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1. IL RETTOR MAGGIORE
Strenna 2022
«Fate tutto per amore, nulla per forza»
(San Francesco di Sales)
Nel quarto centenario della morte di san Francesco di Sales:
due giganti che si succedono nel carisma salesiano
Dichiaro subito che non è mia intenzione scrivere un opuscolo
sulla vita di san Francesco di Sales: esistono già eccellenti bio-
grafie composte da veri esperti. Sarebbe, inoltre, assolutamente
presuntuoso da parte mia e certamente al di là delle mie capacità
e delle mie intenzioni. Con queste pagine intendo piuttosto offrire
un contributo perché la splendida figura di san Francesco di Sa-
les, nel IV centenario della sua morte, illumini la nostra Famiglia
salesiana, la Famiglia di don Bosco, che ha in lui le sue radici
e che attinge quotidianamente alla sua spiritualità.
In questo commento alla Strenna 2022 per la Famiglia sa-
lesiana, desidero parlare di due giganti che si succedono nel ca-
risma salesiano. Anzitutto perché entrambi sono un grande do-
no nella Chiesa e in secondo luogo perché don Bosco, come nes-
sun altro, ha saputo tradurre la forza spirituale di Francesco
di Sales nell’educazione e nell’evangelizzazione quotidiana dei
suoi ragazzi poveri. A tutta la Famiglia salesiana, nella Chiesa
e nel mondo d’oggi, continua ad essere affidato questo compito.
Oso affermare che fin dalle loro origini, in modo emblematico,
Francesco di Sales e Giovanni hanno molto in comune. Fin dal-
la culla.
Francesco di Sales è nato sotto il cielo della Savoia, che corona
le valli attraversate da torrenti che nascono dalle cime più alte
delle Alpi.
Come non pensare che anche Giovanni Bosco fosse un po’

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4ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
“savoiardo”? Non è nato in un castello, ma, come Francesco, ha
avuto il dono di una madre tenerissima e piena di fede. Françoise
de Boisy era molto giovane quando aspettava il suo primo
figlio e, ad Annecy, davanti alla Sacra Sindone, che le parlava
della passione del Figlio di Dio benedetto, emozionata fece una
promessa: il bambino che portava nel suo grembo sarebbe
appartenuto a Gesù per sempre.
A sua volta, mamma Margherita confiderà un giorno al suo
Giovanni: «Quando sei venuto al mondo ti ho consacrato alla
beata Vergine»1. E a Torino anche don Bosco si inginocchierà
davanti alla Sacra Sindone.
Le madri cristiane generano santi. In un castello, come Fran-
cesco; o in una casa di campagna diroccata, come Giovanni.
Si dice che la prima frase completa che Francesco riuscì
a pronunciare fu: «Il buon Dio e mia madre mi vogliono molto
bene». E davvero il buon Dio si è preso cura di Francesco, come
a suo tempo si prenderà cura di Giovanni. E ha dato ad
entrambi un cuore grande.
Francesco studiò a Parigi e a Padova, nelle università più
prestigiose dell’epoca. Giovanni studiava a lume di candela nel
sottoscala del “Caffè Pianta” di Chieri. Ma lo Spirito non si fer-
ma davanti alle difficoltà umane. I due erano destinati a “in-
contrarsi”. E un giorno don Bosco disse a un gruppo di giovani
che erano cresciuti con lui nell’Oratorio di Valdocco: «Ci chia-
meremo salesiani»2. Da quel momento, sempre guidato dallo
Spirito, cominciò a crescere il grande albero della Famiglia di
don Bosco: la Famiglia salesiana.
San Francesco di Sales è una delle figure della storia che,
con il passare del tempo, è cresciuta in rilevanza e significato,
grazie alla feconda diffusione delle sue intuizioni, delle sue
esperienze e delle sue convinzioni spirituali. Dopo quattrocento
1 G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales, in ISS, Fonti
salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1214.
2 Cf. MB V, 9.

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IL RETTOR MAGGIORE5
anni, la sua proposta di vita cristiana, il suo metodo di accom-
pagnamento spirituale e la sua visione antropologica riguardo
al rapporto tra gli uomini e Dio sono ancora affascinanti.
Il tema scelto per questa Strenna di famiglia, fedele come
sempre all’eredità e alla tradizione lasciataci da don Bosco, vie-
ne dalla penna dello stesso Francesco di Sales, che scriveva alla
figlia spirituale santa Giovanna Francesca de Chantal: «Ma se
siete molto affezionata alle preghiere che avete indicato sopra,
non cambiate, vi prego, e se vi sembra di rinunciare a qualcosa
che vi propongo, non fatevi scrupoli, perché la regola della no-
stra obbedienza, che vi scrivo a grandi lettere, è: FARE TUTTO
PER AMORE, NIENTE PER FORZA; È MEGLIO AMARE
L’OBBEDIENZA CHE TEMERE LA DISOBBEDIENZA»3.
Le Costituzioni dei Salesiani di Don Bosco contengono molti
elementi e caratteristiche della spiritualità di san Francesco di
Sales. Lo stesso vale per le Figlie di Maria Ausiliatrice e per
molti altri gruppi della Famiglia di don Bosco, dal momento
che la loro identità ha tanti elementi salesiani. In questo senso
non è difficile trovare armonia, collegamenti e applicazioni di-
rette tra i testi scritti quattrocento anni fa da Francesco di Sa-
les e quegli elementi che, come tratti della nostra identità, ap-
partengono al nostro patrimonio spirituale salesiano.
3 Prosegue san Francesco: «Vi lascio lo spirito di libertà, non quello che
esclude l’obbedienza, che è la libertà del mondo, ma quello che esclude la vio-
lenza, lo scrupolo, l’ansia. Se tu ami fortemente l’obbedienza e la sottomissio-
ne, vorrei che, se arrivasse la giusta e amorosa occasione di lasciare qualche
tuo esercizio, esso sia una specie di obbedienza, e che questa assenza sia so-
stituita dall’amore» (Lettera CCXXXIV. Alla Baronessa di Chantal, OEA XII,
359. La lettera porta la data del 14 ottobre 1604). Per le citazioni di san Fran-
cesco di Sales, farò riferimento, per quanto possibile, all’edizione completa in
27 volumi basata sugli autografi originali e le edizioni a cura delle religiose
della Visitazione del primo monastero di Annecy, Oeuvres de Saint François
de Sales, citata con l’acronimo OEA (“Oeuvres Edition Annecy”), che indica
il volume e la pagina dell’edizione. A volte citerò solo la fonte secondaria.
Esiste, per facilitare la consultazione e la lettura, una magnifica biblioteca
digitale con tutte le opere di san Francesco di Sales, disponibili in vari for-
mati digitali: https://www.donboscosanto.eu/francesco_di_sales/index-fr.php.

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6ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
In particolare, come guida per il presente scritto, mi avvalgo
dell’articolo 38 delle Costituzioni dei Salesiani di Don Bosco,
che – nel quadro del nostro servizio educativo pastorale – de-
scrive le caratteristiche del sistema preventivo nella nostra
missione ed esprime una sintesi degli aspetti che desidero svi-
luppare, quasi fosse un indice di lettura aggiornato del pensiero
di san Francesco di Sales. Così leggiamo:
«Per compiere il nostro servizio educativo e pastorale, don
Bosco ci ha tramandato il Sistema Preventivo.
“Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la reli-
gione e sopra l’amorevolezza”: fa appello non alle costrizioni,
ma alle risorse dell’intelligenza, del cuore e del desiderio di
Dio, che ogni uomo porta nel profondo di se stesso.
Associa in un’unica esperienza di vita educatori e giovani in
un clima di famiglia, di fiducia e di dialogo.
Imitando la pazienza di Dio, incontriamo i giovani al punto
in cui si trova la loro libertà. Li accompagniamo perché
maturino solide convinzioni e siano progressivamente re-
sponsabili nel delicato processo di crescita della loro umanità
nella fede» (Cost. 38).
Ciò che distingue la nostra Famiglia salesiana, nelle mul-
tiformi e differenti società e culture di oggi, è proprio il Sistema
Preventivo di don Bosco, che possiede la capacità di essere ap-
plicato, conosciuto e accettato nei contesti più diversi. Trovo
nell’articolo citato e nelle linee centrali del pensiero e della spi-
ritualità di san Francesco di Sales tanti elementi comuni, che
mi permettono di istituire un dialogo tra Francesco di Sales e
don Bosco. Li elenco:
1. Niente con la forza. La libertà è un dono di Dio: per
questo il nostro sistema educativo “non fa appello alle
costrizioni”.
2. La presenza di Dio nel cuore dell’uomo: per questo
riconosciamo il “desiderio di Dio, che ogni uomo porta nel
profondo di se stesso”.

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IL RETTOR MAGGIORE7
3. La vita in Dio: che “associa in un’unica esperienza di vita
educatori e giovani”.
4. La dolcezza e l’amabilità nel tratto: che ci portano a
vivere con i nostri giovani “in un clima di famiglia, di fidu-
cia e di dialogo”.
5. Un amore incondizionato e senza riserve: che rende pos-
sibile nella nostra famiglia che “imitando la pazienza di Dio,
incontriamo i giovani al punto in cui si trova la loro libertà”.
6. Con la necessità di una guida spirituale: e quindi “li
accompagniamo perché maturino solide convinzioni”.
7. Fino a vivere “tutto per amore”: affinché “siano pro-
gressivamente responsabili nel delicato processo di crescita
della loro umanità nella fede”.
1. Niente con la forza. La libertà è un dono di Dio
Per questo che il nostro sistema educativo “non fa appello
alle costrizioni”.
«La carità e la dolcezza di san Francesco di Sales mi guidino
in ogni cosa»: questa fu una delle risoluzioni prese dal giovane
don Bosco in occasione degli esercizi spirituali prima dell’ordi-
nazione sacerdotale 4. Nel seminario di Chieri aveva avuto l’op-
portunità di conoscere le opere principali di san Francesco di
Sales. La risoluzione mostra che don Bosco aveva scoperto e
trovato in lui un modello non solo di azione ma anche di vita.
La carità e la dolcezza che san Francesco di Sales mostrò nelle
relazioni con le persone ebbero un impatto convincente su don
Bosco e lo segnarono per tutta la vita. In quelle virtù egli rico-
nobbe certamente una consonanza con l’indicazione ricevuta da
un misterioso personaggio nel sogno che aveva fatto quando
aveva nove anni: «Non con le percosse ma con la mansuetudine
e la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici»5.
4 In ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica,
LAS, Roma 2014, 971.
5 G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di San Francesco di Sales, in ISS, Fonti
salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1176.

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8ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
“Niente per forza” è una bella proposta, un invito da acco-
gliere come preziosa regola di vita personale.
Diventa un orientamento quando si tratta di accettare un
compito, di assumere l’atteggiamento con cui svolgere una mis-
sione, accogliere una responsabilità o un servizio per gli altri.
Essa sostiene e dà consistenza a una opzione e a un modo di vi-
vere da cristiani, in sintonia con la decisione stessa di Dio, che
ci ha creati e resi liberi.
Tutti abbiamo sperimentato che le cose che vengono coman-
date senza ragione, senza un “perché”, semplicemente per
un’imposizione e con la forza, non durano a lungo; o durano fin-
ché dura l’ordine ricevuto. Dio non agisce così. San Francesco
di Sales l’ha sperimentato nella sua attività pastorale. Come ve-
scovo tridentino, promotore della riforma cattolica, educato nella
lotta contro la tiepidezza della fede, scelse la via del cuore e non
quella della forza. In realtà non ha fatto altro che contemplare
e vivere l’atteggiamento di Dio. Così scrisse alla sua figlia spi-
rituale: «Come un buon padre che tiene per mano suo figlio, egli
adatterà i suoi passi ai tuoi e sarà felice di non camminare più
veloce di te»6.
La realtà dell’Incarnazione è la ragione più sublime per
affermare la dignità della persona umana. Si può dire che Dio
non solo ci ha creato a sua immagine e somiglianza, ma che,
in Cristo, Dio stesso – sono parole di Francesco di Sales – «si
è fatto a nostra immagine e somiglianza»7. Questa grandezza
dell’essere umano, il suo valore come persona, si manifesta in
modo speciale nella libertà, che rende la persona responsabile.
Per il santo umanista Francesco di Sales, la libertà è l’elemento
6 Lettera a Giovanna di Chantal (OEA XIV, 111).
7 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales, 76: «Dio ci ha mostrato in così
tanti modi e con così tanti mezzi che vuole che tutti noi siamo salvati, che
nessuno può ignorarlo. Con questa intenzione ci ha fatto a sua immagine e
somiglianza con la creazione, e si è fatto a nostra immagine e somiglianza
con l’incarnazione, dopo la quale ha sofferto la morte, per salvare l’intera raz-
za degli uomini e salvarli», Cfr. Trattato dell’amore di Dio, VIII, 4.

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IL RETTOR MAGGIORE9
più prezioso della persona, perché è la vita del cuore8. E ha così
grande valore e dignità che Dio stesso, che ce l’ha concessa, non
la pretende con la forza e, quando ce la richiede, vuole che sia
sinceramente e volentieri. Dio «non ha mai costretto nessuno a
servirlo e non lo farà mai»9.
L’intervento di Dio, la sua grazia, non si attua mai senza il
nostro consenso. Dio agisce con forza, non per costringere, ma per
attirare il cuore, non per violare, ma per rendere amorosa la no-
stra libertà. La libertà donata da Dio alla persona umana è sem-
pre rispettata. Dio – come amava dire Francesco di Sales – ci at-
tira a sé; talvolta come una vocazione o un appello; come una “pre-
venzione”, perché egli ci anticipa sempre; come la voce d’un amico;
come un’illuminazione; come un’ispirazione o un invito. Dio non
si impone: bussa alla nostra porta e aspetta che gli apriamo10.
Allo stesso modo, don Bosco, nei suoi rapporti con i ragazzi
più svantaggiati e più poveri di Valdocco, ha imparato a seguire
la via del cuore nell’accoglierli e accompagnarli nella loro educa-
zione. L’attuazione dello zelo pastorale, del desiderio di salvare
le anime, dell’impegno per il pieno sviluppo dei suoi ragazzi si
realizza senza coercizione, senza imposizioni, sempre con l’accet-
tazione, da parte del giovane, della proposta di entrare in una re-
lazione di amicizia, perché nel suo cuore sente di essere benvoluto,
che c’è qualcuno che pensa al suo bene e che vuole la sua felicità.
La libertà umana sarà sempre da salvaguardare, anche
quando entrano in gioco altri valori come la fede, la giustizia e
la verità. Per noi, Famiglia di don Bosco, questo atteggiamento
è fondamentale. Non riteniamo possibile educare senza il sacro
rispetto della libertà di ogni persona. Dove non si rispetta la li-
bertà dell’individuo, Dio è assente. Per questo motivo, secondo
8 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales. Un progetto di formazione inte-
grale, LAS, Roma 2021, 76-77.
9 Cfr. Sermone sulla conversione di Sant’Agostino (OEA IX, 335), in
M. WIRTH, San Francesco di Sales, 76.
10 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales, 140.

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10ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
san Francesco di Sales, Dio attrae la persona con il suo amore
nel modo più conforme alla nostra natura. Ecco come si esprime
in questo bel testo:
«Il legame proprio della volontà umana è il godimento e il
piacere. Mostra le noci a un bambino, dice sant’Agostino,
ed egli è attratto come una calamita; è attratto dal legame,
non del corpo, ma del cuore. Vedete, dunque, come il Padre
Eterno ci attira: insegnandoci ci delizia, ma senza imporci
alcuna necessità. È così dolce la mano di Dio nel maneg-
giare il nostro cuore, e così abile la Sua abilità nel comuni-
carci la Sua potenza, senza privarci della nostra libertà, e
nel darci il Suo potente impulso, senza ostacolare quello
della nostra volontà, che, come la Sua potenza ci dà dolce-
mente la potenza, così la Sua dolcezza ci conserva potente-
mente la libertà della volontà. Se tu conoscessi il dono di
Dio, disse il Salvatore alla Samaritana, e chi è che ti dice:
“Dammi da bere”, forse glielo avresti chiesto ed Egli ti
avrebbe dato acqua viva. Le ispirazioni, Teotimo, ci avver-
tono e, prima che noi le pensiamo, si lasciano sentire; ma,
una volta che le abbiamo sentite, sta a noi acconsentire,
assecondarle e seguirne i movimenti, o dissentire e respin-
gerle. Si lasciano sentire senza di noi, ma non ci fanno ac-
consentire senza di noi»11.
Dio attrae, scrive Francesco di Sales, come i profumi di cui
parla il Cantico dei Cantici. La forza dell’attrazione di Dio,
potente ma non violenta, sta nella dolcezza della sua attra-
zione. E la dolcezza permette di raggiungere la meta di
conciliare libertà umana e attrazione di Dio. Nell’esperienza
spirituale vissuta e condivisa da Francesco di Sales, l’amore
di Dio non ha nulla da invidiare all’amore umano per
le creature. Nessun amore allontana mai il nostro cuore da
Dio, ma solo ciò che gli è contrario. Nella mistica salesiana,
11 Trattato dell’amore di Dio, II, 12: «Le chiamate divine ci lasciano in
piena libertà di seguirle o di non accettarle».

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IL RETTOR MAGGIORE11
l’amore di Dio di cui parliamo, lungi dall’escludere l’amore per
gli altri, lo esige12.
Facendo esperienza di Dio, comprendiamo che egli rispetta
la libertà umana e allo stesso tempo vuole il nostro bene e ci of-
fre tanti segni del suo amore. Forse il primo di questi segni è
proprio il rispetto incondizionato della nostra libertà. L’amore
scompare, se cerca di imporre o esigere. Qui sta la forza del-
l’immagine positiva, che Francesco di Sales presenta, di un Dio
amoroso, che offre la sua amicizia, che dona i suoi beni e che,
nella comunicazione con lui, lascia spazio aperto alla recipro-
cità nella libertà.
Tutto questo ci illumina anche sulla cura e sul rispetto della
libertà religiosa nei confronti di ogni persona. Si tratta di cura-
re, come Francesco di Sales, una presenza amichevole tra i
non cattolici, una presenza da intendere come una forma di
evangelizzazione attraverso la testimonianza, che a volte dovrà
essere non solo rispettosa, ma tranquilla, silenziosa: questa
presenza sarà pienamente valida, poiché si basa non solo sul
principio della non violenza ma – cosa più importante – su un
profondo rispetto della libertà delle persone.
Ci sentiamo molto in sintonia con la modalità di presenza
che san Francesco di Sales praticava in zone di conflitto a
causa delle guerre di religione del suo tempo, dando una testi-
monianza profetica di pazienza e perseveranza con uno stile
incentrato sulla croce di Cristo e sulla fiducia nell’interces-
sione materna di Maria. In tante parti del mondo la nostra
presenza come Famiglia salesiana richiede, per scelta, questo
stile. E certamente, approfondire l’eredità di Francesco di
Sales e cercare di applicare la sua spiritualità nelle situazioni
concrete del nostro tempo, sarà il modo migliore per crescere
nella “salesianità”.
12 Cfr. F. VINCENT, Saint François de Sales, directeur d’âmes. L’éducation
de la volonté, 264 in M. WIRTH, San Francesco di Sales, 140.

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12ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
2. La presenza di Dio nel cuore dell’uomo:
Riconosciamo il “desiderio di Dio, che ogni uomo porta nel
profondo di se stesso”.
Dire “Niente per forza” non è solo una strategia o un metodo
ma, soprattutto, esprime la profonda convinzione di fede e la
fiducia nell’essere umano – l’umanesimo cristiano – che san
Francesco di Sales ha vissuto, in certo modo controcorrente, e
che don Bosco ha saputo sviluppare magnificamente con il suo
ottimismo e la sua piena fiducia nei giovani, nei suoi ragazzi:
l’essere umano, il giovane, ogni persona, tutti noi, portiamo
iscritto nel nostro essere il bisogno di Dio, il desiderio di Dio,
«la nostalgia di Dio»13. Il desiderio naturale di vedere Dio si tra-
sforma nei nostri santi nella convinzione che Dio c’è e si rende
presente ad ogni persona in quei momenti della vita che solo
Dio sceglie e nel modo che solo Dio conosce14.
Questi principi teologici, così vicini al nostro sentire, si espri-
mono concretamente nell’atteggiamento spirituale, profonda-
mente salesiano, di collaborazione con l’azione di Dio nel servire
l’uomo in uno spirito di libertà. È un atteggiamento che già in
san Francesco di Sales prende la forma dell’ottimismo, della po-
sitività, della fiducia nella natura umana e, di conseguenza, nel
valore dell’amicizia e nella ricerca della felicità.
Dall’immagine positiva di Dio che ci viene offerta dalla sua
amicizia, è facile comprendere un elemento che illumina la spi-
13 Cfr. Trattato dell’amore di Dio, I, 18: «Ma se non possiamo naturalmen-
te amare Dio sopra ogni cosa, perché abbiamo questa inclinazione naturale
ad esso? Non è una cosa vana che la natura ci inclini ad un amore che non
può darci? Perché ci dà la sete di un’acqua così preziosa, se non può darcene
da bere? Ah, Teotimo, quanto è stato buono Dio con noi!».
14 Cfr. Gaudium et spes, 22: «In realtà solamente nel mistero del Verbo
incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo […] E ciò vale non solamente
per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore
lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione
ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo
ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel
modo che Dio conosce, al mistero pasquale».

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2.1 Page 11

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IL RETTOR MAGGIORE13
ritualità salesiana vissuta e proposta da don Bosco: «Studia di
farti amare piuttosto che farti temere»15. Il nostro Padre don Bo-
sco, seguendo Francesco di Sales, vuole che Dio sia amato piut-
tosto che temuto. Il “timore di Dio”, inteso come atteggiamento
che deve accompagnare un cammino di santità, non è la paura
e il timore di un terribile castigo, ma un timore strettamente
unito alla fiducia nella bontà di Dio.
Lungi dal seminare pessimismo, negatività o paura, la cer-
tezza della presenza di Dio, il desiderio di incontrarlo, di colti-
vare l’amicizia verso Dio e di vederla ricambiata, sono la base
della spiritualità salesiana. Al contrario di coloro che conside-
ravano Dio come un guardiano che punisce le infrazioni alla
legge, o come un Dio lontano e indifferente, Francesco di Sales
lo sperimentò come un «Dio preoccupato dell’uomo e della sua
felicità, rispettoso della sua libertà, e impegnato a guidarlo con
fermezza e dolcezza»16.
Francesco di Sales condivide l’idea aristotelica secondo la
quale in ogni persona c’è un’aspirazione alla felicità, una spinta
e un movimento orientati a questo fine; è un desiderio naturale
comune a tutta l’umanità. Ma allo stesso tempo, sulla base del-
la sua esperienza personale, è consapevole che un primo ap-
proccio alla felicità consiste nell’accettazione di se stessi, di ciò
che si è, mentre si rischia di confondere la felicità con i mezzi
per raggiungerla. Alcuni, infatti, la cercano nelle ricchezze, al-
tri nel piacere, altri nella gloria umana. In realtà, per France-
sco di Sales, solo il bene supremo può soddisfare pienamente il
cuore umano. E il bene supremo è Dio, al quale il cuore umano
tende per sua natura. Francesco aveva imparato dai suoi mae-
stri di filosofia che la “felicità pratica” consiste nel possesso di
saggezza, onestà, bontà e piacere; mentre la “felicità essenzia-
le” della persona umana può essere trovata solo in Dio.
15 I commentatori di san Francesco di Sales suggeriscono che la profon-
dità di questo principio è ben espressa da una frase a lui attribuita: «Chi ama
farsi temere, teme farsi amare».
16 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales, 145.

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14ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Come discepolo di Tommaso d’Aquino, Francesco aveva fidu-
cia nella capacità dell’intelletto e della volontà umana di intuire
o scoprire Dio come loro fine ultimo. Viene in mente la confes-
sione di sant’Agostino, che riassume mirabilmente queste idee
e con la quale Francesco di Sales compose alcune delle sue omelie:
«Dio mio! Il mio cuore è creato per te e non avrà riposo né tran-
quillità finché non gioirà in te» (cfr. Confessioni, I, 1.1)17.
In ogni caso la tendenza che sentiamo naturalmente verso
Dio, non può essere raggiunta a partire solo da noi stessi, perché
è dono di Dio, il quale prende sempre l’iniziativa. San Francesco
di Sales ci offre nella sua spiritualità la convinzione che, sebbene
noi tendiamo alla felicità – identificata nell’incontro con Dio –
non possiamo raggiungerla da soli: Dio si impegna a donarcela,
perché così ha voluto. E questa promessa di pienezza, insieme
al desiderio di Dio in noi, è chiamata a portare molto frutto.
La visione antropologica e teologica di Francesco di Sales ci
permette di mantenere nel giusto equilibrio il dialogo tra fede
e ragione – cosa molto importante anche per noi oggi. Al suo
tempo, Francesco di Sales, dialogando con i suoi avversari –
che chiamava fratelli – sosteneva che l’accettazione di Dio come
bene supremo trovava sostegno nella ragione, nella stessa
natura umana. Al contrario di coloro che si affidavano unica-
mente alla Bibbia, Francesco di Sales mostrò che la ragione e
la fede scaturiscono dalla medesima fonte, ed essendo opera
dello stesso Autore, non possono essere contrarie l’una all’altra.
La teologia non elimina l’uso della ragione, ma lo presuppone;
non lo annulla, ma lo completa.
Nel contesto del suo tempo Francesco di Sales ha elaborato
la sua riflessione e ha sviluppato la sua spiritualità. Oggi tocca
17 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales, 130: nel manoscritto del corso
di filosofia del mese di marzo 1586 aveva ricopiato in grossi caratteri questa
frase latina di sant’Agostino: «FECISTI NOS – inquit – DOMINE, AD TE, ET
INQUIETUM EST COR NOSTRUM DONEC REVERTATUR AD TE». La si ritrova anche in
una predica del 1594 (OEA VII, 189).

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IL RETTOR MAGGIORE15
a noi dare continuità alla corrente spirituale che da lui trae ori-
gine e che ha portato tanta luce nella vita di tante persone, nella
loro ricerca della felicità e, in definitiva, nella loro ricerca di Dio.
Francesco di Sales e don Bosco, ciascuno nel proprio tempo,
hanno vissuto e ci hanno lasciata in eredità una forte convinzio-
ne, che Francesco esprime così: «Non c’è terreno così ingrato che
la dedizione del contadino non possa rendere produttivo»18. Con
queste parole Francesco propone un altro elemento fondamen-
tale della spiritualità e della pedagogia salesiana: la pazienza,
che non è altro che l’imitazione della pazienza che Dio ha con
noi. Questa è stata anche una costante nella vita di don Bosco.
Oggi, come Famiglia che partecipa di questa spiritualità,
tocca a noi continuare a confidare nelle risorse della nostra in-
telligenza, del nostro cuore e del nostro desiderio di Dio di fronte
a qualsiasi tipo di difficoltà, e a consolidarle. Certamente questo
lavoro richiede il profilo specifico e ben definito dell’educatrice e
dell’educatore salesiano. Essi devono avere in se stessi e custo-
dire decisamente la convinzione che c’è sempre un punto acces-
sibile al bene nel cuore di ogni persona, di ogni giovane, per
quanto nascosto possa essere – così credeva anche don Bosco –
e che ogni cuore umano è capace di incontrare Dio. Sta a noi
aiutare ogni giovane e ogni persona in questo percorso.
3. La vita in Dio:
che “associa in un’unica esperienza di vita educatori e giovani”.
Francesco di Sales ha saputo presentare la vita spirituale
come una realtà alla portata di tutti. Il termine per eccellenza
da lui utilizzato per riferirsi alla vita cristiana in Dio è “de-
vozione”, intesa come espressione dell’amore per Dio, con la
caratteristica di non essere né esclusivo né chiuso.
Francesco di Sales non trova alcuna opposizione nel voler
essere completamente di Dio vivendo pienamente il proprio es-
18 Cfr. OEA XV, 28, in M. WIRTH, San Francesco di Sales, 29.

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16ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sere nel mondo. Questa è probabilmente la sua proposta più
originale e “rivoluzionaria”.
Se la devozione è amore, amore per Dio anzitutto, è anche amo-
re per il prossimo. E questa devozione può essere praticata da tut-
ti, in qualsiasi condizione e situazione. Per condurre un’autentica
vita cristiana, secondo Francesco di Sales, non è necessario ri-
tirarsi dal mondo, andare nel deserto o entrare in un convento.
Nella sua Introduzione alla vita devota, rivolgendosi con il
nome poetico di Filotea ad ogni persona che vuole amare Dio,
Francesco traccia un itinerario di vita cristiana per coloro che
“vivono nel mondo”, mostrando che è necessario usare le proprie
ali per elevarsi all’altezza della preghiera, e allo stesso tempo
usare i propri piedi per camminare insieme agli altri uomini in
una conversazione santa e amichevole.
«La vera e viva devozione, Filotea, esige l’amore di Dio, anzi
non è altro che un vero amore di Dio; non un amore generi-
camente inteso. Infatti l’amore di Dio si chiama grazia in
quanto abbellisce l’anima, perché ci rende accetti alla divina
Maestà; si chiama carità, in quanto ci dà la forza di agire be-
ne; quando poi è giunto ad un tale livello di perfezione, per
cui, non soltanto ci dà la forza di agire bene, ma ci spinge ad
operare con cura, spesso e con prontezza, allora si chiama de-
vozione [...]. A dirlo in breve, la devozione è una sorta di agi-
lità e vivacità spirituale per mezzo della quale la carità agisce
in noi o, se vogliamo, noi agiamo per mezzo suo, con prontezza
e affetto. Ora, com’è compito della carità farci praticare tutti
i comandamenti di Dio senza eccezioni e nella loro totalità,
spetta alla devozione aggiungervi la prontezza e la diligenza.
Ecco perché chi non osserva tutti i comandamenti di Dio non
può essere giudicato né buono né devoto. Per essere buoni ci
vuole la carità e per essere devoti, oltre alla carità, bisogna
avere grande vivacità e prontezza nel compiere gli atti»19.
19 Introduzione alla vita devota I, 1.

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE17
Non posso tralasciare di riportare qui alcune delle righe più
luminose e feconde del nostro Autore, che si riferiscono alla
convinzione che ogni persona giunge in questo mondo con un
disegno personale di Dio su di lui o su di lei; un piano di felicità
e di piena realizzazione della volontà di Dio per ciascuna delle
sue creature.
Nella sua Introduzione alla vita devota, parlando della ne-
cessità per ogni persona di trovare nel proprio stato di vita
il modo migliore per dare gloria a Dio, san Francesco di Sales,
rivolgendosi a Filotea, dice:
«La devozione deve essere vissuta in modo diverso dal gen-
tiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla ve-
dova, dalla nubile, dalla sposa; ma non basta, l’esercizio del-
la devozione deve essere proporzionato alle forze, alle occu-
pazioni e ai doveri dei singoli. Ti sembrerebbe cosa fatta be-
ne che un Vescovo pretendesse di vivere in solitudine come
un Certosino? E che diresti di gente sposata che non volesse
mettere da parte qualche soldo più dei Cappuccini? Di un
artigiano che passasse le sue giornate in chiesa come un Re-
ligioso? E di un Religioso sempre alla rincorsa di servizi da
rendere al prossimo, in gara con il Vescovo? Non ti pare che
una tal sorta di devozione sarebbe ridicola, squilibrata e in-
sopportabile? Eppure queste stranezze capitano spesso, e la
gente di mondo, che non distingue, o non vuol distinguere,
tra la devozione e le originalità di chi pretende essere devo-
to, mormora e biasima la devozione, che non deve essere
confusa con queste stranezze»20.
Il cammino proposto conduce a una teologia cristiana della
vocazione secondo la quale spetta a ciascuno realizzare il pro-
cesso di ricerca della propria vocazione. Francesco anticipa
quanto sarà affermato dal Concilio Vaticano II: «Muniti di sa-
lutari mezzi di una tale abbondanza e d’una tale grandezza,
20 Introduzione alla vita devota, I, 3.

2.6 Page 16

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18ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
tutti i fedeli d’ogni stato e condizione sono chiamati dal Signo-
re, ognuno per la sua via, a una santità, la cui perfezione è
quella stessa del Padre celeste»21.
Sia Francesco di Sales sia don Bosco fanno della vita quoti-
diana un’espressione dell’amore di Dio, che viene ricevuto e an-
che ricambiato. I nostri santi hanno voluto avvicinare la rela-
zione con Dio alla vita e la vita alla relazione con Dio. È la pro-
posta della “santità della porta accanto” o della “classe media
della santità”, di cui Papa Francesco ci parla con tanto affetto:
«Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei
genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uo-
mini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa,
nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorride-
re. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno
vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte
la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a
noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare
un’altra espressione, “la classe media della santità”»22.
Come don Bosco, anche noi oggi dobbiamo essere aperti e
pronti a svolgere l’importante compito di accompagnare i gio-
vani nella loro ricerca della vocazione e della santità, oltre a vi-
verlo noi stessi. Questo è ciò che forse ci stanno chiedendo con
maggiore urgenza e manifestano come loro bisogno. Sentiamo
ancora l’eco recente dell’appello rivolto alla Chiesa durante il
Sinodo sui giovani, i quali chiedono, tra le altre cose, di essere
accompagnati nel discernimento della loro vocazione. L’esorta-
zione apostolica di Papa Francesco Christus Vivit, volendo
rispondere ai giovani, rappresenta una sfida anche per noi
Famiglia salesiana:
«Ci sono sacerdoti, religiosi, religiose, laici, professionisti e
21 LG, 11.
22 J. MALÈGUE, Pierres noires. Les classes moyennes du Salut, Paris 1958,
in FRANCESCO, Gaudete et exsultate, Esortazione apostolica, 19 marzo 2018, 7.

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE19
anche giovani qualificati che possono accompagnare i giova-
ni nel loro discernimento vocazionale. Quando ci capita di
aiutare un altro a discernere la strada della sua vita, la pri-
ma cosa è ascoltare»23.
E così tocchiamo, quasi con mano, un altro elemento fonda-
mentale della nostra spiritualità: la presenza e l’ascolto, per
aiutare tutti coloro che vengono da noi, coloro che avviciniamo,
a stabilire un rapporto di amicizia, un incontro di vicinanza,
qualcosa che ancora una volta acquista quel gusto – tutto sale-
siano – che ci fa mettere il giovane e la persona umana al cen-
tro. Il “Da mihi animas” di don Bosco, e prima ancora quello di
Francesco di Sales, sono ancora oggi pienamente validi.
San Francesco di Sales orientò la propria vita pastorale per
realizzare la missione a lui affidata, nella partecipazione all’a-
more di Dio che lo portò a condividere la missione salvifica di
Cristo Buon Pastore. Cominciando dall’amore di Dio da lui per-
sonalmente sperimentato, egli sente che questo amore ardente,
o ardore amante, si traduce nella gioia per la conversione del
peccatore e nel dolore per la durezza di cuore di coloro che ri-
fiutano questo invito. Questa è la lettura del “Da mihi animas
propria di san Francesco di Sales24.
Faremmo una buona attualizzazione di questo zelo pastorale
e della carità di san Francesco se, come lui, mantenessimo la no-
stra vita saldamente radicata in Cristo. Solo così l’azione apo-
stolica è feconda, perché si realizza a partire dal bisogno che spe-
23 FRANCESCO, Christus vivit, Esortazione apostolica post-sinodale,
25 marzo 2019, 291.
24 Mons. Jean Pierre Camus, vescovo di Belley e amico personale di Francesco
di Sales, nel suo libro sullo spirito del beato Francesco di Sales, parlando del suo
zelo per le anime, loda il distacco del santo dai beni materiali, la sua preoccupa-
zione puramente pastorale e mette sulle sue labbra la preghiera rivolta al Si-
gnore: «da mihi animas, coetera tolle». Per il prolifico scrittore, queste parole
esprimono l’ardente zelo pastorale che ha sempre guidato tutte le sue imprese.
Cfr. J. P. CAMUS, El espíritu de San Francisco de Sales II, Balmes, Barcelona
1947, p. 339, in E. ALBURQUERQUE, Don Bosco y sus amistades espirituales, CCS,
Madrid 2021, San Francisco de Sales. Afinidad y convergencia espiritual, 11-27.

2.8 Page 18

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20ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
rimentiamo di comunicare l’amore con cui ci sentiamo amati.
Ancora una volta, un bell’omaggio a san Francesco di Sa-
les nel quarto centenario della sua morte sarà il rinnova-
mento e, in alcuni casi, il recupero del dinamismo aposto-
lico del da mihi animas cetera tolle, donandoci a Dio e ai
giovani con la stessa carità pastorale sua e di don Bosco.
La spiritualità salesiana di don Bosco si colloca in una linea
molto diversa rispetto ad altre correnti spirituali, che alcuni
specialisti chiamano “astratte”, perché si ispira a un maestro
come Francesco di Sales, proponendo una spiritualità per la vi-
ta ordinaria25. In una felice espressione attribuita al Santo, si
dice che «bisogna fiorire dove Dio ci ha piantati»26. Questa è una
caratteristica fondamentale della spiritualità salesiana: è rea-
listica. Imparare ad amare la condizione che abbiamo, accetta-
re la vita così com’è e amarla come manifestazione dell’accetta-
zione della volontà di Dio, può sembrare un atteggiamento pas-
sivo, ma non è così quando si tratta di praticare la virtù, fare il
bene, compiere il proprio dovere, affrontare le cose della vita
quotidiana, nel luogo dove la provvidenza di Dio ci ha piantato,
forse dove non sempre avremmo voluto essere, o forse avremmo
voluto essere. Tutto questo è per preparare il cuore all’accetta-
zione della volontà di Dio.
Viene subito in mente che questa era la spiritualità proposta
dallo stesso don Bosco ai suoi ragazzi e ai salesiani. Per esempio,
nei confronti delle mortificazioni desiderate da Domenico Savio,
come risulta da questo dialogo tra il ragazzo e don Bosco:
«– Povero me! io sono veramente imbrogliato. Il Salvatore
dice, che se non fo penitenza, non andrò in paradiso; ed a me
è proibito di farne: quale adunque sarà il mio paradiso?”.
25 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales, 156: «San Francesco de Sales si
ispira a maestri spirituali che furono allo stesso tempo predicatori, pastori e
direttori spirituali, come san Filippo Neri, fondatore dell’Oratorio a Roma.
Le sue fonti principali sono opere di spiritualità che avvicinano la perfezione
cristiana alla condizione comune del cristiano nel mondo».
26 Ibid.

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE21
– La penitenza, che il Signore vuole da te, gli dissi, è l’ubbi-
dienza. Ubbidisci, e a te basta.
– Non potrebbe permettermi qualche altra penitenza?
– Sì: ti si permettono le penitenze di sopportare pazien-
temente le ingiurie qualora te ne venissero fatte; tollerare
con rassegnazione il caldo, il freddo, il vento, la pioggia, la
stanchezza e tutti gli incomodi di salute che a Dio piacerà
di mandarti.
– Ma questo si soffre per necessità.
– Ciò che dovresti soffrire per necessità offrilo a Dio, e di-
venta virtù e merito per l’anima tua.
Contento e rassegnato a questi consigli se ne andò tranquillo»27.
La nostra Famiglia salesiana ha fatto proprio questo modo
di vivere la relazione con Dio attraverso il compimento del do-
vere, con la consapevolezza che è il modo che abbiamo di corri-
spondere, partecipare e cooperare con Dio alla sua azione crea-
trice e con Cristo alla costruzione del Regno.
Don Bosco ha promosso e vissuto con i suoi giovani e i suoi
salesiani le caratteristiche di questo modo semplice, vicino,
quotidiano di essere in relazione con Dio. Questo modo equivale
alla scelta di Francesco di Sales di proporre la pratica quoti-
diana delle virtù, ma con l’attenzione che siano quelle corri-
spondenti alla propria condizione e al proprio stato. Non altre.
«Nella creazione Dio comandò alle piante di portare frutto,
ciascuna secondo il proprio genere: allo stesso modo, ai Cri-
stiani, piante vive della Chiesa, ordina di portare frutti di
devozione, ciascuno secondo la propria natura e la propria
vocazione»28.
27 G. BOSCO, Vita del giovanetto Savio Domenico, allievo dell’Oratorio di
S. Francesco di Sales, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera.
Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1059.
28 Introduzione alla vita devota I, 3.

2.10 Page 20

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22ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
4. La dolcezza e l’amabilità nel tratto:
che ci portano a vivere con i nostri giovani “in un clima di
famiglia, di fiducia e di dialogo”.
San Francesco di Sales è conosciuto soprattutto per la sua
bontà e la sua dolcezza. Così scrive in una delle sue lettere:
«Mi piacciono soprattutto queste tre piccole virtù: gentilezza
di cuore, povertà di spirito e semplicità di vita. E anche gli
esercizi più impegnativi: visitare i malati, servire i poveri,
confortare gli afflitti, e altri, ma tutto non per obbligo, ma
con vera libertà»29.
Coloro che hanno studiato la vita e la personalità di san
Francesco sono d’accordo nell’affermare che il suo carattere af-
fabile non era spontaneo30, come non lo era in don Bosco. San
Francesco di Sales si propose come modello da imitare Gesù
Cristo mite e umile di cuore31, e si può dire che la dolcezza fu la
sua virtù caratteristica. Una «dolcezza però ben diversa da
quell’amabilità artefatta che consiste tutta nella ricercatezza
dei modi e nello sfoggio di un’affabilità cerimoniosa, e affatto
aliena sia dall’apatia, che di nulla si commuove, sia dalla timi-
dità che non ardisce, anche quando bisogna, indignarsi. Tale
virtù, germogliata nel cuore del Sales come frutto soavissimo
della carità, nutrita in lui dallo spirito di compassione e di
29 Lettera 308. Alla Baronessa di Chantal, 8 settembre 1605, consultabile
nell’edizione digitale, p. 83/321, OEA XIII, 92 e citata in E. MCDONNELL, God
Desires You, DeSales Resource Center, Stella Niagara, N.Y., 2008, 56.
30 Ad esempio: «Molti biografi dicono che aveva un temperamento colleri-
co, forte, impaziente, tipico della sua stirpe, un vero savoiardo. A causa di
ciò, la rabbia spesso ribolliva nella sua testa, era avvilito da un linguaggio
insolente o da azioni sconsiderate, era interiormente irritato dal disordine,
il suo volto cambiava colore e diventava rosso per un contrasto. Tuttavia, la
lotta costante contro queste tentazioni, la vigilanza, lo sforzo ascetico, la
padronanza di sé e l’aiuto della grazia, lo portano a quella squisita dolcezza
che lo rende un’immagine vivente di Cristo. Non dobbiamo quindi parlare di
una dolcezza naturale in Francesco di Sales, ma piuttosto del frutto di una
lotta vittoriosa». Cfr. E. ALBURQUERQUE, Espíritu y espiritualidad salesiana,
Editorial CCS, Madrid 20217, 105-12.
31 Cfr. E. MCDONNELL, God Desires You, p. 56-67.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE23
accondiscendenza, ne temprava con la sua dolcezza la gravità
dell’aspetto e ne illeggiadriva la voce ed il gesto in modo da con-
ciliargli presso tutti la più affettuosa riverenza»32.
Fu questa dolcezza che attirò don Bosco fin dall’inizio del
suo lavoro pastorale, e che caratterizzò anche il suo stile edu-
cativo nel rapporto con i suoi ragazzi. Riflettere oggi da Roma,
dove scrivo, sulla bontà e sulla dolcezza, ci permette di intuire
alcuni dei sentimenti che don Bosco aveva nei confronti dei suoi
ragazzi e che comunicò nella lettera scritta da Roma il 10 mag-
gio 1884 ai suoi salesiani, non senza dolore, perché li vedeva
trascurare quei sentimenti e quello stile educativo. Egli esorta:
«La carità di quelli che comandano, la carità di quelli che devo-
no obbedire faccia regnare fra di noi lo spirito di san Francesco
di Sales»33.
Don Bosco ci insegna che l’accoglienza, la cordialità, la gen-
tilezza, la bontà, la pazienza, l’affetto, la fiducia, la dolcezza,
la mitezza, sono espressioni dell’amore che genera fiducia e
familiarità. È in questo ambiente che nasce la nostra spiritua-
lità salesiana, ricca di comprensione e misericordia, di ac-
coglienza e di capacità di attendere con pazienza la crescita
dei giovani.
Come Francesco di Sales, don Bosco voleva vivere e fare
proprie la mitezza e l’umiltà di cuore di Gesù (Mt 11,29). Nel
sogno a nove anni aveva ricevuto un comando dalla “Maestra”,
mentre si trovava in mezzo a una folla di capre, cani, gatti, orsi
e altri animali: «Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare.
32 Cfr. PIO XI, Rerum omnium perturbationem, Lettera enciclica, 26 gen-
naio 1923. Papa Benedetto XV intendeva scrivere un’enciclica per il terzo cen-
tenario della morte di san Francesco di Sales. Il desiderio fu realizzato nel
1923 dal suo successore Pio XI, il quale sottolineò la dolcezza della santità di
Francesco e la sua accessibilità a tutti: la gentilezza d’animo del Santo
traspariva, e si può dire che fosse la sua virtù caratteristica.
33 G. BOSCO, Lettera da Roma alla comunità salesiana dell’Oratorio di
Torino-Valdocco, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta
antologica, LAS, Roma 2014, 451.

3.2 Page 22

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24ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Renditi umile, forte, robusto; e ciò che in questo momento vedi
succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei figli miei»34.
Commuove che nei primi ricordi registrati nelle Memorie del-
l’Oratorio di San Francesco di Sales, che don Bosco scrisse per
obbedienza, l’atteggiamento umile con cui affrontare le dif-
ficoltà abbia un’alta priorità.
Le qualità della mitezza e dell’umiltà di cuore furono per
Francesco di Sales gli unici aiuti per la sua missione nella re-
gione dello Chablais, dove come missionario svolse una bellis-
sima e intensa opera pastorale, modello di stile apostolico an-
che per oggi. In modo molto diverso da altri missionari, che cer-
cavano di farsi temere, Francesco di Sales – in sintonia con il
detto proverbiale a lui attribuito – attirò più mosche con un
cucchiaio del suo solito miele che con un barile di aceto!35.
Questo spirito di bontà, dolcezza e mitezza si è profonda-
mente inciso nei primi salesiani e appartiene alla nostra più
antica tradizione. Tutto ciò sta ad indicare che non possiamo
trascurarlo, né tantomeno perderlo, con il rischio di danneggia-
re significativamente la nostra identità carismatica.
Il modo in cui questo spirito di bontà e gentilezza si tra-
smette e si comunica tra di noi si può cogliere nella vita di quei
ragazzi che sono diventati salesiani proprio per la loro perso-
nale esperienza del tratto familiare, accogliente, gentile e ri-
spettoso offerto dalla convivenza con don Bosco e con i primi
salesiani a Valdocco. Infatti, nei primi tempi si parlava di un
34 G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al
1855, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologi-
ca, LAS, Roma 2014, 1176-1177.
35 Cfr. J.P. CAMUS, L’Esprit du bienheureux François de Sales, partie I,
section 3, in M. WIRTH, San Francesco di Sales, 97. Mons. Jean Pierre Camus,
parlando della personalità del Santo, mette in evidenza le espressioni che
usava nei confronti dei suoi oppositori e avversari, che riflettono bene la
sua disposizione umile e la sua mitezza. Parlava di fratelli, figli della Chiesa
“a disposizione”, fratelli nella speranza nella stessa vocazione alla salvezza,
e chiamava sempre i fedeli della sede di Ginevra “miei poveri” o “miei cari”,
termini di compassione e di amore.

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE25
“quarto voto salesiano”, che comprendeva la bontà (prima di
tutto), il lavoro e il sistema preventivo36.
Insieme a questa testimonianza leggiamo quella dei testi-
moni citati nella Lettera da Roma, in particolare Valfrè, che ap-
pare in sogno a don Bosco ed era all’Oratorio prima del 1870:
«Era una scena tutta vita, tutta moto, tutta allegria. Chi cor-
reva, chi saltava, chi faceva saltare [...] In un luogo era
radunato un crocchio di giovani che pendeva dal labbro
di un prete il quale narrava una storiella. In un altro luogo
un chierico che in mezzo ad altri giovanetti giuocava all’asino
vola ed ai mestieri [...] Si vedeva che fra i giovani e i superiori
regnava la più grande cordialità e confidenza [...] la fami-
gliarità porta amore, e l’amore porta confidenza [...] apre
i cuori»37.
Non possiamo immaginare una presenza salesiana nel mon-
do, una presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Salesia-
ni di Don Bosco e degli attuali trentadue gruppi che compongo-
no la Famiglia Salesiana di Don Bosco, che non abbia la carat-
teristica della bontà come elemento distintivo; o almeno do-
vremmo averla, come ha voluto ricordare Papa Francesco con
la sua illuminante espressione di “opzione Valdocco”38. Si tratta
della nostra opzione per lo stile salesiano fatto di gentilezza,
affetto, familiarità e presenza. Abbiamo un tesoro, un dono
ricevuto da don Bosco, che ora tocca a noi ravvivare.
Nella Carta d’Identità della Famiglia Salesiana notiamo
36 Cfr. A. GIRAUDO, o.c. p. 3-5: «Abbiamo tre quarti voti. Secondo i vari
aspetti: la bontà, il lavoro, il sistema preventivo» (p. 70). Cfr. il commento
di A. ALBURQUERQUE, Espíritu y espiritualidad salesiana, “El cuarto voto
salesiano”, e A. CAVIGLIA, Conferenze sullo Spirito Salesiano, Istituto Inter-
nazionale Don Bosco, Torino 1953, 107.
37 G. BOSCO, Lettera da Roma alla comunità salesiana dell’Oratorio di
Torino-Valdocco, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta
antologica, LAS, Roma 2014, 444-445.
38 Cfr. FRANCESCO, Messaggio di sua Santità Papa Francesco ai membri
del CG28, in ACG 433, “Quali salesiani per i giovani di oggi?”. Riflessione post-
capitolare della Società di San Francesco di Sales, Roma 2020.

3.4 Page 24

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26ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
che l’affetto e l’amorevolezza salesiana sono aspetti caratteri-
stici dell’identità della Famiglia Salesiana.
«L’amorevolezza di don Bosco è, senza dubbio, un tratto ca-
ratteristico della sua metodologia pedagogica ritenuto vali-
do anche oggi, sia nei contesti ancora cristiani sia in quelli
dove vivono giovani appartenenti ad altre religioni.
Non è però riducibile solo a un principio pedagogico, ma va ri-
conosciuta come elemento essenziale della nostra spiritualità.
Essa infatti è amore autentico perché attinge da Dio; è amo-
re che si manifesta nei linguaggi della semplicità, della cor-
dialità e della fedeltà; è amore che genera desiderio di cor-
rispondenza; è amore che suscita fiducia, aprendo la via alla
confidenza e alla comunicazione profonda (“l’educazione è
cosa di cuore”); è amore che si diffonde creando un clima di
famiglia, dove lo stare insieme è bello ed arricchente»39.
Francesco di Sales attirava la gente con la sua dolcezza.
San Vincenzo de’ Paoli lo descrisse come la persona più simile
a nostro Signore40. Aveva imparato da Gesù, mite e umile
di cuore. Il Cuore di Gesù ha un profondo significato sia per
Francesco di Sales sia per don Bosco. L’amore di Dio fatto carne
trova nel cuore umano di Gesù l’espressione più eloquente
dell’amore. A partire dalla libertà con cui Dio crea l’umanità,
attraverso la dolcezza, la bontà e l’affetto come modi di Dio di
trattare i suoi figli e le sue figlie, arriviamo al centro della spi-
ritualità salesiana, che è anche il modello del nostro essere
e vivere: l’amore.
Per molti dei nostri giovani, l’esperienza maggiormente ri-
cordata dell’incontro con la Famiglia salesiana nel mondo è
spesso la familiarità, l’accoglienza e l’affetto con cui si sono sen-
titi trattati. Insomma, lo spirito di famiglia.
Da dove proviene la capacità di amore e di amabilità, di do-
nazione e di consegna di sé in Francesco di Sales? Senza dubbio
39 Carta di identità della Famiglia salesiana, n. 32.
40 Cfr. E. MCDONNELL, God Desires You, 57.

3.5 Page 25

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IL RETTOR MAGGIORE27
dalla profonda certezza che raggiunse dopo aver superato due
forti crisi che lo avevano fatto sentire indegno dell’amore di
Dio. Infatti, l’esperienza della crisi e dell’oscurità – che tutti
possiamo sperimentare e che è stata vissuta anche da grandi
santi come Teresa di Gesù, Teresa di Calcutta, Giovanni della
Croce – in Francesco di Sales fece nascere una speranza purifi-
cata, che lo portò a confidare non nei propri meriti, ma nella
misericordia e nella bontà di Dio. Si è mosso nella direzione del
“puro amore”: un amore che ama Dio per se stesso. Dio non ci
ama perché siamo buoni, ma perché Lui è buono; e noi non
amiamo Dio perché vogliamo qualcosa di buono da Lui, ma per-
ché Lui stesso è il bene più grande.
Il compimento della volontà di Dio non si raggiunge, dun-
que, attraverso sentimenti di “indegnità”, ma con la speranza
nella misericordia e nella bontà di Dio. Questo è l’ottimismo
salesiano.
Questa prospettiva ci porta a rifiutare con convinzione qual-
siasi raffigurazione di Dio come un giustiziere arbitrario, e ad
accettare invece il Dio rivelato da Gesù – un Dio di misericordia
e amore –, a contemplare come il cuore di Francesco di Sales si
allarga quando percepisce l’amore infinito di Dio. Così, quando
ci parla dell’amore di Dio, egli parla della propria esperienza,
del proprio vissuto. In definitiva, Francesco di Sales risponde
all’amore di Dio con l’amore. È davvero commovente questa di-
chiarazione profondamente sincera, che il Santo esprime nella
preghiera:
«Qualunque cosa accada, Signore, tu che hai in mano tutte
le cose e le cui vie sono giustizia e verità; qualunque cosa tu
abbia deciso per me su questo segreto eterno della predesti-
nazione e della riprovazione; tu i cui giudizi sono un abisso
profondo, tu che sei sempre un giudice giusto e un Padre
misericordioso, io ti amerò, Signore, almeno in questa vita,
se non mi è dato di amarti nella vita eterna; tu i cui giudizi
sono un abisso profondo, tu che sei sempre un giudice giusto
e un padre misericordioso, io ti amerò, o Signore, almeno in

3.6 Page 26

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28ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
questa vita, se non mi sarà dato di amarti nella vita eterna;
almeno ti amerò qui, o Dio, e spererò sempre nella tua
misericordia, e ripeterò sempre tutte le tue lodi, nonostante
tutto ciò che l’angelo di Satana sostiene per ispirarmi con-
tro. O Signore Gesù, tu sarai sempre la mia speranza e
la mia salvezza nella terra dei vivi. Se, perché necessaria-
mente me lo merito, devo essere maledetto tra i maledetti
che non vedranno il tuo dolce volto, concedimi almeno di
non essere tra coloro che maledicono il tuo santo nome»41.
La crisi di Francesco di Sales ha rivelato la parte più
profonda del suo essere: un cuore innamorato di Dio. Egli com-
prese che la sottomissione della propria volontà alla volontà del
Padre, a imitazione di Cristo nell’Orto degli Ulivi, è il vertice
dell’amore puro. Una tale risposta al volere di Dio può essere
data solo per puro amore, e scaturisce dal centro più sublime
dello spirito. È un amore basato sulla fedeltà e sul sacrificio per
la persona amata. Gesù, nell’agonia del giardino, è il nostro
modello: «Non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36)42.
La convinzione che l’amore di Dio non si basa sullo stare o
sul sentirsi bene, ma sul compiere la volontà di Dio Padre, è il
centro della spiritualità di Francesco di Sales e deve essere il
modello per tutta la Famiglia di don Bosco. Francesco esprime
questa convinzione in modo splendido alludendo alla necessità
di fare un cammino dalle consolazioni di Dio al Dio delle con-
solazioni, dall’entusiasmo al vero amore, rimanendo fedeli in
mezzo alle prove; passando dall’innamoramento al vero amore
per gli altri. Un amore puro, disinteressato, che non cerca nulla
per sé, che si decentra da sé. E Dio, che vuole salvare tutti, ci
mostra che l’amore perfetto allontana ogni paura (1Gv 4,18).
Fare tutto per amore, niente per paura, perché è la misericor-
dia di Dio e non i nostri meriti che ci spinge ad amare.
41 OEA XXII, 19-20.
42 Cfr. E. MCDONNELL, God Desires You, p.18.

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE29
A partire da questa spiritualità salesiana, sarà significativo
per noi scoprire l’amore incondizionato di Dio come centro di
tutto il dinamismo della carità e dello zelo pastorale verso gli
altri, che Francesco di Sales prima, e don Bosco poi, hanno svi-
luppato magnificamente.
5. Un Amore incondizionato e senza riserve:
imitando la pazienza di Dio, incontriamo i giovani al punto
in cui si trova la loro libertà”.
La santità per tutti è un elemento essenziale della proposta
spirituale di Francesco di Sales, fondata sull’amore per Dio, per
tutti e per ciascuno. Questo amore trova nella devozione al Sa-
cro Cuore di Gesù un solido modello da imitare e da seguire.
Insieme alla mitezza e all’umiltà, la sottomissione della propria
volontà, a imitazione di Cristo nell’Orto degli Ulivi, è il vertice
dell’amore puro. Amare è un atto di volontà, un atto di abban-
dono, in cui si sceglie la volontà di Dio.
Nel Trattato dell’Amore di Dio, Francesco di Sales cita
il cuore più di trecento volte. Essendo un umanista cristiano,
continuamente si richiama alla persona creata a immagine e
somiglianza di Dio; e nella persona umana ritrova la “perfezione
dell’universo”:
«L’uomo è la perfezione dell’universo, lo spirito è la perfe-
zione dell’uomo, l’amore è la perfezione dello spirito e la ca-
rità è la perfezione dell’amore. Quindi, l’amore di Dio è il fi-
ne, la perfezione e l’eccellenza dell’universo. In questo con-
siste la grandezza e il primato del comandamento dell’amo-
re divino, chiamato dal Salvatore il più grande e primo co-
mandamento»43.
Il cuore dell’essere umano (donna e uomo), un cuore come
quello del figlio prodigo (Lc 15) quando si allontana dal bene,
conserverà sempre quella volontà che continua ad attirarlo al
43 Trattato dell’Amore di Dio, X, 1.

3.8 Page 28

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30ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
bene, perché questo è il modo nel quale Dio ci ha creato, e noi
non possiamo arrivare a Dio con le nostre sole forze, contando
solo sulla nostra natura umana, se lui non ci aiuta con la sua
provvidenza, con la sua grazia e con il suo amore. L’inclinazio-
ne naturale verso il bene, il bello e il vero può essere sufficiente
per farci partire, per metterci in cammino, ed è lì che l’azione
di Dio in noi, la sua grazia, che non è negata a nessuno che lo
cerchi, ci assiste e ci guida.
Se sant’Agostino diceva che «il nostro cuore è inquieto
finché non riposa in te»44, seguendo il pensiero di Francesco di
Sales, potremmo dire con von Balthasar, che è «impaziente
il tuo cuore [Dio] finché noi non riposiamo in te, e tempo ed
eternità sprofondano l’uno nell’altra»45.
Nella tradizione salesiana troviamo numerosi esempi della
devozione preferenziale al Cuore di Gesù, sia in Francesco di Sa-
les sia in Giovanna di Chantal, e in modo molto speciale in una
delle figlie della Visitazione: santa Margherita Maria Alacoque;
fino ad arrivare al tempo di don Bosco, con il particolare impulso
dato a questa devozione da parte di Papa Pio IX46, che beatificò
Margherita Maria Alacoque e che dichiarò nel 1877 san France-
sco di Sales dottore della Chiesa. L’epoca di don Bosco è stata
44 AGOSTINO DI IPPONA, Confessioni, I, 1.
45 Cfr. H. U. VON BALTHASAR, Il cuore del mondo, Jaca Book (= Jaca
Reprint), Milano 2016 in E. MCDONNELL, God Desires You, p. 30.
46 Pio IX pubblicò vari documenti sull’Ufficio della Messa del Sacro Cuore,
eresse numerose confraternite, concesse indulgenze per molte pratiche devo-
zionali, ed inoltre beatificò Margherita Maria Alacoque (19 agosto 1864). Al-
cuni di questi importanti motivi si riflettono nella Basilica del Sacro Cuore
nel Castro Pretorio a Roma: il quadro dell’altare maggiore è una tela commis-
sionata da don Bosco al pittore Francesco de Rohden e rappresenta la terza
apparizione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Alacoque nel 1687.
La composizione è stata ideata dallo stesso don Bosco: Cristo è posto al centro
con un cuore fiammeggiante in mano. Intorno a lui c’è una moltitudine di an-
geli. Nella parte inferiore c’è una predella con due tondi che rappresentano
san Francesco di Sales e santa Margherita Alacoque. Nella parte superiore,
un cherubino tiene una pergamena con la citazione dal Libro dei Proverbi:
Praebe, fili mi, cor tuum mihi” (Prov 23,26): “Figlio mio, dammi il tuo cuore”.

3.9 Page 29

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IL RETTOR MAGGIORE31
segnata dalla devozione al Sacro Cuore di Gesù e, fin dalla co-
struzione della Basilica realizzata dal nostro Padre su richiesta
del Papa Pio IX, la Famiglia salesiana è legata all’Amore di Gesù
espresso nel suo cuore. Forse questo è un altro punto di somi-
glianza e di contatto tra san Francesco di Sales e don Bosco: la
fedeltà alla Chiesa e alla missione di annunciare il Vangelo, met-
tendo Cristo al centro dell’azione pastorale allo scopo di raggiun-
gere tutti. Non è irrilevante definire la Basilica minore del Sacro
Cuore di Roma “tempio internazionale”, come il “Tibidabo” a Bar-
cellona e molti altri templi dedicati al Sacro Cuore di Gesù in
tutto il mondo salesiano e, naturalmente, nella Chiesa intera.
Nel Cuore di Gesù è viva la presenza incarnata dell’amore
di Dio e la sua volontà di redenzione del mondo. Questo ci assi-
cura che l’ultima parola di Dio nel mondo è Lui, l’amore.
Il Papa emerito Benedetto XVI, nella sua preziosa e magi-
strale enciclica Deus Caritas Est, descrive Gesù Cristo come
l’incarnazione dell’amore di Dio, la manifestazione dell’inter-
vento di Dio nella storia umana, che trova in Gesù la sua mas-
sima espressione:
«Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va
dietro alla pecorella smarrita, della donna che cerca la drac-
ma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia,
queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiega-
zione del suo stesso essere ed operare. Nella sua morte in
croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale
Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo,
nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco
squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19, 37), com-
prende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera
enciclica: “Dio è amore” (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità
può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi
che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il cristiano
trova la strada del suo vivere e del suo amare»47.
47 BENEDETTO XVI, Deus caritas est, Lettera enciclica, 25 dicembre 2005, 12.

3.10 Page 30

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32ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Questo piccolo excursus sulla devozione al Sacro Cuore ci
avvicina al centro della nostra spiritualità. Non c’è bontà, non
c’è dedizione ai bisognosi, non c’è amabilità o libertà, non c’è
carità o nessuno dei tratti che abbiamo presentato, se manca
la sorgente originale dell’Amore di Dio. È l’amore e non il pec-
cato che spiega la libera decisione di Dio di far parte dell’uma-
nità e di essere uno di noi. Così capiamo che l’incarnazione, il
divenire uomo del Figlio, è eternamente voluta da Dio. Non è
una sorta di “piano B” che Dio inventa a causa del peccato
dell’uomo. Anche se non ci fosse stato il peccato dal quale redi-
merci, Dio si sarebbe comunque fatto uomo. Questa è la profon-
da convinzione di Francesco di Sales.
L’incarnazione, inoltre, non è solo un fatto storico, ma un
evento continuo, metafisico e, allo stesso tempo, personale. Dio
si incarna nella nostra storia, per pura e gratuita iniziativa Sua.
Da qui l’apostolato e la nostra dedizione alla missione pren-
dono pienezza di significato, perché sono imitazione di Colui che
ha dato per amore la sua vita per noi: amando allo stesso modo,
con il dono della nostra vita, con quell’umiltà che Francesco di
Sales chiamava “carità discendente”, entrando in relazione con
gli altri, facendoci piccoli con i piccoli, per amore, per elevarli.
Questa è l’“estasi”, è uscire da noi stessi e andare incontro agli
altri con un atteggiamento di servizio come fece Gesù nella la-
vanda dei piedi (Gv 13). O quando «Gesù li chiamò a sé e disse:
“Chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo [...] come il
Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per ser-
vire e dare la propria vita in riscatto per molti”» (Mt 20, 27-28).
Alla luce della Parola del Signore e seguendo il buon esempio
di Francesco di Sales, comprendiamo la paternità di don Bosco
come espressione del suo amore incondizionato per i giovani
poveri, abbandonati e in pericolo.
Nella nostra spiritualità salesiana, la devozione e la vita
spirituale non sono separate dall’apostolato e dall’esercizio del-
la carità. Per questo, accanto alla chiesa, don Bosco volle un

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE33
centro educativo e formativo per i suoi ragazzi; un ambiente
che, come quello di Valdocco e come tutte le altre presenze sa-
lesiane del mondo, fosse una casa per i giovani più bisognosi,
un cortile dove potessero incontrarsi con gli amici. In questo
modo si completa e si realizza in pienezza l’autentica devozio-
ne, che conduce all’esercizio della carità verso il prossimo.
Don Bosco vuole che l’amore per Cristo ci porti all’amore per
i giovani, caratteristica salesiana della nostra vita e sfida per-
manente per la Famiglia di don Bosco, oggi e sempre.
6. Con la necessità di una guida spirituale:
“li accompagniamo perché maturino solide convinzioni”.
La Famiglia salesiana continua a praticare l’arte dell’accom-
pagnamento, la stessa arte che Francesco di Sales e don Bosco
hanno sviluppato, ciascuno nel proprio tempo.
Il ministero, il servizio della guida spirituale, è stato ed è
stimato nella Chiesa come un elemento veramente importante
della pedagogia e del sistema educativo salesiano e che dovrem-
mo esercitare ancora meglio. Si tratta dell’accompagnamento.
Anche per questo compito mettiamo in pratica i principi sale-
siani ereditati da Francesco di Sales: la bontà, l’amabilità, la
pazienza, l’ascolto, l’attesa.
I giovani di oggi, come quelli di tutti i tempi, aspettano una
mano amica che li aiuti nel loro cammino. La direzione spiri-
tuale che Francesco di Sales offriva a tante persone, aiutandole
a camminare verso Dio nello stato di vita in cui si trovavano,
era ciò che don Bosco faceva con i suoi giovani, accompagnando
ognuno di loro attraverso la creazione di un ambiente educativo
e con il contatto personale. Non per niente don Bosco ha inven-
tato la “parolina all’orecchio”: un modo per dire e proporre a cia-
scuno un cammino personale di santità e di crescita, fino a di-
ventare ciò che Dio aveva “sognato” per ognuno di loro.
Riflettere su questo servizio ai giovani ci incoraggia ad ap-
profondire il significato che l’accompagnamento personale ha

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34ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
per ciascuno di noi. È un modo prezioso di servire gli altri con
la generosità del tempo dedicato all’ascolto. Nella relazione tra
le persone non c’è niente di più apprezzato del tempo generosa-
mente donato all’ascolto dell’altro: lasciando altri impegni, altre
mansioni, offrendo piena disponibilità per accogliere, ascoltare,
orientare, guidare, proporre, accompagnare.
Nel quarto centenario della morte di san Francesco di Sales
non possiamo dimenticare questo semplice e umile servizio ai
giovani, che esprime chiaramente l’apprezzamento e l’impor-
tanza che diamo alla loro vita quando dedichiamo il nostro tem-
po a stare con loro, ad ascoltarli, a capirli e ad aiutarli a seguire
nella loro vita il progetto che Dio propone loro.
Per noi, seguaci della spiritualità di san Francesco di Sales
in don Bosco, aiutare i giovani a scoprire e seguire la volontà di
Dio dà senso alla nostra vocazione educativa ed evangelizzatri-
ce. Questo è anche il motivo per cui siamo nati nella Chiesa, la
ragione per la quale lo Spirito Santo ha suscitato in don Bosco
il carisma salesiano, vissuto oggi nella sua Famiglia spirituale.
Nella dimensione del servizio pastorale di accompagnamen-
to, si concretizza ed esprime la nostra predilezione per i giovani
poveri e abbandonati. Non è certamente lo stesso ambiente cul-
turale, né sono le stesse persone che la ricerca della volontà di
Dio riveste nella vita di ogni persona, di ogni giovane, di ogni
destinatario della nostra missione. È evidente che riconosciamo
importante la persona che sta di fronte a noi quando, lasciando
da parte altre cose, prestiamo attenzione alla sua vita, alla sua
storia, alla sua situazione. Questo è il modo concreto di mettere
in pratica il motto di don Bosco: “Da mihi animas, cetera tolle”
– tanto urgente e importante per noi oggi quanto lo era per lui.
Nella vivacità del linguaggio salesiano, scopriamo in don
Bosco il desiderio di diventare “l’amico dell’anima” di tanti gio-
vani, così come Francesco di Sales aveva sperimentato l’amici-
zia spirituale che nasceva nelle persone che accompagnava.
Don Bosco, seguendo le orme di Francesco di Sales, cercò di

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE35
condurre i suoi giovani all’amicizia con Dio, centro di tutta la
vita spirituale: nella vita quotidiana, nelle circostanze più or-
dinarie e nei momenti speciali e difficili. Voleva essere per quei
giovani l’amico di cui potevano fidarsi, e come amico e padre
desiderava avvicinarli a Dio. Così racconta lo stesso don Bosco:
«Fu in quelle occasioni che mi accorsi come parecchi erano
ricondotti in quel sito [cioè il carcere] perché abbandonati a
se stessi. “Se questi giovanetti avessero fuori un amico, che
si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse nella re-
ligione nei giorni festivi, chi sa che non possano tenersi lon-
tani dalla rovina o almeno diminuire il numero di coloro, che
ritornano in carcere?”. Comunicai questo pensiero a don Ca-
fasso, e col suo consiglio e co’ suoi lumi mi sono messo a stu-
diar modo di effettuarlo abbandonandone il frutto alla grazia
del Signore senza cui sono vani tutti gli sforzi degli uomini»48.
Nell’Introduzione alla vita devota, Francesco di Sales, pro-
ponendo la ricerca dell’“amico dell’anima” per poter camminare
nella vita, non pone alcuna condizione per accogliere la persona
che cerca una guida. È un’accoglienza incondizionata. Questo è
lo “stile salesiano di accompagnamento”49.
«Quando il giovane Tobia ricevette l’ordine di recarsi a Ra-
ge, rispose: “Non conosco la strada”. Il padre gli disse allora:
“Va’ tranquillo e cerca qualcuno che ti faccia da guida”. Ti
dico la stessa cosa, Filotea. Vuoi metterti in cammino verso
la devozione con sicurezza? Trova qualche uomo capace che
ti sia di guida e ti accompagni; è la raccomandazione delle
48 G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al
1855, in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica,
LAS, Roma 2014, 1234-1235.
49 Lo studio dell’accompagnamento ha conosciuto un rinnovato interesse
negli ultimi anni, e non mancano opere che presentano interessanti proposte
di approfondimento. Nel nostro ambiente salesiano, cfr. F. ATTARD - M. A. GARCÍA
(a cura di), L’accompagnamento spirituale. Itinerario pedagogico spirituale in
chiave salesiana al servizio dei giovani, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 2014 e
anche J. CRESPO-BUEIS, (coord.), Acompañar a los jóvenes, CCS, Madrid, 2021.

4.4 Page 34

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36ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
raccomandazioni. Qualunque cosa tu cerchi, dice il devoto
Avila, troverai con certezza la volontà di Dio soltanto sul
cammino di una umile obbedienza, tanto raccomandata e
messa in pratica dai devoti del tempo antico.”50.
Trovare quegli amici dell’anima che ci accompagnano nel no-
stro cammino sarebbe anche un bel frutto di questo centenario
salesiano. Don Bosco ha tenuto in particolare considerazione tutto
questo, e lo ha realizzato con l’accoglienza incondizionata, la cura
dell’ambiente e della presenza, l’amicizia, l’affetto, la fiducia, la
ricerca del bene di ogni persona, l’ascolto di Dio che ha messo sul
nostro cammino proprio la persona che ci può accompagnare. Ri-
percorrendo la propria esperienza, nelle Memorie dell’Oratorio
don Bosco mostra il grande valore dell’accompagnamento nella
sua stessa vita, specialmente in certi momenti decisivi. Egli dice:
«Don Cafasso, che da sei anni era mia guida, fu eziandio
mio direttore spirituale, e se ho fatto qualche cosa di bene lo
debbo a questo degno ecclesiastico nelle cui mani riposi ogni
mia deliberazione, ogni studio, ogni azione della mia vita»51.
Francesco di Sales aveva scritto su questo argomento nella
sua Filotea:
«[Questo amico] per te deve rimanere sempre un Angelo: os-
sia, quando l’avrai trovato, non fermarti a dargli stima come
uomo, e non riporre la fiducia nelle sue capacità umane, ma
in Dio soltanto, che ti incoraggerà e ti parlerà tramite
quell’uomo, ponendogli nel cuore e sulla bocca ciò che sarà
utile al tuo bene; tu devi ascoltarlo come un Angelo venuto
dal cielo per condurti là. Parla con lui a cuore aperto, in pie-
na sincerità e schiettezza; manifestagli con chiarezza il bene
e il male senza infingimenti e dissimulazione: in tal modo il
bene sarà apprezzato e reso più solido e il male corretto e
50 Introduzione alla vita devota, I, 4.
51 Cfr. G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815
al 1855 in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antolo-
gica, LAS, Roma 2014, 1234.

4.5 Page 35

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IL RETTOR MAGGIORE37
riparato; nelle afflizioni ti sarà di sollievo e di forza, nelle
consolazioni di moderazione e misura. Devi riporre in lui
una fiducia senza limiti, unita a un grande rispetto, ma in
modo che il rispetto non diminuisca la fiducia e la fiducia
non tolga il rispetto. Apriti a lui con il rispetto di una figlia
verso il padre e portagli rispetto con la fiducia di un figlio
verso la madre; per dirla in breve: deve essere una amicizia
forte e dolce, santa, sacra, degna di Dio, divina, spirituale»52.
Alla fine del periodo trascorso al Convitto ecclesiastico di
Torino, don Bosco volle che fosse la volontà di Dio a guidare i
suoi passi in ciò che doveva iniziare, e si affidò al giudizio di
chi lo conosceva meglio e poteva orientarlo: don Cafasso. Nel
breve dialogo con lui che riporto di seguito, don Bosco ci mostra
come aveva assimilato pienamente ciò che Francesco di Sales
aveva insegnato sull’indifferenza, sulla ricerca sincera e sull’ob-
bedienza nell’accompagnamento. Ci mostra un modo di vivere
che anzitutto noi stessi dovremmo mettere in pratica, prima di
considerarlo una proposta da rivolgere ad altri.
«Un giorno don Cafasso mi chiamò a sé e mi disse: “Ora avete
compiuto il corso dei vostri studi; uopo è che andiate a lavo-
rare. In questi tempi la messe è copiosa assai. A quale cosa
vi sentite specialmente inclinato?”.
– A quella che ella si compiacerà di indicarmi.
– Vi sono tre impieghi: vicecurato a Buttigliera d’Asti; ripe-
titore di morale qui al Convitto; direttore del piccolo Ospe-
daletto accanto al Rifugio. Quale scegliereste?
– Quello che ella giudicherà.
– Non vi sentite propensione ad una cosa più che ad un’altra?
– La mia propensione è di occuparmi per la gioventù. Ella
poi faccia di me quel che vuole; io conosco la volontà del
Signore nel suo consiglio.
– In questo momento che cosa occupa il vostro cuore, che si
ravvolge in mente vostra?
52 Introduzione alla vita devota, I. 4.

4.6 Page 36

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38ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
– In questo momento mi pare di trovarmi in mezzo ad una
moltitudine di fanciulli, che mi dimandano aiuto.
– Andate adunque a fare qualche settimana di vacanza. Al
vostro ritorno vi dirò la vostra destinazione.
Dopo quelle vacanze don Cafasso lasciò passare qualche set-
timana senza dirmi niente; io gli chiesi niente affatto.
– Perché non dimandate quale sia la vostra destinazione?
mi disse un giorno.
– Perché io voglio riconoscere la volontà di Dio nella sua
deliberazione e voglio metter niente del mio volere.
– Fatevi il fagotto e andate col teologo Borel; là sarete diret-
tore del piccolo Ospedale di Santa Filomena; lavorerete an-
che nell’Opera del Rifugio. Intanto Dio vi metterà tra mano
quanto dovrete fare per la gioventù.
A prima vista sembrava che tale consiglio contrariasse le
mie inclinazioni, perciocché la direzione di un ospedale, il
predicare e confessare in un istituto di oltre a quattrocento
giovanette, mi avrebbero tolto il tempo ad ogni altra occu-
pazione. Pure erano questi i voleri del cielo, come ne fui in
appresso assicurato»53.
In conclusione, nel confronto con la spiritualità di Francesco
di Sales e con l’esperienza di don Bosco, scopriam, per quanto ri-
guarda l’accompagnamento, che il nostro stile educativo è una “mi-
stagogia spirituale” che si fa carico dell’altro con un’amicizia edu-
cativa che illumina, introduce nella vita interiore e genera una re-
lazione con Dio; con uno stile di vita e un rapporto amichevole,
gioviale, stretto, non superficiale, ma capace di accompagnare cia-
scuno in un cammino che conduce all’Amore di Dio. E anche l’ac-
compagnatore salesiano deve avere e coltivare gli atteggiamenti
propri di chi vive il sistema preventivo e la carità pastorale54.
53 Cfr. G. BOSCO, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815
al 1855 in ISS, Fonti salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antolo-
gica, LAS, Roma 2014, 1240.
54 Cfr. A. GIRAUDO, Direzione spirituale in san Giovanni Bosco. Connota-
zioni peculiari della direzione spirituale offerta da don Bosco ai giovani in

4.7 Page 37

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IL RETTOR MAGGIORE39
7. “Tutto per amore”:
affinché “siano progressivamente responsabili nel delicato
processo di crescita della loro umanità nella fede”.
Un elemento che attraversa tutta la spiritualità salesiana
di Francesco di Sales è il grande valore dato alla preghiera.
Ho fatto riferimento in queste pagine ad alcune forme di
espressione devozionale, come quella al Sacro Cuore, all’atteg-
giamento fondamentale della fiducia, all’abbandono nelle mani
della Provvidenza, alla consapevolezza di avere in noi un “san-
tuario interiore”, all’amicizia con Dio che dobbiamo coltivare, e
alla bontà di Dio che non rifiuta mai il suo aiuto a coloro che
fanno tutto quello che possono e sono fedeli nelle piccole cose.
Si può percepire in tutto ciò la fonte e l’espressione dello ze-
lo pastorale di Francesco di Sales, della sua pazienza con tutti,
della sua bontà, del suo ottimismo, della sua fortezza d’animo
e anche del suo desiderio di comunicare a tutti la buona notizia
del Vangelo. Tutto è frutto della sua relazione con Dio, profon-
da e semplice allo stesso tempo, quotidiana e vissuta come vera
amicizia. La sua vita di preghiera è la sua storia personale d’a-
more con Dio, con i suoi progressi e con gli esercizi per evitare
che il suo rapporto con il Cuore del suo cuore, centro della sua
vita, si raffreddi.
Per Francesco di Sales, la preghiera come comunicazione
con Dio è il cuore dell’uomo che parla al cuore del Signore. È la
forma di preghiera della spiritualità incarnata. Dio non è solo
Dio del cuore umano, ma anche “amico del cuore umano”.
F. ATTARD - M. A. GARCÍA (A CURA DI), L’accompagnamento spirituale. Itinera-
rio pedagogico spirituale in chiave salesiana al servicio dei giovani, Elle Di
Ci, Leumann (Torino) 2014, 160: «Don Bosco è un modello: tende a identifica-
re in se stesso l’educatore, il confessore e il direttore spirituale; insiste sul-
l’accoglienza affettuosa, la gentilezza, la magnanimità e la cura delle persone,
l’intensità dell’affetto dimostrato, in modo che i giovani abbiano fiducia e
confidenza, e collaborino all’azione formativa con un’obbedienza disponibile
e cordiale».

4.8 Page 38

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40ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
La preghiera ci permette di trovare il cuore di Dio e di
conformare il nostro cuore al suo.
«Uniamo la nostra volontà a Dio per gustare e sentire la dol-
cezza della sua incomprensibile bontà, perché, dalla cima di
questa scala, Dio, chinandosi verso di noi, ci dà il bacio d’a-
more e ci fa assaggiare i sacri seni della sua dolcezza, mi-
gliori del vino»55.
Francesco di Sales vive la preghiera come un dialogo di cuori,
in cui Dio prende l’iniziativa.
«Mai un regalo è più piacevole di quando ci viene fatto da un
amico. I comandi più dolci diventano aspri se li impone un
cuore tirannico e crudele, e ci sembrano molto dolci, quando
sono dettati dall’amore. La servitù sembrava a Giacobbe co-
me la regalità, perché veniva dall’amore. Molti osservano i
comandamenti come chi prende una medicina, cioè più per
paura della morte e della dannazione che per il piacere esse-
re graditi a Dio. Al contrario, il cuore innamorato ama i co-
mandamenti, e quanto più sono difficili, tanto più gli sem-
brano gradevoli e piacevoli, perché in questo modo piace di
più all’Amato, e maggiore è l’onore che gli rende»56.
Si tratta di amare la volontà di Dio, di metterla in pratica,
di trovare nella preghiera il miglior sostegno per compierla. La
chiave di questa spiritualità è il ricorso alla preghiera per stare
con Colui che sappiamo che ci ama; per far coincidere il battito
del nostro cuore con quello del Maestro, come il discepolo ama-
to, per contemplare – poiché la preghiera non è pensare molto
ma amare molto; e per riposare in Lui, come modo per recupe-
rare e ritrovare la forza per continuare ad amare.
La carità come misura della nostra preghiera
La carità è la misura della nostra preghiera, perché il nostro
amore per Dio si manifesta nell’amore per il prossimo. Incon-
55 Trattato dell’amore di Dio, XI, 12, con evidente riferimento a Ct 1,2.
56 Ibid., VIII, 5.

4.9 Page 39

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IL RETTOR MAGGIORE41
triamo qui la “preghiera della vita”, così importante per san
Francesco di Sales57. Essa consiste nel compiere tutte le nostre
attività nell’amore e per amore di Dio, in modo tale che tutta la
nostra vita diventi una preghiera continua. Chi fa opere di ca-
rità, visita i malati, assiste nel cortile, dà tempo agli altri per
ascoltarli, accoglie chi ha bisogno, ... sta pregando. Gli impegni
e le occupazioni non devono impedire l’unione con Dio, e chi pra-
tica questa forma di preghiera non corre il pericolo di dimenti-
care Dio. Quando due persone si amano – conclude Francesco di
Sales – i loro pensieri sono sempre rivolti l’uno verso l’altro.
I mezzi semplici che egli propone per raggiungere l’unione
con Dio – tema tanto caro alla nostra spiritualità di figli e figlie
di Don Bosco – li riconosciamo nelle pratiche di pietà che don
Bosco proponeva ai suoi ragazzi e ai suoi primi salesiani. A co-
loro che sono occupati nelle cose temporali, consiglia di trovare
momenti, anche molto brevi, di raccoglimento per unire il cuore
a Dio con brevi sospiri, giaculatorie e buoni pensieri, o per
prendere coscienza di Dio nel nostro spirito. Mentre siamo in
mezzo a conversazioni o attività, possiamo sempre rimanere al-
la presenza di Dio. In questo modo, la vera preghiera non tra-
scura gli obblighi della vita quotidiana.
Chi ha sperimentato tutto questo, riconosce che Francesco
di Sales viveva ciò che consigliava e insegnava agli altri. Quello
che faceva, lo faceva per Dio e in Dio. Egli considerava questa
“preghiera attiva” migliore delle altre. Quando era oberato da
compiti e impegni, non dedicava quasi nessun tempo alla pre-
ghiera formale: «la sua vita era una continua preghiera»58.
Nell’Introduzione alla vita devota, Francesco di Sales pre-
senta i gradi della preghiera, seguendo da vicino lo schema di
Santa Teresa di Gesù (preghiera vocale, mentale, contemplati-
57 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales, 160.
58 Cfr. M. WIRTH, San Francesco di Sales, 160. In nota, Wirth fa riferimento
a questo fatto nella lettera della madre di Chantal a Dom Jean de Saint-
François, in J.-F. FRÉMYOT DE CHANTAL, Correspondance, t. II, 305.

4.10 Page 40

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42ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
va e silenziosa). Per la nostra pratica quotidiana, varrebbe la
pena di approfondire il valore della meditazione per Francesco
di Sales, il quale considera che come un orologio è caricato per
non fermarsi, così la preghiera e il tempo dedicato al Signore
nella meditazione e nell’esame di coscienza, e altre pratiche di
pietà, mantengono vivo il nostro zelo, il nostro ardore apostolico
e il nostro desiderio di appartenenza a Dio. Conviene trovare
momenti per ritirarsi nel proprio cuore, lontano dal trambusto
e dall’attivismo, e conversare cuore a cuore con Dio.
«Un orologio, per buono che sia, bisogna caricarlo e dargli la
corda almeno due volte al giorno, al mattino e alla sera, e
inoltre, almeno una volta all’anno, bisogna smontarlo com-
pletamente, per togliere la ruggine accumulata, raddrizzare
i pezzi storti e sostituire quelli troppo consunti. La stessa cosa
deve fare chi ha seriamente cura del proprio cuore; lo deve
ricaricare in Dio, sera e mattina, per mezzo degli esercizi in-
dicati sopra; deve inoltre ripetutamente riflettere sul proprio
stato, raddrizzarlo e ripararlo; e, infine, deve smontarlo al-
meno una volta all’anno, e controllare accuratamente tutti i
pezzi, ossia tutti i suoi sentimenti e le sue passioni, per ripa-
rare tutti i difetti che vi scopre. E, allo stesso modo che l’oro-
logiaio unge con olio speciale gli ingranaggi, le molle e tutte
le parti meccaniche dell’orologio, affinché tutti i movimenti
siano più dolci, e la ruggine abbia meno presa, così la persona
devota, dopo aver smontato il proprio cuore per rinnovarlo,
deve ungerlo con i Sacramenti della Confessione e dell’Euca-
restia. Questo esercizio ti farà recuperare le forze indebolite
dal tempo, ti riscalderà il cuore, farà riprendere vigore ai tuoi
buoni propositi e rifiorire le virtù del tuo spirito»59.
Quando il processo è autentico, la preghiera porta all’azione
e viceversa. Il valore aggiunto è che la preghiera è praticata con
la semplicità e con l’abbandono insegnato da Francesco di Sales:
“nulla chiedere, nulla rifiutare”. Questo atteggiamento aiuta a
59 Introduzione alla vita devota, V, 1.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL RETTOR MAGGIORE43
purificare le motivazioni della sequela, permette di essere guidati
da Dio e dispone in noi un’autentica libertà.
Maria, la madre di Gesù. Rivolgiamoci a questa Madre,
invochiamo il suo amore materno
Farò solo un breve e sintetico riferimento, ma mi preme sot-
tolineare che la crescita umana nella fede trova un modello spe-
ciale in Maria, la madre di Gesù60.
San Francesco di Sales stabilì che l’opera della Visitazione,
fondata insieme a Giovanna di Chantal, avrebbe avuto come
simbolo un cuore trafitto da due frecce, coronato da una croce,
circondato da una corona di spine e con i sacri nomi di Gesù e
Maria incisi su di esso.
Innanzitutto Maria appare nella teologia di Francesco di
Sales in una forma simile a quella che sarà propria della teolo-
gia del Concilio Vaticano II. Maria è nel cuore della Chiesa. E
la sua missione è quella di attirare e portare tutti a suo Figlio61.
Per questo Francesco di Sales incoraggia ad unirsi a Maria, co-
me i discepoli, per ricevere la fonte dell’unità, lo Spirito Santo.
«Onora, riverisci e rispetta con amore speciale la santa e
gloriosa Vergine Maria: ella è Madre del nostro Padre so-
vrano e perciò anche nostra cara nonna. Ricorriamo a Lei
quali nipotini, gettiamoci sulle sue ginocchia con assoluta
fiducia; in ogni momento, in ogni circostanza, facciamo ap-
pello a questa dolce Madre, invochiamo il suo amore mater-
no e, facendo ogni sforzo per imitare le sue virtù, abbiamo
per Lei un sincero cuore di figli»62.
Inoltre, la figura di Maria, modello di tutte le virtù, presen-
tata come “rivestita di Cristo”, percorre come suo Figlio il cam-
mino dell’umiltà. Con la sua totale dipendenza da Dio, la sua
disponibilità a Lui, Maria riceve abbondantemente la genero-
60 E. MCDONNELL, God Desires You, 127-135.
61 Cfr. OEA XXVI, 266 in E. MCDONNELL, God Desires You, 128.
62 Introduzione alla vita devota, II,16.

5.2 Page 42

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44ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sità di Dio. Quando canta nel suo Magnificat l’umiltà della ser-
va, è perché ha attirato lo sguardo di Dio.
Infine, il tratto salesiano della devozione alla Vergine, nostra
madre e guida, corrisponde alla fiducia che don Bosco riponeva
in Maria come Consolatrice, Immacolata e Ausiliatrice di tutti
i fratelli di suo Figlio. Maria coopera al piano di salvezza di
Dio e, nelle parole di Francesco di Sales, Dio «ha fatto passare
Maria attraverso tutti gli stati di vita, affinché tutti possano
trovare in lei ciò di cui hanno bisogno per vivere adeguatamente
il proprio stato di vita»63.
In lei vediamo ciò che Dio è pronto a fare con il suo amore,
quando trova cuori disponibili come quello di Maria. Svuotandosi,
riceve la pienezza di Dio. Rimanendo disponibile a Dio, lascia
spazio perché Dio compia in lei grandi cose.
La contemplazione di Maria, con la sua vita e il suo sì a Dio,
ci invita ad aprirci anche noi all’amore di Dio, nella consape-
volezza che il cuore di Gesù, sull’albero della croce, ci contem-
pla e ci ama. In Maria vediamo completato il vero destino del
nostro cuore, unito al cuore di Dio.
Francesco di Sales, un umanista cristiano che comunica
Dio
C’è un’altra caratteristica per la quale Francesco di Sales è
forse più conosciuto negli ambienti culturali del nostro mondo:
è il Patrono dei giornalisti.
In un’epoca in cui la comunicazione si realizza in tanti mo-
di, con i suoi innegabili vantaggi e difetti, Francesco di Sales si
distingue per un valore che dà dignità alla professione giorna-
listica: la ricerca e la diffusione della verità.
Quando Papa Pio XI, nel 1923, dichiarò Francesco di Sales
patrono dei giornalisti64, ne indicò le principali caratteristiche
63 OEA IX, 342 in E. MCDONNELL, God Desires You, 134.
64 PIO XI, Rerum omnium perturbationem. Lettera enciclica su San Francesco
di Sales, 26 gennaio 1923.

5.3 Page 43

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IL RETTOR MAGGIORE45
di comunicatore. La sua amabile via di santità mostrò agli
altri, attraverso i suoi scritti, la via sicura e semplice della per-
fezione cristiana.
Mostrare, come fece Francesco di Sales, che la santità è per
tutti e che è perfettamente conciliabile con tutti gli uffici e le
condizioni della vita civile, comporta anche saper comunicare i
contenuti della fede e della religione in un linguaggio semplice,
comprensibile e gradevole. E questa è la virtù e la caratteristi-
ca salesiana di una comunicazione della verità, con ogni stru-
mento possibile, affinché l’annuncio raggiunga tutti e aiuti tut-
ti a comprendere il messaggio che si intende trasmettere.
Il desiderio di comunicare la verità del Vangelo era accom-
pagnato in Francesco di Sales da una creatività e originalità
senza pari, dimostrate ad esempio con i manifesti che appen-
deva in luoghi pubblici o che distribuiva sotto le porte, quando
non aveva un pulpito per impartire le sue catechesi al popolo
di Dio che gli era stato affidato come loro pastore. In questo mo-
do semplice, libero e accessibile egli si rendeva presente.
Pio XI, nella sua enciclica per il terzo centenario della morte
di Francesco di Sales, enuncia i principi fondamentali, tuttora
validi e degni di considerazione come modello di comportamen-
to retto, professionale e onesto.
«Ma vorremmo che da queste solenni ricorrenze [del terzo
centenario della morte di Francesco di Sales] precipuo van-
taggio ritraessero tutti quei cattolici, che con la pubblicazione
o di giornali o di altri scritti illustrano, promuovono e difen-
dono la cristiana dottrina. Ad essi è necessario, nelle discus-
sioni, imitare e mantenere quel vigore, congiunto con mode-
razione e carità, tutto proprio di Francesco. Egli, infatti, con
il suo esempio, insegna loro chiaramente la condotta da te-
nere. Innanzi tutto studino con somma diligenza e giungano,
per quanto possono, a possedere la dottrina cattolica; si guar-
dino dal venir meno alla verità, né, con il pretesto di evitare
l’offesa degli avversari, la attenuino o la dissimulino; abbia-

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46ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
no cura della stessa forma ed eleganza del dire, e si studino
di esprimere i pensieri con la perspicuità [cioè la chiarezza,
la trasparenza, l’intelligibilità] e l’ornamento delle parole, in
maniera che i lettori si dilettino della verità. Se si presenta
il caso di combattere gli avversari, sappiano, sì, confutare
gli errori e resistere alla improbità dei perversi, ma in modo
da dare a conoscere di essere animati da rettitudine e soprat-
tutto mossi dalla carità. E poiché non consta che il Sales sia
stato dato a Patrono dei ricordati scrittori cattolici con pub-
blico e solenne documento di questa Apostolica Sede, Noi,
cogliendo questa fausta occasione, di certa scienza e con ma-
tura deliberazione, con la Nostra apostolica autorità diamo
o confermiamo, e dichiariamo, mediante questa Lettera En-
ciclica, san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra e dottore
della Chiesa, celeste patrono di essi tutti, nonostante qual-
siasi cosa in contrario»65.
Abbiamo qui un prezioso impegno per la verità e la sua dif-
fusione, per lo stile salesiano della bontà e della dolcezza,
per la semplice proclamazione, per la retta intenzione di far
giungere l’annuncio della verità a tutti, cercando sempre il
bene delle persone.
L’annuncio e la proclamazione della fede, oltre a ciò che ab-
biamo appena detto, comporta un altro aspetto importante da
considerare, al quale Francesco di Sales fu fedele. Come vescovo
di Ginevra, egli si preoccupò sempre dell’evangelizzazione del
popolo di Dio e soprattutto della catechesi. Come Famiglia di
don Bosco, non possiamo perdere né dimenticare questo valore
carismatico. Comunicare il messaggio del Vangelo perché sia
vissuto fa parte del nostro carisma. La Congregazione salesiana,
la Famiglia salesiana, sono nate da un semplice catechismo66.
65 Ibi. I corsivi sono miei.
66 L’incontro con Bartolomeo Garelli nella chiesa di San Francesco d’Assisi,
l’8 dicembre 1841: «Mi alzai e feci il segno della santa croce per cominciare, ma
il mio allievo nol faceva perché ignorava il modo di farlo. In quel primo cate-

5.5 Page 45

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IL RETTOR MAGGIORE47
La Chiesa ha recentemente istituito il ministero del catechista67.
Con queste prospettive ci è offerta una magnifica opportunità
per rivitalizzare la nostra dimensione evangelizzatrice.
Non dimentichiamo che anche Don Bosco, con i mezzi che
aveva a disposizione all’epoca, nel corso di quarant’anni anni
pubblicò 318 opere, perché come Francesco di Sales era convin-
to che una buona parola o una ricca lettura potesse operare un
grande bene. Tutti gli sforzi non erano nulla per lui al fine di
ottenere il bene e la salvezza di una persona.
Infine, fu sempre intenzione di Francesco di Sales raggiun-
gere tutti e proclamare la salvezza e la liberazione che l’Amore
di Dio offre. L’intento divenne realtà nel suo particolare eserci-
zio di amabilità e zelo pastorale, andando a visitare, ad incon-
trare, cercando e incoraggiando le persone in vari modi. La fon-
dazione dell’Ordine della Visitazione, realizzata insieme a Gio-
vanna de Chantal, ci parla, nel linguaggio del tempo, della
“Chiesa in uscita” proposta da Papa Francesco, che va incontro
a chiunque voglia ascoltare il messaggio di Gesù.
L’immagine di don Bosco che visita i ragazzi durante la set-
timana nei loro luoghi di lavoro, l’immagine di Francesco di Sa-
les che visita i suoi parrocchiani e lascia sotto le porte delle loro
case un messaggio di fede e di amore per Dio, l’immagine ispi-
ratrice della Vergine Maria in visita della sua parente Elisa-
betta, dovrebbero incoraggiarci, entusiasmarci e quasi sfidarci.
chismo mi trattenni a fargli apprendere il modo di fare il segno della croce e a
fargli conoscere Dio creatore e il fine per cui ci ha creati. [...] Questo è il pri-
mordio del nostro Oratorio, che benedetto dal Signore prese quell’incremento,
che certamente non avrei potuto allora immaginare». Cfr. G. BOSCO, Memorie
dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855 in ISS, Fonti salesiane.
1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, 1237.
67 Cfr. FRANCESCO, Antiquum ministerium. Lettera apostolica in forma
di «motu proprio» con la quale si istituisce il ministero di catechista, 10 mag-
gio 2021.

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48ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Conclusione
Anche noi, come Famiglia salesiana, abbiamo bisogno di
esplicitare il “carisma della visitazione”, come desiderio che
portiamo nel cuore di annunciare, senza aspettare che siano gli
altri a venire da noi, andando in spazi e luoghi abitati da tante
persone per le quali una parola gentile, un incontro, uno sguar-
do pieno di rispetto può aprire i loro orizzonti verso una vita
migliore.
Insomma, andare incontro ai giovani, ovunque e comunque
si trovino, continua ad essere il nostro tratto più distintivo, che
conferma l’intenzione e la volontà di don Bosco di amare ciò che
i giovani amano affinché essi amino ciò che noi amiamo, diffon-
dendo lo spirito salesiano, la nostra “opzione Valdocco”, ovun-
que ci porti il desiderio di stare con i giovani, vivendo un vero
“sacramento salesiano della presenza”, e l’impegno a realizzare
“piccoli esercizi di carità”.
Così siamo nati e così vogliamo seguire don Bosco, che ha
trovato in Francesco di Sales un modello e uno spirito affine,
una sorta di anima gemella.
L’anniversario che celebriamo quest’anno ci aiuti a conti-
nuare a crescere nella dedizione ai giovani poveri e abbando-
nati con il carisma salesiano di don Bosco intriso dello spirito
di san Francesco di Sales.
Don Ángel FERNÁNDEZ ARTIME, sdb
Rettor Maggiore
******

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IL RETTOR MAGGIORE49
PER RILEGGERE E RIFLETTERE, E LASCIAR RIPOSARE
NEL CUORE
Termino questo commento alla Strenna 2022 riportando al-
cuni pensieri di san Francesco di Sales, di don Bosco, di Papa
Francesco e anche qualche riga di ciò che ho scritto. Sono scelti
per aiutare a rileggere e a riflettere sulla Strenna e perché, la-
sciandoli riposare nel cuore, portino frutto nella nostra vita.
• La carità e la dolcezza di San Francesco di Sales mi guidino
in ogni cosa.
• “Niente per forza” è una bella proposta, un invito da acco-
gliere come una preziosa regola di vita personale.
• Come vescovo tridentino, promotore della riforma cattolica,
educato nella lotta contro la tiepidezza della fede, scelse la
via del cuore e non quella della forza. E non ha fatto altro
che contemplare e vivere l’atteggiamento di Dio.
• Dio, con la sua grazia, agisce con forza, ma non per obbliga-
re o costringere, ma per attirare il cuore, non per violare,
ma per amare la nostra libertà.
• Dio, come amava dire Francesco di Sales, ci attira a sé con
la sua gentile iniziativa, a volte come una vocazione o una
chiamata, a volte come la voce di un amico, come un’ispira-
zione o un invito e a volte come una “prevenzione”, perché
sempre anticipa. Dio non si impone: bussa alla nostra porta
e aspetta che gli apriamo.
• Non riteniamo possibile educare senza il sacro rispetto della
libertà di ogni persona. Dove non si rispetta la libertà del-
l’individuo, Dio è assente.
• La forza dell’attrazione di Dio, potente ma non violenta, sta
nella dolcezza della sua attrazione.
• La mistica salesiana, questo amore di Dio di cui parliamo,
lungi dall’escludere l’amore per gli altri, lo richiede.

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50ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
• L’essere umano, il giovane, ogni persona, tutti noi, portiamo
iscritto nel nostro essere il bisogno di Dio, il desiderio di
Dio, «la nostalgia di Dio».
• Dio è presente e si rende presente ad ogni persona in quei
momenti della sua vita che solo Dio stesso sceglie e nel mo-
do che solo Dio conosce.
• Sia Francesco di Sales che don Bosco fanno della vita quoti-
diana un’espressione dell’amore di Dio, che viene ricevuto e
anche ricambiato. I nostri santi hanno voluto avvicinare la
relazione con Dio alla vita e la vita alla relazione con Dio.
Questa è la proposta della “santità della porta accanto” o della
“classe media della santità”, di cui Papa Francesco ci parla
con tanto affetto. «Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio
paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli,
negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a
casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sor-
ridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo gior-
no vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte
la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino
a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare
un’altra espressione, “la classe media della santità”».
• Dio non ci ama perché siamo buoni, ma perché Lui è buono.
• Il compimento della volontà di Dio non si raggiunge at-
traverso sentimenti di “indegnità”, ma con la speranza
nella misericordia e nella bontà di Dio. Questo è l’ottimismo
salesiano.
Francesco di Sales risponde all’amore di Dio con l’amore.
• Io ti amerò, o Signore, almeno in questa vita, se non mi sarà
dato di amarti nella vita eterna; almeno ti amerò qui, o Dio,
e spererò sempre nella tua misericordia.
• La crisi di Francesco di Sales ha rivelato la parte più
profonda del suo essere: un cuore innamorato di Dio.
• La convinzione che l’amore di Dio non si basa sul sentirsi

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IL RETTOR MAGGIORE51
bene, ma sul fare la volontà di Dio Padre, è il centro della
spiritualità di Francesco di Sales e deve essere il modello
per tutta la Famiglia di don Bosco.
• Fare un cammino dalle consolazioni di Dio al Dio delle con-
solazioni, dall’entusiasmo al vero amore
• Passare dall’innamoramento al vero amore per gli altri.
• Fare tutto per amore, niente per paura, perché è la miseri-
cordia di Dio, e non i nostri meriti, che ci spinge ad amare.
• Se sant’Agostino diceva che «il nostro cuore è inquieto fin-
ché non riposa in te», seguendo il pensiero di Francesco di
Sales, potremmo dire con von Balthasar, che è «impaziente
il tuo cuore [Dio] finché noi non riposiamo in te, e tempo ed
eternità sprofondano l’uno nell’altra».
• Don Bosco vuole che l’amore per Cristo ci porti all’amore per
i giovani, caratteristica salesiana della nostra vita e sfida
permanente per la Famiglia di Don Bosco oggi e sempre.
• La sua vita di preghiera è la sua storia personale d’amore
con Dio.
• Per Francesco di Sales, la preghiera come comunicazione
con Dio è il cuore dell’uomo che parla al cuore del Signore.
È la forma di preghiera della spiritualità incarnata.
• La preghiera ci permette di trovare il cuore di Dio e di
conformare il nostro cuore al suo.
• La carità è la misura della nostra preghiera, perché il no-
stro amore per Dio si manifesta nell’amore per il prossimo.
• Questa è la “preghiera della vita”: compiere tutte le nostre
attività nell’amore e per amore di Dio, in modo tale che tut-
ta la nostra vita diventi una preghiera continua.
• Conviene trovare momenti per ritirarsi nel proprio cuore,
lontano dal trambusto e dall’attivismo, e conversare cuore
a cuore con Dio.

5.10 Page 50

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52ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
• In lei [Maria] vediamo ciò che Dio è pronto a fare con il suo
amore, quando trova cuori disponibili come quello di
Maria. Svuotandosi, riceve la pienezza di Dio. Rimanendo
disponibile a Dio, lascia spazio perché Dio compia in lei
grandi cose.