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CAPITOLO GENERALE XXVIII
SALESIANI DI DON BOSCO
“Quali salesiani
per i giovani di oggi?”
Riflessione postcapitolare
CG28
Roma, 16 agosto 2020

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del Consiglio generale
della Società salesiana
di San Giovanni Bosco
ORGANO UFFICIALE DI ANIMAZIONE E DI COMUNICAZIONE PER LA CONGREGAZIONE SALESIANA
N. 433
anno CII
settembre 2020
“Quali salesiani
per i giovani di oggi?”
RIFLESSIONE POSTCAPITOLARE
DELLA SOCIETÀ DI SAN FRANCESCO DI SALES

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INDICE
Presentazione
LINEE PROGRAMMATICHE DEL RETTORE MAGGIORE PER LA CONGREGAZIONE
SALESIANA DOPO IL CAPITOLO GENERALE 28
1. SALESIANO DI DON BOSCO PER SEMPRE. Un sessennio per crescere nell’identità salesiana
2. In una Congregazione dove siamo invitati dal “DA MIHI ANIMAS, COETERA TOLLE
3. A vivere il “SACRAMENTO SALESIANO DELLA PRESENZA
4. La formazione per essere SALESIANI PASTORI OGGI
5. PRIORITÀ ASSOLUTA per i giovani, i più poveri e i più abbandonati e indifesi
6. INSIEME AI LAICI NELLA MISSIONE E NELLA FORMAZIONE. La forza carismatica
offertaci dai laici e dalla Famiglia Salesiana
7. È L’ORA DI UNA MAGGIORE GENEROSITÀ NELLA CONGREGAZIONE. Una
Congregazione universale e missionaria
8. Accompagnando i giovani verso un FUTURO SOSTENIBILE
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO AI MEMBRI DEL CG28
- Ravvivare il dono che avete ricevuto
- L’“opzione Valdocco” e il dono dei giovani
- L’“opzione Valdocco” e il carisma della presenza
- L’“opzione Valdocco” nella pluralità delle lingue
- L’“opzione Valdocco” e la capacità di sognare
“QUALI SALESIANI PER I GIOVANI DI OGGI?”
1. Priorità della missione salesiana tra i giovani di oggi
- Riconoscere
- Interpretare
- Scegliere
2. Profilo del salesiano oggi
- Riconoscere
- Interpretare
- Scegliere
3. Insieme ai laici nella missione e nella formazione
- Riconoscere
- Interpretare
- Scegliere

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DELIBERAZIONI DEL CG28
1. Modifiche delle Costituzioni
- Elezione del Rettor Maggiore (Cost. 128)
- Elezione del Vicario del Rettor Maggiore e dei Consiglieri generali (Cost. 142 §1)
2. Modifiche dei Regolamenti generali
- Compiti del Consigliere regionale (Reg. 135)
- Uso del sistema informatico nelle votazioni elettive (Reg. 131)
3. Deliberazione
- Modalità di svolgimento della visita straordinaria (Reg. 104)
ALLEGATI
1. Discorso del Rettor Maggiore Don Ángel Fernández Artime all’apertura del CG28
2. Intervento del Card. João Braz de Aviz,
Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica
3. Lettera dei giovani al CG28
4. Discorso del Rettor Maggiore Don Ángel Fernández Artime alla chiusura del CG28
5. Cronaca dei lavori del CG28
ELENCO DEI PARTECIPANTI AL CG28

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PRESENTAZIONE DEL RETTOR MAGGIORE
Miei cari Confratelli,
sono trascorsi quattro mesi dalla chiusura del Capitolo generale 28°, concluso in anticipo di tre
settimane rispetto a quanto programmato a causa della pandemia, che ha reso impossibile la nostra
permanenza a Valdocco. Oggi mi rivolgo a voi con questa presentazione, con un sentimento di
profonda gioia per ciò che abbiamo vissuto a Valdocco e con la soddisfazione per quello che è stato
– credo – un lavoro fruttuoso, svolto da tutti noi Capitolari e concluso in seguito all’interno del
Consiglio generale. L’Assemblea capitolare, infatti, ha affidato al Rettor Maggiore e al suo Consiglio
l’incarico di terminare ciò che al momento della chiusura anticipata era rimasto incompiuto.
Il documento, che giunge ora a tutti i confratelli attraverso questa pubblicazione, ha come sottotitolo
“Riflessione postcapitolare” e non “Documenti capitolari”, come abitualmente avveniva in passato.
Questo perché l’Assemblea capitolare non è arrivata all’approvazione finale del testo con una
votazione. Solo alcune deliberazioni capitolari, specialmente quelle a carattere giuridico, hanno visto
la luce nelle prime quattro settimane dei nostri lavori.
Come ho detto in altre occasioni, a causa delle circostanze che abbiamo dovuto vivere il CG28 è stato
un Capitolo “speciale”. Tuttavia, non è stato un Capitolo privo di orientamenti e di linee
programmatiche. Di fatto, il documento che vi presento contiene una prima parte che, sia io sia i
confratelli del Consiglio generale, consideriamo molto importante per l’animazione, il governo e la
vita della Congregazione nel prossimo sessennio.
Si tratta delle linee programmatiche che il Rettor Maggiore offre alla Congregazione per il sessennio
2020-2026. In questa ampia proposta trovate, cari Confratelli, la riflessione seguita al Capitolo
generale, frutto dello stesso Capitolo e della sintesi del cammino percorso nella nostra Congregazione
nei precedenti sei anni. Si tratta di una ricca ed ampia riflessione che raccoglie anzitutto lo spirito di
quanto è contenuto nel Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato al Capitolo generale;
raccoglie inoltre quegli elementi che il Papa ha indicato come essenziali e che erano già presenti nella
riflessione sviluppata dall’Assemblea capitolare sui primi due nuclei tematici. Il terzo nucleo – come
sapete – è stato elaborato dal Consiglio generale.
Queste linee programmatiche dovranno essere certamente motivo di studio, analisi e
approfondimento sia da parte delle ispettorie sia da parte di ciascun confratello, specialmente da parte
dei direttori per il loro servizio di animazione e governo delle comunità locali. Do per presupposto
che essa sia oggetto di studio da parte dell’Ispettore e del suo Consiglio.
Ritengo che, pur con diverse velocità, legate alla particolarità di ciascuna ispettoria, tutta la
Congregazione debba percorrere questo cammino, che è identitario, carismatico e offre linee-guida e
linee di azione per il nostro presente.
Al testo programmatico del sessennio segue il Messaggio del Santo Padre, che senza dubbio
raggiungerà il cuore di ogni salesiano, e sarà anzitutto motivo di meditazione, di studio, di
approfondimento e di confronto personale.
I tre nuclei proposti come temi del lavoro capitolare hanno avuto un ampio sviluppo, anche se non
hanno attraversato tutte le fasi di studio e di elaborazione pensate inizialmente. I testi offrono ricche
riflessioni, precise e opportune proposte per la vita delle ispettorie e di tutte le nostre presenze nel
mondo.
Infine, nel documento sono raccolte le deliberazioni capitolari e, come in tutti i capitoli generali,
alcuni allegati con messaggi e discorsi.

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Ritengo che il documento che ora avete tra le mani permetterà di approfondire le motivazioni
ecclesiali, carismatiche e identitarie che ci aiuteranno a proseguire il cammino di fedeltà che, come
Congregazione e in modo personale, desideriamo continuare. Oggi il nostro mondo, la Chiesa e i
giovani insieme alle loro famiglie, hanno bisogno di noi come ieri, per continuare a vivere un
cammino di fedeltà al Signore Gesù. Hanno bisogno di noi come persone significative e
coraggiosamente profetiche. Che il Signore ci conceda questo dono. Con la mediocrità e le paure
potremo offrire ai giovani poche cose, che non saranno in grado di trasformare la loro vita e riempirla
di senso.
Sono oltremodo convinto che tutti desideriamo appartenere a una Congregazione che si sente molto
viva e nella quale ciascun confratello rinnova la propria consegna di sé ogni giorno: non in qualunque
modo, ma sentendo che ne vale la pena.
Desidero profondamente che questo “speciale” CG28 aiuti ciascun confratello a ravvivare la passione
apostolica che caratterizzò il nostro Padre Don Bosco, per essere altri Don Bosco oggi, in ogni parte
del mondo, in ogni cultura e in ogni situazione.
Aggiungo una richiesta. Mentre consegno questo documento, con uno sguardo di fede e con grande
fiducia chiedo a ciascuno di voi, cari Confratelli, di farne motivo di preghiera, oggetto di studio
paziente, di lettura attenta e meditata, affinché esso possa toccare il vostro cuore. Vi chiedo di
interiorizzare la spiritualità che troverete in queste riflessioni capitolari, di entrare in dialogo con le
proposte che vogliono essere significative e profetiche nel nostro modo di assumerle e tradurle nella
vita. Penso che un significativo tempo di studio, di conoscenza e interiorizzazione e di dialogo, cuore
a cuore, davanti al Signore, debba essere il compito principale affidato a ciascun confratello, a
ciascuna ispettoria e visitatoria, a ciascuna regione e conferenza interispettoriale.
Miei carissimi Confratelli, la promulgazione di questa Riflessione postcapitolare avviene il 16 agosto
2020, a duecentocinque anni dalla nascita di Don Bosco e a centosessantadue anni dall’inizio della
nostra Congregazione. Fino ad oggi, il cammino della nostra Congregazione e della Famiglia
Salesiana è stato bellissimo. Se la nostra risposta continuerà ad essere fedele al Signore, non c’è
dubbio che sarà molto di più quello che si scriverà per il bene dei giovani mediante la consegna
quotidiana di noi stessi, ovunque ci sarà un giovane che abbia bisogno di salesiani in grado di essere
amici, fratelli e padri.
La nostra Madre Ausiliatrice ci accompagna in questo cammino e, come con Don Bosco, continuerà
a fare tutto Lei. Da Lei impariamo cosa significhi ascoltare attentamente la voce dello Spirito Santo
ed essere docili a Lui; impariamo a coltivare la profondità della vita in Dio e la dedizione semplice e
convinta ogni giorno. Questo ci renderà sempre più autentici segni e portatori dell’Amore di Dio ai
giovani.
Alla nostra Madre Ausiliatrice ci affidiamo «per essere, tra i giovani, testimoni dell’amore
inesauribile del suo Figlio» (C. 8).
Roma, 16 agosto 2020
Anniversario della nascita di Don Bosco
Don Ángel Fernández Artime
Rettor Maggiore

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LINEE PROGRAMMATICHE DEL RETTORE MAGGIORE PER LA
CONGREGAZIONE SALESIANA DOPO IL CAPITOLO GENERALE 28
Miei carissimi Confratelli salesiani di tutto il mondo,
mi rivolgo con molto piacere a tutti voi dopo il Capitolo generale e dopo la conclusione della prima
sessione plenaria del nuovo Consiglio generale. Con questa lettera, che ho condiviso con tutto il
Consiglio generale, intendo offrire a tutti voi, cari Confratelli, una vera “tabella di marcia” per il
prossimo sessennio, dal momento che l’interruzione del Capitolo generale, nel bel mezzo del suo
svolgimento, non ci ha permesso di avere i documenti capitolari, che sarebbero stati la norma e la
guida per i prossimi sei anni.
Davanti alla dolorosa realtà della pandemia causata dal virus COVID-19, che ha colpito e che
continua tuttora ad affliggere duramente il mondo, abbiamo sperimentato qualcosa di unico:
l’interruzione di un Capitolo generale. È la prima volta che accade un fatto simile nella storia della
nostra Congregazione – se si esclude il tragico evento della Prima guerra mondiale, che ha reso
impossibile celebrare, durante il Rettorato di don Paolo Albera, il XII Capitolo generale; la
celebrazione di quel Capitolo dovette attendere quasi dodici anni.
Nel nostro caso, tuttavia, l’interruzione dei lavori capitolari non vuol dire in alcun modo che il
Capitolo generale 28° sia stato povero di significato e non abbia prodotto ricchezza di contenuti.
Inoltre, tutti i capitolari sono rientrati nelle proprie ispettorie (alcuni dopo diversi mesi di attesa a
Valdocco) arricchiti dall’esperienza accumulata e da un sentire salesiano nutrito e rafforzato alle
“fonti di Valdocco”, le fonti della nostra nascita carismatica.
Nonostante la minaccia della pandemia e il rischio della sospensione dell’assemblea, durante l’ultima
settimana il Capitolo generale ha potuto eleggere il Rettor Maggiore e tutti i membri del Consiglio
generale, e affidare a noi il compito di continuare la riflessione su quei punti che non erano stati
affrontati.
Questa mia lettera e tutto ciò che è contenuto nel volume intitolato “Riflessione postcapitolare” vuole
essere una risposta fedele al mandato ricevuto dall’Assemblea capitolare.
A ciò va aggiunto il senso di profonda gratitudine al Signore per ciò che abbiamo vissuto; soprattutto
per averlo vissuto a Valdocco. Il nostro CG28, infatti, è stato segnato in modo speciale dal fatto che
si è svolto a Valdocco, culla del nostro carisma, luogo santo dove il nostro padre Don Bosco
«rispondeva alla vita dei giovani con un volto e una storia»1. Ecco, abbiamo vissuto il nostro Capitolo
generale a Valdocco con la chiara consapevolezza che questa è la casa di tutti.
È quanto ci ha ricordato il Santo Padre Francesco, che voleva fare a Don Bosco, nella persona dei
suoi figli riuniti in assemblea capitolare, il bellissimo dono di venirci a trovare.
Il Papa mi aveva anticipato alcuni mesi prima il suo personale desiderio di venire a Valdocco.
All’inizio del Capitolo generale i dialoghi avuti con i responsabili delle visite del Papa hanno
confermato la visita prevista nei giorni del 6 e 7 marzo. Tutto era pronto. Lo aspettavamo venerdì 6
1 FRANCESCO, Messaggio ai membri del CG28, Roma 4 marzo 2020. Approfitto di questa prima nota per dirvi che la mia
lettera sarà arricchita da citazioni testuali del messaggio che Papa Francesco ha pensato per noi come Congregazione e
come Assemblea capitolare e che ci ha inviato nel momento più opportuno delle nostre riflessioni e dei nostri lavori. Per
l’importanza che hanno le parole del Santo Padre, ho deciso di non riportarle nelle note a fondo pagina, ma nel corpo del
discorso. Basterà vedere il testo tra virgolette per riconoscervi la parola del Papa.

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marzo a mezzogiorno. Sarebbe stato con noi a Valdocco fino al mattino del giorno 7 e poi avrebbe
fatto visita alla sua famiglia. Purtroppo, la pandemia da coronavirus e le restrizioni imposte in tutto
lo Stato italiano hanno reso impossibile questa visita – che sarebbe stata un evento unico nella nostra
storia, almeno per la durata temporale della presenza del Santo Padre e la sua diretta partecipazione
al Capitolo generale, come egli desiderava.
Per telefono il Papa ci ha lasciato un saluto che ho condiviso con tutta l’assemblea capitolare; e il
giorno dopo abbiamo avuto tra le mani il Messaggio da lui indirizzato al CG28, che trovate all’interno
di questa pubblicazione.
Fin dall’inizio del CG28 abbiamo vissuto con una forte consapevolezza, che ci ha condotto a metterci
nella disposizione mediante la quale «lo Spirito fa rivivere il dono carismatico del [nostro] fondatore».
Questo desiderava il Santo Padre, invitandoci a non chiudere le finestre al rumore e al vociare che
saliva dal cortile di Valdocco, evocando il primo oratorio. Questo «rumore di sottofondo» deve
accompagnarci, renderci inquieti e intrepidi nel nostro discernimento.
Di questo ci occuperemo nei prossimi sei anni, per il bene dei giovani del mondo. Giovani che hanno
avuto un volto concreto e visibile nello splendido gruppo che ha vissuto il Capitolo generale con noi
per alcuni giorni, che ci ha sfidato, che ci ha parlato con il cuore e con la mente e che ci ha commosso.
E poiché a Valdocco tutto ci parla di Don Bosco e dei suoi giovani, e perché i giovani di oggi ci
chiamano, ci parlano e ci aspettano, ci proponiamo come Congregazione alcune mete che ci
metteranno nella condizione di dare una risposta alla realtà di oggi, e che ci faranno uscire dalle nostre
paure e dalle nostre “zone di conforto”, ovunque si trovino e quali che esse siano.
Queste linee, cari confratelli, hanno l’obiettivo di diventare un programma d’azione per il prossimo
sessennio, in assoluta continuità con il cammino precedentemente percorso dalla Congregazione e
che, anche per questo motivo, ci infonde forza e coraggio.
Sono varie le sfide che dobbiamo affrontare nei prossimi sei anni. Ve le presento come frutto della
riflessione svolta durante il Capitolo generale e dopo di esso. Le offro a tutta la Congregazione,
avendo conosciuto in dettaglio nei sei anni passati la realtà che stiamo vivendo e, ultimamente, il
cammino della Chiesa. Le propongo a tutte le ispettorie, dopo averle condivise con i membri del
Consiglio generale, perché queste sfide devono essere lo specchio davanti al quale ogni ispettoria
del mondo è chiamata a confrontarsi e devono diventare i criteri per definire le finalità, gli obiettivi,
i processi e le azioni concrete per il prossimo sessennio, in tutti i luoghi dove il carisma dei figli di
Don Bosco ha messo radici.
Le sfide alle quali dare la nostra risposta e gli obiettivi da perseguire sono i seguenti:
1. SALESIANO DI DON BOSCO PER SEMPRE. Un sessennio per crescere nell’identità
salesiana
2. In una Congregazione dove siamo invitati dal “DA MIHI ANIMAS, CETERA TOLLE”
3. A vivere il “SACRAMENTO SALESIANO DELLA PRESENZA”
4. La formazione per essere SALESIANI PASTORI OGGI
5. PRIORITÀ ASSOLUTA per i giovani, i più poveri e i più abbandonati e indifesi
6. INSIEME AI LAICI NELLA MISSIONE E NELLA FORMAZIONE. La forza
carismatica che i laici e la Famiglia Salesiana ci offrono
7. È L’ORA DI UNA MAGGIORE GENEROSITÀ NELLA CONGREGAZIONE. Una
Congregazione universale e missionaria
8. Accompagnando i giovani verso un FUTURO SOSTENIBILE

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1. SALESIANO DI DON BOSCO PER SEMPRE: «Frate o non frate, io resto con don
Bosco» (Cagliero). UN SESSENNIO PER CRESCERE NELL’IDENTITÀ SALESIANA
«Il Signore ci ha donato don Bosco come padre e maestro.
Lo studiamo e lo imitiamo, ammirando in lui uno splendido accordo di natura e di grazia.
Profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente, egli era aperto alle realtà terrestri;
profondamente uomo di Dio, ricolmo dei doni dello Spirito Santo, viveva “come se vedesse
l’invisibile”» (C. 21).
Nel mio ultimo intervento nell’aula capitolare, durante il discorso di chiusura del CG28, ho fatto
riferimento a un dialogo avuto con un confratello il giorno prima. Egli chiese di parlare con me e mi
disse: «Non lasciateci soli. Abbiamo bisogno di aiuto per essere veramente salesiani, per non perdere
la nostra identità».
Ho sentito profondamente che in quel momento il Signore ci parlava anche attraverso questo nostro
confratello. E ci faceva capire l’importanza e l’urgenza di crescere e consolidare l’identità
carismatica nella nostra Congregazione.
Il punto di partenza essenziale e fondamentale è la nostra condizione di consacrati. Il futuro della vita
consacrata, e la vita salesiana per noi consacrati, ha la sua ragion d’essere nel suo fondamento, che è
Gesù Cristo. Come consacrati, la sequela di Cristo plasma la nostra identità integrando in essa la
nostra formazione pastorale. Come consacrati, come salesiani di Don Bosco, Dio ci rende «memoria
viva del modo di vivere e di agire di Gesù»2. E la sfida vocazionale, per tutta la vita consacrata e per
noi in modo particolare come salesiani di Don Bosco, è quella di «tornare sempre a Gesù»,
rinunciando a tutto ciò che non è Lui o che ci allontana da Lui.
Con molta umiltà e chiarezza di visione dobbiamo riconoscere che la via d’uscita dalle crisi della vita
religiosa, della vita salesiana, delle difficoltà di ogni Ispettoria, non si troverà nei nuovi progetti, né
nei piani strategici, né in una “programmazione 3.0”. Il più delle volte, di fronte al disincanto, alla
stanchezza esistenziale, alla mancanza di motivazione..., si tratta di tornare a Cristo, alla vita religiosa,
alla vita consacrata salesiana. Perché possiamo vivere credendo erroneamente che nel fare le cose
tutto abbia un senso. No, cari confratelli: senza Gesù Cristo al centro del nostro pensare, sentire,
vivere, sognare, lavorare..., non c’è futuro, e non possiamo offrire nulla di significativo. Nelle parole
di Papa Francesco: «Il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità per la quale
siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre,
annacquata, inconsistente»3.
Non dimentichiamo che la missione salesiana e la stessa Congregazione sono nate da Dio, suscitate
dal suo Spirito: «Con sentimento di umile gratitudine crediamo che la Società di San Francesco di
Sales non sia nata da un progetto umano, ma da un’iniziativa di Dio» (C.1); e che ognuno di noi,
Salesiani di Don Bosco, è inviato ai giovani da Dio stesso che ci manda (C.15).
Dopo questo “speciale” Capitolo Generale 28, penso che ci si aspetti da noi Salesiani, 162 anni dopo
l’inizio della nostra Congregazione, di essere pronti e agili nell’ascoltare il soffio dello Spirito di Dio,
lo Spirito Santo, per continuare ad avere Gesù Cristo Signore come fondamento e centro della nostra
vita, per rinnovare la profezia che deve caratterizzare la nostra vita, e per continuare a crescere in
umanità, fino a diventare quegli “esperti in umanità” che sanno guardare e contemplare, fino a
lasciarsi commuovere, il dolore e i bisogni dei nostri fratelli e sorelle (a cominciare da quelli delle
2 Vita Consecrata, 22.
3 FRANCESCO, Esortazione apostolica Gaudete et exsultate, Roma 19 marzo 2018, 1.

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nostre comunità), dei giovani, dei ragazzi e delle ragazze e delle loro famiglie. Dobbiamo assumere
con serietà il nostro servizio profetico. Il nostro contributo specifico è quello di essere icona dello
stile di vita di Gesù, totalmente consacrato al Padre e al Suo progetto per l’umanità: il Regno. Perciò
ci si aspetta da noi che siamo segni e testimoni della presenza paterna di Dio – che è una presenza
dolce, capace di uno sguardo di tenerezza e con le braccia aperte, spalancate soprattutto ai più poveri,
ai nostri giovani – , facendo diventare realtà la nostra fraternità, rendendola attraente, affascinante, e
vivendo con semplicità e sobrietà.
Il Signore risorto invitava i suoi discepoli a tornare in Galilea per incontrarlo e rivederlo. Questo
invito è per noi estremamente attuale e, esprimendomi in chiave salesiana, vorrei dire che la nostra
Galilea per l’incontro con il Signore oggi, come salesiani di don Bosco, passa per Valdocco, gli inizi
di Valdocco, anche fragili, ma con quella forza e passione della frase: «frate o non frate resto con don
Bosco», che il giovane Giovanni Cagliero espresse con tanto ardore ed entusiasmo giovanile.
Valdocco è, infatti, l’atmosfera spirituale e apostolica nella quale ciascuno di noi respira l’aria dello
Spirito, dove alimentiamo e rafforziamo la nostra identità carismatica. È il luogo della
“trasfigurazione” per ogni salesiano che, prendendosi cura di tutti gli elementi della nostra spiritualità,
potrà contribuire a rendere ciascuna delle nostre case un’autentica Valdocco, dove sia possibile
incontrare faccia a faccia, nella vita quotidiana, il nostro Signore Gesù Cristo.
Gesù passa, guarda con amore e ci chiama a seguirlo. E nel mistero di questa chiamata, nello sguardo
che non ci giudica ma ci scruta dentro e ci guarda, nell’avventura di camminare sulle sue orme,
ognuno può scoprire il progetto che Dio ha pensato per ciascuno di noi in forma originale. Oggi molti
di coloro che decidono di abbandonare la Congregazione soffrono della stessa cosa: non essere venuti
a contatto con il Signore Gesù e non aver avuto la stessa passione del giovane Cagliero di stare con
Don Bosco per seguire Gesù. Ecco perché a volte qualsiasi altra offerta pastorale che abbia barlumi
di autonomia, di autogestione, di indipendenza, di gestione di sé e delle proprie risorse economiche,
esercita in alcuni fratelli un fascino sufficiente per spingerli a chiedere di andare altrove. Dobbiamo
onestamente riconoscere che è così. A volte anche il dono del ministero presbiterale non è compreso
pienamente e viene strumentalizzato e vissuto come “potere”. Questo fatto oscura l’alleanza che Dio
ha stabilito con noi con il dono della consacrazione religiosa che è al centro della nostra vita personale
e comunitaria.
PROPOSTA
Questo sessennio si dovrà distinguere per un profondo lavoro in Congregazione per crescere
nella profondità carismatica, nell’identità salesiana, in tutte le fasi della vita, con un impegno
serio in ogni ispettoria e in ogni comunità salesiana, per giungere a dire come Don Bosco: «Ho
promesso a Dio che fin l’ultimo respiro, sarebbe stato per i miei poveri giovani»4.
Per questa ragione:
In ogni tappa della formazione, con la profondità che le corrisponde, cureremo come urgenza e
bisogno inderogabili gli elementi che danno identità carismatica ad ogni salesiano e che ci fanno
innamorare di Don Bosco e dei giovani con il cuore di Gesù Buon Pastore.
Daremo priorità ai caratteri della nostra identità carismatica di persone consacrate che ci rendono
segni profetici: una vita felice che si radica nel Vangelo, una fede forte ancorata a Dio; una
comunione che rende attraente la vita comunitaria, un atteggiamento profetico di fronte
all’ingiustizia e al male, e uno sguardo di speranza insieme al desiderio di conversione.
Nelle ispettorie, si dovrà attentamente discernere sulle obbedienze date ai confratelli, per non
rischiare di perdere il senso autentico e la passione del cuore salesiano e per non cadere in forme
4 MB XVIII, 258, citato anche nelle nostre Costituzioni all’art.1.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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di genericismo carismatico o orientarsi verso realtà pastorali diocesane che portano alla
separazione dalla Congregazione.
Continuiamo a prestare molta attenzione affinché come Congregazione non siamo catturati dal
«virus del clericalismo e del carrierismo»5.
Nella riflessione e condivisione all’interno di ogni comunità valorizziamo la prima parte del
documento «Animazione e governo della comunità. Il servizio del direttore salesiano», che
presenta “l’identità consacrata salesiana”.
2. In una Congregazione dove è URGENTE il “DA MIHI ANIMAS CETERA TOLLE”
«Con senso di umile gratitudine crediamo che la Società di san Francesco di Sales è nata non da solo
progetto umano, ma per iniziativa de Dio. Per contribuire alla salvezza della gioventù, “questa
porzione la più delicata e la più preziosa dell’umana società”, lo Spirito Santo suscitò, con
l’intervento materno di Maria, san Giovanni Bosco.
Formò in lui un cuore di padre e di maestro, capace di una dedizione totale: “Ho promesso a Dio
che fin l’ultimo respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani» (C.1)
Le testimonianze dei primi tempi della nostra storia congregazionale, e la riflessione che essa ha
sviluppato nel corso degli anni, evidenziano un fatto molto significativo: l’espressione che meglio
esprime lo zelo e la carità pastorale dei salesiani di Don Bosco è “Da mihi animas, coetera tolle”.
Quel ragazzo, Domenico Savio, che, alla presenza di quel giovane sacerdote di 34 anni che era Don
Bosco, vide quella scritta all’ingresso del suo ufficio, la comprese perfettamente: «Ho capito; qui non
havvi negozio di danaro, ma negozio di anime»6. Guardando Don Bosco, apprendiamo la sua
profonda spiritualità e quelle speciali qualità di educatore che segnarono il suo modo di relazionarsi
con gli adolescenti e i giovani. In Don Bosco e nella sua storia incontriamo la base della nostra azione
educativo pastorale, che si caratterizza per una proposta di vita cristiana molto concreta; per
l’attenzione nei confronti di ciascun giovane, con l’impegno di offrire risposte concrete alle loro
esigenze; per la fiducia nella presenza di Dio.
Il nostro compito, soprattutto nell’accompagnamento dei giovani, si deve caratterizzare per la
capacità pedagogica e spirituale creativa tipica del nostro padre Don Bosco, attraverso la quale
possiamo superare le distanze nei confronti della sensibilità delle nuove generazioni, offrendo loro
un ascolto amorevole e una comprensione compassionevole, suscitando i grandi interrogativi sul
mistero della vita e aiutandoli a cercare il Signore e ad incontrarsi con Lui.
Il Capitolo generale 26° affrontava precisamente tutto questo riflettendo sul motto di Don Bosco: “Da
mihi animas, cetera tolle”. Ebbene, con la visione di oggi e con la conoscenza della nostra realtà,
penso di poter dire che per noi è necessario e urgente che la nostra Congregazione viva, respiri e
cammini cercando di fare del “Da mihi animas, cetera tolle” una realtà nell’annuncio del Vangelo, a
favore dei nostri giovani e per il bene di noi stessi.
La nostra missione ci pone molto spesso sulla frontiera, dove entriamo abitualmente a contatto con
cristiani di altre confessioni, con membri di altre religioni, con non credenti o credenti lontani: anche
5 Cf. FRANCESCO, Esortazione apostolica postsinodale Christus vivit, Roma 25 marzo 2019, 98. Nell’Esortazione è
riportata questa citazione: «Il clericalismo è una tentazione permanente per i sacerdoti, che interpretano “il ministero
ricevuto come un potere da esercitare piuttosto che un servizio gratuito e generoso da offrire; e questo ci porta a credere
di appartenere a un gruppo che ha tutte le risposte e non ha più bisogno di ascoltare o di imparare nulla”», Francesco,
Discorso alla prima Congregazione Generale della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Roma 3
ottobre 2018.
6 G. BOSCO, Vita del giovanetto Savio Domenico, allievo dell’Oratorio di S. Francesco di Sales, in ISS, Fonti Salesiane:
I. Don Bosco e la sua opera, LAS, Roma 2014, 1040.

2.2 Page 12

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con loro e per loro vogliamo portare avanti la missione. Ogni tempo e ogni luogo sono adatti per il
Vangelo.
Miei cari Confratelli, in quest’ora dopo il CG28
È urgente dare priorità assoluta all’impegno per l’evangelizzazione dei giovani con proposte
consapevoli, intenzionali ed esplicite. Siamo invitati a far conoscere loro Gesù e la Buona
Novella del Vangelo per la loro vita.
È urgente aiutare i giovani (e le loro famiglie) a scoprire la presenza di Cristo nella loro vita
come chiave per la felicità e il significato dell’esistenza.
È urgente accompagnare i bambini, gli adolescenti e i giovani nel loro processo di
educazione alla fede, affinché possano aderire personalmente alla persona di Cristo.
È urgente essere “veri educatori” che, per esperienza personale, accompagnano il giovane
nel dialogo con Dio nella preghiera e nella celebrazione dei sacramenti.
Senza questo, cari confratelli, altri titanici sforzi della Congregazione tenderanno alla bontà della
promozione umana e all’assistenza sociale - che sono sempre molto necessari, e appartengono alla
nostra identità carismatica - ma non ci porteranno alla prima ragione per cui lo Spirito Santo ha
suscitato il carisma salesiano in Don Bosco: «Fedeli agli impegni che Don Bosco ci ha trasmesso,
siamo evangelizzatori dei giovani» (C. 6). La prima finalità della nostra pastorale giovanile è la
conversione delle persone al vangelo di Gesù Cristo.
Con tutte le sfumature della sensibilità storica, che vogliamo avere presenti, e la comprensione
linguistica dell’epoca, che riteniamo necessaria, non possiamo prescindere dall’elemento essenziale
e costitutivo che ha caratterizzato l’azione educativo-pastorale di Don Bosco, che il Rettor Maggiore
Don Vecchi esprimeva così: «La pedagogia di Don Bosco è una pedagogia dell’anima, della grazia,
del soprannaturale. Quando riusciamo ad attivare questa energia, inizia il lavoro più fecondo
dell’educazione. L’altro, valido in sé, è proprio e concomitante a questo, che lo trascende»7.
Il “cetera tolle” ci rende disponibili a lasciare tutto ciò che ci impedisce di andare incontro a chi ha
più bisogno di noi. È l’ascesi che emana dall’opzione precedente, rinunciando a molto (gusti
personali, preferenze, e persino azioni e servizi legittimi), a ciò che non ci permette di dedicare tutte
le energie del cuore pastorale a ciò a cui abbiamo dato priorità.
PROPOSTA
Perciò, propongo alla nostra Congregazione per il prossimo sessennio di essere esigenti con
noi stessi nel rispondere alla «URGENZA DI RIPROPORRE CON PIÙ CONVIZIONE IL
PRIMO ANNUNCIO, perché “non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di
più consistente e di più saggio di tale annuncio” (ChV, 214)»8.
Per questa ragione:
Il Rettor Maggiore e il suo Consiglio, e ogni Ispettoria, saranno impegnati in questo sessennio a
prendere le opportune decisioni per qualificare la presenza salesiana nell’evangelizzazione e
7 J.E. VECCHI, Indicazioni per un cammino di spiritualità salesiana, ACG 354, 1995, p. 26.
8 CG28, Priorità della missione salesiana tra i giovani d’oggi. Primo nucleo, n. 4.

2.3 Page 13

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nell’educazione alla fede. È questa una autentica conversione pastorale, personale e
comunitaria, a cui siamo chiamati.
Promuoveremo una pastorale giovanile che accompagni i giovani in vista della loro maturazione
personale, della crescita nella loro fede e abbia come principio unificante la dimensione
vocazionale (DF 140, ChV 254)9.
Continueremo a impegnarci a tutti i livelli della nostra Congregazione per realizzare «un
cambiamento di mentalità di fronte alla missione da compiere» (Papa Francesco al CG28)10.
Faremo conoscere e stimare come pilastro fondamentale della nostra opera di evangelizzazione e
educazione ciò che è stato essenziale per Don Bosco e per tante generazioni di Salesiani: la
bellissima presenza della nostra Madre Ausiliatrice nelle nostre proposte educative e nella nostra
preghiera con i giovani.
3. VIVERE IL “SACRAMENTO SALESIANO” DELLA PRESENZA
«La nostra vocazione è segnata da uno speciale dono di Dio, la predilezione per i giovani: “Basta
che siate giovani, perché io vi ami assai”. Questo amore, espressione della carità pastorale, dà
significato a tutta la nostra vita.
Per il loro bene offriamo generosamente tempo, doti e salute: “Io per voi studio, per voi lavoro, per
voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita”» (C. 14)
Papa Francesco nel suo messaggio al Capitolo ci ha parlato de “l’opzione Valdocco e il carisma della
presenza”, quel carisma che mi permetto liberamente di qualificare come sacramento salesiano”
della presenza. Il Papa scrive che «prima delle cose da fare, il salesiano è il ricordo vivente di una
presenza dove disponibilità, ascolto, gioia e dedizione sono le note essenziali per risvegliare i
processi. La gratuità della presenza salva la Congregazione da ogni ossessione attivista e da ogni
riduzionismo tecnico-funzionale. La prima chiamata è quella di essere una presenza gioiosa e libera
in mezzo ai giovani». Il nostro essere discepoli del Signore, il nostro modo autentico e profondo di
essere apostoli dei giovani passa anzitutto attraverso il nostro stare in mezzo alla gente e, in modo
speciale, in mezzo ai ragazzi e ai giovani.
Quanto è stato detto in modo colloquiale, non può essere espresso meglio. Si tratta, cari confratelli,
di recuperare il primo amore vocazionale, quello che tutti noi abbiamo sperimentato quando abbiamo
sentito che il Signore ci chiamava ad essere presenza gioiosa e gratuita in mezzo ai giovani. Mi
azzardo a dire che non esiste un solo salesiano che, in un modo o nell’altro, non abbia sentito questo
nel suo cuore.
Durante il CG28 abbiamo riflettuto su questo aspetto. Ci siamo resi conto che molti giovani vivono
in una vera situazione di orfanezza anche se hanno i genitori. I giovani stessi ci hanno detto nel loro
messaggio al CG28: «Siamo spaventati, confusi, frustrati, e sentiamo un grande bisogno di essere
amati... sperimentiamo la difficoltà di fronte all’impegno... Crediamo che la nostra società sia
individualista e troppo spesso diventiamo individualisti... Vogliamo poter tornare al primo amore che
9 Documento finale del Sinodo dei giovani, d’ora in avanti DF.
10 Papa Francesco ci ha detto: «L’opzione Valdocco del vostro 28° Capitolo generale è una buona occasione per
confrontarsi con le fonti e chiedere al Signore: “da mihi animas, coetera tolle”. Tolle soprattutto quello che, lungo il
cammino, è stato incorporato e perpetuato, che, anche se in un altro tempo avrebbe potuto essere una risposta adeguata,
oggi vi impedisce di configurare e plasmare la presenza salesiana in modo evangelicamente significativo nelle varie
presenze missionarie. Questo ci invita a superare le paure e le apprensioni che possono sorgere dall’aver creduto che il
carisma fosse ridotto o identificato con certe opere o strutture. Vivere fedelmente il carisma è qualcosa di più ricco e
impegnativo che abbandonare, ritirarsi o riordinare case o attività; implica un cambiamento di mentalità rispetto alla
missione da svolgere».

2.4 Page 14

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è Cristo, per essere suoi amici. C’è in noi un forte desiderio di realizzazione spirituale e personale.
Vogliamo camminare verso la crescita spirituale e personale e vogliamo farlo con voi, Salesiani».11
Non dubitiamo di questa verità dei giovani stessi, che contemporaneamente abbiamo riconosciuto
nell’aula capitolare: «Ci chiedono tempo e noi diamo loro spazio; ci chiedono relazione e noi
forniamo loro servizi; ci chiedono vita fraterna e noi offriamo loro strutture; ci chiedono amicizia e
noi facciamo per loro attività. Tutto ciò ci impegna a riscoprire le ricchezze e la potenzialità dello
“spirito di famiglia”»12.
Gli stessi giovani che ci hanno accompagnato durante il Capitolo generale ci hanno rivolto un forte
appello ad essere per loro una presenza significativa. Ci hanno detto esplicitamente: «C’è in noi un
forte desiderio di realizzazione spirituale e personale. Vogliamo camminare verso la crescita
spirituale e personale, e vogliamo farlo con voi, salesiani... Vorremmo che foste voi a guidarci, dentro
la nostra realtà, con amore... Salesiani, non dimenticatevi di noi, giovani, perché non abbiamo
dimenticato voi e il carisma che ci avete insegnato! Vogliamo dirvelo a voce alta, con tutto il cuore.
Essere qui, per noi, è stato un sogno che si è avverato: in questo luogo speciale che è Valdocco, dove
è iniziata la missione salesiana, insieme, salesiani e giovani per la missione salesiana, con il nostro
comune desiderio di essere santi insieme. Avete il nostro cuore nelle vostre mani. Prendetevi cura di
questo prezioso tesoro. Vi preghiamo: non dimenticatevi mai di noi e continuate ad ascoltarci»13.
Cari confratelli, è un gran privilegio sentire il battito di vita del cuore dei giovani! E non ho alcun
dubbio che in tutta la Congregazione ci siano tanti confratelli che sono oggi per i giovani dei veri Don
Bosco. Ma non mi accontento di questo. Dobbiamo esserlo tutti. Dobbiamo continuare sulla via della
conversione. Questo impegno esige da noi un cambio di mentalità e di ritmi di vita, apertura di mente
e di cuore, superamento di abitudini radicate e cristallizzate. I giovani dicono che ci vogliono bene,
che hanno bisogno di noi, che ci aspettano. L’espressione di Don Bosco «studia di farti amare» è oggi
pienamente attuale. La presenza non consiste unicamente nel passare del tempo con i giovani come
gruppo, ma nell’incontrarli singolarmente, in modo personale, per stabilire una relazione che permetta
di conoscere e ascoltare i loro desideri, le loro difficoltà e fatiche e, a volte, le loro paure e i loro
timori. È una relazione che vuole andare oltre una conoscenza superficiale, offrendo un’amicizia
caratterizzata dalla mutua confidenza e dalla reciproca condivisione. L’amorevolezza o la bontà è
diventata così forma sostanziale della carità di Don Bosco. Egli ci chiede oggi, come nella lettera da
Roma del 1884, la capacità di incontrarci, la disponibilità all’accoglienza, la familiarità. Come Don
Bosco, dobbiamo coltivare ancora l’arte di fare il primo passo, eliminando distanze e barriere e
facendo nascere la gioia e il desiderio di rivedersi, di essere amici. Quest’arte consiste anche nel
creare, con pazienza e dedizione, un’atmosfera ricca di umanità, un clima familiare dove i ragazzi e i
giovani si sentano molto liberi e capaci di esprimere ed essere se stessi, assimilando con gioia i valori
che vengono loro proposti. Questa pedagogia dello spirito di famiglia è anche una scuola di fede per
i giovani. Offriamo amore e accoglienza incondizionata, affinché possano scoprire, progressivamente
e a partire da un’opzione di libertà personale, la fiducia e il dialogo, così come la celebrazione e
l’esperienza comunitaria della fede.
E non dimentichiamo che la presenza salesiana è una presenza speciale, per cui il salesiano tratta i
giovani con profondo rispetto, li incontra al loro livello di libertà, e li tratta come soggetti attivi e
responsabili della comunità educativo-pastorale. Per questo, il salesiano impara uno stile di ascolto,
dialogo e discernimento personale e comunitario. E questo vale non solo nella pastorale trai i giovani
ma anche nelle nostre case di formazione, dove “si impara a essere salesiani”.
11 Lettera dei giovani al CG28.
12 CG28, Priorità della missione salesiana tra i giovani di oggi. Primo nucleo, n.5
13 Lettera dei giovani al CG28.

2.5 Page 15

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Ma questa modalità di presenza non è possibile se si è distanti dai giovani: lontani da loro fisicamente
e lontani dalla loro psicologia e dal loro mondo culturale. Il pericolo è questo. La giusta alternativa è
quella di vivere come salesiani, come figli di Don Bosco, la stessa esperienza di paternità che egli ha
vissuto con i suoi ragazzi, che si traduce in un vero amore e nello stesso tempo in una reale
“autorevolezza” nei confronti degli stessi ragazzi. A partire dal grande valore che ha per noi la
presenza in mezzo ai giovani. Nel Messaggio del Papa al CG28 leggiamo: «La vostra consacrazione
è, innanzitutto, segno di un amore gratuito del Signore e al Signore nei suoi giovani che non si
definisce principalmente con un ministero, una funzione o un servizio particolare, ma attraverso una
presenza. Prima ancora che di cose da fare, il salesiano è ricordo vivente di una presenza in cui la
disponibilità, l’ascolto, la gioia e la dedizione sono le note essenziali per suscitare processi. La
gratuità della presenza salva la Congregazione da ogni ossessione attivistica e da ogni riduzionismo
tecnico-funzionale. La prima chiamata è quella di essere una presenza gioiosa e gratuita in mezzo ai
giovani».
Mi permetto di ricordare che la presenza oggi tocca anche il mondo digitale, un nuovo vero areopago
per noi, un habitat dei giovani di oggi. Anche qui dobbiamo essere presenti, con una chiara identità
salesiana, con il desiderio di portare l’annuncio della buona novella, e semplicemente con la gioia e
la semplicità dei discepoli del Signore14.
PROPOSTA
Propongo per questo sessennio, come espressione della nostra CONVERSIONE, quanto già richiesto
dal CG26, e cioè:
“Ogni salesiano trovi il tempo di essere tra i giovani come amico, educatore e testimone di Dio,
qualunque sia il suo ruolo nella comunità”15.
Nonostante appaia strano dover chiedere a un salesiano di trovare il tempo per stare con i giovani, lo
ritengo oltremodo necessario.
Per questa ragione si propone di
Promuovere una presenza efficace e affettiva tra e con i giovani, in comunione di vita e di
azione. E valorizzare e rilanciare la bella esperienza e la rinnovata figura dell’assistente, non solo
per il tirocinante ma per l’intera vita del salesiano di Don Bosco.
Curare in ogni presenza lo stile dell’ambiente oratoriano: l’atmosfera familiare, l’accoglienza,
la spiritualità e la dimensione della gioia profonda.
Accompagnare il dinamismo dei giovani promovendone il protagonismo e la leadership in ogni
casa e nella missione salesiana che vi si svolge.
Assicurare la presenza dei formatori nelle comunità di formazione, dove si comunica lo spirito
salesiano anzitutto con l’esempio: stare in mezzo a loro, aiutando fortemente i giovani confratelli
ad essere i primi responsabili della propria formazione.
Impegnare il dicastero per la comunicazione sociale, a vari livelli, nell’offrire strumenti e stimoli
per un costante processo di verifica, aggiornamento, inculturazione della missione salesiana
nell’habitat digitale, dove i giovani vivono, coinvolgendo le nostre università, in rete con altri
centri e agenzie che più da vicino seguono e studiano le trasformazioni che il mondo digitale sta
portando tra le nuove generazioni.
14 «La rivoluzione digitale ci chiede di comprendere le profonde trasformazioni che stanno avvenendo non solo nel campo
della comunicazione, ma soprattutto nel modo di impostare e gestire le nostre relazioni umane» (Nucleo 1 elaborato dal
CG28).
15 CG26, “Da mihi animas, cetera tolle”, n.14.

2.6 Page 16

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4. LA FORMAZIONE PER ESSERE SALESIANI PASTORI OGGI
«Illuminato dalla persona di Cristo e dal suo Vangelo, vissuto secondo lo spirito di Don Bosco, il
salesiano si impegna in un processo formativo che dura tutta la vita e ne rispetta i ritmi di
maturazione. Fa esperienza dei valori della vocazione salesiana nei diversi momenti della sua
esistenza e accetta l’ascesi che tale cammino comporta.
Con l’aiuto di Maria, madre e maestra, tende a diventare educatore pastore dei giovani nella forma
laicale o sacerdotale che gli è propria» (C. 98).
La formazione è veramente un regalo prezioso del Signore, che fa maturare in noi, come salesiani di
Don Bosco, il dono inestimabile della chiamata del Padre alla vocazione cristiana e consacrata.
Nonostante la realtà numerica delle vocazioni non sia omogenea in tutto il mondo, la Congregazione
è benedetta ogni anno con l’ingresso di circa 450 novizi. Ringraziamo Dio perché, come dicono le
nostre Costituzioni, ogni chiamata manifesta quanto il Signore ama la Chiesa e la nostra
Congregazione (Cf. C. 22).
Tuttavia l’assemblea capitolare ha anche riconosciuto alcune nostre debolezze e le ha espresse così:
«Notiamo infatti che talora l’identità consacrata salesiana pare debole e poco radicata: il primato di
Dio nella vita personale e comunitaria non sempre emerge con chiarezza; forme di clericalismo e di
secolarismo rischiano di far entrare in Congregazione la “mondanità spirituale”; la promozione del
salesiano laico in alcune regioni rimane scarsa; la mancanza di personale preparato nell’ambito della
salesianità, nonostante il molto materiale a disposizione, è segno di insufficiente attenzione
all’approfondimento del carisma»16. Di fatto questa istanza è emersa in modo molto forte durante i
lavori del nostro Capitolo generale 28°.
Oserei dire che se ciò avviene in tutte le congregazioni religiose e anche nella formazione dei seminari
diocesani, la distanza abissale che si percepisce tra la formazione e la missione salesiana senza
dubbio è per noi una grande sfida. Forse questa distanza è dovuta alla grande differenza che esiste
tra la realtà delle case di formazione iniziale e la vita nelle comunità apostoliche (le comunità
ordinarie di tutte le ispettorie); forse il fenomeno dipende anche dal fatto che la formazione non
sempre riesce a raggiungere il cuore del giovane salesiano in formazione; forse nel curriculum
formativo si trasmettono conoscenze e informazioni che non riescono a toccare la vita e la missione
salesiana. La crescita è un processo lento di unificazione della persona, che mette in relazione
esperienze di vita, bisogni esistenziali, conoscenze, missione, rapporti, vocazione, progetto di vita…
In questo processo di unificazione ci formiamo per essere educatori e pastori in un mondo nuovo e in
una missione rinnovata. Qualunque sia la ragione dei limiti formativi che constatiamo, ci troviamo di
fronte a una grande sfida, che la Congregazione ha evidenziato e che dobbiamo affrontare con
decisione nel sessennio.
D’altra parte, non possiamo negare che esiste una pericolosa convinzione: che la formazione termini
dopo il completamento delle fasi iniziali; e, nel caso dei candidati al sacerdozio, sia compiuta con il
loro accesso al ministero. Questa idea sbagliata ci fa molto male e ci porta a pagare prezzi elevati nel
ministero pastorale. Si tratta, quindi, di comprendere la formazione come un processo di
trasformazione personale che dura tutta la vita, anche se si caratterizza per una particolare intensità e
con specifiche attenzioni nelle prime tappe. In definitiva la formazione è un cammino necessario per
costruire e custodire la nostra vocazione.
Spesso non sappiamo trasformare la vita pastorale quotidiana in un’opportunità permanente per la
nostra formazione e perciò «la comunità, sia religiosa che educativa pastorale, non riesce a diventare
16 CG28, Profilo del salesiano oggi. Secondo nucleo, n. 1.

2.7 Page 17

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l’ambiente naturale in cui ci si forma»17. Siamo consapevoli di alcune possibili fragilità pastorali:
superficialità, improvvisazione, attivismo. Non riveste minore importanza il pericolo
dell’individualismo. Tutto ciò richiede umiltà, lucidità, autenticità e un nuovo impulso nella
comprensione comunitaria della nostra vita e della nostra missione.
Come è stato detto al Capitolo generale, la formazione iniziale è una realtà poliedrica, positiva e
promettente. Di fronte a tale situazione, la formazione dei formatori, cioè dei confratelli che
accompagnano con una «vocazione particolare all’interno della propria vocazione» la formazione dei
giovani salesiani, e la creazione di buone équipe di persone che possano accompagnare le tappe della
formazione, sono una vera urgenza e una vera priorità, dal momento che la comunità è il primo
luogo di formazione.
Dobbiamo forse parlare della necessità di assumere un nuovo stile di formazione? Nel suo messaggio
al Capitolo generale, Papa Francesco ci dice a questo proposito: «pensare alla figura salesiana per i
giovani di oggi significa accettare di essere immersi in un tempo di cambiamento»18. Occorre quindi
rinnovare il nostro stile formativo, che deve essere pensato sempre più in forma personalizzante,
olistica, relazionale, contestuale e interculturale19. Dovremo continuare a fare passi avanti per
impostare e vivere realmente la formazione nell’orizzonte della vocazione e, quindi, ben lontano
dall’essere intesa, come a volte si tende a fare, solo come un dovere che dura pochi anni e
necessariamente viene superato per arrivare alla “vita reale”, alla vita concreta, a quella che si cercava.
Che concetto formativo pericoloso quello che oppone la vita reale alla formazione del salesiano
educatore e pastore!
La formazione, insomma, è un vero e proprio lavoro artigianale, sia da parte di chi accompagna i
confratelli, sia da parte di ciascuno nel proprio processo formativo. In questo campo oggi non c’è
spazio per la “produzione in serie”. L’artigianato parla di opere d’arte uniche, fatte a mano, una ad
una. Parlando di questo lavoro artigianale, oggi non possiamo trascurare la figura della donna negli
ambienti educativi salesiani. Infatti, «la presenza della donna in molte nostre opere è un dato di fatto,
sia per quanto riguarda i destinatari che i corresponsabili dell’educazione»20. In questo senso Papa
Francesco ci ha rivolto un forte appello nel suo Messaggio dicendo: «Che ne sarebbe di Valdocco
senza la presenza di Mamma Margherita? Sarebbero state possibili le vostre case senza questa donna
di fede? […] Senza una presenza reale, effettiva ed affettiva delle donne, le vostre opere
mancherebbero del coraggio e della capacità di declinare la presenza come ospitalità, come casa. Di
fronte al rigore che esclude, bisogna imparare a generare la nuova vita del Vangelo. Vi invito a portare
avanti dinamiche in cui la voce della donna, il suo sguardo e il suo agire – apprezzato nella sua
singolarità – trovino eco nel prendere le decisioni; come un attore non ausiliare ma costitutivo delle
vostre presenze».
Un rinnovato stile e modello di formazione, anche con la forte sottolineatura che ci fa Papa Francesco,
non sarà possibile dimenticando l’unico e più importante protagonista, che non è né il formatore né
il formando, ma lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio verso il quale ciascuno di noi deve essere docile.
Per questa ragione le nostre Costituzioni ricordano che «ogni salesiano si assume la responsabilità
della propria formazione» (C. 99). Mi permetto di aggiungere che ciascun confratello deve fare in
modo che lo Spirito Santo trasformi il suo cuore lungo il corso della vita e nei suoi diversi momenti.
Un cammino formativo vissuto così ci permetterà di consolidare nella Congregazione quanto ho
affermato nelle pagine precedenti: il “Da mihi animas” deve essere il motore della passione educativa
ed evangelizzatrice, e anche l’“energia” dell’intero processo formativo.
17 Idem, n. 3.
18 Idem, n. 5.
19 Idem, n. 5.
20 CG24, n. 166.

2.8 Page 18

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Di fatto, la natura apostolica del nostro carisma qualifica in modo determinante la nostra formazione.
Come ci ricorda papa Francesco nel suo messaggio, «è importante sostenere che non veniamo formati
per la missione, ma che veniamo formati nella missione, a partire dalla quale ruota tutta la nostra vita,
con le sue scelte e le sue priorità. La formazione iniziale e quella permanente non possono essere
un’istanza previa, parallela o separata dell’identità e della sensibilità del discepolo».
È evidente che abbiamo davanti a noi uno dei nuclei essenziali del cammino della Congregazione per
i prossimi sei anni: curare la vocazione di ogni confratello in particolare, e dei giovani confratelli in
formazione, in modo tale che tutti noi riusciamo ad essere i Salesiani di Don Bosco di cui oggi i nostri
ragazzi, i giovani e le loro famiglie hanno bisogno.
PROPOSTA
Ci impegniamo a superare il divario tra formazione e missione favorendo nella Congregazione
una rinnovata cultura della formazione nella missione per quest’oggi in tutto il mondo salesiano
con misure e decisioni di grande significatività.
Per questa ragione:
Promuoviamo un rinnovato impegno per l’accompagnamento formativo dei confratelli, che possa
toccare il cuore e renderci disponibili a una vera e radicale donazione di noi stessi. A questo scopo
valorizziamo il sussidio “Giovani salesiani e accompagnamento. Orientamenti e direttive”, nel
quale si ribadisce che il nostro modello di formazione non può che essere il Sistema Preventivo.
Le comunità di formazione iniziale custodiscano uno stile di vita sobrio e caratterizzato da
profondità spirituale e grande capacità di servizio e lavoro, che preservi dall’imborghesimento e
formi alle esigenze della missione. Si garantisca l’accompagnamento pastorale come strategia
fondamentale per una formazione alla missione e nella missione.
Investiamo energie nel reperimento e nella formazione dei formatori e affrontiamo con coraggio
il ripensamento dei riferimenti istituzionali e delle strutture formative.
Il Settore della formazione svolgerà un serio ed esigente lavoro di aggiornamento della Ratio,
potenziando ciò che favorisce l’integrazione tra la formazione e la missione e impedisce il
formarsi di un divario fra le due dimensioni. Il Settore garantirà processi di vera maturazione e
personalizzazione e di accompagnamento.
5. PRIORITÀ ASSOLUTA PER I GIOVANI, I POVERI E I PIÙ ABBANDONATI E INDIFESI
«Il Signore ha indicato a Don Bosco i giovani, specialmente i più poveri, come primi e principali
destinatari della sua missione.
Chiamati alla medesima missione, ne avvertiamo l’estrema importanza: i giovani vivono un’età in
cui fanno scelte di vita fondamentali che preparano l’avvenire della società e della Chiesa.
Con Don Bosco riaffermiamo la preferenza per la “gioventù povera, abbandonata, pericolante”, che
ha maggior bisogno di essere amata ed evangelizzata, e lavoriamo specialmente nei luoghi di più
grave povertà» (C. 26)
Vorrei iniziare a sviluppare questa priorità a partire dalle poche frasi che ho potuto dedicare a questo
tema nel mio ultimo intervento nell’Aula Capitolare, prima della conclusione anticipata del nostro

2.9 Page 19

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CG28. Posso assicurarvi, cari Confratelli, che le parole erano poche ma la convinzione era forte e
grande.
Ho detto: «Sogno che dire oggi e nei prossimi anni “Salesiani di Don Bosco” significhi, per le
persone che ascoltano il nostro nome, che siamo consacrati un po’ “pazzi”, cioè “pazzi” perché amano
i giovani, soprattutto i più poveri, con un vero cuore salesiano.
Cari confratelli, se ci allontanassimo dai più poveri, sarebbe la morte della Congregazione. Ce lo
diceva don Bosco quando parlava della nostra povertà e del pericolo della ricchezza. Permettetemi di
essere ancora più schietto: se un giorno dovessimo lasciare i ragazzi, i giovani e, tra questi, i più
poveri, la nostra Congregazione inizierebbe a morire. Una Congregazione che oggi, grazie a Dio, è
in buona salute, nonostante le nostre debolezze!
Prestiamo, dunque, attenzione a quella che considero un’autentica “deliberazione capitolare”, anche
se non nel senso proprio dell’espressione, dal momento che il suo contenuto si trova già nelle nostre
Costituzioni. Si tratta di chiedere a noi un’opzione radicale, preferenziale, personale, istituzionale e
strutturale a favore dei giovani più bisognosi, poveri ed esclusi. Un’opzione che deve manifestarsi in
modo speciale, nella difesa dei ragazzi, delle ragazze e dei giovani sfruttati e vittime di qualsiasi tipo
di abuso: dall’abuso sessuale a qualsiasi altro tipo di sfruttamento; dall’abuso causato da qualsiasi
tipo di violenza; dall’abuso di ingiustizia manifesta ed evidente, a qualsiasi tipo di abuso di potere.
Credo che questa sfida sia un bell’impegno che ogni salesiano deve portare nel cuore. Un periodo di
sei anni guidato da questa luce ci darà molta vita».
Sono convinto che assumere questa prospettiva come irrinunciabile, sarà molto significativo in tutta
la Congregazione e in tutti i contesti, culture e continenti. Oggi ci sono molte povertà giovanili che
reclamano da parte dell’intera famiglia umana, e senza dubbio da noi Salesiani in modo particolare,
un’attenzione urgente. In effetti, la storia della nostra Congregazione è caratterizzata da chiamate ad
andare incontro ai giovani più poveri. «Come figli di Don Bosco, abbiamo assunto un impegno storico
per servire i giovani poveri».21
Il nostro stesso padre Don Bosco ci ha già detto: «Tutti ci vedranno e ci accoglieranno con simpatia,
purché le nostre preoccupazioni e le nostre richieste siano rivolte ai figli dei poveri, quelli più a rischio
della società. Questa deve essere per noi la più grande soddisfazione che nessuno possa toglierci»22.
Molti anni fa, il CGXIX dichiarava: «Oggi più che mai don Bosco e la Chiesa ci mandano a lavorare
tra i poveri, i meno fortunati e il popolo»23. Il CGXX ha parlato anche della priorità assoluta dei
“giovani” e tra di loro dei “poveri e abbandonati” quando ha chiesto chi fossero i destinatari concreti
della nostra missione24.
Noi stessi abbiamo detto nel nostro recente Capitolo che siamo consacrati a Dio per i giovani più
poveri. Come Don Bosco, anche noi abbiamo promesso nella nostra professione religiosa di offrirci
a Dio impegnando le nostre forze a servizio dei giovani, specialmente i più poveri, e che per questo
dobbiamo «ascoltare insieme l’appello che Dio ci rivolge nelle povertà giovanili. Richiede poi anche
profondità spirituale, per non cadere nell’attivismo o in una mentalità aziendale; preparazione
culturale, per comprendere i fenomeni in cui siamo immersi e le nuove povertà giovanili; disponibilità
a lavorare insieme, abbandonando ogni individualismo pastorale; flessibilità nel ripensare il nostro
21 CGXX, n. 580.
22 MB XVII, 272; Cf. MB XVII, 207.
23 CGXIX, ACS 244, p. 94.
24 CGXX, n. 45.

2.10 Page 20

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stile di vita e le nostre opere, soprattutto quando esse non esprimono più l’energia missionaria del
carisma e rispondono prevalentemente a logiche di mantenimento»25.
Insomma, l’appello che rivolgo a tutti è quello di guardare veramente i volti dei nostri ragazzi e dei
nostri giovani fino a conoscere le loro storie di vita, che spesso sono attraversate da vere e proprie
tragedie. Se questo avviene è perché amiamo veramente i giovani e ci causerà sofferenza e dolore
per loro. Papa Francesco parlando dell’opzione Valdocco e del dono della gioventù ci dice qualcosa
di prezioso, che non mi ha lasciato indifferente. Scrive: «L’Oratorio salesiano e tutto ciò che ne è
uscito, come ci racconta la Biografia dell’Oratorio, è nato come risposta alla vita dei giovani con un
volto e una storia che ha mobilitato quel giovane sacerdote che non poteva rimanere neutrale o
immobile di fronte a quanto stava accadendo. È stato più di un gesto di buona volontà (...). Lo
considero un atto di conversione permanente e di risposta al Signore che “stanco di bussare” alle
nostre porte, si aspetta che andiamo a cercarlo e lo troviamo, o che lo facciamo uscire, quando bussa
dall’interno. Una conversione che ha coinvolto (e complicato) tutta la sua vita e quella di tutti coloro
che lo circondano. Don Bosco non solo non ha scelto di separarsi dal mondo per cercare la santità,
ma si è lasciato sfidare e ha scelto come e quale mondo abitare»26.
PROPOSTA
Nel sessennio, la Congregazione in tutte le sue ispettorie fa l’opzione radicale, preferenziale,
personale – cioè da parte di ogni salesiano – e istituzionale a favore dei più bisognosi, dei ragazzi,
delle ragazze e dei giovani poveri ed esclusi, con particolare attenzione alla difesa di coloro che
sono sfruttati e vittime di qualsiasi abuso e violenza (“abuso di potere, economico, di coscienza,
sessuale”27).
Per questa ragione:
In ogni presenza salesiana nel mondo e in ogni Ispettoria, devono essere prese le decisioni
necessarie affinché i bambini e i giovani più poveri, nei luoghi dove siamo presenti, non siano
mai esclusi da nessuna casa salesiana, qualunque sia lo sforzo da compiere. Pensare, decidere,
creare modi per rendere possibile questa scelta (come ha sempre fatto il nostro Padre Don Bosco).
In ogni Ispettoria e casa salesiana ci sarà un codice etico per la cura, la prevenzione e la difesa dei
minori a noi affidati, con l’impegno di proteggerli da ogni tipo di abuso, da qualunque parte esso
provenga. Per noi i ragazzi, le ragazze e i giovani sono sacri nel nome di Dio.
A livello mondiale, ispettoriale e locale, ci impegniamo a promuovere le varie reti, le azioni e le
buone prassi che riguardano la nostra opera e la nostra presenza tra i ragazzi, le ragazze e i giovani
più poveri, in particolare anche tra i rifugiati e gli immigrati. Le organizzazioni salesiane come
DBnetwork, DBGA e RASS devono contribuire a garantire la tutela dei minori e a camminare in
sempre maggiore comunione con il Dicastero (Settore) della Pastorale giovanile della
Congregazione.
6. INSIEME AI LAICI NELLA MISSIONE E NELLA FORMAZIONE
«Realizziamo nelle nostre opere la comunità educativa e pastorale. Essa coinvolge, in clima di
famiglia, giovani e adulti, genitori ed educatori, fino a poter diventare un’esperienza di Chiesa,
rivelatrice del disegno di Dio.
25 CG28, Priorità della missione salesiana tra i giovani di oggi. Primo nucleo, n. 8.
26 FRANCESCO, Messaggio al CG28.
27 ChV, 98.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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In questa comunità i laici, associati al nostro lavoro, portano il contributo originale della loro
esperienza e del loro modello di vita.
Accogliamo e suscitiamo la loro collaborazione e offriamo la possibilità di conoscere e approfondire
lo spirito salesiano e la pratica del Sistema Preventivo.
Favoriamo la crescita spirituale di ognuno e proponiamo, a chi vi sia chiamato, di condividere più
strettamente la nostra missione nella Famiglia salesiana» (C.47).
Questo articolo delle nostre Costituzioni contiene gli elementi più essenziali della nostra missione
condivisa con i laici. Con questa visione dobbiamo confrontarci e verificare fino a che punto il
cammino della Congregazione, di ogni Ispettoria e di ogni confratello sta muovendosi in questa
direzione, che esprime bene la nostra identità carismatica. Siamo impegnati nella formazione dei laici
che condividono con noi la missione, sostenendo la loro crescita personale, il loro cammino di fede e
la loro identificazione vitale con lo spirito salesiano. Inoltre, dobbiamo offrire i mezzi per consentire
loro di svolgere i compiti loro affidati. «La (ri)scoperta della vocazione e della missione dei laici è
una delle grandi frontiere del rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano II e riflesso nel successivo
Magistero»28. Il nostro CG24 è stato certamente una risposta carismatica all’ecclesiologia di
comunione del Vaticano II. Sappiamo bene che Don Bosco, fin dall’inizio della sua missione a
Valdocco, ha coinvolto tanti laici, amici e collaboratori in modo che fossero partecipi della sua
missione tra i giovani. Da subito egli «suscita condivisione e corresponsabilità da parte di
ecclesiastici, laici, uomini e donne»29. Si tratta dunque, nonostante le nostre resistenze, di un punto
di non ritorno, perché, oltre a corrispondere all’agire di Don Bosco, il modello operativo della
missione condivisa con i laici proposto dal CG24 è di fatto «l’unico praticabile nelle condizioni
attuali»30.
Ventiquattro anni dopo la celebrazione di quel Capitolo generale, dobbiamo riconoscere che
l’accoglienza e l’attuazione di ciò che è stato deciso sono state molto diverse. In alcune regioni la
presenza dei laici nella missione salesiana è diventata più evidente. In altre regioni della
Congregazione il cammino è molto più lento. In altri casi l’esperienza di comunione è ancora agli
inizi – come un cammino appena intrapreso – e talvolta incontriamo anche fenomeni di resistenza
vera e propria.
Sicuramente in questi anni, anche nelle più diverse realtà culturali, si sono fatti progressi. Spesso i
rapporti tra salesiani e laici sono caratterizzati da cordialità, apprezzamento reciproco, rispetto,
collaborazione e, quando c’è una chiara identità, la realtà delle comunità educativo pastorali si
presenta molto ricca – anche se non sempre si percepisce il valore della vocazione e della missione
dei laici. Tendiamo, infatti, a riconoscere più facilmente ciò che fanno rispetto alla loro identità
laicale.
È vero che tra i laici delle presenze salesiane nelle 134 nazioni in cui ci troviamo c’è una grande
varietà: molti lavorano su base contrattuale e molti altri, soprattutto i più giovani, come volontari. Ci
sono laici con una forte identità cristiana e carismatica, e altri che sono lontani da questa realtà. C’è
chi è cattolico, ci sono cristiani di altre confessioni, o laici che professano altre religioni, e anche
persone indifferenti al fatto religioso.
Similmente le modalità di relazione tra le comunità e le opere sono diverse a seconda della realtà
esistente, dei contesti, ecc... Nella riflessione fatta nel Consiglio generale abbiamo preso coscienza di
questa grande diversità, come si riflette nel nostro contributo al nucleo 3 del Capitolo, che non è stato
sviluppato nell’Assemblea capitolare a causa del COVID-1931.
28 CG28, Insieme ai laici nella missione en ella formazione, Nucleo 3, riconoscere, n. 1.
29 CG24, n. 71.
30 CG24, n. 39.
31 Idem, nn. 12-17.

3.2 Page 22

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Come dicevo precedentemente, «fin dall’inizio il nostro Fondatore si preoccupò di coinvolgere il
maggior numero di collaboratori possibili nel suo progetto operativo: da mamma Margherita ai datori
di lavoro, dalla gente buona del popolo ai teologi, dai nobili ai politici dell’epoca. Noi siamo nati e
cresciuti storicamente in comunione con i laici, e loro con noi. Anzi, dobbiamo sottolineare
l’importanza che i giovani hanno avuto nello sviluppo del carisma e della missione salesiana: Don
Bosco trovò nei giovani i suoi primi collaboratori, che così sono diventati co-fondatori della
Congregazione.
Tante volte io stesso – e certamente altri Rettori Maggiori – ho espresso con forte convinzione che la
partecipazione dei laici al carisma salesiano e alla missione non è una concessione da parte nostra,
una grazia che offriamo loro, e nemmeno una via di sopravvivenza – come molti confratelli hanno
pensato tante volte. È un diritto legato alla loro vocazione specifica. Naturalmente qui appare evidente
la differenza tra l’essere semplici lavoratori in una casa salesiana, e l’essere parte, nello stesso tempo,
di un lavoro, di una missione e di una vocazione. È un rapporto radicalmente diverso. Ciò esige da
noi in molti casi un deciso cambio di prospettiva. Come consacrati siamo un’incarnazione specifica
del carisma salesiano, ma non ne siamo gli unici depositari.
Da qui discende una priorità assoluta: «La condivisione dello spirito salesiano e la crescita nella
corresponsabilità che richiedono la condivisione di alcuni percorsi ed esperienze formative orientate
alla missione, ovviamente senza trascurare percorsi formativi specifici ai salesiani consacrati e ai
laici. La formazione congiunta nella missione condivisa è una priorità assoluta e va indirizzata
soprattutto al nucleo animatore»32.
I laici sono compagni di cammino, non sostituti o surrogati dei religiosi: loro e noi abbiamo identità
e compiti specifici per la missione. Pertanto, i nostri collaboratori laici hanno bisogno di conoscere e
sperimentare molto da vicino Don Bosco e ciò che si vive nelle case salesiane dove essi si trovano.
Tale conoscenza e formazione non si ricevono solo attraverso corsi accademici, ma in un modo molto
speciale, riflettendo, verificando e progettando ciò che si vive insieme in una presenza. È essenziale
compiere ulteriori passi nella formazione comune e congiunta, specialmente in quegli aspetti che si
riferiscono alla conoscenza e al vissuto del nostro carisma condiviso. Sappiamo, infatti, che «il primo
e migliore modo per formarsi e per formare la condivisione e la corresponsabilità è il corretto
funzionamento della comunità educativa pastorale»33.
Mi resta da sottolineare in modo molto particolare e fermo che la missione condivisa con i laici ha il
suo sviluppo più pieno e autentico quando essi sono membri di uno dei 32 gruppi della Famiglia
Salesiana, dei quali, come è noto, dodici sono gruppi laicali. Nel caso dei membri appartenenti alla
Famiglia Salesiana il grado di identità carismatica è spesso molto alto, e insieme viviamo una vera
vocazione nel carisma. È una ragione in più per dare priorità alla presenza dei membri della Famiglia
salesiana nelle nostre presenze, anche come lavoratori, quando la loro professionalità soddisfa le
stesse condizioni degli altri.
Infine, non dobbiamo dimenticare che il futuro di questo elemento carismatico – la missione e la
formazione condivisa con i laici – passa attraverso la formazione dei futuri salesiani. Non vi
nascondo, cari Confratelli, che mi preoccupa la tendenza di una parte dei nostri giovani confratelli,
che bramano, oserei quasi dire anche con veemenza, di terminare le tappe formative per vedersi con
autorità, posizioni e responsabilità davanti ai laici. È una tendenza totalmente contraria al cammino
che vogliamo intraprendere come Congregazione. Per questo motivo, «la formazione nella e per la
missione condivisa deve toccare anche la formazione iniziale dei salesiani, non solo come oggetto di
studio, ma anche attraverso esperienze pastorali settimanali e attive. L’esperienza di lavorare con e
32 Animazione e governo della comunità, 106 e 122.
33 CG24, 43.

3.3 Page 23

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sotto la direzione di laici durante il mandato, così come la partecipazione al consiglio della comunità
educativa pastorale, sono momenti preziosi di formazione, soprattutto se accompagnati dai membri
del gruppo di animatori, sia salesiani che laici»34.
PROPOSTA
Tutta la Congregazione e tutte le ispettorie del mondo facciano “passi avanti” nella testimonianza
della missione condivisa e della formazione comune, migliorando la realtà e il funzionamento
delle CEP in tutte le presenze della Congregazione. Si può essere più avanti o più indietro nel
vivere la missione e la formazione nella e della CEP, ma non si può non camminare in questa
direzione. Continua ad essere una priorità e un’urgenza quanto ho chiesto nel CG27: «La missione
condivisa tra SDB e laici non è più opzionale – caso mai qualcuno lo pensasse ancora»35.
Camminiamo per inserire laici nelle équipe formative delle comunità di formazione iniziale.
In questi sei anni in ogni ispettoria e presenza salesiana si porterà avanti, congiuntamente tra
salesiani e chi condivide la missione e fa parte del nucleo animatore, un processo di discernimento
per:
rilevare con realismo la situazione di missione e formazione condivisa (riconoscere)
porsi in sintonia con il cammino che la Chiesa e la Congregazione stanno facendo
(interpretare)
tracciare e attivare processi di crescita e trasformazione, in sinergia con le altre realtà
ispettoriali, regionali, di Congregazione (scegliere).
Per questa ragione:
i laici con una forte identità carismatica saranno gradualmente inseriti nelle équipe ispettoriali,
assumendo anche compiti di responsabilità, di coordinamento e di leadership.
nelle ispettorie si realizzerà una formazione secondo il modello operativo di animazione e di
governo delle case già deciso nel CG24.
nelle ispettorie e nelle presenze salesiane renderemo significativa la testimonianza evidente e forte
della Famiglia Salesiana all’interno della CEP.
i centri regionali di formazione permanente, con l’appoggio dei dicasteri per la Pastorale
Giovanile e per la Formazione, preparano sussidi adatti ai diversi contesti regionali e favoriscono
questo processo a livello ispettoriale e locale. Diventano quindi ricettori e diffusori di buone prassi
e materiali, che serviranno come esempio e stimolo per altre realtà salesiane.
A livello delle CEP locali si valorizza come cammino di formazione permanente la terza parte di
“Animazione e governo della comunità - Il servizio del direttore salesiano”, dedicata a “La
comunità educativo pastorale”.
Questo processo sarà uno dei campi a cui dare attenzione prioritaria nelle visite ispettoriali, nei
Capitoli ispettoriali di metà sessennio, nelle visite straordinarie e nelle visite di insieme.
7. È TEMPO DI GENEROSITÀ NELLA CONGREGAZIONE. In una Congregazione
sempre missionaria
«Ciascuno de noi è chiamato da Dio a far parte della Società salesiana. Per questo riceve da lui doni
personali e, rispondendo fedelmente, trova la via della sua piena realizzazione in Cristo.
34 CG28, Terzo Nucleo, Insieme ai laici nella missione en ella formazione, n. 43.
35 CG27, Testimoni della radicalità evangelica. Documenti capitolari: Discorso del Rettor Maggiore alla chiusura del
CG27, n. 3.7, Roma 2014.

3.4 Page 24

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La Società lo riconosce nella sua vocazione e lo aiuta a svilupparla. Egli, come membro
responsabile, mette se stesso e i propri doni al servizio della vita e dell’azione comune.
Ogni chiamata manifesta che il Signore ama la Congregazione, la vuole viva per il bene della sua
Chiesa e non cessa di arricchirla di nuove energie apostoliche» (C.22)
Nella sessione conclusiva del CG28 ho detto che, a mio parere, questo «è tempo di generosità nella
Congregazione». Non ho dubbi che abbiamo una storia di 162 anni caratterizzata da grande
generosità, già iniziata con Don Bosco. Tuttavia, mi sembra che oggi questa generosità sia più che
mai necessaria.
Cercherò di spiegarmi chiaramente.
Oggi, non meno che in passato, la realtà ci parla della necessità dell’evangelizzazione, dei bisogni
pastorali e di promozione umana che veniamo a conoscere a contatto con diversi contesti. Ci vengono
rivolti frequenti appelli, chiamate, interpellanze perché assumiamo questo o quel servizio in tante
parti del mondo. Vediamo ragazzi, ragazze, giovani e famiglie in difficoltà in ogni continente.
Dio continua a chiamarci in tutto il mondo per essere “testimoni-segno” del suo Amore salvifico
per i giovani più poveri.
C’è bisogno del nostro aiuto come evangelizzatori ed educatori per i giovani e gli adulti delle
classi popolari, nei più diversi contesti culturali e religiosi.
C’è inoltre un urgente bisogno di educazione e di azione da parte nostra per testimoniare e
promuovere la giustizia nel mondo.
La povertà e le povertà continuano ad essere per noi un grido, il più delle volte silenzioso, senza
voce: giovani con le loro povertà materiali ed emotive, veri orfani anche se hanno genitori o
famiglie, povertà culturali (senza accesso alla scuola, all’istruzione), povertà spirituali (senza
alcuna conoscenza dei valori trascendenti, né di Dio).
La speranza di poter lavorare (e a volte anche studiare) più facilmente continua a provocare
massicce migrazioni verso le grandi città (e anche verso altri paesi) con le naturali conseguenze
del disadattamento e della marginalizzazione sociale. A questo si aggiunge l’agghiacciante realtà
dei rifugiati e dei campi in cui vivono; in molti di essi i nostri confratelli condividono la vita con
gli stessi rifugiati (Kakuma-Kenya, Juba-Sud Sudan, Palabek-Uganda).
Potrei ampliare l’elenco di questo insieme di situazioni.
Cari Confratelli, noi tutti apparteniamo a Dio e alla nostra unica Congregazione, di cui gioiosamente
siamo membri. Siamo tutti salesiani di Don Bosco nel mondo. Il nostro affetto si rivolgerà sempre ai
confratelli della nostra ispettoria di origine, nella quale siamo “vocazionalmente nati”; ma la nostra
appartenenza più vera e più profonda è alla Congregazione, ed essa comincia con la nostra stessa
professione religiosa.
Per tale ragione nei prossimi sei anni l’apertura di orizzonti deve diventare ancora più effettiva e
reale, grazie alla disponibilità dei confratelli e alla generosa risposta delle ispettorie che hanno
maggiori possibilità di offrire un aiuto agli altri confratelli. A volte con accordi tra gli stessi ispettori,
altre volte con la mediazione del Rettor Maggiore e del suo Consiglio quando si tratta di nuove
fondazioni, nuove sfide missionarie, nuove presenze in altre nazioni o in nuove frontiere missionarie.
Fortunatamente le ispettorie economicamente più povere sono le più ricche di vocazioni, e la
formazione di tutti questi confratelli è resa possibile dalla generosità di tutta la Congregazione.
Ancora una volta si dimostra che la generosità rende possibili tutti i sogni.
Viviamo in tempi in cui dobbiamo affrontare la realtà con una mentalità rinnovata, che ci permette di
“superare le frontiere”. In un mondo in cui i confini sono sempre più “una difesa contro gli altri”, la
profezia della nostra vita di Salesiani di Don Bosco consiste anche in questo: nel mostrare che per

3.5 Page 25

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noi non ci sono confini. L’unica realtà alla quale rispondiamo è: Dio, il Vangelo e la missione che
ci è stata affidata. Proprio per questo le nostre comunità internazionali e interculturali hanno oggi un
grande valore profetico, senza nascondere il fatto che costruire la fraternità nella diversità, richiede
visione di fede e impegno personale.
La realtà missionaria della nostra Congregazione continua a interpellarci e a presentarci delle belle
sfide, le missioni ci spingono in avanti e ci fanno sognare bei sogni che diventano realtà.
Quando negli anni ’80 del secolo scorso continuavamo, anno dopo anno, a perdere confratelli in modo
significativo, il Rettor Maggiore don Egidio Viganò ha lanciato in modo profetico il Progetto Africa,
che oggi è una bellissima realtà. Quando nel 2000, di fronte al nuovo millennio, si constatava la dura
realtà pastorale e la necessità di una nuova evangelizzazione per l’Europa, Don Pascual Chávez
promosse con convinzione il Progetto Europa. Questi non sono tempi in cui preoccuparsi di
sopravvivere, ma occasioni per essere più significativi.
Papa Francesco nel suo messaggio al CG28 ci invitava anche ad essere attenti alle paure che finiscono
«col fissarci in un’inerzia paralizzante che priva la vostra missione della parresia propria dei discepoli
del Signore. Tale inerzia può manifestarsi anche in uno sguardo e un atteggiamento pessimistici di
fronte a tutto ciò che ci circonda, e non solo rispetto alle trasformazioni che avvengono nella società,
ma anche in rapporto alla propria Congregazione, ai fratelli e alla vita della Chiesa.
Quell’atteggiamento che finisce per “boicottare” e impedire qualsiasi risposta o processo
alternativo»36.
PROPOSTA
Propongo a tutta la Congregazione di concretizzare quest’ora di generosità assumendo in modo
naturale la disponibilità di confratelli di tutte le ispettorie (trasferimenti, scambio, aiuto temporaneo)
per servizi internazionali, nuove fondazioni, nuove frontiere che vogliamo raggiungere.
Per questa ragione:
Le ispettorie saranno attente e disponibili agli appelli del Rettor Maggiore per le necessità e le
sfide che assumeremo.
Il 150° anniversario della prima spedizione missionaria di Don Bosco in Argentina (che ricorrerà
nel 2025) e il primo centenario della presenza missionaria nel Nord-Est dell’India (nel 2022),
saranno l’occasione per continuare il progetto missionario della nostra Congregazione.
Abbiamo concretizzato l’appello missionario invitando ogni ispettoria ad aprire al proprio interno
un progetto missionario (rifugiati, immigrati, valichi di frontiera, bambini sfruttati...) durante il
sessennio precedente, dando priorità alla significatività e alle reali richieste di aiuto dei giovani
di oggi.
Il Rettor Maggiore e il suo Consiglio indicheranno i passi opportuni per consolidare nel Dicastero
(Settore) della Pastorale Giovanile della Congregazione la sezione che si occupa prioritariamente
della realtà dei rifugiati e dei migranti (specialmente i minori non accompagnati e i giovani).
36 FRANCESCO, Messaggio al CG28.

3.6 Page 26

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8. ACCOMPAGNANDO I GIOVANI VERSO UN FUTURO SOSTENIBILE
Riconosciamo che l’attenzione a un futuro sostenibile è una conversione culturale, non una moda, e
come ogni conversione ha bisogno di esser richiamata con forza con il suo nome nuovo.
L’assemblea capitolare si è espressa con totale unanimità quando è stato proposto che una piccola
commissione assumesse la sensibilità che c’è in noi di fronte a questa emergenza. La cura del creato
non è una moda. È in gioco la vita dell’umanità, anche se molti funzionari pubblici, prigionieri di
interessi economici, guardano dall’altra parte o negano ciò che è innegabile. Questa sensibilità si è
concretizzata in una delibera del Capitolo approvata dall’Assemblea. Papa Francesco ha ribadito che
dobbiamo evitare una «emergenza climatica» che rischia di «perpetrare un brutale atto di ingiustizia
nei confronti dei poveri e delle generazioni future»37.
Il nostro impegno per un’ecologia umana integrale nasce dalla convinzione di fede secondo la quale
«tutto è collegato, e che la cura autentica della nostra vita e dei nostri rapporti con la natura è
inseparabile dalla fratellanza, dalla giustizia e dalla fedeltà agli altri»38. All’interno della vita sociale
degli esseri umani non possiamo separare la cura dell’ambiente. Pertanto, l’ecologia deve essere
integrale, umana. E, di conseguenza, siamo invitati a una conversione ecologica che non riguarda solo
l’economia e la politica, ma anche la vita sociale, le relazioni, l’affettività e la spiritualità.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ai disaccordi dei politici di varie nazioni di fronte a questa
emergenza. L’ultimo incontro dei leader dei Paesi a Santiago del Cile (ma tenutosi a Madrid-Spagna)
ha avuto come unico risultato l’accordo di incontrarsi di nuovo tra un anno. Nessun accordo operativo
significativo.
Allo stesso tempo, milioni e milioni di persone, per lo più giovani, hanno innalzato un grido globale.
Papa Francesco, sensibile a questa realtà, come ha ben dimostrato, ricorda che i giovani stessi
chiedono un cambiamento radicale e che « si chiedono come si possa pretendere di costruire un futuro
migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi»39.
La proposta di deliberazione capitolare così si esprime: «Insieme a Papa Francesco riconosciamo
l’evidenza data dalla scienza che l’accelerazione del cambiamento climatico derivante dall’attività
umana è reale. L’inquinamento dell’aria, l’inquinamento dell’acqua, lo smaltimento improprio dei
rifiuti, la perdita di biodiversità e altre questioni ambientali che hanno un impatto negativo sulla vita
umana sono in aumento. La produzione e il consumo non sostenibili stanno spingendo il nostro
mondo e i suoi ecosistemi oltre i loro limiti, minando la loro capacità di fornire risorse e azioni vitali
per la vita, lo sviluppo e la loro rigenerazione»40.
Nel momento in cui scrivo queste righe, il pianeta Terra e tutti i paesi del mondo sono stati colpiti, in
misura maggiore o minore, dal virus COVID-19 che, ad oggi, ha causato la morte di 624.000 persone
e ne ha infettate 15.300.000. Sappiamo bene che la vita di una singola persona è sacra, e c’è tanto
dolore a causa di tante morti. Ma non è meno vero che il pianeta Terra sanguina da decenni, e che
l’inquinamento ogni anno causa molte più vittime umane di quante non ne abbia provocate il COVID-
19. Questo dato di fatto purtroppo non è preso così seriamente.
Non è meno vero che i più poveri, sempre i più poveri!, subiscono gli effetti disastrosi della
deforestazione e dei cambiamenti climatici, della rovina dei loro poverissimi raccolti, loro unica
risorsa per vivere. Anche questo non viene denunciato.
37 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti all'incontro promosso dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano
integrale sul tema: Transizione energetica e cura della nostra casa comune, Roma 14 giugno 2019.
38 Cf. FRANCESCO, Lettera Enciclica Laudato si’, Roma 24 maggio 2015, nn. 137-162. D’ora in poi LS.
39 LS 13.
40 CG28, Proposta per la deliberazione sull’ecologia.

3.7 Page 27

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Potrei ancora fare un elenco di queste situazioni. Non è necessario. Basta sottolineare che come
educatori e pastori non possiamo essere indifferenti a questa realtà. Dobbiamo fare qualcosa.
PROPOSTA
Ascoltando il grido che a livello mondiale sale da tanti giovani d’oggi, NOI SALESIANI CI
IMPEGNIAMO AD ESSERE TESTIMONI CREDIBILI, personalmente e comunitariamente,
di CONVERSIONE nella cura del Creato e nella Spiritualità Ecologica41.
Per questa ragione:
Ogni Ispettoria nel mondo risponderà, attraverso il Delegato ispettoriale per la Pastorale
Giovanile, alla richiesta di rendere le nostre scuole, i centri educativi, i campus universitari, gli
oratori, le parrocchie, modelli educativi nella cura dell’ambiente e della natura.
Nell’educazione dobbiamo includere come opzione salesiana l’azione a favore del Creato: la cura
della natura, del clima e dello sviluppo sostenibile.
Estendiamo, per quanto possibile, la rete di istituzioni salesiane che saranno inserite nel Don
Bosco Green Alliance, promuovendo la partecipazione dei giovani a campagne globali a favore
della sostenibilità delle cause ambientali ed ecologiche per la cura del Creato e della vita umana.
Accogliamo la richiesta fatta al CG28 dalla conferenza salesiana sulle energie rinnovabili del
mese di novembre 2019, affinché la Congregazione assuma il 100% delle energie rinnovabili
per tutte le ispettorie del mondo prima del 2032. Anche se la realtà della Congregazione è
molto disuguale nei diversi paesi, accettiamo questa sfida in collaborazione con i PDO delle
ispettorie, le ONG salesiane, il DBN.
CONCLUSIONE
Miei cari Confratelli: concludo queste linee programmatiche invitandovi ad accoglierle non come una
semplice lettera, ma come un messaggio e un programma che vuole essere espressione del battito del
cuore della Congregazione oggi in tutto il mondo.
E propongo due elementi importanti come atteggiamento con cui affrontare la bella opportunità dei
prossimi sei anni:
Il primo di questi ha a che fare con una virtù: la speranza. Solo con la speranza possiamo
affrontare il futuro, nella fiducia che il Signore porterà a compimento, con il nostro umile
contributo, ciò che qui proponiamo.
Il secondo ha a che fare con il nostro atteggiamento di fronte a Dio stesso. Vorrei chiedere alla
nostra Congregazione che in questo sessennio ci lasciamo guidare molto di più dallo Spirito
Santo; che sia Lui a muovere veramente i nostri cuori e le nostre capacità umane nell’animare e
governare la Congregazione e le ispettorie e le comunità, affinché ciascuno di noi arrivi a fare di
tutte le case salesiane del mondo altre Valdocco, che danno una risposta ai ragazzi e ai giovani di
oggi, come fece Don Bosco nel suo tempo.
41 LS, 217.

3.8 Page 28

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A proposito della speranza, vorrei sottolineare che, come ben sappiamo, essa è una virtù che ha tanto
a che fare con la nostra fede cristiana; è un modo diverso di guardare al futuro. La speranza cristiana
è un modo di vivere, un modo di camminare, un modo di guardare.
La speranza è il frutto dell’incontro con il Signore Gesù ed è il frutto dell’accoglienza del suo Spirito
in noi. La speranza non è il risultato di calcoli e previsioni. «Né pessimista né ottimista, il salesiano
del secolo XXI è un uomo pieno di speranza perché sa che il suo centro è nel Signore, capace di fare
nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5). Solo questo ci salverà dal vivere in un atteggiamento di
rassegnazione e sopravvivenza difensiva. Solo questo renderà feconda la nostra vita»42.
Sulla necessità di lasciarci guidare molto di più dallo Spirito Santo di Dio, Lui che è il vero Maestro
interiore, faccio mie le parole del Patriarca di Costantinopoli, Atenagora I, che incontrò Papa Paolo
VI (oggi Santo) a Gerusalemme nel gennaio 1964. Il frutto di quell’incontro nello Spirito di Dio è
stato l’abrogazione delle scomuniche reciproche che fino a quel momento erano esistite e che avevano
profondamente ferito il cuore di Cristo nella sua Chiesa.
Questo è il pensiero:
«Senza lo Spirito Santo,
Dio è lontano,
Cristo rimane nel passato,
il Vangelo è una lettera morta,
la Chiesa una semplice organizzazione,
l’autorità un potere,
la missione una propaganda,
il culto un ricordo,
e l’agire cristiano una morale di schiavi.
Ma nello Spirito Santo
il cosmo è mobilitato per la generazione del Regno,
il Cristo risorto si fa presente,
il Vangelo si fa potenza e vita,
la Chiesa realizza la comunione Trinitaria,
l’autorità si trasforma in servizio,
la liturgia è memoriale e anticipazione,
la condotta umana viene deificata»43.
Accogliamo questo messaggio nella nostra preghiera.
Miei cari Confratelli salesiani, questo è ciò che sentivo di dover comunicare e chiedere a tutti voi. Vi
invito ad accogliere queste sfide, questa tabella di marcia per il cammino del sessennio con tutto il
cuore e con il profondo desiderio di renderla realtà nelle comunità e nelle ispettorie. Saranno
certamente, con la grazia di Dio e la presenza materna della nostra Madre Ausiliatrice, anni di fedeltà
da parte della Congregazione e di risposta coraggiosa e anche profetica ai segni dei tempi di oggi.
Che la nostra Madre Ausiliatrice continui a prendersi cura della nostra Congregazione e a “fare
tutto”, come con don Bosco.
42 FRANCESCO, Messaggio al CG28, citando la sua Omelia nella Festa della Presentazione del Signore per la 21a Giornata
Mondiale della Vita Consacrata, 2 febbraio 2017.
43 La frase è del Patriarca Atenagora I, anche se alcuni attribuiscono la citazione al patriarca Ignazio IV Hazim, nel 1968.

3.9 Page 29

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La Sua mediazione e quella di tutta la santità salesiana della nostra Famiglia sia per noi una
benedizione nell’unica cosa importante della nostra missione da parte di Dio: «Essere nella Chiesa
segni e portatori dell’amore di Dio per i giovani, specialmente i più poveri» (C. 2).
Vi accompagno, tutti e ciascuno, con il ricordo e la preghiera.
Ángel Fernández Artime, sdb
Rettor Maggiore
Roma, 16 agosto 2020
205° Anniversario della nascita di Don Bosco

3.10 Page 30

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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO AI MEMBRI DEL CG28
Cari fratelli!
Vi saluto con affetto e ringrazio Dio di poter, pur a distanza, condividere con voi un momento del
cammino che state percorrendo.
È significativo che, dopo alcuni decenni, la Provvidenza vi abbia condotto a celebrare il Capitolo
Generale a Valdocco – il luogo della memoria – dove il sogno fondativo si concretizzò e fece i primi
passi. Sono sicuro che il rumore e il vociare degli oratori sarà la musica migliore, la più efficace
perché lo Spirito ravvivi il dono carismatico del vostro fondatore. Non chiudete le finestre a questo
rumore di sottofondo… Lasciate che vi accompagni e che vi mantenga inquieti e intrepidi nel
discernimento; e permettete che queste voci e questi canti, a loro volta, evochino in voi i volti di tanti
altri giovani che, per varie ragioni, si trovano come pecore senza pastore (Cf. Mc 6,34). Questo
vociare e questa inquietudine vi terranno attenti e svegli davanti a qualunque tipo di anestesia
autoimposta e vi aiuteranno a rimanere in una fedeltà creativa alla vostra identità salesiana.
Ravvivare il dono che avete ricevuto
Pensare alla figura di salesiano per i giovani di oggi implica accettare che siamo immersi in un
momento di cambiamenti, con tutto ciò che di incertezza questo genera. Nessuno può dire con
sicurezza e precisione (se mai qualche volta si è potuto farlo) che cosa succederà nel prossimo futuro
a livello sociale, economico, educativo e culturale. L’inconsistenza e la “fluidità” degli avvenimenti,
ma soprattutto la velocità con cui si susseguono e si comunicano le cose, fa sì che ogni tipo di
previsione diventi una lettura condannata ad essere riformulata al più presto (Cf. Cost. ap. Veritatis
gaudium, 3-4). Tale prospettiva si accentua ancor più per il fatto che le vostre opere sono orientate in
modo particolare al mondo giovanile che in sé stesso è un mondo in movimento e in continua
trasformazione. Questo ci chiede una doppia docilità: docilità ai giovani e alle loro esigenze e docilità
allo Spirito e a tutto quello che Egli voglia trasformare.
Assumere responsabilmente questa situazione – a livello sia personale sia comunitario – comporta
l’uscire da una retorica che ci fa dire continuamente “tutto sta cambiando” e che, a forza di ripeterlo
e ripeterlo, finisce col fissarci in un’inerzia paralizzante che priva la vostra missione
della parresia propria dei discepoli del Signore. Tale inerzia può anche manifestarsi in uno sguardo
e un atteggiamento pessimistici di fronte a tutto ciò che ci circonda e non solo rispetto alle
trasformazioni che avvengono nella società ma anche in rapporto alla propria Congregazione, ai
fratelli e alla vita della Chiesa. Quell’atteggiamento che finisce per “boicottare” e impedire qualunque
risposta o processo alternativo, oppure per far emergere la posizione opposta: un ottimismo cieco,
capace di dissolvere la forza e novità evangelica, impedendo di accettare concretamente la
complessità che le situazioni richiedono e la profezia che il Signore ci invita a portare avanti. Né il
pessimismo né l’ottimismo sono doni dello Spirito, perché entrambi provengono da una visione
autoreferenziale capace solo di misurarsi con le proprie forze, capacità o abilità, impedendo di
guardare a ciò che il Signore attua e vuole realizzare tra di noi (Cf. Esort. ap. postsin. Christus vivit,
35). Né adattarsi alla cultura di moda, né rifugiarsi in un passato eroico ma già disincarnato. In tempi
di cambiamenti, fa bene attenersi alle parole di San Paolo a Timoteo: «Per questo motivo ti ricordo
di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno
Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza» (2 Tm 1,6-7).
Queste parole ci invitano a coltivare un atteggiamento contemplativo, capace di identificare e
discernere i punti nevralgici. Questo aiuterà ad addentrarsi nel cammino con lo spirito e l’apporto
proprio dei figli di Don Bosco e, come lui, sviluppare una «valida rivoluzione culturale»
(Enc. Laudato si’, 114). Questo atteggiamento contemplativo permetterà a voi di superare e

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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oltrepassare le vostre stesse aspettative e i vostri programmi. Siamo uomini e donne di fede, il che
suppone l’essere appassionati di Gesù Cristo; e sappiamo che tanto il nostro presente quanto il nostro
futuro sono impregnati di questa forza apostolico-carismatica chiamata a continuare a permeare la
vita di tanti giovani abbandonati e in pericolo, poveri e bisognosi, esclusi e scartati, privati di diritti,
di casa… Questi giovani attendono uno sguardo di speranza in grado di contraddire ogni tipo di
fatalismo o determinismo. Attendono di incrociare lo sguardo di Gesù che dice loro «che in tutte le
situazioni buie e dolorose […] c’è una via d’uscita» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 104). È lì che
abita la nostra gioia.
Né pessimista né ottimista, il salesiano del sec. XXI è un uomo pieno di speranza perché sa che il suo
centro è nel Signore, capace di fare nuove tutte le cose (Cf. Ap 21,5). Solo questo ci salverà dal vivere
in un atteggiamento di rassegnazione e sopravvivenza difensiva. Solo questo renderà feconda la
nostra vita (Cf. Omelia, 2 febbraio 2017), perché renderà possibile che il dono ricevuto continui ad
essere sperimentato ed espresso come una buona notizia per e con i giovani di oggi. Questo
atteggiamento di speranza è capace di instaurare e inaugurare processi educativi alternativi alla
cultura imperante che, in non poche situazioni – sia per indigenza e povertà estrema sia per
abbondanza, in alcuni casi pure estrema –, finiscono con l’asfissiare e uccidere i sogni dei nostri
giovani condannandoli a un conformismo assordante, strisciante e non di rado narcotizzato. Né
trionfalisti né allarmisti, uomini e donne allegri e speranzosi, non automatizzati ma artigiani; capaci
di «mostrare altri sogni che questo mondo non offre, di testimoniare la bellezza della generosità, del
servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della
preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale»
(Esort. ap. postsin. Christus vivit, 36).
L’“opzione Valdocco” del vostro 28° Capitolo Generale è una buona occasione per confrontarsi con
le fonti e chiedere al Signore: “Da mihi animas, coetera tolle44. Tolle soprattutto ciò che durante il
cammino si è andato incorporando e perpetuando e che, sebbene in un altro tempo è potuto essere
una risposta adeguata, oggi vi impedisce di configurare e plasmare la presenza salesiana in maniera
evangelicamente significativa nelle diverse situazioni della missione. Questo richiede, da parte nostra,
di superare le paure e le apprensioni che possono sorgere per aver creduto che il carisma si riducesse
o identificasse con determinate opere o strutture. Vivere fedelmente il carisma è qualcosa di più ricco
e stimolante del semplice abbandono, ripiego o riadattamento delle case o delle attività; comporta
un cambio di mentalità di fronte alla missione da realizzare45.
L’“opzione Valdocco” e il dono dei giovani
L’Oratorio salesiano e tutto ciò che sorse a partire da esso, come racconta la biografia dell’Oratorio,
nacque come risposta alla vita di giovani con un volto e una storia, che misero in moto quel giovane
sacerdote incapace di rimanere neutrale o immobile davanti a ciò che accadeva. Fu molto più di un
gesto di buona volontà o di bontà, e persino molto più del risultato di un progetto di studio sulla
“fattibilità numerico-carismatica”. Lo penso come un atto di conversione permanente e di risposta al
Signore che, “stanco di bussare” alle nostre porte, aspetta che andiamo a cercarlo e a incontrarlo… O
che lo lasciamo uscire, quando bussa da dentro. Conversione che implicò (e complicò) tutta la sua
vita e quella di coloro che gli stavano attorno. Don Bosco non solo non sceglie di separarsi dal mondo
per cercare la santità, ma si lascia interpellare e sceglie come e quale mondo abitare.
44 Motto impresso a fuoco nei primi missionari. Ricordo la lettera di don Giacomo Costamagna a Don Bosco dove, dopo
avergli raccontato le difficoltà del viaggio e i diversi fallimenti che dovettero affrontare, conclude dicendo: “Dimandiamo
unanimi una cosa sola: poter andare presto nella Patagonia per salvare innumerevoli anime”. La consapevolezza di essere
inviati a cercare anime nelle periferie e a rimanere superando qualsiasi apparente fallimento è una nota d’identità in base
alla quale confrontare e misurare il carisma: “Da mihi animas, coetera tolle”.
45 Ricordiamo l’ammonimento del Signore: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli
uomini» (Mc 7,8).

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Scegliendo e accogliendo il mondo dei bambini e dei giovani abbandonati, senza lavoro né
formazione, ha permesso loro di sperimentare in modo tangibile la paternità di Dio e ha fornito loro
strumenti per raccontare la loro vita e la loro storia alla luce di un amore incondizionato. Essi, a loro
volta, hanno aiutato la Chiesa a re-incontrarsi con la sua missione: «La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d’angolo» (Sal 118,22). Lungi dall’essere agenti passivi o spettatori dell’opera
missionaria, essi divennero, a partire dalla loro stessa condizione – in molti casi “illetterati religiosi”
e “analfabeti sociali” – i principali protagonisti dell’intero processo di fondazione46. La salesianità
nasce precisamente da questo incontro capace di suscitare profezie e visioni: accogliere, integrare e
far crescere le migliori qualità come dono per gli altri, soprattutto per quelli emarginati e abbandonati
dai quali non ci si aspetta nulla. Lo disse Paolo VI: «Evangelizzatrice, la Chiesa comincia con
l’evangelizzare se stessa… Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno d’essere
evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo» (Esort.
ap. Evangelii nuntiandi, 15). Ogni carisma ha bisogno di essere rinnovato ed evangelizzato, e nel
vostro caso soprattutto dai giovani più poveri.
Gli interlocutori di Don Bosco ieri e del salesiano oggi non sono meri destinatari di una strategia
progettata in anticipo, ma vivi protagonisti dell’oratorio da realizzare47. Per mezzo di loro e con loro
il Signore ci mostra la sua volontà e i suoi sogni48. Potremmo chiamarli co-fondatori delle vostre case,
dove il salesiano sarà esperto nel convocare e generare questo tipo di dinamiche senza sentirsene il
padrone. Un’unione che ci ricorda che siamo “Chiesa in uscita” e ci mobilita per questo: Chiesa
capace di abbandonare posizioni comode, sicure e in alcune occasioni privilegiata, per trovare negli
ultimi la fecondità tipica del Regno di Dio. Non si tratta di una scelta strategica, ma carismatica. Una
fecondità sostenuta in base alla croce di Cristo, che è sempre ingiustizia scandalosa per quanti hanno
bloccato la sensibilità davanti alla sofferenza o sono scesi a patti con l’ingiustizia nei confronti
dell’innocente. «Non possiamo essere una Chiesa che non piange di fronte a questi drammi dei suoi
figli giovani. Non dobbiamo mai farci l’abitudine, perché chi non sa piangere non è madre. Noi
vogliamo piangere perché anche la società sia più madre» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 75).
L’“opzione Valdocco” e il carisma della presenza
È importante sostenere che non veniamo formati per la missione, ma che veniamo
formati nella missione, a partire dalla quale ruota tutta la nostra vita, con le sue scelte e le sue priorità.
La formazione iniziale e quella permanente non possono essere un’istanza previa, parallela o separata
dell’identità e della sensibilità del discepolo. La missione inter gentes è la nostra scuola migliore: a
partire da essa preghiamo, riflettiamo, studiamo, riposiamo. Quando ci isoliamo o ci allontaniamo dal
popolo che siamo chiamati a servire, la nostra identità come consacrati comincia a sfigurarsi e a
diventare una caricatura.
In questo senso, uno degli ostacoli che possiamo individuare non ha tanto a che vedere con una
qualsiasi situazione esterna alle nostre comunità, ma piuttosto è quello che ci tocca direttamente per
un’esperienza distorta del ministero…, e che ci fa tanto male: il clericalismo. È la ricerca personale
46 Grazie all’aiuto del saggio Cafasso, Don Bosco scoprì chi era agli occhi dei giovani detenuti; e quei giovani detenuti
scoprirono un volto nuovo nello sguardo di Don Bosco. Così insieme scoprirono il sogno di Dio, che ha bisogno di questi
incontri per manifestarsi. Don Bosco non scoprì la sua missione davanti a uno specchio, ma nel dolore di vedere dei
giovani che non avevano futuro. Il salesiano del sec. XXI non scoprirà la propria identità se non è capace di patire con
«la quantità di ragazzi, sani e robusti, di ingegno sveglio che stavano in carcere tormentati e del tutto privi di nutrimento
spirituale e materiale… In loro era rappresentato l’obbrobrio della patria, il disonore della famiglia» (Memorie
dell’Oratorio di san Francesco di Sales, 48); e noi potremmo aggiungere: della nostra stessa Chiesa.
47 Oggi vediamo come in molte regioni sono i giovani i primi a sollevarsi, organizzarsi e promuovere cause giuste. Le
vostre case salesiane, lungi dall’impedire questo risveglio, sono chiamate a diventare spazi che possano stimolare questa
coscienza di cristiani e cittadini. Ricordiamo il titolo della strenna di quest’anno del Rettor Maggiore: “Buoni cristiani e
onesti cittadini”.
48 Vi invito a tener sempre presenti tutti coloro che non partecipano di queste istanze ma che non possiamo ignorare se
non vogliamo diventare un gruppo chiuso.

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di voler occupare, concentrare e determinare gli spazi minimizzando e annullando l’unzione del
Popolo di Dio. Il clericalismo, vivendo la chiamata in modo elitario, confonde l’elezione con il
privilegio, il servizio con il servilismo, l’unità con l’uniformità, la discrepanza con l’opposizione, la
formazione con l’indottrinamento. Il clericalismo è una perversione che favorisce legami funzionali,
paternalistici, possessivi e perfino manipolatori con il resto delle vocazioni nella Chiesa.
Un altro ostacolo che incontriamo – diffuso, e perfino giustificato, soprattutto in questo tempo di
precarietà e fragilità – è la tendenza al rigorismo. Confondendo autorità con autoritarismo, esso
pretende di governare e controllare i processi umani con un atteggiamento scrupoloso, severo e
perfino meschino di fronte ai limiti e alle debolezze propri o altrui (soprattutto altrui). Il rigorista
dimentica che il grano e la zizzania crescono insieme (Cf. Mt 13,24-30) e «che non tutti possono tutto
e che in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente e una volta per tutte dalla
grazia. In qualsiasi caso, come insegnava sant’Agostino, Dio ti invita a fare quello che puoi e a
chiedere quello che non puoi» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 49). San Tommaso d’Aquino con
grande finezza e sottigliezza spirituale ci ricorda che «il diavolo inganna molti. Alcuni attirandoli a
commettere i peccati, altri invece all’eccessiva rigidità verso chi pecca, così che se non può averli
con il comportamento vizioso, conduce alla perdizione quelli che ha già, utilizzando il rigore dei
prelati, i quali, non correggendoli con misericordia, li inducono alla disperazione, ed è così che si
perdono e cadono nella rete del diavolo. E questo capita a noi, se non perdoniamo ai peccatori»49.
Coloro che accompagnano altri a crescere devono essere persone dai grandi orizzonti, capaci di
mettere insieme limiti e speranza, aiutando così a guardare sempre in prospettiva, in una prospettiva
salvifica. Un educatore «che non teme di porre limiti e, al tempo stesso, si abbandona alla dinamica
della speranza espressa nella sua fiducia nell’azione del Signore dei processi, è l’immagine di un
uomo forte, che guida ciò che non appartiene a lui, ma al suo Signore»50. Non ci è lecito soffocare e
impedire la forza e la grazia del possibile, la cui realizzazione nasconde sempre un seme di Vita nuova
e buona. Impariamo a lavorare e a confidare nei tempi di Dio, che sono sempre più grandi e saggi
delle nostre miopi misure. Lui non vuole distruggere nessuno, ma salvare tutti.
È urgente, pertanto, trovare uno stile di formazione capace di assumere in modo strutturale il fatto
che l’evangelizzazione implica la partecipazione piena, e con piena cittadinanza, di ogni battezzato –
con tutte le sue potenzialità e i suoi limiti – e non solo dei cosiddetti “attori qualificati” (Cf. Esort.
ap. Evangelii gaudium, 120); una partecipazione dove il servizio, e il servizio al più povero, sia l’asse
portante che aiuti a manifestare e a testimoniare meglio nostro Signore, «che non è venuto per farsi
servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Vi incoraggio a
continuare a impegnarvi per fare delle vostre case un “laboratorio ecclesiale” capace di riconoscere,
apprezzare, stimolare e incoraggiare le diverse chiamate e missioni nella Chiesa51.
In questo senso, penso concretamente a due presenze della vostra comunità salesiana, che possono
aiutare come elementi a partire dai quali confrontare il posto che occupano le diverse vocazioni tra di
voi; due presenze che costituiscono un “antidoto” contro ogni tendenza clericalista e rigorista: il
Fratello Coadiutore e le donne.
I Fratelli Coadiutori sono espressione viva della gratuità che il carisma ci invita a custodire. La vostra
consacrazione è, innanzitutto, segno di un amore gratuito del Signore e al Signore nei suoi giovani
che non si definisce principalmente con un ministero, una funzione o un servizio particolare, ma
attraverso una presenza. Prima ancora che di cose da fare, il salesiano è ricordo vivente di una
presenza in cui la disponibilità, l’ascolto, la gioia e la dedizione sono le note essenziali per suscitare
processi. La gratuità della presenza salva la Congregazione da ogni ossessione attivistica e da ogni
riduzionismo tecnico-funzionale. La prima chiamata è quella di essere una presenza gioiosa e gratuita
in mezzo ai giovani.
49 Super II Cor., cap. 2, lect. 2 (in fine). Il passo commentato da san Tommaso è 2 Cor 2,6-7 dove, riguardo a chi lo ha
rattristato, san Paolo scrive: «Dovreste usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo
forte».
50 J. M. BERGOGLIO, Meditazioni per religiosi, 105.
51 Una vocazione ecclesiale, prima di essere un atto che differenzia o che rende complementari, è un invito ad offrire un
dono particolare in funzione della crescita degli altri.

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Che ne sarebbe di Valdocco senza la presenza di Mamma Margherita? Sarebbero state possibili le
vostre case senza questa donna di fede? In alcune regioni e luoghi «ci sono comunità che si sono
sostenute e hanno trasmesso la fede per lungo tempo senza che alcun sacerdote passasse da quelle
parti, anche per decenni. Questo è stato possibile grazie alla presenza di donne forti e generose: donne
che hanno battezzato, catechizzato, insegnato a pregare, sono state missionarie, certamente chiamate
e spinte dallo Spirito Santo. Per secoli le donne hanno tenuto in piedi la Chiesa in quei luoghi con
ammirevole dedizione e fede ardente» (Esort. ap. postsin. Querida Amazonia, 99). Senza una
presenza reale, effettiva ed affettiva delle donne, le vostre opere mancherebbero del coraggio e della
capacità di declinare la presenza come ospitalità, come casa. Di fronte al rigore che esclude, bisogna
imparare a generare la nuova vita del Vangelo. Vi invito a portare avanti dinamiche in cui la voce
della donna, il suo sguardo e il suo agire – apprezzato nella sua singolarità – trovino eco nel prendere
le decisioni; come un attore non ausiliare ma costitutivo delle vostre presenze.
L’“opzione Valdocco” nella pluralità delle lingue
Come in altri tempi, il mito di Babele cerca di imporsi in nome della globalità. Interi sistemi creano
una rete di comunicazione globale e digitale capace di interconnettere i vari angoli del pianeta, col
grave pericolo di uniformare monoliticamente le culture, privandole delle loro caratteristiche
essenziali e delle loro risorse. La presenza universale della vostra famiglia salesiana è uno stimolo e
un invito a custodire e a preservare la ricchezza di molte delle culture in cui siete immersi senza
cercare di “omologarle”. D’altra parte, sforzatevi affinché il cristianesimo sia capace di assumere la
lingua e la cultura delle persone del luogo. È triste vedere che in molte parti si sperimenta ancora la
presenza cristiana come una presenza straniera (soprattutto europea); situazione che si riscontra anche
negli itinerari formativi e negli stili di vita (Cf. ibid., 90)52. Al contrario, agiremo come ci ispira questo
aneddoto che Don Bosco, alla domanda in quale lingua gli piacesse parlare, rispose: “Quella che mi
ha insegnato mia madre: è quella con cui posso comunicare più facilmente”. Seguendo questa
certezza, il salesiano è chiamato a parlare nella lingua materna di ognuna delle culture in cui si trova.
L’unità e la comunione della vostra famiglia è in grado di assumere e accettare tutte queste differenze,
che possono arricchire l’intero corpo in una sinergia di comunicazione e interazione dove ognuno
possa offrire il meglio di sé per il bene di tutto il corpo. Così la salesianità, lungi dal perdersi
nell’uniformità delle tonalità, acquisterà un’espressione più bella e attrattiva… saprà esprimersi “in
dialetto” (Cf. 2 Mac 7,26-27).
Nello stesso tempo, l’irruzione della realtà virtuale come linguaggio dominante in molti dei Paesi in
cui voi svolgete la vostra missione esige, in primo luogo, di riconoscere tutte le possibilità e le cose
buone che produce, senza sottovalutare o ignorare l’incidenza che possiede nel creare legami,
soprattutto sul piano affettivo. Da ciò non siamo immuni neppure noi adulti consacrati. La tanto
diffusa (e necessaria) “pastorale dello schermo” ci chiede di abitare la rete in modo intelligente
riconoscendola come uno spazio di missione53, che richiede, a sua volta, di porre tutte le mediazioni
necessarie per non rimanere prigionieri della sua circolarità e della sua logica particolare (e
dicotomica). Questa trappola – pur in nome della missione – ci può rinchiudere in noi stessi e isolarci
in una virtualità comoda, superflua e poco o per niente impegnata con la vita dei giovani, dei fratelli
della comunità o con i compiti apostolici. La rete non è neutrale e il potere che possiede per creare
cultura è molto alto. Sotto l’avatar della vicinanza virtuale possiamo finire ciechi o distanti dalla vita
concreta delle persone, appiattendo e impoverendo il vigore missionario. Il ripiegamento
individualistico, tanto diffuso e proposto socialmente in questa cultura largamente digitalizzata,
52 Cf. Esort. ap. Evangelii gaudium, 116: «Come possiamo vedere nella storia della Chiesa, il cristianesimo non dispone
di un unico modello culturale, bensì, restando pienamente se stesso, nella totale fedeltà all’annuncio evangelico e alla
tradizione ecclesiale, esso porterà anche il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato».
53 Oggi, infatti, «si rende necessaria un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e
con l’ambiente, e che susciti i valori fondamentali. È necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi»
(Esort. ap. Evangelii gaudium, 74).

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richiede un’attenzione speciale non solo riguardo ai nostri modelli pedagogici ma anche riguardo
all’uso personale e comunitario del tempo, delle nostre attività e dei nostri beni.
L’“opzione Valdocco” e la capacità di sognare
Uno dei “generi letterari” di Don Bosco erano i sogni. Con essi il Signore si fece strada nella sua vita
e nella vita di tutta la vostra Congregazione allargando l’immaginazione del possibile. I sogni, lungi
dal tenerlo addormentato, lo aiutarono, come accadde a San Giuseppe, ad assumere un altro spessore
e un’altra misura della vita, quelli che nascono dalle viscere della compassione di Dio. Era possibile
vivere concretamente il Vangelo… Lo sognò e gli diede forma nell’oratorio.
Desidero offrirvi queste parole come le “buone notti” in ogni buona casa salesiana al termine della
giornata, invitandovi a sognare e a sognare in grande. Sappiate che il resto vi sarà dato in aggiunta.
Sognate case aperte, feconde ed evangelizzatrici, capaci di permettere al Signore di mostrare a tanti
giovani il suo amore incondizionato e di permettere a voi di godere della bellezza a cui siete stati
chiamati. Sognate… E non solo per voi e per il bene della Congregazione, ma per tutti i giovani privi
della forza, della luce e del conforto dell’amicizia con Gesù Cristo, privi di una comunità di fede che
li sostenga, di un orizzonte di senso e di vita (Cf. Esort. ap. Evangelii gaudium, 49). Sognate… E fate
sognare!
Roma, San Giovanni in Laterano, 4 marzo 2020

4.6 Page 36

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“QUALI SALESIANI PER I GIOVANI DI OGGI?”

4.7 Page 37

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PRIORITÀ DELLA MISSIONE SALESIANA TRA I GIOVANI DI OGGI
Questo primo nucleo è stato presentato durante il CG 28 e sostanzialmente approvato dall’assemblea capitolare. Nella
sessione estiva 2020 del Consiglio generale è stato solo rivisto alla luce delle osservazioni delle commissioni capitolari.
RICONOSCERE
1. Con uno sguardo di fede
Come membri del Capitolo Generale 28° siamo convinti che Dio, attraverso il suo Spirito, è presente
nella vita di tutti i giovani del nostro tempo. Mediante il discernimento abbiamo prima di tutto cercato
di riconoscere la sua azione, cercando di entrare nel ritmo di «una doppia docilità: docilità ai giovani
e alle loro esigenze e docilità allo Spirito e a tutto quello che Egli voglia trasformare» (dal Messaggio
di Papa Francesco al CG 28).
Fin dall’inizio questo ci ha spinto ad avere uno sguardo positivo, plasmato da umiltà, simpatia,
coraggio, intelligenza, fede e speranza, nella certezza che proprio questo «è lo sguardo di Dio Padre,
capace di valorizzare e alimentare i germi di bene seminati nel cuore dei giovani», che devono
pertanto essere da noi considerati “terra sacra” (cfr. Christus vivit, n. 67).
Chiamati ad essere amici, padri e pastori dei giovani desideriamo fare nostro questo sguardo divino,
nella consapevolezza di seguire così le orme del nostro amato padre don Bosco che proprio a
Valdocco, guidato per mano dall’Ausiliatrice, ha realizzato la sua opera.
2. In ascolto del grido dei giovani
Chi sono i giovani di oggi? Qual è la loro condizione? Che cosa cercano? Che cosa ci domandano?
Per rispondere a queste domande ci siamo prima di tutto messi in ascolto.
Abbiamo avuto il dono di avere tra noi alcuni giovani provenienti da tutto il mondo, che hanno
rappresentato i tantissimi giovani che si sono resi presenti nei nostri Capitoli Ispettoriali durante la
preparazione al CG 28. Abbiamo ascoltato la loro voce con attenzione e commozione. Ci hanno
comunicato la loro inquietudine spirituale e la loro fame di Dio, il loro desiderio di essere protagonisti
e artefici di un mondo migliore, la loro fatica di credere e di andare controcorrente rispetto alle logiche
del nostro tempo. Ci hanno chiesto di essere meno “gestori” e più “pastori”, di stare in mezzo a loro
e di avere tempo per accompagnarli.
Nei molti momenti di lavoro insieme abbiamo anche preso coscienza delle tante povertà dei giovani,
che ci lasciano inorriditi allo stesso modo in cui don Bosco lo fu nella sua prima visita alle carceri di
Torino. Il grido di tanti giovani tocca anche oggi il nostro cuore: povertà economica, sociale e
culturale; povertà affettiva, relazionale e familiare; povertà morale e spirituale. In molti contesti la
disoccupazione e l’impossibilità di studiare penalizzano larghe fasce di giovani.
In tanti modi i giovani si sono mostrati per noi dei profeti: attraverso la loro presenza il Signore ci fa
continuamente conoscere le sue attese e i suoi appelli per il rinnovamento della nostra missione. Come
don Bosco «non scoprì la sua missione davanti a uno specchio, ma nel dolore di vedere dei giovani
che non avevano futuro, anche il salesiano del sec. XXI non scoprirà la propria identità se non è
capace di patire con “la quantità di ragazzi, sani e robusti, di ingegno sveglio che stavano in carcere
tormentati e del tutto privi di nutrimento spirituale e materiale… In loro era rappresentato l’obbrobrio
della patria, il disonore della famiglia”; e noi potremmo aggiungere: della nostra stessa Chiesa» (dal
Messaggio di Papa Francesco al CG 28).
3. Dentro un cambiamento d’epoca
Stiamo vivendo un cambiamento d’epoca: oggi più che mai «nessuno può dire con sicurezza e
precisione (se mai qualche volta si è potuto farlo) che cosa succederà nel prossimo futuro a livello

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sociale, economico, educativo e culturale» (dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28). È quindi
evidente che non è più possibile pensare la nostra missione nella forma del “si è sempre fatto così”.
Questa situazione, se da una parte ci disorienta, dall’altra chiede di metterci in gioco con umiltà e
coraggio, chiedendoci di recuperare quei dinamismi giovanili che erano così vivi in don Bosco. Siamo
più che mai convinti di quanto ci ha detto Papa Francesco proprio qui a Valdocco, nella Basilica di
Maria Ausiliatrice, il 21 giugno 2015: «Il vostro carisma è di una attualità grandissima. Guardate le
strade, guardate i ragazzi e fate decisioni rischiose. Non abbiate paura. Come ha fatto lui».
Insieme ad alcune sfide perenni che continuano ad interpellarci, il nostro tempo presenta alcune novità
con cui è inevitabile confrontarci. La rivoluzione digitale ci chiede di comprendere le profonde
trasformazioni che stanno avvenendo non solo nel campo della comunicazione, ma soprattutto nel
modo di impostare e gestire le nostre relazioni umane. Il campo dell’affettività, con tutte le questioni
legate al genere e all’identità sessuale, sfidano la nostra visione antropologica. La condizione della
donna e il suo ruolo nella società e nella Chiesa ci chiedono una riflessione più attenta e approfondita.
La sensibilità ecologica, che sta crescendo rapidamente nel mondo giovanile, ci chiede di essere
profetici in questo campo attraverso scelte chiare e coerenti. Il contatto con i giovani migranti, i
rifugiati e tanti altri giovani privati dei loro diritti fondamentali diventa per noi un pressante appello
all’azione. Infine, la dolorosa esperienza degli abusi, che tocca anche la nostra Congregazione, è una
forte chiamata alla conversione.
4. La trasmissione della fede
Il rapido cambiamento in atto tocca i processi ordinari di trasmissione della fede. A questo proposito
si riscontrano grandi differenze: se in alcuni contesti la vita di fede non pone alcun problema e i
giovani vivono con naturalità la loro appartenenza alla Chiesa, in altri fortemente secolarizzati la fede
cristiana è divenuta una questione che non ha più alcuna rilevanza personale e sociale. In alcuni
territori dove siamo presenti c’è fondamentalismo, discriminazione e perfino persecuzione; in altri
possiamo liberamente proporre il Vangelo. Lavoriamo anche in molti contesti multireligiosi in cui la
maggioranza dei giovani che frequentano le nostre opere appartengono ad altre religioni o ad altre
confessioni cristiane.
Di fronte alla crisi globale dell’autorità, della tradizione e della trasmissione siamo sfidati sugli stili,
sui contenuti e sulle modalità di annunciare Gesù Cristo, in quanto ci sentiamo tutti chiamati ad essere
“missionari dei giovani”. Convinti della necessità di arrivare al loro cuore, sentiamo l’urgenza di
riproporre con più convinzione il primo annuncio, perché «non c’è nulla di più solido, di più profondo,
di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio» (Christus vivit, n. 214).
5. Il desiderio di camminare insieme
I giovani sono portatori del fuoco vivo del carisma salesiano e ci aiutano a conoscere, approfondire e
assumere meglio la missione a noi affidata. Fin dall’inizio «lungi dall’essere agenti passivi o spettatori
dell’opera missionaria, essi divennero, a partire dalla loro stessa condizione – in molti casi “illetterati
religiosi” e “analfabeti sociali” – i principali protagonisti dell’intero processo di fondazione. La
salesianità nasce precisamente da questo incontro capace di suscitare profezie e visioni», nella
convinzione che «ogni carisma ha bisogno di essere rinnovato ed evangelizzato, e nel vostro caso
soprattutto dai giovani più poveri» (dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28).
Sentiamo quindi come nostro dovere coinvolgere i giovani e riteniamo loro diritto essere coinvolti
all’interno della comunità educativo pastorale, che è prima di tutto una famiglia dove si condivide
tutto in un clima di amicizia, ascolto, rispetto e collaborazione. Riconosciamo che molti di loro «si
trovano in una profonda situazione di orfanezza… alla quale dobbiamo rispondere creando spazi
fraterni e attraenti dove si viva con un senso» (cfr. Christus vivit, n. 216). Proprio in questa direzione
i recenti cammini sinodali ci hanno aiutato a riscoprire l’indole familiare della Chiesa, tanto che
quest’ultima può essere pensata come «famiglia di famiglie, costantemente arricchita dalla vita di
tutte le Chiese domestiche» (Amoris laetitia, n. 87).
Siamo infine consapevoli che molte volte non riusciamo a intercettare questa vera e propria “nostalgia
comunitaria” dei giovani e delle famiglie: ci chiedono tempo e noi diamo loro spazio; ci chiedono

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relazione e noi forniamo loro servizi; ci chiedono vita fraterna e noi offriamo loro strutture; ci
chiedono amicizia e noi facciamo per loro attività. Tutto ciò ci impegna a riscoprire le ricchezze e le
potenzialità dello “spirito di famiglia”.
INTERPRETARE
6. Accompagnati da don Bosco
Per interpretare quanto abbiamo fin qui riconosciuto, vogliamo lasciarci guidare da uno dei passi più
significativi della “Lettera da Roma” del 1884. Don Bosco vede che nell’Oratorio di Valdocco tra i
salesiani e i giovani si è creata una barriera fisica e spirituale, che ostacola l’azione educativa e
tradisce il carisma. Dialogando con uno dei giovani del sogno, egli cerca di interpretare la situazione
per trovare il modo di risolverla: «Come dunque fare per rompere questa barriera?» La risposta che
riceve è illuminante anche per noi: «Famigliarità coi giovani specialmente in ricreazione. Senza
famigliarità non si dimostra l’amore e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi
vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò
le nostre infermità. Ecco il maestro della famigliarità».
Questo testo illumina i tre nodi fondamentali intorno ai quali abbiamo raccolto l’interpretazione di
questo nucleo: l’andare incontro ai giovani nel luogo in cui essi si trovano e si esprimono
spontaneamente; la vicinanza che crea confidenza e rende possibile l’accompagnamento; la tonalità
affettiva della relazione educativa che don Bosco chiama con un termine che deriva dall’esperienza
famigliare. È in questa prospettiva di fede che vogliamo cercare le ragioni di ciò che viviamo, con le
sue luci e le sue ombre, far emergere le sfide che ci attendono e identificare i criteri per affrontarle.
COMUNITÀ IN USCITA VERSO I GIOVANI POVERI
7. Due facce di un unico problema
Troppe volte la povertà allontana i ragazzi e i giovani dall’opportunità di crescere in modo sereno, di
avere un’educazione adeguata, di decidere del proprio futuro. Non di rado la povertà allontana anche
dalla comunità cristiana e dalla possibilità di incontrare la gioia del Vangelo, che invece è destinata
proprio agli ultimi: «Lo Spirito del Signore è su di me… mi ha mandato a portare ai poveri il lieto
annuncio» (Lc 4,18). La povertà diventa così oggi una barriera escludente, che deve essere superata.
Il magistero profetico di Papa Francesco sta aiutando la Chiesa a prendere sempre più coscienza che
la distanza dai poveri tradisce il Vangelo e genera numerose “malattie” nella comunità cristiana.
Anche noi sentiamo il bisogno di andare in profondità nell’interpretazione del tempo che viviamo,
fino a riconoscere che fenomeni sociali e sfide spirituali, appelli dei giovani e mozioni dello Spirito
sono strettamente congiunti, senza alcuna possibilità di divaricazione. Questa è stata l’esperienza di
don Bosco, che l’ha reso capace di rispondere ai bisogni più urgenti dei suoi ragazzi e di far sentire
loro la tenerezza di Dio che scalda il cuore e infonde speranza. Dove questo avviene anche oggi, con
impegno generoso e creatività pastorale, vediamo una vera fioritura del carisma. Dove invece le
comunità perdono la “famigliarità” con i poveri, la vita religiosa si intiepidisce, rischiando di
diventare sale che perde sapore, lampada messa sotto il moggio (cfr. Mt 5,13.15).
8. Consacrati a Dio per i giovani più poveri
Uscire verso i giovani poveri e farlo come comunità di credenti è certamente una sfida sempre nuova,
ma anche una prospettiva che ci riempie di entusiasmo. Come il nostro padre don Bosco, anche noi
nel giorno della nostra professione religiosa abbiamo detto a Dio: «Mi offro totalmente a Te,
impegnandomi a donare tutte le mie forze a quelli a cui mi manderai, specialmente ai giovani più
poveri» (Costituzioni, art. 24).
Ciò richiede da noi anzitutto capacità di discernimento comunitario: non si tratta di affidare a qualche
singolo confratello l’attivazione di nuovi progetti, ma di ascoltare insieme l’appello che Dio ci rivolge

4.10 Page 40

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nelle povertà giovanili. Richiede poi anche profondità spirituale, per non cadere nell’attivismo o in
una mentalità aziendale; preparazione culturale, per comprendere i fenomeni in cui siamo immersi e
le nuove povertà giovanili; disponibilità a lavorare insieme, abbandonando ogni individualismo
pastorale; flessibilità nel ripensare il nostro stile di vita e le nostre opere, soprattutto quando esse non
esprimono più l’energia missionaria del carisma e rispondono prevalentemente a logiche di
mantenimento.
ACCOMPAGNAMENTO DEI GIOVANI IN CHIAVE VOCAZIONALE
9. Una ricca tradizione
«Senza famigliarità non si dimostra l’amore e senza questa dimostrazione non vi può essere
confidenza». Bastano queste parole di don Bosco a farci capire il valore che aveva per lui raggiungere
il cuore del ragazzo, consentendogli un’apertura fiduciosa e una sincera confidenza. Don Bosco non
usava la parola “accompagnamento”, ma tutto il suo agire mirava proprio a questo. Il suo impegno
educativo, ricco di proposte e attento alle diverse dimensioni della crescita, tendeva ad accompagnare
i giovani in modo semplice e concreto alla santità. Trascurare questa dimensione del sistema
preventivo significa snaturarlo.
Mentre tutta la Chiesa, nel Sinodo per i giovani, ha riscoperto il valore dell’accompagnamento per il
discernimento, anche noi siamo invitati a rileggere le ricchezze della nostra tradizione al riguardo.
Essa ci consegna tre livelli di accompagnamento strettamente congiunti tra loro: di ambiente, di
gruppo e personale. Il primo si realizza attraverso l’offerta di un clima accogliente, gioioso, ricco di
proposte differenziate e capace di innescare cammini di crescita. Il secondo favorisce un maggiore
impegno nella maturazione personale e nel cammino di fede, valorizza le attitudini di ciascuno,
promuove la spiritualità del movimento giovanile salesiano e l’appartenenza ad esso. Il terzo conduce
il giovane a discernere più in profondità il senso della propria esistenza davanti a Dio. In questo senso,
il Sinodo sui giovani ha parlato di un accompagnamento “in chiave vocazionale” (Documento finale
del Sinodo, nn. 138-143; Christus vivit, cap. VIII), aiutando a pensare la vita non come un progetto
di autorealizzazione individuale, ma come un cammino per scoprire e rispondere alla chiamata divina.
L’espressione di Papa Francesco “io sono una missione” (Christus vivit, n. 254) indica chiaramene la
meta che l’accompagnamento ha di fronte a sé: aiutare ognuno a scoprire la propria unicità come
dono per gli altri.
10. Soggetti e meta dell’accompagnamento
Poiché nasce dalla familiarità nel quotidiano, l’accompagnamento coinvolge una pluralità di soggetti
e non è compito esclusivo di qualcuno. L’intera comunità educativo pastorale vi è coinvolta, anche
se non tutti hanno la stessa attitudine e preparazione per guidare il discernimento personale. In ogni
caso, il protagonista di ogni accompagnamento è lo Spirito del Signore, che ci colma di doni e carismi;
noi siamo semplicemente servi e mediatori dell’opera di Dio.
È molto importante sottolineare che un buon accompagnamento non colloca il giovane in una
posizione passiva o subalterna, ma al contrario promuove la sua partecipazione attiva alla vita della
comunità e la corresponsabilità nel servizio dei più poveri. Si tratta dunque di un accompagnamento
per il coinvolgimento, per la presenza attiva e responsabile nella società e nella Chiesa. Il
protagonismo dei giovani nella fondazione della nostra Congregazione e l’impegno attivo delle
Compagnie nell’Oratorio di Valdocco, in questo senso, hanno ancora molto da dirci.
Nella certezza che «coloro che accompagnano altri a crescere devono essere persone dai grandi
orizzonti, capaci di mettere insieme limiti e speranza, aiutando così a guardare sempre in prospettiva,
in una prospettiva salvifica» (dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28), siamo chiamati a
promuovere un rinnovato impegno per l’accompagnamento, il quale richiede anzitutto di curare
maggiormente la preparazione di confratelli e laici in questo ambito delicato e di vivere noi stessi
l’esperienza di essere accompagnati. La prospettiva del coinvolgimento attivo dei giovani poi
suppone una fiducia più grande nelle loro risorse: non dobbiamo avere paura della loro sana
inquietudine, delle loro domande e della loro sensibilità per temi nuovi, che non sempre siamo pronti

5 Pages 41-50

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ad affrontare. Impariamo, dunque, ogni giorno ad ascoltare con empatia e ad offrire il nostro aiuto
con umiltà. L’autentica autorità di un educatore non consiste nel potere di dirigere, ma nella forza di
promuovere la libertà: questa è la paternità di don Bosco.
CAMMINO CON LE FAMIGLIE E EDUCAZIONE AFFETTIVA
11. Prossimità alle famiglie
Siamo consapevoli che la famiglia è la scuola dell’amore, in cui si apprende quella grammatica degli
affetti attraverso cui Dio si fa conoscere e incontrare. I recenti sinodi sulla famiglia e l’esortazione
apostolica postsinodale Amoris Laetitia hanno offerto molte indicazioni pastorali
sull’accompagnamento delle famiglie e sull’educazione affettiva, che anche noi siamo chiamati ad
accogliere ed assimilare.
Per noi salesiani l’interesse per la famiglia scaturisce spontaneamente dal cuore stesso del nostro
carisma educativo. Sappiamo quanto don Bosco abbia imparato da mamma Margherita, tanto da
volerla con sé a Valdocco come una presenza preziosa per fare dell’Oratorio una vera “casa”. Il
ragazzo Giovanni Bosco, d’altra parte, non è cresciuto in una famiglia perfetta: ha sperimentato la
sofferenza di essere orfano di padre, l’incomprensione del fratello Antonio, l’umiliazione della
povertà, la necessità di andare via di casa in cerca di lavoro. Tutto questo ha contributo a maturare in
lui un cuore di padre, ricco di misericordia e di accoglienza.
Anche noi oggi sentiamo l’esigenza di una grande prossimità con le famiglie, accogliendole con le
loro fatiche, ma soprattutto promuovendole con le loro ricchezze. Attraverso le nostre opere
incontriamo di fatto tantissime famiglie nelle situazioni più diverse: alcune si rivolgono a noi per le
nostre proposte educative, altre condividono la scelta religiosa e l’ispirazione carismatica, altre ancora
sono nei primi anni di matrimonio e chiedono accompagnamento. Non poche sono in situazioni di
povertà, di disagio o sono famiglie ferite e frutto di seconde unioni. Vi sono poi giovani che sono
cresciuti con noi e ci chiedono di accompagnarli al matrimonio, mentre si affacciano ai nostri
ambienti anche persone che vivono entro nuove configurazioni relazionali.
Questa complessità costituisce indubbiamente una sfida e richiede una preparazione adeguata. La
presenza di tante famiglie inserite nei gruppi della Famiglia Salesiana e di altre che collaborano con
noi costituisce in ogni caso una grande risorsa, soprattutto se siamo capaci di ascoltare la loro
esperienza e di valorizzare la loro testimonianza.
12. Pastorale giovanile, famiglia, educazione affettiva
Il criterio fondamentale per il nostro lavoro con le famiglie va individuato nella natura educativa della
nostra missione. Non vogliamo attivare una pastorale familiare parallela alla pastorale giovanile, ma
piuttosto presentare la comunità educativo pastorale come il luogo e la forma del nostro cammino con
le famiglie.
Da tale criterio deriva anche l’esigenza di assumere in maniera più coraggiosa la sfida dell’educazione
affettiva e sessuale dei giovani. Essa è una richiesta che già il Concilio aveva indirizzato alle
istituzioni educative della Chiesa (cfr. Gravissimum educationis, n. 1) e su cui abbiamo camminato
ancora troppo poco. Non si tratta semplicemente di dare informazioni, ma di accompagnare in un
percorso di conoscenza di sé e di scoperta della chiamata all’amore. Conosciamo l’importanza che
don Bosco attribuiva alla purezza nella crescita dei ragazzi e la delicatezza con cui ne parlava. In un
contesto che non di rado banalizza la sessualità, siamo chiamati a presentare una visione serena,
positiva ed equilibrata del tema affettivo, a illuminare sui linguaggi del corpo e sul senso della
reciprocità tra uomo e donna in conformità alla Parola di Dio. La cura di ambienti propositivi e
“preventivi”, un’animazione che sa coinvolgere i giovani in tutte le loro dimensioni (teatro, sport,
arte, gioco, musica, …), un accompagnamento personale che si prende cura delle dinamiche profonde
della persona sono gli strumenti che la nostra tradizione ci consegna e che siamo chiamati a ripensare
nei nuovi contesti di oggi.

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SCEGLIERE
13. Comunità in uscita verso i giovani poveri
Usciamo verso i giovani poveri superando una pastorale di mantenimento e rinnovando i nostri
dinamismi comunitari.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Da una pastorale di conservazione ad una pastorale missionaria che abbia come criterio di scelta
i bisogni dei giovani.
b) Da una pastorale elitaria ed escludente ad una pastorale popolare e inclusiva.
c) Da una comunità ripiegata in zone di confort ad una testimonianza di evidente fraternità nella
condivisione con i giovani poveri.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) I settori della pastorale giovanile e delle missioni propongono una progettualità specifica di
attenzione e accoglienza alle povertà giovanili.
e) Nel ridisegno delle presenze, le ispettorie prevedono comunità che possano accogliere con i
salesiani i ragazzi e i giovani in difficoltà (migranti, rifugiati, ragazzi di strada, ecc.). per offrire
loro opportunità di studio, di formazione professionale e di inserimento nel mondo del lavoro.
f) La Congregazione a tutti i livelli vigila perché siano garantite le condizioni per la promozione e
la difesa dei diritti dei giovani, soprattutto nella tutela dei minori e degli adulti vulnerabili.
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
g) Si sviluppi a livello centrale un coordinamento di rete con altri religiosi e Organizzazioni
nazionali e internazionali a servizio dei giovani più poveri.
h) Si elabori a livello ispettoriale e locale un Codice di Comportamento che permetta di avere
contatto reale, sicuro, garantito con i giovani, in particolare i poveri.
i) Le comunità abbiano dei momenti specifici e condizioni permanenti di accoglienza di giovani:
rivedano orari, strutture, ambienti e stili relazionali per essere autenticamente comunità aperte e
accoglienti.
14. Accompagnamento dei giovani in chiave vocazionale
Promuoviamo un rinnovato impegno per l’accompagnamento in prospettiva vocazionale,
curando un’adeguata formazione di salesiani e laici in questo ambito.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Da una pastorale di iniziative e attività ad una attenzione ai cammini personali di crescita.
b) Dalla frammentazione della pastorale in molti settori alla sua integrazione in prospettiva
vocazionale.
c) Da una mentalità di autosufficienza pastorale al coinvolgimento dei giovani secondo il loro grado
di maturità.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) I settori della pastorale giovanile e della formazione propongono percorsi di abilitazione
all’accompagnamento per salesiani e laici.
e) Il settore della pastorale giovanile anima, sostiene e orienta l’impegno delle ispettorie sui temi
vocazionali.

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f) Ogni Ispettoria offra ai giovani un “tempo destinato alla maturazione della vita cristiana adulta”
da vivere nelle nostre Case, attraverso un progetto preciso di condivisione di vita, di fraternità, di
apostolato e di spiritualità (cfr. Documento finale del Sinodo, n. 161).
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
g) Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio valuta l’opportunità di istituire un coordinamento centrale
per l’animazione vocazionale.
h) Le regioni implementano lo sviluppo e la costituzione di centri di formazione regionali per
salesiani e laici sull’accompagnamento.
i) Le ispettorie favoriscono l’inserimento di giovani nelle équipe di pastorale giovanile, nelle
consulte ispettoriali e nelle altre strutture di animazione pastorale.
15. Cammino con le famiglie e educazione affettiva
Consolidiamo il cammino con le famiglie nella comunità educativo pastorale e proponiamo
cammini più accurati di educazione affettiva.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Da una famiglia considerata soltanto destinataria della pastorale alla famiglia come soggetto
attivo della missione che va coinvolto nella comunità educativo pastorale.
b) Da uno schema mentale rigido e semplificatore all’accoglienza e all’accompagnamento dei vissuti
famigliari nel rispetto della loro complessità.
c) Dal considerare la nostra affettività come una conquista fatta una volta per sempre ad una
formazione salesiana che la intende come un cammino di crescita e maturazione del cuore.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) I settori della pastorale giovanile e della formazione, valorizzando l’esperienza e il contributo
delle famiglie, danno indicazioni per elaborare proposte adeguate di educazione affettiva e
sessuale e curano la formazione di salesiani e laici in questo ambito.
e) Le ispettorie promuovono gruppi familiari ispirati alla spiritualità salesiana, favorendo il loro
protagonismo apostolico e il loro coinvolgimento attivo nella comunità educativo pastorale.
f) Le ispettorie valorizzano la riflessione già avviata dalla Congregazione nel Congresso
internazionale “Pastorale giovanile e famiglia” (Madrid, 2017) ed elaborano strumenti e percorsi
per sostenere le famiglie nel loro compito educativo.
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
g) Le ispettorie investono nella formazione di personale per l’accompagnamento delle famiglie e
per l’educazione affettiva.
h) Le ispettorie favoriscono l’inserimento di alcune famiglie nel consiglio della comunità educativo
pastorale, promuovendo momenti regolari di comunione e di formazione.
i) Le ispettorie favoriscono l’impegno apostolico dei gruppi laicali della Famiglia Salesiana a
servizio della famiglia.

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PROFILO DEL SALESIANO OGGI
Questo secondo nucleo è stato elaborato durante il CG 28 nella sua prima versione, ma non è stato possibile presentarlo
all’assemblea capitolare. Nella sessione estiva 2020 del Consiglio generale è stato completato.
RICONOSCERE
16. Vocazione e formazione: la forza del carisma ci interpella
Nel sogno dei nove anni la Vergine Maria, dopo aver indicato a Giovanni Bosco il campo in cui dovrà
lavorare, lo invita a divenire “umile, forte e robusto”. Con tali parole, Ella gli propone un percorso
esigente di formazione strettamente congiunto con la vocazione ricevuta e la missione affidata. Anche
noi riconosciamo che la formazione è dono prezioso del Signore ed esigenza irrinunciabile del
cammino vocazionale. Tale impegno formativo tocca tutte le dimensioni della nostra consacrazione
apostolica: per questo il Capitolo Generale 27° ha coerentemente tracciato il profilo del salesiano
come mistico nello Spirito, profeta di fraternità e servo dei giovani.
Esaminando le statistiche della Congregazione abbiamo appreso che nell’ultimo decennio abbiamo
avuto una media annuale di circa 2600 giovani in formazione. Questo ci riempie di gioia e di speranza,
perché mostra che il nostro carisma continua ad essere fecondo. Allo stesso tempo tale dato ci
interpella e ci responsabilizza, chiedendo di verificare la qualità della nostra formazione iniziale e
continua.
Notiamo infatti che talora l’identità consacrata salesiana pare debole e poco radicata: il primato di
Dio nella vita personale e comunitaria non sempre emerge con chiarezza; forme di clericalismo e di
secolarismo rischiano di far entrare in Congregazione la “mondanità spirituale”; la promozione del
salesiano laico in alcune regioni rimane scarsa; la mancanza di personale preparato nell’ambito della
salesianità, nonostante l’abbondante materiale a disposizione, è segno di un’insufficiente attenzione
all’approfondimento del carisma.
17. Formazione e missione: un divario di cui prendere coscienza
Nella riflessione capitolare sul profilo del salesiano oggi è emersa con chiarezza una preoccupazione:
la divaricazione tra il cammino formativo, nelle sue diverse fasi, e la realtà della missione educativa
e pastorale ordinaria. Alcuni parlano di un divario tra formazione e missione, altri di una separazione
tra la formazione iniziale e quella continua, altri ancora di una certa incoerenza tra ciò che la
Congregazione propone nella formazione iniziale e ciò che si vive di fatto nelle comunità apostoliche.
La formazione attuale, con le sue strutture, stili e metodi appare talvolta più informativa che
performativa, perché non sempre arriva a trasformare il cuore. La missione apostolica, d’altra parte,
non sempre riesce ad attingere dalla realtà dei giovani e dalla concretezza della vita gli elementi per
una formazione permanente: la “cattedra della realtà” stenta a farsi lettura credente della storia (lectio
vitae), offrendo elementi per un rinnovamento continuo del nostro essere e del nostro operare.
Riconosciamo anche urgente l’approfondimento di alcuni temi che devono entrare a pieno titolo nel
cammino formativo: l’abilitazione all’accompagnamento spirituale dei giovani, che richiede la
maturazione di sensibilità specifiche; la chiara presa di coscienza che la nostra missione è condivisa
con i laici e necessita per questo di nuove competenze relazionali; la crescente attenzione ai temi
ecologici che comporta una specifica preparazione in questo ambito. Infine, il nuovo mondo
digitalizzato impone un ripensamento del modo di impostare la nostra vita fraterna e la missione
apostolica nel suo insieme, perché «il ripiegamento individualistico, tanto diffuso e proposto
socialmente in questa cultura largamente digitalizzata, richiede un’attenzione speciale non solo
riguardo ai nostri modelli pedagogici ma anche riguardo all’uso personale e comunitario del tempo,
delle nostre attività e dei nostri beni» (dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28).

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18. Formazione permanente: vivere l’esistenza in ottica formativa
Siamo riconoscenti per la presenza di un buon numero di salesiani che ravvivano continuamente il
dono di Dio che hanno ricevuto (cfr. 2Tim 1,6), attraverso «un atteggiamento contemplativo, capace
di identificare e discernere i punti nevralgici» (dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28). Solo in
questo modo si supera l’idea, purtroppo radicata, che la formazione termina con la conclusione delle
tappe iniziali e con l’accesso al ministero.
Manca infatti in alcuni confratelli la convinzione che l’impegno per la propria formazione è stile
preciso di assunzione della missione, tanto che risulta difficile accendere il desiderio e la passione
per la formazione permanente. Riconosciamo che sia a livello centrale sia a livello ispettoriale c’è
stato uno sforzo per offrire strumenti e percorsi di formazione, che però non sempre portano i frutti
sperati. Risulta difficile, in particolare, trasformare la stessa esperienza pastorale quotidiana in
occasione formativa, perché non siamo stati iniziati a discernere a partire dalla concretezza della
realtà. Per questo la comunità, sia religiosa che educativo pastorale, non riesce a divenire l’ambiente
naturale e ordinario in cui ci si forma.
Bisogna, però, anche riconoscere che c’è una certa confusione circa i soggetti responsabili e i percorsi
della formazione continua: mancano spesso confratelli preparati per accompagnare questo cammino,
mentre si nota una pluralità e debolezza di riferimenti formativi a livello ispettoriale e locale. Alcuni
segnalano il rischio di ridurre la formazione permanente a qualche sporadico corso di aggiornamento
o di affidarla alla consegna di qualche nuovo manuale. Esiste infine, in un mondo sempre più fluido,
la sfida della “laboriosità culturale” in Congregazione, perché senza lo studio, la lettura e il continuo
aggiornamento non si riuscirà ad uscire da una pastorale di mantenimento e di ripetizione.
19. Formazione iniziale: una realtà in divenire che va accompagnata
Dai dati e dalle discussioni emerse al Capitolo riconosciamo che la formazione iniziale è nel suo
insieme una realtà poliedrica, positiva e promettente. Si tratta di un grande mosaico di diverse
situazioni, nel quale riconosciamo la presenza di dinamismi nuovi nella Congregazione.
Chi sono i giovani in formazione oggi? In forma sintetica possiamo affermare che la maggior parte
di loro proviene dall’Asia e dall’Africa; nell’insieme sono “giovani adulti”, e non come in tempi
passati “adolescenti”; sono giovani del nostro tempo, che quindi portano con sé tutte le potenzialità e
le fragilità dei giovani di oggi; sono alla ricerca di una vita autentica e di una fraternità profetica,
anche se talvolta le motivazioni che li portano alla vita salesiana necessitano di maturazione; essendo
più vicini alla generazione giovanile, hanno una facilità di contatto e una comunanza naturale di
linguaggio con il mondo giovanile. Tutto questo implica un approccio formativo del tutto diverso
nelle nostre case di formazione e centri di studio.
A partire da questa metamorfosi epocale si comprende che la ricerca e la formazione dei formatori è
una vera e propria urgenza che va affrontata nel migliore dei modi. Riconoscendo che essere
formatore è una “vocazione nella vocazione”, sarà necessario passare dall’improvvisazione ad un
autentico discernimento per la scelta qualificata dei formatori e dei docenti: non è questione di
“reclutamento”, ma di vero dialogo vocazionale. Riconoscendo poi la comunità come primo spazio
formativo, i capitolari hanno sottolineato quanto sia decisiva l’équipe dei formatori, che agiscono in
sinergia e sotto la regia del Direttore, che più di tutti ha il compito di accompagnare e coordinare
l’impegno di tutti.
20. La necessità di assumere un nuovo stile formativo
Come ci dice Papa Francesco, «pensare alla figura di salesiano per i giovani di oggi implica accettare
che siamo immersi in un momento di cambiamenti» (dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28).
Occorre quindi rinnovare il nostro stile formativo, che ha bisogno di essere pensato sempre più in
forma personalizzante, olistica, relazionale, contestuale e interculturale.
È necessario, soprattutto, uno stile capace di assumere dalla missione i suoi registri fondamentali,
perché è la missione «che dà a tutta la nostra esistenza il suo tono concreto, specifica il compito che
abbiamo nella Chiesa e determina il posto che occupiamo tra le famiglie religiose» (Costituzioni, art.

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3) e anche perché siamo tutti convinti che «quando ci isoliamo o ci allontaniamo dal popolo che siamo
chiamati a servire, la nostra identità come consacrati comincia a sfigurarsi e diventare una caricatura»
(dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28).
Questo nuovo stile formativo che sogniamo dovrebbe far risplendere l’unità della Congregazione
nella pluralità delle sue espressioni: è molto importante, contro il «grave pericolo di uniformare
monoliticamente le culture», riconoscere che la presenza mondiale della nostra realtà carismatica «è
uno stimolo e un invito a custodire e a preservare la ricchezza di molte delle culture in cui siete
immersi senza cercare di “omologarle”» (dal Messaggio di Papa Francesco al CG 28).
INTERPRETARE
21. L’esperienza formativa di don Bosco
Per operare un sano discernimento sulla nostra formazione è utile riflettere sull’esperienza formativa
vissuta da don Bosco. Lui stesso ne racconta i momenti principali nelle Memorie dell’Oratorio, con
molte osservazioni che lasciano chiaramente intravedere la sua visione a questo riguardo. Ci
soffermiamo qui in particolare su una delle tappe formative verso cui don Bosco ha mostrato
maggiore apprezzamento, quella del Convitto Ecclesiastico. Di tale istituzione don Bosco dice: «Qui
si impara ad essere prete» (G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales, in ISS, Fonti
salesiane, 1. Don Bosco e la sua opera, LAS, Roma 2014, p. 1233).
La formazione del Convitto metteva insieme una solida proposta spirituale e culturale («Meditazione,
lettura, due conferenze al giorno, lezioni di predicazione, vita ritirata, ogni comodità di studiare …»)
e l’accompagnamento a incontrare dal vivo «la malizia e la miseria degli uomini» nei luoghi di
maggiore povertà. Il punto di forza che guidava i giovani preti a fare sintesi tra preghiera e ministero,
tra riflessione e pratica pastorale era un gruppo di formatori di altissimo profilo, tra cui spiccava don
Cafasso. Don Bosco li incontrava in cattedra mentre facevano lezione, ma li vedeva anche impegnati
in prima persona nelle forme più varie e difficili di ministero. Erano per lui e per i suoi compagni
solidi maestri di dottrina, apostoli intraprendenti e veri modelli di vita. Noi oggi parleremmo di
un’équipe esemplare e compatta che accompagna in modo integrale ad assumere la missione.
Gli anni del Convitto sono stati determinanti per la maturazione apostolica di don Bosco, ed è bello
notare che sono stati una sua scelta, a cui non era tenuto da alcun obbligo. Egli ha assunto questo
impegno quando era già prete e avrebbe potuto immergersi subito a tempo pieno nell’attività. Ma su
consiglio del Cafasso ha percorso un’altra via, più esigente ma immensamente più fruttuosa. Il suo
esempio ci insegna che la formazione non si chiude con il compimento degli studi, con la professione
perpetua o con l’ordinazione sacerdotale, ma rimane un processo aperto da coltivare con cura per
tutta la vita. Ci ricorda anche che il vero apostolo non matura bruciando le tappe e che l’investimento
più fecondo per la missione è quello di una buona formazione.
FORMAZIONE E VOCAZIONE: UN ACCOMPAGNAMENTO ALLA LUCE DEL
CARISMA
22. Il dono della formazione
Nella vita consacrata la formazione non si riduce solo a un insieme di tecniche e di metodologie, ma
è un’esperienza di fede che affonda le sue radici nel mistero stesso della vocazione. Dio Padre, che
ci ha scelti prima della creazione del mondo, continua ad operare in noi con la potenza del suo Spirito,
per renderci sempre più conformi a Cristo. La meta del percorso formativo è, infatti, giungere ad
avere in sé i sentimenti del Figlio, ossia sentire, pensare e agire in Lui (cfr. Fil 2,5).
Comprendere la formazione nell’orizzonte della vocazione ci aiuta a non vederla come un dovere
imposto dall’esterno – dalle norme della Chiesa o della Congregazione – ma come un dono di grazia
che ci aiuta a fare davvero nostra la “forma” della vita consacrata salesiana, evitando che essa rimanga
una sorta di abito esteriore.

5.7 Page 47

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L’esistenza di fallimenti vocazionali ci ricorda quanto sia delicato questo processo e come
l’accoglienza iniziale della chiamata non metta automaticamente al riparo dal rischio di perdere la
strada o di volgersi indietro. Che cosa sono infatti il clericalismo, il secolarismo e l’individualismo
se non deviazioni della energia vocazionale, che ne spengono la bellezza e ne mortificano la crescita
per assenza di profondità, per mancanza di motivazioni o per poca generosità? La vocazione senza
un’adeguata formazione viene allora confusa con una sorta di “volontariato a vita” in cui non si
consegna davvero il cuore a Dio e ai giovani e non si accetta la conversione formativa che questo
comporta.
23. Il sistema preventivo come sistema formativo
Poiché la formazione è una pedagogia della grazia, essa non potrà mai essere prima di tutto una
questione di regole e di norme. Senza dubbio queste sono necessarie, perché preservano da errori e
indicano cammini consolidati, ma non bastano da sole a porre le condizioni per un’esperienza
formativa autentica. Dobbiamo dunque stare attenti a non dare soluzioni principalmente normative a
una sfida che è anzitutto carismatica e generativa. La formazione è artigianato quotidiano, sapienza
pratica, qualità della testimonianza, capacità di leggere le situazioni e di toccare i cuori: tutte cose che
nessuna legge può garantire e nessun manuale basta ad assicurare. Come ci ricorda il venerabile don
Giuseppe Quadrio, modello straordinario di formatore e di docente, tali qualità sono prima di tutto
frutto della docibilità interiore allo Spirito che suscita nella nostra famiglia carismatica veri maestri
di vita.
Valgono dunque per la nostra proposta formativa tutte le indicazioni di sapienza pratica che don
Bosco metteva in atto nell’educazione. Il Sistema Preventivo va sempre più riscoperto come il
principio ispiratore e l’anima profonda del nostro sistema formativo. Ciò significa far valere il primato
della carità teologale e della confidenza su ogni legalismo e formalismo; trasmettere i valori
vocazionali attraverso un autentico spirito di famiglia; coinvolgere attivamente i confratelli più
giovani e renderli corresponsabili delle scelte formative. La pedagogia del Sistema Preventivo è
infatti una pedagogia della fiducia, che crede nelle risorse dei giovani e li provoca alla generosità
dell’impegno, senza mai mortificarne le intuizioni o tarparne la creatività. È in questa logica che
l’articolo 99 delle nostre Costituzioni afferma: «ogni salesiano assume la responsabilità della propria
formazione». Attraverso la fedeltà a questa ispirazione la Congregazione si mostra madre verso ogni
confratello e lo aiuta a maturare nel suo cammino vocazionale.
FORMAZIONE E MISSIONE: UN PROCESSO UNITARIO
24. Il “da mihi animas” come energia del processo formativo
La natura apostolica del nostro carisma qualifica in modo determinante la nostra formazione. Come
ci ricorda Papa Francesco, «è importante sostenere che non veniamo formati per la missione, ma che
veniamo formati nella missione, a partire dalla quale ruota tutta la nostra vita, con le sue scelte e le
sue priorità. La formazione iniziale e quella permanente non possono essere un’istanza previa,
parallela o separata dell’identità e della sensibilità del discepolo» (dal Messaggio di Papa Francesco
al CG 28). Queste parole indicano con molta chiarezza che formazione e missione sono strettamente
intrecciate e non stanno in piedi l’una senza l’altra.
Comprendere la formazione nell’orizzonte della missione significa anzitutto dare risalto al Da mihi
animas come energia profonda del processo formativo. Se questa energia viene spenta e non sprigiona
più ardore per il bene dei ragazzi, la maturazione vocazionale è gravemente compromessa. Se invece
la passione apostolica è viva, essa alimenta la crescita umana, l’impegno per lo studio, la cura della
vita spirituale, la maturazione pastorale. Il Da mihi animas è, infatti, il modo in cui Dio ci rende
partecipi del suo amore per il mondo.
Don Bosco, afferma ancora il Papa, «non solo non sceglie di separarsi dal mondo per cercare la
santità, ma si lascia interpellare e sceglie come e quale mondo abitare». Assumere la missione come
principio formativo richiede di sviluppare lo sguardo del pastore e il coraggio del profeta, che sa stare
con i giovani poveri e sognare con loro e per loro un mondo diverso. Per questo «la missione inter

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gentes è la nostra scuola migliore: a partire da essa preghiamo, riflettiamo, studiamo, riposiamo» (dal
Messaggio di Papa Francesco al CG 28).
25. Per una maggiore integrazione
Per superare il divario tra formazione e missione è necessario anzitutto uscire dalla mentalità di delega
che non di rado tende a scaricare sulle comunità formatrici la responsabilità in questo delicato ambito.
La trasmissione del carisma, infatti, non avviene anzitutto in comunità appositamente strutturate, ma
nella freschezza della condivisione quotidiana del servizio ai giovani. La prima sorgente di
formazione in Congregazione è nel tesoro della vita generosa dei confratelli. Dove le comunità sono
vivaci nel servizio, solide nella spiritualità e capaci di riflessione, gli itinerari proposti dalle case di
formazione sono più incisivi, perché introducono a un modo di vivere la salesianità che i giovani
confratelli incontrano nella realtà ordinaria delle case. Ciò spiega l’importanza che la nostra
tradizione ha sempre attribuito al tirocinio, che è una tappa formativa tipicamente salesiana. Dove
invece la missione è confusa con il lavoro e la formazione permanente nelle comunità non è curata,
tutto l’iter formativo viene impoverito.
Una maggiore integrazione richiede poi di «trovare uno stile di formazione capace di assumere in
modo strutturale il fatto che l’evangelizzazione implica la partecipazione piena, e con piena
cittadinanza, di ogni battezzato», facendo delle nostre case un «“laboratorio ecclesiale” capace di
riconoscere, apprezzare, stimolare e incoraggiare le diverse chiamate e missioni nella Chiesa». È
quello che stiamo cercando di fare implementando il modello della comunità educativo pastorale. In
che modo tale modello possa e debba incidere nella formazione iniziale è una domanda che non trova
ancora riposte chiare. Il Sinodo dei giovani ha parlato, ad esempio, dell’importanza di formare équipe
formative differenziate, che includano anche figure femminili, in cui interagiscano vocazioni diverse
(cfr. Documento finale del Sinodo, n. 163). Il dialogo tra le comunità ispettoriali e le case di
formazione può inoltre favorire una interazione più significativa con il cammino delle comunità
educativo pastorali e consentire ai formatori una maggiore presenza a fianco dei giovani confratelli
nelle esercitazioni pastorali. Più che un’unica soluzione strutturale, che non terrebbe conto della
notevole diversità dei contesti, bisogna dunque lavorare per una rinnovata progettualità formativa in
senso missionario, che cercherà in ogni ambiente la sua attuazione più adeguata.
FORMAZIONE E STRUTTURE: UN RINNOVAMENTO NECESSARIO
26. Riferimenti istituzionali e cura dei processi formativi
Uno dei rischi del nostro iter formativo, più volte denunciato in Congregazione, è una certa
frammentazione tra le diverse tappe. Indubbiamente il passaggio da una fase all’altra della formazione
iniziale offre la ricchezza di nuovi stimoli e contribuisce ad allargare gli orizzonti, ma porta con sé la
fatica di dover riprendere più volte il cammino di accompagnamento. Tale fatica diviene più gravosa
quando l’impostazione delle scelte formative e gli strumenti offerti per l’accompagnamento non sono
adeguatamente coordinati.
Ciò rende evidente la necessità che in Congregazione si proceda a chiarire e, ove possibile,
semplificare i riferimenti istituzionali e a determinare con maggiore precisione i compiti e le
responsabilità delle strutture di coordinamento tra le diverse fasi e tra i diversi livelli della formazione.
Troppo spesso, infatti, decisioni importanti per i cammini formativi vengono rallentate o restano
inevase per incertezze di sistema.
Non mancano nella Ratio e nei suoi allegati indicazioni preziose per il lavoro formativo, soprattutto
per quanto riguarda gli obiettivi da raggiungere e i criteri di ammissione. Più debole invece è l’aspetto
della metodologia e degli strumenti. È importante dunque dare attuazione al percorso di revisione
dell’accompagnamento formativo che è stato intrapreso in Congregazione e verificarne gli esiti. La
chiarezza e la condivisione su questa tema sono la prima condizione per una formazione più solida e
personalizzata.
27. Formatori e centri di formazione

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Ogni processo di crescita richiede condizioni strutturali che lo facilitano. In questa logica, la volontà
di promuovere un migliore accompagnamento deve tradursi in un generoso investimento della
Congregazione nel reperimento e nella formazione adeguata di formatori, che sappiano lavorare in
équipe, sotto la guida e la responsabilità del Direttore.
Non meno importante è il rinnovamento all’interno dei nostri centri di studio, chiamati ad assumere
con determinazione le indicazioni della Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium. Essi prestano un
indispensabile servizio non solo ai giovani confratelli che li frequentano, ma anche alla solidità
culturale delle nostre ispettorie. Tra questi centri spicca in modo particolare l’Università Pontificia
Salesiana, che costituisce la voce culturale più autorevole della Congregazione nella Chiesa. Il
rinnovamento di cui ha bisogno richiede di ritrovare le ragioni che hanno portato ottant’anni fa alla
sua fondazione.
I centri di formazione regionale offrono un servizio apprezzato alla formazione permanente dei
confratelli e sono chiamati sempre più a farsi carico anche della formazione congiunta con i laici. Le
Regioni che non ne sono ancora dotate dovranno individuare le forme più idonee per garantire questo
tipo di servizio.
SCEGLIERE
28. Formazione e vocazione: un accompagnamento alla luce del carisma
Promuoviamo un rinnovato impegno per l’accompagnamento formativo dei confratelli alla luce
del carisma.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Da una visione della formazione come “obbligo istituzionale” a uno sguardo di fede, che la coglie
come dono ed esigenza vocazionale.
b) Dal formalismo esteriore alla cura dell’accompagnamento nella logica di sincera confidenza e di
spirito di famiglia del Sistema Preventivo.
c) Da una sottovalutazione della formazione continua alla cura personale e comunitaria della propria
crescita spirituale e apostolica.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) Il Rettor Maggiore con il suo Consiglio studia il problema della discontinuità tra le tappe della
formazione iniziale, per favorire un percorso di accompagnamento più unitario.
e) Il settore per la formazione promuove l’attuazione e la verifica degli Orientamenti e direttive
“Giovani salesiani e accompagnamento”.
f) Le comunità di formazione iniziale curano un’impostazione formativa coerente con i grandi
orientamenti spirituali e pedagogici del Sistema Preventivo: spirito di famiglia, coinvolgimento
attivo dei confratelli, pedagogia della fiducia e della confidenza; il curatiorum verifica e
promuove tale impostazione.
g) Le ispettorie e le comunità promuovono una rinnovata cultura dell’accompagnamento, aiutando
i confratelli a riscoprirne l’importanza e il valore.
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
h) Nelle comunità di formazione iniziale viene garantita la presenza di équipe capaci di trasmettere
vitalmente il Sistema Preventivo; i formatori propongono l’accompagnamento spirituale
personale in coerenza con la proposta formativa della comunità; si cura la presenza di confessori
adeguatamente preparati.
i) Gli Ispettori e i delegati ispettoriali curano il dialogo e il confronto con le comunità formative,
per favorire la continuità dell’accompagnamento nella formazione iniziale.

5.10 Page 50

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j) I confratelli in formazione iniziale vengono aiutati a scoprire il valore dell’accompagnamento
spirituale personale.
29. Formazione e missione: un processo unitario
Ci impegniamo a superare il divario tra formazione e missione, favorendo una rinnovata
cultura della formazione nella missione a tutti i livelli.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Dalla delega alle case di formazione alla consapevolezza che lo stile di vita delle comunità incide
fortemente sulla formazione dei giovani confratelli.
b) Dalla formazione intesa come momento previo alla missione alla cura della solidità culturale e
spirituale come condizione permanente della vita apostolica.
c) Da uno stile formativo elitario all’impegno per valorizzare l’apporto formativo dei laici e la
responsabilità missionaria di ogni battezzato.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) Le ispettorie curano la qualità formativa del tirocinio, garantendo le condizioni per
l’assimilazione pratica della pedagogia salesiana e l’accompagnamento formativo.
e) Le comunità di formazione iniziale custodiscono uno stile di vita sobrio, che preservi
dall’imborghesimento e formi alle esigenze della missione, e incrementano l’accompagnamento
delle esercitazioni pastorali.
f) Le ispettorie investono nella qualificazione dei confratelli in salesianità e curano una maggiore
solidità culturale; le comunità locali verificano e potenziano il loro impegno per la formazione
nel quotidiano.
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
g) Il settore per la formazione offre indicazioni perché il modello della comunità educativo pastorale
trovi una adeguata attuazione anche nelle comunità di formazione, attraverso il coinvolgimento
di laici e famiglie nel processo formativo.
h) Le comunità di tirocinio garantiscono l’accompagnamento formativo dei tirocinanti, li aiutano a
inserirsi nella comunità educativa e pastorale, si impegnano nella valutazione della loro crescita
vocazionale.
i) Le commissioni ispettoriali di formazione aiutano le comunità a verificare e potenziare il loro
impegno formativo nella missione.
30. Formazione e strutture: un rinnovamento necessario
Investiamo energie nel reperimento e nella formazione dei formatori e affrontiamo con coraggio
il ripensamento dei riferimenti istituzionali e delle strutture formative.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Dal ripiegamento sulle urgenze al coraggioso investimento nella formazione dei confratelli.
b) Dallo sguardo sulle necessità locali alla disponibilità a offrire confratelli e risorse per le esigenze
formative della Congregazione e per la collaborazione tra ispettorie.
c) Dal rischio della superficialità alla cura dello studio serio e della solidità culturale dei confratelli.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) Il Rettor Maggiore con il suo consiglio promuove un generoso impegno della Congregazione per
il reperimento e la formazione dei formatori; le ispettorie investono nella formazione dei
confratelli e nella preparazione di formatori.

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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e) Il Rettor Maggiore con il suo consiglio verifica la struttura di governance della formazione per
renderla più chiara, semplice e funzionale.
f) Il Rettor Maggiore con il suo consiglio rivede il numero e la distribuzione delle comunità di
formazione iniziale entro un progetto unitario; promuove il rinnovamento dell’Università
Pontificia Salesiana, il potenziamento dei centri di studio, la cura dei centri regionali di
formazione.
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
g) Il settore per la formazione rivede le parti della Ratio che hanno bisogno di essere adeguate alle
circostanze attuali, potenziando le indicazioni concrete di metodi e strumenti condivisi.
h) Il settore per la formazione studia le modalità migliori per accompagnare le comunità formative
inter-ispettoriali; precisa i compiti del curatorium e ne segue il funzionamento in dialogo con i
Consiglieri regionali; accompagna gli Ispettori ad assumere la loro responsabilità formativa.
i) Le Regioni promuovono i centri regionali di formazione, ne verificano la proposta; dove ancora
mancano, ne istituiscono la presenza.

6.2 Page 52

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INSIEME AI LAICI NELLA MISSIONE E NELLA FORMAZIONE
Durante la sessione estiva 2020 il Consiglio generale ha lavorato sul terzo nucleo del CG28, in quanto esso non era stato
preso in considerazione durante il Capitolo Generale per via della sua forzata interruzione dovuta alla pandemia.
Il Consiglio generale, partendo dallo “Strumento di lavoro”, ha utilizzato la medesima metodologia del discernimento
del CG28 e ha lavorato con le stesse modalità delle commissioni capitolari. Nella redazione del testo si è cercato di
mantenere la medesima forma del primo e del secondo nucleo così come sono stati elaborati dal CG28.
RICONOSCERE
31. Realizzazioni e resistenze nella missione condivisa con i laici
Riconosciamo che il CG 24 è per tutti “un punto di non ritorno” per il rinnovamento del nostro modo
di vivere e lavorare insieme. Sta al centro del magistero salesiano post-conciliare, e allo stesso tempo
segna un ritorno alle origini del carisma salesiano: Don Bosco, infatti, ha coinvolto fin dall’inizio
tanti laici nella sua missione giovanile e popolare.
Riconosciamo che molti passi in avanti sono stati fatti in tutta la Congregazione, anche se con velocità
e modalità differenti: il coinvolgimento di tutta la comunità educativo pastorale; la formazione
spirituale, pedagogica e pastorale dei laici; l’inserimento dei giovani nelle équipe di animazione;
l’affidamento di alcune opere ai laici. Questa percezione di crescente coinvolgimento reciproco, di
ricchezza condivisa, di forza dell’aiuto congiunto e di fecondità del carisma si va gradualmente
concretizzando, passando dalla prospettiva di coinvolgere i laici nell’attività educativo pastorale a
quella di condividere con loro la nostra spiritualità.
Allo stesso tempo, prendiamo atto che rimangono ancora alcune fatiche, perché non sempre riusciamo
a rendere i laici partecipi dello spirito e della missione salesiana: molte ispettorie devono ancora
passare dal coinvolgimento utilitaristico dei laici alla strategia della corresponsabilità evangelica.
Talvolta riscontriamo anche fenomeni di vera e propria resistenza: qualche religioso lamenta
l’eccessivo protagonismo dei laici mentre alcuni laici mostrano motivazioni opportunistiche nella
loro offerta di collaborazione. Per i laici più impegnati nell’attività educativo pastorale, poi, non è
facile conciliare le esigenze della missione salesiana con la vita personale e familiare. Registriamo
infine in alcune situazioni una tendenza al livellamento dei diversi stati di vita, tanto che alcuni
pensano che i consacrati non siano più necessari per mantenere vivo il carisma.
32. Reciprocità di relazioni tra salesiani e laici
Molto spesso le relazioni tra salesiani e laici sono ispirate a stima, rispetto, cordialità e collaborazione,
soprattutto dove c’è una chiara identità vocazionale, una proposta organica di formazione e un
cammino condiviso con i dovuti organismi e strumenti come il consiglio della comunità educativo
pastorale e il progetto educativo pastorale salesiano.
Non sempre si accetta e apprezza il peculiare contributo dei laici, tenendo in considerazione la loro
identità e la loro esperienza vocazionale: si conosce ciò che fanno, ma non si apprezza ciò che sono.
Dove manca la chiarezza sulle rispettive identità, si assiste a una sorta di “clericalizzazione dei laici”
e di “laicizzazione dei consacrati”. In questo caso, la collaborazione quotidiana, anziché far emergere
la specificità di ciascuno, conduce a un appiattimento delle identità. Talvolta i laici sono
semplicemente classificati e posizionati all’interno di un modello gerarchico e piramidale di “opera
salesiana”.
Nei salesiani talora riscontriamo un certo disagio nella gestione di opere complesse che esigono
capacità manageriali e una mancanza di preparazione per le sfide che emergono dal modello pastorale
di condivisione con i laici. Riconosciamo che di fronte al cambiamento d’epoca non siamo davvero
in grado di “discernere”, e quindi rischiamo di rimanere intrappolati in logiche di mantenimento
pastorale che si adagiano sul “si è sempre fatto così”.

6.3 Page 53

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Notiamo che ci sono diverse tipologie di laici: dipendenti, volontari, giovani adulti, cristiani cattolici
o di altre confessioni, praticanti o più distanti dalla Chiesa. Talora con la stessa parola “laici”, che nel
linguaggio ecclesiale indica i battezzati (Christifideles laici), ci si riferisce anche a persone che
lavorano nelle nostre opere ma sono di altre religioni. Per evitare confusioni o irrigidimenti è
importante affrontare con serietà le questioni teologiche e pastorali sottese a tale complessità. Si potrà
così illuminare meglio la forma che la comunità educativo pastorale è chiamata ad assumere in
contesti plurireligiosi o secolarizzati.
33. Formazione congiunta di salesiani e laici
In questi anni sono maturate buone iniziative di formazione congiunta di salesiani e laici. Per quanto
riguarda i corsi di formazione, ci sono ottime proposte a livello locale, ispettoriale e regionale.
Talvolta c’è una carenza di sistematicità nei percorsi formativi, che poi si manifesta nella debolezza
di progettualità educativa e pastorale. Manca infatti una formazione più organica, che miri a integrare
tutti gli aspetti del carisma salesiano (spirituale, pedagogico, pastorale e professionale). Rimane
aperto il tema della formazione dei collaboratori di altre religioni e convinzioni.
Nella vita quotidiana la formazione congiunta si fa principalmente attraverso i cammini della
comunità educativo pastorale, con i suoi organismi e i suoi processi di animazione, di discernimento
e di governo. La vita della comunità educativo pastorale è uno degli spazi più efficaci per la
formazione congiunta tra salesiani e laici ed è un ottimo esempio di “formazione nella missione”.
Si nota da parte di alcuni confratelli una certa resistenza a essere coinvolti nella formazione con i laici
e la difficoltà a deporre un certo atteggiamento di presunta superiorità. Un’altra fonte di fatica alla
formazione congiunta è la stanchezza, l’eccesso di attività e l’accumulo di compiti e di ruoli. In alcuni
laici non c’è grande consapevolezza del loro compito nella Chiesa e quindi poca disponibilità ad
assumere le responsabilità formative che ne derivano.
34. Le diverse forme di rapporto tra la comunità religiosa e l’opera salesiana
Nella Congregazione in questo momento esistono diverse forme di rapporto tra la comunità religiosa
e l’opera salesiana: ci sono delle opere o settori di opere affidati congiuntamente alla comunità
salesiana e ai laici; ci sono opere affidate a laici all’interno di un progetto ispettoriale; ci sono anche
opere dove l’animazione pastorale, ma non la gestione, è affidata a una comunità salesiana vicina.
Persistono opere dove il numero di confratelli consente di ricoprire tutti i ruoli di responsabilità: in
questo caso ci sono tanti collaboratori laici con poche o nessuna responsabilità; qui le strutture di
animazione della comunità educativo pastorale sono molto deboli o assenti.
Dove si tratta di un’opera affidata congiuntamente ai salesiani e ai laici, non sempre si è realizzato
quello che afferma il CG 24 ai nn. 149-159. Quando si tratta di un’opera a gestione laicale sotto la
direzione dell’Ispettoria, in molti casi le ispettorie hanno compiuto un grande sforzo di riflessione e
di creatività per affrontare la sfida dell’accompagnamento.
Pur riconoscendo aspetti positivi, si registrano anche problemi di un certo peso: la difficoltà dei
salesiani di garantire un accompagnamento sistematico; la fatica dei laici a comporre gli impegni
richiesti da queste opere con le esigenze della vita familiare; le difficoltà legate al ricambio dei laici,
l’assenza di criteri e di strumenti di controllo; la necessità di avviare pratiche di valutazione della
gestione; il bisogno di trovare un quadro giuridico adeguato; l’esigenza di un cambiamento della
cultura formativa da entrambe le parti per prepararsi meglio a gestire queste nuove realtà. Vi sono
persino sono situazioni in cui il ruolo, le competenze e le funzioni dei salesiani e dei laici con
responsabilità nelle case non sono chiari né ben definiti.
L’affidamento di un’opera o settore d’opera interamente ai laici rimane all’interno del progetto e della
responsabilità dell’Ispettoria. Esistono situazioni in cui l’Ispettoria affida ad un ente giuridico
(fondazione, associazione, cooperativa, società) un’attività, un’opera o settori di essa e l’utilizzo di
immobili di sua proprietà. In questo caso non sempre viene stipulata una convenzione che regola i
rapporti giuridici ed economici.

6.4 Page 54

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INTERPRETARE
35. Don Bosco, padre e maestro nel coinvolgimento e nella corresponsabilità
Gli elementi fondamentali per approfondire la teoria e la pratica della comunione e della condivisione
nello spirito e nella missione di don Bosco sono riportati nel testo del CG 24, che rimane in questo
campo un riferimento imprescindibile.
Dal punto di vista ispirativo alcuni preziosi paragrafi dimostrano che durante tutto il suo percorso
esistenziale il nostro Fondatore si preoccupò di coinvolgere il maggior numero di collaboratori
possibili nel suo progetto operativo, dando origine «ad un vasto movimento di persone che, in vari
modi, operano per la salvezza della gioventù» (Costituzioni, art. 5): dai suoi amici intimi ai compagni
di studio, da mamma Margherita ai datori di lavoro, dalla gente buona del popolo ai teologi, dai nobili
ai politici dell’epoca (cfr. CG 24, 69-86).
Noi siamo nati e cresciuti storicamente in comunione con i laici e loro con noi. In particolare,
dobbiamo sottolineare l’importanza che i giovani hanno avuto nello sviluppo del carisma e della
missione salesiana: don Bosco trovò nei giovani i suoi primi collaboratori, che così diventarono, in
un certo senso, co-fondatori della Congregazione!
In questo costante dinamismo orientato alla ricerca della comunione, condivisione e corresponsabilità
troviamo ancora oggi uno dei tratti qualificanti della nostra chiamata a lavorare per l’avvento del
Regno di Dio nel mondo.
CHIESA SINODALE PER LA MISSIONE E SPECIFICITÀ DELLE VOCAZIONI
36. Alla radice delle realizzazioni e delle resistenze
Molte delle resistenze alla seria presa in carico della condivisione dello spirito e della missione
salesiana sono radicate nella debole recezione dei due grandi pilastri ecclesiologici del Concilio
Vaticano II: la realtà della Chiesa come popolo Dio in cammino nella storia e la conseguente
ecclesiologia di comunione, che esalta la reciprocità e complementarietà delle diverse vocazioni nella
Chiesa.
Partendo da questa prospettiva è evidente che la partecipazione dei laici al carisma e alla missione
salesiana non è una generosa concessione che viene fatta loro da parte dei consacrati salesiani, e
neanche una strategia per la sopravvivenza. San Paolo insegna con chiarezza che i carismi sono doni
che lo Spirito distribuisce per l’utilità comune (1Cor 12); essi non sono una prerogativa di un certo
stato di vita, ma arricchiscono la vita della Chiesa nella diversità e complementarità delle sue
vocazioni.
Convinti che non c’è dignità più alta di quella che ci è stata conferita con il battesimo, così che
«ciascun battezzato è un soggetto attivo di evangelizzazione» e che «sarebbe inadeguato pensare ad
uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele
fosse solamente recettivo delle loro azioni» (Evangelii gaudium, n. 120), ci sentiamo chiamati –
salesiani, membri della Famiglia Salesiana, laici e giovani – a vivere, ognuno nella sua specificità, la
propria vocazione in vista dell’edificazione reciproca. Dove questa impostazione ecclesiologica è
accolta con gioia e sviluppata con convinzione i risultati sono ben visibili: la comunità educativo
pastorale fiorisce e diventa un’esperienza di Chiesa che vive la comunione e la missione in forma
attraente e feconda.
37. La “sinodalità missionaria” della Chiesa
La riscoperta della forma sinodale della Chiesa è stato uno dei punti qualificanti del recente Sinodo
sui giovani: «Il frutto di questo Sinodo, la scelta che lo Spirito ci ha ispirato attraverso l’ascolto e il
discernimento è di camminare con i giovani andando verso tutti per testimoniare l’amore di Dio.
Possiamo descrivere questo processo parlando di sinodalità per la missione, ovvero sinodalità

6.5 Page 55

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missionaria» (Documento finale del Sinodo, n. 118). I giovani, più che chiederci di fare qualcosa per
loro, ci hanno invitato a camminare con loro!
Papa Francesco è ancora più radicale quando dichiara che «il cammino della sinodalità è il cammino
che Dio si aspetta dalla Chiesa del III millennio» (cfr. Discorso per la commemorazione del 50°
anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). In coerenza con queste
affermazioni, la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi – tuttora in fase di
preparazione e che si svolgerà nel mese di ottobre del 2022 – avrà proprio come tema la sinodalità:
Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”.
Tali parole non possono lasciare indifferenti i nostri ambienti salesiani. Esigono invece conversione
del cuore e della mente, uniti ad una rinnovata disponibilità al cambiamento delle pratiche. Proprio
la pastorale giovanile – la quale «non può che essere sinodale» (Christus vivit, n. 206) – dovrebbe
avanzare senza indugio in questa direzione, aprendo nuove strade a beneficio di tutti. È sempre più
chiaro che solo uomini e donne di comunione costruiranno lo spirito di famiglia e condivideranno la
missione.
38. Reciprocità di relazioni, carisma dei laici e ruolo della comunità religiosa
Una buona identificazione con la propria vocazione e una conoscenza adeguata della vocazione degli
altri sono fondamentali per non ridurre la missione condivisa a collaborazione esecutiva. Salesiani
che vivono con gioia e freschezza la loro specifica chiamata sono capaci di una presenza animatrice
incisiva e fraterna e sanno offrire ai laici un sostegno affettivo ed effettivo nelle difficoltà che
incontrano. I laici che assumono con convinzione la loro chiamata battesimale alla testimonianza del
Vangelo sono liberi dal complesso di essere relegati a servizi pastorali di secondo grado. Insieme si
diventa “laboratorio ecclesiale” e un segno profetico di comunione per la Chiesa e la società.
Talvolta i giovani recepiscono meglio la testimonianza dei laici, perché essa è meno scontata e si
suppone che non parlino e agiscano per logica di appartenenza. La loro vocazione, ponendoli nel
cuore del mondo, li rende talora più adeguati a rispondere alle nuove domande culturali dei giovani.
In tal modo i laici parlano un linguaggio più adatto alle situazioni ordinarie della vita e spesso
posseggono specificità professionali che li rendono preziosi nella missione.
Il mutamento del ruolo della comunità religiosa dipenderà da diversi fattori ma, tra questi,
diventeranno sempre di più rilevanti: la disponibilità a rileggersi nei confronti dell’opzione
carismatica di fondo; la disposizione a mettere in questione il ruolo di gestore e responsabile unico
dell’opera di fronte alla corresponsabilità con i laici; la capacità di rileggere il significato della propria
presenza all’interno del contesto in cui si trova.
GESTIONE DELL’OPERA, VITA DELLA COMUNITÀ E NUCLEO ANIMATORE
39. Due modalità operative e centralità del nucleo animatore
La Congregazione riconosce oggi solo due modalità di rapporto tra comunità salesiana e opera. La
prima e più importante, che va considerata la norma di riferimento, è composta congiuntamente dalla
comunità salesiana e dai laici; la seconda è riferita ad “attività e opere gestite da laici all’interno del
progetto ispettoriale salesiano” (cfr. CG 24, n. 180-182).
Riteniamo che non esista più il modello – che prima del Concilio Vaticano II poteva essere ritenuto
valido – che prevede l’animazione dell’opera da parte di soli salesiani. Ribadiamo con forza che la
missione salesiana è strutturalmente comunitaria ed è affidata ad una comunità educativo pastorale e
al suo nucleo animatore, il quale sarà composto di salesiani e laici in modalità e proporzione differenti
e complementari: la missione che don Bosco ci ha consegnato non è mai un’azione individuale né
autoreferenziale!
In ciascuno di questi due modelli è centrale il “nucleo animatore” o “consiglio della comunità
educativo pastorale”, che è da considerarsi come il motore e il cuore di tutta la comunità educativo
pastorale, perché dalla sua qualificazione e dal suo corretto funzionamento dipende il buon
andamento dell’opera. Esso è un prezioso organo di animazione e la chiave per la vita dell’opera: si
tratta di «un gruppo di persone che si identifica con la missione, il sistema educativo e la spiritualità

6.6 Page 56

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salesiana e assume solidalmente il compito di convocare, motivare, coinvolgere tutti coloro che si
interessano di un’opera, per formare con essi la comunità educativa e realizzare un progetto di
evangelizzazione ed educazione dei giovani» (cfr. J.E. Vecchi in ACG 363, p. 8-9; Quadro di
riferimento della pastorale giovanile salesiana, V,1,3; Animazione e governo della comunità, n. 121-
122).
40. Opere affidate a salesiani e laici
Nelle opere affidate alla comunità religiosa e ai laici, la comunità è parte significativa del nucleo
animatore e punto di riferimento carismatico: «Un tale livello di condivisione dello spirito e della
missione di don Bosco con i laici segna una nuova fase nello sviluppo del nostro carisma. Da ciò
deriva la necessità per la comunità religiosa salesiana di riconsiderare e assumere pienamente il suo
ruolo, relativamente nuovo, all’interno della comunità educativo pastorale. […] Ciò comporta un
cambiamento radicale da una struttura piramidale dell’autorità̀ a uno stile più partecipativo, in cui le
relazioni e i processi personali sono della massima importanza» (Animazione e governo della
comunità, n. 124).
La forma concreta della relazione della comunità religiosa con l’opera nel suo insieme non può essere
ridotta a un unico modello (cfr. CG 26, n. 120). Per questo è necessario tener conto di alcuni fattori
determinanti: i diversi livelli di appartenenza e condivisione dello spirito e della missione salesiana;
i diversi gradi in cui si realizza la corresponsabilità; la tipologia di opera; la natura volontaria o
contrattuale della presenza dei laici. È infine da ricordare che «la precisa relazione tra la comunità̀
salesiana e l’opera, come anche la modalità̀ con cui l’autorità̀ del direttore viene esercitata, va
codificata nel progetto educativo pastorale salesiano ispettoriale e locale» (Animazione e governo
della comunità, n. 125).
41. Attività e opere gestite da laici all’interno del progetto ispettoriale salesiano
Il CG 24 poneva, 24 anni fa, questo secondo tipo di opera tra le “Situazioni particolari di novità” (cfr.
CG 24, capitolo III). Oggi possiamo affermare che quelle novità sono entrate a far parte del
patrimonio ordinario della Congregazione a livello mondiale, anche se con proporzioni, forme e
modalità assai diverse tra le regioni e le ispettorie.
È importante riaffermare le due condizioni essenziali per l’affidamento di un’opera ai laici: prima di
tutto vanno accertati criteri di identità, comunione e significatività salesiana; in secondo luogo va
garantito l’accompagnamento costante e qualificato dell’ispettore e del suo consiglio (cfr. CG 24, nn.
180-182; Quadro di riferimento della pastorale giovanile salesiana, VIII,2,2; Animazione e governo
della comunità, 126).
Tali condizioni vanno vagliate attentamente in sede di discernimento e di affidamento dell’opera ai
laici. Sono necessarie una scelta carismatica e una formazione adeguata specialmente per coloro che
rivestono ruoli apicali, come anche una rimunerazione e condizioni di lavoro eque e giuste. Infine
non è da dimenticare che questo cammino intrapreso con i laici, oltre ad essere accompagnato, va
costantemente verificato.
FORMAZIONE CONGIUNTA PER LA MISSIONE
42. Una priorità assoluta che impegna i diversi livelli di governo e animazione
La condivisione dello spirito salesiano e la crescita nella corresponsabilità richiedono la condivisione
di alcuni percorsi ed esperienze formative orientate alla spiritualità e alla missione, ovviamente senza
trascurare percorsi formativi specifici per consacrati salesiani e laici. La formazione congiunta nella
missione condivisa è una priorità assoluta e va indirizzata soprattutto ai membri del nucleo animatore
(cfr. Animazione e governo della comunità, nn. 106.122). I nostri collaboratori laici hanno bisogno
di sperimentare e conoscere da vicino don Bosco, e di riflettere su quanto si vive nelle nostre opere.
È compito dell’Ispettoria e della Regione offrire cammini formativi adeguati per salesiani e laici.
L’Ispettoria è chiamata ad elaborare un progetto di formazione congiunta a livello ispettoriale e
l’accompagnamento dei processi al livello locale, garantendo risorse adeguate di personale e mezzi.

6.7 Page 57

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A livello locale uno dei primi obiettivi che il direttore salesiano persegue insieme al Consiglio della
comunità salesiana e al nucleo animatore della comunità educativo pastorale è l’elaborazione di un
progetto formativo, che assicura un’attenzione specifica al tema.
L’esperienza conferma che è molto positivo affidare ad équipe miste, composte da salesiani e laici,
l’organizzazione delle diverse iniziative di formazione: i salesiani offrono la sapienza acquisita nella
formazione, nell’assistenza e nella spiritualità; a loro volta i laici offrono, oltre alle loro competenze
specifiche, i frutti del contatto con il mondo delle professioni, una maggiore attenzione alla vita
familiare, uno stile di semplicità e di amicizia nel rapporto con le donne e il senso evangelico della
vita quotidiana.
È bene infine ricordare che la formazione non avviene solo attraverso corsi accademici, ma soprattutto
a partire dall’esperienza del vivere e lavorare insieme, perché «il primo e miglior modo di formarsi e
formare alla condivisione e alla corresponsabilità è il corretto funzionamento della comunità
educativo pastorale» (CG 24, n. 43).
43. Formazione iniziale e permanente dei salesiani
«È importante sostenere che non veniamo formati per la missione, ma che veniamo formati nella
missione, a partire dalla quale ruota tutta la nostra vita, con le sue scelte e le sue priorità. La
formazione iniziale e quella permanente non possono essere un’istanza previa, parallela o separata
dell’identità e della sensibilità del discepolo. La missione inter gentes è la nostra scuola migliore: a
partire da essa preghiamo, riflettiamo, studiamo, riposiamo. Quando ci isoliamo o ci allontaniamo dal
popolo che siamo chiamati a servire, la nostra identità come consacrati comincia a sfigurarsi e a
diventare una caricatura». Queste forti affermazioni di Papa Francesco nel suo Messaggio al CG 28
ci dicono l’importanza di un radicale cambio di prospettiva nella formazione di tutti i confratelli, ed
in particolare di coloro che vivono la formazione iniziale: dobbiamo imparare sempre di più a
riflettere criticamente sull’esperienza pastorale che viviamo in mezzo ai giovani!
La formazione nella e per la missione condivisa deve toccare anche la formazione iniziale dei
salesiani, non solo come tema di studio ma anche attraverso le esperienze pastorali settimanali e
estive. L’esperienza di lavorare con e sotto la direzione di laici durante il tirocinio, come anche la
partecipazione al consiglio della comunità educativo pastorale, sono preziosi momenti di formazione,
specialmente se ben accompagnati dai membri del nucleo animatore, sia laici sia salesiani.
44. Collaboratori di altre religioni e convinzioni
Nei contesti secolarizzati e multireligiosi il nostro impegno educativo è condiviso da persone di
diverse religioni e convinzioni. Molte di loro sono anche inserite nel nucleo animatore della comunità
educativo pastorale. La loro formazione è una sfida delicata, che richiede saggezza, coraggio e
creatività. La dottrina della Chiesa insegna che la rivelazione di Dio in Cristo, pur superando in modo
sorprendente la sapienza umana e l’esperienza di altre tradizioni religiose, porta a compimento i germi
di verità che esse contengono e invita in molti modi a impegnarsi nel dialogo interreligioso. Per questo
è possibile individuare dei valori comuni che pongano le basi per una formazione differenziata,
inculturata e contestualizzata senza venire meno all’originalità della fede cristiana.
Il CG 24 aveva già dedicato una ricca riflessione su questo tema (cfr. CG 24, n. 113,183-186),
individuando due elementi fondamentali che costituiscono la base per collaborare con persone di altre
tradizioni e convinzioni: prima di tutto la condivisione del Sistema Preventivo (nei suoi valori umani
e laicali con chi non crede in Dio; nei valori religiosi con quelli che accettano Dio o il Trascendente;
nel Vangelo di Cristo con cristiani di altre chiese e comunità ecclesiali); in secondo luogo l’apertura
alla ricerca di Dio, da parte di coloro che non professano una fede (cfr. CG24, n. 185.100). Poiché
“la missione giovanile ci porta verso una educazione che è insieme evangelizzazione”, il CG 24 aveva
anche riconosciuto che posizioni ostili alla Chiesa cattolica come si trovano in alcune ideologie, sette
o movimenti, invece, sono incompatibili con la nostra missione (cfr. CG24, n. 185).
Dopo l’esperienza di questi decenni sarebbe utile una verifica dell’attuazione di questi criteri e degli
esiti concreti che ne conseguono in ordine alla educazione e alla evangelizzazione, in modo da mettere
in risalto le buone pratiche da potenziare e i rischi da evitare. Certamente la condizione fondamentale

6.8 Page 58

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è la presenza consistente di salesiani e, dove possibile, di laici cristiani che vivono la loro identità
vocazionale con gioia e autenticità (CG 24, nn. 183-185; Animazione e governo della comunità, n.
135), senza nascondere ciò che costituisce il cuore e la motivazione di fondo della loro vita.
Altrettanto importante è il clima di rispetto, pazienza, accoglienza e amicizia, che evita tanto
l’imposizione di valori e convinzioni quanto la paura di toccare temi che qualificano la nostra identità.
Siamo convinti di poter condividere con tutti gli uomini di buona volontà che desiderano partecipare
alla missione salesiana la paterna amorevolezza di don Bosco, la ragionevolezza insita nel suo sistema
educativo e la fiducia nelle risorse dei giovani, la scelta privilegiata dei più poveri e l’impegno per
una cultura dell’accoglienza che non conosce limiti di razza, colore, nazione, cultura e religione.
SCEGLIERE
45. Chiesa sinodale, missione condivisa e comunità educativo pastorale
Assumiamo con decisione la missione condivisa tra salesiani e laici, valorizzando la reciprocità
delle vocazioni.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Da una missione affidata ai “ruoli personali” dei consacrati alla consapevolezza dell’ecclesiologia
di comunione e alla riscoperta del ruolo del laicato.
b) Dal guardare ai laici come semplici “collaboratori” per una migliore attuazione del lavoro
apostolico a considerare la corresponsabilità laicale come criterio carismatico fondante.
c) Dal guardare ai giovani come meri destinatari dei nostri interventi educativi al sentirli
corresponsabili dell’unica missione.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) I settori per la formazione e per la pastorale giovanile favoriscono la stesura di alcune linee guida
per l’animazione ed accompagnamento della comunità educativo pastorale, sulla base delle
“buone pratiche” della Congregazione.
e) Le ispettorie hanno particolare attenzione a rafforzare la comprensione della comunità educativo
pastorale, curano la formazione dei suoi membri e la preparazione del progetto educativo
pastorale salesiano, verificano periodicamente il cammino fatto.
f) Le ispettorie affidano gradualmente ruoli di responsabilità istituzionale ai laici carismaticamente
fondati e professionalmente preparati, a livello locale e ispettoriale, coinvolgendoli nella
progettazione pastorale e nella gestione economica.
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
g) Le ispettorie studiano e definiscono i modelli di gestione per i vari tipi di compiti affidati ai laici
all’interno di un progetto ispettoriale (Piano Organico Ispettoriale, Progetto Educativo Pastorale
Salesiano Ispettoriale, Direttorio ispettoriale), con particolare riferimento alle mansioni, alle
nomine, alla giusta rimunerazione economica, alla durata delle cariche ed agli organi decisionali.
h) Le ispettorie svolgono un serio accompagnamento delle opere di gestione laicale attraverso la
presenza dell’Ispettore e dell’équipe di animazione ispettoriale, e redigono a tal proposito uno
statuto.
i) Le ispettorie coinvolgono i gruppi della Famiglia Salesiana nel piano di ridisegno delle presenze
salesiane, predisponendo esperienze di collaborazione a favore dei più poveri.
46. Formazione congiunta per la missione
Assicuriamo spazi e tempi di formazione congiunta e condivisione di vita tra salesiani e laici per

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un migliore servizio educativo pastorale ai giovani.
ATTEGGIAMENTI E MENTALITÀ DA CONVERTIRE
a) Da una formazione congiunta sporadica e occasionale a una formazione più sistematica, che miri
a integrare tutti gli aspetti della missione salesiana (spirituale, pedagogica, pastorale e
professionale).
b) Da una formazione impartita solo da parte dei consacrati a una formazione progettata e realizzata
insieme con i laici.
c) Da una mentalità autosufficiente alla reale esperienza della necessità della formazione congiunta.
PROCESSI DA ATTIVARE
d) I settori per la formazione e per la pastorale giovanile promuovono una riflessione a livello
regionale per una rinnovata comprensione e valorizzazione della formazione congiunta
nell’orizzonte della missione condivisa.
e) Il settore delle missioni coordina una riflessione per approfondire le condizioni necessarie per la
partecipazione di laici collaboratori di altre religioni e convinzioni alla missione salesiana,
proponendo cammini di formazione idonei e differenziati, centrati sui pilastri del sistema
preventivo.
f) Le ispettorie investono nella formazione congiunta – anche nella formazione iniziale – con l’aiuto
delle strutture regionali di formazione permanente ed assicurando il sostegno economico per
favorire la partecipazione dei laici.
CONDIZIONI STRUTTURALI DA GARANTIRE
g) Le ispettorie elaborano il progetto di formazione congiunta che distingue i livelli di formazione,
i contenuti, i destinatari e i soggetti attraverso itinerari di formazione diversificati (umana,
spirituale, salesiana e professionale).
h) La comunità locale realizza processi di formazione per salesiani e laici capaci di condividere vita
spirituale e fraterna oltre all’azione educativo-pastorale.
i) La comunità locale intraprende cammini di costruzione della comunità educativo pastorale e dei
consigli della comunità educativo pastorale come nucleo di animazione e spazio efficace per
avviare esperienze sistematiche di spiritualità, di comunione e di servizio con i laici e con i
giovani.

6.10 Page 60

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DELIBERAZIONI DEL CG28

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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MODIFICHE DELLE COSTITUZIONI54
1. Elezione del Rettor Maggiore (Cost. 128)
Il Rettor Maggiore viene eletto dal Capitolo generale per un periodo di sei anni e può essere eletto
soltanto per un secondo sessennio. Non può dimettersi dalla sua carica senza il consenso della Sede
Apostolica.
2. Elezione Vicario del Rettor Maggiore e Consiglieri generali (Cost. 142 §1)
Il Vicario del Rettor Maggiore dura in carica sei anni e può essere eletto nel medesimo incarico
soltanto per un secondo sessennio.
Al termine del primo sessennio, il Vicario del Rettor Maggiore può essere eletto Consigliere generale
o Rettor Maggiore.
Al termine del secondo sessennio, egli può essere eletto soltanto Rettor Maggiore.
I Consiglieri generali durano in carica sei anni. Possono essere eletti nel medesimo incarico o ad altro
incarico, come Consiglieri generali, soltanto per un secondo sessennio.
Al termine del primo o del secondo sessennio, i Consiglieri generali possono essere eletti Vicario del
Rettor Maggiore o Rettor Maggiore.
54 Le seguenti modifiche agli articoli delle Costituzioni sono state presentate al Santo Padre per l’approvazione mediante
la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Esse sono state approvate dal Santo
Padre in data 7 marzo 2020 (Prot. n. T. 9-1/2002).

7.2 Page 62

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MODIFICHE DEI REGOLAMENTI
3. Compiti del Consigliere regionale (Reg. 135)
I consiglieri regionali si mantengano in contatto con le singole ispettorie: devono visitarle
periodicamente, riunendo i Consigli ispettoriali. D’accordo con gli ispettori, possono incontrare i
direttori e altri gruppi di confratelli e laici per suggerire ciò che ritengono più opportuno per il bene
della Congregazione e per un miglior servizio dell’ispettoria e della Chiesa particolare.
Essi abbiano almeno un incontro annuale con tutti gli ispettori della Regione e mantengano i
collegamenti con gli organismi della Regione, le comunità formatrici e le Conferenze ispettoriali.
4. Uso del sistema informatico nelle votazioni elettive (Reg. 131)
La procedura di elezione si realizza mediante il sistema informatico (intranet). Per essa è a
disposizione di tutti i capitolari l’accesso alla scheda anagrafica dei singoli soci che possono essere
eletti. I capitolari esprimono il proprio voto selezionando il cognome del socio per il quale intendono
esprimere la preferenza,
Qualora si riscontrasse un malfunzionamento tecnico del sistema, si ricorre alla procedura di elezione
mediante scheda cartacea.
Gli scrutatori verificheranno che il numero dei voti corrisponda a quello degli elettori. Se il numero
dei voti supera quello degli elettori, la votazione è nulla; se invece vi corrisponde o è inferiore, se ne
faccia lo scrutinio. I segretari scriveranno nel verbale i nomi. letti da uno scrutatore.

7.3 Page 63

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DELIBERAZIONE
5. Modalità di svolgimento della visita straordinaria (Reg. 104)
Il Rettor Maggiore ed il Consiglio generale, all’inizio del sessennio, prevedano i tempi e le modalità
di svolgimento delle visite straordinarie in ciascuna regione, valorizzando le possibilità offerte
dall’art. 104 dei Regolamenti generali, in modo da garantire, in ogni caso,
- la possibilità del colloquio personale di ciascun confratello con il delegato del Rettor Maggiore;
- la conoscenza delle situazioni locali, in cui si svolge la nostra missione;
- l’effettivo esercizio dei poteri di giurisdizione richiesti dalla natura della visita;
- la presenza del Regionale almeno in alcuni momenti durante la visita, se fatta da un altro visitatore;
- la comunicazione tra il visitatore e il Regionale per assicurare l’ulteriore accompagnamento da
parte del Regionale dopo la visita;
- tempi adeguati affinché il Consigliere regionale possa svolgere i compiti propri del suo ufficio a
servizio della regione e delle singole ispettorie (Cost. 140 e 154; Reg. 135-137).

7.4 Page 64

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ALLEGATI

7.5 Page 65

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DISCORSO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
ALL’APERTURA DEL CG28
Saluto agli invitati
Eminenza Reverendissima,
Card. João Braz de Aviz
Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica
Eminenze Reverendissime
Card. Tarcisio Bertone
Card. Riccardo Ezzati
Card. Oscar Andres Rodriguez Maradiaga
Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi salesiani,
Carissima Madre Yvonne Reungoat, Superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice,
Gentilissimi Responsabili dei vari Gruppi della Famiglia Salesiana
Stimatissime Autorità civili della Città di Torino e della Regione Piemonte,
a nome di tutti i membri del Capitolo generale vi ringrazio per la presenza e la vostra disponibilità
con la quale avete voluto significativamente accompagnare il giorno dell’inizio ufficiale del Capitolo
generale 28 della Società di San Francesco di Sales (Salesiani di Don Bosco).
Sentirci accompagnati dalla presenza di ognuno di voi ci onora e ci parla, allo stesso tempo, della
responsabilità che abbiamo di fronte alla Chiesa e di fronte a tutta la Famiglia Salesiana di Don Bosco,
e in particolar modo davanti alla Congregazione Salesiana. Tutto ciò ci incoraggia ad iniziare questo
compito con uno sguardo profetico e pieno di speranza.
Allo stesso tempo estendo il benvenuto, in modo ufficiale, a tutti i confratelli salesiani qui presenti,
provenienti dalle novanta circoscrizioni giuridiche della Congregazione: ispettori e superiori canonici
delle Visitatorie, delegati ispettoriali, salesiani osservatori e invitati. La presenza di tutti voi è
importante. Di fatto conosciamo e siamo consapevoli, alla luce della visione di fede che ciascuno di
noi ha nel profondo del proprio cuore, di un fatto: il Signore che ci ha riunito qui attraverso le
“misteriose” vie della sua Provvidenza.
Durante il primo Capitolo generale della nostra Congregazione, al quale farò riferimento nel punto
successivo, Don Bosco comincia dicendo: «Noi intraprendiamo cosa della massima importanza per
la nostra Congregazione»55... Ebbene, anche noi siamo stati chiamati per un compito molto speciale
e importante a favore della nostra Congregazione. Oggi come ieri ciò che diventerà il frutto del nostro
CG28 sarà di grande importanza. Indubbiamente, la buona disposizione di ognuno sarà decisiva per
i frutti di questa Assemblea capitolare.
1. Il CG28 della Società di San Francesco di Sales
55 MB XIII, 250.

7.6 Page 66

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Il nostro padre Don Bosco convocò il primo Capitolo generale il 5 settembre 1877 a Lanzo Torinese.
I partecipanti furono ventitré e il Capitolo durò tre giorni interi. Seguirono altri capitoli generali, come
ben sappiamo. Alcuni qui a Valdocco. Oggi, sessantadue anni dopo l’ultimo capitolo generale
celebrato a Valdocco, culla del nostro carisma, torniamo, con grande fede nel Signore e nel suo Santo
Spirito che continua ad assistere la nostra Congregazione e la Famiglia Salesiana. Presi per mano
dalla nostra Madre Ausiliatrice, che «continua a fare tutto», Don Bosco ci rivolge un appello che qui,
in questo santo luogo salesiano, risuona in modo significativo e con un forte contenuto emotivo.
All’apertura di quel primo Capitolo generale Don Bosco disse ai nostri confratelli: «Il Divin Salvatore
dice nel santo Vangelo che dove sono due o tre congregati nel suo nome, ivi si trova Egli stesso in
mezzo a loro. Noi non abbiamo altro fine in queste radunanze che la maggior gloria di Dio e la
salvezza delle anime redente dal prezioso Sangue di Gesù Cristo. Possiamo dunque essere certi che
il Signore si troverà in mezzo a noi e condurrà Egli le cose in modo che tutte ridondino a sua maggior
gloria»56.
Con la medesima convinzione e con lo stesso sguardo di fede con il quale ho voluto sottolineare
l’ultima espressione di Don Bosco, scrivendola in corsivo, vogliamo e dobbiamo affrontare
l’importante compito che l’intera Congregazione ci affida in questo CG28.
Leggiamo nelle nostre Costituzioni: «Il Capitolo generale è il principale segno dell’unità della
Congregazione nella sua diversità. È l’incontro fraterno nel quale i salesiani compiono una riflessione
comunitaria per mantenersi fedeli al Vangelo e al carisma del Fondatore e sensibili ai bisogni dei
tempi e dei luoghi.
Per mezzo del Capitolo generale l’intera Società, lasciandosi guidare dallo Spirito del Signore, cerca
di conoscere, in un determinato momento della storia, la volontà di Dio per un miglior servizio alla
Chiesa»57.
Sono profondamente convinto che sarà un tempo durante il quale lo Spirito del Signore ci guiderà e
farà sentire la Sua presenza, come Dio solo sa fare, per sostenerci in questo nostro desiderio di essere
sempre più fedeli a Gesù Cristo nel cammino tracciato da Don Bosco.
1.1. Con la responsabilità di guidare e animare un carisma della Chiesa, per la Chiesa
e per il mondo, suscitato dallo Spirito
Prima di fare riferimento al Capitolo generale, mi permetto di indicare alcuni elementi che potrebbero
essere dati per ovvi, ma che, senza dubbio, sono essenziali e di grande importanza. Il primo di questi
è stato appena annunciato.
Abbiamo una grande responsabilità: il carisma di prenderci cura dei giovani con tutti i mezzi a nostra
disposizione, non è nostra esclusiva proprietà, non ci appartiene perché è dono dello Spirito Santo
per la Chiesa e per il mondo. E tuttavia, come salesiani di Don Bosco, ci chiede la massima cura e la
massima fedeltà. Poco fa ho ricordato l’articolo delle nostre Costituzioni nel quale si dice che il
Capitolo generale deve spingerci a scoprire e riconoscere la volontà di Dio in questo momento storico
e così servire meglio la Chiesa. Il nostro lavoro di riflessione, di studio e di confronto, in un clima di
ricerca e di discernimento, non ha altro scopo se non quello di tentare di discernere la volontà di Dio
per noi oggi, davanti alla grande domanda su come possiamo essere autentici consacrati oggi e su
come possiamo essere quei Salesiani che Don Bosco stesso vorrebbe che fossimo per i giovani di
oggi e di quelli che verranno domani.
Non ho dubbi sul fatto che portiamo nel nostro cuore il profondo desiderio di continuare a compiere
i passi necessari affinché il carisma salesiano sia ricco della forza del Vangelo. Non ho dubbi che
abbiamo nel cuore il desiderio di essere coraggiosi e molto liberi per cercare ciò che ci conduce
attraverso il cammino della fedeltà. Non ho nessun dubbio che la prudenza con cui affrontiamo così
56 MB XIII, 251.
57 Cost. 146.

7.7 Page 67

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tante cose sia molto lontana – e deve continuare ad esserlo – dalle paure che paralizzano e dai vincoli
che non hanno nulla a che fare con l’annuncio del Vangelo e con l’educazione alla fede dei giovani,
né con la loro preparazione per la vita e la loro felicità. Non dimentichiamo che le paure e i vincoli
personali e istituzionali uccidono la fedeltà e impediscono al carisma di essere sempre lo stesso e
sempre vivo, anche con il passare dei decenni e dei secoli.
1.2. Con la responsabilità di guidare la comunione e l’unità di vita nella nostra
Congregazione
Una delle grazie che il Signore ci ha concesso abbondantemente in questo sessennio è stata – come
vedremo nella relazione sullo stato della Congregazione – quella di una grande comunione e unità, al
di là delle naturali difficoltà caratteristiche di ciascun gruppo umano, e più ancora per una
Congregazione numerosa come la nostra. Stiamo crescendo nell’unità – non nella uniformità – e nella
comunione. E questo è un dono e un grande valore che debbono essere custoditi oggi e sempre.
Per questa ragione il Capitolo generale deve essere la testimonianza di questa piena comunione di
spirito e di missione. Le differenze di culture e di contesti, di nazionalità e di linguaggi sono una
ricchezza e un’opportunità per un carisma che ha esteso le proprie radici oggi in centotretaquattro
nazioni.
È davvero illuminante vedere come il nostro Padre volesse che questa unità fosse solidissima.
Celebrando il primo Capitolo generale, Don Bosco disse ai capitolari: «Noi siamo ancora nei nostri
principii; il nostro numero non è ancora straordinariamente grande e finora l’Oratorio è stato centro
per tutti [...] ma andando avanti, se non si studia ogni modo di rannodare questo vincolo, in breve
entrerà uno studio eterogeneo e non vi sarà più assoluta unità fra noi»58.
Fortunatamente e per grazia di Dio non è accaduto questo, bensì il contrario. La ricerca dell’unità e
della comunione continua a crescere e a consolidarsi, poiché uno solo è il carisma, uno solo il nostro
santo Fondatore e uno solo il nostro stato di vita, una sola la nostra regola di vita: le Costituzioni e i
Regolamenti dei Salesiani di Don Bosco.
1.3. Per occuparci degli interessi di Dio
Mi permetto di prendere letteralmente l’espressione di don Luigi Ricceri, Rettor Maggiore, nel
discorso di apertura del Capitolo generale speciale 20°, perché riflette in modo splendidto la chiara e
profonda consapevolezza che dovremmo avere sulla natura del nostro compito. Tutti i capitoli
generali sono importanti. Tutti aiutano a percorrere il cammino di fedeltà nel tempo. Tutti ci spingono
aventi con coraggio. Tutti aprono un cammino o consolidano quello già esistente. E allo stesso tempo,
in tutti loro lo sguardo di fede deve essere il più importante.
Lo propongo e lo chiedo in modo del tutto speciale per il nostro CG28, specialmente per la tematica
che ci occuperà e per il frutto delle nostre decisioni. Sono convinto che il compito che ci è affidato
come uomini di fede che amano la Chiesa e la Congregazione ci aiuterà a concentrarci attorno al
profilo del salesiano del quale, nella fedeltà alle Costituzioni, il mondo di oggi e i giovani di oggi
continuano ad aver bisogno. E sono convinto ciò che sarà di grande importanza nella formazione
permanente di tutti i salesiani e in particolare nella formazione iniziale dei giovani salesiani che oggi
vogliono essere come Don Bosco.
Per questa ragione dobbiamo essere molto liberi, coraggiosi, avere uno sguardo di fede e il cuore
attento a percepire con la massima delicatezza la voce dello Spirito Santo.
«La nostra non è un’assemblea di azionisti di una industria, non è un’assemblea politica con le fazioni
dai contrastanti interessi economici, di prestigio, di ambizioni. Noi siamo qui Chiesa, meglio,
assemblea di uomini consacrati, riuniti nel nome del Signore, votati totalmente a un ideale
sovrannaturale: noi sentiamo di essere uomini di fede, le cui preoccupazioni hanno le loro radici nella
fede e la cui attività, anche questa in atto, è tutta illuminata, ravvivata e motivata dalla fede. Siamo
58 MB XIII, 286.

7.8 Page 68

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qui infatti non per interessi in qualsiasi modo umano, ma per gli interessi di Dio, del suo Regno, della
sua Chiesa»59.
Pensando al frutto del nostro Capitolo generale, ciò che ho appena citato risulta decisivo: ciò che non
conduce all’incontro con Dio nella persona del suo Figlio Gesù Cristo non viene da Dio e non ci
servirà. Ciò che non ci rende più fedeli al carisma e allo stesso Don Bosco, il nostro Fondatore, è
destinato al fallimento anche se i miraggi del momento sembrano annunciare qualcos’altro. Non
siamo una Congregazione con molti secoli di vita; ma non siamo neppure gli ultimi arrivati e i 160
anni di storia ci hanno già insegnato molto. Solo lasciandosi guidare allo Spirito di Dio la
Congregazione trova il modo di dare la risposta migliore qui ed ora. Solo uno sguardo libero e lucido
di fronte a mentalità fortemente secolarizzate ed edoniste permette un cammino sicuro. Altri tentativi,
prima o poi falliscono, logorano e fanno languire quell’ideale di vita che portò alla fondamentale
decisione del giovane Cagliero: «Frate o non frate, sto con Don Bosco».
2. Tema e obiettivo del CG28
Tutti i presenti, inclusi i nostri invitati che tanto ci onorano con la loro presenza, conoscono il tema
del Capitolo generale che oggi dichiariamo ufficialmente aperto: «Quali Salesiani per i giovani di
oggi?».
Il tema risponde all’urgenza che abbiamo di concentrare la nostra attenzione, in questo momento della
nostra storia, sulla persona del salesiano che come uomo di Dio, consacrato e apostolo, deve essere
capace di sintonizzarsi il meglio possibile con gli adolescenti e i giovani di oggi e con il loro mondo
allo scopo di camminare con loro, nell’educazione e formazione alla fede, aiutandoli ad essere buoni
credenti – considerando che molte volte professano altre religioni – e preparandoli per la vita,
accompagnandoli nella ricerca di senso e all’incontro con Dio.
E siamo consapevoli di non essere solo noi, Salesiani di Don Bosco, ad avere la responsabilità di
questa missione. Infatti, la realizziamo contando su numerose altre forze di educatori ed educatrici,
dei tanti laici di tutte le presenze del mondo salesiano.
Il tema che ci occuperà in queste sette settimane è unico e articolato in tre nuclei:
- La priorità della missione salesiana tra i giovani di oggi
- Il profilo del salesiano per i giovani di oggi
- Insieme ai laici, nella missione e nella formazione.
Il mondo nel quale viviamo in questo XXI secolo, caratterizzato dalla diversità delle culture e dei
contesti, ha bisogno – e possiamo dire che si aspetta – di incontrare Salesiani consacrati-apostoli
preparati e disposti a vivere la propria vita con la mente e il cuore di Don Bosco. Salesiani capaci di
continuare a donare la vita per i giovani del mondo di oggi, con i loro linguaggi, le loro visioni e i
loro interessi. Senza dubbio molti di questi adolescenti e giovani si trovano nelle case salesiane,
mentre molti altri frequentano “altri cortili”: siamo salesiani anche per loro.
Penso che continui a risuonare con grande forza, ed è un appello molto attuale, ciò che papa Francesco
ci ha detto il 21 giugno 2015, anno del bicentenario della nascita di Don Bosco, in questo stesso luogo
santo salesiano che è Valdocco. Ci ha chiesto di non deludere le profonde aspirazioni dei giovani,
non deludere le aspirazioni profonde dei giovani: il bisogno di vita, apertura, gioia, libertà, futuro; il
desiderio di collaborare alla costruzione di un mondo più giusto e fraterno, allo sviluppo per tutti i
popoli, alla tutela della natura e degli ambienti di vita... Il Papa ci chiede di aiutare i giovani a
59 CGS20, Discorso del Rettor Maggiore in apertura del Capitolo Generale Speciale, Roma 1971, 554.

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sperimentare che solo nella vita di grazia, cioè nell’amicizia con Cristo, si attuano in pieno gli ideali
più autentici60.
Quanto proposto al Capitolo generale come sfida per l’intera Congregazione, speriamo di realizzarlo
nell’unico modo possibile e valido, come ho già detto e sottolineo nuovamente: nel cammino della
fedeltà al Signore e a Don Bosco e nella fedeltà ai giovani. Molti di questi giovani, con maggiore o
minore consapevolezza, chiedono di non essere abbandonati al loro destino, un destino incerto, come
naufraghi, per la nostra incapacità di essere educatori, amici, fratelli e padri – come, invece, fu Don
Bosco per i giovani del suo tempo – in grado di percepire le loro necessità o di ascoltare la loro
chiamata.
Per questa ragione la riflessione capitolare deve concentrarsi sui seguenti elementi.
2.1. Dare l’assoluto primato alla missione salesiana con i giovani di oggi, e tra loro
dando la priorità ai più bisognosi, ai più poveri e abbandonati. Una predilezione per gli adolescenti e
i giovani di oggi che in un certo senso sono, senza dubbio, differenti da quelli di dieci anni fa; come
differenti sono i contesti sociali ed educativi nei quali vivono e che per tale ragione condizionano
oggettivamente la nostra missione. Sappiamo bene che parlando di questa predilezione per i giovani
ci stiamo riferendo a qualcosa di essenziale e di costitutivo della nostra identità carismatica.
Citando il testo della lettera di convocazione al CG28 ricordo all’assemblea capitolare questa priorità:
«Il nuovo Capitolo generale sarà un’opportunità per discernere attentamente e per verificare con
coraggio se le nostre presenze, le nostre opere e le nostre attività sono al servizio dei giovani più
poveri; se essi occupano il nostro cuore e sono al centro delle nostre preoccupazioni e dei nostri
interessi; se concentriamo le nostre energie e sforzi per loro»61.
2.2. Attenti con la medesima priorità al profilo del salesiano di oggi
Ciò che ci viene chiesto e che ci sia aspetta da noi Salesiani sarà possibile solo se saremo in grado,
come ho detto nel mio commento alla Strenna che ho offerto alla Famiglia Salesiana, di essere “come
Don Bosco, con i giovani e per i giovani”. Per questo una parte decisiva della nostra riflessione e
delle nostre delibere capitolari dovrà prestare particolare attenzione alla persona del salesiano e alla
nostra formazione, sia iniziale sia permanente.
Con Don Bosco come modello,
- dire salesiano oggi dovrebbe essere lo stesso che dire uomo consacrato di fede profonda
- dire salesiano oggi dovrebbe essere lo stesso che dire passione apostolica per i giovani
- dire oggi salesiano dovrebbe essere lo stesso che dire figlio di Dio che sa di essere e si sente padre
dei giovani
- dire oggi salesiano dovrebbe essere lo stesso che dire identità carismatica di ognuno che
arricchisce la Chiesa del carisma di Don Bosco e crea la comunione ecclesiale
- dire salesiano oggi dovrebbe essere lo stesso che dire apostolo dei giovani sempre fedele, sempre
flessibile e creativo
- dire salesiano oggi dovrebbe essere lo stesso che dire sempre educatore, sempre amico dei
giovani.
2.2.1. Un profilo di salesiano che non si improvvisa ma che si forma
È questo uno dei motivi che ci ha portato a vedere l’importanza di questo tema capitolare. La
vocazione di ciascuno di noi è risposta a una chiamata; una chiamata di amore e di grazia che
riceviamo con gratitudine e stupore, non come diritto o merito. È una chiamata personale in un
60 Cf. FRANCESCO, Come Don Bosco con i giovani e per i giovani. Lettera di Papa Francesco al Rettor Maggiore dei
Salesiani, LEV, Citta del Vaticano, 2015, 9.
61 ACG 427 (2018), 11.

7.10 Page 70

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momento concreto della storia di ciascuna persona, nella trama del tempo e spesso con molteplici
mediazioni, o anche solo di una; è una chiamata in un determinato contesto familiare, sociale,
religioso, culturale; è una chiamata che giunge nel mondo di ciascuno, con la propria diversità e,
forse, complessità.
E in contesti e condizioni così diversi, ognuno di noi deve compiere un percorso che ci condurrà,
nella sequela del Signore Gesù, a plasmare il nostro cuore e la nostra personalità in modo tale da
avere in noi stessi lo stesso cuore pastorale di Don Bosco, a imitazione di Gesù Buon Pastore, e con
il desiderio di donarci generosamente agli altri, in particolare ai giovani. Senza vivere in un
genericismo, che sarebbe preoccupante e pericoloso, ma come consacrati, salesiani di Don Bosco
nella Chiesa per i giovani.
Ecco perché affermo con profonda convinzione che il profilo che deve avere il salesiano non può
essere frutto dell’improvvisazione, ma deve passare attraverso le mediazioni delle diverse tappe
formative, con le loro esperienze, i tempi e le persone.
2.2.2. Con l’aiuto di équipe formative di qualità e con processi personalizzati
Sappiamo bene che questo cammino non si può percorrere senza l’aiuto delle mediazioni.
Frequentemente queste mediazioni sono molte e diversificate. Immagino che la nostra riflessione
capitolare prenderà coscienza del modo in cui, avendo presente il profilo del salesiano di oggi, diventa
più importante che mai contare su un autentico discernimento e accompagnamento. E per questo il
ruolo della comunità o delle comunità salesiane locali, il ruolo dei laici delle comunità educative
pastorali e quello dei confratelli dell’Ispettoria saranno di fondamentale importanza.
La riflessione e la comprensione della nostra realtà formativa nel mondo attuale ci condurranno,
durante i lavori del nostro Capitolo, a chiederci di quale rinnovamento formativo abbiamo bisogno,
dal momento che i giovani salesiani di oggi, sono tutti “nativi digitali”, provenendo da contesti
culturali forse molto diversi dal nostro, e certamente molto diversi dal contesto formativo nel quale è
vissuto chi vi sta parlando. Professiamo le stesse Costituzioni salesiane, ma nelle nazioni, nelle
culture, nei linguaggi e in contesti molto differenti. Tutto ciò deve portarci a pensare a processi
formativi personalizzati che, forse, sono l’unica garanzia di un buon cammino vocazionale con
prospettiva di futuro.
A ciò si collega, evidentemente, la necessità di continuare ad avere le migliori équipe formative;
équipe consolidate e stabili, non improvvisate ma composte da persone preparate per questo specifico
servizio.
2.3. Insieme ai laici nella missione e nella formazione
Tutti abbiamo presente il tema del CG24: «Salesiani e Laici. Comunione e condivisione dello spirito
e della missione di Don Bosco» del 1996. Dopo molti anni di questo cammino nella missione
condivisa nelle comunità educativo pastorali, come Congregazione sentiamo la necessità di compiere
una verifica della strada percorsa, dei risultati e delle resistenze che si sono incontrati.
Crediamo certamente che la missione condivisa con i laici è una via per la scoperta dell’identità
carismatica, particolarmente chiarita dal CG24, e che oggi si manifesta come l’unico modo possibile
di portare avanti la missione salesiana nella complessità del nostro mondo, nella diversità e
complessità di tante situazioni nazionali e culturali, e nella molteplicità dei contesti.
Intuisco che su questa parte così importante della riflessione che ci attende, e che va di pari passo con
la riflessione sul profilo del salesiano del quale c’è bisogno oggi e che i giovani si aspettano – insieme
ai laici che condividono una missione con noi – il Capitolo prenderà forse in considerazione alcuni
di questi punti sui quali spingere il nostro discernimento:

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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a) realizzazioni e resistenze nella missione condivisa con i laici;
b) necessaria reciprocità nelle relazioni tra salesiani e laici
c) formazione congiunta di salesiani e di laici
d) le nuove situazioni nelle realtà di oggi, ventiquattro anni dopo il CG24, e gli orientamenti e i
criteri che dobbiamo considerare.
3. L’“ora” del Capitolo Generale 28°
Confratelli Capitolari, in questi mesi non ho nascosto la speranza con cui aspetto la celebrazione di
questo nostro Capitolo Generale, poiché credo che sarà molto significativo e di grande rilevanza.
Tutti i precedenti lo sono stati. Penso sarà lo stesso per il CG28. Come ho affermato anche nella
lettera di convocazione: «saremo chiamati a discernere con realismo, coraggio e determinazione,
l’orientamento del cammino da percorrere in questo XXI secolo, in un momento ecclesiale molto
speciale di rinnovamento e purificazione»62.
- Siamo chiamati a dare il primato e la centralità nelle nostre decisioni e delibere a ciò che si
riferisce alla missione salesiana a favore dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani più poveri e
bisognosi, gli ultimi, coloro che spesso sono ignorati o scartati.
- Siamo chiamati a vivere in un permanente atteggiamento di formazione, di apertura alle realtà
che sempre cambiano, a fare tutto il possibile, a qualsiasi età, per non smettere di essere per e con
i giovani.
- Siamo chiamati ad accompagnare la formazione dei giovani salesiani di oggi e di domani affinché
siano autentici consacrati, appassionati di Cristo e di questa umanità che spesso soffre,
desiderando di essere oggi, con la semplicità e la generosità della loro consegna, degli “altri Don
Bosco”.
- Siamo chiamati ad avere una visione e un cuore grande per valorizzare tutto il potenziale
apostolico che, come salesiani e laici insieme, abbiamo. Siamo chiamati ad analizzare e
diagnosticare e ad essere coraggiosi nelle decisioni che dobbiamo prendere per sviluppare
pienamente la visione profetica che la Congregazione ha avuto per anni, chiamandoci a percorrere
insieme un cammino a favore della missione, del servizio rivolto a coloro per i quali siamo nati
carismaticamente.
CONCLUSIONE
Concludo la presentazione di queste sfide che ci occuperanno con un ultimo riferimento a Don Bosco
e alla nostra Madre Ausiliatrice.
Il nostro Fondatore, consapevole del fatto che non tutto sarebbe finito con lui, ma che sicuramente
quello sarebbe stato solo l’inizio di una lunga strada da percorrere, disse un giorno dell’anno 1875 a
Don Giulio Barberis, uno dei suoi stretti collaboratori: «Voi compirete l’opera, che io incomincio; io
abbozzo, voi stenderete i colori [...] Io faccio la brutta copia della Congregazione e lascerò a coloro
che mi vengono dopo di fare poi la bella»63.
62 ACG 427 (2018), 31.
63 MB XI, 309.

8.2 Page 72

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Penso che con il CG28 che oggi incominciamo ripuliremo altre parti dello schizzo che Don Bosco ci
ha lasciato, poiché lo Spirito Santo continua a illuminarci anche oggi per essere fedeli al Signore Gesù
nella fedeltà al carisma delle origini, con i volti e la musica e i colori di oggi.
In questa missione non siamo da soli e sappiamo e sentiamo che Maria, la Madre Ausiliatrice,
l’“Ausiliatrice di Don Bosco”, ci guida. In quel giorno della solennità dell’Immacolata del 1887, due
mesi prima di morire, volgendosi a contemplare il lungo e non facile cammino della propria vita,
diceva ai salesiani che, commossi, lo attorniavano: «Finora abbiamo camminato sul certo. Non
possiamo errare; è Maria che ci guida»64.
Lei è la Madre di tutti noi, la Madre dei giovani e delle loro famiglie (se ce l’hanno). È la più sensibile
verso i più poveri e i bisognosi. È Lei che ci dice, anche in questa ora del CG28: «Qualsiasi cosa vi
dica, fatela»65, come avvenne a Cana di Galilea.
Che la nostra Madre Ausiliatrice ci illumini e ci guidi come fece con Don Bosco per essere fedeli al
Signore e non deludere mai i giovani, soprattutto i più bisognosi.
Torino, 22 febbraio 2020
64 MB XVIII, 439.
65 Gv 2,5.

8.3 Page 73

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INTERVENTO DEL CARD. JOÃO BRAZ DE AVIZ,
PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE
PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA
E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA
L’identità della vita consacrata e il suo apporto alla vita della chiesa e del mondo
La Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica (CIVCSVA) ha
raccolto in un piccolo volume66 gli orientamenti emersi nella Assemblea Plenaria del dicastero nel
mese di novembre 2014 e nella successiva riflessione. Partendo del logion di Gesù “Nessuno versa
vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo
in otri nuovi” (Mc 2,22), abbiamo cercato di raccogliere i grandi orizzonti aperti dal Concilio
Vaticano II, di prendere coscienza delle sfide ancora aperte, che abbiamo identificato
nell’approfondire la vocazione e l’identità della vita consacrata, nelle nuove scelte formative,
guardando alle relazioni nell’humanum, cioè, nella reciprocità tra uomo e donna, nel servizio
dell’autorità e dell’obbedienza, nei modelli relazionali e nella testimonianza in quello che riguarda la
possessione, uso e amministrazione dei beni.
Dopo questo sguardo alle sfide, abbiamo domandato come preparare gli otri nuovi, cercando la fedeltà
nello Spirito, identificando modelli formativi e curando la formazione dei formatori, verso una
relazionalità evangelica che si manifesta nella reciprocità e nei processi multiculturali, nel servizio
dell’autorità in rapporto con i modelli relazionali, con le strutture dei consigli e dei capitoli.
1. Il rinnovamento postconciliare
Sono passati più di cinquant’anni del Concilio Vaticano II. Papa Francesco, religioso come noi, ci ha
lanciato parole e gesti di forte stimolo per portare avanti il rinnovamento proposto dal Vaticano II per
la vita consacrata, tenendo presente le esigenze odierne67. Le basi teologiche ed ecclesiologiche del
rinnovamento sono state messe in atto dai Padri conciliari nella Costituzione dogmatica Lumen
gentium, al capitolo VI (nn.43-47). Si tratta dell’aggiornamento spirituale, ecclesiale, carismatico e
istituzionale della vita consacrata nella Chiesa.
Oggi possiamo dire che il Concilio Vaticano II ha generato impulsi e metodi di grande efficacia
nell’aggiornamento. Si è generata una comprensione nuova della vita consacrata. Infatti, prima del
Concilio le sue manifestazioni e strutture erano di una “forza compatta e operativa per la vita e la
missione di una chiesa militante che si percepiva in continua opposizione al mondo.
Nella nuova stagione di apertura e dialogo con il mondo, la vita consacrata si è sentita spinta in prima
linea nell’esplorare, a beneficio dell’intero corpo ecclesiale, le coordinate di una nuova relazione
chiesa-mondo … In questa linea di dialogo e di accoglienza la vita consacrata ha, normalmente anche
se non sempre, abbracciato generosamente i rischi di questa nuova avventura di apertura, di ascolto
e di servizio”68.
66 CIVCSVA, Per vino nuovo otri nuovi. Dal Concilio Vaticano II la vita consacrata e le sfide ancora aperte.
Orientamenti, Città del Vaticano, LEV 2017.
67 Cfr. Decreto Perfectae caritatis, 1.
68 Per vino nuovo otri nuovi, cit., pp.18s.

8.4 Page 74

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I carismi e il patrimonio spirituale della vita consacrata, in questo nuovo clima, sono stati messi con
fiducia a disposizione di questa nuova relazione, ma allo stesso tempo, ha richiesto correre il rischio
di questi nuovi percorsi69.
In questo periodo postconciliare sono stati rielaborati i testi normativi e le forme istituzionali in modo
da conformarsi al nuovo Codice di diritto canonico (1983). “Un grande impegno è stato profuso da
ciascuna famiglia religiosa nella rilettura e nell’interpretazione della “ispirazione primitiva degli
istituti” (PC2). Questo lavoro aveva principalmente due scopi: custodire fedelmente “l’intendimento
e i progetti dei fondatori” (CIC c. 578) e “riproporre con coraggio l’intraprendenza, l’inventiva e la
santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi”
(VC, 37)”70.
Nuovi itinerari formativi, adeguamento di strutture di governo e di gestione del patrimonio economico
e delle attività, sono stati messi in atto con molta responsabilità e fede. I Papi di questo periodo hanno
sostenuto generosamente con il suo Magistero il cammino della vita consacrata, aiutando “a
consolidare le nuove convinzioni, a discernere i nuovi percorsi, a orientare con sapienza e senso
ecclesiale le nuove scelte di presenza e di servizio in costante ascolto degli appelli dello Spirito”71. In
modo molto speciale l’Esortazione Apostolica post-sinodale Vita consacrata (1996) con la
contemplazione e il riferimento fontale al mistero della Santissima Trinità, illumina il senso della
consacrazione, capendola come confessio trinitatis “anche nel suo cimentarsi con la sfida della vita
fraterna “in virtù della quale le persone consacrate si sforzano di vivere in Cristo con un cuore solo e
un’anima sola (At 4,32)” (n.21)”72.
In questo momento Papa Francesco ha chiesto alla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e
le Società di vita apostolica (CIVCSVA) e alla Congregazione per i vescovi, di preparare la revisione
del documento “Mutuae relationes”73. Nel frattempo, la Congregazione per la dottrina della fede ha
pubblicato il documento “Iuvenescit ecclesia”74. Questa lettera realizza un approfondimento lucido
delle relazioni tra vescovi e consacrati, alla luce dell’ecclesiologia e spiritualità di comunione e alla
luce dei due principi coessenziali della Chiesa, gerarchia e carismi. Così il nuovo testo di “Mutuae
relationes” che è già nella sua redazione finale per essere presentata al Santo Padre, è stato
provvidenzialmente arricchito.
Ora l’esperienza dell’anno della vita consacrata e del giubileo della misericordia ci spingono ad aprire
nuovi percorsi. Siamo interpellati dall’evoluzione sociale, economica, politica, scientifica e
tecnologica. Settori che un tempo erano assunti dallo zelo della vita consacrata oggi sono condotti
dallo Stato. Nuove e inedite emergenze, nuove povertà, il moltiplicarsi del volontariato, l’apertura
alle nuove frontiere della missione, soprattutto nella fondazione di nuove chiese, tutto questo crea un
nuovo contesto alla vita consacrata. Siamo passati da situazioni monoculturali alla sfida della
multiculturalità, con comunità internazionali presenti in contesti sconosciuti o multi religiosi, inseriti
in contesti difficili e a rischio di varie forme di violenza. In molti casi sono andati in crisi gli schemi
formativi tradizionali. Queste novità percepite come ricchezza portano anche tensioni e generano una
sensazione diffusa di fatica, con la conseguente tentazione di accontentarsi con strategie di
sopravvivenza. Capiamo sempre di più che da soli non saremo capaci di realizzare questo necessario
passaggio75.
69 Cfr idem, p.19.
70 Per vino nuovo otri nuovi, cit. p.20.
71 Ibidem.
72 Idem p.22.
73 SCIVCSVA, Criteri direttivi sui rapporti tra i vescovi e i religiosi nella Chiesa, Città del Vaticano 1978.
74 CDF, Iuvenescit ecclesia, lettera sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa,
LEV, Città del Vaticano 2016
75 Cfr. Per vino nuovo otri nuovi, cit. pp.23-31.

8.5 Page 75

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2. Sfide ancora aperte
Partiamo da una costatazione abbastanza evidente: “Ogni sistema stabilizzato tende a resistere al
cambiamento e si adopera per mantenere la sua posizione, a volte occultando le incongruenze, altre
volte accettando di opacizzare vecchio e nuovo, o negando la realtà e le frizioni in nome di una
concordia fittizia, o persino dissimulando le proprie finalità con aggiustamenti di superficie.
Purtroppo, non mancano esempi dove si riscontra l’adesione puramente formale senza la dovuta
conversione del cuore”76.
In un momento, quello attuale, in cui si verifica un alto numero di abbandoni della vita consacrata,
avvenuti sia dopo l’iter formativo, sia in età avanzata, in ogni contesto geografico e culturale, è
importante cercare le cause di questo fenomeno. Non si tratta solo di crisi affettive, ma anche di
delusione per una vita di comunità senza autenticità. Tal volta i valori proposti non corrispondono al
vissuto concreto, o il numero di attività è eccessivo e non permette una vita spirituale solida. Avviene
anche l’isolamento di giovani in comunità prevalentemente di anziani. Anche se in molti giovani si
riscontra una disponibilità alla trascendenza, una capacità di appassionarsi per i valori del vangelo,
una vita consacrata molto standardizzata li blocca. Così, tante volte non si arriva a toccare il cuore e
a trasformarlo.
L’integrazione fra culture differenti in alcuni Istituti è diventata un problema: da una parte pochi
membri anziani e dall’altra un grande gruppo di giovani provenienti di varie culture che si sentono
emarginati, con ruoli solo subalterni. “Diventa sempre più chiaro che la cosa più importante non è la
conservazione delle forme, ma la disponibilità a ripensare in continuità creativa la vita consacrata
come memoria evangelica di un stato permanente di conversione da cui scaturiscono intuizioni e
scelte concrete”77.
Nel contesto del rinnovamento della esperienza di autorità e di obbedienza, in mezzo alla crisi attuale
in vari Istituti, possiamo dire: “Non a caso tra i motivi principali degli abbandoni si evidenziano,
secondo l’esperienza di questa Congregazione l’indebolimento della visione di fede, i conflitti nella
vita fraterna e la vita di fraternità debole in umanità”78.
Un campo in cui le sfide attuali sono particolarmente aperte è quello delle scelte formative. E’
notevole lo sforzo concreto degli Istituti e delle Conferenze di Superiori Maggiori (nazionali e
internazionali). Una delle difficoltà significative è ancora “la scarsa integrazione tra visione teologica
e antropologica nella concezione della formazione, del modello formativo e della pedagogia educativa
… (che) non permette di far interagire e dialogare tra loro le due componenti essenziali e
indispensabili di un cammino di crescita: la dimensione spirituale e quella umana”79.
E’ necessaria nei formatori e formatrici una sensibilità ai valori delle varie culture, delle nuove
generazioni, dei vari contesti di vita. E qui l’attenzione al discernimento delle motivazioni vocazionali
presenti nelle varie aree culturali e continentali.
Le urgenze delle opere, in molti istituti soprattutto femminili prevalgono sul cammino formativo
sistematico e organico. Oltre a questo, si crea molte volte uno squilibrio tra la formazione teologica
e quella professionale e così viene meno la formazione al discepolato e alla vita consacrata.
Se fissiamo lo sguardo su i formatori vediamo che non è raro una insufficiente preparazione, ma
anche un numero insufficiente di persone. La formazione dei formatori diventa così una delle sfide
76 Idem, pp.33s.
77 Idem, p.37.
78 Idem, p.56.
79 Idem, pp.37s.

8.6 Page 76

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attuali più importanti. Come garantire una pedagogia personale, cioè, una personalizzazione della
formazione, in cui, nel periodo iniziale, il formatore cammina ogni giorno a fianco al discepolo nella
fiducia e nella speranza, soprattutto come esperto nel cammino della ricerca di Dio?
Un ruolo importante ha la comunità: “E’ nella fraternità che si impara ad accogliere gli altri come
dono di Dio, accettandone le caratteristiche positive ed insieme le diversità e i limiti. E’ nella fraternità
che si impara a condividere i doni ricevuti per l’edificazione di tutti. E’ nella fraternità che si impara
la dimensione missionaria della consacrazione (Cf. VC 67)”80.
Riguardo alla formazione permanente o continua, essa dovrà ancora diventare una vera cultura, in cui
l’enunciazione di concetti teorici e la capacità di revisione e di verifica del vissuto concreto nella
comunità vanno insieme. Qui ha luogo anche una seria iniziazione al governo, per superare
l’improvvisazione, e l’esercizio improprio e lacunoso.
Rimanendo ancora nella dimensione umana delle sfide alla vita consacrata un campo particolarmente
importante è quello della reciprocità uomo-donna. “Siamo eredi nei modelli di vita, nelle strutture
di organizzazione e di governo, nel linguaggio e nell’immaginario collettivo, di una mentalità che
poneva in risalto profonde differenze fra l’uomo e la donna, a scapito della loro pari dignità. Anche
nella Chiesa, e non solo nella società, molteplici pregiudizi unilaterali impedivano di riconoscere le
doti del vero genio femminile (Cfr VC, 58) e il contributo originale delle donne. Questo tipo di
sottovalutazione ha toccato particolarmente le donne consacrate tenute ai margini della vita, della
pastorale e della missione della Chiesa (Cf. VC, 57)”81.
Questo scenario ha cominciato a cambiare a partire dal Concilio Vaticano II, ma “non si è ancora
raggiunta una sintesi equilibrata e una purificazione degli schemi e dei modelli ereditati del passato.
Persistono ancora ostacoli nelle strutture e permane non poca diffidenza quando si verifica
l’occasione di dare alle donne “spazi di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei
processi di elaborazione delle decisioni, soprattutto in ciò che le riguarda” (VC, 58) nella Chiesa e
nella concreta gestione della vita consacrata”82.
Nei nostri ambienti di vita consacrata manca ancora una maturazione nella reciprocità fra uomo e
donna, necessaria particolarmente nel nostro tempo. La distanza provocata persino con motivazioni
di tipo ascetico spirituale ha provocato un impoverimento reciproco e la perdita di sensibilità per la
visione diversa dell’altro. C’è un riflesso di questo nella vita consacrata anche nella diversa sensibilità
dei giovani e degli anziani: “Possiamo parlare di una dissonanza cognitiva che corre tra gli anziani
religiosi e i giovani. Per gli uni le relazioni con il femminile e il maschile sono improntate a molta
riservatezza e perfino fobia, per gli altri ad apertura, spontaneità e naturalezza”83.
Per ultimo, dobbiamo ancora segnalare “la debolezza che si riscontra ad intra degli Istituti in ordine
a tale processo antropologico-culturale di vera integrazione e complementarietà reciproca con
l’elemento e la sensibilità femminile e maschile. San Giovanni Paolo II ha riconosciuto legittimo il
desiderio delle consacrate di avere “spazi di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli” (VC,58),
ma di fatto nella prassi ne siamo ancora lontani. E si corre il rischio di impoverire gravemente la
stessa Chiesa, come ha detto Papa Francesco: “non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa,
bensì promoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne, nella
sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità” (Discorso all’episcopato brasiliano, Rio,
27.07.2013)”84.
80 Idem, p.41.
81 Idem, p.43.
82 Idem, p.45.
83 Idem, p.46.
84 Idem, p.47.

8.7 Page 77

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Un’altra sfida aperta riguarda il servizio dell’autorità. Ancora oggi si riscontra in varie comunità di
vita consacrata “la tendenza ad un accentramento verticistico nell’esercizio dell’autorità, sia a livello
locale che più in alto, scavalcando così la necessaria sussidiarietà. Potrebbe risultare sospetta, in
alcuni casi, l’insistenza di alcuni superiori sul carattere personale della loro autorità fino a quasi
vanificare la collaborazione dei Consigli, convinti di rispondere (automaticamente) alla propria
coscienza. Di qui, una debole o inefficace corresponsabilità nella prassi di governo o, nel caso,
l’assenza di convenienti deleghe. Il governo non può certo accentrarsi nelle mani di un solo, aggirando
così i divieti canonici (Cfr CIC, c.636). Ancora in diversi Istituti ci sono superiori e superiore che non
tengono nel debito conto le decisioni capitolari”85. Maggioranze precostituite, uso della logica degli
schieramenti per risolvere questioni gravi sono comportamenti di governo fuori di qualsiasi logica
evangelica. Superiori che si fossilizzano nel potere al punto, in alcuni casi, di cambiare anche le
Costituzioni, producono un grande male ai loro carismi e neutralizzano la crescita di tanti altri fratelli
e sorelle che potrebbero aiutare di più la comunità. La conversione di tanti superiori e superiore perché
possano veramente aiutare a discernere la volontà di Dio è oggi indispensabile. In alcuni casi più
estremi ci sono superiori che bruciano la maturità di tutta una generazione di consacrati, costruendo
relazioni malaticce di dipendenza e di schiavitù. Al dicastero dobbiamo spesso intervenire per sanare
queste situazioni86.
Parlando ancora del servizio dell’autorità “è da tener presente che l’obbedienza vera non può fare a
meno di mettere al primo posto l’obbedienza a Dio, sia dell’autorità sia di chi obbedisce, come non
può fare a meno del riferimento all’obbedienza di Gesù: obbedienza che include il suo grido d’amore
Dio mio Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27,36) e il silenzio d’amore del Padre”87.
Per ultimo, tra le sfide aperte della vita consacrata oggi dobbiamo dire una parola sulla gestione dei
beni ecclesiastici degli Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica nella Chiesa.
E’ stato Papa Francesco a richiamare l’attenzione della vita consacrata sulla amministrazione dei beni
ecclesiastici. Negli ultimi anni la CIVCSVA ha realizzato a Roma due Simposi sul tema con la finalità
di perfezionare e attualizzare la cura dei beni venuti in possesso della vita consacrata nel mondo. Dal
numero di partecipanti abbiamo potuto misurare l’interesse che si è verificato. Sul primo simposio
(2014) è stato pubblicato parte del contenuto88.
“La vita consacrata è stata capace, nella sua lunga storia, di opporsi profeticamente ogni volta che il
potere economico ha rischiato di umiliare le persone e, soprattutto, i più poveri. Nell’attuale
situazione globale di crisi finanziaria cui ci richiama continuamente Papa Francesco, i consacrati sono
chiamati ad essere veramente fedeli e creativi per non venir meno alla profezia della vita comune
all’interno e della solidarietà verso l’esterno, specie verso i poveri e i più fragili.
Siamo passati da una economia domestica, a processi amministrativi e gestionali che quasi sfuggono
al nostro controllo che evidenziano la nostra precarietà e, prima ancora, la nostra impreparazione.
Non possiamo tardare a ricentrarci sulla trasparenza in materia economica e finanziaria come primo
passo per recuperare l’autentico senso evangelico della comunione reale dei beni all’interno delle
comunità e della loro concreta condivisione con chi vive accanto a noi”89.
Conclusione
85 Idem, p.47s.
86 Cfr idem, pp.50-52.
87 Idem,p.55.
88 Sequela Christi, La gestione dei beni ecclesiastici degli Istituti di vita consacrata nella Chiesa, 2014/01, Studi e
commenti, pp. 89-148.
89 Per vino nuovo otri nuovi, cit. pp.58s.

8.8 Page 78

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Tre indicazioni del Concilio Vaticano II in particolare sono al cuore della riforma della vita consacrata
in questo nostro momento della storia: la sequela Christi vissuta alla luce delle parole di Gesù con
trasparenza di testimonianza; il ritorno al nucleo centrale del carisma dei nostri fondatori e fondatrici,
lasciando cadere quelle cose che non sono essenziali; il dialogo continuo con l’uomo e la donna di
oggi per aggiornarci continuamente su le domande del nostro tempo.
Un ruolo centrale tocca al necessario passaggio ad una spiritualità di comunione vissuta con intensa
generosità e convinzione in tutte le direzioni dei nostri rapporti.
L’attuale capitolo che comincia oggi per voi salesiani può veramente essere un momento di grazia
per spingere in avanti il rinnovamento della Società di San Francesco di Sales. Auguri.
Torino, 22 febbraio 2020

8.9 Page 79

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LETTERA DEI GIOVANI AI CAPITOLARI90
Cari salesiani, che siete per noi padri, maestri e amici,
Scriviamo questa lettera col cuore. Abbiamo trascorso questa settimana del Capitolo Generale 28°
ascoltando, facendo discernimento, partecipando al dialogo in corso su “Quale salesiano per i giovani
di oggi”. Sappiamo bene che non siamo perfetti, quindi non è nostra intenzione chiedervi di esserlo.
Vi chiediamo di accogliere questa lettera come quella di un figlio o di una figlia che scrive a suo
padre, per esprimersi e dirgli come si sente. Come gruppo, abbiamo rivolto la nostra attenzione su
due domande in particolare. Di seguito trovate i frutti di questo impegno comune.
Qual è oggi la condizione dei giovani nelle nostre rispettive regioni?
Il mondo in cui viviamo è complesso e presenta notevoli sfide. È difficile essere coerentemente
autentici e per questo motivo abbiamo paura, siamo confusi, frustrati, e abbiamo un gran bisogno di
essere amati. Vivere una vita di fede ci chiede di percorrere le strade del Vangelo, ma la cultura
secolare ci sfida piuttosto a vivere in un altro modo. Questa duplicità rende difficile il rimanere
radicati nella fede.
Una risultante della nostra paura è la difficoltà che proviamo difronte all’impegno. Una delle
domande più frequenti che ci poniamo è: “Che cosa farne della mia vita?”. Questo si vede quando
riflettiamo sulla nostra vocazione. Il forte desiderio di avere successo porta verso l’incertezza e non
ci lascia raggiungere l’autentica felicità. La realtà con cui ci confrontiamo è fatta di disoccupazione,
abbandoni dei percorsi accademici, mancanza di motivazione per gli studi.
Crediamo che la nostra società sia individualista e che spesso anche noi diventiamo individualisti.
Poiché non ci sentiamo amati dalla società, ci rifugiamo dietro gli schermi e rifuggiamo il contatto
umano. Non pensate che non ce ne importi del mondo che ci circonda, ma è difficile nella nostra
società liquida, e a volte disumanizzata, impegnarsi altruisticamente in ciò di cui l’altro ha bisogno.
Ma voi avere ancora la capacità di risvegliare in noi giovani la vocazione cristiana per il nostro
prossimo, e questo può trasformare la nostra vita e il mondo che ci circonda, proprio come ha fatto
Don Bosco con Michele Magone.
Siamo critici e desideriamo che la chiesa prenda posizione al nostro fianco sulle questioni che più ci
riguardano. Ci sentiamo a disagio e spesso non capiamo cosa dice e fa la chiesa sulle questioni del
gender, della donna, della diversità sessuale e dell’ecologia sostenibile. Inoltre, per noi è normale la
conversazione sul benessere cognitivo, sociale ed emotivo e sui cambiamenti climatici, realtà di cui
la Chiesa è ancora esitante nel suo parlare. Questa non è solo una esigenza dei giovani: è quello che
ci chiede il Vangelo.
Pur con le nostre sfide, siamo più dinamici che mai, sintonizzati con le nuove tendenze, tra cui
senz’altro il mondo digitale, creativi e pronti ad esplorare; ma vogliamo essere accompagnati in tutto
ciò che è parte di noi (mente, corpo, anima).
Per noi, essere giovani è uno stato del cuore, non definito dalla nostra età. Come afferma il Papa in
Christus Vivit, al n. 34, vogliamo essere in grado di ritornare al primo amore che è Cristo, al suo
90 Nella settimana dal 28 febbraio al 7 marzo 2020 alcuni giovani provenienti dalle sette regioni della Congregazione
hanno condiviso le giornate di lavoro con i capitolari. Al termine di questa esperienza hanno lasciato questa lettera.

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essere compagno e amico dei giovani. C’è in noi un desiderio forte di realizzazione spirituale e
personale. Vogliamo camminare verso la crescita spirituale e personale e vogliamo farlo con voi
salesiani.
Come vogliamo che i salesiani di oggi siano presenti e partecipi nelle diverse realtà
dei giovani?
Siamo stati in grado di sintonizzare i nostri cuori e i nostri sogni. Ci avete dato l’opportunità di entrare
in contatto, di connetterci con voi, salesiani, e vi vogliamo con noi. L’avete fatto con il vostro stile
salesiano. Stare con noi, fianco a fianco, permettendoci di essere protagonisti.
Comprendiamo che i salesiani sono genitori che ci accompagnano. Vorremmo che voi siate coloro
che ci guidano, dentro la nostra realtà, con amore. Un amore che non ci dice che cosa dobbiamo dire,
un amore che non ci dice ciò che dobbiamo fare, un amore che ci offre opportunità che ci aiutano a
crescere in spiritualità e a trasformare le nostre vite. Vogliamo che voi viviate nel nostro mondo, allo
stesso modo in cui vogliamo che la nostra famiglia partecipi di ogni aspetto della nostra vita
quotidiana, che vuol dire sia la realtà fisica che quella digitale.
Vi chiediamo di darci la capacità e l’energia per essere i leader della trasformazione della Chiesa
insieme. Crediamo nel bisogno di dare piena espressione al ruolo della donna nella chiesa. Crediamo
che sia impossibile crescere come salesiani senza il ruolo della donna nelle nostre vite. Prendiamo ad
esempio lo straordinario contributo di Margherita Occhiena come madre all’oratorio. Crediamo che
le donne possano collaborare alla pari con i salesiani per imparare insieme ad accompagnare tutti i
giovani in modo adeguato ed efficace. Crediamo che i salesiani debbano fare passi per apprendere
una cultura dell’inclusione. Crediamo che i salesiani debbano essere i primi ad imparare a lavorare
efficacemente per tutti i giovani indipendentemente dalle loro preferenze (LGBTQ +, razza, migranti,
indigeni, etnia, religione). Vogliamo un accompagnamento integrale di ogni persona, qualunque sia
il contesto in cui vive.
Riteniamo che per poter accompagnare altri sia necessaria una continua e genuina esperienza
dell’essere personalmente accompagnati da altri. Crediamo che i salesiani stessi abbiano bisogno di
accompagnamento e siamo qui per camminare con voi. Crediamo che questo tipo di esperienza e
incontro sia benefico per tutta la famiglia salesiana. Siamo pienamente in sintonia con Papa Francesco
in ciò che scrive in Christus Vivit n. 242-245, quando fa riferimento in modo diretto ed esplicito
all’importanza dell’accompagnamento.
Per noi è molto importante che i salesiani tornino alle loro radici e siano presenti al di fuori dei ruoli
amministrativi per stare con i giovani in tutti i contesti. Vogliamo ricordarvi che non potete essere
definiti e limitati soltanto dal ruolo o posizione che occupate nella vostra comunità.
Senz’altro crediamo anche che sia di vitale importanza per i salesiani essere molto chiari circa il
rispetto dei giusti limiti e spazi. Come giovani, siamo stati e continuiamo ad essere preoccupati degli
scandali sugli abusi nella chiesa. Salesiani, siate leader positivi in questo campo e prendete iniziative
per proteggere i vostri ragazzi.
È vitale per la nostra crescita che continui il nostro sviluppo spirituale. Mentre continuiamo ad
avanzare nel nostro cammino di vita, vogliamo dar voce al nostro desiderio di essere al servizio di
Dio con il carisma salesiano. Chiediamo ai salesiani di coinvolgerci nei processi decisionali che
toccano ciò che è essenziale e importante. Siamo complementari nella missione, non una parte
separata della missione.

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Salesiani, non dimenticatevi di noi giovani perché noi non ci siamo dimenticati di voi e del carisma
che ci avete insegnato! Vogliamo dirvelo forte, con tutto il cuore. Essere qui per noi è stato un sogno
che si è fatto realtà: in questo luogo speciale che è Valdocco, dove è iniziata la missione salesiana,
insieme salesiani e giovani per la missione salesiana, con la nostra comune volontà di essere santi
insieme. Avete i nostri cuori nelle vostre mani. Prendetevi cura di questo vostro prezioso tesoro. Per
favore, non dimenticatevi mai di noi e continuate ad ascoltarci.
Torino, 7 marzo 2020

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DISCORSO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
ALLA CHIUSURA DEL CG28
Carissimi Confratelli,
non vi sembra che Dio ci abbia realmente parlato, e con larghezza, in queste quattro settimane, anche
se, per la chiusura anticipata dei nostri lavori a causa della pandemia da coronavirus, non siamo
arrivati a un documento capitolare votato e approvato?
Ripensando a questo nostro Capitolo generale, non credete che Dio ci abbia parlato facendoci sentire
forte la presenza di Don Bosco, il nostro amato padre? Non credete che Dio ci abbia parlato attraverso
la bellissima esperienza di fraternità che abbiamo vissuto?
La risposta a questi interrogativi, che ho posto a me stesso prima che a voi, è un sì convinto!
I doni del Capitolo
Cari Confratelli, penso che siamo tutti d’accordo nel riconoscere la bellezza della nostra fraternità,
della gioia dell’incontro con il fratello così com’è. Questa realtà non è il risultato di una strategia. È
frutto dello Spirito, espressione matura della Congregazione e dell’impegno di chi ora ha la
responsabilità del governo e dell’animazione delle Ispettorie.
Vi chiedo ancora: non credete che Dio ci abbia parlato tanto attraverso il clima di fede e onestà nel
quale si sono svolti il discernimento e le votazioni? Io ritengo di sì. Non credete che il Signore ci
abbia parlato con la protezione straordinaria di Maria Ausiliatrice? Io ritengo di sì. Dio ci ha parlato
tantissimo in questo Capitolo Generale, anche se non abbiamo potuto completare il cammino
necessario per arrivare a un documento da sottoporre all’approvazione finale dell’assemblea.
Cari confratelli, non lasciate che nei vostri cuori prevalga la delusione per il fatto di tornare alle
ispettorie senza aver portato a termine i lavori capitolari. Io ritengo che quel “mancato traguardo” non
sia la cosa più essenziale. Non ce ne andiamo a mani vuote: portiamo con noi le riflessioni che
abbiamo condiviso in queste settimane e che abbiamo sintetizzato in una prima bozza, consegnata al
Rettor Maggiore e al Consiglio generale. Abbiamo, inoltre, il magistero della Congregazione fino ad
oggi, in particolare quello del CG24, specialmente sul tema della missione condivisa tra salesiani e
laici. Infine, abbiamo ricevuto il bellissimo e programmatico Messaggio del Santo Padre al CG28.
Questi elementi ci permettono di allargare lo sguardo sulla realtà che ci attende con serenità e con
grande fiducia.
Uno sguardo sul futuro: obiettivi e sfide
La seconda parte della mia riflessione, molto breve, vuole essere uno sguardo sul futuro.
Comincio dicendovi che mi ha colpito molto un ringraziamento ricevuto ieri sera, poco prima di
entrare in Basilica a pregare.
Un confratello capitolare dell’Europa dell’Est mi avvicina e mi dice: «Caro Rettor Maggiore, voglio
ringraziarti per aver reso possibile il recupero di questi santi Luoghi Salesiani. E voglio dirti che

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abbiamo bisogno di aiuto per la nostra identità: non lasciateci soli». Ho risposto: «Anch’io ti
ringrazio; però molto di quel recupero è frutto del Capitolo Generale precedente, con la delibera, che
per tanti motivi ritengo profetica, di rinnovare e potenziare i Luoghi Santi Salesiani, cuore del nostro
carisma. In seguito, alcuni di noi hanno potuto fare qualcosa per mettere in atto questa delibera».
A proposito dei luoghi salesiani, cari Confratelli, a mio parere la cosa più bella che potete fare è
questa: tornate nelle Ispettorie dicendo a tutti i confratelli che qui c’è la casa di tutti. Questi luoghi
sono i luoghi del nostro sogno carismatico, sono la culla dove tutti i Salesiani del mondo sono nati,
perché qui è nato il carisma. Sono i luoghi a cui tutti possono rivolgersi, perché tutti i Salesiani hanno
il diritto di sperimentare almeno una volta nella vita l’emozione di trovarsi qui a Valdocco. Ringrazio
vivamente l’Ispettore del Piemonte, che provvede alla custodia di questi luoghi. Ho promesso e
continuo a promettere a lui e all’ICP che non li lasceremo soli nel prendersi cura di questo
straordinario patrimonio, che è di tutta la Congregazione.
Tornando al dialogo di ieri sera, ho poi detto al confratello: «Ti prometto che non vi lasceremo soli
nel vostro cammino d’identità».
1. Questo è il primo obiettivo, la prima sfida che abbiamo davanti: crescere tutti, in tutte le Ispettorie,
in tutte le Regioni, nell’identità carismatica, nell’identità e nella spiritualità salesiana. Di questo
tutti abbiamo bisogno, in alcune Ispettorie e in alcune Regioni in maniera particolare. Facciamo
attenzione: il fatto di avere nuove professioni salesiane non è, da solo, garanzia di una forte
identità. Si deve assicurare l’identità salesiana attraverso un’attenzione specifica e una cura
maggiore. In questi anni abbiamo visto con chiarezza che in certi casi, piccole o grandi difficoltà
dei confratelli, dipendono in larga misura da una mancanza di identità, come ho detto nella
relazione iniziale. Sono convinto che nel programma di animazione e governo del prossimo
sessennio questa sarà una priorità: garantire l’identità carismatica in tutti i salesiani. Come dicevo,
non basta fare la prima professione per dire «ho la piena identità salesiana». Essa è un cammino,
a volte molto impegnativo; ma si tratta di una sfida affascinante, che dà tanta bellezza e forza alla
nostra Congregazione.
2. Una seconda sfida per il programma del sessennio: tornare a Don Bosco, come già ci esortava
don Pascual Chávez durante il suo rettorato. Dobbiamo tornare sempre più a Don Bosco, e
questo vuol dire: amare i giovani. Essi stessi ci hanno chiesto di essere amati. Di conseguenza,
come salesiani siamo chiamati tutti alla presenza in mezzo ai giovani. È ciò che io chiamo, con
un’espressione che credo intuitiva, “sacramento salesiano” della presenza. È un “sacramento”
indispensabile per fare un cammino con i ragazzi e i giovani, per far scoprire loro che Dio li ama,
che veramente «Dio è amore» (1 Gv 4,8). Per noi e per loro. Solo così saremo realmente
evangelizzatori dei giovani. È questo, io credo, il significato di “tornare sempre più a Don Bosco”.
Oggi è un compito e una sfida, anche se non partiamo da zero.
3. Una terza sfida è formare Salesiani come Don Bosco farebbe oggi. Cari Confratelli capitolari,
sono convinto che la formazione, non qualsiasi formazione clericale, ma la buona formazione
salesiana, sia una priorità. Per questo motivo l’impegno di continuare a formare formatori è, a
sua volta, prioritario. Dobbiamo curare maggiormente le équipes delle nostre case di formazione,
perché siano veramente salesiane e non elitarie: questa attenzione è garanzia di un futuro
autenticamente salesiano. Niente genericismi: tutto l’impegno formativo deve essere improntato
al vero spirito salesiano. Questa terza sfida coinvolge tutta la formazione dei Salesiani, sia quella
permanente sia, in modo particolare, quella iniziale.
4. Una quarta sfida: io sogno che oggi dire “Salesiani di Don Bosco” voglia dire consacrati “pazzi”,
cioè Salesiani che amano con vero cuore salesiano, magari anche “un po’ pazzo”, orientato
verso i più poveri. Carissimi, se ci allontaniamo dai più poveri, questa sarà la morte della

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Congregazione. Lo ha detto don Bosco parlando della povertà e della ricchezza. Mi permetto di
specificare ancora: se un giorno lasceremo i ragazzi, e tra questi i più poveri, comincerà il declino
della Congregazione. Una Congregazione che, grazie a Dio, oggi gode di buona salute, al di là
delle nostre fragilità! Prestiamo dunque attenzione a quella che considero un’autentica “delibera
capitolare”, anche se non in senso proprio, perché il suo contenuto si trova già nelle nostre
Costituzioni: opzione radicale, preferenziale, personale, istituzionale e strutturale - insomma, da
tutti i punti di vista - per i ragazzi più bisognosi, poveri ed esclusi. È un’opzione che si manifesta
in modo speciale nella difesa dei ragazzi e dei giovani sfruttati e vittime di qualsiasi forma di
abuso: dall’abuso sessuale alla violenza, dall’ingiustizia all’abuso di potere. Questa quarta sfida
è un impegno bellissimo, che dobbiamo portare nel cuore. Un sessennio guidato da questa luce ci
darà tanta vita.
5. Quinta sfida. Penso che sia l’ora della generosità all’interno della Congregazione; non solo
con il denaro, ma soprattutto con la generosità e disponibilità di confratelli, così da poter aprire
nuove presenze. Per almeno tre motivi: primo, la nostra opera è richiesta sotto tutte le latitudini,
specialmente nei contesti più poveri; secondo, potremo istituire presenze e impegnarci tra i
rifugiati, una terribile e nuova povertà; terzo, potremo stabilirci in nuovi luoghi di missione. Cari
Confratelli, tutti apparteniamo a Dio e all’unica Congregazione, tutti siamo Salesiani di Don
Bosco per il mondo. Credo che nel prossimo sessennio questa apertura di orizzonte diventerà
ancor più realtà: con la disponibilità dei confratelli, con la risposta generosa delle Ispettorie che
hanno maggiori possibilità di offrire risorse ad altre Ispettorie, talvolta con la guida del Rettor
Maggiore e del suo Consiglio, sempre con lo sguardo all’universalità. Viviamo un tempo da
affrontare con mentalità rinnovata, che sappia superare le frontiere. In un mondo in cui le frontiere
rischiano di chiudersi sempre più, la profezia della nostra vita consiste anche in questo: mostrare
che per noi non ci sono frontiere. L’unica realtà che abbiamo è Dio, il Vangelo e la missione.
6. Un’ultima sfida riguarda la Famiglia Salesiana. In questi anni abbiamo lavorato bene, al di là
della stanchezza di alcuni delegati dei singoli gruppi. Durante il Capitolo abbiamo visto che i
tempi non sembrano ancora maturi per fare passi ulteriori. Tuttavia, la Famiglia Salesiana,
assieme alla realtà della missione condivisa con i laici, sarà il punto di arrivo e la garanzia della
missione salesiana. Non può essere solo un campo d’azione per occupare la vita di qualche
confratello, o per fare un po’ di amicizia. È un elemento carismatico essenziale, oggi molto più
forte che ai tempi di don Bosco, perché in 160 anni ha avuto un grande sviluppo. Per questo vi
invito a continuare a credere con convinzione nella Famiglia Salesiana. Essa non ha la medesima
consistenza in tutti i luoghi in cui è presente la Congregazione. In alcune parti è una bellissima
realtà, altrove siamo ancora agli inizi. Anche in questo ambito ci aspetta dunque un grande
impegno.
Alcune brevissime conclusioni
a) Grazie a tutti voi per il dono del nuovo Consiglio Generale. È un rinnovamento da accogliere
con uno sguardo di fede. Penso che uno dei bellissimi frutti di questo Capitolo, come è sempre
stato, sia il dono di un Consiglio Generale. Sono convinto che, come Consiglio, assumiamo un
profondo sguardo di fede, il desiderio di una forte fedeltà al Signore e a Don Bosco, con una
grande capacità progettuale. Tutto il resto, lo potremmo fare con le nostre capacità, i nostri
rapporti e con i talenti di ciascuno. Con grande serenità vi dico grazie per il nuovo Consiglio.
b) In questi giorni ho riflettuto e ritengo che il mio primo impegno come Rettor Maggiore per
l’animazione delle Ispettorie sarà quello di animare gli Esercizi Spirituali per Regioni, o per
Conferenze nelle Regioni, per gli Ispettori e i membri dei Consigli ispettoriali, per trasmettere il

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frutto del CG28, un Capitolo Generale molto speciale, per assumere le grandi sfide che stiamo
individuando e che ci attendono.
c) Vi ringrazio ancora per la grande comunione che c’è tra di noi.
d) Questa è la grande speranza che portiamo, e della quale siamo profondamente convinti: cerchiamo
di arricchire la Chiesa con il dono del carisma salesiano per la salvezza dei giovani.
Cari Confratelli, di tutto cuore, grazie!
Torino, 13 marzo 2020

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CRONACA DEI LAVORI DEL CG28
Sabato 15 febbraio, arrivo a Valdocco, dove c’è una grande organizzazione logistica e informatica
per l’accoglienza e la sistemazione.
Domenica 16, pomeriggio, inizio del Capitolo Generale con saluto di benvenuto del Rettore
Maggiore, alcune informazioni e procedure tecniche, concelebrazione eucaristica di apertura del
Capitolo presieduta dal Rettor Maggiore, il quale tiene un’omelia attorno a tre parole-chiave: docilità
– fedeltà – speranza.
Prima settimana: 17-22 febbraio
Lunedì 17: presentazione della relazione dei consiglieri di settore e dei consiglieri regionali (prima
parte), con buona notte del Card. Cristobal López S.D.B., Arcivescovo di Rabat (Marocco).
Martedì 18 febbraio: continuazione presentazione della relazione che si conclude con quella del
Rettor Maggiore, il quale, oltre a fare un resoconto del sessennio e verificare lo stato di salute della
Congregazione, ricorda le sfide che ha dovuto affrontare la Congregazione, offrendo allo stesso tempo
uno sguardo di speranza al futuro, per esorcizzare la tentazione di scoraggiamento.
Mercoledì 19, prima giornata di spiritualità con una riflessione di don Rossano Sala sul tema del
primo nucleo “Centralità della missione tra i giovani”. La mattinata si conclude con l’Eucaristia
presieduta dallo stesso don Sala. Nel pomeriggio, inizia lo studio della relazione del Rettor Maggiore
con riferimento ai Settori. Dopo cena si tiene un concerto in Basilica in occasione del 250°
anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven.
Giovedì 20, seconda giornata di spiritualità con una riflessione di Fr Eunan Mc Donell sul tema del
secondo nucleo “Profilo del Salesiano per i giovani di oggi”. Segue l’Eucaristia a fine mattinata,
presieduta da don Eunan. Come il giorno precedente, nel pomeriggio c’è lo studio della relazione,
questa volta delle Regioni.
Venerdì 21, terza giornata di spiritualità con una riflessione di Koldo Gutiérrez sul tema del terzo
nucleo “Insieme ai laici nella missione e nella formazione¨, con l’Eucaristia a fine mattinata
presieduta dal Card. Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga. Nel pomeriggio si conclude lo studio per
regioni sulla Relazione del Rettor Maggiore sullo stato della Congregazione.
Sabato 22, giornata di apertura ufficiale del CG 28, che comincia con l’Eucaristia nella Basilica,
presieduta dal Card. Joao Braz de Aviz, e, dopo la colazione, con la cerimonia all’aula magna con i
saluti, il messaggio del Card. Braz de Aviz, Prefetto per la Congregazione degli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e il discorso di apertura del Rettor Maggiore.
La mattinata termina con il pranzo, cui segue tempo libero dai raduni fino a lunedì 24 febbraio.
Seconda settimana: 24-29 febbraio
Lunedì 24, la prima parte della giornata in assemblea per la scelta del posto in aula, elezione dei
segretari e dei moderatori, di funzionamento delle traduzioni, delle votazioni, presentazione del
Regolamento del Capitolo e scelta delle commissioni. Nel pomeriggio commento alle proposte di

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cambiamento del regolamento e poi primo incontro delle commissioni per l’elezione del presidente,
portavoce e segretario. Di sera prima della preghiera del Vespro e della buonanotte, il Rettor
Maggiore ci fa sapere che a causa dell’emergenza per il coronavirus siamo chiamati ad essere molto
responsabili per non esporre noi o altri, e a obbedire le ordini dello Stato che ha proibito tra altro lo
spostamento di gruppi in pullman. Per questa ragione salta il viaggio per la giornata di ritiro spirituale
al Colle Don Bosco e a Chieri prevista per il “mercoledì delle ceneri”.
Martedì 25, Festa dei protomartiri salesiani della Cina, San Luigi Versiglia e San Callisto Caravario.
Nella prima parte della giornata, presentazione dello strumento di lavoro sul tema capitolare fatta da
don Andrea Bozzolo, cui segue la seconda sintesi delle sfide individuate dalle Regioni dopo lo studio
della relazione sullo stato della Congregazione, poi quella dello strumento di lavoro su elementi
giuridici, cui segue la votazione del Regolamento. Nella seconda parte, risposte del Rettore Maggiore
e di membri del Consiglio Generale alle domande fatte dalle Regioni e da confratelli come frutto dello
studio della relazione sullo stato della Congregazione.
Mercoledì 26, inizio della quaresima con il “mercoledì delle ceneri”. Al mattino una celebrazione
della parola presieduta da don Pascual Chávez, che offre una meditazione sulla Lettera da Roma del
1884 – Il Vangelo di Don Bosco cui segue un tempo per la preghiera personale, l’adorazione
eucaristica e le confessioni. Nel pomeriggio, un incontro di commissioni per l’elezione del
rappresentante per la commissione di redazione, e per l’organizzazione in gruppi di lavoro. La
giornata si conclude con la celebrazione eucaristica presieduta da don Pascual Chávez.
Giovedì 27, prima un incontro in assemblea per approvazione dei verbali dei giorni precedenti e
informazione di procedura per il lavoro in commissioni, quindi nelle commissioni lungo tutta la
giornata studio della prima parte (‘riconoscere’) del primo nucleo “La priorità della missione
salesiana trai giovani di oggi”.
Venerdì 28, giornata tutta nelle commissioni per lo studio della seconda parte (‘interpretare’) del
primo nucleo “La priorità della missione salesiana trai giovani di oggi”, che si conclude con la Via
Crucis organizzata dalla Regione Asia Est – Oceania.
Sabato 29, al primo momento in assemblea la preghiera di lodi e lectio divina fatta da don Andrea
Bozzolo sul Discepolo Amato nell’Ultima Cena, e più tardi lavoro nelle commissioni per la terza
parte (‘scegliere’) del primo nucleo, e si conclude al mezzogiorno con l’Eucaristia presieduta
dall’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia. Tempo libero fino a lunedì 2 marzo.
Terza settimana: 2-7 marzo
Lunedì 2, mattinata di lavoro in commissione per concludere il primo nucleo, con la partecipazione
dei giovani venuti per questa settimana. Nel pomeriggio assemblea per la lettura e approvazione dei
verbali, presentazione di un sussidio del Dicastero per la Formazione “Giovani salesiani e
accompagnamento. Orientamenti e direttive”, e presentazione delle proposte della Commissione
Giuridica, dopodiché si torna nelle commissioni.
Martedì 3, mattinata in assemblea per l’approvazione del verbale, presentazione della sintesi fatta da
ciascuna delle 4 commissioni sul primo nucleo del tema, cui segue un tempo di dibattito. Nel
pomeriggio, lavoro in commissione per la prima parte del secondo tema: “Quale formazione del
Salesiano per i giovani di oggi?”.
Mercoledì 4, mattinata in assemblea per l’approvazione del verbale, prova tecnica di votazione
elettronica, che dietro molti interventi e disagio si decide di posporla, e primo dibattito sugli

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argomenti giuridici, che ha visto intervenire molti capitolari sui diversi temi. Nel pomeriggio, lavoro
in commissione ancora sulla prima parte del secondo tema.
Giovedì 5, mattinata di lavoro in commissione, ancora sulla seconda parte del secondo nucleo. Nel
pomeriggio, nel primo momento, incontro in assemblea per comunicazioni importanti da parte del
Rettore Maggiore riguardanti la situazione di emergenza in Italia per l’epidemia del coronavirus
(prendere sul serio le misure predisposte dallo stato italiano, ci si chiede di presentare un profilo basso
come gruppo di capitolari, non si può dare nessuna informazione a nessuno di quanto accade nel
Capitolo, si annullano tutte le visite e gli incontri compresso quello della presenza dei laici che erano
stati invitati al Capitolo), quindi ci fa ascoltare un saluto di Papa Francesco che voleva venire a
trovarci, ma non potendo farlo ci ha inviato un messaggio, e finalmente ci presenta la eventualità di
anticipare le elezioni del Rettor Maggiore e del Consiglio generale, data l’incertezza dell’evoluzione
dell’epidemia che potrebbe portare alla conclusione intempestiva del Capitolo Generale senza aver
eletto il governo della Congregazione. Dopo queste informazioni, si passa a due votazioni sondaggio
proposte dalla commissione giuridica. Nell’ultimo tempo di lavoro si comincia la terza parte
(‘scegliere’) del secondo nucleo.
Venerdì 6, primo tempo di lavoro in aula per la lettura e approvazione del verbale, la votazione per
l’anticipo delle elezioni, con risultato positivo, e, secondo tempo, per la votazione su elementi
giuridici. Nel pomeriggio, lavoro nelle commissioni sulla terza parte del secondo nucleo.
Sabato 7, al mattino, in assemblea, la preghiera di lode e lectio offerta da don Andrea Bozzolo sul
Discepolo Amato al piede della croce. Nel primo tempo di lavoro lettura e approvazione del verbale,
cui segue la votazione definitiva sugli elementi giuridici presentati il giorno precedente. Nel secondo
tempo di lavoro ascolto dei giovani. Essi ci chiedono presenza in mezzo a loro, ascolto,
accompagnamento, fiducia, condivisione camminando insieme e, soprattutto, amore. Al termine del
loro intervento il Rettor Maggiore benedice la statua di Mamma Margherita collocata davanti al
Palazzo “Pinardi”; quindi si passa in Basilica per la celebrazione eucaristica presieduta da don Fabio
Attard.
Quarta settimana: 9-14 marzo
Lunedì 9, prima parte in assemblea per la lettura e approvazione del verbale, cui segue la
presentazione della prima versione del primo nucleo: “Priorità della missione salesiana tra i giovani
di oggi”. Nel secondo momento studio in commissione per una prima reazione ed alcuni
suggerimenti. Nel pomeriggio, in assemblea, il P. Pierluigi Nava, SMM, Sottosegretario della
CIVCSVA, invitato a guidare il discernimento per le elezioni, introduce questa fase del CG con una
riflessione su “Il discernimento in perspettiva ecclesiale”, seguito da un tempo di preghiera e
riflessione personale, con i vespri in Basilica e tempo di adorazione eucaristica dopo la cena.
Martedì 10, al mattino Eucaristia in Basilica, presieduta da P. Nava, che nel primo tempo di lavoro
in aula presenta una seconda riflessione: “Elezione, discernimento e formazione del consenso”, cui
segue tempo di preghiera e riflessione personale. Nel secondo momento, in commissioni, si procede
al discernimento in vista della elezione del Rettor Maggiore. Nel pomeriggio, nel primo momento si
continua questo processo che conclude con la consegna delle prospettive alla guida, il quale nel quarto
tempo presenta in aula il risultato del discernimento nelle commissioni con due nomi che raccolgono
il maggiore numero di preferenze: don Ángel Fernández e don Fabio Attard. Dopo la cena, ora di
adorazione eucaristica.
Mercoledì 11, nel mattino eucaristia in Basilica e nel primo tempo di lavoro in aula elezione dei
segretari e scrutatori per le votazioni, quindi votazione ed elezione del Rettor Maggiore. Don Ángel

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Fernández Artime viene rieletto per un secondo sessennio. Nei seguenti due tempi di lavoro si torna
in commissioni per il discernimento in vista dell’elezione del Vicario del Rettor Maggiore. Dopo il
vespro, il Rettor Maggiore dà la buonanotte. Dopo cena, un’ora di adorazione eucaristica.
Giovedì 12, nel mattino eucaristia in Basilica presieduta dal Rettor Maggiore con un’omelia
incentrata sulla figura del ‘buon pastore’. Nel primo tempo di lavoro in aula, la votazione sondaggio
tra i candidati ed elezione del Vicario del RM, don Stefano Martoglio. Subito dopo si passa alle
commissioni per Regioni per individuare i candidati a consiglieri per i diversi settori (Formazione –
Pastorale Giovanile – Comunicazione Sociale – Missioni ed Economia). Allo stesso tempo c’è un
raduno con un piccolo gruppo di capitolari (don Stefano Martoglio, don Enrico Stasi, don Pier Fausto
Frisoli, don Rossano Sala, don Pascual Chávez) convocato dal RM per studiare la scelta da fare
dinanzi alle misure obbligatorie del governo in questa emergenza del coronavirus e che porta alla
decisione di concludere il CG28 sabato mattina con la Santa Messa, dopodiché potranno partire i
Confratelli. Ciò significa che tutte le elezioni dei consiglieri si dovranno finire entro venerdì sera e,
in un atto assembleare, affidare al Rettor Maggiore e al suo consiglio il lavoro fatto sullo strumento
di lavoro in vista del documento capitolare. Dunque, prima del pranzo si torna in aula per la
comunicazione ufficiale del Rettor Maggiore sulla decisione presa riguardante la conclusione del
Capitolo.
Nella prima parte del pomeriggio si continua il lavoro in commissioni per regioni, le quali consegnano
i nomi dei candidati a consiglieri. Nella seconda parte, in assemblea, si passa alle votazioni sondaggio
e all’elezione dei consiglieri: Formazione, don Ivo Coelho; Pastorale Giovanile, don Miguel Ángel
García Morcuende, che non era capitolare; Comunicazione Sociale, don Gildásio dos Santos;
Missioni, don Alfred Maravilla; Economia, Sig. Jean Paul Muller. Dopo il vespro, don Stefano
Martoglio dà la buonanotte.
Venerdì 13, al mattino, in Basilica, Eucaristia presieduta da don Stefano Martoglio e, nel primo tempo
di lavoro, lavoro in commissioni per regioni per l’elezione del loro candidato a consigliere regionale,
e, nel secondo tempo di lavoro, votazione. Ecco i risultati: Africa Madagascar, don Alphonse
Owoudou (AFO); America Cono Sud, don Gabriel Romero (ARN); Asia Est Oceania, don Joseph
Phuoc Nguyen (VIE); Asia Sud, don Michael Biju Pulianmackal; Europa Centro Nord, don Roman
Jachimowicz (PLN); Interamerica, don Hugo Orozco (MEG); Mediterranea, don Juan Carlos Pérez
Godoy.
Nel pomeriggio, foto ricordo del CG28 dinanzi al monumento di Don Bosco, cui segue, in aula, il
film su Artemide Zatti, e nell’ultimo tempo di lavoro, il Discorso di Chiusura del Rettor Maggiore e
la Dichiarazione di Chiusura del CG28.
Si termina, in Basilica, con il vespro, il canto del Te Deum e la consegna della croce del Buon Pastore.
Dopo la cena si svolge la festa per il Rettor Maggiore e il nuovo Consiglio generale.
Sabato 14, al mattino, in Basilica, l’Eucaristia finale presieduta dal Rettor Maggiore.
Dopo la colazione cominciano le partenze verso i diversi luoghi di provenienza dei capitolari.
Al pranzo si fa, in modo molto semplice, la memoria del 80mo anniversario dell’UPS. E al termine,
don Ángel invita un gruppo di capitolari a fare una visita al cantiere della Casa Museo Don Bosco,
che è venuta molto bella e sarà un grande dono alla Congregazione e a tutta la Famiglia Salesiana
perché ricostruisce le diverse fasi di questa “casa madre”, del suo sviluppo e della presenza attuale
nel mondo.

9.10 Page 90

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ELENCO DEI PARTECIPANTI
AL CAPITOLO GENERALE 28
Consiglio Generale
1 P FERNÁNDEZ ARTIME Ángel
2 P CEREDA Francesco
3 P COELHO Ivo
4 P ATTARD Fabio
5 P BASAÑES Guillermo
6 P GONZÁLEZ Plasencia Filiberto
7 L MULLER Jean Paul
8 P CHAQUISSE Américo
9 P KANAGA Maria Arokiam
10P KLEMENT Václav
11P MARTOGLIO Stefano
12P PLOCH Timothy
13P ROZMUS Tadeusz
14P VITALI Natale
15P VANOLI Stefano
16P FRISOLI Pier Fausto
17P CHÁVEZ VILLANUEVA Pascual
Rettor Maggiore - Presidente
Vicario del Rettor Maggiore
Consigliere per la Formazione
Consigliere per la Pastorale Giovanile
Consigliere per le Missioni
Consigliere per la Comunicazione Sociale
Economo Generale
Consigliere Regionale
Consigliere Regionale
Consigliere Regionale
Consigliere Regionale
Consigliere Regionale
Consigliere Regionale
Consigliere Regionale
Segretario Generale - Regolatore
Procuratore Generale
Rettor Maggiore emerito
Regione salesiana: AFRICA E MADAGASCAR
18P JIMÉNEZ CASTRO Manuel
19P ITSIEKI MANZANZA Alfred
Sup. Visit. Africa Congo Congo
Delegato Africa Congo Congo
20P TESFAY Hailemariam Medhin
21P LAVENTURE Ignacio
Sup. Visit. Africa Etiopia
Delegato Africa Etiopia
22P KITUNGWA Albert
23P CABALA UMBI Didier
24P KALUMBU BESA Dieudonné
Ispettore Africa Centrale
Delegato Africa Centrale
Delegato Africa Centrale
25P LIPUKA Simon Asira
26L NJUGUNA Ngigi
27P SELLAM Augustine
Ispettore Africa Est
Delegato Africa Est
Delegato Africa Est
28P THEKUMCHERIKUNNEL
Joy Sebastian
29P TLAILE Lingoan
Sup. Visit. Africa Meridionale
Delegato Africa Meridionale
30P ELÉGBÉDÉ José
31P BADJI Jésus Benoît
Ispettore Africa Occidentale Francofona
Delegato Africa Occidentale Francofona
32P KARIKUNNEL Michael
Ispettore Africa Occidentale Anglofona

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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33P KPEN-ANA Peter
34P NGOBOKA Pierre Célestin
35P TURABANYE Jean-Pierre
36P SEQUEIRA GUTIERREZ Victor Luis
37P LUCAS Manuel Cambanje
38P OWOUDOU Alphonse
39P ELA ENAM André Young
40P RANDIMBISOA Charles Armand
41P BIZIMANA Innocent
42P SARMENTO Adolfo de Jesus
43P MATAVELE Arlindo Alberto
44P RYCHCIK Krzysztof
45P KUNDA Christopher
Delegato Africa Occidentale Anglofona
Sup. Visit. Africa Grande Laghi
Delegato Africa Grande Laghi
Sup. Visit. Angola
Delegato Angola
Sup. Visit. Africa Tropicale Equatoriale
Delegato Africa Tropicale Equatoriale
Sup. Visit. Madagascar
Delegato Madagascar
Sup. Visit. Mozambico
Delegato Mozambico
Sup. Visit. Zambia-Malawi-Namibia-Zimbabwe
Delegato Zambia-Malawi-Namibia-Zimbabwe
Regione salesiana: AMERICA CONO SUD
46P ROMERO Hector Gabriel
47L SAADE Osvaldo Fernando
Ispettore Argentina Nord
Delegato Argentina Nord
48P PERERA Darío Ramón
49L CAMILETTI Agustín
Ispettore Argentina Sud
Delegato Argentina Sud
50P SANTOS Gildásio
51P SACRAMENTO Ricardo Sávio do
Ispettore Brasile Belo Horizonte
Delegato Brasile Belo Horizonte
52P CARLOS Ricardo
53P OLIVEIRA Ademir
Ispettore Brasile Campo Grande
Delegato Brasile Campo Grande
54P SANTOS Jefferson Luis
55P DA CUNHA Daniel Olivera
Ispettore Brasile Manaus
Delegato Brasile Manaus
56P DA SILVA Gilson Marcos
57P SANTOS Renato dos
Ispettore Brasile Porto Alegre
Delegato Brasile Porto Alegre
58P PESSINATTI Nivaldo Luiz
59P VIEIRA Francisco Inácio
Ispettore Brasile Recife
Delegato Brasile Recife
60P PICCININI Justo Ernesto
61L OLIVEIRA Marcelo dos Santos
Ispettore Brasile São Paulo
Delegato Brasile São Paulo
62P LIRA Carlo
63P ALBORNOZ David
Ispettore Cile
Delegato Cile
64P VILLALBA Mario
65L CÁCERES Cristóbal
Ispettore Paraguay
Delegato Paraguay

10.2 Page 92

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66P BAUER Alfonso
67P PÉREZ Jorge
Ispettore Uruguay
Delegato Uruguay
Regione salesiana: ASIA EST E OCEANIA
68P MATTHEWS William
69P GRAHAM Bernard
Ispettore Australia
Delegato Australia
70P NG Joseph
71P LEONG Domingos
Ispettore Cina
Delegato Cina
72P MARTIN Gerardo
73P CAMAYA Joel
Ispettore Filippine Nord
Delegato Filippine Nord
74P ATIENZA Godofredo
75L VILLORDON Edward
Ispettore Filippine Sud
Delegato Filippine Sud
76P HAMAGUCHI Jacobo
77P LAP Michael
Ispettore Giappone
Delegato Giappone
78P WONG Andrew
79P BELO Lino
Sup. Visit. Indonesia
Delegato Indonesia
80P CHOI Timothy
81P BAEK Marcello
Ispettore Korea
Delegato Korea
82P SAW Charles
83P ZEY AUNG Bosco
Sup. Visit. Myanmar
Delegato Myanmar
84P MARAVILLA Alfred
85P PARAPPILLY Robinson
Sup.Visit.
Delegato
Papua Nuova Guinea
e Isole Salomone
Papua Nuova Guinea
e Isole Salomone
86P THEPHARAT PITISANT John Bosco
87P NIPHON SARACHIT Peter
Ispettore Thailandia
Delegato Thailandia
88P NETO Apolinário
89P De SOUSA Mario
Sup.Visit. Timor Est
Delegato Timor Est
90P NGUYEN VAN QUANG Giuseppe
91P LÊ AN PHONG Barnaba
92L NGUYEN DUC NAM Domenico
Ispettore
Delegato
Delegato
Vietnam
Vietnam
Vietnam
Regione salesiana: ASIA SUD
93P SILVEIRA Savio
94P FURTADO Adolph
95P PINTO Anthony
Ispettore
Delegato
Delegato
India Mumbai
India Mumbai
India Mumbai

10.3 Page 93

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96P GOMES Nirmol
97P CHUNKAPURA Jose
98P PAURIA Joseph
Ispettore
Delegato
Delegato
India Kolkata
India Kolkata
India Kolkata
99P KURUVACHIRA Jose
100 P PATHIKULANGARA Jerry Thomas
101 P THOTTATHIMYALIL Francis
Ispettore
Delegato
Delegato
India Dimapur
India Dimapur
India Dimapur
102 P SANGMA Januarius
103 L KARAKOMBIL Joby Mani (Louis)
104 P PULIANMACKAL Biju Michael
Ispettore
Delegato
Delegato
India Guwahati
India Guwahati
India Guwahati
105 P THATHIREDDY Vijaya Bhaskar
106 P THUMMA Vijaya Pratap
Ispettore India Hyderabad
Delegato India Hyderabad
107 P THONIKUZHIYIL Joyce Mathew
108 P KOROTH Sivy
109 P KUTTIANIMATTATHIL Jose
Ispettore
Delegato
Delegato
India Bangalore
India Bangalore
India Bangalore
110 P KOCHAMKUNNEL Jose
111 P JOSEPH Andrew
112 P LOURDUSAMY Don Bosco
Ispettore
Delegato
Delegato
India Chennai
India Chennai
India Chennai
113 P KOORAPPALLIL Jose Mathew
114 P KERKETTA Shilanand
115 P MANIPARAMBEN Davis
Ispettore
Delegato
Delegato
India New Delhi
India New Delhi
India New Delhi
116 P FERNANDES Fèlix
117 P TELLES Clive
Ispettore India Panjim
Delegato India Panjim
118 P LYNGKOT Paul Olphindro
119 P CHURULIYIL Manoj
120 P ZOSIAMA John
Ispettore
Delegato
Delegato
India Shillong
India Shillong
India Shillong
121 P SARPRASADAM Agilan
122 P JEYARAYAN Amala
123 P ROYAN Ricopar
Ispettore
Delegato
Delegato
India Tiruchy
India Tiruchy
India Tiruchy
124 P ALMEIDA Joseph
125 P ATHTHIDIYAGE Chalana
Sup. Visit. Sri Lanka
Delegato Sri Lanka
Regione salesiana: EUROPA CENTRO E NORD
126 P OBERMÜLLER Petrus
127 L MAYER Günter
Ispettore Austria
Delegato Austria
128 P WAMBEKE Wilfried
129 P HAELVOET Eric
Ispettore Belgio Nord
Delegato Belgio Nord
130 P VACULÍK Petr
Ispettore Repubblica Ceca

10.4 Page 94

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131 P ŽENÍŠEK Pavel
132 P ŠUTALO Tihomir
133 L BEŠLIĆ Domagoj
134 P FEDERSPIEL Daniel
135 P ERNST Xavier
136 P BRIODY James
137 P ANDERSON Kieran
138 P GESING Reinhard
139 L GOLDSMITS Mike
140 P VON HATZFELD Hatto
141 P McDONNELL Eunan
142 P HENNESSY Patrick
143 P FORMOSA Paul
144 P FALZON Robert
145 P JARECKI Tadeusz
146 P SOLARSKI Przemysław
147 P ZDZIEBORSKI Jacek
148 P JACHIMOWICZ Roman
149 P POPŁAWSKI Adam
150 P SZULCZYŃSKI Witold
151 P PIZOŃ Jarosław
152 P MAZUR Roman
153 P KAZNOWSKI Marcin
154 P WOCIAL Michał
155 p BUČÁNY Peter
156 P KAČMÁRY Martín
157 P KOŠNIK Marko
158 P KOLAR Bogdan
159 P MANÍK Karol
160 P PLATOSH Andrii
161 P ANDRÁSFALVY János
162 P VITÁLIS Gábor
Delegato Repubblica Ceca
Ispettore Croazia
Delegato Croazia
Ispettore Francia e Belgio Sud
Delegato Francia e Belgio Sud
Ispettore Gran Bretagna
Delegato Gran Bretagna
Ispettore
Delegato
Delegato
Germania
Germania
Germania
Ispettore Irlanda
Delegato Irlanda
Sup. Visit. Malta
Delegato Malta
Ispettore
Delegato
Delegato
Polonia Warszawa
Polonia Warszawa
Polonia Warszawa
Ispettore
Delegato
Delegato
Polonia Piła
Polonia Piła
Polonia Piła
Ispettore Polonia Wrocław
Delegato Polonia Wrocław
Ispettore Polonia Kraków
Delegato Polonia Kraków
Vic. Ispett. Slovacchia
Delegato Slovacchia
Ispettore Slovenia
Delegato Slovenia
Sup. Visit. Ucraina
Delegato Ucraina
Ispettore Ungheria
Delegato Ungheria
Regione salesiana: INTERAMERICANA
163 P BATISTA Francisco
164 P MARRERO Adán Luis
Ispettore Antille
Delegato Antille

10.5 Page 95

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165 P ORTIZ Javier
166 P ROCABADO Alvaro
167 P PRADO José Ángel
168 P GUZMÁN Rodolfo
169 P GÓMEZ RÚA John Jairo
170 P JARAMILLO Rubén
171 P VALENCIA Luis Fernando
172 P GUERRERO José Ariel
173 P SÁNCHEZ Francisco
174 P CÁRDENAS Juan
175 P MÉSIDOR Jean-Paul
176 P BONHOMME Morachel
177 P OROZCO SÁNCHEZ Hugo
178 P LARA PÉREZ Eduardo
179 P OCAMPO URIBE Ignacio
180 P MORALES Paulo Armando
181 P CAYO Manuel
182 P MEDINA Pablo
183 P ZAK Timothy
184 P CONWAY Michael
185 P MONTEMAYOR Ted
186 L VU Alphonse
187 P MONTENEGRO Rafael
188 P OLIVEROS Ramón Alfredo
Regione salesiana: MEDITERRANEA
189 P
190 P
191 P
192 P
ASPETTATI Stefano
COLAMEO Roberto
MERLINI Daniele
VERLEZZA Maurizio
193 P
194 P
195 P
196 L
STASI Enrico
BARONE Luca
DEGIORGI Giorgio
TOSO Gianluca
197 P GIACOMAZZI Giuliano
198 P LEONI Erino
Ispettore Bolivia
Delegato Bolivia
Ispettore Centro America
Delegato Centro America
Ispettore Colombia Bogotà
Delegato Colombia Bogotà
Ispettore Colombia Medellín
Delegato Colombia Medellín
Ispettore Ecuador
Delegato Ecuador
Ispettore Haiti
Delegato Haiti
Ispettore Messico Guadalajara
Delegato Messico Guadalajara
Ispettore Messico México
Delegato Messico México
Ispettore Perú
Delegato Perú
Ispettore Stati Uniti Est
Delegato Stati Uniti Est
Ispettore Stati Uniti Ovest
Delegato Stati Uniti Ovest
Ispettore Venezuela
Delegato Venezuela
Ispettore
Delegato
Delegato
Delegato
Italia Centrale
Italia Centrale
Italia Centrale
Italia Centrale
Ispettore
Delegato
Delegato
Delegato
Italia Piemonte e Val d’Aosta
Italia Piemonte e Val d’Aosta
Italia Piemonte e Val d’Aosta
Italia Piemonte e Val d’Aosta
Ispettore Italia Lombardo Emiliana
Delegato Italia Lombardo Emiliana

10.6 Page 96

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199 P PICCINOTTI Giordano
200 P SANTORSOLA Angelo
201 P ROMA Gianpaolo
202 P BIFFI Igino
203 P GAETAN Enrico
204 P ZANCHETTA Silvio
205 P D’ANDREA Giovanni
206 P COSTA Giuseppe
207 P VIVIANO Michele
208 P LEÓN MENDOZA Alejandro José
209 P ZAKERIAN Simon
210 P MENDNOÇA José Aníbal
211 P FREITAS De SOUSA Juan Eduardo
212 P
213 P
214 P
215 P
ASURMENDI MARTÍNEZ Ángel
CANINO Miguel
MIRANDA Fernando
NÚÑEZ José Miguel
216 P
217 P
218 P
219 P
PÉREZ Juan Carlos
GARCÍA SÁNCHEZ Fernando
GUTIÉRREZ Luis Fernando
SEGURA Samuel
Delegato
Ispettore
Delegato
Ispettore
Delegato
Delegato
Ispettore
Delegato
Delegato
Ispettore
Delegato
Ispettore
Delegato
Ispettore
Delegato
Delegato
Delegato
Ispettore
Delegato
Delegato
Delegato
Italia Lombardo Emiliana
Italia Meridionale
Italia Meridionale
Italia Nord Est
Italia Nord Est
Italia Nord Est
Italia Sicilia
Italia Sicilia
Italia Sicilia
Medio Oriente
Medio Oriente
Portogallo
Portogallo
Spagna Sevilla
Spagna Sevilla
Spagna Sevilla
Spagna Sevilla
Spagna Madrid
Spagna Madrid
Spagna Madrid
Spagna Madrid
Università Pontificia Salesiana
220 P RIVA Eugenio
221 P MANTOVANI Mauro
Sup. Visit. UPS
Delegato UPS
Sede centrale e case dipendenti direttamente dal Rettor Maggiore
222 P CAMERONI Pierluigi
Delegato RMG
Osservatori invitati
223 L
224 P
225 L
226 P
227 P
228 P
229 P
230 L
231 L
BECERRA Christian
BOZZOLO Andrea
CHINAPPAN Francis
HAIDUKEVICH Viktar
HOBZA Martin
KETTNER Siegfried
LASARTE Martín
LOPES Marçal
METOULE David
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Perú
Italia Piemonte e Val d’Aosta
India Chennai
Polonia Warszawa
Repubblica Ceca
Austria
Angola
Timor Est
Africa Tropicale Equatoriale

10.7 Page 97

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232 P MUÑOZ RUIZ Eusebio
233 P OCHE Anthony
234 L PÉREZ GÓMEZ Marcelo
235 P PULIKKAL Joseph
236 P SALA Rossano
237 P SCHWEIZER Thomas
238 P SORO Denis
239 P SOTO Roel
240 P TIMKO Peter
241 L VADAKKEVETTUVAZHIYIL
Sunny Joseph
242 P VITO PAU Petelo
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
Invitato
RMG
Africa Occidentale Anglofona
Spagna Madrid
Africa Est
Italia Centrale
Germania
Africa Occidentale Francofona
Thailandia
Slovacchia
India Dimapur
Australia