Atti_1998_365.ACG_consecrazione-it


Atti_1998_365.ACG_consecrazione-it

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1.1 Page 1

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1. IL RETTOR MAGGIORE
“IL PADRE CI CONSACRA E CI INVIA” 1
1. u n a v i t a c o n s a c r a t a - 1. Un invito pressante - 2. Una parola chiave - 3. L’esperienza gioiosa
di un dono ricevuto - 4. La confessione dell’iniziativa di Dio - 5. Un progetto di vita in Dio -
6. La professione pubblica - 7. Alcune conseguenze.
II. l a n o s t r a c o n s a c r a z i o n e a p o s t o l i c a - 1. Singolarità della consacrazione “salesiana" -
2. L’originalità “consacrata” della nostra missione apostolica - 3. Servizio e profezia - 4. I doni
molteplici della nostra comunità consacrata - 5. Alcune conseguenze - 6. La guida della comu­
nità consacrata.
Roma, 8 settembre 1998
Festa della Natività della Madonna
Cari confratelli,
Sono lieto di farvi giungere il mio saluto, unito a quello dei
membri del Consiglio Generale, in questo momento nel quale
una parte di voi si accinge a dare inizio all’anno di attività pa­
storale ed altri pensano a raccoglierne i risultati finali. Rivolgo
una parola particolare di incoraggiamento e vicinanza alle co­
munità che si trovano in situazioni difficili a motivo di guerre e
conflitti di vario tipo, particolarmente in Africa. Per esse chiedo
la vostra preghiera e il vostro ricordo.
La lettera precedente sul nucleo animatore ha stimolato
una salutare riflessione. Ha sollevato pure una preoccupazione,
che alcuni si sono premurati di esprimermi. Essa mi offre l’oc­
casione di approfondire ancora il tema che sta divenendo deter-
' cf. Cost. 3

1.2 Page 2

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
minante nel cammino di questi anni: la capacità di animazione
della comunità salesiana.
I. UNA VITA CONSACRATA
1.
Un invito pressante.
Una domanda affiora spesso quando si affronta questa tema­
tica. Riguarda il peso, l’incidenza, l’influsso della nostra vita con­
sacrata nel lavoro di animazione comunitaria, nell’orientamento
della educazione e nella pratica pedagogica. Non riguarda prin­
cipalmente il tempo che la consacrazione permette di dedicare,
fattore che si può supplire con un impiego maggiore di risorse
laicali, e nemmeno le competenze in dinamiche comunitarie o in
educazione, oggi facilmente reperibili tra i laici; ma proprio la
qualità specifica che la vita consacrata apporta alla comunione,
alla proposta educativa pastorale, alla pratica pedagogica.
Su tale problematica il CG24 è stato molto attento. Sebbe­
ne non le abbia dato uno sviluppo unificato e organico, ha con­
segnato una serie di stimoli da ripensare. Senza pretesa di esse­
re completo, credo si possano riassumere in alcuni punti.
Un primo punto: la consacrazione, vissuta con autenticità e
gioia, immette nella comunità educativa salesiana alcune sensi­
bilità: il primato di Dio nella vita2, la rilevanza della spiritua­
lità nel compito educativo3, l’attenzione allo spirito salesiano4,
una visione della crescita umana conforme ad un paradigma di
nuova umanità, l’apertura ad una esperienza di Dio per giovani
e adulti5.
Da questi accenni, raccolti in una rapida lettura, viene un
2 cf. CG24, 54
3 cf. ib.
4 cf. CG24, 88
5 cf. CG24, 152

1.3 Page 3

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IL RETTOR MAGGIORE 5
secondo punto di attenzione: l’identità del consacrato va messa
in evidenza «come forza dinamica e specifica per l’educazione e
l’animazione della CEP»6. Urge quindi, da parte dei consacrati,
un approfondimento della loro identità7, come ragione ultima
dei ruoli che vengono loro attribuiti e come possibilità di svol­
gerli con pieni risultati, conforme alle finalità che la Congrega­
zione si propone.
Tale riflessione risulta urgente anche a motivo della scoper­
ta della vocazione del laico8 e dell’insistenza sulla sua realizza­
zione massima.
Deve muovere i consacrati a coltivare e condividere i doni
provenienti dalla propria vocazione, consapevoli di “ quello che
abbiamo in comune come delle nostre differenze” con i laici, sa­
pendo pure che c’è un punto di incontro della totalità: il cuore
oratoriano e lo stile del Buon Pastore9.
Un terzo punto: quanto indicato sopra deve portare a supe­
rare un certo disorientamento da parte di alcuni consacrati ri­
guardo alla propria partecipazione nella comunità educativa e di
fronte agli spazi di intervento aperti ai laici:0. La loro partecipa­
zione deve consistere più nella comunicazione dello spirito11che
nel compimento materiale del lavoro quotidiano. Il rapporto con
i laici va impostato sulla base della condivisione dei doni12.
E ancora: per riuscire a realizzare questo progetto, occorre
puntare su una formazione iniziale 13 e su una crescita perma­
nente che aiutino i Salesiani «ad approfondire l’identità della
loro consacrazione ed a maturare solide convinzioni sul valore
educativo della consacrazione stessa»14.
6 CG24, 45
’ cf. CG24, 140
8 cf. CG24, 45
9 cf. CG24, 102
,0 cf. CG24, 45
11 cf. CG24, 88
12 cf. CG24, 109-110
13 cf. CG24, 167
H ib.

1.4 Page 4

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
L’influsso della consacrazione nell’animazione comunitaria
e nell’orientamento dell’educazione ha un particolare sviluppo
nei nn. 149-155 del CG24, il cui midollo sembra essere l’affer­
mazione: «Don Bosco ha voluto persone consacrate al centro
della sua opera, orientata alla salvezza dei giovani e alla loro
santità. Voleva i suoi religiosi come punto di riferimento preciso
del suo carisma»15.
Questa sua volontà viene attribuita a divina ispirazione; è
determinante quindi per la missione, che non consiste solo nel­
la promozione temporale, ma nella proposta di santità per i gio­
vani. «Don Bosco è stato condotto dal Signore a fondare una co­
munità di consacrati perché fosse lievito per la molteplicità di
servizi, animazione spirituale per quanti si dedicano all’educa­
zione, garanzia di continuità nella missione dei giovani»16.
Il carisma dunque non si esprime nella sua completezza e
autenticità se mancano i laici; ma meno ancora se venisse a
mancare il contributo specifico dei consacrati.
Da questo derivano, per la comunità salesiana, orientamenti
come questi: «verifichi frequentemente l’incidenza della sua vi­
ta consacrata e comunitaria; valorizzi le occasioni per presenta­
re e spiegare ai laici e ai ragazzi lo specifico della vita consacra­
ta nella sua valenza educativa»17.
La medesima problematica viene dalle comunità religio­
se, e non solo dalle nostre. Certi che l’educazione, in particolare
quella che si fa attraverso la scuola, è una attività utile all’evan­
gelizzazione, non pochi religiosi si pongono l’interrogativo su
quale sia in essa il posto della loro opzione radicale per il Regno.
Di fronte alla delega dei compiti principali ai laici, alla con­
segna a loro della propria tradizione pedagogica, alcuni si sento­
no smarriti riguardo al proprio contributo, al di là della possibi­
lità di dedizione completa e della competenza che tale dedizione
15 CG24, 150
16 CG24, 155
17 CG24, 167

1.5 Page 5

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IL RETTOR MAGGIORE 7
comporta. E ciò anche dopo aver priorizzato gli impegni, come
indica il CG24: formazione, orientamento, identità educativa.
Dall’angolo dei giovani, non pochi sottolineano come essi
riescano a cogliere la professionalità e la generosità del nostro
servizio, ma non sempre ne risulti loro percettibile la ragione
ultima e il senso.
E reale, d’altra parte, che in alcune strutture non si riesca a
far risplendere la scelta consacrata per il peso delle attività
strumentali: si è rimasti nei mezzi, piuttosto che evidenziare i
fini. E così pure nell’esercizio di alcuni ruoli organizzativi o di­
rettivi non si raggiunge quella unità tra professionalità e cuore
oratoriano che definisce l’immagine del salesiano.
In merito alla comunità medesima alcuni lamentano non la
perdita, ma la debolezza di espressione, del senso e delle mani­
festazioni più immediate della consacrazione, come la fraternità
e la preghiera quotidiana. Pur riconoscendo che ciò si deve alla
molteplicità di impegni ispirati alla carità pastorale, il fatto rap­
presenta un impoverimento della testimonianza della consacra­
zione e per i più giovani una difficoltà per viverla gioiosamente.
Il CG24, e altrettanto faranno certamente i Capitoli ispetto-
riali, si è occupato ampiamente dei rapporti da instaurare con i
laici, delle modalità fondamentali con cui i religiosi si fanno pre­
senti nella comunità educativa, dell’oggetto principale dei loro
interventi e delle qualità del loro agire. Non insisterò su questi
punti. Li considero, se non realizzati, almeno messi sufficiente­
mente sotto la vostra attenzione. Me ne sono occupato nella Let­
tera precedente Esperti, testimoni ed artefici di comunione18.
Il discorso sulla nostra consacrazione spinge a fondo il signi­
ficato di tali indicazioni, rifacendosi alla loro fonte più interiore
e personale. In questo senso è stata pure assunta nella nostra
programmazione per il sessennio19.
18 ACG 363
10 cf. Supplemento ACG 358, Numero speciale, pag. 16 (Strategie n. 32, Interventi
n. 34)

1.6 Page 6

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
2. Una parola chiave.
Le discussioni degli ultimi anni hanno evidenziato posizioni
diverse circa la vita consacrata e la sua collocazione nella Chie­
sa. Le parole chiave, per introdursi in quello che si può chiama­
re il suo midollo, sono varie: carisma, sequela Christi, missione.
Il Sinodo sulla vita consacrata è stato consapevole di tali di­
versità e ha cercato di riportarle a un alveo comune. Ha chiesto
al Papa di dare una risposta precisa ad alcune questioni, per po­
ter operare un discernimento di fronte alle sfide che incombono
e sviluppare i valori permanenti della vita consacrata, anche at­
traverso nuove espressioni.
Tra le questioni da chiarire c’era l’elemento distintivo, quel­
lo che determina l’identità della vita consacrata e, dunque, an­
che il suo contributo specifico alla vita della comunità cristiana
ed alla pastorale.
E noto, perché è stato già oggetto di numerosi commenti,
che l’Esortazione Apostolica lo pone nella consacrazione. Ciò
era già presente nell’insegnamento che va dal Concilio Vaticano
al Sinodo sulla Vita Consacrata. Ma era stato intaccato sia da
una interpretazione ristretta della consacrazione, sia dal nuovo
profilo della vita consacrata nella Chiesa intesa come popolo di
Dio, sia dal progredire della secolarizzazione, che ha portato ad
un cambiamento di significato del “sacro” .
La dichiarazione Elementi essenziali dell’insegnamento della
Chiesa sulla vita religiosa (31 maggio 1983), affermava: «Alla
base della vita religiosa c’è la consacrazione. Insistendo su que­
sto principio, la Chiesa pone l’accento sull’iniziativa di Dio e sul
diverso e nuovo rapporto con Lui che la vita religiosa comporta»20.
Due riferimenti fondamentali dunque determinano la realtà di
una vita consacrata: l’iniziativa di Dio, sentita dal soggetto come
un appello o una chiamata, e un nuovo e singolare rapporto con
Lui, in base al quale si orienta ed organizza l’esistenza.
20 Elementi essenziali d ellinsegnamento della Chiesa sulla vita religiosa, 5

1.7 Page 7

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IL RETTOR MAGGIORE 9
L’Esortazione Apostolica RecLemptionis Donum (25 marzo
1984), che intendeva venire incontro al fecondo interscambio in
corso, rivolgendosi ai religiosi diceva: «La Chiesa pensa a voi
prima di tutto come persone consacrate: consacrati a Dio in Ge­
sù Cristo come proprietà esclusiva. Questa consacrazione deter­
mina il vostro posto nella vasta comunità della Chiesa, del po­
polo di Dio. Allo stesso tempo essa introduce nella missione
universale di questo popolo una speciale risorsa di energia spi­
rituale e soprannaturale»21.
Consacrazione è diventata quindi la parola chiave con cui si
riassumono la condizione ed il cammino di santità di coloro che
si mettono, con professione pubblica, alla sequela radicale di
Cristo. Tutti i progetti di esistenza che rispondono a tale propo­
sito vengono designati come vita consacrata, anche se tra di es­
si intercorrono notevoli differenze quanto a modalità, organiz­
zazione e finalità immediate.
L’Esortazione Apostolica Vita Consecrata affronta diretta­
mente l’argomento e ne parla con deliberata chiarezza, ripor­
tando alla consacrazione altri elementi qualificanti e distintivi di
questo genere di esistenza. Al n. 72, dal titolo “Consacrati per la
missione” , si legge: «Ad immagine di Gesù, Figlio diletto “ che il
Padre ha consacrato e mandato al mondo” (Gv 10,36), anche co­
loro che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati e inviati al
mondo per imitarne l’esempio e continuarne la missione»22.
Di tale consacrazione, che viene definita “nuova e speciale” ,
si chiarisce il senso e se ne dissipano i malintesi. C’è una conti­
nuità con la consacrazione battesimale, perché questa viene as­
sunta in forma radicale. Allo stesso tempo c ’è una novità, un
“salto” , un esodo, un intervento di Dio, in quanto questo tipo di
esistenza non è necessariamente incluso nella grazia battesima­
le. Comporta una vocazione o chiamata personale.
L’obiettiva eccellenza della vita consacrata non esclude al­
21 RD, 7
22 VC, 72

1.8 Page 8

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
tre obiettive eccellenze nel loro genere (laicale, sacerdotale), né
induce gerarchia spirituale. Genera però una differenza arric­
chente nella comunione, e rappresenta dunque un contributo
tipico in termini di segno, annuncio, testimonianza di vita cri­
stiana e servizio alla missione della Chiesa.
L ’Esortazione Apostolica Vita Consecrata sottolinea che
nessun altro elemento, al di fuori o separato da questo, può da­
re la fisionomia e giustificare la presenza della vita religiosa nel
mondo attuale: non gli impegni educativi o sociali, non il volon­
tariato nelle situazioni di povertà, non le lotte per le grandi
cause umane; soltanto il fatto che ci si è sentiti chiamati a testi­
moniare il primato di Dio e si accoglie la centralità indispensa­
bile di Cristo neH’orientamento e nell’organizzazione della pro­
pria esistenza. E come non possono dare il tratto originale, così
altre motivazioni non sono sufficienti per assumere una esi­
stenza consacrata. Si vede dunque la debolezza, in particolare
oggi, di una vocazione mossa soltanto dall’entusiasmo per il la­
voro giovanile o la promozione dei poveri e simili. Tali motiva­
zioni si esauriscono se non hanno radici più solide e definitive.
Quanto detto si presta ad alcuni commenti.
Non tutti hanno capito la portata di questa scelta e insisten­
za. Ho avuto opportunità, in convegni e adunanze, di sentire
delle riserve in merito. E utile coglierne i motivi perché qua e là
tali riserve serpeggiano anche nei nostri ambienti.
Qualcuno teme che si torni a pensare ai religiosi come a per­
sone costituite pubblicamente in una situazione sociale diversa,
cosa ormai “estranea” alla mentalità odierna. Ciò è totalmente
escluso. Dalla nostra scelta di Dio non provengono prerogative
o privilegi di “ status” in ambito secolare né di Chiesa. E vale la
spesa ricordare che la nostra esistenza non è protetta o difesa,
ma piuttosto esposta.
Alcune riserve poi vengono dal sospetto che i consacrati con­
siderino se stessi e siano dagli altri ritenuti “superiori” . La “og­
gettiva eccellenza” della vita consacrata, la “nuova e speciale
consaci’azione” , il termine “più” (più radicale, più intensa, più

1.9 Page 9

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IL RETTOR MAGGIORE 11
vicino, più conforme), ripetuto spesso per descrivere l’impegno
del religioso riguardo alle esigenze richieste ad ogni cristiano,
solleva diffidenza. E così pure il timore che i religiosi appaiano
organizzati in una categoria separata, in contrasto con l’attuale
visione ecclesiale di comunione da realizzarsi anche in ambiti
immediati, come le chiese locali e le comunità parrocchiali.
Ci sono ancora altre due difficoltà sollevate da alcuni. Una
di tipo pastorale: che l’affermazione prima e quasi isolata del
rapporto personale con Dio centi’i di nuovo i religiosi sulla pro­
pria perfezione, staccandoli dall’essere per il mondo. L ’altra
spirituale: che ciò determini una visione intimistica o dualistica
(sacro - profano, spirituale - corporale, rapporto a Dio - azione
nel mondo) dell’esperienza cristiana. Questi due aspetti ci toc­
cano da vicino per le finalità apostoliche della nostra Congrega­
zione delineate nell’articolo 6 delle Costituzioni e per la spiri­
tualità attiva che si ispira alla carità pastorale.
Nessuno dei significati che provocano tali diffidenze viene
inteso nel termine consacrazione, secondo l’approfondimento
fatto in questi ultimi anni. Si mette invece in luce il senso tota­
le che ha la consacrazione. Essa comprende simultaneamente
tutti gli elementi di un progetto di vita in Dio: i consigli evange­
lici, la missione apostolica, la comunione fraterna, la spiritua­
lità. Non è un elemento “organizzativo” diverso o sopra l’insie­
me di essi, ma l’avvenimento che sta alla loro base. E la grazia
e il rapporto che li comprende tutti.
Ciò a noi è familiare perché lo troviamo nelle nostre Costi­
tuzioni: «La missione apostolica, la comunità fraterna e la pra­
tica dei consigli evangelici sono gli elementi inseparabili della
nostra consacrazione, vissuti in un unico movimento di carità
verso Dio e verso i fratelli»23.
La consacrazione non consiste nella disposizione esterna
della vita, ma in una grazia che trasforma interiormente. La
nostra Regola affermerà che siamo stati consacrati non da una
23 Cost. 3

1.10 Page 10

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
persona o istituzione umana, non per forza di un gesto anche li­
turgico, ma col dono dello Spirito: «Il Padre ci consacra col dono
del suo Spirito e ci invia ad essere apostoli dei giovani»24.
E un motivo questo che nelle nostre Costituzioni viene ri­
preso in continuità, con altre parole equivalenti: vocazione, al­
leanza con Dio, donazione totale, amore di predilezione, scelta
radicale. Tutte indicano una sola cosa: una relazione particola­
rissima di Dio e con Dio che segna la nostra esperienza perso­
nale e il nostro lavoro educativo.
Per questo senso complessivo (sequela di Cristo con i voti,
vita di comunione, forme concrete di missione) aH’interno della
vita consacrata si danno molte forme o tipi. La consacrazione
non è una nella modalità, ma ha espressioni molteplici. Si parla
di forme di vita consacrata, antiche, moderne e future. E im­
portante capire ciò per non confondere consacrazione col solo
aspetto strettamente “religioso” , creando una specie di duali­
smo riguardo agli impegni pastorali, più ancora quando questi,
come è il nostro caso, si svolgono in ambito secolare e richiedo­
no professionalità e rapporti pure secolari.
Per la nostra unità personale, per la nostra testimonianza,
per il contributo da dare nella comunità educativa, interessa ri­
scoprire alcuni aspetti della consacrazione. Oggi, piuttosto che
come un “momento” singolo, la si pensa come un “continuum”
che comprende tutta l’esistenza; piuttosto che come uno
“stato” in cui si viene stabiliti, una volta per sempre, la si ritie­
ne un dono, un cammino da fare, un rapporto da coltivare.
«L’intera vita dedita al servizio di Dio, stabilisce una consacra­
zione speciale»25.
La vita consacrata comprende l’esperienza personale del­
l’appello o vocazione, l’accoglienza nella fede dell’iniziativa di
Dio, la scelta di un progetto di discepolato o sequela di Cristo, il
riconoscimento, da parte della Chiesa, dell’azione di Dio nella
24 ib.
25 Elementi essenziali dell'insegnamento della Chiesa sulla vita religiosa, III, 4

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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IL RETTOR MAGGIORE 13
nostra persona e l’inserimento pubblico del progetto scelto nel­
la sua missione.
Penso sia utile ripensare e rivivere questi aspetti e passaggi.
Non hanno soltanto una valenza dottrinale, di illuminazione,
ma rappresentano una condizione per l’espressione vivace della
consacrazione nei nostri ambienti.
3. L’esperienza gioiosa di un dono ricevuto.
«Un appello accompagnato da un’interiore attrazione», dice
l’Esortazione Apostolica Vita Consecrata parlando della consa­
crazione26. «Un’esperienza singolare della luce che promana dal
Verbo Incarnato fanno certamente i chiamati alla vita consacra­
ta» 27. «Chi ha ricevuto la grazia di questa speciale comunione di
amore con Cristo, si sente come rapito dal suo fulgore» 2S.
Molti “motivi” trasversali dell’Esortazione Apostolica ribadi­
scono questo elemento soggettivo, che è il segno e il primo passo
della consacrazione: il richiamo della bellezza che attira, il sen­
tirsi raggiunto da una manifestazione particolare di Cristo29,
l’essere rapito nell’orizzonte dell’eterno30 o avvolto nel fulgore
della verità, il fare esperienza di Dio amore, la felicità interiore
per una conoscenza nuova, il fascino della saggezza.
La consacrazione consiste nel fatto che Dio si fa sentire nel­
la nostra vita in forma singolare fino ad avvolgerla totalmente
e diventarne il “ motivo” principale, Colui che più ascoltiamo ed
al quale con più attenzione e gusto guardiamo. E non per obbli­
go religioso o etico, ma come vita, senso e gioia.
Questa attrazione o innamoramento di Dio è un dato e una
esperienza che possiamo rivivere a ritroso. Segna il percorso
della nostra decisione vocazionale. Certamente ricordiamo
20 VC, 17
27 VC, 15
28 ib.
29 cf. VC, 14
30 cf. ib.

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
quando e perché ci siamo decisi per Lui, come gli sposi ricorda­
no quando avvenne il loro incontro e come si accese una vicen­
devole attrazione.
Per alcuni può essere stata un’illuminazione repentina in
un momento di particolare intensità spirituale, per esempio un
ritiro. Per i più tutto è avvenuto con gradualità: un primo as­
saggio dovuto al contatto con ambienti o persone legate al reli­
gioso, nei quali si è appreso un valore particolare; poi, un poco
alla volta, si è scoperta la fonte da cui tali valori procedono; si è
partecipato all’esperienza di coloro che ci hanno impressionato,
attraverso l’amicizia, la collaborazione e le confidenze. Si è sco­
perto un panorama di vita nuovo e pieno di senso. Infine, ci si è
sentiti “presi” , secondo l’espressione di San Paolo: «Sono stato
conquistato da Gesù Cristo»31.
E l’esperienza biblica di appartenere a Dio e non riuscire a
staccarsi da Lui, anche se consapevoli delle nostre debolezze ed
infedeltà: «Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato se­
durre. (...) Nel mio cuore c’era un fuoco ardente, rinchiuso nel­
le mie ossa. Cercavo di contenerlo, ma non potevo»32.
A volte risentiamo queste storie personali quando negli in­
contri giovanili qualche giovane professo/a racconta ai compa­
gni come e perché si è deciso ad entrare nella vita religiosa.
I racconti sono molto vari quanto ad aneddoti e circostanze.
Ma sottostà a tutti uno stesso schema: dopo un primo barlume
del valore di Cristo, di Dio Padre per la propria vita, la riflessio­
ne li ha portati a sceglierli come “ l’amore” della propria esi­
stenza, preferendolo ad altre possibili esperienze umane. E l’i­
nizio. La storia più completa la risentiamo da religiosi, anche
confratelli nostri, che hanno risposto gioiosamente all’appello.
La consacrazione non consiste principalmente in un decre­
to, in un insieme di segni esterni, in uno stato sociale, in una
separazione dal mondo; ma nel fatto che Dio sia entrato nell’e­
31 Fil 3,12
32 Ger 20,7-9

2.3 Page 13

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IL RETTOR MAGGIORE 15
sistenza di una persona e vi abbia preso il posto principale, che
abiti in essa e la faccia suo interlocutore e partner.
Non è dunque esclusiva dei religiosi e nemmeno dei cristiani.
Dovunque Dio interviene, creando o salvando, consacra con la
presenza del suo amore e dà dignità inviolabile. La prima consa­
crazione è l’esistenza umana: è il primo atto di amore che stabi­
lisce il carattere intangibile della persona, la sua superiorità su
tutto ed anche i tratti fondamentali della nostra esistenza.
Mediante la fede e il battesimo, che sono autocomunicazio­
ne di Dio attraverso il ministero della Chiesa, la nostra appar­
tenenza a Lui diventa cosciente e si trasforma in principio di
nuovo sviluppo personale. L ’abbiamo spiegato noi stessi tante
volte ai giovani parlando della consacrazione del battesimo che
ci fa figli di Dio, membri del suo popolo, templi dello Spirito.
La cosa singolare del consacrato nella vita religiosa o nel
“secolo” è che egli sente tutto ciò come l’elemento principale,
un punto irrinunciabile per la propria realizzazione. Dio lo rag­
giunge nel momento in cui fa il progetto della propria vita e
mediante il dono dello Spirito l’attira a sé in forma radicale ed
esclusiva: è il fatto sorgivo della consacrazione che la Chiesa di­
scernerà, renderà pubblico, confermerà inserendo questo dono
nella propria comunione e missione.
Il recente congresso dei giovani religiosi, realizzato a Roma
nell’ottobre del 1997, ha espresso questo primo elemento della
consacrazione nel motto: Vidimus Dominum. Abbiamo avuto
un’esperienza di incontro, svelamento, “visione” del Signore.
La vivacità di questa esperienza non deve diminuire col cre­
scere dell’età o il radicarsi dell’abitudine. E chiamata anzi a
maturare e riempire la vita. Se cadesse, la vita religiosa perde­
rebbe la sua motivazione e si trascinerebbe nel funzionalismo,
cioè nel solo adempimento corretto dei propri doveri.
Capiterebbe a noi quello che capita alle coppie stanche che
continuano a convivere in pace, ma che da tale convivenza non
si attendono né novità né felicità.
Aggiungo che ciò è indispensabile oggi. Viviamo tempi di

2.4 Page 14

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
emergenza del “ soggettivo” ; la comunicazione porta a sottoli­
neare “l’emozionalità” ; i giovani vanno dove li porta “il cuore” ;
meno indicata che mai è la “genericità” , una proposta che non
tocchi la vita. Ai giovani religiosi il Papa diceva: «Questa sa­
pienza (della vita consacrata) è il sapore del mistero di Dio, il
gusto dell’intimità divina; ma è anche la bellezza dello stare in­
sieme in nome suo»33.
4. La confessione dell’iniziativa di Dio.
In corrispondenza con questa intuizione, gusto, percezione
nitida della presenza di Dio e dell’attrazione di Cristo e della
nostra gioiosa accoglienza, si va radicando in noi il convinci­
mento di essere stati destinatari dell’attenzione e dell’amore di
Dio, non in generale, come un individuo in una massa, ma per­
sonalmente: «Ti ho chiamato per nome»34.
«Ci ha scelti prima della creazione del mondo perché fossimo
suoi figli adottivi»36. Di espressioni di questo tenore è piena la
Scrittura quando descrive l’atteggiamento di Dio verso di noi.
Il primo passo è stato suo. Non siamo noi che lo abbiamo
raggiunto; ma è Lui che è venuto a noi ed è entrato nella nostra
esistenza. La categoria “ dono” per interpretare il fatto, non so­
lo della vocazione, ma dell’esistenza stessa, è dominante e viene
adoperata in continuità nell’Esortazione Apostolica.
Colpisce l’uso del verbo “ consecrare” in passivo. Sovente si
dice “ siamo stati consacrati” . La consacrazione non è uno sfor­
zo nostro per arrivare a un certo grado di virtù o per mettere il
pensiero di Dio al centro della nostra vita. Ciò è piuttosto con­
seguenza di un fatto che sta più dentro di noi e alla base del no­
stro progetto. La consacrazione è una visita, un dono, una ve­
nuta di Dio verso di noi, un’irruzione della sua grazia nella no­
33 Giovanni Paolo II, Messaggio al Convegno VIDIMUS DOMINUM dei giovani
religiosi, 29-9-1997
34 Is 43, 1
35 E f 1, 4

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
stra vita. Nel vangelo l’iniziativa viene espressa con lo sguardo
che Gesù rivolge ad alcuni, la chiamata, l’invito, il fascino che
Lui suscita, il coinvolgimento pratico, l’interpellazione, la visita
a casa.
Lo stesso si vede nelle vocazioni profetiche. Esse sono re­
pentine e imprevedibili. Non è il profeta che va in cerca di Dio,
ma è Dio che lo investe, lo occupa. Amos dice che andava dietro
il gregge quando sentì la voce di D io36. Movimento simile, seb­
bene in circostanze molto diverse raccontano gli altri profeti. Di
solito, per correttezza teologica seguendo l’ordine delle causa­
lità, questo elemento si enuncia al primo posto.
L’iniziativa è del Padre che ci colloca sulla rotta di Cristo.
«Qui sta il senso della vocazione alla vita consacrata: una ini­
ziativa tutta del Padre (cf. Gv 15,16) che richiede da coloro che
ha scelti la risposta di una dedizione totale ed esclusiva»37. L’i­
niziativa, nella storia, appartiene anche al Figlio. Gesù chiama,
invita: «Ad alcuni Egli chiede un coinvolgimento totale che
comporta l’abbandono di ogni cosa (cf. Mt 19,27) per vivere in
intimità con Lui e seguirlo dovunque vada» 38. L’iniziativa ap­
partiene allo Spirito che dal profondo della coscienza e della
mente produce aperture, svelamenti, gusti, propositi, tendenza,
amore verso Dio e la sua opera. «E lo Spirito che suscita il desi­
derio di una risposta piena; è Lui che guida la crescita di tale
desiderio portando a maturazione la risposta positiva e soste­
nendone poi la fedele esecuzione»39.
Si tratta di aprirsi all’ascolto, di rispondere, di lasciarsi oc­
cupare, di accogliere. L’iniziativa e le possibilità non sono in
noi. Bisogna sentire una presenza che ci ha fatto oggetto della
sua predilezione e rispondere con amore. La consacrazione è
tutta fondata sul rapporto: non è principalmente uno sforzo di
superare se stessi, ma un confronto, una lotta con Dio. Nell’ico­
36 cf. Am 1,1
37 VC, 17
38 VC, 18
33 VC, 19
2

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
na biblica di Giacobbe che lotta con Dio, domina il desiderio
della vicinanza e benedizione del Signore, dal quale non ci si
può staccare, anche se a volte la sua presenza provoca resisten­
za in noi. L’immagine esprime con vigore una relazione sentita
come vitale, pure in una esistenza problematica.
Questa iniziativa di Dio non deve rimanere un “ segreto”
personale, una dottrina teologica, ma diventare una “confessio­
ne” o proclamazione che spieghi ai giovani la nostra scelta di
vita. Conviene soprattutto risvegliarla negli immancabili mo­
menti di prova, la cui soluzione sovente affidiamo alle sole no­
stre forze.
5. Un progetto di vita in Dio.
Dai due fatti descritti sopra, che esistenzialmente sono uno
solo (presenza di Dio-accoglienza, vocazione-risposta, appello-
sequela, dono-corrispondenza, rivelazione-adesione), ne deriva
il terzo: un orientamento e una scelta di vita.
E maturata in noi la convinzione ed il sentimento che siamo
suoi, che «in Lui viviamo ci muoviamo ed esistiamo»40, che Lui
è il primo e il solo importante, non in astratto e in generale, per
il mondo o per il genere umano, ma per noi.
Abbiamo concentrato su di Lui attese e speranze. Lo cer­
chiamo «dall’aurora»41, cioè continuamente, come fonte di sen­
so, come interlocutore, come compagnia.
Da ciò proviene un legame che ci va riempiendo di luce e di
pace, anche psicologicamente, e ci caratterizza di fronte al mon­
do. Il consacrato è colui che ha messo Dio e il valore religioso, la
fede e quello che essa offre, al centro della sua esistenza. «Il Si­
gnore è la parte della mia eredità»42.
Questo diventa non soltanto desiderio vago, ma proposito.
Lo sforzo è di giungere a vivere il mistero di Dio non come una
40 At 17, 28
41 cf. Sai 62, 2
42 Sai 16, 5

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
breve pausa settimanale o giornaliera, per esempio nella messa
o nella preghiera, ma come un rapporto permanente, capace di
ispirare decisioni e modalità di vita.
Per questo assumiamo un progetto concreto, una forma di
esistenza visibile, che porta il segno di Dio. Ci incorporiamo in
una comunità che si riconosce già nella medesima scelta e ha
predisposto un cammino per svilupparla.
Pure questo tipo di vita comunitaria è “ consacrato” , non in
forza di una separazione materiale dal mondo, dei segni o delle
pratiche esterne (questa sarebbe una visione estranea alla fede
cristiana), ma perché la comunione sorge da un’azione perma­
nente dello Spirito, il vangelo ne ispira l’impostazione e la
Chiesa lo riconosce come una delle sue espressioni autentiche e
visibili. Le nostre Costituzioni lo esprimono all’art. 50: «Dio ci
chiama a vivere in comunità... (In esse) formiamo un cuor solo
ed un’anima sola per amare e servire Dio e per aiutarci gli uni
gli altri»43.
In questo progetto si sottolinea il desiderio di conformarsi a
Cristo, espresso nei consigli evangelici assunti con voto. Essi,
anche se precisi nel loro oggetto specifico, hanno un significato
aperto verso una generosità e una creatività senza limiti.
Esprimono il midollo del vangelo e sono segno della vita che
ad esso si ispira. Oggi sono esposti a più seri interrogativi e a
nuove sfide. Ed è tutt’altro che superfluo riprendere una rifles­
sione su di essi a confronto con correnti, mode o abitudini odier­
ne, per riscoprire la loro forza propositiva e la loro carica di con­
testazione e di profezia. Le sfide infatti provocano nuove espres­
sioni e fanno emergere nuovi messaggi. Il capirli nel senso evan­
gelico, lo sceglierli come modalità di vita, il decidersi a professarli
pubblicamente, l’essere creativi nelFesprimerli oggi è un dono
che procede dalla Trinità e ne riflette il mistero di donazione.
All’imitazione bisogna aggiungere altre due esigenze. In pri­
mo luogo il tratto, l’amicizia e l’intimità con Cristo. L’assunzio-
13 Cost. 50

2.8 Page 18

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ne delle sue preferenze e dei suoi atteggiamenti sarebbe insuffi­
ciente. Ci vuole il rapporto personale. Gesù è una persona viva
con la quale incontrarsi e nella quale vivere. Fra il consacrato e
Lui si stabilisce una relazione profonda. Ce lo insegna la vita
dei discepoli. Gesù infatti ebbe ascoltatori, ammiratori, seguaci,
discepoli e alcuni che gli furono particolarmente intimi e amici:
«Voi siete miei amici»44. Erano mossi dal desiderio di condivide­
re la vita con Lui in uno stare insieme. «Maestro, dove abiti?»45.
Si ripete e va meditato che la consacrazione innesta più intima­
mente nella vita e nel mistero pasquale di Cristo.
Oggi, quando tutti i vincoli istituzionali appaiono deboli e
tutte le appartenenze formali sembrano transitorie e poco elo­
quenti, questa esperienza personale risulta una testimonianza
convincente ed una garanzia di fedeltà.
Viene opportuno un commento: è conveniente dare luogo al­
le manifestazioni affettive di amicizia con Cristo, oltre a quelle ef­
fettive. Bisogna evitare due estremi: convertire l’amore in un sen­
timento superficiale, un semplice movimento di sensibilità; e, al­
l’altro estremo, rendere arido il nostro cuore con la dimentican­
za o l’intellettualismo. Se tante volte la volontà si trova frenata
nell’amore di Dio è anche perché la nostra sensibilità umana è
atrofizzata. Finché la fede o il pensiero di Dio non raggiungono i
sentimenti, rimangono marginali e inoperosi. Ci furono santi che
manifestarono con tenerezza il loro amore per Dio. Possiamo ri­
cordare San Francesco di Assisi, ma non meno, sebbene con altro
stile, San Francesco di Sales, alla cui spiritualità ci ispiriamo.
Oltre l’imitazione e l’intimità c’è la partecipazione attiva al­
la sua causa, cioè spendersi per quello per cui Egli ha lavorato e
sofferto. Ce ne occuperemo più avanti, mettendo a fuoco il pre­
valente carattere apostolico della nostra consacrazione.
Questo cammino di amicizia, imitazione, partecipazione, di­
scepolato, nell’Esortazione Apostolica viene denominato «ade­
44 Gv 15, 14
45 Gv 1, 38

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
sione conformativa a Cristo» 46. «Attraverso la professione dei
consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della
propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto è
possibile, “la forma di vita che il Figlio di Dio prese quando
venne nel mondo” (LG, 4 4 )»47.
Anche questo aspetto della consacrazione provoca in noi de­
gli interrogativi pratici e salutari. Quello che è stato ed è obiet­
tivamente il nucleo generatore ed illuminante del progetto, la
scelta di Cristo, conserva nel cuore e nella vita la sua centralità
fino a dare luce e colore al resto?
Riusciamo a far cogliere ai giovani e ai collaboratori che la
nostra vita si svolge sotto l’energia di un grande “amore” che ci
è sembrato anche umanamente vantaggioso?
6. La professione pubblica.
Questi tre fatti: chiamata-risposta-progetto, presenza-acco­
glienza-scelta, invito-corrispondenza-alleanza vengono espressi
dalla professione. In essa la persona “ si consacra” , nel senso
corrente di offrirsi, votarsi, mettersi interamente a disposizio­
ne. Il Signore, come nel Battesimo, consacra colui che lo Spirito
ha mosso ad offrirsi e gli dà una nuova grazia perché cammini
con Cristo in novità di vita48.
Le formule più antiche sono stringate ed essenziali. Le at­
tuali invece sono piuttosto lunghe e analitiche. Tutte però sot­
tolineano che l’oggetto della consacrazione non sono le cose, né
le attività, né gli obblighi morali, ma la persona; che la ragione
ultima non è il compito, ma è l’amore di Dio percepito e il desi­
derio di corrispondervi; che i soggetti principali sono il Signore
e chi professa: «Dio Padre, tu mi hai consacrato a Te». (...)
«Io mi offro totalmente a T e»49.
46 VC, 16
« ib.
48 cf. RD, 7
40 Cost. 24

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
«La professione religiosa è un segno dell’incontro di amore
tra il Signore che chiama e il discepolo che risponde donandosi
totalmente a lui ed ai fratelli»50. Le esigenze della consacrazio­
ne sono dunque totali, esclusive, perpetue: tutto, solo, per sem­
pre. In un certo periodo prevalse la formula “fino alla morte” .
Non era una determinazione di tempo ma di intensità: fino al­
l’olocausto, alla consumazione.
La professione ha un’importanza singolare nell’organizza­
zione e nello sviluppo della nostra vita spirituale. Non è un atto
passeggero, un rito che si compie e finisce lasciando impegni da
rispettare, ma l’inizio di una relazione che si prolungherà per
tutta la vita, come quella del matrimonio. Da essa dovranno sgor­
gare atteggiamenti, gesti ed indirizzi di vita. Risulta dunque non
solo un proposito di santificazione, il contratto di appartenenza
ad una comunità; ma soprattutto una fonte di grazia, come per gli
sposi la promessa iniziale di vicendevole appartenenza.
Sulla grazia che si riceve e sull’impegno di corrispondervi si
costruirà l’esistenza. Il suo influsso sul quotidiano fa la diffe­
renza tra il salesiano autentico e quello incolore. Perciò è più
che opportuna la preparazione immediata, specialmente alla
professione perpetua, che ormai è diventata comune in Congre­
gazione. Non bisogna renderla “piccola” per il tempo e per il
contenuto, ma piuttosto qualificarla, sia quanto a illuminazione
come a presa di coscienza dell’esperienza fatta.
La professione è il riconoscimento pubblico, da parte della
Chiesa, dell’irruzione di Dio nella vita di una persona, della vo­
lontà di questa persona di vivere tale evento nella comunità cri­
stiana ed a servizio del Regno, non dunque in forma intimistica
e individuale. La Chiesa lo riconosce e lo incorpora alla comu­
nione e missione del popolo di Dio. Autentica il dono e si fa me­
diatrice della consacrazione51. Perciò la liturgia valorizza la pro­
fessione con una celebrazione speciale: invoca sulle persone il
50 Cost. 23
51 cf. Elementi essenziali dell'insegnamento della Chiesa sulla vita religiosa I, 8

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
dono dello Spirito Santo e associa la loro oblazione a.1 sacrificio
di Cristo, mentre la presenza numerosa della comunità dà al­
l’atto rilievo carismatico ed ecclesiale.
Questo intervento della Chiesa va collegato ad un punto di­
scusso e sofferto oggi in alcuni ambiti, soprattutto dal punto di
vista pratico: il carattere indispensabile della vita consacrata
per la qualità della comunione e missione della Chiesa. Leggia­
mo nell’Esortazione Apostolica: «La vita consacrata presente
sin dagli inizi, non potrà mai mancare alla Chiesa come un suo
elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo del­
la sua stessa natura»S2.
«La concezione di una Chiesa composta unicamente di mini­
stri sacri e da laici non corrisponde, pertanto, alle intenzioni
del suo Divino Fondatore quali risultano dai Vangeli e dagli al­
tri scritti neo testamentari»63.
La “professione” non è generica promessa di amore, conce­
pita ed espressa soggettivamente, ma assunzione di un progetto
reale, suscitato dallo Spirito, vissuto dal Fondatore fino alla
santità, riconosciuto dalla Chiesa come via efficace per la seque­
la Christi. Riporta quindi ad un «rinnovato riferimento alla Re­
gola» 54 che raccoglie lo spirito, la disciplina e le vie già speri­
mentate per la realizzazione del progetto.
E dei nostri giorni la preoccupazione per la spiritualità. E al­
cuni vanno dietro a libri che la propongano e la spieghino. Nelle
Costituzioni si trova già meditata da successive generazioni che
l’hanno vissuta; viene magnificamente consegnata in formule
originali che riflettono tale lungo vissuto. Una lettura rapida o il
solo ascolto comunitario non rendono merito alla profondità e
ricchezza del testo. Una “ lectio” che valorizzi l’insieme e le sin­
gole espressioni, che confronti il significato di tali espressioni
con la storia del carisma e con la vita personale, ci aiuterà a co­
gliere la saggezza del cammino che la professione ci offre.
52 VC, 29
53 ib.
04 VC, 37

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Sappiamo che «la nostra regola vivente è Gesù Cristo, il Sal­
vatore annunciato nel vangelo che vive oggi nella Chiesa e nel
mondo e che noi scopriamo presente in Don Bosco» 5S. Proprio
per questo «accogliamo le Costituzioni come testamento di Don
Bosco... le meditiamo nella fede e ci impegniamo a praticarle:
esse sono per noi, discepoli del Signore, una vita che conduce
all’Am ore»56.
Da quanto abbiamo esposto fin qui si vede che la vita va di­
ventando sempre più autenticamente consacrata attraverso
l’appello o invito di Dio, l’esperienza sentita della sua presenza,
la volontà di rispondere, un progetto concreto di vita che mette
Gesù Cristo al centro dell’esistenza e il gesto della Chiesa che
inserisce tutto ciò nella propria comunione e missione.
La consacrazione abbraccia tutta la vita e si realizza in cre­
scendo: un incontro, un’alleanza, un patto di amore e di fe­
deltà, la comunione finale.
7. Alcune conseguenze.
Possiamo ora ricavare alcune conclusioni non secondarie
per la nostra presenza tra i giovani e i laici.
I consacrati assumono la santificazione come il propo­
sito principale della vita. Ciò è comune a tutte le forme di
vita consacrata. Nel loro stile di esistenza, di rapporto, di lavo­
ro vogliono vivere e comunicare, in qualche forma, il mistero di
Dio, liberante, vicino, attraverso una «adesione conformativa a
Cristo dell’intera esistenza»57. Di Cristo vorrebbero essere me­
moria vivente5S.
Le Costituzioni affermano che la santità è il dono più pre­
zioso che possiamo fare ai giovami59. Ad essi infatti risulta diffì-
65 Cost. 196
56 ib.
67 VC, 16
68 cf. VC, 22
50 cf. Cost. 25

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE 25
cile costruire la loro umanità. Dall’esterno giungono loro mes­
saggi e suggerimenti discordanti e contraddittori. Con difficoltà
riescono a vagliare, a discernere e soprattutto a scegliere ed
orientarsi. Il clima di libertarismo rende laborioso l’ascolto del­
la coscienza e la maturazione di criteri morali.
Non è loro neppure facile, nel contesto secolare, percepire la
trascendenza e credere che Cristo vive oggi e non è solo una
storia edificante del passato.
Messa così in rapporto stretto con la missione, la santità ri­
sulta il principale contributo dei Salesiani religiosi all’educazio­
ne ed alla promozione umana. Infatti ha un valore temporale
non soltanto per le opere di carità a benefìcio dei poveri, ma per
l’orizzonte, il senso e la dignità che immette nella convivenza
umana.
Nell’esistenza dei consacrati ha dunque un primato senza
pari. Il loro progetto di vita comunitario ne assicura le dimen­
sioni essenziali nella giusta priorità: quella contemplativa o di
preghiera e interiorità, quella apostolica di donazione per il Re­
gno, quella ascetica di penitenza ed esodo. Il tutto vissuto in un
rapporto di intimità e collaborazione con Cristo sotto la guida
dello Spirito.
Un’altra conseguenza collegata alla precedente: i consacrati
appaiono come esperti dell’esperienza di Dio. Tale espe­
rienza è all’origine della loro vocazione. Il progetto di vita che
assumono tende a coltivarla. La privilegia in termini di tempo e
di attività. Tutti i cristiani, d’altra parte, debbono e vogliono fa­
re una certa esperienza di Dio; ma vi si possono dedicare sol­
tanto ad intervalli e in condizioni di vita meno favorevoli, per
cui rischiano di trascurarla.
I consacrati si propongono come interlocutori per tutti quel­
li che nel mondo sono alla ricerca di Dio. A coloro che già sono
cristiani offrono la possibilità di fare, in loro compagnia, un’e­
sperienza religiosa rinnovata; a coloro che non sono credenti si
mettono accanto nel cammino di ricerca.

3.4 Page 24

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26 A T T I DE L C O N S IG LIO G E N E R A LE
Oggi questo servizio sta risultando attuale e richiesto. L’a­
pertura dei monasteri e conventi, a chi ne voglia approfittare
per giornate di riflessione, sta a dimostrarlo. Noi, d’altra parte,
siamo chiamati a rendere un servizio simile tra i giovani.
C’è nella vita una legge che viene applicata in tutti gli ambi­
ti: nessun valore permane vivo nella società senza un gruppo di
persone che si dedichino completamente a svilupparlo e soste­
nerlo. Senza la classe medica e l’organizzazione degli ospedali la
salute sarebbe impossibile. Senza gli artisti e le istituzioni corri­
spondenti il senso artistico della popolazione decade. Lo stesso
avviene col senso di Dio: i religiosi, contemplativi o no, sono quel
corpo di mistici capace di aiutare almeno chi è prossimo a legge­
re l’esistenza alla luce dell’Assoluto e a farne esperienza.
Ciò appartiene ai propositi essenziali della vita religiosa.
Perciò i Fondatori misero il senso di Dio al di sopra di tutte le
attività e aspetti della loro istituzione. Credenti e non credenti
avvertono la mediocrità religiosa dei consacrati come una
difformità. I religiosi medesimi sentono un vuoto incolmabile
quando questa dimensione sparisce.
L ’Esortazione Apostolica Vita Consecrata ha visto la vita
religiosa come spazio privilegiato per il dialogo tra le grandi
religioni60, perché alla sua origine c’è una opzione che, in termi­
ni generali, è condivisa da tutte le persone profondamente reli­
giose.
Le Costituzioni salesiane ricordano questo all’art. 62: «In
un mondo tentato dall’ateismo e dall’idolatria del piacere, del
possesso e del potere, il nostro modo di vivere testimonia spe­
cialmente ai giovani che Dio esiste e che il suo amore può col­
mare una vita»61.
Manifestazione di questo nostro profilo professionale è la
personale esperienza di Dio, resa cosciente, cercata, approfondi­
ta e maturata da adulti; è la competenza nell’iniziarvi altri,
" cf. VC, 101-102
81 Cost. 62

3.5 Page 25

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IL RETTOR MAGGIORE 27
specialmente i giovani. Essi desiderano, almeno come curiosità
o sensazione passeggera, avere qualche momento spirituale. Lo
dimostra la frequenza alle case di ritiro. Sarebbe triste se i con­
sacrati fossero più occupati nell’amministrarle che qualificati
nel guidare le persone verso la vita spirituale.
II. LA NOSTRA CONSACRAZIONE APO STOLICA62
1. La singolarità della consacrazione “salesiana”.
La vita consacrata ha una realizzazione originale nel cari­
sma salesiano. Ne abbiamo fatto già brevi accenni per tenere
unito il discorso. Ora lo mettiamo maggiormente a fuoco.
La nostra, dicono le Costituzioni, è una consacrazione apo­
stolica: «La missione dà a tutta la nostra esistenza il suo tono
concreto»63. L’appello di Dio ci è arrivato attraverso l’esperien­
za della missione giovanile; essa è stata per molti la scintilla
che ha acceso il fuoco della sequela.
Nella missione si impegnano, si manifestano nella loro sin­
golarità carismatica e crescono in noi i doni della consacrazio­
ne. C’è un unico movimento di carità che attira verso Dio e
muove verso i giovani, specialmente i più poveri, che stimola i
gesti di amore e corrispondenza al Padre e spinge ai servizi di
cui i giovani hanno bisogno.
Anzi le due dimensioni agiscono circolarmente: contemplia­
mo Dio nella sua presenza provvidente e nella sua opera di sal­
vezza, lo intravediamo negli avvenimenti, comprendiamo i suoi
sentimenti ed il suo agire alla luce dell’immagine del Buon Pa­
store che cerca le persone e dà la sua vita nella Croce. Viviamo
il lavoro educativo con i giovani come un atto di culto e una
possibilità di incontro con Dio.
“2 cf. Cost. 3
63 Cost. 3

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Se mancasse o diminuisse una di queste dimensioni, si sco­
lorirebbe la nostra gioiosa esperienza educativa, il nostro pro­
getto di vita spirituale: in una parola, la grazia tipica della no­
stra consacrazione ricadrebbe nel generico, si svaluterebbe il
carisma.
E vero che la nostra spiritualità si sbilancia dalla parte del­
l’azione. Infatti «operando per la salvezza della gioventù il sale­
siano fa esperienza della paternità di Dio e ravviva la dimensio­
ne divina della sua attività»64.
Da mihi animas, spiritualità apostolica, carità pastorale,
cuore oratoriano sono tutte parole che danno la misura di quel­
l’originalità e unità che vorremmo dare alla nostra vita. Per noi
risulta vero quanto Vita Consecrata dice in generale dei consa­
crati: «nella loro chiamata è compreso il compito di dedicarsi
totalmente alla missione»65, così come è vero che nell’adempi­
mento della missione troviamo la materia, la motivazione e gli
stimoli per vivere in profondità quell’amore di Dio che «previe­
ne ogni creatura con la sua Provvidenza, l’accompagna con la
sua presenza e la salva donando la vita»66.
La nostra missione, bisogna ribadirlo, si centra nell’area gio­
vanile e segue la via educativa. Tra queste coordinate si è mani­
festato il carisma e in esse troviamo ancora il segreto di una no­
stra possibile vitalità. Lì c ’è oggi ampio campo di creatività, sia
quanto alla collocazione delle forze, sia quanto alla riformula­
zione dei contenuti, sia quanto al rinnovamento dell’azione.
Lontana da noi, dunque, ogni dicotomia tra interiorità e im­
pegno pastorale, tra spirito religioso e compito educativo o qua­
lunque fuga verso forme di vita che non rispondano alle tre pa­
role di Don Bosco: lavoro, preghiera, temperanza.
Ci vuole tuttavia un chiarimento, sul quale non mi soffermo
perché lo considero acquisito: la missione non consiste nel lavo­
ro professionale che si compie. Un religioso o religiosa è educa­
64 Cost. 12
65 VC, 72
“ Cost. 20

3.7 Page 27

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IL R E T T O R M A G G IO R E 29
tore o educatrice con tutti gli altri, ma non come tutti gli altri.
La missione non è nemmeno soltanto il servizio pastorale che si
intende prestare. E un’esperienza spirituale: un sentirsi colla­
boratore di Dio, sapersi “ mandato” da Lui attraverso quelle
mediazioni in cui vediamo l’espressione della sua volontà, in
primo luogo la professione religiosa in cui abbiamo manifestato
il proposito di seguire la sua chiamata, e l’essere uniti a Lui
nella sua opera a favore del mondo e di ciascuna persona.
Le finalità della missione vanno oltre i risultati anche otti­
mali che si possono ottenere in un lavoro professionale. Consi­
stono nel vivere, testimoniare ed annunciare il Regno di Dio: la
possibilità di vita per tutti, in particolare per i più poveri, la ri­
velazione dell’amore che Dio ha per ciascuno, il senso dell’esi­
stenza. A queste finalità servono come vie e strumenti, il tipo di
vita che assumiamo e il lavoro che compiamo.
Tale è il filo del racconto che Don Bosco fa della sua vita
nelle Memorie dell’Oratorio a partire dal primo sogno: «Il Si­
gnore mi ha mandato per i giovani, perciò bisogna che mi ri­
sparmi nelle altre cose estranee e conservi la mia salute per
loro»67. E questa una convinzione permanente, che si va radi­
cando in lui con sempre maggiore profondità mano a mano che
decorre il tempo della vita e gli avvenimenti si vanno intrec­
ciando. «La persuasione di essere sotto una pressione singola­
rissima del divino domina la vita di Don Bosco, sta alla radice
delle sue risoluzioni più audaci ed è pronta ad esplodere in gesti
inconsueti. La fede di essere strumento del Signore per una
missione singolarissima fu in Lui profonda e salda. Ciò fondava
in Lui l’atteggiamento religioso caratteristico del servo biblico,
del profeta che non può sottrarsi al volere divino»68.
Questa “ dimensione interiore e ulteriore” della missione di­
stingue l’inviato dal funzionario competente e coscienzioso, dal
professionista convinto e soddisfatto del proprio mestiere ed è
67 MB VII, pag. 291
* Stella E, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica. Voi. II, pag. 32

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
all’origine degli atteggiamenti che configurano una spiritualità
apostolica. Ci libera dall’attaccamento eccessivo alle soddisfa­
zioni e al successo, dal desiderio, a volte inconsapevole, della
propria affermazione, dall’individualismo. Ci fa attenti alle di­
mensioni essenziali del nostro lavoro e infonde un senso di se­
rena fiducia.
2. L’originalità “consacrata” della nostra missione apostolica.
Nell’apostolato si coinvolgono molti, pure in quello giovani­
le ed educativo. Non pochi lo fanno oggi con spirito salesiano.
La missione dei religiosi ha però alcune caratteristiche pro­
prie per cui il loro servizio appare qualificante nella comunione
ecclesiale, diverso da una uguale prestazione materiale offerta
in un’altra condizione di vita.
E interessante meditare questa affermazione perché ci tocca
da vicino: come educatori facciamo tutto quello che fa un edu­
catore cristiano competente; da sacerdoti facciamo tutto quello
che fa un sacerdote diocesano, sostenuti se si vuole da una
prassi pastorale e da una spiritualità particolare. Ma la missio­
ne si svolge con la vita prima ancora che con il lavoro, partico­
larmente oggi quando, nella mentalità comune, quest’ultimo
viene percepito come un mezzo e non gli si affida il compito di
esprimere il senso che si dà all’esistenza.
Elemento caratterizzante della missione dei consacrati è
proprio la scelta di vita, non solo come fonte di energia per il la­
voro, ma essa stessa come messaggio e servizio. «La stessa vita
consacrata, sotto l’azione dello Spirito Santo che è all’origine di
ogni vocazione e di ogni carisma, diventa missione, come lo è
stata tutta la vita di Gesù»69.
Prima e più che nel fare qualche cosa, la missione della vita
consacrata consiste nella forma che prende l’esistenza, nel vive­
re in un certo modo nella Chiesa e nel mondo, nel posto che in
69 VC, 72

3.9 Page 29

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IL R E T T O R M A G G IO R E 31
essa occupa Dio. In altri termini: non si abbraccia la vita consa­
crata soltanto per fare cose ottime dal punto di vista promozio­
nale o religioso, che oggi si possono anche compiere in altri mo­
di, ma perché si è percepita e si vuole manifestare la presenza
di Dio nella storia e nella vita, nei campi ed attraverso le moda­
lità che la propria vocazione include.
L’Esortazione Apostolica Vita Consecrata va snodando qua e
là i motivi di questa affermazione. Assumendo la “forma di vita
di Cristo” , i consacrati diventano, per la comunità cristiana e
per chi nel mondo si pone domande anche minime, un riferi­
mento all’avvenimento di Gesù. La dimensione religiosa, che
esprimono in forma concentrata, richiama il bisogno del reditus
ad Deum, il ritorno quanto meno al pensiero di Dio.
In tal senso i consacrati sono già annuncio, messaggio e ser­
vizio. Hanno qualche cosa da dire all’uomo, ricordando quella
dimensione che la Scrittura chiama “ cuore” : interiorità, co­
scienza, spiritualità.
In ambienti in cui si tende a prendere in considerazione solo le
condizioni materiali della vita, anche con il buon proposito di tra­
sformarle, la vita consacrata tiene viva la necessità di considerare
un’altra dimensione, senza la quale ogni progresso esterno, pur
necessario e doveroso, può diventare largamente insufficiente.
L’esistenza personale e collettiva si regge su una costellazio­
ne di valori che tutti assumiamo: il rispetto dell’altro, il lavoro,
la salute, l’onestà, la responsabilità sociale. Dicendo costellazio­
ne indichiamo che tra loro c’è un’organizzazione e una gerar­
chia che consente di vederli come un sistema. Ciascuno mette
al centro alcuni di sua preferenza e in coerenza con essi orga­
nizza il tutto.
I consacrati mettono al centro il valore religioso e la confes­
sione di Cristo e da questo si proiettano verso gli altri valori, ri­
tenendo il primo come giustificazione e matrice di tutto quello
che fanno. Così assumono l’educazione, curano i malati, si dan­
no alla ricerca. Ogni ramo dell’agire umano è aperto ai consa­
crati, purché l’ispirazione e la motivazione siano proprie di chi

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ha fatto di Dio la sua scelta principale. Appare una anormalità
quando un’altra dimensione prende il sopravvento e lo spirito
religioso rimane emarginato.
I religiosi hanno una missione di stimolo e sostegno a quan­
ti si impegnano, anche indipendentemente dalla fede, in favore
degli altri. Penso ai giovani anche non praticanti che ci si avvi­
cinano per coinvolgersi nelle iniziative, attirati dal tipo di vita
che scorgono in noi. Per coloro che vivono già la fede, la testi­
monianza dei consacrati qualifica la dedizione ai fratelli e alle
sorelle, ricordando che nell’opera della salvezza tutto viene dal­
l’agape divina, ricevuta, vissuta e donata.
Da ultimo sottolineiamo la prospettiva àe\\Yoltre] è un servi­
zio di visione e di speranza riguardo a ciò che è più in là della
vita terrena. Si tratta di vivere l’anelito della Chiesa verso la
pienezza di vita, il desiderio della patria che occupa il cuore del
cristiano, l’attesa della venuta e dell’incontro col Signore che è
contenuto essenziale della fede, e di aprire finestre verso la tra­
scendenza per tutti.
«Si può allora dire che la persona consacrata è in “missio­
ne” in virtù della sua stessa consacrazione testimoniata secon­
do il progetto del proprio istituto» ™. Ne è l’aspetto principale.
La conclusione sembra essere che il lavoro pastorale, educativo
o promozionale, senza la manifestazione della scelta radicale di
vita al seguito di Cristo non riesce a configurare la missione
propria del religioso. E d’altro verso, se viene assunto alla luce
della consacrazione, ne diventa una espressione efficace ed a
certe condizioni sprigiona insolite energie di carità e offre mes­
saggi particolarmente eloquenti.
3. Servizio e profezia.
«Quando il carisma fondazionale prevede attività pastorali,
è ovvio che testimonianza di vita ed opere di apostolato e di
70 v e , 72

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL R E T T O R M A G G IO R E 33
promozione umana sono ugualmente necessarie: entrambe raf­
figurano Cristo, che è insieme il consacrato alla gloria del Padre
e l’inviato al mondo per la salvezza dei fratelli e delle sorelle»71.
Abbiamo detto che, a certe condizioni, il nostro lavoro pa­
storale educativo sprigiona energie ed emette messaggi.
La prima di queste condizioni è il carattere profetico. E
di tutta la Chiesa e di sempre; ma è urgente oggi e particolar­
mente indicato ai religiosi. Essi divengono segno e proposta di
orientamento, piuttosto che soltanto soluzione di un bisogno
umano; non suppliscono quello che altri dovrebbero fare, ma of­
frono quello che è loro proprio: il vangelo. Gesù fa guarigioni,
ma “rivela dimensioni nuove della vita” , “apre ad orizzonti di
Dio” , dice parole e compie azioni “ incomprensibili” e “ audaci” ,
criticabili ed inutili sul momento, ma che stabiliscono nuovi cri­
teri di esistenza.
Sono dieci i numeri dedicati a questo aspetto nell’Esortazione
Apostolica all’interno del capitolo della missione72. Ci viene of­
ferto dunque un criterio anche per impostare i lavori o le opere.
In un mondo segnato dalla comunicazione, il riuscire a dare
un messaggio sembra essere uno degli elementi principali della
pastorale. E importante infatti non solo quello che si realizza
materialmente, ma quello che si suscita o si risveglia, quello a
cui si accenna per sollevare interrogativi, quello che si fa bale­
nare, quello che si addita, le sfide che si lanciano. Si è detto che
la vita consacrata deve non solo rispondere alle sfide, ma lan­
ciarne delle nuove essa stessa: alla visione “chiusa” , al deside­
rio di possesso, alla ricerca del piacere immediato. È interessan­
te leggere i segni dei tempi, ma occorre scriverne dei nuovi. Si
deve entrare in dialogo con la mentalità corrente, ma pure im­
mettere in essa elementi che non stanno nella sua logica.
La dimensione profetica non va confusa tout court con la
contestazione, in particolare all’interno della comunità cristia­
71 ib.
72 cf. VC 84-93
3

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
na, con la teatralità dei gesti oggi amplificati volentieri dai
mezzi di comunicazione sociale, con la spettacolarità. E vero co­
munque che la profezia comporta novità, rottura nei confronti
dello scontato, superamento delle visioni immediate e ristrette
verso Voltre, conferma di quello che è piccolo o nascosto, ma ve­
ro, come fece Gesù riguardo all’obolo della vedova, assunzione
radicale di quello che è quotidiano, ma fecondo.
Quali siano le funzioni della profezia e del profetismo si ve­
dono nella storia del popolo di Dio; non sono lontane dalle no­
stre richieste e dalla nostra esperienza: la profezia ricorda, sol­
leva questioni, indica un orientamento, interpreta gli avveni­
menti, rafforza e sostiene, infonde speranza, chiama a rinsavi-
mento e conversione.
Non è un mestiere facile essere profeti; perciò quelli che lo
tentano con leggerezza e vanità finiscono per scoraggiarsi o ri­
piegare su altre posizioni.
Come paradigma del profetismo viene presentato Elia. Di
Lui si dice: «Viveva alla sua presenza (di Dio) e contemplava
nel silenzio il suo passaggio, intercedeva per il popolo e procla­
mava con coraggio la sua volontà, difendeva i diritti di Dio e si
ergeva contro i potenti del mondo» (cf. IRe, 18-19) 13.
Il problema per i religiosi, e tra essi i Salesiani, è come
esprimere questa dimensione con efficacia. Ciò richiede aderen­
za del messaggio, dello stile di vita e delle iniziative al momento
storico. I profeti parlarono all’interno della loro società e degli
avvenimenti, trascendendoli, ma senza ignorarli o sminuirne la
portata. Richiede anche che l’annuncio sia autentico e che i se­
gni e le parole siano comprensibili.
Una delle difficoltà principali della vita consacrata di fronte
al mondo d’oggi è il sentimento di una estraneità culturale, che
può indebolire lo slancio profetico e portare a forme di frustra­
zione, di rassegnazione, di scoraggiamento, di nascondimento e
persino di abbandono.
73 VC, 84

4.3 Page 33

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IL R E T T O R M A G G IO R E 35
Perciò fra le molte interessanti e spesso originali indicazioni
contenute in questa parte e altrove nell’Esortazione Apostolica,
si richiama l’attenzione su “un maggior impegno culturale” .
Per essere profetica la vita consacrata deve essere in grado di
scuotere quel mondo che si va allontanando dal vangelo. E per
questo deve essere capace di leggere, valutare, assumere, risi­
gnificare e contestare le “correnti” o “ mode” culturali, nelle lo­
ro radici oltre che nelle loro manifestazioni.
Seguendo i tre elementi della consacrazione si possono pro­
porre alcuni percorsi profetici. La missione specifica si rivela
profetica quando progetta e realizza un modo diverso, “più
evangelico” di affrontare le questioni dell’area tipica del pro­
prio impegno. Non dunque solo supplenza, beneficenza o sem­
plice mantenimento.
In tal senso dobbiamo chiederci che cosa immettere oggi
nell’educazione e nella nostra presenza tra i giovani, per attua­
lizzare quell’impatto di novità nell’espressione dell’amore che
ebbe Don Bosco sul suo contesto.
La testimonianza profetica esige non solo la dedizione e la
competenza nel proprio lavoro, ma anche l’impegno di pensare
creativamente e motivare culturalmente nuove e più evangeli­
che modalità di presenza e di azione, perché il vangelo possa es­
sere lievito in tutte le situazioni.
Dalla sequela radicale di Cristo deve venire un discernimen­
to dei valori correnti e una proposta che rappresenti un tipo di
educazione alternativo.
Può essere indicata una denuncia che mette in discussione
alcuni orientamenti o esagerazioni delle nostre società. Ciò esi­
ge vigilanza e resistenza evangelica. Comporta una franca azio­
ne critica nei confronti dell’esaltazione dell’istinto sessuale
sganciato da ogni norma morale, della “cultura della trasgres­
sione” , che porta a vere e proprie aberrazioni; nei confronti del­
la ricerca ad ogni costo del denaro (pensate ai grossi fenomeni
di sfruttamento!), che porta all’insensibilità sociale e al pratico

4.4 Page 34

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36 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
abbandono dei poveri al loro destino, sia da parte dei governi
sia da parte dell’opinione pubblica; infine nei confronti del desi­
derio esagerato e narcisistico del successo, dell’apparire ad ogni
costo, dell’emergere, del potere.
La contestazione però non basta e meno ancora se essa ap­
pare come una condanna fondamentalista. Con l’esistenza rea­
lizzata e serena e con una impegnata riflessione culturale, il
consacrato propone dei beni in cui la persona può collocare la
felicità e offre la saggezza che si contiene nel vangelo. Noi lo
facciamo in termini di orientamento e di contenuti educativi as­
sunti in primo luogo da noi stessi.
E interessante in proposito questa annotazione: «Coloro che
seguono i consigli evangelici, mentre cercano la santità per se
stessi, propongono, per così dire, una terapia spirituale per l’u­
manità, poiché rifiutano l’idolatria del creato e rendono in
qualche modo visibile il Dio vivente» u. E una terapia per il de­
siderio insaziabile, per il vuoto, per la ricerca dell’immediato,
per l’egoismo.
Attenzione, riflessione, capacità interpretativa, dialogo: ne
dovrebbe scaturire capacità e prontezza per entrare in comuni­
cazione e confrontarsi con la cultura “ secolare” , se è vero che il
vangelo è un arricchimento per l’uomo e quanto più ci si avvici­
na a Cristo, più si diventa uomini e donne75.
La vita fraterna in comune diventa profetica quando affina
una coscienza critica nei confronti dell’individualismo. Con es­
sa ci uniamo a quelli che elaborano una “cultura della solida­
rietà” , dando il proprio apporto di esperienza e riflessione. Ciò
colpisce particolarmente quando, come abbiamo esposto nella
Lettera precedente, porta ad espandere la comunione e lo spiri­
to di riconciliazione, accogliere i più bisognosi ed interscambia-
re i doni del carisma nella comunità educativa.
71 VC, 87
76 cf. GS n. 41

4.5 Page 35

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IL R E T T O R M A G G IO R E 37
4. I doni molteplici della nostra comunità consacrata.
U n’altra originalità dell’apporto che può dare la nostra
esperienza di consacrati, se vissuta con profondità ed espressa
luminosamente nel lavoro educativo, proviene dalla forma che
prende la nostra comunità. In essa ci sono doni e carismi perso­
nali assunti e risignificati nella consacrazione. E ci sono compi­
ti interpretati e vissuti alla luce della consacrazione.
In modo particolare la comunità salesiana si arricchisce con
la presenza significativa e complementare del salesiano presbi­
tero e del salesiano coadiutore76. Insieme configurano una com­
pletezza insolita di energie per la testimonianza e la missione
educativa.
Possiamo domandarci che cosa evidenzino le figure del sale­
siano coadiutore e del salesiano presbitero nell’esperienza e
nella testimonianza della consacrazione apostolica; che cosa la
laicità accentui nella “ consacrazione” e che cosa la “ consacra­
zione” doni alla “laicità” , entrambe plasmate e come fuse dallo
spirito salesiano. Similmente possiamo domandarci che cosa il
ministero presbiterale accentui nella consacrazione salesiana e
che cosa questa doni al ministero.
Il valore originale non risiede nella addizione estrinseca di
qualità o di categorie di soci, ma nella fisionomia che prende la
comunità salesiana.
Il salesiano coadiutore «congiunge in sé i doni della con­
sacrazione e quelli della laicità»77. Vive la laicità non nelle con­
dizioni secolari, ma in quelle della vita consacrata; vive da reli­
gioso salesiano la sua vocazione di laico e vive da laico la sua
vocazione comunitaria di religioso salesiano78.
«Ai fratelli consacrati - afferma il CG24 - richiama i valori
della creazione e delle realtà secolari; ai fratelli laici richiama i
76 cf. CG24 174; Cost. 45
77 CG24, 154; cf. 236
™ cf. Il Salesiano Coadiutore, Roma 1989, pag. 107-108

4.6 Page 36

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38 A T TI D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
valori della totale dedizione a Dio per la causa del Regno. A tut­
ti offre una particolare sensibilità per il mondo del lavoro, l’at­
tenzione al territorio, le esigenze della professionalità attraver­
so cui passa la sua azione educativa e pastorale»79.
In lui professionalità tecniche, campi di lavoro secolari, for­
me pratiche di intervento mostrano il loro orientamento so­
stanziale verso il bene ultimo dell’uomo, specialmente dei gio­
vani, e verso il Regno. “ Tutto è aperto a lui, anche quelle cose
che i preti non possono fare” ; ma tutto è collocato sotto la luce
dell’amore radicale a Cristo, polarizzato verso l’evangelizzazio­
ne e la salvezza eterna dei ragazzi.
«La presenza del salesiano laico arricchisce l’azione apostoli­
ca della comunità: rende presente ai Salesiani presbiteri i valori
della vita religiosa laicale e li richiama in permanenza alla viva
collaborazione con i laici, ricorda al Salesiano prete una visione
e un impegno apostolico assai concreto e complesso, che va più
in là dell’attività presbiterale e catechistica in senso stretto»80.
Soprattutto in certi contesti e di fronte a un certo modo di
percepire e concepire il sacerdote, come figura sacrale o cultua­
le, lo stile di consacrazione del salesiano coadiutore proclama
concretamente la presenza e comunicazione di Dio nel quotidia­
no, l’importanza di farsi discepoli prima di essere maestri, il do­
vere di testimoniare un’esperienza personale di fede, più in là
degli impegni funzionali o di ministero.
Certi atteggiamenti, che si danno per scontati nel sacerdote
in quanto, si pensa, appartengono al suo “mestiere” , interpella­
no di più quando si trovano nel religioso laico.
La figura del salesiano sacerdote congiunge in sé i doni
della consacrazione e quelli del ministero pastorale. Il sacerdo­
zio ha in lui una realizzazione originale che nasce proprio dal
vicendevole riferimento interno e dalla fusione fecondante con
la consacrazione apostolica salesiana.
79 CG24, 154
80 II Salesiano Coadiutore, pag. 116

4.7 Page 37

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IL R E T T O R M A G G IO R E 39
La riflessione ecclesiale ha messo in chiaro che il sacerdozio
non è generico, né come esercizio del ministero, né come grazia.
La sua pratica e la sua spiritualità si vanno configurando
conformemente alla destinazione vocazionale del soggetto.
Hanno dato nel segno coloro che per la biografia di Don Bo­
sco hanno forgiato il titolo: “Un sacerdote educatore” , o “ Un sa­
cerdote per i giovani” . Il carisma ha dato origine ad una modalità
singolare nell’essere sacerdote e nell’esercitare il ministero.
Il sacerdote è mediazione sacramentale di Cristo. A Lui si
conforma il salesiano nella carità pastorale e nel desiderio di “sal­
vare” i giovani in un contesto educativo. La sua parola non solo
riporta la parola di Gesù, ma vi partecipa. Nell’ambito educativo
l’esercizio della parola ha situazioni, circostanze, temi e forme
“ sui generis” . Vanno dall’omelia al dialogo personale e amiche­
vole, dalla catechesi alla scuola. Adopera il pulpito, la cattedra e
il cortile. Prende forma di predicazione, di saluto e di consiglio.
Illumina le situazioni dei giovani e guarisce le loro ferite.
L’azione di coordinamento e di animazione del sacerdote sa­
lesiano è partecipazione al ministero pastorale di Gesù e della
Chiesa. Dispone della grazia di questi per unire la comunità e
orientarla verso il Padre. Nell’ambiente e nella comunità edu­
cativa tale ministero ha esigenze, finalità e modalità tipiche.
Pure il servizio della santificazione ha nell’ambito educati­
vo, con i ragazzi più poveri e bisognosi e con i collaboratori, i
suoi itinerari singolari che hanno il loro momento più significa­
tivo e fecondo nei sacramenti, ma non si limitano ad essi. E tut­
ta l’iniziazione nella vita in Cristo.
Nella comunità salesiana chierici e laici costruiscono e testi­
moniano una fraternità esemplare per l’eliminazione delle di­
stanze basate su ruoli e ministeri, per la capacità di mettere in­
sieme doni diversi in un unico progetto. Il mutuo rapporto è
fonte di vicendevole arricchimento e stimolo per un’esperienza
armonica, dove il sacerdozio non eclissa l’identità religiosa e la
caratteristica laicale non vela la radicalità della consacrazione.

4.8 Page 38

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40 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Tutto ciò è un antidoto alla clericalizzazione del religioso sacer­
dote, che si deplora in alcune fasce della vita consacrata, o alla
secolarizzazione del religioso laico.
Dovremo essere particolarmente attenti a stimolare i sacer­
doti perché siano sensibili alla dimensione storico-laicale della
Chiesa e della salvezza e favorire una esperienza dei coadiutori
non generica, ma alimentata dalla carità pastorale. Così la gra­
zia di unità si evidenzierà nella vita di ogni confratello, nella fi­
sionomia della comunità e nel compimento della missione.
Nella Congregazione ci sono un po’ più di 11.000 sacerdoti,
tutti suscitati da Dio come educatori dei giovani. Che cosa capi­
terebbe se tutti ravvivassimo e. mettessimo in opera con inten­
sità il nostro sacerdozio “ tipico”? E con questo non mi riferisco
a prendere un ministero fuori dall’ambito che ci è stato affida­
to, ma proprio a giocare tutte le risorse del sacerdozio nell’am­
biente giovanile e nella comunità educativa.
Similmente c’è un numero per nulla indifferente di laici con­
sacrati: circa 2.500. Quanto può influire sui giovani ed educato­
ri la loro laicità vissuta alla luce dell’amore di Dio e dei fratelli?
La loro presenza significativa e credibile fa vedere ai giovani i va­
lori della sequela e del discepolato che essi sovente identificano
con il sacerdozio; «offre, a quanti non si sentono chiamati a una
vita consacrata, un modello più prossimo di vita cristiana, di san­
tificazione del lavoro, di apostolato laicale. Permette alla comu­
nità salesiana una particolare incarnazione apostolica nel mon­
do e una particolare presenza nella missione della Chiesa»S1.
5. Alcune conseguenze.
Quanto veniamo dicendo ha applicazioni molto pratiche in
tre ambiti. Le enuncio solo sinteticamente per suggerire una
ulteriore riflessione.
Il primo è la nostra comunità religiosa. I segni della se­
81 II Salesiano Coadiutore, pag. 116; cf. ACG21, 195

4.9 Page 39

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IL RETTOR MAGGIORE 41
quela Christi devono essere evidenti e leggibili nel primato dato
allo spirito religioso e alla vita spirituale. Essi si manifestano
nella preghiera calma, regolare e partecipata. Oggi, dicevamo so­
pra, conventi e monasteri invitano cattolici e profani ad una
esperienza di preghiera. Fu tipico di Don Bosco e dei suoi Sale­
siani pregare con i giovani e con la gente. Sarebbe interessante
che la nostra preghiera fosse così educativa da poterla condivi­
dere, in particolari circostanze, con chi ne vuole prendere parte.
La consacrazione si manifesta anche nella dedizione a un la­
voro comunitario ordinato, preparato, eseguito con accuratez­
za. Mi ha impressionato leggere in una Regola di un istituto re­
ligioso queste indicazioni sul lavoro: «E obbedienza e prolunga­
mento dell’Eucaristia e della liturgia delle ore e oggetto norma­
le della nostra offerta: quindi preordinato, custodito, compiuto
con zelo religioso»82'
La consacrazione si mostra anche nella temperanza evange­
lica. Oggi si sta chiedendo da molte parti un ritorno alla auste­
rità quotidiana di fronte al dilagare del consumismo, delle disu­
guaglianze e dello spreco. La temperanza abbraccia tutte le ma­
nifestazioni visibili dei voti. Soprattutto la consacrazione fiori­
sce nell’unità di spirito e di azione; è il segno che Gesù stesso
raccomanda ai discepoli, quello che Don Bosco più desiderava
vedere nelle sue comunità.
Il secondo ambito, dove offrire i doni della consacrazione, è
la comunità educativa pastorale, nella quale porta a sottoli­
neare il primato della spiritualità come energia principale del­
l’educatore. Diciamo sovente che il Sistema Preventivo è spiri­
tualità e pedagogia e che tra le due c’è una tale comunicazione
che non è possibile mettere in pratica la seconda se non si as­
sume anche la prima. Tale convinzione corrisponde ad un’af­
fermazione di Don Bosco: «La pratica di questo sistema è tutta
appoggiata sopra le parole di San Paolo: La carità è benigna
e paziente: soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque
82 Piccola Famiglia dell'Annunziata, Documenti 10/25

4.10 Page 40

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42 ATTI DEL CONSIGLIO G ENERALE
disturbo» 83. Il Sistema Preventivo, ha affermato il CG2484, ha
un’anima religiosa. E una pedagogia dello Spirito. La dimensio­
ne umanistica e professionale va valorizzata al massimo. Va
però tutta lievitata dall’orientamento verso Dio e verso la fede.
Il terzo ambito, sul quale la consacrazione può farsi sentire, è
l’ambiente educativo. C’è molto da assumere di quanto abbiamo
detto sulla profezia. Attraverso parole ed esempi i giovani possono
vedere nella nostra vita una critica e un’indicazione: critica agli ec­
cessi della mentalità trasgressiva, alla corsa ai beni che produce la
miseria, alla libertà senza scopo; un annuncio di nuove e originali
forme in cui la persona può realizzarsi, dei beni reali che propon­
gono le Beatitudini e della donazione di sé come molla della vita.
La manifestazione più chiara della nostra presenza di con­
sacrati negli ambienti educativi è la loro lievitazione pastorale.
L ’educatore mira, sin dall’inizio, a rivelare ai giovani l’amore di
Dio, qualunque sia il punto di partenza e le strade da percorre­
re. Lo fa attraverso un’apertura alla fede, predisponendo per i
giovani un incontro con Cristo vivo e sostenendo un cammino
di crescita mediante la catechesi, i sacramenti, la partecipazio­
ne nella Chiesa. Un’educazione neutra o senza riferimento a
Cristo non avrebbe senso per noi. La consacrazione ci invita
dunque a ripensare e realizzare Vevangelizzare educando.
6. La Guida della comunità consacrata.
Lo sviluppo dei doni della consacrazione e la comunicazione del­
le sue ricchezze alla comunità educativa e ai giovani sono affidati al­
la corresponsabilità comunitaria. L’animazione di questa è pure
partecipata, ma ha nel direttore il suo punto di riferimento e il re­
sponsabile principale. Egli è allo stesso tempo Superiore religioso,
direttore dell’opera apostolica, padre spirituale della comunità.
Si è meditato molto sulla sua figura e sul suo ruolo, non sen­
83 Don Bosco, Il Sistema Preventivo nell'educazione della gioventù, 2; cf. Costitu­
zioni SDB, Scritti di Don Bosco, pag. 238
84 cf. CG24, 100 e passim

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL RETTO R M A G G IO R E 43
za ragione data l’evoluzione che ha avuto luogo nelle comunità e
nella gestione delle opere. Figura e ruolo sono maturati in Don
Bosco medesimo, che è stato direttore per molto tempo e nella
fase più creativa della sua vita. Del nostro Padre si ricorda so­
prattutto la preoccupazione per il bene spirituale, la bontà che
ispirava i suoi rapporti e la saggezza nell’orientamento dei sin­
goli e del gruppo: un trinomio che caratterizza la sua paternità.
Questa poi si esprimeva in molteplici gesti ed atteggiamenti.
Giustamente il nostro testo II Direttore Salesiano avverte
che il primo compito del direttore è «quello di destare nei singo­
li la consapevolezza di ciò che sono; di far emergere le capacità
ed i carismi; di aiutarli a tenere desto lo spirito della vita teolo­
gale; (...) in una parola, di creare clima e condizioni adatte per­
ché ogni salesiano, in piena docilità alla grazia, possa maturare
nella identità della propria vocazione e realizzare quella pienez­
za di “unione con Dio” che fu caratteristica di Don Bosco. Tut­
to ciò suppone le capacità tecniche di chi sa organizzare e diri­
gere; ma più ancora uno spirito, anzi un’arte spirituale»85.
Gli ultimi Capitoli hanno insistito su un’animazione “spiri­
tuale” capace di riproporre, in forma contestualizzata, i motivi
che stanno alla base della nostra vita, per favorire una risposta
sempre più consapevole e completa al Signore. La situazione at­
tuale delle nostre comunità, il loro ruolo nel nuovo modello
operativo, l’esigenza di animare una comunità di consacrati,
l’insistenza sulla comunità locale come luogo di formazione
permanente, richiedono al Superiore di dare priorità ad alcuni
aspetti del suo servizio. Sono bene elencati nel nostro Manuale,
ma in questa opportunità è bene leggerli anche nei testi del Si­
nodo: «Chi presiede la comunità è da considerarsi innanzitutto
un maestro di spirito, il quale, esercitando una funzione o mini­
stero di insegnare, esplica una vera direzione spirituale della
comunità, un insegnamento autorevole fatto in nome di Cristo,
riguardo al carisma dell’istituto. Egli serve Dio nella misura in
85 II direttore salesiano, Roma 1986, n.105

5.2 Page 42

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44 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
cui promuove l’autenticità della vita comunitaria e serve i fra­
telli aiutandoli a realizzare la loro vocazione nella verità»86.
Bisogna riconoscere i segni positivi che in merito si hanno nel­
la Congregazione, come la disponibilità ad assumere la responsa­
bilità di direzione spesso in condizioni di scarsità di personale, la
formazione permanente che si va facendo strada quasi dappertut­
to, la nuova attenzione ad esprimere l’unità fraterna, l’interesse
per comprendere le modalità possibili di direzione spirituale.
Riprendendo i punti sviluppati nella prima parte di questa
lettera, sento di dover chiedere ai direttori che animino la con­
sacrazione, risvegliando nei confratelli la felice esperienza della
chiamata, sottolineando l’iniziativa di Dio nella vita e nell’azio­
ne della comunità, riproponendo il progetto nei suoi diversi
aspetti e approfondendo il significato della professione.
Ci sono alcuni momenti e pratiche da custodire perché a
nessuna comunità manchi la Parola, l’incontro di preghiera, la
fraternità nell’esperienza di consacrazione, la corresponsabilità
nella testimonianza e azione comunitaria.
Ricordo l’utilità del discernimento che porta, in spirito di
sincerità e conversione87, a cercare la volontà di Dio nelle que­
stioni che riguardano il progetto apostolico88, la vita della co­
munità89, i doni e le capacità dei confratelli90, il chiarimento vo­
cazionale91e le tendenze culturali.
Secondo la nostra tradizione, dicono le Costituzioni, «le co­
munità sono guidate da un socio sacerdote che, per la grazia del
ministero presbiterale e l’esperienza pastorale, sostiene e orien­
ta lo spirito e Fazione dei fratelli»92.
Non si tratta soltanto di un requisito giuridico, ma riguarda
86 La Vita Consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo, Instrumentum
laboris, 59
87 cf. Cost. 91
88 cf. Cost. 44
89 cf. Cost. 66
30 cf. Cost. 69
31 cf. Cost. 107
32 Cost. 121

5.3 Page 43

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IL RETTO R M A G G IO R E 45
la sostanza, le modalità e le vie che prende il servizio di auto­
rità del direttore. A lui si chiede che impegni in essa tutti i doni
e le energie del suo sacerdozio, che animi da sacerdote e non
soltanto da tecnico. Deve essere, per la comunità e per il suo
ambiente educativo, mediazione sacramentale di Cristo. La co­
munità religiosa e l’ambiente educativo sono il campo dove il
Signore lo chiama a far fruttificare il suo sacerdozio.
***
Ogni giorno, a conclusione della meditazione, rinnoviamo
l’affidamento alla Madonna, invocandola con due titoli collegati
che sintetizzano la storia e la spiritualità salesiana: Immacola­
ta e Ausiliatrice. E una pratica mantenuta dappertutto con af­
fettuoso attaccamento e sentita devozione.
Mi viene spontaneo recitare la preghiera di affidamento,
spiritualmente unito a voi, a conclusione di queste riflessioni.
Le Costituzioni, riportando una tradizione spirituale, vedo­
no in questa immagine di Maria la rappresentazione della no­
stra consacrazione apostolica: «Maria Immacolata e Ausiliatrice
- dicono - ci educa alla pienezza della donazione al Signore e ci
infonde coraggio nel servizio dei fratelli»93. I due aspetti fusi in
un unico movimento di carità.
Ci insegni Lei a vivere in questo nostro tempo la sequela in­
condizionata di Cristo e l’assiduo servizio di cui è Maestra ed
esempio94 e a comunicare ai giovani la gioia che comporta il
mettersi al seguito di Gesù.
93 Cost. 92
94 cf. VC, 28