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1.1 Page 1

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CONGREGAZIONE PER IL CLERO
DIRETTORIO
PER IL MINISTERO
E LA VITA DEI PRESBITERI
NUOVA EDIZIONE

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ISBN
Cpyright LEV
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1.3 Page 3

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PRESENTAZIONE
Il fenomeno della “secolarizzazione”, cioè la tendenza a vi-
vere la vita in una proiezione orizzontale, mettendo da parte o
neutralizzando, pur accettando volentieri il discorso religioso, la
dimensione del trascendente, da diversi decenni coinvolge senza
esclusione tutti i battezzati, in una misura tale da impegnare colo-
ro che hanno il compito, per mandato divino, di guidare la Chiesa
a prendere decisa posizione. Uno dei suoi effetti più rilevanti è
l’allontanamento dalla pratica religiosa, con un rifiuto sia del depo-
situm fidei così come è autenticamente insegnato dal Magistero cat-
tolico, sia dell’autorità e del ruolo dei sacri ministri, chiamati a sé
da Cristo (Mc 3,13-19) a cooperare al suo piano di salvezza e con-
durre gli uomini all’obbedienza della fede (cf. Sir 48,10; Eb 4,1-
11; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 144ss.). Tale allontanamento,
a volte consapevole, altre volte è indotto da forme abitudinarie
subdolamente imposte dalla cultura dominante con l’intento di
scristianizzare la società civile.
Da qui il particolare impegno profuso da Benedetto XVI fin
dalle prime battute del suo pontificato, e volto a una rivalutazione
della dottrina cattolica come sistemazione organica della sapienza
autenticamente rivelata da Dio e che ha in Cristo il suo compi-
mento, dottrina il cui valore veritativo è alla portata dell’intelli-
genza di tutti gli uomini (cf. CCC, n. 27ss).
Se è vero che la Chiesa esiste, vive e si perpetua nel tempo
per mezzo della missione evangelizzatrice (cf. CONCILIO VATI-
CANO II, decreto Ad Gentes), appare chiaro che per essa l’effetto
più deleterio causato dalla dilagante secolarizzazione è la crisi del
ministero sacerdotale che da una parte si manifesta nella sensibile
riduzione delle vocazioni, e dall’altra nella diffusione di uno spiri-
to di vera e propria perdita di senso soprannaturale della missione
sacerdotale; forme, queste, di inautenticità che non poche volte,
nelle degenerazioni più estreme, hanno fatto conoscere situazioni
di gravi sofferenze. Per questo motivo, la riflessione sul futuro del
sacerdozio coincide con il futuro dell’evangelizzazione e perciò
3

1.4 Page 4

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della Chiesa stessa.
Nel 1992, il Beato Giovanni Paolo II, con l’Esortazione
post-sinodale Pastores dabo vobis, aveva già messo ampiamente in
luce quanto stiamo dicendo, e aveva spinto successivamente a
prendere in seria considerazione il problema attraverso una serie
di interventi e iniziative.
Inoltre, a questo proposito, va senza dubbio ricordato in
modo del tutto singolare l’Anno Sacerdotale 2009-2010, significa-
tivamente celebrato in concomitanza con il 150° anniversario del-
la morte di S. Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci e dei
sacerdoti in cura d’anime.
Sono state queste le ragioni fondamentali che, dopo lunga se-
rie di consultazioni, ci spinsero a redigere, nel 1994, la prima edi-
zione del Direttorio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, uno stru-
mento atto a fare luce e ad essere da guida nell’impegno di rinno-
vamento spirituale dei sacri ministri, apostoli sempre più disorien-
tati, immersi in un mondo difficile e continuamente mutevole.
La proficua esperienza dell’Anno Sacerdotale (la cui eco è
ancora vicina), la promozione di una «nuova evangelizzazione», le
ulteriori e preziose indicazioni del magistero di Benedetto XVI e,
purtroppo, le dolorose ferite che hanno tormentato la Chiesa per
la condotta di alcuni suoi ministri, ci hanno esortati a ripensare
una nuova edizione del Direttorio, che potesse essere più congenia-
le al momento storico presente, pur mantenendo sostanzialmente
inalterato lo schema del documento originale, nonché, natural-
mente, l’insegnamento perenne della teologia e della spiritualità
del sacerdozio cattolico. Già nella sua breve Introduzione ne ap-
parivano chiare le intenzioni: «È sembrato opportuno richiamare
quegli elementi dottrinali fondamentali che sono al centro
dell’identità, della spiritualità e della formazione permanente dei
presbiteri, perché aiutino ad approfondire il significato dell’essere
sacerdote e ad accrescere la sua esclusiva relazione con Gesù Cri-
sto Capo e Pastore: il che necessariamente andrà a beneficio di
tutto l’essere ed agire del presbitero. […] Questo Direttorio è un
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1.5 Page 5

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documento di edificazione e di santificazione dei sacerdoti in un
mondo, per molti versi, secolarizzato e indifferente».
Vale la pena riconsiderare alcuni temi tradizionali che sono
stati via via messi in ombra o talvolta apertamente respinti, a be-
neficio di una visione funzionalistica del sacerdote come “profes-
sionista del sacro”, o di una concezione “politica” che gli dà di-
gnità e valore solo se attivo nel sociale. Tutto questo ha sovente
mortificato la dimensione più connotativa, e che si potrebbe defi-
nire “sacramentale”, ovvero del ministro che, mentre elargisce i
tesori della grazia divina, egli stesso è di Cristo, e pur restando nei
limiti di una umanità ferita dal peccato, è misteriosa presenza nel
mondo.
Anzitutto il rapporto del sacerdote con Dio-Trinità. La rive-
lazione di Dio come Padre, Figlio e Spirito Santo è legata alla
manifestazione di Dio come l’Amore che crea e che salva. Ora, se
la redenzione è una specie di creazione e un suo prolungamento
(infatti la si dichiara «nuova»), allora il sacerdote, ministro della
redenzione, essendo nel suo essere fonte di vita nuova, diviene
per ciò stesso strumento della nuova creazione. È già questo suf-
ficiente per riflettere sulla grandezza del ministro ordinato, indi-
pendentemente dalle sue capacità e dai suoi talenti, dai suoi limiti
e dalle sue miserie. È questo che induce Francesco d’Assisi a di-
chiarare nel suo Testamento: «E questi e tutti gli altri voglio teme-
re, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare
in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono
miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio
di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non
il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono
ed essi soli amministrano agli altri». Quel Corpo e quel Sangue
che rigenerano l’umanità.
Un altro punto importante su cui comunemente poco si insi-
ste, ma da cui procedono tutte le implicazioni pratiche, è quello
della dimensione ontologica della preghiera, in cui occupa un ruo-
lo speciale la Liturgia delle Ore. Si accentua spesso come essa sia,
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1.6 Page 6

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sul piano liturgico una sorta di prolungamento del sacrificio euca-
ristico (Sal 49: «Chi offre la lode in sacrificio, questi mi onora»), e
su quello giuridico un dovere imprescindibile. Ma nella visione
teologica del sacerdozio ordinato come partecipazione ontologica
alla “capitalità” di Cristo, la preghiera del ministro sacro, a pre-
scindere dalla sua condizione morale, è a tutti gli effetti preghiera
di Cristo, con la medesima dignità e la medesima efficacia. Inoltre
essa, con l’autorità che i Pastori hanno ricevuto dal Figlio di Dio
di “impegnare” il Cielo sulle questioni decise sulla terra a benefi-
cio della santificazione dei credenti (Mt 18,18), soddisfa piena-
mente il comando del Signore di pregare sempre, in ogni momen-
to, senza stancarsi (cf. Lc 18,1; 21,36). È questo un punto su cui è
bene insistere. «Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma
che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta» (Gv
9,31). Ora, chi più di Cristo in persona onora il Padre e compie
perfettamente la sua volontà? Se dunque il sacerdote agisce in per-
sona Christi in ogni sua attività di partecipazione alla redenzione –
con le debite differenze: nell’insegnamento, nella santificazione,
nel guidare i fedeli a salvezza – niente della sua natura peccatrice
può offuscare la potenza della sua preghiera. Questo, ovviamente,
non deve indurci a minimizzare l’importanza di una sana condot-
ta morale del ministro (come di ogni battezzato, del resto), la cui
misura deve essere invece la santità di Dio (cf. Lv 20,8; 1Pt 1,15-
16); piuttosto, serve a sottolineare come la salvezza viene da Dio
e come Egli ha bisogno dei sacerdoti per perpetuarla nel tempo, e
come non occorrano complicate pratiche ascetiche o particolari
forme di espressione spirituale perché tutti gli uomini possano
godere, anche attraverso la preghiera dei pastori, scelti per loro,
degli effetti benefici del sacrificio di Cristo.
Ancora una volta si insiste sull’importanza della formazione
del sacerdote che deve essere integrale, senza privilegiare un a-
spetto a discapito di un altro. L’essenza della formazione cristia-
na, in ogni caso, non può essere intesa come un “addestramento”
che tocchi le facoltà spirituali umane (intelligenza e volontà) nel
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1.7 Page 7

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loro, per così dire, manifestarsi esteriore. Essa è trasformazione
dell’essere stesso dell’uomo, e ogni cambiamento ontologico non
può che essere Dio stesso a compierlo, per mezzo dello Spirito il
cui compito, come recita il Credo, è quello di «dare la vita».
“Formare” significa dare l’aspetto di qualcosa, o, nel nostro caso,
di Qualcuno: «Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al be-
ne, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati
secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha cono-
sciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del
Figlio suo» (Rm 8,28-29). La formazione specifica del sacerdote,
dunque, poiché egli è, come abbiamo detto sopra, una sorta di
“co-creatore”, richiede un abbandono del tutto singolare all’opera
dello Spirito Santo, evitando, pur nella valorizzazione dei propri
talenti, di cadere nel pericolo dell’attivismo, del ritenere che
l’efficacia della propria azione pastorale dipenda dalla personale
bravura. Un punto questo che, ben considerato, può certamente
dare fiducia a quanti, in un mondo ampiamente secolarizzato e
sordo alle istanze della fede, facilmente potrebbero scivolare nello
scoraggiamento, e da questo nella mediocrità pastorale, nella tie-
pidezza e, in ultimo, nella messa in discussione di quella missione
che avevano in principio accolto con tanto sincero entusiasmo.
La buona conoscenza delle scienze umane (in particolare del-
la filosofia e della bioetica) per affrontare a testa alta le sfide del
laicismo; la valorizzazione e l’uso dei mezzi di comunicazione di
massa in ausilio all’efficacia dell’annuncio della Parola; la spiritua-
lità eucaristica come specificità della spiritualità sacerdotale (l’Eu-
carestia è sacramento di Cristo che si fa dono incondizionato e
totale d’amore al Padre e ai fratelli, e tale deve essere anche colui
che di Cristo-dono ne è partecipazione) e dalla quale dipende il
senso del celibato (da più voci avversato perché mal compreso); il
rapporto con la gerarchia ecclesiastica e la fraternità sacerdotale;
l’amore a Maria, Madre dei sacerdoti, il cui ruolo nell’economia
salvifica è di primo piano, come elemento, non decorativo o op-
zionale, bensì essenziale. Questi ed altri i temi successivamente
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1.8 Page 8

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affrontati in questo Direttorio, in un paradigma chiaro e comple-
to, utile a purificare idee equivoche o distorte sull’identità e la
funzione del ministro di Dio nella Chiesa e nel mondo, e che so-
prattutto può realmente essere di aiuto ad ogni presbitero a sen-
tirsi orgogliosamente membro speciale di quel meraviglioso piano
d’amore di Dio che è la salvezza del genere umano.
MAURO Card. PIACENZA
Prefetto
CELSO MORGA IRUZUBIETA
Arcivescovo tit. di Alba marittima
Segretario
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1.9 Page 9

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INTRODUZIONE
Benedetto XVI, nel suo discorso ai partecipanti al Conve-
gno promosso dalla Congregazione per il Clero, il 12 marzo
2010, ha ricordato che «il tema dell’identità sacerdotale […] è
determinante per l’esercizio del sacerdozio ministeriale nel pre-
sente e nel futuro». Queste parole segnalano una delle questioni
centrali per la vita della Chiesa qual è la comprensione del mi-
nistero ordinato.
Alcuni anni fa, prendendo spunto dalla ricca esperienza
della Chiesa sul ministero e la vita dei presbiteri, condensata in
diversi documenti del Magistero1 ed in particolare nei contenuti
dell’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis,2
questo Dicastero aveva offerto il Direttorio per il Ministero e la Vi-
ta dei Presbiteri.3 La pubblicazione di questo documento rispon-
deva allora ad un’esigenza fondamentale: «il prioritario compito
pastorale della nuova evangelizzazione, che investe tutto il po-
polo di Dio e postula un nuovo ardore, nuovi metodi e una
1 Cfr CONC. ECUM. VAT. II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa
Lumen gentium: AAS 57 (1965), 28; Decreto sulla formazione sacerdotale
Optatam totius: AAS 58 (1966), 22; Decreto sull’ufficio pastorale dei Vescovi
Christus Dominus: AAS 58 (1966), 16; Decreto sul ministero e la vita dei
presbiteri Presbyterorum Ordinis: AAS 58 (1966), 991-1024 ; PAOLO VI, Lett.
enc. Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967): AAS 59 (1967), 657-697; SACRA
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lettera circolare Inter ea (4 novembre 1969):
AAS 62 (1970), 123-134; SINODO DEI VESCOVI, Documento sul sacerdozio
ministeriale Ultimis temporibus (30 novembre 1971): AAS 63 (1971), 898-922;
Codex Iuris Canonici (25 gennaio 1983), cann. 273-289; 232-264; 1008-1054;
SACRA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio Fundamentalis
Institutionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), 101; GIOVANNI PAOLO II, Lettere ai
Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo; Catechesi sui presbiteri, nelle Udienze
generali dal 31 marzo al 22 settembre 1993.
2 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25
marzo 1992): AAS 84 (1992), 657-804.
3 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio per il Ministero e la Vita dei
Presbiteri (31 marzo 1994), LEV, Città del Vaticano 1994.
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nuova espressione per l’annuncio e la testimonianza del Vangelo,
esige dei sacerdoti radicalmente e integralmente immersi nel mi-
stero di Cristo e capaci di realizzare un nuovo stile di vita pasto-
rale»4. Il citato Direttorio costituì, nel 1994, una risposta a questa
esigenza e anche alle richieste avanzate da numerosi Vescovi sia
durante il Sinodo del 1990, sia in occasione della consultazione
generale dell’Episcopato promossa da questo Dicastero.
Dopo l’anno 1994, il Magistero del Beato Giovanni Paolo
II è stato ricco di contenuti sul sacerdozio; un tema che, a sua
volta, Papa Benedetto XVI ha approfondito con i suoi nume-
rosi insegnamenti. L’Anno Sacerdotale 2009-2010 è stato un
tempo particolarmente propizio per meditare sul ministero sa-
cerdotale e promuovere un autentico rinnovamento spirituale
dei sacerdoti.
Infine, con il passaggio di competenza sui Seminari dalla
Congregazione per l’Educazione Cattolica a questo Dicastero,
Benedetto XVI ha inteso dare una indicazione chiara sul lega-
me inscindibile tra identità sacerdotale e formazione dei chia-
mati al ministero sacro.
Pertanto, è sembrato doveroso curare una versione aggior-
nata del Direttorio, che raccogliesse il ricco Magistero più recente5.
4 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 18.
5 Cfr, per esempio, GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. in forma di motu
proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002): AAS 94 (2002), 452-459; Lett. enc. Ec-
clesia de Eucharistia (17 aprile 2003): AAS 95 (2003), 433-475; Esort. ap. post-
sinodale Pastores gregis (16 ottobre 2003): AAS 96 (2004), 825-924; Lettere ai
sacerdoti (1995-2002; 2004-2005); BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale
Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007): AAS 99 (2007), 105-180; Messaggio ai
partecipanti alla XX edizione del Corso per il Foro interno, promosso dalla Penitenzieria
Apostolica (12 marzo 2009): Insegnamenti V/1 (2009), 374-377; Discorso ai
partecipanti alla plenaria della Congregazione del Clero (16 marzo 2009): Insegnamenti
V/1 (2009), 391-394; Lettera per l’indizione dell’anno sacerdotale in occasione del 150º
anniversario del “Dies natalis” di Giovanni Maria Vianney (16 giugno 2009): AAS
101 (2009), 569-579; Discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Penitenzieria A-
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2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Ovviamente, la nuova redazione rispetta in generale lo schema
del documento originale, che fu molto ben accolto nella Chiesa,
specialmente dagli stessi sacerdoti. Nel delineare i diversi conte-
nuti, si erano tenuti presenti sia i suggerimenti dell’intero Epi-
scopato mondiale, appositamente consultato, sia quanto emerso
nel corso dei lavori della Congregazione plenaria, svoltasi in Va-
ticano nell’ottobre 1993, sia, infine, le riflessioni di non pochi te-
ologi, canonisti ed esperti in materia, provenienti da diverse aree
geografiche ed inseriti nelle attuali situazioni pastorali.
Nell’aggiornamento del Direttorio, si è cercato di porre l’ac-
cento sugli aspetti più rilevanti dell’insegnamento magisteriale
sul ministero sacro sviluppatosi dal 1994 fino ai nostri giorni,
con riferimenti a documenti essenziali del Beato Giovanni Pao-
lo II e di Benedetto XVI. Si sono pure mantenute le indicazioni
pratiche utili per intraprendere iniziative, evitando tuttavia di en-
trare in quei dettagli che soltanto le legittime prassi locali e le
condizioni reali di ciascuna Diocesi e Conferenza Episcopale po-
tranno utilmente suggerire alla prudenza ed allo zelo dei Pastori.
Nell’attuale clima culturale, conviene ricordare che l’identità
del sacerdote, come uomo di Dio, non è superata e non potrà
mai esserlo. È sembrato opportuno richiamare quegli elementi
dottrinali fondamentali che sono al centro dell’identità, della vita
spirituale e della formazione permanente dei presbiteri, perché
aiutino ad approfondire il significato dell’essere sacerdote e ad
accrescere la sua esclusiva relazione con Gesù Cristo Capo e
Pastore: il che necessariamente andrà a beneficio di tutto
l’essere ed agire del presbitero.
postolica (11 marzo 2010): Insegnamenti VI/1 (2010), 318-321; Discorso ai parteci-
panti al Convegno Teologico promosso dalla Congregazione per il Clero (12 marzo 2010):
AAS 102 (2010), 240; Veglia in occasione della Conclusione dell’Anno sacerdotale (10
giugno 2010): AAS 102 (2010), 397-406; Lettera ai seminaristi (18 ottobre 2010):
AAS 102 (2010), 793-798.
11

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D’altronde, così come già si diceva nell’Introduzione della
prima edizione del Direttorio, neppure in questa versione aggior-
nata s’intende offrire un’esposizione esaustiva sul sacerdozio or-
dinato, né ci si limita ad una pura e semplice ripetizione di quan-
to già autenticamente dichiarato dal Magistero della Chiesa;
s’intende piuttosto rispondere ai principali interrogativi, di ordine
dottrinale, disciplinare e pastorale, posti ai sacerdoti dalle sfide
della nuova evangelizzazione, in vista della quale Papa Benedetto
XVI ha voluto istituire un apposito Pontificio Consiglio6.
Così, per esempio, si è voluto porre speciale enfasi sulla
dimensione cristologica dell’identità del presbitero nonché sulla
comunione, l’amicizia e la fraternità sacerdotali, considerati
come beni vitali data la loro incidenza sulla esistenza del sacer-
dote. Lo stesso può dirsi della vita spirituale del presbitero, in
quanto fondata sulla Parola e sui Sacramenti, specialmente
sull’Eucarestia. Infine, si offrono alcuni consigli per un’ade-
guata formazione permanente, intesa come un aiuto per appro-
fondire il significato dell’essere sacerdote e così vivere con
gioia e responsabilità la propria vocazione.
Questo Direttorio è un documento di edificazione e di santi-
ficazione dei sacerdoti in un mondo, per molti versi, secolariz-
zato ed indifferente. Il testo è principalmente destinato, attra-
verso i Vescovi, a tutti i presbiteri della Chiesa latina, anche se
molti dei suoi contenuti possono essere di giovamento per i
presbiteri di altri riti. Le direttive in esso contenute riguardano,
in particolare, i presbiteri del clero secolare diocesano, sebbene
molte di esse, con i dovuti adattamenti, debbano tener conto
anche i presbiteri membri di Istituti di vita consacrata e di So-
6 Cfr BENEDETTO XVI, Lettera Apostolica in forma di motu proprio
Ubicumque et semper, con la quale si istituisce il Pontificio Consiglio per la
Promozione della Nuova Evangelizzazione (21 settembre 2010): AAS 102
(2010), 788-792.
12

2.3 Page 13

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cietà di vita apostolica.
Ma, come già accennato nelle battute iniziali, questa nuova
edizione del Direttorio rappresenta un aiuto per i formatori dei
Seminari e i candidati al ministero ordinato. Il Seminario rap-
presenta il momento e il luogo dove crescere e portare a matu-
razione la conoscenza del mistero di Cristo, e con essa, la con-
sapevolezza che, se sul piano esteriore l’autenticità del nostro
amore per Dio si misura sull’amore che abbiamo verso i fratelli
(cf. 1Gv 4,20-21), su quello interiore l’amore alla Chiesa è vero
solo se è effetto di un legame intenso ed esclusivo con Cristo.
Riflettere sul sacerdozio equivale così a meditare su Colui per il
quale si è disposti a lasciare tutto e seguirlo (cf. Mc 10,17-30).
In tal modo il progetto formativo si identifica nella sua essenza
con la conoscenza del Figlio di Dio, che attraverso la missione
profetica, sacerdotale e regale conduce ogni uomo al Padre per
mezzo dello Spirito: «Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli,
ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad
altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a com-
piere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, fin-
ché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del
Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la mi-
sura della pienezza di Cristo» (Ef 4,11-13).
Ci si augura dunque che questa nuova edizione del Diretto-
rio per il Ministero e la Vita dei Presbiteri possa costituire per ogni
uomo chiamato a partecipare al sacerdozio di Cristo Capo e
Pastore un aiuto nell’approfondimento della propria identità
vocazionale e nell’accrescimento della propria vita interiore; un
incoraggiamento nel ministero e nella realizzazione della pro-
pria formazione permanente, della quale ciascuno è il primo re-
sponsabile; un punto di riferimento per un apostolato ricco ed
autentico, a beneficio della Chiesa e del mondo intero.
Possa Maria far risuonare nei nostri cuori, giorno dopo
giorno, e particolarmente quando ci prepariamo per celebrare il
Sacrificio dell’altare, il suo invito alle nozze di Cana di Galilea:
13

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«Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Ci affidiamo a Maria, Madre
dei sacerdoti, con la preghiera del Papa Benedetto XVI:
«Madre della Chiesa,
noi, sacerdoti, vogliamo essere pastori
che non pascolano se stessi,
ma si donano a Dio per i fratelli,
trovando in questo la loro felicità.
Non solo a parole, ma con la vita,
vogliamo ripetere umilmente,
giorno per giorno, il nostro “eccomi”.
Guidati da te, vogliamo essere
Apostoli della Divina Misericordia,
lieti di celebrare ogni giorno il Santo Sacrificio dell’Altare
e di offrire a quanti ce lo chiedono
il sacramento della Riconciliazione.
Avvocata e Mediatrice della grazia,
tu che sei tutta immersa
nell’unica mediazione universale di Cristo,
invoca da Dio, per noi,
un cuore completamente rinnovato,
che ami Dio con tutte le proprie forze
e serva l’umanità come hai fatto tu.
Ripeti al Signore l’efficace tua parola: “non hanno più vino”,
affinché il Padre e il Figlio riversino su di noi,
come in una nuova effusione, lo Spirito Santo»7.
7 BENEDETTO XVI, Atto di affidamento e consacrazione dei sacerdoti al Cuore
Immacolato di Maria (12 maggio 2010): Insegnamenti VI/1 (2010), 690-691.
14

2.5 Page 15

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I. IDENTITÀ DEL PRESBITERO
Nella sua Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo
vobis, il Beato Giovanni Paolo II disegna l’identità del sacerdo-
te: «I presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresen-
tazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore, ne pro-
clamano autorevolmente la parola, ne ripetono i gesti di perdo-
no e di offerta della salvezza, soprattutto col Battesimo, la Pe-
nitenza e l’Eucaristia, ne esercitano l’amorevole sollecitudine,
fino al dono totale di sé per il gregge, che raccolgono nell’unità
e conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito»8.
Il sacerdozio come dono
1. L’intera Chiesa è stata resa partecipe dell’unzione sacer-
dotale di Cristo nello Spirito Santo. Nella Chiesa, infatti, «tutti i
fedeli formano un sacerdozio santo e regale, offrono a Dio o-
stie spirituali per mezzo di Gesù Cristo e annunziano le gran-
dezze di colui che li ha chiamati per trarli dalle tenebre e acco-
glierli nella sua luce meravigliosa (cf. 1Pt 2,5.9)»9. In Cristo, tut-
to il suo Corpo mistico è unito al Padre per lo Spirito Santo, in
vista della salvezza di tutti gli uomini.
La Chiesa, però, non può portare avanti da sola tale mis-
sione: l’intera sua attività necessita intrinsecamente della comu-
nione con Cristo, Capo del suo Corpo. Essa, indissolubilmente
unita al suo Signore, da Lui stesso riceve costantemente
l’influsso di grazia e di verità, di guida e di sostegno (cf. Col
2,19), perché possa essere per tutti e per ciascuno «il segno e lo
strumento dell’intima unione dell’uomo con Dio e dell’unità di
tutto il genere umano»10.
8 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 15.
9 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 2.
10 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1.
15

2.6 Page 16

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Il sacerdozio ministeriale trova la sua ragion d’essere in
questa prospettiva dell’unione vitale ed operativa della Chiesa
con Cristo. In effetti, mediante tale ministero, il Signore conti-
nua ad esercitare in mezzo al suo Popolo quella attività che sol-
tanto a Lui appartiene in quanto Capo del suo Corpo. Pertanto,
il sacerdozio ministeriale rende tangibile l’azione propria di Cri-
sto Capo e testimonia che Cristo non si è allontanato dalla sua
Chiesa, ma continua a vivificarla col suo perenne sacerdozio.
Per questo motivo, la Chiesa considera il sacerdozio ministeria-
le come un dono a Lei elargito nel ministero di alcuni suoi fedeli.
Tale dono, istituito da Cristo per continuare la sua missio-
ne di salvezza, fu conferito inizialmente agli Apostoli e conti-
nua nella Chiesa attraverso i Vescovi loro successori i quali, a
loro volta, lo trasmettono in grado subordinato ai presbiteri, in
quanto cooperatori dell’ordine episcopale; questa è la ragione
per cui l’iden-tità di questi ultimi nella Chiesa scaturisce dalla
loro conformazione alla missione della Chiesa, la quale, per il
sacerdote, si realizza, a sua volta, nella comunione con il pro-
prio Vescovo11. «Quella del sacerdote è, pertanto, un’altissima
vocazione, che rimane un grande Mistero anche per quanti
l’abbiamo ricevuta in dono. I nostri limiti e le nostre debolezze
devono indurci a vivere e a custodire con profonda fede tale
dono prezioso, con il quale Cristo ci ha configurati a Sé, ren-
dendoci partecipi della Sua Missione salvifica»12.
Radice sacramentale
2. Mediante l’ordinazione sacramentale, realizzata per
mezzo dell’imposizione delle mani e della preghiera consacra-
11 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 2.
12 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno Teologico promosso
dalla Congregazione per il Clero (12 marzo 2010): l.c., 242.
16

2.7 Page 17

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toria da parte del Vescovo, si determina nel presbitero «un le-
game ontologico specifico che unisce il sacerdote a Cristo
Sommo Sacerdote e Buon Pastore»13.
L’identità del sacerdote, quindi, deriva dalla partecipazione
specifica al Sacerdozio di Cristo, per cui l’ordinato diventa, nella
Chiesa e per la Chiesa, immagine reale, vivente e trasparente di
Cristo Sacerdote, «una ripresentazione sacramentale di Cristo Ca-
po e Pastore»14. Attraverso la consacrazione, il sacerdote «riceve in
dono un “potere spirituale” che è partecipazione all’autorità con la
quale Gesù Cristo, mediante il Suo Spirito, guida la Chiesa»15.
Questa sacramentale identificazione con il Sommo ed E-
terno Sacerdote inserisce specificamente il presbitero nel miste-
ro trinitario e, attraverso il mistero di Cristo, nella comunione
ministeriale della Chiesa per servire il Popolo di Dio16, non
come un addetto alle questioni religiose, ma come Cristo, «che
non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria
vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Non stupisce allora che «il
principio interiore, la virtù che anima e guida la vita spirituale
del presbitero in quanto configurato a Cristo Capo e Pastore»
sia «la carità pastorale, partecipazione della stessa carità pasto-
rale di Gesù Cristo: dono gratuito dello Spirito Santo, e nello
stesso tempo compito e appello alla risposta libera e responsabile
del presbitero»17.
Allo stesso tempo, non bisogna dimenticare che ogni sa-
cerdote è unico come persona, e possiede i propri modi di es-
sere. Ognuno è unico ed insostituibile. Dio non cancella la per-
sonalità del sacerdote, anzi, la richiede completamente, deside-
13 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 11.
14 Ibid., 15.
15 Ibid., 21; cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 2; 12.
16 Cf. ibid., 12.
17 Ibid., 23.
17

2.8 Page 18

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rando servirsene – la grazia, infatti, edifica sulla natura – affin-
ché il sacerdote possa trasmettere le verità più profonde e pre-
ziose tramite le sue caratteristiche, che Dio rispetta ed anche gli
altri devono rispettare.
1.1 Dimensione trinitaria
In comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito
3. Il cristiano, per mezzo del Battesimo, entra in comunio-
ne con Dio Uno e Trino che gli comunica la propria vita divina
per farlo diventare figlio adottivo nel suo unico Figlio; perciò è
chiamato a riconoscere Dio come Padre e, tramite la filiazione
divina, a sperimentare la provvidenza paterna che non abban-
dona mai i suoi figli. Se questo è vero per ogni cristiano, è al-
trettanto vero che, in forza della consacrazione ricevuta col sa-
cramento dell’Ordine, il sacerdote è posto in una particolare e
specifica relazione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo.
Infatti, «la nostra identità ha la sua sorgente ultima nella carità
del Padre. Al Figlio da lui mandato, Sacerdote Sommo e Buon
Pastore, siamo uniti sacramentalmente con il sacerdozio mini-
steriale per l’azione dello Spirito Santo. La vita ed il ministero
del sacerdote sono continuazione della vita e dell’azione dello
stesso Cristo. Questa è la nostra identità, la nostra vera dignità,
la sorgente della nostra gioia, la certezza della nostra vita»18.
L’identità, il ministero e l’esistenza del presbitero sono,
dunque, essenzialmente relazionate con la Santissima Trinità, in
vista del servizio sacerdotale alla Chiesa e a tutti gli uomini.
18 Ibid., 18; Messaggio dei Padri sinodali al Popolo di Dio (28 ottobre 1990),
III: “L’Osservatore Romano”, 29-30 ottobre 1990.
18

2.9 Page 19

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Nella dinamica trinitaria della salvezza
4. Il sacerdote, «come prolungamento visibile e segno sacra-
mentale di Cristo nel suo stesso stare di fronte alla Chiesa e al
mondo come origine permanente e sempre nuova della salvez-
za»19, si trova inserito nella dinamica trinitaria con una particolare
responsabilità. La sua identità scaturisce dal ministerium verbi et sa-
cramentorum, il quale è in relazione essenziale con il mistero
dell’amore salvifico del Padre (cf. Gv 17,6-9.24; 1Cor 1,1; 2Cor 1,1),
con l’essere sacerdotale di Cristo, che sceglie e chiama personal-
mente il suo ministro a stare con Lui (cf. Mc 3,15), e con il dono
dello Spirito (cf. Gv 20,21), che comunica al sacerdote la forza ne-
cessaria per dar vita ad una moltitudine di figli di Dio, convocati
nel suo unico Popolo e incamminati verso il Regno del Padre.
Intima relazione con la Trinità
5. Da ciò si percepisce la caratteristica essenzialmente rela-
zionale (cf. Gv 17,11.21)20 dell’identità del sacerdote.
La grazia e il carattere indelebile conferiti con la sacramen-
tale unzione dello Spirito Santo21 pongono dunque il sacerdote
in relazione personale con la Trinità giacché costituisce la sor-
gente dell’essere e dell’agire sacerdotale.
Il Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis, sin dal suo esor-
dio, sottolinea la relazione fondamentale tra il sacerdote e la
Trinità Santissima, nominando distintamente le tre Persone di-
vine: «La funzione dei presbiteri, in quanto strettamente vinco-
lata all’ordine episcopale, partecipa della autorità con la quale
19 Ibid., 16.
20 Cf. ibid., 12.
21 Cf. CONC. ECUM. TRIDENT., Sessio XXIII, De sacramento Ordinis: DS,
1763-1778; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 11-
18; Udienza generale (31 marzo 1993): Insegnamenti XVI/1, 784-797.
19

2.10 Page 20

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Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio Corpo.
Per questo motivo il sacerdozio dei presbiteri, pur presuppo-
nendo i sacramenti dell’iniziazione cristiana, viene conferito da
quel particolare sacramento per il quale i presbiteri, in virtù
dell’unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale
carattere che li configura a Cristo sacerdote, in modo da poter
agire in nome di Cristo, Capo della Chiesa. [...] Pertanto, il fine
cui tendono i presbiteri con il loro ministero e la loro vita è la
gloria di Dio Padre in Cristo»22.
Tale relazione, pertanto, deve essere necessariamente vis-
suta dal sacerdote in maniera intima e personale, in dialogo di
adorazione e di amore con le Tre Persone divine, consapevole
che il dono ricevuto gli è stato dato per il servizio di tutti.
1.2 Dimensione cristologica
Identità specifica
6. La dimensione cristologica, come quella trinitaria, scatu-
risce direttamente dal sacramento che configura ontologica-
mente a Cristo Sacerdote, Maestro, Santificatore e Pastore del
suo Popolo23. I presbiteri, inoltre, partecipano all’unico sacer-
dozio di Cristo come collaboratori dei Vescovi: questa deter-
minazione è propriamente sacramentale e perciò non può esse-
re letta in chiave meramente “organizzativa”.
A quei fedeli che, rimanendo innestati nel sacerdozio co-
mune o battesimale, sono eletti e costituiti nel sacerdozio mini-
steriale, è data una partecipazione indelebile allo stesso ed uni-
co sacerdozio di Cristo nella dimensione pubblica della media-
zione e dell’autorità, riguardo alla santificazione, all’insegna-
22 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 2.
23 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 18-31; Decr.
Presbyterorum Ordinis, 2; C.I.C., can. 1008.
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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mento e alla guida di tutto il Popolo di Dio. Così, se, da una
parte, il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeria-
le o gerarchico sono necessariamente ordinati l’uno all’altro,
poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo modo, partecipano
dell’unico sacerdozio di Cristo, d’altra parte, essi differiscono
essenzialmente tra di loro e non solo di grado24.
In questo senso, l’identità del sacerdote è nuova rispetto a
quella di tutti i cristiani che, mediante il Battesimo, partecipano
già, nel loro insieme, all’unico sacerdozio di Cristo e sono
chiamati a dargli testimonianza su tutta la terra25. La specificità
del sacerdozio ministeriale, tuttavia, si definisce a partire non
da una sua supposta “superiorità” nei confronti del sacerdozio
comune, bensì dal servizio, che esso è chiamato a sviluppare a
favore di tutti i fedeli, perché questi possano aderire alla media-
zione e alla signoria di Cristo, resa visibile dall’esercizio del sa-
cerdozio ministeriale.
In questa sua specifica identità cristologica, il sacerdote
deve aver coscienza che la propria vita è un mistero inserito to-
talmente nel mistero di Cristo e della Chiesa in un modo nuovo
e che questo lo impegna per intero nel ministero pastorale e dà
senso alla sua vita26. Questa coscienza della sua identità è di
particolare importanza nell’attuale contesto culturale secolariz-
zato dove «il sacerdote appare “estraneo” al sentire comune,
proprio per gli aspetti più fondamentali del suo ministero, co-
me quelli di essere uomo del sacro, sottratto al mondo per in-
24 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 10; Decr. Pre-
sbyterorum Ordinis, 2.
25 Cf. CONC. ECUM. VAT. II., Decr. Apostolicam actuositatem: AAS 58
(1966), 3; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30
dicembre 1988), 14: AAS 81 (1989), 409-413.
26 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
13-14; Udienza generale (31 marzo 1993).
21

3.2 Page 22

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tercedere a favore del mondo, costituito, in tale missione, da
Dio e non dagli uomini (cf. Eb 5,1)»27.
7. Tale consapevolezza − fondata sul legame ontologico
con Cristo − allontana da concezioni “funzionalistiche” che
hanno voluto considerare il sacerdote soltanto quale operatore
sociale o gestore di riti sacri «rischiando di tradire lo stesso Sa-
cerdozio di Cristo»28 e riducono la vita del sacerdote a mero
compimento di doveri. Tutti gli uomini hanno un naturale ane-
lito religioso, che li distingue da ogni altro essere vivente e che
fa di loro cercatori di Dio. Perciò, le persone cercano nel sa-
cerdote l’uomo di Dio presso il quale scoprire la Sua Parola, la
Sua Misericordia e il Pane dal cielo che «dà la Vita al mondo»
(Gv 6,33): «Dio è la sola ricchezza che, in definitiva, gli uomini
desiderano trovare in un sacerdote»29.
Essendo conscio della sua identità, il sacerdote, davanti al-
lo sfruttamento, alla miseria o all’oppressione, alla mentalità se-
colarizzata e relativista che mette in dubbio le verità fondamen-
tali della nostra fede, o a tante altre situazioni della cultura post
moderna, vedrà occasioni per esercitare il suo specifico mini-
stero di pastore chiamato ad annunciare al mondo il Vangelo. Il
presbitero, «scelto fra gli uomini e per gli uomini, viene costi-
tuito tale nelle cose che riguardano Dio» (Eb 5,1). Di fronte alle
anime, egli annuncia il mistero di Cristo solo alla luce del quale
viene compreso pienamente il mistero dell’uomo30.
27 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno Teologico promosso
dalla Congregazione per il Clero (12 marzo 2010.
28 Ibid.
29 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti alla plenaria della Congregazione
per il Clero (16 marzo 2009).
30 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966), 1042.
22

3.3 Page 23

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Consacrazione e missione
8. Cristo associa gli Apostoli alla sua stessa missione.
«Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv
20,21). Nella stessa sacra Ordinazione, è ontologicamente pre-
sente la dimensione missionaria. Il sacerdote è scelto, consacra-
to ed inviato per rendere efficacemente attuale questa missione
eterna di Cristo31, di cui diventa autentico rappresentante e
messaggero. Non si tratta di una semplice funzione di rappre-
sentanza estrinseca, bensì costituisce un vero strumento di tra-
smissione della grazia della Redenzione: «Chi ascolta voi ascolta
me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me, di-
sprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10,16).
Si può quindi dire che la configurazione a Cristo, tramite la
consacrazione sacramentale, definisce il sacerdote in seno al
Popolo di Dio, facendolo partecipare in modo suo proprio alla
potestà santificatrice, magisteriale e pastorale dello stesso Gesù
Cristo, Capo e Pastore della Chiesa32. Il sacerdote diventando
più simile a Cristo è – grazie a Lui, e non da sé – collaboratore
della salvezza dei fratelli: non è più lui che vive ed esiste, ma
Cristo in lui (cf. Gal 2,20).
Agendo in persona Christi Capitis, il presbitero diventa il mi-
nistro delle azioni salvifiche essenziali, trasmette le verità ne-
cessarie alla salvezza e pasce il Popolo di Dio, conducendolo
verso la santità33.
Ma la conformazione del sacerdote a Cristo non passa sol-
tanto attraverso l’attività evangelizzatrice, sacramentale e pasto-
rale. Essa si verifica anche nell’oblazione di sé e nell’espiazione,
31 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazio-
ne Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della
Chiesa (6 agosto 2000), 13-15: AAS 92 (2000), 754-756.
32 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 18.
33 Cf. ibid., 15.
23

3.4 Page 24

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ossia nell’accettare con amore le sofferenze ed i sacrifici propri
del ministero sacerdotale34. L’Apostolo san Paolo ha espresso
questa dimensione qualificante del ministero con la celebre e-
spressione: «Sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e
do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella
mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).
1.3 Dimensione pneumatologica
Carattere sacramentale
9. Nell’Ordinazione presbiterale, il sacerdote ha ricevuto il
sigillo dello Spirito Santo che ha fatto di lui un uomo segnato
dal carattere sacramentale per essere per sempre ministro di
Cristo e della Chiesa. Rassicurato dalla promessa per cui il
Consolatore rimarrà con lui per sempre (cf. Gv 14,16-17), il sa-
cerdote sa che non perderà mai la presenza ed il potere efficace
dello Spirito Santo, per poter esercitare il suo ministero e vive-
re la carità pastorale – fonte, criterio e misura dell’amore e del
servizio – come dono totale di sé per la salvezza dei propri fra-
telli. Questa carità determina nel presbitero il suo stesso modo
di pensare, di agire e di comportarsi con gli altri.
Comunione personale con lo Spirito Santo
10. È ancora lo Spirito Santo che, nell’Ordinazione, confe-
risce al sacerdote il compito profetico di annunciare e spiegare,
con autorità, la Parola di Dio. Inserito nella comunione della
Chiesa con tutto l’ordine sacerdotale, il presbitero verrà guidato
dallo Spirito di Verità, che il Padre ha mandato per mezzo di
Cristo e che gli insegna ogni cosa, ricordando tutto ciò che Ge-
sù ha detto agli Apostoli. Pertanto il presbitero, con l’aiuto del-
lo Spirito Santo e con lo studio della Parola di Dio nelle Scrit-
34 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 12.
24

3.5 Page 25

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ture, alla luce della Tradizione e del Magistero35, scopre la ric-
chezza della Parola da annunciare alla comunità ecclesiale a lui
affidata.
Invocazione dello Spirito
11. Il sacerdote è unto dallo Spirito Santo. Questo com-
porta non solo il dono del segno indelebile conferito dall’un-
zione, ma il compito di invocare costantemente il Paraclito –
dono del Cristo risorto – senza il quale il ministero del presbi-
tero sarebbe sterile. Ogni giorno il sacerdote chiede la luce del-
lo Spirito Santo per imitare Cristo.
Mediante il carattere sacramentale e identificando la sua in-
tenzione con quella della Chiesa, il sacerdote è sempre in co-
munione con lo Spirito Santo nella celebrazione della liturgia,
soprattutto dell’Eucaristia e degli altri sacramenti. Infatti, è Cri-
sto che agisce a favore della Chiesa, per mezzo dello Spirito
Santo invocato nella sua potenza efficace dal sacerdote cele-
brante in persona Christi36.
La celebrazione sacramentale, pertanto, trae la sua efficacia
dalla parola di Cristo che l’ha istituita e dalla potenza dello Spi-
rito che la Chiesa invoca mediante l’epiclesi.
Ciò è particolarmente evidente nella Preghiera eucaristica,
nella quale il sacerdote, invocando la potenza dello Spirito San-
to sul pane e sul vino, pronunzia le parole di Gesù affinché si
compia la transustanziazione del pane nel corpo “dato” di Cri-
sto e del vino nel sangue “versato” di Cristo e si renda sacra-
mentalmente presente il suo unico sacrificio redentore37.
35 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Dei Verbum: AAS 58 (1966),
10; Decr. Presbyterorum Ordinis, 4.
36 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; Catechismo del-
la Chiesa Cattolica, 1120.
37 Cf. BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis
25

3.6 Page 26

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Forza per guidare la comunità
12. È, infine, nella comunione dello Spirito Santo, che il
sacerdote trova la forza per guidare la comunità a lui affidata e
per mantenerla nell’unità voluta dal Signore38. La preghiera del
sacerdote nello Spirito Santo può modellarsi sulla preghiera sa-
cerdotale di Gesù Cristo (cf. Gv 17). Egli, pertanto, deve prega-
re per l’unità dei fedeli affinché siano una cosa sola perché il
mondo creda che il Padre ha mandato il Figlio per la salvezza
di tutti.
1.4 Dimensione ecclesiologica
“Nella” e “di fronte” alla Chiesa
13. Cristo, origine permanente e sempre nuova della sal-
vezza, è il mistero fontale da cui deriva il mistero della Chiesa,
suo Corpo e sua Sposa, chiamata dal suo Sposo ad essere segno
e strumento di redenzione. Per mezzo dell’opera affidata agli
Apostoli e ai loro Successori, Cristo continua a dare vita alla
sua Chiesa. È in essa che il ministero dei presbiteri trova il suo
locus naturale ed adempie la sua missione.
Attraverso il mistero di Cristo, il sacerdote, esercitando il
suo molteplice ministero, è inserito nel mistero della Chiesa, la
quale «prende coscienza, nella fede, di non essere da se stessa,
ma dalla grazia di Cristo nello Spirito Santo»39. In tal modo, il sa-
cerdote, mentre è nella Chiesa, si trova anche di fronte ad essa40.
L’espressione eminente di questa collocazione del sacerdote
nella e di fronte alla Chiesa, è la celebrazione dell’Eucaristia dove
«il sacerdote invita il popolo a innalzare il cuore verso il Signore
(22 febbraio 2007), 13; 48: l.c.114-115;142..
38 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 6.
39 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 16.
40 Cf. ibid.
26

3.7 Page 27

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nella preghiera e nell’azione di grazie, e lo associa a sé nella so-
lenne preghiera, che egli, a nome di tutta la comunità, rivolge a
Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo»41.
Partecipe della sponsalità di Cristo
14. Il sacramento dell’Ordine, infatti, fa partecipe il sacer-
dote non solo del mistero di Cristo Sacerdote, Maestro, Capo e
Pastore ma, in qualche modo, anche di Cristo «Servo e Sposo
della Chiesa»42. Questa è il «Corpo» di Lui, che l’ha amata e
l’ama al punto da dare se stesso per lei (cf. Ef 5,25); la rigenera
e la purifica continuamente per mezzo della Parola di Dio e dei
sacramenti (cf. ibid. 5,26); si adopera per renderla sempre più
bella (cf. ibid. 5,27) e, infine, la nutre e la tratta con cura (cf. i-
bid. 5,29).
I presbiteri, che – collaboratori dell’Ordine Episcopale –
costituiscono con il loro Vescovo un unico presbiterio43 e par-
tecipano, in grado subordinato, dell’unico sacerdozio di Cristo,
in qualche modo partecipano pure, a somiglianza del Vescovo,
a quella dimensione sponsale nei riguardi della Chiesa che è
bene significata nel rito dell’ordinazione episcopale con la con-
segna dell’anello44.
I presbiteri, che «nelle singole comunità locali di fedeli
rendono, per così dire, presente il Vescovo, cui sono uniti con
41 Institutio Generalis Missalis Romani (2002), 78.
42 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 3.
43 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28; Decr. Pre-
sbyterorum Ordinis, 7; Decr. Christus Dominus, 28; Decr. Ad gentes, 19; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 17.
44 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium 28; Pontificale ro-
manum, Ordinatio Episcoporum, Presbyterorum et Diaconorum, cap. I., n. 51, Ed. typi-
ca altera, 1990, 26.
27

3.8 Page 28

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animo fiducioso e grande»45, dovranno essere fedeli alla Sposa
e, quasi icone viventi del Cristo Sposo, rendere operante la sua
multiforme donazione alla sua Chiesa. Chiamato con atto
d’amore soprannaturale, assolutamente gratuito, il sacerdote
ama la Chiesa come Cristo l’ha amata, consacrando ad essa tut-
te le sue energie e donandosi con carità pastorale fino a dare
quotidianamente la sua stessa vita.
Universalità del sacerdozio
15. Il comando del Signore di andare a tutte le genti (cf. Mt
28,18-20) costituisce un’altra modalità dello stare del sacerdote
di fronte alla Chiesa.46 Inviato – missus – dal Padre per mezzo di
Cristo, il sacerdote appartiene «in modo immediato» alla Chiesa
universale47, che ha la missione di annunziare la Buona Novella
fino «ai confini della terra» (Atti 1,8)48.
«Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’or-
dinazione, li prepara ad una vastissima e universale missione di
salvezza»49. Per l’Ordine ed il ministero ricevuto, infatti, tutti i
sacerdoti sono associati al Corpo Episcopale e, in comunione
gerarchica con esso, secondo la loro vocazione e grazia, servo-
no al bene di tutta la Chiesa50. Il fatto dell’incardinazione51
45 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28.
46 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 16.
47 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera sulla
Chiesa come comunione Communionis notio (28 maggio 1992), 10: AAS 85
(1993), 844.
48 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre
1990), 23: AAS 83 (1991), 269.
49 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 10; cf. GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 32.
50 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28; Decr. Pre-
sbyterorum Ordinis, 7.
51 Cf. C.I.C., can. 266, § 1.
28

3.9 Page 29

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non deve rinchiudere il sacerdote in una mentalità ristretta e
particolaristica, ma aprirlo al servizio dell’unica Chiesa di Gesù
Cristo.
In questo senso, ciascun sacerdote riceve una formazione
che gli permette di servire la Chiesa universale e non solo spe-
cializzarsi in un unico luogo o in un compito particolare. Que-
sta “formazione per la Chiesa universale” significa essere pron-
to ad affrontare le più varie circostanze, con la costante dispo-
nibilità a servire, senza condizioni, la Chiesa intera52.
Missionarietà del sacerdozio per una Nuova Evangelizzazione
16. Il presbitero, partecipe della consacrazione di Cristo,
viene coinvolto nella sua missione salvifica secondo il suo ulti-
mo comandamento: «Andate dunque e ammaestrate tutte le
nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho
comandato» (Mt 28,19-20; cf. Mc 16,15-18; Lc 24,47-48; At
1,8). La tensione missionaria è parte costitutiva dell’esistenza
del sacerdote – che è chiamato a farsi “pane spezzato per la vi-
ta del mondo”–, perché «la prima e fondamentale missione che
ci viene dai santi Misteri che celebriamo è di rendere testimo-
nianza con la nostra vita. Lo stupore per il dono che Dio ci ha
fatto in Cristo imprime alla nostra esistenza un dinamismo
nuovo impegnandoci ad essere testimoni del suo amore. Dive-
niamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e
52 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23; 26; S.
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Note direttive Postquam Apostoli (25 marzo
1980), 5; 14; 23: AAS 72 (1980), 346-347; 353-354; 360-361; TERTULLIANO,
De praescriptione, 20, 5-9: CCL 1, 201-202; CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera Communionis notio su alcuni aspetti della Chie-
sa intesa come comunione, 10.
29

3.10 Page 30

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modo di essere, un Altro appare e si comunica»53.
«I presbiteri in forza del sacramento dell’Ordine sono
chiamati a condividere la sollecitudine per la missione: “Il dono
spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell’ordinazione non li
prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissi-
ma e universale missione di salvezza […]” (Presbyterorum Ordinis,
10). Tutti i sacerdoti debbono avere cuore e mentalità missio-
naria, essere aperti ai bisogni della Chiesa e del mondo»54. Que-
sta esigenza della vita della Chiesa nel mondo contemporaneo
dev’essere sentita e vissuta da ogni presbitero. Per questo ogni
sacerdote è chiamato ad avere spirito missionario, cioè uno spi-
rito veramente “cattolico” che partendo da Cristo si rivolge a
tutti perché «siano salvati e giungano alla conoscenza della veri-
tà» (1Tm 2,4-6).
Perciò è importante che egli abbia piena coscienza di que-
sta realtà missionaria del suo sacerdozio, e la viva in piena sin-
tonia con la Chiesa che, oggi come ieri, sente il bisogno di in-
viare i suoi ministri nei luoghi dove più urgente è la loro mis-
sione, specialmente presso i più poveri55. Da ciò deriverà anche
una più equa distribuzione del clero56. A questo proposito, bi-
sogna riconoscere come questi sacerdoti che si rendono dispo-
53 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis, 85.
54 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptoris missio, 67.
55 Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lett. circolare L’identità missio-
naria del Presbitero nella Chiesa quale dimensione intrinseca dell’esercizio dei tria munera
(29 giugno 2010), 3.3.5, LEV, Città del Vaticano 2011, 307.
56 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23; Decr. Pre-
sbyterorum Ordinis, 10; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores
dabo vobis, 32; S. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Note direttive Postquam Apo-
stoli (25 marzo 1980); CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI
POPOLI, Guida pastorale per i sacerdoti diocesani delle Chiese dipendenti dalla Congrega-
zione per l'Evangelizzazione dei Popoli (1 ottobre 1989), 4: EV 11, 1588-1590;
C.I.C., can. 271.
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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nibili a prestare il loro servizio in altre diocesi o paesi siano un
grande dono tanto per la Chiesa particolare dove sono stati in-
viati quanto per quella che li invia.
17. «Si verifica oggi, tuttavia, una crescente confusione che
induce molti a lasciare inascoltato ed inoperante il comando
missionario del Signore (cf. Mt 28,19). Spesso si ritiene che o-
gni tentativo di convincere altri in questioni religiose sia un li-
mite posto alla libertà. Sarebbe lecito solamente esporre le pro-
prie idee ed invitare le persone ad agire secondo coscienza,
senza favorire una loro conversione a Cristo ed alla fede catto-
lica: si dice che basta aiutare gli uomini a essere più uomini o
più fedeli alla propria religione, che basta costruire comunità
capaci di operare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarie-
tà. Inoltre, alcuni sostengono che non si dovrebbe annunciare
Cristo a chi non lo conosce, né favorire l’adesione alla Chiesa,
poiché sarebbe possibile esser salvati anche senza una cono-
scenza esplicita di Cristo e senza una incorporazione formale
alla Chiesa»57.
Il Servo di Dio Paolo VI si rivolge anche ai sacerdoti
nell’affermare: «Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun
evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero:
gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla
misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Van-
gelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per
vergogna – ciò che San Paolo chiamava “arrossire del Vange-
lo” (cf. Rm 1,16) – o in conseguenza di idee false, trascuriamo
di annunziarlo? Perché questo sarebbe allora tradire la chiamata
di Dio che, per bocca dei ministri del Vangelo, vuole far ger-
minare la semente; dipenderà da noi che questa diventi un albe-
57 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale su
alcuni aspetti dell’Evangelizzazione (3 dicembre 2007), 3: AAS 100 (2008), 491.
31

4.2 Page 32

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ro e produca tutto il suo frutto»58. Mai come oggi, perciò, il cle-
ro deve sentirsi apostolicamente impegnato a unire tutti gli
uomini in Cristo, nella sua Chiesa. «Tutti gli uomini sono quin-
di chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che pre-
figura e promuove la pace universale»59.
Non sono, pertanto, ammissibili tutte quelle opinioni che,
in nome di un malinteso rispetto delle culture particolari, ten-
dono a snaturare l’azione missionaria della Chiesa, chiamata a
compiere lo stesso ministero universale, di salvezza, che tra-
scende e deve vivificare tutte le culture60. La dilatazione univer-
sale è intrinseca al ministero sacerdotale e pertanto irrinunciabi-
le.
18. Dagli inizi della Chiesa, gli Apostoli hanno obbedito
all’ultimo comandamento del Signore risorto. Sulle loro orme,
la Chiesa attraverso i secoli «evangelizza sempre e non ha mai
interrotto il cammino dell'evangelizzazione»61.
Essa «tuttavia, si realizza diversamente, secondo le diffe-
renti situazioni in cui avviene. In senso proprio c’è la “missio
ad gentes” verso coloro che non conoscono Cristo. In senso
lato si parla di “evangelizzazione”, per l’aspetto ordinario della
pastorale»62. L’evangelizzazione è l’azione della Chiesa che pro-
58 PAOLO VI, Esort. ap. post-sinodale Evangelii nuntiandi (8 dicembre
1975), 80: AAS 68 (1976), 74.
59 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 13.
60 Cf. CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, Guida
pastorale per i sacerdoti diocesani delle Chiese dipendenti dalla Congregazione per l'Evange-
lizzazione dei Popoli: l.c., 1580-1650; GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptoris
missio, 54; 67: l.c., 301-302; 315-316.
61 J. RATZINGER, Conferenza per il Giubileo dei Catechisti (10 dicembre 2000):
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con
_cfaith_doc_20001210_jubilcatechists-ratzinger_it.html.
62 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale su
alcuni aspetti dell’Evangelizzazione (3 dicembre 2007), 12: AAS 100 (2008), 501.
32

4.3 Page 33

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clama la Buona Notizia in vista della conversione, dell’invito
alla fede, dell’in-contro personale con Gesù, del diventare un
suo discepolo nella Chiesa, dell’impegnarsi a pensare come Lui,
a giudicare come Lui e a vivere come Lui è vissuto63.
L’evangelizzazione comincia con l’annuncio del Vangelo e tro-
va il suo ultimo compimento nella santità del discepolo che,
quale membro della Chiesa, è diventato evangelizzatore. In tale
senso, l’evangelizzazione è l’azione globale della Chiesa, «il
compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa e, in es-
sa, i fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uo-
mini»64.
«Il processo evangelizzatore, di conseguenza, è strutturato
in tappe o “momenti essenziali”: l'azione missionaria per i non
credenti e per quelli che vivono nell'indifferenza religiosa; l'a-
zione catechetico-iniziatica per quelli che optano per il Vangelo
e per quelli che necessitano di completare o ristrutturare la loro
iniziazione; e l'azione pastorale per i fedeli cristiani già maturi,
nel seno della comunità cristiana. Questi momenti non sono
però tappe concluse: si reiterano, se necessario, giacché daran-
no l'alimento evangelico più adeguato alla crescita spirituale di
ciascuna persona o della stessa comunità»65.
19. «Tuttavia osserviamo un processo progressivo di scri-
stianizzazione e di perdita dei valori umani essenziali che è pre-
occupante. Gran parte dell'umanità di oggi non trova nell'evan-
gelizzazione permanente della Chiesa il Vangelo, cioè la rispo-
sta convincente alla domanda: Come vivere? […] Tutti hanno
63 Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi
(15 agosto 1997), 53: LEV, Città del Vaticano 1997, 55-56.
64 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 di-
cembre 1988), 37.
65 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi (15
agosto 1997), 49.
33

4.4 Page 34

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bisogno del Vangelo; il Vangelo è destinato a tutti e non solo a
un cerchio determinato e perciò siamo obbligati a cercare nuo-
ve vie per portare il Vangelo a tutti»66. Pur preoccupante, tale
scristianizzazione non può portarci a dubitare circa la capacità
del Vangelo di toccare il cuore dei nostri contemporanei: «For-
se, qualcuno si domanderà se l’uomo e la donna della cultura
post-moderna, delle società più avanzate, sapranno ancora a-
prirsi al kerigma cristiano. La risposta deve essere positiva. Il ke-
rigma può essere compreso ed accolto da qualsiasi essere umano,
in qualsiasi tempo o cultura. Anche gli ambienti più intellettuali o
quelli più semplici possono essere evangelizzati. Dobbiamo, per-
fino, credere che anche i cosiddetti post-cristiani possano, di
nuovo, essere toccati dalla persona di Gesù Cristo»67.
Già Papa Paolo VI affermava che «le condizioni della so-
cietà ci obbligano tutti a rivedere i metodi, a cercare con ogni
mezzo di studiare come portare all'uomo moderno il messaggio
cristiano, nel quale soltanto egli può trovare la risposta ai suoi
interrogativi e la forza per il suo impegno di solidarietà uma-
na»68. Il Beato Giovanni Paolo II ha così presentato il nuovo
millennio: «Oggi si deve affrontare con coraggio una situazione
che si fa sempre più varia e impegnativa, nel contesto della
globalizzazione e del nuovo e mutevole intreccio di popoli e
culture che la caratterizza»69. É quindi iniziata una “nuova e-
vangelizzazione”, la quale tuttavia non è una «rievangelizzazio-
66 J. RATZINGER, Conferenza per il Giubileo dei Catechisti (10 dicembre 2000).
67 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lett. circolare L’identità missionaria del
Presbitero nella Chiesa quale dimensione intrinseca dell’esercizio dei tria munera (29 giugno
2010), 3.3.
68 PAOLO VI, Discorso al Sacro Collegio dei Cardinali (22 giugno 1973):
AAS 65, 1973, 383, citato nell’Esort. ap. post-sinodale Evangelii nuntiandi (8 di-
cembre 1975), 3.
69 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001),
40: AAS 93 (2001), 294-295.
34

4.5 Page 35

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ne»70 perché l’annuncio «è sempre lo stesso. La croce sta alta
sul mondo che volge»71. É nuova in quanto «cerchiamo, oltre
l’evangelizzazione permanente, mai interrotta, mai da interrom-
pere, una nuova evangelizzazione, capace di farsi sentire da quel
mondo, che non trova accesso all'evangelizzazione “classica”»72.
20. La nuova evangelizzazione fa riferimento, soprattutto73
ma non esclusivamente74, «alle Chiese di antica fondazione»75,
laddove sono tanti coloro che, «sebbene battezzati nella Chiesa
cattolica, hanno abbandonato la pratica dei sacramenti o persi-
no la fede»76. I sacerdoti hanno «il dovere di annunciare a tutti
il Vangelo di Dio seguendo il mandato del Signore: “Andate
nel mondo intero e predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc
16,15)»77. Sono «ministri di Cristo Gesù fra le nazioni»78, «debi-
tori verso tutti, nel senso che a tutti devono comunicare la veri-
70 GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’Assemblea del CELAM, Port-au-
Prince (9 marzo 1983): AAS 75 (1983), 771-779.
71 GIOVANNI PAOLO II, Omelia della santa Messa nel santuario della
Santa Croce di Mogila (9 giugno 1979): AAS 71 (1979), 865.
72 J. RATZINGER, Conferenza per il Giubileo dei Catechisti (10 dicembre 2000).
73 BENEDETTO XVI, Lettera Apostolica in forma di Motu proprio Ubi-
cumque et semper, con la quale si istituisce il Pontificio Consiglio per la Promo-
zione della Nuova Evangelizzazione (21 settembre 2010): l.c., 790-791.
74 Cf. BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Africae munus (19 no-
vembre 2011), LEV, Città del Vaticano 2011, 165.
75 BENEDETTO XVI, Lettera Apostolica in forma di motu proprio Ubi-
cumque et semper, con la quale si istituisce il Pontificio Consiglio per la Promo-
zione della Nuova Evangelizzazione (21 settembre 2010): l.c., 790-791.
76 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28; cf.
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota dottrinale su alcuni a-
spetti dell’Evangelizzazione (3 dicembre 2007), 12; PAOLO VI, Esort. ap. post-
sinodale Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 52.
77 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 4.
78 Ibid., 2.
35

4.6 Page 36

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tà del Vangelo di cui il Signore li fa beneficiare»79, tanto più
quanto «il numero di coloro che ignorano Cristo e non fanno
parte della Chiesa è in continuo aumento, anzi dalla fine del
Concilio è quasi raddoppiato. Per questa umanità immensa,
amata dal Padre che per essa ha inviato il suo Figlio, è evidente
l'urgenza della missione»80. Il Beato Giovanni Paolo II affer-
mava solennemente: «Sento venuto il momento di impegnare
tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la
missione ad gentes. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzio-
ne della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annun-
ziare Cristo a tutti i popoli»81.
21. I sacerdoti impegnano tutte le loro forze per questa
nuova evangelizzazione le quali caratteristiche sono state defi-
nite dal Beato Giovanni Paolo II: «nuova nel suo ardore, nei
suoi metodi e nelle sue espressioni»82.
In primo luogo, «occorre riaccendere in noi lo slancio delle
origini, lasciandoci pervadere dall'ardore della predicazione a-
postolica seguita alla Pentecoste. Dobbiamo rivivere in noi il
sentimento infuocato di Paolo, il quale esclamava: «Guai a me
se non annunciassi il Vangelo!» (1Cor 9,16)»83. Infatti, «chi ha
incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve
annunciarlo»84. Ad immagine degli Apostoli, lo zelo apostolico
è frutto dell’esperienza sconvolgente che scaturisce dalla vici-
nanza con Gesù. «La missione è un problema di fede, è l'indice
79 Ibid., 4.
80 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990),
3: AAS 83 (1991), 251-252.
81 Ibid.
82 GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’Assemblea del CELAM, Port-au-
Prince (9 marzo 1983): l.c., 771-779.
83 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 40.
84 Ibid.
36

4.7 Page 37

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esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi»85. Il
Signore non cessa di inviare il suo Spirito dalla cui forza dob-
biamo lasciarci rigenerare in vista di quel «rinnovato slancio
missionario, espressione di una nuova generosa apertura al do-
no della grazia»86. «É essenziale ed indispensabile che il presbi-
tero si decida, molto coscientemente e con determinazione,
non soltanto ad accogliere ed evangelizzare coloro che lo cer-
cano, sia nella parrocchia sia altrove, ma ad “alzarsi ed andare”
in cerca, prima di tutto, dei battezzati che, per motivi diversi,
non vivono l’appartenenza alla comunità ecclesiale, e anche di
tutti coloro che poco, o per niente, conoscono Gesù Cristo»87.
I sacerdoti si ricordino che non possono impegnarsi solo
nella missione. Quali pastori del loro popolo, formino le co-
munità cristiane alla testimonianza evangelica e all’annuncio
della Buona Novella. La «nuova missionarietà non potrà essere
demandata ad una porzione di “specialisti”, ma dovrà coinvol-
gere la responsabilità di tutti i membri del Popolo di Dio. […]
Occorre un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impe-
gno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani»88. La parrocchia
non è soltanto luogo ove si fa la catechesi, essa è anche am-
biente vivo che deve attuare la nuova evangelizzazione89, con-
cependosi in “missione permanente”»90. Ogni comunità è ad
85 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 11.
86 BENEDETTO XVI, Lettera Apostolica in forma di motu proprio Ubi-
cumque et semper, con la quale si istituisce il Pontificio Consiglio per la Promo-
zione della Nuova Evangelizzazione (21 settembre 2010): l.c., 790-791.
87 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lett. circolare L’identità missionaria
del Presbitero nella Chiesa quale dimensione intrinseca dell’esercizio dei tria munera (29
giugno 2010), 3.3.1.
88 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 40.
89 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Omelia della santa Messa nel santuario della San-
ta Croce di Mogila (9 giugno 1979), l.c.
90 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lett. circolare L’identità missionaria
37

4.8 Page 38

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immagine della stessa Chiesa, «chiamata, per sua natura, ad u-
scire da se stessa in un movimento verso il mondo, per essere
segno dell’Emmanuele, del Verbo fattosi carne, del Dio con
noi»91. «Nella parrocchia i presbiteri avranno bisogno di con-
vocare i membri della comunità, consacrati e laici, per preparar-
li adeguatamente ed inviarli in missione evangelizzatrice alle
singole persone, alle singole famiglie, anche attraverso visite
domiciliari, ed a tutti gli ambienti sociali che si trovano sul ter-
ritorio»92. Ricordandosi che la Chiesa è «mistero di comunione
e di missione»93, i pastori porteranno le comunità ad essere te-
stimoni con la loro «fede professata, celebrata, vissuta e prega-
ta»94 e con il loro entusiasmo95. Papa Paolo VI esortava alla
gioia: «Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell'an-
goscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da
evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da
ministri del Vangelo, la cui vita irradii fervore, che abbiano per
primi ricevuto in loro la gioia del Cristo»96. I fedeli hanno biso-
gno di essere incoraggiati dai loro pastori affinché non abbiano
paura di annunciare la fede con franchezza, tanto più quanto
chi evangelizza esperimenta che lo stesso atto missionario è
fonte di rinnovamento personale: «La missione, infatti, rinnova
del Presbitero nella Chiesa quale dimensione intrinseca dell’esercizio dei tria munera (29
giugno 2010), conclusione: l.c., 36.
91 Ibid., 11.
92 Ibid., 28.
93 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores gregis (16 otto-
bre 2003), 37.
94 BENEDETTO XVI, Lett. ap. in forma di Motu proprio Porta fidei (11
ottobre 2011), 9: AAS 103 (2011), 728.
95 Cf. BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Africae munus (19 no-
vembre 2011): l.c., 171.
96 PAOLO VI, Esort. ap. post-sinodale Evangelii nuntiandi (8 dicembre
1975), 80.
38

4.9 Page 39

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la chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo en-
tusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!»97.
22. L’evangelizzazione è anche nuova nei suoi metodi.
Stimolato dall’Apostolo che esclamava: «guai a me se non an-
nunciassi il Vangelo!» (1Cor 9,16), egli saprà utilizzare tutti quei
mezzi di trasmissione che le scienze e la tecnologia moderna gli
offrono98.
Certamente non tutto dipende da tali mezzi o dalle capaci-
tà umane, giacché la grazia divina può raggiungere il suo effetto
indipendentemente dall’opera degli uomini; ma, nel piano di
Dio, la predicazione della Parola è, normalmente, il canale pri-
vilegiato per la trasmissione della fede e per la missione evange-
lizzatrice.
Egli saprà anche coinvolgere i laici nell’evangelizzazione
tramite quei mezzi moderni. In ogni caso, la sua partecipazione
in questi nuovi ambiti dovrà riflettere sempre speciale carità,
senso soprannaturale, sobrietà e temperanza, in modo tale da
far sì che tutti si sentano attirati non tanto alla figura del sacer-
dote, quanto piuttosto alla Persona di Gesù Cristo nostro Si-
gnore.
23. La terza caratteristica della nuova evangelizzazione è la
novità nella sua espressione. In un mondo che cambia, la co-
scienza della propria missione di annunciatore del Vangelo,
come strumento di Cristo e dello Spirito Santo, dovrà sempre
più concretizzarsi pastoralmente in modo che il presbitero pos-
sa vivificare, alla luce della Parola di Dio, le diverse situazioni e
i diversi ambienti nei quali svolge il suo ministero.
Per essere efficace e credibile è perciò importante che il
97 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 2.
98 Cf. BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Africae munus (19 no-
vembre 2011): l.c., 171.
39

4.10 Page 40

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presbitero – nella prospettiva della fede e del suo ministero –
conosca, con costruttivo senso critico, le ideologie, il linguag-
gio, gli intrecci culturali, le tipologie diffuse attraverso i mezzi
di comunicazione che, in larga parte, condizionano le mentalità.
Saprà rivolgersi a tutti «senza mai nascondere le esigenze più
radicali del messaggio evangelico, ma venendo incontro alle e-
sigenze di ciascuno quanto a sensibilità e linguaggio, secondo
l'esempio di Paolo, il quale affermava: “Mi sono fatto tutto a
tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22)»99. Il
Concilio Ecumenico Vaticano II ha affermato che la Chiesa,
«fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messag-
gio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi po-
poli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e
ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti, sia
alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale
adattamento della predicazione della parola rivelata deve rima-
nere la legge di ogni evangelizzazione»100. Nel rispetto dovuto
al cammino sempre diversificato di ciascuna persona e nell'at-
tenzione per le diverse culture in cui il messaggio cristiano deve
essere calato, pur restando pienamente se stesso, nella totale
fedeltà all'annuncio evangelico e alla tradizione ecclesiale, il cri-
stianesimo del terzo millennio porterà così il volto di tante cul-
ture, antiche e moderne, i cui specifici valori non sono rinnega-
ti, ma purificati e portati alla loro pienezza101.
Paternità spirituale
24. La vocazione pastorale dei sacerdoti è grande ed uni-
99 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 40.
100 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Gaudium et spes, 44.
101 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio
2001), 40.
40

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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versale: essa è diretta verso tutta la Chiesa e, quindi, è anche
missionaria. «Normalmente, essa è legata al servizio di una de-
terminata comunità del Popolo di Dio, in cui ognuno si aspetta
attenzione, premura, amore»102. Perciò il ministero del sacerdo-
te è anche ministero di paternità103. Attraverso la sua dedizione
alle anime, tante sono generate alla vita nuova in Cristo. Si trat-
ta di una vera paternità spirituale come esclamava San Paolo:
«Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma
non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Ge-
sù mediante il Vangelo» (1Cor 4,15).
Come Abramo, anche il sacerdote diventa «padre di molti
popoli» (Rm 4,18) e trova nella crescita cristiana che gli fiorisce
intorno la ricompensa alle fatiche e sofferenze del suo quoti-
diano servizio. Inoltre, anche sul piano soprannaturale, come
su quello naturale, la missione della paternità non finisce con la
nascita, ma si estende ad abbracciare tutta la vita: «chi ha accol-
to la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi
la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il
sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavando-
la per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote,
sempre il sacerdote. E se quest’anima viene a morire [per il
peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace?
Ancora il sacerdote [...] dopo Dio, il sacerdote è tutto! [...] Lui
stesso non si capirà bene che in cielo»104.
102 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo (8
aprile 1979), 8: AAS 71 (1979), 393-417.
103 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 16; PAOLO VI,
Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), 56.
104 S. GIOVANNI MARIA VIANNEY, in B. NODET, Le curé d’Ars. Sa pensée -
Son cœur, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, 98-99 (citato in BENEDETTO
XVI, Lettera per l’indizione dell’anno sacerdotale in occasione del 150º anniversario del
“Dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, 16 giugno 2009: l.c., 1009).
41

5.2 Page 42

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I presbiteri fanno propria vita quelle parole vibranti dell’A-
postolo: «Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore fin-
ché Cristo non sia formato in voi!» (Gal 4,19). Così vivono con
generosità, ogni giorno rinnovata, questo dono della paternità
spirituale e ad essa orientano l’adempimento di ogni compito
del loro ministero.
Autorità come “amoris officium”
25. Un’ulteriore manifestazione del fatto che il sacerdote
sta di fronte alla Chiesa è il suo essere guida che conduce alla
santificazione dei fedeli affidati al suo ministero, che è essen-
zialmente pastorale, presentandosi però con
quell’autorevolezza che affascina e rende credibile il messaggio
(cf. Mt 7,29). Ogni autorità va, infatti, esercitata in spirito di
servizio, come amoris officium e dedizione disinteressata per il
bene del gregge (cf. Gv 10,11; 13,14)105.
Questa realtà, da vivere con umiltà e coerenza, può essere
soggetta a due opposte tentazioni. La prima è quella di compie-
re il proprio ministero spadroneggiando sul gregge (cf. Lc
22,24-27; 1Pt 5,1-4); mentre la seconda tentazione è quella di
vanificare, secondo una non corretta accezione di comunità, la
propria configurazione a Cristo Capo e Pastore.
La prima tentazione è stata forte anche per gli stessi disce-
poli ed ha ricevuto da Gesù una puntuale e ripetuta correzione.
Quando questa dimensione viene meno, non è difficile cadere
nella tentazione del “clericalismo” con un desiderio di spadro-
neggiare sui laici che genera sempre antagonismi fra i sacri mi-
105 Cf. S. AGOSTINO, In Iohannis Evangelium Tractatus, 123, 5: CCL 36, 678;
CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 14.
42

5.3 Page 43

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nistri ed il popolo.
Il sacerdote non deve vedere il proprio ruolo ridotto a
quello di un semplice dirigente. Egli è il mediatore – il ponte –,
colui, cioè, che dovrà sempre ricordare che il Signore e Maestro
«non è venuto per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45); che
si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli (cf. Gv 13,5) prima
di morire in Croce e prima di mandarli in tutto il mondo (cf.
Gv 20,21). Così il presbitero, impegnato nella cura del gregge
che appartiene al Signore, cercherà di «proteggere il gregge, di
nutrirlo e condurlo a Lui, il vero Buon Pastore che desidera la
salvezza di tutti. Nutrire il gregge del Signore è pertanto mini-
stero d’amore vigile, che esige totale dedizione fino all’esau-
rimento delle forze e, se necessario, al sacrificio della vita»106.
I sacerdoti daranno autentica testimonianza al Signore Ri-
sorto, al quale è stato dato «ogni potere in cielo e sulla terra»
(Mt 28,18), se lo eserciteranno nell’umile, quanto autorevole,
servizio al proprio gregge107 e nel rispetto dei compiti che Cri-
sto e la Chiesa affidano ai fedeli laici108 ed ai fedeli consacrati
per la professione dei consigli evangelici109.
Tentazione del democraticismo e dell’egualitarismo
26. A volte succede che, per evitare questa prima deviazio-
ne, si cada nella seconda, che tende ad eliminare ogni differen-
za di ruolo fra i membri del Corpo di Cristo che è la Chiesa,
negando in pratica la distinzione fra il sacerdozio comune o
106 BENEDETTO XVI, Discorso ai membri dell’XI Consiglio Ordinario della Se-
greteria Generale del Sinodo dei Vescovi (1 giugno 2006): Insegnamenti II/1 (2006),
746-748.
107 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
21; C.I.C., can. 274.
108 Cf. C.I.C., cann. 275, § 2; 529, § 1.
109 Cf. ibid., can. 574, § 1.
43

5.4 Page 44

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battesimale e quello ministeriale110.
Tra le diverse forme di questa negazione che oggi si nota-
no, si trova il cosiddetto «democraticismo», che porta a non ri-
conoscere l’autorità e la grazia capitale di Cristo presente nei
ministri sacri e a snaturare la Chiesa come Corpo Mistico di
Cristo. Giova ricordare a questo proposito che la Chiesa rico-
nosce tutti i meriti e i beni che la cultura democratica ha porta-
to con sé nella società civile. D’altra parte, essa stessa si batte
con tutti i mezzi a sua disposizione per il riconoscimento
dell’uguale dignità di tutti gli uomini. In base alla Rivelazione, il
Concilio Ecumenico Vaticano II si è espresso apertamente cir-
ca la comune dignità di tutti i battezzati nella Chiesa111. Tutta-
via è necessario affermare che tanto questa uguaglianza radicale
come anche la diversità di condizioni e compiti hanno come
fondamento ultimo la natura stessa della Chiesa.
Essa, infatti, deve il suo esistere e la sua struttura al dise-
gno salvifico di Dio e contempla se stessa come dono della be-
nevolenza di un Padre, che l’ha liberata mediante l’umiliazione
del suo Figlio sulla croce. La Chiesa, pertanto, vuole essere –
nello Spirito Santo – totalmente conforme e fedele alla volontà
libera e liberante del suo Signore Gesù Cristo. Questo mistero
di salvezza fa sì che sia, per sua propria natura, una realtà di-
versa dalle società umane.
Di conseguenza, non è ammissibile nella Chiesa una certa
mentalità, che si manifesta talvolta soprattutto in alcuni organi-
110 Cf. CONC. ECUM. TRIDENT., Sessio XXIII, De sacramento Ordinis, cap.
I e IV, cann. 3, 4, 6: DS, 1763-1776; CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen
gentium, 10; SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera
ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcune questioni concernenti il ministro
dell'Eucaristia Sacerdotium ministeriale (6 agosto 1983), 1: AAS 75 (1983), 1001.
111 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 9, 32; C.I.C.,
can. 208.
44

5.5 Page 45

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smi di partecipazione ecclesiale e che tende sia a confondere i
compiti dei presbiteri e quelli dei fedeli laici, sia a non distin-
guere l’autorità propria del Vescovo da quella dei presbiteri
come collaboratori dei Vescovi, sia a non dare il dovuto ascolto
al Magistero universale, esercitato dal Romano Pontefice nella
sua funzione primaziale voluta dal Signore. Per molti versi, si
tratta di un tentativo di trasferire automaticamente nella Chiesa
la mentalità e la prassi esistenti in alcune correnti culturali so-
cio-politiche del nostro tempo senza tener sufficientemente
conto che essa deve il suo esistere e la sua struttura al disegno
salvifico di Dio in Cristo.
Bisogna ricordare a questo proposito che tanto il presbite-
rio, come il consiglio presbiterale – istituto giuridico auspicato
dal Decreto Presbyterorum Ordinis112 – non sono espressioni del
diritto di associazione dei chierici e tanto meno possono essere
intesi secondo visioni di stampo sindacalistico che comportano
rivendicazioni e interessi di parte, alieni dalla comunione eccle-
siale113.
Distinzione tra sacerdozio comune e quello ministeriale
27. La distinzione tra il sacerdozio comune o battesimale e
quello ministeriale, lungi dal comportare separazione o divisio-
ne tra i membri della comunità cristiana, armonizza ed unifica
la vita della Chiesa, perché «il sacerdozio comune dei fedeli e il
sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano
essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno
all’altro»114. Infatti, in quanto Corpo di Cristo, la Chiesa è co-
munione organica tra tutte le membra, in cui ciascuno serve alla
vita dell’insieme se vive pienamente il proprio ruolo e la pro-
112 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 7.
113 Cf. ibid.
114 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 10.
45

5.6 Page 46

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pria specifica vocazione (cf. 1Cor 12,12ss.)115.
A nessuno, pertanto, è lecito cambiare ciò che Cristo ha
voluto per la sua Chiesa. Essa è indissolubilmente legata al suo
Fondatore e Capo che è l’unico a donarle, tramite la potenza
dello Spirito Santo, ministri al servizio dei suoi fedeli. Al Cristo
che chiama, consacra ed invia, tramite i legittimi Pastori, non
può sostituirsi alcuna comunità che, pur in situazioni di parti-
colare necessità, volesse darsi il proprio sacerdote in modo dif-
forme dalle disposizioni della Chiesa: il sacerdozio è una scelta
di Gesù e non della comunità (cf. Gv 15,16). La risposta per ri-
solvere i casi di necessità è la preghiera di Gesù: «Pregate dun-
que il Signore della messe, perché mandi operai nella sua mes-
se!» (Mt 9,38). Se a questa preghiera fatta con fede si unirà
l’intensa vita di carità della comunità, allora saremo certi che il
Signore non mancherà di dare pastori secondo il suo cuore (cf.
Ger 3,15)116.
28. Occorre anche, per salvaguardare l’ordine stabilito dal
Signore Gesù, evitare la cosiddetta “clericalizzazione” del laica-
to117, che tende a comprimere il sacerdozio ministeriale del pre-
sbitero, al quale solo, dopo il Vescovo, e in virtù del ministero
sacerdotale ricevuto con l’ordinazione, si può attribuire in mo-
do proprio ed univoco il termine di «pastore». La qualifica di
«pastorale», infatti, si riferisce alla partecipazione al ministero
episcopale.
115 Cf. CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, Gui-
da pastorale per i sacerdoti diocesani delle Chiese dipendenti dalla Congregazione per l'Evan-
gelizzazione dei Popoli, 3.
116 Cf.. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 11.
117 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso all’Episcopato della Svizzera (15 giu-
gno 1984): Insegnamenti VII/1 (1984), 1784.
46

5.7 Page 47

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1.5 Comunione sacerdotale
Comunione con la Trinità e con Cristo
29. Alla luce di quanto già detto sulla identità, la comunio-
ne del sacerdote si realizza innanzitutto con il Padre, origine ul-
tima di ogni potestà; con il Figlio, alla cui missione redentrice
partecipa; e con lo Spirito Santo, che gli dona la forza per vive-
re e realizzare quella carità pastorale che, come «principio inte-
riore e virtù che anima e guida la vita spirituale del presbite-
ro»118, lo qualifica sacerdotalmente. Una carità pastorale che,
lungi da essere ridotta a un insieme di tecniche e metodi diretti
all’efficienza funzionale del ministero, fa riferimento piuttosto
alla natura propria della missione della Chiesa finalizzata alla
salvezza dell’umanità.
Infatti, «non si può allora definire la natura e la missione
del sacerdozio ministeriale, se non in questa molteplice e ricca
trama di rapporti che sgorgano dalla Santissima Trinità e si
prolungano nella comunione della Chiesa come segno e stru-
mento, in Cristo, dell’unione con Dio e dell’unità di tutto il ge-
nere umano»119.
Comunione con la Chiesa
30. Da questa fondamentale unione-comunione con Cristo
e con la Trinità deriva, per il presbitero, la sua comunione-
relazione con la Chiesa nei suoi aspetti di mistero e di comunità
ecclesiale120.
Concretamente, la comunione ecclesiale del presbitero si
realizza in diversi modi. Con l’ordinazione sacramentale, infatti,
118 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 23.
119 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 12;
cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1.
120 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 8.
47

5.8 Page 48

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egli entra in speciali legami con il Papa, con il Corpo episcopale,
con il proprio Vescovo, con gli altri presbiteri, con i fedeli laici.
Comunione Gerarchica
31. La comunione, come caratteristica del sacerdozio, si fonda
sull’unicità del Capo, Pastore e Sposo della Chiesa, che è Cristo121.
In tale comunione ministeriale prendono forma anche al-
cuni precisi vincoli in relazione anzitutto con il Papa, con il
Collegio Episcopale e con il proprio Vescovo. «Non si dà mini-
stero sacerdotale se non nella comunione con il Sommo Ponte-
fice e con il Collegio Episcopale, in particolare con il proprio
Vescovo diocesano, ai quali sono da riservarsi “il filiale rispetto
e l’obbedienza” promessi nel rito dell’ordinazione»122. Si tratta,
dunque, di una comunione gerarchica, cioè di una comunione
in quella gerarchia così come questa è strutturata al suo interno.
In virtù della partecipazione, in grado subordinato ai Ve-
scovi – che sono investiti di potestà «propria, ordinaria, e im-
mediata, quantunque il loro esercizio sia in definitiva regolato
dalla suprema autorità della Chiesa»123 –, nell’unico sacerdozio
ministeriale, tale comunione implica anche il vincolo spirituale
ed organico-strutturale dei presbiteri con tutto l’ordine dei Ve-
scovi e col Romano Pontefice. Ciò viene rafforzato dal fatto
che tutto l’ordine dei Vescovi nel suo insieme ed ogni singolo
Vescovo debbono essere nella comunione gerarchica con il
Capo del Collegio124. Tale Collegio, infatti, è costituito solo dai
Vescovi consacrati che sono nella comunione gerarchica col
Capo e con i membri di esso.
121 Cf. S. AGOSTINO, Sermo 46, 30: CCL 41, 555-557.
122 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 28.
123 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 27.
124 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 22; Decr. Chri-
stus Dominus, 4; C.I.C., can. 336.
48

5.9 Page 49

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Comunione nella celebrazione eucaristica
32. La comunione gerarchica si trova espressa significati-
vamente nella Prece eucaristica, quando il sacerdote, nel prega-
re per il Papa, per il Collegio Episcopale e per il proprio Ve-
scovo, non esprime soltanto un sentimento di devozione, ma
testimonia l’autenticità della sua celebrazione125.
La stessa concelebrazione eucaristica, nelle circostanze e
condizioni previste126, quando è presieduta dal Vescovo e con
la partecipazione dei fedeli, manifesta l’unità del sacerdozio di
Cristo nella pluralità dei suoi ministri, nonché l’unità del sacri-
ficio e del Popolo di Dio127. Essa, inoltre, concorre a consoli-
dare la fraternità ministeriale esistente tra i presbiteri128.
Comunione nell’attività ministeriale
33. Ogni presbitero abbia un profondo, umile e filiale le-
game di obbedienza e di carità con la persona del Santo Padre
ed aderisca al suo ministero petrino di magistero, di santifica-
zione e di governo, con docilità esemplare129.
Anche l’unione filiale con il proprio Vescovo, è condizione
indispensabile per l’efficacia del proprio ministero sacerdotale.
Per i pastori più esperti è facile constatare la necessità di evitare
ogni forma di soggettivismo nell’esercizio del sacro ministero e
125 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera sulla
Chiesa come comunione Communionis notio, 14.
126 Cf. C.I.C., can. 902; S. CONGREGAZIONE PER I SACRAMENTI E IL
CULTO DIVINO, Decr. part. Promulgato Codice (12 settembre 1983), II, I, 153:
Notitiae 19 (1983), 542.
127 Cf. S. TOMMASO D’AQUINO, Summa theol., III, q. 82, a. 2 ad 2; Sent. IV,
d. 13, q. 1, a 2, q 2; CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 41, 57.
128 Cf. S. CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Eucharisticum Mysterium
(25 maggio 1967), 47: AAS 59 (1967), 565-566.
129 Cf. C.I.C. can. 273.
49

5.10 Page 50

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di aderire corresponsabilmente ai programmi pastorali. Tale
adesione, che comporta il procedere d’accordo con la mente
del Vescovo, oltre ad essere espressione di maturità, contribui-
sce ad edificare quell’unità nella comunione che è indispensabi-
le all’opera di evangelizzazione130.
Nel pieno rispetto della subordinazione gerarchica, il pre-
sbitero si farà promotore di un rapporto schietto con il proprio
Vescovo, connotato da sincera fiducia, cordiale amicizia, pre-
ghiera per la sua persona e le sue intenzioni, vero sforzo di
consonanza e convergenza ideale e programmatica, che nulla
toglie all’intelligente capacità di iniziativa personale e
all’intraprendenza pastorale131.
In vista della propria crescita spirituale e pastorale, e per
amore del suo gregge, il sacerdote dovrebbe accogliere con gra-
titudine, e addirittura cercare con regolarità, orientamenti dal
Vescovo o dai suoi rappresentanti per lo sviluppo del suo mi-
nistero pastorale. È anche una pratica ammirevole chiedere il
parere dei sacerdoti più esperti e dei laici qualificati al riguardo
dei metodi pastorali più adatti.
Comunione nel presbiterio
34. In forza del sacramento dell’Ordine «ciascun sacerdote
è unito agli altri membri del presbiterio da particolari vincoli di
carità apostolica, di ministero e di fraternità»132. Egli, infatti, è
130 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 15; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 65; 79.
131 S. IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Ad Ephesios, XX, 1-2: «[...] Se il Signore
mi rivelerà che, ognuno in proprio e tutti insieme [...] voi siete uniti con il cuore
in una incrollabile sottomissione al Vescovo e al presbiterio, spezzando l'unico
pane che è rimedio d'immortalità, antidoto per non morire, ma per vivere sem-
pre in Gesù Cristo»: Patres Apostolici, ed. F.X. FUNK, II, 203-205.
132 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 17;
50

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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inserito nell’Ordo Presbyterorum costituendo quell’unità che può
definirsi una vera famiglia nella quale i legami non vengono
dalla carne o dal sangue ma dalla grazia dell’Ordine133.
L’appartenenza ad un concreto presbiterio134 avviene sem-
pre nell’ambito di una Chiesa particolare, di un Ordinariato o
di una Prelatura personale – cioè, di una “missione episcopale”,
non soltanto a motivo dell’incardinazione –, il che non toglie
che il presbitero, in quanto anch’egli battezzato, appartenga in
maniera immediata alla Chiesa universale: nella Chiesa, nessuno
è straniero; tutta la Chiesa, ed ogni diocesi, è famiglia, la fami-
glia di Dio135.
Fraternità sacerdotale ed appartenenza al presbiterio sono,
pertanto, elementi caratterizzanti del sacerdote. Particolarmente
significativo, in merito, è, nell’ordinazione presbiterale, il rito
dell’imposizione delle mani da parte del Vescovo, al quale
prendono parte tutti i presbiteri presenti, ad indicare, sia la par-
tecipazione allo stesso grado del ministero, sia che il sacerdote
non può agire da solo, ma sempre all’interno del presbiterio,
divenendo confratello di tutti coloro che lo costituiscono136.
cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28; Decr. Presbyterorum
Ordinis, 8; C.I.C., can. 275, § 1.
133 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
74; CONGREGAZIONE PER LEVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, Guida pastorale
per i sacerdoti diocesani delle Chiese dipendenti dalla Congregazione per l'Evangelizzazione
dei Popoli, 6.
134 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 8; C.I.C., cann.
369; 498; 499.
135 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 6; BENEDETTO
XVI, Angelus (19 giugno 2005): Insegnamenti I (2005), 255-256; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995): AAS
88 (1996), 63.
136 Cf. Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diacono-
rum, cap. II, 105; 130; CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 8.
51

6.2 Page 52

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«I vescovi e i presbiteri ricevono la missione e la facoltà [la
“sacra potestà”] di agire “in persona di Cristo Capo”, i diaconi
la forza di servire il Popolo di Dio nella “diaconia” della litur-
gia, della parola e della carità, in comunione con il Vescovo e il
suo presbiterio»137.
L’incardinazione, autentico vincolo giuridico con valore spirituale
35. L’incardinazione in una determinata «Chiesa particolare
o in una Prelatura personale oppure in un Istituto di vita con-
sacrata o in una Società che ne abbiano la facoltà»138 costituisce
un autentico vincolo giuridico139 che ha anche valore spirituale,
giacché da essa scaturisce «il rapporto con il Vescovo nell’unico
presbiterio, la condivisione della sollecitudine ecclesiale, la de-
dicazione alla cura evangelica del Popolo di Dio nelle concrete
condizioni storiche ed ambientali»140.
Non va dimenticato, a tale proposito, che i sacerdoti seco-
lari non incardinati nella Diocesi e i sacerdoti membri di un I-
stituto religioso o di una Società di vita apostolica, i quali dimo-
rano nella diocesi ed esercitano, per il suo bene, qualche uffi-
cio, sebbene siano sottoposti ai loro legittimi Ordinari, appar-
tengono a pieno o a diverso titolo al presbiterio di tale dioce-
si141 dove «hanno voce sia attiva che passiva per costituire il
consiglio presbiterale»142. I sacerdoti religiosi, in particolare, in
unità di forze, condividono la sollecitudine pastorale offrendo
137 Catechismo della Chiesa Cattolica, 875.
138 C.I.C., can. 265.
139 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso nella Cattedrale di Quito ai Vescovi, ai
Sacerdoti, ai Religiosi e ai Seminaristi (29 gennaio 1985): Insegnamenti VIII/1 (1985),
247-253.
140 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 31.
141 Cf. Ibid., 17; 74.
142 C.I.C., can. 498, § 1, 2°.
52

6.3 Page 53

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il contributo di specifici carismi e «stimolando con la loro pre-
senza la Chiesa particolare a vivere più intensamente la sua a-
pertura universale»143.
I presbiteri, poi, incardinati in una diocesi, ma per il servi-
zio di qualche movimento ecclesiale o nuova comunità appro-
vati dalla competente Autorità ecclesiastica144, siano consape-
voli di essere membri del presbiterio della diocesi in cui svol-
gono il loro ministero e di dover sinceramente collaborare con
esso. Il Vescovo di incardinazione, a sua volta, favorisca positi-
vamente il diritto alla propria spiritualità che la legge riconosce
a tutti i fedeli145, rispetti lo stile di vita richiesto dall’apparten-
enza al movimento e sia pronto, a norma del diritto, a permet-
tere che il presbitero possa prestare il proprio servizio in altre
Chiese locali, se questo dovesse far parte del carisma del mo-
vimento stesso,146 impegnandosi in ogni caso a rafforzare la
comunione ecclesiale.
Presbiterio, luogo di santificazione
36. Il presbiterio è il luogo privilegiato nel quale il sacerdo-
te dovrebbe poter trovare i mezzi specifici di formazione, di
santificazione e di evangelizzazione ed essere aiutato a superare
i limiti e le debolezze che sono propri della natura umana.
Egli, pertanto, farà ogni sforzo per evitare di vivere il pro-
prio sacerdozio in modo isolato e soggettivistico e cercherà di
favorire la comunione fraterna dando e ricevendo – da sacer-
dote a sacerdote – il calore dell’amicizia, dell’assistenza affet-
tuosa, dell’acco-glienza, della correzione fraterna147, ben consa-
143 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis., 31.
144 Cf. ibid., 31; 41; 68.
145 Cf. C.I.C., cann. 214-215.
146 Cf. C.I.C., can. 271.
147 Cf. BENEDETTO XVI, Messaggio per la Quaresima 2012 (3 novembre
53

6.4 Page 54

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pevole che la grazia dell’Ordine «assume ed eleva i rapporti
umani, psicologici affettivi, amicali e spirituali [...] e si concre-
tizza nelle più varie forme di aiuto reciproco, non solo quelle
spirituali, ma anche quelle materiali»148.
Tutto questo è espresso, oltre che nella Messa crismale –
manifestazione della comunione dei presbiteri con il loro Ve-
scovo –, nella liturgia della Messa In Coena Domini del Giovedì
Santo, la quale mostra che dalla comunione eucaristica – nata
nell’Ultima Cena – i sacerdoti ricevono la capacità di amarsi gli
uni gli altri, come il Maestro li ama149.
Fraterna amicizia sacerdotale
37. Il profondo ed ecclesiale senso del presbiterio non solo
non impedisce, ma agevola le responsabilità personali di ogni
presbitero nell’espletamento del ministero particolare affidato-
gli dal Vescovo150. La capacità di coltivare e vivere mature e
profonde amicizie sacerdotali si rivela fonte di serenità e di
gioia nell’esercizio del ministero, sostegno decisivo nelle diffi-
coltà ed aiuto prezioso per l’incremento della carità pastorale,
che il presbitero deve esercitare in modo particolare proprio
verso quei confratelli in difficoltà che hanno bisogno di com-
prensione, aiuto e sostegno151. La fraternità sacerdotale, espres-
sione della legge della carità, lungi dal ridursi ad un semplice
sentimento, diventa per i presbiteri una esistenziale memoria di
Cristo ed una testimonianza apostolica di comunione ecclesiale.
2011): AAS 104 (2012), 199-204.
148 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 74.
149 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (4 agosto 1993), 4: Insegnamenti
XVI/2, 139-140.
150 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 12-14.
151 Cf. ibid., 8.
54

6.5 Page 55

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Vita comune
38. Una manifestazione di questa comunione è anche la vi-
ta comune da sempre favorita dalla Chiesa,152 di recente caldeg-
giata dagli stessi documenti del Concilio Ecumenico Vaticano
II153 e del Magistero successivo154 ed applicata positivamente in
non poche diocesi. «La vita comune esprime un aiuto che Cri-
sto dà alla nostra esistenza, chiamandoci, attraverso la presenza
dei fratelli, ad una configurazione sempre più profonda alla sua
persona. Vivere con altri significa accettare la necessità della
propria continua conversione e soprattutto scoprire la bellezza
di tale cammino, la gioia dell’umiltà, della penitenza, ma anche
della conversione, del perdono vicendevole, del mutuo soste-
gno. Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum (Sal
133,1)»155.
Per affrontare uno dei problemi odierni più importanti
della vita sacerdotale, cioè, la solitudine del prete, «non si rac-
comanderà mai abbastanza ai sacerdoti una certa loro vita co-
mune tutta tesa al ministero propriamente spirituale; la pratica
di incontri frequenti con fraterni scambi di idee, di consigli e di
esperienza tra confratelli; l’impulso alle associazioni che favori-
152 Cf. S. AGOSTINO, Sermones 355, 356, De vita et moribus clericorum: PL 39,
1568-1581.
153 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 28; Decr. Pre-
sbyterorum Ordinis, 8; Decr. Christus Dominus, 30.
154 Cf. SACRA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI, Direttorio Ecclesiae Ima-
go (22 febbraio 1973), 112; CONGREGAZIONE PER I VESCOVI, Direttorio Apo-
stolorum Successores per il ministero pastorale dei Vescovi (22 febbraio 2004),
LEV, Città del Vaticano 2004, 211; C.I.C., cann. 280; 245, § 2; 550, § 1;
GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 81.
155 BENEDETTO XVI, Udienza privata ai sacerdoti della Fraternità san Carlo in
occasione del XXV di fondazione (12 febbraio 2011): “L’Osservatore Romano”, 13
febbraio 2011, 8.
55

6.6 Page 56

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scono la santità sacerdotale»156.
39. Tra le diverse forme di vita comune (casa, comunità di
mensa, ecc.) si deve ritenere come sovreminente il partecipare
comunitariamente alla preghiera liturgica157. Le diverse modali-
tà devono essere favorite secondo le possibilità e le convenien-
ze pratiche, senza necessariamente ricalcare, pur lodevoli, mo-
delli propri della vita religiosa. In modo particolare sono da lo-
dare quelle associazioni che favoriscono la fraternità sacerdota-
le, la santità nell’esercizio del ministero, la comunione col Ve-
scovo e con tutta la Chiesa158.
Tenuto conto dell’importanza che i sacerdoti vivano nei
dintorni dove abita la gente alla quale servono, si auspica che i
parroci siano disponibili a favorire la vita comune nella casa
parrocchiale con i loro vicari159, stimandoli effettivamente co-
me loro cooperatori e partecipi della sollecitudine pastorale; da
parte loro, i vicari, per costruire la comunione sacerdotale,
debbono riconoscere e rispettare l’autorità del parroco160. Nei
casi dove non ci sia più che un sacerdote in una parrocchia, si
consiglia vivamente la possibilità di una vita comune con altri
sacerdoti di parrocchie limitrofe161.
In molti luoghi, l’esperienza di questa vita comune è stata
assai positiva perché ha rappresentato un vero aiuto per il sa-
cerdote: si crea un ambiente di famiglia, si può conveniente-
156 PAOLO VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), 80.
157 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 26; 99; Institutio
generalis Liturgiae Horarum, 25.
158 Cf. C.I.C., can. 278, § 2; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-
sinodale Pastores dabo vobis, 31; 68; 81.
159 Cf. C.I.C., can. 550, § 2.
160 Cf. ibid., can. 545, § 1.
161 Cf.. ibid., can. 533, § 1.
56

6.7 Page 57

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mente avere – ottenuto il permesso dell’Ordinario162 – una
cappella con il Santissimo Sacramento, si può pregare insieme,
ecc. Inoltre, come risulta dall’esperienza e dall’insegnamento
dei santi, «nessuno può assumere la forza rigenerante della vita
comune senza la preghiera […] senza una vita sacramentale
vissuta con fedeltà. Se non si entra nel dialogo eterno che il Fi-
glio intrattiene col Padre nello Spirito Santo nessuna autentica
vita comune è possibile. Occorre stare con Gesù per poter sta-
re con gli altri»163. Sono molti i casi di sacerdoti che hanno tro-
vato nell’adozione di opportune forme di vita comunitaria un
importante aiuto sia per le loro esigenze personali che per
l’esercizio del loro ministero pastorale.
40. La vita comune è immagine di quella apostolica vivendi
forma di Gesù con i suoi apostoli. Con il dono del sacro celibato
per il Regno dei Cieli, il Signore ci ha fatto diventare in modo
speciale membri della sua famiglia. In una società segnata for-
temente dall’individualismo, il sacerdote ha bisogno di un rap-
porto personale più profondo e di uno spazio vitale caratteriz-
zato dall’ami-cizia fraterna dove possa vivere come cristiano e
sacerdote: «i momenti di preghiera e di studio in comune, la
condivisione delle esigenze della vita e del lavoro sacerdotale
sono una parte necessaria della vostra vita»164.
Così, in questa atmosfera di aiuto reciproco, il sacerdote
trova il terreno adatto per perseverare nella vocazione di servi-
zio alla Chiesa: «nella compagnia di Cristo e dei fratelli ciascun
sacerdote può trovare le energie necessarie per prendersi cura
degli uomini, per farsi carico dei bisogni spirituali e materiali
162 Cf. ibid., cann. 1226; 1228.
163 BENEDETTO XVI, Udienza privata ai sacerdoti della Fraternità san Carlo in
occasione del XXV di fondazione (12 febbraio 2011): l.c., 8.
164 BENEDETTO XVI, Omelia in occasione della celebrazione dei Vespri (Fatima,
12 maggio 2010): Insegnamenti VI/1 (2010), 685-688.
57

6.8 Page 58

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che incontra, per insegnare con parole sempre nuove, dettate
dall’amore, le verità eterne della fede di cui hanno sete anche i
nostri contemporanei»165.
Nella preghiera sacerdotale dell’ultima Cena, Gesù ha pre-
gato per l’unità dei suoi discepoli: «Come tu, Padre, sei in me e
io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola» (Gv 17,21). Ogni
comunione nella Chiesa «deriva dall’unità del Padre, del Figlio
e dello Spirito Santo»166. I sacerdoti siano convinti che la loro
comunione fraterna, specialmente nella vita comune, costitui-
sce una testimonianza, secondo quanto il Signore Gesù ha pre-
cisato nella sua preghiera al Padre: i discepoli siano una cosa
sola perché il mondo «creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21)
e sappia «che li hai amati come hai amato me» (Gv 17,23). «Ge-
sù chiede che la comunità sacerdotale sia riflesso e partecipa-
zione della comunione trinitaria: quale sublime ideale!»167.
Comunione con i fedeli laici
41. Uomo di comunione, il sacerdote non potrà esprimere
il suo amore per il Signore e per la Chiesa senza tradurlo in
amore fattivo ed incondizionato per il popolo cristiano, ogget-
to della sua cura pastorale168.
Come Cristo, egli deve farsi «quasi sua trasparenza in mez-
zo al gregge» che gli è affidato169, ponendosi in relazione posi-
165 BENEDETTO XVI, Udienza privata ai sacerdoti della Fraternità san Carlo in
occasione del XXV di fondazione (12 febbraio 2011): l.c., 8.
166 S. CIPRIANO, De Oratione Domini, 23: PL 4, 553; cf. CONC. ECUM. VAT.
II, Cost. dogm. Lumen gentium, 4.
167 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (4 agosto 1993), 4: Insegnamenti
XVI/2, 139-140.
168 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (7 luglio 1993): Insegnamenti
XVI/2, 34-44; CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 15.
169 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 15.
58

6.9 Page 59

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tiva con i fedeli laici; riconoscendone la dignità di figli di Dio,
ne promuove il ruolo proprio nella Chiesa e, al loro servizio,
mette tutto il suo ministero sacerdotale e la sua carità pastora-
le170. Questo atteggiamento di amore e di carità è ben lontano
dalla cosiddetta “laicizzazione dei presbiteri”, che porta invece
a diluire nei sacerdoti proprio quello che ne costituisce
l’identità: i fedeli chiedono ai loro sacerdoti di mostrarsi come
tali, sia nell’aspetto esteriore che nella dimensione interiore, in
ogni momento, luogo e circostanza. Una preziosa occasione
per la missione evangelizzatrice del pastore di anime risulta la
tradizionale visita annuale e la benedizione pasquale delle fami-
glie.
Una peculiare manifestazione di questa dimensione nell’e-
dificare la comunità cristiana consiste nel superare ogni atteg-
giamento particolaristico; infatti, i presbiteri non devono mai
porsi al servizio di un’ideologia particolare, cosa che togliereb-
be efficacia al loro ministero. Il rapporto del presbitero con i
fedeli deve essere sempre essenzialmente sacerdotale.
Nella consapevolezza della profonda comunione che lo le-
ga ai fedeli laici e ai religiosi, il sacerdote compirà ogni sforzo
per «suscitare e sviluppare la corresponsabilità nella comune ed
unica missione di salvezza, con la pronta e cordiale valorizza-
zione di tutti i carismi e i compiti che lo Spirito offre ai creden-
ti per l’edificazione della Chiesa»171.
Più concretamente, il parroco, ricercando sempre il bene
comune nella Chiesa, favorirà le associazioni di fedeli ed i mo-
vimenti o le nuove comunità che si propongono finalità religio-
se172, accogliendole tutte ed aiutandole a trovare tra di loro uni-
170 Cf. CONC. ECUM VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 9; C.I.C., cann.
275, § 2; 529, § 2.
171 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis., 74.
172 Cf. C.I.C., can. 529, § 2.
59

6.10 Page 60

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tà di intenti, nella preghiera e nell’azione apostolica.
Uno dei compiti che richiede particolare attenzione è la
formazione dei laici. Il presbitero non si può accontentare che i
fedeli abbiano una conoscenza superficiale della fede, ma deve
cercare di dare ad essi una solida formazione, perseverando nel
suo sforzo attraverso lezioni di teologia, corsi sulla dottrina cri-
stiana, specialmente con lo studio del Catechismo della Chiesa Cat-
tolica e del suo Compendio. Tale formazione aiuterà i laici a svol-
gere pienamente il proprio ruolo di animazione cristiana
dell’ordine temporale (politico, culturale, economico, socia-
le)173. Inoltre, in certi casi, si possono affidare a laici, che ab-
biano una sufficiente formazione e il desiderio sincero di servi-
re la Chiesa, alcuni compiti – d’accordo con le leggi della Chie-
sa – che non appartengono esclusivamente al ministero sacer-
dotale e che costoro possono sviluppare in base alla loro espe-
rienza professionale e personale. In questo modo, il sacerdote
sarà più libero nel curare ancor meglio i suoi impegni primari,
quali la predicazione, la celebrazione dei Sacramenti e la dire-
zione spirituale. In questo senso, uno dei compiti importanti
dei parroci è quello di scoprire tra i fedeli persone con la capa-
cità, le virtù ed una vita cristiana coerente – per esempio, per
quanto riguarda il matrimonio –, che possano aiutare efficace-
mente nelle diverse attività pastorali: preparazione dei bambini
per la prima comunione e la prima confessione o dei giovani
per la cresima, la pastorale familiare, la catechesi per quelli che
stanno per sposarsi, ecc. Senz’altro, la preoccupazione per la
formazione di queste persone – che sono modelli per tante al-
tre – ed il fatto di aiutarli nel loro cammino di fede dovrà esse-
re una delle inquietudini principali dei presbiteri.
In quanto riunisce la famiglia di Dio e realizza la Chiesa-
173 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 31.
60

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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comunione, il presbitero – conscio del grande dono della sua
vocazione – diventa il pontefice, colui che unisce l’uomo a Dio,
facendosi fratello degli uomini nell’atto stesso con cui vuole es-
sere loro pastore, padre e maestro174. Per l’uomo di oggi, che
cerca il senso del suo esistere, egli è Buon Pastore e guida che
porta all’incontro con Cristo, incontro che si realizza come an-
nuncio e come realtà già presente, anche se in modo non defi-
nitivo, nella Chiesa. In tale modo il presbitero, posto al servizio
del Popolo di Dio, si presenterà come esperto in umanità, uo-
mo di verità e di comunione, testimone della sollecitudine
dell’Unico Pastore per tutte e per ciascuna delle sue pecorelle.
La comunità potrà contare con sicurezza sulla sua disponibilità,
sulla sua opera di evangelizzazione e, soprattutto, sul suo amo-
re fedele ed incondizionato. Manifestazione di questo amore
sarà principalmente la sua dedizione nella predicazione, nella
celebrazione dei sacramenti, in particolare dell’Eucaristia e del
sacramento della penitenza, e nella direzione spirituale, come
mezzo per aiutare a discernere i segni della volontà di Dio175.
Egli, pertanto, eserciterà, mostrandosi in ogni momento sacer-
dote, la sua missione spirituale con amabilità e fermezza, con
umiltà e spirito di servizio176, piegandosi alla compassione, par-
tecipando alle sofferenze che derivano agli uomini dalle varie
forme di povertà, spirituale e materiale, vecchie e nuove. Saprà
anche chinarsi con misericordia sul difficile ed incerto cammi-
no di conversione dei peccatori, ai quali riserverà il dono della
174 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
74; PAOLO VI, Lett. enc. Ecclesiam suam (6 agosto 1964), III: AAS 56 (1964),
647.
175 Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il sacerdote ministro della Misericor-
dia Divina. Sussidio per Confessori e Direttori spirituali (9 marzo 2011): opuscolo,
LEV, Città del Vaticano 2011.
176 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (7 luglio 1993): l.c., 34-44.
61

7.2 Page 62

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verità e la paziente ed incoraggiante benevolenza del Buon Pa-
store, che non rimprovera la pecora smarrita, ma la carica sulle
spalle e fa festa per il suo ritorno all’ovile (cf. Lc 15,4-7)177.
Si tratta di affermare la carità di Cristo come origine e per-
fetta realizzazione dell’uomo nuovo (cf. Ef 2,15), ossia di ciò
che è l’uomo nella sua verità piena. Questa carità si traduce nel-
la vita del presbitero in un’autentica passione che configura e-
spressamente il suo ministero in funzione della generazione del
popolo cristiano.
Comunione con i membri degli Istituti di vita consacrata
42. Particolare attenzione riserverà alle relazioni con i fra-
telli e le sorelle impegnati nella vita di speciale consacrazione a
Dio in tutte le sue forme, mostrando loro apprezzamento sin-
cero e fattivo spirito di collaborazione apostolica, rispettando-
ne e promuovendone i carismi specifici. Coopererà, inoltre, af-
finché la vita consacrata appaia sempre più luminosa a vantag-
gio della Chiesa intera e sempre più persuasiva e attraente per
le nuove generazioni.
In tale spirito di stima per la vita consacrata, il sacerdote
porrà particolare cura per quelle comunità che, per diversi mo-
tivi, sono maggiormente bisognose di buona dottrina, di assi-
stenza e di incoraggiamento nella fedeltà e nella ricerca delle
vocazioni.
Pastorale vocazionale
43. Ogni sacerdote si occuperà con speciale dedizione alla
pastorale vocazionale, non mancando di incentivare la preghie-
ra per le vocazioni, di prodigarsi nella catechesi, di curare la
formazione dei ministranti, di favorire appropriate iniziative
177 Cf. C.I.C., can. 529, § 1.
62

7.3 Page 63

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mediante un rapporto personale che faccia scoprire i talenti e
sappia individuare la volontà di Dio per una scelta coraggiosa
nella sequela di Cristo178. In questo lavoro hanno importanza
fondamentale le famiglie che si costituiscono come chiese do-
mestiche dove i giovani imparano sin da piccoli a pregare, a
crescere nelle virtù, ad essere generosi. I presbiteri devono in-
coraggiare gli sposi cristiani a configurare il focolare come vera
scuola di vita cristiana, a pregare insieme con i figli, a chiedere a
Dio che chiami qualcuno a seguirlo da vicino con cuore indivi-
so (cf. 1Cor 7,32-34), ad essere sempre gioiosi nei confronti
delle vocazioni che possano sorgere nella propria famiglia.
Questa pastorale dovrà essere fondata primariamente sulla
grandezza della chiamata – elezione divina in favore degli uo-
mini –: davanti ai giovani occorre presentare in primo luogo il
prezioso e bellissimo dono che comporta seguire Cristo. Per
questo, un ruolo importante lo riveste il ministro ordinato at-
traverso l’esempio della sua fede e della sua vita: la chiara co-
scienza della propria identità, la coerenza di vita, la trasparente
gioia e l’ardore missionario del presbitero costituiscono altret-
tanti imprescindibili elementi di quella pastorale delle vocazioni
che deve integrarsi nella pastorale organica ed ordinaria. Per-
tanto, la manifestazione gioiosa della sua adesione al mistero di
Gesù, il suo atteggiamento di preghiera, la cura e devozione
con cui celebra la Santa Messa e i sacramenti irradiano
quell’esempio che affascina i giovani.
Inoltre, la lunga esperienza della vita della Chiesa ha messo
in risalto che bisogna curare con pazienza e costanza, senza
scoraggiarsi, la formazione dei giovani fin da quando sono pic-
coli; così essi avranno quelle necessarie risorse spirituali per ri-
spondere ad una eventuale chiamata di Dio. Per questo è indi-
178 Cf. CONC. ECUM VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 11; C.I.C., can.
233, § 1.
63

7.4 Page 64

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spensabile – e dovrebbe essere parte di qualsiasi pastorale vo-
cazionale – fomentare in loro la vita di preghiera e l’intimità
con Dio, il ricorso ai sacramenti, specialmente all’Eucaristia e
alla confessione, la direzione spirituale come aiuto per progre-
dire nella vita interiore. I sacerdoti così susciteranno in modo
adeguato e generoso la proposta vocazionale ai giovani che
sembrino ben disposti; questo impegno, sebbene debba essere
costante, tuttavia si intensificherà specialmente in alcune circo-
stanze, come, ad esempio, in occasione degli esercizi spirituali o
della preparazione dei cresimandi o della cura dei ragazzi che
servono all’altare.
Con il seminario, culla della propria vocazione e palestra di
prima esperienza di vita comunionale, il sacerdote manterrà
sempre rapporti di cordiale collaborazione e di sincero affetto.
É «esigenza insopprimibile della carità pastorale»179, dell’a-
more al proprio sacerdozio, che ogni presbitero – assecondan-
do la grazia dello Spirito Santo – si preoccupi di suscitare voca-
zioni sacerdotali che possano continuarne il ministero a servi-
zio del Signore ed in favore degli uomini.
Impegno politico e sociale
44. Il sacerdote, servitore della Chiesa, che per la sua uni-
versalità e cattolicità non può legarsi ad alcuna contingenza sto-
rica, starà al di sopra di qualsiasi parte politica. Egli non può
aver parte attiva in partiti politici o nella conduzione di associa-
zioni sindacali, a meno che, a giudizio dell’autorità ecclesiastica
competente, lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa e la
promozione del bene comune180. Infatti, pur essendo queste
179 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 74.
180 Cf. C.I.C., can. 287, § 2; SACRA CONGREGAZIONE PER IL CLERO,
Decr. Quidam Episcopi (8 marzo 1982), AAS 74 (1982), 642-645.
64

7.5 Page 65

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cose buone in se stesse, tuttavia sono aliene dallo stato clerica-
le, in quanto possono costituire un grave pericolo di rottura
della comunione ecclesiale181.
Come Gesù (cf. Gv 6,15 ss), il presbitero «deve rinunciare
ad impegnarsi in forme di politica attiva, specialmente quando
essa è di parte, come quasi inevitabilmente avviene, per rimane-
re l’uomo di tutti in chiave di fraternità spirituale»182. Ogni fe-
dele, perciò, deve sempre poter accedere al sacerdote senza
sentirsi escluso per alcuna ragione.
Il presbitero ricorderà che «non spetta ai Pastori della
Chiesa intervenire direttamente nell’azione politica e
nell’organizzazione sociale. Questo compito, infatti, fa parte
della vocazione dei fedeli laici, i quali operano di propria inizia-
tiva insieme con i loro concittadini»183; egli, tuttavia, non man-
cherà, seguendo i criteri del Magistero, di applicarsi «nello sfor-
zo di formare rettamente la loro coscienza»184. Il sacerdote ha
quindi una particolare responsabilità di spiegare, promuovere e,
se necessario, difendere – sempre seguendo gli orientamenti del
diritto e del Magistero della Chiesa – le verità religiose e morali,
anche di fronte all’opinione pubblica e addirittura, se si possie-
de la necessaria preparazione specifica, nell’ampio campo dei
mass-media. In una cultura sempre più secolarizzata, in cui la
181 Cf. CONGREGAZIONE PER L'EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, Gui-
da pastorale per i sacerdoti diocesani delle Chiese dipendenti dalla Congregazione per l'Evan-
gelizzazione dei Popoli, 9: l.c., 1604-1607; SACRA CONGREGAZIONE PER IL
CLERO, Decr. Quidam Episcopi (8 marzo 1982), l.c., 642-645.
182 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (28 luglio 1993), 3: Insegnamenti
XVI/2, 109-110; cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. Gaudium et spes, 43;
SINODO DEI VESCOVI, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis tempori-
bus (30 novembre 1971), II, I, 2: l.c., 912-913; C.I.C., cann. 285, § 3; 287, § 1.
183 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2442; C.I.C., can. 227.
184 SINODO DEI VESCOVI, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis
temporibus (30 novembre 1971), II, I, 2: l.c., 913.
65

7.6 Page 66

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religione è spesso trascurata e considerata come irrilevante o
illegittima nel dibattito sociale, o tutt’al più confinata solo
nell’intimità delle coscienze, il sacerdote è chiamato a sostenere
il significato pubblico e comunitario della fede cristiana, tra-
smettendola in modo chiaro e convincente, in ogni occasione,
al momento opportuno e non opportuno (cf. 2Tm 4,2), e te-
nendo conto di quel patrimonio di insegnamenti che costituisce
la Dottrina Sociale della Chiesa. Il Compendio della dottrina sociale
della Chiesa è un efficace strumento che lo aiuterà a presentare
questo insegnamento sociale e mostrarne la ricchezza nel con-
testo culturale odierno.
La riduzione della sua missione a compiti temporali, pu-
ramente sociali o politici o comunque alieni alla sua identità,
non sarebbe una conquista ma una perdita gravissima per la fe-
condità evangelica della Chiesa intera.
66

7.7 Page 67

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II. SPIRITUALITÁ SACERDOTALE
La spiritualità del sacerdote consiste principalmente nel
profondo rapporto di amicizia con Cristo, poiché egli è chia-
mato ad «andare da Lui» (Mc 3,13). In questo senso, nella vita
del sacerdote Gesù avrà sempre la preminenza su tutto. Ogni
sacerdote agisce in un contesto storico particolare, con le sue
varie sfide ed esigenze. Proprio per questo, la garanzia di fe-
condità del ministero radica in una profonda vita interiore. Se il
sacerdote non conta sul primato della grazia, non potrà rispon-
dere alle sfide dei tempi, e ogni piano pastorale, per quanto e-
laborato possa essere, sarebbe destinato al fallimento.
2.1 Contesto storico attuale
Saper interpretare i segni dei tempi
45. La vita e il ministero dei sacerdoti si sviluppano sempre
nel contesto storico, di volta in volta carico di nuovi problemi e
di inedite risorse, nel quale si trova a vivere la Chiesa pellegrina
nel mondo.
Il sacerdozio non nasce dalla storia, ma dalla immutabile
volontà del Signore. Tuttavia esso si confronta con le circo-
stanze storiche e − pur rimanendo sempre identico − si confi-
gura, nella concretezza delle scelte, anche attraverso una valu-
tazione evangelica dei “segni dei tempi”. Per tale motivo, i pre-
sbiteri hanno il dovere di interpretare tali “segni” alla luce della
fede e di sottoporli a prudente discernimento. In ogni caso, non
potranno ignorarli, soprattutto se si vuole orientare in modo ef-
ficace e pertinente la propria vita al fine di rendere fecondo il lo-
ro servizio e la loro testimonianza per il Regno di Dio.
Nell’attuale fase della vita della Chiesa, in un contesto so-
ciale contrassegnato da un forte secolarismo, dopo che è stata
67

7.8 Page 68

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riproposta a tutti una “misura alta” della vita cristiana ordinaria,
quella della santità185, i presbiteri sono chiamati a vivere con
profondità il loro ministero come testimoni di speranza e tra-
scendenza, tenuto conto delle sempre più numerose e delicate
esigenze di ordine non solo pastorale, ma anche sociale e cultu-
rale, alle quali devono far fronte186.
Essi, pertanto, sono oggi impegnati nei diversi campi di
apostolato che richiedono generosità e dedizione completa,
preparazione intellettuale e, soprattutto, una vita spirituale ma-
tura e profonda, radicata nella carità pastorale, che è la loro
specifica via alla santità e che costituisce anche un autentico
servizio ai fedeli nel ministero pastorale. In questo modo, se si
sforzeranno per vivere pienamente la propria consacrazione –
rimanendo uniti a Cristo e lasciandosi compenetrare dal suo
Spirito –, nonostante i loro limiti, potranno realizzare il proprio
ministero, aiutati dalla grazia, nella quale porranno la loro
fiducia. È ad essa che devono far ricorso, «sapendo di poter
così tendere alla perfezione con la speranza di progredire sem-
pre più nella santità»187.
L’esigenza della conversione per l’ evangelizzazione
46. Da ciò deriva che il sacerdote è coinvolto, in maniera
del tutto speciale, nell’impegno dell’intera Chiesa per
l’evangelizzazione. Partendo dalla fede in Gesù Cristo, Reden-
tore dell’uomo, ha la certezza che in Lui vi sono «impenetrabili
ricchezze» (Ef 3,8), che nessuna cultura e nessuna epoca può
185 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio
2001): AAS 93 (2001), 266-309; BENEDETTO XVI, Udienza generale (13 aprile
2011), “L’Osservatore Romano”, 14 aprile 2011, 8.
186 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 5.
187 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (26 maggio 1993): Insegnamenti
XVI/1 (1993), 1328-1340.
68

7.9 Page 69

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esaurire, e alle quali possono attingere sempre gli uomini188.
É questa, pertanto, l’ora di un rinnovamento della nostra
fede in Gesù Cristo, che è lo stesso «ieri e oggi e per sempre!»
(Eb 13,8). Pertanto, «la chiamata alla nuova evangelizzazione è
innanzitutto una chiamata alla conversione»189. Al tempo stes-
so, essa è una chiamata a quella speranza, «che poggia sulle
promesse di Dio, sulla fedeltà alla sua Parola, e che ha come
certezza incrollabile la risurrezione di Cristo, la sua vittoria defini-
tiva sul peccato e sulla morte, primo annuncio e radice di ogni
evangelizzazione, fondamento di ogni promozione umana,
principio di ogni autentica cultura cristiana»190.
In tale contesto, il sacerdote deve anzitutto ravvivare la sua
fede, la sua speranza ed il suo amore sincero al Signore, in mo-
do tale da poterlo offrire alla contemplazione dei fedeli e di tut-
ti gli uomini come veramente è: una Persona viva, affascinante,
che ci ama più di tutti perché ha dato la Sua vita per noi; «nes-
suno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i
propri amici» (Gv 15,13).
Nello stesso tempo, il sacerdote dovrebbe agire mosso da
uno spirito accogliente e gioioso, frutto della sua unione con
Dio attraverso la preghiera e il sacrificio, che è un elemento es-
senziale della sua missione evangelizzatrice di farsi tutto a tutti
(cf. 1Cor 9,19-23), in modo da guadagnarli a Cristo. Allo stesso
modo, consapevole della misericordia immeritata di Dio nella
propria vita e nella vita dei suoi confratelli, deve coltivare le vir-
tù dell’umiltà e della misericordia verso tutto il popolo di Dio,
specialmente nei riguardi di quelle persone che si sentono e-
188 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Discorso inaugurale alla IV Conferenza Generale
dell’Episcopato Latinoamericano (Santo Domingo, 12-28 ottobre 1992), 24: AAS
85 (1993), 826.
189 Ibid., 1.
190 Ibid., 25.
69

7.10 Page 70

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stranee alla Chiesa. Il sacerdote, conscio che ogni persona è, in
diverso modo, alla ricerca di un amore capace di portarla oltre
gli angusti confini della propria debolezza, del proprio egoismo
e, sopratutto, della stessa morte, proclamerà che Gesù Cristo è
la risposta a tutti questi aneliti.
Nella nuova evangelizzazione, il sacerdote è chiamato ad
essere l’araldo della speranza191, che scaturisce anche dalla consa-
pevolezza che egli stesso per primo è stato toccato dal Signore:
egli vive in sé la gioia della salvezza che Gesù gli ha offerto. Si
tratta di una speranza non solamente intellettuale, ma anche del
cuore, perché il presbitero è stato toccato dall’amore di Cristo:
«non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16).
La sfida delle sette e dei nuovi culti
47. Il proliferare delle sette e dei nuovi culti, nonché la lo-
ro diffusione anche fra i fedeli cattolici, costituisce una partico-
lare sfida al ministero pastorale. Alla base di un tale fenomeno
ci sono motivazioni complesse. In ogni caso, il ministero dei
presbiteri viene sollecitato a rispondere con prontezza ed inci-
sività alla ricerca del sacro ed in modo particolare dell’autentica
spiritualità oggi emergente. Di conseguenza, bisogna che il sa-
cerdote sia uomo di Dio e maestro di preghiera. Al tempo stes-
so, si impone la necessità di far sì che la comunità affidata alle
sue cure pastorali sia realmente accogliente in modo che nessun
appartenente ad essa possa sentirsi anonimo oppure oggetto di
indifferenza. Si tratta di una responsabilità che ricade certamen-
te su ogni fedele ma, in modo del tutto particolare, sul presbite-
ro, che è uomo di comunione. Se egli saprà accogliere con sti-
ma e rispetto chiunque lo avvicini, apprezzandone la personali-
tà, allora creerà uno stile di autentica carità che diventerà con-
191 Cf. ibid.
70

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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tagioso e si estenderà gradualmente all’intera comunità.
Per vincere la sfida delle sette e dei nuovi culti, è partico-
larmente importante – oltre al desiderio per la salvezza eterna
dei fedeli, che batte nel cuore di ogni sacerdote – una catechesi
matura e completa, la quale richiede uno speciale sforzo da par-
te del ministro di Dio affinché tutti i suoi fedeli conoscano re-
almente il significato della vocazione cristiana e della fede cat-
tolica. In questo senso, «la misura più semplice, ovvia ed urgen-
te da prendere, quella che potrebbe anche risultare la più effi-
cace, consiste nel trarre il meglio dalle ricchezze del patrimonio
spirituale cristiano»192.
In modo particolare, i fedeli devono essere educati a cono-
scere bene il rapporto che intercorre tra la loro specifica voca-
zione in Cristo e l’appartenenza alla sua Chiesa, che devono
imparare ad amare filialmente e tenacemente. Tutto questo si
realizzerà se il sacerdote, nella sua vita e nel suo ministero, evi-
terà tutto ciò che potrebbe provocare tiepidezza, freddezza o
accettazione parziale della dottrina e delle norme della Chiesa.
Senza dubbio, per coloro che cercano risposte tra le molteplici
proposte religiose, «il fascino del cristianesimo si farà sentire
prima di tutto nella testimonianza dei membri della Chiesa, nel-
la loro fiducia, calma, pazienza ed affetto, e nel loro concreto
amore per il prossimo, tutti frutti della loro fede nutriti
dall’autentica preghiera personale»193.
Luci e ombre dell’attività ministeriale
48. È motivo di grande conforto rilevare che, oggi, i pre-
192 PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTER-RELIGIOSO, Docu-
mento Gesù Cristo portatore dell'acqua viva. Una riflessione cristiana sulla “New Age”, §
6.2 (3 febbraio 2003): EV 22, 54-137.
193 Ibid.
71

8.2 Page 72

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sbiteri di tutte le età, e nella stragrande maggioranza svolgono
con gioioso impegno, spesso frutto di silenzioso eroismo, il sa-
cro ministero, lavorando fino al limite delle proprie forze senza
vedere, alle volte, i frutti del loro lavoro.
Per questo loro impegno, essi costituiscono oggi un an-
nuncio vivente di quella grazia divina che, elargita al momento
dell’ordinazione, continua a donare forza sempre nuova per il
lavoro ministeriale.
Assieme a queste luci, che illuminano la vita del sacerdote,
non mancano ombre che tendono ad indebolirne la bellezza e a
renderne meno efficace l’esercizio del ministero: «nel mondo
d’oggi i compiti che gli uomini devono affrontare sono tanti e i
problemi che li preoccupano − e che spesso richiedono una so-
luzione urgente − sono assai disparati; di conseguenza in molte
occasioni essi si trovano in condizioni tali che è facile che si di-
sperdano in tante cose diverse. Anche i presbiteri, immersi ed
agitati da un gran numero di impegni derivanti dalla loro mis-
sione, possono domandarsi con vera angoscia come fare ad
armonizzare la vita interiore con le esigenze dell’azione ester-
na»194.
Il ministero pastorale è impresa affascinante ma ardua,
sempre esposta all’incomprensione e all’emarginazione, e, so-
prattutto oggi, alla stanchezza, alla sfiducia, all’isolamento e,
qualche volta, alla solitudine.
Per vincere le sfide che la mentalità secolaristica continua-
mente pone, il sacerdote avrà cura di riservare il primato asso-
luto alla vita spirituale, allo stare sempre con Cristo e a vivere
con generosità la carità pastorale, intensificando la comunione
con tutti e, in primo luogo, con gli altri presbiteri. Come
ricordava Benedetto XVI ai sacerdoti, «la relazione con Cristo,
194 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 14.
72

8.3 Page 73

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il colloquio personale con Cristo è una priorità pastorale fon-
damentale, è condizione per il nostro lavoro per gli altri! E la
preghiera non è una cosa marginale: è proprio “professione”
del sacerdote pregare, anche come rappresentante della gente
che non sa pregare o non trova il tempo di pregare»195.
2.2 Stare con Cristo nella preghiera
Primato della vita spirituale
49. Il sacerdote è stato, per così dire, concepito in quella lun-
ga preghiera durante la quale il Signore Gesù ha parlato al Pa-
dre dei suoi Apostoli e, certamente, di tutti coloro che nel cor-
so dei secoli sarebbero stati fatti partecipi della Sua stessa mis-
sione (cf. Lc 6,12; Gv 17,15-20)196. La stessa orazione di Gesù
nel Getsemani (cf. Mt 26,36-44), tutta protesa verso il sacrificio
sacerdotale del Golgota, manifesta in modo paradigmatico
«come il nostro sacerdozio debba essere profondamente vinco-
lato alla preghiera: radicato nella preghiera»197.
Nati da queste preghiere e chiamati a rinnovare in modo
sacramentale ed incruento un Sacrificio che da esse è insepara-
bile, i presbiteri manterranno vivo il loro ministero con una vi-
ta spirituale, alla quale daranno l’assoluta preminenza, evitando
di trascurarla a motivo delle diverse attività.
Proprio per poter svolgere fruttuosamente il ministero pa-
storale, il sacerdote ha bisogno di entrare in una particolare e
profonda sintonia con Cristo Buon Pastore, il quale, solo, resta
195 BENEDETTO XVI, Veglia in occasione della Conclusione dell’Anno sacerdotale
(10 giugno 2010): l.c., 397-406.
196 Cf. BENEDETTO XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma (9 aprile
2009): Insegnamenti V/1 (2009), 578-583.
197 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo (13 aprile
1987): AAS 79 (1987), 1285-1295.
73

8.4 Page 74

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il protagonista principale di ogni azione pastorale: «Egli [Cristo]
pertanto rimane sempre il principio e la fonte della unità di vita
dei presbiteri. Per raggiungerla, essi dovranno perciò unirsi a
lui [a Cristo] nella scoperta della volontà del Padre e nel dono
di sé per il gregge loro affidato. Così, rappresentando il Buon
Pastore, nell’esercizio stesso della carità pastorale troveranno il
vincolo della perfezione sacerdotale che realizzerà l’unità nella
loro vita e attività»198.
Mezzi per la vita spirituale
50. In effetti, tra le gravi contraddizioni della cultura relati-
vista si evidenzia un’autentica disintegrazione della personalità
causata dall’oscuramento della verità sull’uomo. Il rischio del
dualismo nella vita sacerdotale è sempre in agguato.
Tale vita spirituale dev’essere incarnata nell’esistenza di
ogni presbitero attraverso la liturgia, la preghiera personale, lo
stile di vita e la pratica delle virtù cristiane, che contribuiscono
alla fecondità dell’azione ministeriale. La stessa conformazione
a Cristo esige al sacerdote di coltivare un clima di amicizia con
il Signore Gesù, facendo esperienza di un incontro personale
con Lui, e di porsi al servizio della Chiesa, suo Corpo, che egli
dimostrerà di amare proprio attraverso l’adempimento fedele e
indefesso dei doveri del ministero pastorale199.
È necessario, pertanto, che nella vita di preghiera del
presbitero non manchino mai la celebrazione eucaristica quoti-
diana200, con adeguata preparazione e successivo ringraziamen-
198 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 14.
199 Cf. C.I.C., can. 276, § 2, 1°.
200 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; 18;
GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 23; 26; 38; 46;
48; C.I.C., cann. 246, § 1; 276, § 2, 2°.
74

8.5 Page 75

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to; la confessione frequente201 e la direzione spirituale già prati-
cata in seminario e spesso prima202; la celebrazione integra e
fervorosa della Liturgia delle Ore203, alla quale è quotidiana-
mente tenuto204; l’esame della propria coscienza205; l’orazione
mentale propriamente detta206; la lectio divina207, i prolungati
momenti di silenzio e di colloquio, soprattutto negli Esercizi e
Ritiri Spirituali periodici208; le preziose espressioni della devo-
zione mariana, come il Rosario209; la Via Crucis e gli altri pii e-
sercizi210; la fruttuosa lettura agiografica211; ecc. Senz’altro, il
201 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; 18; C.I.C.,
cann. 246, § 4; 276, § 2, 5°; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pa-
stores dabo vobis, 26; 48.
202 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18; C.I.C.,
can. 239; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
40; 50; 81.
203 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18; C.I.C., cann.
246, § 2; 276, § 2, 3°; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores
dabo vobis, 26; 72; CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA
DEI SACRAMENTI, Risposte Celebratio integra a questioni circa l’obbligatorietà
della recita della Liturgia delle Ore (15 novembre 2000), in Notitiae 37 (2001),
190-194.
204 Cf. C.I.C. can., 1174, § 1.
205 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 26; 37-38; 47; 51; 53; 72.
206 Cf. C.I.C., can. 276, § 2, 5°.
207 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 4; 13; 18; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 26; 47; 53; 70; 72.
208 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18; C.I.C., can. 276, §
2, 4°; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 80.
209 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis 18; C.I.C., cann.
246, § 3; 276, § 2, 5°. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores
dabo vobis, 36; 38; 45; 82.
210 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 26; 37-38; 47; 51; 53; 72.
211 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18.
75

8.6 Page 76

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buon uso del tempo, per amore di Dio e della Chiesa, permet-
terà al sacerdote di mantenere più facilmente una solida vita di
preghiera. Di fatto, si consiglia che il presbitero, con l’aiuto del
suo direttore spirituale, cerchi di attenersi con costanza a que-
sto piano di vita che gli permetta di crescere interiormente in
un contesto dove le molteplici esigenze della vita lo potrebbero
indurre parecchie volte all’attivismo e a trascurare la dimensio-
ne spirituale.
Ogni anno, come segno di duraturo desiderio di fedeltà,
durante la Messa crismale, i presbiteri rinnovino, davanti al Ve-
scovo ed insieme con Lui, le promesse fatte nel momento
dell’ordi-nazione212.
La cura della vita spirituale, che allontana il nemico della
tiepidezza, deve essere sentita come un gioioso dovere da parte
dello stesso sacerdote, ma anche come un diritto dei fedeli che
cercano in lui, consciamente o inconsciamente, l’uomo di Dio, il
consigliere, il mediatore di pace, l’amico fedele e prudente, la
guida sicura a cui affidarsi nei momenti più duri della vita per
trovare conforto e sicurezza213.
Benedetto XVI presenta nel suo Magistero un testo alta-
mente significativo sulla lotta alla tiepidezza spirituale che de-
vono condurre anche coloro che sono più vicini al Signore per
ragioni di ministero: «Nessuno è così vicino al suo Signore co-
me il servo che ha accesso alla dimensione più privata della sua
vita. In questo senso “servire” significa vicinanza, richiede fa-
miliarità. Questa familiarità comporta anche un pericolo: quello
che il sacro da noi continuamente incontrato divenga per noi
abitudine. Si spegne così il timore riverenziale. Condizionati da
tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto grande, nuovo,
212 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo
1979 (8 aprile 1979), 1: l.c., 394; Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 80.
213 Cf. POSSIDIO, Vita Sancti Aurelii Augustini, 31: PL 32, 63-66.
76

8.7 Page 77

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sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a
noi. Contro questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro
l’indifferenza del cuore dobbiamo lottare senza tregua, ricono-
scendo sempre di nuovo la nostra insufficienza e la grazia che
vi è nel fatto che Egli si consegni così nelle nostre mani»214.
Imitare Cristo che prega
51. A causa di numerosi impegni, provenienti in larga mi-
sura dall’attività pastorale, la vita dei presbiteri è esposta, oggi
più che mai, ad una serie di sollecitazioni che potrebbero con-
durla verso un crescente attivismo, sottomettendola ad un ritmo,
alle volte, frenetico e travolgente.
Contro tale tentazione, non bisogna dimenticare che la
prima intenzione di Gesù fu quella di convocare intorno a sé
degli Apostoli affinché «stessero con lui» (Mc 3,14).
Lo stesso Figlio di Dio ha voluto anche lasciarci testimo-
nianza della sua preghiera. Con grande frequenza, infatti, i
Vangeli ci presentano Cristo in preghiera: nella rivelazione della
sua missione da parte del Padre (cf. Lc 3,21-22), prima della
chiamata degli Apostoli (cf. Lc 6,12), nel rendere grazie a Dio
nella moltiplicazione dei pani (cf. Mt 14,19; 15,36; Mc 6,41; 8,7;
Lc 9,16; Gv 6,11), nella Trasfigurazione sul monte (cf. Lc 9, 28-
29), quando risana il sordomuto (cf. Mc 7,34) e riporta in vita
Lazzaro (cf. Gv 11,41 ss.), prima della confessione di Pietro (cf.
Lc 9,18), quando insegna ai discepoli a pregare (cf. Lc 11,1), e
quando questi ritornano dall’aver compiuto la loro missione
(cf. Mt 11,25 ss.; Lc 10,21 ss.), nel benedire i fanciulli (cf. Mt
19,13), nel pregare per Pietro (cf. Lc 22,32), ecc.
Tutta la sua attività quotidiana derivava dalla preghiera.
Così egli si ritirava nel deserto o sul monte a pregare (cf. Mc
214 BENEDETTO XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma (20 marzo 2008):
Insegnamenti IV/1 (2008), 442-446.
77

8.8 Page 78

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1,35; 6,46; Lc 5,16; Mt 4,1; Mt 14,23), si alzava al mattino pre-
sto (cf. Mc 1,35) o trascorreva tutta la notte in orazione con
Dio (cf. Mt 14,23.25; Mc 6,46.48; Lc 6,12).
Fino al termine della sua vita, nell’ultima Cena (cf. Gv 17,1-
26), nell’agonia (cf. Mt 26,36-44 par.) e sulla Croce (cf. Lc
23,34.46; Mt 27,46; Mc 15,34), il Maestro divino dimostrò che
la preghiera animava il suo ministero messianico e il suo esodo
pasquale. Risuscitato da morte, vive per sempre e prega per noi
(cf. Eb 7,25)215.
Perciò, la priorità fondamentale del sacerdote è la sua per-
sonale relazione con Cristo attraverso l’abbondanza dei mo-
menti di silenzio e di preghiera nei quali coltivare ed approfon-
dire il proprio rapporto con la persona vivente del Signore Ge-
sù. Sull’esempio di san Giuseppe, il silenzio del sacerdote «non
manifesta un vuoto interiore, ma, al contrario, la pienezza di
fede che egli porta nel cuore, e che guida ogni suo pensiero ed
ogni sua azione»216. Un silenzio che, come quello del santo Pa-
triarca, «custodisce la Parola di Dio, conosciuta attraverso le
Sacre Scritture, confrontandola continuamente con gli avveni-
menti della vita di Gesù; un silenzio intessuto di preghiera co-
stante, preghiera di benedizione del Signore, di adorazione della
sua santa volontà e di affidamento senza riserve alla sua prov-
videnza»217.
Nella comunione della santa Famiglia di Nazareth, il
silenzio di Giuseppe si armonizzava con il raccoglimento di
Maria, «realizzazione più perfetta» dell’obbedienza della fede218,
215 Cf. Institutio Generalis Liturgiae Horarum, 3-4; Catechismo della Chiesa Cat-
tolica, 2598-2606.
216 BENEDETTO XVI, Angelus (18 dicembre 2005): Insegnamenti I (2005),
1003.
217 Ibid.
218 Catechismo della Chiesa Cattolica, 144.
78

8.9 Page 79

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la quale «serbava e meditava nel suo cuore tutte le “grandi
cose” fatte dall’Onnipotente»219.
In questo modo, i fedeli vedranno nel sacerdote un uomo
appassionato di Cristo, che porta in sé il fuoco del Suo amore;
un uomo che si sa chiamato dal Signore ed è pieno di amore
per i suoi.
Imitare la Chiesa che prega
52. Per rimanere fedele all’impegno di «stare con Gesù»,
occorre che il presbitero sappia imitare la Chiesa che prega.
Nel dispensare la Parola di Dio, che lui stesso ha ricevuto
con gioia, il sacerdote sia memore dell’esortazione rivoltagli dal
Vescovo il giorno della sua ordinazione: «Per questo, facendo
della Parola l’oggetto della tua continua riflessione, credi sem-
pre quel che leggi, insegna quel che credi, realizza nella vita
quel che insegni. In questo modo, mentre con la dottrina darai
nutrimento al Popolo di Dio e con la buona testimonianza del-
la vita gli sarai di conforto e sostegno, diventerai costruttore
del tempio di Dio, che è la Chiesa». Similmente riguardo alla
celebrazione dei sacramenti e, in particolare dell’Eucaristia: «Sii
dunque consapevole di quel che fai, imita ciò che compi e poi-
ché celebri il mistero della morte e della risurrezione del Signo-
re, porta la morte di Cristo nel tuo corpo e cammina nella sua
novità di vita». E, infine, riguardo alla guida pastorale del Po-
polo di Dio, perché lo conduca fino al Padre: «Per questo non
cessare mai di tenere lo sguardo rivolto a Cristo, Pastore buo-
no, che è venuto non per essere servito, ma per servire, e per
cercare e salvare quelli che si sono perduti»220.
219 Ibid., 2599; cf. Lc 2, 19.51.
220 Pontificale Romanum, De ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum,
II, 151, l.c., 87-88.
79

8.10 Page 80

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Preghiera come comunione
53. Forte dello speciale legame con il Signore, il presbitero
saprà affrontare i momenti in cui potrebbe sentirsi solo in
mezzo agli uomini, rinnovando con forza il suo stare con Cri-
sto nell’Eu-caristia, luogo reale della presenza del suo Signore.
Come Gesù, che mentre era solo stava continuamente con
il Padre (cf. Lc 3,21; Mc 1,35), anche il presbitero deve essere
l’uomo che, nel raccoglimento, nel silenzio e nella solitudine,
trova la comunione con Dio221, per cui potrà dire con S. Am-
brogio: «Io non sono mai così poco solo come quando sembro
di essere solo»222.
Accanto al Signore, il presbitero troverà la forza e gli
strumenti per riavvicinare gli uomini a Dio, per accendere la lo-
ro fede, per suscitare impegno e condivisione.
2.3 Carità pastorale
Manifestazione della carità di Cristo
54. La carità pastorale, intimamente connessa
all’Eucaristia, costituisce il principio interiore e dinamico capa-
ce di unificare le molteplici e diverse attività pastorali del pre-
sbitero e di portare gli uomini alla vita della Grazia.
L’attività ministeriale deve essere una manifestazione della
carità di Cristo, di cui il presbitero saprà esprimere atteggia-
menti e comportamenti, fino alla donazione totale di sé a favo-
221 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18; SINODO DEI
VESCOVI, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis temporibus (30 novembre
1971), II, I, 3: l.c., 913-915; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores
dabo vobis, 46-47; Udienza generale (2 giugno 1993), 3: Insegnamenti XVI/1, 1389.
222 «Numquam enim minus solus sum, quam cum solus esse videor»: E-
pist. 33 (Maur. 49), 1: CSEL 82, 229.
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9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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re del gregge che gli è stato affidato223. Sarà particolarmente vi-
cino ai sofferenti, ai piccoli, ai bambini, alle persone in difficol-
tà, agli emarginati e ai poveri, portando a tutti l’amore e la mi-
sericordia del Buon Pastore.
Assimilare la carità pastorale di Cristo, in modo da farla
diventare forma della propria vita, è una meta che richiede al
sacerdote un’intensa vita eucaristica, così come impegni e sacri-
fici continui, giacché tale carità non si improvvisa, non conosce
soste né può considerarsi raggiunta una volta per sempre. Il
ministro di Cristo si sentirà obbligato a vivere e a testimoniare
questa realtà sempre e dovunque, anche quando, in ragione
dell’età, fosse stato sollevato dagli incarichi pastorali.
Oltre il funzionalismo
55. La carità pastorale corre, oggi soprattutto, il pericolo di
essere svuotata del suo significato dal cosiddetto funzionalismo.
Non è raro, infatti, percepire, anche in alcuni sacerdoti,
l’influsso di una mentalità che tende erroneamente a ridurre il
sacerdozio ministeriale ai soli aspetti funzionali. ”Fare” il prete,
svolgere singoli servizi e garantire alcune prestazioni d’opera
sarebbe il tutto dell’esistenza sacerdotale. Ma il sacerdote non
esercita soltanto un “lavoro”, dopodiché rimarrebbe libero per
se stesso: tale concezione riduttiva dell’identità e del ministero
del sacerdote rischia di spingerlo verso un vuoto, che viene
spesso riempito da forme di vita non consone al proprio mini-
stero.
Il sacerdote, che sa di essere ministro di Cristo e della
Chiesa, che opera come appassionato di Cristo con tutte le for-
ze della sua vita al servizio di Dio e degli uomini, troverà nella
223 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 14; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 23.
81

9.2 Page 82

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preghiera, nello studio e nella lettura spirituale la forza necessa-
ria per vincere anche questo pericolo224.
2.4 L’obbedienza
Fondamento dell’obbedienza
56. L’obbedienza è una virtù di primaria importanza ed è
strettamente unita alla carità. Come insegna il Servo di Dio Pa-
olo VI, nella «carità pastorale» si può superare «il rapporto di
obbedienza giuridica, affinché la stessa obbedienza sia più vo-
lenterosa, leale e sicura»225. Lo stesso sacrificio di Gesù sulla
Croce acquistò significato salvifico a causa della sua obbedien-
za e della sua fedeltà alla volontà del Padre. Egli fu «obbediente
fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8). La Lettera agli
Ebrei sottolinea anche che Gesù «imparò l’obbedienza da ciò
che patì» (Eb 5,8). Si può dire, allora, che l’obbedienza al Padre
è nel cuore stesso del Sacerdozio di Cristo.
Come per Cristo, anche per il presbitero, l’obbedienza e-
sprime la totale e lieta disponibilità a compiere la volontà di
Dio. Per questo il sacerdote riconosce che tale Volontà si pale-
sa anche attraverso le indicazioni dei legittimi Superiori. La di-
sponibilità verso questi ultimi va intesa come vera attuazione
della libertà personale, conseguenza di una scelta maturata co-
stantemente al cospetto di Dio nella preghiera. La virtù
dell’obbedienza, intrinsecamente richiesta dal sacramento e dal-
la struttura gerarchica della Chiesa, è esplicitamente promessa
dal chierico, prima nel rito di ordinazione diaconale e poi in
quello di ordinazione presbiterale. Con essa il presbitero raf-
forza la sua volontà di comunione, entrando, così, nella dina-
224 Cf. C.I.C., can. 279, § 1.
225 PAOLO VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), 93: l.c.,
693-694.
82

9.3 Page 83

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mica dell’obbedienza di Cristo fattosi Servo obbediente fino
alla morte di Croce (cf. Fil 2,7-8)226.
Nella cultura contemporanea viene sottolineata l’impor-
tanza della soggettività e dell’autonomia della singola persona,
come intrinseche alla sua dignità. Questa realtà, in se stessa po-
sitiva, se assolutizzata e rivendicata al di fuori del suo giusto
contesto, assume una valenza negativa227. Ciò può manifestarsi
anche nell’ambito ecclesiale e nella stessa vita del sacerdote
qualora le attività che egli svolge a favore della comunità venis-
sero ridotte ad un fatto puramente soggettivo.
In realtà il presbitero è, per la natura stessa del suo mini-
stero, a servizio di Cristo e della Chiesa. Egli, pertanto, si ren-
derà disponibile ad accogliere quanto gli è giustamente indicato
dai Superiori e, in modo particolare, se non è legittimamente
impedito, deve accettare ed adempiere fedelmente l’incarico
che gli è affidato dal suo Ordinario228.
Il Decreto Presbyterorum Ordinis descrive i fondamenti
dell’ob-bedienza dei sacerdoti a partire dall’opera divina alla
quale sono chiamati, mostrando poi la cornice di questa obbe-
dienza:
- il mistero della Chiesa: «il ministero sacerdotale, dato che
è il ministero della Chiesa stessa, non può essere realizzato se
non nella comunione gerarchica di tutto il corpo»229;
- la fraternità cristiana: «la carità pastorale esige pertanto
che i presbiteri, lavorando in questa comunione, con
l’obbedienza facciano dono della propria volontà nel servizio di
226 Cf. Ibid., 15: l.c., 662-663; GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-
sinodale Pastores dabo vobis, 27.
227 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993),
31; 32; 106: AAS 85 (1993), 1158-1159; 1159-1160; 1216.
228 Cf. C.I.C., can. 274, §2.
229 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 15.
83

9.4 Page 84

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Dio e dei fratelli, ricevendo e mettendo in pratica con spirito di
fede le prescrizioni e i consigli del Sommo Pontefice, del loro
Vescovo e degli altri superiori, e dando volentieri tutto di sé in
ogni incarico che venga loro affidato, anche se umile e povero.
Perché con questo atteggiamento custodiscono e rafforzano la
necessaria unità con i fratelli nel ministero, specialmente con
quelli che il Signore ha costituito reggitori visibili della sua
Chiesa, e lavorano per la edificazione del corpo di Cristo, il
quale cresce “per ogni articolazione di servizio”»230.
Obbedienza gerarchica
57. Il presbitero è tenuto ad un «obbligo speciale di rispet-
to e obbedienza» nei confronti del Sommo Pontefice e del
proprio Ordinario231. In virtù dell’appartenenza ad un determi-
nato presbiterio, egli è addetto al servizio di una Chiesa partico-
lare, il cui principio e fondamento di unità è il Vescovo232, che
ha su di essa tutta la potestà ordinaria, propria e immediata, ne-
cessaria per l’esercizio del suo ufficio pastorale233. La subordi-
nazione gerarchica, richiesta dal sacramento dell’Ordine, trova
la sua attuazione ecclesiologico-strutturale in riferimento al
proprio Vescovo e al Romano Pontefice, il quale detiene il
primato (principatus) della potestà ordinaria su tutte le Chiese
particolari234.
L’obbligo dell’adesione al Magistero in materia di fede e di
morale è intrinsecamente legato a tutte le funzioni che il sacerdo-
230 Ibid.
231 Cf. C.I.C., can. 273.
232 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 23.
233 Cf. ibid., 27; C.I.C., can. 381, § 1.
234 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Christus Dominus, 2; Cost. dogm. Lu-
men gentium, 22; C.I.C., can. 333, § 1.
84

9.5 Page 85

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te deve svolgere nella Chiesa235. Il dissenso in questo campo è
da considerarsi grave, in quanto produce scandalo e disorienta-
mento tra i fedeli. L’appello alla disobbedienza, specie al Magi-
stero definitivo della Chiesa, non è una via per rinnovare la Chie-
sa236. La sua inesauribile vivacità soltanto può scaturire dal se-
guire il Maestro, obbediente fino alla croce, alla cui missione si
collabora «con la gioia della fede, la radicalità dell’obbe-dienza,
la dinamica della speranza e la forza dell’amore»237.
Nessuno più del presbitero è consapevole del fatto che la
Chiesa ha bisogno di norme che servono a proteggere adegua-
tamente i doni dello Spirito Santo affidati alla Chiesa; poiché,
infatti, la sua struttura gerarchica ed organica è visibile,
l’esercizio delle funzioni a lei divinamente affidate, specialmen-
te quella della guida e della celebrazione dei sacramenti, deve
essere adeguatamente organizzato238.
In quanto ministro di Cristo e della sua Chiesa, il presbite-
ro si assume generosamente l’impegno di osservare fedelmente
tutte e singole le norme, evitando quelle forme di adesione par-
ziale, secondo criteri soggettivi, che creano divisione e si ribal-
tano, con notevole danno pastorale, anche sui fedeli laici e sulla
pubblica opinione. Infatti «le leggi canoniche, per loro stessa
235 Cf. sulla Professio fidei, C.I.C, can. 833 e CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Formula da usarsi per la professione di fede e il giu-
ramento di fedeltà nell’assumere un ufficio da esercitarsi a nome della Chiesa
con Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei (29
giugno 1998): AAS 90 (1998), 542-551.
236 Cf. BENEDETTO XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma (5 aprile
2012), “L'Osservatore Romano”, 6 aprile 2012, 7.
237 Ibid.
238 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Sacrae disciplinae leges (25 gennaio
1983): AAS 75 (1983), Pars II, XIII; Discorso ai partecipanti al Symposium interna-
tionale «Ius in vita et in missione Ecclesiae» (23 aprile 1993): “L'Osservatore Roma-
no”, 25 aprile 1993, 4.
85

9.6 Page 86

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natura, esigono l’osservanza» e richiedono «che quanto viene
comandato dal capo venga osservato nelle membra»239.
Ubbidendo all’autorità costituita, il sacerdote, fra l’altro,
favorirà la mutua carità all’interno del presbiterio e quell’unità
che ha il suo fondamento nella verità.
Autorità esercitata con carità
58. Affinché l’osservanza dell’obbedienza sia facilitata e
possa alimentare la comunione ecclesiale, quanti sono costituiti
in autorità – gli Ordinari, i Superiori religiosi, i Moderatori di
Società di vita apostolica –, oltre ad offrire il necessario e co-
stante esempio personale, devono esercitare con carità il pro-
prio carisma istituzionale, sia prevenendo, sia richiedendo, nei
modi e nei tempi dovuti, l’adesione ad ogni disposizione
nell’ambito magisteriale e disciplinare240.
Tale adesione è fonte di libertà, in quanto non impedisce,
ma stimola la matura spontaneità del presbitero, che saprà as-
sumere un atteggiamento pastorale sereno ed equilibrato, cre-
ando l’armonia nella quale la genialità personale si fonde in una
superiore unità.
Rispetto delle norme liturgiche
59. Tra i vari aspetti del problema, oggi maggiormente av-
vertiti, merita di essere posto in evidenza quello del convinto
amore e rispetto delle norme liturgiche.
La liturgia è l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo241, «il
culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fon-
239 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Sacrae disciplinae leges (25 gennaio
1983): l.c., Pars II, XIII.
240 Cf. C.I.C., cann. 392; 619.
241 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 7.
86

9.7 Page 87

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te da cui promana tutta la sua virtù»242. Essa costituisce un am-
bito in cui il sacerdote deve avere particolare consapevolezza di
essere ministro, cioè servo, e di dover ubbidire fedelmente alla
Chiesa. «Regolare la sacra liturgia compete unicamente all’auto-
rità della Chiesa, che risiede nella Sede Apostolica e, a norma
del diritto, nel Vescovo»243. Egli, pertanto, in tale materia, non
aggiungerà, toglierà o muterà alcunché di sua iniziativa244.
Questo vale in particolar modo per la celebrazione dei sa-
cramenti, che sono per eccellenza atti di Cristo e della Chiesa e
che il sacerdote amministra in persona di Cristo Capo e a nome
della Chiesa per il bene dei fedeli245. Questi hanno un vero di-
ritto a partecipare alle celebrazioni liturgiche così come le vuole
la Chiesa e non secondo i gusti personali del singolo ministro e
neppure secondo particolarismi rituali non approvati, espres-
sioni di singoli gruppi che tendono a chiudersi all’universalità
del Popolo di Dio.
Unità nei piani pastorali
60. È necessario che i sacerdoti, nell’esercizio del loro mi-
nistero, non solo partecipino responsabilmente alla definizione
dei piani pastorali che il Vescovo – con la collaborazione del
consiglio presbiterale246 – determina, ma anche armonizzino
con essi le realizzazioni pratiche nella propria comunità.
La sapiente creatività e lo spirito di iniziativa propri della
maturità dei presbiteri, non solo non verranno mortificati, ma
potranno essere adeguatamente valorizzati a tutto vantaggio
242 Ibid., 10.
243 C.I.C., can. 838.
244 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 22.
245 Cf. C.I.C., can. 846, § 1.
246 Cf. SACRA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lettera circolare Omnes
Christifideles (25 gennaio 1973), 9: EV 5, 1207-1208.
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9.8 Page 88

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della fecondità pastorale. Intraprendere strade separate in que-
sto campo può significare infatti indebolimento della stessa o-
pera di evangelizzazione.
Importanza e obbligatorietà dell’abito ecclesiastico
61. In una società secolarizzata e tendenzialmente materia-
lista, dove anche i segni esterni delle realtà sacre e soprannatu-
rali tendono a scomparire, è particolarmente sentita la necessità
che il presbitero – uomo di Dio, dispensatore dei suoi misteri
– sia riconoscibile agli occhi della comunità, anche per l’abito
che porta, come segno inequivocabile della sua dedizione e
della sua identità di detentore di un ministero pubblico247. Il
presbitero dev’essere riconoscibile anzitutto per il suo com-
portamento, ma anche per il suo vestire in modo da rendere
immediatamente percepibile ad ogni fedele, anzi ad ogni uo-
mo248, la sua identità e la sua appartenenza a Dio e alla Chiesa.
L’abito ecclesiastico è il segno esteriore di una realtà inte-
riore: «infatti, il sacerdote non appartiene più a se stesso, ma,
per il sigillo sacramentale ricevuto (cf. Catechismo della Chiesa
Cattolica, nn. 1563, 1582), è “proprietà” di Dio. Questo suo
“essere di un Altro” deve diventare riconoscibile da tutti, attra-
verso una limpida testimonianza. […] Nel modo di pensare, di
parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire ed amare, di
relazionarsi con le persone, anche nell’abito, il sacerdote deve
247 GIOVANNI PAOLO II, Lettera al Card. Vicario di Roma (8 settembre
1982): Insegnamenti V/2 (1982), 847-849.
248 Cf. PAOLO VI, Allocuzioni al clero (17 febbraio 1969; 17 febbraio 1972;
10 febbraio 1978): AAS 61 (1969), 190; 64 (1972), 223; 70 (1978), 191;
GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo 1979 (8 apri-
le 1979), 7: l.c., 403-405; Allocuzioni al clero (9 novembre 1978; 19 aprile 1979):
Insegnamenti I (1978), 116; II (1979), 929.
88

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trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale»249.
Per questa ragione, il sacerdote, come il diacono transeun-
te, deve250:
a) portare o l’abito talare o «un abito ecclesiastico decoro-
so, secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e
secondo le legittime consuetudini locali»251; quando non è quel-
lo talare, deve essere diverso dalla maniera di vestire dei laici e
conforme alla dignità e alla sacralità del ministero; la foggia e il
colore debbono essere stabiliti dalla Conferenza dei Vescovi;
b) per la loro incoerenza con lo spirito di tale disciplina, le
prassi contrarie non contengono la razionalità necessaria affin-
ché possano diventare legittime consuetudini252 e devono esse-
re assolutamente rimosse dalla competente autorità253.
Fatte salve situazioni specifiche, il non uso dell’abito eccle-
siastico può manifestare un debole senso della propria identi-
tà di pastore interamente dedicato al servizio della Chiesa254.
Inoltre, la veste talare – anche nella forma, nel colore e
nella dignità – è specialmente opportuna perché distingue chia-
ramente i sacerdoti dai laici e fa capire meglio il carattere sacro
249 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno Teologico promosso
dalla Congregazione per il Clero (12 marzo 2010): l.c., 241.
250 Cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER I TESTI LEGISLATIVI, Chiarimenti circa
il valore vincolante dell’art. 66 del Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri (22 ot-
tobre 1994): “Communicationes” 27 (1995), 192-194.
251 C.I.C., can. 284.
252 Cf. Ibid., can. 24, § 2.
253 Cf. PAOLO VI, Motu Proprio Ecclesiae Sanctae, I, 25, § 2: AAS 58
(1966), 770; SACRA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI, Lettera circolare a tutti i
rappresentanti pontifici Per venire incontro (27 gennaio 1976): EV 5, 1162-1163;
SACRA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Lettera circolare
The document (6 gennaio 1980): “L’Osservatore Romano” suppl., 12 aprile 1980.
254 Cf. PAOLO VI, Udienza generale (17 settembre 1969); Allocuzione al clero
(1 marzo 1973): Insegnamenti VII (1969), 1065; XI (1973), 176.
89

9.10 Page 90

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del loro ministero, ricordando allo stesso presbitero che è sem-
pre e in ogni momento sacerdote, ordinato per servire, per in-
segnare, per guidare e per santificare le anime, principalmente
attraverso la celebrazione dei sacramenti e la predicazione della
Parola di Dio. Indossare l’abito clericale funge inoltre da salva-
guardia della povertà e della castità.
2.5 Predicazione della Parola
Fedeltà alla Parola
62. Cristo ha affidato agli Apostoli e alla Chiesa la missio-
ne di predicare la Buona Novella a tutti gli uomini.
Trasmettere la fede è preparare un popolo per il Signore,
svelare, annunziare ed approfondire la vocazione cristiana,
cioè, la chiamata che Dio rivolge ad ogni uomo nel manifestar-
gli il mistero della salvezza e, al contempo, il posto che egli de-
ve occupare in riferimento a tale mistero, come figlio di ado-
zione nel Figlio255. Questo duplice aspetto si evidenzia sinteti-
camente nel Simbolo della Fede, una delle espressioni più auto-
revoli di quella fede con cui la Chiesa ha sempre risposto
all’appello di Dio256.
Si pongono allora al ministero presbiterale due esigenze. Vi
è, in primo luogo, il carattere missionario della trasmissione
della fede. Il ministero della Parola non può essere astratto o
lontano dalla vita della gente; al contrario, esso deve far diretto
riferimento al senso della vita dell’uomo, di ogni uomo, e,
quindi, dovrà entrare nelle questioni più vive che si pongono
alla coscienza umana.
D’altra parte vi è un’esigenza di autenticità e di conformità
255 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 5; Catechismo della
Chiesa Cattolica, 1-2, 142.
256 Cf. ibid., 150-152, 185-187.
90

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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con la fede della Chiesa, custode della verità su Dio e
sull’uomo. Ciò deve essere fatto con senso di estrema respon-
sabilità, nella consapevolezza che si tratta di una questione della
massima importanza in quanto è in gioco la vita dell’uomo ed il
senso della sua esistenza.
Per un fruttuoso ministero della Parola, tenendo presente
tale contesto, il presbitero darà il primato alla testimonianza
della vita, che fa scoprire la potenza dell’amore di Dio e rende
persuasiva la sua parola. Inoltre, non trascurerà la predicazione
esplicita del mistero di Cristo ai credenti, ai non cristiani e ai
non credenti; la catechesi, che è l’esposizione ordinata e orga-
nica della dottrina della Chiesa; l’applicazione della verità rivela-
ta alla soluzione dei casi concreti257.
La consapevolezza dell’assoluta necessità di «rimanere» fe-
deli ed ancorati alla Parola di Dio e alla Tradizione per essere
veramente discepoli di Cristo e conoscere la verità (cf. Gv 8,31-
32) ha sempre accompagnato la storia della spiritualità sacerdo-
tale ed è stata autorevolmente ribadita anche dal Concilio E-
cumenico Vaticano II258. Per questo, risulta di grande utilità
«l’antica pratica della lectio divina, o “lettura spirituale” della Sa-
cra Scrittura. Essa consiste nel rimanere a lungo sopra un testo
biblico, leggendolo e rileggendolo, quasi “ruminandolo” come
dicono i Padri, e spremendone, per così dire, tutto il “succo”,
perché nutra la meditazione e la contemplazione e giunga ad
irrigare come linfa la vita concreta»259.
Soprattutto per la società contemporanea, contrassegnata
in molti Paesi da un materialismo teorico e pratico, dal sogget-
257 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (21 aprile 1993), 6: Insegna-
menti XVI/1 (1993), 936-947.
258 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 25.
259 BENEDETTO XVI, Angelus (6 novembre 2005): Insegnamenti I/1 (2005),
759-762.
91

10.2 Page 92

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tivismo e dal relativismo culturale, è necessario che il Vangelo
sia presentato come «potenza di Dio per la salvezza di chiun-
que crede» (Rm 1,16). I presbiteri, ricordando che «la fede viene
dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10,17),
impegneranno tutte le loro energie per corrispondere a questa
missione che è primaria nel loro ministero. Essi, infatti, sono
non soltanto i testimoni, ma anche gli annunciatori e i trasmet-
titori della fede260.
Tale ministero – svolto nella comunione gerarchica – li a-
bilita ad esprimere con autorità la fede cattolica e a dare testi-
monianza della fede in nome della Chiesa. Il Popolo di Dio, in
effetti, «viene adunato innanzitutto per mezzo della Parola del
Dio vivente, che tutti hanno il diritto di cercare sulle labbra dei
sacerdoti»261.
Per essere autentica, la Parola deve essere trasmessa senza
doppiezza e senza alcuna falsificazione, ma manifestando con
franchezza la verità davanti a Dio (cf. 2Cor 4,2). Il presbitero
eviterà con responsabile maturità di contraffare, ridurre, distor-
cere o diluire i contenuti del messaggio divino. Suo compito,
infatti, «non è di insegnare una propria sapienza, bensì di inse-
gnare la Parola di Dio e di invitare tutti insistentemente alla
conversione e alla santità»262. «Conseguentemente, le sue paro-
le, le sue scelte e i suoi atteggiamenti devono essere sempre più
una trasparenza, un annuncio ed una testimonianza del Vange-
lo; “solo ‘rimanendo’ nella Parola, il sacerdote diventerà perfet-
to discepolo del Signore, conoscerà la verità e sarà veramente
libero”»263.
260 Cf. C.I.C., cann. 757; 762; 776.
261 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 4.
262 Ibid.; cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo
vobis, 26.
263 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Verbum Domini (30 set-
92

10.3 Page 93

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La predicazione, pertanto, non può ridursi alla comunica-
zione di pensieri propri, alla manifestazione dell’esperienza per-
sonale, a semplici spiegazioni di carattere psicologico264, socio-
logico o filantropico; neppure può indulgere eccessivamente al
fascino della retorica, così spesso presente nella comunicazione
di massa. Si tratta di annunciare una Parola di cui non si può
disporre, in quanto è stata data alla Chiesa, affinché la custodi-
sca, la scruti e fedelmente la trasmetta265. In ogni modo, è ne-
cessario che il sacerdote prepari adeguatamente la sua predica-
zione attraverso la preghiera, lo studio serio e attualizzato e
l’impegno per applicarla concretamente alle condizioni dei de-
stinatari. In modo particolare, come ha ricordato Benedetto
XVI, «si ritiene opportuno che, partendo dal lezionario trienna-
le, siano sapientemente proposte ai fedeli omelie tematiche che,
lungo l’anno liturgico, trattino i grandi temi della fede cristiana,
attingendo a quanto proposto autorevolmente dal Magistero
nei quattro ‘pilastri’ del Catechismo della Chiesa Cattolica e nel re-
cente Compendio: la professione della fede, la celebrazione del
mistero cristiano, la vita in Cristo, la preghiera cristiana»266. Co-
sì, le omelie, le catechesi, ecc., potranno essere di vero aiuto ai
fedeli per il miglioramento della loro vita di rapporto con Dio e
con gli altri.
Parola e vita
63. La coscienza della propria missione di annunciatore del
tembre 2010), 80: AAS 102 (2010), 751-752.
264 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (12 maggio 1993): Insegna-
menti XVI/1 (1993), 1194-1204.
265 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 10; GIOVANNI
PAOLO II, Udienza generale (12 maggio 1993): l.c., 1194-1204.
266 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis (22
febbraio 2007), 46: l.c., 141.
93

10.4 Page 94

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Vangelo, come strumento di Cristo e dello Spirito Santo, dovrà
sempre più concretizzarsi pastoralmente in modo che il presbi-
tero possa vivificare, alla luce della Parola di Dio, le diverse si-
tuazioni e i diversi ambienti nei quali svolge il suo ministero.
Per essere efficace e credibile è perciò importante che il
presbitero – nella prospettiva della fede e del suo ministero –
conosca, con costruttivo senso critico, le ideologie, il linguag-
gio, gli intrecci culturali, le tipologie diffuse attraverso i mezzi
di comunicazione che, in larga parte, condizionano le mentalità.
Stimolato dall’Apostolo che esclamava: «guai a me se non
annuncio il Vangelo!» (1Cor 9,16), egli saprà utilizzare tutti quei
mezzi di trasmissione che le scienze e la tecnologia moderna gli
offrono.
Certamente non tutto dipende da tali mezzi o dalle capaci-
tà umane, giacché la grazia divina può raggiungere il suo effetto
indipendentemente dall’opera degli uomini; ma, nel piano di
Dio, la predicazione della Parola è, normalmente, il canale pri-
vilegiato per la trasmissione della fede e per la missione evange-
lizzatrice.
Per i tanti che oggi sono fuori o lontani dall’annuncio di
Cristo, il presbitero sentirà come particolarmente urgente ed
attuale il drammatico interrogativo: «Ora, come invocheranno
colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui
del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno par-
lare senza qualcuno che lo annunci?» (Rm 10,14).
Per rispondere a tali interrogativi, egli si sentirà personal-
mente impegnato a coltivare in maniera particolare la Sacra
Scrittura con lo studio di una sana esegesi, soprattutto patristi-
ca, e con la meditazione fatta secondo i diversi metodi com-
provati dalla tradizione spirituale della Chiesa, in modo da ot-
94

10.5 Page 95

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tenerne una comprensione animata dall’amore267. È particolar-
mente importante insegnare a coltivare questo rapporto perso-
nale con la Parola di Dio già negli anni di seminario, dove gli
aspiranti al sacerdozio sono chiamati a studiare le Scritture per
rendersi più «consapevoli del mistero della rivelazione divina ed
alimentare un atteggiamento di risposta orante al Signore che
parla. Dall’altra parte, anche un’autentica vita di preghiera non
potrà che far crescere nell’anima del candidato il desiderio di
conoscere sempre di più il Dio che si è rivelato nella sua Parola
come amore infinito»268.
64. Il presbitero sentirà il dovere di riservare particolare at-
tenzione alla preparazione, sia remota che prossima, dell’omelia
liturgica, ai suoi contenuti, facendo eco ai testi liturgici, soprat-
tutto al Vangelo, all’equilibrio tra parte espositiva e applicativa,
alla pedagogia e alla tecnica del porgere, fino alla buona dizio-
ne, rispettosa della dignità dell’atto e dei destinatari269. In parti-
colare, «si devono evitare omelie generiche ed astratte, che oc-
cultino la semplicità della Parola di Dio, come pure inutili diva-
gazioni che rischiano di attirare l’attenzione sul predicatore
piuttosto che al cuore del messaggio evangelico. Deve risultare
chiaro ai fedeli che ciò che sta a cuore al predicatore è mostrare
Cristo, che deve essere al centro di ogni omelia»270.
Parola e catechesi
65. Oggi, quando in molti ambienti si diffonde un analfa-
267 Cf. S. TOMMASO D'AQUINO, Summa theologiae, I, q. 43, a. 5.
268 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Verbum Domini (30 set-
tembre 2010), 82: l.c., 753-754.
269 Cf. C.I.C., can. 769.
270 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Verbum Domini (30 set-
tembre 2010), 59: l.c., 738-739.
95

10.6 Page 96

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betismo religioso dove gli elementi fondamentali della fede so-
no sempre meno noti, la catechesi si rileva come parte fonda-
mentale della missione evangelizzatrice della Chiesa, essendo
strumento privilegiato dell’insegnamento e della maturazione
della fede271.
Il presbitero, in quanto collaboratore e per mandato del
Vescovo, ha la responsabilità di animare, coordinare e dirigere
l’attività catechistica della comunità che gli è affidata. È impor-
tante che egli sappia integrare tale attività in un progetto orga-
nico di evangelizzazione garantendo, innanzitutto, la comunio-
ne della catechesi della propria comunità con la persona del
Vescovo, con la Chiesa particolare e con la Chiesa universa-
le272.
In particolare, egli saprà suscitare la giusta ed opportuna
responsabilità e collaborazione nei riguardi della catechesi, sia
dei membri degli Istituti di Vita consacrata e delle Società di vi-
ta apostolica, sia dei fedeli laici273, adeguatamente preparati,
mostrando ad essi il riconoscimento e la stima per il compito
catechistico.
Singolare premura egli porrà nella cura della formazione
iniziale e permanente dei catechisti, delle associazioni e dei mo-
vimenti. Nella misura del possibile, il sacerdote dovrà essere il
catechista dei catechisti, formando con questi una vera comunità di
discepoli del Signore che serva come punto di riferimento per i
catechizzandi. Così insegnerà loro che il servizio al ministero
dell’insegnamento deve misurarsi sulla Parola di Gesù Cristo e
non su teorie ed opinioni private: è «la fede della Chiesa della
271 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre
1979), 18: AAS 71 (1979), 1291-1292.
272 Cf. C.I.C., can. 768.
273 Cf. C.I.C., cann. 528, §1 e 776.
96

10.7 Page 97

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quale siamo servitori»274.
Maestro275 ed educatore della fede276, il presbitero farà sì
che la catechesi sia parte privilegiata nella educazione cristiana
in famiglia, nell’insegnamento religioso, nella formazione dei
movimenti apostolici, ecc., e che essa sia rivolta a tutte le cate-
gorie dei fedeli: fanciulli e giovani, adolescenti, adulti, anziani.
Egli, inoltre, saprà trasmettere l’insegnamento catechistico fa-
cendo uso di tutti quegli aiuti, sussidi didattici e strumenti di
comunicazione che possano essere efficaci affinché i fedeli, in
modo adatto alla loro indole, capacità, età e alle condizioni pra-
tiche di vita, siano in grado di apprendere più pienamente la
dottrina cristiana e di tradurla in pratica nel modo più conve-
niente277.
A tale scopo, il presbitero avrà come principale punto di
riferimento, il Catechismo della Chiesa Cattolica ed il suo Compendio.
Tali testi, infatti, costituiscono norma sicura ed autentica
dell’insegna-mento della Chiesa278 e perciò se ne deve incorag-
giare la lettura e lo studio. Devono essere sempre il punto
d’appoggio sicuro ed insostituibile per l’insegnamento dei
«contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechismo
della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica»279.
Come ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, nel Catechi-
smo «infatti, emerge la ricchezza di insegnamento che la Chiesa
ha accolto, custodito ed offerto nei suoi duemila anni di storia.
274 BENEDETTO XVI, Omelia nella Santa Messa del Crisma (5 aprile 2012): l.c., 7.
275 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 9.
276 Cf. ibid., 6.
277 Cf. C.I.C., can. 779.
278 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei Depositum (11 ottobre 1992):
AAS 86 (1992), 113-118.
279 BENEDETTO XVI, Lett. ap. in forma di motu proprio Porta fidei (11
ottobre 2011), 11: AAS 103 (2011), 730.
97

10.8 Page 98

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Dalla Sacra Scrittura ai Padri della Chiesa, dai Maestri di teolo-
gia ai Santi che hanno attraversato i secoli, il Catechismo offre
una memoria permanente dei tanti modi in cui la Chiesa ha
meditato sulla fede e prodotto progresso nella dottrina per dare
certezza ai credenti nella loro vita di fede»280.
2.6 Il sacramento dell’Eucaristia
Il Mistero eucaristico
66. Se il servizio della Parola è elemento fondamentale del
ministero presbiterale, il cuore e il centro vitale di esso è costi-
tuito, senza dubbio, dall’Eucaristia, che è, soprattutto, la pre-
senza reale nel tempo dell’unico ed eterno sacrificio di Cri-
sto281.
Memoriale sacramentale della morte e risurrezione di Cri-
sto, ripresentazione reale ed efficace dell’unico Sacrificio reden-
tore, fonte e culmine della vita cristiana e di tutta l’evan-
gelizzazione282, l’Eucaristia è principio, mezzo e fine del mini-
stero sacerdotale, giacché «tutti i ministeri ecclesiastici e le ope-
re d’apostolato sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad
essa sono ordinati»283. Consacrato per perpetuare il santo Sacri-
ficio, il presbitero manifesta così, nel modo più evidente, la sua
identità284.
280 Ibid.
281 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (12 maggio 1993), 3: l.c.,
1195-1196.
282 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; BENEDETTO
XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 78; 84-88:
l.c., 165; 169-173.
283 Ibid.
284 «Sacerdos habet duos actus: unum principalem, supra corpus Christi
verum; et alium secundarium, supra corpus Christi mysticum. Secundus autem
actus dependet a primo, sed non convertitur» (SAN TOMMASO, Summa theologiae,
98

10.9 Page 99

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Esiste, infatti, un’intima connessione tra la centralità
dell’Eu-caristia, la carità pastorale e l’unità di vita del presbite-
ro285, il quale trova in essa le indicazioni decisive per l’itinerario
di santità al quale è specificamente chiamato.
Se il presbitero presta a Cristo, Sommo ed Eterno Sacer-
dote, l’intelligenza, la volontà, la voce e le mani perché, me-
diante il proprio ministero, possa offrire al Padre il sacrificio
sacramentale della redenzione, dovrà fare proprie le disposizio-
ni del Maestro e, come Lui, vivere quale dono per i propri fratel-
li. Egli dovrà perciò imparare ad unirsi intimamente all’offerta,
deponendo sull’altare del sacrificio l’intera vita come segno
manifestativo dell’amore gratuito e preveniente di Dio.
Celebrare bene l’Eucaristia
67. Il sacerdote è chiamato a celebrare il Santo Sacrificio
eucaristico, a meditare costantemente su ciò che esso significa e
a trasformare la sua vita in una Eucaristia, il che si manifesta
nell’amore al sacrificio quotidiano, soprattutto nell’adempi-
mento dei propri doveri di stato. L’amore alla croce conduce il
sacerdote a diventare se stesso un’offerta gradevole al Padre
per mezzo di Cristo (cf. Rm 12,1). Amare la croce in una socie-
tà edonistica è uno scandalo, però da una prospettiva di fede,
essa è fonte di vita interiore. Il sacerdote deve predicare il valo-
re redentore della croce con il suo stile di vita.
Suppl., q. 36, a. 2, ad 1).
285 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 5; 13; S.
GIUSTINO, Apologia I, 67: PG 6, 429-432; S. AGOSTINO, In Iohannis Evangelium
Tractatus, 26, 13-15: CCL 36, 266-268; BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-
sinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 80: l.c., 166-167;
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI,
Istruzione Redemptionis Sacramentum su alcune cose che si devono osservare ed evi-
tare circa la Santissima Eucaristia (25 marzo 2004), 110: AAS 96 (2004), 581.
99

10.10 Page 100

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È necessario richiamare il valore insostituibile che per il
sacerdote ha la celebrazione quotidiana della Santa Messa –
“fonte e apice”286 della vita sacerdotale –, anche quando non vi
fosse concorso di alcun fedele287. Al riguardo, insegna Benedet-
to XVI: «Insieme con i Padri del Sinodo, raccomando ai
sacerdoti “la celebrazione quotidiana della Santa Messa, anche
quando non ci fosse partecipazione di fedeli”. Tale raccoman-
dazione si accorda innanzitutto con il valore oggettivamente
infinito di ogni celebrazione eucaristica; e trae poi motivo dalla
sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con atten-
zione e fede, la santa Messa è formativa nel senso più profondo
del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e
rinsalda il sacerdote nella sua vocazione»288.
Egli la vivrà come il momento centrale della giornata e del
ministero quotidiano, frutto di sincero desiderio e occasione di
incontro profondo ed efficace con Cristo. Nell’Eucaristia, il sa-
cerdote impara a donarsi ogni giorno, non solo nei momenti di
grande difficoltà, ma pure nelle piccole contrarietà quotidiane.
Questo apprendimento si riflette nell’amore per prepararsi alla
celebrazione del Santo Sacrificio, per viverlo con pietà, senza
fretta, avendo cura delle norme liturgiche e delle rubriche, af-
finché i fedeli percepiscano in questo modo un’autentica cate-
chesi289.
In una civiltà sempre più sensibile alla comunicazione me-
diante i segni e le immagini, il sacerdote darà adeguata atten-
zione a tutto ciò che può esaltare il decoro e la sacralità della
286 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 11; cf. anche, Decr.
Presbyterorum Ordinis, 18.
287 Cf. C.I.C., can. 904.
288 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis (22
febbraio 2007), 80: l.c., 166-167.
289 Cf. ibid., 64: l.c., 152-154.
100

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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celebrazione eucaristica. È importante che, in tale celebrazione,
si pongano in giusto risalto la proprietà e la pulizia del luogo,
l’architettura dell’altare e del tabernacolo290, la nobiltà dei vasi
sacri, dei paramenti291, del canto292, della musica293, il sacro si-
lenzio294, l’uso dell’incenso nelle celebrazioni più solenni, ecc.,
ripetendo quel gesto amorevole di Maria verso il Signore quan-
do «prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai
prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi
capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv
12,3). Tutti questi sono elementi che possono contribuire ad
una migliore partecipazione al Sacrificio eucaristico. Infatti, la
scarsa attenzione agli aspetti simbolici della liturgia e, ancor di
più, la trascuratezza e la fretta, la superficialità e il disordine, ne
svuotano il significato e ne indeboliscono la funzione di incre-
mento della fede295. Chi celebra male manifesta la debolezza
della sua fede e non educa gli altri alla fede. Celebrare bene, in-
vece, costituisce una prima importante catechesi sul Santo Sa-
crificio.
290 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 128;
GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 49-50:
l.c., 465-467; BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis
(22 febbraio 2007), 80: l.c., 166-167.
291 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 122-124;
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI,
Istruzione Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004), 121-128: l.c., 583-585.
292 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 112, 114, 116;
GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 49: l.c.,
465-466; BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis (22
febbraio 2007), 42: l.c., 138-139.
293 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 120.
294 Cf. ibid., 30; BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum
caritatis (22 febbraio 2007), 55: l.c., 147-148.
295 Cf. C.I.C., can. 899, § 3.
101

11.2 Page 102

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In modo speciale, nella celebrazione eucaristica, le norme
liturgiche devono essere osservate con generosa fedeltà. «Esse
sono un’espressione concreta dell’autentica ecclesialità dell’Eu-
caristia; questo è il loro senso più profondo. La liturgia non è
mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della
comunità nella quale si celebrano i Misteri. […] Anche nei no-
stri tempi, l’obbedienza alle norme liturgiche dovrebbe essere
riscoperta e valorizzata come riflesso e testimonianza della
Chiesa una ed universale, resa presente in ogni celebrazione
dell’Eucaristia. Il sacerdote che celebra fedelmente la Messa se-
condo le norme liturgiche e la comunità che a queste si con-
forma dimostrano, in un modo silenzioso ma eloquente, il loro
amore per la Chiesa»296.
Il sacerdote, allora, pur mettendo a servizio della celebra-
zione eucaristica tutti i suoi talenti per renderla viva nella parte-
cipazione dei fedeli, deve attenersi al rito stabilito nei libri litur-
gici approvati dalla competente autorità, senza aggiungere, to-
gliere o mutare alcunché297. Così il suo celebrare diventa real-
mente un celebrare della e con la Chiesa: non fa un “qualcosa
di suo”, ma è con la Chiesa in colloquio con Dio. Ciò favorisce
anche un’adeguata partecipazione attiva dei fedeli alla sacra li-
turgia: «L’ars celebrandi è la migliore condizione per l’actuosa
participatio. L’ars celebrandi scaturisce dall’obbedienza fedele alle
norme liturgiche nella loro completezza, poiché è proprio
questo modo di celebrare ad assicurare da duemila anni la vita
296 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
52: l.c., 467-468. Cf. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA
DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Istruzione Redemptionis Sacramentum (25 marzo
2004): l.c., 549-601.
297 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 22; C.I.C., can.
846, § 1; BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis (22
febbraio 2007), 40: l.c., 137-138.
102

11.3 Page 103

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di fede di tutti i credenti, i quali sono chiamati a vivere la
celebrazione in quanto popolo di Dio, sacerdozio regale,
nazione santa (cf. 1Pt 2,4-5.9)»298.
Gli Ordinari, i Superiori degli Istituti di vita consacrata e i
Moderatori delle società di vita apostolica hanno il grave dove-
re, oltre che di precedere nell’esempio, di vigilare affinché le
norme liturgiche riguardanti la celebrazione dell’Eucaristia ven-
gano fedelmente osservate sempre da tutti e in tutti i luoghi.
I sacerdoti che celebrano o anche concelebrano sono tenu-
ti ad indossare le vesti sacre prescritte dalle norme liturgiche299.
Adorazione eucaristica
68. La centralità dell’Eucaristia dovrà apparire non solo
dalla degna e sentita celebrazione del Sacrificio, ma altresì dalla
frequente adorazione del Sacramento dell’Altare, in modo che
il presbitero appaia modello del gregge anche nell’attenzione
devota e nell’assidua meditazione fatta alla presenza del Signore
nel Tabernacolo. È auspicabile che i presbiteri incaricati della
guida di comunità dedichino larghi spazi all’adorazione comu-
nitaria – per esempio, tutti i giovedì, i giorni di preghiera per le
vocazioni, ecc. – e riservino al Santissimo Sacramento dell’Altare,
anche fuori della Santa Messa, attenzioni ed onori superiori a
qualsiasi altro rito e gesto. «La fede e l’amore per l’Eucaristia
non possono permettere che la presenza di Cristo nel Taberna-
298 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum caritatis (22
febbraio 2007), 38: l.c., 136.
299 Cf. C.I.C., can. 929; Institutio Generalis Missalis Romani (2002), 81; 298;
SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI
SACRAMENTI, Istruzione Liturgicae instaurationes (5 settembre 1970), 8: AAS 62
(1970), 701; Istruzione Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004), 121-128: l.c.,
583-585.
103

11.4 Page 104

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colo rimanga solitaria»300. Spinti dall’esempio di fede dei pasto-
ri, i fedeli cercheranno occasioni lungo la settimana per recarsi
in chiesa ad adorare nostro Signore, presente nel Tabernacolo.
Momento privilegiato dell’adorazione eucaristica può esse-
re la celebrazione della Liturgia delle Ore, la quale costituisce
un prolungamento, durante la giornata, del sacrificio di lode e
di ringraziamento che ha nella Santa Messa il centro e la fonte
sacramentale. La Liturgia delle Ore, nella quale il sacerdote, u-
nito a Cristo, è voce della Chiesa per il mondo intero, sarà ce-
lebrata, anche comunitariamente, in modo da essere «interprete
e veicolo della voce universale che canta la gloria di Dio e chie-
de la salvezza dell’uomo»301.
Esemplare solennità a tale celebrazione sarà riservata dai
Capitoli canonicali.
Si dovrà sempre cercare che la celebrazione comunitaria o
quella individuale siano eseguite con amore e desiderio di ripa-
razione, senza cadere in un puro «dovere» da effettuarsi mec-
canicamente come semplice ed affrettata lettura senza la neces-
saria attenzione al senso del testo.
Intenzioni di Messe
69. «L’Eucaristia è un sacrificio perché ripresenta (rende
presente) il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e per-
300 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (9 giugno 1993), 6: Insegnamenti
XVI/1 (1993), 1469-1461; cf. Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 48;
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1418; GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Ecclesia de
Eucharistia (17 aprile 2003), 25: l.c., 449-450; CONGREGAZIONE PER IL CULTO
DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Istruzione Redemptionis Sacramen-
tum (25 marzo 2004), 134: l.c., 587; BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale
Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 67-68: l.c., 156-157.
301 GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (2 giugno 1993), 5: l.c., 1390-
1391; cf. CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 99-100.
104

11.5 Page 105

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ché ne applica il frutto»302. Ogni celebrazione eucaristica attua-
lizza il sacrificio unico, perfetto e definitivo di Cristo che ha
salvato il mondo sulla Croce una volta per tutte. L’Eucaristia è
prima di tutto celebrata alla gloria di Dio e in rendimento di
grazia per la salvezza dell’umanità. Secondo un’antichissima
tradizione, i fedeli chiedono al sacerdote di celebrare la santa
Messa affinché «venga anche offerta in riparazione dei peccati
dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici spiri-
tuali o temporali»303. «È vivamente raccomandato ai sacerdoti
di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli»304.
Al fine di partecipare a modo loro al sacrificio del Signore,
con il dono non solo di loro stessi ma anche di una parte di
quanto possiedono, i fedeli associano un’offerta, solitamente
pecuniaria, all’intenzione per la quale desiderano che una santa
Messa sia applicata. Non si tratta in alcun modo di una rimune-
razione, il Sacrificio Eucaristico essendo assolutamente gratuito.
«Spinti dal loro senso religioso ed ecclesiale, i fedeli vogliano
unire, per una più attiva partecipazione alla celebrazione eucari-
stica, un loro personale concorso, contribuendo così alle neces-
sità della Chiesa e particolarmente al sostentamento dei suoi
ministri»305. L’offerta per la celebrazione di sante Messe è da
considerarsi «una forma eccellente» di elemosina306.
Tale uso è «non solo approvato, ma anche incoraggiato
dalla Chiesa che lo considera come una specie di segno di u-
nione del battezzato con Cristo, nonché del fedele con il sacer-
302 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1366.
303 Ibid., 1414; cf. C.I.C., can. 901.
304 Cf. C.I.C., can. 945, § 2.
305 PAOLO VI, Motu Proprio Firma in Traditione (13 giugno 1974): AAS
66 (1974), 308.
306 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Decreto Mos iugiter (22 febbraio
1991), art. 7: AAS 83 (1991), 446.
105

11.6 Page 106

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dote, il quale proprio in suo favore svolge il suo ministero»307. I
sacerdoti devono quindi incoraggiarlo con una catechesi adatta,
spiegandone ai fedeli il senso spirituale e la fecondità. Avranno
loro stessi cura di celebrare l’Eucaristia con la viva consapevo-
lezza che, in Cristo e con Cristo, sono intercessori davanti a
Dio, non solo per applicare in modo generale il Sacrificio della
Croce alla salvezza dell’umanità ma anche per presentare alla
benevolenza divina l’intenzione particolare affidatagli. Costitui-
sce per loro uno dei modi eccellenti per partecipare attivamente
alla celebrazione del memoriale del Signore.
I sacerdoti devono essere anche convinti che, «poiché la
materia tocca direttamente l’augusto sacramento, ogni anche
minima parvenza di lucro o di simonia causerebbe scandalo»308.
Per ciò la Chiesa ha emanato regole precise al riguardo309 e
punisce con una giusta pena «chi trae illegittimamente profitto
dall'elemosina della Messa»310. Ogni sacerdote che accetta l’im-
pegno di celebrare una Santa Messa secondo le intenzioni
dell’offerente, deve farvi fronte, per un obbligo di giustizia, ap-
plicando tante Messe quanto sono le intenzioni311.
Non è lecito al sacerdote chiedere una somma maggiore
di quella determinata con decreto dall’autorità legittima o, se
esso non esistesse, corrispondente alla consuetudine vigente
nella diocesi. Gli è tuttavia consentito accettare un’offerta
minore di quella stabilita e anche maggiore, se è elargita
spontaneamente312.
307 PAOLO VI, Motu Proprio Firma in Traditione (13 giugno 1974): l.c., 308.
308 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Decreto Mos iugiter (22 febbraio
1991): l.c., 443-446.
309 Cf. C.I.C., cann. 945-958.
310 Ibid., can. 1385.
311 Cf. ibid., cann. 948-949; 199, 5°.
312 Cf. C.I.C., can. 952.
106

11.7 Page 107

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«Qualsiasi sacerdote deve segnare accuratamente le Messe
da celebrare ricevute e quelle che ha applicato»313. Il parroco
come pure il rettore di una chiesa devono annotarle in un regi-
stro speciale314.
Si può accettare solo le offerte di Messe, che possono esse-
re soddisfatte entro l'anno315. «I sacerdoti che ricevono offerte
per intenzioni particolari di sante Messe in grande numero […],
invece di respingerle, frustrando la pia volontà degli offerenti e
distogliendoli dal buon proposito, devono trasmetterle ad altri
sacerdoti (cf. C.I.C. can. 955) oppure al proprio Ordinario (cf.
C.I.C. can. 956)»316.
«Nel caso in cui gli offerenti, previamente ed esplicitamen-
te avvertiti, consentano liberamente che le loro offerte siano
cumulate con altre in un’unica offerta, si può soddisfarvi con
una sola santa Messa, celebrata secondo un’unica intenzione
«collettiva». In questo caso è necessario che sia pubblicamente
indicato il giorno, il luogo e l’orario in cui tale santa Messa sarà
celebrata, non più di due volte per settimana»317. Tale eccezione
alla vigente legge canonica, qualora si allargasse eccessivamen-
te, verrebbe a costituire un abuso riprovevole318.
Se il sacerdote celebra più volte nello stesso giorno, trat-
tiene per sé l’offerta di una sola Messa e versa le altre per gli
scopi determinati dall’Ordinario319.
Ogni parroco «ha l’obbligo di applicare la Messa per il po-
313 Ibid., can. 955, 4.
314 Cf. ibid., can. 958, § 1.
315 Cf. ibid., can. 953.
316 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Decreto Mos iugiter (22 febbraio
1991), art. 5, § 1: l.c., 443-446.
317 Ibid., art. 2, §§ 1-2, 443-446.
318 Cf. ibid., art. 2, § 3, 443-446.
319 Cf. C.I.C., can. 951.
107

11.8 Page 108

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polo affidatogli nelle singole domeniche e feste di precetto»320.
2.7 Il Sacramento della Penitenza
Ministro della Riconciliazione
70. Dono del Risorto agli Apostoli è lo Spirito Santo per la
remissione dei peccati: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a
cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non
perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22). Cristo ha affi-
dato l’opera sacramentale di Riconciliazione dell’uomo con Dio
esclusivamente ai suoi Apostoli e a coloro che succedono loro
nella stessa missione. I sacerdoti, allora, per volontà di Cristo,
sono gli unici ministri del sacramento della Riconciliazione321.
Come Cristo, sono inviati a chiamare i peccatori alla conver-
sione e a riportarli al Padre, mediante il giudizio di misericor-
dia.
La Riconciliazione sacramentale ristabilisce l’amicizia con
Dio Padre e con tutti i suoi figli nella sua famiglia che è la
Chiesa, la quale, pertanto, ringiovanisce e viene edificata in tut-
te le sue dimensioni: universale, diocesana, parrocchiale322.
Nonostante la triste constatazione della perdita del senso
del peccato, che è largamente presente nelle culture del nostro
tempo, il sacerdote deve praticare, con gioia e dedizione, il mi-
nistero della formazione delle coscienze, del perdono e della
pace.
Occorre, pertanto, che egli sappia identificarsi, in un certo
senso, con questo sacramento e, assumendo l’atteggiamento di
320 Ibid., can. 534, § 1.
321 Cf. CONC. ECUM. TRIDENT., sess. VI, De Iustificatione, c. 14; sess. XIV,
De Poenitentia, c. 1, 2, 5-7, can. 10; sess. XXIII, De Ordine, c. 1; CONC. ECUM.
VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 2, 5; C.I.C., can. 965.
322 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1443-1445.
108

11.9 Page 109

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Cristo, sappia chinarsi con misericordia, come buon samarita-
no, sull’umanità ferita, facendo trasparire la novità cristiana del-
la dimensione medicinale della penitenza, che è in vista della
guarigione e del perdono323.
Dedizione al ministero della Riconciliazione
71. Sia a motivo del suo ufficio324, sia anche a motivo
dell’ordinazione sacramentale, il presbitero dovrà dedicare
tempo, anche con giorni, ore stabilite ed energie all’ascolto del-
le confessioni dei fedeli325, i quali, come dimostra l’esperienza,
si recano volentieri a ricevere questo sacramento laddove san-
no e vedono che vi sono sacerdoti disponibili. Inoltre, non si
trascuri la possibilità di facilitare ai singoli fedeli il ricorso al sa-
cramento della Riconciliazione e Penitenza anche durante la ce-
lebrazione della Santa Messa326. Ciò vale ovunque ma, soprat-
tutto, per le chiese cattedrali, per le chiese delle zone maggior-
mente frequentate, i centri spirituali e i santuari, dove è possibi-
le una fraterna e responsabile collaborazione con i sacerdoti re-
323 Cf. C.I.C., cann. 966, § 1; 978, § 1; 981; GIOVANNI PAOLO II, Discorso
alla Penitenzieria Apostolica (27 marzo 1993): Insegnamenti XVI/1 (1993), 761-766.
324 Cf. C.I.C., can. 986.
325 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. in forma di motu proprio Misericor-
dia Dei (7 aprile 2002), 1-2: l.c., 455.
326 «Gli Ordinari del luogo, nonché i parroci e i rettori di chiese e santua-
ri, devono verificare periodicamente che di fatto esistano le massime facilita-
zioni possibili per le confessioni dei fedeli. In particolare, si raccomanda la pre-
senza visibile dei confessori nei luoghi di culto durante gli orari previsti,
l’adeguamento di questi orari alla situazione reale dei penitenti, e la speciale di-
sponibilità per confessare prima delle Messe e anche, per venire incontro alla
necessità dei fedeli, durante la celebrazione delle SS. Messe, se sono disponibili
altri sacerdoti»: GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Misericordia Dei (7 aprile 2002),
2: l.c., 455.
109

11.10 Page 110

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ligiosi e con quelli anziani327.
Non possiamo dimenticare che «la fedele e generosa di-
sponibilità dei sacerdoti all’ascolto delle confessioni, sull’esem-
pio dei grandi Santi della storia, da san Giovanni Maria Vian-
ney a san Giovanni Bosco, da san Josemaría Escrivá a san Pio
da Pietrelcina, da san Giuseppe Cafasso a san Leopoldo Man-
dić, indica a tutti noi come il confessionale possa essere un rea-
le “luogo” di santificazione»328.
Ogni sacerdote si atterrà alla normativa ecclesiale che di-
fende e promuove il valore della confessione individuale, inte-
gra accusa dei peccati nel colloquio diretto con il confessore329.
«La confessione individuale e integra e l’assoluzione costitui-
scono l’unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di
peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa», e perciò,
«tutti coloro cui è demandata in forza dell’ufficio la cura delle
anime, sono tenuti all’obbligo di provvedere che siano ascoltate
le confessioni dei fedeli a loro affidati»330. Senz’altro, le assolu-
zioni sacramentali impartite in forma collettiva, senza che siano
osservate le norme stabilite, sono da considerare come gravi
abusi331.
327 Cf. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lettera circolare ai Rettori dei San-
tuari (15 agosto 2011): “L’Osservatore Romano”, 12 agosto 2011, 7.
328 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Peniten-
zieria Apostolica (25 marzo 2011): “L’Osservatore Romano”, 26 marzo 2011, 7.
329 Cf. C.I.C., can. 960; GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Redemptor hominis,
20: AAS 64 (1979), 257-324; Lett. ap. Misericordia Dei (7 aprile 2002), 3: l.c., 456.
330 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Misericordia Dei (7 aprile 2002), 1: l.c., 455.
331 Si riserva l'uso della confessione e della assoluzione comunitaria ai soli
casi straordinari e con le condizioni richieste, contemplati dalle disposizioni
vigenti: cf. C.I.C., cann. 961-963; PAOLO VI, Allocuzione (20 marzo 1978):
AAS 70 (1978), 328-332; GIOVANNI PAOLO II, Allocuzione (30 gennaio 1981):
AAS 73 (1981), 201-204; Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio et paenitentia (2
dicembre 1984), 33: AAS 77 (1985), 270; Lett. ap. Misericordia Dei (7 aprile
110

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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Sulla sede per le confessioni, le norme vengono stabilite
dalla Conferenza Episcopale, «garantendo tuttavia che si trovi-
no sempre in un luogo visibile i confessionali, provvisti di una
grata fissa tra il penitente e il confessore, cosicché i fedeli che
lo desiderano possano liberamente servirsene»332. Il confessore
avrà modo di illuminare la coscienza del penitente con una pa-
rola che, per quanto breve, sia appropriata alla sua situazione
concreta, in modo da favorire un rinnovato orientamento per-
sonale verso la conversione ed incidere profondamente sul suo
cammino spirituale, anche attraverso l’imposizione di un’op-
portuna soddisfazione333. Così la confessione potrà essere vis-
suta anche come momento di direzione spirituale.
In ogni caso, il presbitero saprà mantenere la celebrazione
della Riconciliazione a livello sacramentale, stimolando il dolo-
re dei peccati, la fiducia nella grazia, ecc. e, allo stesso tempo,
superando il pericolo di ridurla ad una attività puramente psi-
cologica o semplicemente formalistica.
Ciò si manifesterà, fra l’altro, nel vivere fedelmente la di-
sciplina vigente anche circa il luogo e la sede per le confessioni,
che non devono riceversi «fuori del confessionale, se non per
giusta causa» 334.
2002), 4-5: l.c., 456-457.
332 C.I.C., can. 964, §2. Inoltre, il ministro del sacramento, per giusta cau-
sa ed escluso il caso di necessità, può legittimamente decidere, anche se il peni-
tente eventualmente chieda diversamente, che la confessione sacramentale sia
ricevuta in un confessionale provvisto di grata fissa (Cf. PONTIFICIO
CONSIGLIO PER I TESTI LEGISLATIVI, Responsio ad propositum dubium: de loco exci-
piendi sacramentales confessiones: AAS 90 [1998], 711).
333 Cf. C.I.C. cann. 978, § 1; 981.
334 Ibid., can. 964; cf.. GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Misericordia Dei (7
aprile 2002), 9: l.c., 459.
111

12.2 Page 112

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Necessità di confessarsi
72. Come ogni fedele, anche il presbitero ha necessità di
confessare i propri peccati e le proprie debolezze. Egli è il pri-
mo a sapere che la pratica di questo sacramento lo rafforza nel-
la fede e nella carità verso Dio e i fratelli.
Per trovarsi nelle migliori condizioni di mostrare con effi-
cacia la bellezza della Penitenza, è essenziale che il ministro del
sacramento offra una testimonianza personale precedendo gli
altri fedeli nel fare l’esperienza del perdono. Ciò costituisce an-
che la prima condizione per la rivalutazione pastorale del sa-
cramento della Riconciliazione: nella confessione frequente, il
presbitero impara a comprendere gli altri, e − seguendo l’esem-
pio dei Santi − viene spinto a «rimetterlo al centro delle […]
preoccupazioni pastorali» 335. In questo senso, è buona cosa che
i fedeli sappiano e vedano che anche i loro sacerdoti si confes-
sano con regolarità336. «Tutta l’esistenza sacerdotale subisce un
inesorabile scadimento, se viene a mancarle, per negligenza o per
qualsiasi altro motivo, il ricorso, periodico e ispirato da autentica
fede e devozione, al sacramento della Penitenza. In un prete che
non si confessasse più o si confessasse male, il suo essere prete e
il suo fare il prete ne risentirebbero molto presto, e se ne accor-
gerebbe anche la Comunità, di cui egli è pastore»337.
335 BENEDETTO XVI, Lettera per l’indizione dell’anno sacerdotale in occasione del
150º anniversario del “Dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, 16 giugno 2009: l.c.,
569-579.
336 Cf. C.I.C., can. 276, § 2, 5°; CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum
Ordinis, 18.
337 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio et paenitentia (2
dicembre 1984), 31: l.c., 257-266; Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 26.
112

12.3 Page 113

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Direzione spirituale per sé e per gli altri
73. Parallelamente al sacramento della Riconciliazione, il
presbitero non mancherà di esercitare il ministero della direzione
spirituale338. La riscoperta e la diffusione di questa pratica, anche
in momenti diversi dall’amministrazione della Penitenza, è un
grande beneficio per la Chiesa nel tempo presente339. L’atteg-
giamento generoso e attivo dei presbiteri nel praticarla costitui-
sce anche un’occasione importante per individuare e sostenere
le vocazioni al sacerdozio e alle varie forme di vita consacrata.
Per contribuire al miglioramento della loro spiritualità è
necessario che i presbiteri pratichino essi stessi la direzione spi-
rituale perché «con l’aiuto dell’accompagnamento o consiglio
spirituale […] è più facile discernere l’azione dello Spirito Santo
nella vita di ognuno»340. Ponendo nelle mani di un saggio con-
fratello – strumento dello Spirito Santo – la formazione della
loro anima, matureranno la consapevolezza, fin dai primi passi
del ministero, dell’importanza di non camminare da soli per le
vie della vita spirituale e dell’impegno pastorale. Nel far uso di
questo efficace mezzo di formazione, tanto sperimentato nella
Chiesa, i presbiteri avranno piena libertà nella scelta della per-
sona che li possa guidare.
338 Cf. BENEDETTO XVI, Messaggio al Card. James Francis Stafford, Peniten-
ziere Maggiore, e ai partecipanti alla XX edizione del Corso per il Foro interno, promosso
dalla Penitenzieria Apostolica (12 marzo 2009): l.c., 374-377; CONGREGAZIONE
PER IL CLERO, Il sacerdote ministro della Misericordia Divina. Sussidio per Confessori e
Direttori spirituali (9 marzo 2011), 64-134: l.c., 28-53.
339 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Reconciliatio et paeni-
tentia (2 dicembre 1984), 32: l.c., 257-266.
340 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il sacerdote ministro della Misericordia
Divina. Sussidio per Confessori e Direttori spirituali (9 marzo 2011), 98: l.c., 39; cf.
ibid. 110-111: l.c., 42-43.
113

12.4 Page 114

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2.8 Liturgia delle Ore
74. Un modo fondamentale per il sacerdote di stare dinan-
zi al Signore è la Liturgia delle Ore: in essa preghiamo da uo-
mini bisognosi del dialogo con Dio, dando voce e supplendo
anche a tutti coloro che forse non sanno, non vogliono o non
trovano il tempo per pregare.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II ricorda che i fedeli «che
compiono questa preghiera, adempiono da una parte l’obbligo
proprio della Chiesa e dall’altra partecipano al sommo onore
della Sposa di Cristo perché, celebrando le lodi di Dio, stanno
dinanzi al suo trono a nome della Madre Chiesa»341. Questa
preghiera è «la voce della sposa che parla allo sposo, anzi è la
preghiera che Cristo, unito al suo corpo, eleva al Padre»342. In
questo senso, il sacerdote prolunga e attualizza la preghiera di
Cristo Sacerdote.
75. L’obbligo quotidiano di pregare il Breviario (la Liturgia
delle Ore), è anche uno degli impegni solenni presi nell’ord-
inazione diaconale in modo pubblico, che non si può tralascia-
re senza grave causa. È un obbligo d’amore, che va curato in
ogni circostanza, tempi di vacanza inclusi. Il sacerdote ha
«l’obbligo di assolvere ogni giorno a tutte le Ore»343, cioè, le
Lodi ed i Vespri, come anche l’Ufficio delle Letture, almeno
una delle parti dell’Ora media, e la Compieta.
76. Affinché i sacerdoti possano approfondire il significato
della Liturgia delle Ore, si «richiede non soltanto di far concor-
dare la voce con il cuore che prega, ma anche “di procurarsi
341 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 85.
342 Ibid., 84.
343 BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Verbum Domini (30 set-
tembre 2010), 62: l.c., 740-741; cf. Institutio Generalis Liturgiae Horarum, 29;
C.I.C., cann. 276, §3; 1174, §1.
114

12.5 Page 115

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una più ricca istruzione liturgica e biblica, specialmente riguar-
do ai Salmi”»344. Così occorre interiorizzare la Parola divina, es-
sere attenti a che cosa il Signore “mi” dice con questa Parola,
ascoltare poi il commento dei Padri della Chiesa o anche del
Concilio Ecumenico Vaticano II, approfondire la vita dei Santi
ed anche i discorsi dei Papi, nella seconda Lettura dell’Ufficio
delle Letture, e pregare con questa grande invocazione che so-
no i Salmi, con i quali siamo inseriti nella preghiera della Chie-
sa. «Nella misura in cui noi abbiamo interiorizzato questa strut-
tura, compreso questa struttura, assimilato le parole della Litur-
gia, possiamo entrare in questa interiore consonanza e così non
solo parlare con Dio come persone singole ma entrare nel
“noi” della Chiesa che prega. E così trasformare anche il no-
stro “io” entrando nel “noi” della Chiesa, arricchendo, allar-
gando questo “io”, pregando con la Chiesa, con le parole della
Chiesa, essendo realmente in colloquio con Dio»345. Più che re-
citare il Breviario, si tratta di favorire un atteggiamento di a-
scolto, di fare anche «esperienza del silenzio»346. Infatti, la Pa-
rola può essere pronunciata e udita solamente nel silenzio. Ma
allo stesso tempo il sacerdote sa che il nostro tempo non favo-
risce il raccoglimento.
Tante volte si ha l’impressione che ci sia quasi timore a
staccarsi, anche per un momento, dagli strumenti di comunica-
zione di massa347. Per questo il sacerdote deve riscoprire il sen-
so del raccoglimento e della quiete interiore «per accogliere nel
344 Catechismo della Chiesa Cattolica, 1176, citando CONC. ECUM. VAT. II,
Cost. Sacrosanctum Concilium, 90.
345 BENEDETTO XVI, Incontro con i sacerdoti della Diocesi di Albano, Castel
Gandolfo (31 agosto 2006): Insegnamenti II/2 (2006), 163-179.
346 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Spiritus et Sponsa, 13: AAS 96 (2004), 425.
347 Cf. BENEDETTO XVI, Esort. ap. post-sinodale Verbum Domini, 66, l.c.:
743-744.
115

12.6 Page 116

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cuore la piena risonanza della voce dello Spirito Santo, e per
unire più strettamente la preghiera personale con la Parola di
Dio e con la voce pubblica della Chiesa»348; deve sempre più
interiorizzare la propria natura di intercessore349. Con l’Eu-
carestia, alla quale è “ordinato”, il sacerdote diventa l’in-
tercessore qualificato per trattare con Dio con grande semplici-
tà di cuore (simpliciter) le questioni dei suoi fratelli uomini. Il
Papa Giovanni Paolo II lo ricordava nel suo discorso per il 30°
anniversario della Presbyterorum Ordinis: «L’identità sacerdotale è
una questione di fedeltà a Cristo e al popolo di Dio al quale
siamo mandati. La coscienza sacerdotale non si limita a qualco-
sa di personale. È una realtà continuamente esaminata e sentita
dagli uomini, poiché il sacerdote è “preso” tra gli uomini e sta-
bilito per intervenire nelle loro relazioni con Dio. [...] Siccome
il sacerdote è un mediatore tra Dio e gli uomini, numerose per-
sone si rivolgono a lui chiedendo le sue preghiere. La preghie-
ra, in un certo senso, “crea” il sacerdote, specialmente come
pastore. Al contempo ogni sacerdote “crea se stesso” grazie al-
la preghiera. Penso alla meravigliosa preghiera del Breviario,
Officium Divinum, nella quale tutta la Chiesa, per bocca dei suoi
ministri, prega con Cristo»350.
2.9 Guida della comunità
Sacerdote per la comunità
77. Il sacerdote è chiamato a misurarsi con le esigenze tipi-
che di un altro aspetto del suo ministero, oltre a quelli esamina-
348 Institutio Generalis Liturgiae Horarum, 202.
349 Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2634-2636.
350 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti al Simposio Internazionale in
occasione del XXX anniversario della promulgazione del Decreto conciliare Presbyterorum
Ordinis, 27 ottobre 1995, n. 5.
116

12.7 Page 117

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ti. Si tratta della cura per la vita della comunità che gli è affidata
e che si esprime soprattutto nella testimonianza della carità.
Pastore della comunità – a immagine di Cristo, Buon Pa-
store, che offre la sua vita tutta intera per la Chiesa –, il sacer-
dote esiste e vive per essa; per essa prega, studia, lavora e si sa-
crifica; per essa è disposto a dare la vita, amandola come Cri-
sto, riversando su di essa tutto il suo amore e la sua stima351,
prodigandosi con tutte le forze e senza limiti di tempo per ren-
derla, a immagine della Chiesa Sposa di Cristo, sempre più bella
e degna della compiacenza del Padre e dell’amore dello Spirito
Santo.
Questa dimensione sponsale della vita del presbitero come
pastore, farà sì che egli guiderà la sua comunità servendo con
dedizione tutti e ciascuno dei suoi membri, illuminando le loro
coscienze con la luce della verità rivelata, custodendo autore-
volmente l’autenticità evangelica della vita cristiana, correggen-
do gli errori, perdonando, sanando le ferite, consolando le af-
flizioni, promuovendo la fraternità352.
Questo insieme di attenzioni, oltre a garantire una testi-
monianza di carità sempre più trasparente ed efficace, manife-
sterà anche la profonda comunione che deve realizzarsi tra il
presbitero e la sua comunità, come prolungamento ed attualiz-
zazione della comunione con Dio, con Cristo e con la Chie-
sa353. A imitazione di Gesù, il sacerdote non è chiamato ad es-
351 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
22-23; cf. Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 26: AAS 80 (1988),
1715-1716.
352 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 6; C.I.C., can.
529, § 1.
353 S. GIOVANNI CRISOSTOMO, De sacerdotio, III, 6: PG 48, 643-644: «La
nascita spirituale delle anime è privilegio dei sacerdoti: essi le fanno nascere alla
vita della grazia per mezzo del battesimo; per mezzo loro noi ci rivestiamo di
Cristo, siamo consepolti con il Figlio di Dio e diventiamo membra di quel bea-
117

12.8 Page 118

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sere servito, ma a servire (cf. Mt 20,28). Costantemente deve
essere messo in guardia contro la tentazione di abusare, in vista
di un guadagno personale, del grande rispetto e deferenza che i
fedeli mostrano verso il sacerdozio e la Chiesa.
Sentire con la Chiesa
78. Per essere buona guida del suo Popolo, il presbitero
sarà anche attento a conoscere i segni dei tempi: da quelli che
riguardano la Chiesa universale e il suo cammino nella storia
degli uomini, a quelli più vicini alla situazione concreta della
singola comunità.
Questo discernimento richiede il costante e corretto ag-
giornamento nello studio delle Scienze sacre con riferimento ai
diversi problemi teologici e pastorali e con l’esercizio di una
sapiente riflessione sui dati sociali, culturali e scientifici che
connotano il nostro tempo.
Nello svolgimento del loro ministero, i presbiteri sapranno
tradurre questa esigenza in una costante e sincera attitudine a
sentire con la Chiesa, cosicché lavoreranno sempre nel vincolo
della comunione con il Papa, con i Vescovi, con gli altri confra-
telli nel sacerdozio, con i diaconi, con gli altri fedeli consacrati
per la professione dei consigli evangelici e con tutti i fedeli.
I presbiteri mostrino fervente amore verso la Chiesa, che è
la madre della nostra esistenza cristiana, e vivano la gioia
dell’appar-tenenza ecclesiale come una testimonianza preziosa
per l’intero popolo di Dio.
Essi, inoltre, non mancheranno di richiedere, nelle forme
to corpo (cf. Rm 6, 1; Gal 3, 27). Quindi noi dobbiamo non solamente rispet-
tarli più che principi e re, ma venerarli più dei nostri genitori. Questi infatti ci
hanno generati dal sangue e dalla volontà della carne (cf. Gv 1, 13); quelli inve-
ce ci fanno nascere figli di Dio; essi sono gli strumenti della nostra beata rige-
nerazione, della nostra libertà e della nostra adozione nell'ordine della grazia».
118

12.9 Page 119

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legittime e tenendo conto delle capacità di ciascuno, la coope-
razione dei fedeli consacrati e dei fedeli laici nell’esercizio della
loro attività.
2.10 Il celibato sacerdotale
Ferma volontà della Chiesa
79. Convinta delle profonde motivazioni teologiche e pa-
storali che sostengono il rapporto tra celibato e sacerdozio, e
illuminata dalla testimonianza che ne conferma anche oggi la
validità spirituale ed evangelica in tante esistenze sacerdotali, la
Chiesa ha ribadito nel Concilio Ecumenico Vaticano II, e ripe-
tutamente nel successivo Magistero Pontificio, la «ferma volon-
tà di mantenere la legge che esige il celibato liberamente scelto
e perpetuo per i candidati all’ordinazione sacerdotale nel rito
latino»354.
Il celibato, infatti, è un dono gioioso che la Chiesa ha rice-
vuto e vuole custodire, convinta che esso è un bene per se stes-
sa e per il mondo.
Motivazione teologico-spirituale del celibato
80. Come ogni valore evangelico, anche il celibato deve es-
sere vissuto quale dono della misericordia divina, novità libe-
rante, particolare testimonianza di radicalismo nella sequela di
Cristo e segno della realtà escatologica: «il celibato è
un’anticipazione resa possibile dalla grazia del Signore che ci
“tira” a sé verso il mondo della risurrezione; ci invita sempre di
nuovo a trascendere noi stessi, questo presente, verso il vero
354 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 29;
cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 16; PAOLO VI, Lett. enc.
Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), 14: l.c., 662; C.I.C., can. 277, § 1.
119

12.10 Page 120

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presente del futuro, che diventa presente oggi»355.
«Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali
è stato concesso. Infatti, vi sono eunuchi che sono nati così dal
grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali
dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il
Regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Mt 19,10-12)356. Il
celibato si rivela come una corrispondenza nell’amore di una
persona che lasciando «il padre e la madre, segue Gesù Buon
Pastore, in una comunione apostolica, a servizio del Popolo di
Dio»357.
Per vivere con amore e generosità il dono ricevuto, è parti-
colarmente importante che il sacerdote comprenda fin dalla
formazione seminaristica la dimensione teologica e la motiva-
zione spirituale della disciplina ecclesiastica sul celibato358.
Questo, quale dono e carisma particolare di Dio, richiede
l’osservanza della continenza perfetta e perpetua per il Regno
dei cieli, perché i ministri sacri possano aderire più facilmente a
Cristo con cuore indiviso e dedicarsi più liberamente al servizio
di Dio e degli uomini359: «il celibato, elevando integralmente
l’uomo, contribuisce effettivamente alla sua perfezione»360. La
355 BENEDETTO XVI, Veglia in occasione della Conclusione dell’Anno sacerdotale
(10 giugno 2010): l.c., 397-406.
356 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993),
22: l.c., 1150-1151.
357 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 29.
358 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Optatam totius, 10; C.I.C., can. 247, §
1; SACRA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio Fundamen-
talis Institutionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), 48; Orientamenti educativi per la forma-
zione al celibato sacerdotale (11 aprile 1974), 16: EV 5 (1974-1976), 200-201.
359 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 16; GIOVANNI
PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 1979 (8 aprile 1979), 8: l.c., 405-
409; Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 29; C.I.C., can. 277, § 1.
360 PAOLO VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), 55: l.c.,
120

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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disciplina ecclesiastica manifesta, prima ancora che la volontà
del soggetto espressa dalla sua disponibilità, la volontà della
Chiesa, e trova la sua ultima ragione nel legame stretto che il
celibato ha con l’ordinazione sacra, che configura il sacerdote a
Gesù Cristo, Capo e Sposo della Chiesa361.
La Lettera agli Efesini pone in stretto rapporto l’oblazione
sacerdotale di Cristo (cf. 5,25) con la santificazione della Chiesa
(cf. 5,26), amata con amore sponsale. Inserito sacramentalmen-
te in questo sacerdozio d’amore esclusivo di Cristo per la Chie-
sa, sua Sposa fedele, il presbitero esprime con il suo impegno
celibatario tale amore, che diventa anche sorgente feconda di
efficacia pastorale.
Il celibato, pertanto, non è un influsso che dall’esterno ri-
cade sul ministero sacerdotale, né può essere considerato sem-
plicemente un’istituzione imposta per legge, anche perché chi
riceve il sacramento dell’Ordine vi si impegna con piena co-
scienza e libertà362, dopo una preparazione pluriennale, una
profonda riflessione e l’assidua preghiera. Giunto alla ferma
convinzione che Cristo gli concede questo dono per il bene della
Chiesa e per il servizio degli altri, il sacerdote lo assume per tut-
ta la vita, rafforzando questa sua volontà nella promessa già
fatta durante il rito dell’ordina-zione diaconale363.
Per queste ragioni, la legge ecclesiastica, da una parte con-
ferma il carisma del celibato, mostrando come esso sia in inti-
678-679.
361 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 16; PAOLO VI,
Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), 14: l.c., 662.
362 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 16; C.I.C., cann.
1036; 1037.
363 Cf. Pontificale Romanum, De ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diacono-
rum, III, 228, l.c., 134; GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì San-
to 1979 (8 aprile 1979), 9: l.c., 409-411.
121

13.2 Page 122

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ma connessione col ministero sacro nella sua duplice dimen-
sione di relazione a Cristo e alla Chiesa; dall’altra tutela la liber-
tà di colui che lo assume364. Il presbitero, allora, consacrato a
Cristo con un nuovo ed eccelso titolo365, deve essere ben con-
scio che ha ricevuto un dono da Dio che, a sua volta, sancito
da un preciso vincolo giuridico, genera l’obbligo morale
dell’osservanza. Tale vincolo, assunto liberamente, ha carattere
teologale e morale, prima che giuridico, ed è segno di quella re-
altà sponsale che si attua nell’or-dinazione sacramentale.
Attraverso il dono del celibato, il presbitero acquista anche
quella paternità spirituale, ma reale, che ha dimensione univer-
sale e si concretizza, in modo particolare, nei confronti della
comunità che gli è affidata366. «Sono essi figli del suo spirito,
uomini affidati dal Buon Pastore alla sua sollecitudine. Questi
uomini sono molti, più numerosi di quanti ne possa abbraccia-
re una semplice famiglia umana. […] Il cuore del sacerdote, per
essere disponibile a tale servizio, a tale sollecitudine e amore,
deve essere libero. Il celibato è segno di una libertà, che è per il
servizio. In virtù di questo segno il sacerdozio gerarchico, ossia
“ministeriale”, è – secondo la tradizione della nostra Chiesa –
più strettamente “ordinato” al sacerdozio comune dei fedeli»367.
Esempio di Gesù
81. Il celibato allora, è dono di sé «in» e «con» Cristo alla
sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa «in» e
«con» il Signore368.
364 Cf. SINODO DEI VESCOVI, Documento sul sacerdozio ministeriale Ul-
timis temporibus (30 novembre 1971), II, I, 4: l.c., 916-917.
365 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 16.
366 Cf. ibid.
367 GIOVANNI PAOLO II, Lettera ai Sacerdoti in occasione del Giovedì Santo (8
aprile 1979), 8: Insegnamenti II/1 (1979), 841-862.
368 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 29.
122

13.3 Page 123

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L’esempio è il Signore stesso, il quale, andando contro
quella che si può considerare la cultura dominante del suo
tempo, ha scelto liberamente di vivere celibe. Alla sua sequela i
discepoli hanno lasciato «tutto» per compiere la missione loro
affidata (Lc 18,28-30).
Per tale motivo la Chiesa, fin dai tempi apostolici, ha volu-
to conservare il dono della continenza perpetua dei chierici e si
è orientata a scegliere i candidati all’Ordine sacro tra i celibi (cf.
2Ts 2,15; 1Cor 7,5; 9,5; 1Tm 3,2.12; 5,9; Tt 1,6.8)369.
Il celibato è un dono che si riceve dalla misericordia divi-
na370, come scelta di libertà e accoglienza grata di una particola-
re vocazione di amore per Dio e per gli uomini. Esso non deve
essere compreso e vissuto come fosse semplicemente un effet-
to collaterale del presbiterato.
Difficoltà e obiezioni
82. Nell’attuale clima culturale, condizionato spesso da una
visione dell’uomo carente di valori e, soprattutto, incapace di
dare un senso pieno, positivo e liberante alla sessualità umana,
369 Per l’interpretazione di questi testi, cf. CONC. DI ELVIRA (a. 305),
cann. 27; 33: BRUNS HERM., Canones Apostolorum et Conciliorum saec. IV-VI II, 5-
6; CONC. DI NEOCESAREA (a. 314), can. 1: Pont. Commissio ad redigendum CIC
Orientalis, IX, I/2, 74-82; CONC. ECUM. NICENO I (a. 325), can. 3: Conc. Oecum.
Decr., 6; CONC. DI CARTAGINE (a. 390): Concilia Africae a. 345-525, CCL 149,
13. 133ss; SINODO ROMANO (a. 386): Conc. Oecum. Decr., 58-63; CONC.
TRULLANO II (a. 691), cann. 3, 6, 12, 13, 26, 30, 48: Pont. Commissio ad redigen-
dum CIC Orientalis, IX, I/1, 125-186; SIRICIO, decretale Directa (a. 386): PL 13,
1131-1147; INNOCENZO I, Lett. Dominus inter (a. 405): BRUNS cit. 274-277; S.
LEONE MAGNO, Lett. a Rusticus (a. 456): PL 54, 1191; EUSEBIO DI CESAREA,
Demonstratio Evangelica, 1, 9: PG, 22, 82; EPIFANIO DI SALAMINA, Panarion: PG
41, 868. 1024; Expositio Fidei, PG 42, 823 ss.
370 Cf. S. CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamen-
ti educativi per la formazione al celibato sacerdotale (11 aprile 1974), 16: l.c., 200-201.
123

13.4 Page 124

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si ripresenta spesso la domanda sull’importanza e sul significa-
to del celibato sacerdotale o, quanto meno, sull’opportunità di
affermare il suo stretto legame e la sua profonda sintonia con il
sacerdozio ministeriale.
«In un certo senso, può sorprendere questa critica perma-
nente contro il celibato, in un tempo nel quale diventa sempre
più di moda non sposarsi. Ma questo non-sposarsi è una cosa
totalmente, fondamentalmente diversa dal celibato, perché il
non-sposarsi è basato sulla volontà di vivere solo per se stessi,
di non accettare alcun vincolo definitivo, di avere la vita in ogni
momento in una piena autonomia, decidere in ogni momento
come fare, cosa prendere dalla vita; e quindi un “no” al vinco-
lo, un “no” alla definitività, un avere la vita solo per se stessi.
Mentre il celibato è proprio il contrario: è un “si” definitivo, è
un lasciarsi prendere in mano da Dio, darsi nelle mani del Si-
gnore, nel suo “io”, e quindi è un atto di fedeltà e di fiducia, un
atto che suppone anche la fedeltà del matrimonio; è proprio il
contrario di questo “no”, di questa autonomia che non vuole
obbligarsi, che non vuole entrare in un vincolo»371.
Il presbitero non annuncia se stesso, «ma dentro e attra-
verso la propria umanità ogni sacerdote deve essere ben consa-
pevole di portare un Altro, Dio stesso, al mondo. Dio è la sola
ricchezza che, in definitiva, gli uomini desiderano trovare in un
sacerdote»372. Il modello sacerdotale è quello di essere testimo-
ne dell’As-soluto: il fatto che in molti ambienti il celibato sia
oggi poco compreso o poco apprezzato, non deve portare ad
ipotizzare scenari differenti, ma richiede di riscoprire in modo
nuovo questo dono dell’amore di Dio per gli uomini. Infatti, il
371 BENEDETTO XVI, Veglia in occasione della Conclusione dell’Anno sacerdotale
(10 giugno 2010): l.c., 397-406.
372 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti alla plenaria della Congregazione
del Clero (16 marzo 2009): l.c., 393.
124

13.5 Page 125

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celibato sacerdotale è anche ammirato ed amato da molte per-
sone, non cristiane.
Non si può dimenticare che il celibato è vivificato dalla
pratica della virtù della castità, che può essere vissuta solo at-
traverso la coltivazione della purezza con maturità soprannatu-
rale e umana373, in quanto essenziale al fine di sviluppare il ta-
lento della vocazione. Non è possibile amare Cristo e gli altri
con un cuore impuro. La virtù della purezza rende capaci di vi-
vere l’indicazione dell’Apostolo: «Glorificate dunque Dio nel
vostro corpo!» (1Cor 6,20). D’altro canto, quando manca questa
virtù, tutte le altre dimensioni vengono lese. Se è vero che nel
contesto attuale sono varie le difficoltà per vivere la santa pu-
rezza, è tanto più vero che il Signore elargisce con abbondanza
la sua grazia e offre i mezzi necessari per praticare, con gioia e
letizia, questa virtù.
È chiaro che, per garantire e custodire questo dono in un
clima di sereno equilibrio e di spirituale progresso, devono es-
sere praticate tutte quelle misure che allontanano il sacerdote
da possibili difficoltà374.
373 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis,
29; 50; CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Istruzione In conti-
nuità sui criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tenden-
ze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri (4
novembre 2005): AAS 97 (2005), 1007-1013; Orientamenti educativi per la forma-
zione al celibato sacerdotale (11 aprile 1974): EV 5 (1974-1976), 188-256.
374 Cf. S. GIOVANNI CRISOSTOMO, De Sacerdotio, VI, 2: PG 48, 679: «L'a-
nima del sacerdote deve essere più pura dei raggi del sole, affinché lo Spirito
Santo non lo abbandoni e affinché possa dire: «Vivo non già io, ma vive in me
Cristo» (Gal 2, 20). Se gli anacoreti del deserto, lontani dalla città e dai pubblici
ritrovi e da ogni strepito proprio di quei luoghi, godendo pienamente il porto e
la bonaccia, non s'inducono a confidare nella sicurezza di quella loro vita, ma
aggiugono infinite altre attenzioni, munendosi da ogni parte e studiandosi di
fare o dire ogni cosa con grande diligenza, per potersi presentare al cospetto di
125

13.6 Page 126

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È necessario, pertanto, che i presbiteri si comportino con
la dovuta prudenza nei rapporti con le persone la cui familiarità
può mettere in pericolo la fedeltà al dono oppure suscitare lo
scandalo dei fedeli375. Nei casi particolari si deve sottostare al
giudizio del Vescovo, che ha l’obbligo di impartire norme pre-
cise in materia376. Come è logico, il sacerdote deve astenersi da
ogni condotta ambigua e non dimenticare il prioritario dovere
che ha di testimoniare l’amore redentore di Cristo. Sfortunata-
mente, riguardo a questa materia, alcune situazioni che pur-
troppo si sono verificate hanno prodotto un grande danno alla
Chiesa e alla sua credibilità, sebbene si siano date molte più si-
tuazioni del genere nel mondo. L’attuale contesto richiede an-
che da parte dei presbiteri una sensibilità e prudenza ancora
maggiori riguardo alle relazioni con bambini e protetti377. In
particolare, si devono evitare situazioni che potrebbero dar
luogo a mormorazioni (p. es., lasciare entrare bambini da soli
nella casa parrocchiale o portare in macchina minori di età). Per
quanto riguarda la confessione, sarebbe opportuno che di soli-
to i minori si confessino nel confessionale durante i tempi in
Dio con fiducia e intatta purezza, per quanto è possibile alle umane facoltà;
qual forza e violenza ti pare che sarà necessaria al sacerdote, per sottrarre l'a-
nima sua ad ogni macchia e serbarne intatta la spirituale bellezza? A lui occorre
certamente purezza maggiore che ai monaci. E tuttavia, proprio lui, che ne ha
maggior bisogno, è esposto a maggiori occasioni inevitabili, nelle quali può es-
sere contaminato, se con assidua sobrietà e vigilanza non renda l'anima sua i-
naccessibile a quelle insidie».
375 Cf. C.I.C., can. 277, § 2.
376 Cf. ibid., can. 277, § 3.
377 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Litterae apostolicae Motu Proprio datae Sa-
cramentorum sanctitatis tutela quibus Normae de gravioribus delictis Congregationi
pro Doctrina Fidei reservatis promulgantur (30 aprile 2001): AAS 93 (2001),
737-739 (modificate da Benedetto XVI il 21 maggio 2010: AAS 102 [2010]
419-430).
126

13.7 Page 127

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cui la chiesa è aperta al pubblico o che, altrimenti, se per qual-
che ragione fosse necessario agire diversamente, siano rispetta-
te le corrispondenti norme di prudenza.
I sacerdoti, poi, non trascurino di seguire quelle regole a-
scetiche garantite dall’esperienza della Chiesa e ancor più ri-
chieste dalle circostanze odierne. Evitino pertanto prudente-
mente di frequentare luoghi, assistere a spettacoli, praticare let-
ture o frequentare siti internet che costituiscono un’insidia
all’osservanza della castità celibataria378 o perfino occasione e
causa di gravi peccati contro la morale cristiana. Nel fare uso,
come agenti o come fruitori, dei mezzi di comunicazione socia-
le, osservino la necessaria discrezione ed evitino tutto quanto
possa nuocere alla loro vocazione.
Per custodire con amore il dono ricevuto, in un clima di
esasperato permissivismo sessuale, i sacerdoti facciano ricorso
a tutti quei mezzi naturali e soprannaturali di cui è ricca la tra-
dizione della Chiesa. Da una parte, l’amicizia sacerdotale, la cu-
ra di relazioni buone con le persone, l’ascesi e il dominio di sé,
la mortificazione; è anche utile incentivare una cultura della
bellezza, nei vari campi della vita, che aiuti la lotta nei confronti
di tutto ciò che è degradante e nocivo, nutrire certa passione
per il proprio ministero apostolico, accettare serenamente una
certa solitudine, una sapiente e proficua gestione del tempo li-
bero perché non diventi un tempo vuoto. Parimenti, sono es-
senziali la comunione con Cristo, una forte pietà eucaristica, la
confessione frequente, la direzione spirituale, gli esercizi e i riti-
ri spirituali, uno spirito di accettazione delle croci della vita
quotidiana, la fiducia e l’amore alla Chiesa, la filiale devozione
alla Beata Vergine Maria e la considerazione degli esempi dei
sacerdoti santi di tutti i tempi379.
378 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 16.
379 Cf. PAOLO VI, Lett. enc. Sacerdotalis caelibatus (24 giugno 1967), 79-81;
127

13.8 Page 128

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Difficoltà ed obiezioni hanno sempre accompagnato, lun-
go i secoli, la scelta della Chiesa Latina e di alcune Chiese O-
rientali di conferire il sacerdozio ministeriale solo a quegli uo-
mini che hanno ricevuto da Dio il dono della castità nel celiba-
to. La disciplina delle altre Chiese Orientali, che ammettono il
sacerdozio uxorato, non è contrapposta a quella della Chiesa
Latina. Infatti, le stesse Chiese Orientali esigono comunque il
celibato dai Vescovi. Inoltre, non consentono il matrimonio dei
sacerdoti e non permettono successive nozze a quelli rimasti
vedovi. Si tratta sempre e soltanto dell’ordinazione di uomini
già sposati.
Le obiezioni che alcuni ancor oggi presentano contro il ce-
libato sacerdotale si fondano spesso su argomenti pretestuosi,
come, per esempio, le accuse ad esso rivolte di riflettere uno
spiritualismo disincarnato o di comportare diffidenza o di-
sprezzo verso la sessualità; altre volte prendono le mosse dalla
considerazione di casi tristi e dolorosi, ma pur sempre partico-
lari, che si tende a generalizzare. Si dimentica, invece, la testi-
monianza offerta dalla stragrande maggioranza dei sacerdoti,
che vivono il proprio celibato con libertà interiore, con ricche
motivazioni evangeliche, con fecondità spirituale, in un oriz-
zonte di fedeltà convinta e gioiosa alla propria vocazione e mis-
sione, per non parlare di tanti laici che assumono felicemente
un fecondo celibato apostolico.
2.11 Spirito sacerdotale di povertà
Povertà come disponibilità
83. La povertà di Gesù ha uno scopo salvifico. Cristo, da
ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassi-
mo ricchi per mezzo della sua povertà (cf. 2Cor 8,9).
GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 29.
128

13.9 Page 129

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La Lettera ai Filippesi mostra il rapporto tra la spoliazione
di sé e lo spirito di servizio che deve animare il ministero pa-
storale. Dice, infatti, san Paolo che Gesù non considerò «un
privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo
una condizione di servo» (Fil 2,6-7). In verità, difficilmente il
sacerdote si renderà vero servo e ministro dei suoi fratelli, se
sarà preoccupato delle sue comodità e di un eccessivo benesse-
re.
Attraverso la condizione di povero, Cristo manifesta che
tutto ha ricevuto fin dall’eternità dal Padre e tutto a Lui resti-
tuisce fino all’offerta totale della Sua vita.
L’esempio di Cristo povero deve portare il presbitero a
conformarsi a Lui, nella libertà interiore rispetto a tutti i beni e
le ricchezze del mondo380. Il Signore ci insegna che il vero bene
è Dio e che la vera ricchezza è guadagnare la vita eterna: «Infat-
ti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e
perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in
cambio della propria vita?» (Mc 8,36-37). Ogni sacerdote è
chiamato a vivere la virtù della povertà che consiste essenzial-
mente nel consegnare il cuore a Cristo, quale vero tesoro, e
non alle risorse materiali.
Il sacerdote, la cui parte di eredità è il Signore (cf. Nm
18,20)381, sa che la sua missione, come quella della Chiesa, si
svolge in mezzo al mondo e che i beni creati sono necessari per
lo sviluppo personale dell’uomo. Egli però userà tali beni con
senso di responsabilità, moderazione, retta intenzione e distac-
co, proprio di chi ha il suo tesoro nei cieli e sa che tutto deve
essere usato per l’edificazione del Regno di Dio (cf. Lc 10,7; Mt
380 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 17; 20-21.
381 Cf.. BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2006):
AAS, 98 (2006).
129

13.10 Page 130

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10,9-10; 1Cor 9,14; Gal 6,6)382. Pertanto, si asterrà da quelle at-
tività lucrative che non sono consone al suo ministero383. Inol-
tre, il presbitero deve evitare di offrire motivi perfino alla più
lieve insinuazione riguardo al fatto che egli possa concepire il
proprio ministero anche un’opportunità per ricavare benefici,
favorire i suoi o cercare posizioni privilegiate. Egli, piuttosto,
deve stare in mezzo agli uomini per servire gli altri senza misu-
ra, seguendo l’esempio di Cristo, il Buon Pastore (cf. Gv 10,10).
Ricordando, inoltre, che il dono che ha ricevuto è gratuito, sia
disposto a dare gratuitamente (cf. Mt 10,8; At 8,18-25)384 e ad
impiegare per il bene della Chiesa e per opere di carità quanto
riceve in occasione dell’esercizio del suo ufficio, dopo aver
provveduto al proprio onesto sostentamento e all’adempi-
mento di tutti i doveri del proprio stato385.
Il presbitero, infine, pur non assumendo la povertà con
una promessa pubblica, è tenuto a condurre una vita semplice e
ad astenersi da quanto può avere sapore di vanità386, abbrac-
ciando così la povertà volontaria per seguire più da vicino Cri-
sto387. In tutto (abitazione, mezzi di trasporto, vacanze, ecc.) il
presbitero elimini ogni tipo di ricercatezza e di lusso388. In que-
sto senso, il sacerdote deve combattere ogni giorno per non
cadere nel consumismo e nella mollezza di vita, che oggi per-
vadono la società in molte parti del mondo. Un serio esame di
coscienza lo aiuterà a verificare come sia il suo tenore di vita, la
382 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 17; GIOVANNI
PAOLO II, Udienza generale (21 luglio 1993), 3: Insegnamenti XVI/2 (1993), 89-90.
383 Cf. C.I.C., cann. 286; 1392.
384 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 17.
385 Cf. ibid.; C.I.C., cann. 282; 222, § 2; 529, § 1.
386 Cf. C.I.C., can. 282, § 1.
387 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 17.
388 Cf. ibid., 17.
130

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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sua disponibilità a prendersi cura dei fedeli e a compiere i pro-
pri doveri; a domandarsi se i mezzi di cui si serve rispondono
ad una vera necessità o se invece egli stia cercando la comodità
rifuggendo dal sacrificio. Proprio nella coerenza tra quello che
dice e quello che fa, specialmente in riferimento alla povertà, in
buona parte si gioca la credibilità e l’efficacia apostolica del sa-
cerdote.
Amico dei più poveri, egli riserverà a questi le più delicate
attenzioni della sua carità pastorale, con una opzione preferen-
ziale per tutte le povertà vecchie e nuove, tragicamente presenti
nel mondo, ricordando sempre che la prima miseria da cui deve
essere liberato l’uomo è il peccato, radice ultima di ogni male.
2.12 Devozione a Maria
Imitare le virtù della Madre
84. Esiste una «relazione essenziale tra la Madre di Gesù e
il sacerdozio dei ministri del Figlio», derivante da quella che c’è
tra la divina maternità di Maria e il sacerdozio di Cristo389.
In tale relazione è radicata la spiritualità mariana di ogni
presbitero. La spiritualità sacerdotale non può dirsi completa se
non prende seriamente in considerazione il testamento di Cri-
sto crocifisso, che volle consegnare la Madre al discepolo pre-
diletto e, tramite lui, a tutti i sacerdoti chiamati a continuare la
sua opera di redenzione.
Come a Giovanni ai piedi della Croce, così ad ogni presbi-
tero è affidata, in modo speciale, Maria come Madre (cf. Gv
19,26-27).
I sacerdoti, che sono tra i discepoli più amati da Gesù cro-
cifisso e risorto, devono accogliere Maria come loro Madre nel-
389 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale (30 giugno 1993): Insegnamen-
ti XVI/1 (1993), 1689-1699.
131

14.2 Page 132

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la propria vita, facendola oggetto di continua attenzione e pre-
ghiera. La sempre Vergine diventa allora la Madre che li con-
duce a Cristo, che fa loro amare autenticamente la Chiesa, che
intercede per essi e che li guida verso il Regno dei cieli.
85. Ogni presbitero sa che Maria, perché Madre, è anche la
più eminente formatrice del suo sacerdozio, giacché è Lei che
sa modellare il suo cuore sacerdotale, proteggerlo dai pericoli,
dalle stanchezze, dagli scoraggiamenti e vegliare, con materna
sollecitudine, affinché egli possa crescere in sapienza e grazia,
davanti a Dio e agli uomini (cf. Lc 2,40).
Ma non si è figli devoti se non si sanno imitare le virtù del-
la Madre. A Maria, quindi, il presbitero guarderà per essere mi-
nistro umile, obbediente, casto e per testimoniare la carità nella
donazione totale al Signore e alla Chiesa390.
L’Eucaristia e Maria
86. In ogni celebrazione eucaristica, noi riascoltiamo
quell’«Ecco tuo figlio!» detto dal Figlio a sua Madre, mentre
Egli stesso ripete a noi: «Ecco tua Madre!» (Gv 19,26-27).
Vivere l’Eucaristia implica anche ricevere continuamente
questo dono: «Maria è donna “eucaristica” con l’intera sua
vita. La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è
chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo
Mistero Santissimo. […] Maria è presente, con la Chiesa e
come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre
celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un
binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio
Maria ed Eucaristia»391. In questo modo, l’incontro con Gesù
390 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 18.
391 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003):
l.c., 53; 57.
132

14.3 Page 133

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nel Sacrificio dell’Altare comporta inevitabilmente l’incontro
con Maria, sua Madre. In realtà, «per la propria
identificazione e conformazione sacramentale a Gesù, Figlio
di Dio e Figlio di Maria, ogni sacerdote può e deve sentirsi
veramente figlio prediletto di questa altissima ed umilissima
Madre»392.
Capolavoro del Sacrificio sacerdotale di Cristo, la sempre
Vergine Madre di Dio rappresenta la Chiesa nel modo più pu-
ro, «senza macchia né ruga», tutta «santa e immacolata» (Ef
5,27). Questa contemplazione della beata Vergine, – a cui si af-
fianca anche San Giuseppe, maestro di vita interiore –, pone
dinanzi al presbitero l’ideale a cui tendere nel ministero della
propria comunità, affinché pure questa sia «Chiesa tutta glorio-
sa» (ibid.) mediante il dono sacerdotale della propria vita.
392 BENEDETTO XVI, Udienza generale (12 agosto 2009): Insegnamenti V/2
(2009), 94.
133

14.4 Page 134

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134

14.5 Page 135

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III. FORMAZIONE PERMANENTE
Il sacerdote ha un bisogno costante di approfondire la sua
formazione. Anche se il giorno della sua ordinazione ha ricevu-
to il sigillo permanente che lo ha configurato in æternum con
Cristo Capo e Pastore, egli è chiamato ad un miglioramento
continuo, al fine di essere più efficace nel suo ministero. In
questo senso, è fondamentale che i sacerdoti siano consapevoli
del fatto che la loro formazione non è finita con gli anni di se-
minario. Al contrario, dal giorno della sua ordinazione, il sacer-
dote deve sentire la necessità di perfezionarsi continuamente,
per essere sempre più di Cristo Signore.
3.1 Principi
Necessità della formazione permanente, oggi
87. Come ha ricordato Benedetto XVI «il tema dell’identità
sacerdotale [...] è determinante per l’esercizio del sacerdozio
ministeriale nel presente e nel futuro»393. Queste parole del
Santo Padre costituiscono il punto di riferimento sul quale va
impostata la formazione permanente del clero: aiutare ad ap-
profondire il significato dell’essere sacerdote. «Il sacerdote ha
come sua relazione fondamentale quella con Gesù Cristo Capo
e Pastore»394 e, in questo senso, la formazione permanente do-
vrebbe essere un mezzo per accrescere questa “esclusiva” rela-
zione che necessariamente si ripercuote su tutto l’essere e
l’agire del presbitero. La formazione permanente è una esigen-
za che nasce e si sviluppa a partire dalla recezione del sacra-
mento dell’Ordine, con il quale il sacerdote viene non solo
«consacrato» dal Padre, «inviato» dal Figlio, ma anche «anima-
393 BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti al Convegno Teologico promosso
dalla Congregazione per il Clero (12 marzo 2010): l.c., 323-326.
394 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 16.
135

14.6 Page 136

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to» dallo Spirito Santo. Essa è destinata a coinvolgere e assimi-
lare progressivamente tutta la vita e l’azione del presbitero nella
fedeltà al dono ricevuto: «Per questo motivo ti ricordo di rav-
vivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle
mie mani» (2Tm 1,6).
Si tratta di una necessità intrinseca allo stesso dono divi-
no395 che va continuamente «vivificato» perché il presbitero
possa rispondere adeguatamente alla sua vocazione. Egli, infat-
ti, in quanto uomo storicamente situato, ha bisogno di perfe-
zionarsi in tutti gli aspetti della sua esistenza umana e spirituale
per poter giungere a quella conformazione a Cristo che è il
principio unificante di tutto.
Le rapide e diffuse trasformazioni ed un tessuto sociale
spesso secolarizzato, tipici del mondo contemporaneo, sono
altrettanti fattori che rendono assolutamente ineludibile il do-
vere del presbitero di essere adeguatamente preparato per non
diluire la propria identità e per rispondere alle necessità della
nuova evangelizzazione. A questo già grave dovere corrisponde
un preciso diritto da parte dei fedeli sui quali ricadono positi-
vamente gli effetti della buona formazione e della santità dei
sacerdoti396.
88. La vita spirituale del sacerdote ed il suo ministero pa-
storale vanno uniti a quel continuo lavoro su se stessi – corri-
spondenza all’opera di santificazione dello Spirito Santo − che
consente di approfondire e raccogliere in armonica sintesi sia la
formazione spirituale, sia quella umana, intellettuale e pastorale.
Questo lavoro, che deve iniziare fin dal tempo del seminario,
deve essere favorito dai Vescovi ai vari livelli: nazionale, regio-
nale e, soprattutto, diocesano.
395 Cf. ibid., 70: l.c., 778-782.
396 Cf. ibid.
136

14.7 Page 137

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È motivo di incoraggiamento poter constatare che sono
molte le circoscrizioni ecclesiastiche e le Conferenze Episcopali
attualmente coinvolte con promettenti iniziative per attuare una
vera formazione permanente dei propri sacerdoti. Si auspica
che tutte le diocesi possano rispondere a questa necessità. Tut-
tavia, dove ciò non fosse momentaneamente possibile, è consi-
gliabile che esse si accordino tra di loro o prendano contatto
con quelle istituzioni o persone particolarmente preparate a
svolgere un compito tanto delicato397.
Strumento di santificazione
89. La formazione permanente si presenta come mezzo
necessario al presbitero per raggiungere il fine della sua voca-
zione, che è il servizio di Dio e del suo Popolo.
Essa, in pratica, consiste nell’aiutare tutti i sacerdoti a ri-
spondere generosamente all’impegno richiesto dalla dignità e
dalla responsabilità che Dio ha conferito loro per mezzo del
sacramento dell’Ordine; nel custodire, difendere e sviluppare la
loro specifica identità e vocazione; nel santificare se stessi e gli
altri mediante l’esercizio del sacro ministero.
Ciò significa che il presbitero deve evitare qualsiasi duali-
smo tra spiritualità e ministerialità, origine profonda di talune
crisi.
È chiaro che per raggiungere queste finalità di ordine so-
prannaturale, devono essere scoperti ed analizzati i criteri gene-
rali sui quali si deve strutturare la formazione permanente dei
presbiteri.
Tali criteri o principi generali di organizzazione devono es-
sere pensati a partire dalla finalità che ci si è proposti o, per
meglio dire, vanno ricercati in essa.
397 Cf. ibid., 79: l.c., 797.
137

14.8 Page 138

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Deve essere impartita dalla Chiesa
90. La formazione permanente è un diritto-dovere del pre-
sbitero ed impartirla è un diritto-dovere della Chiesa. Esso per-
ciò è stabilito nella legge universale398. Infatti, come la vocazio-
ne al ministero sacro si riceve nella Chiesa, così solo alla Chiesa
compete impartire la specifica formazione secondo la respon-
sabilità propria di tale ministero. La formazione permanente,
pertanto, essendo un’attività legata all’esercizio del sacerdozio
ministeriale, appartiene alla responsabilità del Papa e dei Ve-
scovi. La Chiesa ha quindi il dovere e il diritto di continuare a
formare i suoi ministri, aiutandoli a progredire nella risposta
generosa al dono che Dio ha loro concesso.
A sua volta, il ministro ha ricevuto anche, come esigenza
del dono connesso con l’ordinazione, il diritto di avere l’aiuto
necessario da parte della Chiesa per realizzare efficacemente e
santamente il suo servizio.
Deve essere permanente
91. L’attività di formazione si basa su un’esigenza dinami-
ca, intrinseca al carisma ministeriale, che è in sé stesso perma-
nente ed irreversibile. Essa, pertanto, non può mai essere con-
siderata terminata, né da parte della Chiesa che la impartisce, né
da parte del ministro che la riceve. È necessario, quindi, che es-
sa sia pensata e sviluppata in modo che tutti i presbiteri possa-
no riceverla sempre, tenendo conto di quelle possibilità e caratte-
ristiche che si collegano al variare dell’età, della condizione di
vita e dei compiti affidati399.
398 Cf. C.I.C., can. 279.
399 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 76.
138

14.9 Page 139

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Deve essere completa
92. Tale formazione deve comprendere ed armonizzare
tutte le dimensioni della formazione sacerdotale; deve cioè ten-
dere ad aiutare ogni presbitero: a raggiungere lo sviluppo di
una personalità umana maturata nello spirito di servizio agli al-
tri, qualunque sia l’incarico ricevuto; ad essere intellettualmente
preparato nelle scienze teologiche in armonia con il Magistero
della Chiesa400 e anche in quelle umane in quanto connesse con
il proprio ministero, in modo da svolgere con maggiore effica-
cia la sua funzione di testimone della fede; a possedere una vita
spirituale solida, nutrita dall’intimità con Gesù Cristo e
dall’amore per la Chiesa; a svolgere il suo ministero pastorale
con impegno e dedizione.
In pratica, tale formazione dev’essere completa: umana,
spirituale, intellettuale, pastorale, sistematica e personalizzata.
Formazione umana
93. La formazione umana è particolarmente importante,
giacché «senza un’opportuna formazione umana l’intera forma-
zione sacerdotale sarebbe priva del suo necessario fondamen-
to»401; oggettivamente costituisce la piattaforma ed il fonda-
mento sul quale è possibile edificare l’edificio della formazione
intellettuale, spirituale e pastorale. Il presbitero non deve di-
menticare che «scelto fra gli uomini, [...] resta uno di essi ed è
400 Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Inst. Donum
veritatis sulla vocazione ecclesiale del teologo (24 maggio 1990), 21-41: AAS 82
(1990), 1559-1569; COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Theses Ra-
tiones magisterii cum theologia sul mutuo rapporto fra magistero ecclesiastico e teo-
logia (6 giugno 1976), tesi n. 8: “Gregorianum” 57 (1976), 549-556.
401 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 43;
cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Optatam totius, 11.
139

14.10 Page 140

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chiamato a servirli donando loro la vita di Dio»402. Perciò come
fratello tra i suoi fratelli, per santificarsi e per riuscire nella sua
missione sacerdotale, egli dovrà presentarsi con un bagaglio di
virtù umane che lo rendano degno della stima degli altri. Biso-
gna ricordare che «per il sacerdote, il quale dovrà accompagna-
re altri lungo il cammino della vita e fino alla porta della morte,
è importante che egli stesso abbia messo in giusto equilibrio
cuore e intelletto, ragione e sentimento, corpo e anima, e che
sia umanamente “integro”»403.
In particolare, con lo sguardo fisso su Cristo, il sacerdote
dovrà praticare la bontà del cuore, la pazienza, l’amabilità, la
forza d’animo, l’amore per la giustizia, l’equilibrio, la fedeltà al-
la parola data, la coerenza con gli impegni liberamente assunti,
ecc404. La formazione permanente in questo campo favorisce la
crescita nelle virtù umane, aiutando i presbiteri a vivere in ogni
momento «l’unità di vita nello svolgimento del ministero»405,
dalla cordialità del tratto, alle ordinarie regole di buon compor-
tamento o alla capacità di stare in ogni contesto.
Esiste un nesso fra vita umana e vita spirituale, che
dipende dall’unità di anima e di corpo propria della natura
umana, ragion per cui, laddove permangono gravi deficit uma-
ni, la “struttura” della personalità non è mai al riparo da im-
provvisi “crolli”.
È altresì importante che il sacerdote rifletta sul suo com-
portamento sociale, sulla correttezza e buona educazione – che
nascono anche dalla carità e dall’umiltà –, nelle varie forme di
relazioni umane, sui valori dell’amicizia, sulla signorilità del
402 BENEDETTO XVI, Videomessaggio ai partecipanti al ritiro sacerdotale inter-
nazionale (27 settembre - 3 ottobre 2009): Insegnamenti V/2 (2009), 300-303.
403 BENEDETTO XVI, Lettera ai seminaristi (18 ottobre 2010), 6: l.c., 797-798.
404 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 3.
405 Ibid., 14.
140

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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tratto, ecc.
Finalmente, nella situazione culturale odierna, questa for-
mazione deve essere impostata anche per contribuire – facendo
ricorso, se ci fosse bisogno, all’ausilio delle scienze psicologi-
che406 – alla maturazione umana: essa, anche se risulta difficile
da precisare nei suoi contenuti, implica, senz’altro, equilibrio ed
armonia nell’integrazione delle tendenze e dei valori, stabilità
psicologica ed affettiva, prudenza, oggettività nei giudizi, for-
tezza nel dominio del proprio carattere, sociabilità, ecc. In que-
sto modo, si aiutano i presbiteri, particolarmente i giovani, a
crescere nella maturazione umana e affettiva. In quest’ultimo
aspetto, si insegnerà anche, con delicatezza, a vivere la castità,
insieme con la modestia ed il pudore, in particolare nell’uso
prudente della televisione e di internet.
Riveste infatti speciale importanza la formazione nell’uso
dell’internet e, in generale, delle nuove tecnologie di comunica-
zione. La sobrietà e la temperanza sono necessarie per evitare
ostacoli per la vita d’intimità con Dio. Il mondo web presenta
molte potenzialità in vista dell’evangelizzazione, che tuttavia,
mal gestite, possono arrecare anche gravi danni alle anime; a
volte, sotto pretesti di un migliore sfruttamento del tempo o
della necessità di essere informati, si può fomentare una curio-
sità disordinata che ostacola il sempre necessario raccoglimento
dal quale deriva l’efficacia dell’impegno.
In questa linea, anche se l’uso dell’internet costituisce
un’utile opportunità per portare l’annuncio evangelico a molte
persone, il sacerdote dovrà valutare con prudenza e pondera-
zione il suo coinvolgimento, in modo tale da non sottrarre
406 Cf. CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamen-
ti Ogni vocazione per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e
nella formazione dei candidati al sacerdozio (29 giugno 2008), 5: “L’Osserva-
tore Romano”, 31 ottobre 2008, 4s.
141

15.2 Page 142

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tempo al suo ministero pastorale in aspetti quali la predicazione
della Parola di Dio, la celebrazione dei sacramenti, la direzione
spirituale ecc., in cui egli è veramente insostituibile. In ogni ca-
so, la sua partecipazione in questi nuovi ambiti dovrà riflettere
sempre speciale carità, senso soprannaturale, sobrietà e tempe-
ranza, in modo tale da far sì che tutti si sentano attirati non tan-
to alla figura del sacerdote, quanto piuttosto alla Persona di
Gesù Cristo nostro Signore.
Formazione spirituale
94. Tenendo presente quanto già ampiamente esposto cir-
ca la vita spirituale, ci si limita qui a presentare alcuni mezzi
pratici di formazione.
Sarebbe necessario innanzitutto approfondire gli aspetti
prin-cipali dell’esistenza sacerdotale facendo riferimento, in
particolare, all’insegnamento biblico, patristico, teologico, ed
agiografico, nel quale il presbitero deve continuamente aggior-
narsi, non solo tramite le letture di buoni libri, ma anche parte-
cipando a corsi di studio, congressi, ecc407.
Sessioni particolari potrebbero essere dedicate alla cura
della celebrazione dei sacramenti, come anche allo studio di
questioni di spiritualità, quali le virtù cristiane e umane, il modo
di pregare, il rapporto tra la vita spirituale ed il ministero litur-
gico, pastorale, ecc. Più concretamente, è auspicabile che ogni
presbitero, magari in concomitanza ai periodici esercizi spiri-
tuali, elabori un concreto progetto di vita personale, concorda-
to col proprio direttore spirituale, per il quale si segnalano al-
cuni punti: 1. meditazione quotidiana sulla Parola o su un miste-
ro della fede; 2. quotidiano incontro personale con Gesù
407 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 19; Decr. Opta-
tam totius, 22; C.I.C., can. 279, § 2; SACRA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIO-
NE CATTOLICA, Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), 101.
142

15.3 Page 143

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nell’Eucaristia, oltre alla devota celebrazione della Santa Messa e
alla confessione frequente; 3. devozione mariana (Rosario, con-
sacrazione o affidamento, intimo colloquio); 4. momento forma-
tivo dottrinale e agiografico; 5. doveroso riposo; 6. rinnovato
impegno sulla messa in pratica degli indirizzi del proprio Vesco-
vo e di verifica della propria convinta adesione al Magistero e alla
disciplina ecclesiastica; 7. cura della comunione e dell’amicizia e
fraternità sacerdotali. Altri aspetti, quali l’amministrazione del
proprio tempo e dei propri beni, il lavoro e la importanza di la-
vorare insieme agli altri, vanno anch’essi approfonditi.
Formazione intellettuale
95. Visto l’enorme influsso che le correnti umanistico-
filosofiche hanno sulla cultura moderna, nonché il fatto che i
presbiteri non sempre hanno ricevuto adeguata preparazione in
tali discipline, anche perché provenienti da indirizzi scolastici
diversi, si rende necessario che, negli incontri, siano tenute pre-
senti le più rilevanti tematiche di carattere umanistico e filoso-
fico o che comunque «hanno un rapporto con le scienze sacre,
particolarmente in quanto possono essere utili nell’esercizio del
ministero pastorale»408.
Tali tematiche costituiscono anche un valido aiuto per trat-
tare correttamente i principali argomenti di Sacra Scrittura, di
teologia fondamentale, dogmatica e morale, di liturgia, di diritto
canonico, di ecumenismo, ecc., tenendo presente che l’insegna-
mento di queste materie non deve sviluppare eccessivamente la
problematizzazione né essere solo teorico o informativo, ma
deve portare all’autentica formazione, cioè alla preghiera, alla
408 C.I.C., can. 279, § 3; CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE
CATTOLICA, Decreti di Riforma degli studi ecclesiastici di Filosofia (28 gennaio 2011),
8ss.: AAS 103 (2011), 148ss.
143

15.4 Page 144

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comunione e all’azione pastorale. Inoltre, dedicare un tempo –
possibilmente quotidiano − allo studio di manuali o saggi di fi-
losofia, teologia e diritto canonico sarà di grande aiuto per ap-
profondire il sentire cum Ecclesia; in questo compito, il Catechismo
della Chiesa Cattolica e il suo Compendio costituiscono un prezioso
strumento di base.
Si faccia in modo che negli incontri sacerdotali i documen-
ti del Magistero siano approfonditi comunitariamente, sotto au-
torevole guida, in modo da facilitare, nella pastorale diocesana,
quell’unità di interpretazione e di prassi che tanto giova
all’opera di evangelizzazione.
Particolare importanza nella formazione intellettuale va da-
ta alla trattazione di temi che hanno oggi maggior rilievo nel
dibattito culturale e nella prassi pastorale, come, ad esempio,
quelli relativi all’etica sociale, alla bioetica, ecc.
Una trattazione speciale deve essere riservata alle questioni
poste dal progresso scientifico, particolarmente influente sulla
mentalità e sulla vita degli uomini contemporanei. Il presbitero
non dovrà esimersi dal mantenersi adeguatamente aggiornato e
pronto a dare ragione della sua speranza (cf. 1Pt 3,15) di fronte
agli interrogativi che i fedeli – molti di loro di cultura elevata −,
possono porre, essendo al corrente del progresso delle scienze,
e non mancando di consultare esperti preparati e di sicura dot-
trina. Di fatto, nel presentare la Parola di Dio, il presbitero de-
ve tener conto della crescita progressiva della formazione intel-
lettuale delle persone e quindi saper adeguarsi al loro livello e a
seconda anche dei vari gruppi o luoghi di provenienza.
È del massimo interesse studiare, approfondire e diffonde-
re la dottrina sociale della Chiesa. Seguendo la spinta dell’inse-
gnamento magisteriale, è necessario che l’interesse di tutti i sa-
cerdoti e, per mezzo di essi, di tutti i fedeli a favore dei biso-
gnosi non rimanga al livello di pio desiderio, ma si converta in
un concreto impegno di vita. «Oggi più che mai la Chiesa è co-
144

15.5 Page 145

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sciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella te-
stimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica in-
terna»409.
Un’esigenza imprescindibile per la formazione intellettuale
dei sacerdoti è la conoscenza e l’utilizzazione prudente, nella
loro attività ministeriale, dei mezzi di comunicazione sociale. Questi,
se bene adoperati, costituiscono un provvidenziale strumento
di evangelizzazione, potendo raggiungere non solo una massa
enorme di fedeli e di lontani, ma anche incidere profondamen-
te sulla loro mentalità e sul loro modo di agire.
A tal proposito, sarebbe opportuno che il Vescovo o la
stessa Conferenza Episcopale preparassero programmi e stru-
menti tecnici atti allo scopo. Allo stesso tempo, il sacerdote de-
ve evitare ogni protagonismo, in modo che non sia lui a brillare
davanti agli uomini e alle donne del suo tempo, ma il Signore
Gesù.
Formazione pastorale
96. Per un’adeguata formazione pastorale, è necessario rea-
lizzare incontri aventi come obiettivo principale la riflessione
sul piano pastorale della Diocesi. In essi, non dovrebbe manca-
re anche la trattazione di tutte le questioni attinenti alla vita e
alla pratica pastorale dei presbiteri come, per esempio, la mora-
le fondamentale, l’etica nella vita professionale e sociale, ecc.
Può essere di particolare interesse l’organizzazione di corsi o
seminari sulla pastorale del sacramento della Confessione410 o
409 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991),
57: AAS 83 (1991), 862-863.
410 Cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Documento Cristo
continua ossia “Vademecum” per i confessori su alcuni temi di morale attinenti
alla vita coniugale (12 febbraio 1997): “L’Osservatore Romano”, 2 marzo 1997,
suppl. inserito tabloid.
145

15.6 Page 146

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su questioni pratiche di direzione spirituale, sia in generale che
in situazioni specifiche. La formazione pratica nel campo della
liturgia possiede anche una particolare importanza. Si dovrebbe
riservare speciale attenzione ad imparare a celebrare bene la
Santa Messa − come già notato, l’ars celebrandi è una condizione
sine qua non della actuosa partecipatio dei fedeli − ed all’adorazione
fuori dalla Messa.
Altri temi, particolarmente utili da trattare, possono essere
quelli riguardanti la catechesi, la famiglia, le vocazioni sacerdo-
tali e religiose, la conoscenza della vita e della spiritualità dei
santi, i giovani, gli anziani, gli infermi, l’ecumenismo, i cosid-
detti «lontani», le questioni bioetiche, ecc.
È molto importante per la pastorale, nelle attuali circostan-
ze, organizzare cicli speciali per approfondire ed assimilare il
Catechismo della Chiesa Cattolica che, soprattutto per i sacerdoti,
costituisce un prezioso strumento di formazione sia per la pre-
dicazione, sia, in genere, per l’opera di evangelizzazione.
Deve essere organica e completa
97. Perché la formazione permanente sia completa, biso-
gna che essa sia strutturata «non come qualcosa di episodico,
ma come una proposta sistematica di contenuti, che si snoda
per tappe e si riveste di modalità precise»411. Questo comporta
la necessità di creare una certa struttura organizzativa che stabi-
lisca opportunamente strumenti, tempi e contenuti per la sua
concreta ed adeguata realizzazione. In questo senso sarà utile
ritornare nella vita del sacerdote su temi come: la conoscenza
delle Scritture nella loro interezza, dei Padri della Chiesa e dei
grandi Concili; di ciascuno dei contenuti della fede nella sua u-
nità; di questioni essenziali della teologia morale e della dottrina
411 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 79.
146

15.7 Page 147

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sociale della Chiesa; di teologia ecumenica e dell’orientamento
fondamentale sulle grandi religioni in rapporto con i dialoghi
ecumenico, interreligioso ed interculturale; della filosofia e del
diritto canonico412.
A tale organizzazione, deve accompagnarsi l’abitudine del-
lo studio personale, giacché anche i corsi periodici risulterebbe-
ro di scarsa utilità se non fossero accompagnati dall’applica-
zione personale allo studio413.
Deve essere personalizzata
98. Sebbene si impartisca a tutti, la formazione permanente
ha come obiettivo diretto il servizio a ciascuno di coloro che la
ricevono. Così, accanto a mezzi collettivi o comuni, devono e-
sistere tutti quegli altri mezzi che tendono a personalizzare la
formazione di ognuno.
Per questa ragione va favorita, soprattutto tra i responsabi-
li, la coscienza di dover raggiungere ogni sacerdote personal-
mente, prendendosi cura di ciascuno, non accontentandosi di
mettere a disposizione di tutti le diverse opportunità.
A sua volta, ogni presbitero deve sentirsi incoraggiato, con
la parola e con l’esempio del suo Vescovo e dei suoi fratelli nel
sacerdozio, ad assumersi la responsabilità della propria forma-
zione, essendo egli il primo formatore di se stesso414.
3.2 Organizzazione e mezzi
Incontri sacerdotali
99. L’itinerario degli incontri sacerdotali deve avere la ca-
412 Cf. SACRA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio
fundamentalis institutionis sacerdotalis (19 marzo 1985), 76ss.
413 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 79.
414 Cf. ibid.
147

15.8 Page 148

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ratteristica dell’unitarietà e della progressione per tappe.
Tale unitarietà deve convergere nella conformazione a Cri-
sto, di modo che le verità di fede, la vita spirituale e l’attività
ministeriale portino alla progressiva maturazione di tutto il pre-
sbiterio.
Il cammino formativo unitario è scandito da tappe ben de-
finite. Ciò esigerà una specifica attenzione alle diverse fasce di
età dei presbiteri, non trascurandone alcuna, come pure una ve-
rifica delle tappe compiute, con l’avvertenza di accordare tra
loro i cammini formativi comunitari con quelli personali, senza
dei quali i primi non potrebbero sortire effetto.
Gli incontri dei sacerdoti sono da ritenersi necessari per
crescere nella comunione, per una sempre maggiore presa di
coscienza e per un’adeguata disamina dei problemi propri di
ciascuna fascia di età.
Circa i contenuti di tali riunioni, ci si può rifare ai temi e-
ventualmente proposti dalle Conferenze Episcopali nazionali e
regionali. In ogni caso, è necessario che essi siano stabiliti in un
preciso piano di formazione della diocesi, possibilmente ag-
giornato ogni anno415.
La loro organizzazione ed il loro svolgimento potranno es-
sere prudentemente affidati dal Vescovo a Facoltà o Istituti te-
ologici e pastorali, al seminario, ad organismi o federazioni im-
pegnati nella formazione sacerdotale416, a qualche altro Centro
o Istituto specializzato che, a seconda delle possibilità ed op-
portunità, potrà essere diocesano, regionale o nazionale, purché
sia accertata la rispondenza alle esigenze di ortodossia dottrina-
le, di fedeltà al Magistero e alla disciplina ecclesiastica, nonché
la competenza scientifica e l’adeguata conoscenza delle reali si-
415 Cf. ibid.
416 Cf. ibid.; CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Optatam totius, 22; Decr. Presbyte-
rorum Ordinis, 19.
148

15.9 Page 149

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tuazioni pastorali.
Anno Pastorale
100. Sarà cura del Vescovo, anche attraverso eventuali co-
operazioni prudentemente scelte, provvedere affinché nell’an-
no successivo alla ordinazione presbiterale o a quella diaconale,
venga programmato un anno cosiddetto pastorale che faciliti il
passaggio dalla indispensabile vita di seminario all’esercizio del
sacro ministero, procedendo per gradi, facilitando una progres-
siva ed armonica maturazione umana e specificamente sacerdo-
tale417.
Durante il corso di questo anno, occorrerà evitare che i
neo ordinati siano immessi in situazioni eccessivamente gravo-
se o delicate, così come si dovranno evitare destinazioni nelle
quali essi si trovino ad agire lontani dai confratelli. Sarà bene,
anzi, nei modi possibili, favorire qualche opportuna forma di
vita comune.
Questo periodo di formazione potrebbe essere trascorso in
una residenza appositamente destinata allo scopo (Casa del
Clero) o in un luogo che possa costituire un preciso e sereno
punto di riferimento per tutti i sacerdoti che sono alle prime
esperienze pastorali. Ciò faciliterà il colloquio ed il confronto
con il Vescovo e con i confratelli, la preghiera comune, in par-
ticolare la Liturgia delle Ore, nonché l’esercizio di altre fruttuo-
se pratiche di pietà quali l’adorazione eucaristica, il santo Rosa-
rio, ecc., lo scambio di esperienze, il reciproco incitamento, il
fiorire di sani rapporti di amicizia.
417 Cf. PAOLO VI, Lett. ap. Ecclesiae Sanctae (6 agosto 1966), I, 7: AAS 58
(1966), 761; SACRA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Lett. circolare ai Presi-
denti delle Conferenze Episcopali Inter ea (4 novembre 1969), 16: l.c., 130-131;
SACRA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio Fundamentalis
Institutionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), 63; 101; C.I.C., can. 1032, § 2.
149

15.10 Page 150

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È opportuno che il Vescovo indirizzi i neo-sacerdoti a
confratelli di vita esemplare e zelo pastorale. La prima destina-
zione, nonostante le spesso gravi urgenze pastorali, dovrebbe
rispondere soprattutto all’esigenza di instradare correttamente i
giovani presbiteri. Il sacrificio di un anno potrà allora fruttifica-
re largamente per l’avvenire.
Non è superfluo sottolineare il fatto che questo anno, deli-
cato e prezioso, dovrà favorire la maturazione piena della co-
noscenza fra il presbitero ed il suo Vescovo, che, iniziata in
seminario, deve diventare un vero rapporto da figlio a padre.
Per quanto attiene alla parte intellettuale, questo anno non
dovrà essere tanto un periodo di apprendimento di nuove ma-
terie, quanto piuttosto di profonda assimilazione ed interioriz-
zazione di ciò che è stato studiato nei corsi istituzionali, in mo-
do da favorire la formazione di una mentalità capace di valutare
i particolari alla luce del disegno di Dio418.
In tale contesto, potranno opportunamente strutturarsi le-
zioni e seminari di prassi della confessione, di liturgia, di cate-
chesi e di predicazione, di diritto canonico, di spiritualità sacer-
dotale, laicale e religiosa, di dottrina sociale, della comunicazio-
ne e dei suoi mezzi, di conoscenza delle sette e delle nuove re-
ligiosità, ecc.
In pratica, l’opera di sintesi deve costituire la via sulla quale
passa l’anno pastorale. Ogni elemento deve corrispondere al
progetto fondamentale di maturazione della vita spirituale.
La riuscita dell’anno pastorale è comunque e sempre con-
dizionata dall’impegno personale dello stesso interessato che
deve tendere ogni giorno alla santità, nella continua ricerca dei
mezzi di santificazione che lo hanno aiutato fin dal seminario.
Inoltre, quando in alcune diocesi esistano difficoltà pratiche –
418 Cf. CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio Funda-
mentalis Institutionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), 63.
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scarsità di sacerdoti, molto lavoro pastorale, ecc. – per organiz-
zare un anno con le suddette caratteristiche, il Vescovo deve
studiare come adattare alla situazione concreta le diverse pro-
poste per l’anno pastorale, tenendo conto che esso risulta co-
munque di grande importanza per la formazione e la perseve-
ranza nel ministero dei giovani sacerdoti.
Tempi di riposo
101. Il pericolo dell’abitudine, la stanchezza fisica dovuta al
superlavoro al quale, oggi soprattutto, sono sottoposti i presbi-
teri a causa del loro ministero, la stessa stanchezza psicologica
causata dal dover lottare spesso contro l’incomprensione, il
fraintendimento, i pregiudizi, l’andare contro forze organizzate
e potenti che operano per accreditare pubblicamente l’opinione
secondo la quale oggi il sacerdote appartiene ad una minoranza
culturalmente obsoleta, sono altrettanti fattori che possono in-
sinuare disagio nell’animo del pastore.
Nonostante le urgenze pastorali, anzi proprio per far fron-
te ad esse in modo adeguato, è conveniente riconoscere i nostri
limiti e «trovare e avere l’umiltà, il coraggio di riposare»419. An-
che se normalmente sarà il riposo ordinario il mezzo più effica-
ce per riprendere le forze e continuare a lavorare per il Regno
di Dio, può essere utile che ai presbiteri siano concessi tempi
più o meno lunghi per poter sostare più serenamente ed inten-
samente con il Signore Gesù, riprendendo forza e coraggio per
continuare il cammino di santificazione.
Per rispondere a questa particolare esigenza, in molti luo-
ghi già sono state sperimentate, spesso con promettenti risulta-
ti, diverse iniziative. Queste esperienze sono valide e possono
419 BENEDETTO XVI, Veglia in occasione della Conclusione dell’Anno sacerdotale
(10 giugno 2010): l.c., 397-406.
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essere prese in considerazione, nonostante le difficoltà che si
incontrano in alcune zone dove maggiormente si soffre la ca-
renza numerica dei presbiteri.
Allo scopo, potrebbero avere una funzione notevole i mo-
nasteri, i santuari o altri luoghi di spiritualità, possibilmente
fuori dei grandi centri, lasciando il presbitero libero da respon-
sabilità pastorali dirette per il periodo in cui vi si ritira.
In alcuni casi potrà essere utile che queste soste abbiano
finalità di studio o di approfondimento delle scienze sacre, sen-
za dimenticare, nel contempo, lo scopo del rinvigorimento spi-
rituale ed apostolico.
In ogni caso, sia accuratamente evitato il pericolo di consi-
derare questi periodi come un tempo di mera vacanza o di ri-
vendicarli come un diritto; e più che mai il sacerdote senta il bi-
sogno, nei giorni di riposo, di celebrare il Sacrificio eucaristico,
centro e origine della sua vita.
Casa del Clero
102. È da auspicare, dove possibile, la erezione di una
“Casa del Clero” che potrebbe costituire anche luogo di ritrovo
per tenere gli accennati incontri di formazione e di riferimento
per numerose altre circostanze. Tale casa dovrebbe offrire tutte
quelle strutture organizzative che possano renderla confortevo-
le ed attraente.
Laddove ancora tale centro non esistesse e le necessità lo
suggerissero, è consigliabile creare, a livello nazionale o regio-
nale, strutture adatte per il recupero fisico-psichico-spirituale di
sacerdoti in particolari necessità.
Ritiri ed Esercizi Spirituali
103. Come dimostra la lunga esperienza spirituale della
Chiesa, i ritiri e gli esercizi spirituali sono uno strumento ido-
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neo ed efficace per un’adeguata formazione permanente del
clero. Essi conservano anche oggi tutta la loro necessità ed at-
tualità. Contro una prassi che tende a svuotare l’uomo di tutto
ciò che è interiorità, il sacerdote deve trovare Dio e se stesso
facendo delle soste spirituali per immergersi nella meditazione
e nella preghiera.
Per questo la legislazione canonica stabilisce che i chierici:
«sono tenuti a partecipare ai ritiri spirituali, secondo le disposi-
zioni del diritto particolare»420. Le due modalità più usuali, che
potrebbero essere prescritte dal Vescovo nella propria diocesi,
sono il ritiro spirituale di un giorno, possibilmente mensile, ed i
corsi annuali di ritiro, ad esempio di sei giorni.
È molto opportuno che il Vescovo programmi ed organiz-
zi i ritiri periodici e gli esercizi spirituali annuali in modo che
ogni sacerdote abbia la possibilità di sceglierli tra quelli che
normalmente vengono tenuti, nella diocesi o fuori, da sacerdoti
esemplari, Associazioni sacerdotali421 o da Istituti religiosi par-
ticolarmente sperimentati per il loro stesso carisma nella for-
mazione spirituale, o presso monasteri.
È anche consigliabile l’organizzazione di un ritiro speciale
per sacerdoti ordinati negli ultimi anni, nel quale abbia parte at-
tiva lo stesso Vescovo422. Durante tali incontri, è importante
che si focalizzino temi spirituali, si offrano larghi spazi di silen-
zio e di preghiera e siano particolarmente curate le celebrazioni
liturgiche, il sacramento della Penitenza, l’adorazione eucaristi-
ca, la direzione spirituale e gli atti di venerazione e di culto alla
Beata Vergine Maria.
Per conferire maggiore importanza ed efficacia a questi
420 C.I.C., can. 276, § 2, 4°; cf. cann. 533, § 2; 550, § 3.
421 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 8.
422 Cf. SACRA CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio
Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), 101.
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strumenti di formazione, il Vescovo potrebbe nominare appo-
sitamente un sacerdote col compito di organizzare i tempi e i
modi del loro svolgimento.
In ogni caso, bisogna che i ritiri, e specialmente gli esercizi
spirituali annuali, siano vissuti come tempi di preghiera e non
come corsi di aggiornamento teologico-pastorale.
Necessità della programmazione
104. Pur riconoscendo le consuete difficoltà di una vera
formazione permanente, a causa soprattutto dei numerosi e
gravosi compiti a cui sono chiamati i sacerdoti, tutte le difficol-
tà sono superabili se esiste un vero e responsabile impegno.
Per mantenersi all’altezza delle circostanze ed affrontare le
esigenze dell’urgente lavoro di evangelizzazione, si rende ne-
cessaria – fra l’altro – una coraggiosa azione pastorale finalizza-
ta a prendersi cura dei sacerdoti. È indispensabile che i Vescovi
esigano, con la forza della carità, che i loro sacerdoti eseguano
generosamente le legittime disposizioni emanate in questa ma-
teria.
L’esistenza di un “piano di formazione permanente” com-
porta che esso sia, non solo concepito o programmato, ma an-
che realizzato. Per questo, è necessaria una chiara strutturazio-
ne del lavoro, con obiettivi, contenuti e strumenti per realizzarlo.
«Questa responsabilità conduce il Vescovo, in comunione con
il presbiterio, a delineare un progetto ed a stabilire una pro-
grammazione capaci di configurare la formazione permanente
non come qualcosa di episodico, ma come una proposta siste-
matica di contenuti, che si snoda per tappe e si riveste di moda-
lità precise»423.
423 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 79.
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3.3 Responsabili
Il presbitero stesso
105. Il primo e principale responsabile della propria for-
mazione permanente è il presbitero stesso. In realtà, su ciascun
sacerdote incombe il dovere di essere fedele al dono di Dio e al
dinamismo di conversione quotidiana che viene dal dono stes-
so424.
Tale dovere deriva dal fatto che nessuno può sostituire il
singolo presbitero nel vigilare su se stesso (cf. 1Tm 4,16). Egli,
infatti, partecipando all’unico sacerdozio di Cristo, è chiamato a
rivelarne ed attuarne, secondo una sua vocazione unica e irripe-
tibile, qualche aspetto della straordinaria ricchezza di grazia che
ha ricevuto.
D’altra parte, le condizioni e le situazioni di vita di ogni
singolo sacerdote sono tali che, anche dal punto di vista sem-
plicemente umano, esigono che egli si coinvolga personalmente
nella sua formazione, in modo da mettere a frutto le proprie
capacità e possibilità.
Pertanto, parteciperà volentieri agli incontri di formazione,
dando il proprio contributo in base alle sue competenze e alle
possibilità concrete e provvederà a fornirsi e a leggere libri e
riviste che siano di sicura dottrina e di sperimentata utilità per
la sua vita spirituale e per il fruttuoso svolgimento del suo mi-
nistero.
Tra le letture, il primo posto dev’essere occupato dalla Sa-
cra Scrittura; quindi dagli scritti dei Padri, dei Dottori della
Chiesa, dei Maestri di spiritualità antichi e moderni, e dai Do-
cumenti del Magistero ecclesiastico, i quali costituiscono la fon-
te più autorevole e aggiornata della formazione permanente;
inoltre, gli scritti e le biografie dei santi saranno anche di gran-
424 Cf. ibid., 70.
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de utilità. I presbiteri, pertanto, li studieranno ed approfondi-
ranno in modo diretto e personale per poterli adeguatamente
presentare ai fedeli laici.
Aiuto dei confratelli
106. In tutti gli aspetti dell’esistenza sacerdotale emerge-
ranno i «particolari vincoli di carità apostolica, di ministero e di
fraternità»425, sui quali si fonda l’aiuto reciproco che i presbiteri
si presteranno426. È auspicabile che cresca e si sviluppi la coo-
perazione di tutti i presbiteri nella cura della loro vita spirituale
ed umana, nonché del servizio ministeriale. L’aiuto che in que-
sto campo deve essere fornito ai sacerdoti può trovare un soli-
do sostegno nelle diverse Associazioni sacerdotali. Si tratta di
realtà che «avendo gli statuti approvati dall’autorità competen-
te, mediante una regola di vita adatta e convenientemente ap-
provata e mediante l’aiuto fraterno, stimolano alla santità
nell’esercizio del ministero e favoriscono l’unità dei chierici fra
di loro e col proprio Vescovo»427.
In quest’ottica, occorre rispettare, con ogni cura, il diritto
di ciascun sacerdote diocesano ad impostare la propria vita spi-
rituale nel modo che ritiene maggiormente opportuno, sempre
conformemente − come è ovvio − alle caratteristiche della
propria vocazione e dei vincoli che da essa derivano.
Il lavoro che queste Associazioni, come anche i Movimenti
e le nuove comunità approvati, compiono in favore dei sacer-
doti è tenuto in grande considerazione dalla Chiesa428, che lo
425 CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 8.
426 Cf. ibid.
427 C.I.C., can. 278, § 2.
428 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 8; C.I.C., can.
278, § 2; GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores
dabo vobis, 81.
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riconosce oggi come un segno della vitalità con la quale lo Spi-
rito Santo la rinnova continuamente.
Il Vescovo
107. Per quanto ampia e bisognosa di cura pastorale possa
essere la porzione del Popolo di Dio che gli è affidata, il Ve-
scovo deve riservare una sollecitudine del tutto particolare nei
riguardi della formazione permanente dei suoi presbiteri429.
Esiste, infatti, un rapporto speciale tra questi e il Vescovo,
dovuto al «fatto che i presbiteri ricevono attraverso di lui il loro
sacerdozio e condividono con lui la sollecitudine pastorale ver-
so il Popolo di Dio»430. Ciò determina anche specifiche respon-
sabilità del Vescovo nel campo della formazione sacerdotale.
Di fatto, il Vescovo deve avere un atteggiamento da Padre, ri-
spetto dei propri sacerdoti, a cominciare dai seminaristi, evi-
tando una lontananza o uno stile personale proprio di un sem-
plice datore di lavoro. In virtù di questa sua funzione deve es-
sere sempre vicino ai suoi presbiteri, facilmente accessibile: la
sua prima preoccupazione devono essere i propri sacerdoti, va-
le a dire, i collaboratori nel suo ministero episcopale.
Tali responsabilità si esprimono sia nei riguardi dei singoli
presbiteri, per cui la formazione deve essere il più possibile
personalizzata, sia nei riguardi di tutti, in quanto formanti il
presbiterio diocesano. In tal senso, il Vescovo non mancherà di
coltivare premurosamente la comunicazione e la comunione tra
i presbiteri, avendo cura, in particolare, di custodire e promuo-
vere la vera indole della formazione permanente, educare la lo-
429 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Christus Dominus, 16; GIOVANNI
PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores gregis (16 ottobre 2003), 47: l.c., 887-
888.
430 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 79.
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ro coscienza circa la sua importanza e necessità e, infine, pro-
grammarla ed organizzarla stabilendo un piano di formazione,
le strutture necessarie e le persone adatte per attuarlo431.
Nel provvedere alla formazione dei suoi sacerdoti, bisogna
che il Vescovo si coinvolga con la propria e personale forma-
zione permanente. L’esperienza insegna che quanto più il Ve-
scovo, per primo, è convinto e impegnato nella propria forma-
zione, tanto più saprà stimolare e sostenere quella del suo pre-
sbiterio.
In questa delicata opera, il Vescovo, pur svolgendo un
ruolo insostituibile e indelegabile, saprà chiedere la collabora-
zione del consiglio presbiterale il quale, per la sua natura e le
sue finalità, è l’organismo idoneo a coadiuvarlo specialmente
per quanto riguarda, per esempio, l’elaborazione del piano di
formazione.
Ogni Vescovo, poi, si sentirà sostenuto ed aiutato nel suo
compito dagli altri confratelli Vescovi, riuniti in Conferenza432.
La formazione dei formatori
108. Nessuna formazione è possibile se non c’è, oltre al
soggetto che si deve formare, anche il soggetto che forma, il
formatore. La bontà e l’efficacia di un piano di formazione di-
pendono in parte dalle strutture ma, principalmente, dalle per-
sone dei formatori.
È evidente che nei riguardi di tali formatori si fa partico-
larmente imprescindibile la responsabilità del Vescovo, che ha
in primo luogo il delicato compito di formare i formatori per-
431 Cf. ibid.: l.c., 797-798.
432 Cf. CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Optatam totius, 22; SACRA
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio Fundamentalis Institu-
tionis Sacerdotalis (19 marzo 1985), 101.
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ché abbiano «quella ‘scienza dell’amore’ che si apprende solo
nel ‘cuore a cuore’ con Cristo»433. Così, sotto la guida del Ve-
scovo, questi presbiteri imparano a non avere altro desiderio
che quello di servire i loro confratelli con questo lavoro di
formazione.
È necessario, pertanto, che lo stesso Vescovo nomini un
“gruppo di formatori” e che le persone siano scelte tra quei sa-
cerdoti altamente qualificati e stimati per la loro preparazione e
maturità umana, spirituale, culturale e pastorale. I formatori,
infatti, devono essere anzitutto uomini di preghiera, docenti
con forte senso del soprannaturale, di profonda vita spirituale,
di condotta esemplare, con adeguata esperienza nel ministero
sacerdotale, capaci di coniugare, come i Padri della Chiesa e i
santi maestri di tutti i tempi, le esigenze spirituali con quelle più
propriamente umane del sacerdote. Essi possono essere scelti
anche tra i membri dei seminari, dei centri o istituzioni acca-
demiche approvate dall’Autorità ecclesiastica, nonché entro
quegli Istituti Religiosi il cui carisma riguarda proprio la vita e
la spiritualità sacerdotale. In ogni caso devono essere garantite
l’ortodossia della dottrina e la fedeltà alla disciplina ecclesiasti-
ca. I formatori, inoltre, devono essere collaboratori di fiducia
del Vescovo, che rimane l’ultimo responsabile della formazione
dei presbiteri, che sono i suoi più preziosi collaboratori.
È opportuno che si crei anche un gruppo di programmazione e
di realizzazione, diverso da quello dei formatori, con lo scopo
di aiutare il Vescovo a fissare i contenuti da sviluppare ogni
anno in ciascuno degli ambiti della formazione permanente;
preparare i sussidi necessari; predisporre i corsi, le sessioni, gli
incontri e i ritiri; organizzare opportunamente i calendari, in
modo da prevedere le assenze e le sostituzioni dei presbiteri,
433 BENEDETTO XVI, Omelia. Apertura dell’Anno Sacerdotale con la celebrazio-
ne dei secondi Vespri (19 giugno 2009): Insegnamenti V/1 (2009), 1036.
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ecc. Per una buona programmazione si può anche utilizzare la
consulenza di qualche specialista in temi particolari.
Mentre è sufficiente un solo gruppo di formatori, è invece
possibile che esistano, se le necessità lo richiedono, vari gruppi
di programmazione e di realizzazione.
Collaborazione tra le Chiese
109. Per quanto riguarda soprattutto i mezzi collettivi, la
programmazione dei differenti mezzi di formazione permanen-
te e dei loro contenuti concreti può essere stabilita – ferma re-
stando la responsabilità del proprio Vescovo per la sua circo-
scrizione − di comune accordo tra varie Chiese particolari, sia a
livello nazionale e regionale – tramite le rispettive Conferenze
dei Vescovi – sia, principalmente, tra diocesi confinanti o più
vicini. Così, per esempio, si potrebbero utilizzare, se ritenute
adatte, le strutture interdiocesane, come le Facoltà e gli Istituti
teologici e pastorali, nonché gli organismi o le federazioni im-
pegnati nella formazione presbiterale. Tale unione di forze, ol-
tre a realizzare un’autentica comunione tra le Chiese particolari,
potrebbe offrire a tutti più qualificate e stimolanti possibilità
per la formazione permanente434.
Collaborazione di centri accademici e di spiritualità
110. Inoltre, gli istituti di studio e di ricerca, i centri di spi-
ritualità, così come i monasteri di esemplare osservanza ed i
santuari, costituiscono altrettanti punti di riferimento per
l’aggior-namento teologico e pastorale nonché luoghi dove col-
tivare il silenzio, l’orazione, la pratica della confessione e della
direzione spirituale, il salutare riposo anche fisico, i momenti di
fraternità sacerdotale.
434 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 79.
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In questo modo, anche le famiglie religiose potrebbero
collaborare alla formazione permanente e contribuire a quel
rinnovamento del clero che è esigito dalla nuova evangelizza-
zione del Terzo Millennio.
3.4 Necessità in ordine alle età e a speciali situazioni
Primi anni di sacerdozio
111. Durante i primi anni dopo l’ordinazione, i sacerdoti do-
vrebbero essere sommamente favoriti nel trovare quelle condi-
zioni di vita e di ministero che permettano loro di poter tradur-
re in prassi gli ideali appresi durante il periodo di formazione in
seminario435. Questi primi anni, che costituiscono una necessa-
ria verifica della formazione iniziale dopo il primo delicato im-
patto con la realtà, sono i più decisivi per il futuro. Essi richie-
dono, perciò, armonica maturazione per far fronte, con fede e
fortezza, ai momenti di difficoltà. A questo scopo i giovani sa-
cerdoti dovranno poter fruire del rapporto personale con il
proprio Vescovo e con un saggio padre spirituale; di momenti
di riposo, di meditazione, di ritiro mensile. Inoltre, sembra utile
sottolineare la necessità che soprattutto i giovani presbiteri sia-
no inseriti in un autentico cammino di fede nel presbiterio o
nella comunità parrocchiale accompagnati dal Vescovo e dai
fratelli sacerdoti a ciò deputati.
Tenendo presente quanto già detto per l’anno pastorale, è
necessario organizzare, nei primi anni di sacerdozio, incontri
annuali di formazione nei quali si elaborano e si approfondi-
scono adeguati temi teologici, giuridici, spirituali e culturali,
sessioni speciali dedicate a problemi di morale, di pastorale, di
liturgia, ecc. Tali incontri possono essere anche l’occasione per
rinnovare la facoltà di confessare, secondo quanto stabilito dal
435 Cf. ibid., 76: l.c., 793-794.
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17.2 Page 162

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Codice di Diritto Canonico e dal Vescovo436. Sarebbe anche utile
che nei giovani presbiteri fosse favorita la convivenza familiare
tra loro e con quelli più maturi, in modo da consentire lo
scambio di esperienze, la conoscenza reciproca ed anche la de-
licata pratica evangelica della correzione fraterna.
È anche stata una buona esperienza in molti luoghi orga-
nizzare sotto la guida del Vescovo brevi incontri lungo l’anno
per i sacerdoti giovani, per esempio, per quelli con meno di
dieci anni di sacerdozio, con l’obiettivo di accompagnarli più da
vicino in questi primi anni; senza dubbio, saranno anche occa-
sioni per parlare della spiritualità sacerdotale, delle sfide per i
ministri, della pratica pastorale, ecc. in un ambiente di fraterna
e sacerdotale convivenza.
Occorre, infine, che il giovane clero cresca in un ambiente
spirituale di vera fraternità e delicatezza, che si manifesta
nell’at-tenzione personale anche per quanto riguarda la salute
fisica e i diversi aspetti materiali della vita.
Dopo un certo numero di anni
112. Dopo un certo numero di anni di ministero, i presbiteri
acquistano una forte esperienza ed il grande merito di spendere
tutti se stessi per la dilatazione del Regno di Dio nel lavoro
quotidiano. Questa fascia di sacerdoti costituisce una grande
risorsa spirituale e pastorale.
Essi hanno bisogno di incoraggiamento, di intelligente va-
lorizzazione, di riapprofondimento della formazione in tutte le
sue dimensioni, allo scopo di revisionare se stessi ed il proprio
agire; di ravvivare le motivazioni del sacro ministero; di riflette-
re sulle metodologie pastorali alla luce dell’essenziale, nella co-
munionalità presbiterale e nell’amicizia col proprio Vescovo; di
436 Cf. C.I.C., cann. 970; 972.
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17.3 Page 163

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superare eventuali sensi di stanchezza, di frustrazione, di soli-
tudine; di riscoprire, infine, le vene sorgive della spiritualità sa-
cerdotale437.
È importante, perciò, che questi presbiteri beneficino di
speciali ed approfondite sessioni di formazione nelle quali, ol-
tre ai contenuti teologico-pastorali, si esaminino tutte quelle
difficoltà psicologiche ed affettive che possono nascere in tale
periodo. È consigliabile, quindi, che a tali incontri prendano
parte non solo il Vescovo ma anche quegli esperti che possono
dare un valido e sicuro contributo alla soluzione dei problemi
accennati.
Età avanzata
113. I presbiteri anziani o di avanzata età, ai quali deve an-
dare ogni delicato segno di considerazione, entrano pure nel
circuito vitale della formazione permanente, non tanto come
impegno di studio approfondito e di dibattito culturale, quanto
per «la conferma serena e rassicurante del ruolo che ancora so-
no chiamati a svolgere nel Presbiterio»438.
Oltre che alla formazione organizzata per i preti di mezza
età, essi potranno convenientemente fruire di momenti, am-
bienti e incontri speciali per approfondire il senso contemplati-
vo della vita sacerdotale, per riscoprire e gustare le ricchezze
dottrinali di quanto già studiato, per sentirsi – come sono – uti-
li, potendo essere valorizzati in adatte forme di vero e proprio
ministero, soprattutto come esperti confessori e direttori spiri-
tuali. In modo particolare, essi potranno condividere con altri
le proprie esperienze, dare incoraggiamento, accoglienza, ascol-
to e serenità ai confratelli, essere disponibili qualora si chieda
437 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 77.
438 Ibid.: l.c., 794.
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17.4 Page 164

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ad essi il servizio di «diventare loro stessi, validi maestri e for-
matori di altri sacerdoti»439.
Sacerdoti in situazioni speciali
114. Indipendentemente dall’età, i presbiteri si possono
trovare in «una condizione di debilitazione fisica o di stanchez-
za morale»440. Essi, con l’offerta della loro sofferenza, contri-
buiscono in modo eminente all’opera della redenzione, dando
«una testimonianza segnata dalla scelta della croce accolta nella
speranza e nella gioia pasquale»441.
A questi presbiteri, la formazione permanente deve offrire
stimoli per «proseguire in modo sereno e forte il loro servizio
alla Chiesa»442 e per essere segno eloquente del primato
dell’essere sull’agire, dei contenuti sulle tecniche, della grazia
sull’efficienza esteriore. In questo modo, essi potranno vivere
l’esperienza di san Paolo: «Ora io sono lieto nelle sofferenze
che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti
di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è
la Chiesa» (Col 1,24).
Il Vescovo ed i confratelli non dovranno mai far mancare
visite periodiche a questi fratelli ammalati, che potranno essere
informati, soprattutto, sugli avvenimenti della diocesi, in modo
da farli sentire membra vive del presbiterio e della Chiesa uni-
versale, che edificano con la loro sofferenza.
Di particolare ed affettuosa cura dovranno essere circon-
dati i presbiteri prossimi a concludere la loro giornata terrena,
spesa al servizio di Dio per la salvezza dei fratelli.
439 Ibid.
440 Ibid.
441 Ibid., 41: l.c., 727.
442 Ibid., 77: l.c., 794.
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17.5 Page 165

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Al continuo conforto della fede, alla premura nell’ammini-
strazione dei sacramenti, farà seguito il suffragio da parte
dell’intero presbiterio.
Solitudine del sacerdote
115. Il sacerdote può sperimentare a qualsiasi età ed in
qualsiasi situazione, il senso della solitudine443. Questa, lungi da
intendersi come isolamento psicologico, può essere del tutto
normale e conseguente alla sincera sequela evangelica e costi-
tuire una dimensione preziosa della propria vita. In alcuni casi,
però, potrebbe essere dovuta a speciali difficoltà, quali emargi-
nazioni, incomprensioni, deviazioni, abbandoni, imprudenze,
limiti caratteriali propri e altrui, calunnie, umiliazioni, ecc. Ne
può derivare un pungente senso di frustrazione che sarebbe e-
stremamente deleterio.
Tuttavia, anche questi momenti di difficoltà possono di-
ventare, con l’aiuto del Signore, occasioni privilegiate per una
crescita nel cammino della santità e dell’apostolato. In essi, in-
fatti, il sacerdote può scoprire che «si tratta di una solitudine
abitata dalla presenza del Signore»444. Ovviamente ciò non deve
far dimenticare la grave responsabilità del Vescovo e dell’intero
presbiterio di evitare ogni solitudine prodotta da trascuratezza
nella comunione sacerdotale. È compito della diocesi stabilire
come realizzare incontri tra sacerdoti affinché sperimentino lo
stare insieme, imparino l’uno dall’altro, si correggano e si aiuti-
no a vicenda, perché nessuno è sacerdote da solo ed esclusiva-
mente in questa comunione con il Vescovo ognuno può rende-
re il suo servizio.
Non bisogna dimenticarsi neanche di quei confratelli che
443 Cf. ibid., 74: l.c., 791.
444 Ibid.
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17.6 Page 166

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hanno abbandonato l’esercizio del sacro ministero, al fine di
offrire loro gli aiuti necessari, soprattutto della preghiera e della
penitenza. Il doveroso atteggiamento di carità nei loro confron-
ti non deve tuttavia indurre in alcun modo a prendere in consi-
derazione un eventuale affidamento a loro di mansioni ecclesia-
li che potrebbero creare confusione e sconcerto, soprattutto tra
i fedeli, proprio a ragione della loro situazione.
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CONCLUSIONE
Il Padrone della messe, che chiama e invia gli operai che
devono lavorare nel suo campo (cf. Mt 9,38), ha promesso con
fedeltà eterna: «vi darò pastori secondo il mio cuore» (Ger
3,15). Su questa fedeltà divina, sempre viva ed operante nella
Chiesa445, riposa la speranza di ricevere abbondanti e sante vo-
cazioni sacerdotali, come peraltro già avviene in molti Paesi,
così come la certezza che il Signore non farà mancare alla sua
Chiesa la luce necessaria per affrontare l’appassionante avven-
tura del gettare le reti al largo.
Al dono di Dio la Chiesa risponde con il rendimento di
grazie, la fedeltà, la docilità allo Spirito, l’umile ed insistente o-
razione.
Per realizzare la sua missione apostolica, ogni sacerdote
porterà scolpite nel proprio cuore le parole del Signore: Padre,
io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuto l’opera che tu
mi hai dato da fare, dare la vita eterna agli uomini (cf. Gv 17,1-
4). Per questo, egli farà della propria vita dono di sé – radice e
sintesi della carità pastorale – alla Chiesa, ad immagine del do-
no di Cristo446. In questo modo, spenderà con gioia e pace tut-
te le sue forze nell’aiu-to dei fratelli, vivendo come segno di ca-
rità soprannaturale nell’obbedienza, nella castità celibataria, nel-
la semplicità di vita e nel rispetto della disciplina comunionale
della Chiesa.
Nella sua opera evangelizzatrice il presbitero trascende
l’ordine naturale per fissarsi «nelle cose che riguardano Dio»
(Eb 5,1). Egli, infatti, è chiamato ad elevare l’uomo generando-
lo alla vita divina e facendolo crescere in essa fino alla pienezza
di Cristo. È per questo che un autentico sacerdote, motivato
nella sua fedeltà a Cristo e alla Chiesa, costituisce, in realtà,
445 Cf. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 82.
446 Cf. ibid., 23.
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17.8 Page 168

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un’impa-reggiabile forza di vero progresso per il mondo intero.
«La nuova evangelizzazione ha bisogno di nuovi evange-
lizzatori, e questi sono i sacerdoti che si impegnano a vivere il
loro sacerdozio come cammino specifico verso la santità»447. Le
opere di Dio le compiono gli uomini di Dio!
Come Cristo, il sacerdote deve presentarsi al mondo quale
modello di vita soprannaturale: «Vi ho dato un esempio, infatti,
perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15).
La testimonianza resa con la vita qualifica il presbitero e ne
costituisce la più convincente predicazione. La stessa disciplina
ecclesiastica, vissuta con autentiche motivazioni interiori, si ri-
vela come un provvido servizio per vivere la propria identità,
per fomentare la carità e per far brillare la testimonianza senza
la quale qualsiasi preparazione culturale o rigorosa programma-
zione sarebbe solo illusione. A nulla serve il fare se manca l’essere
con Cristo.
Qui sta l’orizzonte dell’identità, della vita, del ministero,
della formazione permanente del sacerdote: un compito di la-
voro immenso, aperto, coraggioso, illuminato dalla fede, soste-
nuto dalla speranza, radicato nella carità.
In quest’opera tanto necessaria quanto urgente, nessuno è
solo. È necessario che i presbiteri siano aiutati da una esempla-
re, autorevole e vigorosa azione di governo pastorale dei propri
Vescovi, in trasparente comunione con la Sede Apostolica,
nonché dalla fraterna collaborazione dell’intero presbiterio e da
tutto il Popolo di Dio.
A Maria, stella della nuova evangelizzazione, si affidi ogni
sacerdote. In Lei, che «fu il modello di quell’amore materno,
del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione
apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uo-
447 Ibid., 82.
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mini»448, i sacerdoti troveranno costante protezione ed aiuto
per il rinnovamento della loro vita e per far scaturire dal loro
sacerdozio una più intensa e rinnovata spinta evangelizzatrice,
in questo terzo millennio della Redenzione.
Il 14 gennaio 2013, il Sommo Pontefice, Benedetto XVI, ha appro-
vato il presente Direttorio e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dal Palazzo delle Congregazioni, l’11 febbraio, me-
moria della B. Maria Vergine di Lourdes, dell’anno 2013.
MAURO Card. PIACENZA
Prefetto
CELSO MORGA IRUZUBIETA
Arcivescovo tit. di Alba marittima
Segretario
448 CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 65.
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17.10 Page 170

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Preghiera a Maria Santissima449
Maria,
Madre di Gesù Cristo e Madre dei sacerdoti,
ricevi questo titolo che noi tributiamo a te
per celebrare la tua maternità
e contemplare presso di te il Sacerdozio
del tuo Figlio e dei tuoi figli,
Santa Genitrice di Dio.
Madre di Cristo,
al messia Sacerdote hai dato il corpo di carne
per l’unzione del Santo Spirito
a salvezza dei poveri e contriti di cuore,
custodisci nel tuo cuore e nella Chiesa i sacerdoti,
Madre del Salvatore.
Madre della fede,
hai accompagnato al tempio il Figlio dell’uomo,
compimento delle promesse date ai Padri,
consegna al Padre per la sua gloria
i sacerdoti del Figlio tuo,
Arca dell’Alleanza.
Madre della Chiesa,
tra i discepoli nel Cenacolo pregavi lo Spirito
per il Popolo nuovo ed i suoi Pastori,
ottieni all’ordine dei presbiteri
la pienezza dei doni,
Regina degli Apostoli.
449 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, 82.
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18 Pages 171-180

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Madre di Gesù Cristo,
eri con Lui agli inizi della sua vita
e della sua missione,
lo hai cercato Maestro tra la folla,
lo hai assistito innalzato da terra,
consumato per il sacrificio unico eterno,
e avevi Giovanni vicino, tuo figlio,
accogli fin dall’inizio i chiamati,
proteggi la loro crescita,
accompagna nella vita e nel ministero
i tuoi figli,
Madre dei Sacerdoti.
Amen!
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18.3 Page 173

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SOMMARIO
PRESENTAZIONE .................................................................................... 3
INTRODUZIONE....................................................................................... 9
I. IDENTITÀ DEL PRESBITERO ......................................................... 15
Il sacerdozio come dono........................................................................... 15
Radice sacramentale ............................................................................... 16
1.1 Dimensione trinitaria.................................................................... 18
In comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito................................... 18
Nella dinamica trinitaria della salvezza ................................................. 19
Intima relazione con la Trinità............................................................... 19
1.2 Dimensione cristologica.............................................................. 20
Identità specifica ..................................................................................... 20
Consacrazione e missione........................................................................ 23
1.3 Dimensione pneumatologica..................................................... 24
Carattere sacramentale ........................................................................... 24
Comunione personale con lo Spirito Santo .............................................. 24
Invocazione dello Spirito......................................................................... 25
Forza per guidare la comunità................................................................ 26
1.4 Dimensione ecclesiologica ......................................................... 26
“Nella” e “di fronte” alla Chiesa ........................................................... 26
Partecipe della sponsalità di Cristo ......................................................... 27
Universalità del sacerdozio ..................................................................... 28
Missionarietà del sacerdozio per una Nuova Evangelizzazione............... 29
Paternità spirituale................................................................................. 40
Autorità come “amoris officium”............................................................ 42
Tentazione del democraticismo e dell’egualitarismo .................................. 43
Distinzione tra sacerdozio comune e quello ministeriale........................... 45
1.5 Comunione sacerdotale ............................................................... 47
Comunione con la Trinità e con Cristo ................................................... 47
Comunione con la Chiesa ....................................................................... 47
Comunione Gerarchica ........................................................................... 48
Comunione nella celebrazione eucaristica................................................. 49
Comunione nell’attività ministeriale........................................................ 49
Comunione nel presbiterio....................................................................... 50
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L’incardinazione, autentico vincolo giuridico con valore spirituale ............ 52
Presbiterio, luogo di santificazione........................................................... 53
Fraterna amicizia sacerdotale ................................................................. 54
Vita comune .......................................................................................... 55
Comunione con i fedeli laici .................................................................... 58
Comunione con i membri degli Istituti di vita consacrata......................... 62
Pastorale vocazionale.............................................................................. 62
Impegno politico e sociale ........................................................................ 64
II. SPIRITUALITÁ SACERDOTALE ................................................... 67
2.1 Contesto storico attuale ............................................................... 67
Saper interpretare i segni dei tempi.......................................................... 67
L’esigenza della conversione per l’ evangelizzazione................................. 68
La sfida delle sette e dei nuovi culti ......................................................... 70
Luci e ombre dell’attività ministeriale ..................................................... 71
2.2 Stare con Cristo nella preghiera................................................ 73
Primato della vita spirituale ................................................................... 73
Mezzi per la vita spirituale .................................................................... 74
Imitare Cristo che prega ......................................................................... 77
Imitare la Chiesa che prega..................................................................... 79
Preghiera come comunione....................................................................... 80
2.3 Carità pastorale .............................................................................. 80
Manifestazione della carità di Cristo ...................................................... 80
Oltre il funzionalismo ............................................................................ 81
2.4 L’obbedienza .................................................................................. 82
Fondamento dell’obbedienza ................................................................... 82
Obbedienza gerarchica ............................................................................ 84
Autorità esercitata con carità.................................................................. 86
Rispetto delle norme liturgiche................................................................. 86
Unità nei piani pastorali ........................................................................ 87
Importanza e obbligatorietà dell’abito ecclesiastico ................................... 88
2.5 Predicazione della Parola ........................................................... 90
Fedeltà alla Parola................................................................................. 90
Parola e vita........................................................................................... 93
Parola e catechesi.................................................................................... 95
2.6 Il sacramento dell’Eucaristia..................................................... 98
Il Mistero eucaristico .............................................................................. 98
174

18.5 Page 175

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Celebrare bene l’Eucaristia..................................................................... 99
Adorazione eucaristica ......................................................................... 103
Intenzioni di Messe .............................................................................. 104
2.7 Il Sacramento della Penitenza................................................. 108
Ministro della Riconciliazione .............................................................. 108
Dedizione al ministero della Riconciliazione ......................................... 109
Necessità di confessarsi ......................................................................... 112
Direzione spirituale per sé e per gli altri................................................ 113
2.8 Liturgia delle Ore ........................................................................ 114
2.9 Guida della comunità................................................................. 116
Sacerdote per la comunità ..................................................................... 116
Sentire con la Chiesa............................................................................ 118
2.10 Il celibato sacerdotale .............................................................. 119
Ferma volontà della Chiesa .................................................................. 119
Motivazione teologico-spirituale del celibato........................................... 119
Esempio di Gesù.................................................................................. 122
Difficoltà e obiezioni............................................................................. 123
2.11 Spirito sacerdotale di povertà................................................. 128
Povertà come disponibilità .................................................................... 128
2.12 Devozione a Maria .................................................................... 131
Imitare le virtù della Madre ................................................................. 131
L’Eucaristia e Maria........................................................................... 132
III. FORMAZIONE PERMANENTE................................................... 135
3.1 Principi............................................................................................ 135
Necessità della formazione permanente, oggi.......................................... 135
Strumento di santificazione................................................................... 137
Deve essere impartita dalla Chiesa ....................................................... 138
Deve essere permanente......................................................................... 138
Deve essere completa ............................................................................. 139
Formazione umana .............................................................................. 139
Formazione spirituale........................................................................... 142
Formazione intellettuale ....................................................................... 143
Formazione pastorale ........................................................................... 145
Deve essere organica e completa............................................................. 146
Deve essere personalizzata.................................................................... 147
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18.6 Page 176

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3.2 Organizzazione e mezzi............................................................ 147
Incontri sacerdotali ............................................................................... 147
Anno Pastorale.................................................................................... 149
Tempi di riposo .................................................................................... 151
Casa del Clero ..................................................................................... 152
Ritiri ed Esercizi Spirituali.................................................................. 152
Necessità della programmazione ........................................................... 154
3.3 Responsabili.................................................................................. 131
Il presbitero stesso................................................................................. 131
Aiuto dei confratelli.............................................................................. 156
Il Vescovo............................................................................................ 157
La formazione dei formatori................................................................. 158
Collaborazione tra le Chiese................................................................. 160
Collaborazione di centri accademici e di spiritualità .............................. 160
3.4 Necessità in ordine alle età e a speciali situazioni ........... 161
Primi anni di sacerdozio ................................................................... 161
Dopo un certo numero di anni ........................................................... 162
Età avanzata .................................................................................. 163
Sacerdoti in situazioni speciali ........................................................... 164
Solitudine del sacerdote ..................................................................... 165
CONCLUSIONE..................................................................................... 167
SOMMARIO........................................................................................... 173
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