20231101-motu-proprio-ad-theologiam-promovendam


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La Santa Sede
LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO
Ad theologiam promovendam
CON LA QUALE VENGONO APPROVATI
NUOVI STATUTI DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA DI TEOLOGIA
1. Per promuovere la teologia in avvenire non ci si può limitare a riproporre astrattamente formule
e schemi del passato. Chiamata a interpretare profeticamente il presente e a scorgere nuovi
itinerari per il futuro, alla luce della Rivelazione, la teologia dovrà confrontarsi con le profonde
trasformazioni culturali, consapevole che: «Quello che stiamo vivendo non è semplicemente
un’epoca di cambiamenti, ma è un cambiamento d’epoca» (Discorso alla Curia Romana del 21
dicembre 2019).
2. La Pontificia Accademia di Teologia, sorta agli inizi del XVIII secolo sotto gli auspici di Clemente
XI, mio Predecessore, e da lui istituita canonicamente col breve Inscrutabili il 23 aprile 1718, nel
corso della sua secolare esistenza ha costantemente incarnato l’esigenza di porre la teologia a
servizio della Chiesa e del mondo, modificando quando necessario la propria struttura e
ampliando le proprie finalità: da iniziale luogo di formazione teologica degli ecclesiastici in un
contesto in cui altre istituzioni risultavano carenti e inadeguate a tale scopo, a gruppo di studiosi
chiamati a indagare e approfondire temi teologici di particolare rilevanza. L’aggiornamento degli
Statuti, voluto dai miei Predecessori, ha segnato e promosso tale processo: si pensi agli Statuti
approvati da Gregorio XVI il 26 agosto 1838 e a quelli approvati da S. Giovanni Paolo II con la
Lettera Apostolica Inter munera Academiarum il 28 gennaio 1999.

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3. Dopo quasi cinque lustri è giunto il momento di revisionare queste norme, per renderle più
adatte alla missione che il nostro tempo impone alla teologia. A una Chiesa sinodale, missionaria
ed “in uscita” non può che corrispondere una teologia “in uscita”. Come ho scritto nella Lettera al
Gran Cancelliere dell’Università Cattolica di Argentina, rivolgendomi a professori e studenti di
teologia: «Non accontentatevi di una teologia da tavolino. Il vostro luogo di riflessione siano le
frontiere. […] Anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la
loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini». L’apertura al mondo, all’uomo nella
concretezza della sua situazione esistenziale, con le sue problematiche, le sue ferite, le sue sfide,
le sue potenzialità, non può però ridursi ad atteggiamento “tattico”, adattando estrinsecamente
contenuti ormai cristallizzati a nuove situazioni, ma deve sollecitare la teologia a un ripensamento
epistemologico e metodologico, come indicato nel Proemio della costituzione apostolica Veritatis
gaudium.
4. La riflessione teologica è perciò chiamata a una svolta, a un cambio di paradigma, a una
«coraggiosa rivoluzione culturale» (Lettera Enciclica Laudato si’, 114) che la impegni, in primo
luogo, a essere una teologia fondamentalmente contestuale, capace di leggere e interpretare il
Vangelo nelle condizioni in cui gli uomini e le donne quotidianamente vivono, nei diversi ambienti
geografici, sociali e culturali e avendo come archetipo l’Incarnazione del Logos eterno, il suo
entrare nella cultura, nella visione del mondo, nella tradizione religiosa di un popolo. A partire da
qui, la teologia non può che svilupparsi in una cultura del dialogo e dell’incontro tra diverse
tradizioni e diversi saperi, tra diverse confessioni cristiane e diverse religioni, confrontandosi
apertamente con tutti, credenti e non credenti. L’esigenza di dialogo è infatti intrinseca all’essere
umano e all’intera creazione ed è compito peculiare della teologia scoprire «l’impronta trinitaria
che fa del cosmo in cui viviamo “una trama di relazioni” in cui “è proprio di ogni essere vivente
tendere verso un’altra cosa”» (Costituzione Apostolica Veritatis gaudium, Proemio, 4a).
5. Questa dimensione relazionale connota e definisce, dal punto di vista epistemico, lo statuto
della teologia, che è spinta a non chiudersi nell’autoreferenzialità, che conduce all’isolamento e
all’insignificanza, ma a cogliersi come inserita in una trama di rapporti, innanzitutto con le altre
discipline e gli altri saperi. È l’approccio della transdisciplinarità, cioè un’interdisciplinarità in senso
forte, distinta dalla multidisciplinarità, intesa come interdisciplinarità in senso debole. Quest’ultima
favorisce sicuramente una migliore comprensione dell’oggetto di studio considerandolo da più
punti di vista, che tuttavia rimangono complementari e separati. La transdisciplinarità va invece
pensata «come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita
offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio» (Costituzione Apostolica Veritatis
gaudium, Proemio, 4c). Ne deriva l’arduo compito per la teologia di essere in grado di avvalersi di
categorie nuove elaborate da altri saperi, per penetrare e comunicare le verità della fede e
trasmettere l’insegnamento di Gesù nei linguaggi odierni, con originalità e consapevolezza critica.
6. Il dialogo con gli altri saperi presuppone evidentemente il dialogo all’interno della comunità
ecclesiale e la coscienza dell’essenziale dimensione sinodale e comunionale del fare teologia: il

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teologo non può che vivere in prima persona la fraternità e la comunione, a servizio
dell’evangelizzazione e per arrivare al cuore di tutti. Come ho detto ai teologi nel Discorso ai
Membri della Commissione Teologica Internazionale, il 24 novembre 2022: «La sinodalità
ecclesiale impegna dunque i teologi a fare teologia in forma sinodale, promuovendo tra loro la
capacità di ascoltare, dialogare, discernere e integrare la molteplicità e varietà delle istanze e degli
apporti». È perciò importante che esistano luoghi, anche istituzionali, nei quali vivere e fare
esperienza di collegialità e fraternità teologica.
7. Infine, la necessaria attenzione allo statuto scientifico della teologia non deve oscurare la sua
dimensione sapienziale, come già chiaramente affermato da San Tommaso d’Aquino (cfr. Summa
theologiae I, q. 1, a. 6). Perciò il Beato Antonio Rosmini considerava la teologia una espressione
sublime di “carità intellettuale”, mentre chiedeva che la ragione critica di tutti i saperi si orientasse
all’Idea di Sapienza. Ora l’Idea di Sapienza stringe interiormente in un “circolo solido” la Verità e la
Carità insieme, sicché è impossibile conoscere la verità senza praticare la carità: «perché l’una è
nell’altra e niuna delle due fuori dell’altra si trova. Laonde chi ha questa Verità ha con essa la
Carità che l’adempie, e chi ha questa Carità ha la Verità adempita» (cfr. Degli studi dell’Autore, nn.
100-111). La ragione scientifica deve allargare i suoi confini nella direzione della sapienza, per
non disumanizzarsi e impoverirsi. Per questa via, la teologia può contribuire all’attuale dibattito di
“ripensare il pensiero”, mostrando di essere un vero sapere critico in quanto sapere sapienziale,
non astratto e ideologico, ma spirituale, elaborato in ginocchio, gravido di adorazione e di
preghiera; un sapere trascendente e, al contempo, attento alla voce dei popoli, dunque teologia
“popolare”, rivolta misericordiosamente alle piaghe aperte dell’umanità e del creato e dentro le
pieghe della storia umana, alla quale profetizza la speranza di un compimento ultimo.
8. Si tratta del “timbro” pastorale che la teologia nel suo insieme, e non solo in un suo ambito
peculiare, deve assumere: senza contrapporre teoria e pratica, la riflessione teologica è sollecitata
a svilupparsi con un metodo induttivo, che parta dai diversi contesti e dalle concrete situazioni in
cui i popoli sono inseriti, lasciandosi interpellare seriamente dalla realtà, per divenire
discernimento dei “segni dei tempi” nell’annuncio dell’evento salvifico del Dio-agape, comunicatosi
in Gesù Cristo. Perciò occorre che venga anzitutto privilegiato il sapere del senso comune della
gente che è di fatto luogo teologico nel quale abitano tante immagini di Dio, spesso non
corrispondenti al volto cristiano di Dio, solo e sempre amore. La teologia si pone al servizio della
evangelizzazione della Chiesa e della trasmissione della fede, perché la fede diventi cultura, cioè
ethos sapiente del popolo di Dio, proposta di bellezza umana e umanizzante per tutti.
9. Di fronte a questa rinnovata missione della teologia, la Pontificia Accademia di Teologia è
chiamata a sviluppare, nella costante attenzione alla scientificità della riflessione teologica, il
dialogo transdisciplinare con gli altri saperi scientifici, filosofici, umanistici e artistici, con credenti e
non credenti, con uomini e donne di differenti confessioni cristiane e differenti religioni. Ciò potrà
avvenire creando una comunità accademica di condivisione di fede e di studio, che intessa una
rete di relazioni con altre istituzioni formative, educative e culturali e che sappia penetrare, con

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originalità e spirito d’immaginazione, nei luoghi esistenziali dell’elaborazione del sapere, delle
professioni e delle comunità cristiane.
10. Grazie ai nuovi Statuti, la Pontificia Accademia di Teologia potrà così più facilmente
perseguire le finalità che il tempo presente richiede. Accogliendo favorevolmente i voti che mi
sono stati rivolti perché approvassi queste nuove norme, e assecondandoli, desidero che questa
egregia sede di studi cresca in qualità e per questo approvo, in forza di questa Lettera Apostolica,
ed in perpetuo, gli Statuti della Pontificia Accademia di Teologia, legittimamente elaborati e di
nuovo revisionati e conferisco loro la forza dell’Apostolica approvazione.
Tutto ciò che ho decretato in questa Lettera Apostolica motu proprio data, ordino che abbia valore
stabile e duraturo, nonostante qualsiasi cosa contraria.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 1° novembre dell’anno 2023, Solennità di Tutti i Santi,
undicesimo del Pontificato.
FRANCESCO
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