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1.3 Page 3

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CONGREGAZIONE PER GLI
ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE
SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA
IL DONO DELLA FEDELTÀ
LA GIOIA DELLA
PERSEVERANZA
Manete in dilectione mea (Gv 15,9)
ORIENTAMENTI
In copertina:
Tu, Signore, sei luce alla mia lampada; il mio
Dio rischiara le mie tenebre (Sal 17,29)
Lucerna bizantina, Gerusalemme (sec. IV)
© Foto di Sr. Maria Smoleń, fmm

1.4 Page 4

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© 2020 Amministrazione del Patrimonio
della Sede Apostolica e Libreria Editrice Vaticana
Città del Vaticano All rights reserved
International Copyright handled by
Libreria Editrice Vaticana
00120 Città del Vaticano
Tel. 06.698.45780 Fax 06.698.84716
Email:
commerciale.lev@spc.va
ISBN 978-88-266-0390-2
www.libreriaeditricevaticana.va
Introduzione
1. Il nostro è un tempo di prova: « è più difficile
vivere da persona consacrata nel mondo attuale ».1
La
1 FRANCESCO, La forza della vocazione. Conversazione con
Fernando Prado, EDB, 2018, Bologna, 49.

1.5 Page 5

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fatica nella fedeltà e il venire meno delle forze della
perseveranza sono esperienze che appartengono alla
storia della vita consacrata, già dai suoi albori. La
fedeltà, nonostante l’eclissi di questa virtù nel nostro
tempo, è inscritta nell’identità profonda della
vocazione dei consacrati: è in gioco il senso della
nostra vita davanti a Dio e alla Chiesa.2 La coerenza
della fedeltà consente di appropriarsi e riappropriarsi
della verità del proprio essere, cioè di rimanere (cf. Gv
15,9) nell’amore di Dio.
Siamo consapevoli che l’odierna cultura del
provvisorio non può non influire sulle scelte di
vita, e sulla stessa vocazione alla vita consacra-
2 Cf. FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 170.
3

1.6 Page 6

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ta, è una cultura che può ingenerare una fedeltà
precaria e « quando il “per sempre” è debole –
afferma Papa Francesco qualunque ragione
vale per abbandonare il cammino cominciato
».3 La coerenza e la fedeltà alla causa di Cristo
non sono virtù che si acquisiscono in un
istante; esse richiedono una profonda
consapevolezza delle implicazioni umane,
spirituali, psicologiche e morali di una
vocazione alla vita consacrata. La Sua causa
trascende, interpella, invita a decidersi e
dedicarsi al e per il servizio del Regno di Dio.
Convinzioni personali e impegni comunitari
sono in questo servizio un dono sperimentato
nella grazia della conversione; tale grazia
sostiene una fedeltà autentica che si distanzia
da una fedeltà sterile, sovente realizzata per
affermare se stessi, e da una fedeltà temeraria,
che misconosce i propri limiti e va oltre le
proprie possibilità.
2. Fedeltà e perseveranza sono state al centro
dell’intervento di Papa Francesco nel suo
Discorso del 28 gennaio 2017 alla Plenaria della
Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e
le Società di vita apostolica: « Possiamo ben dire
che in questo momento la fedeltà è messa alla
3 FRANCESCO, La forza della vocazione. Conversazione con
Fernando Prado, EDB, 2018, Bologna, 63.
4

1.7 Page 7

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prova […]. Siamo di fronte ad una “emorragia”
che indebolisce la vita consacrata e la vita stessa
della Chiesa. Gli abbandoni nella vita consacrata ci
preoccupano. È vero che alcuni lasciano per un
atto di coerenza, perché riconoscono, dopo un
discernimento serio, di non avere mai avuto la
vocazione; però altri con il passare del tempo
vengono meno alla fedeltà, molte volte solo pochi
anni dopo la professione perpetua. Che cosa è
accaduto? ».4
L’interrogativo sollevato da Papa
Francesco non può cadere nel vuoto. Di fronte
al fenomeno degli abbandoni dello stato di vita
consacrata e clericale denominatore di
situazioni diversificate da tempo la Chiesa si
interroga sull’atteggiamento da assumere.5 La
stessa vita consacrata è stata più volte
sollecitata a riconoscere, discernere e
accompagnare situazioni di disagio o di crisi e
a non ridurre il fenomeno solo a un allarmante
quadro statistico senza, allo stesso tempo,
interrogarsi sul senso e sulle implicazioni della
4 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti alla Plenaria
della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e
le Società di vita apostolica, Città del Vaticano, (28
gennaio 2017).
5 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Pastores
dabo vobis, (15 marzo 1992), 10.
5

1.8 Page 8

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fedeltà e perseveranza di una vocazione alla
sequela Christi: cammino di conversione e di
purificazione che aiuti a riscoprire il
fondamento e l’identità della propria chiamata,
senza lasciarsi andare al pessimismo o alla
frustrazione logorante di chi si sente impotente
e si prepara al peggio.
La complessità e la delicatezza delle
questioni non sembrano trovare in molti casi
soluzioni adeguate. È decisivo porsi in
atteggiamento di ascolto e di discernimento,
implorando con fiducia la luce dello Spirito
Santo perché ci aiuti a leggere la realtà con
serietà e serenità. Si tratta di situazioni che,
considerate nel loro insieme, incidono
negativamente sull’autocomprensione della
stessa identità dei consacrati e delle consacrate;
gettano ombre sulla credibilità evangelica degli
Istituti; minano, in qualche modo, la fiducia del
popolo di Dio nei confronti del mondo dei
consacrati.
3. La Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica non
può non lasciarsi interpellare dalle
problematiche inerenti alla fedeltà e alla
perseveranza nello stato di vita consacrata. A
partire da ciò che con più frequenza si osserva
nel vissuto degli Istituti e delle Società, ha
6

1.9 Page 9

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perciò inteso elaborare e proporre alcune
indicazioni o linee di intervento preventivo e di
accompagnamento. In questa prospettiva, il
presente documento si propone di fornire
orientamenti che, sulla base della normativa
codiciale e della prassi dicasteriale, risultino
utili a tutti i consacrati e le consacrate, e a tutti
coloro che hanno ruoli di responsabilità sia nel
governo sia nella formazione.
Il testo è articolato in tre parti:
Lo sguardo e l’ascolto. Monitora e intercetta
le situazioni che possono ingenerare
malessere, disagio, crisi nella vita
personale e comunitaria dei consacrati e
delle consacrate, senza suscitare
allarmismi o, al contrario, avallare
pericolose sottovalutazioni. Nel farsi
carico di un problema, superiori, fratelli
e sorelle, si mettono nella condizione di
affrontarlo. Così chi ha l’onestà e
l’umiltà di ammettere i suoi problemi
permette di essere aiutato e
accompagnato. I problemi hanno volti,
storie, biografie; si tratta di riconoscere
un fratello, una sorella in difficoltà e, allo
stesso tempo, di riconoscere le proprie
difficoltà. « Quando scrutiamo davanti a
Dio le strade della vita, non ci sono spa-
zi che restino esclusi. In tutti gli aspetti
7

1.10 Page 10

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dell’esistenza – esorta Papa Francesco
possiamo continuare a crescere e offrire
a Dio qualcosa di più, perfino in quelli
nei quali sperimentiamo le difficoltà più
forti ».6
Ravvivare la consapevolezza. Il binomio
fedeltà-perseveranza ha caratterizzato il
Magistero sulla vita consacrata. I due
termini vengono avvertiti come aspetti
inscindibili di un’unica attitudine
spirituale. La perseveranza è una qualità
indispensabile della fedeltà. In tale
dinamismo si comprende l’importanza
della formazione permanente che spinge
sia la persona consacrata sia l’istituto alla
« continua verifica della fedeltà verso il
Signore, della docilità verso il suo Spirito
[…] della costanza nel donarsi,
dell’umiltà nel sopportare i contrattempi
». 7 Infatti, la vocazione alla vita
consacrata è un cammino di
trasformazione che rinnova il cuore e la
6 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 175.
7 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
Potissimum institutioni. Direttive sulla formazione negli
Istituti religiosi, (2 febbraio 1990), 67.
8

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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mente della persona affinché possa
discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a
lui gradito e perfetto (Rm 12,2). « Al giorno
d’oggi – afferma Papa Francesco
l’attitudine al discernimento è diventata
particolarmente necessaria » 8 per non
fermarsi « solo alle buone intenzioni ».9
Uomini e donne del discernimento, i
consacrati diventano capaci di
interpretare la realtà della vita umana alla
luce dello Spirito, e così scegliere,
decidere e agire secondo la volontà
divina. 10 La formazione comporta un
costante esercizio del dono del
discernimento, « che dà la maturità
necessaria a una persona consacrata.
Oggi questo è fondamentale nella vita
consacrata: la maturità ».11
La separazione dall’Istituto. Normativa e
prassi dicasteriale: « Nella vita consacrata
non
8 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 167.
9 Ivi, 169.
10 Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il dono della
vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis
Sacerdotalis, (8 dicembre 2016), 43.
11 FRANCESCO, La forza della vocazione. Conversazione con
Fernando Prado, EDB, 2018, Bologna, 52.
9

2.2 Page 12

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si può camminare da soli. Abbiamo bisogno
di qualcuno che ci accompagni » 12 non
soltanto a riconoscere e correggere
atteggiamenti, stili di vita, mancanze,
infedeltà che risultano una evidente
controtestimonianza allo stato di vita
consacrata, ma anche a recuperare il senso e
12 Ivi, 53.
10

2.3 Page 13

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il rispetto della disciplina, in quanto
custodisce l'ordine nella nostra vita ed
esprime attenzione e premura per il fratello
e la sorella. La disciplina forma il discepolo
di Cristo non a un piatto conformismo, ma
alla coerenza con la propria forma di vita
alla sequela Christi; educa alla necessaria
presa di distanza da mentalità e ideologie
mondane che compromettono la credibilità
del nostro stile di vita; attiva il senso della
vigilanza, atteggiamento interiore di
prontezza e lucidità di fronte a situazioni
avverse o rischiose. Infine, è un esercizio di
misericordia, perché siamo debitori di
misericordia gli uni agli altri. Nella
prospettiva del discernimento-
accompagnamento si offre ai superiori e
responsabili a ogni livello un quadro di
riferimento normativo e della prassi
dicasteriale, per valutare correttamente le
situazioni di rilevanza disciplinare, nel
pieno rispetto delle procedure previste
dall’ordinamento canonico.
4. Un cammino di fedeltà nella
perseveranza richiede di saper guardare con
realismo e obiettività la propria esperienza di
1

2.4 Page 14

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1
persona consacrata, senza chiudere gli occhi di
fronte all’insorgenza di problemi o criticità che
possono essere segnali di una fedeltà precaria o
derive di infedeltà. Una persona consacrata in
un cammino di fedeltà autentica legge e
discerne la propria storia e si interroga
anzitutto sulla « fedeltà dell’amore »;13 impara
ad ascoltare la propria coscienza e a formarsi
ad una coscienza dotata di un retto giudizio;14
disciplina la propria vita per non svuotare di
senso la cura dell’interiorità; accoglie il dono
della grazia divina, promessa e pegno del
nostro rimanere nel suo amore (cf. Gv 15,9).
13 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 112.
14 Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il dono della
vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis
Sacerdotalis, (8 dicembre 2016), 94.
12

2.5 Page 15

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2.6 Page 16

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Parte prima
LO SGUARDO E LASCOLTO

2.7 Page 17

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I. IL FENOMENO DEGLI
ABBANDONI: ALCUNI NODI
CRITICI
Un fenomeno che interroga
5. La realtà degli abbandoni nella vita
consacrata è sintomo di una crisi più ampia che
interroga le diverse forme di vita riconosciute
dalla Chiesa. Questo fenomeno non può essere
giustificato unicamente con il rinvio a cause
socioculturali, né affrontato con la
rassegnazione che porta a considerarlo
normale. Non è normale che dopo un lungo
periodo di formazione iniziale o dopo lunghi
anni di vita consacrata si giunga alla decisione di
chiedere la separazione dall’Istituto.
A testimonianze di vita esemplare si
affiancano, con una certa frequenza, situazioni
in cui si riscontra « una fedeltà a fasi alterne,
un’obbedienza selettiva », forse, sintomo di «
una vita annacquata e mediocre, vuota di senso
».15 Emergono « le debolezze e le difficoltà che
oscurano la gioia » 16 conosciuta all’inizio del
cammino. A volte persone che hanno vissuto
15 FRANCESCO, Discorso ai Vescovi di recente nomina
partecipanti al corso promosso dalla Congregazione per
i Vescovi, Città del Vaticano, (13 settembre 2018.)
16 FRANCESCO, Discorso in occasione dell’Incontro
con le Comunità religiose in Corea, Kkottongnae
(Corea), (16 agosto 2014).

2.8 Page 18

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con generosa dedizione e condotta esemplare
assumono comportamenti difficili di cui si
fatica a individuare le ragioni e ancora più ad
accettarle. Altre volte esplodono derive
comportamentali occasione di scandalo che
feriscono e pongono seri interrogativi sui
percorsi formativi precedenti e sugli stili di vita.
Tuttavia, oggi come ieri, « tanti consacrati e
ministri di Dio, nella silenziosa dedizione di sé,
perseverano incuranti del fatto che il bene
spesso non fa rumore […]. Essi continuano a
credere e a predicare con coraggio il Vangelo
della grazia e della misericordia a uomini assetati
di ragioni per vivere, per sperare e per amare.
Non si spaventano davanti alle ferite della carne
16

2.9 Page 19

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di Cristo, sempre inferte dal peccato e non di
rado dai figli della Chiesa ».17
1
7
Forme di disagio
6. Le situazioni problematiche interrogano
sui nodi critici e generatori di malessere o
disagio che si ritrovano più frequentemente
nella vita consacrata in generale. Papa
Francesco prende atto che si tratta di rischi e
limiti derivanti anche dalla cultura del nostro
tempo: « Viviamo immersi nella cosiddetta
cultura del frammento, del provvisorio ».18
17 FRANCESCO, Discorso ai Vescovi di recente nomina
partecipanti al corso promosso dalla Congregazione per
i Vescovi, Città del Vaticano, (13 settembre 2018.)
18 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti alla plenaria
della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le

2.10 Page 20

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Prima di mettere in atto percorsi di
accompagnamento, prevenzione e cura, si tratta
di riconoscere alcuni nodi all’origine di diverse
forme di disagio o problematiche più gravi e
critiche. Ne segnaliamo alcuni che risultano
essere più rilevanti e riscontrabili. In questa
prospettiva è decisivo riconoscere i problemi e
ascoltare chi li sta affrontando, per non ridursi
in seguito a diagnosticare situazioni
tendenzialmente non risolvibili.
Vigile lo sguardo e attento l’ascolto
7. Siamo chiamati a riconoscere, cioè a
rendere vigile lo sguardo e attento l’ascolto: « lo
sguardo del discepolo missionario che si nutre
della luce e della forza dello Spirito Santo »;19
l’ascolto che ci pone in attenzione dell’altro, dei
fratelli e delle sorelle della porta accanto.
Riconoscere è già « imparare a discernere e
scoprire » quanto ci tiene a « distanza dal vivo
del dramma umano ».20 Sono richieste, quindi,
Società di vita apostolica, Città del Vaticano, (28 gennaio
2017).
19 FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium, (24
novembre 2013), 50.
20 FRANCESCO, Omelia in occasione della Benedizione
dei Palli per i nuovi Arcivescovi Metropoliti nella
Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Città del
Vaticano,
18

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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umiltà, prossimità ed empatia, per entrare in
sintonia e percepire quali sono « le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce degli uomini
d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro
che soffrono ».2122 Lo stesso sguardo e lo stesso
1
9
ascolto, pieno di sollecitudine e di cura, vanno
rivolti verso coloro che attraversano situazioni
di disagio, malessere o crisi. Si tratta di uno
sguardo di « compassione […] non un pietismo.
(29 giugno 2018); cf. FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii
gaudium, (24 novembre 2013), 270.
21 CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione pastorale
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes,
22 .

3.2 Page 22

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Non esiste una compassione che non ascolti.
Non esiste una compassione che non solidarizzi
con l’altro ». Questo sguardo muove dalla «
libertà che nasce dall’amore e mette il bene
dell’altro sopra ogni cosa ».23
8. Uno sguardo distratto o miope, ovvero
superficiale, è sempre causa di incomprensione,
pregiudizio, sofferenza e colpevolizzazione;
provoca una pericolosa confusione tra i diversi
livelli, psichico, relazionale e spirituale,
dell’esperienza umana. Il primo passo per
individuare, anche strategicamente, cosa fare e
quali vie percorrere per discernere e prevenire o
per accompagnare mediante processi di
sostegno e di cura, è riconoscere che un fratello
o una
23 FRANCESCO, Discorso in occasione dell’incontro con
i sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi, Viaggio
apostolico in Ecuador, Bolivia e Paraguay (5-13 luglio
2015), Santa Cruz de la Sierra (Bolivia), (9 luglio 2015).
20

3.3 Page 23

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sorella stanno vivendo un periodo di difficol tà.
Per riconoscere, discernere, accompagnare è
necessario possedere anche una specifica
preparazione. Ciò esige una positiva ed efficace
interazione di professionisti per avviare
percorsi di accompagnamento spirituale, di
psicoterapia e di cura.
Crisi degli Istituti: incertezza e disorientamento
9. Lungo la sua secolare storia, la vita
consacrata ha saputo dimostrare una sempre
rinnovata capacità di attrazione 24 verso chi,
essendo in ricerca di senso, trova in essa un
modello di riferimento significativo.
Attrazione che va recuperata e incentivata « nel
suo incanto originario, come antidoto alla
“paralisi della normalità” e come apertura alla
grazia che scompiglia il mondo e le sue logiche.
24 « Possiamo ben applicare alla vita consacrata
quanto ho scritto nella Esortazione apostolica Evangelii
gaudium, citando un’omelia di Benedetto XVI: “La
Chiesa non cresce per proselitismo, ma per
attrazione”»: FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i
consacrati in occasione dell’Anno della vita consacrata,
(23 novembre 2014), 1.
2
1

3.4 Page 24

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-
Risvegliare il fascino della radicalità evangelica
nelle giovani generazioni, così da poter
riscoprire la profezia della castità, povertà e
obbedienza come anticipazione del Regno e
realizzazione piena della propria vita è un
aspetto che non può essere messo in secondo
piano in un tempo dominato da logiche
consumistiche e mercificanti ».25
Anche le istituzioni attraversano crisi con il
rischio di sottolineare « le ombre a discapito
delle luci ». 26 Con sapiente realismo Papa
Francesco annota che « quando la vita delle
nostre comunità attraversa periodi di “fiacca”,
dove si preferisce la quiete domestica alla
novità di Dio, è un brutto segno. Vuol dire che
si cerca riparo dal vento dello Spirito ».27
25 XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL
SINODO DEI VESCOVI, Instrumentum laboris. “I giovani, la
fede e il discernimento vocazionale”, Città del Vaticano
2018, 103.
26 FRANCESCO, Discorso in occasione dell’incontro
con il clero, i religiosi e i diaconi permanenti, Visita
pastorale a Pompei e a Napoli, Napoli, (21 marzo
2015).
27 FRANCESCO, Omelia in occasione della Solennità di
Pentecoste, Città del Vaticano, (20 maggio 2018).
2

3.5 Page 25

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Opacità dell’attrazione
10. Siamo chiamati a risvegliare il fascino
della radicalità evangelica, opacizzata nella sua
percezione, dentro e fuori di noi. Il disagio e il
malessere, infatti, minano la credibilità di una
forma di vita che vede il calo del suo apprezza
mento come progetto globale, sentito estraneo
alla cultura del nostro tempo. Papa Francesco
ne ha intercettato più volte i segnali. Il
Pontefice ne elenca alcuni: « individualismo,
spiritualismo, chiusura in piccoli mondi,
dipendenza, sistemazione, ripetizione di
schemi prefissati, dogmatismo, nostalgia,
pessimismo, rifugio nelle norme ». 28 La
persona consacrata non è un burocrate né un
funzionario, ma una persona appassionata che
non sa vivere nella « mediocrità tranquilla e
anestetizzante ».29 In particolare nella Lettera ai
Consacrati il Papa non indulge a sconti: « tra di
noi non si vedano volti tristi, persone scontente
e insoddisfatte, perché “una sequela triste è una
triste sequela”. Anche noi, come tutti gli altri
28 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 134.
29 Ivi, 138.
2
3

3.6 Page 26

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-
uomini e donne, proviamo difficoltà, notti
dello spirito, delusioni, malattie, declino delle
forze dovuto alla vecchiaia. Proprio in questo
dovremmo trovare la “perfetta letizia”,
imparare a riconoscere il volto di Cristo che si
è fatto in tutto simile a noi e quindi provare la
gioia di saperci simili a Lui che, per amore
nostro, non ha ricusato di subire la croce. In
una società che ostenta il culto dell’efficienza,
del salutismo, del successo e che marginalizza i
poveri ed esclude i “perdenti”, possiamo
testimoniare, attraverso la nostra vita, la verità
delle parole della Scrittura: Quando sono debole, è
allora che sono forte (2 Cor 12,10) ».30
« La tentazione della sopravvivenza
trasforma in pericolo, in minaccia, in tragedia
ciò che il Signore ci presenta come
un’opportunità per la missione. Questo
atteggiamento non è proprio soltanto della vita
30 FRANCESCO, Lettera Apostolica a tutti i consacrati in
occasione dell’Anno della vita consacrata, (23
novembre 2014), II, 1.
4

3.7 Page 27

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consacrata, ma in modo particolare siamo
invitati a guardarci dal cadere in essa ».31
Inadeguata valutazione delle difficoltà
11. Siamo altresì invitati a superare una
certa reticenza nel parlare delle nostre difficoltà
o debolezze perché nella vita consacrata ogni
denuncia a ben vedere può diventare
un’autodenuncia: nessuno può tirarsi fuori dai
pro blemi che preoccupano o travagliano una
comunità, una provincia e l’Istituto. Non
sembra ancora così evidente che malessere,
disagio, crisi, siano occasione di costruttivo e
pacato confronto e non di sterili polemiche o,
peggio, di malcelata indifferenza. Rimane
ancora aperto il cammino del superamento di
una mentalità che vede le situazioni
problematiche quasi oscurate, nel timore o
nella reticenza di esporre le debolezze. In
contrapposizione si assiste impotenti al
fenomeno spesso stigmatizzato da Papa
31 FRANCESCO, Omelia in occasione della XXI
Giornata Mondiale della vita consacrata, Città del
Vaticano, (2 febbraio 2017).
2
5

3.8 Page 28

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-
Francesco – del “terrorismo delle chiacchiere”
che certo non giova a un clima di serena e
rispettosa convivenza. Si valutano le statistiche
del proprio Istituto come un’inevitabile deriva
del disorientamento e dell’incertezza dei tempi,
senza porsi l’interrogativo che forse sono
anche insuccessi e fallimenti dell’istituzione. Si
pubblicizzano le entrate, si privatizzano le
uscite, con inconscia tendenza a prendere le
distanze da quest’ultime.
II. ISTANZE DA INTERPRETARE E
DINAMICHE DA CONVERTIRE
Processi di costruzione dell’identità
12. Debolezze, difficoltà, fragilità
all’origine del disagio – possono ricondursi ai
processi di costruzione dell’identità che, nel
contesto culturale attuale, sono divenuti
sempre più complessi, sia a livello di
consapevolezza/ coscienza, sia a livello di
individuazione/differenziazione, e quindi di
accettazione di sé e della propria
incompiutezza. La difficoltà a identificarsi con
se stessi, sia nella componente psicosessuale,
sia nella dimensione cognitiva ed emotiva, è
all’origine di molte forme di disagio relazionale,
di disadattamento e perfino di gravi forme di
6

3.9 Page 29

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psicopatologia. Il lessico crisi e le sue
declinazioni sembrano essere il denominatore
comune di situazioni assai differenziate, non di
rado inclusive di derive esistenziali estreme. Se
2
7

3.10 Page 30

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la crisi si presenti o si risolva come rischio o
opportunità si può verificare solo dai suoi esiti.
Disagi che feriscono l’umanità del consacrato o
della consacrata possono diventare luogo di
purificazione, trasformazione e sapienza
attraverso l’esperienza necessaria della grazia
che rende possibile l’obbedienza alla chiamata
(cf. 2 Cor 12,9).
Nella prospettiva del mistero pasquale,
l’ammissione della propria fragilità manifesta
che il limite, legato alla nostra condizione di
esseri mortali, ci invita a considerare l’ambiente
attorno a noi con gli occhi della fiducia e non
della diffidenza, quasi che qualcuno ci volesse
sorprendere nelle nostre presunte o reali
manchevolezze. Le chiusure alimentano la
sfiducia e non riducono i possibili rischi e danni,
né la paura di fallire. In ogni caso è sminuita in
noi la fiducia nella fedeltà di Dio che ci sostiene
e sul quale possiamo contare. Fidarsi è il
principio di ogni prassi salvifica. La chiamata
alla sequela di suo Figlio comporta consegnarsi
a questa fiducia, anche nell’esperienza
dell’infedeltà e del peccato. Dio consegnando
Cristo alla storia degli uomini lo ha reso principio
di vita per tutti coloro che gli obbediscono (Eb 5,9).
28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Loscuramento della fede
13. « La fiducia deve crescere afferma
Papa Francesco proprio quando le
circostanze ci buttano a terra ». 32 Si tratta di
circostanze segnate, talvolta, dalla sofferenza
dovuta ad amare prove subite dentro o fuori
dell’Istituto; di cadute spesso involontarie, a
volte volontarie, dove la fiducia in Dio viene
estromessa e la sfiducia in se stessi prende il
sopravvento. Poi subentrano altri idoli che «
provocano un grande vuoto esistenziale ».33 In
questo vuoto la fede appare come « una luce
illusoria »34 e finisce per « essere associata al
buio. […] Quando manca la luce, tutto diventa
confuso, è impossibile distinguere il bene dal
male, la strada che porta alla mèta da quella che
32 FRANCESCO, Omelia in occasione della Liturgia di
ringraziamento nel 200° anniversario della
ricostituzione della Compagnia di Gesù, Roma, (27
settembre 2014).
33 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti alla plenaria
della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e
le Società di vita apostolica, Città del Vaticano, (28
gennaio 2017).
34 FRANCESCO, Lett. Enc. Lumen fidei, (29 giugno
2013), 2.
2
2
9

4.2 Page 32

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ci fa camminare in cerchi ripetitivi, senza
direzione ».35 Non è un cammino nella notte,
ma il crollo del cammino, fino alla decisione,
talora improvvisa e senza dialogo e confronto,
di abbandonare l’Istituto. Questa decisione
nasconde, alcune volte, il rifiuto di farsi aiutare,
negandosi la possibilità di essere di nuovo visitati
dall’Alto (Lc 1, 78).
Non meno preoccupante è la condizione di
chi sopravvive all’assenza di Dio, pur
rimanendo nella convivenza comunitaria.
Consapevolmente o meno si induce un disagio
diffuso, che rende fratelli, sorelle, superiori,
impotenti nel trovare soluzioni, e nell’arginare
tensioni e malesseri che rischiano di
compromettere gli equilibri comunitari.
Il modo di intendere e vivere il celibato consacrato
14. Nei processi di difficile costruzione della
propria identità si evidenzia sicuramente il
modo di intendere e vivere il celibato
consacrato. Le cosiddette crisi affettive sono
35 Ivi, 3.
30

4.3 Page 33

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soggette a molte variabili e a situazioni spesso
sofferte, non senza risvolti drammatici. Non
può dirsi ininfluente un contesto culturale
narcisistico che tende a esaltare il piacere e
rivendica una libertà senza limiti, specie
nell’ambito della vita affettiva e sessuale.
Poche volte le parole del Pontefice risuonano
così severe nei confronti di « uno dei peggiori
atteggiamenti di un religioso: rispecchiare se
stesso, il narcisismo ».36 La crisi dell’identità
rende più difficile comprendere e vivere il
celibato consacrato come identità e come
progetto. I processi richiesti in questo
cammino di maturazione presuppongono una
lucida e disponibile capacità decisionale e un
amore libero dal bisogno di possesso, contro
ogni forma di dipendenza affettiva. Inoltre,
non vanno sottovalutati atteggiamenti ingenui
nel modo di vivere l’amicizia e i rapporti
interpersonali. Un maggiore realismo e una
migliore conoscenza dei propri limiti
dovrebbero condurre ad acquisire maggiore
prudenza. Consapevoli della nostra debolezza
36 FRANCESCO, Discorso in occasione del Convegno
Internazionale per i giovani consacrati, Città del
Vaticano, (17 settembre 2015).
3
1

4.4 Page 34

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non ci illudiamo di riuscire a controllare i
nostri sentimenti e le passioni da essi generati.
Liquidità della fedeltà
15. La difficile comprensione del celibato
consacrato non può astrarsi dalla cosiddetta
“questione del legame”. Tale problematica
deve essere presa in seria considerazione, sia
per comprendere e per prevenire alcuni
fenomeni che conducono inevitabilmente alla
non-perseveranza, sia per aiutare,
accompagnare, curare quanti manifestano
forme di disagio relazionale e psichico oppure
forme varie di disadattamento. Il mondo dei
consacrati e delle consacrate è esposto a una
pervasiva cultura del dissipamento o consumo
dei sentimenti: rimanere fedeli non è più
scontato, rimanerlo tutta la vita ancora meno.
La fedeltà è una virtù che appartiene
costitutivamente alla libertà e consente al
soggetto in ricerca-discernimento di formarsi
alla luce della verità e del bene rettamente
intesi. La crisi attuale della fedeltà accompagna
di pari passo la crisi dell’identità e
correlativamente la crisi del senso di
appartenenza alle istituzioni, in quanto si
2

4.5 Page 35

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ritiene che ogni legame impoverisca o ostacoli
la libertà. Il dono di sé nella sequela del Signore
è una consegna della vita per amore, ma oggi
sembra che quest’ultimo possa avere una
scadenza. Infatti, la fragilità dei legami non è
denunciata in vista di un recupero, bensì è
spesso indicata quale segno evolutivo della
nostra civiltà.
Il senso di un vincolo orientato da regole
16. Alle criticità già segnalate bisogna
aggiungere gli influssi di una malintesa
concezione di libertà che relativizza il senso di
un vincolo orientato da regole. Tale mentalità
è rafforzata da un diffuso linguaggio che tende
a svalutare il senso della mediazione delle
istituzioni e delle regole e può alimentare un
fuorviante senso dell’autonomia invocata in
nome della spontaneità, dell’immediatezza,
della rivendicazione dei propri spazi anche
quando questi possono compromettere la
ricerca del bene comune. Le mediazioni si
fanno carico per tutti di offrire opportunità
di valorizzazione di risorse umane, spirituali,
professionali e, non ultime, normative.
Nessuno ne nasconde i limiti che, a ben
3
3

4.6 Page 36

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vedere, sono anche i nostri limiti. Le
mediazioni delle istituzioni e delle regole nella
vita consacrata ci incoraggiano a considerare
noi stessi come fratelli e sorelle nel vincolo
della fraternità e della sororità.
L’individualismo e i cosiddetti cammini
paralleli sovente aprono la strada all’uscita
dall’Istituto. Quando si dà eccessivo rilievo
all’individualità ci si distoglie dall’impegno a
vedere il nostro benessere come legato e
dipendente da quello della comunità e quindi
ad accrescere la coerenza di tutti nella fedeltà a
seguire una Regola.
Rapporto con il tempo e lo spazio
17. Un altro punto nodale per interpretare
correttamente il disagio è il rapporto con il
tempo e lo spazio, coordinate essenziali di ogni
crescita e sviluppo. Le transizioni e le
conseguenti sfide e/o crisi legate all’età
mettono in luce quanto sia importante un
corretto rapporto con il tempo e lo spazio. In
particolare lo spreco di tempo impoverisce la
fedeltà e la perseveranza. Si rischia di vivere un
tempo alienato, mondano; un tempo del “tutto
e subito”, un vivere alla giornata, con un
dilettantismo che sfocia nell’instabilità, non
4

4.7 Page 37

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solo caratteriale, ma soprattutto ministeriale,
ovvero con ricorrenti istanze di trasferimento.
Un simile fenomeno è tutt’altro che marginale
nei nostri ambienti. Saper gestire il tempo è
segno di una sana autonomia e, quindi, di una
matura capacità di scelta. Non va sottovalutato
il fenomeno di consacrati e consacrate al limite
del burn out e quanti, invece, vengono meno
alla legge del lavoro. Entrambi i fenomeni
sono ben riscontrabili nella vita consacrata. Le
persone consacrate hanno stretto un’alleanza
con Dio e con i fratelli e le sorelle. Quindi il
tempo che vivono è in alleanza con il Testimone
fedele, Gesù Cristo (cf. Ap 3,14), Colui che
chiederà loro anche il rendiconto del tempo.
Difficili relazioni interpersonali e comunitarie
18. La situazione di malessere prodotta
dalla difficoltà – e talvolta dall’impossibilità –
di relazioni e di comunicazione interpersonale
costituisce un altro nodo critico all’origine di
molteplici forme di disagio o fragilità. Nella
vita consacrata la fraternità subisce battute
d’arresto fino a giustificare stili di vita
mediocri, aggregazioni occasionali,
convivenze tollerate. Là dove le relazioni
interpersonali si riducono a un formale
3
5

4.8 Page 38

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reciproco rispetto, a incontri funzionali al
servizio, ad atti comuni scanditi dall’orologio;
là dove gli incontri comunitari vengono subiti
quasi fossero adempimenti dovuti e le
variazioni alla routine feriale sono viste come
minacce al quieto vivere, si pongono le
condizioni del progressivo svuotarsi del senso
di fraternità e non deve meravigliare che il
primo abbandono si realizza prendendo le
distanze dalla propria comunità. Contro
queste tentazioni Papa Francesco ci esorta a
recuperare il valore della vita comunitaria che
preserva dalla « tendenza all’individualismo
consumista che finisce per isolarci nella ricerca
del benessere appartato dagli altri ».37
Esperienza di solitudine
19. Difficoltà legate alle relazioni
interpersonali possono innescare il disagio,
soprattutto nella vita consacrata, di una diffusa
e sofferta esperienza di solitudine come
vissuto personale anche in contesti dove
permane l’attenzione e il coinvolgimento dei
fratelli e delle sorelle. La solitudine della
37 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 146.
6

4.9 Page 39

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persona consacrata può esporre a rischi,
mentre essere circondati da fratelli e sorelle
persone con cui si convive o con cui si è legati
da vincoli di stima e amicizia è
un’opportunità che aiuta a rompere il cerchio
di isolamento in cui ci si chiude. La solitudine
si trasforma in isolamento quando porta a «
rifugiarsi nelle proprie certezze, sicurezze, nei
propri spazi, a disinteressarsi della vita degli
altri, chiudendosi in piccole ‘aziende
domestiche’ […] Situazioni che sfociano nella
tristezza individualista, in una tristezza che
poco a poco lascia spazio al risentimento, alla
continua lamentela, alla monotonia ». 38 La
solitudine, invece, diventa feconda quando è
abitata dalla presenza di Dio a cui si è
consegnata la propria vita, e dalla presenza dei
fratelli e delle sorelle, presenze provvidenziali
che aiutano ad uscire da se stessi per riscoprire
il dono dell’altro.
Tensione tra comunità e missione
38 FRANCESCO, Omelia, Viaggio Apostolico a Cuba,
negli Stati Uniti d’America e Visita alla Sede
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (19-28
settembre 2015), La Habana (Cuba), (20 settembre
2015).
3
7

4.10 Page 40

▲back to top
20. Un altro elemento critico si può
ravvisare nella tensione tra comunità e
missione, intesa positivamente come «
tensione nel senso vitale, tensione di fedeltà ».
39 Tale tensione se non superata o risolta può
ingenerare conflitti, indurre insoddisfazione
e/o delusione, specie se associata all’attivismo
o all’individualismo. Essa può offrirsi come
opportunità di creatività, di innovazione
purché vissuta come occasione di
investimento di nuove energie e soprattutto di
convergenza progettuale. Una feconda
elaborazione della tensione porta a un
cambiamento personale e comunitario che «
consiste in una conversione del nostro stesso
sguardo: cercare di guardarci gli uni e gli altri
in Dio, e saperci mettere anche dal punto di
vista dell’altro: ecco una duplice sfida legata
alla ricerca dell’unità […] all’interno delle
comunità religiose ». 40 Si può ben
39 FRANCESCO, Discorso in occasione dell’Incontro
con religiose e religiosi della Diocesi di Roma, Città del
Vaticano, (16 maggio 2016).
40 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti al Colloquio
Ecumenico di religiosi e religiose promosso dalla
Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le
8

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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comprendere che tensioni irrisolte, degenerate
sovente in aperte conflittualità, alimentano la
disaffezione alla comunità, minano il senso
d’appartenenza all’Istituto e, non ultimo,
possono demotivare a tal punto la propria
scelta di vita che l’abbandono dell’Istituto è
ritenuto la sola via d’uscita.
Gestione del mondo digitale
21. Nelle nostre comunità, in particolare in
situazioni comunitarie problematiche, si può
verificare un’inadeguata gestione del mondo
digitale e, conseguentemente, la ricerca di un
rifugio negli spazi della comunicazione offerti
dalle nuove tecnologie, dai social in particolare.
« Esistono […] aspetti problematici – come ha
richiamato Papa Francesco : la velocità
dell’informazione supera la nostra capacità di
riflessione e giudizio e non permette
un’espressione di sé misurata e corretta. La
varietà delle opinioni espresse può essere
percepita come ricchezza, ma è anche
possibile chiudersi in una sfera di informazioni
che
3
9

5.2 Page 42

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Società di vita apostolica, Città del Vaticano, (24
gennaio 2015).
corrispondono solo alle nostre attese e alle
nostre idee, o anche a determinati interessi
politici ed economici. L’ambiente
comunicativo può aiutarci a cre- scere o, al
contrario, a disorientarci. Il desiderio di
connessione digitale può finire per isolarci dal
nostro prossimo, da chi ci sta più vicino ».41
Inoltre non si può eludere l’interrogativo sul
tipo di legami che si stabiliscono attraverso la
comunicazione mediatica, sempre più diffusa
e frequente anche nelle nostre comunità.
Stanno crescendo forme di dipendenza
psicologica che aprono la strada ad altre forme
di disagio e di fragilità: « i media digitali
osserva Papa Francesco possono esporre al
rischio di dipendenza, di isolamento e di
progressiva perdita di contatto con la realtà
concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni
interpersonali autentiche. Nuove forme di
violenza si diffondono attra-
41 FRANCESCO, Messaggio per la XLVIII Giornata
Mondiale delle comunicazioni sociali Comunicazione al
servizio di un’autentica cultura dell’incontro, (1 giugno 2014).
10

5.3 Page 43

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verso i social media, ad esempio il cyberbullismo; il
web è anche un canale di diffusione della
42

5.4 Page 44

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5.5 Page 45

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pornografia e di sfruttamento delle persone a scopo sessuale o
tramite il gioco d’azzardo ».42
Rapporto con il potere e il possesso
22. Presenti in ogni relazione umana, « le ambizioni del
potere e gli interessi mondani giocano contro di noi ». 43 «
Persino chi apparentemente dispone di solide convinzioni
dottrinali e spirituali, spesso cade in uno stile di vita che porta
ad attaccarsi a sicurezze economiche, o a spazi di potere e di
gloria umana che ci si procura in qualsiasi modo, invece di dare
la vita per gli altri nella missione ». 44 Il documento Per vino
nuovo otri nuovi ha espresso preoccupazione circa la «
permanenza di stili e prassi di governo che si allontanano o
contraddicono lo spirito di servizio, fino a degenerare in forma
di autoritarismo ».45
42 FRANCESCO, Es. Ap. post-sinodale Christus vivt, (25 marzo 2019), 108.
43 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo 2018), 91.
44 FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium, (24 novembre 2013), 80.
45 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSA-

5.6 Page 46

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4
1
CRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Orientamenti Per vino nuovo otri nuovi.
Dal Concilio Vaticano II la vita consacrata e le sfide ancora aperte, Roma (6 gennaio
2017), 43.
Parte seconda
RAVVIVARE LA CONSAPEVOLEZZA
42

5.7 Page 47

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5.8 Page 48

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5.9 Page 49

▲back to top
I. FEDELTÀ E PERSEVERANZA
Memoria Dei
23. La fedeltà si confronta con il tempo, con la storia, con
la vita quotidiana. Se la fedeltà è virtù essenziale a ogni
relazione interpersonale, la perseveranza è la virtù specifica del
tempo: esse interpellano sulla relazione con l’altro. Nel tempo
attuale, frantumato e senza vincoli, queste realtà si configurano
come una sfida per ogni persona e, in particolare, per il
cristiano. Ma come riconoscere la propria fedeltà se non a
partire dalla fedeltà di Colui che è fedele (cf. 1Tes 5,24) e dalla
fede in Lui? Il fedele è colui che tiene insieme la memoria e il
presente; ciò può permettergli di essere perseverante. La
perseveranza, infatti, non può non essere sostenuta da una
memoria Dei. In questo senso il cristiano, capace di memoria Dei,
conosce e ricorda l’agire del Signore. È una memoria che
coinvolge il cuore dell’uomo, sede della sua volontà e della sua
mente. Una memoria sempre rinnovata della fedeltà divina è
ciò che può suscitare e sostenere la fedeltà del credente.
Dio è il fedele
24. Papa Francesco sovente esorta a fare memoria, a
ricordare l’amore di predilezione di Cristo, e precisa: «
Possiamo dire qualcosa sull’amore sponsale di Gesù con la
Chiesa », un amore che ha « tre caratteristiche: è fedele; è
perseverante, non si stanca mai di amare; è fecondo. […] La
fedeltà è proprio l’essere dell’amore di Gesù ».45
4
5

5.10 Page 50

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Il tema della fedeltà e quello della perseveranza sono centrali
nella Parola di Dio. La fedeltà hesed è, infatti, uno dei
principali attributi di Dio: Dio è il fedele. Tutta la storia della
salvezza non è altro che il racconto di questa alleanza tra Dio
e il creato, tra Dio e il suo popolo, Israele, tra Dio e l’umanità
intera. Bontà e fedeltà caratterizzano la natura di Dio e tutto il
suo agire nei riguardi del popolo eletto, ma anche verso tutta
la creazione.
45 FRANCESCO, Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae
Marthae, (2 giugno 2014), in: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno
CLIV, n.
124, Mart.
03/06/2014.
Dio promette di non tradire mai la sua alleanza, ma di
rimanervi fedele nel tempo. Supera lo sdegno e assume il male
dell’uomo, perché possa tornare ad essergli fedele con la libertà
che il perdono gli restituisce. Questa costante adesione
all’alleanza, altro non è che la fedeltà di Dio alla sua Promessa.
Il profeta Osea dà conto di questa fedeltà di Dio come esito
del suo amore tenace verso il popolo attraverso la suggestiva
immagine del matrimonio: Perciò, ecco, l’attirerò a me, la condurrò
nel deserto e parlerò al suo cuore [...]. In quel tempo farò per loro
un’alleanza […] Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella
giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me
nella fedeltà e tu conoscerai il Signore (Os 2, 16 e ss.). La fragilità
evidente e ripetuta di Israele non scalfisce la roccia (Dt 32,4)
della fedeltà di Dio, come canta il salmista: La tua fedeltà di
generazione in generazione (Sal 119,90).
6

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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Cristo icona di fedeltà
25. Da qui deriva la risposta umana: una fedeltà che è
anzitutto fede e fiducia (come rivela la traduzione greca di fedeltà,
che usa pistis/pisteuein [fede/credere] e i suoi derivati),
affidamento e adesione alle promesse e ai precetti dell’alleanza.
Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà per chi custodisce la sua
alleanza e i suoi precetti (Sal 25,10).
Anche se Israele non è stato servo fedele, si è smarrito e ha
imitato spesso l’infedeltà della generazione che ha attraversato
il deserto
generazione dal cuore incostante e dallo spirito infedele a Dio (Sal 78,8)
Dio non ha cessato di dare prova di fedeltà: egli ha pietà con
affetto perenne (Is 54,8).
Il tema della relazione e del recupero della relazione,
nonostante le infedeltà e il male dell’uomo, caratterizza tutta la
Storia della salvezza fino alla venuta di Gesù, che diventa il
fedele del Padre suo e, per ciò stesso, il fedele all’umanità
debole, incline al male ma di fronte alla quale egli propone
costantemente la sua promessa di salvezza. L’amen alla fedeltà
è Gesù Cristo (cf. 2Cor 1,20; Ap 3,14). La venuta di Cristo, la
sua Incarnazione è la Promessa che si realizza. Gesù è il
Testimone fedele, come lo definisce l’Apocalisse (1,5), il servo
fedele e veritiero (Ap 19,11) in cui si compiono tutte le cose… scritte
nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi
(Lc 24,44). In lui tutte le promesse di Dio vengono mantenute
(cf. 2Cor,1,20). In Cristo viene manifestata la fedeltà di Dio (cf.
1Tes 5, 23-24).
4
7

6.2 Page 52

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Cristo, testimone fedele, insegna all’uomo la fedeltà, ne è
icona; è fedeltà a Dio Padre. Invita gli uomini a essere fedeli
alla sua Parola. A noi è data la grazia e richiesta la risposta della
fedeltà al Padre attraverso il Figlio che ci ha amato e ha dato se
stesso per noi. Uno dei titoli primitivi dei cristiani sarà proprio
quello di fedeli, per indicare la fede in Cristo (At 10,45; Ef 1,1),
animata dall’amore (Gv 15,9s). Paolo fa uso frequente di questa
parola, sia per le persone sia per gli atteggiamenti, e menziona
tra i frutti dello Spirito anche la fedeltà (Gal 5,22).
« Questa fedeltà non la possiamo mai conquistare con le
nostre forze, non è solo frutto del nostro impegno quotidiano;
essa viene da Dio ed è fondata sul “sì” di Cristo, che afferma:
mio cibo è fare la volontà del Padre (cf. Gv 4,34). È in questo “sì”
che dobbiamo entrare, entrare in questo “sì” di Cristo,
nell’adesione alla volontà di Dio, per giungere con san Paolo
ad affermare che non siamo noi a vivere, ma è Cristo stesso
che vive in noi »46.
La fedeltà vive dell’incontro
26. L’incontro con Dio coinvolge l'uomo nella sua
interezza: siamo chiamati a vivere il totale affidamento di noi
stessi, intelletto e volontà, mente e cuore, fermezza e dolcezza
del consenso. La fede è il mistero dell’incontro operato dallo
Spirito fra il Padre e il Figlio nel cuore dell’uomo che accoglie
il Verbo e si lascia conformare a Lui.
L’incontro col Signore apre il discepolo alla pienezza di
vita. Questa partecipazione alla vita della Trinità si manifesta
46 BENEDETTO XVI, Udienza generale, Città del Vaticano, (30 maggio
2012).
8

6.3 Page 53

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in uno stile in cui Dio è Tutto e tutto fa riferimento a Lui: Vi
siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il
nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo
Creatore (Col 3,9). La Trinità vive nell’esistenza di chi risponde
alla chiamata alla sequela Christi con la consegna del proprio
essere: « La vita consacrata è annuncio di ciò che il Padre, per
mezzo del
4
9

6.4 Page 54

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6.5 Page 55

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Figlio, nello Spirito compie con il suo amore, la
sua bontà, la sua bellezza ».47
Perseverare: memoria e speranza
27. Il termine perseveranza appare nei
Vangeli sinottici con una formula identica in
Matteo e Marco: Chi avrà perseverato fino alla fine
sarà salvato (Mt 10,22b; 24,13; Mc 13,13); e con
contenuto simile in Luca: Con la vostra
perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,19).
Gesù stesso rivolge ai suoi discepoli l’invito
alla perseveranza direttamente e
personalmente nel solenne contesto della cena
pasquale: Voi siete quelli che avete perseverato con me
nelle mie prove (Lc 22,28). Egli annuncia ai suoi
discepoli che dovranno affrontare le sue prove,
e sembra riconoscere i suoi dalla loro
disponibilità a sopportare le sue prove per tutto
il tempo lungo il quale egli ha perseverato, fino
a dare la vita per loro (cf. Gv 13,1). Prima che a
questa perseveranza fino alla fine, Gesù esorta i
suoi a perseverare nella custodia della Parola
ascoltata con cuore integro e buono (Lc 8,15) e nel
portare frutto. Anche la Scrittura, infatti, si
47 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita
consecrata, (25 marzo 1996), 20.
5
1

6.6 Page 56

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rivela fonte di perseveranza, di consolazione e
di speranza, e, al contempo, motivo delle
persecuzioni da affrontare (cf. Rm 15,4).
I testi evangelici presentano già alcuni tra i
temi peculiari della successiva trattazione
neotestamentaria sulla perseveranza, quale
carattere necessario e qualificante dei cristiani.
La Lettera di Giacomo si apre, in maniera
esemplare, proprio con un’esortazione alla
perseveranza:
Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite
ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa
alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi
l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza
mancare di nulla (Gc 1,2-4).
La perseveranza è intesa prima di tutto
come pazienza, come capacità di subire prove
che preparino a essere perfetti e integri.
La perseveranza vissuta e testimoniata da
Paolo è la virtù di chi combatte per
testimoniare la fedeltà a Cristo (1Tm 6,11-12).
Il cristiano è chiamato alla perseveranza sul
modello di Cristo, come affermato da Gesù
stesso (cf. Lc 22,28).
28. La Lettera agli Ebrei invita ad
affrontare con perseveranza la corsa che ci sta davanti,
2

6.7 Page 57

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tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore
della fede (Eb 12,1-2). Nella perseveranza si
rivela l’amore autentico per Cristo di chi fissa
gli occhi del cuore e della mente su di Lui, come
un atleta fissa il traguardo. Quando nella vita
viene a mancare lo scopo, tutto diviene
pesante, svuotato di senso, e l’amore mostra la
sua inconsistenza.
« L’autore della lettera agli Ebrei dice:
“Avete solo bisogno di perseveranza”. Occorre
perseveranza perché, fatta la volontà di Dio,
otteniate ciò che vi è stato promesso.
Perseveranza per arrivare alla promessa. E il
cammino della promessa ha dei momenti belli,
dei momenti luminosi, dei momenti oscuri ».48
Il Papa raccomanda di perseverare sempre
seguendo le due indicazioni proposte
dall’Apostolo: memoria e speranza. Memoria
dei giorni felici dell’incontro con il Signore: «
per esempio, quando ho fatto un’opera buona
e ho sentito il Signore vicino […] quando ho
scelto di entrare in seminario, nella vita
48 FRANCESCO, Meditazione mattutina nella cappella
della Domus Sanctae Marthae, Memoria e speranza, (1
febbraio 2019).
5
3

6.8 Page 58

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consacrata ».49 L’autore della Lettera suggerisce
di richiamare alla memoria quei momenti, i
primi giorni, dove tutto era luminoso. La
seconda indicazione è la speranza: « quando il
diavolo ci attacca con le tentazioni, con i vizi,
con le nostre miserie, sempre guardare il
Signore, la perseveranza della croce,
ricordando i primi momenti belli dell’amore,
dell’incontro con il Signore e la speranza che ci
spetta ».50
Dono del Dio dell’alleanza è anche la
perseveranza delle persone consacrate, «
testimonianza eloquente, ancorché senza
parole, del Dio fedele il cui amore è senza fine
».5152 Nata dall’esperienza viva dell’Amore che
salva, alla luce della fedeltà del Dio Padre Figlio
49 Idem.
50 Idem.
51 CONGREGAZIONE PER I RELIGIOSI E GLI ISTITUTI
SECOLARI, Elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa
sugli istituti dediti all’apostolato, Roma, (31 maggio 1983),
52 .
4

6.9 Page 59

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e Spirito Santo, la vita consacrata trova il suo
senso nel dinamismo della fedeltà.53
Perseverare nella fedeltà
29. A partire dai testi conciliari il binomio
“fedeltà-perseveranza” ha caratterizzato il
Magistero sulla vita consacrata. Il Concilio,
come pure i testi successivi, non intendono i
due termini come sinonimi ma come aspetti
inscindibili di un’unica attitudine spirituale: la
perseveranza è una qualità indispensabile della
fedeltà. Soprattutto nei documenti del Concilio
e in quelli immediatamente successivi, la
perseveranza appare come attributo tipico della
fedeltà, una sua qualità costitutiva, che viene
coniugata con l’umiltà.
Il n. 46 della Costituzione dogmatica Lumen
gentium esprime esplicitamente la grandezza
della vita di speciale consacrazione che
prolunga nella storia, attraverso il segno e
l’opera delle persone consacrate, la presenza di
Cristo: « il sacro Concilio conferma e loda
quegli uomini e quelle donne, quei fratelli e
53 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale
Vita consecrata, (25 marzo 1996), 70.
5
5

6.10 Page 60

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quelle sorelle, i quali nei monasteri, nelle
scuole, negli ospedali e nelle missioni, con
perseverante e umile fedeltà alla loro
consacrazione, onorano la sposa di Cristo e a
tutti gli uomini prestano generosi e diversissimi
servizi ».54 La vita stessa dei consacrati e delle
consacrate è quindi definita attraverso la sua
perseverante e umile fedeltà alla consacrazione.
Amore totale ed esclusivo
30. San Paolo VI, nel suo Magistero sul
sacerdozio e sulla vita consacrata, rimarcava il
valore della fedeltà perseverante, e della totalità
della donazione delle persone consacrate. Il
santo Pontefice, anche quando non la
menziona direttamente, descrive la
perseveranza come segno che il consacrato e la
consacrata hanno offerto irrevocabilmente la
propria vita e sono pienamente fedeli alla
propria offerta.
Nella lettera enciclica Sacerdotalis coelibatus
del 1967, sul celibato dei presbiteri, lo stesso
Pontefice esortava a un amore autentico che «
è totale, esclusivo, stabile e perenne, e stimolo
54 CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione
dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 46.
6

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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irresistibile che conduce a tutti gli eroismi ».55
Nello stesso anno, nel Messaggio per la Giornata
Mondiale delle vocazioni, egli sottolineava ancora
la totalità della chiamata alla vita di speciale
consacrazione: « La parola vocazione acquista
una pienezza di significato, che senz’altro tende
a divenire, se non esclusivo, specifico e
perfetto, là dove si tratta di vocazione
doppiamente speciale: perché viene da Dio
direttamente, come un raggio di luce folgorante
i più intimi e profondi recessi della coscienza; e
perché si esprime praticamente in una
oblazione totale d’una vita all’unico e sommo
amore; a quello di Dio e a quello, che ne deriva
e fa tutt’uno col primo, dei fratelli ». 56
Particolarmente incisiva è l’Esortazione
apostolica Evangelica testificatio del 1971, nella
quale Paolo VI chiedeva ai religiosi e alle
religiose di essere testimoni per gli uomini e le
donne del proprio tempo di una vita unificata
e aperta, che può essere garantita solo nella
55 PAOLO VI, Lett. Enc. Sacerdotalis coelibatus, (24
giugno 1967), 24.
56 PAOLO VI, Messaggio per la IV Giornata Mondiale di
preghiera per le vocazioni, (5 marzo 1967).
5
7

7.2 Page 62

▲back to top
personale adesione al Dio vivente. 57 Il
Pontefice metteva in relazione la testimonianza
delle persone consacrate con la perseveranza
della loro vita.
Accenti particolari acquista il tema della
fedeltà nel Magistero di San Paolo VI agli
Istituti secolari, richiamandoli al « dovere di
essere fedeli », fedeli « alla loro vocazione
propria », che deve esprimersi anzitutto nella
fedeltà alla preghiera « fondamento della
solidità e della fecondità ».58
Nei documenti successivi la fedeltà viene
sempre più descritta come un dinamismo di
crescita, nel quale la perseveranza richiede
l’impegno necessario e concorde delle persone
consacrate, e degli stessi Istituti. La
perseveranza assume, sempre più chiaramente,
il valore di testimonianza della fedeltà di Dio
all’alleanza stabilita con la persona consacrata,
ancor prima che quella del consacrato o della
consacrata stessi.
57 Cf. PAOLO VI, Es. Ap. Evangelica testificatio, (29
giugno 1971), 34.
58 PAOLO VI, Discorso al I Congresso Mondiale degli
Istituti Secolari, Città del Vaticano, (25 agosto 1976).
8

7.3 Page 63

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In occasione del Sinodo sulla vita
consacrata il rapporto tra fedeltà e
perseveranza è stato sempre più approfondito,
e la fedeltà è assunta quale termine chiave per
riassumere e descrivere i diversi valori
essenziali della vita consacrata.
Maria modello di perseveranza
31. Quale modello e sostegno di tale «
perseveranza nella fedeltà » delle persone
consacrate è costantemente indicata la Vergine
Maria. San Giovanni Paolo II la invocava nella
conclusione dell’Esortazione Redemptionis
donum: « Tra tutte le persone consacrate senza
riserva a Dio, Ella [la Vergine Immacolata] è la
prima. Ella la Vergine di Nazareth è anche
la più pienamente consacrata a Dio, consacrata nel
modo più perfetto. Perseverando nella fedeltà
a Colui che è fedele, sforzatevi di cercare un
sostegno specialissimo in Maria! Ella, infatti, è
stata chiamata da Dio alla comunione più
perfetta col Figlio suo. Sia Ella, la Vergine
fedele, anche la Madre nella vostra via
evangelica: vi aiuti a sperimentare e a
5
9

7.4 Page 64

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dimostrare davanti al mondo quanto infinitamente
fedele è Dio stesso! ».59
L’espressione “perseveranza nella fedeltà”
costituisce una delle chiavi interpretative più
efficaci per leggere l’esortazione apostolica
Vita consecrata. In essa la perseveranza si pone
in diretta relazione con la fedeltà stessa, al di là
delle sue diverse espressioni. La perseveranza,
ancor prima che nella fedeltà alla regola o al
carisma, è messa in relazione proprio alla
fedeltà a Dio, in una sorta di sintesi di tutto il
cammino della riflessione del Magistero.
Itinerario di crescente fedeltà
32. La fedeltà di Dio verso ogni uomo e
ogni donna si manifesta nella creatività, lungo
tutta la storia della Salvezza. Di conseguenza,
anche la nostra fedeltà è il contrario della
fissità, è chiamata a essere dinamica, come
sottolinea con decisione Vita consecrata: 60 ciò
che si vuole conservare va continuamente reso
59 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. Redemptionis donum,
(24 marzo 1984), 17.
60 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale
Vita consecrata, (25 marzo 1996), 70.
10

7.5 Page 65

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attuale. Fedeltà si coniuga quindi con
creatività:
2

7.6 Page 66

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7.7 Page 67

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qualcosa deve cambiare e qualcosa deve
mantenersi. Importante è discernere ciò che
deve permanere nella perseveranza da ciò che,
invece, può e deve cambiare.
« Qui sta il senso della vocazione alla vita
consacrata: un’iniziativa tutta del Padre (cf. Gv
15, 16), che richiede da coloro che ha scelti la
risposta di una dedizione totale ed esclusiva.
L’esperienza di questo amore gratuito di Dio è
a tal punto intima e forte che la persona avverte
di dover rispondere con la dedizione
incondizionata della sua vita, consacrando
tutto, presente e futuro, nelle sue mani ».61
Se la fedeltà definitiva alla speciale
comunione d’amore con il Padre significa
fedeltà alla vocazione, alla consacrazione e alla
missione ricevute dallo stesso Padre, la fedeltà
a Cristo si fonda non solo sul battesimo ma
sull’alleanza sponsale. « Possiamo dire –
scriveva ancora San Giovanni Paolo II in Vita
consecrata che la vita spirituale, intesa come
vita in Cristo, vita secondo lo Spirito, si
configura come un itinerario di crescente
61 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita
consecrata, (25 marzo 1996), 17.
6
1

7.8 Page 68

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fedeltà, in cui la persona consacrata è guidata
dallo Spirito e da Lui configurata a Cristo, in
piena comunione di amore e di servizio nella
Chiesa ».62 Questo essere come Lui viene prima
di ogni servizio, di ogni agire, per cui la fedeltà
a Cristo dei consacrati e delle consacrate
permette loro di essere il prolungamento nella
storia della speciale presenza del Risorto.63
È proprio nella fedeltà allo Spirito Santo 64
che ogni consacrato può essere sempre più
fedele alla propria identità, 65 nella misura in cui
la verginità per il Regno « costituisce un riflesso
dell’amore infinito che lega le tre Persone divine
nella profondità misteriosa della vita trinitaria;
amore testimoniato dal Verbo incarnato fino al
dono della sua vita; amore riversato nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito Santo (Rm 5, 5), che stimola
ad una risposta di amore totale per Dio e per i
fratelli ».66
33. In questa luce trinitaria si
comprendono le quattro classiche fedeltà: «
62 Ivi, (25 marzo 1996), 93.
63 Cf. Ivi, 19.
64 Cf. Ivi, 62.
65 Cf. Ivi, 71.
66 Ivi, 21.
2

7.9 Page 69

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Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa,
al vostro Istituto e all’uomo del nostro tempo
». 67 La fedeltà all’Istituto rimanda
esplicitamente alla Trinità nella misura in cui
ogni carisma è un dono di Dio che trova nella
persona umana un collaboratore; in questo
senso la fedeltà personale a restare in un
determinato Istituto, pur ammettendo delle
eccezioni, non è una questione solo umana ma
rimanda alla più profonda scelta di fedeltà a
Dio. La fedeltà all’uomo del nostro tempo
significa amarlo e servirlo secondo il cuore di
Cristo e a modello della Trinità. Una fedeltà sul
modello trinitario non può che essere come
quella di Dio per l’uomo, dunque una fedeltà
totale nella misura in cui va fino in fondo, fino
alla croce.68
Perseveranza nel cammino di santità
34. Il consacrato, pertanto, è chiamato per
vocazione a vivere il discepolato e la sequela,
come una risposta di amore che implica la
67 Ivi, 110.
68 Cf. Ivi, 86.
6
3

7.10 Page 70

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totale adesione a Cristo nel dono di tutta la vita,
se necessario fino all’offerta di sé nel martirio.
San Giovanni Paolo II ha riaffermato che
un’autentica perseveranza nella sequela, anche
in tutto il suo valore martiriale, va vissuta dai
consacrati e dalle consacrate nella forma
semplice e feriale del costante riferimento al
proprio carisma fondazionale.69
La perseveranza delle persone consacrate
consiste nel seguire il percorso fornito dalle
regole e dalle costituzioni degli Istituti, che
ispira il cammino di santità nel quale il
consacrato e la consacrata deve perseverare, al
fine di conformarsi a Cristo, perché possa
essere testimone e compartecipe della sua
opera redentiva.
Per le comunità come per le singole
persone consacrate la sequela Christi si compie
nel mistero pasquale, da vivere in quella « ferma
fiducia nel Signore della storia »70 che proprio
nella perseveranza trova l’attuazione e la
testimonianza più chiara.
69 Cf. Ivi, 37.
70 Ivi, 63.
4

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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D’altra parte, Vita consecrata ricorda come «
in questo secolo, come in altre epoche della
storia, uomini e donne consacrati hanno reso
testimonianza a Cristo Signore con il dono
della propria vita. Sono migliaia coloro che,
costretti alle catacombe dalla persecuzione di
regimi totalitari o di gruppi violenti, osteggiati
nell’attività missionaria, nell’azione a favore dei
poveri, nell’assistenza agli ammalati e agli
emarginati, hanno vissuto e vivono la loro
consacrazione nella sofferenza prolungata ed
eroica, e spesso con l’effusione del proprio
sangue, pienamente configurati al Signore
crocifisso ». 71 A queste donne e a questi
uomini, che hanno perseverato nell’amore fino
a dare la vita, l’esortazione apostolica affida il
compito di intercessori per la fedeltà di ogni
persona consacrata.72
La vita fraterna luogo della perseveranza
35. Dopo il Concilio il Magistero ha
maturato e approfondito una costante
elaborazione circa il ruolo della vita fraterna
71 Ivi, 86.
72 Idem.
6
5

8.2 Page 72

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nella perseveranza dei consacrati. Con
crescente insistenza, infatti, si è riconosciuto
nella vita fraterna in comunità, e nelle relazioni
che in esse si costituiscono, uno degli ambiti
caratteristici della sequela Christi dei consacrati.
D’altra parte, molto significativamente, nel
Magistero conciliare è proprio la vita in
comune il primo soggetto chiamato alla
perseveranza: « La vita in comune perseveri
nella preghiera e nella comunione di uno stesso
spirito, nutrita della dottrina del Vangelo, della
santa liturgia e soprattutto dell’eucaristia (cf. At
2,42), sull’esempio della Chiesa primitiva, in cui
la moltitudine dei credenti era d’un cuore solo
e di un’anima sola (cf. At 4,32) ».73 La comunità
apostolica di Gerusalemme, dunque, viene
proposta come modello della vita religiosa,
perché possa accogliere le sfide che la storia
contemporanea pone.
Il Magistero indica gli strumenti attraverso
i quali la vita fraterna è vivificata e nutrita: il
vangelo, la liturgia eucaristica e la preghiera.
73 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Decreto sul
rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis, 15.
6

8.3 Page 73

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Tali strumenti saranno costantemente suggeriti
nei documenti successivi, fino a trovare
approfondito sviluppo nell’Istruzione Ripartire
da Cristo.74 Progressivamente, viene messo in
luce che per una vera vita di comunione è
essenziale non soltanto la preghiera, ma la
stessa perseveranza dei singoli membri della
comunità nel personale cammino di adesione a
Cristo, che si realizza anche attraverso la cura
delle relazioni comunitarie. Emerge inoltre che
la perseveranza di ciascuno è in rapporto
reciproco con la perseveranza della comunità.
Corresponsabili della fedeltà del fratello e della
sorella
36. Il forte legame tra una vita fraterna
autenticamente evangelica e l’effettiva capacità
di una comunità di formare i giovani religiosi è
stato ampiamente ribadito e approfondito dalle
74 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione
Ri-
partire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel
Terzo Millennio, (19 maggio 2002).
6
7

8.4 Page 74

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Direttive Potissimum institutioni, 75
che, rimandando ancora una volta alla «
ispirazione fondamentale » della Chiesa
descritta dagli Atti degli apostoli, « frutto della
Pasqua del Signore », ricordano le condizioni e
le esigenze che un tale modello richiede: 75
umile realismo e atteggiamento di fede,
rinnegamento di sé e accoglienza dello Spirito,
tutti caratteri propri della perseveranza.
37. L’Istruzione La vita fraterna in comunità,
Congregavit nos in unum Christi amor 76 segna la
piena maturazione del valore fondamentale
della vita in comune, quale sostegno e garanzia
per la perseveranza. « La qualità della vita
fraterna – si legge nell’Istruzione – ha una forte
incidenza anche sulla perseveranza dei singoli
religiosi. Come la scarsa qualità della vita
fraterna è stata frequentemente addotta quale
motivazione di non pochi abbandoni, così la
fraternità vissuta ha costituito e tuttora
Potissimum institutioni. Direttive sulla formazione negli
Istituti religiosi, (2 febbraio 1990). 75 Cf. Ivi, 26.
75 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
8

8.5 Page 75

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76 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSA-
CRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione La
vita fraterna in comunità. Congregavit nos in unum Christi amor,
(2 febbraio 1994).
costituisce un valido sostegno alla
perseveranza di molti. In una comunità
veramente fraterna, ciascuno si sente
corresponsabile della fedeltà dell’altro;
ciascuno dà il suo contributo per un clima
sereno di condivisione di vita, di
comprensione, di aiuto reciproco; ciascuno è
attento ai momenti di stanchezza, di
sofferenza, di isolamento, di demotivazione del
fratello, ciascuno offre il suo sostegno a chi è
rattristato dalle difficoltà e dalle prove. Così la
comunità religiosa, che sorregge la
perseveranza dei suoi componenti, acquista
anche la forza di segno della perenne fedeltà di
Dio e quindi di sostegno alla fede e alla fedeltà
dei cristiani, immersi nelle vicende di questo
mondo, che sempre meno sembra conoscere le
vie della fedeltà ».76
38. Le dimensioni comunitarie della
perseveranza tornano nei documenti più
recenti, con ulteriori, significative
76 Ivi, 57.
6
9

8.6 Page 76

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focalizzazioni. L’Istruzione Ripartire da Cristo
individua propriamente nella formazione
l’ambito diretto dell’impegno perseverante sia
dell’Istituto sia della persona consacrata. 77
L’Istruzione Il servizio dell’autorità e l’obbedienza,78
infine, affida al superiore, quale garante e
promotore di una vita fraterna autenticamente
vissuta secondo il vangelo, la cura e
l’intercessione per la perseveranza di ciascuno
dei religiosi che gli sono affidati.79
Perseveranti nella preghiera
39. Nei documenti del Magistero il tema
della preghiera caratterizza il rapporto tra
perseveranza e fedeltà. La prima perseveranza
che la persona consacrata è invitata a
77 Cf. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della
vita consacrata nel Terzo Millennio, (19 maggio 2002), 18.
78 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
Istruzione Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam,
Domine, requiram, (11 maggio 2008).
79 Cf. Ivi, 30.
10

8.7 Page 77

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conservare è l’implorazione continua della
grazia della fedeltà: « implorerà con umiltà e
2

8.8 Page 78

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8.9 Page 79

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perseveranza la grazia della fedeltà, che non è
mai negata a chi la chiede con cuore sincero ».80
In particolare l’Istruzione Ripartire da Cristo
ha approfondito e sviluppato la riflessione sul
ruolo dello Spirito Santo nella preghiera e nella
perseveranza della persona consacrata. Invita
ad aprirsi al soffio vivificante dello Spirito
Santo, che diventa artefice della necessaria
perseveranza della persona consacrata.81
L’azione dello Spirito non attenua in alcun
modo la responsabilità della persona
consacrata. Al contrario, proprio la
perseveranza del consacrato costituisce
l’ambito e il mezzo stesso di quel
combattimento spirituale che mette in azione
tutte le sue virtù umane, lo fa soggetto libero
nella custodia dei doni di grazia ricevuti e gli
consente ogni giorno di rinnovarne il valore
nella dinamica incessante della conversione. Il
80 CONC. ECUM. VATICANO II, Decreto Presbiterorum
ordinis, 16.
81 Cf. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della
vita consacrata nel Terzo Millennio, (19 maggio 2002), 10.
7
1

8.10 Page 80

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Magistero non ha trascurato questo aspetto
fondamentale della perseveranza.
La formazione fondamento della perseveranza
40. La crescente consapevolezza
dell’importanza della formazione nella
perseveranza della persona consacrata e nella
sua capacità di combattere per essa trova nelle
Direttive Potissimum institutioni la sua
espressione più matura e compiuta. Tutto il
documento sembra muovere proprio dalla
volontà di rinvigorire, attraverso percorsi
formativi adeguati, la qualità della vita
consacrata e la perseveranza delle singole
persone consacrate. La persona è chiamata ad
aprirsi a due atteggiamenti definiti
fondamentali, tipici del combattimento
spirituale: « L’umiltà di chi si affida alla
sapienza di Dio e la scienza e la pratica del
discernimento spirituale per saper riconoscere
la presenza dello Spirito in tutti gli aspetti della
vita e della storia ».82 Il documento ricorda che
nel discernimento della volontà di Dio è
82 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
2

9 Pages 81-90

▲back to top

9.1 Page 81

▲back to top
necessaria anche la mediazione umana di una
guida spirituale, grazie alla quale la persona
consacrata potrà esercitare quell’apertura del
cuore che costituisce un altro dei mezzi più
tradizionali e importanti del combattimento
spirituale. Questo non toglie nulla alla
responsabilità di ciascuno nella propria
formazione.84
41. In tale dinamismo si comprende
l’importanza della formazione continua che
sollecita sia la persona consacrata sia l’Istituto
alla « continua verifica della fedeltà verso il
Signore, della docilità verso il suo Spirito, […]
della costanza nel donarsi, dell’umiltà nel
sopportare i contrattempi ».85
Alla dimensione comunitaria del
combattimento spirituale verso la santità fa
riferimento ripetutamente anche San Giovanni
Paolo II in Vita consecrata, dove richiama gli
Istituti al coraggio nell’affrontare le quotidiane
Potissimum institutioni. Direttive sulla formazione negli
Istituti religiosi, (2 febbraio 1990), 19.
84 Cf. Ivi, 29.
85 Ivi, 67.
7
3

9.2 Page 82

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« difficoltà materiali e spirituali » nella « piena
docilità all’ispirazione divina e al discernimento
ecclesiale ».83
La gioia della perseveranza
42. L’Istruzione La vita fraterna in comunità
offre un altro elemento qualificativo della
fedeltà e della perseveranza: la gioia. Un criterio
fondamentale di qualità della vita fraterna è
individuato nella « testimonianza di gioia » di
tutta la fraternità, che costituisce un ulteriore «
sostegno alla perseveranza » della persona
consacrata. « Non bisogna dimenticare che la
pace e il gusto di stare insieme restano uno dei
segni del Regno di Dio. La gioia di vivere pur
in mezzo alle difficoltà del cammino umano e
spirituale e alle noie quotidiane, fa parte già del
Regno. Questa gioia è frutto dello Spirito e
abbraccia la semplicità dell’esistenza e il tessuto
monotono del quotidiano. Una fraternità senza
gioia è una fraternità che si spegne. Ben presto
83 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita
consecrata, (25 marzo 1996), 37.
4

9.3 Page 83

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i membri saranno tentati di cercare altrove ciò
che non possono trovare a casa loro […] ».84
Già la Costituzione Lumen gentium aveva
definito le famiglie religiose quali mezzi per
avanzare « nella gioia spirituale sul cammino
della carità ». 85 Il Magistero seguente ha
insistito sul legame tra la testimonianza della
vita di speciale consacrazione e la gioia, in
particolare attraverso la fraternità vissuta. « I
nostri contemporanei continua La vita fraterna
in comunità vogliono vedere nelle persone
consacrate la gioia che proviene dall’essere con
il Signore »,86 la gioia di rimanere fedeli,87 frutto
84 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA,
Istruzione La vita fraterna in comunità. Congregavit nos in
unum Christi amor, (2 febbraio 1994), 28.
85 CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione
dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 43.
86 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSA-
CRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione La
vita fraterna in comunità. Congregavit nos in unum Christi
amor, (2 febbraio 1994), 28.
87 Cf. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CON-
SACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione Il
servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam, Domine,
requiram, (11 maggio 2008), 7.
7
5

9.4 Page 84

▲back to top
della « amorosa frequentazione quotidiana
della Parola ».88
Le comunità, ricche di gioia e di Spirito Santo
(At 13, 52), « nelle quali l’attenzione reciproca
aiuta a superare la solitudine, la comunicazione
spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il
perdono rimargina le ferite, rafforzando in
ciascuno il proposito della comunione. In
comunità di questo tipo, la natura del carisma
dirige le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il
lavoro apostolico di tutti verso l’unica missione
»,48 diventano esse stesse evangelizzanti, sono
luoghi di speranza, luoghi delle Beatitudini
vissute, « luoghi nei quali l’amore, attingendo
alla preghiera, sorgente della comunione, è
chiamato a diventare logica di vita e fonte di
gioia ».49
43. L’Esortazione apostolica Vita consecrata
invita poi in modo particolare le donne
consacrate a vivere « in pienezza e con gioia »50
la propria vocazione, per essere « un segno della
tenerezza di Dio verso il genere umano ed una
88 Ivi.
6

9.5 Page 85

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testimonianza particolare del mistero della
Chiesa che è vergine, sposa e madre ».51
Un compito preciso, anche riguardo alla
perseveranza nella gioia, è affidato a quanti
esercitano il servizio dell’autorità, che sono
invitati ad elevare al cielo la preghiera, affinché
coloro che sono loro affidati « possano
perseverare con gioia nel santo proposito e,
perseverando, ottengano la vita eterna ».89
48 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita
consecrata, (25 marzo 1996), 45.
49 Ivi, 51.
50 Ivi, 57, 58. 51 Idem.
44. Il Magistero di papa Francesco è
particolarmente attento alla gioia. Evangelii
gaudium, Amoris lætitia, Gaudete et exsultate, gli
incipit enunciano un’esigenza evangelica
decisiva nella vita dei discepoli: l’urgenza della
gioia, che è gioia del Vangelo, letizia dell’amore,
esperienza gioiosa della comunione con il
Signore Gesù. Rivolgendosi ai consacrati egli
continuamente li invita a testimoniare gioia: «
89 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione
Il servi-
7
7

9.6 Page 86

▲back to top
Questa è la bellezza della consacrazione: è la
gioia, la gioia… ».90 La gioia di portare a tutti la
consolazione di Dio.
La gioia per papa Francesco non è inutile
ornamento, ma è esigenza e fondamento della
vita umana. Nell’affanno quotidiano, ogni
uomo e ogni donna tende a giungere e a
dimorare nella gioia con la totalità dell’essere,
la gioia è motore della perseveranza. « La gioia
nasce dalla gratuità di un incontro! […] E la
gioia dell’incontro con Lui e della sua chiamata
porta a non chiudersi, ma ad aprirsi; porta al
servizio nella Chiesa. San Tommaso diceva
bonum est diffusivum sui”. Il bene si diffonde. E
anche la gioia si diffonde. Non abbiate paura di
mostrare la gioia di aver
zio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam, Domine, requiram,
(11 maggio 2008), 30.
risposto alla chiamata del Signore, alla sua
scelta di amore e di testimoniare il suo Vangelo
nel servizio alla Chiesa. E la gioia, quella vera,
90 FRANCESCO, Incontro con i Seminaristi, i Novizi e le
Novizie, Città del Vaticano, (6 luglio 2013).
8

9.7 Page 87

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è contagiosa; contagia… fa andare avanti ».91
II.
PROCESSI PER UN
DISCERNIMENTO CONDIVISO
Laboratorio di vita
45. La fedeltà nella perseveranza alla
vocazione è un dono prezioso contenuto in
vasi di creta (cf. 2Cor 4,7ss). In questa tensione
tra il tesoro donato e la fragilità che si riscontra
oggi nella vita consacrata è fondamentale
conservare un equilibrio che dia prospettiva al
processo di crescita di ciascuno. È proprio
dall’esperienza che possono emergere
opportunità di vita che contribuiscono a
rimodellare i vecchi schemi, soprattutto se le
persone imparano a rileggere la conclusione di
un percorso vocazionale in un’ottica
motivazionale e affettiva costruttiva, capace di
imprimere nuovi significati ai comportamenti
91 FRANCESCO, Autentici e coerenti, papa Francesco
parla della bellezza della consacrazione, [Incontro con i
Seminaristi, i Novizi e le Novizie, Roma, 6 luglio 2013], in:
7
9

9.8 Page 88

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quotidiani. Tutto questo è possibile se si torna
a guardare alla vita consacrata come laboratorio
L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 8-9 luglio 2013,
CLIII (155), p. 6.
di vita, dove nel rapporto con gli altri « si impara
ad amare Dio, ad amare i fratelli e le sorelle con
cui si vive, ad amare l’umanità bisognosa della
misericordia di Dio e della solidarietà fraterna
».92
Considerare gli abbandoni della vita
consacrata come parte di un processo di
discernimento-accompagnamento sembrerebbe una
contraddizione, soprattutto se si tratta di
persone che hanno vissuto e fatto vivere
momenti di difficoltà e di tensione alle proprie
comunità e Istituti. Infatti, quando l’uscita di
un confratello o di una consorella è percepita
come una “liberazione”, qualcosa non ha
funzionato lungo il percorso di discernimento.
Non si dovrebbe arrivare alla fase del
92 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSA-
CRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione La
vita fraterna in comunità. Congregavit nos in unum Christi amor,
(2 febbraio 1994), 25.
10

9.9 Page 89

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discernimento finale attraversando situazioni
di esclusione o di un vero e proprio ostracismo
dalla comunità o dall’Istituto: questo, infatti,
rischia di alimentare un senso di fallimento in
2

9.10 Page 90

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10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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chi esce e di ingenerare nuovo malessere in chi
resta.
46. Oggi dovrebbe essere più matura la
consapevolezza di una prospettiva educativa di
Chiesa che si prende cura del fratello e della
sorella in difficoltà e quando si tratta di scelte
dolorose e difficili li accompagna a cercare
una strada diversa e nuovi significati che diano
senso alla scelta di vita. Abbiamo a
disposizione potenzialità e risorse fino a ieri
rimaste latenti; si tratta di riscoprirle per
rivolgerci alle periferie esistenziali, non solo
verso l’esterno nell’evangelizzazione, ma anche
all’interno dei nostri stessi ambienti. Nel cedere
al pessimismo di fronte al fenomeno degli
abbandoni si finisce per assumere un
atteggiamento di rassegnata passività, o peggio
per reagire in modo deresponsabilizzante, nella
convinzione che non ci sia più nulla da fare.
Eppure è proprio in questi momenti di
doloroso disorientamento che c’è bisogno di
un accompagnamento che aiuti a decidere sulla
vita, offrendo « alla persona il sostegno di una
8
1

10.2 Page 92

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maggior fiducia e di un più intenso amore ».93
È nei momenti di fragilità, infatti, che la
persona avverte più forte il bisogno di
riscoprire il senso dell’alleanza che Dio
continua a stabilire e non intende smentire,
soprattutto con chi è debole e disorientato.
Occorre una vicinanza educativa che aiuti a
ripercorrere il cammino della vita, fino a
giungere a scelte che possono essere anche dei
“no” dolorosi. Prospettare il momento
dell’uscita come un percorso di
accompagnamento vocazionale vuol dire
lavorare insieme per un discernimento che
continua ad avere senso anche e soprattutto nei
momenti più delicati e importanti della vita, in
una prospettiva di inclusione, nel rispetto della
diversità delle scelte del fratello o della sorella.
Il momento della “crisi” può diventare
un’opportunità, un kairòs per tutta la comunità.
Lavorare insieme per un discernimento condiviso
47. Come nel momento del discernimento
iniziale, quando c’erano i segni da riconoscere
93 GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita
consecrata, (25 marzo 1996), 70.
2

10.3 Page 93

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insieme, anche nel momento della decisione di
lasciare la vita consacrata occorre riscoprire,
nascosto tra le pieghe degli avvenimenti, il
senso profondo di una chiamata di Dio e di una
risposta della persona, dove Dio continua a
manifestarsi come Colui che dà senso ad ogni
vicenda dell’esistenza umana. È importante che
anche questo tempo sia vissuto in un’ottica di
chiarezza orientativa e di sostegno affettivo.
Occorre, in tal senso, dotarsi di strumenti
adeguati, non solo a livello professionale, per
saper leggere le problematiche, ma soprattutto
nell’assumere un comune impegno per
affrontarle adeguatamente. In questa direzione,
l’esercizio di un discernimento condiviso rimane
centrale per la credibilità e l’affidabilità della
vita e della missione dei consacrati e delle
consacrate, in comunione con la Chiesa,
particolarmente nell’attuale frangente storico.
Concludendo la riflessione sul discernimento
nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate,
in un paragrafo di particolare rilevanza, Papa
Francesco riassume il senso del suo stesso
itinerario: « Quando scrutiamo davanti a Dio le
strade della vita, non ci sono spazi che restino
esclusi. In tutti gli aspetti dell’esistenza
8
3

10.4 Page 94

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possiamo continuare a crescere e offrire a Dio
qualcosa di più, perfino in quelli nei quali
sperimentiamo le difficoltà più forti. Ma
occorre chiedere allo Spirito Santo che ci liberi
e che scacci quella paura che ci porta a vietargli
l’ingresso in alcuni aspetti della nostra vita.
Colui che chiede tutto dà anche tutto, e non
vuole entrare in noi per mutilare o indebolire,
ma per dare pienezza. Questo ci fa vedere che
il discernimento non è un’autoanalisi
presuntuosa, una introspezione egoista, ma una
vera uscita da noi stessi verso il mistero di Dio,
che ci aiuta a vivere la missione alla quale ci ha
chiamato per il bene dei fratelli ».94
Discernimento e accompagnamento
48. Una vera uscita da noi stessi verso il
mistero di Dio non è impresa da solitari, ma un
viaggio in compagnia di giovani, adulti, anziani
confratelli e consorelle – che s’incamminano
per vivere insieme l’avventura dell’incontro
trasformante con il Signore. È un viaggio
94 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 175.
4

10.5 Page 95

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orientato alla maturità della fede, verso lo stato
adulto (cf. 1Cor 13, 11-12) dell’essere credente.
Si è chiamati a compiere scelte che impegnano
la propria coscienza di credenti, a decidere di
sé e della propria vita in libertà e responsabilità,
secondo la verità del misterioso progetto di
Dio, al di là dei possibili rischi e delle eventuali
incertezze. Questo viaggio procede per tappe
all’interno di un percorso di formazione
dell’identità personale, nella continua
consapevolezza di una rinnovata identità
religiosa o presbiterale.
Una più convinta attuazione di un processo di
discernimento a ogni tappa e passaggio della vita
consacrata ripensandone i significati, gli
obiettivi e le modalità , comporta accompagnare
la parabola della perseveranza di consacrati e
consacrate nella fedeltà al dono della vocazione
alla sequela Christi. La tradizione ha
sapientemente coltivato questa via, che
potrebbe consentire un’oculata ed efficace
prevenzione del disagio e dei rischi. In questo
orizzonte
un
processo
di
discernimentoaccompagnamento per le persone
consacrate, certamente più impegnativo
rispetto al passato, presenta potenzialità da
8
5

10.6 Page 96

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esprimere in modo nuovo. È urgente
riconoscere e cogliere interrogativi che forse
inquietano, ma sono anche segni di speranza.
L’accompagnamento e il discernimento sono
inseparabilmente uniti: l’uno si attua nel
processo virtuoso del discernimento e l’altro si
nutre e prende la forma di un
accompagnamento.
49. Tra i segni di speranza si nota, in
particolare, il progressivo superamento di una
mentalità che tendeva quasi a colpevolizzare
chi lasciava la vita consacrata, sminuendo
eventuali responsabilità dell’Istituto. A oltre
cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, si è
consolidata l’esperienza di comunità di
discernimento-accompagnamento, destinate a
chi attraversa situazioni difficili nella propria
vita di consacrazione. È andata maturando,
inoltre, la consapevolezza di un vero e proprio
ministero di discernimento- accompagnamento non
solo per quanti attraversano il tempo della crisi,
ma anche per quanti, nella perseveranza,
desiderano rimotivare il senso della propria
fedeltà. Questo ministero è chiamato ad
affrontare, senza eluderle, le domande difficili
dei consacrati e delle consacrate; deve
6

10.7 Page 97

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coniugare esperienza e professionalità,
nell’invocazione del dono della sapientia cordis;
attua una vigile prevenzione per affrontare
situazioni anche drammatiche con
un profondo senso di amore alla
Chiesa.
Formare la coscienza
50. Alla base di ogni discorso sul
discernimento e l’accompagnamento sta la
coscienza morale e credente. Sullo sfondo di
questo cammino si pone dunque il grande tema
della coscienza e della sua formazione. La
capacità di discernere è inscindibile dalla
formazione delle coscienze: « siamo chiamati a
formare le coscienze, non a pretendere di
sostituirle ».95
Quando ci si appella alla coscienza, nella
cultura odierna, spesso si vorrebbe far passare
un’idea individualistica e intimistica del sé. Ma
centralità della coscienza « non significa seguire
il proprio io, fare quello che mi interessa, che
95 FRANCESCO, Es. Ap. post-sinodale Amoris laetitia,
(19 marzo 2016), 37.
8
7

10.8 Page 98

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mi conviene, che mi piace ».96 La coscienza è il
« nucleo » e « il sacrario dell’uomo ».97 Essa
coincide con l’identità personale di ciascuno,
nella sua storia, più o meno travagliata:
relazioni, affetti, cultura di appartenenza. La
coscienza forma anche mediante buone
relazioni, dove si fa esperienza di quel bene al
quale vale la pena dedicare la vita; in
particolare, per la formazione della coscienza
sono decisive le prime esperienze, quelle legate
ai rapporti familiari, vera e propria scuola di
umanità. È nell’esperienza di figlio e di figlia,
che ogni uomo e ogni donna si pone in ascolto
della verità, del bene, di Dio. È in queste
esperienze di bene che la coscienza morale
riconosce la sua profonda relazione con Lui,
che parla al cuore e aiuta a discernere, a
comprendere la strada che si deve percorrere e
a rimanere fedele.98 Occorre soprattutto essere
96 FRANCESCO, Angelus, Città del Vaticano, (30 giugno
2013).
97 CONC. ECUM. VATICANO II, Costituzione pastorale
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
Gaudium et spes, 16.
98 Cf. FRANCESCO, Angelus, Città del Vaticano, (30
giugno 2013).
8

10.9 Page 99

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docili alla Parola di Dio, pronti per le sorprese
del Signore che parla.
La chiamata di Dio, che risuona nel bene,
esige una risposta impegnativa: come per gli
ebrei nel deserto (cf. Dt 8,2), anche la coscienza
cristiana deve attraversare un tempo di prova,
tempo arduo e difficile. È lì che viene alla luce
ciò che ci sta veramente a cuore. La storia
personale è dunque attraversata da prove e,
talvolta, da fallimenti e disillusioni che
interpellano fortemente ad assumere una più
convinta formazione delle coscienze,
dimensione chiaramente inscritta nell’esercizio
del discernimento. È una grande capacità di
comprendere l’animo umano e, ancor prima,
stile che ci educa « alla pazienza di Dio e ai suoi
tempi, che non sono nostri ».99 Vissuta nella
propria forma di vita, la fedeltà alla memoria Jesu
esige questa inderogabile assunzione di
responsabilità che non può essere lasciata
all’improvvisazione del singolo, né a deleghe,
tanto meno ad accompagnamenti
deresponsabilizzanti.
99 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo
2018), 174.
8
9

10.10 Page 100

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Nell’orizzonte del grande tema della
coscienza e delle sue relazioni, vorremmo ora
indicare alcune forme fondamentali del
cammino di discernimento e di
accompagnamento.
Comprensione di sé
51. Le persone consacrate riconoscono la
propria vocazione come dono vissuto con
profonda gratitudine al Signore: « la vita che
Gesù ci dona ripete Papa Francesco ai
giovani – è una storia d’amore, una storia di vita
che desidera mescolarsi con la nostra e mettere
radici nella terra di ognuno. […] La salvezza
che Dio ci dona è invito a far parte di una storia
d’amore che si intreccia con le nostre storie;
che vive e vuole nascere tra noi perché
possiamo dare frutto lì dove siamo, come
siamo e con chi siamo. Lì viene il Signore a
piantare e a piantarsi ».100 La vita è qui intesa
come dono che si converte nel desiderio di una
restitutio in vista del bene dell’altro. Si tratta di
100 FRANCESCO, Discorso nella Veglia con i giovani
alla XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù a
Panama, Panama (26 gennaio 2019).
10

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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un processo di conversione che non può
prescindere dal comprendere se stessi in
2

11.2 Page 102

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11.3 Page 103

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profondità. Tale comprensione diventa criterio
interpretativo di ogni discernimento e di ogni
scelta.
Il momento iniziale di questa
autocomprensione è un vero e proprio
discernimento degli affetti. Prima ancora che
un’autocomprensione intellettuale o uno
sforzo di conoscenza, qui si tratta di ascoltare i
propri affetti, il proprio sentire. Senza
indulgere in alcun modo in
un’autocomprensione narcisista, si tratta,
piuttosto, di non nascondere a se stessi alcun
sentimento, alcun affetto, magari con la scusa
che lo si giudichi cattivo. Tutto ciò che è
rimosso, infatti, ritorna sotto altre forme e
diventa veleno che inquina la vita personale e
comunitaria.
Operando il discernimento degli affetti ci si
mette in ascolto della chiamata di Dio, che
passa attraverso la storia, personale,
comunitaria, sociale ed ecclesiale, con i
sentimenti e i desideri che essa suscita in noi.
Perciò, nel momento in cui tale
autocomprensione viene riconosciuta e accolta
come vocazione, assume la grandissima dignità
di quella verità su di sé a cui non si può che
9
1

11.4 Page 104

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essere fedeli. Appare particolarmente
significativo che la perseveranza s’inscriva nel
processo di compimento della propria
decisione di vita e si manifesti nel custodire
fedelmente la verità su se stessi, così come
emersa nella propria storia personale attraverso
le esperienze vissute. Solo una tale
autocomprensione è in grado, infatti, di far
compiere alla persona un passo definitivo
verso un futuro di cui non può conoscere i
contorni e di perseverare in uno stato di vita
che, anche nelle difficoltà, rimane la propria
scelta di vita.
Dono e compito
52. La comprensione di sé, nel
discernimento degli affetti, si manifesta in
un’esistenza pensata e vissuta come risposta
alla grazia di Dio che precede e chiama al dono
incondizionato di sé a Lui e al prossimo. Solo
in una dinamica di donazione gratuita è
possibile, infatti, un’effettiva realizzazione di sé
conforme al Vangelo del Signore Gesù. La
ricerca della propria realizzazione è una
dimensione molto sentita nella nostra cultura;
tuttavia, nel discepolato cristiano essa non può
2

11.5 Page 105

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essere segretamente desiderata né avanzata
come pretesa, pena lo svuotamento del
significato più profondo del donarsi in Cristo,
per Cristo e con Cristo. Nel paradosso
cristiano, nella sua radice profondamente
umana, la realizzazione di sé viene offerta a
colui che sa di doversi donare senza riserva,
fino alla morte, « perché la nostra vita sulla terra
raggiunge la sua pienezza quando si trasforma
in offerta ».101 Se trattenuta, la vita è perduta. Se
invece è ri-donata, allora è ritrovata con una
pienezza sorprendente. La parola del Vangelo
dice la verità profonda della vita umana: chi vuole
salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la
propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà
(Mc 8, 35). Il dono ricevuto ci chiama a
restituire ciò che ci è stato affidato, secondo
un’autentica dinamica generativa. La
dimensione pasquale dona al cristiano, al
consacrato e alla consacrata, un significato di
compimento, che gli consente di vivere la
propria esistenza senza essere condizionato
dalla necessità di continue conferme della
101 FRANCESCO, Es. Ap. Post-sinodale Christus vivit,
(25 marzo 2019), 254.
9
3

11.6 Page 106

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scelta abbracciata e senza rimanere succube
delle inevitabili paure che si presentano nel
corso della vita. La persona consacrata è
consapevole che, nei segni del limite, della
fragilità e della miseria, porta in sé un più
intenso e autentico compimento della propria
esistenza. La certezza dell’autocomunicazione
di Dio nella storia, del suo abbassarsi all’interno
delle fragilità umane, alimenta la speranza di
poter superare i propri limiti nella perseverante
offerta di sé, senza sottovalutare crisi e rischi.
Una responsabile libertà
53. L’esistenza non può mai smettere di
essere vissuta come vocazione, dal momento
che Dio accresce instancabilmente il suo
Dono. Comporta, pertanto, che l’itinerario di
formazione alla fedele perseveranza ponga le
condizioni di responsabile libertà e di continua
verifica della medesima in un vero e proprio
apprendistato del discernimento. « Per
realizzare la propria vocazione è necessario
sviluppare, far germogliare e coltivare tutto ciò
che si è. Non si tratta di inventarsi, di creare se
stessi dal nulla, ma di scoprirsi alla luce di Dio
4

11.7 Page 107

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e far fiorire il proprio essere ».102 Non si tratta
solo di una sensibilità interiore che si accorda
con la melodia dello Spirito, ma di affinare
incessantemente un senso spirituale che renda
la libera scelta della persona consacrata una
vocazione di umanità così San Paolo VI nel
celebre discorso alle Nazioni Unite definiva la
Chiesa esperta in umanità 103 sempre più in
grado di percepire l’evento della salvezza che si
cela dietro e dentro la propria umanità e il
quotidiano della propria storia.
La formazione alla perseveranza va intesa
non come sforzo volontarista e centrato su di
sé: essa mira a risvegliare, a ravvivare (cf. 2Tm
1,5) la disposizione a rispondere al dono
ricevuto, nell’esercizio di un’affinata sensibilità
interiore, di cui non sempre si è coscienti. In
ciò consiste il primo passo del discernimento,
dono che Dio desidera ardentemente
risvegliare in tutti i credenti, per essere
“accordati” con il dono dello Spirito nel loro
cuore.
102 Ivi, 257.
103 Cf. PAOLO VI, Discorso alle Nazioni Unite, (4
ottobre 1965).
9
5

11.8 Page 108

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Tutto questo dovrebbe esprimersi in una
scelta di vita che evidenzi la capacità umana di
proiettarsi nel tempo e di assumere impegni
stabili come dimensioni costitutive dell’identità
personale e relazionale, della coerenza morale
della propria vita consacrata. Anche se la
decisione di vita si realizza in un dato tempo
dell’esistenza, ha la caratteristica di essere la
risposta a un passato di grazia, che apre a una
mèta che orienta tutta la vita (progetto) e si fa
traditio, consegna di sé attraverso i giorni e le
opere della nostra vita. Con la sua decisione, la
persona consacrata dà assenso pieno a ciò che
sperimenta della volontà di Dio: il suo sì è un
consenso a quanto egli è e a ciò che Dio vuole per
lui o lei e lo suggella con il suo accordo libero,
compiuto e realizzato mediante il rito della
professione o della consacrazione. Assunta
oggi, la decisione poggia sul dono di cui si è
fatto esperienza e anticipa un domani; così,
essa precede un futuro che non esiste ancora e
solo in questo orizzonte appariranno
chiaramente la promessa di fedeltà di Dio e il
valore della nostra decisione, cioè la sua
coerenza.
Dialogo tra le coscienze: la parola e il bene
6

11.9 Page 109

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54. In questa prospettiva, il discernimento
avrà un suo luogo specifico nel dialogo tra le
coscienze, in particolare nell’insuperata
tradizione dell’accompagnamento spirituale,
che si fonda su una sapienza profondamente
umana. Gli affetti, infatti, chiedono di divenire
parola. Se la persona rimane chiusa in se stessa,
resta prigioniera del suo sentire. Attraverso la
parola del dialogo, invece, essa riesce a
comprendere il bene che è in gioco nel suo
vissuto personale, e si apre nel rapporto con gli
altri. Nel dialogo con l’altro si impara a
comprendere il bene anticipato nelle
esperienze fondamentali della vita, aspetto
decisivo della coscienza morale di ogni
credente, in particolare delle persone
consacrate.
La specificità dello stato di vita consacrata
richiede una continua e permanente
formazione morale. Si tratta di educare la
libertà personale a mettersi in gioco, nello
scambio fruttuoso con l’altro e nella
disponibilità a scoprire il bene nel quale Dio
stesso ci chiama alla pienezza della vita. Non ci
si può limitare a far conoscere la dottrina e le
norme, non di rado in modo superficiale o
9
7

11.10 Page 110

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inadeguato; occorre un richiamo alla lettura del
proprio vissuto, dove è possibile ritrovare se
stessi e appropriarsi della personale
motivazione morale. Questo processo non può
essere unicamente individuale, ma è attivato da
buone
relazioni
intersoggettive.
L’apprezzamento del bene avviene nella
concreta situazione, dove esso si presenta alla
propria scelta personale. Si tratta concretamente
dell’assunzione di responsabilità per la
formazione della propria coscienza. Il dialogo
dell’accompagnamento spirituale è un luogo e
un tempo privilegiato di questa appropriazione.
L’accompagnamento spirituale, infatti, è un
dialogo affrontato nella disponibilità a
collaborare all’interno di una relazionalità, nel
mutuo rispetto che rende possibile l’ascolto e
la proposta o la riproposta di valori da
riconoscere, scegliere, assimilare.
Nell’Esortazione apostolica Christus vivit Papa
Francesco invita con decisione a esercitare il
carisma dell’ascolto, 104 richiamando anzitutto
all’attenzione alla persona: « il segno di questo
104 Cf. FRANCESCO, Es. Ap. Post-sinodale Christus
vivit, (25 marzo 2019), 244.
8

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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ascolto è il tempo che dedico all’altro. Non è
una questione di quantità, ma che l’altro senta
che il mio tempo è suo: il tempo di cui ha
bisogno per esprimermi ciò che vuole. Deve
sentire che lo ascolto incondizionatamente,
senza scandalizzarmi, senza irritarmi, senza
stancarmi ».105
Il dialogo tra le coscienze è strumento
prezioso di autocomprensione, è possibilità di
confronto e di oggettivazione, di
discernimento non soltanto su quanto c’è da
fare ma anche sul già fatto, per essere in grado
di trarre frutto dall’esperienza e dalle scelte che
hanno orientato e orientano l’essere, il pensare
e l’agire da consacrati. Il percorso di
formazione iniziale e permanente offre
concrete possibilità volte a stimolare e
salvaguardare le potenzialità delle persone.
55. Nel processo di discernimento tutta
l’esistenza è coinvolta nel rispondere agli
appelli che il Signore rivolge nella storia dei
singoli e delle comunità. Un discernimento
spirituale che non avverta la sua incombenza
nel campo morale, sarebbe ridotto a un
105 Ivi, 292.
9
9

12.2 Page 112

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approccio spiritualistico, avulso dall’impegno
nella comunità e nel mondo. Una spiritualità di
questo tipo potrebbe facilmente cadere nella
legittimazione
dell’autoreferenzialità,
dell’intimismo, oppure nel compiacimento di
appartenere a un’élite che si ritiene superiore al
resto del popolo di Dio. Papa Francesco ha più
volte richiamato questa tentazione che va sotto
il nome di gnosticismo 106 e di denuncia di una
spiritualità disincarnata. 107 D’altra parte un
discernimento morale che non si radichi
nell’esperienza spirituale, si ridurrebbe a un
decisionismo etico o mera osservanza
esteriore, senz’anima e senza orizzonte di
senso. Per questo il discernimento è categoria
morale e spirituale, un punto di incontro tra
morale e spiritualità, dove la diversità di
approcci alla stessa realtà fa vedere la ricchezza
antropologica e teologica della persona
106 Cf. FRANCESCO, Es. Ap. Evangelii gaudium, (24
novembre 2013), 94.
107 Cf. Ivi, 78, 82, 88, 89, 90, 91, 94, 180, 183, 207, 262.
10

12.3 Page 113

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chiamata in Cristo a portare frutti per la vita del
mondo.108
Scelte irrevocabili
56. La necessità di un cammino di
discernimento e di continua formazione della
coscienza, come percorso di responsabile
fedeltà alle esigenze dello stato di vita
consacrata, assume, non da oggi, una rilevanza
del tutto particolare. « Oggi regna una cultura
del provvisorio, che è un’illusione. Credere che
nulla può essere definivo è un inganno e una
menzogna ». 109 Le persone consacrate si
trovano nel contesto di questa “società
liquida”, che ha fatto quasi sparire dal
linguaggio e dalla cultura il senso delle scelte
irrevocabili. In tal modo diviene arduo avanzare
all’uomo e alla donna del nostro tempo una
proposta di impegno per tutta la vita. L’odierno
contesto socioculturale è caratterizzato
dall’apertura a sempre nuove opportunità,
conseguentemente la decisione di vita viene
108 Cf. CONC. ECUM. VATICANO II, Decreto sulla
formazione sacerdotale Optatam totius, 16.
109 FRANCESCO, Es. Ap. Post-sinodale Christus vivit,
(25 marzo 2019), 264.
1
0
1

12.4 Page 114

▲back to top
spesso rimandata nel tempo, se non del tutto
rimossa, nell’inganno di poter giungere alla
realizzazione personale a prescindere da un
impegno che coinvolga totalmente la propria
esistenza. Nei casi in cui, poi, si giunge a
prendere una decisione definitiva, essa appare
spesso di una fragilità preoccupante.
Considerando in particolare la vita consacrata,
impressionano i tempi e i modi con cui molti
consacrati e consacrate decidono di
abbandonare la vocazione scelta come
definitiva, anche dopo un lungo e impegnativo
percorso formativo non va sottovalutato il
ricorso ordinario a nove anni di voti temporanei
110 e anche dopo tappe significative della
propria esperienza di vita consacrata e
sacerdotale.
57. Vivere in continua sperimentazione
sembra esprimere un punto fermo nella cultura
e nella mentalità contemporanee, in particolare
occidentali: il proprio destino deve rimanere,
110 Cf. SACRA CONGREGAZIONE PER I RELIGIOSI E GLI
ISTITUTI
SECOLARI,
Renovationis
causam
sull’aggiornamento della formazione alla vita religiosa,
(6 gennaio 1969), 6.
2

12.5 Page 115

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sempre e comunque, aperto e assolutamente
nelle proprie mani, a propria disposizione. Di
conseguenza non deve meravigliare che si
avverta un interesse ridotto per le decisioni di
vita definitive. Cultura e mentalità sono
inevitabilmente in direzione opposta rispetto a
chi vuole scegliere o ha scelto uno stato di vita
definitivo, soprattutto se a tale prospettiva si
aggiunge la diffusa percezione di una
incomprensione del valore del dono gratuito di
sé agli altri. Non solo, il nostro contesto sociale
si dimostra del tutto empatico e comprensivo
nei confronti delle persone che rompono
legami di vita assunti in forma irrevocabile.
Non si può nascondere che tale cultura e
mentalità stiano penetrando anche nella vita
consacrata, intaccando la concezione stessa di
vocazione, tradizionalmente concepita come
un legame che dura tutta la vita e che va
conquistato nel corso di tutta la propria
esistenza. Anche nella comunità cristiana
rispetto a un recente passato sono indebolite
le aspettative circa l’irrevocabilità della
vocazione e la stabilità di uno stato di vita.
Scoprire nuove evidenze
1
0
3

12.6 Page 116

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58. Agli occhi di qualcuno potrà sembrare
normale mettere in discussione l’irrevocabilità di
una decisione di vita e, per molti, di una vita.
Per nessuno si suppone possa essere una
decisione facile o superficiale. Nelle scelte
intese a fare verità su se stessi non si può
precludere l’opportunità di un
accompagnamento. Mettere gli altri di fronte al
fatto compiuto non aiuta a capire le proprie
difficoltà. Si tratta, da una parte, di impegnarsi
in un confronto con chi ci sta accanto o vuol
esserci prossimo, per non rimanere prigionieri
di una solitudine che penalizza la libertà e
responsabilità: è in gioco il senso di una scelta
di vita e la prospettiva di un futuro di senso.
D’altra parte, nell’accompagnare momenti di
crisi, non vanno messe troppe ipoteche sulle
decisioni da prendere, anzi si dovrebbe
permettere di far scoprire nuove evidenze nel
portare a compimento il dono di sé a Dio e agli
altri. Se, infatti, è importante saper misurare le
proprie energie, per conoscere il limite delle
proprie risorse, è altrettanto importante
ricordare che si può osare, andare oltre il limite
percepito, accompagnati da una prossimità
fraterna, amica, e allo stesso tempo lucida, che
4

12.7 Page 117

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illumina, orienta, sostiene il discernimento
nella prova.
Aprire un cammino in cui la persona si
senta esposta alla sottolineatura delle ombre,
può far spegnere il desiderio di un ritorno alla
luce. Si dovrebbe evitare di intraprendere un
percorso di autoreferenzialità nella gestione
della propria crisi con il rischio di sortire effetti
di rassegnata passività o di adeguamento alla
propria incoerenza o infedeltà. Inoltre, e non
solo, sarebbe inconcludente finire in una sorta
di vagabondaggio spirituale, alla ricerca di
qualcuno che trovi soluzioni alle proprie
indecisioni. Qualora si prospetti l’eventualità di
una decisione diversa dalla scelta già compiuta,
sostenuta anche da ragioni plausibili, tale
decisione ha bisogno di essere
opportunamente verificata attraverso persone,
tempi e modalità adeguate. « Sono da evitare
giudizi che non tengono conto della
complessità delle diverse situazioni, ed è
necessario essere attenti al modo in cui le
persone vivono e soffrono a motivo della loro
condizione ».111 Situazioni e tempi di crisi, già
111 XIV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL
1
0
5

12.8 Page 118

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complessi per l’umana condizione, non
possono essere appesantiti dall’ansia di trovare
al più presto una soluzione, rischiando di non
affrontare i reali problemi personali che la crisi
ha lasciato emergere. Si sposta così l’attenzione
su alcune oculate critiche al proprio ambiente
di vita, mascherando e coprendo le proprie
reali fatiche. Le difficoltà che si possono
incontrare, o anche subire, non escludono,
anzi, in alcuni casi evidenziano, stili di vita di
graduale e crescente deresponsabilizzazione,
fino a una completa disaffezione o
estraniazione dalla propria comunità.
SINODO DEI VESCOVI, Relatio finalis, (24 ottobre 2015),
51; cit. in FRANCESCO, Es. Ap. post-sinodale Amoris
laetitia, (19 marzo 2016), 79.
6

12.9 Page 119

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12.10 Page 120

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III.
FARSI ACCOMPAGNARE
NEL TEMPO DELLA PROVA.
LA DIMENSIONE COMUNITARIA
Fraternità: sostegno alla perseveranza
59. Senza una buona vita fraterna l’accompagnamento
spirituale personale è esposto a molti rischi. È sempre in
agguato la caduta in una relazione intimistica, priva di reali
spazi di comunità, in cui si racconta all’altro quello che
vorremmo essere ma non quello che siamo. La prospettiva di
una vita comune, intesa come schola amoris, ci porta a puntare
su ciò che realisticamente può diventare occasione di crescita
e di cambiamento. Papa Francesco invita a fare casa, a creare
casa, per « permettere che la profezia prenda corpo e renda le
nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti
ed anonimi ».112
Fare casa « è creare legami che si costruiscono con gesti
semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere. Una casa,
lo sappiamo tutti molto bene, ha bisogno della collaborazione
di tutti. Nessuno può essere indifferente o estraneo perché
ognuno è una pietra necessaria alla sua costruzione ».76 Le
comunità di consacrati e consacrate, sempre più multiculturali,
sono un formidabile laboratorio di questa fraternità della
112 FRANCESCO, Es. Ap. Post-sinodale Christus vivit, (25 marzo 2019),
217. 76 Idem.
108

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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differenza. Siamo chiamati a formare comunità umane, luoghi
di accoglienza ed elaborazione dei limiti; in questo modo la
fraternità « costituisce un valido sostegno alla perseveranza di
molti ».113 Tale perseveranza è realizzabile nella misura in cui
sono rispettate certe condizioni che sono alla base del
processo di maturazione interpersonale: che le persone siano
consapevoli del proprio modo di intessere relazioni e
corresponsabili delle potenzialità emergenti dal loro rapporto
reciproco. Queste due condizioni hanno notevoli
conseguenze operative sullo sviluppo trasformativo del
1
0
9
gruppo, perché aiutano a riscoprire il significato teleologico
della convivenza e sono strettamente collegate al senso
vocazionale della propria esistenza.
Uno stile accogliente
113 CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSA-
CRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione La vita fraterna in
comunità. Congregavit nos in unum Christi amor, (2 febbraio 1994), 57.

13.2 Page 122

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60. La prima conseguenza riguarda la capacità di
autotrascendenza, perché la consapevolezza del limite è un
appello a guardare oltre i fatti dolorosi. L’esperienza degli
abbandoni interroga le persone sul proprio stile relazionale,
sapendo che « l’unità che devono costruire è un’unità che si
stabilisce al prezzo della riconciliazione ». 114 Questo è
possibile sulla base di una comune visione della vita intesa
come una preziosa occasione per riscoprire la continuità del
progetto di Dio, pur nella variabilità delle situazioni che si
vivono.
Una seconda conseguenza riguarda la cura che le persone
prestano le une alle altre. « In una comunità veramente
fraterna, ciascuno si sente corresponsabile della fedeltà
dell’altro; ciascuno dà il suo contributo per un clima sereno di
condivisione di vita, di comprensione, di aiuto reciproco;
ciascuno è attento ai momenti di stanchezza, di sofferenza, di
isolamento, di demotivazione del fratello, ciascuno offre il suo
sostegno a chi è rattristato dalle difficoltà e dalle prove ».115
Una terza conseguenza, che ha un carattere più affettivo,
riguarda il vissuto emotivo del gruppo. Infatti, le persone
possono sperimentare il passaggio dall’insicurezza ad uno stile
di amorevole apprezzamento reciproco se riscoprono il valore
educativo dell’amore fraterno. Solo così potranno impostare
relazioni dove tutti si sentono chiamati ad « essere responsabili
l’uno della crescita dell’altro come pure ad essere aperti e
disponibili a ricevere l’uno il dono dell’altro, capaci d’aiutare
114 Ivi, 26.
115 Ivi, 57.
110

13.3 Page 123

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ed essere aiutati, di sostituire ed essere sostituiti ». 116 Questa
reciprocità autentica, fondata sull’esempio di Gesù, aiuterà i
membri di ogni comunità religiosa e di ogni realtà di vita
consacrata a ritrovare quel clima di fiducia che incoraggia a
rischiare nel proprio modo di amare, riscoprendo nella vita
fraterna
1
1
1
il senso di una comunione che fortifica il cuore e sconfigge la
paura delle incertezze. Certi che, anche in questo tempo di
difficoltà, « l’amore di Cristo diffuso nei nostri cuori spinge ad
amare i fratelli e le sorelle fino ad assumerci le loro debolezze,
i loro problemi, le loro difficoltà. In una parola: fino a donare
noi stessi
».117
Rimanere centrati, saldi in Dio
61. La storia di ognuno è intessuta nelle narrazioni delle
esistenze di fratelli e sorelle con i quali si condivide una con-
vocazione che non è mai casuale, ma lasciata al provvidente
116 Ivi, 24.
117 Ivi, 21.

13.4 Page 124

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disegno di Dio che trasforma le storie di ciascuno in un
condiviso percorso di ricerca del suo volto. Nel quotidiano dei
consacrati e delle consacrate portare i pesi gli uni degli altri (Gal
6,2) significa accettare le sofferenze, i disagi, i malesseri. Si
tratta concretamente di fare nostro l’invito di Papa Francesco
a « rimanere centrati, saldi in Dio che ama e sostiene. A partire
da questa fermezza interiore è possibile sopportare, sostenere
le contrarietà, le vicissitudini della vita, anche le aggressioni
degli altri, le loro infedeltà e i loro difetti: Se Dio è con noi, chi
sarà contro di noi? (Rm 8,31). Questo è fonte di pace che si
esprime negli atteggiamenti di un santo. Sulla base di tale
solidità interiore, la testimonianza di santità, nel nostro
mondo accelerato, volubile e aggressivo, è fatta di pazienza e
costanza nel bene. È la fedeltà dell’amore, perché chi si
appoggia su Dio (pistis) può anche essere fedele davanti ai
fratelli (pistós), non li abbandona nei momenti difficili, non si
112

13.5 Page 125

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lascia trascinare dall’ansietà e rimane accanto agli altri anche
quando questo non gli procura soddisfazioni immediate ».118
1
1
3
118 FRANCESCO, Es. Ap. Gaudete et exsultate, (19 marzo 2018), 112.

13.6 Page 126

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Parte terza
LA SEPARAZIONE DALL’ISTITUTO
Normativa canonica e prassi dicasteriale

13.7 Page 127

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13.8 Page 128

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Fedeltà e perseveranza:
riscoprire il senso della disciplina
62. La fedeltà nella perseveranza, talvolta, è compromessa
da situazioni difficili o problematiche, delineate nella prima
parte. Gli esiti, non sempre prevedibili, minano alla base la
credibilità della testimonianza o manifestano una grave
incoerenza rispetto alle esigenze della vocazione alla vita
consacrata. La coerenza è una risposta di libertà motivata
dall’Amore a Colui che ha posto in noi la sua fiducia (cf. 1Ts
5,2); atteggiamenti, relazioni, stili di vita, situazioni improprie,
o difformi rispetto alla disciplina religiosa, offuscano
l’autenticità della risposta. La virtù della coerenza non può mai
dirsi acquisita: è sorretta dalla grazia ed è affidata a un esercizio
costante e paziente di formazione su se stessi. L’essere e il
sentirsi discepoli implica accettare la fatica dell’amore (1Ts 1,2) e
i suoi fallimenti. Se le incoerenze manifestano il lato debole
della vita consacrata, ancor più le situazioni moralmente
inaccettabili. La fedeltà subisce la prova; è messa alla prova. E
le prove possono portare a esiti discutibili e a disattendere in
modo grave gli obblighi dello stato di vita consacrata.
Incoerenze e controtestimonianze non sono vicende
esclusivamente personali, quasi private: le derive negative
intaccano la credibilità della testimonianza ecclesiale della vita
consacrata e l’Istituto non può e non deve rimanere spettatore
di fronte a situazioni che violano apertamente le norme
fondamentali dello status delle persone consacrate. La
tradizione, il diritto universale e proprio, la prassi della
Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di
116

13.9 Page 129

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vita apostolica, hanno nel tempo elaborato orientamenti,
disposizioni, norme attente alla tutela della fedeltà e alla
coerenza agli obblighi derivati dallo stato di persona
consacrata: obblighi che, se considerati e vissuti solo come
doveri, svuotano di senso la stessa vocazione alla sequela
Christi.
63. È urgente, soprattutto a livello di formazione iniziale,
riscoprire il significato e le implicazioni di una tradizione dei
religiosi: la disciplina. Tale lessico implica l'atteggiamento di
chi si mette costantemente alla scuola del Vangelo, Regola
suprema dei consacrati (cf.
1
1
7
can. 662), e richiama la vigilanza sull’effettiva coerenza del
discepolo nella fedeltà agli impegni (voti o altri vincoli sacri)
assunti il giorno della professione o della consacrazione. Si
può dire che darsi una disciplina, anche nel significato
tradizionale, significa formare alla coerenza e non ripiegare su
un mortificante conformismo. Siamo discepoli chiamati alla
libertà (cf. Gal 5,13), a rendere credibile la libertà della nostra
scelta di vita. Nella vita consacrata l’impegno di coerenza
indubbiamente si forma anche mediante la consapevolezza dei
propri doveri, consapevolezza che ha la sua radice nelle
motivazioni che orientano e accompagnano la nostra fedeltà

13.10 Page 130

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nella perseveranza. Una pratica dei doveri non animata da
motivazioni evangeliche rinchiude la vita consacrata in un
orizzonte privato. Sottratta all’apertura e al confronto con le
fatiche del quotidiano e delle difficoltà di relazioni con i fratelli
e le sorelle, la privatizzazione sfocia in una autoreferenzialità
nel gestire le proprie crisi, fino alla legittimazione delle proprie
decisioni, avulse da un dialogo leale e sereno con i Superiori e,
talora, nella quasi ostentata marginalità o irrilevanza delle
regole. Il servizio dell’autorità non è chiamato solo a far
rispettare le regole, ma se ne fa garante di fronte all’Istituto e
alla Chiesa, e soprattutto ne promuove la coerenza per tutelare
la fedele testimonianza di tutti. Tutto questo si compie anche
attraverso la correttezza nell’applicazione delle procedure:
percorsi da rispettare non da funzionari, ma nella
consapevolezza che sono strumenti per tutelare i doveri e i
diritti di tutti, i fratelli e le sorelle, i superiori e i formatori.
64. Le regole sono risorse preziose di formazione alla
fedeltà avvalorata dal nostro stare insieme di fronte al Signore.
Si riscopre così la fedeltà nella perseveranza come espressione
di solidarietà della vigilanza che porta i pesi gli uni degli altri
(cf. Gal 6,2); sente la premura verso il fratello e la sorella come
aspettativa reciproca nell’edificarsi comunità nel Signore. In
questa prospettiva si può comprendere la terza parte del
presente documento che sistematizza gli orientamenti
normativi codiciali e la prassi del Dicastero in materia di
assenza, esclaustrazione, uscita, dimissione dall’Istituto, e
offre un contributo per un corretto discernimento delle
situazioni
118

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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1
1
9
difficili e problematiche nel processo di accompagnamento
dei fratelli e delle sorelle che sono in fase di decisione circa il
loro futuro, e da parte dei superiori che devono prendere delle
decisioni a loro riguardo, nel rispetto del diritto universale e
proprio.
Nelle scelte delicate di separazione dall’Istituto di vita
consacrata o dalla Società di vita apostolica, la Chiesa, gli
Istituti e le Società, i singoli consacrati e le comunità non
cessano di accompagnare e illuminare i discepoli che, in un
cammino di discernimento, stanno valutando di seguire il
Maestro in altre modalità e su vie diverse da quella abbracciata.
65. Le modalità di separazione dall’Istituto si suddividono
in due gruppi; quelle pro gratia: l’assenza (can. 665 § 1), il
passaggio (can. 684), l’esclaustrazione (can. 686 § 1), l’indulto
di uscita (cann. 691 e 693); e quelle disciplinari: le tre forme di
dimissione (can. 700) di cui ai cann. 694, 695 e 696. Rispetto
al tempo, la separazione può essere definitiva o temporanea.
Sono temporanee l’assenza di cui al can. 665 § 1 e le due forme
di esclaustrazione di cui al can. 686. Sono definitive l’indulto
di uscita per i sodali laici (can. 691) e la

14.2 Page 132

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14.3 Page 133

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separazione mediante dimissione (can. 700). Il
passaggio ad altro Istituto (can. 684) e l’indulto
di uscita dei sodali chierici (cann. 691 e 693)
divengono definitivi nel momento in cui si
adempiono le condizioni richieste.
L’ASSENZA DALLA CASA RELIGIOSA
66. Il religioso è tenuto ad abitare nella
casa dove è stato legittimamente ascritto (cf.
can. 608); per assentarsi ha bisogno del
permesso del Superiore competente.
L’assenza legittima dalla casa religiosa
(can. 665 § 1)
67. Il permesso di assenza dalla casa
religiosa (o extra domum) comporta la
sospensione temporanea dell’obbligo di abitare
nella propria casa religiosa osservando la vita comune.
Spetta al religioso interessato chiedere
l’indulto di assenza, motivandolo
adeguatamente.
Il canone distingue due casi:
assenza che non oltrepassa la durata di
un anno;
1
2
1

14.4 Page 134

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assenza che può protrarsi nel tempo, e
richiede il permesso del Superiore
maggiore, il consenso del suo Consiglio,
e una giusta causa.
Il Superiore Maggiore, previo consenso del
Consiglio, è autorizzato a concedere l’assenza
superiore a un anno dalla casa religiosa per
motivi di salute, di studio o di apostolato
svolto in nome dell’Istituto. In tali casi è
tenuto a una particolare vigilanza e cura.
Il religioso assente resta membro della
comunità, vincolato dai voti e da tutti gli
obblighi contratti; conserva la voce attiva e
passiva, salvo che non sia disposto
diversamente nell’atto di concessione; rimane
pienamente sottomesso ai suoi Superiori
legittimi e deve rientrare nella casa religiosa se
da essi viene richiamato; deve rendere conto al
Superiore del denaro ricevuto e speso.
È opportuno che il documento che
concede il permesso di assenza indichi
esplicitamente:
i contatti che il religioso deve
conservare con l’Istituto;
– l’esercizio dei diritti (voce attiva e
passiva, ecc.);
2

14.5 Page 135

▲back to top
– l’assistenza
economica
che
eventualmente i Superiori decidono di
corrispondere.
Inadempienze nel compimento dei doveri
propri dello stato di vita consacrata o nel
comportamento, per quanto è rilevabile in
quelle circostanze, o situazioni che esulano dai
termini del permesso ricevuto, giustificano il
Superiore competente a prendere misure
correttive nei confronti del religioso.
L’assenza legittima dalla casa religiosa è
concessa per motivi specifici e per un tempo
determinato. Nel momento in cui i motivi
cessano o il termine della concessione scade il
religioso deve essere reintegrato nella
comunità.
Prima della scadenza del termine dell’indulto il
religioso che lo richieda può essere reintegrato
dal Superiore; alla scadenza deve rientrare
sollecitamente in comunità.
È opportuno che il Superiore Maggiore
informi il Vescovo del luogo ove il religioso
andrà ad abitare durante l’assenza dall’Istituto,
se del caso inviando copia dell’indulto con le
clausole in esso contenute. Il Vescovo deve
1
2
3

14.6 Page 136

▲back to top
essere informato quando a richiedere il
permesso di assenza è un religioso chierico.
L’assenza illegittima dalla casa religiosa
(can. 665 § 2)
68. Il religioso illegittimamente assente
con l’intenzione di sottrarsi all’autorità dei
Superiori deve essere sollecitamente cercato e
aiutato a perseverare nella propria vocazione.
Se tale impegno da parte dei Superiori non
sortisce effetto si potrebbero adottare misure
disciplinari, non esclusa, se del caso, la
dimissione. Infatti, l’assenza illegittima che si
protrae per un semestre può essere causa di
dimissione (can. 696 §1); qualora si protragga
per dodici mesi continui, il religioso che si
renda irreperibile è dimesso ipso facto (can. 694
§1, 3).119
Il passaggio ad altro Istituto
119 Cf. FRANCESCO, Lett. Ap. in forma di m.p.
Communis vita con la quale vengono mutate alcune
norme del Codice di diritto canonico, (19 marzo 2019);
CON-
4

14.7 Page 137

▲back to top
69. Il passaggio ad altro Istituto si ha
quando un professo perpetuo lascia il proprio
Istituto per incorporarsi in un altro, senza che
ciò comporti l’interruzione della professione
dei voti religiosi.
Il can. 684 regola varie fattispecie di
passaggio da un Istituto a un altro dei membri
definitivamente incorporati:
passaggio del professo di voti perpetui
a un altro Istituto religioso (§1);
passaggio da un Monastero sui iuris a un
altro Monastero dello stesso Istituto o
della Federazione oppure della
Confederazione (§3);
passaggio da un Istituto religioso a un
Istituto secolare o a una Società di vita
apostolica, oppure da questi a un
Istituto religioso (§5).
Il passaggio può avvenire da un Istituto
religioso a un altro, sia di diritto pontificio sia
di diritto diocesano. Nel caso di un passaggio
GREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE
SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Lettera circolare sul m.p.
di Papa Francesco Communis vita, (8 settembre 2019).
1
2
5

14.8 Page 138

▲back to top
da un Istituto religioso a una Società di vita
apostolica o a un Istituto secolare o viceversa,
è richiesto un indulto della Congregazione per
gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita
apostolica (can. 684 § 5), alle cui disposizioni
occorre attenersi.
Il passaggio è una concessione pro gratia:
deve essere richiesto dal sodale e non può
essere imposto. La domanda deve essere
adeguatamente motivata; la concessione è
sottoposta alla valutazione e decisione
discrezionale del Moderatore Supremo sia
dell’Istituto cui il sodale appartiene sia
dell’Istituto a cui vuole passare, con il
consenso dei rispettivi Consigli.
Ottenuto il consenso al passaggio, il sodale
interessato trascorre nel nuovo Istituto un
periodo di prova di almeno tre anni. L’inizio e
la durata del periodo di prova devono essere
determinati dal Moderatore Supremo del
nuovo Istituto; a questi, o al diritto proprio,
spetta anche determinare il luogo e le attività
da svolgere. Durante il periodo di prova, il
sodale resta incorporato all’Istituto di
provenienza; la sua condizione è assimilabile a
quella di un sodale di voti temporanei ed è
6

14.9 Page 139

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tenuto ad osservare la normativa del nuovo
Istituto. Il periodo di prova non si deve
configurare come un nuovo noviziato.
Qualora il sodale non intenda emettere la
professione perpetua nel nuovo Istituto, o nel
caso non vi sia ammesso dai Superiori, deve
tornare nell’Istituto di appartenenza. A
conclusione del periodo di prova, emessa la
professione perpetua, il sodale è ipso iure
incorporato al nuovo Istituto. È opportuno sia
data comunicazione all’Istituto di provenienza
del passaggio definitivo e dell’incorporazione
del membro nel nuovo Istituto.
Quando il passaggio è chiesto da un sodale
chierico incardinato nell’Istituto o nella
Società di provenienza, a conclusione del
periodo di prova con l’incorporazione avviene
anche l’incardinazione ipso iure nel nuovo
Istituto di vita consacrata o Società di vita
apostolica, se questa ne ha facoltà.
L’esclaustrazione
70. L’esclaustrazione è l’assenza dalla vita
comune di un professo perpetuo che, pur
restando membro dell’Istituto, è autorizzato
1
2
7

14.10 Page 140

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dal legittimo Superiore a risiedere fuori della
comunità.
L’esclaustrazione può essere concessa solo
per cause gravi:
per un tempo non superiore a 3 anni,
anche non continuativi, è competente il
Moderatore Supremo con il consenso
del suo Consiglio (can. 686 §1);
oltre il triennio, per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica
di diritto pontificio è riservata alla
Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica
(can. 686 § 1), per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica
di diritto diocesano al Vescovo della
casa di ascrizione;
può essere imposta su richiesta del
Moderatore Supremo, con il consenso
del suo Consiglio, dalla Congregazione
per gli Istituti di vita consacrata e le
Società di vita apostolica per un
membro di un Istituto di diritto
pontificio o dal Vescovo della casa di
8

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

▲back to top
ascrizione per un membro di un Istituto
di diritto diocesano (can. 686 § 3).
Alle monache l’indulto di esclaustrazione
può essere concesso seguendo la procedura
prevista dall’Istruzione Cor orans, in deroga al
can. 686 §2:
dalla Superiora maggiore, con il
consenso del suo Consiglio, per non più
di un anno (Cor Orans, 177);
dalla Presidente federale, con il
consenso del suo Consiglio, alla monaca
professa di voti solenni di un monastero
della Federazione per un tempo non
superiore a due anni (Cor Orans, 130-
131; 178-179).
Ogni ulteriore proroga dell’indulto di
esclaustrazione è riservata unicamente alla
Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica (Cor
Orans, 180).
L’esclaustrazione richiesta dal sodale
(can. 686 § 1)
1
2
9

15.2 Page 142

▲back to top
71. L’esclaustrazione può essere richiesta
dal sodale definitivamente incorporato per
causa grave, di sua libera iniziativa, mediante
una domanda scritta e può essere concessa per
un tempo non superiore a 3 anni.
La proroga dell’indulto di esclaustrazione
per un tempo superiore a 3 anni spetta alla
Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica per i
membri degli Istituti di vita consacrata o
Società di vita apostolica di diritto pontificio o
al Vescovo diocesano della casa di ascrizione
per i membri degli Istituti e Società di diritto
diocesano.
Spetta al diritto proprio o alla prassi
dell’Istituto determinare se il triennio debba
intendersi in maniera continuativa o meno. Il
Dicastero accorda al Moderatore Supremo la
possibilità di concedere l’indulto per un nuovo
triennio, quando siano passati almeno tre anni
dalla scadenza precedente.
Se l’esclaustrazione è richiesta da un sodale
chierico è necessario il consenso previo
dell’Ordinario del luogo dove dovrà dimorare.
Doveri e diritti derivanti dall’esclaustrazione
10

15.3 Page 143

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72. Con la concessione dell’esclaustrazione
il sodale non perde tutti i doveri e i diritti che
l’appartenenza all’Istituto religioso o Società di
vita apostolica comporta.
La condizione giuridica del sodale
esclaustrato è definita dal can. 687:
1
2
1
1

15.4 Page 144

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15.5 Page 145

▲back to top
– rimane membro dell’Istituto o Società,
soggetto ai legittimi superiori, e se
chierico alle dipendenze anche
dell’Ordinario del luogo;
manca di voce attiva e passiva;
è tenuto a osservare il diritto proprio
dell’Istituto in tutto ciò che non sia
incompatibile con la sua nuova
condizione.
Verso l’esclaustrato i Superiori sentano la
responsabilità di assicurare un attento
accompagnamento e, se il caso lo comporta, un
adeguato sussidio economico; per quanto è
possibile il sodale esclaustrato si impegni a
provvedere alle proprie necessità. Se il diritto
proprio non prevede indicazioni specifiche, il
Moderatore provveda a definire per iscritto le
disposizioni del caso.
Il Superiore competente informi il Vescovo
quando nella sua diocesi dimora un sodale
laico esclaustrato.
Il Superiore Maggiore, restando
responsabile dell’esclaustrato, può dargli delle
disposizioni, purché non siano incompatibili
con la sua condizione; può procedere
disciplinarmente e penalmente nei suoi
1
3
1

15.6 Page 146

▲back to top
confronti, analogamente al Vescovo
diocesano, in considerazione delle rispettive
competenze; e, nel caso, può dimetterlo
dall’Istituto a norma del can. 700. È opportuno
che il Superiore Maggiore e il Vescovo
diocesano si prendano cura dei sodali
esclaustrati e siano in regolare contatto tra loro.
L’esclaustrazione imposta (can. 686 § 3)
73. Su richiesta del Moderatore Supremo,
previo consenso del suo Consiglio,
l’esclaustrazione può essere imposta dalla
Santa Sede per i membri di Istituti di vita
consacrata e di Società di vita apostolica di
diritto pontificio o dal Vescovo diocesano per
quelli di diritto diocesano. Per tale richiesta
tanto il Superiore quanto il Consiglio
dovranno valutare se vi siano cause gravi e
attenersi alle esigenze dell’equità e della carità.
Si tratta di un provvedimento disciplinare
adottato in casi eccezionali, a tutela del bene
della comunità o del sodale stesso, quando
particolari difficoltà ostacolano la vita
fraterna, impediscono l’esercizio del ministero
comune dell’Istituto, creano difficoltà costanti
nell’azione apostolica.
2

15.7 Page 147

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È disposta per periodi di tempo
determinati 3 o 5 anni prorogabili alla
scadenza. Nei casi più gravi è disposta ad nutum
Sanctae Sedis, per i membri di un Istituto di vita
consacrata o una Società di vita apostolica di
diritto pontificio; ad nutum Episcopi per quelli di
un Istituto di vita consacrata o una Società di
vita apostolica di diritto diocesano. Le
condizioni, le eventuali clausole e la durata
sono stabilite nel decreto con cui
l’esclaustrazione è disposta dalla
Congregazione per gli Istituti di vita consacrata
e le Società di vita apostolica per i membri di
Istituti o Società di vita apostolica di diritto
pontificio o dal Vescovo diocesano per quelli
di diritto diocesano.
Il sodale deve essere informato
dell’intenzione del Moderatore Supremo di
chiedere l’esclaustrazione imposta, delle
motivazioni e delle prove a suo carico, nel
rispetto del diritto di difesa (can. 50).
Gli effetti giuridici dell’esclaustrazione
imposta sono simili a quelli dell’esclaustrazione
semplice (si veda sopra n. 72).
Nella prassi, per i chierici, laddove il caso lo
renda opportuno, è richiesta una dichiarazione
1
3
3

15.8 Page 148

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di accoglienza in Diocesi di norma per
iscritto da parte di un Vescovo. In ogni caso
è opportuno che il competente Superiore
Maggiore abbia cura di informare, per iscritto,
il Vescovo della Diocesi dove il sodale
esclaustrato sarà domiciliato. Al Superiore
Maggiore e al Vescovo diocesano spetta il
dovere di vigilanza sulla situazione personale e
pastorale dell’esclaustrato.
L’INDULTO DI USCITA
74. I cann. 688-693 elencano diverse
fattispecie che prevedono la possibilità di
lasciare definitivamente l’Istituto:
– l’uscita del sodale di voti temporanei di
sua volontà alla scadenza dei voti (can.
688 § 1) o durante la professione
temporanea (can. 688 § 2);
– l’uscita del sodale di voti temporanei per
volontà dell’Istituto (can. 689);
– l’uscita del sodale durante la professione
perpetua (can. 691);
– l’uscita del sodale chierico (can. 693).
4

15.9 Page 149

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L’uscita dall’Istituto comporta sempre la
perdita della condizione di membro e quindi
dei rispettivi doveri e diritti.
L’indulto di uscita del sodale di voti
temporanei (can. 688 §§1-2)
75.
Il professo di voti temporanei
alla scadenza dei voti è libero di abbandonare
l’Istituto di vita consacrata o la Società di vita
apostolica (can. 688 §1).
Per grave causa il professo di voti
temporanei può abbandonare l’Istituto o la
Società anche durante il tempo in cui è
vincolato dai voti. In tal caso, deve inoltrare la
richiesta al Moderatore Supremo, il quale
concede l’indulto, previo consenso del suo
Consiglio. L’indulto di uscita di un professo di
voti temporanei in un Istituto di diritto
diocesano o in un Monastero, di cui al can. 615,
per la sua validità deve essere concesso dal
Vescovo della casa di assegnazione. L’indulto
di uscita del sodale di voti temporanei per
volontà dell’Istituto (can. 689)
76.
Il sodale temporaneamente
incorpo- rato all’Istituto o alla Società, qualora
vi siano giuste cause, può essere escluso dal
1
3
5

15.10 Page 150

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Superiore Maggiore, udito il suo Consiglio, dal
rinnovare i voti alla scadenza o dall’emettere la
professione perpetua (can. 689 §1).
Il Codice prevede quale causa
dell’esclusione dalla rinnovazione dei voti
anche un’infermità di natura fisica o psichica,
contratta dopo la professione, tale da rendere
il sodale non idoneo alla vita dell’Istituto (can.
689 §2). A garanzia del diritto del sodale, il
giudizio sulla mancata idoneità del candidato a
causa di malattia spetta ai periti; quello
sull’idoneità a condurre la vita nell’Istituto
compete ai Superiori.
Nel caso in cui la malattia risulti causata
dalla negligenza dei Superiori, in quanto non
hanno garantito l’assistenza e le cure
necessarie, o quando la malattia risulti
contratta a causa del lavoro svolto dal sodale
nell’Istituto o nella Società, questi deve essere
ammesso a rinnovare la professione
temporanea o a emettere la professione
perpetua.
Il § 3 del canone prevede che il sodale
divenuto amente dopo la professione
temporanea ha il diritto di rimanere
nell’Istituto, anche se non è in grado di
6

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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emettere la nuova professione. L’Istituto se ne
deve assumere la responsabilità.
Riammissione di un sodale legittimamente
uscito dall’Istituto (can. 690)
77. Il can. 690 autorizza il Moderatore
Supremo, previo consenso del suo Consiglio,
a riammettere nello stesso Istituto, senza
obbligo di ripetere il noviziato, chi, dopo aver
emesso la professione temporanea o
perpetua, sia uscito legittimamente
dall’Istituto. La norma non si applica ai sodali
dimessi, poiché la dimissione è una forma di
separazione diversa dall’uscita dall’Istituto.
La riammissione senza ripetere il
noviziato suppone che alla professione
temporanea venga premesso un congruo
periodo di prova, la cui durata e modalità
devono essere decise dal Moderatore
Supremo.
L’indulto di uscita del sodale durante la
professione perpetua (cann. 691-692)
78. Un sodale definitivamente
incorporato nell’Istituto o nella Società può
1
3
7

16.2 Page 152

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chiedere l’indulto di uscita. Questo deve
essere motivato da cause molto gravi (causas
gravissimas) ponderate davanti a Dio. Una
decisione tanto radicale richiede un’attenta
riflessione:
da parte del sodale che si è impegnato
a vivere con fedeltà e perseveranza la
vocazione –, con l’aiuto e il consiglio di
persone prudenti ed esperte;
da parte dei Superiori Maggiori che
devono istruire la procedura per la
concessione dell’indulto di uscita;
– da parte dell’autorità competente a
concedere l’indulto.
Sono competenti a concedere l’indulto di
uscita: la Santa Sede per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica di
diritto pontificio e per i Monasteri; il Vescovo
diocesano della casa alla quale il sodale è
ascritto per gli Istituti di vita consacrata e le
Società di vita apostolica di diritto diocesano
(can. 691 §2).
Il sodale presenta la richiesta dell’indulto di
uscita al Moderatore Supremo che la inoltra
all’autorità competente insieme al parere suo e
8

16.3 Page 153

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del suo Consiglio (can. 691). I Superiori
Maggiori di una Provincia o di una parte
dell’Istituto a essa equiparata (cf. can. 620), in
particolare negli Istituti con organizzazione
internazionale, esprimono al Moderatore
Supremo il proprio parere motivato circa la
concessione dell’indulto di uscita. Infatti, una
più immediata conoscenza delle persone può
efficacemente contribuire a rendere note le
circostanze e le difficoltà reali che hanno
portato il sodale a chiedere l’indulto.
Il Superiore competente valuta
innanzitutto la fondatezza e la gravità delle
motivazioni addotte dal sodale, per il bene
dello stesso, dell’Istituto e della Chiesa. Il
Moderatore Supremo, con il suo Consiglio, è
chiamato a esprimere il proprio parere in
merito alla richiesta, che deve trasmettere
all’autorità competente, anche qualora tale
parere fosse contrario alla concessione.
L’indulto di uscita deve essere notificato
dai Superiori o direttamente dal Dicastero al
sodale che l’ha richiesto. La notifica consiste
nel portare a conoscenza dell’interessato la
concessione dell'indulto, deve essere redatta
per iscritto o comunicata oralmente davanti a
1
3
9

16.4 Page 154

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testimoni, in modo che possa essere provata.
All’atto della notifica il sodale ha il diritto di
rifiutare l’indulto (can. 692), che in tal caso non
ha alcun effetto.
Legittimamente notificato l’indulto di
lasciare l’Istituto in forza del diritto fa cessare
tutti gli effetti della professione: voti, obblighi
e diritti nell’Istituto.
L’indulto di uscita del sodale chierico
(can. 693)
79. Il can. 693 stabilisce che l’indulto di
uscita al sodale chierico non è concesso finché egli
non abbia trovato un Vescovo che lo incardini nella
diocesi o almeno lo riceva in prova.
Per evitare che vi siano chierici girovaghi o
acefali il sodale chierico deve trovare un
Vescovo disposto a incardinarlo in maniera
pura e semplice (pure et simpliciter) o che lo
accetti a titolo di esperimento (ad
experimentum). Si ha incardinazione pure et
simpliciter quando il Vescovo è disposto a
incardinare il chierico nella propria diocesi. In
questo caso il sodale chierico che vuole
lasciare l’Istituto presenta la richiesta al
Moderatore Supremo, questi la trasmette
all’autorità competente, accompagnandola
10

16.5 Page 155

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con il parere suo e quello del suo Consiglio, e
con la dichiarazione scritta del Vescovo
diocesano disponibile a incardinare il chierico.
Se l’autorità competente, a norma del can.
691, concede l’indulto, il chierico è ipso iure
1
3
1
1

16.6 Page 156

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16.7 Page 157

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incardinato nella diocesi. L’incardinazione si
perfeziona nel momento in cui al Vescovo sarà
pervenuto, almeno in copia, l’indulto di uscita,
ed egli abbia provveduto a emettere il relativo
decreto.
Si ha incardinazione ad experimentum quando
il Vescovo è disposto a ricevere il chierico nella
propria diocesi per un periodo di prova. In tal
caso, l’autorità competente, a norma del can.
691, ricevuta la necessaria documentazione,
concede un indulto di esclaustrazione al
chierico, ponendolo alle dipendenze del
Vescovo per il periodo di prova. Questo può
durare al massimo cinque anni: scaduta la
prova, il chierico può essere rinviato dal
Vescovo all’Istituto di appartenenza oppure
resta incardinato ipso iure alla diocesi. L’indulto
di esclaustrazione mira a valutare l’opportunità
dell’eventuale incardinazione. Il periodo di
prova può essere interrotto, anche
unilateralmente, dal Vescovo o dal chierico, in
qualsiasi momento. In tal caso il chierico torna
all’Istituto di appartenenza.
L’accoglienza in diocesi per
l’incardinazione o per il periodo di prova è
disposta mediante decreto emesso dal
1
4
1

16.8 Page 158

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Vescovo nel momento in cui riceve copia
dell’indulto, notificato al sodale. Se il Vescovo
emette il decreto di incardinazione prima della
notifica dell’indulto di uscita, l’atto è invalido.
In tal caso sarà necessario che il Vescovo
emetta un nuovo decreto, dopo la concessione
dell’indulto da parte dell’autorità competente.
Recentemente è stata introdotta la prassi di
inserire nel testo dell’indulto la clausola che
chiede al Vescovo di trasmettere al Dicastero
copia del decreto di incardinazione o di
accoglienza in prova. Fintanto che non sia
emesso il decreto di incardinazione, il sodale
chierico continua a essere giuridicamente
membro dell’Istituto, salvo diverse
disposizioni del diritto proprio circa i doveri e
i diritti che tale appartenenza comporta.
Qualora il Vescovo, ricevuto l’indulto di
uscita, non emetta il decreto di incardinazione,
l’indulto non acquista efficacia e il sodale
chierico resta membro dell’Istituto.
Il Dicastero ha adottato altresì la prassi di
definire nel testo dell’indulto di uscita
concesso ai sodali chierici un tempo limite
entro il quale il Vescovo deve emettere il
decreto di incardinazione.
2

16.9 Page 159

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Se il Vescovo revoca la dichiarazione di
incardinare o di accogliere il chierico, e questi
desidera comunque lasciare l’Istituto, è
necessario istruire nuovamente la procedura al
fine di ottenere la concessione di un nuovo
indulto. Infatti, l’indulto è concesso per
l’incardinazione o l’accoglienza ad experimentum
in una determinata diocesi.
Deve essere valutata con particolare
attenzione la concessione dell’indulto di uscita
nel corso di un procedimento disciplinare e in
pendenza di un procedimento di dimissione o
di ricorso.
LA DIMISSIONE DALLISTITUTO
80. La dimissione consiste nella
separazione definitiva di un sodale dall’Istituto
di vita consacrata o dalla Società di vita
apostolica; è imposta dall’Istituto o dalla
Società contro la volontà del sodale,
presuppone violazioni gravi degli obblighi
dello stato di vita consacrata ed esige una
procedura rigorosa.
Il Codice
presenta
diverse fattispecie:
quattro
1
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3

16.10 Page 160

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la dimissione ipso facto, che avviene per il
fatto stesso di aver commesso un delitto
(can. 694);
la dimissione obbligatoria mediante
decreto (can. 695);
la dimissione discrezionale rimessa al
giudizio dell’Istituto (can. 696);
la dimissione a seguito di una espulsione
immediata in caso di particolare urgenza
(can. 703).
La dimissione ipso facto (can. 694)
81. La dimissione ipso facto (can. 694)
avviene per il fatto stesso di aver commesso
una determinata violazione della legge
canonica. In tali casi il sodale non è più
membro dell’Istituto o della Società;
l’intervento del Superiore competente si
limita alla sola dichiarazione del fatto. I casi di
dimissione ipso facto sono tre:
– l’abbandono notorio della fede
cattolica;
il matrimonio contratto o attentato,
anche solo civilmente;
4

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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– l’assenza illegittima dalla casa religiosa
protratta per dodici mesi continui,
qualora
il religioso si
renda
irreperibile.120
L’abbandono notorio della fede cattolica
(can. 694 § 1, 1°)
82. Il sodale che abbandona notoriamente
la fede cattolica si priva del primo requisito di
ammissione alla vita consacrata. Infatti, senza
la fede cattolica il candidato non avrebbe
potuto essere ammesso in alcun Istituto o
Società.
L’abbandono della fede cattolica ha luogo
in chi rifiuta l’assenso alle verità di fede divina
e cattolica, a norma del can. 750. Pertanto,
viene meno alla fede cattolica, nel senso
120 Cf. FRANCESCO, Lett. Ap. in forma di m.p.
Communis vita con la quale vengono mutate alcune
norme del Codice di diritto canonico, (19 marzo 2019);
CON-
GREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE
SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Lettera circolare sul m.p.
di Papa Francesco Communis vita, (8 settembre 2019).
1
4
5

17.2 Page 162

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determinato dal can. 751: l’eretico che nega
pertinacemente una verità di fede
divinocattolica, o che ostinatamente ne dubita;
l’apostata che ripudia tutta la fede cristiana
ricevuta nel battesimo; lo scismatico che rifiuta
formalmente la sottomissione al Romano
Pontefice o la comunione con la Gerarchia
della Chiesa.
L’abbandono della fede cattolica è
considerato notorio quando il fatto è divulgato
in modo che divenga di pubblico dominio, a
motivo del mezzo usato (stampa, web,
pubblica dichiarazione), o della pubblicità del
fatto.
L’abbandono della Chiesa cattolica può
configurarsi anche attraverso un vero actus
formalis defectionis ab Ecclesia catholica che si
concretizza nella: a) decisione interna di uscire
dalla Chiesa cattolica; b) attuazione e
manifestazione esterna di questa decisione; c)
recezione da parte dell’autorità ecclesiastica
competente di tale decisione.121
121 PONTIFICIO CONSIGLIO PER I TESTI LEGISLATIVI,
Actus formalis defectionis ab Ecclesia catholica, 13 marzo
2006, « Communicationes », 38 (2006) 170-172.
6

17.3 Page 163

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Il matrimonio contratto o attentato, anche solo
civilmente (can. 694 § 1, 2°)
83. La seconda fattispecie di dimissione
ipso facto è la celebrazione del matrimonio o
l’attentato matrimonio. Infatti, il sodale ha
emesso il voto di castità che comporta
l’impegno a vivere nel celibato e quindi la
proibizione di sposarsi.
È dimesso dall’Istituto il sodale che
contrae il matrimonio, anche se non c’è
l’impedimento canonico, come nel caso del
professo di voti temporanei. Il matrimonio, in
forza dell’impedimento di cui ai cann. 1087-
1088, è attentato, cioè nullo, per i chierici e i
religiosi che sono vincolati dal voto pubblico
perpetuo di castità emesso in un Istituto
religioso.
L’assenza illegittima dalla casa religiosa protratta oltre
un anno (can. 694 § 1, 3°) 122
122 Cf. FRANCESCO, Lett. Ap. in forma di m.p.
Communis vita con la quale vengono mutate alcune
norme del Codice di diritto canonico, (19 marzo 2019);
CONGREGA-
1
4
7

17.4 Page 164

▲back to top
84. Il motu proprio di Papa Francesco
Communis vita al §1 del can. 694 ha inserito un
terzo motivo di dimissione ipso facto
dall’Istituto religioso: l’assenza illegittima dalla
casa religiosa protratta, ai sensi del can. 665 §2,
per dodici mesi ininterrotti, unitamente
all’irreperibilità del sodale stesso.
Tale modifica offre l’opportunità di
trovare una soluzione ai casi di assenza
illegittima di un sodale dalla casa religiosa, con
particolare riferimento a coloro che a volte
non possono essere rintracciati o che si sono
resi irreperibili.
Si considera reperibile la persona di cui si
conosce l’indirizzo di residenza o almeno di
domicilio; la persona che abbia comunicato il
proprio recapito/domicilio. Non si considera
reperibile la persona di cui si conosca solo: il
recapito telefonico; l’indirizzo di posta
elettronica; il profilo sui social network;
ZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE
SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Lettera circolare sul Motu
proprio di Papa Francesco Communis vita, (8 settembre
2019).
8

17.5 Page 165

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l’indirizzo fittizio.123
La procedura per dichiarare la dimissione ipso facto
85. Il sodale responsabile degli atti di cui al
§ 1, 1°-2° del can. 694 è dimesso ipso facto.
Affinché la dimissione possa constare
giuridicamente il Superiore Maggiore, con il
suo Consiglio, deve:
raccogliere sollecitamente le prove dei
fatti avvenuti e sentire l'interessato;
– emettere la dichiarazione dell’avvenuta
dimissione, raggiunta la certezza morale
del fatto.
Nei casi di dimissione ipso facto,
contestualmente alla dichiarazione della
dimissione, deve essere dichiarata anche la
censura latae sententiae della sospensione per i
sodali chierici e dell’interdetto per i sodali non
chierici. Altresì, deve essere dichiarata
l’irregolarità all’esercizio dell’Ordine Sacro per
123 Cf. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CON-
SACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Lettera
circolare sul m.p. di Papa Francesco Communis vita, (8
settembre 2019), 2.
1
4
9

17.6 Page 166

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i religiosi chierici (can. 1044 § 1, 3° e can. 1041,
3°) e l’irregolarità alla ricezione dell’Ordine
Sacro per i religiosi non chierici (can. 1041, 3°).
Qualora un sodale dimesso ipso facto sia
stato accolto e incardinato in una diocesi è
necessario rimettere la censura della
sospensione ed ottenere dalla Congregazione
per il Clero la dispensa dall’irregolarità.
Un sodale non chierico incorso
nell’interdetto latae sententiae a motivo
dell’attentato al matrimonio anche solo civile,
se vuole celebrare il matrimonio religioso,
deve prima chiedere ed ottenere la remissione
della censura, altrimenti il matrimonio, anche
se valido, è illecito.
Copia della dichiarazione della dimissione,
per correttezza, sia inviata al religioso
interessato.
La procedura per dichiarare l’assenza illegittima dalla
casa religiosa protratta oltre un anno
86. Nel m.p. Communis vita il Santo Padre ha
precisato, aggiungendo il §3 del can. 694, la
procedura da seguire nei casi in cui si applica
la nuova fattispecie di dimissione per l’assenza
illegittima dalla casa religiosa protratta oltre un anno.
10

17.7 Page 167

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Il Superiore Maggiore ha il dovere di
cercare il sodale assente illegittimamente e
irreperibile, in tal modo egli esprime la propria
sollecitudine verso il religioso o la religiosa
perché ritorni e perseveri nella propria
vocazione (cf. can. 665 §2).
Qualora i risultati delle ricerche diano esito
negativo, anche se reiterate nel tempo, o si
debba prendere atto che i sodali si rendono
volutamente irreperibili occorre « dare
certezza giuridica alla situazione di fatto ».
1
4
1
1

17.8 Page 168

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17.9 Page 169

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A tal fine, il Superiore competente:
è tenuto a produrre prova certa,
mediante documentazione verificabile,
delle ricerche espletate, dei tentativi di
contatto o di comunicazione;
– di fronte all’esito negativo delle ricerche,
procede alla dichiarazione di irreperibilità
del sodale.
Il Superiore competente valuta il caso con il
suo Consiglio ed emette una dichiarazione di
irreperibilità. Tale dichiarazione è resa
necessaria per la certezza del computo del
tempo:
del giorno a quo, a partire dal quale si
prende atto dell’irreperibilità (cf. can. 203
§1), che non può rimanere incerto perché
renderebbe indefinito il periodo di dodici
mesi continui;
della decorrenza dei termini per fissare la
scadenza dei dodici mesi continui.
Trascorsi dodici mesi continui, durante i
quali non sia, in alcun modo, cambiata la
situazione di irreperibilità del sodale assente
illegittimamente, il Superiore competente deve
procedere alla dichiarazione del fatto perché consti
1
5
1

17.10 Page 170

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giuridicamente la dimissione a norma del can.
694. Tale dichiarazione deve essere confermata
dalla Santa Sede se l’Istituto da cui il sodale
viene dimesso è di diritto pontificio, dal
Vescovo della sede principale se l’Istituto è di
diritto diocesano.
Il nuovo dispositivo (can. 694 §1, 3°) non si
applica alle fattispecie antecedenti il 10 aprile
2019, in altri termini non può dirsi retroattivo,
diversamente il Legislatore lo avrebbe dovuto
dichiarare espressamente (cf. can. 9).
Il m.p. Communis vita ha comportato la
modifica del can. 729 che regola la vita degli
Istituti secolari, perché ai membri di tali Istituti
non si applica la dimissione dall’Istituto per
assenza illegittima.
La dimissione obbligatoria (can. 695 § 1)
87. La dimissione obbligatoria si verifica
quando siano stati commessi i delitti previsti dal
can. 695, che rinvia ai cann. 1397, 1398, 1395:
omicidio, rapimento e sequestro di
persona, mutilazione e ferimento (can.
1397);
2

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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– procurato aborto ottenuto l’effetto (can.
1398);
concubinato e permanenza scandalosa in
un altro peccato esterno contro il sesto
comandamento (can. 1395).
Le fattispecie di cui al can. 1395 sono delitti
solo se commessi da chierici, religiosi o
diocesani.
Il delitto di omicidio, rapimento e sequestro di persona,
mutilazione e ferimento (can. 1397)
88. Il can. 1397 recensisce alcuni delitti
contro la vita e la libertà della persona,
commessi deliberatamente. Per tali delitti si
applicano le pene espiatorie previste nel can.
1336, proporzionatamente alla gravità della
colpa.
Se l’omicidio è commesso contro la persona
del Romano Pontefice o contro un Vescovo
consacrato o contro un chierico o un religioso
la pena è stabilita nel can. 1370:
– per l’omicidio del Romano Pontefice: la
scomunica latae sententiae, con l’aggiunta
di altre pene, non esclusa la dimissione
dallo stato clericale, se l’autore del delitto
è chierico;
1
5
3

18.2 Page 172

▲back to top
– per l’omicidio di un Vescovo consacrato:
l’interdetto latae sententiae e,
se l’autore è chierico, la sospensione latae
sententiae;
– per l’omicidio di un chierico o di un
religioso: una pena proporzionata,
ferendae sententiae.
Il delitto di aborto (can. 1398)
89. L’aborto è delitto per ogni fedele,
chierico, religioso o non religioso, consacrato o
non consacrato. Il can. 1398 considera delitto
l’interruzione volontaria della gravidanza sia
mediante l’espulsione del feto immaturo sia con
l’uccisione del feto medesimo in qualunque
modo e in qualunque momento del
concepimento venga procurata.124
All’aborto è connessa la scomunica latae
sententiae, in cui incorrono sia la donna che vi si
sottopone volontariamente, sia tutti coloro che,
124 PONTIFICIA COMMISSIO CODICIS IURIS CANONICI
AUTHENTICE INTERPRETANDO, Responsio Utrum abortus,
de abortu (can. 1398), 23 maii 1988, in AAS 81 (1989)
388.
4

18.3 Page 173

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fisicamente o moralmente, vi hanno cooperato
in modo diretto ed efficace.128
Il concubinato o altro peccato esterno contro il sesto
precetto del Decalogo (can. 1395 § 1)
90. Il § 1 del can. 1395 considera la
fattispecie del chierico in stato di concubinato
o in situazione di permanenza scandalosa in un
altro peccato esterno contro il sesto precetto
del Decalogo.
Per concubinato si intende una relazione
more uxorio caratterizzata da una certa stabilità,
anche senza la convivenza sotto lo stesso tetto.
Un altro peccato contro il sesto
comandamento, diverso dal concubinato,
riguarda l’ipotesi di un chierico che permane
scandalosamente in una situazione di peccato
esterno.
128 Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2270-2273;
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE,
chiarificazione Recentemente sono pervenute, sull’aborto
procurato, 11 luglio 2009, in L’Osservatore Romano, Anno
CXLIX n.
1
5
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157 (11 luglio 2009), p. 7.
La pena stabilita per questi delitti è la
sospensione ferendae sententiae; a questa possono
aggiungersi altre pene, non esclusa la dimissione
dallo stato clericale, se il chierico, una volta
ammonito, persista nel delitto.
Il chierico in stato di concubinato o che
permanga scandalosamente in un altro peccato
esterno contro il sesto precetto del Decalogo
non può celebrare lecitamente l’Eucaristia (can.
900 § 2), né può accedere alla santa comunione
(can. 915).
Altri delitti contra sextum (can. 1395 § 2)
91. Il § 2 del can. 1395 esamina altri delitti
contro il sesto comandamento commessi:
con violenza, quando cioè si toglie la
libertà alla persona;
o con minacce, quando si incute soltanto
timore;
pubblicamente;
o con un minore al di sotto di 16 anni, se
si tratta di un religioso non chierico;
oppure, con un minore al di sotto di 18
6

18.5 Page 175

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anni, se si tratta di un religioso
chierico125.
Per tali delitti il Codice stabilisce l’obbligo
del Superiore di prendere in considerazione la
fattispecie delittuosa, valutarla e adottare una
decisione discrezionale circa la necessità di
procedere alla dimissione.
In caso di abuso di un minore di 18 anni, a
cui è equiparato chi ha abitualmente un uso
imperfetto di ragione,126 se il religioso accusato
è chierico, la competenza esclusiva spetta al
Supremo Tribunale della Congregazione per la
Dottrina della Fede, in base al m.p.
Sacramentorum sanctitatis tutela.127 Come tutti gli
altri delitti ivi compresi, la prescrizione è
ventennale e, per il solo caso di abuso di un
minore di 18 anni, inizia a decorrere dal
125 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Ap. in forma di m.p.
Sacramentorum sanctitatis tutela, Roma, (30 aprile 2001).
126 CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Normae de de-
lictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis seu Normae de
delictis contra fidem necnon de gravioribus delictis, 21 maggio
2010, AAS 102 (2010) 419-434, art. 6, §1, 1°.
127 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Ap. in forma di m.p.
Sacramentorum sanctitatis tutela, Roma (30 aprile 2001).
1
5
7

18.6 Page 176

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momento del compimento del diciottesimo
anno di età.
Quando si tratta di un sodale non chierico,
la competenza spetta alla Congregazione per gli
Istituti di vita consacrata e le Società di vita
apostolica.
Nei casi contemplati dal § 2 del can. 1395,
il Superiore deve procedere alla dimissione, a
meno che non stimi opportuno provvedere in
altro modo alla correzione del sodale, alla
reintegrazione della giustizia e alla riparazione
dello scandalo (can. 695, § l). Nei casi predetti,
l’obbligatorietà riguarda il dovere del Superiore
Maggiore di avviare il processo di dimissione,
osservando la procedura prevista dal diritto
(can. 695, § 2).
La procedura per la dimissione obbligatoria (can. 695
§2)
92. La competenza a procedere per i casi di
dimissione obbligatoria spetta al Superiore
Maggiore (can. 620), assistito dal notaio.
L’azione disciplinare non è soggetta a termini
di prescrizione, come quella penale (can. 1362).
Pertanto, anche se il delitto è prescritto l’azione
158

18.7 Page 177

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disciplinare, a motivo di cui al can. 695 § 1,
deve essere sempre istruita.
Ricevuta una denuncia o la notizia di atti
verosimilmente delittuosi, il
Superiore competente: raccoglie le prove
circa i fatti e
l’imputabilità;
se raggiunge la certezza morale circa la
verità dei fatti e la loro imputabilità per
dolo o per colpa, notifica al sodale da
dimettere l’accusa e le prove, dandogli la
possibilità di difendersi;
trasmette tutti gli atti al Moderatore
Supremo.
Il Superiore Maggiore può adottare la
procedura prevista per l’indagine previa di cui
ai cann. 1717-1719.
Il Moderatore Supremo, con il suo
Consiglio, valuta ulteriormente le accuse, le
prove, la difesa e, mediante votazione
collegiale, decide se dimettere il sodale. Il
Consiglio deve essere al completo, o composto
da almeno quattro membri; la votazione è
1
5
1
5
9

18.8 Page 178

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sempre collegiale, che si decida a favore o
contro la dimissione, e pertanto deve constare
di almeno cinque voti. Per decidere la
dimissione non è necessaria l’unanimità: è
sufficiente la maggioranza assoluta; e la
votazione deve essere segreta (can. 699 § 1).
Qualora invece il Superiore Maggiore
accerti l’infondatezza delle accuse, deve
archiviare il caso.
La dimissione facoltativa (can. 696 § 1)
93. Il can. 696 lascia al giudizio del
Superiore Maggiore la dimissione di un sodale
per cause diverse rispetto a quelle previste per
la dimissione ipso facto e per quella obbligatoria.
Considerata la gravità del provvedimento di
dimissione, il Codice chiede che queste cause
siano gravi, esterne, imputabili e giuridicamente
provate. Il can. 696 § 1 prevede alcune fattispecie
di comportamenti impropri che, nonostante
non configurino fattispecie delittuose, sono
comunque significativamente contrari alla
disciplina della vita consacrata. Il Codice
presenta un elenco, non esaustivo, di tali cause:
la negligenza abituale degli obblighi della
vita consacrata;
160

18.9 Page 179

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le ripetute violazioni dei vincoli sacri;
la disobbedienza ostinata alle legittime
disposizioni dei Superiori in materia
grave;
1
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19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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un grave scandalo derivato
dal comportamento colpevole del
sodale;
– l’ostinato appoggio o la propaganda di
dottrine condannate dal Magistero della
Chiesa;
– l’adesione pubblica a ideologie inficiate
di materialismo o di ateismo; l’assenza
illegittima dalla casa religiosa, protratta
oltre sei mesi, con l’intenzione di
sottrarsi all’autorità dei Superiori (can.
662, § 2).
Il diritto proprio di un Istituto può
prevedere altre motivazioni.
Un sodale di voti temporanei può essere
dimesso per cause gravi anche meno gravi di
quelle esposte (can. 696, § 1) , esterne,
imputabili e giuridicamente comprovabili,
stabilite dal diritto proprio (can. 696, § 2).
Le fattispecie che nella prassi occorrono più
frequentemente sono: la disobbedienza
ostinata e l’assenza illegittima.
Ai fini della dimissione la disobbedienza si
configura giuridicamente se il sodale agisce
1
6
1

19.2 Page 182

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contrariamente a una disposizione in materia
grave, data dal Superiore in conformità alla
normativa universale e propria, o almeno non
in contrasto con essa.
La procedura per la dimissione facoltativa (cann. 697-
700)
94. Al fine di tutelare i diritti delle persone
e le esigenze della giustizia, i can. 697-700
stabiliscono accuratamente la procedura da
seguire in caso di dimissione.
A differenza del processo di dimissione
obbligatoria (can. 695 § 2), nelle fattispecie di
cui al can. 696 § 1, prima di iniziare il processo,
il competente Superiore Maggiore deve
obbligatoriamente ascoltare il parere del suo
Consiglio (can. 697). Il Consiglio, che deve
essere validamente e legittimamente riunito,
esprime il proprio parere, non necessariamente
all’unanimità, circa l’opportunità di iniziare il
processo e la motivazione per cui istruirlo.
Quando il Superiore Maggiore ritiene che si
sia verificata una delle fattispecie di cui al can.
696, che potrebbe motivare la dimissione,
anzitutto procede a richiamare il religioso
2

19.3 Page 183

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all’adempimento dei propri doveri, non escluso
il ricorso a sanzioni canoniche. Qualora questi
provvedimenti risultino inefficaci, il Superiore
Maggiore:
consulta il suo Consiglio sulla
opportunità di avviare il processo di
dimissione, redigendo un apposito
“estratto di verbale”;
udito il Consiglio, se giudica di dover
procedere alla dimissione, raccoglie e
integra tutte le prove dei fatti imputabili;
nel caso in cui voglia ottenere il rientro
del religioso assente illegittimamente
1
6
3

19.4 Page 184

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deve provvedere a dare un precetto formale di
obbedienza per iscritto, da notificare tramite
lettera raccomandata con ricevuta di ritorno,
oppure oralmente davanti a due testimoni; in
tale precetto il Superiore Maggiore indicherà
chiaramente una data ragionevole di scadenza
per il rientro in una determinata comunità.
Anche per altre motivazioni il Superiore
Maggiore dovrà formalmente ed esplicitamente
far presente al sodale che, se non recede dal
comportamento, si procederà alla
dimissione;
procede a una prima ammonizione
canonica, notificata per iscritto o davanti
a due testimoni o per editto se il sodale
è irreperibile; l’ammonizione deve
contenere esplicitamente la minaccia
della dimissione, in caso di
incorreggibilità, e deve indicare
chiaramente quello che il sodale deve
fare o omettere per evitarla; deve
esprimere in modo chiaro e preciso il
fatto di cui è imputato, accordandogli
piena facoltà di rispondere in propria
difesa, entro almeno quindici giorni dalla
notifica dell’ammonizione;
164

19.5 Page 185

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se la prima ammonizione non ha effetto,
trascorsi almeno quindici giorni,
procede a una seconda ammonizione,
con le stesse modalità;
trascorsi almeno quindici giorni dalla
data di notifica della seconda
ammonizione, se anche questa risulta
inefficace, convoca il suo Consiglio e
con votazione segreta giudica se,
provata la incorreggibilità e ritenute
insufficienti le difese del sodale, si deve
procedere ad inviare la richiesta di
dimissione al Moderatore Supremo;
invia al Moderatore Supremo tutti i
documenti, sottoscritti dal notaio,
unitamente a tutte le risposte date dal
sodale e da lui firmate.
Di tutte le notifiche deve constare prova
certa.
Il sodale può sempre comunicare
personalmente con il Moderatore Supremo ed
esporre a lui direttamente gli argomenti a
propria difesa (can. 698).
1
6
1
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Il Moderatore Supremo, ricevuti gli atti dal
Superiore Maggiore competente, riunisce il suo
Consiglio, che per la validità deve constare di
almeno quattro membri, e procede con esso
collegialmente, ovvero:
valuta le prove, gli argomenti, le
ammonizioni, la legittimità della
procedura, la difesa dell’imputato, la sua
incorreggibilità;
– constatata l’esistenza di tutti i suddetti
elementi, il collegio decide a votazione
segreta se procedere alla dimissione (can.
119). Essendo una decisione collegiale, il
Moderatore Supremo può dirimere
un’eventuale parità con un suo secondo
voto. Il segretario o il notaio redigono
un verbale con le motivazioni della
decisione;
se la decisione è favorevole alla
dimissione, il Moderatore Supremo
emette il decreto di dimissione, che per
essere valido deve contenere almeno in
modo sommario le ragioni sia in diritto
sia in fatto (can. 699, § 1);
166

19.7 Page 187

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trasmette il decreto di dimissione alla
Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica,
insieme a tutti gli atti.
Se si tratta di un Monastero sui iuris, a
norma del can. 615, la Superiora del
Monastero, dopo aver adempiuto quanto le
compete in qualità di Superiora Maggiore,
trasmette tutto al Vescovo diocesano.
Per entrare in vigore il decreto del
Moderatore Supremo (can. 700) deve essere
confermato:
dalla Congregazione per gli Istituti di
vita consacrata e le Società di vita
apostolica, se si tratta di un sodale di un
Istituto di vita consacrata o di una
Società di vita apostolica di diritto
pontificio;
dal Vescovo della diocesi dove è situata
la casa alla quale appartiene il sodale
dimesso, se si tratta di un Istituto di vita
consacrata o di una Società di vita
apostolica di diritto diocesano.
1
6
1
6
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19.8 Page 188

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L’esame del decreto e degli atti che lo
accompagnano permette alla Santa Sede o al
Vescovo di verificare la procedura seguita e le
cause addotte.
Anche per i Monasteri sui iuris di diritto
pontificio la dimissione decisa dal Vescovo,
come quella decisa dal Moderatore Supremo da
cui dipende il Monastero, richiedono la
conferma della Santa Sede.
Le ammonizioni canoniche
95. È opportuno curare le formalità
redazionali delle ammonizioni canoniche che
devono essere chiare e brevi; il loro contenuto
deve essere il medesimo per la prima e per la
seconda. Le ammonizioni devono includere
almeno tre elementi:
la motivazione giuridica, ovvero la
citazione della normativa codiciale in
considerazione della quale si procede;
una breve esposizione dei fatti, ovvero
ciò che il sodale ha fatto o ha omesso;
il dispositivo, chiaro e determinato, circa
ciò che il sodale deve o non deve fare.
168

19.9 Page 189

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Il testo delle ammonizioni deve specificare
che il sodale ha il diritto di presentare una
difesa al Superiore Maggiore che ha iniziato il
processo, o direttamente al Moderatore
Supremo, secondo quanto egli ritiene più
opportuno.
Le ammonizioni devono essere notificate
ed è necessario che vi sia una prova che attesti
che il sodale le ha ricevute. Le modalità di
notifica possono essere differenti; la scelta
spetta al Superiore Maggiore, valutate le
circostanze.
Tra l’invio di una ammonizione e l’invio
della successiva, devono trascorrere almeno 15
giorni o un tempo diverso stabilito
dall’ammonizione, entro cui adempiere al
precetto in esse contenuto. Detto termine può
essere superiore ai 15 giorni ma non inferiore,
e inizia a decorrere dal giorno della notifica
dell’ammonizione, cioè da quando è stata
ricevuta dal sodale, e non da quando è stata
emessa dal Superiore Maggiore, né da quando
è stata inviata, o dal tempo diverso stabilito
dall’ammonizione stessa.
1
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1
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19.10 Page 190

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Notifica del decreto di dimissione
96. Il decreto di dimissione confermato
dalla Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica, o dal
Vescovo diocesano, deve essere notificato
all’interessato dal Superiore competente
attraverso lettera raccomandata con ricevuta di
ritorno, oppure personalmente, alla presenza di
due testimoni. Il decreto, per essere valido,
deve indicare il diritto di cui gode il sodale
dimesso di ricorrere all’autorità competente,
entro dieci giorni dalla notifica.
Perché la dimissione sia efficace il Superiore
competente deve notificare il decreto originale
e il rescritto di conferma concesso dal
Dicastero o dal Vescovo, anch’esso originale o
almeno in copia autenticata.
Ricevuta la notifica, il sodale che non
intende accettarne il disposto:
prima di presentare ricorso, deve
chiedere per iscritto la revoca o la
correzio- ne del decreto al suo autore;
presentata questa domanda s’intende
con ciò stesso richiesta la sospensione
dell’esecuzione
170

20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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(can. 1734 §1)
se è membro di un Istituto di vita
consacrata o una Società di vita
apostolica di diritto pontificio, può
ricorrere in prima istanza alla
Congregazione per gli Istituti di vita
1
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1
7
1

20.2 Page 192

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consacrata e le Società di vita apostolica,
in seconda istanza al Supremo Tribunale
della Segnatura Apostolica, e in terza
istanza al medesimo Supremo
Tribunale;
se è membro di un Istituto di vita
consacrata o di una Società di vita
apostolica di diritto diocesano, può
ricorrere in prima istanza al Vescovo che
ha confermato il decreto, in seconda
istanza alla Congregazione per gli Istituti
di vita consacrata e le Società di vita
apostolica, e in terza istanza al Supremo
Tribunale della Segnatura Apostolica.
È sufficiente che il sodale dimesso, entro 10
giorni dalla notifica del decreto, esprima per
iscritto anche sommariamente – a un’autorità
ecclesiastica la propria volontà di ricorrere. Chi
riceve il ricorso deve trasmetterlo all’autorità
competente a trattarlo e stabilire un tempo
entro cui il ricorrente dovrà presentare il
ricorso completo, corredato dalle motivazioni
e dalle prove.
Durante il tempo del ricorso gli effetti
giuridici della dimissione sono sospesi.
Effetti della dimissione (can. 701)
1
172

20.3 Page 193

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7
1
97. Con la legittima dimissione cessano, per
il fatto stesso, i voti e insieme gli obblighi
derivanti dalla professione.
Se il sodale dimesso è diacono o presbitero
conserva lo stato clericale ma in virtù della
dimissione non può esercitare il ministero
sacro finché non abbia trovato un Vescovo che
lo accolga nella diocesi per incardinarlo o per
un periodo di prova (can. 693), o almeno gli dia
la licenza di esercitare il ministero (can. 701).
Aiuto al sodale dimesso o dispensato (can.
702)
98. Il sodale dimesso o dispensato non può
vantare alcun diritto nei confronti dell’Istituto
di vita consacrata o della Società di vita
apostolica di cui era membro (can. 702 § 1).
L’opera prestata in favore dell’Istituto o della
Società e il frutto del lavoro versato all’Istituto
o alla Società durante la permanenza in essi (cf.
can. 668 §3) non conferiscono al sodale, uscito
volontariamente o dimesso, alcun diritto a
ricevere un compenso. Infatti, i sodali si sono
impegnati a offrire la propria opera come
espressione gratuita di amore e di carità verso i

20.4 Page 194

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fratelli, sia all’interno dell’Istituto o della
Società, sia all’esterno.
L’Istituto di vita di consacrata o la Società
di vita apostolica, d’altra parte, deve osservare
l’equità e la carità evangelica verso il sodale che se
ne separa sia per uscita sia per dimissione.
L’equità è commisurata alla situazione
personale e alle circostanze nonché alle reali
possibilità dell’Istituto; la carità alle esigenze di
inserimento e di accompagnamento del sodale,
almeno per il periodo immediatamente dopo
l’uscita o la dimissione, finché non possa
provvedere a se stesso in altro modo, nonché
alle possibilità dell’Istituto.
1
174

20.5 Page 195

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7
3

20.6 Page 196

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Conclusione
RIMANETE NEL MIO AMORE (Gv 15,9)

20.7 Page 197

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20.8 Page 198

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La forza della vocazione
99. Oggi di fronte al venire meno della perseveranza di
tanti fratelli e sorelle che con generosità avevano intrapreso la
via della sequela, possiamo diventare giudici severi, mettendo
in rilievo difetti e fragilità che non sono stati affrontati nella
maniera giusta, per cause personali, istituzionali o di
responsabilità collettive. Chi abbandona deve porsi serie
domande sul perché sia venuta meno la propria scelta
vocazionale, e chi resta sulla coerenza del suo rimanere e su
eventuali implicazioni nelle cause di allontanamento e
raffreddamento della perseveranza di chi se n’è andato. Siamo
tutti reciprocamente responsabili e custodi (cf. Gn 4,9) dei nostri
fratelli e sorelle, specie di quelli più deboli, perché siamo «
radunati in Cristo come una sola peculiare famiglia » e i legami
di fraternità devono essere coltivati con lealtà in modo da
creare « per tutti un aiuto reciproco nel realizzare la vocazione
propria di ciascuno
».128
100.
Rimanete nel mio amore (Gv 15,9): è la richiesta che
Gesù fa ai suoi discepoli durante l’ultima Cena. Rimanete: « qui
sta la forza della vocazione del consacrato ». 129 Questo
imperativo è anche una consegna, l’offerta della « verità
fondamentale » che permette di « restare in comunione vitale
128 Can. 602.
129 FRANCESCO, La forza della vocazione. Conversazione con Fernando Prado,
EDB, 2018, Bologna, 44.
178

20.9 Page 199

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con Cristo ».130 Consegna affidata ai discepoli di ieri e di oggi,
in particolare agli uomini e alle donne consacrate che
affrontano la sfida di vivere in ambienti fortemente
secolarizzati, correndo il rischio di perdere il fervore e la gioia
della propria donazione a Cristo e alla Chiesa.
Un testamento d’amore
101.
Il Quarto Vangelo colloca l’invito a rimanere
nell’amore in un momento particolare della vita di Gesù: quello
che precede la Passione. Mentre egli avanza verso l’ora
preannunciata a Cana (cf. Gv 2,4), verso il compimento della
sua missione e la consegna
1
7
7
della sua vita, l’evangelista Giovanni si sofferma sul racconto
dell’ultimo pasto di Gesù con i suoi per estrarre tesori che
illuminano la propria identità di Figlio di Dio e quella dei suoi
discepoli. Seduto a tavola, in un clima d’intimità e di
condivisione, apre il suo cuore di Figlio per trasmettere ai
130 FRANCESCO, Regina Coeli, Città del Vaticano, (3 maggio 2015).

20.10 Page 200

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discepoli sotto forma di testamento – quell’amore che egli non
solo ha e dà, ma che egli è.
Discepoli destinati a portare frutto
102.
Nel lungo discorso di Addio che rivolge ai suoi
(Gv 13,31-17,26) Gesù manifesta la sua volontà di comunicare
loro l’amore del Padre, amore capace di far fruttificare ogni
cosa e di assicurare un’autentica generatività. Dell’amore del
Padre è talmente piena la sua vita che Gesù non desidera altro
che riversarlo in quella dei discepoli. Per questo in Gv 15,1-17
chiede ai suoi di radicarsi nel suo amore, di immergersi
nell’atmosfera filiale della sua esistenza e di abitare nello
scambio incessante d’amore che intercorre tra Lui e il Padre.
103.
In Gv 15,9-17 viene spiegata l’allegoria dei
versetti precedenti e offerto il segreto della fecondità dei
discepoli: l’amore. Questo diviene l’habitat dell’esistenza nella
misura in cui lo si riceve dalla sorgente che è Cristo. Alla base
dell’amore che Gesù nutre per i suoi discepoli vi è l’amore con
cui egli è amato dal Padre suo: come il Padre ha amato me, anche io
ho amato voi (Gv 15,9).
Gesù dichiara ai suoi che la fonte dell’amore che nutre per loro
è l’amore che il Padre ha per Lui.
Rimanere è perseverare
104.
L’espressione rimanere in, presente più volte nel
Vangelo di Giovanni,131 permette di decifrare il simbolismo vite
131 Cf. Gv 8,31; 14,10; 15,4[x2].5.6.7.9.10.
180

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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vignaiolo tralcio frutto nella prospettiva della perseveranza.
Cristo ci insegna che « abitare nella corrente dell’amore di Dio,
prendervi stabile dimora, è la condizione per far sì che il nostro
amore non perda per
strada il suo ardore e la sua audacia ».132
1
7
9
Per evitare dunque il dramma dell’abbandono del
discepolato o della possibile sterilità della vocazione, i discepoli
sono invitati con insistenza a rimanere. Questo verbo, così caro
al Quarto Vangelo, rinvia al desiderio e all’impegno costanti
nel corrispondere all’amore di alleanza e nell’aderire allo stile
di Cristo.
Ciò che permette di restare nell’amore di Gesù è
l’osservanza dei suoi comandamen- ti (Gv 15,10), l’ascolto
docile della sua Parola. Questo ascolto cambia il cuore dei
discepoli: da un cuore di servi ne fa un cuore di amici e li
stabilisce in una relazione autentica e durevole con Gesù (Gv
15,13-15).
132 FRANCESCO, Regina Coeli, Città del Vaticano (6 maggio 2018).

21.2 Page 202

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Perché la vostra gioia sia piena
105. La missione dei battezzati consiste nel far fruttificare i
doni divini a vantaggio di tutti, al modo di Gesù che ha dato
se stesso per i suoi amici e per la vita del mondo (Gv 6,51).
Rimanere nell’amore, infatti, è comprendere anche che «
182

21.3 Page 203

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l’amore è servizio », 133 è prendersi cura degli
altri. Solo l’amore del Padre rivelato in Gesù ha
il potere di strappare i discepoli al rischio di
fughe e deragliamenti e di destinarli alla
fecondità: vi ho costituiti perché andiate e portiate
frutto e il vostro frutto rimanga (Gv 15,16).
La fedeltà nella reciproca immanenza fra la
vite e i tralci, cioè fra il Maestro e i discepoli, è
un dono di fiducia scambievole: va messa in
esercizio nella perseveranza prolungata nei
tempi e nelle stagioni della vita. Tutti abbiamo
bisogno di perseveranza (Eb 10,36), che è allo stesso
tempo tener fisso lo sguardo su Gesù che dà origine alla
fede e la porta a compimento (Eb 12,2), e agire con
franchezza e creatività nell’attraversare
momenti di oscurità e nel sostenersi a vicenda,
per camminare diritti con i propri piedi (cf. Eb 12,43).
Non è possibile raggirare la prova; è
necessario attraversarla con amore, rafforzando
maggiormente l’unione a Cristo e facendo di
essa un ulteriore apprendistato del dono di sé
per smettere di vivere solo per se stessi (cf. Rm
14,7) e ristabilire un’amicizia stabile con Cristo
133 FRANCESCO, Omelia in occasione della Visita
pastorale alla parrocchia romana del Ss. Sacramento a
Tor de’ Schiavi, Roma, (6 maggio 2018).
1
8
1

21.4 Page 204

▲back to top
e con gli altri che procura fecondità e gioia piena
(Gv 15,11).
Maria, donna fedele e perseverante
106. A Maria, nostra Madre, la donna fedele
che desidera la fedeltà dei suoi figli e delle sue
figlie nella risposta di amore e di dedizione
totale a Cristo, affidiamo tutti i consacrati e le
consacrate, perché perseverino nella gioia della
vocazione ricevuta.
Maria, donna fedele, hai accolto con
docilità lo Spirito di verità che procede dal
Padre, attraverso il Figlio tuo Gesù,
insegnaci a custodire il dono della
vocazione e a riscoprirne, ogni giorno, la
vitalità.
Guardiamo a te, per contemplare l’opera di
Dio che rigenera la nostra capacità di
amare e cura la nostra fedeltà ferita.
Guardiamo a te, perseverante nella sequela,
custode vigile e amante della
Parola
2

21.5 Page 205

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(cf. Lc 2,19; 2,51b), per ammirare in te la
pienezza di vita di chi nella fedeltà porta
molto frutto.
Guardiamo a te, perseverante ai piedi
della croce
(cf. Gv 19,25) per stare accanto alle infinite croci
del mondo, dove Cristo è ancora crocifisso nei
poveri e negli abbandonati, per portarvi
conforto e condivisione.
Guardiamo a te perseverante con gli Apostoli
nella preghiera (cf. At 1, 12-14), per ardere
dell’Amore che mai si spegne, camminare nella
letizia e affrontare le sconfitte e le delusioni
senza affanni. Maria, donna fedele, prega per
noi, ottienici dal Figlio Tuo e Redentore
nostro una fede viva e innamorata, una carità
umile e operosa, per vivere il dono della
fedeltà nella perseveranza, sigillo umile e
gioioso della speranza. Amen.
Città del Vaticano, 2 febbraio 2020
Festa della Presentazione del Signore
João Braz Card. de Aviz
Prefetto
1
8
3

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c José Rodríguez Carballo, O.F.M.
Arcivescovo Segretario
INDICE
INTRODUZIONE. . . . . . . . . . . . .
3
Parte prima
Lo sguardo e l’ascolto I.
ABBANDONI:
IL FENOMENO DEGLI
ALCUNI NODI CRITICI . . . . . . . . . 15
Un fenomeno che interroga . . . . . . . 15
Forme di disagio . . . . . . . . . . . 17
Vigile lo sguardo e attento l’ascolto. . . . . 18
Crisi degli Istituti: incertezza e disorientamento 20
Opacità dell’attrazione. . . . . . . . . 21
Inadeguata valutazione delle difficoltà. . . . 23
II. ISTANZE DA INTERPRETARE E DINAMICHE DA
CONVERTIRE. . . . . . . . . . . 25 Processi di
costruzione dell’identità. . . . . 25
Loscuramento della fede . . . . . . . . 27 Il
modo di intendere e vivere il celibato consacrato 28
Liquidità della fedeltà . . . . . . . . . 29
Il senso di un vincolo orientato da regole . . . 30 Rapporto
con il tempo e lo spazio . . . . . 32
4

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Difficili relazioni interpersonali e comunitariae 33
Esperienza di solitudine . . . . . . . . 34
Tensione tra comunità e missione . . . . . 35
Gestione del mondo digitale . . . . . . . 36
Rapporto con il potere e il possesso . . . . . 38
Parte seconda
Ravvivare la consapevolezza
I. FEDELTÀ E PERSEVERANZA. . . . . . . 41
Memoria Dei . . . . . . . . . . . . 41 Dio è il fedele
. . . . . . . . . . . . 42
. . . . . . . . . 43
Cristo icona di fedeltà
La fedeltà vive dell’incontro . . . . . . . 46
Perseverare: memoria e speranza . . . . . 47 Perseverare
nella fedeltà . . . . . . . . 50 Amore totale ed esclusivo
. . . . . . . . 51 Maria modello di perseveranza . . . .
. . 54 Itinerario di crescente fedeltà . . . . . . . 55
Perseveranza nel cammino di santità . . . . 58
La vita fraterna luogo della perseveranza. . . 60
Corresponsabili della fedeltà del fratello e della sorella . . .
. . . . . . . . . . 62 Perseveranti nella preghiera . . .
. . . . 64 La formazione fondamento della perseveranza .
66
La gioia della perseveranza . . . . . . . 68
II. PROCESSI PER UN DISCERNIMENTO CONDIVISO 73
1
8
5

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Laboratorio di vita . . . . . . . . . . 73
Lavorare insieme per un discernimento condiviso 76
Discernimento e accompagnamento . . . . . 78
Formare la coscienza . . . . . . . . . 80
Comprensione di sé . . . . . . . . . . 83
Dono e compito . . . . . . . . . . . 85
Una responsabile libertà . . . . . . . . 87
Dialogo tra le coscienze: la parola e il bene . . 89
Scelte irrevocabili. . . . . . . . . . . 93
Scoprire nuove evidenze. . . . . . . . . 95
III. FARSI ACCOMPAGNARE NEL TEMPO DELLA
PROVA. LA DIMENSIONE COMUNITARIA . . 99
Fraternità: sostegno alla perseveranza . . . . 99
Uno stile accogliente . . . . . . . . . . 101
Rimanere centrati, saldi in Dio . . . . . . 103
Parte terza
La separazione dall’Istituto
Normativa canonica e prassi dicasteriale
Fedeltà e perseveranza: riscoprire il senso della disciplina . .
. . . . . . . . . . . . 107
L’ASSENZA DALLA CASA RELIGIOSA. . . . . . 111
L’assenza legittima dalla casa religiosa (can.
665 § 1) . . . . . . . . . . . . . 112
6

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L’assenza illegittima dalla casa religiosa (can. 665 § 2)
. . . . . . . . . . . . . 114 Il passaggio ad altro
Istituto . . . . . . . 115 L’esclaustrazione. . . . . .
. . . . . 117
L’esclaustrazione richiesta dal sodale (can.
686 § 1) . . . . . . . . . . . . . 119 Doveri e
diritti derivanti dall’esclaustrazione 120
L’esclaustrazione imposta (can. 686 § 3) . .
121
L’INDULTO DI USCITA . . . . . . . . . . 123
L’indulto di uscita del sodale di voti temporanei (can. 688
§§1-2) . . . . . . . . . 124
L’indulto di uscita del sodale di voti temporanei per volontà
dell’Istituto (can. 689). . . . 125
Riammissione di un sodale legittimamente
uscito dall’Istituto (can. 690). . . . . . . 126
L’indulto di uscita del sodale durante la professione
perpetua (cann. 691-692) . . . . . 126 L’indulto di
uscita del sodale chierico (can. 693) 129
LA DIMISSIONE DALL’ISTITUTO . . . . . . . 132
La dimissione ipso facto (can. 694) . . . . 132
L’abbandono notorio della fede cattolica
(can. 694 § 1, 1°) . . . . . . . . . 133
Il matrimonio contratto o attentato, anche solo civilmente
(can. 694 § 1, 2°) . . . . 135
1
8
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L’assenza illegittima dalla casa religiosa protratta oltre
un anno (can. 694 § 1, 3°) . 135
La procedura per dichiarare la dimissione ipso facto . .
. . . . . . . . . . 136
La procedura per dichiarare l’assenza illegittima dalla
casa religiosa protratta oltre un anno . . . . . . . . . . .
138 La dimissione obbligatoria (can. 695 § 1) . . 140
8

22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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Il delitto di omicidio, rapimento e sequestro di
persona, mutilazione e ferimento (can. 1397) . . .
. . . . . . . . . . 140 Il delitto di aborto (can.
1398) . . . . . 141
Il concubinato o altro peccato esterno contro il
sesto precetto del Decalogo (can. 1395 § 1) . 142
Altri delitti contra sextum (can. 1395 § 2). 143
La procedura per la dimissione obbligato- ria
(can. 695 §2) . . . . . . . . . 145 La
dimissione facoltativa (can. 696 § 1). . . 147
La procedura per la dimissione facoltativa
(cann. 697-700). . . . . . . . . . 148
Le ammonizioni canoniche . . . . . . 153
Notifica del decreto di dimissione . . . . 155
Effetti della dimissione (can. 701) . . . . 157
Aiuto al sodale dimesso o dispensato (can. 702)
157
Conclusione
Rimanete nel mio amore (Gv 15,9)
La forza della vocazione . . . . . . . . 161 Un
testamento d’amore. . . . . . . . . 162 Discepoli
destinati a portare frutto . . . . . 163 Rimanere è
perseverare. . . . . . . . . 164
Perché la vostra gioia sia piena . . . . . . 165

22.2 Page 212

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Maria, donna fedele e perseverante . . . . . 166
TIPOGRAFIA VATICANA