
(475) M. B ., V III, 3H.
714

74.5 Page 735

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(476) M. B., XVIII, 19.
(477) G. · P., P. I, Sez. Il,
a. 3; M. B., VI, 63,
(478! M. B., VI, 64-5.
(479) M. B., IV, 478.
- (480) M. B., XVII, 77.
(481) M. B., V, 162.
(482) M. B., VII, 168.
(483) M. B., V, 596.
(4 84) M. B., V, 163.
(485) M. B., VII, 81.
(4 86) M. B., IX , 706-7.
(4 87) M. B., IX, 387; III, 3H.
(4 88) M. B., VII, 192.
(489) PIO XI, E'nc. Divini
ìllius Mayistri, 31 dicembre
1929.
(490) Sac. P. RICALDONE, 1
Voti, Castità, n. 36, p.
130-38, L.D.C., Colle DoD
Bosco (Asti), 1944.
(491) M. B., V, 166.
(492) M. B., XIII, 85.
(493) M. B., XIII, 84.
(494) M. B., XIII, 247.
(495) M. B., VIII, 490.
(496) M. B., VIII, 41.
(497) M. B., X, 37.
/ (498) M. B., II, 164.
(499) M. B., XVII, 367.
(500) M. B., X, 1043.
(501) M. B. , XIV, 841.
(502) M. B. , XVII, 434.
(503) M. B., X, 1043.
(504) M. B., XVII, 376.
(505) M. B., V, 347.
(506) M. B., XIII, 431.
(507) M. B., XIII, 801.
(508) M. B., XIV, 841.
(509) M. B., XIII, 85.
(510) M. B., XII, 17.
(511) M. B., XIII, 85.
(512) M. B., XIII, 247.
(513) M. B., XII, 16.
(514) M. B., III, 129.
(515) M. B., V, 729, 278.
(516) M. B., XII, 36 2.
(517) M. B., XIII, 433.
(518) M. B., XII, 143.
(519) M. B., V, 163.
(520) M. B., XII, 22.
(521) M; B., VII, 696.
(522) M. B., XIII, 799-800.
(523) Regolam. 1920, art. 320
(524) M. B., XII, 143.
(525) M. B., XII, 143,
(526) M. B., XII, 32.
(527) M. B., XII, 143.
(528) M. B., XII, 556.
(529) M. B., V, 1.63.
(530) M : B., V, 158.
(531) M. B., III, 592.
(532) M. B., IX, 386.
V, (533) M. B., 163.
(534) M. B., XIII, 802.
(535) M. B., XIII, 432.
(536) M. B., XIII, 85.
(537) M. B., IV, 190. ,
(538) M. B., XI, 274-5.
(539) M. B., XIII, 801.
(540) M. B., XIII, 279-80, 433;
IV, 184.
(541) M. B., VIII, 34.
(542) M. B., XIII, 803.
,(543) M. B., XIII, 247; XII,
606.
715

74.6 Page 736

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(5U) M. B., XIII, 804.
(545) M. B., XIII, 804.
(546) M. B., XIII, 273.
(547) M. B., XII, 144.
(548) M. B., XIII, 804·5.
(549) M. B., XII, 564-5.
(550) M. B., VII, 404.
(551) M. B., Ili, 466.
(552) M. B., IX, 458.
(553) M. B., VI, 7·9.
(554) M. B., XII, 583.
(555) M. B., XVII, 192 .
(556) M. B., XIV, 850.
(557) M. B., XVII, 186.
(658) M. B., X, 37.
(559) M. B., XIII, 273.
(560) M : B., XVII, 191.
(561) M. B., II, 154.
(562) M. B., XVII, 112.
(563) M. B., VI, 391.
(564) M. B., XIII, 398.
(565) M. B., X, 1025.
(566) M . B., XII, 567.
(567) M. B., X, 1043.
(568) M. B., X, .38.
(569) M. B., IV) 566-7.
(570) M. B., IV, 567 .
(571) M. B., VIII, 40; IV, 568.
(572) M. B., IV, 569.
(573) M. B., VIII, 41.
(574) M. B., XII, 150.
(575) M. B., IV, 569.
(576) M. B., IV, 57·0.
(577) M. B., IV, 569.
(578) M. B ~, IV, 570.
(579) M. B., VIII, 43.
(580) M. B., VII, 83fì .
(581) M. B., VIII, 41.
(582) M. B., VIII, 165, 930,
931; VI, 104; VII, 233. 292.
(583) M. B., VIII, 534..
!584) B. s., Agosto 1899, PB·
gina 193.
1585) M. B., III, 605,
(586) M . B., X , 244.
(587) L. C., capo II.
(588) M. B.,. VII , 761.
(589) M. B., XVIII, 700.
(590) M. B., VII, 252.
(591) M . B., IX, 401.
(592) M. B., XIV, 511.
(593) Jo., XI, 52.
(594) M. B:, II, 45.
(595) M. B ., X, 31.
(596) M. B., II, 348-9.
(597) M. B., X, 31.
(598) M. B., XII, 209.
(599) L.D.C., Colle Don Bosco
(Asti), 1947. ·
(600) M. B., X, 64.
(601) M. B., Il, 214.
(602) M. B., III, 98, nota..
(603) M. B., VI, 815.
(604) M. B., VI, 76, 381.
(605) M. B., XVII, 562.
(606) M. B., VI, 697.
(607) M. B., XIII, 427.
(608) L. C., capo II.
(609) M. B., III, 7.
(610) M. B., XIII, 889.
(611) M. B., IX, 932.
(612) M. B., XII, 82.
(613) M. B., XIII, 283.
(614) M. B., IV, 683.
(615) M. B., XIII, 284.
(616) M. B., IX, 307.
716

74.7 Page 737

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(617) M. B., VI, 173.
(618) M. B., VI, 991.
(619) M. B., IV, 450; III, 110.
(620) M. B., VI, 173.
(621) M. B., VI, 9.
(622) M. B., IV, 555.
(623) M. B., XIII, 270, 804.
(624) F. B., capo XIX.
(625) D. S., capo XIV.
(626) M. B., XI, 221.
(627) M B., IV, 556.
(628) M. B., III, 162.
(629) M. B., XIII, 270; VIII,
54.
(630) M. B., XI, 278.
(631) M. B., IV, 337-8.
(632) M. B., III, 163.
(633) M. B., IX, 932.
(634) M. B., X, 1021.
(635) M. B., XIII, 827.
(636) M. B., X, 1021.
(637) M. B., III, 162.
(638) M. B., VI, 387.
(639) M. B., III, 160.
(640) M. B., XI, 308.
(641) M. B., III, 163.
(642) M. B., III, 163.
(643) M. B., XII, 9l.
(644) M. B ., VII, 720.
(645J F. B., capo V1.
(646) F. B., capo X I X.
(647) M. B., XIII, 270.
(648) M. B., III, 353 .
!649) M. B., XVII, 113
1650) M. B., XVI, 169.
1651) M. B., II, 532; rn. 5~-~
'652) M B., VI, 385-6: M . M ..
capl IIl e IV.
(653) M. li., Vl, :!90.
(654) M. B., XIV, 842; VI,
885-6.
(655) M. M., car,o V.
(656) M. B., Il, 153.
(667) F. B., capo XIX.
(658) M. B., XVIII, 438.
(659) M. B., XIV, Ì26.
(660) M. B., XV, 605.
(661) M. B., VII, 678·9.
(662) M . B ., II, 259.
(663) M. B., IV, 555.
(664) M. B., III, 112; IV, 54,
56; VI, 853, 1071.
(665) S, FRANCESCO DI SALES,
LeJ.t. a M.me Bourgeois,
9 settembre 1604.
(666) PIO Xll, Enc. Mediator
Dei, 20 novembre 1947,
P. Il, Sez. II, c.
(667) M. B., IV. 457.
\\668) M. f;J., XI, 522.
(669) M. B ., VI, 320.
(6701 M. B., VIII, 49.
(67lJ M. B. , XII, 29.
1672) M. B.. VII, 680.
rf:i73J M. B., VII, 583, 685.
(674J M. B., VII, 293.
ttl?5i _M. B ., III. J 5·16; V',
152-6; VJ, 931 ; VII, 525;
X. 32 .
1ò761 Sao . P . RIOALDONE, La
Pietà. Maria Ausiliatrice,
L.D .C., Colle Don Bosco
(À.Stl), 1951.
liì77) Sao. P. RIOALDONE, La
Pietà, Il Papà, L.D.C.,
Colle D. Bosco (.Asti), 1951.
71"7

74.8 Page 738

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'
1678) ln omnlbns operibua 1,u1s
memora.re uovissima tua, et
In aeteruum non peccabis
(Eccli., VII, 40).
(679) M. B., XI, 4-64.
(680} M. B., IV, 683.
(681) M. B. , IV, 117.
(682) M. B., TV, 638; XC, 268:
XII,
459,
4 71,
1
490;
III.
35/i.
(683) M. B., III, 221 ·4-.
(684) M. B., XIII, 66, 4-38.
(685) M. B., III, 136.
(686) M. B., III, 294-.
(687) M. B., VIII, 3,51-3; lX,
33-7: X, 32-4.
(688) M. B., XIX, 100-l.
(689) M. B., XIX, 156.
(690) M. B., III, 605.
(691) M . B., XVIII, 702.
(692) M. B., XVIII, 791.
(693) M. B., V, 706·7.
(694) M. B .. V, 50 9 -10 .
(695) M. B., XVII, 108.
(696) M. B., XVUI, 701.
(697) Sac. Prof. G. LORENZINr ,
L'Orient.amento Professionale
nello prassi ~ducati'Va. sale·
siano. (Relazione letta al
I Congresso Naz. <li Orienta·
mento Professionale. Torino.
1948). Ve<li ancbe Sac. Prof.
.ALBERTO CAVIGLIA. L'Orien-
i,amenfo Pro fessi.anale nella ·
Tradizione e n ell'Opera di
Don Bosco, in , Sal esianum
(a. IX, n. 4, p. 553-76\\.
(698) M. B. , XVJJ, 616.
(699) G. P., P. I, Sez. Il, a,, 6.
,1001 Il Pelr. , I, 10.
(70l) M. B., VIII, 55.
(702) M. B., XIII, 407.
(703) M. B., XIV, 125-6.
(704) G. P., P. II, c. vrr, 6.
(705) G. P ., P. I, Sez. Il, a, 6.
(706) M . B., VII, 292.
(707) M. B., XVII, 77,
(708) M. B., XVIII, 20.
(709) M. B •., I, 453.
(710) G. P., P. I, Sez. Il, a, 6.
(711) M. B., XIII, 39f)-4 00.
(712) M. B., XIII, 422-3.
(713) M. B., VII, 828.
(714) M. B., VII, 831-2.
(715) M.. B., VII, 832-3.
(716) M. B., I, 287.
(717) M. B., I, 296.
(718) M. O., :p. 80: M. B.,
I , 287.
(719) M. O., p. 80-1; M. B.,
I, 363-7.
t720) M. B., V, 411.
(721) M. B., V, 399.
(722) M. B., V, 70 4-6.
(723) M. B., XII, 87 .
(724) M. B., XIII, 422-3,
(725) M. B., V, 400 -1.
(726) M. B., V, 402 -:L
(727 ) M. B., V, 403-4.
(728) M. B. , XII, 3:12-3 ,
(729) M. B., XII, 11.
(730) M. B., VII, 182.
(731) M. B., XII, 629.
(73 2) M. B., XIX , 82 . ·
(73 3) M, B., XIX, '.l l6,
(734 l Js., XXXIII. 18.
718

74.9 Page 739

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INDICE

74.10 Page 740

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I

75 Pages 741-750

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75.1 Page 741

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PARTE TE.RZA
L'EDUCAZIONE IN ATTO
INDICE GENERALE ... , , .... . .••...•.• .• , • , pag.
V
PREMESSA •.•.. . ' • • . . . . . . . . . . . . . . . . . • • .
XIX
CAPITOLC, PRIMO - L'educazione fisica . . . .
3
1. l l corpo nel pensiero di Don Bosco . . . ..
4
2. Cura della salute . . . . . . . . . . . 7"• -: .-:-: . -. ~ , - - 10
a) Preoccupazione di Don Bosco per la
salute dei giovani . . . . . . . . . . . . . . . .
15
b) L'ambiente e la persona . . . . . . . . . . . .
20
e) Alimenti e vestimenta .. . : . . . . . . . .
22
3. Il giuoco nel sistema di Don Bosco . . . . . .
30
a) Necessità e fine della ricreazione . . . .
36
b) Ricreazione piacevole . . . . . . . . . . . . . .
38
e) Il giuoco come elemento educativo . .
39
d) La ginnastica ............ : . . . . . . .
44
e) Giuochi passionali e antieducativi . . . .
47
/) Musica e spettacoli . . . . . . . • . . . • . . . •
51
I
121

75.2 Page 742

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CAPITOLO ~ECONDj.) - L!educazione estetica pag. 53
i . Alla scuola della mamma .... . ... . .... .
53
2, Educazione estetica per mezzo della Li-
f;t1,rgia .. . , . . ............ . ...... ·
57
3. Educazione estetica nelle scuole classiche
e professionali .. ... .. . . . . .. .. .. ... . .
58
4. La musica e lo spettacolo come mezzi di
educazione estetica ................ . .
63
o) La musica
63
b) Il teatrino
72
1) Sua origine e sviluppo all'Oratorio , i2
2) Suoi scopi, 77
3) La materia del teatrino, 80
4) Cose da escludersi, 88
e) Il cinematografo .......... . .... -.- .-.
92
La radio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
97
CAPITOLO TERZO - L'educazione intellet-
tuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
99
l. L'ingegno di Don Bosco e la sua prodi-
giosa memoria .. . . ...... ......... : . .
99
2. Importanza e fine dell'educazione ·intel-
lettuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
l 04
3. Scuole ·in funzione di vita . . . . . . . . . . . .
l 09
4. Scuole domenicali e serali . . . . . . . . . . . .
11 1
5. Scuole elementari diurne ed estive . . . . . .
116
6. Scuole interne per gli studenti . . . . . . . .
119
7. Scuole professionali interne .. , . . . . . . .
123
8. Non svilire il lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . .
l3ì
9. La preparazione ·dm'. maestri . . . . . . . . . .
140
722

75.3 Page 743

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10. Libri e testi adatti .. ..... . . . ....... . pag, 153
a) «Biblioteca della Gioventù ltaiiana •
156
b) « Seleota ex sc~iptori bus latinìs Chri.
stianis » •••••••• •• . .•• .• •...•.
168
e) I vocabolari .... . . ... . . ... . . . . . .
l65
d) La Collana Drammatica . .. ... .. .
J66
11. Don Bosco scrittore -educatore . . . . . . ... .
}66
12. Gli scritti di Don Bosco e i loro pregi . .. .
171
a) La «Storia d'Italia • ... . .. ..... .. .
l75
b) La << Storia Ecclesiastica •> ••••• •. .
181
c) La << Storia Sacra ,> •• . ••••••••••.
183
d) Le << Letture Cattoliche >> •• . •••• •• ,, 186
13. Don Bosco formatore di scrittori .. .·.....
188
C APITOLO QUARTO - L'educazione sociaie .
191
1. Vita di collegio, 1,ita di famiglia . ... .. . .
191
a) Il pensiero di Don Bosco .. .. . . ... .
192
b) Valore sociale della vita di collegio . .
196
e) Spirito di economia e di risparmio ..
199
d) Paternità di Don Bosco . ... . ... .. . .
204
e) Spirito dì famiglia degli Ex -Allie vi . .
208
2. Educazione sociale dei prirni collaboratori
211
3. L e Oo_mpagnie Religiose . .. . ......... .
216
4. Società di Mutuo Soccorso . . .
224
.5. Relazioni sociali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
226
a) Compagni eattivì
227
h) Compagni buoni . . .. . . . . .
228
e) Apostolato sociale . . . . . .. .
229
d) Il fattore sociale del gìuoco
231
723

75.4 Page 744

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6. La buona educazione . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 232
a) Dovere di essere ben educati . . . . . .
233
b) Don Bosco perfetto gentiluomo . . . .
235
~) Urbanità dei Superiori e degli educa- .
tori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
240
C .,\\.PTTOLO QUINTO - L'educazione rnorale . .
245
1. Formazione della cos<;ienza . . . . . , . . . . . .
247
Il) Gli insegnamenti del Padre . . . . . . . .
247
h} Formazione al senso del dovere . . . .
250
e) Formazione al senso della responsabì .
lità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
253
2. Formazione del euore ... . . . ... ... . . , .
254
a) ·Come la voleva Don Bosco . . . . . . . .
254
h) Un pericolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
257
e) Distacco dalle eose . . . . . . . . . . . . . . . .
259
d) Santo amore fraterno . . . . . . . . . . . . . .
261
3 . F'o-r:mazione della volontà . . . . . . . . . . . . .
264
a) Come la voleva Don Bosco ... .. . _. . .
264
Mezzi per la formazione della volontà . , 272
lPMortiflcare la volontà, _2n
2) Vincere il rispetto umano, :.!74
3) Frenare l'indole, 276
4) Soggiogare le paasionl, 2 7!S
5) Pensare. parlare, agire rettamente, 271:l
e) Scritti e parole di Don Bosco intorno
alla formazione della volontà . . . . . . >> 281
4. F'ormazione alla virtù . . . . . . . . . . . . . . . .
2 84
a) Abiti buoni e virtù . . . . . . . . . . . . . . . .
286
bJ Virtù particolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 289
'l2t:

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1) L'obbedienza, 291
2) L'umiltà, 292
3) La moralità degli educandi, 295
I. Purezza, Grazia e Santità, 298
Il. Preziosità della virtù angelica, 303
III. Bruttezza del peccato contrario alla pu-
rezza, 310
IV. Mezzi per cortivare. la rnora1ita rra
giovani, 313
A. L'assiste.nz&., 3i3
B. rL'occupazione contin ua, 317
C. La mortificazione del cuore e 1el sen-
si, 321
D. La preghiera., 33~
E . La frequenza ai Sacramenti, 33:'>
V. Contro lo scandalo , 341
A. L'allontanamento deg li scandalosi, 34 2
B . Prassi di Don Bosco contro gli scan ·
dalosi, 344
C. Correzione puoolica, 348
O. Come impedire lo scandalo . ::15 l
5. Formazione del carattere . . . . . . . . . . . . pag. 353
ti. Formazione della personalità .. . . .. . .
35,5
CAPITOLO SESTO - L'educazioné religiosa ' .
358
l, Val"ore educativo .della Religion-e nel pen -
siero di Don Bosco . . . . . . . . . . . . . . . . . .
359
2. Istruzione religiosa ... . ....... . ..... .
363
3. Religione e Pietà ................... .
367
4. Il santo timor di Dio ............... .
370
5. Le pratiche religiose ........... . ..... .
374
a) Ì Santi Sacra.menti . .. .. ... . .... .
379
b) La Confessione .... . .............. .
385
725

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li Sua necessità.. ~li~•
21 Il confesso rP; st,sb\\111'. e ,~ <11rezìout) ~1m·1·
t,ua.le. 387
3) Efficacia educativa. de1J& èooroH::;in,w. ;il.IO
4) N ,orme aL confe!eori e agli educat,01·i . 3!.l5
e) La Comunione ..... . .... . . . .. . . ptt9. :mv
d) La Santa Messa e la Visita al SS. Sa-
cramento ............. .... . . .... . . 1> 407
e) La divozione alla Vergine Santissima
412
/) La divozione al Papa. .... . ....... . .
416
g) L'imitazione dei Santi ...... .. . . .
416
h) L'Esercizio della Buooa Morte ... .
41 8
i) Ritiri Spirituali .. . ... .. ..... . . .. .
421
l) Il .ciclo delle ricorrenze religiose ..
423
6. Il soprannaturale nell'educazione ·. . . .
42 9
CA.PlTOLO SETTIMO - L'educazione per Ja
vita . .... ... .. . ........... . ... . .... . .
441
l. L'orientamento professionale ...... .
a) Sua natura ..................... .
b) Fattori e mezzi del1'orientàmento pro-
fessionale . ... ... ... .·.. , ... ..... .
Z. La voca.zione . . . . . . . . . . . . . . . . . .·. . .. .
a) La vocazione, chiamata divina ..._.
Obbligo di abbracciare la vocazion e .
e) Mezzi per conoscere la. vocazione ....
d)· Necessità di una guida in fatto di YO-
cazione ........ ..... ....... ... .
e) Libertà nella scelta dello sta.to ..... .
442
442:
44(5'
452
454
459
462 I
474
486
· CoNCLUSIONE .............,, ...............
494-
726

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/
APPENDICl
pag. 497
T. - Il Sistem~ Preventivo nella Educa-
zione della Gioventù ...... : . . . . . . . . .
499
TI. - Regolamento per le Case della So.
. cietà di San Francesco di Sales (Anno
1877} . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
509
r1,) Articoli generali . . . . . . . . . . . . . . . . . .
509
I>) Parte I - Regolamento particolare (pei
Superiori) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
512
e) Parte II ·- Regolamento per le Case
(per gli Allievi) . . . . . . . . . . . . . . . . . .
54 7
rTf. - Regolamento dell'Oratorio di San
Francesco di Sales per gli Esterni (1877)
581
· l V. - « Ricordi confidenziali• a Don Rua
Direttore di Mirabello (Ottobre 1863) . .
625
V. - Gli scritti editi di Don Bosco . . . .
63 l
Vl. - Scritti su Don Bo~co ·.. . .. .... .
651
NOTE....................................
707

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