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La Santa Sede
ESORTAZIONE APOSTOLICA
POST-SINODALE
VITA CONSECRATA
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALL'EPISCOPATO E AL CLERO
AGLI ORDINI E CONGREGAZIONI RELIGIOSE
ALLE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA
AGLI ISTITUTI SECOLARI
E A TUTTI I FEDELI
CIRCA LA VITA CONSACRATA E LA SUA MISSIONE
NELLA CHIESA E NEL MONDO
INTRODUZIONE
1. La vita consacrata, profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo
Signore, è un dono di Dio Padre alla sua Chiesa per mezzo dello Spirito. Con la professione dei
consigli evangelici i tratti caratteristici di Gesù — vergine, povero ed obbediente — acquistano una
tipica e permanente «visibilità» in mezzo al mondo, e lo sguardo dei fedeli è richiamato verso quel
mistero del Regno di Dio che già opera nella storia, ma attende la sua piena attuazione nei cieli.
Lungo i secoli non sono mai mancati uomini e donne che, docili alla chiamata del Padre e alla
mozione dello Spirito, hanno scelto questa via di speciale sequela di Cristo, per dedicarsi a Lui
con cuore «indiviso» (cfr 1 Cor 7, 34). Anch'essi hanno lasciato ogni cosa, come gli Apostoli, per
stare con Lui e mettersi, come Lui, al servizio di Dio e dei fratelli. In questo modo essi hanno
contribuito a manifestare il mistero e la missione della Chiesa con i molteplici carismi di vita
spirituale ed apostolica che loro distribuiva lo Spirito Santo, e di conseguenza hanno pure
concorso a rinnovare la società.
Rendimento di grazie per la vita consacrata

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2. Il ruolo della vita consacrata nella Chiesa è tanto rilevante che decisi di convocare un Sinodo
per approfondirne il significato e le prospettive, in vista dell'ormai imminente nuovo millennio.
Nell'Assemblea sinodale ho voluto che fossero presenti, accanto ai Padri, anche numerosi
consacrati e consacrate, affinché non mancasse il loro apporto alla comune riflessione. Siamo tutti
consapevoli della ricchezza che, per la comunità ecclesiale, costituisce il dono della vita
consacrata nella varietà dei suoi carismi e delle sue istituzioni. Insieme rendiamo grazie a Dio per
gli Ordini e gli Istituti religiosi dediti alla contemplazione, alle opere di apostolato, per le Società di
vita apostolica, per gli Istituti secolari e per altri gruppi di consacrati, come pure per tutti coloro
che, nel segreto del loro cuore, si dedicano a Dio con speciale consacrazione. Al Sinodo si è
toccata con mano l'universale diffusione della vita consacrata, presente nelle Chiese di ogni parte
della terra. Essa stimola ed accompagna lo sviluppo della evangelizzazione nelle diverse regioni
del mondo, dove non solo si ricevono con gratitudine Istituti provenienti da fuori, ma se ne
costituiscono di nuovi, con grande varietà di forme e di espressioni. Così, se in alcune regioni
della terra gli Istituti di vita consacrata sembrano attraversare un momento di difficoltà, in altre essi
prosperano con sorprendente vigore, mostrando che la scelta di totale donazione a Dio in Cristo
non è per nulla incompatibile con la cultura e la storia di ogni popolo. Né essa fiorisce soltanto
dentro la Chiesa cattolica; in realtà la si trova particolarmente viva nel monachesimo delle Chiese
ortodosse, quale tratto essenziale della loro fisionomia e sta iniziando o riemergendo nelle Chiese
e Comunità ecclesiali nate dalla Riforma, come segno di una grazia comune dei discepoli di
Cristo. Da tale constatazione deriva un impulso all'ecumenismo che alimenta il desiderio di una
comunione sempre più piena fra i cristiani, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21).
La vita consacrata, dono alla Chiesa
3. L'universale presenza della vita consacrata e il carattere evangelico della sua testimonianza
mostrano con tutta evidenza — se ce ne fosse bisogno — che essa non è una realtà isolata e
marginale , ma tocca tutta la Chiesa. I Vescovi nel Sinodo lo hanno più volte confermato: «de re
nostra agitur», «è cosa che ci riguarda». In realtà, la vita consacrata si pone nel cuore stesso della
Chiesa come elemento decisivo per la sua missione, giacché «esprime l'intima natura della
vocazione cristiana» e la tensione di tutta la Chiesa-Sposa verso l'unione con l'unico Sposo. Al
Sinodo è stato più volte affermato che la vita consacrata non ha svolto soltanto nel passato un
ruolo di aiuto e di sostegno per la Chiesa, ma è dono prezioso e necessario anche per il presente
e per il futuro del Popolo di Dio, perché appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla
sua missione.
Le attuali difficoltà, che non pochi Istituti incontrano in alcune regioni del mondo, non devono
indurre a sollevare dubbi sul fatto che la professione dei consigli evangelici sia parte integrante
della vita della Chiesa, alla quale reca un prezioso impulso verso una sempre maggiore coerenza
evangelica.
Si potrà avere storicamente una ulteriore varietà di forme, ma non muterà la sostanza di una

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scelta che s'esprime nel radicalismo del dono di sé per amore del Signore Gesù e, in Lui, di ogni
componente della famiglia umana. Su questa certezza, che ha animato innumerevoli persone nel
corso dei secoli, il popolo cristiano continua a contare, ben sapendo di poter trarre dall'apporto di
queste anime generose un validissimo sostegno nel suo cammino verso la patria del cielo.
Raccogliendo i frutti del Sinodo
4. Aderendo al desiderio manifestato dall'Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi
raccolta per riflettere sul tema «La vita consacrata e la sua missione nella Chiesa e nel mondo»,
intendo proporre in questa Esortazione apostolica i frutti dell'itinerario sinodale e mostrare a tutti i
fedeli — Vescovi, presbiteri, diaconi, persone consacrate e laici —, come pure a quanti vorranno
porsi in ascolto, le meraviglie che il Signore anche oggi vuole compiere attraverso la vita
consacrata.
Questo Sinodo, venendo dopo quelli dedicati ai laici e ai presbiteri, completa la trattazione delle
peculiarità che caratterizzano gli stati di vita voluti dal Signore Gesù per la sua Chiesa. Se infatti
nel Concilio Vaticano II è stata sottolineata la grande realtà della comunione ecclesiale, nella
quale convergono tutti i doni in vista della costruzione del Corpo di Cristo e della missione della
Chiesa nel mondo, in questi ultimi anni si è avvertita la necessità di esplicitare meglio l'identità dei
vari stati di vita, la loro vocazione e la loro missione specifica nella Chiesa.
La comunione nella Chiesa non è infatti uniformità, ma dono dello Spirito che passa anche
attraverso la varietà dei carismi e degli stati di vita. Questi saranno tanto più utili alla Chiesa e alla
sua missione, quanto maggiore sarà il rispetto della loro identità. In effetti, ogni dono dello Spirito
è concesso perché fruttifichi per il Signore nella crescita della fraternità e della missione.
L'opera dello Spirito nelle varie forme di vita consacrata
5. Come non ricordare con gratitudine verso lo Spirito l'abbondanza delle forme storiche di vita
consacrata, da Lui suscitate e tuttora presenti nel tessuto ecclesiale? Esse si presentano come
una pianta dai molti rami,
che affonda le sue radici nel Vangelo e produce frutti copiosi in ogni stagione della Chiesa. Quale
straordinaria ricchezza! Io stesso, alla fine del Sinodo, ho sentito il bisogno di sottolineare questo
elemento costante nella storia della Chiesa: la schiera di fondatori e di fondatrici, di santi e di
sante, che hanno scelto Cristo nella radicalità evangelica e nel servizio fraterno, specialmente dei
poveri e abbandonati. Proprio in tale servizio emerge con particolare evidenza come la vita
consacrata manifesti l' unitarietà del comandamento dell'amore, nell'inscindibile connessione tra
amore di Dio e amore del prossimo.
Il Sinodo ha fatto memoria di quest'opera incessante dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli
dispiega le ricchezze della pratica dei consigli evangelici attraverso i molteplici carismi, e anche
per questa via rende perennemente presente nella Chiesa e nel mondo, nel tempo e nello spazio,

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il mistero di Cristo.
Vita monastica in Oriente e in Occidente
6. I Padri sinodali delle Chiese cattoliche orientali e i rappresentanti delle altre Chiese dell'Oriente
hanno messo in risalto, nei loro interventi, i valori evangelici della vita monastica, apparsa già agli
inizi del cristianesimo e tuttora fiorente nei loro territori, specialmente presso le Chiese ortodosse.
Fin dai primi secoli della Chiesa vi sono stati uomini e donne che si sono sentiti chiamati ad
imitare la condizione di servo del Verbo incarnato, e si sono posti alla sua sequela vivendo in
modo specifico e radicale, nella professione monastica, le esigenze derivanti dalla partecipazione
battesimale al mistero pasquale della sua morte e risurrezione. In questo modo, facendosi
portatori della Croce (staurophóroi), si sono impegnati a diventare portatori dello Spirito
(pneumatophóroi), uomini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare segretamente la
storia con la lode e l'intercessione continua, con i consigli ascetici e le opere della carità.
Nell'intento di trasfigurare il mondo e la vita in attesa della definitiva visione del volto di Dio, il
monachesimo orientale privilegia la conversione, la rinuncia a se stessi e la compunzione del
cuore, la ricerca dell'esichia, cioè della pace interiore, e la preghiera incessante, il digiuno e le
veglie, il combattimento spirituale e il silenzio, la gioia pasquale per la presenza del Signore e per
l'attesa della sua venuta definitiva, l'offerta di sé e dei propri averi, vissuta nella santa comunione
del cenobio o nella solitudine eremitica.
Anche l'Occidente ha praticato fin dai primi secoli della Chiesa la vita monastica e ne ha
conosciuto una grande varietà di espressioni nell'ambito sia cenobitico che eremitico. Nella sua
forma attuale, ispirata specialmente a san Benedetto, il monachesimo occidentale è erede di tanti
uomini e donne che, lasciata la vita secondo il mondo, cercarono Dio e a lui si dedicarono, «nulla
anteponendo all'amore di Cristo». Anche i monaci di oggi si sforzano di conciliare armonicamente
la vita interiore e il lavoro nell'impegno evangelico della conversione dei costumi, dell'obbedienza,
della stabilità, e nell'assidua dedizione alla meditazione della Parola (lectio divina), alla
celebrazione della liturgia, alla preghiera. I monasteri sono stati e sono tuttora, nel cuore della
Chiesa e del mondo, un eloquente segno di comunione, un'accogliente dimora per coloro che
cercano Dio e le cose dello spirito, scuole di fede e veri laboratori di studio, di dialogo e di cultura
per l'edificazione della vita ecclesiale e della stessa città terrena, in attesa di quella celeste.
L'Ordine delle vergini, gli eremiti, le vedove
7. È motivo di gioia e di speranza vedere che torna oggi a fiorire l'antico Ordine delle vergini,
testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici. Consacrate dal Vescovo diocesano,
esse acquisiscono un particolare vincolo con la Chiesa, al cui servizio si dedicano, pur restando
nel mondo. Da sole o associate, esse costituiscono una speciale immagine escatologica della

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Sposa celeste e della vita futura, quando finalmente la Chiesa vivrà in pienezza l'amore per Cristo
Sposo.
Gli eremiti e le eremite, appartenenti ad Ordini antichi o ad Istituti nuovi, o anche dipendenti
direttamente dal Vescovo, con l'interiore ed esteriore separazione dal mondo testimoniano la
provvisorietà del tempo presente, col digiuno e la penitenza attestano che non di solo pane vive
l'uomo, ma della Parola di Dio (cfr Mt 4, 4). Una tale vita «nel deserto» è un invito per i propri simili
e per la stessa comunità ecclesiale a non perdere mai di vista la suprema vocazione, che è di
stare sempre con il Signore.
Torna ad essere oggi praticata anche la consacrazione delle vedove,
nota fin dai tempi apostolici (cfr 1 Tim 5, 5. 9-10; 1 Cor 7, 8), nonché quella dei vedovi. Queste
persone, mediante il voto di castità perpetua quale segno del Regno di Dio, consacrano la loro
condizione per dedicarsi alla preghiera e al servizio della Chiesa.
Istituti dediti totalmente alla contemplazione
8. Gli Istituti completamente ordinati alla contemplazione, composti da donne o da uomini, sono
per la Chiesa un motivo di gloria e una sorgente di grazie celesti. Con la loro vita e la loro
missione le persone che ne fanno parte imitano Cristo in orazione sul monte, testimoniano la
signoria di Dio sulla storia, anticipano la gloria futura.
Nella solitudine e nel silenzio, mediante l'ascolto della Parola di Dio, l'esercizio del culto divino,
l'ascesi personale, la preghiera, la mortificazione e la comunione dell'amore fraterno, orientano
tutta la loro vita ed attività alla contemplazione di Dio. Offrono così alla comunità ecclesiale una
singolare testimonianza dell'amore della Chiesa per il suo Signore e contribuiscono, con una
misteriosa fecondità apostolica, alla crescita del Popolo di Dio.
Èlegittimo, pertanto, auspicare che le varie forme di vita contemplativa conoscano una crescente
diffusione nelle giovani Chiese come espressione di pieno radicamento del Vangelo, soprattutto in
quelle regioni del mondo dove sono più diffuse altre religioni. Ciò consentirà di testimoniare il
vigore delle tradizioni di ascesi e di mistica cristiane e favorirà lo stesso dialogo interreligioso.
La vita religiosa apostolica
9. In Occidente sono fiorite lungo i secoli molteplici altre espressioni di vita religiosa, nelle quali
innumerevoli persone, rinunciando al mondo, si sono consacrate a Dio attraverso la professione
pubblica dei consigli evangelici secondo uno specifico carisma e in una stabile forma di vita
comune,
per un multiforme servizio apostolico al popolo di Dio: così le diverse famiglie di Canonici regolari,
gli Ordini mendicanti, i Chierici regolari ed in genere le Congregazioni religiose maschili e

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femminili dedite all'attività apostolica e missionaria ed alle molteplici opere che la carità cristiana
ha suscitato.
Èuna testimonianza splendida e varia, nella quale si rispecchia la molteplicità dei doni elargiti da
Dio a fondatori e fondatrici che, aperti all'azione dello Spirito Santo, hanno saputo interpretare i
segni dei tempi e rispondere in modo illuminato alle esigenze via via emergenti. Sulle loro orme
tante altre persone hanno cercato, con la parola e con l'azione, di incarnare il Vangelo nella
propria esistenza, per riproporre nel loro tempo la viva presenza di Gesù, il Consacrato per
eccellenza e l'Apostolo del Padre. In Cristo Signore religiosi e religiose devono continuare a
specchiarsi in ogni epoca, alimentando nella preghiera una profonda comunione di sentimenti con
Lui (cfr Fil 2, 5-11), affinché tutta la loro vita sia pervasa dallo spirito apostolico e tutta l'azione
apostolica sia compenetrata di contemplazione.
Gli Istituti secolari
10. Lo Spirito Santo, artefice mirabile della varietà dei carismi, ha suscitato nel nostro tempo
nuove espressioni di vita consacrata, quasi a voler corrispondere, secondo un provvidenziale
disegno, alle nuove necessità che la Chiesa oggi incontra nell'adempimento della sua missione
nel mondo.
Il pensiero va innanzitutto agli Istituti secolari, i cui membri intendono vivere la consacrazione a
Dio nel mondo attraverso la professione dei consigli evangelici nel contesto delle strutture
temporali, per essere così lievito di sapienza e testimoni di grazia all'interno della vita culturale,
economica e politica. Attraverso la sintesi, che è loro specifica, di secolarità e consacrazione, essi
intendono immettere nella società le energie nuove del Regno di Cristo, cercando di trasfigurare il
mondo dal di dentro con la forza delle Beatitudini. In questo modo, mentre la totale appartenenza
a Dio li rende pienamente consacrati al suo servizio, la loro attività nelle normali condizioni laicali
contribuisce, sotto l'azione dello Spirito, all'animazione evangelica delle realtà secolari. Gli Istituti
secolari contribuiscono così ad assicurare alla Chiesa, secondo la specifica indole di ciascuno,
una presenza incisiva nella società.
Una preziosa funzione svolgono anche gli Istituti secolari clericali, in cui sacerdoti appartenenti al
presbiterio diocesano, anche quando viene ad alcuni di loro riconosciuta l'incardinazione al proprio
Istituto, si consacrano a Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici secondo uno specifico
carisma. Essi trovano nelle ricchezze spirituali dell'Istituto a cui appartengono un grande aiuto per
vivere intensamente la spiritualità propria del sacerdozio e, in tal modo, essere fermento di
comunione e di generosità apostolica tra i confratelli.
Le Società di vita apostolica
11. Speciale menzione meritano, poi, le Società di vita apostolica o di vita comune, maschili e
femminili, le quali perseguono, con uno stile loro proprio, uno specifico fine apostolico o

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missionario. In molte di esse, con vincoli sacri riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, sono
espressamente assunti i consigli evangelici. Anche in tal caso, tuttavia, la peculiarità della loro
consacrazione le distingue dagli Istituti religiosi e dagli Istituti secolari. È da salvaguardare e
promuovere la specificità di questa forma di vita, che nel corso degli ultimi secoli ha prodotto tanti
frutti di santità e di apostolato, specialmente nel campo della carità e nella diffusione missionaria
del Vangelo.
Nuove espressioni di vita consacrata
12. La perenne giovinezza della Chiesa continua a manifestarsi anche oggi: negli ultimi decenni,
dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, sono apparse nuove o rinnovate forme di vita consacrata.
In molti casi si tratta di Istituti simili a quelli già esistenti, ma nati da nuovi impulsi spirituali ed
apostolici. La loro vitalità deve essere vagliata dall'autorità della Chiesa, alla quale compete
l'opportuno esame sia per saggiare l'autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare l'eccessiva
moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente rischio di una nociva
frammentazione in gruppi troppo piccoli. In altri casi si tratta di esperienze originali, che sono alla
ricerca di una propria identità nella Chiesa e attendono di essere ufficialmente riconosciute dalla
Sede Apostolica, alla quale sola compete l'ultimo giudizio.
Queste nuove forme di vita consacrata, che s'aggiungono alle antiche, testimoniano della costante
attrattiva che la donazione totale al Signore, l'ideale della comunità apostolica, i carismi di
fondazione continuano ad esercitare anche sulla presente generazione e sono pure segno della
complementarietà dei doni dello Spirito Santo.
Lo Spirito, tuttavia, nella novità non si contraddice. Ne è prova il fatto che le nuove forme di vita
consacrata non hanno soppiantato le precedenti. In così multiforme varietà s'è potuta conservare
l'unità di fondo grazie alla medesima chiamata a seguire, nella ricerca della perfetta carità, Gesù
vergine, povero e obbediente. Tale chiamata, come si trova in tutte le forme già esistenti, così è
richiesta in quelle che si propongono come nuove.
Finalità dell'Esortazione apostolica
13. Raccogliendo i frutti dei lavori sinodali, con questa Esortazione apostolica intendo rivolgermi a
tutta la Chiesa, per offrire non solo alle persone consacrate, ma anche ai Pastori e ai fedeli, i
risultati di un confronto stimolante, sui cui sviluppi non ha mancato di vegliare lo Spirito Santo con
i suoi doni di verità e d'amore.
In questi anni di rinnovamento la vita consacrata ha attraversato, come del resto altre forme di vita
nella Chiesa, un periodo delicato e faticoso. È stato un periodo ricco di speranze, di tentativi e
proposte innovatrici miranti a rinvigorire la professione dei consigli evangelici. Ma è stato anche un
tempo non privo di tensioni e di travagli, in cui esperienze pur generose non sono state sempre

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coronate da risultati positivi.
Le difficoltà non devono tuttavia indurre allo scoraggiamento. Occorre piuttosto impegnarsi con
nuovo slancio, perché la Chiesa ha bisogno dell'apporto spirituale e apostolico di una vita
consacrata rinnovata e rinvigorita. Con la presente Esortazione postsinodale desidero rivolgermi
alle comunità religiose e alle persone consacrate con lo stesso spirito che animava la lettera
inviata ai cristiani di Antiochia dal Concilio di Gerusalemme, e nutro la speranza che abbia pure a
ripetersi oggi la medesima esperienza registrata allora: «Quando l'ebbero letta, si rallegrarono per
l' incoraggiamento che infondeva» (At 15, 31). Non solo: ma nutro pure la speranza di accrescere
la gioia di tutto il popolo di Dio, che, conoscendo meglio la vita consacrata, potrà con più
consapevolezza rendere grazie all'Onnipotente per questo grande dono.
In atteggiamento di cordiale apertura verso i Padri sinodali, ho fatto tesoro dei preziosi contributi
emersi durante gli intensi lavori assembleari, ai quali ho voluto essere costantemente presente.
Durante tale periodo, ho pure curato di offrire a tutto il Popolo di Dio alcune catechesi sistematiche
sulla vita consacrata nella Chiesa. Ho riproposto in esse gli insegnamenti presenti nei testi del
Concilio Vaticano II, che è stato luminoso punto di riferimento degli sviluppi dottrinali successivi e
della stessa riflessione operata dal Sinodo durante le intense settimane dei suoi lavori.
Mentre confido che i figli della Chiesa, e in particolare le persone consacrate, vorranno accogliere
con adesione cordiale anche questa Esortazione, auspico che la riflessione continui per
l'approfondimento del grande dono della vita consacrata nella triplice dimensione della
consacrazione, della comunione e della missione, e che consacrati e consacrate, in piena sintonia
con la Chiesa e il suo Magistero, trovino così ulteriori stimoli per affrontare spiritualmente e
apostolicamente le sfide emergenti.
CAPITOLO I
CONFESSIO TRINITATIS
ALLE SORGENTI CRISTOLOGICO-TRINITARIE
DELLA VITA CONSACRATA
L'icona di Cristo trasfigurato
14. Il fondamento evangelico della vita consacrata va cercato nel rapporto speciale che Gesù,
nella sua esistenza terrena, stabilì con alcuni dei suoi discepoli, invitandoli non solo ad accogliere

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il Regno di Dio nella propria vita, ma a porre la propria esistenza a servizio di questa causa,
lasciando tutto e imitando da vicino la sua forma di vita.
Una tale esistenza «cristiforme», proposta a tanti battezzati lungo la storia, è possibile solo sulla
base di una speciale vocazione e in forza di un peculiare dono dello Spirito. In essa, infatti, la
consacrazione battesimale è portata ad una risposta radicale nella sequela di Cristo mediante
l'assunzione dei consigli evangelici, primo ed essenziale tra essi il vincolo sacro della castità per il
Regno dei Cieli. Questa speciale «sequela di Cristo», alla cui origine sta sempre l'iniziativa del
Padre, ha, dunque, una connotazione essenzialmente cristologica e pneumatologica, esprimendo
così in modo particolarmente vivo il carattere trinitario della vita cristiana, della quale anticipa in
qualche modo la realizzazione escatologica a cui tutta la Chiesa tende.
Molte sono, nel Vangelo, le parole e i gesti di Cristo che illuminano il senso di questa speciale
vocazione. Per coglierne, tuttavia, in una visione d'insieme i tratti essenziali, di singolare aiuto si
rivela fissare lo sguardo sul volto raggiante di Cristo nel mistero della Trasfigurazione. A questa
«icona» si riferisce tutta un'antica tradizione spirituale, quando collega la vita contemplativa
all'orazione di Gesù «sul monte». Ad essa possono inoltre ricondursi, in qualche modo, le stesse
dimensioni «attive» della vita consacrata, giacché la Trasfigurazione non è solo rivelazione della
gloria di Cristo, ma anche preparazione ad affrontarne la croce. Essa implica un «ascendere al
monte» e un «discendere dal monte»: i discepoli che hanno goduto dell'intimità del Maestro,
avvolti per un momento dallo splendore della vita trinitaria e della comunione dei santi, quasi rapiti
nell'orizzonte dell'eterno, sono subito riportati alla realtà quotidiana, dove non vedono che «Gesù
solo» nell'umiltà della natura umana, e sono invitati a tornare a valle, per vivere con lui la fatica del
disegno di Dio e imboccare con coraggio la via della croce.
«E fu trasfigurato davanti a loro»
15. «Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in
disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue
vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano
con lui. Pietro prese allora la parole e disse a Gesù: ‘Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi,
farò qui tre tende, una per te, una per Mosè una per Elia'. Egli stava ancora parlando quando una
nube luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva:‘ Questi è il Figlio mio
prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo'. All'udire ciò, i discepoli caddero con la
faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: ‘Alzatevi e
non temete'. Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre
discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: 'Non parlate a nessuno di questa visione, finché il
Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti'» (Mt 17, 1-9). L'episodio della Trasfigurazione segna un
momento decisivo nel ministero di Gesù. È evento di rivelazione che consolida la fede nel cuore
dei discepoli, li prepara al dramma della Croce ed anticipa la gloria della risurrezione. Questo
mistero è continuamente rivissuto dalla Chiesa, popolo in cammino verso l'incontro escatologico

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col suo Signore. Come i tre apostoli prescelti, la Chiesa contempla il volto trasfigurato di Cristo,
per confermarsi nella fede e non rischiare lo smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla
Croce. Nell'uno e nell'altro caso, essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del suo mistero,
avvolta dalla sua luce.
Da questa luce sono raggiunti tutti i suoi figli, tutti ugualmente chiamati a seguire Cristo riponendo
in Lui il senso ultimo della propria vita, fino a poter dire con l'Apostolo: «Per me il vivere è Cristo!»
(Fil 1, 21). Ma un'esperienza singolare della luce che promana dal Verbo incarnato fanno
certamente i chiamati alla vita consacrata. La professione dei consigli evangelici, infatti, li pone
quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo. Non possono perciò non trovare
in essi particolare risonanza le parole estatiche di Pietro: «Signore, è bello per noi stare qui!» (Mt
17, 4). Queste parole dicono la tensione cristocentrica di tutta la vita cristiana. Esse, tuttavia,
esprimono con particolare eloquenza il carattere totalizzante che costituisce il dinamismo profondo
della vocazione alla vita consacrata: “Come è bello restare con Te, dedicarci a Te, concentrare in
modo esclusivo la nostra esistenza su di Te!”. In effetti, chi ha ricevuto la grazia di questa speciale
comunione di amore con Cristo, si sente come rapito dal suo fulgore: Egli è il «più bello tra i figli
dell'uomo» (Sal 45 [44], 3), l'Incomparabile.
«Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!»
16. Ai tre discepoli estasiati giunge l'appello del Padre a mettersi in ascolto di Cristo, a porre in Lui
ogni fiducia, a farne il centro della vita. Nella parola che viene dall'alto acquista nuova profondità
l'invito col quale Gesù stesso, all'inizio della vita pubblica, li aveva chiamati alla sua sequela,
strappandoli alla loro vita ordinaria e accogliendoli nella sua intimità. È proprio da questa speciale
grazia di intimità che scaturisce, nella vita consacrata, la possibilità e l'esigenza del dono totale di
sé nella professione dei consigli evangelici. Questi, prima e più che una rinuncia, sono una
specifica accoglienza del mistero di Cristo, vissuta all'interno della Chiesa.
Nell'unità della vita cristiana, infatti, le varie vocazioni sono come raggi dell'unica luce di Cristo
«riflessa sul volto della Chiesa».
I laici, in forza dell'indole secolare della loro vocazione, rispecchiano il mistero del Verbo Incarnato
soprattutto in quanto esso è l'Alfa e l'Omega del mondo, fondamento e misura del valore di tutte le
cose create. I ministri sacri, da parte loro, sono immagini vive di Cristo capo e pastore, che guida il
suo popolo nel tempo del «già e non ancora», in attesa della sua venuta nella gloria. Alla vita
consacrata è affidato il compito di additare il Figlio di Dio fatto uomo come il traguardo
escatologico a cui tutto tende, lo splendore di fronte al quale ogni altra luce impallidisce, l'infinita
bellezza che, sola, può appagare totalmente il cuore dell'uomo. Nella vita consacrata, dunque, non
si tratta solo di seguire Cristo con tutto il cuore, amandolo «più del padre e della madre, più del
figlio o della figlia» (cfr Mt 10, 37), come è chiesto ad ogni discepolo, ma di vivere ed esprimere
ciò con l' adesione «conformativa» a Cristo dell'intera esistenza , in una tensione totalizzante che
anticipa, nella misura possibile nel tempo e secondo i vari carismi, la perfezione escatologica.

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Attraverso la professione dei consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della
propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, «la forma di vita, che il Figlio
di Dio prese quando venne nel mondo». Abbracciando la verginità , egli fa suo l'amore verginale di
Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11);
imitando la sua povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell'amore tutto gli
restituisce (cfr Gv 17, 7.10); aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero della sua
obbedienza filiale, lo confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo
della volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende.
Con tale immedesimazione «conformativa» al mistero di Cristo, la vita consacrata realizza a titolo
speciale quella confessio Trinitatis che caratterizza l'intera vita cristiana, riconoscendo con
ammirazione la sublime bellezza di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e testimoniandone con gioia
l'amorevole condiscendenza verso ogni essere umano.
I. A LODE DELLA TRINITÀ
A Patre ad Patrem: l'iniziativa di Dio
17. La contemplazione della gloria del Signore Gesù nell'icona della Trasfigurazione rivela alle
persone consacrate innanzitutto il Padre, creatore e datore di ogni bene, che attrae a sé (cfr Gv 6,
44) una sua creatura con uno speciale amore e in vista di una speciale missione. «Questi è il
Figlio mio prediletto: ascoltatelo!» (Mt 17, 5). Assecondando quest'appello accompagnato da
un'interiore attrazione, la persona chiamata si affida all'amore di Dio che la vuole al suo esclusivo
servizio, e si consacra totalmente a Lui e al suo disegno di salvezza (cfr 1 Cor 7, 32-34).
Qui sta il senso della vocazione alla vita consacrata: un'iniziativa tutta del Padre (cfr Gv 15, 16),
che richiede da coloro che ha scelti la risposta di una dedizione totale ed esclusiva.
L'esperienza di questo amore gratuito di Dio è a tal punto intima e forte che la persona avverte di
dover rispondere con la dedizione incondizionata della sua vita, consacrando tutto, presente e
futuro, nelle sue mani. Proprio per questo, seguendo san Tommaso, si può comprendere l'identità
della persona consacrata a partire dalla totalità della sua offerta, paragonabile ad un autentico
olocausto.
Per Filium: sulle orme di Cristo
18. Il Figlio, via che conduce al Padre (cfr Gv 14, 6), chiama tutti coloro che il Padre gli ha dato (cfr
Gv 17, 9) ad una sequela che ne orienta l'esistenza. Ma ad alcuni — le persone di vita consacrata,
appunto — Egli chiede un coinvolgimento totale, che comporta l'abbandono di ogni cosa (cfr Mt
19, 27), per vivere in intimità con Lui e seguirlo dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 4).
Nello sguardo di Gesù (cfr Mc 10, 21), «immagine del Dio invisibile» (Col 1, 15), irradiazione della
gloria del Padre (cfr Eb 1, 3), si coglie la profondità di un amore eterno ed infinito che tocca le

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12
radici dell'essere.
La persona, che se ne lascia afferrare, non può non abbandonare tutto e seguirlo (cfr Mc 1, 16-20;
2, 14; 10, 21.28). Come Paolo, essa considera tutto il resto «una perdita di fronte alla sublimità
della conoscenza di Cristo Gesù», a confronto del quale non esita a ritenere ogni cosa «come
spazzatura, al fine di guadagnare Cristo» ( Fil 3, 8). La sua aspirazione è di immedesimarsi con
Lui, assumendone i sentimenti e la forma di vita. Questo lasciare tutto e seguire il Signore (cfr Lc
18, 28) costituisce un programma valido per tutte le persone chiamate e per tutti i tempi.
I consigli evangelici, con i quali Cristo invita alcuni a condividere la sua esperienza di vergine,
povero e obbediente, richiedono e manifestano, in chi li accoglie, il desiderio esplicito di totale
conformazione a Lui. Vivendo «in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità», i consacrati
confessano che Gesù è il Modello in cui ogni virtù raggiunge la perfezione. La sua forma di vita
casta, povera e obbediente, appare infatti il modo più radicale di vivere il Vangelo su questa terra,
un modo — si può dire — divino, perché abbracciato da Lui, Uomo-Dio, quale espressione della
sua relazione di Figlio Unigenito col Padre e con lo Spirito Santo. È questo il motivo per cui nella
tradizione cristiana si è sempre parlato della obiettiva eccellenza della vita consacrata. Non si può
inoltre negare che la pratica dei consigli costituisca un modo particolarmente intimo e fecondo di
prendere parte anche alla missione di Cristo, sull'esempio di Maria di Nazaret, prima discepola, la
quale accettò di mettersi al servizio del disegno divino con il dono totale di se stessa. Ogni
missione inizia con lo stesso atteggiamento espresso da Maria nell'annunciazione: «Eccomi, sono
la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38).
In Spiritu: consacrati dallo Spirito Santo
19. «Una nube luminosa li avvolse con la sua ombra» (Mt 17, 5). Una significativa interpretazione
spirituale della Trasfigurazione vede in questa nube l'immagine dello Spirito Santo. Come l'intera
esistenza cristiana, anche la chiamata alla vita consacrata è in intima relazione con l'opera dello
Spirito Santo. È Lui che, lungo i millenni, attrae sempre nuove persone a percepire il fascino di
una scelta tanto impegnativa. Sotto la sua azione esse rivivono, in qualche modo, l'esperienza del
profeta Geremia: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre» (20, 7). È lo Spirito che
suscita il desiderio di una risposta piena; è Lui che guida la crescita di tale desiderio, portando a
maturazione la risposta positiva e sostenendone poi la fedele esecuzione; è Lui che forma e
plasma l'animo dei chiamati, configurandoli a Cristo casto, povero e obbediente e spingendoli a far
propria la sua missione. Lasciandosi guidare dallo Spirito in un incessante cammino di
purificazione, essi diventano, giorno dopo giorno, persone cristiformi, prolungamento nella storia di
una speciale presenza del Signore risorto. Con penetrante intuizione, i Padri della Chiesa hanno
qualificato questo cammino spirituale come filocalia, ossia amore per la bellezza divina, che è
irradiazione della divina bontà. La persona che dalla potenza dello Spirito Santo è condotta
progressivamente alla piena configurazione a Cristo, riflette in sé un raggio della luce inaccessibile
e nel suo peregrinare terreno cammina fino alla Fonte inesauribile della luce. In tal modo la vita
consacrata diventa un'espressione particolarmente profonda della Chiesa Sposa, la quale,

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13
condotta dallo Spirito a riprodurre in sé i lineamenti dello Sposo, Gli compare davanti «tutta
gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5, 27). Lo
stesso Spirito poi, lungi dal sottrarre alla storia degli uomini le persone che il Padre ha chiamato,
le pone a servizio dei fratelli secondo le modalità proprie del loro stato di vita, e le orienta a
svolgere particolari compiti, in rapporto alle necessità della Chiesa e del mondo, attraverso i
carismi propri dei vari Istituti. Da qui il sorgere di molteplici forme di vita consacrata, attraverso le
quali la Chiesa è «anche abbellita con la varietà dei doni dei suoi figli, [...] come una sposa
adornata per il suo sposo (cfr Ap 21, 2)»e viene arricchita di ogni mezzo per svolgere la sua
missione nel mondo.
I consigli evangelici, dono della Trinità
20. I consigli evangelici sono dunque prima di tutto un dono della Trinità Santissima. La vita
consacrata è annuncio di ciò che il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito compie con il suo
amore, la sua bontà, la sua bellezza. Infatti «lo stato religioso [...] manifesta l'elevatezza del
Regno di Dio sopra tutte le cose terrestri e le sue esigenze supreme; dimostra pure a tutti gli
uomini la preminente grandezza della virtù di Cristo regnante e la infinita potenza dello Spirito
Santo, mirabilmente operante nella Chiesa». Primo compito della vita consacrata è di rendere
visibili le meraviglie che Dio opera nella fragile umanità delle persone chiamate. Più che con le
parole, esse testimoniano tali meraviglie con il linguaggio eloquente di un'esistenza trasfigurata,
capace di sorprendere il mondo. Allo stupore degli uomini esse rispondono con l'annuncio dei
prodigi di grazia che il Signore compie in coloro che Egli ama. Nella misura in cui la persona
consacrata si lascia condurre dallo Spirito fino ai vertici della perfezione, può esclamare: «Vedo la
bellezza della tua grazia, ne contemplo in fulgore, ne rifletto la luce; sono preso dal suo ineffabile
splendore; sono condotto fuori di me mentre penso a me stesso; vedo com'ero e cosa sono
divenuto. O prodigio! Sto attento, sono pieno di rispetto per me stesso, di riverenza e di timore,
come davanti a Te stesso; non so cosa fare, poiché mi ha preso la timidezza; non so dove
sedermi, a che cosa avvicinarmi, dove riposare queste membra che ti appartengono; per quale
impresa, per quale opera impiegarle, queste sorprendenti meraviglie divine». Così la vita
consacrata diviene una delle tracce concrete che la Trinità lascia nella storia, perché gli uomini
possano avvertire il fascino e la nostalgia della bellezza divina.
Nei consigli il riflesso della vita trinitaria
21. Il riferimento dei consigli evangelici alla Trinità Santa e santificante rivela il loro senso più
profondo. Essi infatti sono espressione dell'amore che il Figlio porta al Padre nell'unità dello Spirito
Santo. Praticandoli, la persona consacrata vive con particolare intensità il carattere trinitario e
cristologico che contrassegna tutta la vita cristiana. La castità dei celibi e delle vergini, in quanto
manifestazione della dedizione a Dio con cuore indiviso (cfr 1 Cor 7, 32-34), costituisce un riflesso
dell'amore infinito che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della vita trinitaria;
amore testimoniato dal Verbo incarnato fino al dono della sua vita; amore «riversato nei nostri

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14
cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 5), che stimola ad una risposta di amore totale per
Dio e per i fratelli. La povertà confessa che Dio è l'unica vera ricchezza dell'uomo. Vissuta
sull'esempio di Cristo che «da ricco che era, si è fatto povero» (2 Cor 8, 9), diventa espressione
del dono totale di sé che le tre Persone divine reciprocamente si fanno. È dono che trabocca nella
creazione e si manifesta pienamente nell'Incarnazione del Verbo e nella sua morte redentrice. L'
obbedienza, praticata ad imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà del Padre (cfr Gv 4, 34),
manifesta la bellezza liberante di una dipendenza filiale e non servile, ricca di senso di
responsabilità e animata dalla reciproca fiducia, che è riflesso nella storia dell' amorosa
corrispondenza delle tre Persone divine. La vita consacrata, pertanto, è chiamata ad approfondire
continuamente il dono dei consigli evangelici con un amore sempre più sincero e forte in
dimensione trinitaria : amore al Cristo, che chiama alla sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone
l'animo ad accogliere le sue ispirazioni; al Padre , prima origine e scopo supremo della vita
consacrata. Essa diventa così confessione e segno della Trinità, il cui mistero viene additato alla
Chiesa come modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana. La stessa vita fraterna, in virtù
della quale le persone consacrate si sforzano di vivere in Cristo con «un cuore solo e un'anima
sola» (At 4, 32), si propone come eloquente confessione trinitaria. Essa confessa il Padre, che
vuole fare di tutti gli uomini una sola famiglia; confessa il Figlio incarnato, che raccoglie i redenti
nell'unità, indicando la via con il suo esempio, la sua preghiera, le sue parole e soprattutto con la
sua morte, sorgente di riconciliazione per gli uomini divisi e dispersi; confessa lo Spirito Santo
quale principio di unità nella Chiesa, dove Egli non cessa di suscitare famiglie spirituali e comunità
fraterne.
Consacrati come Cristo per il Regno di Dio
22. La vita consacrata «più fedelmente imita e continuamente rappresenta nella Chiesa»,per
impulso dello Spirito Santo, la forma di vita che Gesù, supremo consacrato e missionario del
Padre per il suo Regno, ha abbracciato ed ha proposto ai discepoli che lo seguivano (cfr Mt 4, 18-
22; Mc 1, 16-20; Lc 5, 10-11; Gv 15, 16). Alla luce della consacrazione di Gesù, è possibile
scoprire nell'iniziativa del Padre, fonte di ogni santità, la sorgente originaria della vita consacrata.
Gesù stesso, infatti, è colui che «Dio ha consacrato in Spirito Santo e potenza» (At 10, 38), «colui
che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv 10, 36). Accogliendo la consacrazione del
Padre, il Figlio a sua volta si consacra a Lui per l'umanità (cfr Gv 17, 19): la sua vita di verginità, di
obbedienza e di povertà esprime la sua filiale e totale adesione al disegno del Padre (cfr Gv 10,
30; 14, 11). La sua perfetta oblazione conferisce un significato di consacrazione a tutti gli eventi
della sua esistenza terrena. Egli è l' obbediente per eccellenza, disceso dal cielo non per fare la
sua volontà, ma la volontà di Colui che lo ha mandato (cfr Gv 6, 38; Eb 10, 5.7). Egli rimette il suo
modo di essere e di agire nelle mani del Padre (cfr Lc 2, 49). In obbedienza filiale, adotta la forma
del servo: «Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo [...], facendosi obbediente fino
alla morte e alla morte di Croce» (Fil 2, 7-8). È in tale atteggiamento di docilità al Padre che, pur
approvando e difendendo la dignità e la santità della vita matrimoniale, Cristo assume la forma di
vita verginale e rivela così il pregio sublime e la misteriosa fecondità spirituale della verginità. La

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15
sua piena adesione al disegno del Padre si manifesta anche nel distacco dai beni terreni: «Da
ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà»
(2 Cor 8, 9). La profondità della sua povertà si rivela nella perfetta oblazione di tutto ciò che è suo
al Padre. Veramente la vita consacrata costituisce memoria vivente del modo di esistere e di agire
di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli. Essa è vivente tradizione
della vita e del messaggio del Salvatore.
II. TRA PASQUA E COMPIMENTO
Dal Tabor al Calvario
23. L'evento sfolgorante della Trasfigurazione prepara quello tragico, ma non meno glorioso, del
Calvario. Pietro, Giacomo e Giovanni contemplano il Signore Gesù insieme a Mosè ed Elia, con i
quali — secondo l'evangelista Luca — Gesù parla «della sua dipartita che avrebbe portato a
compimento a Gerusalemme» (9, 31). Gli occhi degli apostoli dunque sono fissi su Gesù che
pensa alla Croce (cfr Lc 9, 43-45). Lì il suo amore verginale per il Padre e per tutti gli uomini
raggiungerà la sua massima espressione; la sua povertà arriverà allo spogliamento di tutto; la sua
obbedienza fino al dono della vita. I discepoli e le discepole sono invitati a contemplare Gesù
esaltato sulla Croce, dalla quale «il Verbo uscito dal silenzio»,nel suo silenzio e nella sua
solitudine, afferma profeticamente l'assoluta trascendenza di Dio su tutti i beni creati, vince nella
sua carne il nostro peccato e attira a sé ogni uomo e ogni donna, donando a ciascuno la nuova
vita della risurrezione (cfr Gv 12, 32; 19, 34.37). Nella contemplazione di Cristo crocifisso trovano
ispirazione tutte le vocazioni; da essa traggono origine, con il dono fondamentale dello Spirito, tutti
i doni e in particolare il dono della vita consacrata. Dopo Maria, Madre di Gesù, questo dono
riceve Giovanni, il discepolo che Gesù amava, il testimone che insieme a Maria si trovava ai piedi
della Croce (cfr Gv 19, 26-27). La sua decisione di consacrazione totale è frutto dell'amore divino
che lo avvolge, lo sostiene, gli riempie il cuore. Giovanni, accanto a Maria, è tra i primi della lunga
schiera di uomini e donne, che dagli inizi della Chiesa fino alla fine, toccati dall'amore di Dio, si
sentono chiamati a seguire l'Agnello immolato e vivente, dovunque Egli vada (cfr Ap 14, 1-5).
Dimensione pasquale della vita consacrata
24. La persona consacrata, nelle varie forme di vita suscitate dallo Spirito lungo il corso della
storia, fa esperienza della verità di Dio-Amore in modo tanto più immediato e profondo quanto più
si pone sotto la Croce di Cristo. Colui che nella sua morte appare agli occhi umani sfigurato e
senza bellezza tanto da indurre gli astanti a coprirsi il volto (cfr Is 53, 2-3), proprio sulla Croce
manifesta pienamente la bellezza e la potenza dell'amore di Dio. Sant'Agostino lo canta così:
«Bello è Dio, Verbo presso Dio [...]. È bello in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle
braccia dei genitori, bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell'invitare alla vita e bello nel non
curarsi della morte; bello nell'abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella Croce, bello
nel sepolcro, bello nel cielo. Ascoltate il cantico con intelligenza, e la debolezza della carne non

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16
distolga i vostri occhi dallo splendore della sua bellezza». La vita consacrata rispecchia questo
splendore dell'amore, perché confessa, con la sua fedeltà al mistero della Croce, di credere e di
vivere dell'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In questo modo essa contribuisce a
tener viva nella Chiesa la coscienza che la Croce è la sovrabbondanza dell'amore di Dio che
trabocca su questo mondo , è il grande segno della presenza salvifica di Cristo. E ciò
specialmente nelle difficoltà e nelle prove. È quanto viene testimoniato continuamente e con
coraggio degno di profonda ammirazione da un gran numero di persone consacrate, che vivono
spesso in situazioni difficili, persino di persecuzione e di martirio. La loro fedeltà all'unico Amore si
mostra e si tempra nell'umiltà di una vita nascosta, nell'accettazione delle sofferenze per
completare ciò che nella propria carne «manca ai patimenti di Cristo» (Col 1, 24), nel sacrificio
silenzioso, nell'abbandono alla santa volontà di Dio, nella serena fedeltà anche di fronte al declino
delle forze e della propria autorevolezza. Dalla fedeltà a Dio scaturisce pure la dedizione al
prossimo, che le persone consacrate vivono non senza sacrificio nella costante intercessione per
le necessità dei fratelli, nel generoso servizio ai poveri e agli ammalati, nella condivisione delle
difficoltà altrui, nella sollecita partecipazione alle preoccupazioni e alle prove della Chiesa.
Testimoni di Cristo nel mondo
25. Dal mistero pasquale sgorga anche la missionarietà, che è dimensione qualificante l'intera vita
ecclesiale. Essa ha una sua specifica realizzazione nella vita consacrata. Infatti, anche al di là dei
carismi propri di quegli Istituti che sono dediti alla missione ad gentes o s'impegnano in attività di
tipo propriamente apostolico, si può dire che la missionarietà è insita nel cuore stesso di ogni
forma di vita consacrata. Nella misura in cui il consacrato vive una vita unicamente dedita al Padre
(cfr Lc 2, 49; Gv 4, 34), afferrata da Cristo (cfr Gv 15, 16; Gal 1, 15-16), animata dallo Spirito (cfr
Lc 24, 49; At 1, 8; 2, 4), egli coopera efficacemente alla missione del Signore Gesù (cfr Gv 20,
21), contribuendo in modo particolarmente profondo al rinnovamento del mondo. Il primo compito
missionario le persone consacrate lo hanno verso se stesse, e lo adempiono aprendo il proprio
cuore all'azione dello Spirito di Cristo. La loro testimonianza aiuta la Chiesa intera a ricordare che
al primo posto sta il servizio gratuito di Dio, reso possibile dalla grazia di Cristo, comunicata al
credente mediante il dono dello Spirito. Al mondo viene così annunciata la pace che discende dal
Padre, la dedizione che è testimoniata dal Figlio, la gioia che è frutto dello Spirito Santo. Le
persone consacrate saranno missionarie innanzitutto approfondendo continuamente la coscienza
di essere state chiamate e scelte da Dio, al quale devono perciò rivolgere tutta la loro vita ed
offrire tutto ciò che sono e che hanno, liberandosi dagli impedimenti che potrebbero ritardare la
totalità della risposta d'amore. In questo modo potranno diventare un vero segno di Cristo nel
mondo. Anche il loro stile di vita deve far trasparire l'ideale che professano, proponendosi come
segno vivente di Dio e come eloquente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo.
Sempre, ma specialmente nella cultura contemporanea, spesso così secolarizzata e tuttavia
sensibile al linguaggio dei segni, la Chiesa deve preoccuparsi di rendere visibile la sua presenza
nella vita quotidiana. Un contributo significativo in tal senso essa ha diritto di attendersi dalle
persone consacrate, chiamate a rendere in ogni situazione una concreta testimonianza della loro

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17
appartenenza a Cristo. Poiché l'abito è segno di consacrazione, di povertà e di appartenenza ad
una certa famiglia religiosa, insieme con i Padri del Sinodo raccomando vivamente ai religiosi e
alle religiose di indossare il proprio abito, opportunamente adattato alle circostanze dei tempi e dei
luoghi. Dove valide esigenze apostoliche lo richiedano, essi, in conformità alle norme del proprio
Istituto, potranno anche portare un vestito semplice e decoroso, con un simbolo idoneo, in modo
che sia riconoscibile la loro consacrazione. Gli Istituti, che dall'origine o per disposizione delle loro
costituzioni non prevedono un abito proprio, abbiano cura che l'abbigliamento dei loro membri
risponda, per dignità e semplicità, alla natura della loro vocazione.
Dimensione escatologica della vita consacrata
26. Poiché oggi le preoccupazioni apostoliche appaiono sempre più urgenti e l'impegno nelle cose
di questo mondo rischia di essere sempre più assorbente, è particolarmente opportuno richiamare
l'attenzione sulla natura escatologica della vita consacrata . «Là dove è il tuo tesoro, sarà anche il
tuo cuore» (Mt 6, 21): il tesoro unico del Regno suscita il desiderio, l'attesa, l'impegno e la
testimonianza. Nella Chiesa primitiva l'attesa della venuta del Signore era vissuta in modo
particolarmente intenso. Questo atteggiamento di speranza la Chiesa non ha, tuttavia, cessato di
coltivare col passare dei secoli: essa ha continuato ad invitare i fedeli a guardare verso la
salvezza pronta ormai per essere rivelata, «perché passa la scena di questo mondo» (1 Cor 7, 31;
cfr 1 Pt 1, 3-6).. questo orizzonte che meglio si comprende il ruolo di segno escatologico proprio
della vita consacrata. In effetti, è costante la dottrina che la presenta come anticipazione del
Regno futuro. Il Concilio Vaticano II ripropone questo insegnamento quando afferma che la
consacrazione «meglio preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste». Questo
fa innanzitutto la scelta verginale , sempre intesa dalla tradizione come un'anticipazione del
mondo definitivo , che già fin da ora opera e trasforma l'uomo nella sua interezza. Le persone che
hanno dedicato la loro vita a Cristo non possono non vivere nel desiderio di incontrarLo per essere
finalmente e per sempre con Lui. Di qui l'ardente attesa, di qui il desiderio di «immergersi nel
Focolare d'amore che brucia in esse e che altri non è che lo Spirito Santo»,attesa e desiderio
sostenuti dai doni che il Signore liberamente concede a coloro che aspirano alle cose di lassù (cfr
Col 3, 1). Fissa nelle cose del Signore, la persona consacrata ricorda che «non abbiamo quaggiù
una città stabile» (Eb 13, 14), perché «la nostra patria è nei cieli» (Fil 3, 20). Sola cosa necessaria
è cercare «il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 6, 33), invocando incessantemente la venuta del
Signore.
Un'attesa operosa: impegno e vigilanza
27. «Vieni Signore Gesù» (Ap 22, 20). Questa attesa è tutt'altro che inerte: pur rivolgendosi al
Regno futuro, essa si traduce in lavoro e missione, perché il Regno si renda già presente ora
attraverso l'instaurazione dello spirito delle Beatitudini, capace di suscitare anche nella società
umana istanze efficaci di giustizia, di pace, di solidarietà e di perdono. Questo è dimostrato
ampiamente dalla storia della vita consacrata, che sempre ha prodotto frutti abbondanti anche per

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18
il mondo. Con i loro carismi le persone consacrate diventano un segno dello Spirito in ordine ad un
futuro nuovo, illuminato dalla fede e dalla speranza cristiana. La tensione escatologica si converte
in missione , affinché il Regno si affermi in modo crescente qui ed ora. Alla supplica: «Vieni,
Signore Gesù!», si unisce l'altra invocazione: «Venga il tuo Regno» (Mt 6, 10).Chi attende vigile il
compimento delle promesse di Cristo è in grado di infondere speranza anche ai suoi fratelli e
sorelle, spesso sfiduciati e pessimisti riguardo al futuro. La sua è una speranza fondata sulla
promessa di Dio contenuta nella Parola rivelata: la storia degli uomini cammina verso il nuovo
cielo e la nuova terra (cfr Ap 21, 1), in cui il Signore «tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci
sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,
4). La vita consacrata è al servizio di questa definitiva irradiazione della gloria divina, quando ogni
carne vedrà la salvezza di Dio (cfr Lc 3, 6; Is 40, 5). L'Oriente cristiano sottolinea questa
dimensione quando considera i monaci come angeli di Dio sulla terra, che annunciano il
rinnovamento del mondo in Cristo. In Occidente il monachesimo è celebrazione di memoria e
vigilia: memoria delle meraviglie operate da Dio, vigilia del compimento ultimo della speranza. Il
messaggio del monachesimo e della vita contemplativa ripete incessantemente che il primato di
Dio è per l'esistenza umana pienezza di significato e di gioia, perché l'uomo è fatto per Dio ed è
inquieto finché in Lui non trova pace.
La Vergine Maria, modello di consacrazione e di sequela
28. Maria è colei che, fin dalla sua concezione immacolata, più perfettamente riflette la divina
bellezza. «Tutta bella» è il titolo con cui la Chiesa la invoca. «Il rapporto con Maria Santissima,
che ogni fedele ha in conseguenza della sua unione con Cristo, risulta ancora più accentuato nella
vita delle persone consacrate. [...] In tutti (gli Istituti di vita consacrata) vi è la convinzione che la
presenza di Maria abbia un'importanza fondamentale sia per la vita spirituale di ogni singola
anima consacrata, sia per la consistenza, l'unità, il progresso di tutta la comunità». Maria, in effetti,
è esempio sublime di perfetta consacrazione, nella piena appartenenza e totale dedizione a Dio.
Scelta dal Signore, il quale ha voluto compiere in Lei il mistero dell'Incarnazione, ricorda ai
consacrati il primato dell'iniziativa di Dio. Al tempo stesso, avendo dato il suo assenso alla divina
Parola, che si è fatta carne in Lei, Maria si pone come modello dell'accoglienza della grazia da
parte della creatura umana. Vicina a Cristo, insieme con Giuseppe, nella vita nascosta di Nazaret,
presente accanto al Figlio in momenti cruciali della sua vita pubblica, la Vergine è maestra di
sequela incondizionata e di assiduo servizio. In Lei, «tempio dello Spirito Santo»,rifulge così tutto
lo splendore della nuova creatura. La vita consacrata guarda a Lei come a modello sublime di
consacrazione al Padre, di unione col Figlio e di docilità allo Spirito, nella consapevolezza che
aderire «al genere di vita verginale e povera»di Cristo significa far proprio anche il genere di vita di
Maria. Nella Vergine la persona consacrata incontra, inoltre, una Madre a titolo del tutto speciale .
Infatti, se la nuova maternità conferita a Maria sul Calvario è un dono fatto a tutti i cristiani, essa
ha un valore specifico per chi ha consacrato pienamente la propria vita a Cristo. «Ecco la tua
madre!» (Gv 19, 27): le parole di Gesù al «discepolo che egli amava» (Gv 19, 26) assumono
particolare profondità nella vita della persona consacrata. Essa è chiamata, infatti, con Giovanni a

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19
prendere con sé Maria Santissima (cfr Gv 19, 27), amandola e imitandola con la radicalità propria
della sua vocazione e sperimentandone, di rimando, una speciale tenerezza materna. La Vergine
le comunica quell'amore che le consente di offrire ogni giorno la vita per Cristo, cooperando con
Lui alla salvezza del mondo. Per questo il rapporto filiale con Maria costituisce la via privilegiata
per la fedeltà alla vocazione ricevuta e un aiuto efficacissimo per progredire in essa e viverla in
pienezza.
III. NELLA CHIESA E PER LA CHIESA
«È bello per noi restare qui»: la vita consacrata nel mistero della Chiesa
29. Nella scena della Trasfigurazione, Pietro parla a nome degli altri apostoli: «È bello per noi
restare qui» (Mt 17, 4). L'esperienza della gloria di Cristo, che pur gli inebria la mente e il cuore,
non lo isola, ma al contrario lo lega più profondamente al «noi» dei discepoli. Questa dimensione
del «noi» ci porta a considerare il posto che la vita consacrata occupa nel mistero della Chiesa. La
riflessione teologica sulla natura della vita consacrata ha approfondito in questi anni le nuove
prospettive emerse dalla dottrina del Concilio Vaticano II. Alla sua luce s'è preso atto che la
professione dei consigli evangelici appartiene indiscutibilmente alla vita e alla santità della Chiesa.
Questo significa che la vita consacrata, presente fin dagli inizi, non potrà mai mancare alla Chiesa
come un suo elemento irrinunciabile e qualificante, in quanto espressivo della sua stessa natura.
Ciò appare con evidenza dal fatto che la professione dei consigli evangelici è intimamente
connessa col mistero di Cristo, avendo il compito di rendere in qualche modo presente la forma di
vita che Egli prescelse, additandola come valore assoluto ed escatologico. Gesù stesso,
chiamando alcune persone ad abbandonare tutto per seguirlo, ha inaugurato questo genere di vita
che, sotto l'azione dello Spirito, si svilupperà gradualmente lungo i secoli nelle varie forme della
vita consacrata. La concezione di una Chiesa composta unicamente da ministri sacri e da laici non
corrisponde, pertanto, alle intenzioni del suo divino Fondatore quali ci risultano dai Vangeli e dagli
altri scritti neotestamentari.
La nuova e speciale consacrazione
30. Nella tradizione della Chiesa la professione religiosa viene considerata come un singolare e
fecondo approfondimento della consacrazione battesimale in quanto, per suo mezzo, l'intima
unione con Cristo, già inaugurata col Battesimo, si sviluppa nel dono di una conformazione più
compiutamente espressa e realizzata, attraverso la professione dei consigli evangelici. Questa
ulteriore consacrazione, tuttavia, riveste una sua peculiarità rispetto alla prima, della quale non è
una conseguenza necessaria. In realtà, ogni rigenerato in Cristo è chiamato a vivere, con la forza
proveniente dal dono dello Spirito, la castità corrispondente al proprio stato di vita, l'obbedienza a
Dio e alla Chiesa, un ragionevole distacco dai beni materiali, perché tutti sono chiamati alla
santità, che consiste nella perfezione della carità. Ma il battesimo non comporta per se stesso la
chiamata al celibato o alla verginità, la rinuncia al possesso dei beni, l'obbedienza ad un

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20
superiore, nella forma propria dei consigli evangelici. Pertanto la professione di questi ultimi
suppone un particolare dono di Dio non concesso a tutti, come Gesù stesso sottolinea per il caso
del celibato volontario (cfr Mt 19, 10-12). A questa chiamata corrisponde, peraltro, uno specifico
dono dello Spirito Santo, affinché la persona consacrata possa rispondere alla sua vocazione e
alla sua missione. Per questo, come testimoniano le liturgie dell'Oriente e dell'Occidente, nel rito
della professione monastica o religiosa e nella consacrazione delle vergini, la Chiesa invoca sulle
persone prescelte il dono dello Spirito Santo e associa la loro oblazione al sacrificio di Cristo. La
professione dei consigli evangelici è uno sviluppo anche della grazia del sacramento della
Confermazione, ma va oltre le esigenze normali della consacrazione crismale in forza di un
particolare dono dello Spirito, che apre a nuove possibilità e frutti di santità e di apostolato, come
dimostra la storia della vita consacrata. Quanto ai sacerdoti che fanno professione dei consigli
evangelici, l'esperienza stessa mostra che il sacramento dell'Ordine trova una peculiare fecondità
in questa consacrazione, dal momento che essa pone e favorisce l'esigenza di una appartenenza
più stretta al Signore. Il sacerdote che fa professione dei consigli evangelici è particolarmente
favorito nel rivivere in sé la pienezza del mistero di Cristo, grazie anche alla spiritualità peculiare
del proprio Istituto e alla dimensione apostolica del relativo carisma. Nel presbitero infatti la
vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata convergono in profonda e dinamica unità. Di
incommensurabile valore è anche il contributo recato alla vita della Chiesa dai religiosi sacerdoti
integralmente dediti alla contemplazione. Specialmente nella celebrazione eucaristica essi
compiono un atto della Chiesa e per la Chiesa, al quale uniscono l'offerta di se stessi, in
comunione con Cristo che si offre al Padre per la salvezza del mondo intero.
I rapporti fra i diversi stati di vita del cristiano
31. Le varie forme di vita in cui, secondo il disegno del Signore Gesù, si articola la vita ecclesiale
presentano reciproci rapporti sui quali mette conto di soffermarsi. Tutti i fedeli, in virtù della loro
rigenerazione in Cristo, condividono una comune dignità; tutti sono chiamati alla santità; tutti
cooperano all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo, ciascuno secondo la propria vocazione e il
dono ricevuto dallo Spirito (cfr Rm 12, 3-8). L'uguale dignità fra tutte le membra della Chiesa è
opera dello Spirito, è fondata sul Battesimo e sulla Cresima ed è corroborata dall'Eucaristia. Ma è
opera dello Spirito anche la pluriformità. È Lui che costituisce la Chiesa in una comunione
organica nella diversità di vocazioni, carismi e ministeri. Le vocazioni alla vita laicale, al ministero
ordinato e alla vita consacrata si possono considerare paradigmatiche, dal momento che tutte le
vocazioni particolari, sotto l'uno o l'altro aspetto, si richiamano o si riconducono ad esse, assunte
separatamente o congiuntamente, secondo la ricchezza del dono di Dio. Esse, inoltre, sono al
servizio l'una dell'altra, per la crescita del Corpo di Cristo nella storia e per la sua missione nel
mondo. Tutti nella Chiesa sono consacrati nel Battesimo e nella Cresima, ma il ministero ordinato
e la vita consacrata suppongono ciascuno una distinta vocazione ed una specifica forma di
consacrazione, in vista di una missione peculiare. Alla missione dei laici, dei quali è proprio
«cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio»,è fondamento
adeguato la consacrazione battesimale e cresimale, comune a tutti i membri del Popolo di Dio. I

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ministri ordinati, oltre a questa consacrazione fondamentale, ricevono quella dell'Ordinazione per
continuare nel tempo il ministero apostolico. Le persone consacrate, che abbracciano i consigli
evangelici, ricevono una nuova e speciale consacrazione che, senza essere sacramentale, le
impegna a fare propria — nel celibato, nella povertà e nell'obbedienza — la forma di vita praticata
personalmente da Gesù, e da Lui proposta ai discepoli. Pur essendo, queste diverse categorie,
manifestazione dell'unico mistero di Cristo, i laici hanno come caratteristica peculiare, anche se
non esclusiva, la secolarità, i pastori la ministerialità, i consacrati la speciale conformazione a
Cristo vergine, povero, obbediente.
Lo speciale valore della vita consacrata
32. In questo armonioso insieme di doni, a ciascuno dei fondamentali stati di vita è affidato il
compito di esprimere, nel suo proprio ordine, l'una o l'altra dimensione dell'unico mistero di Cristo.
Se nel far risuonare l'annuncio evangelico all'interno delle realtà temporali ha una particolare
missione la vita laicale, nell'ambito della comunione ecclesiale un insostituibile ministero è svolto
da coloro che sono costituiti nell'Ordine sacro , in modo speciale dai Vescovi. Questi hanno il
compito di guidare il Popolo di Dio con l'insegnamento della Parola, l'amministrazione dei
Sacramenti e l'esercizio della sacra potestà a servizio della comunione ecclesiale, che è
comunione organica, gerarchicamente ordinata. Quanto alla significazione della santità della
Chiesa, un'oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso
modo di vivere di Cristo. Proprio per questo, in essa si ha una manifestazione particolarmente
ricca dei beni evangelici e un'attuazione più compiuta del fine della Chiesa che è la santificazione
dell'umanità. La vita consacrata annuncia e in certo modo anticipa il tempo futuro, quando,
raggiunta la pienezza di quel Regno dei cieli che già ora è presente in germe e nel mistero,i figli
della risurrezione non prenderanno né moglie né marito, ma saranno come angeli di Dio (cfr Mt
22, 30). In effetti, l'eccellenza della castità perfetta per il Regno,a buon diritto considerata la
«porta» di tutta la vita consacrata,è oggetto del costante insegnamento della Chiesa. Essa
peraltro tributa grande stima alla vocazione al matrimonio, che rende i coniugi «testimoni e
cooperatori della fecondità della madre Chiesa, in segno e in partecipazione di quell'amore, col
quale Cristo ha amato la sua Sposa e si è dato per lei». In questo orizzonte comune a tutta la vita
consacrata, si articolano vie distinte tra loro ma complementari. I religiosi e le religiose
integralmente dediti alla contemplazione sono in modo speciale immagine di Cristo che prega sul
monte. Le persone consacrate di vita attiva lo manifestano mentre «annuncia il regno di Dio alle
folle, o risana i malati e i feriti e converte a miglior vita i peccatori o benedice i fanciulli e fa del
bene a tutti». Un particolare servizio all'avvento del Regno di Dio rendono le persone consacrate
negli Istituti secolari, che uniscono in una specifica sintesi il valore della consacrazione e quello
della secolarità. Vivendo la loro consacrazione nel secolo e a partire dal secolo,esse «si sforzano
di permeare ogni realtà di spirito evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di Cristo».
Partecipano a tal fine alla funzione evangelizzatrice della Chiesa mediante la personale
testimonianza di vita cristiana, l'impegno perché le realtà temporali siano ordinate secondo Dio, la
collaborazione nel servizio della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare che è loro

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proprio.
Testimoniare il Vangelo delle Beatitudini
33. Compito peculiare della vita consacrata è di tener viva nei battezzati la consapevolezza dei
valori fondamentali del Vangelo, testimoniando «in modo splendido e singolare che il mondo non
può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle Beatitudini». In tal modo la vita
consacrata fa continuamente emergere nella coscienza del Popolo di Dio l'esigenza di rispondere
con la santità della vita all'amore di Dio riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5, 5),
rispecchiando nella condotta la consacrazione sacramentale avvenuta per opera di Dio nel
Battesimo, nella Cresima o nell'Ordine. Occorre infatti che dalla santità comunicata nei sacramenti
si passi alla santità della vita quotidiana. La vita consacrata, con il suo stesso esistere nella
Chiesa, si pone al servizio della consacrazione della vita di ogni fedele, laico e chierico. D'altra
parte, non si deve dimenticare che i consacrati ricevono anch'essi dalla testimonianza propria
delle altre vocazioni un aiuto a vivere integralmente l'adesione al mistero di Cristo e della Chiesa
nelle sue molteplici dimensioni. In virtù di tale reciproco arricchimento, diventa più eloquente ed
efficace la missione della vita consacrata: indicare come meta agli altri fratelli e sorelle, tenendo
fisso lo sguardo sulla pace futura, la beatitudine definitiva che è presso Dio.
Immagine viva della Chiesa-Sposa
34. Particolare rilievo ha, nella vita consacrata, il significato sponsale, che rimanda all'esigenza
della Chiesa di vivere nella dedizione piena ed esclusiva al suo Sposo, dal quale riceve ogni bene.
In questa dimensione sponsale, propria di tutta la vita consacrata, è soprattutto la donna che
ritrova singolarmente se stessa, quasi scoprendo il genio speciale del suo rapporto con il Signore.
Suggestiva è, al riguardo, la pagina neotestamentaria che presenta Maria con gli Apostoli nel
cenacolo in attesa orante dello Spirito Santo (cfr At 1, 13-14). Vi si può vedere un'immagine viva
della Chiesa-Sposa, attenta ai cenni dello Sposo e pronta ad accogliere il suo dono. In Pietro e
negli altri Apostoli emerge soprattutto la dimensione della fecondità, quale si esprime nel ministero
ecclesiale, che si fa strumento dello Spirito per la generazione di nuovi figli mediante la
dispensazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la cura pastorale. In Maria è
particolarmente viva la dimensione dell'accoglienza sponsale, con cui la Chiesa fa fruttificare in sé
la vita divina attraverso il suo totale amore di vergine. La vita consacrata è sempre stata vista
prevalentemente nella parte di Maria, la Vergine sposa. Da tale amore verginale proviene una
particolare fecondità, che contribuisce al nascere e al crescere della vita divina nei cuori. La
persona consacrata, sulle tracce di Maria, nuova Eva, esprime la sua spirituale fecondità
facendosi accogliente alla Parola, per collaborare alla costruzione della nuova umanità con la sua
incondizionata dedizione e la sua viva testimonianza. Così la Chiesa manifesta pienamente la sua
maternità sia attraverso la comunicazione dell'azione divina affidata a Pietro, sia attraverso la
responsabile accoglienza del dono divino, tipica di Maria. Il popolo cristiano, per parte sua, trova
nel ministero ordinato i mezzi della salvezza, nella vita consacrata lo stimolo a una piena risposta

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d'amore in tutte le varie forme di diaconia.
IV. GUIDATI DALLO SPIRITO DI SANTITÀ
Esistenza «trasfigurata»: la chiamata alla santità
35. «All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore» (Mt 17,
6). Nell'episodio della Trasfigurazione i sinottici, pur con diverse sfumature, mettono in evidenza il
senso di timore che prende i discepoli. Il fascino del volto trasfigurato di Cristo non impedisce che
essi si sentano sgomenti di fronte alla Maestà divina che li sovrasta. Sempre, quando l'uomo
avverte la gloria di Dio, tocca con mano anche la sua piccolezza e ne trae un senso di spavento.
Questo timore è salutare. Ricorda all'uomo la divina perfezione, e al tempo stesso lo incalza con
un appello pressante alla «santità». Tutti i figli della Chiesa, chiamati dal Padre ad «ascoltare»
Cristo, non possono non avvertire una profonda esigenza di conversione e di santità. Ma, come è
stato sottolineato al Sinodo, questa esigenza chiama in causa in primo luogo la vita consacrata. In
effetti, la vocazione delle persone consacrate a cercare innanzitutto il Regno di Dio è, prima di
ogni altra cosa, una chiamata alla conversione piena, nella rinuncia a se stessi per vivere
totalmente del Signore, affinché Dio sia tutto in tutti. Chiamati a contemplare e testimoniare il volto
trasfigurato di Cristo, i consacrati sono anche chiamati a un'esistenza «trasfigurata». Significativo,
a questo proposito, è quanto è stato espresso nella Relazione finale della II Assemblea
Straordinaria del Sinodo: «I santi e le sante sempre sono stati fonte e origine di rinnovamento
nelle più difficili circostanze in tutta la storia della Chiesa. Oggi abbiamo grandissimo bisogno di
santi, che dobbiamo implorare da Dio con assiduità. Gli Istituti di vita consacrata, mediante la
professione dei consigli evangelici, devono essere consapevoli della loro speciale missione nella
Chiesa odierna e noi dobbiamo incoraggiarli nella loro missione». A queste valutazioni hanno fatto
eco i Padri di questa IX Assemblea sinodale, i quali hanno affermato: «La vita consacrata è stata,
lungo la storia della Chiesa, una presenza viva dell'azione dello Spirito, come spazio privilegiato di
amore assoluto a Dio e al prossimo, testimone del progetto divino di fare di tutta l'umanità,
all'interno della civiltà dell'amore, la grande famiglia dei figli di Dio». La Chiesa ha sempre visto
nella professione dei consigli evangelici una via privilegiata verso la santità. Le stesse espressioni
con cui la qualifica — scuola del servizio del Signore, scuola di amore e di santità, via o stato di
perfezione — indicano sia l'efficacia e la ricchezza dei mezzi propri di questa forma di vita
evangelica, sia il particolare impegno di coloro che la abbracciano. Non a caso sono tanti i
consacrati che lungo i secoli hanno lasciato testimonianze eloquenti di santità e compiuto imprese
di evangelizzazione e di servizio particolarmente generose ed ardue.
Fedeltà al carisma
36. Nella sequela di Cristo e nell'amore per la sua persona vi sono alcuni punti concernenti la
crescita della santità nella vita consacrata, che meritano di essere messi oggi in speciale
evidenza. Anzitutto è richiesta la fedeltà al carisma fondazionale e al conseguente patrimonio

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spirituale di ciascun Istituto. Proprio in tale fedeltà all'ispirazione dei fondatori e delle fondatrici,
dono dello Spirito Santo, si riscoprono più facilmente e si rivivono più fervidamente gli elementi
essenziali della vita consacrata. Ogni carisma ha infatti, alla sua origine, un triplice orientamento:
verso il Padre, innanzitutto, nel desiderio di ricercarne filialmente la volontà attraverso un processo
di conversione continua, in cui l'obbedienza è fonte di vera libertà, la castità esprime la tensione di
un cuore insoddisfatto di ogni amore finito, la povertà alimenta quella fame e sete di giustizia che
Dio ha promesso di saziare (cfr Mt 5, 6). In questa prospettiva il carisma di ogni Istituto spingerà la
persona consacrata ad essere tutta di Dio, a parlare con Dio o di Dio, come si dice di san
Domenico,per gustare quanto sia buono il Signore (cfr Sal 34[33], 9) in tutte le situazioni. I carismi
di vita consacrata implicano anche un orientamento verso il Figlio, col quale inducono a coltivare
una comunione di vita intima e lieta, alla scuola del suo servizio generoso di Dio e dei fratelli. In tal
modo, «lo sguardo progressivamente cristificato impara a distaccarsi dall'esteriorità, dal turbine
dei sensi, da quanto cioè impedisce all'uomo quella lievità disponibile a lasciarsi afferrare dallo
Spirito»,e consente così di andare in missione con Cristo, lavorando e soffrendo con Lui nel
diffondere il suo Regno. Ogni carisma comporta, infine, un orientamento verso lo Spirito Santo, in
quanto dispone la persona a lasciarsi guidare e sostenere da Lui, sia nel proprio cammino
spirituale che nella vita di comunione e nell'azione apostolica, per vivere in quell'atteggiamento di
servizio che deve ispirare ogni scelta dell'autentico cristiano. In effetti, è sempre questa triplice
relazione che emerge, pur con i tratti specifici dei vari modelli di vita, in ogni carisma di
fondazione, per il fatto stesso che in esso domina «un profondo ardore dell'animo di configurarsi a
Cristo, per testimoniare qualche aspetto del suo mistero»,aspetto specifico chiamato a incarnarsi
e svilupparsi nella più genuina tradizione dell'Istituto, secondo le Regole, le Costituzioni e gli
Statuti.
Fedeltà creativa
37. Gli Istituti sono dunque invitati a riproporre con coraggio l'intraprendenza, l'inventiva e la
santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di
oggi. Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le
difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la
competenza nel proprio lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione,
adattandone le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena
docilità all'ispirazione divina e al discernimento ecclesiale. Deve rimanere, comunque, viva la
convinzione che nella ricerca della conformazione sempre più piena al Signore sta la garanzia di
ogni rinnovamento che intenda rimanere fedele all'ispirazione originaria. In questo spirito torna
oggi impellente per ogni Istituto la necessità di un rinnovato riferimento alla Regola, perché in essa
e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di sequela, qualificato da uno specifico carisma
autenticato dalla Chiesa. Un'accresciuta considerazione per la Regola non mancherà di offrire alle
persone consacrate un criterio sicuro per ricercare le forme adeguate di una testimonianza che
sappia rispondere alle esigenze del momento senza allontanarsi dall'ispirazione iniziale.

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Preghiera ed ascesi: il combattimento spirituale
38. La chiamata alla santità è accolta e può essere coltivata solo nel silenzio dell'adorazione
davanti all'infinita trascendenza di Dio: «Dobbiamo confessare che abbiamo tutti bisogno di questo
silenzio carico di presenza adorata: la teologia, per poter valorizzare in pieno la propria anima
sapienziale e spirituale; la preghiera, perché non dimentichi mai che vedere Dio significa scendere
dal monte con un volto così raggiante da essere costretti a coprirlo con un velo (cfr Es 34, 33)[...];
l'impegno, per rinunciare a chiudersi in una lotta senza amore e perdono [...]. Tutti, credenti e non
credenti, hanno bisogno di imparare un silenzio che permetta all'Altro di parlare, quando e come
vorrà, e a noi di comprendere quella parola». Ciò comporta in concreto una grande fedeltà alla
preghiera liturgica e personale, ai tempi dedicati all'orazione mentale e alla contemplazione,
all'adorazione eucaristica, ai ritiri mensili e agli esercizi spirituali. Occorre anche riscoprire i mezzi
ascetici tipici della tradizione spirituale della Chiesa e del proprio Istituto. Essi hanno costituito e
tuttora costituiscono un potente aiuto per un autentico cammino di santità. L'ascesi, aiutando a
dominare e correggere le tendenze della natura umana ferita dal peccato, è veramente
indispensabile alla persona consacrata per restare fedele alla propria vocazione e seguire Gesù
sulla via della Croce. È necessario anche riconoscere e superare alcune tentazioni che talvolta,
per insidia diabolica, si presentano sotto apparenza di bene. Così, ad esempio, la legittima
esigenza di conoscere la società odierna per rispondere alle sue sfide può indurre a cedere alle
mode del momento, con diminuzione del fervore spirituale o con atteggiamenti di scoraggiamento.
La possibilità di una formazione spirituale più elevata potrebbe spingere le persone consacrate ad
un certo sentimento di superiorità rispetto agli altri fedeli, mentre l'urgenza di legittima e doverosa
qualificazione può trasformarsi in una esasperata ricerca di efficienza, quasi che il servizio
apostolico dipenda prevalentemente dai mezzi umani, anziché da Dio. Il lodevole desiderio di farsi
vicini agli uomini e alle donne del nostro tempo, credenti e non credenti, poveri e ricchi, può
portare all'adozione di uno stile di vita secolarizzato o ad una promozione dei valori umani in
senso puramente orizzontale. La condivisione delle istanze legittime della propria nazione o
cultura potrebbe indurre ad abbracciare forme di nazionalismo o ad accogliere elementi di
costume che hanno invece bisogno di essere purificati ed elevati alla luce del Vangelo. Il cammino
che conduce alla santità comporta quindi l'accettazione del combattimento spirituale. È un dato
esigente al quale oggi non sempre si dedica l'attenzione necessaria. La tradizione ha spesso visto
raffigurato il combattimento spirituale nella lotta di Giacobbe alle prese col mistero di Dio, che egli
affronta per accedere alla sua benedizione e alla sua visione (cfr Gn 32, 23-31). In questa vicenda
dei primordi della storia biblica le persone consacrate possono leggere il simbolo dell'impegno
ascetico che è loro necessario per dilatare il cuore e aprirlo all'accoglienza del Signore e dei
fratelli.
Promuovere la santità
39. Un rinnovato impegno di santità da parte delle persone consacrate è oggi più che mai
necessario anche per favorire e sostenere la tensione di ogni cristiano verso la perfezione. «È

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necessario, pertanto, suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità, un desiderio forte di
conversione e di rinnovamento personale in un clima di sempre più intensa preghiera e di solidale
accoglienza del prossimo, specialmente quello più bisognoso». Le persone consacrate, nella
misura in cui approfondiscono la propria amicizia con Dio, si pongono nella condizione di aiutare
fratelli e sorelle mediante valide iniziative spirituali, quali scuole di orazione, esercizi e ritiri
spirituali, giornate di solitudine, ascolto e direzione spirituale. In questo modo viene agevolato il
progresso nella preghiera di persone che potranno poi operare un miglior discernimento della
volontà di Dio su di sé e decidersi alle opzioni coraggiose, talvolta eroiche, richieste dalla fede. In
effetti, le persone consacrate «con la stessa intima natura del loro essere si collocano nel
dinamismo della Chiesa, assetata dell'Assoluto di Dio, chiamata alla santità. Di questa santità
esse sono testimoni». Il fatto che tutti siano chiamati a diventare santi non può che stimolare
maggiormente coloro che, per la loro stessa scelta di vita, hanno la missione di ricordarlo agli altri.
«Alzatevi e non temete»: una rinnovata fiducia
40. «Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: ‘Alzatevi e non temete'» (Mt 17, 7). Come i tre apostoli
nell'episodio della Trasfigurazione, le persone consacrate sanno per esperienza che non sempre
la loro vita è illuminata da quel fervore sensibile che fa esclamare: «È bello per noi stare qui» (Mt
17, 4). È però sempre una vita «toccata» dalla mano di Cristo, raggiunta dalla sua voce, sorretta
dalla sua grazia. «Alzatevi e non temete». Questo incoraggiamento del Maestro è indirizzato,
ovviamente, a ogni cristiano. Ma a maggior ragione esso vale per chi è stato chiamato a «lasciare
tutto» e, dunque, a «rischiare tutto» per Cristo. Ciò vale in modo speciale ogni qualvolta, col
Maestro, si scende dal «monte» per imboccare la strada che dal Tabor porta al Calvario. Dicendo
che Mosè ed Elia parlavano con Cristo del suo mistero pasquale, Luca usa significativamente il
termine «dipartita» ( éxodos): «parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a
Gerusalemme» (Lc 9, 31). «Esodo»: termine fondamentale della rivelazione, a cui si richiama tutta
la storia della salvezza, e che esprime il senso profondo del mistero pasquale. Tema
particolarmente caro alla spiritualità della vita consacrata e che ben ne manifesta il significato. In
esso è incluso inevitabilmente ciò che appartiene al mysterium Crucis. Ma questo impegnativo
«cammino esodale», visto dalla prospettiva del Tabor, appare come un cammino posto tra due
luci: la luce anticipatrice della Trasfigurazione e quella definitiva della Risurrezione. La vocazione
alla vita consacrata — nell'orizzonte dell'intera vita cristiana — nonostante le sue rinunce e le sue
prove, ed anzi in forza di esse, è cammino «di luce», sul quale veglia lo sguardo del Redentore:
«Alzatevi e non temete».
CAPITOLO II
SIGNUM FRATERNITATIS
LA VITA CONSACRATA
SEGNO DI COMUNIONE NELLA CHIESA

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I. VALORI PERMANENTI
Ad immagine della Trinità
41. Il Signore Gesù nella sua vita terrena chiamò quelli che Egli volle, per tenerli accanto a sé e
formarli a vivere sul suo esempio per il Padre e per la missione da Lui ricevuta (cfr Mc 3, 13-15).
Egli inaugurava così quella nuova famiglia della quale avrebbero fatto parte nel corso dei secoli
quanti sarebbero stati pronti a «compiere la volontà di Dio» (cfr Mc 3, 32-35). Dopo l'Ascensione,
per effetto del dono dello Spirito, si costituì intorno agli Apostoli una comunità fraterna raccolta
nella lode di Dio e in una concreta esperienza di comunione (cfr At 2, 42-47; 4, 32-35). La vita di
tale comunità e, più ancora, l'esperienza di piena condivisione con Cristo vissuta dai Dodici, sono
state costantemente il modello a cui la Chiesa si è ispirata, quando ha voluto rivivere il fervore
delle origini e riprendere con rinnovato vigore evangelico il suo cammino nella storia. In realtà, la
Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, «popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo». La vita fraterna intende rispecchiare la profondità e la ricchezza di tale
mistero, configurandosi come spazio umano abitato dalla Trinità, che estende così nella storia i
doni della comunione propri delle tre Persone divine. Molti sono, nella vita ecclesiale, gli ambiti e
le modalità in cui s'esprime la comunione fraterna. La vita consacrata ha sicuramente il merito di
aver efficacemente contribuito a tener viva nella Chiesa l'esigenza della fraternità come
confessione della Trinità. Con la costante promozione dell'amore fraterno anche nella forma della
vita comune, essa ha rivelato che la partecipazione alla comunione trinitaria può cambiare i
rapporti umani, creando un nuovo tipo di solidarietà. In questo modo essa addita agli uomini sia la
bellezza della comunione fraterna, sia le vie che ad essa concretamente conducono. Le persone
consacrate, infatti, vivono «per» Dio e «di» Dio, e proprio per questo possono confessare la
potenza dell'azione riconciliatrice della grazia, che abbatte i dinamismi disgregatori presenti nel
cuore dell'uomo e nei rapporti sociali.
Vita fraterna nell'amore
42. La vita fraterna, intesa come vita condivisa nell'amore, è segno eloquente della comunione
ecclesiale. Essa viene coltivata con particolare cura dagli Istituti religiosi e dalle Società di vita
apostolica, ove acquista speciale significato la vita in comunità. Ma la dimensione della comunione
fraterna non è estranea né agli Istituti Secolari né alle stesse forme individuali di vita consacrata.
Gli eremiti, nella profondità della loro solitudine, non solo non si sottraggono alla comunione
ecclesiale, ma la servono con il loro specifico carisma contemplativo; le vergini consacrate nel
secolo attuano la loro consacrazione in uno speciale rapporto di comunione con la Chiesa
particolare e universale. Similmente le vedove e i vedovi consacrati. Tutte queste persone, in
attuazione del discepolato evangelico, si impegnano a vivere il «comandamento nuovo» del
Signore, amandosi gli uni gli altri come Egli ci ha amati (cfr Gv 13, 34). L'amore ha portato Cristo
al dono di sé fino al sacrificio supremo della Croce. Anche tra i suoi discepoli non c'è unità vera
senza questo amore reciproco incondizionato, che esige disponibilità al servizio senza risparmio di

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energie, prontezza ad accogliere l'altro così com'è senza «giudicarlo» (cfr Mt 7, 1-2), capacità di
perdonare anche «settanta volte sette» (Mt 18, 22). Per le persone consacrate, rese «un cuore
solo e un'anima sola» (At 4, 32) da questo amore riversato nei cuori dallo Spirito Santo (cfr Rm 5,
5), diventa un'esigenza interiore porre tutto in comune: beni materiali ed esperienze spirituali,
talenti e ispirazioni, così come ideali apostolici e servizio caritativo: «Nella vita comunitaria
l'energia dello Spirito che è in uno passa contemporaneamente a tutti. Qui non solo si fruisce del
proprio dono, ma lo si moltiplica nel farne parte ad altri e si gode del frutto del dono altrui come del
proprio». Nella vita di comunità, poi, deve farsi in qualche modo tangibile che la comunione
fraterna, prima d'essere strumento per una determinata missione, è spazio teologale in cui si può
sperimentare la mistica presenza del Signore risorto (cfr Mt 18, 20). Questo avviene grazie
all'amore reciproco di quanti compongono la comunità, un amore alimentato dalla Parola e
dall'Eucaristia, purificato nel Sacramento della Riconciliazione, sostenuto dall'implorazione
dell'unità, speciale dono dello Spirito per coloro che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo.
E' proprio Lui, lo Spirito, ad introdurre l'anima alla comunione col Padre e con il Figlio suo Gesù
Cristo (cfr 1 Gv 1, 3), comunione nella quale è la sorgente della vita fraterna. Dallo Spirito le
comunità di vita consacrata sono guidate nell'adempimento della loro missione di servizio alla
Chiesa e all'intera umanità, secondo la propria ispirazione originaria. In questa prospettiva,
particolare importanza rivestono i «Capitoli» (o riunioni analoghe), sia particolari che generali,
nelle quali ogni Istituto è chiamato ad eleggere i Superiori o le Superiore secondo le norme
stabilite dalle proprie Costituzioni, e a discernere, alla luce dello Spirito, le modalità adeguate per
custodire e rendere attuale, nelle diverse situazioni storiche e culturali, il proprio carisma ed il
proprio patrimonio spirituale.
Il compito dell'autorità
43. Nella vita consacrata la funzione dei Superiori e delle Superiore, anche locali, ha sempre
avuto una grande importanza sia per la vita spirituale che per la missione. In questi anni di
ricerche e di mutamenti si è talvolta sentita la necessità di una revisione di questo ufficio. Ma
occorre riconoscere che chi esercita l'autorità non può abdicare al suo compito di primo
responsabile della comunità, quale guida dei fratelli e delle sorelle nel cammino spirituale e
apostolico. Non è facile, in ambienti fortemente segnati dall'individualismo, far riconoscere ed
accogliere la funzione che l'autorità svolge a vantaggio di tutti. Si deve, però, riaffermare
l'importanza di questo compito, che si rivela necessario proprio per consolidare la comunione
fraterna e non vanificare l'obbedienza professata. Se l'autorità deve essere prima di tutto fraterna
e spirituale e se, di conseguenza, chi ne è rivestito deve saper coinvolgere mediante il dialogo i
confratelli e le consorelle nel processo decisionale, conviene tuttavia ricordare che tocca
all'autorità l'ultima parola, e ad essa compete poi di far rispettare le decisioni prese.
Il ruolo delle persone anziane
44. La cura degli anziani e degli ammalati ha una parte rilevante nella vita fraterna, specie in un

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momento come questo, in cui in alcune regioni del mondo aumenta il numero delle persone
consacrate che sono ormai avanti negli anni. L'attenzione premurosa che esse meritano non
risponde solo a un preciso dovere di carità e di riconoscenza, ma è anche espressione della
consapevolezza che la loro testimonianza giova molto alla Chiesa e agli Istituti e che la loro
missione resta valida e meritoria, anche quando per motivi di età o di infermità hanno dovuto
abbandonare la loro attività specifica. Essi hanno certamente molto da dare in saggezza ed
esperienza alla comunità, se questa sa stare loro vicino con attenzione e capacità di ascolto. In
realtà la missione apostolica, prima che nell'azione, consiste nella testimonianza della propria
dedizione piena alla volontà salvifica del Signore, una dedizione che si alimenta alle fonti
dell'orazione e della penitenza. Molti sono, pertanto, i modi in cui gli anziani sono chiamati a vivere
la loro vocazione: la preghiera assidua, la paziente accettazione della propria condizione, la
disponibilità per il servizio di direttore spirituale, di confessore, di guida nella preghiera.
Ad immagine della comunità apostolica
45. La vita fraterna svolge un ruolo fondamentale nel cammino spirituale delle persone
consacrate, sia per il loro costante rinnovamento che per il pieno compimento della loro missione
nel mondo: lo si deduce dalle motivazioni teologiche che ne stanno alla base, e se ne ha ampia
conferma dalla stessa esperienza. Esorto pertanto i consacrati e le consacrate a coltivarla con
impegno, seguendo l'esempio dei primi cristiani di Gerusalemme, che erano assidui nell'ascolto
dell'insegnamento degli Apostoli, nella preghiera comune, nella partecipazione all'Eucaristia, nella
condivisione dei beni di natura e di grazia (cfr At 2, 42-47). Esorto soprattutto i religiosi, le religiose
e i membri delle Società di vita apostolica a vivere senza riserve l'amore vicendevole,
esprimendolo nelle modalità consone alla natura di ciascun Istituto, perché ogni comunità si
manifesti come segno luminoso della nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,
3). La Chiesa tutta, infatti, conta molto sulla testimonianza di comunità ricche «di gioia e di Spirito
Santo» (At 13, 52). Essa desidera additare al mondo l'esempio di comunità nelle quali l'attenzione
reciproca aiuta a superare la solitudine, la comunicazione spinge tutti a sentirsi corresponsabili, il
perdono rimargina le ferite, rafforzando in ciascuno il proposito della comunione. In comunità di
questo tipo, la natura del carisma dirige le energie, sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro
apostolico di tutti verso l'unica missione. Per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la
Chiesa ha urgente bisogno di simili comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza
costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione, poiché mostrano in modo concreto i frutti
del «comandamento nuovo».
Sentire cum Ecclesia
46. Un grande compito è affidato alla vita consacrata anche alla luce della dottrina sulla Chiesa-
comunione, con tanto vigore proposta dal Concilio Vaticano II. Alle persone consacrate si chiede
di essere davvero esperte di comunione e di praticarne la spiritualità,come «testimoni e artefici di
quel “progetto di comunione” che sta al vertice della storia dell'uomo secondo Dio». Il senso della

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comunione ecclesiale, sviluppandosi in spiritualità di comunione, promuove un modo di pensare,
parlare ed agire che fa crescere in profondità e in estensione la Chiesa. La vita di comunione,
infatti, «diventa un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo [...].
In tal modo la comunione si apre alla missione, si fa essa stessa missione», anzi «la comunione
genera comunione e si configura essenzialmente come comunione missionaria». Nei fondatori e
nelle fondatrici appare sempre vivo il senso della Chiesa, che si manifesta nella loro
partecipazione piena alla vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai
Pastori, specialmente al Romano Pontefice. In questo orizzonte di amore verso la Santa Chiesa,
«colonna e sostegno della verità» (1 Tm 3, 15), ben si comprendono la devozione di Francesco
d'Assisi per «il Signor Papa», l'intraprendenza filiale di Caterina da Siena verso colui che ella
chiama «dolce Cristo in terra», l'obbedienza apostolica e il sentire cum Ecclesia di Ignazio di
Loyola, la gioiosa professione di fede di Teresa di Gesù: «Sono figlia della Chiesa». Si comprende
anche l'anelito di Teresa di Lisieux: «Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l'amore». Simili
testimonianze sono rappresentative della piena comunione ecclesiale che santi e sante, fondatori
e fondatrici, hanno condiviso in epoche e circostanze fra loro diverse e spesso molto difficili. Sono
esempi ai quali le persone consacrate devono fare costante riferimento, per resistere alle spinte
centrifughe e disgregatrici, oggi particolarmente attive. Un aspetto qualificante di questa
comunione ecclesiale è l'adesione di mente e di cuore al magistero dei Vescovi, che va vissuta
con lealtà e testimoniata con chiarezza davanti al Popolo di Dio da parte di tutte le persone
consacrate, particolarmente da quelle impegnate nella ricerca teologica e nell'insegnamento, nelle
pubblicazioni, nella catechesi, nell'uso dei mezzi di comunicazione sociale. Poiché le persone
consacrate occupano un posto speciale nella Chiesa, il loro atteggiamento a questo proposito ha
grande rilievo per l'intero Popolo di Dio. Dalla loro testimonianza di amore filiale trae forza ed
incisività la loro azione apostolica che, nel quadro della missione profetica di tutti i battezzati, si
qualifica in genere per compiti di speciale collaborazione con l'ordine gerarchico. In questo modo,
con la ricchezza dei loro carismi essi danno uno specifico contributo, perché la Chiesa realizzi
sempre più profondamente la sua natura di sacramento «dell'intima unione con Dio e dell'unità di
tutto il genere umano».
La fraternità nella Chiesa universale
47. Le persone consacrate sono chiamate ad essere fermento di comunione missionaria nella
Chiesa universale per il fatto stesso che i molteplici carismi dei rispettivi Istituti sono donati dallo
Spirito Santo in vista del bene dell'intero Corpo mistico, alla cui edificazione essi devono servire
(cfr 1 Cor 12, 4-11). Significativamente «la via migliore» (1 Cor 12, 31), la realtà «di tutte più
grande» (1 Cor 13, 13), secondo la parola dell'Apostolo, è la carità, che armonizza tutte le
diversità e a tutti infonde la forza del mutuo sostegno nello slancio apostolico. Proprio a questo
tende il peculiare vincolo di comunione, che le varie forme di vita consacrata e le Società di vita
apostolica hanno con il Successore di Pietro nel suo ministero di unità e di universalità
missionaria. La storia della spiritualità illustra ampiamente questo vincolo, mostrandone la
provvidenziale funzione a garanzia sia dell'identità propria della vita consacrata che

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dell'espansione missionaria del Vangelo. La vigorosa diffusione dell'annuncio evangelico, come
pure il saldo radicamento della Chiesa in tante regioni del mondo e la primavera cristiana che oggi
si registra nelle giovani Chiese, sarebbero impensabili — come i Padri sinodali hanno osservato
— senza il contributo di tanti Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica. Essi hanno
mantenuto salda lungo i secoli la comunione con i Successori di Pietro, i quali hanno trovato in
loro prontezza generosa nel dedicarsi alla missione con una disponibilità che, all'occorrenza, ha
saputo spingersi fino all'eroismo. Emerge così il carattere di universalità e di comunione, che è
proprio degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica. Per la connotazione
sovradiocesana radicata nel loro speciale rapporto col ministero petrino, essi sono anche al
servizio della collaborazione fra le diverse Chiese particolari,tra le quali possono efficacemente
promuovere lo «scambio di doni», contribuendo ad una inculturazione del Vangelo che purifichi,
valorizzi ed assuma le ricchezze delle culture di tutti i popoli. Anche oggi la fioritura nelle giovani
Chiese di vocazioni alla vita consacrata manifesta la capacità che questa possiede di esprimere
nell'unità cattolica le istanze dei vari popoli e culture.
La vita consacrata e la Chiesa particolare
48. Un ruolo significativo spetta alle persone consacrate anche all'interno delle Chiese particolari.
E questo un aspetto che, partendo dalla dottrina conciliare sulla Chiesa come comunione e
mistero e sulle Chiese particolari come porzione del Popolo di Dio nelle quali «è veramente
presente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica», è stato approfondito e
codificato in vari documenti successivi. Alla luce di questi testi appare in tutta evidenza il
fondamentale rilievo che la collaborazione delle persone consacrate con i Vescovi riveste per
l'armonioso sviluppo della pastorale diocesana. Molto possono contribuire i carismi della vita
consacrata all'edificazione della carità nella Chiesa particolare. Le varie forme in cui vengono
vissuti i consigli evangelici, infatti, sono espressione e frutto di doni spirituali ricevuti da fondatori e
fondatrici e, come tali, costituiscono una «esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli
per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il
Corpo di Cristo in perenne crescita». L'indole propria di ciascun Istituto comporta uno stile
particolare di santificazione e di apostolato, che tende a consolidarsi in una determinata
tradizione, caratterizzata da elementi oggettivi. Per questo la Chiesa ha cura che gli Istituti
crescano e si sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e delle fondatrici e le loro sane tradizioni.
Di conseguenza, è riconosciuta ai singoli Istituti una giusta autonomia , grazie alla quale essi
possono valersi di una propria disciplina e conservare integro il loro patrimonio spirituale ed
apostolico. E compito degli Ordinari dei luoghi conservare e tutelare tale autonomia. Pertanto ai
Vescovi è chiesto di accogliere e stimare i carismi della vita consacrata, dando loro spazio nei
progetti della pastorale diocesana. Una particolare premura devono avere per gli Istituti di diritto
diocesano, che sono affidati alla cura speciale del Vescovo del luogo. Una diocesi che restasse
senza vita consacrata, oltre a perdere tanti doni spirituali, appropriati luoghi di ricerca di Dio,
specifiche attività apostoliche e metodologie pastorali, rischierebbe di trovarsi grandemente
indebolita in quello spirito missionario che è proprio della maggioranza degli Istituti. E pertanto

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doveroso corrispondere al dono della vita consacrata, che lo Spirito suscita nella Chiesa
particolare, accogliendolo generosamente con rendimento di grazie.
Una feconda e ordinata comunione ecclesiale
49. Il Vescovo è padre e pastore dell'intera Chiesa particolare. A lui compete di riconoscere e
rispettare i singoli carismi, di promuoverli e coordinarli. Nella sua carità pastorale accoglierà
pertanto il carisma della vita consacrata come grazia che non riguarda soltanto un Istituto, ma
rifluisce a vantaggio di tutta la Chiesa. Cercherà così di sostenere ed aiutare le persone
consacrate, affinché, in comunione con la Chiesa, si aprano a prospettive spirituali e pastorali
corrispondenti alle esigenze del nostro tempo, in fedeltà all'ispirazione fondazionale. Da parte loro,
le persone di vita consacrata non mancheranno di offrire generosamente la loro collaborazione
alla Chiesa particolare secondo le proprie forze e nel rispetto del proprio carisma, operando in
piena comunione col Vescovo nell'ambito della evangelizzazione, della catechesi, della vita delle
parrocchie. Giova ricordare che, nel coordinare il servizio alla Chiesa universale con quello alla
Chiesa particolare, gli Istituti non possono invocare la legittima autonomia e la stessa esenzione,
di cui molti di loro godono, per giustificare scelte che di fatto contrastano con le esigenze di
organica comunione poste da una sana vita ecclesiale. Occorre invece che le iniziative pastorali
delle persone consacrate siano decise ed attuate sulla base di un dialogo cordiale e aperto tra
Vescovi e Superiori dei vari Istituti. La speciale attenzione da parte dei Vescovi alla vocazione e
missione degli Istituti e il rispetto, da parte di questi, del ministero dei Vescovi, con la pronta
accoglienza delle loro concrete indicazioni pastorali per la vita diocesana, rappresentano due
forme intimamente connesse di quell'unica carità ecclesiale che impegna tutti al servizio della
comunione organica — carismatica e insieme gerarchicamente strutturata — dell'intero Popolo di
Dio.
Un costante dialogo animato dalla carità
50. Per promuovere la reciproca conoscenza, presupposto necessario di una fattiva cooperazione
soprattutto in ambito pastorale, è quanto mai opportuno un costante dialogo di Superiori e
Superiore degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica con i Vescovi. Grazie a
questi abituali contatti, Superiori e Superiore potranno informare i Vescovi circa le iniziative
apostoliche che intendono avviare nelle loro diocesi, per giungere con essi ai necessari accordi
operativi. Allo stesso modo, conviene che persone delegate dalle Conferenze dei Superiori e delle
Superiore maggiori siano invitate ad assistere alle assemblee delle Conferenze dei Vescovi e che,
viceversa, delegati delle Conferenze episcopali vengano invitati alle Conferenze dei Superiori e
delle Superiore maggiori, secondo modalità da determinare. In questa prospettiva sarà di grande
giovamento che, ove ancora non ci fossero, siano costituite e rese operanti, a livello nazionale,
commissioni miste di Vescovi e Superiori e Superiore maggiori che esaminino insieme i problemi
di comune interesse. Alla miglior conoscenza reciproca contribuirà pure l'inserimento della
teologia e della spiritualità della vita consacrata nel piano di studi teologici dei presbiteri diocesani,

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33
come pure la previsione, nella formazione delle persone consacrate, di una adeguata trattazione
della teologia della Chiesa particolare e della spiritualità del clero diocesano. infine consolante
ricordare che, al Sinodo, non solo sono stati numerosi gli interventi circa la dottrina della
comunione, ma grande è stata anche la soddisfazione per l'esperienza di dialogo vissuta, in un
clima di reciproca fiducia ed apertura, tra i Vescovi e i religiosi e le religiose presenti. Ciò ha
suscitato il desiderio che «tale esperienza spirituale di comunione e collaborazione si estenda a
tutta la Chiesa» anche dopo il Sinodo. E' auspicio che faccio mio per la crescita in tutti della
mentalità e della spiritualità di comunione.
La fraternità in un mondo diviso e ingiusto
51. La Chiesa affida alle comunità di vita consacrata il particolare compito di far crescere la
spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale
ed oltre i suoi confini, aprendo o riaprendo costantemente il dialogo della carità, soprattutto dove il
mondo di oggi è lacerato dall'odio etnico o da follie omicide. Collocate nelle diverse società del
nostro pianeta — società percorse spesso da passioni e da interessi contrastanti, desiderose di
unità ma incerte sulle vie da prendere — le comunità di vita consacrata, nelle quali si incontrano
come fratelli e sorelle persone di differenti età, lingue e culture, si pongono come segno di un
dialogo sempre possibile e di una comunione capace di armonizzare le diversità. Le comunità di
vita consacrata sono mandate ad annunziare, con la testimonianza della loro vita, il valore della
fraternità cristiana e la forza trasformante della Buona Novella,che fa riconoscere tutti come figli di
Dio e spinge all'amore oblativo verso tutti, specialmente verso gli ultimi. Queste comunità sono
luoghi di speranza e di scoperta delle Beatitudini, luoghi nei quali l'amore, attingendo alla
preghiera, sorgente della comunione, è chiamato a diventare logica di vita e fonte di gioia.
Soprattutto gli Istituti internazionali, in quest'epoca caratterizzata dalla mondializzazione dei
problemi e insieme dal ritorno degli idoli del nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di
testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture. In un clima di fraternità,
l'apertura alla dimensione mondiale dei problemi non soffocherà le ricchezze particolari, né
l'affermazione di una particolarità creerà contrasto con le altre né con l'unità. Gli Istituti
internazionali possono fare questo con efficacia, dovendo essi stessi affrontare creativamente la
sfida dell'inculturazione e conservare nello stesso tempo la loro identità.
Comunione fra i diversi Istituti
52. Il fraterno rapporto spirituale e la mutua collaborazione fra i diversi Istituti di vita consacrata e
Società di vita apostolica sono sostenuti e alimentati dal senso ecclesiale di comunione. Persone
che sono fra loro unite dal comune impegno della sequela di Cristo ed animate dal medesimo
Spirito non possono non manifestare visibilmente, come tralci dell'unica Vite, la pienezza del
Vangelo dell'amore. Memori dell'amicizia spirituale, che spesso ha legato sulla terra i diversi
fondatori e fondatrici, esse, restando fedeli all'indole del proprio Istituto, sono chiamate ad
esprimere un'esemplare fraternità, che sia di stimolo alle altre componenti ecclesiali nel quotidiano

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34
impegno di testimonianza al Vangelo. Sono sempre attuali le parole di san Bernardo, a proposito
dei diversi Ordini religiosi: «Io li ammiro tutti. Appartengo ad uno di essi con l'osservanza, ma a
tutti nella carità. Abbiamo bisogno tutti gli uni degli altri: il bene spirituale che io non ho e non
possiedo, lo ricevo dagli altri [...]. In questo esilio, la Chiesa è ancora in cammino e, se posso dire
così, plurale: è una pluralità unica e una unità plurale. E tutte le nostre diversità, che manifestano
la ricchezza dei doni di Dio, sussisteranno nell'unica casa del Padre, che comporta tante dimore.
Adesso c'è divisione di grazie: allora ci sarà distinzione di glorie. L'unità, sia qui che là, consiste in
una medesima carità».
Organismi di coordinamento
53. Un notevole contributo alla comunione può essere dato dalle Conferenze dei Superiori e delle
Superiore maggiori e dalle Conferenze degli Istituti secolari. Incoraggiati e regolamentati dal
Concilio Vaticano II e da documenti successivi,questi organismi hanno per scopo principale la
promozione della vita consacrata inserita nella compagine della missione ecclesiale. Per loro
tramite, gli Istituti esprimono la comunione tra loro e cercano i mezzi per rafforzarla, nel rispetto e
nella valorizzazione delle specificità dei vari carismi, nei quali si rispecchiano il mistero della
Chiesa e la multiforme sapienza di Dio. Incoraggio gli Istituti di vita consacrata a collaborare tra di
loro, specie in quei Paesi dove, per particolari difficoltà, può essere forte la tentazione di ripiegarsi
su di sé, a danno della stessa vita consacrata e della Chiesa. Occorre invece che si aiutino a
vicenda nel cercare di capire il disegno di Dio nell'attuale travaglio della storia, per meglio
rispondervi con iniziative apostoliche adeguate. In questo orizzonte di comunione aperto alle sfide
del nostro tempo, i Superiori e le Superiore, «operando in sintonia con l'episcopato», cerchino di
«usufruire dell'opera dei migliori collaboratori di ciascun Istituto e offrire servizi che non solo
aiutino a superare eventuali limiti, ma creino uno stile valido di formazione alla vita consacrata».
Esorto le Conferenze dei Superiori e delle Superiore maggiori e le Conferenze degli Istituti
Secolari a curare anche frequenti e regolari contatti con la Congregazione per gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica, come manifestazione della loro comunione con la Santa
Sede. Un rapporto attivo e fiducioso dovrà pure essere intrattenuto con le Conferenze episcopali
dei singoli Paesi. Nello spirito del documento Mutuae relationes, sarà conveniente che tale
rapporto assuma una forma stabile, così da rendere possibile il costante e tempestivo
coordinamento delle iniziative via via emergenti. Se tutto questo sarà attuato con perseveranza e
spirito di fedele adesione alle direttive del Magistero, gli organismi di collegamento e di comunione
si riveleranno particolarmente utili per trovare soluzioni che evitino incomprensioni e tensioni sul
piano sia teorico che pratico;in questo modo saranno di sostegno non solo alla crescita della
comunione tra gli Istituti di vita consacrata e i Vescovi, ma anche allo svolgimento della stessa
missione delle Chiese particolari.
Comunione e collaborazione con i laici
54. Uno dei frutti della dottrina della Chiesa come comunione, in questi anni, è stata la presa di

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coscienza che le sue varie componenti possono e devono unire le loro forze, in atteggiamento di
collaborazione e di scambio di doni, per partecipare più efficacemente alla missione ecclesiale.
Ciò contribuisce a dare un'immagine più articolata e completa della Chiesa stessa, oltre che a
rendere più efficace la risposta alle grandi sfide del nostro tempo, grazie all'apporto corale dei
diversi doni. I rapporti con i laici, nel caso di Istituti monastici e contemplativi, si configurano come
una relazione prevalentemente spirituale, mentre per gli Istituti impegnati sul versante
dell'apostolato si traducono anche in forme di collaborazione pastorale. I membri poi degli Istituti
secolari, laici o chierici, entrano in rapporto con gli altri fedeli nelle forme ordinarie della vita
quotidiana. Oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla
convinzione che il loro carisma può essere condiviso con i laici. Questi vengono perciò invitati a
partecipare in modo più intenso alla spiritualità e alla missione dell'Istituto medesimo. Si può dire
che, sulla scia di esperienze storiche come quella dei diversi Ordini secolari o Terz'Ordini, è
iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella storia delle relazioni tra le persone consacrate e
il laicato.
Per un rinnovato dinamismo spirituale ed apostolico
55. Questi nuovi percorsi di comunione e di collaborazione meritano di essere incoraggiati per
diversi motivi. Potrà infatti derivarne, innanzitutto, un'irradiazione di operosa spiritualità al di là
delle frontiere dell'Istituto, che conterà così su nuove energie, anche per assicurare alla Chiesa la
continuità di certe sue forme tipiche di servizio. Un'altra conseguenza positiva potrà poi essere
l'agevolazione di una più intensa sinergia tra persone consacrate e laici in ordine alla missione:
mossi dagli esempi di santità delle persone consacrate, i laici saranno introdotti all'esperienza
diretta dello spirito dei consigli evangelici, e saranno così incoraggiati a vivere e a testimoniare lo
spirito delle Beatitudini, in vista della trasformazione del mondo secondo il cuore di Dio. La
partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del
carisma, ridestandone un'interpretazione più spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi
dinamismi apostolici. In qualunque attività o ministero siano impegnate, le persone consacrate
ricorderanno, pertanto, di dover essere innanzitutto guide esperte di vita spirituale, e coltiveranno
in questa prospettiva «il talento più prezioso: lo spirito». A loro volta i laici offrano alle famiglie
religiose il prezioso contributo della loro secolarità e del loro specifico servizio.
Laici volontari e associati
56. Una espressione significativa di partecipazione laicale alle ricchezze della vita consacrata è
l'adesione di fedeli laici ai vari Istituti nella nuova forma dei cosiddetti membri associati o, secondo
le esigenze presenti in alcuni contesti culturali, di persone che condividono, per un certo periodo di
tempo, la vita comunitaria e la particolare dedizione contemplativa o apostolica dell'Istituto,
sempre che ovviamente l'identità della sua vita interna non ne patisca danno. giusto circondare di
grande stima il volontariato che attinge alle ricchezze della vita consacrata; occorre però curarne
la formazione, affinché i volontari, oltre alla competenza, abbiano sempre profonde motivazioni

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soprannaturali nei loro propositi e vivo senso comunitario ed ecclesiale nei loro progetti. E da
tener presente poi che iniziative nelle quali siano coinvolti laici anche a livello decisionale, per
essere considerate opera di un determinato Istituto, devono perseguirne i fini ed essere attuate
sotto la sua responsabilità. Perciò, se dei laici ne assumono la direzione, essi risponderanno di
tale conduzione ai Superiori e Superiore competenti. E' opportuno che tutto questo sia vagliato e
regolato da apposite direttive dei singoli Istituti, approvate dall'Autorità Superiore, in cui siano
previste le rispettive competenze dell'Istituto stesso, delle comunità, dei membri associati o dei
volontari. Le persone consacrate, inviate dai loro Superiori e Superiore e restando alle loro
dipendenze, possono essere presenti con specifiche forme di collaborazione in iniziative laicali,
particolarmente in organizzazioni ed istituzioni che si interessano dell'emarginazione e hanno lo
scopo di alleviare la sofferenza umana. Tale collaborazione, se è animata e sostenuta da una
chiara e forte identità cristiana ed è rispettosa dell'indole propria della vita consacrata, può far
brillare la forza illuminante del Vangelo nelle situazioni più oscure dell'esistenza umana. In questi
anni, non poche persone consacrate sono entrate in qualcuno dei movimenti ecclesiali sviluppatisi
nel nostro tempo. Da tali esperienze gli interessati traggono in genere beneficio, specialmente sul
piano del rinnovamento spirituale. Tuttavia non si può negare che, in alcuni casi, ciò generi disagi
e disorientamento a livello personale e comunitario, specialmente quando queste esperienze
entrano in conflitto con le esigenze della vita comune e della spiritualità dell'Istituto. Occorrerà
pertanto curare che l'adesione ai movimenti ecclesiali avvenga nel rispetto del carisma e della
disciplina del proprio Istituto,col consenso dei Superiori e delle Superiore e nella piena
disponibilità ad accoglierne le decisioni.
La dignità e il ruolo della donna consacrata
57. La Chiesa rivela pienamente la sua multiforme ricchezza spirituale quando, superate le
discriminazioni, accoglie come una vera benedizione i doni da Dio riversati sia negli uomini che
nelle donne, tutti valorizzando nella loro pari dignità. Le donne consacrate sono chiamate in modo
tutto speciale ad essere, attraverso la loro dedizione vissuta in pienezza e con gioia, un segno
della tenerezza di Dio verso il genere umano ed una testimonianza particolare del mistero della
Chiesa che è vergine, sposa e madre. Tale loro missione non ha mancato di manifestarsi al
Sinodo, al quale hanno partecipato numerose, potendo far sentire la loro voce, che è stata
ascoltata ed apprezzata da tutti. Grazie anche ai loro contributi sono emerse utili indicazioni per la
vita della Chiesa e per la sua missione evangelizzatrice. Certo, non si può non riconoscere la
fondatezza di molte rivendicazioni concernenti la posizione della donna in diversi ambiti sociali ed
ecclesiali. Ugualmente è doveroso rilevare che la nuova coscienza femminile aiuta anche gli
uomini a rivedere i loro schemi mentali, il loro modo di autocomprendersi, di collocarsi nella storia
e di interpretarla, di organizzare la vita sociale, politica, economica, religiosa, ecclesiale. La
Chiesa, che ha ricevuto da Cristo un messaggio di liberazione, ha la missione di diffonderlo
profeticamente, promuovendo mentalità e condotta conformi alle intenzioni del Signore. In questo
contesto la donna consacrata, a partire dalla sua esperienza di Chiesa e di donna nella Chiesa,
può contribuire ad eliminare certe visioni unilaterali, che non manifestano il pieno riconoscimento

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della sua dignità, del suo apporto specifico alla vita e all'azione pastorale e missionaria della
Chiesa. Per questo è legittimo che la donna consacrata aspiri a veder riconosciuta più
chiaramente la sua identità, la sua capacità, la sua missione, la sua responsabilità sia nella
coscienza ecclesiale che nella vita quotidiana. Anche il futuro della nuova evangelizzazione, come
del resto di tutte le altre forme di azione missionaria, è impensabile senza un rinnovato contributo
delle donne, specialmente delle donne consacrate.
Nuove prospettive di presenza e di azione
58. E, pertanto, urgente compiere alcuni passi concreti, a partire dall'apertura alle donne di spazi
di partecipazione in vari settori e a tutti i livelli, anche nei processi di elaborazione delle decisioni,
soprattutto in ciò che le riguarda. E necessario anche che la formazione delle donne consacrate,
non meno di quella degli uomini, sia adeguata alle nuove urgenze e preveda tempo sufficiente e
valide opportunità istituzionali per un'educazione sistematica, estesa a tutti i campi, da quello
teologico-pastorale a quello professionale. La formazione pastorale e catechetica, sempre
importante, assume particolare rilievo in vista della nuova evangelizzazione, che richiede anche
dalle donne nuove forme di partecipazione. Si può ritenere che l'approfondimento formativo,
mentre aiuterà la donna consacrata a comprendere meglio i propri doni, non mancherà di
stimolare la necessaria reciprocità all'interno della Chiesa. Anche nel campo della riflessione
teologica, culturale e spirituale ci si attende molto dal genio della donna in ciò che riguarda non
solo la specificità della vita consacrata femminile, ma anche l'intelligenza della fede in tutte le sue
espressioni. A questo proposito, quanto deve la storia della spiritualità a sante come Teresa di
Gesù e Caterina da Siena, le prime due donne insignite del titolo di Dottore della Chiesa, e a tante
altre mistiche per quanto concerne l'esplorazione del mistero di Dio e l'analisi della sua azione nel
credente! La Chiesa conta molto sulle donne consacrate per un contributo originale nella
promozione della dottrina, dei costumi, della stessa vita familiare e sociale, specialmente in ciò
che attiene alla dignità della donna e al rispetto della vita umana.Infatti, «le donne hanno uno
spazio di pensiero e di azione singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un
“nuovo femminismo” che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli “maschilisti', sappia
riconoscere ed esprimere il vero genio femminile in tutte le manifestazioni della convivenza civile,
operando per il superamento di ogni forma di discriminazione, di violenza e di sfruttamento».'è
motivo di sperare che da un più profondo riconoscimento della missione della donna, la vita
consacrata femminile tragga una sempre maggiore consapevolezza del proprio ruolo e
un'accresciuta dedizione alla causa del Regno di Dio. Ciò potrà tradursi in molteplici opere, quali
l'impegno per l'evangelizzazione, l'attività educativa, la partecipazione nella formazione dei futuri
sacerdoti e delle persone consacrate, l'animazione della comunità cristiana, l'accompagnamento
spirituale, la promozione dei fondamentali beni della vita e della pace. Alle donne consacrate e
alla loro straordinaria capacità di dedizione esprimo ancora una volta l'ammirata riconoscenza
della Chiesa intera, che le sostiene perché vivano in pienezza e con gioia la loro vocazione e si
sentano interpellate dall'alto compito di aiutare a formare la donna di oggi.

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II. CONTINUITÀ NELL'OPERA DELLO SPIRITO SANTO:
FEDELTÀ NELLA NOVITÀ
Le monache di clausura
59. Particolare attenzione meritano la vita monastica femminile e la clausura delle monache, per
l'altissima stima che la comunità cristiana nutre verso questo genere di vita, segno dell'unione
esclusiva della Chiesa-Sposa con il suo Signore, sommamente amato. In effetti, la vita delle
monache di clausura, impegnate in modo precipuo nella preghiera, nell'ascesi e nel fervido
progresso della vita spirituale, «non è altro che un tendere alla Gerusalemme celeste,
un'anticipazione della Chiesa escatologica, fissa nel possesso e nella contemplazione di Dio». Alla
luce di questa vocazione e missione ecclesiale, la clausura risponde all'esigenza, avvertita come
prioritaria, di stare con il Signore. Scegliendo uno spazio circoscritto come luogo di vita, le
claustrali partecipano all'annientamento di Cristo, mediante una povertà radicale che si esprime
nella rinuncia non solo alle cose, ma anche allo «spazio», ai contatti, a tanti beni del creato.
Questo modo particolare di donare il «corpo» le immette più sensibilmente nel mistero eucaristico.
Esse si offrono con Gesù per la salvezza del mondo. La loro offerta, oltre all'aspetto di sacrificio e
di espiazione, acquista anche quello di rendimento di grazie al Padre, nella partecipazione
all'azione di grazie del Figlio diletto. Radicata in questa tensione spirituale, la clausura non è solo
un mezzo ascetico di immenso valore, ma un modo di vivere la Pasqua di Cristo. Da esperienza di
«morte» essa diventa sovrabbondanza di «vita», ponendosi come gioioso annuncio e
anticipazione profetica della possibilità offerta ad ogni persona e all'umanità intera di vivere
unicamente per Dio, in Cristo Gesù (cfr Rm 6, 11). La clausura evoca dunque quella cella del
cuore in cui ciascuno è chiamato a vivere l'unione con il Signore. Accolta come dono e scelta
come libera risposta di amore, essa è il luogo della comunione spirituale con Dio e con i fratelli e
le sorelle, dove la limitazione degli spazi e dei contatti opera a vantaggio dell'interiorizzazione dei
valori evangelici (cfr Gv 13, 34; Mt 5, 3.8). Le comunità claustrali, poste come città sul monte e
lucerne sul lucerniere (cfr Mt 5, 14-15), pur nella semplicità della loro vita, raffigurano visibilmente
la meta verso cui cammina l'intera comunità ecclesiale che, «ardente nell'azione e dedita alla
contemplazione»,avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitolazione di
tutto in Cristo, quando la Chiesa «col suo Sposo comparirà rivestita di gloria (cfr Col 3, 1-4)», e
Cristo «consegnerà il Regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà
e potenza [...] perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15, 24.28). A queste carissime Sorelle va,
pertanto, la mia riconoscenza con l'incoraggiamento a rimanere fedeli alla vita claustrale secondo
il proprio carisma. Grazie al loro esempio, questo genere di vita continua a registrare numerose
vocazioni, attratte dalla radicalità di un'esistenza «sponsale», dedicata totalmente a Dio nella
contemplazione. Come espressione di puro amore che vale più di ogni opera, la vita
contemplativa sviluppa una straordinaria efficacia apostolica e missionaria. Padri sinodali hanno
espresso grande apprezzamento per il valore della clausura, prendendo al tempo stesso in esame
le richieste qua e là avanzate quanto alla sua concreta disciplina. Le indicazioni del Sinodo
sull'argomento e, in particolare, il voto di una maggiore responsabilizzazione delle Superiore

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39
Maggiori in materia di deroghe alla clausura per giusta e grave causa saranno fatte oggetto di
organica considerazione, in linea con il cammino di rinnovamento già attuato, a partire dal Concilio
Vaticano II. In questo modo la clausura nelle sue varie forme e gradi — dalla clausura papale e
costituzionale, alla clausura monastica — corrisponderà meglio alla varietà degli Istituti
contemplativi e delle tradizioni dei monasteri. Come lo stesso Sinodo ha sottolineato, sono inoltre
da favorire le Associazioni e Federazioni fra monasteri, già raccomandate da Pio XII e dal Concilio
Ecumenico Vaticano II, specialmente dove non esistono altre forme efficaci di coordinamento e di
aiuto, per custodire e promuovere i valori della vita contemplativa. Tali organismi, salva sempre la
legittima autonomia dei monasteri, possono infatti offrire un valido sussidio per risolvere
adeguatamente problemi comuni, quali il conveniente rinnovamento, la formazione sia iniziale che
permanente, il vicendevole sostegno economico ed anche la riorganizzazione degli stessi
monasteri.
I religiosi fratelli
60. Secondo la dottrina tradizionale della Chiesa, la vita consacrata per natura sua non è né
laicale né clericale,e per questo la «consacrazione laicale», tanto maschile quanto femminile,
costituisce uno stato in sé completo di professione dei consigli evangelici. Essa perciò ha, sia per
la persona che per la Chiesa, un valore proprio, indipendentemente dal ministero sacro. In linea
con l'insegnamento del Concilio Vaticano II, il Sinodo ha espresso grande stima per questo tipo di
vita consacrata nella quale i religiosi fratelli svolgono, dentro e fuori della comunità, diversi e
preziosi servizi, partecipando così alla missione di proclamare il Vangelo e di testimoniarlo con la
carità nella vita di ogni giorno. In effetti, alcuni di tali servizi si possono considerare ministeri
ecclesiali, affidati dalla legittima autorità. Ciò esige una formazione appropriata e integrale:
umana, spirituale, teologica, pastorale e professionale. Secondo la vigente terminologia, gli Istituti
che, per determinazione del fondatore o in forza di una legittima tradizione, hanno carattere e
finalità che non comportino l'esercizio dell'Ordine sacro, sono chiamati «Istituti laicali». Tuttavia nel
Sinodo è stato messo in luce che questa terminologia non esprime adeguatamente l'indole
peculiare della vocazione dei membri di tali Istituti religiosi. Infatti essi, pur svolgendo molti servizi
che sono comuni anche ai fedeli laici, lo fanno con la loro identità di consacrati ed esprimono così
lo spirito di dono totale a Cristo e alla Chiesa, secondo il loro carisma specifico. Per questa
ragione i Padri sinodali, al fine di evitare ogni ambiguità e confusione con l'indole secolare dei
fedeli laici,hanno voluto proporre il titolo di Istituti religiosi di Fratelli . La proposta è significativa,
soprattutto se si considera che il titolo di fratello richiama anche una ricca spiritualità. «Questi
religiosi sono chiamati ad essere fratelli di Cristo, profondamente uniti a Lui “primogenito fra molti
fratelli” (Rm 8, 29); fratelli fra di loro, nell'amore reciproco e nella cooperazione allo stesso servizio
di bene nella Chiesa; fratelli di ogni uomo nella testimonianza della carità di Cristo verso tutti,
specialmente i più piccoli, i più bisognosi; fratelli per una più grande fratellanza nella Chiesa».
Vivendo in modo speciale questo aspetto della vita cristiana e insieme consacrata, i «religiosi
fratelli» ricordano efficacemente agli stessi religiosi sacerdoti la fondamentale dimensione della
fraternità in Cristo, da vivere fra di loro e con ogni uomo e donna, e a tutti proclamano la parola del

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Signore: «E voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8).
In questi Istituti religiosi di Fratelli niente impedisce, quando il Capitolo generale abbia così
disposto, che alcuni membri assumano gli Ordini sacri per il servizio sacerdotale della comunità
religiosa. Tuttavia il Concilio Vaticano II non offre alcun esplicito incoraggiamento in tal senso,
proprio perché desidera che gli Istituti di Fratelli permangano fedeli alla loro vocazione e missione.
Ciò vale anche in tema di accesso alla carica di Superiore, considerando che essa riflette in modo
speciale la natura dell'Istituto stesso. Diversa è la vocazione dei fratelli in quegli Istituti che sono
detti «clericali» perché, secondo il progetto del fondatore oppure in forza di una legittima
tradizione, prevedono l'esercizio dell'Ordine sacro, sono governati da chierici e come tali sono
riconosciuti dall'autorità della Chiesa. In questi Istituti il ministero sacro è costitutivo del carisma
stesso e ne determina l'indole, il fine, lo spirito. La presenza di fratelli costituisce una
partecipazione differenziata alla missione dell'Istituto, con servizi svolti sia all'interno delle
comunità che nelle opere apostoliche, in collaborazione con coloro che esercitano il ministero
sacerdotale.
Istituti misti
61. Alcuni Istituti religiosi, che nel progetto originario del fondatore si configuravano come
fraternità, nelle quali tutti i membri — sacerdoti e non sacerdoti — erano considerati uguali tra di
loro, col passare del tempo hanno acquistato una diversa fisionomia. Occorre che questi Istituti,
chiamati «misti», valutino, sulla base dell'approfondimento del proprio carisma fondazionale, se
sia opportuno e possibile tornare all'ispirazione originaria. I Padri sinodali hanno espresso il voto
che in tali Istituti sia riconosciuta a tutti i religiosi parità di diritti e di obblighi, eccettuati quelli che
scaturiscono dall'Ordine sacro. Per esaminare e risolvere i problemi connessi con questa materia
è stata istituita un'apposita commissione, le cui conclusioni conviene attendere, per fare poi le
opportune scelte secondo quanto sarà autorevolmente disposto.
Nuove forme di vita evangelica
62. Lo Spirito, che in tempi diversi ha suscitato numerose forme di vita consacrata, non cessa di
assistere la Chiesa, sia alimentando negli Istituti già esistenti l'impegno del rinnovamento nella
fedeltà al carisma originario, sia distribuendo nuovi carismi a uomini e donne del nostro tempo,
perché diano vita a istituzioni rispondenti alle sfide di oggi. Segno di questo intervento divino sono
le cosiddette nuove Fondazioni, con caratteri in qualche modo originali rispetto a quelle
tradizionali. L'originalità delle nuove comunità consiste spesso nel fatto che si tratta di gruppi
composti da uomini e donne, da chierici e laici, da coniugati e celibi, che seguono un particolare
stile di vita, talvolta ispirato all'una o all'altra forma tradizionale o adattato alle esigenze della
società di oggi. Anche il loro impegno di vita evangelica si esprime in forme diverse, mentre si
manifesta, come orientamento generale, un'intensa aspirazione alla vita comunitaria, alla povertà
e alla preghiera. Al governo partecipano chierici e laici, in base alle loro competenze, e il fine

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apostolico si apre alle istanze della nuova evangelizzazione. Se, da una parte, c'è da rallegrarsi di
fronte all'azione dello Spirito, dall'altra è necessario procedere al discernimento dei carismi.
Principio fondamentale, perché si possa parlare di vita consacrata, è che i tratti specifici delle
nuove comunità e forme di vita risultino fondati sopra gli elementi essenziali, teologici e canonici,
che sono propri della vita consacrata.
Questo discernimento si rende necessario a livello sia locale che universale, allo scopo di prestare
una comune obbedienza all'unico Spirito. Nelle diocesi, il Vescovo esamini la testimonianza di vita
e l'ortodossia di fondatori e fondatrici di tali comunità, la loro spiritualità, la sensibilità ecclesiale
nell'adempimento della loro missione, i metodi di formazione e i modi di incorporazione alla
comunità; valuti con saggezza eventuali debolezze, attendendo con pazienza il riscontro dei frutti
(cfr Mt 7, 16), per poter riconoscere l'autenticità del carisma. In special modo a lui è chiesto di
stabilire, alla luce di chiari criteri, l'idoneità di quanti in queste comunità domandano di accedere
agli Ordini sacri. In forza dello stesso principio di discernimento, non possono essere comprese
nella specifica categoria della vita consacrata quelle pur lodevoli forme di impegno che alcuni
coniugi cristiani assumono in associazioni o movimenti ecclesiali, quando, nell'intento di portare
alla perfezione della carità il loro amore, già «come consacrato» nel sacramento del
matrimonio,confermano con un voto il dovere della castità propria della vita coniugale e, senza
trascurare i loro doveri verso i figli, professano la povertà e l'obbedienza.
La precisazione doverosa circa la natura di tale esperienza non intende sottovalutare questo
particolare cammino di santificazione, a cui non è certo estranea l'azione dello Spirito Santo,
infinitamente ricco nei suoi doni e nelle sue ispirazioni. Di fronte a tanta ricchezza di doni e di
impulsi innovativi, sembra opportuno creare una Commissione per le questioni riguardanti le
nuove forme di vita consacrata, allo scopo di stabilire criteri di autenticità, che siano di aiuto nel
discernimento e nelle decisioni. Tra gli altri compiti, tale Commissione dovrà valutare, alla luce
dell'esperienza di questi ultimi decenni, quali nuove forme di consacrazione l'autorità ecclesiastica
possa, con prudenza pastorale e a comune vantaggio, riconoscere ufficialmente e proporre ai
fedeli desiderosi di una vita cristiana più perfetta. Queste nuove associazioni di vita evangelica
non sono alternative alle precedenti istituzioni, le quali continuano ad occupare il posto insigne
che la tradizione ha loro assegnato. Le nuove forme sono anch'esse un dono dello Spirito, perché
la Chiesa segua il suo Signore in perenne slancio di generosità, attenta agli appelli di Dio che si
rivelano mediante i segni dei tempi. Così essa si presenta al mondo variegata nelle forme di
santità e di servizi, quale «segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano». Gli antichi Istituti, tra cui molti passati attraverso il vaglio di prove durissime,
sostenute con fortezza lungo i secoli, possono arricchirsi entrando in dialogo e scambiando i doni
con le fondazioni che vengono alla luce in questo nostro tempo. In tal modo il vigore delle varie
istituzioni di vita consacrata, dalle più antiche alle più recenti, come pure la vivacità delle nuove
comunità, alimenteranno la fedeltà allo Spirito Santo, che è principio di comunione e di perenne
novità di vita.

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III. GUARDANDO VERSO IL FUTURO
Difficoltà e prospettive
63. I mutamenti in corso nella società e la diminuzione del numero delle vocazioni stanno pesando
sulla vita consacrata in alcune regioni del mondo. Le opere apostoliche di molti Istituti e la loro
stessa presenza in certe Chiese locali sono poste a repentaglio. Come è già accaduto altre volte
nella storia, vi sono persino Istituti che corrono il rischio di scomparire. La Chiesa universale è
sommamente grata per il grande contributo da essi offerto alla sua edificazione con la
testimonianza ed il servizio. L'affanno di oggi non annulla i loro meriti e i frutti maturati grazie alle
loro fatiche. Per altri Istituti si pone piuttosto il problema della riorganizzazione delle opere. Tale
compito, non facile e non raramente doloroso, esige studio e discernimento, alla luce di alcuni
criteri. Occorre, ad esempio, salvaguardare il senso del proprio carisma, promuovere la vita
fraterna, essere attenti alle necessità della Chiesa sia universale che particolare, occuparsi di ciò
che il mondo trascura, rispondere generosamente e con audacia, anche se con interventi
forzatamente esigui, alle nuove povertà, soprattutto nei luoghi più abbandonati. Le varie difficoltà,
derivanti dalla contrazione di personale e di iniziative, non devono in alcun modo far perdere la
fiducia nella forza evangelica della vita consacrata, che sarà sempre attuale ed operante nella
Chiesa. Se i singoli Istituti non hanno la prerogativa della perennità, la vita consacrata continuerà
ad alimentare tra i fedeli la risposta di amore verso Dio e verso i fratelli. Per questo è necessario
distinguere la vicenda storica di un determinato Istituto o di una forma di vita consacrata dalla
missione ecclesiale della vita consacrata come tale. La prima può mutare col mutare delle
situazioni, la seconda è destinata a non venir meno. Ciò è vero sia per la vita consacrata di tipo
contemplativo, che per quella dedita alle opere di apostolato. Nel suo complesso, sotto l'azione
sempre nuova dello Spirito, essa è destinata a continuare quale testimonianza luminosa dell'unità
indissolubile dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo, come memoria vivente della fecondità,
anche umana e sociale, dell'amore di Dio. Le nuove situazioni di scarsità vanno perciò affrontate
con la serenità di chi sa che a ciascuno è richiesto non tanto il successo, quanto l'impegno della
fedeltà. Ciò che si deve assolutamente evitare è la vera sconfitta della vita consacrata, che non
sta nel declino numerico, ma nel venir meno dell'adesione spirituale al Signore e alla propria
vocazione e missione. Perseverando fedelmente in essa, si confessa invece, con grande efficacia
anche di fronte al mondo, la propria ferma fiducia nel Signore della storia, nelle cui mani sono i
tempi e i destini delle persone, delle istituzioni, dei popoli, e dunque anche le attuazioni storiche
dei suoi doni. Le dolorose situazioni di crisi sollecitano le persone consacrate a proclamare con
fortezza la fede nella morte e risurrezione di Cristo, per divenire segno visibile del passaggio dalla
morte alla vita.
Nuovo slancio della pastorale vocazionale
64. La missione della vita consacrata e la vitalità degli Istituti dipendono, certo, dall'impegno di
fedeltà con cui i consacrati rispondono alla loro vocazione, ma hanno un futuro nella misura in cui

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altri uomini e donne accolgono generosamente la chiamata del Signore. Il problema delle
vocazioni è una vera sfida, che interpella direttamente gli Istituti, ma coinvolge tutta la Chiesa. Si
spendono nel campo della pastorale vocazionale grandi energie spirituali e materiali, ma i risultati
non sempre corrispondono alle attese e agli sforzi. Capita così che, mentre le vocazioni alla vita
consacrata fioriscono nelle giovani Chiese e in quelle che hanno subito persecuzione da parte di
regimi totalitari, scarseggiano nei paesi tradizionalmente ricchi di vocazioni anche missionarie.
Questa situazione di difficoltà mette alla prova le persone consacrate che talvolta si chiedono:
abbiamo forse perduto la capacità di attirare nuove vocazioni? E' necessario avere fiducia nel
Signore Gesù, che continua a chiamare alla sua sequela, ed affidarsi allo Spirito Santo, autore e
ispiratore dei carismi della vita consacrata. Mentre dunque ci rallegriamo dell'azione dello Spirito,
che ringiovanisce la Sposa di Cristo facendo fiorire la vita consacrata in molte nazioni, dobbiamo
rivolgere insistente preghiera al Padrone della messe, perché invii operai alla sua Chiesa, per far
fronte alle urgenze della nuova evangelizzazione (cfr Mt 9, 37-38). Oltre a promuovere la
preghiera per le vocazioni, è urgente impegnarsi, con un annunzio esplicito ed una catechesi
adeguata, per favorire nei chiamati alla vita consacrata quella risposta libera, pronta e generosa,
che rende operante la grazia della vocazione. L'invito di Gesù: «Venite e vedrete» (Gv 1, 39)
rimane ancora oggi la regola d'oro della pastorale vocazionale. Essa mira a presentare,
sull'esempio dei fondatori e delle fondatrici, il fascino della persona del Signore Gesù e la bellezza
del totale dono di sé alla causa del Vangelo. Compito primario di tutti i consacrati e le consacrate
è dunque quello di proporre coraggiosamente, con la parola e con l'esempio, l'ideale della sequela
di Cristo, sostenendo poi la risposta agli impulsi dello Spirito nel cuore dei chiamati. All'entusiasmo
del primo incontro con Cristo dovrà ovviamente seguire lo sforzo paziente della quotidiana
corrispondenza, che fa della vocazione una storia di amicizia con il Signore. A questo scopo la
pastorale vocazionale si avvalga di appropriati sussidi, come la direzione spirituale, per alimentare
quella risposta di amore personale al Signore che è condizione essenziale per diventare discepoli
e apostoli del suo Regno. Intanto, se la fioritura vocazionale che si manifesta in varie parti del
mondo giustifica ottimismo e speranza, la scarsità in altre regioni non deve indurre né allo
scoraggiamento, né alla tentazione di facili e improvvidi reclutamenti. Occorre che il compito di
promuovere le vocazioni sia svolto in modo da apparire sempre più un impegno corale di tutta la
Chiesa. Esso esige, pertanto, l'attiva collaborazione di pastori, religiosi, famiglie ed educatori,
quale si conviene a un servizio che è parte integrante della pastorale d'insieme di ogni Chiesa
particolare. Ci sia dunque in ogni diocesi questo servizio comune che coordini e moltiplichi le
forze, senza tuttavia pregiudicare, ed anzi favorendo, l'attività vocazionale di ciascun Istituto. Tale
operosa collaborazione di tutto il Popolo di Dio, sostenuta dalla Provvidenza, non potrà che
sollecitare l'abbondanza dei doni divini. La solidarietà cristiana venga largamente incontro alle
necessità della formazione vocazionale nei Paesi economicamente più poveri. La promozione
delle vocazioni in queste nazioni sia fatta dai vari Istituti in piena armonia con le Chiese del luogo,
sulla base di un attivo e prolungato inserimento nella loro pastorale. Il modo più autentico per
assecondare l'azione dello Spirito sarà quello di investire generosamente le migliori energie
nell'attività vocazionale, specialmente con una adeguata dedizione alla pastorale giovanile.

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L'impegno della formazione iniziale
65. Particolare attenzione l'Assemblea sinodale ha riservato alla formazione di chi intende
consacrarsi al Signore, riconoscendone la decisiva importanza. Obiettivo centrale del cammino
formativo è la preparazione della persona alla totale consacrazione di sé a Dio nella sequela di
Cristo, a servizio della missione. Dire «sì» alla chiamata del Signore assumendo in prima persona
il dinamismo della crescita vocazionale è responsabilità inalienabile di ogni chiamato, il quale deve
aprire lo spazio della propria vita all'azione dello Spirito Santo; è percorrere con generosità il
cammino formativo, accogliendo con fede le mediazioni che il Signore e la Chiesa offrono. La
formazione dovrà, pertanto, raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo
atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a
rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio. Dal momento che il fine della vita consacrata
consiste nella configurazione al Signore Gesù e alla sua totale oblazione, è soprattutto a questo
che deve mirare la formazione. Si tratta di un itinerario di progressiva assimilazione dei sentimenti
di Cristo verso il Padre. Se questo è lo scopo della vita consacrata, il metodo che ad essa prepara
dovrà assumere ed esprimere la caratteristica della totalità . Dovrà essere formazione di tutta la
persona, in ogni aspetto della sua individualità, nei comportamenti come nelle intenzioni. E' chiaro
che, proprio per il suo tendere alla trasformazione di tutta la persona, l'impegno formativo non
cessa mai. Occorre, infatti, che alle persone consacrate siano offerte sino alla fine opportunità di
crescita nell'adesione al carisma e alla missione del proprio Istituto.
La formazione, per essere totale, comprenderà tutti i campi della vita cristiana e della vita
consacrata. Va prevista, pertanto, una preparazione umana, culturale, spirituale e pastorale,
ponendo ogni attenzione perché sia favorita l'integrazione armonica dei vari aspetti. Alla
formazione iniziale, intesa come processo evolutivo che passa per ogni grado della maturazione
personale — da quello psicologico e spirituale a quello teologico e pastorale — si deve riservare
uno spazio di tempo sufficientemente ampio. Nel caso delle vocazioni al presbiterato, esso viene a
coincidere e ad armonizzarsi con uno specifico programma di studi, come parte di un più ampio
percorso formativo.
L'opera di formatori e formatrici
66. Dio Padre, nel dono continuo di Cristo e dello Spirito, è il formatore per eccellenza di chi si
consacra a Lui. Ma in quest'opera Egli si serve della mediazione umana, ponendo a fianco di colui
che Egli chiama alcuni fratelli e sorelle maggiori. La formazione è dunque partecipazione all'azione
del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore dei giovani e delle giovani i sentimenti del
Figlio. I formatori e le formatrici devono perciò essere persone esperte nel cammino della ricerca
di Dio, per essere in grado di accompagnare anche altri in questo itinerario. Attente all'azione della
grazia, esse sapranno indicare gli ostacoli anche meno evidenti, ma soprattutto mostreranno la
bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui essa si compie. Ai lumi della
sapienza spirituale uniranno quelli offerti dagli strumenti umani, che possano essere d'aiuto sia nel

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discernimento vocazionale, sia nella formazione dell'uomo nuovo, perché divenga autenticamente
libero. Strumento precipuo di formazione è il colloquio personale, da tenersi con regolarità e con
una certa frequenza, come consuetudine di insostituibile e collaudata efficacia. Di fronte a compiti
tanto delicati appare veramente importante la formazione di formatori idonei, che assicurino nel
loro servizio una grande sintonia con il cammino di tutta la Chiesa. Sarà opportuno creare
adeguate strutture per la formazione dei formatori, possibilmente in luoghi dove sia consentito il
contatto con la cultura in cui sarà poi esercitato il proprio servizio pastorale. In quest'opera
formativa, gli Istituti già meglio radicati diano un aiuto agli Istituti di più recente fondazione, grazie
al contributo di alcuni dei loro membri migliori.
Una formazione comunitaria ed apostolica
67. Poiché la formazione deve essere anche comunitaria, il suo luogo privilegiato, per gli Istituti di
vita religiosa e le Società di vita apostolica, è la comunità. In essa avviene l'iniziazione alla fatica e
alla gioia del vivere insieme. Nella fraternità ciascuno impara a vivere con colui che Dio gli ha
posto accanto, accettandone le caratteristiche positive ed insieme le diversità e i limiti. In
particolare, egli impara a condividere i doni ricevuti per l'edificazione di tutti, poiché «a ciascuno è
data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune» (1 Cor 12, 7). Al tempo
stesso, la vita comunitaria deve, sin dalla prima formazione, mostrare l'intrinseca dimensione
missionaria della consacrazione. Per questo, durante il periodo della formazione iniziale, negli
Istituti di vita consacrata sarà utile procedere ad esperienze concrete e prudentemente
accompagnate dal formatore o dalla formatrice, per esercitare, in dialogo con la cultura
circostante, le attitudini apostoliche, le capacità di adattamento, lo spirito di iniziativa. Se, da un
lato, è importante che la persona consacrata si formi progressivamente una coscienza
evangelicamente critica verso i valori e i disvalori della propria cultura e di quella che incontrerà
nel futuro campo di lavoro, dall'altro deve esercitarsi nella difficile arte dell'unità di vita, della mutua
compenetrazione della carità verso Dio e verso i fratelli e le sorelle, sperimentando che la
preghiera è l'anima dell'apostolato, ma anche che l'apostolato vivifica e stimola la preghiera.
Necessità di una ratio completa ed aggiornata
68. Un periodo esplicitamente formativo, che si estenda fino alla professione perpetua, viene
raccomandato anche agli Istituti femminili, nonché a quelli maschili relativamente ai religiosi
fratelli. Questo vale sostanzialmente pure per le comunità claustrali, che avranno cura di elaborare
un programma adeguato, in vista di un'autentica formazione alla vita contemplativa e alla sua
missione peculiare nella Chiesa. I Padri sinodali hanno caldamente sollecitato tutti gli Istituti di vita
consacrata e le Società di vita apostolica ad elaborare quanto prima una ratio institutionis, cioè un
progetto formativo ispirato al carisma istituzionale, nel quale sia presentato in forma chiara e
dinamica il cammino da seguire per assimilare appieno la spiritualità del proprio Istituto. La ratio
risponde oggi a una vera urgenza: da un lato essa indica il modo di trasmettere lo spirito
dell'Istituto, perché sia vissuto nella sua genuinità dalle nuove generazioni, nella diversità delle

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culture e delle situazioni geografiche; dall'altro, illustra alle persone consacrate i mezzi per vivere il
medesimo spirito nelle varie fasi dell'esistenza progredendo verso la piena maturità della fede in
Cristo Gesù. Se dunque è vero che il rinnovamento della vita consacrata dipende principalmente
dalla formazione, è altrettanto vero che questa è, a sua volta, legata alla capacità di proporre un
metodo ricco di sapienza spirituale e pedagogica che conduca progressivamente chi aspira a
consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore. La formazione è un processo vitale
attraverso il quale la persona si converte al Verbo di Dio fin nelle profondità del suo essere e, nello
stesso tempo, impara l'arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo. In un'epoca di
crescente emarginazione dei valori religiosi dalla cultura, questo cammino formativo è
doppiamente importante: grazie ad esso la persona consacrata non solo può continuare a
«vedere» Dio, con gli occhi della fede, in un mondo che ne ignora la presenza, ma riesce anche a
renderne in qualche modo «sensibile» la presenza mediante la testimonianza del proprio carisma.
La formazione permanente
69. La formazione permanente, sia per gli Istituti di vita apostolica come per quelli di vita
contemplativa, è un'esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa. Il processo formativo, come
s'è detto, non si riduce alla sua fase iniziale, giacché, per i limiti umani, la persona consacrata non
potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di
sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo. La formazione iniziale deve,
pertanto, saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare
in ogni giorno della vita. Sarà molto importante, di conseguenza, che ogni Istituto preveda, come
parte della ratio institutionis , la definizione, per quanto possibile precisa e sistematica, di un
progetto di formazione permanente, il cui scopo primario sia quello di accompagnare ogni persona
consacrata con un programma esteso all'intera esistenza. Nessuno può esimersi dall'applicarsi
alla propria crescita umana e religiosa; così come nessuno può presumere di sé e gestire la
propria vita con autosufficienza. Nessuna fase della vita può considerarsi tanto sicura e fervorosa
da escludere l'opportunità di specifiche attenzioni per garantire la perseveranza nella fedeltà, così
come non esiste età che possa vedere esaurita la maturazione della persona.
In un dinamismo di fedeltà
70. C'è una giovinezza dello spirito che permane nel tempo: essa si collega col fatto che
l'individuo cerca e trova ad ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un modo specifico
d'essere, di servire e d'amare. Nella vita consacrata i primi anni del pieno inserimento nell'attività
apostolica rappresentano una fase di per se stessa critica, segnata dal passaggio da una vita
guidata ad una situazione di piena responsabilità operativa. Sarà importante che le giovani
persone consacrate siano sorrette e accompagnate da un fratello o da una sorella, che le aiuti a
vivere in pieno la giovinezza del loro amore e del loro entusiasmo per Cristo. La fase successiva
può presentare il rischio dell'abitudine e la conseguente tentazione della delusione per la scarsità
dei risultati. E' necessario allora aiutare le persone consacrate di mezza età a rivedere, alla luce

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del Vangelo e dell'ispirazione carismatica, la propria opzione originaria, non confondendo la
totalità della dedizione con la totalità del risultato. Ciò consentirà di dare nuovo slancio e nuove
motivazioni alla propria scelta. E' la stagione della ricerca dell'essenziale.
La fase dell'età matura, insieme alla crescita personale, può comportare il pericolo d'un certo
individualismo, accompagnato sia dal timore di non essere adeguati ai tempi che da fenomeni di
irrigidimento, di chiusura, di rilassamento. La formazione permanente ha qui lo scopo d'aiutare
non solo a recuperare un tono più alto di vita spirituale e apostolica, ma a scoprire pure la
peculiarità di tale fase esistenziale. In essa, infatti, purificati alcuni aspetti della personalità,
l'offerta di sé sale a Dio con maggior purezza e generosità, e ricade su fratelli e sorelle più pacata
e discreta ed insieme più trasparente e ricca di grazia. E' il dono e l'esperienza della paternità e
maternità spirituale.
L'età avanzata pone problemi nuovi, che vanno preventivamente affrontati con un oculato
programma di sostegno spirituale. Il ritiro progressivo dall'azione, in taluni casi la malattia e la
forzata inattività, costituiscono un'esperienza che può divenire altamente formativa. Momento
spesso doloroso, esso offre tuttavia alla persona consacrata anziana l'opportunità di lasciarsi
plasmare dall'esperienza pasquale,configurandosi a Cristo crocifisso che compie in tutto la volontà
del Padre e s'abbandona nelle sue mani fino a rendergli lo spirito. Tale configurazione è un modo
nuovo di vivere la consacrazione, che non è legata all'efficienza di un compito di governo o di un
lavoro apostolico. Quando poi giunge il momento di unirsi all'ora suprema della passione del
Signore, la persona consacrata sa che il Padre sta portando ormai a compimento in essa quel
misterioso processo di formazione iniziato da tempo. La morte sarà allora attesa e preparata come
l'atto supremo d'amore e di consegna di sé.
E' necessario aggiungere che, indipendentemente dalle varie fasi della vita, ogni età può
conoscere situazioni critiche per l'intervento di fattori esterni — cambio di posto o di ufficio,
difficoltà nel lavoro o insuccesso apostolico, incomprensione o emarginazione, ecc. — o di fattori
più strettamente personali — malattia fisica o psichica, aridità spirituale, lutti, problemi di rapporti
interpersonali, forti tentazioni, crisi di fede o di identità, sensazione di insignificanza, e simili.
Quando la fedeltà si fa più difficile, bisogna offrire alla persona il sostegno di una maggior fiducia e
di un più intenso amore, sia a livello personale che comunitario. E' necessaria allora, innanzitutto,
la vicinanza affettuosa del Superiore; grande conforto verrà pure dall'aiuto qualificato di un fratello
o di una sorella, la cui presenza premurosa e disponibile potrà condurre a riscoprire il senso
dell'alleanza che Dio per primo ha stabilito e non intende smentire. La persona provata giungerà
così ad accogliere purificazione e spogliamento come atti essenziali della sequela di Cristo
crocifisso. La prova stessa apparirà come strumento provvidenziale di formazione nelle mani del
Padre, come lotta non solo psicologica, condotta dall'io in rapporto a se stesso e alle sue
debolezze, ma religiosa, segnata ogni giorno dalla presenza di Dio e dalla potenza della Croce!
Dimensioni della formazione permanente

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71. Se soggetto della formazione è la persona in ogni fase della vita, termine della formazione è la
totalità dell'essere umano, chiamato a cercare e amare Dio «con tutto il cuore, con tutta l'anima e
con tutte le forze» (Dt 6, 5) e il prossimo come se stesso (cfr Lv 19, 18; Mt 22, 37-39). L'amore a
Dio e ai fratelli è dinamismo potente che può costantemente ispirare il cammino di crescita e di
fedeltà. La vita nello Spirito ha un suo ovvio primato. In essa la persona consacrata ritrova la
propria identità ed una serenità profonda, cresce nell'attenzione alle provocazioni quotidiane della
Parola di Dio e si lascia guidare dall'ispirazione originaria del proprio Istituto. Sotto l'azione dello
Spirito vengono difesi con tenacia i tempi di orazione, di silenzio, di solitudine e si implora dall'Alto
con insistenza il dono della sapienza nella fatica di ogni giorno (cfr Sap 9, 10).
La dimensione umana e fraterna richiede la conoscenza di sé e dei propri limiti, per trarne
opportuno stimolo e sostegno nel cammino verso la piena liberazione. Particolarmente importanti,
nel contesto odierno, sono la libertà interiore della persona consacrata, la sua integrazione
affettiva, la capacità di comunicare con tutti, specialmente nella propria comunità, la serenità dello
spirito e la sensibilità verso chi soffre, l'amore per la verità, la coerenza lineare tra il dire e il fare.
La dimensione apostolica apre la mente e il cuore della persona consacrata, e la dispone ad un
continuo sforzo operativo, quale segno dell'amore del Cristo che la spinge (cfr 2 Cor 5, 14). In
pratica, ciò significherà l'aggiornamento di metodi e scopi delle attività apostoliche nella fedeltà
allo spirito e alla finalità del fondatore o della fondatrice e alle tradizioni successivamente
maturate, con costante attenzione alle mutate condizioni storiche e culturali, generali e locali,
dell'ambiente ove si opera. La dimensione culturale e professionale, sulla base di una salda
formazione teologica che renda capaci di discernimento, implica un aggiornamento continuo e una
particolare attenzione ai diversi campi ai quali ciascun carisma indirizza. E dunque necessario
mantenersi aperti mentalmente e il più possibile duttili, perché il servizio sia concepito e reso
secondo le esigenze del proprio tempo avvalendosi degli strumenti forniti dal progresso culturale.
Nella dimensione del carisma , infine, si trovano raccolte tutte le altre istanze, come in una sintesi
che esige un continuo approfondimento della propria speciale consacrazione nelle sue varie
componenti, non solo in quella apostolica, ma anche in quella ascetica e mistica. Ciò comporta
per ciascun membro uno studio assiduo dello spirito dell'Istituto d'appartenenza, della sua storia e
della sua missione, per migliorarne l'assimilazione personale e comunitaria.
CAPITOLO III
SERVITIUM CARITATIS
LA VITA CONSACRATA
EPIFANIA DELL'AMORE DI DIO NEL MONDO
Consacrati per la missione
72. Ad immagine di Gesù, Figlio diletto «che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo» (Gv

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10, 36), anche coloro che Dio chiama alla sua sequela sono consacrati ed inviati nel mondo per
imitarne l'esempio e continuarne la missione. Fondamentalmente, questo vale per ogni discepolo.
In modo speciale, tuttavia, vale per quanti, nella forma caratteristica della vita consacrata, sono
chiamati a seguire Cristo «più da vicino», e a fare di Lui il «tutto» della loro esistenza. Nella loro
chiamata è quindi compreso il compito di dedicarsi totalmente alla missione ; anzi, la stessa vita
consacrata, sotto l'azione dello Spirito Santo che è all'origine di ogni vocazione e di ogni carisma,
diventa missione, come lo è stata tutta la vita di Gesù. La professione dei consigli evangelici, che
rende la persona totalmente libera per la causa del Vangelo, rivela anche da questo punto di vista
la sua rilevanza. Si deve dunque affermare che la missione è essenziale per ogni Istituto, non solo
in quelli di vita apostolica attiva, ma anche in quelli di vita contemplativa.
La missione, infatti, prima di caratterizzarsi per le opere esteriori, si esplica nel rendere presente al
mondo Cristo stesso mediante la testimonianza personale. E questa la sfida, questo il compito
primario della vita consacrata! Più ci si lascia conformare a Cristo, più lo si rende presente e
operante nel mondo per la salvezza degli uomini. Si può allora dire che la persona consacrata è
«in missione» in virtù della sua stessa consacrazione, testimoniata secondo il progetto del proprio
Istituto. Quando il carisma fondazionale prevede attività pastorali, è ovvio che testimonianza di vita
ed opere di apostolato e di promozione umana sono ugualmente necessarie: entrambe raffigurano
Cristo, che è insieme il consacrato alla gloria del Padre e l'inviato al mondo per la salvezza dei
fratelli e delle sorelle. La vita religiosa, inoltre, partecipa alla missione di Cristo con un altro
elemento peculiare e proprio: la vita fraterna in comunità per la missione. La vita religiosa sarà
perciò tanto più apostolica quanto più intima ne sarà la dedizione al Signore Gesù, più fraterna la
forma comunitaria di esistenza, più ardente il coinvolgimento nella missione specifica dell'Istituto.
A servizio di Dio e dell'uomo
73. La vita consacrata ha il compito profetico di ricordare e servire il disegno di Dio sugli uomini,
come è annunciato dalla Scrittura e come emerge anche dall'attenta lettura dei segni dell'azione
provvidente di Dio nella storia. E' progetto di un'umanità salvata e riconciliata (cfr Col 2, 20-22).
Per compiere opportunamente questo servizio, le persone consacrate devono avere una profonda
esperienza di Dio e prendere coscienza delle sfide del proprio tempo, cogliendone il senso
teologico profondo mediante il discernimento operato con l'aiuto dello Spirito. In realtà, negli
avvenimenti storici si cela spesso l'appello di Dio a operare secondo i suoi piani con un
inserimento attivo e fecondo nelle vicende del nostro tempo. Il discernimento dei segni dei tempi,
come afferma il Concilio, deve essere condotto alla luce del Vangelo, perché si «possa rispondere
ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco
rapporto». E' necessario, pertanto, aprire l'animo agli interiori suggerimenti dello Spirito che invita
a cogliere in profondità i disegni della Provvidenza. Egli chiama la vita consacrata ad elaborare
nuove risposte per i nuovi problemi del mondo di oggi. Sono sollecitazioni divine, che solo anime
abituate a cercare in tutto la volontà di Dio sanno raccogliere fedelmente e poi tradurre
coraggiosamente in scelte coerenti sia col carisma originario che con le esigenze della situazione

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storica concreta. Di fronte ai numerosi problemi ed urgenze che sembrano talvolta compromettere
e persino travolgere la vita consacrata, i chiamati non possono non avvertire l'impegno di portare
nel cuore e nella preghiera le molte necessità del mondo intero, operando al tempo stesso
alacremente nei campi attinenti al carisma di fondazione. La loro dedizione dovrà essere,
ovviamente, guidata dal discernimento soprannaturale, che sa distinguere ciò che viene dallo
Spirito da ciò che gli è contrario (cfr Gal 5, 16-17.22; 1 Gv 4, 6). Esso, mediante la fedeltà alla
Regola e alle Costituzioni, conserva la piena comunione con la Chiesa. In questo modo la vita
consacrata non si limiterà a leggere i segni dei tempi, ma contribuirà anche ad elaborare ed
attuare nuovi progetti di evangelizzazione per le odierne situazioni. Tutto questo nella certezza di
fede che lo Spirito sa dare anche alle domande più difficili le risposte appropriate. Sarà bene, a tal
proposito, riscoprire quanto hanno sempre insegnato i grandi protagonisti dell'azione apostolica:
occorre confidare in Dio come se tutto dipendesse da Lui e, al tempo stesso, impegnarsi
generosamente come se tutto dipendesse da noi.
Collaborazione ecclesiale e spiritualità apostolica
74. Tutto dev'esser fatto in comunione e in dialogo con le altre componenti ecclesiali. Le sfide
della missione sono tali da non poter essere efficacemente affrontate senza la collaborazione, sia
nel discernimento che nell'azione, di tutti i membri della Chiesa. Difficilmente i singoli posseggono
la risposta risolutiva: questa può invece scaturire dal confronto e dal dialogo. In particolare, la
comunione operativa tra i vari carismi non mancherà di assicurare, oltre che un arricchimento
reciproco, una più incisiva efficacia nella missione. L'esperienza di questi anni conferma
ampiamente che «il dialogo è il nuovo nome della carità», specie di quella ecclesiale; esso aiuta a
vedere i problemi nelle loro reali dimensioni e consente di affrontarli con migliori speranze di
successo. La vita consacrata, per il fatto stesso di coltivare il valore della vita fraterna, si propone
come esperienza privilegiata di dialogo. Essa pertanto può contribuire a creare un clima di
accettazione reciproca, nel quale i vari soggetti ecclesiali, sentendosi valorizzati per quello che
sono, convergono in modo più convinto nella comunione ecclesiale, tesa alla grande missione
universale. Gli Istituti impegnati nell'una o nell'altra forma di servizio apostolico devono infine
coltivare una solida spiritualità dell'azione, vedendo Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio. Infatti
«bisogna sapere che come la vita ben ordinata tende a passare dalla vita attiva a quella
contemplativa, così per lo più l'animo ritorna utilmente dalla vita contemplativa a quella attiva, per
conservare in modo più perfetto la vita attiva per quello che la vita contemplativa ha acceso nella
mente. La vita attiva deve, quindi, trasferirci nella contemplativa e qualche volta, da ciò che
vediamo interiormente, la contemplazione deve richiamarci meglio all'azione». Gesù stesso ci ha
dato l'esempio perfetto di come si possa unire la comunione col Padre con una vita intensamente
attiva. Senza la costante tensione a questa unità, il pericolo del collasso interiore, del
disorientamento, dello scoraggiamento è continuamente in agguato. La stretta unione tra
contemplazione e azione permetterà, oggi come ieri, di affrontare le missioni più difficili.
I. L'AMORE SINO ALLA FINE

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Amare col cuore di Cristo
75. «Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano [...] si
alzò da tavola [...] e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si
era cinto» (Gv 13, 1-2.4-5). Nella lavanda dei piedi Gesù rivela la profondità dell'amore di Dio per
l'uomo: in Lui Dio stesso si mette a servizio degli uomini! Egli rivela, al tempo stesso, il senso della
vita cristiana e, a maggior ragione, della vita consacrata, che è vita d'amore oblativo, di concreto e
generoso servizio. Ponendosi alla sequela del Figlio dell'uomo, che «non è venuto per essere
servito, ma per servire» (Mt 20, 28), la vita consacrata, almeno nei periodi migliori della sua lunga
storia, s'è caratterizzata per questo «lavare i piedi», ossia per il servizio specialmente ai più poveri
e ai più bisognosi. Se, da una parte, essa contempla il mistero sublime del Verbo nel seno del
Padre (cfr Gv 1, 1), dall'altra segue lo stesso Verbo che si fa carne (cfr Gv 1, 14), si abbassa, si
umilia per servire gli uomini. Le persone che seguono Cristo nella via dei consigli evangelici anche
oggi intendono andare dove è andato Cristo e fare ciò che Egli ha fatto. Continuamente Egli
chiama a sé nuovi discepoli, uomini e donne, per comunicare loro, mediante l'effusione dello
Spirito (cfr Rm 5, 5), l'agape divina, il suo modo d'amare, e per sospingerli così a servire gli altri
nell'umile dono di sé, alieno da calcoli interessati. A Pietro, che estasiato dalla luce della
Trasfigurazione esclama: «Signore, è bello per noi restare qui» (Mt 17, 4), è rivolto l'invito a
tornare sulle strade del mondo, per continuare a servire il Regno di Dio: «Scendi, Pietro;
desideravi riposare sul monte: scendi; predica la Parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna
e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità di
insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi, affinché, mediante il
candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò che è simboleggiato nel
candore delle vesti del Signore». Lo sguardo fisso sul volto del Signore non attenua nell'apostolo
l'impegno per l'uomo; al contrario lo potenzia, dotandolo di una nuova capacità di incidere sulla
storia, per liberarla da quanto la deturpa. La ricerca della divina bellezza spinge le persone
consacrate a prendersi cura dell'immagine divina deformata nei volti di fratelli e sorelle, volti
sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi vede disprezzata la
propria cultura, volti spaventati dalla violenza quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di
minorenni, volti di donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna accoglienza, volti
di anziani senza le minime condizioni per una vita degna. La vita consacrata mostra così, con
l'eloquenza delle opere, che la divina carità è fondamento e stimolo dell'amore gratuito ed
operoso. Ne era ben convinto S. Vincenzo de' Paoli quando indicava alle Figlie della Carità questo
programma di vita: «Lo spirito della Compagnia consiste nel darsi a Dio per amare Nostro Signore
e servirlo nella persona dei poveri materialmente e spiritualmente, nelle loro case e altrove, per
istruire le povere giovanette, i bambini, in generale tutti coloro che la divina Provvidenza vi
manda». Tra i diversi possibili ambiti della carità, certamente quello che a titolo speciale manifesta
al mondo l'amore «sino alla fine» è, oggi, l'annuncio appassionato di Gesù Cristo a coloro che
ancora non Lo conoscono, a coloro che L'hanno dimenticato e, in modo preferenziale, ai poveri.
Contributo specifico della vita consacrata all'evangelizzazione

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76. Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella
testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a imitazione del Salvatore che, per
amore dell'uomo, si è fatto servo. Nell'opera della salvezza, infatti, tutto viene dalla partecipazione
all'agape divina. Le persone consacrate rendono visibile, nella loro consacrazione e totale
dedizione, la presenza amorevole e salvifica di Cristo, il consacrato del Padre, inviato in missione.
Esse, lasciandosi conquistare da Lui (cfr Fil 3, 12), si dispongono a divenire, in certo modo, un
prolungamento della sua umanità. La vita consacrata dice eloquentemente che quanto più si vive
di Cristo, tanto meglio Lo si può servire negli altri, spingendosi fino agli avamposti della missione,
e assumendo i più grandi rischi.
La prima evangelizzazione: annunciare Cristo alle genti
77. Chi ama Dio, Padre di tutti, non può non amare i suoi simili, nei quali riconosce altrettanti
fratelli e sorelle. Proprio per questo egli non può restare indifferente di fronte alla costatazione che
molti di loro non conoscono la piena manifestazione dell'amore di Dio in Cristo. Nasce di qui, in
obbedienza al mandato di Cristo, lo slancio missionario ad gentes, che ogni cristiano consapevole
condivide con la Chiesa, per sua natura missionaria. E' slancio avvertito soprattutto dai membri
degli Istituti sia di vita contemplativa che di vita attiva. Le persone consacrate, infatti, hanno il
compito di rendere presente anche tra i non cristiani il Cristo casto, povero, obbediente, orante e
missionario. Restando dinamicamente fedeli al loro carisma, esse, in virtù della più intima
consacrazione a Dio,non possono non sentirsi coinvolte in una speciale collaborazione con
l'attività missionaria della Chiesa. Il desiderio tante volte espresso da Teresa di Lisieux, «amarti e
farti amare», l'anelito ardente di san Francesco Saverio che molti, «studiando le scienze,
meditassero sul conto che Dio nostro Signore chiederà di loro stessi e del talento loro concesso, si
smuoverebbero, ricorrendo a quei mezzi e a quegli Esercizi spirituali che fanno conoscere e
sentire dentro le proprie anime la volontà divina e così, uniformandosi ad essa più che non alle
proprie inclinazioni, direbbero: ‘Signore, sono qui, che vuoi che io faccia? Mandami dove vuoi'»,ed
altre simili testimonianze di innumerevoli anime sante, manifestano l'insopprimibile tensione
missionaria, che distingue e qualifica la vita consacrata.
Presenti in ogni angolo della terra
78. «L'amore del Cristo ci spinge» (2 Cor 5, 14): i membri di ogni Istituto dovrebbero poterlo
ripetere con l'Apostolo, perché compito della vita consacrata è di lavorare in ogni parte della terra
per consolidare e dilatare il Regno di Cristo, portando l'annuncio del Vangelo dappertutto, anche
nelle regioni più lontane. Di fatto, la storia missionaria testimonia il grande contributo da essi dato
all'evangelizzazione dei popoli: dalle antiche Famiglie monastiche fino alle più recenti Fondazioni
impegnate in maniera esclusiva nella missione ad gentes, dagli Istituti di vita attiva a quelli dediti
alla contemplazione,innumerevoli persone hanno speso le loro energie in questa «attività primaria
della Chiesa, essenziale e mai conclusa», perché rivolta alla moltitudine crescente di coloro che
non conoscono Cristo. Anche oggi questo dovere continua a chiamare in causa con urgenza gli

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53
Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: l'annuncio del Vangelo di Cristo attende da
loro il massimo contributo possibile. Anche gli Istituti che sorgono o operano nelle giovani Chiese
sono invitati ad aprirsi alla missione fra i non cristiani, all'interno e fuori della loro patria.
Nonostante le comprensibili difficoltà che alcuni di essi possono attraversare, è bene ricordare a
tutti che come «la fede si rafforza donandola», così la missione rafforza la vita consacrata, le dà
nuovo entusiasmo e nuove motivazioni, sollecita la sua fedeltà. Da parte sua, l'attività missionaria
offre larghi spazi per accogliere le svariate forme di vita consacrata. La missione ad gentes
presenta speciali e straordinarie opportunità alle donne consacrate, ai religiosi fratelli e ai membri
di Istituti secolari per un inserimento in un'azione apostolica particolarmente incisiva. Questi ultimi,
poi, con la loro presenza nei vari ambiti tipici della vocazione laicale, possono svolgere un'opera
preziosa di evangelizzazione degli ambienti, delle strutture e delle stesse leggi che regolano la
convivenza. Inoltre, essi possono testimoniare i valori evangelici a fianco di persone che non
hanno ancora conoscenza di Gesù, dando così uno specifico contributo alla missione. E' da
sottolineare che, nei paesi dove sono radicate religioni non cristiane, la presenza della vita
consacrata, tanto con attività educative, caritative e culturali, quanto con il segno della vita
contemplativa, assume enorme importanza. Per questo è particolarmente da incoraggiare la
fondazione nelle nuove Chiese di comunità dedite alla contemplazione, dato che «la vita
contemplativa interessa la presenza della Chiesa nella forma più piena». E', poi, necessario
promuovere con mezzi adeguati un'equa distribuzione della vita consacrata nelle varie forme per
suscitare un nuovo impulso evangelizzatore, sia con l'invio di missionari e missionarie, sia con il
doveroso aiuto degli Istituti di vita consacrata alle diocesi più povere.
Annuncio di Cristo e inculturazione
79. L'annuncio di Cristo «ha la priorità permanente nella missione della Chiesa»e mira alla
conversione, cioè all'adesione piena e sincera a Cristo ed al suo Vangelo. Nel quadro dell'attività
missionaria rientrano anche il processo di inculturazione e il dialogo interreligioso. La sfida
dell'inculturazione va accolta dalle persone consacrate come appello a una feconda
collaborazione con la grazia nell'approccio con le diverse culture. Ciò suppone seria preparazione
personale, mature doti di discernimento, fedele adesione agli indispensabili criteri di ortodossia
dottrinale, di autenticità e di comunione ecclesiale. Col sostegno del carisma dei fondatori e delle
fondatrici, molte persone consacrate hanno saputo avvicinarsi alle diverse culture
nell'atteggiamento di Gesù che «spogliò se stesso assumendo la condizione di servo» (Fil 2, 7) e,
con un paziente ed audace sforzo di dialogo, hanno stabilito contatti proficui con le genti più varie,
a tutte annunciando la via della salvezza. Anche oggi quante di loro sanno cercare e trovare, nella
storia delle singole persone e di interi popoli, tracce della presenza di Dio, che guida tutta
l'umanità verso il discernimento dei segni della sua volontà redentrice. Tale ricerca si rivela
vantaggiosa per le stesse persone consacrate: i valori scoperti nelle diverse civiltà possono
spingerli, infatti, ad accrescere il proprio impegno di contemplazione e di preghiera, a praticare più
intensamente la condivisione comunitaria e l'ospitalità, a coltivare con maggiore diligenza
l'attenzione alla persona ed il rispetto per la natura. Per un'autentica inculturazione sono necessari

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54
atteggiamenti simili a quelli del Signore, quando si è incarnato ed è venuto, con amore e umiltà, in
mezzo a noi. In questo senso la vita consacrata rende le persone particolarmente adatte ad
affrontare il complesso travaglio dell'inculturazione, perché le abitua al distacco dalle cose e
persino da tanti aspetti della propria cultura. Applicandosi con questi atteggiamenti allo studio e
alla comprensione delle culture, i consacrati possono meglio discernere in esse gli autentici valori
e il modo in cui accoglierli e perfezionarli con l'aiuto del proprio carisma. Non si deve comunque
dimenticare che, in molte antiche culture, l'espressione religiosa è così profondamente integrata,
che la religione rappresenta spesso la dimensione trascendente della cultura stessa. In questo
caso una vera inculturazione comporta necessariamente un serio e aperto dialogo interreligioso,
«che non è in contrapposizione con la missione ad gentes e che non dispensa
dall'evangelizzazione».
L'inculturazione della vita consacrata
80. Da parte sua la vita consacrata, di per sé portatrice di valori evangelici, là dove è vissuta con
autenticità può offrire un contributo originale alle sfide dell'inculturazione. Essendo infatti un segno
del primato di Dio e del Regno, essa diventa una provocazione che, nel dialogo, può scuotere la
coscienza degli uomini. Se la vita consacrata mantiene la forza profetica che le è propria, diventa
all'interno di una cultura fermento evangelico capace di purificarla e farla evolvere. E' quanto
dimostra la storia di numerosi santi e sante, che in epoche diverse hanno saputo immergersi nel
loro tempo senza farsene sommergere, ma additando alla loro generazione nuovi cammini. Lo
stile di vita evangelico è una fonte importante per la proposta di un nuovo modello culturale.
Quanti fondatori e fondatrici, cogliendo alcune esigenze del loro tempo, pur con tutti i limiti da essi
stessi riconosciuti, hanno dato loro una risposta che è diventata proposta culturale innovativa! Le
comunità degli Istituti religiosi e delle Società di vita apostolica possono, infatti, offrire concrete e
significative proposte culturali, quando testimoniano il modo evangelico di vivere l'accoglienza
reciproca nella diversità e di esercitare l'autorità, la condivisione dei beni sia materiali che
spirituali, l'internazionalità, la collaborazione inter-congregazionale, l'ascolto degli uomini e delle
donne del nostro tempo. Il modo di pensare e di agire di chi segue Cristo più da vicino, infatti, dà
origine ad una vera e propria cultura di riferimento, serve a mettere in luce ciò che è disumano,
testimonia che Dio solo dà ai valori forza e compimento. Un'autentica inculturazione aiuterà, a sua
volta, le persone consacrate a vivere il radicalismo evangelico secondo il carisma del proprio
Istituto e il genio del popolo col quale entrano in contatto. Da questo fecondo rapporto
scaturiranno stili di vita e metodi pastorali che potranno rivelarsi un'autentica ricchezza per tutto
l'Istituto, se risulteranno coerenti con il carisma di fondazione e con l'azione unificante dello Spirito
Santo. In questo processo, fatto di discernimento e di audacia, di dialogo e di provocazione
evangelica, una garanzia di retto cammino è offerta dalla Santa Sede, alla quale spetta
incoraggiare l'evangelizzazione delle culture nonché autenticarne gli sviluppi e di sancirne gli esiti
in ordine all'inculturazione: compito, questo, «difficile e delicato poiché pone in questione la fedeltà
della Chiesa al Vangelo e alla tradizione apostolica nell'evoluzione costante delle culture».

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La nuova evangelizzazione
81. Per affrontare adeguatamente le grandi sfide che alla nuova evangelizzazione pone la storia
attuale, è necessaria innanzitutto una vita consacrata che si lasci continuamente interpellare dalla
Parola rivelata e dai segni dei tempi. Il ricordo delle grandi evangelizzatrici e dei grandi
evangelizzatori, che furono prima grandi evangelizzati, rivela che per affrontare il mondo di oggi
occorrono persone amorosamente dedite al Signore e al suo Vangelo. «Le persone consacrate,
per la loro vocazione specifica, sono chiamate a far emergere l'unità tra autoevangelizzazione e
testimonianza, tra rinnovamento interiore e ardore apostolico, tra essere e agire, evidenziando che
il dinamismo promana sempre dal primo elemento del binomio». La nuova evangelizzazione,
come quella di sempre, sarà efficace se saprà proclamare dai tetti quanto ha prima vissuto
nell'intimità con il Signore. Per essa sono richieste solide personalità, animate dal fervore dei
santi. La nuova evangelizzazione esige da consacrati e consacrate piena consapevolezza del
senso teologico delle sfide del nostro tempo. Queste sfide vanno esaminate con attento e corale
discernimento, in vista del rinnovamento della missione. Il coraggio dell'annuncio del Signore
Gesù deve accompagnarsi con la fiducia nell'azione della Provvidenza, che opera nel mondo e
che «dispone tutto, anche le umane avversità, per il maggior bene della Chiesa». Elementi
importanti per un proficuo inserimento degli Istituti nel processo della nuova evangelizzazione
sono la fedeltà al carisma di fondazione, la comunione con quanti nella Chiesa sono impegnati
nella stessa impresa, specialmente con i Pastori, e la cooperazione con tutti gli uomini di buona
volontà. Ciò esige un serio discernimento degli appelli che lo Spirito rivolge ad ogni Istituto, sia in
quelle regioni ove non si prevedono immediatamente grandi progressi, sia nelle altre regioni ove si
preannuncia una consolante rinascita. In ogni luogo e situazione, le persone consacrate siano
annunciatrici ardenti del Signore Gesù, pronte a rispondere con sapienza evangelica alle
domande poste oggi dall'inquietudine del cuore umano e dalle sue urgenti necessità.
La predilezione per i poveri e la promozione della giustizia
82. Agli inizi del suo ministero, nella sinagoga di Nazaret, Gesù proclama che lo Spirito lo ha
consacrato per portare ai poveri un lieto messaggio, per annunciare ai prigionieri la liberazione,
restituire ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore
(cfr Lc 4, 16-19). La Chiesa, assumendo come propria la missione del Signore, annuncia il
Vangelo ad ogni uomo e ad ogni donna, facendosi carico della loro salvezza integrale. Ma con
un'attenzione speciale, una vera «opzione preferenziale», essa si volge verso quanti si trovano in
situazione di maggiore debolezza, e pertanto di più grave bisogno. «Poveri», nelle molteplici
dimensioni della povertà, sono gli oppressi, gli emarginati, gli anziani, gli ammalati, i piccoli, quanti
vengono considerati e trattati come «ultimi» nella società. L'opzione per i poveri è insita nella
dinamica stessa dell'amore vissuto secondo Cristo. Ad essa sono dunque tenuti tutti i discepoli di
Cristo; coloro tuttavia che vogliono seguire il Signore più da vicino, imitando i suoi atteggiamenti,
non possono non sentirsene coinvolti in modo tutto particolare. La sincerità della loro risposta
all'amore di Cristo li conduce a vivere da poveri e ad abbracciare la causa dei poveri. Ciò

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comporta per ogni Istituto, secondo lo specifico carisma, l'adozione di uno stile di vita , sia
personale che comunitario, umile ed austero. Forti di questa testimonianza vissuta, le persone
consacrate potranno, nei modi consoni alla loro scelta di vita e rimanendo libere nei confronti delle
ideologie politiche, denunciare le ingiustizie che vengono compiute verso tanti figli e figlie di Dio,
ed impegnarsi per la promozione della giustizia nell'ambiente sociale in cui operano. In questo
modo, anche nelle attuali situazioni, si rinnoverà, attraverso la testimonianza di innumerevoli
persone consacrate, la dedizione che fu propria di fondatori e fondatrici che spesero la loro vita
per servire il Signore presente nei poveri. Infatti Cristo «si trova sulla terra nella persona dei suoi
poveri [...]. Come Dio, ricco, come uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo,
siede alla destra del Padre eppure quaggiù tuttora povero soffre la fame, la sete, è nudo». Il
Vangelo si rende operante attraverso la carità, che è gloria della Chiesa e segno della sua fedeltà
al Signore. Lo dimostra tutta la storia della vita consacrata, che si può considerare una esegesi
vivente della parola di Gesù: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40). Molti Istituti, specie in età moderna, sono nati
proprio per venire incontro all'una o all'altra necessità dei poveri. Ma anche quando tale finalità
non è stata determinante, l'attenzione e la premura per i bisognosi, espressa attraverso la
preghiera, l'accoglienza, l'ospitalità, si sono sempre accompagnate con naturalezza alle varie
forme di vita consacrata, anche di quella contemplativa. E come potrebbe essere diversamente,
dal momento che il Cristo raggiunto nella contemplazione è lo stesso che vive e soffre nei poveri?
La storia della vita consacrata è ricca, in questo senso, di esempi meravigliosi e talvolta geniali.
San Paolino di Nola, dopo aver distribuito i suoi beni ai poveri per consacrarsi pienamente a Dio,
innalzò le celle del suo monastero sopra un ospizio destinato appunto agli indigenti. Egli gioiva al
pensiero di questo singolare «scambio di doni»: i poveri, da lui assistiti, rinsaldavano con la loro
preghiera le «fondamenta» stesse della sua casa, tutta dedita alla lode di Dio. S. Vincenzo de'
Paoli, da parte sua, amava dire che, quando si è costretti a lasciare la preghiera per assistere un
povero in necessità, in realtà non la si interrompe, perché «si lascia Dio per Dio». Servire i poveri
è atto di evangelizzazione e, nello stesso tempo, sigillo di evangelicità e stimolo di conversione
permanente per la vita consacrata, poiché — come dice san Gregorio Magno — «quando la carità
si abbassa amorosamente a provvedere anche agli infimi bisogni del prossimo, allora divampa
verso le più alte vette. E quando benignamente si piega alle estreme necessità, allora
vigorosamente riprende il volo verso le altezze».
La cura degli ammalati
83. Seguendo una gloriosa tradizione, un gran numero di persone consacrate, soprattutto donne,
esercitano il loro apostolato negli ambienti sanitari, secondo il carisma del proprio Istituto. Molte,
lungo i secoli, sono state le persone consacrate che hanno sacrificato la loro vita nel servizio alle
vittime di malattie contagiose, mostrando che la dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole
profetica della vita consacrata. La Chiesa guarda con ammirazione e gratitudine le tante persone
consacrate che, assistendo i malati e i sofferenti, contribuiscono in maniera significativa alla sua
missione. Esse continuano il ministero di misericordia di Cristo, che «passò beneficando e

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sanando tutti» (At 10, 38). Sulle orme di Lui, divino Samaritano, medico delle anime e dei corpi, e
sull'esempio dei rispettivi fondatori e fondatrici, le persone consacrate, che a ciò sono orientate dal
carisma del loro Istituto, perseverino nella loro testimonianza d'amore verso i malati, dedicandosi a
loro con profonda comprensione e partecipazione. Privilegino nelle loro scelte gli ammalati più
poveri e abbandonati, come gli anziani, i disabili, gli emarginati, i malati terminali, le vittime della
droga e delle nuove malattie contagiose. Favoriscano nei malati l'offerta del proprio soffrire in
comunione con Cristo crocifisso e glorificato per la salvezza di tutti,anzi alimentino in loro la
coscienza di essere, con la preghiera e la testimonianza della parola e della condotta, soggetti
attivi di pastorale attraverso il peculiare carisma della croce. La Chiesa, inoltre, ricorda ai
consacrati e alle consacrate che fa parte della loro missione evangelizzare gli ambienti sanitari in
cui lavorano, cercando di illuminare, attraverso la comunicazione dei valori evangelici, il modo di
vivere, soffrire e morire degli uomini del nostro tempo. E' loro impegno dedicarsi all'umanizzazione
della medicina e all'approfondimento della bioetica, a servizio del Vangelo della vita. Promuovano
perciò innanzitutto il rispetto della persona e della vita umana dal concepimento al termine
naturale, in piena conformità con l'insegnamento morale della Chiesa, istituendo per questo anche
centri di formazione e collaborando fraternamente con gli organismi ecclesiali della pastorale
sanitaria.
II. UNA TESTIMONIANZA PROFETICA DI FRONTE ALLE GRANDI SFIDE
Il profetismo della vita consacrata
84. Il carattere profetico della vita consacrata è stato messo in forte risalto dai Padri sinodali. Esso
si configura come una speciale forma di partecipazione alla funzione profetica di Cristo ,
comunicata dallo Spirito a tutto il Popolo di Dio. E' un profetismo inerente alla vita consacrata
come tale, per il radicalismo della sequela di Cristo e della conseguente dedizione alla missione
che la caratterizza. La funzione di segno, che il Concilio Vaticano II riconosce alla vita
consacrata,si esprime nella testimonianza profetica del primato che Dio ed i valori del Vangelo
hanno nella vita cristiana. In forza di tale primato nulla può essere anteposto all'amore personale
per Cristo e per i poveri in cui Egli vive. La tradizione patristica ha visto un modello della vita
religiosa monastica in Elia, profeta audace e amico di Dio. Viveva alla sua presenza e
contemplava nel silenzio il suo passaggio, intercedeva per il popolo e proclamava con coraggio la
sua volontà, difendeva i diritti di Dio e si ergeva a difesa dei poveri contro i potenti del mondo (cfr
1 Re 18-19). Nella storia della Chiesa, accanto ad altri cristiani, non sono mancati uomini e donne
consacrati a Dio che, per un particolare dono dello Spirito, hanno esercitato un autentico ministero
profetico, parlando nel nome di Dio a tutti ed anche ai Pastori della Chiesa. La vera profezia nasce
da Dio, dall'amicizia con Lui, dall'ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della
storia. Il profeta sente ardere nel cuore la passione per la santità di Dio e, dopo averne accolto nel
dialogo della preghiera la parola, la proclama con la vita, con le labbra e con i gesti, facendosi
portavoce di Dio contro il male ed il peccato. La testimonianza profetica richiede la costante e
appassionata ricerca della volontà di Dio, la generosa e imprescindibile comunione ecclesiale,

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l'esercizio del discernimento spirituale, l'amore per la verità. Essa si esprime anche con la
denuncia di quanto è contrario al volere divino e con l'esplorazione di vie nuove per attuare il
Vangelo nella storia, in vista del Regno di Dio.
Sua rilevanza per il mondo contemporaneo
85. Nel nostro mondo, dove sembrano spesso smarrite le tracce di Dio, si rende urgente una forte
testimonianza profetica da parte delle persone consacrate. Essa verterà innanzitutto
sull'affermazione del primato di Dio e dei beni futuri , quale traspare dalla sequela e dall'imitazione
di Cristo casto, povero e obbediente, totalmente votato alla gloria del Padre e all'amore dei fratelli
e delle sorelle. La stessa vita fraterna è profezia in atto nel contesto di una società che, talvolta
senza rendersene conto, ha un profondo anelito ad una fraternità senza frontiere. Alle persone
consacrate è chiesto di offrire la loro testimonianza con la franchezza del profeta, che non teme di
rischiare anche la vita. Un'intima forza persuasiva deriva alla profezia dalla coerenza fra
l'annuncio e la vita. Le persone consacrate saranno fedeli alla loro missione nella Chiesa e nel
mondo, se saranno capaci di rivedere continuamente se stesse alla luce della Parola di Dio. In tal
modo potranno arricchire gli altri fedeli dei beni carismatici ricevuti, lasciandosi a loro volta
interpellare dalle provocazioni profetiche provenienti dalle altre componenti ecclesiali. In questo
scambio di doni, garantito dalla piena sintonia col Magistero e la disciplina della Chiesa,
risplenderà l'azione dello Spirito che «la unifica nella comunione e nel servizio, la istruisce e dirige
mediante i diversi doni gerarchici e carismatici».
Una fedeltà fino al martirio
86. In questo secolo, come in altre epoche della storia, uomini e donne consacrati hanno reso
testimonianza a Cristo Signore con il dono della propria vita. Sono migliaia coloro che, costretti
alle catacombe dalla persecuzione di regimi totalitari o di gruppi violenti, osteggiati nell'attività
missionaria, nell'azione a favore dei poveri, nell'assistenza agli ammalati ed agli emarginati, hanno
vissuto e vivono la loro consacrazione nella sofferenza prolungata ed eroica, e spesso con
l'effusione del proprio sangue, pienamente configurati al Signore crocifisso. Di alcuni di essi la
Chiesa ha già riconosciuto ufficialmente la santità onorandoli come martiri di Cristo. Essi ci
illuminano con il loro esempio, intercedono per la nostra fedeltà, ci attendono nella gloria. E' vivo il
desiderio che la memoria di tanti testimoni della fede rimanga nella coscienza della Chiesa come
incitamento alla celebrazione e all'imitazione. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita
apostolica contribuiscano a quest'opera raccogliendo i nomi e le testimonianze di tutte le persone
consacrate, che possono essere iscritte nel Martirologio del ventesimo secolo.
Le grandi sfide della vita consacrata
87. Il compito profetico della vita consacrata viene provocato da tre sfide principali rivolte alla
stessa Chiesa: sono sfide di sempre, che vengono poste in forme nuove, e forse più radicali, dalla

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società contemporanea, almeno in alcune parti del mondo. Esse toccano direttamente i consigli
evangelici di castità, povertà e obbedienza, stimolando la Chiesa e, in particolare, le persone
consacrate a metterne in luce e a testimoniarne il profondo significato antropologico. La scelta di
questi consigli, infatti, lungi dal costituire un impoverimento di valori autenticamente umani, si
propone piuttosto come una loro trasfigurazione. I consigli evangelici non vanno considerati come
una negazione dei valori inerenti alla sessualità, al legittimo desiderio di disporre di beni materiali
e di decidere autonomamente di sé. Queste inclinazioni, in quanto fondate nella natura, sono in se
stesse buone. La creatura umana, tuttavia, debilitata com'è dal peccato originale, è esposta al
rischio di tradurle in atto in modo trasgressivo. La professione di castità, povertà e obbedienza
diventa monito a non sottovalutare le ferite prodotte dal peccato originale e, pur affermando il
valore dei beni creati, li relativizza additando Dio come il bene assoluto. Così coloro che seguono i
consigli evangelici, mentre cercano la santità per se stessi, propongono, per così dire, una
«terapia spirituale» per l'umanità, poiché rifiutano l'idolatria del creato e rendono in qualche modo
visibile il Dio vivente. La vita consacrata, specie nei tempi difficili, è una benedizione per la vita
umana e per la stessa vita ecclesiale.
La sfida della castità consacrata
88. La prima provocazione è quella di una cultura edonistica che svincola la sessualità da ogni
norma morale oggettiva, riducendola spesso a gioco e a consumo, e indulgendo con la complicità
dei mezzi di comunicazione sociale a una sorta di idolatria dell'istinto. Le conseguenze di ciò sono
sotto gli occhi di tutti: prevaricazioni di ogni genere, a cui s'accompagnano innumerevoli
sofferenze psichiche e morali per gli individui e le famiglie. La risposta della vita consacrata sta
innanzitutto nella pratica gioiosa della castità perfetta, quale testimonianza della potenza
dell'amore di Dio nella fragilità della condizione umana. La persona consacrata attesta che quanto
è creduto impossibile dai più diventa, con la grazia del Signore Gesù, possibile e autenticamente
liberante. Sì, in Cristo è possibile amare Dio con tutto il cuore, ponendolo al di sopra di ogni altro
amore, ed amare così, con la libertà di Dio, ogni creatura! E' questa una testimonianza oggi più
che mai necessaria, proprio perché così poco compresa dal nostro mondo. Essa è offerta ad ogni
persona — ai giovani, ai fidanzati, ai coniugi, alle famiglie cristiane — per mostrare che la forza
dell'amore di Dio può operare grandi cose proprio dentro le vicende dell'amore umano. E' una
testimonianza che va incontro anche a un crescente bisogno di limpidezza interiore nei rapporti
umani. E' necessario che la vita consacrata presenti al mondo di oggi esempi di una castità
vissuta da uomini e donne che dimostrano equilibrio, dominio di sé, intraprendenza, maturità
psicologica ed affettiva. Grazie a questa testimonianza, viene offerto all'amore umano un sicuro
punto di riferimento, che la persona consacrata attinge dalla contemplazione dell'amore trinitario,
rivelatoci in Cristo. Proprio perché immersa in questo mistero, essa si sente capace di un amore
radicale e universale, che le dà la forza della padronanza di sé e della disciplina necessarie per
non cadere nella schiavitù dei sensi e degli istinti. La castità consacrata appare così come
esperienza di gioia e di libertà. Illuminata dalla fede nel Signore risorto e dall'attesa dei cieli nuovi
e della terra nuova (cfr Ap 21, 1), essa offre preziosi stimoli anche per l'educazione alla castità

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doverosa in altri stati di vita.
La sfida della povertà
89. Altra provocazione è, oggi, quella di un materialismo avido di possesso, disattento verso le
esigenze e le sofferenze dei più deboli e privo di ogni considerazione per lo stesso equilibrio delle
risorse naturali. La risposta della vita consacrata sta nella professione della povertà evangelica,
vissuta in forme diverse e spesso accompagnata da un attivo impegno nella promozione della
solidarietà e della carità. Quanti Istituti si dedicano all'educazione, all'istruzione e alla formazione
professionale, mettendo in grado giovani e non più giovani di diventare protagonisti del loro futuro!
Quante persone consacrate si spendono senza risparmio di energie per gli ultimi della terra!
Quante di esse si adoperano a formare futuri educatori e responsabili della vita sociale, in modo
che si impegnino ad eliminare le strutture oppressive e a promuovere progetti di solidarietà a
vantaggio dei poveri! Esse lottano per sconfiggere la fame e le sue cause, animano le attività del
volontariato e le organizzazioni umanitarie, sensibilizzano organismi pubblici e privati per favorire
un'equa distribuzione degli aiuti internazionali. Le nazioni devono veramente molto a questi
intraprendenti operatori e operatrici di carità, che con la loro instancabile generosità hanno dato e
danno un sensibile contributo per l'umanizzazione del mondo.
La povertà evangelica a servizio dei poveri
90. In realtà, prima ancora di essere un servizio per i poveri, la povertà evangelica è un valore in
se stessa, in quanto richiama la prima delle Beatitudini nell'imitazione di Cristo povero. Il suo
primo senso, infatti, è testimoniare Dio come vera ricchezza del cuore umano. Ma proprio per
questo essa contesta con forza l'idolatria di mammona, proponendosi come appello profetico nei
confronti di una società che, in tante parti del mondo benestante, rischia di perdere il senso della
misura e il significato stesso delle cose. Per questo, oggi più che in altre epoche, il suo richiamo
trova attenzione anche tra coloro che, consci della limitatezza delle risorse del pianeta, invocano il
rispetto e la salvaguardia del creato mediante la riduzione dei consumi, la sobrietà, l'imposizione
di un doveroso freno ai propri desideri. Alle persone consacrate è chiesta dunque una rinnovata e
vigorosa testimonianza evangelica di abnegazione e di sobrietà, in uno stile di vita fraterna ispirata
a criteri di semplicità e di ospitalità, anche come esempio per quanti rimangono indifferenti di
fronte alle necessità del prossimo. Tale testimonianza si accompagnerà naturalmente all'amore
preferenziale per i poveri e si manifesterà in modo speciale nella condivisione delle condizioni di
vita dei più diseredati. Non sono poche le comunità che vivono e operano tra i poveri e gli
emarginati, ne abbracciano la condizione e ne condividono le sofferenze, i problemi e i pericoli.
Grandi pagine di storia di solidarietà evangelica e di dedizione eroica sono state scritte da persone
consacrate, in questi anni di profondi cambiamenti e di grandi ingiustizie, di speranze e di
delusioni, di importanti conquiste e di amare sconfitte. E pagine non meno significative sono state
e sono tuttora scritte da altre innumerevoli persone consacrate, le quali vivono in pienezza la loro
vita «nascosta con Cristo in Dio» (Col 3, 3) per la salvezza del mondo, all'insegna della gratuità,

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dell'investimento della propria vita in cause poco riconosciute e meno ancora applaudite.
Attraverso queste forme diverse e complementari, la vita consacrata partecipa all'estrema povertà
abbracciata dal Signore e vive il suo specifico ruolo nel mistero salvifico della sua incarnazione e
della sua morte redentrice.
La sfida della libertà nell'obbedienza
91. La terza provocazione proviene da quelle concezioni della libertà che sottraggono questa
fondamentale prerogativa umana al suo costitutivo rapporto con la verità e con la norma morale.
In realtà, la cultura della libertà è un autentico valore, intimamente connesso col rispetto della
persona umana. Ma chi non vede a quali abnormi conseguenze di ingiustizia e persino di violenza
porta, nella vita dei singoli e dei popoli, l'uso distorto della libertà? Una risposta efficace a tale
situazione è l' obbedienza che caratterizza la vita consacrata. Essa ripropone in modo
particolarmente vivo l'obbedienza di Cristo al Padre e, proprio partendo dal suo mistero,
testimonia che non c'è contraddizione tra obbedienza e libertà. In effetti, l'atteggiamento del Figlio
svela il mistero della libertà umana come cammino d'obbedienza alla volontà del Padre e il mistero
dell'obbedienza come cammino di progressiva conquista della vera libertà. E' proprio questo
mistero che la persona consacrata vuole esprimere con questo preciso voto. Con esso intende
attestare la consapevolezza di un rapporto di figliolanza, in forza del quale desidera assumere la
volontà paterna come cibo quotidiano (cfr Gv 4, 34), come sua roccia, sua letizia, suo scudo e
baluardo (cfr Sal 18[17], 3). Dimostra così di crescere nella piena verità di se stessa rimanendo
collegata con la fonte della sua esistenza ed offrendo perciò il messaggio consolantissimo:
«Grande pace per chi ama la tua legge nel suo cammino non trova inciampo» ( Sal 119[118],
165).
Compiere insieme la volontà del Padre
92. Questa testimonianza delle persone consacrate assume nella vita religiosa particolare
significato anche per la dimensione comunitaria che la caratterizza. La vita fraterna è il luogo
privilegiato per discernere e accogliere il volere di Dio e camminare insieme in unione di mente e
di cuore. L'obbedienza, vivificata dalla carità, unifica i membri di un Istituto nella medesima
testimonianza e nella medesima missione, pur nella diversità dei doni e nel rispetto delle singole
individualità. Nella fraternità, animata dallo Spirito, ciascuno intrattiene con l'altro un prezioso
dialogo per scoprire la volontà del Padre, e tutti riconoscono in chi presiede l'espressione della
paternità di Dio e l'esercizio dell'autorità ricevuta da Dio, a servizio del discernimento e della
comunione. La vita di comunità poi è, in modo particolare, il segno, di fronte alla Chiesa e alla
società, del legame che viene dalla medesima chiamata e dalla volontà comune di obbedire ad
essa, al di là di ogni diversità di razza e d'origine, di lingua e di cultura. Contro lo spirito di
discordia e di divisione, autorità e obbedienza risplendono come un segno di quell'unica paternità
che viene da Dio, della fraternità nata dallo Spirito, della libertà interiore di chi si fida di Dio
nonostante i limiti umani di quanti Lo rappresentano. Attraverso questa obbedienza, assunta da

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alcuni come regola di vita, viene sperimentata ed annunciata a vantaggio di tutti la beatitudine
promessa da Gesù a «coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano» (Lc 11, 28). Inoltre,
chi obbedisce ha la garanzia di essere davvero in missione, alla sequela del Signore e non alla
rincorsa dei propri desideri o delle proprie aspettative. E così è possibile sapersi condotti dallo
Spirito del Signore e sostenuti, anche in mezzo a grandi difficoltà, dalla sua mano sicura (cfr At 20,
22s).
Un deciso impegno di vita spirituale
93. Una delle preoccupazioni più volte manifestate nel Sinodo è stata quella di una vita consacrata
che si alimenti alle sorgenti di una spiritualità solida e profonda. Si tratta, in effetti, di un'esigenza
prioritaria, inscritta nell'essenza stessa della vita consacrata, dal momento che, come ogni altro
battezzato, ed anzi con motivi anche più stringenti, chi professa i consigli evangelici è tenuto a
tendere con tutte le sue forze verso la perfezione della carità. E' un impegno fortemente
richiamato dagli innumerevoli esempi di santi fondatori e fondatrici e di tante persone consacrate,
che hanno testimoniato la fedeltà a Cristo fino al martirio. Tendere alla santità: ecco in sintesi il
programma di ogni vita consacrata, anche nella prospettiva del suo rinnovamento alle soglie del
terzo millennio. Il punto di avvio del programma sta nel lasciare tutto per Cristo (cfr Mt 4, 18-22;
19, 21.27; Lc 5, 11) preferendo Lui ad ogni cosa, per poter partecipare pienamente al Suo mistero
pasquale. Lo aveva ben capito san Paolo che esclamava: «Tutto ormai io reputo una perdita di
fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù [...]. E questo perché io possa conoscere Lui,
la potenza della Sua risurrezione» (Fil 3, 8.10). E' la via segnata fin dall'inizio dagli Apostoli, come
ricorda la tradizione cristiana in Oriente e in Occidente: «Coloro che attualmente seguono Gesù
abbandonando tutto per Lui, rievocano gli Apostoli che, rispondendo al suo invito, rinunciano a
tutto il resto. Perciò tradizionalmente si è soliti parlare della vita religiosa come di apostolica
vivendi forma» . La stessa tradizione ha anche messo in evidenza, nella vita consacrata, la
dimensione della peculiare alleanza con Dio, anzi dell'alleanza sponsale con Cristo, di cui san
Paolo fu maestro col suo esempio (cfr 1 Cor 7, 7) e col suo insegnamento, proposto sotto la guida
dello Spirito (cfr 1 Cor 7, 40). Possiamo dire che la vita spirituale, intesa come vita in Cristo, vita
secondo lo Spirito, si configura come un itinerario di crescente fedeltà, in cui la persona
consacrata è guidata dallo Spirito e da Lui configurata a Cristo, in piena comunione di amore e di
servizio nella Chiesa. Tutti questi elementi, calati nelle varie forme di vita consacrata, generano
una peculiare spiritualità, cioè un progetto concreto di rapporto con Dio e con l'ambiente,
caratterizzato da particolari accenti spirituali e scelte operative, che evidenziano e ripresentano
ora l'uno ora l'altro aspetto dell'unico mistero di Cristo. Quando la Chiesa riconosce una forma di
vita consacrata o un Istituto, garantisce che nel suo carisma spirituale e apostolico si trovano tutti i
requisiti oggettivi per raggiungere la perfezione evangelica personale e comunitaria. La vita
spirituale dev'essere dunque al primo posto nel programma delle Famiglie di vita consacrata, in
modo che ogni Istituto e ogni comunità si presentino come scuole di vera spiritualità evangelica.
Da questa opzione prioritaria, sviluppata nell'impegno personale e comunitario, dipendono la
fecondità apostolica, la generosità nell'amore per i poveri, la stessa attrattiva vocazionale sulle

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nuove generazioni. E' proprio la qualità spirituale della vita consacrata che può scuotere le
persone del nostro tempo, anch'esse assetate di valori assoluti, trasformandosi così in
affascinante testimonianza.
In ascolto della Parola di Dio
94. La Parola di Dio è la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un rapporto
personale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e santificante. E' per questo che la lectio
divina, fin dalla nascita degli Istituti di vita consacrata, in particolar modo nel monachesimo, ha
ricevuto la più alta considerazione. Grazie ad essa, la Parola di Dio viene trasferita nella vita, sulla
quale proietta la luce della sapienza che è dono dello Spirito. Benché tutta la Sacra Scrittura sia
«utile per insegnare» (2 Tm 3, 16) e «sorgente pura e perenne della vita spirituale», meritano
particolare venerazione gli scritti del Nuovo Testamento, soprattutto i Vangeli, che sono «il cuore
di tutte le Scritture». Gioverà pertanto alle persone consacrate fare oggetto di assidua meditazione
i testi evangelici e gli altri scritti neotestamentari che illustrano le parole e gli esempi di Cristo e
della Vergine Maria e la apostolica vivendi forma. Ad essi si sono costantemente riferiti fondatori e
fondatrici nell'accoglienza della vocazione e nel discernimento del carisma e della missione del
proprio Istituto. Di grande valore è la meditazione comunitaria della Bibbia. Realizzata secondo le
possibilità e le circostanze della vita di comunità, essa porta alla gioiosa condivisione delle
ricchezze attinte alla Parola di Dio, grazie alle quali fratelli e sorelle crescono insieme e si aiutano
a progredire nella vita spirituale. Conviene anzi che tale prassi venga proposta anche agli altri
membri del Popolo di Dio, sacerdoti e laici, promovendo nei modi consoni al proprio carisma
scuole di preghiera, di spiritualità e di lettura orante della Scrittura, nella quale Dio «parla agli
uomini come ad amici (cfr Es 33, 11; Gv 15, 14-15) e si intrattiene con essi (cfr Bar 3, 38) per
invitarli e ammetterli alla comunione con sé». Dalla meditazione della Parola di Dio, e in
particolare dei misteri di Cristo, nascono, come insegna la tradizione spirituale, l'intensità della
contemplazione e l'ardore dell'azione apostolica. Sia nella vita religiosa contemplativa che in
quella apostolica sono sempre stati uomini e donne di preghiera a realizzare, quali autentici
interpreti ed esecutori della volontà di Dio, opere grandi. Dalla frequentazione della Parola di Dio
essi hanno tratto la luce necessaria per quel discernimento individuale e comunitario che li ha
aiutati a cercare nei segni dei tempi le vie del Signore. Essi hanno così acquisito una sorta di
istinto soprannaturale , che ha loro permesso di non conformarsi alla mentalità del secolo, ma di
rinnovare la propria mente, «per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito
e perfetto» (Rm 12, 2).
In comunione con Cristo
95. Mezzo fondamentale per alimentare efficacemente la comunione col Signore è senza dubbio
la santa liturgia, in modo speciale la Celebrazione eucaristica e la Liturgia delle Ore. Innanzitutto
l'Eucaristia, nella quale «è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo,
nostra Pasqua e Pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante,

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dà vita»all'umanità. Cuore della vita ecclesiale, essa lo è anche della vita consacrata. La persona
chiamata, nella professione dei consigli evangelici, a scegliere Cristo come unico senso della sua
esistenza, come potrebbe non desiderare di instaurare con Lui una comunione sempre più
profonda mediante la partecipazione quotidiana al Sacramento che lo rende presente, al sacrificio
che ne attualizza il dono d'amore del Golgota, al convito che alimenta e sostiene il popolo di Dio
pellegrinante? L'Eucaristia sta per sua natura al centro della vita consacrata, personale e
comunitaria. Essa è viatico quotidiano e fonte della spiritualità del singolo e dell'Istituto. In essa
ogni consacrato è chiamato a vivere il mistero pasquale di Cristo, unendosi con Lui nell'offerta
della propria vita al Padre mediante lo Spirito. L'adorazione assidua e prolungata di Cristo
presente nell'Eucaristia consente in qualche modo di rivivere l'esperienza di Pietro nella
Trasfigurazione: «E' bello per noi stare qui». E nella celebrazione del mistero del Corpo e del
Sangue del Signore si consolida ed incrementa l'unità e la carità di coloro che hanno consacrato a
Dio l'esistenza. Accanto all'Eucaristia, e in intimo rapporto con essa, la Liturgia delle Ore,
celebrata comunitariamente o personalmente secondo l'indole di ciascun Istituto, in comunione
con la preghiera della Chiesa, esprime la vocazione alla lode e all'intercessione, che è propria
delle persone consacrate. Alla medesima Eucaristia dice profonda relazione l'impegno di
conversione continua e di necessaria purificazione, che le persone consacrate sviluppano nel
sacramento della Riconciliazione. Mediante l'incontro frequente con la misericordia di Dio esse
purificano e rinnovano il loro cuore e, attraverso l'umile riconoscimento dei peccati, rendono
trasparente il proprio rapporto con Lui; la gioiosa esperienza del perdono sacramentale, nel
cammino condiviso con i fratelli e le sorelle, rende il cuore docile e stimola l'impegno ad una
crescente fedeltà. E' di grande sostegno per progredire nel cammino evangelico, specialmente nel
periodo di formazione e in certi momenti della vita, il ricorso fiducioso e umile alla direzione
spirituale, grazie alla quale la persona è aiutata a rispondere alle mozioni dello Spirito con
generosità e ad orientarsi decisamente verso la santità. Esorto, infine, tutte le persone consacrate,
secondo le proprie tradizioni, a rinnovare quotidianamente l'unione spirituale con la Vergine Maria,
ripercorrendo con lei i misteri del Figlio, particolarmente con la recita del Santo Rosario.
III. ALCUNI AREOPAGHI DELLA MISSIONE
Presenza nel mondo dell'educazione
96. La Chiesa ha sempre percepito che l'educazione è un elemento essenziale della sua
missione. Suo Maestro interiore è lo Spirito Santo, il quale penetra le profondità più inaccessibili
del cuore di ogni uomo e conosce il segreto dinamismo della storia. Tutta la Chiesa è animata
dallo Spirito e con Lui svolge la sua opera educatrice. All'interno della Chiesa, tuttavia, un compito
specifico spetta in questo campo alle persone consacrate, le quali sono chiamate a immettere
nell'orizzonte educativo la testimonianza radicale dei beni del Regno, proposti ad ogni uomo
nell'attesa dell'incontro definitivo col Signore della storia. Per la loro speciale consacrazione, per la
peculiare esperienza dei doni dello Spirito, per l'assiduo ascolto della Parola e l'esercizio del
discernimento, per il ricco patrimonio di tradizioni educative accumulato nel tempo dal proprio

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Istituto, per la approfondita conoscenza della verità spirituale (cfr Ef 1, 17), le persone consacrate
sono in grado di sviluppare un'azione educativa particolarmente efficace, offrendo uno specifico
contributo alle iniziative degli altri educatori ed educatrici. Munite di questo carisma, esse possono
dar vita ad ambienti educativi permeati dallo spirito evangelico di libertà e di carità, nei quali i
giovani sono aiutati a crescere in umanità sotto la guida dello Spirito. In questo modo la comunità
educativa diventa esperienza di comunione e luogo di grazia, dove il progetto pedagogico
contribuisce ad unire in sintesi armonica il divino e l'umano, il Vangelo e la cultura, la fede e la
vita. La storia della Chiesa, dall'antichità ai nostri giorni, è ricca di ammirevoli esempi di persone
consacrate che hanno vissuto e vivono la tensione alla santità mediante l'impegno pedagogico,
proponendo allo stesso tempo la santità quale meta educativa. Di fatto, molte di esse hanno
realizzato la perfezione della carità educando. Questo è uno dei doni più preziosi che le persone
consacrate possono offrire anche oggi alla gioventù, facendola oggetto di un servizio pedagogico
ricco di amore, secondo il sapiente avvertimento di san Giovanni Bosco: «I giovani non siano solo
amati, ma conoscano anche d'essere amati».
Necessità di rinnovato impegno nel campo educativo
97. Consacrati e consacrate manifestino, con delicato rispetto unito a coraggio missionario, che la
fede in Gesù Cristo illumina tutto il campo dell'educazione, non pregiudicando, ma piuttosto
confermando ed elevando gli stessi valori umani. In tal modo essi si fanno testimoni e strumenti
della potenza dell'Incarnazione e della forza dello Spirito. Questo loro compito è una delle
espressioni più significative di quella maternità che la Chiesa, ad immagine di Maria, esercita
verso tutti i suoi figli. per questo che il Sinodo ha esortato insistentemente le persone consacrate a
riprendere con nuovo impegno, là dove è possibile, la missione dell'educazione con scuole di ogni
tipo e grado, Università e Istituti superiori. Facendo mia l'indicazione sinodale, invito caldamente i
membri degli Istituti dediti all'educazione ad essere fedeli al loro carisma originario ed alle loro
tradizioni, consci che l'amore preferenziale per i poveri trova una sua particolare applicazione nella
scelta dei mezzi atti a liberare gli uomini da quella grave forma di miseria che è la mancanza di
formazione culturale e religiosa. Data l'importanza che le Università e le Facoltà cattoliche ed
ecclesiastiche assumono nel campo dell'educazione e dell'evangelizzazione, gli Istituti che ne
hanno la conduzione siano consci della loro responsabilità, facendo sì che in esse, mentre si
dialoga attivamente con l'attuale contesto culturale, sia conservata la peculiare indole cattolica, in
piena fedeltà al Magistero della Chiesa. Inoltre, secondo le circostanze, i membri di questi Istituti e
Società siano pronti ad entrare nelle strutture educative statali. A questo tipo di intervento sono
particolarmente chiamati, per loro specifica vocazione, i membri degli Istituti secolari.
Evangelizzare la cultura
98. Gli Istituti di vita consacrata hanno sempre avuto un grande influsso nella formazione e nella
trasmissione della cultura. Ciò è accaduto nel medioevo, quando i monasteri divennero luoghi di
accesso alle ricchezze culturali del passato e di elaborazione di una nuova cultura umanistica e

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cristiana. Ciò si è avverato ogni qualvolta la luce del Vangelo ha raggiunto nuovi popoli. Molte
persone consacrate hanno promosso la cultura, e spesso hanno investigato e difeso le culture
autoctone. Il bisogno di contribuire alla promozione della cultura, al dialogo fra cultura e fede, è
avvertito oggi nella Chiesa in modo tutto particolare. consacrati non possono non sentirsi
interpellati da questa urgenza. Anch'essi sono chiamati a individuare, nell'annuncio della Parola di
Dio, metodi più appropriati alle esigenze dei diversi gruppi umani e dei molteplici ambiti
professionali, perché la luce di Cristo penetri ogni settore umano ed il fermento della salvezza
trasformi dall'interno il vivere sociale, favorendo l'affermarsi di una cultura permeata di valori
evangelici. Anche attraverso tale impegno, alla soglia del terzo millennio cristiano, la vita
consacrata potrà rinnovare la sua corrispondenza ai desideri di Dio, il quale viene incontro a tutte
le persone che, consapevolmente o inconsapevolmente, vanno come a tentoni cercando la Verità
e la Vita (cfr At 17, 27). Ma al di là del servizio rivolto agli altri, anche all'interno della vita
consacrata c'è bisogno di rinnovato amore per l'impegno culturale, di dedizione allo studio come
mezzo per la formazione integrale e come percorso ascetico, straordinariamente attuale, di fronte
alla diversità delle culture. Diminuire l'impegno per lo studio può avere pesanti conseguenze
anche sull'apostolato, generando un senso di emarginazione e di inferiorità o favorendo
superficialità e avventatezza nelle iniziative. Nella diversità dei carismi e delle reali possibilità dei
singoli Istituti, l'impegno dello studio non si può ridurre alla formazione iniziale o al conseguimento
di titoli accademici e di competenze professionali. Esso è piuttosto espressione del mai appagato
desiderio di conoscere più a fondo Dio, abisso di luce e fonte di ogni umana verità. Per questo,
tale impegno non isola la persona consacrata in un astratto intellettualismo, né la rinchiude nelle
spire di un soffocante narcisismo; è invece sprone al dialogo e alla condivisione, è formazione alla
capacità di giudizio, è stimolo alla contemplazione e alla preghiera, nella continua ricerca di Dio e
della sua azione nella complessa realtà del mondo contemporaneo. La persona consacrata,
lasciandosi trasformare dallo Spirito, diventa capace di ampliare gli orizzonti degli angusti desideri
umani e, nello stesso tempo, di cogliere le dimensioni profonde di ogni individuo e della sua storia,
al di là degli aspetti più vistosi ma spesso marginali. Innumerevoli sono oggi i campi di sfida che
emergono dalle varie culture: ambiti nuovi o tradizionalmente frequentati dalla vita consacrata, con
i quali urge mantenere fecondi rapporti, in atteggiamento di vigile senso critico ma anche di
fiduciosa attenzione verso chi affronta le difficoltà tipiche del lavoro intellettuale, specie quando, in
presenza degli inediti problemi del nostro tempo, occorre tentare analisi e sintesi nuove. Una seria
e valida evangelizzazione dei nuovi ambiti, ove si elabora e si trasmette la cultura, non può essere
operata senza un'attiva collaborazione con i laici ivi impegnati.
Presenza nel mondo della comunicazione sociale
99. Come nel passato le persone consacrate hanno saputo porsi con ogni mezzo al servizio
dell'evangelizzazione, affrontando genialmente le difficoltà, così oggi sono interpellate in modo
nuovo dall'esigenza di testimoniare il Vangelo attraverso i mezzi della comunicazione sociale. Tali
mezzi hanno assunto una capacità di irradiazione cosmica mediante potentissime tecnologie, in
grado di raggiungere ogni angolo della terra. Le persone consacrate, soprattutto quando per

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carisma istituzionale operano in questo campo, sono tenute ad acquisire una seria conoscenza
del linguaggio proprio di tali mezzi, per parlare in modo efficace di Cristo all'uomo d'oggi,
interpretandone «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce», e contribuire così
all'edificazione di una società in cui tutti si sentano fratelli e sorelle in cammino verso Dio. Occorre
tuttavia essere vigili nei confronti dell'uso distorto di questi mezzi, a motivo dello straordinario
potere di persuasione di cui dispongono. E' bene non nascondersi i problemi che possono
derivarne alla stessa vita consacrata; occorre piuttosto affrontarli con illuminato discernimento. La
risposta della Chiesa è soprattutto educativa: mira a promuovere un atteggiamento di corretta
comprensione delle dinamiche soggiacenti ed una attenta valutazione etica dei programmi, come
pure l'adozione di sane abitudini nella loro fruizione. In questo compito educativo, volto a formare
sapienti recettori ed esperti comunicatori, le persone consacrate sono chiamate ad offrire la loro
particolare testimonianza sulla relatività di tutte le realtà visibili, aiutando i fratelli a valorizzarle
secondo il disegno di Dio, ma anche a liberarsi dalla cattura ossessiva della scena di questo
mondo che passa (cfr 1 Cor 7, 31). Ogni sforzo in questo importante e nuovo campo apostolico va
incoraggiato, affinché il Vangelo di Cristo risuoni anche attraverso questi mezzi moderni. I vari
Istituti siano pronti a collaborare, con l'apporto di forze, mezzi e persone, per realizzare progetti
comuni nei vari settori della comunicazione sociale. Le persone consacrate, inoltre, specie i
membri degli Istituti secolari, prestino volentieri il loro servizio, secondo le opportunità pastorali,
anche per la formazione religiosa dei responsabili e degli operatori della comunicazione sociale
pubblica o privata, affinché da una parte siano scongiurati i danni provocati dall'uso viziato dei
mezzi e dall'altra venga promossa una superiore qualità delle trasmissioni, con messaggi
rispettosi della legge morale e ricchi di valori umani e cristiani.
IV. IMPEGNATI NEL DIALOGO CON TUTTI
Al servizio dell'unità dei cristiani
100. La preghiera di Cristo al Padre prima della Passione, perché i suoi discepoli rimangano
nell'unità (cfr Gv 17, 21-23), continua nella preghiera e nell'azione della Chiesa. Come potrebbero
non sentirsene coinvolti i chiamati alla vita consacrata? La ferita della disunione tuttora esistente
fra i credenti in Cristo e l'urgenza di pregare e lavorare per promuovere l'unità di tutti i cristiani
sono state particolarmente avvertite al Sinodo. La sensibilità ecumenica di consacrati e
consacrate è ravvivata anche dalla consapevolezza che in altre Chiese e Comunità ecclesiali si
conserva ed è fiorente il monachesimo, come nel caso delle Chiese orientali, o si rinnova la
professione dei consigli evangelici, come nella Comunione anglicana e nelle Comunità della
Riforma. Il Sinodo ha messo in luce il profondo legame della vita consacrata con la causa
dell'ecumenismo e l'urgenza di una testimonianza più intensa in questo campo. Se infatti l'anima
dell'ecumenismo è la preghiera e la conversione,non v'è dubbio che gli Istituti di vita consacrata e
le Società di vita apostolica hanno un particolare dovere di coltivare questo impegno. E' urgente,
pertanto, che nella vita delle persone consacrate si aprano spazi maggiori alla orazione
ecumenica ed alla testimonianza autenticamente evangelica, affinché con la forza dello Spirito

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Santo si possano abbattere i muri delle divisioni e dei pregiudizi tra i cristiani.
Forme di dialogo ecumenico
101. La condivisione della lectio divina nella ricerca della verità, la partecipazione alla preghiera
comune, nella quale il Signore garantisce la sua presenza (cfr Mt 18, 20), il dialogo dell'amicizia e
della carità che fa sentire come è bello che i fratelli vivano insieme (cfr Sal 133[132]), la cordiale
ospitalità praticata verso i fratelli e le sorelle delle diverse confessioni cristiane, la mutua
conoscenza e lo scambio dei doni, la collaborazione in iniziative comuni di servizio e di
testimonianza, sono altrettante forme del dialogo ecumenico, espressioni gradite al Padre comune
e segni della volontà di camminare insieme verso l'unità perfetta sulla via della verità e dell'amore.
Anche la conoscenza della storia, della dottrina, della liturgia, dell'attività caritativa e apostolica
degli altri cristiani non mancherà di giovare ad un'azione ecumenica sempre più incisiva. Voglio
incoraggiare quegli Istituti che, per nativo carattere o per successiva chiamata, si dedicano alla
promozione dell'unità dei cristiani e per essa coltivano iniziative di studio e di azione concreta. In
realtà, nessun Istituto di vita consacrata deve sentirsi dispensato dal lavorare per questa causa.
Rivolgo inoltre il mio pensiero alle Chiese orientali cattoliche auspicando che, anche attraverso il
monachesimo maschile e femminile, la cui fioritura è grazia che va costantemente implorata, esse
possano giovare all'unità con le Chiese ortodosse, grazie al dialogo della carità e alla condivisione
della comune spiritualità, patrimonio della Chiesa indivisa del primo millennio. Affido in modo
particolare l'ecumenismo spirituale della preghiera, della conversione del cuore e della carità ai
monasteri di vita contemplativa. A questo scopo incoraggio la loro presenza là dove vivono
comunità cristiane di varie confessioni, affinché la loro totale dedizione all'«unico necessario» (cfr
Lc 10, 42), al culto di Dio e all'intercessione per la salvezza del mondo, unitamente alla loro
testimonianza di vita evangelica, secondo i propri carismi, sia per tutti uno stimolo a vivere, ad
immagine della Trinità, in quella unità che Gesù ha voluto e chiesto al Padre per tutti i suoi
discepoli.
Il dialogo interreligioso
102. Dal momento che «il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della
Chiesa», gli Istituti di vita consacrata non possono esimersi dall'impegnarsi anche in questo
campo, ciascuno secondo il proprio carisma e seguendo le indicazioni dell'autorità ecclesiastica.
La prima forma di evangelizzazione nei confronti di fratelli e sorelle di altra religione sarà la stessa
testimonianza di una vita povera, umile e casta, permeata di amore fraterno per tutti. Nel
medesimo tempo, la libertà di spirito che è propria della vita consacrata favorirà quel «dialogo di
vita»in cui si attua un modello fondamentale di missione e di annuncio del Vangelo di Cristo. Per
favorire la mutua conoscenza, il vicendevole rispetto e la carità, gli Istituti religiosi potranno inoltre
coltivare opportune forme di dialogo, improntate a cordiale amicizia e reciproca sincerità, con gli
ambienti monastici di altre religioni. Un altro ambito di collaborazione con uomini e donne di
diversa tradizione religiosa è costituito dalla comune sollecitudine per la vita umana, che va dalla

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compassione per la sofferenza fisica e spirituale, all'impegno per la giustizia, la pace e la
salvaguardia del creato. In questi settori saranno soprattutto gli Istituti di vita attiva a cercare
l'intesa con i membri di altre religioni, in quel «dialogo delle opere»che prepara la via ad una
condivisione più profonda. Un campo particolare di incontro operoso con persone di altre tradizioni
religiose è pure quello della ricerca e della promozione della dignità della donna. Nell'ottica
dell'uguaglianza e della giusta reciprocità tra uomo e donna, un servizio prezioso può essere reso
soprattutto dalle donne consacrate. Questi e altri impegni delle persone consacrate a servizio del
dialogo interreligioso esigono una adeguata preparazione nella formazione iniziale e nella
formazione permanente, come pure nello studio e nella ricerca,dal momento che in questo non
facile settore occorre profonda conoscenza del cristianesimo e delle altre religioni, accompagnata
da fede solida e da maturità spirituale ed umana.
Una risposta di spiritualità alla ricerca del sacro e alla nostalgia di Dio
103. Quanti abbracciano la vita consacrata, uomini e donne, si pongono, per la natura stessa della
loro scelta, come interlocutori privilegiati di quella ricerca di Dio che da sempre agita il cuore
dell'uomo e lo conduce a molteplici forme di ascesi e di spiritualità. Tale ricerca oggi, in molte
regioni, emerge con insistenza come risposta a culture tendenti, se non sempre a negare, certo ad
emarginare la dimensione religiosa dell'esistenza. Le persone consacrate, vivendo con coerenza e
in pienezza gli impegni liberamente assunti, possono offrire una risposta agli aneliti dei loro
contemporanei, affrancandoli da soluzioni per lo più illusorie e spesso negatrici dell'incarnazione
salvifica del Cristo (cfr 1 Gv 4, 2-3), quali, ad esempio, vengono proposte dalle sette. Praticando
un'ascesi personale e comunitaria, che purifica e trasfigura l'intera esistenza, esse testimoniano,
contro la tentazione dell'egocentrismo e della sensualità, i caratteri dell'autentica ricerca di Dio ed
ammoniscono a non confonderla con la sottile ricerca di se stessi o con la fuga nella gnosi. Ogni
persona consacrata è impegnata a coltivare l'uomo interiore, che non si estrania dalla storia né si
ripiega su di sé. Vivendo in ascolto obbediente della Parola, di cui la Chiesa è custode e
interprete, essa addita nel Cristo sommamente amato e nel Mistero trinitario l'oggetto dell'anelito
profondo del cuore umano e l'approdo di ogni itinerario religioso sinceramente aperto alla
trascendenza. Per questo le persone consacrate hanno il dovere di offrire generosamente
accoglienza e accompagnamento spirituale a quanti, mossi dalla sete di Dio e desiderosi di vivere
le esigenze della fede, si rivolgono a loro.
CONCLUSIONE
La sovrabbondanza della gratuità
104. Non sono pochi coloro che oggi si interrogano perplessi: Perché la vita consacrata? Perché
abbracciare questo genere di vita, dal momento che vi sono tante urgenze, nell'ambito della carità
e della stessa evangelizzazione, a cui si può rispondere anche senza assumersi gli impegni
peculiari della vita consacrata? Non è forse, la vita consacrata, una sorta di «spreco» di energie

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umane utilizzabili secondo un criterio di efficienza per un bene più grande a vantaggio dell'umanità
e della Chiesa? Queste domande sono più frequenti nel nostro tempo, perché stimolate da una
cultura utilitaristica e tecnocratica, che tende a valutare l'importanza delle cose e delle stesse
persone in rapporto alla loro immediata «funzionalità». Ma interrogativi simili sono esistiti sempre,
come dimostra eloquentemente l'episodio evangelico dell'unzione di Betania: «Maria, presa una
libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i
suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento» ( Gv 12, 3). A Giuda che,
prendendo a pretesto il bisogno dei poveri, si lamentava per tanto spreco, Gesù rispose: «Lasciala
fare!» (Gv 12, 7). E' questa la risposta sempre valida alla domanda che tanti, anche in buona fede,
si pongono circa l'attualità della vita consacrata: Non si potrebbe investire la propria esistenza in
modo più efficiente e razionale per il miglioramento della società? Ecco la risposta di Gesù:
«Lasciala fare!». A chi è concesso il dono inestimabile di seguire più da vicino il Signore Gesù
appare ovvio che Egli possa e debba essere amato con cuore indiviso, che a Lui si possa
dedicare tutta la vita e non solo alcuni gesti o alcuni momenti o alcune attività. L'unguento
prezioso versato come puro atto di amore, e perciò al di là di ogni considerazione «utilitaristica», è
segno di una sovrabbondanza di gratuità, quale si esprime in una vita spesa per amare e per
servire il Signore, per dedicarsi alla sua persona e al suo Corpo mistico. Ma è da questa vita
«versata» senza risparmio che si diffonde un profumo che riempie tutta la casa. La casa di Dio, la
Chiesa, è, oggi non meno di ieri, adornata e impreziosita dalla presenza della vita consacrata.
Quello che agli occhi degli uomini può apparire come uno spreco, per la persona avvinta nel
segreto del cuore dalla bellezza e dalla bontà del Signore è un'ovvia risposta d'amore, è esultante
gratitudine per essere stata ammessa in modo tutto speciale alla conoscenza del Figlio ed alla
condivisione della sua divina missione nel mondo. «Se un figlio di Dio conoscesse e gustasse
l'amore divino, Dio increato, Dio incarnato, Dio passionato, che è il sommo bene, gli si darebbe
tutto, si sottrarrebbe non solo alle altre creature, ma perfino a se stesso e con tutto se stesso
amerebbe questo Dio d'amore fino a trasformarsi tutto nel Dio-uomo, che è il sommo Amato».
La vita consacrata al servizio del Regno di Dio
105. «Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi»? Al di là delle superficiali valutazioni di
funzionalità, la vita consacrata è importante proprio nel suo essere sovrabbondanza di gratuità e
d'amore, e ciò tanto più in un mondo che rischia di essere soffocato nel vortice dell'effimero.
«Senza questo segno concreto, la carità che anima l'intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il
paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il «sale» della fede di diluirsi in un mondo in fase di
secolarizzazione». La vita della Chiesa e la stessa società hanno bisogno di persone capaci di
dedicarsi totalmente a Dio e agli altri per amore di Dio. La Chiesa non può assolutamente
rinunciare alla vita consacrata, perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza
«sponsale». In essa trova nuovo slancio e forza l'annuncio del Vangelo a tutto il mondo. C'è
bisogno infatti di chi presenti il volto paterno di Dio e il volto materno della Chiesa, di chi metta in
gioco la propria vita, perché altri abbiano vita e speranza. Alla Chiesa sono necessarie persone
consacrate le quali, prima ancora di impegnarsi a servizio dell'una o dell'altra nobile causa, si

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lascino trasformare dalla grazia di Dio e si conformino pienamente al Vangelo. La Chiesa intera
trova nelle sue mani questo grande dono e in atteggiamento di gratitudine si dedica a promuoverlo
con la stima, la preghiera, l'invito esplicito ad accoglierlo. E' importante che Vescovi, presbiteri e
diaconi, convinti dell'eccellenza evangelica di questo genere di vita, lavorino per scoprire e
sostenere i germi di vocazione con la predicazione, il discernimento e un saggio
accompagnamento spirituale. A tutti i fedeli si chiede una costante preghiera per le persone
consacrate, perché il loro fervore e la loro capacità d'amare aumentino continuamente,
contribuendo a diffondere nell'odierna società il buon profumo di Cristo (cfr 2 Cor 2, 15). L'intera
comunità cristiana — pastori, laici e persone consacrate — è responsabile della vita consacrata,
dell'accoglienza e del sostegno offerto alle nuove vocazioni.
Alla gioventù
06. A voi, giovani, dico: Se avvertite la chiamata del Signore, non respingetela! Inseritevi,
piuttosto, coraggiosamente nelle grandi correnti di santità, che insigni sante e santi hanno avviato
al seguito di Cristo. Coltivate gli aneliti tipici della vostra età, ma aderite prontamente al progetto di
Dio su di voi, se Egli vi invita a cercare la santità nella vita consacrata. Ammirate tutte le opere di
Dio nel mondo, ma sappiate fissare lo sguardo sulle realtà destinate a non tramontare mai. Il terzo
millennio attende il contributo della fede e dell'inventiva di schiere di giovani consacrati, perché il
mondo sia reso più sereno e capace di accogliere Dio e, in Lui, tutti i suoi figli e figlie.
Alle famiglie
107. Mi rivolgo a voi, famiglie cristiane. Voi, genitori, rendete grazie al Signore se ha chiamato alla
vita consacrata qualcuno dei vostri figli. Deve essere considerato — come è sempre stato — un
grande onore che il Signore guardi ad una famiglia e scelga qualcuno dei suoi componenti per
invitarlo ad intraprendere la via dei consigli evangelici! Coltivate il desiderio di dare al Signore
qualcuno dei vostri figli per la crescita dell'amore di Dio nel mondo. Quale frutto dell'amore
coniugale potrebbe esservi più bello di questo? E' necessario ricordare che se i genitori non
vivono i valori evangelici, difficilmente il giovane e la giovane potranno percepire la chiamata,
comprendere la necessità dei sacrifici da affrontare, apprezzare la bellezza della meta da
raggiungere. E' nella famiglia, infatti, che i giovani fanno le prime esperienze dei valori evangelici,
dell'amore che si dona a Dio e agli altri. Occorre pure che essi vengano educati all'uso
responsabile della propria libertà, per essere disposti a vivere, secondo la loro vocazione, delle più
alte realtà spirituali. Prego perché voi, famiglie cristiane, unite al Signore con la preghiera e la vita
sacramentale, siate vivai accoglienti di vocazioni.
Agli uomini e alle donne di buona volontà
108. A tutti gli uomini e le donne che vorranno ascoltare la mia voce, desidero far giungere l'invito
a cercare le vie che conducono al Dio vivo e vero anche nei percorsi tracciati dalla vita

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consacrata. Le persone consacrate testimoniano che «chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, si
fa anch'egli più uomo». Quante di esse si sono chinate, e continuano a chinarsi, come buoni
samaritani sulle innumerevoli ferite dei fratelli e delle sorelle che incontrano sulla loro strada!
Guardate a queste persone afferrate da Cristo, che indicano nel dominio di sé, sostenuto dalla
grazia e dall'amore di Dio, il rimedio contro l'avidità di avere, di godere, di dominare. Non
dimenticate i carismi che hanno plasmato meravigliosi «ricercatori di Dio» e benefattori
dell'umanità, che hanno aperto vie sicure a coloro che cercano Dio con cuore sincero. Considerate
il gran numero di santi cresciuti in questo genere di vita, considerate il bene fatto al mondo, ieri e
oggi, da chi si è dedicato a Dio! Questo nostro mondo non ha forse bisogno di gioiosi testimoni e
profeti della potenza benefica dell'amore di Dio? Non ha bisogno anche di uomini e donne che,
con la loro vita e la loro azione, sappiano gettare semi di pace e di fraternità?
Alle persone consacrate
109. Ma è soprattutto a voi, donne e uomini consacrati, che al termine di questa Esortazione
rivolgo il mio appello fiducioso: vivete pienamente la vostra dedizione a Dio, per non lasciar
mancare a questo mondo un raggio della divina bellezza che illumini il cammino dell'esistenza
umana. I cristiani, immersi nelle occupazioni e nelle preoccupazioni di questo mondo, ma chiamati
anch'essi alla santità, hanno bisogno di trovare in voi cuori purificati che nella fede «vedono» Dio,
persone docili all'azione dello Spirito Santo che camminano spedite nella fedeltà al carisma della
chiamata e della missione. Voi sapete bene di aver intrapreso un cammino di conversione
continua, di dedizione esclusiva all'amore di Dio e dei fratelli, per testimoniare sempre più
splendidamente la grazia che trasfigura l'esistenza cristiana. Il mondo e la Chiesa cercano
autentici testimoni di Cristo. E la vita consacrata è un dono che Dio offre perché sia posto davanti
agli occhi di tutti l'«unico necessario» (cfr Lc 10, 42). Dare testimonianza a Cristo con la vita, con
le opere e con le parole è peculiare missione della vita consacrata nella Chiesa e nel mondo. Voi
sapete a Chi avete creduto (cfr 2 Tm 1, 12): dategli tutto! I giovani non si lasciano ingannare:
venendo a voi, essi vogliono vedere ciò che non vedono altrove. Avete un compito immenso nei
confronti del domani: specialmente i giovani consacrati, testimoniando la loro consacrazione,
possono indurre i loro coetanei al rinnovamento della loro vita. L'amore appassionato per Gesù
Cristo è una potente attrazione per gli altri giovani, che Egli nella sua bontà chiama a seguirlo da
vicino e per sempre. I nostri contemporanei vogliono vedere nelle persone consacrate la gioia che
proviene dall'essere con il Signore. Persone consacrate, anziane e giovani, vivete la fedeltà al
vostro impegno verso Dio, in mutua edificazione e con mutuo sostegno. Nonostante le difficoltà
che talvolta avete potuto incontrare e l'indebolimento della stima per la vita consacrata in una
certa opinione pubblica, voi avete il compito di invitare nuovamente gli uomini e le donne del
nostro tempo a guardare in alto, a non farsi travolgere dalle cose di ogni giorno, ma a lasciarsi
affascinare da Dio e dal Vangelo del suo Figlio. Non dimenticate che voi, in modo particolarissimo,
potete e dovete dire non solo che siete di Cristo, ma che «siete divenuti Cristo»!
Guardare al futuro

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110. Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da
costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi.
Fate della vostra vita un'attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che
vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e
all'uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il
suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile
contributo alla trasfigurazione del mondo. Questo nostro mondo affidato alle mani dell'uomo,
mentre sta entrando nel nuovo millennio, possa essere sempre più umano e giusto, segno e
anticipazione del mondo futuro, nel quale Egli, il Signore umile e glorificato, povero ed esaltato,
sarà la gioia piena e duratura per noi e per i nostri fratelli e sorelle, con il Padre e lo Spirito Santo.
Preghiera alla Trinità
111. Trinità Santissima, beata e beatificante, rendi beati i tuoi figli e le tue figlie che hai chiamato a
confessare la grandezza del tuo amore, della tua bontà misericordiosa e della tua bellezza. Padre
Santo, santifica i figli e le figlie che si sono consacrati a Te, per la gloria del tuo nome.
Accompagnali con la tua potenza, perché possano testimoniare che Tu sei l'Origine di tutto, l'unica
sorgente dell'amore e della libertà. Ti ringraziamo per il dono della vita consacrata, che nella fede
cerca Te e nella sua missione universale invita tutti a camminare verso Te. Salvatore Gesù, Verbo
Incarnato, come hai consegnato la tua forma di vita a quelli che hai chiamato, continua ad attirare
a Te persone che, per l'umanità del nostro tempo, siano depositarie di misericordia, preannuncio
del tuo ritorno, segno vivente dei beni della risurrezione futura. Nessuna tribolazione li separi da
Te e dal tuo amore! Spirito Santo, Amore riversato nei cuori, che dai grazia ed ispirazione alle
menti, Fonte perenne di vita, che porti a compimento la missione di Cristo con i numerosi carismi,
noi Ti preghiamo per tutte le persone consacrate. Riempi il loro cuore con l'intima certezza
d'essere state prescelte per amare, lodare e servire. Fa' gustare loro la tua amicizia, riempile della
tua gioia e del tuo conforto, aiutale a superare i momenti di difficoltà e a rialzarsi con fiducia dopo
le cadute, rendile specchio della bellezza divina. Da' loro il coraggio di affrontare le sfide del nostro
tempo e la grazia di portare agli uomini la benignità e l'umanità del Salvatore nostro Gesù Cristo
(cfr Tit 3, 4).
Invocazione alla Vergine Maria
112. Maria, figura della Chiesa,
Sposa senza ruga e senza macchia,
che imitandoti «conserva verginalmente integra la fede,
salda la speranza, sincera la carità»,
sostieni le persone consacrate
nel loro tendere all'eterna e unica Beatitudine.
A Te,
Vergine della Visitazione,

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le affidiamo,
perché sappiano correre incontro
alle necessità umane,
per portare aiuto, ma soprattutto per portare Gesù.
Insegna loro a proclamare le meraviglie
che il Signore compie nel mondo,
perché i popoli tutti magnifichino il suo nome.
Sostienile nella loro opera a favore dei poveri,
degli affamati, dei senza speranza,
degli ultimi e di tutti coloro
che cercano il Figlio tuo con cuore sincero.
A te, Madre,
che vuoi il rinnovamento spirituale e apostolico
dei tuoi figli e figlie nella risposta d'amore
e di dedizione totale a Cristo,
rivolgiamo fiduciosi la nostra preghiera.
Tu che hai fatto la volontà del Padre,
pronta nell'obbedienza, coraggiosa nella povertà,
accogliente nella verginità feconda,
ottieni dal tuo divin Figlio
che quanti hanno ricevuto il dono
di seguirlo nella vita consacrata
lo sappiano testimoniare
con una esistenza trasfigurata,
camminando gioiosamente,
con tutti gli altri fratelli e sorelle,
verso la patria celeste
e la luce che non conosce tramonto.
Te lo chiediamo,
perché in tutti e in tutto sia glorificato,
benedetto e amato il Sommo Signore
di tutte le cose
che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore, dell'anno
1996, decimottavo di Pontificato.
GIOVANNI PAOLO II

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