ACG431_Vivere_il_sacerdozio


ACG431_Vivere_il_sacerdozio

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2. ORIENTAMENTI E DIRETTIVE
2.1 VIVERE IL SACERDOZIO DA SALESIANI
Don Ivo COELHO
Consigliere Generale per la Formazione
Dopo aver dedicato una lettera a riflettere sulla vocazione
del salesiano laico - "Una rinnovata attenzione al salesiano
coadiutore" (ACG 424) - è giusto concentrare lo sguardo sulla
vocazione del salesiano prete.
Non va dimenticato che il primo traguardo da perseguire nel-
la sezione formazione del progetto del Rettor Maggiore e del suo
consiglio per il periodo 2014-2020 è "Promuovere nella Congre-
gazione una migliore comprensione della vocazione consacrata
salesiana nelle sue due forme", "approfondendo i temi come la
vita consacrata, il salesiano sacerdote e il salesiano coadiutore"
(ACG 419 52). È questa una risposta all'invito del CG27 ad
esplorare in profondità la nostra identità carismatica, a crescere
nella consapevolezza della nostra vocazione e a vivere fedelmen-
te il progetto apostolico di Don Bosco, focalizzando l'attenzione
su quattro aree tematiche: «Vivere nella grazia di unità e nella
gioia la nostra vocazione consacrata salesiana, che è dono di Dio
e progetto personale di vita; fare una forte esperienza spirituale,
assumendo il modo d'essere e agire di Gesù obbediente, povero e
casto, e diventando ricercatori di Dio; costruire la fraternità nel-
le nostre comunità di vita e di azione; dedicarsi generosamente
alla missione, camminando con i giovani per dare speranza al
mondo» (CG27 p. 90). Già il CG26 aveva chiesto ai salesiani di
"dare priorità e visibilità all'unità della consacrazione aposto-
lica, pur realizzandola nelle due forme diverse" e di «approfon-
dire l'originalità salesiana del ministero ordinato e promuovere
maggiormente la vocazione del salesiano coadiutore» (CG26 55).
Presentiamo queste riflessioni e orientamenti sul salesiano
presbitero quando siamo ormai prossimi all'inizio del CG28, nel-
la speranze che servano come contributo per la riflessione che

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56 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
nasce dal grande interrogativo che ci siamo posti e che è al cen-
tro del Capitolo stesso: "Quali salesiani per i giovani di oggi?".
1. Alcune considerazioni generali
La nostra vocazione consacrata salesiana è un dono
Il primo passo sta nel riconoscere che la nostra vocazione è
un dono di Dio. Don Juan Vecchi, ottavo successore di Don Bosco,
ci ha ricordato che la categoria del "dono" è fondamentale per
comprendere la vera natura della vita consacrata. È infatti un
termine che ricorre molto frequentemente in Vita Consecrata
«riferito alla totalità della Vita Consacrata, a ciascuna delle sue
manifestazioni storiche o carismi, a molte delle sue componenti o
aspetti particolari: i voti, la comunità, il servizio di carità. Un
dono ricevuto ed un dono offerto» (ACG 357 8). I molti santi che
hanno vissuto la loro consacrazione religiosa come sacerdoti o
che sono stati sacerdoti fondatori di famiglie religiose, sono essi
stessi doni meravigliosi alla Chiesa: Basilio, Benedetto, Domeni-
co, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Giovanni della croce,
Giuseppe Vaz, Francesco di Sales, Vincenzo de Paoli, Don Bosco
Giuseppe Benedetto Cottolengo, solo per citarne alcuni. In questo
nostro tempo siamo stati benedetti con Papa Francesco, che porta
nella Chiesa il dono del suo sacerdozio vissuto come religioso.
La nostra vocazione consacrata salesiana è un dono di Dio a
noi, ai giovani, alla Chiesa, al mondo e siamo chiamati a esserne
profondamente grati e gioire della sua bellezza.
La consacrazione religiosa è la nostra fondamentale identità
nella Chiesa
La nostra consacrazione religiosa è la nostra identità fonda-
mentale nella Chiesa. Il diritto canonico illustra la natura del
popolo di Dio, costituito dai fedeli laici, dai ministri ordinati e

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 57
membri della gerarchia, e dai membri di istituti di vita consa-
crata e società di vita apostolica. Come religiosi, tutti noi, sale-
siani sacerdoti e salesiani laici, apparteniamo alla vita consacra-
ta nel popolo di Dio. Qui sta la fonte della nostra vocazione e
missione. È qui che la Chiesa ci colloca e dove desidera vederci
fiorire e portare frutto.
Stranamente, non c'è stata sufficiente attenzione nella Chie-
sa al tema del sacerdozio religioso. Don Viganò, settimo succes-
sore di Don Bosco, commenta due volte questo fatto; la prima vol-
ta nella sua lettera del 1991, "Ci sta a cuore il prete del duemila"
(ACG 335), dopo il sinodo sulla formazione al sacerdozio, e poi di
nuovo nel 1995, in "Il Sinodo sulla Vita consacrata" (ACG 351).
un peccato, però - afferma don Egidio - che nel Sinodo non si
sia neppure accennata la delicata e complessa problematica del
religioso-prete. Forse i tempi non sono ancora maturi e c'è biso-
gno, prima, di ulteriori ricerche dottrinali"1• Anche oggi la situa-
zione sembra rimanere la stessa. La nuova Ratio per la Chiesa,
Il dono della vocazione presbiterale (2016), non contiene alcuna
considerazione speciale per il sacerdote religioso, nonostante il
fatto che nel 2016 vi fossero 134.495 sacerdoti religiosi, pari al
32,3%, cioè quasi un terzo del numero totale di sacerdoti nella
Chiesa cattolica.
Per noi, tuttavia, è urgente riflettere sull'identità del sale-
siano prete. Una identità chiara e sana porta gioia e unità nella
vita e dà una direzione stabile al lavoro apostolico. In questa
lettera cercheremo di evidenziare ciò che sta alla radice dell'es-
sere salesiano presbitero all'interno nella nostra unica vocazione
consacrata, attingendo a una comprensione rinnovata della vita
religiosa e del sacerdozio. La vita fraterna, i consigli evangelici e
la missione non sono elementi che esistono accanto al ministero
dei salesiani preti. Sono piuttosto la matrice fondamentale e la
1 ACG 351 20 = Lettere circolari di don Egidio Viganò ai Salesiani (Roma
1996) 1535.

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58 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
radice vitale della nostra vocazione. Nelle parole della nostra
Ratio: «Il salesiano sacerdote [o diacono] congiunge in sé i doni
della consacrazione salesiana e quelli del ministero pastorale,
ma in modo tale che è la consacrazione salesiana a determinare
le modalità originali del suo essere sacerdote e dell'esercizio del
suo ministero» (FSDB 39).
Salesiani presbiteri e salesiani laici partecipano dello stesso
sacerdozio di Cristo
La riflessione teologica nel periodo postconciliare è caratte-
rizzata da un'intensa presa di coscienza del legame tra il sacer-
dozio ministeriale e il sacerdozio comune dei fedeli. Tutti noi,
salesiani chierici e coadiutori, partecipiamo del sacerdozio di
Cristo.
Il sacerdozio di Cristo è unico e assolutamente originale.
Nelle altre religioni, e persino nell'ebraismo, il sacerdote appar-
tiene alla sfera del sacro. Nel Nuovo Testamento, invece, lungi
dall'essere una peculiare espressione religiosa del sacro, il sa-
cerdozio di Gesù deriva direttamente dalla sua .vita e dagli
eventi salvifici della sua Pasqua, e coinvolge così l'intera realtà
umana. Il sacrificio di Gesù è un sacrificio di obbedienza:
consiste nell'offrire se stesso completamente e interamente al
Padre, fino alla consegna totale di sé sulla croce. La sua vita e
la sua morte trasformano le nostre resistenze e il male che
portiamo dentro, aprendo la strada al pentimento e al perdono,
alla nuova vita di Zaccheo, Pietro, Maria di Magdala, cioè alla
vita della risurrezione. «Poiché con un'unica oblazione egli
ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati» (Eh
10,14).
Quindi per noi c'è un solo sacerdote e un solo sacrificio, te-
nendo conto del fatto che, dal punto di vista ebraico, Gesù era
un laico, e che il suo sacrificio si è compiuto non nel tempio, ma
sul Calvario e in un contesto che certamente non era "sacro".
«Un tale modo di diventare sommo sacerdote è diametralmente

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 59
opposto rispetto all'antico: invece di una separazione rituale,
troviamo una solidarietà esistenziale; invece di un innalzamento
al di sopra degli altri, troviamo un estremo abbassamento; in-
vece di una proibizione di ogni contatto con la morte, troviamo
l'esigenza di accettare la sofferenza e la morte»2•
Tutti i battezzati in Cristo sono infatti chiamati a unirsi con
lui, offrendo i loro corpi come sacrificio vivente, santo e gra-
dito a Dio (Rom 12,1). Questo è il "sacerdozio comune" dei fe-
deli, e tutti noi, salesiani coadiutori e chierici, partecipiamo a
questo sacerdozio. Questo sacerdozio comune fondato sul bat-
tesimo, è «l'espressione suprema della dignità umana... la
modalità storica per sentirsi coinvolti nella redenzione e nella
salvezza» (ACG 335 16-17). Non c'è dignità più alta di quella
che ci è stata conferita con il battesimo. Per chi tra noi è abi-
tuato a sentir parlare del sacerdote come di un alter Christus,
queste parole di san Giovanni Paolo II possono sorprendere e
farci del bene.
Già al tempo dei Padri, si era soli ti affermare: "Christianus alter
Christus" (Il cristiano è un secondo Cristo), intendendo con ciò sottoli-
neare la dignità del battezzato e la sua vocazione, in Cristo, alla santità.
...Sant'Agostino... soleva ripetere: "Vobis sum episcopus, vobiscum
christianus" ("Per voi sono vescovo, con voi sono cristiano"). A ben
riflettere, significa ben più christianus che non episcopus, anche se si
tratta del Vescovo di Roma3•
Il sacerdozio ministeriale esiste soltanto per servire
Il sacerdozio ministeriale è totalmente al servizio del sacer-
dozio comune dei fedeli. Il suo unico scopo è aiutare i discepoli
di Cristo a partecipare al suo sacerdozio, a superare il male con
l'amore e il perdono e ad offrirsi totalmente al Padre (ACG 335
2 ALBERT VANHOYE, "La novità del sacerdozio di Cristo," La Civiltà Cattolica
n. 3541, n. 1 (1998) 16-27.
3 GIOVANNI PAOLO II, Varcare le soglie della speranza, Mondadori, Milano
1994, 11-12.

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60 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
15-20). Ponendo il ministro nel cuore della sua comunità, l'ordi-
nazione lo consacra al servizio di quella comunità. È una grazia
non di separazione ma di comunione. Il sacerdote è chiamato ad
avere il cuore del Buon Pastore e ad avere «una consapevolezza
e un sentimento interiore che lo legano inseparabilmente» a co-
loro a cui è inviato. La carità pastorale porta ad una costante
immersione nella vita del popolo di Dio, nella continua auto-do-
nazione del servizio4.
"Questa carità pastorale", il Concilio Vaticano II ci ricorda,
«scaturisce soprattutto dal sacrificio eucaristico, il quale risulta
quindi il centro e la radice di tutta la vita del presbitero» (PO 14).
Se nell'Eucaristia ogni battezzato è chiamato a unirsi all'offerta
che Gesù ha fatto di se stesso al Padre, con tanto più ragione
quelli chiamati al sacerdozio ministeriale sono chiamati ad appli-
care a se stessi «ciò che viene realizzato sull'altare» (PO 14),
prendendo e offrendo se stessi al Padre, rompendosi come il pane
e donandosi ai loro fratelli e sorelle, trasformando le loro vite in
Eucaristia.
La carità pastorale non è un nuovo elemento che arriva dopo
l'ordinazione, identificato con particolari "attività pastorali"
riservate al sacerdote, ma è invece alla radice stessa della voca-
zione dei Salesiani .chiamati a diventare presbiteri. La carità
pastorale è al centro del nostro spirito, come forza trainante e
motivazione che dà energia a tutto ciò che siamo e facciamo.
Don Bosco ha vissuto e ci ha trasmesso, sotto l'ispirazione di Dio, uno
stile originale di vita e di azione: lo spirito salesiano.
Il suo centro e la sua sintesi è la carità pastorale, caratterizzata da quel
dinamismo giovanile che si rivelava cosi forte nel nostro Fondatore e
alle origini della nostra Società: è uno slancio apostolico che ci fa cer-
care le anime e servire solo Dio (C 10).
Il salesiano prete è un uomo che si lascia guidare dalla carità,
"ordinato" per servire. Si comprende subito perché il clericalismo
4 S. DIANICH, Teologia del ministerio ordenado. Una interpretaci6n eclesio-
l6gica, Ed. Paulinas, Madrid 1988, 324.

1.7 Page 7

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 61
non può e non deve trovare posto nella sua vita. Don Egidio
Viganò anticipa in modo sorprendente i forti richiami di Papa
Francesco contro il clericalismo.
Se c'è un'incrostazione veramente deleteria da eliminare in un
ministro ordinato è quella di una eventuale modalità «clericalista» (di
cui non mancano esempi nella storia) che lo porti a far da «padrone»
nel Popolo di Dio; essa in nulla si addice a Cristo Buon Pastore, che
è il «Servo di Jahvè». Il prete che la facesse propria dimostrerebbe
di non aver capito il sacerdozio della Nuova Alleanza (ACG 335 18).
Ci fa bene accogliere l'invito di Papa Francesco a meditare
sulla "incommensurabile grandezza del dono" e sulla nostra
piccolezza.
L'incommensurabile grandezza del dono che ci è stato dato per il
ministero ci relega tra i più piccoli degli uomini. Il sacerdote è il più
povero degli uomini - sì, il sacerdote è il più povero degli uomini - se
Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il più inutile servo se
Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo
istruisce pazientemente come fece con Pietro, il più indifeso dei cri-
stiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge.
Leggendo in contrasto l'annuncio a Zaccaria nel Santo dei
Santi dentro il tempio di Gerusalemme e l'annuncio a Maria in
un villaggio sconosciuto della Galilea, in un tempo segnato da
conflitti e miserie, il Papa continua presentando un appello pa-
terno ai sacerdoti.
Nessuno di noi è stato chiamato per un posto importante, nessuno.
A volte senza volerlo, senza colpa morale, ci abituiamo a identificare la
nostra attività quotidiana di sacerdoti, religiosi, consacrati, laici, cate-
chisti, con determinati riti, con riunioni e colloqui, dove il posto che oc-
cupiamo nella riunione, alla mensa o in aula è gerarchico; somigliamo
più a Zaccaria che a Maria.
Il Papa invita quindi i sacerdoti a tornare a Nazaret: «Forse
dobbiamo uscire dai luoghi importanti e solenni; dobbiamo
tornare ai luoghi in cui siamo stati chiamati, dove era evidente
che l'iniziativa e il potere erano di Dio». Il segreto è di "tornare
a Nazaret" per rinnovarci come pastori che sono allo stesso
tempo discepoli e missionari. Dobbiamo pregare senza mai

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62 AITI DEL CONSIGLIO GENERALE
stancarci con le parole di nostra Madre: «Sono sacerdote, per-
ché Lui ha guardato con bontà la mia piccolezza (cfr. Le 1,48)»5•
2. Il salesiano presbitero
Abbiamo parlato del sacerdozio battesimale come la nostra
più grande e insuperabile dignità (anche per il vescovo di Roma!),
e di come il sacerdozio ministeriale sia in tutto e per tutto un
ministero interamente proteso verso il servizio del sacerdozio
battesimale. Il salesiano sacerdote assume completamente il
sacerdozio ministeriale e lo vive "dal di dentro" della sua consa-
crazione salesiana.
Troviamo la stessa verità di base circa la nostra identità espres-
sa nell'articolo 3 delle nostre Costituzioni, che è come una pas-
sword per l'intero testo costituzionale: «La missione dà a tutta la
nostra esistenza il suo tono concreto, specifica il compito che ab-
biamo nella Chiesa e determina il posto che occupiamo tra le fami-
glie religiose». Non è primariamente ciò che facciamo nella grande
varietà delle nostre opere che definisce la dimensione missionaria
della nostra vita, quanto piuttosto la nostra stessa esistenza come
salesiani consacrati. Anzi, "siamo una missione" come afferma
Papa Francesco: «È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere
se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra,
e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé
stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire,
vivificare, sollevare, guarire, liberare» (EG 273). Se questo è vero
per ogni cristiano, lo è sicuramente per coloro che sono chiamati a
fare della loro consacrazione battesimale la ragion d'essere della
loro vita attraverso la consacrazione religiosa e sacerdotale.
5 Papa FRANCESCO, incontro con i vescovi, i preti, i religiosi e le religiose, con-
sacrati e seminaristi, catechisti e animatori durante il viaggio apostolico in Mo-
zambico, Madagascar e isole Mauritius, 5 settembre 2019: https://w2.vatican.va/
content/francesco/it/speeches/2019/septemberIdocuments/papa-francesco
20190905 consacrati-mozambico.html (02.11.2019).

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 63
Se la missione che ho ereditato con il carisma di Don Bosco
non "dà il tono concreto" a tutta la mia vita, non sono né un
salesiano né un prete, perché l'unica modalità di vivere il sacer-
dozio che la Chiesa riconosce in me quando sono stato scelto per
ricevere gli ordini sacri è quella contenuta nelle nostre Costitu-
zioni, dal primo all'ultimo articolo. Anche il rito di ordinazione
lo esprime con chiarezza: è la Congregazione nella persona del-
1'ispettore che presenta le "credenziali" di chi sta per essere or-
dinato, ed è congiuntamente al vescovo ordinante e all'ispettore,
che rappresentano l'insieme della Chiesa e della Congregazione,
che si fa promessa di obbedienza. È infatti sempre e solo nel-
l'autorità della Chiesa e della Congregazione che la potestas di
un prete salesiano trova la sua fonte sorgiva e la sua piena
giustificazione6•
Come diremo nuovamente in seguito, la missione non è mai
generica. Si compie in un campo specificatamente assegnatoci e
in modo salesianamente originale, con radici che vengono dal-
1'alto, come professiamo nel primo articolo delle Costituzioni.
Con senso di umile gratitudine crediamo che la Società di san Fran-
cesco di Sales è nata non da solo progetto umano, ma per iniziativa di
Dio. Per contribuire alla salvezza della gioventù, "questa porzione la
più delicata e la più preziosa dell'umana società", lo Spirito Santo
suscitò, con l'intervento materno di Maria, san Giovanni Bosco.
6 Nel diritto canonico il termine usato per esprimere ciò che è conferito con
la ordinazione (diaconale, sacerdotale, episcopale) è potestas. È interessante
notare che per 155 volte nella traduzione ufficiale italiana del codice si trova il
termine potestà, mentre solo due volte viene usato il termine potere, in riferi-
mento al potere civile (can. 285 e 1254). La potestà sempre rimanda alla sorgente
da cui essa proviene, ultimamente al "potere concesso da Cristo ai suoi apostoli e
ai loro legittimi successori, per reggere e governare i fedeli e indirizzarli alla vita
eterna" (https://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?action =view&dizionario = 9
- 26.11.19). Lapotestas conferita con l'ordinazione non è un potere privato che
posso esercitare a piacimento come e dove voglio, e che posso investire, come fosse
un mio patrimonio, ora in una congregazione religiosa e ora in qualche diocesi, a
seconda della convenienza. È piuttosto quanto la Chiesa mi affida secondo il suo
disegno, che nel nostro caso è espresso nelle Costituzioni che la Chiesa stessa ha
approvato.

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64 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Formò in lui un cuore di padre e di maestro, capace di una dedizione
totale: "Ho promesso a Dio che fin l'ultimo mio respiro sarebbe stato
per i miei poveri giovani".
Passiamo ora ad alcuni punti circa l'identità-missione del sa-
lesiano presbitero, anche se non si tratterà di uno studio siste-
matico o esaustivo7•
2.1. La comunità
Come insiste la nuova Ratio della Chiesa, la comunità tiene
un posto assolutamente essenziale per la vita di un sacerdote,
sia nelle fasi della sua preparazione (discepolato, configurazione,
sintesi vocazionale), sia nel ministero, vissuto come formazione
permanente8• La vita fraterna in comunità è essenziale per la ma-
turità umana e spirituale, per crescere nell'amore. Come esseri
umani cresciamo solo attraversq relazioni improntate all'amore.
I nostri fratelli e sorelle crescono nella loro capacità di amare e
di essere amati nel seno delle loro famiglie; per noi, salesiani sa-
cerdoti e salesiani laici, questo avviene nel seno della comunità
religiosa e, insieme ai laici, nella comunità educativa e pastorale.
Come religioso, il ministero del salesiano sacerdote è sempre
mediato dalla comunità. Il titolo dell'articolo 44 delle Costitu-
zioni lo dice esplicitamente: "missione comunitaria".
Il mandato apostolico, che la Chiesa ci affida, viene assunto e attuato
in primo luogo dalle comunità ispettoriali e locali i cui membri hanno
funzioni complementari con compiti tutti importanti. Essi ne prendo-
no coscienza: la coesione e la corresponsabilità fraterna permettono di
raggiungere gli obiettivi pastorali.
7 Molti di questi punti possono essere trovati in ACG 335. Dopo aver rile-
vato che il sinodo sulla formazione sacerdotale non aveva trattato il tema del
sacerdozio dei religiosi, don Viganò proseguì dicendo che nella Congregazione
salesiana invece avevamo già elaborato alcune riflessioni, soprattutto quando si
è riflettuto sulla qualità pastorale della nostra missione, riferendosi probabil-
mente al CG23 sull'educazione alla fede (vedi ACG 335 20-29 = Lettere 1091-98).
8 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Il dono della vocazione presbiterale (2016)
51.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 65
Per il salesiano prete questo significa che non c'è spazio per
l'individualismo apostolico: le sue scelte apostoliche devono es-
sere mediate dalla comunità; non possono essere semplicemente
identificare con le sue scelte individuali in base a simpatie, anti-
patie o posizioni personali.
Dobbiamo tenere a mente, inoltre, che la comunità salesiana
è caratterizzata da una complementarità essenziale tra salesiani
preti e salesiani laici.
La presenza significativa e complementare di salesiani chierici e laici
nella comunità costituisce un elemento essenziale della sua fisionomia
e completezza apostolica (C 45).
"Il salesiano-prete deve sentirsi riferito spontaneamente, per
la forza comunionale della sua stessa salesianità, al coadiutore; e
il salesiano-laico deve sperimentare altrettanto verso il confra-
tello prete. La nostra vocazione, radicalmente comunitaria, esige
una comunione effettiva non solo di fraternità tra le persone"9•
La dimensione sacerdotale non è esclusiva dei confratelli sa-
cerdoti e la dimensione laicale non appartiene esclusivamente
ai confratelli coadiutori. La comunità salesiana non è un'aggre-
gazione artificiale di due tipologie di membri che si sforzano in
qualche modo di vivere insieme. Nel cuore di ogni confratello
sono presenti entrambe le dimensioni, evidenziate in modi di-
versi, ma sempre intimamente connesse, in modo che il salesia-
no sacerdote coltiva anche la dimensione laicale della missione
comune, mentre il salesiano coadiutore coltiva anche la dimen-
sione sacerdotale di quella stessa missione. "Senza la dimensio-
ne laicale perderemmo quell'aspetto positivo di sana «secola-
rità» che ci caratterizza nella scelta delle mediazioni educative.
E senza la dimensione sacerdotale correremmo il rischio di per-
dere la qualità pastorale di tutto il progetto. Sbilanciando la
complementarità potremmo cadere, da una parte, in una specie
di attivismo sociale pragmatista e, dall'altra, in un tipo d'impe-
9 ACG 335 23 = Lettere 1093-94.

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66 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
gno pastorale troppo generico che non sarebbe più l'autentica
missione di Don Bosco"10•
Naturalmente don Viganò sottolinea che l'intensità della
carità pastorale e il grado di santità non dipendono dal ministero
ordinato o dai vari servizi che mettiamo a disposizione di altri
perché parte della nostra responsabilità apostolica condivisa, ma
solo dalla nostra vitalità interiore, ossia dal modo in cui viviamo
il sacerdozio comune; detto in altre parole, dalla vita di fede, spe-
ranza e carità. Don Egidio quindi prosegue con delle affermazio-
ni che restano anche oggi alquanto sorprendenti.
La vita di grazia, ossia di carità pastorale, ha - come ha detto San
Tommaso d'Aquino - un valore che è per sé stesso più grande di tutte
le cose create. Saremo tutti giudicati in base all'amore: nella Gerusa-
lemme celeste non ci sarà più bisogno né di Bibbia, né di Vescovi e Pre-
ti, né di Magistero, di Sacramenti, né di Coordinamento, né di tanti
mutui servizi che sono indispensabili qui nella storia. Perciò già ora,
nella comunità ecclesiale, l'ordine delle realtà istituzionali, gerarchiche
e operative passa in seconda linea (se così si può dire; basti pensare a
dove è stato collocato nella «Lumen gentium» il capitolo sul Popolo di
Dio!) di fronte al Mistero a cui esse servono e che rivelano a chi vive la
fede. La santità si radica nel grado di partecipazione e di comunione
con la vita trinitaria. L'intensità della santità la vediamo rappresenta-
ta in Maria; l'autenticità ministeriale in Pietro. Entrambi grandi santi:
ma si vede in essi che il grado di santità non si identifica con quello
gerarchico e ministeriale11•
Il sacerdozio ministeriale non è uno speciale privilegio, quan-
to piuttosto un servizio destinato a cessare, e che già ora occupa
il secondo posto. La sua gloria consiste nel mettersi al servizio
del popolo di Dio affinché tutti, compresi i sacerdoti, possano
raggiungere le "vertiginose altezze" della santità.
10 ACG 335 23-24 = Lettere 1094. Vedi anche ACG 424 65-69: "Una rinno-
vata attenzione al salesiano coadiutore".
11 ACG 335 25 = Lettere 1095. Vedi anche Catechismo della Chiesa Cattolica
773.

2.3 Page 13

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 67
2.2. Il carisma
Essendo salesiano nella sua essenza, come abbiamo visto,
il ministero del confratello sacerdote è sempre mediato dal suo
carisma. Ecco perché il termine salesiano precede la qualifica
successiva di coadiutore o sacerdote: "salesiano" è inteso come
primo indicatore della identità. Il carisma salesiano dà il tono a
t u t t o 12
Visto come modalità di sequela di Cristo, il sacerdozio reli-
gioso è molto diverso dal sacerdozio diocesano. Per il sacerdote
diocesano è centrale e determinante il ministero, al quale dedica
interamente la sua vita. Il sacerdote religioso, invece, trova la
sua regola di vita in un fondatore e nel suo modo originale (e ori-
ginante) di seguire il Signore. L'esistenza del salesiano sacerdo-
te è quindi contrassegnata in tutto e per tutto dal carisma che
ha origine in Don Bosco13• Don Bosco non pensava primaria-
mente al tipo di ministero che gli sarebbe stato affidato nella
Chiesa, come la maggior parte dei giovani seminaristi, che soli-
tamente hanno in prospettiva di dover animare e presiedere una
comunità parrocchiale. Non sentiva di essere chiamato a svolge-
re un ministero già esistente; sentiva piuttosto di essere chia-
mato a concretizzare e tradurre in opere quella nuova pedagogia
12 Ibid. 21:
Sappiamo che la consacrazione propria della nostra professione religiosa è
radicata nella dignità battesimale e ci fa crescere nella fede e nel discepolato di
Cristo con un particolare «Spirito salesiano» per essere segni e portatori del-
l'amore di Dio ai giovani. Giustamente abbiamo espresso questa caratterizza-
zione spirituale ponendo il termine «salesiano» come sostantivo di base; ogni
confratello è così «salesiano-prete» o «salesiano-laico».
In questa lettera sono stati utilizzati i termini presbitero, prete, sacerdote,
come anche laico e coadiutore, riferiti ai confratelli salesiani, nel modo in cui già
si trovano presenti nei documenti della Congregazione, senza voler dare parti-
colari accentuazioni o differenziazioni di significato a ognuno di essi.
13 Vedi A. BOZZOLO, Salesiano prete e salesiano coadiutore: spunti per un 'in-
terpretazione teologica, in Sapientiam dedit illi. Studi su don Bosco e sul cari-
sma salesiano , ed. A. BOZZOLO, LAS, Roma 2015, 340.

2.4 Page 14

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68 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
della grazia che era tutt'uno col suo modo di essere presente tra
i giovani14•
Il sacerdozio assunto nell'orizzonte di un particolare carisma
conferisce al ministero del sacerdote religioso un posto partico-
lare nella Chiesa, che non è uguale a quello del clero diocesano.
Tanto è vero che il sacerdote diocesano è radicato in un partico-
lare territorio, mentre il sacerdote religioso è caratterizzato da
un'apertura universale. Al primo è affidata la cura pastorale or-
dinaria di una parrocchia e di una diocesi, mentre il secondo par-
tecipa a una missione speciale che è trasversale rispetto ai con-
fini territoriali ecclesiastici15• Il sacerdote diocesano è chiamato a
un ministero generale che si rivolge all'intero arco della vita
umana, dal concepimento alla morte. Il sacerdote religioso, in-
vece, ha una vocazione che è essenzialmente un servizio partico-
lare a una fase o dimensione della vita, così come si è manifesta-
to e poi codificato nel suo carisma. San Benedetto, Antonio da
Padova, Camilla de Lellis, e, in tempi più vicini a noi, Massimi-
14 Ibid. 347:
In questo senso, Balthasar riconosce in Pietro la fisionomia tipica del clero
diocesano, mentre individua in Giovanni l'emblema del clero religioso. In questi
due discepoli, infatti, la compresenza di ufficio e amore segue "un movimento
che va in direzioni opposte. Pietro ottiene un ufficio, e per l'ufficio, per eserci-
tarlo meglio, gli viene in aggiunta donato l'amore. Giovanni impersona origi-
nariamente l'amore, [. .. e] a partire dall'aspetto personale ottiene l'ufficio di
sacerdote" (H.U. von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano, Jaca Book, Milano
1984, 247).
Non è senza significato, in questa prospettiva, che mentre Pietro certa-
mente aveva preso moglie, Giovanni sia rimasto vergine: "In quanto vergine egli
è rappresentante dei 'preti regolari' nei confronti del coniugato 'prete secolare'
Pietro". La presenza di Giovanni ai piedi della croce con Maria illumina, poi, il
particolare legame mariano della vita consacrata e dei presbiteri che la assu-
mono. In essi, infatti, il sacerdozio ministeriale e oggettivo pare in modo parti-
colare associato al sacerdozio soggettivo ed esistenziale della consegna di sé,
così come i voti di castità, povertà e obbedienza la richiedono. Nei religiosi pre-
sbiteri, dunque, la grazia dell'ordinazione si colloca dentro lo spazio mariano
dell'obbedienza a Dio propria del loro Ordine, dentro una forma caratteristica
di attuazione dell'amore giovanneo che Maria sempre di nuovo insegna ai
grandi fondatori e ai loro figli spirituali.
15 Ibid. 352.

2.5 Page 15

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 69
liano Kolbe, Alberto Hurtado e tanti altri sono stati così grandi
doni per la Chiesa e per il mondo grazie alla loro fedeltà al cari-
sma particolare a cui sono stati chiamati, e col quale era perfet-
tamente sintonizzato il dono del loro sacerdozio.
Ecco perché le scelte apostoliche di un salesiano sacerdote
sono sempre mediate dal nostro carisma educativo-pastorale per
i giovani, soprattutto quelli più in difficoltà. A volte sento giovani
diaconi o sacerdoti salesiani lamentarsi del fatto che non hanno
avuto occasione di celebrare un battesimo o presiedere a un ma-
trimonio e mi chiedo: quanti battesimi ha celebrato Don Bosco o
quanti matrimoni ha presieduto? Ed era per questo meno prete?
Non dobbiamo mai perdere di vista la particolarità molto con-
creta della fisionomia del salesiano sacerdote, così come Don
Bosco l'ha modellata. Insieme al confratello salesiano laico, il
salesiano prete è invitato a una missione immersa nel mondo
dei giovani e del ceto popolare, che si declina tutta in impegni di
carattere educativo-pastorale, e si rivolge a persone che sono
spesso lontane dalla Chiesa o appartenenti ad altre religioni.
La consacrazione apostolica del salesiano presbitero si con-
cretizza ed esprime nei tre munera del sacerdozio ministeriale.
Attraverso il ministero della Parola (munus docendi) il
salesiano sacerdote semina la parola di Cristo in un'ampia va-
rietà di situazioni e attraverso diverse forme di predicazione,
aiuto e consiglio, illuminando l'esperienza dei giovani, aiutando
a orientare le loro vite, accompagnandoli nella trasformazione e
trasfigurazione della loro esistenza (FSDB 39).
L'identità carismatica emerge anche dal fatto che il mini-
stero della Parola si adatta a un'ampia varietà di situazioni e
contesti. Il salesiano prete è pronto a fare uso degli approcci più
svariati e sa come incontrare i giovani al punto in cui si trova la
loro libertà (C 38). Adattare noi stessi ai giovani e alla loro espe-
rienza, piuttosto che aspettarci che siano loro a conformarsi ai
nostri standard è la prima e fondamentale forma di incultura-
zione salesiana.

2.6 Page 16

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70 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
La figura del salesiano catechista, che era parte della vita di
molte delle nostre case, ci dà un'idea della varietà di forme in
cui il munus docendi può essere realizzato all'interno di un am-
biente salesiano. Il catechista era di solito un salesiano prete
giovane e dinamico, che si occupava di tutto ciò che in vario
modo riguardava l'evangelizzazione, la catechesi e la vita cri-
stiana all'interno della casa salesiana. Si prendeva cura delle
celebrazioni liturgiche e delle pratiche di pietà, della vita dei
gruppi, in particolare di quelli aggregati da un esplicito inte-
resse apostolico (come ad esempio il gruppo missionario); se-
guiva l'animazione vocazionale e l'accompagnamento persona-
le dei giovani. Questa figura, ritrovabile nella storia non remo-
ta delle nostre case, ci aiuta a percepire come il carisma sale-
siano possa fondersi armoniosamente con il munus docendi del
ministero sacerdotale, all'interno della missione affidata alla
comunità.
È significativo anche il fatto che sia il ministero della Parola
ad occupare il primo posto, e non quello della santificazione. Sa-
rebbe un peccato, quindi, se i nostri giovani salesiani giungesse-
ro a concludere la loro formazione specifica con una preoccupa-
zione eccessiva ed esclusiva per il munus celebrandi, piuttosto
che avere nel cuore una vibrante passione per il primo annuncio,
su
cui
insiste
con
forza
Christus
Vivit
16
Il ministero della santificazione (munus sanctificandi)
può avere molte espressioni in chiave salesiana, ma la più signi-
ficativa consiste nel mettersi a servizio dei giovani accampa:
gnandoli nella iniziazione alla vita in Cristo, nella preghiera
liturgica e nella celebrazione dei sacramenti, in particolare
quelli della Riconciliazione e dell'Eucaristia (FSDB 39). Il sale-
siano prete è uno specialista nell'iniziare i Garelli e i Magone
di oggi alla vita sacramentale. Anche in questo campo impara
a incontrare i giovani al punto in cui si trova la loro libertà e
l'esperienza della vita a cui sono stati esposti (cfr. C 38). Sa di
16 CV 214, con riferimento a EG 165.

2.7 Page 17

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 71
essere chiamato ad essere un esperto in quest'arte, con la capa-
cità di creare simboli e linguaggi che abbiano senso per i
giovani di oggi.
Il Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale
diventa un forte appello per la Chiesa, perché ci si rinnovi nel-
la capacità di raggiungere le nuove generazioni, i nativi del
mondo digitale che vivono all'interno dei social networks, con
i grandi rischi ma anche l'immenso potenziale che tutto ciò
comporta. La Chiesa ha il diritto di aspettarsi che i figli di Don
Bosco siano in prima linea nel trovare nuove vie di iniziazione
al mistero di Cristo su questo nuovo terreno digitale. "Non si
tratta più soltanto di 'usare' strumenti di comunicazione, ma di
vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti
profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla perce-
zione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di
apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri"
(CV 86). Il munus sanctificandi prevede di accompagnare que-
sti e altri giovani nel loro incontro con Cristo con una creatività
che emerge dal profondo della nostra vita di fede, speranza e
carità.
Dobbiamo quindi insistere sul fatto che il servizio è quello di
"iniziare" alla vita nello Spirito, e non solo quello di ammini-
strare i sacramenti. Preparare i giovani salesiani perché vivano
con passione e competenza in questo campo apostolico è sicura-
mente una delle grandi sfide che la formazione iniziale deve
affrontare, perché richiede molto di più che l'inserimento di
qualche co_rso aggiuntivo di catechesi o teologia sacramentale in
un piano di studi già zeppo di esami.
Il sacramento della Riconciliazione occupa un posto speciale
nella vita di un sacerdote salesiano, come è stato nella vita di Don
Bosco. Per nostro padre, questo sacramento è stato forse il più
grande mezzo di iniziazione alla vita nello Spirito. Vi ha dedicato
così tanto tempo ed energie, raggiungendo i suoi giovani uno ad
uno, trovando quel «punto accessibile al bene... questa corda

2.8 Page 18

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72 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sensibile del cuore»11 da cui poteva fiorire una nuova vita. Questa
arte spirituale non è spuntata dal nulla. Ripensiamo all'adole-
scente Giovanni Bosco che ha imparato ad amare questo sacra-
mento durante gli anni alla cascina Moglia e poi alla scuola del
buon don Calosso. Andiamo con la memoria al giovane sacerdote
che si prepara sotto la saggia guida di don Cafasso per l'"esame di
confessione" al Convitto. Chiediamoci quale sia il posto di questo
sacramento, prima nella nostra vita personale e poi nel nostro
ministero. Che tipo di sacerdoti salesiani saremo se non siamo
assidui frequentatori di questo sacramento e ci rendiamo rara-
mente disponibili per questo ministero?
Il ministero di animazione della comunità cristiana
(munus pascendi) è totalmente orientato al servizio dell'unità
nelle diverse comunità: la comunità religiosa, la comunità edu-
cativa e pastorale, la Famiglia Salesiana, il movimento salesiano
e la comunità umana e sociale in senso lato (FSDB 39). Anima-
zione, con la sua radice latina anima, consiste nel dare vita e
promuovere unità. Non si tratta quindi di una dinamica vertici-
stica. L'anima è presente ovunque e lavora dall'interno. La
Chiesa invita coloro a cui è stato affidato il munus pascendi ad
adottare un nuovo modo di esercitare l'autorità, che dia luce e
forza alla dinamica della fraternità (NW 41).
È interessante a questo proposito, vedere come viene intesa
l'autorità nei nuovi òrientamenti per il direttore e la comunità
salesiana approvati dal Rettor Maggiore e dal suo Consiglio nel
17 Le Memorie Biografiche, dopo aver narrato il modo di vivere questo sa-
cramento nell'oratorio di Valdocco, offrono un breve sommario di come Don
Bosco "soleva ragionare":
"Siccome non v'è terreno ingrato e sterile che per mezzo di lunga pazienza
non si possa finalmente ridurre a frutto, così è dell'uomo; vera terra morale, la
quale per quanto sia sterile e restìa, produce nondimeno tosto o tardi pensieri
onesti e poi atti virtuosi, quando un direttore con ardenti preghiere aggiunge i
suoi sforzi alla mano di Dio nel coltivarla e renderla feconda e bella. In ogni
giovane anche il più disgraziato avvi un punto accessibile al bene e dovere pri-
mo dell'educatore è di cercar questo punto, questa corda sensibile del cuore e
di trarne profitto" (MB V 367).

2.9 Page 19

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 73
giugno 2019.
Il Sistema Preventivo promuove uno ·stile di leadership in cui la fidu-
cia e la confidenza sono fondamentali nel rapporto tra educatore e gio-
vani, e ugualmente tra i confratelli all'interno della comunità salesia-
na. Il ruolo di guida e animazione di coloro a cui è affidato un "servi-
zio di autorità" non è per questo affatto diminuito. Al contrario, quan-
do tale ruolo e servizio sono vissuti secondo lo spirito salesiano, essi ac-
quistano una maggiore autorevolezza, molto più efficace di ciò che si
riesce ad ottenere solo ricorrendo alla "freddezza di un regolamento"
(Lettera da Roma 1884).
È interessante trovare lo stesso appello alla autorevolezza nel docu-
mento finale dell'assemblea sinodale sui giovani, la fede e il discerni-
mento vocazionale: "Per compiere un vero cammino di maturazione i
giovani hanno bisogno di adulti autorevoli. Nel suo significato etimo-
logico la auctoritas indica la capacità di far crescere; non esprime l'idea
di un potere direttivo, ma di una vera forza generativa" (Documento fi-
nale Sinodo sui giovani, 71).
Per consentire a un salesiano di maturare in questo tipo di auctoritas,
prima come educatore con i giovani e poi anche nel suo servizio di lea-
dership, molta attenzione e cura deve essere data alla sua crescita
umana e spirituale18•
Conseguentemente occorrono una formazione e una qualifi-
cazione chiare negli obiettivi e efficaci negli itinerari da seguire,
così da abilitare a una grande capacità di relazioni umane signifi-
cative, a essere liberi e premuniti contro ogni forma di clericali-
smo, con una buona teologia del laicato alla base e esperienze che
rendano esperti di formazione congiunta con i laici che condivi-
dono la nostra stessa missione. La vita fraterna in comunità deve
diventare un elemento chiaro e criterio ineludibile per il discerni-
mento vocazionale e l'ammissione alla professione perpetua.
Insistiamo su questo punto: nessun prete, tanto meno il sa-
lesiano prete, può ritenersi esente o trovare modi per diluire e
sminuire il servizio della comunione. Gesù è morto per poter riu-
nire in unità tutti i figli dispersi di Dio (Gv 11,52). Ci sono limi-
18 ll direttore salesiano: un ministero per l 'animazione e il governo della co-
munità locale (2019) 40.

2.10 Page 20

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74 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ti che possiamo porre noi verso coloro che Dio considera e vuole
come suoi figli? "Chi è il mio prossimo" non deve forse diven-
tare sempre e senza eccezioni "chi è mio fratello e mia sorella"?
Possiamo noi che siamo discepoli appassionati al seguito del Si-
gnore permetterci di porre dei limiti alla comunione, escludendo
forse prima i samaritani, ma poi anche gli ebrei, e infine le per-
sone di altre religioni, prima quelli giudicati come peccatori, e
poi anche i rifugiati, i migranti e tutti coloro che sentiamo come
intrusi e disturbatori del comfort a cui ci siamo affezionati? Sia-
mo chiamati ad essere profeti della fraternità e non ci sono limi-
ti alla comunione fraterna: si espande in cerchi concentrici per
abbracciare l'intera creazione di Dio, che è Padre di noi tutti, e
che fa splendere il suo sole sui buoni e sui cattivi. E sarebbe be-
ne ricordare che la comunione nella Chiesa è una realtà teologa-
le prima di essere una nostra preoccupazione pastorale. «Tutto
infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le
cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di
colui che si realizza interamente in tutte le cose (to pleroma tou
ta panta en pasin pleromenou) » (Ef 1,22-23).
È nel contesto di questo amore per il Corpo di Cristo, nella
sua totalità e nella sua concretezza come comunità in cui siamo
inseriti, che il servizio dell'autorità trova il suo significato e la
sua giustificazione. Il ministero di Papa Francesco è un costan-
te promemoria del modo evangelico di "servire i servi di Dio" af-
fidati alle nostre cure. Il nuovo Manuale del Direttore offre vali-
di spunti di meditazione e incoraggiamento per i confratelli che
sono chiamati al servizio dell'autorità, una responsabilità che in
diverse aree della Congregazione oggi può esigere grande sacri-
ficio personale.
2.3. Il segno
Come consacrato, il salesiano presbitero è un segno escatolo-
gico, un memoriale vivente del modo di vivere di Gesù. Nel suo
celibato per amore del Regno, egli diventa un segno della vita

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 75
della risurrezione che Gesù offre a tutti19• L'insistenza di Don
Bosco sulle cose ultime (i novissimi) può essere intesa come una
profezia legata a questa nostra identità: siamo nella Chiesa, in
particolare per i giovani, segni della risurrezione. Il salesiano sa-
cerdote è sempre e ovunque un educatore-pastore, sempre orien-
tato al bene totale, alla salvezza di coloro a cui è mandato, "to-
talità" che si comprende e viene definita dalla missione e dalla
persona del Signore Gesù.
Quindi, come tutte le persone consacrate, la vita del salesia-
no sacerdote è segnata da una vera passione per il Signore, che
si traduce ed esprime in una gioia che facilmente diventa conta-
giosa e visibile (l'allegria salesiana! Vedi C 17), «nell'attesa che
si compia la beata speranza, e venga il nostro Salvatore Gesù
Cristo» (Ordinario della Messa, rito di comunione).
Quando presiede la celebrazione dei sacramenti, il confratel-
lo sacerdote sa che agisce in persona Christi e che le sue azioni
hanno un'efficacia (ex opere operato) che non dipende dal suo
esserne degno o dal suo valore come persona. Ma è ugualmente
consapevole del fatto che è chiamato a unire la sua offerta a
quella di Cristo, come tutti i cristiani, e che, come persona con-
19 ACG 342 23 = Lettere 1293: La vita consacrata esprime in modo emi-
nente la natura sacramentale della Chiesa. "In particolare proclama aperta-
mente l'indole escatologica del Popolo di Dio. I consacrati, con la loro donazio-
ne totale attraverso la pratica dei consigli evangelici, divengono un segno visi-
bile della forza della risurrezione, si sforzano di essere esperti nel discernere l'a-
zione di Cristo risorto nella storia e testimoniano gli impegni e la gioia della spe-
ranza nella preparazione del ritorno del Signore con l'attesa di «Cieli nuovi e
terra nuova».
ACG 347 20 = Lettere 1437: "Pensando alla «Sacramentalità» di tutta la
Chiesa, molto sottolineata dal Concilio, si è parlato della funzione simbolico-tra-
sformatrice della Vita consacrata, nelle sue svariate forme carismatiche, come
se fosse una «parabola escatologica» per la fede di tutto il Popolo di Dio. La sua
«significatività», secondo questo ruolo simbolico-profetico, non la innalza so-
pra gli altri membri della Chiesa come se possedesse una maggior dignità, ma
la distingue e la fa sussidiaria perché destinata a un peculiare servizio. Essa pro-
clama alcuni aspetti del multiforme mistero di Cristo, rendendo percettibili ai
contemporanei i suoi ricchi contenuti di salvezza".

3.2 Page 22

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76 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sacrata, è chiamato a vivere in modo tale che la offerta del suo
proprio corpo e della sua vita diventi una profezia e uh segno20•
Come tutte le persone consacrate, anche il salesiano sacerdote
trova il suo posto nel cuore mariano della Chiesa. Maria è la don-
na che è la Chiesa. La vocazione di ogni membro della Chiesa è di
essere, come Maria, un totale sì a Dio. Siamo la sposa che attende
con ansia l'arrivo dello Sposo, e con lo Spirito diciamo: Vieni,
Signore Gesù! (Apocalisse 22,17) La vocazione di Maria è la voca-
zione di noi tutti. La vita consacrata ha il suo posto in questo
cuore mariano della Chiesa, perché il suo ruolo e compito è quello
di essere una profezia di questo sì e della comunione finale di tutti
gli esseri umani con Dio nella vita della risurrezione.
Allo stesso tempo, Maria è anche una persona concreta con
cui intratteniamo una relazione molto speciale. Questo è ciò che
è accaduto nella vita di Don Bosco, per il quale la Chiesa aveva
non solo un volto mariano, ma anche il volto di sua madre, quel-
la donna saggia che mentre ha intuito le esigenze della vocazio-
ne sacerdotale chi si prepara a diventare prete, ha anche saputo
affidare suo figlio interamente a Maria21•
La maturità affettiva del salesiano sacerdote, vissuta in una
chiara identità sessuale, è un'espressione limpida del suo celiba-
to che assume una particolare importanza nel contesto della tu-
tela e salvaguardia dei minori. Qui si coglie la permanente vali-
dità e la forte rilevanza dell'insistenza di Don Bosco sulla virtù
20 "Mi attendo che 'svegliate il mondo' , perché la nota che caratterizza la
vita consacrata è la profezia. Come ho detto ai Superiori Generali «la radicalità
evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono
il Signore in maniera speciale, in modo profetico»". Lettera Apostolica del Santo
Padre Francesco a tutti i consacrati in occasione dell 'Anno della Vita Consacra-
ta , 28.11.2014. Vedi anche Bozzolo, op. cit., 335: ''A differenza del ministero ordi-
nato che ha una consistenza istituzionale sovrapersonale, grazie a cui rimane
valido anche il ministero di un prete indegno, la vita consacrata consiste tutta
nella qualità della risposta amante di coloro che la vivono. Non vi è la castità di
chi non è casto, la povertà di chi non è pover o, l'obbedienza di chi non obbedisce".
21 BOZZOLO, op. cit., 347-349.

3.3 Page 23

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 77
della purezza. Come salesiano, il confratello sacerdote è chiama-
to ad una particolare imitazione della purezza di Gesù. Gesù è il
puro di cuore alla cui presenza donne, bambini e uomini si senti-
vano accolti e al sicuro. È così pienamente Figlio del Padre che è
stato in grado di mostrarsi a ogni uomo e ogni donna esclusiva-
mente come fratello. «Solamente come fratello egli si è offerto al-
l'attenzione, all'amicizia, alla tenerezza affettiva delle sue sorel-
le e dei suoi fratelli. La sua libertà su questo punto è totale, lim-
pida e divina. Il suo celibato, lungi dall'essere una rinuncia e una
limitazione, è la conseguenza della sua condizione esclusivamen-
te filiale e fraterna» 22• Il salesiano sa, tuttavia, che è chiamato
non solo a essere una presenza senz'altro affidabile per i giovani,
ma anche un segno che risplende e irradia, che fa presa sui gio-
vani, consentendogli di educarli all'amore e alla purezza (C 81).
Come sacerdote, il salesiano è chiamato a esercitare la paterni-
tà spirituale con quella finezza di maturità umana e spirituale che
lo aiuta ad essere davvero paterno senza però cadere nel paterna-
lismo. Il rischio di un paternalismo soffocante che rasenta il cleri-
calismo e l'abuso di autorità, può essere reso più forte dal modo in
cui le figure paterne possono essere vissute e comprese in deter-
minati contesti culturali. In queste situazioni dovremo compiere
maggiori sforzi per imitare la paternità di Don Bosco. Per quanto
esigente tale impegno possa essere non possiamo però abbassare
lo standard e scendere a compromessi quando c'è in gioco questo
obiettivo. La paternità di Don Bosco è come il segno distintivo del
suo spirito e del suo carisma. «Del nostro Padre si ricorda soprat-
tutto la preoccupazione per il bene spirituale, la bontà che ispira-
va i suoi rapporti e la saggezza nell'orientamento dei singoli e del
gruppo: un trinomio che caratterizza la sua paternità. Questa poi
si esprimeva in molteplici gesti ed atteggiamenti»23•
L'amorevolezza è al cuore del sistema preventivo. È il modo
unico di don Bosco di relazionarsi con i giovani; la stessa parola,
22 F. ROSSI DE GASPERIS, Sentieri di vita, Paoline, Milano 2007, vol. 2.2:242.
23 J.E. VECCHI, ACG 365 43.

3.4 Page 24

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78 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
nata dallo splendido accordo di amore materno e forza paterna di
chi ce l'ha trasmessa, fuori dal nostro contesto e dalla nostra sto-
ria perde il suo significato. Questo tipo di amore puro o purezza
amorevole che è al cuore del nostro carisma può essere compre-
so e assorbito solo per osmosi. Matura lentamente nel corso degli
anni, fino a giungere al sincero e trasparente dono di sé, che con-
templiamo non solo nella vita di Don Bosco, ma anche in così
tanti suoi figli, come Srugi, Variara, Zatti, Cimatti e Sandor, per
citarne solo alcuni.
C'è un altro campo in cui oggi il nostro essere "segno escato-
logico" e "memoriale vivente del modo di vivere di Gesù" diven-
ta un dono prezioso per i giovani, per la Chiesa e per il mondo.
La coscienza ecologica sta maturando e cresce insieme con il cre-
scere in scala geometrica del rischio ecologico senza precedenti,
che stiamo tutti correndo come famiglia umana, e che colpisce
innanzitutto le giovani generazioni. Essendo segni della risurre-
zione attraverso il dono della nostra consacrazione, siamo anche
segni del valore della creazione e della chiamata alla conversione
eco-spirituale richiesta da Laudato Sii. La risurrezione getta
una luce nuova sulla vita, illuminando la nostra profondissima
interconnessione con l'intera creazione.
Se noi riduciamo l'uomo esclusivamente alla sua dimensione orizzon-
tale, a ciò che si può percepire empiricamente, la stessa vita perde il
suo senso profondo. L'uomo ha bisogno di eternità ed ogni altra spe-
ranza per lui è troppo breve, è troppo limitata. L'uomo è spiegabile
solamente se c'è un Amore che superi ogni isolamento, anche quello
della morte, in una totalità che trascenda anche lo spazio e il tempo.
L'uomo è spiegabile, trova il suo senso più profondo, solamente se c'è
Dio... .Siamo invitati, ancora una volta, a rinnovare con coraggio e con
forza la nostra fede nella vita eterna, anzi a vivere con questa grande
speranza e testimoniarla al mondo: dietro il presente non c'è il nulla.
E proprio la fede nella vita eterna dà al cristiano il coraggio di amare
ancora più intensamente questa nostra terra e di lavorare per co-
struirle un futuro, per darle una vera e sicura speranza24.
24 BENEDETTO XVI, Udienza generale, 2 novembre 2011.

3.5 Page 25

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 79
Più cresciamo nella coscienza del destino eterno incorporato
in ogni volto umano, più ogni altro aspetto della vita viene ri-
scoperto nel suo immenso valore, partecipe dell'unico divino
disegno, in cui universo creato e libertà creata di ogni "nato da
donna" si rispecchiano l'un l'altra, entrambi misteri della mede-
sima infinita portata. Come persone consacrate siamo indubita-
bilmente chiamati anche a testimoniare la meravigliosa inter-
connessione di tutto ciò che Dio ha creato, e del suo crescere e
procedere verso (uni-verso) l'eschaton, la ricapitolazione di tutte
le cose in Cristo.
3. Animazione, vocazione e formazione
Alla luce di ciò di cui abbiamo condiviso, propongo alcuni
suggerimenti che potrebbero aiutarci ad approfondire l'identità
consacrata salesiana nella forma sacerdotale in questo nostro
tempo.
Unprimo punto è approfondire la nostra consapevolezza
della bellezza della vita consacrata. L'animazione vocazio-
nale e la formazione iniziale sono processi che funzionano so-
stanzialmente "per contagio": una persona consacrata che vive la
sua vocazione con gioia e passione è attraente e profetica. In que-
sto contesto, sarebbe bene ricordare i libretti pubblicati dalla
CIVCSVA durante l'anno dedicato alla vita consacrata, tutti in-
centrati sul Signore: la gioia di seguire il Signore (Rallegratevi);
saper discernere i segni della sua presenza nell'attesa della ve-
nuta del Signore, che è al cuore della vocazione consacrata (Scru-
tate); la bellezza e lo splendore del Signore (Contemplate); essere
testimoni del Signore Risorto tra tutte le genti (Annunciate) 25•
25 CIVCSVA, Rallegratevi. Ai consacrati e alle consacrate dal magistero di
Papa Francesco (febbraio 20l4); _Scrutate. Ai consacrati e alle consacrate in cam-
mino sui segni di Dio (settembre 2014); Contemplate. Ai consacrati e alle con-
sacrate sulle tracce della Bellezza (novembre 2015); Annunciate. Ai consacrati
e alle consacrate testimoni del Vangelo tra le genti (agosto 2016).

3.6 Page 26

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80 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Un secondo punto è approfondire la nostra comprensio-
ne del sacerdozio stesso. Il problema non deriva dall'essere
troppo sacerdoti, ma dall'esserlo troppo poco: tendiamo a con-
centrarci sul "fare il prete" piuttosto che sull'esserlo per davve-
ro. Il problema nella CongTegazione è che abbiamo "molti sacer-
doti ma poco sacerdozio"26• Tendiamo ad essere affascinati da
quello che come preti facciamo, e forse anche dal ritorno imme-
diato che ne deriva, con la "spinta sociale" legata allo status e
l'apprezzamento dei fedeli, piuttosto che dal vivere il sacerdozio
di Cristo nella sua vera profondità. C'è un vero tesoro nascosto
da riscoprire e fare nostro nel rinnovato impegno per compren-
dere la bellezza del sacerdozio di Cristo.
In terzo luogo, il salesiano presbitero deve essere formato ad
essere molto attento al contesto socioculturale e ai rapidi cam-
biamenti in atto, che sono di fatto la realtà in cui vivono i giova-
ni. Ciò implica allo stesso tempo un costante ritorno all'ispira-
zione carismatica a cui si alimenta la nostra identità e missione
salesiana. Noi siamo nati dalla esperienza di Don Bosco con i
giovani emarginati di Valdocco, per i quali ha consumato tutta la
sua vita, fino all'ultimo respiro. La nostre Costituzioni sono l'in-
carnazione di questa vocazione e missione, e la Chiesa ci chiede
solo e sempre di essere fedeli a questo specifico patrimonio e
mandato. Lungi dall'essere una proprietà privata della CongTe-
gazione, le Costituzioni appartengono alla Chiesa, ed è sull'au-
torità di Pietro che dalla Chiesa siamo chiamati a viverle. Nella
varietà di contesti e continui mutamenti che condizionano la
cultura e la vita delle persone di oggi, l'esperienza carismatica di
Don Bosco resta il nostro centro di gTavità. È il criterio perma-
nente non solo per le varie attività che si portano avanti, ma an-
che, e a maggior ragione, per il nostro impegno personale nella
missione tra i giovani, come salesiani preti e coadiutori.
Don Bosco visse una tipica esperienza pastorale nel suo primo orato-
rio, che fu per i giovani casa che accoglie, parrocchia che evangelizza,
26 ACG 335 6 = Lettere 1080.

3.7 Page 27

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 81
scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi da amici e vivere in
allegria.
Nel compiere oggi la nostra missione, l'esperienza di Valdocco rimane
criterio permanente di discernimento e rinnovamento di ogni attività
e opera (C 40).
Quarto punto: il carisma salesiano deve caratterizzare il
nostro impegno nel campo della animazione vocazionale in
ogni sua espressione. Mentre accompagniamo tutti i giovani alla
scoperta della loro vocazione, dobbiamo anche proporre corag-
giosamente ciò che è tipico del nostro carisma, coinvolgendoli
nella nostra missione, nella vita di comunità e nell'esperienza
dei valori tipici del nostro spirito27• All'interno di questa pre-
sentazione del carisma, dobbiamo imparare a promuovere una
buona percezione della vocazione consacrata salesiana, anzitut-
to nella gioiosa testimonianza del nostro modo di viverla, e poi
anche col farne esplicitamente la proposta. Ci saranno sempre
quelli che verranno da noi con l'intenzione primaria di diven-
tare sacerdoti. Questi devono essere aiutati a discernere se si
sentono e sono davvero chiamati ad abbracciare il carisma sale-
siano con tutto il loro cuore. Tale "conversione" al carisma è
condizione indispensabile per ulteriori passi nel cammino. Di
qui il grande compito per tutte le nostre ispettorie di migrare
una volta per tutte dal reclutamento di candidati a una vera
cultura vocazionale28•
Per quanto riguarda la vocazione ad essere salesiano prete,
alcuni criteri di discernimento devono essere tenuti presenti con
molta cura: la consacrazione salesiana (capitolo 2 delle Costi-
tuzioni); la capacità di essere un vero costruttore (e non un di-
struttore!) di comunità; lo zelo per la salvezza dei giovani .. .limi-
tandoci ad enunciare l'essenziale, da cui poi molti altri elementi
tipici della nostra vita derivano.
27 Criteri e norme di discernimento vocazionale salesiano, 3"edizione, Roma
2000, 39.
28 CG27 75,1.

3.8 Page 28

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82 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Un quinto punto riguarda il miglioramento e rafforzamento
dei processi di accompagnamento durante prenoviziato, novi-
ziato e postnoviziato. Queste tre fasi formano un'unità tra di
loro e sono di vitale importanza per la crescita dell'identità con-
sacrata salesiana nelle sue due forme. Se è vero che, come rivela
il nostro recente studio sull'accompagnamento personale sale-
siano, circa 1'80% dei nostri candidati parla di una vera scoperta
dell'accompagnamento spirituale personale solo nel prenovizia-
to, queste fasi diventano ancora più cruciali29• L'accompagna-
mento spirituale personale nel contesto dell'accompagnamento
della comunità è uno strumento indispensabile per la assunzio-
ne personale dei valori della nostra vocazione. Ogni ispettoria è
chiamata a investire con coraggio nella preparazione dei forma-
tori, individualmente e come equipe, in modo che diventino gui-
de capaci di guadagnarsi la fiducia (Studia di farti amare!) e di
raggiungere il cuore dei salesiani in formazione iniziale. Non
possiamo permetterci di avere situazioni in cui l'autorità mal
gestita genera dinamiche di paura e di sospetto, che finiscono
col rovinare il processo di accompagnamento e di formazione nel
suo insieme30• Inoltre i formatori, e specialmente quelli che of-
frono il servizio di accompagnamento spirituale personale, devo-
no essere in grado di aiutare ad approfondire soprattutto le di-
mensioni carismatica e comunitaria, all'interno del cammino di
configurazione a Cristo, che è l'orizzonte ultimo in cui ogni altro
passo trova la sua ragion d'essere.
Un sesto punto riguarda il miglioramento e rafforzamento
dei processi di accompagnamento e discernimento durante il
tirocinio e la preparazione alla professione perpetua. Le
29 M. BAY, Giovani salesiani e accompagnamento. Risultati di una ricerca in-
ternazionale, LAS, Roma 2018, 472-473. Vedi anche Giovani salesiani e accom-
pagnamento. Orientamenti e direttive , Roma 2019, n° 46. Va tenuto presente
che il 54,42% dice anche di essere setato seguito in qualche modo da 'un 'amico
dell'anima' negli anni prima del prenoviziato.
30 M. B AY, op. cit., 482-483: 8. Elementi di disagio o difficoltà nell'esperienza
di accompagnamento spirituale personalizzato. Vedi anche Giovani salesiani e
accompagnamento. Orientamenti e direttive, Roma 2019, n° 53-59.

3.9 Page 29

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 83
nostre Costituzioni descrivono il tirocinio come una fase di inten-
sa esperienza di vita, fatta di azione educativa e pastorale sale-
siana31. Data la sua prossimità alla professione perpetua, questa
fase della formazione iniziale diventa ap.cora più importante sia
da parte dell'individuo che della comunità. Non varrebbe la pena
investire in forme migliori e più efficaci di accompagnamento
durante questa fase così preziosa e delicata per la nostra vita di
salesiani, in modo che diventi veramente un fare "esperienza dei
valori della vocazione salesiana" (C 98)? Il Rettor Maggiore ha
insistito perché gli ispettori inviino tirocinanti solo alle comunità
che hanno una provata capacità di accompagnarli. Potrebbe esse-
re utile anche incoraggiare una rinnovata riflessione sui criteri
per l'ammissione alla professione perpetua.
Il passaggio dal tirocinio alla fase successiva della formazio-
ne iniziale, Ghe normalmente ha luogo a breve distanza di tem-
po dalla preparazione per la professione perpetua, può offrire
buone opportunità di discernimento sia per il confratello che per
la comunità. Attivare un processo di valutazione che abbraccia
l'insieme dell'esperienza salesiana del confratello dal noviziato
in poi, con speciale attenzione al tirocinio, offre una buona base
per esplorare a fondo le proprie motivazioni. La scelta di inizia-
re una formazione specifica per diventare salesiano presbitero
ha bisogno di solide radici e di "criteri positivi"32 che si manife-
stano nella esperienza salesiana di fatto vissuta. In questa linea
la Ratio ci invita ad effettuare una valutazione complessiva del-
l'esperienza del tirocinio.
È opportuno che alla conclusione del tirocinio ci sia una valutazione
globale di tutta l'esperienza e del cammino vocazionale fatto, sia da
parte dell'Ispettore e della comunità sia da parte dell'interessato
(FSDB 439).
Al termine del tirocinio si faccia una valutazione globale dell'esperien-
za da parte dell'Ispettore, della comunità e del confratello (FSDB 444).
31 C 115: "confronto vitale e intenso con l'aziòne salesiana in un'esperien-
za educativo pastorale".
32 Vedi Criteri e norme 39; 42-43.

3.10 Page 30

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84 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Nulla ci impedisce di ampliare l'orizzonte di tale valutazione,
fino a coprire l'intero arco di vita salesiana dal noviziato al
momento presente, da cui guardare in avanti per un programma
di vita che si proietta coraggiosamente verso il futuro. Alcune
ispettorie sintonizzano questa valutazione complessiva con la
"dichiarazione di intenzione" necessaria per iniziare la forma-
zione specifica verso il sacerdozio.
La formazione specifica del confratello chierico esige da ogni candidato
l'orientamento chiaro verso la vita sacerdotale. Perciò, al momento
della sua accettazione per questa fase formativa, si richiede dal con-
fratello una dichiarazione di intenzione nel senso suddetto. Le moda-
lità per tale dichiarazione possono essere varie: ad esempio, attraverso
la domanda all'Ispettore di intraprendere gli studi teologici o la do-
manda di iniziare la preparazione della professione perpetua nella li-
nea del presbiterato salesiano (FSDB 482).
Buone pratiche come queste possono contribuire a valoriz-
zare meglio il passaggio cruciale dal tirocinio alla formazione
specifica e alla professione perpetua. Evidentemente si richie-
dono le migliori disposizioni e il coinvolgimento convinto sia del
confratello interessato, sia di coloro che lo accompagnano in quel
momento della sua vita.
Un settimo punto riguarda la formazione specifica in pre-
parazione al sacerdozio salesiano. Questa fase, anche per la
sua durata, ha un impatto formidabile sull'identità consacrata
salesiana nella sua forma sacerdotale. La Ratio non potrebbe
essere più chiara nel formulare gli obiettivi propri di questa fase:
"La nostra regola vivente è Gesù Cristo... che noi scopriamo presente
in Don Bosco che donò la sua vita ai giovani" (C 196). Questa afferma-
zione delle Costituzioni esprime in sintesi la vocazione del salesiano:
conformarsi a Gesù Cristo e dare la vita per i giovani, come Don Bosco.
Tutta la formazione, iniziale e permanente, consiste nell'assumere e
rendere reale nelle persone e nella comunità questa identità. Al suo
sviluppo vengono indirizzati l'impegno di ogni candidato e di ogni con-
fratello, l'azione degli animatori, l'intero progetto di formazione.
Pertanto, l'identità salesiana è fondamento di unità e di appartenenza
alla Congregazione nella sua estensione mondiale. È il cuore di tutta la
formazione; da essa il processo formativo prende l'avvio e ad essa si

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 85
riferisce costantemente. Ed è criterio determinante di discernimento
vocazionale (FSDB 25).
Il salesiano sacerdote [o diacono] congiunge in sé i doni della consa-
crazione salesiana e quelli del ministero pastorale, ma in modo tale
che è la consacrazione salesiana a determinare le modalità originali
del suo essere sacerdote e dell'esercizio del suo ministero. Come segno
sacramentale di Cristo Buon Pastore da cui attinge la sua carità pa-
storale, cerca di "salvare" i giovani, lavorando nel contesto della sua
comunità (FSDB 39).
È tempo di ripensare l'intero processo di formazione speci-
fica in modo da dare alla nostra identità consacrata salesiana la
centralità che le appartiene. Non è affatto sufficiente garantire
che il piano di studi corrisponda ai requisiti accademici in vista
dell'ordinazione sacerdotale. Dobbiamo identificare e promuo-
vere i metodi che meglio favoriscono il raggiungimento continuo
di quella sintesi carismatica che è il nucleo della vocazione del
salesiano presbitero. Come il cardinale J.J. Hamer aveva con for-
za sostenuto nel corso del sinodo su La formazione dei sacerdoti
nelle circostanze attuali, i superiori maggiori hanno la respon-
sabilità di garantire una perfetta armonia tra la formazione al
sacerdozio e la formazione alla vita religiosa, a seconda della
particolare identità e il carisma di ciascun istituto33• Durante lo
studio della teologia, dovremmo unire gli sforzi e mettere a pun-
to itinerari formativi e percorsi accademici che aiutino leggere i
trattati teologici alla luce del nostro carisma.
Esistono in particolare due tipi di relazioni che hanno un im-
patto davvero forte sul futuro ministero e che pertanto devono
essere oggetto di particolare attenzione. La prima è l'esperienza
vissuta della comunità religiosa: un chiaro senso di appartenen-
za e la capacità di donarsi in un servizio generoso sono segni
positivi estremamente importanti. I problemi nella vita della
comunità dopo l'ordinazione spesso hanno le loro radici in una
33 Citato in ACG 335 11 = Lettere 1084. Jean Jéròme Hamer, OP, STD (1916-
1996) era un cardinale belga, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di
Vita consacrata e le Società di Vita Apostolica (1985-1992).

4.2 Page 32

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86 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
debole esperienza di comunità durante la formazione iniziale. La
seconda è la capacità di vivere lo spirito e la missione salesiani
condivisi con i laici. La consistenza di queste convinzioni, com-
petenze e abilità non emergeranno da sé dopo l'ordinazione,
quasi fossero automatiche; si richiede invece una deliberata e
sistematica attenzione a questo campo durante i processi di for-
mazione iniziale.
Dobbiamo garantire che la formazione specifica non si ridu-
ca nell'insieme alla sua dimensione intellettuale, pur sempre
necessaria, tanto meno al mero "superamento degli esami". Gli
aspiranti al sacerdozio salesiano devono essere aiutati ad entra-
re più profondamente nella loro specifica identità di confratelli
chiamati a vivere il sacerdozio nella vocazione e missione sale-
siana. Ciò richiederebbe, come abbiamo detto, una revisione ap-
profondita dei processi e degli strumenti di formazione (proget-
to formativo immunitario e progetto personale di vita; accompa-
gnamento personale, di gruppo e di comunità), un allargamento
dell'equipe di persone coinvolte nella formazione, includendo uo-
mini e donne laici e coppie sposate, e favorendo una migliore
preparazione dei formatori. Tutto ciò sarà da portare avanti con
un approccio partecipativo, per garantire che i giovani confra-
telli siano attivamente coinvolti, come primi responsabili della
loro formazione.
Ottavo punto: il periodo del quinquennio. Non c'è nulla che
possa provare l'importanza di questa fase in modo più convincen-
te di quanto lo sia stata l'esperienza diretta di Don Bosco. È nei
primi cinque anni del suo sacerdozio, coincidenti con il tempo in-
tercorso tra la sua ordinazione sacerdotale e l'inizio dell'oratorio
con dimora stabile a Valdocco, che è nata la missione salesiana.
L'esperienza personale del nostro fondatore offre al contempo
una formidabile testimonianza circa l'importanza di essere ac-
compagnati durante il periodo cruciale del pieno inserimento nel
ministero educativo-pastorale: senza Cafasso al suo fianco non
possiamo nemmeno immaginare il San Giovanni Bosco che cono-
sciamo e cerchiamo di seguire. È primariamente responsabilità

4.3 Page 33

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ORIENTAMENTI E DIRETTIVE 87
dell'ispettore assegnare confratelli a comunità in cui possono
essere seguiti e accompagnati, così come senza dubbio spetta ai
confratelli interessati riconoscere che c'è bisogno di tale vicinan-
za, accogliendo di buon grado di essere accompagnati e sostenuti.
Non meno importante in questo momento è il supporto prove-
niente dal gruppo dei pari. Sono già in atto esperienze molto vali-
de di incontri tra salesiani del quinquennio per reciproco soste-
gno, a livello ispettoriale e interispettoriale; vale la pena condivi-
dere queste buone prassi. E poi c'è lo studio, che Cafasso definiva
l'ottavo sacramento del prete. Sarebbe una tragedia se i salesiani
sacerdoti smettessero di leggere, riflettere e studiare subito dopo
l'ordinazione. Se vogliamo essere educatori e pastori e non fun-
zionari o mercenari, dobbiamo certamente prenderci cura della
dimensione riflessiva e contemplativa della nostra vocazione. Il
miglior esempio qui è lo stesso Don Bosco: il Don Bosco che aveva
una stanza riservata a lui al Convitto dove ritirarsi ogni giorno
nei suoi primi anni di sacerdozio, per leggere e scrivere34•
Nono. Dato il gran numero di parrocchie nella Congregazione
e il forte impatto formativo di questa particolare forma di servi-
zio pastorale sulla nostra vita salesiana e sul nostro modo di
percepire e vivere il ministero sacerdotale, sarebbe importante
nel prossimo sessennio promuovere processi di ascolto, s.tudio e
riflessione su questo tema, da portare avanti congiuntamente
come Dicasteri della Pastorale Giovanile, delle Missioni e della
Formazione, coinvolgendo confratelli e comunità direttamente
impegnati nel ministero parrocchiale salesiano.
Infine, come decimo punto, il salesiano sacerdote, insieme
al salesiano coadiutore, è chiamato a promuovere attivamente
l'ecclesiologia di comunione, che si espande in cerchi concentrici
fino ad abbracciare l'intera umanità. Questo significa andare
oltre i confini delle nostre comunità religiose ed educative-
34 Vedi G. BuccELLATO, Appunti per una "Storia Spirituale " del sacerdote
Gio ' Bosco, LDC, Torino 2008, 67. Vedi anche la vastissima serie di pubblicazioni
di Don Bosco stesso, ora facilmente accessibile: http:Uwww.donboscosanto.eu/.

4.4 Page 34

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88 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
pastorali, per fare rete con altri religiosi, la comunità diocesana,
la comunità umana in cui siamo situati e con tutti coloro che
sono interessati a prendersi cura della nostra casa comune e a
promuovere la vita e il futuro dei giovani, soprattutto dei più
emarginati. Il sacerdozio di Cristo abbraccia l'intera famiglia
umana e, in verità, ogni forma di vita dentro lo splendore della
creazione, opera di Dio.
***
Man mano che impareremo ad avere migliore cura dell'iden-
tità dei nostri confratelli sacerdoti, al contempo vedremo un
miglioramento nella qualità pastorale, nella spiritualità e nella
responsabilità condivisa del primo protagonista della missione,
che è la comunità. La crescita permanente in tutti questi aspet-
ti fin qui presentati è una permanente sfida per la vita religiosa
salesiana nelle sue due forme, con l'obiettivo ultimo di crescere
insieme, salesiani laici e salesiani presbiteri, in fede e in umani-
tà, così da rendere un servizio più fecondo ai giovani e a tutti co-
loro ai quali siamo inviati, mettendoci il cuore e tutte le energie
e le risorse a nostra disposizione.