AGC438_Artime_Giovani_a_rischio_sociale


AGC438_Artime_Giovani_a_rischio_sociale

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1. IL RETTOR MAGGIORE
«RAGAZZO, DICO A TE, ÀLZATI!» (Le 7,14)
L'opzione salesiana per i giovani ad alto rischio sociale
come impegno per la giustizia, la pace e la cura del creato.
INTRODUZIONE. In sintonia con il percorso Intrapreso finora dalla Congregazione -
1. mNERARIO EDUCATIVO PASTORALE DI GESÙ ALLA LUCE DEL VANGELO SECONDO
LUCA. 1.1 Varcare i confini di culture sconosciute. 1.2. Portatori e seminatori di speranza In
mezzo ad una cultura di morte 1.3 L'amore di Dio è anche materno 1.4. Un Itinerario educa-
tivo 1.5. Diffondere la buona notizia. - 2. L'OPZIONE PER I PIÙ POVERI. 2.1 Con una pasto-
ra/e giovani/e per la liberazione e il reinserimento di opere e servizi educativi 2.2 Cura
pastorale e accompagnamento con animatori Idonei e preparati 2.3 Una pastorale che tenga
In considerazione la famiglia. - 3. L'IMPEGNO PER LO SVILUPPO UMANO INTEGRALE.
3.1 L'importanza delle opere per i giovani a rischio e l'Innovazione socia/e. 3.2 Complemen-
tarietà del saperi e delle istituzioni salesiane. a. Il contributo salesiano nell'approccio ai diritti
umani nei nostri contesti. b. La pedagogia sociale in chiave salesiana. c. La complementàrietà dei
saperi. 3.3 Impegno nella cittadinanza attiva. a. Formazione alla cittadinanza attiva. b. Il volonta-
riato per la costruzione dell'amicizia sociale. 3.4 Educazione alla fede e accompagnamento nelle
opere socia/I salesiane. - 4. L'AMBITO DEL SISTEMA PREVENTIVO. 4.1 Una risposta
costante. 4.2 Nuove forme di missione. a. L'effetto devastante della pandemia di COVID. b. La
nefasta guerra in Ucraina. c. Altri luoghi di dolore, morte e fame. 4.3 Opere e servizi sociali sale-
siani tra I migranti e i rifugiati. - 5. SOSTENIBILITÀ DELLE OPERE E DEI SERVIZI SOCIALI.
5.1 La struttura organizzativa nelle attività di sviluppo salesiane. 5.2 Processo decisionale.
1. Dobbiamo avere una visione del futuro. 2. Avere una visione organica. 3. Sempre con una visione
d'insieme. 4. Teniamo sempre gli occhi puntati sui giovani. - CONCLUSIONE - BIBLIOGRAFIA
Torino, 8 settembre 2022
Festa della Natività della Beata Vergine Maria
«Don Bosco ha visto con chiarezza la portata sociale della sua
opera. Lavoriamo in ambienti popolari e per i giovani poveri.
Li educhiamo alle responsabilità morali, professionali e sociali,
collaborando con loro, e contribuiamo alla promozione del grup-
po e dell'ambiente. Partecipiamo in qualità di religiosi alla testi-
monianza e all'impegno della Chiesa per la giustizia e la pace.
Rimanendo indipendenti da ogni ideologia e politica di partito,
rifiutiamo tutto ciò che favorisce la miseria, l'ingiustizia e la
violenza, e cooperiamo con quanti costruiscono una società più
degna dell'uomo. La promozione, a cui ci dedichiamo in spirito
evangelico, realizza l'amore liberatore di Cristo e costituisce un
segno della presenza del Regno di Dio»1•
1 Cost. 33.

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
INTRODUZIONE
Cari confratelli,
l'immenso dono che il nostro carisma rappresenta nella Chie­
sa ha avuto fin dall'inizio un marcato carattere sociale. Il fatto
che Don Bosco sia riconosciuto come uno dei santi sociali della
Torino dell'Ottocento manifesta l'identità e l'intenzione di una
particolare missione, portata avanti dai Salesiani nel corso degli
anni e nei cinque continenti attraverso una ampia varietà di am­
bienti pastorali.
L'esempio evangelico della misericordia incarnata da Gesù
ha spinto Don Bosco a fissare lo sguardo sui ragazzi e sui giovani
più poveri e abbandonati, su quelli senza famiglia, su quelli sen­
za un tetto sulla testa, sugli analfabeti e sui disoccupati, su quel­
li che mancano di formazione religiosa e morale, sui più deboli
tra i deboli... In una parola, su tutti coloro che sono considerati
"esclusi", facili prede di una disperazione che li può condurre a
forme di delinquenza o a essere vittime di abusi da parte di
sfruttatori senza scrupoli. Quindi, soggetti che corrono il rischio
di essere scartati dalla società, di perdere la propria dignità, di
non sperimentare la bellezza e la bontà di essere figli liberi di
Dio Padre creatore.
Don Bosco, una volta capito che la missione affidatagli da Dio
non era tra coloro che erano già in carcere, corrosi dalla dispe­
razione, comprese che il suo sistema doveva essere veramente
preventivo e incanalò, quindi, la sua intelligenza pastorale nella
prevenzione dei rischi che correvano i giovani della Torino indu­
striale dell'Ottocento e di altre città2•
Insieme al suo direttore spirituale, compie un cammino di di­
scernimento della propria vocazione e, aperto all'azione dello
Spirito, scopre lungo il corso della propria vita il modo di con-
2 Cfr. SALESIANI DI DON Bosco, «Quali per i giovani di oggi?». Rifiessione
postcapitolare, Editrice S.D.B., Roma 2020, p. 74 n. 7. D'ora in poi CG28.

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IL RE7TOR MAGGIORE 5
quistare anime a Dio, tra coloro che sembrano condannati all'o-
scurità. Il risultato di questo discernimento si è tradotto in una
proposta educativa, evangelizzatrice e caritativa. Ogni incontro
personale, ogni progetto intrapreso con i suoi Salesiani e con
i collaboratori della sua opera non sono altro che la prova del-
1'amore di Dio per i suoi ragazzi prediletti: i piccoli e i poveri.
Questa carità si è tradotta in un'esperienza integrale di ac-
compagnamento dei giovani, rafforzando la loro personalità, af-
finché potessero raggiungere la maturità come persone libere
e autonome. Tutti interventi per aiutarli a prepararsi alla vita3•
È comprensibile, quindi, che il concetto della salvezza delle ani-
me nella pastorale di Don Bosco non fosse un discorso astratto,
bensì una risposta concreta in grado di accogliere ogni persona
con le attenzioni amorevoli proprie di una famiglia, la quale si
prende cura dei bisogni primari dei piccoli, li edùca con compe-
tenze adeguate perché possano guadagnarsi da vivere onesta-
mente, e li aiuta ad aprirsi alle relazioni con gli altri e con Dio,
in modo che possano trovare il loro "posto nel mondo", il loro
spazio nella società e nella Chiesa.
Definiamo sinteticamente l'insieme di queste esperienze edu-
cative ed evangelizzatrici, che ritroviamo nella vita di Don Bosco
e della sua comunità di Valdocco, "criterio oratoriano". Con que-
sto stesso criterio, aprendoci alle realtà del nostro tempo, noi Sa-
lesiani continuiamo a rispondere alle varie forme di rischio gio-
vanile che possono portare a situazioni esclusione sociale4• For-
mare buoni cristiani e onesti cittadini tra coloro i cui diritti
umani sono stati violati produce effetti notevoli in ogni parte del
mondo in cui siamo presenti. Anche nei Paesi più radicalmente
laicisti il nostro contributo salesiano a favore dei più bisognosi è
riconosciuto positivamente dalle società civili e dai vari organi-
smi governativi come una proposta positiva per la costruzione
della coesione sociale.
8 Cfr. Cost. 40.
4 Cfr. CG28, pp. 73-74, n. 6.

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Infatti, in molte presenze salesiane nel mondo, coloro che
lavorano nelle Comunità Educative Pastorali (CEP) in ambito
sociale hanno stabilito alleanze con le chiese locali, con le asso­
ciazioni private5, con i governi regionali e persino con gli Stati
nazionali, e hanno generato strategie, strumenti di intervento
e strutture che ci permettcmo di essere credibili e apprezzati per
il lavoro che svolgiamo.
Convinti che lavorare con i giovani e con le comunità ad alto
rischio sia una delle forme più belle di santificazione che abbia­
mo ereditato dal nostro Fondatore, riconosciamo di essere chia­
mati, con umiltà e senza trionfalismi, a continuare ad operare
con spirito evangelico e professionalità all'interno delle Opere e
dei servizi sociali: è il contributo salesiano alla costruzione del
Regno di Dio. In questa stessa dinamica, siamo chiamati ad apri­
re spazi di dialogo con i non credenti nella prospettiva che oggi
Papa Francesco chiama «amicizia sociale»6, punto di convergen­
za di tutti gli sforzi dell'umanità nella costruzione della giustizia
e della pace: «Il bene, come anche l'amore, la giustizia e la soli­
darietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno con­
quistati ogni giorno»7
Senza dubbio, tra i vari ambienti della nostra Pastorale gio­
vanile salesiana, quello delle "Opere e Servizi Sociali Sale­
siani" mostra chiaramente lo sguardo misericordioso di Gesù,
perché lì incontriamo i vari drammi di bambini, adolescenti e
giovani in contesti ad alto rischio sociale che possono condurli a
molteplici situazioni di morte. Essi vivono in comunità impove­
rite dove i loro diritti sono violati, dimenticati nelle frontiere
invisibili dell'attuale geografia umana, con scarse o limitate pos­
sibilità di accesso all'istruzione, alla cura e alla tutela della salu­
te e a un'alimentazione sana; si tratta di realtà nelle quali la
5 Cfr. DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, La Pastorale
Giovanile Salesiana. Quadro di riferimento, Editrice S.D.B., Roma 20143,
p. 111.
6 FRANCESCO, Fratelli tutti, 2; 5; 6; 94; 99; 106; 142; 154; 180; 233; 245.
7 FRANCESCO, Fratelli tutti, 11.

1.5 Page 5

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IL RETTOR MAGGIORE 7
possibilità di impiego lavorativo è sporadica o inesistente e dove
l'assenza di qualità della vita è un denominatore comune8•
Come abbiamo appreso dallo spirito di Valdocco, rompere il
cerchio.della povertà implica accompagnare i giovani in quel per-
corso che nel linguaggio odierno chiamiamo, con le parole di Papa
Francesco, sviluppo umano integrale. Questo movimento evange-
lizzatore delle Opere e servizi sociali salesiani, nato dal cuore della
Dottrina sociale della Chiesa, è stato il precursore di una comunità
in movimento, la stessa che si mette e va alla ricerca di coloro che
sono lasciati in disparte nella società, al fine di recuperarli e re-
stituire loro, per quanto possibile, dignità e prospettive di futuro.
L'itinerario, che il Progetto Educativo Pastorale Salesiano
(PEPS) di questo ambiente si prefigge, cura con vero zelo apo-
stolico l'articolazione delle sue quattro dimensioni, affinché, ac-
compagnando il processo educativo dei giovani in relazione alla
loro famiglia (se ne hanno una) e al loro ambiente, avvenga un
vero ridisegno della cultura, mitigando le devastazioni del male
sociale presenti nella loro storia personale. Nel nostro impegno
ecclesiale per la salvezza dell'umanità, ci sforziamo di costruire
processi di reinserimento di questi giovani un tempo lasciati ai
margini, esclusi dalla società, per restituirli ad essa come perso-
ne capaci di un autonomo sviluppo, come cittadini attivi e cre-
denti - nell'assoluto rispetto della loro libertà.
Così, consolidando nella nostra Congregazione con uno spi-
rito rinnovato, l'ambiente delle Opere e dei servizi sociali, si
apre un sentiero sicuro in cui camminare senza paura, con iden-
tità salesiana, con la metodologia dello sviluppo sociale e con la
consapevolezza di essere una famiglia spirituale che va incontro
ai giovani più bisognosi. È, quindi, un invito a tornare alle fonti
del carisma e ad essere più audaci e misericordiosi, nello stile del
Maestro Gesù nel Vangelo9•
8 Cfr. CG28, p. 104, n. 2.
9 Cfr. Linee programmatiche del Rettor Maggiore per la Congregazione
salesiana dopo il CG 28, in ACG 433 (2020), pp. 35-38 (priorità n. 5).

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
In sintonia con il percorso intrapreso finora dalla Congre-
gazione
Già nel XX Capitolo Generale Speciale Salesiano, quando la
Congregazione stava svolgendo un eccellente lavoro di adegua-
mento al rinnovamento richiesto dal Concilio Vaticano II, trovia-
mo pagine dalle quali trasudano una grande sensibilità e preoc-
cupazione per i giovani più poveri, e in particolare per quelli
che vivono situazioni più dure di emarginazione causate da un
mondo che cambia a grande velocità e che, spesso, travolge in
questi cambiamenti i più indifesi. Un'autentica priorità nel cari-
sma di Don Bosco: «È Don Bosco che usa spesso questa espres-
sione, soprattutto nell'articolo 1 delle Costituzioni. Si tratta quin-
di di una priorità nella priorità: Paiuto ai più bisognosi»10•
Nel 2010 il Rettor Maggiore Don Pascual Chavez ha dedicato
una delle sue lettere alla Pastorale Giovanile Salesiana, e in essa
una delle sezioni è espressione della preoccupazione per l'atten-
zione al mondo dell'emarginazione giovanile nel cammino percor-
so dalla Congregazione. «L'attenzione ai giovani in situazione di
rischio è stata sempre una caratteristica della pastorale salesiana.
La nuova situazione delle nostre società ci sfida a nuove rispo-
ste»11. Nello stesso testo, Don Chavez esprimeva la propria preoc-
cupazione per una povertà che cresce sempre di più, diventando
una realtà tragica che colpisce persone e gruppi sociali, tra cui
molti giovani, diventando un problema strutturale e globale. «Per
questo negli ultimi cinquant'anni si sono moltiplicati progetti, ini-
. ziative e opere che tentano di rispondere a questa situazione ed
offrire ai giovani una nuova opportunità di costruire la loro vita
positivamente e d'inserirsi responsabilmente nella società»12•
La continuità con questo cammino percorso dalla nostra Con-
gregazione e i passi compiuti anche negli ultimi dodici anni, a par-
1°CGS (1971), n. 48.
11 P. CHAVEZ, E si commosse per loro, perché erano come pecore senza pa-
store, e si mise a insegnare loro molte cose (Mc 6, 34), inACG 407 (2010), p. 40.
12 Ibid., p. 41.

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IL REITOR MAGGIORE 9
tire dallo scritto a cui ho fatto riferimento, è ciò che mi ha portato
a ritenere opportuno, dopo il Capitolo generale 28, volgere lo
sguardo verso questo ambito educativo pastorale della nostra Con-
gregazione, sempre in crescita e sempre più significativo. Il fatto
che esistano più di 1.100 (mille e cento) opere e servizi sociali spe-
cifici salesiani, insieme al forte magistero di Papa Francesco negli
ultimi anni riguardo al campo degli esclusi, degli emarginati e de-
gli scartati, rende a mio avviso molto opportuna una riflessione
salesiana su questo ambito di azione educativo-pastorale oggi.
1. ITINERARIO EDUCATIVO PASTORALE DI GESÙ
ALLA LUCE DEL VANGELO SECONDO LUCA
Il nostro patrimonio carismatico insegna, fin da Don Bosco,
che per l'accompagnamento dei giovani è necessario stabilire iti-
nerari che permettano l'incontro tra l'educatore e il giovane, e
tra questi e la comunità educativa pastorale, dove si incontrano
la famiglia e i diversi rappresentanti del sistema sociale.
Uno degli aspetti del Vangelo di Luca che maggiormente mi
colpisce è proprio l"'incontro". Un incontro che genera gioia e
vita, un incontro che crea aspettative, un incontro che porta a
intuire la presenza e l'azione dello Spirito di Dio nella storia di
ogni persona, di ogni famiglia, di ogni gruppo, di ogni popolo.
Papa Francesco parla di «cultura dell'incontro», affinché pos-
siamo coltivare atteggiamenti misericordiosi verso gli altri. È
«un invito a lavorare per la "cultura dell'incontro", in modo
semplice "come ha fatto Gesù": non solo vedere ma guardare,
non solo sentire ma ascoltare con attenzione, non solo incrociare
le persone ma fermarsi davanti a loro, non solo dire "che peccato
hanno commesso queste persone" ma lasciarsi prendere dalla
compassione; e poi avvicinarsi, toccare e dire: "non piangere" e
dare almeno una goccia di vita»13•
13 FRANCESCO, Meditazione mattutina nella cappella Santa Marta. Per una
cultura dell'incontro, Roma 13 settembre 2016.

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Nell'ultimo Capitolo generale, il CG 28, abbiamo percepito,
ascoltando i giovani presenti, che essi non ci hanno domandato
più edifici o strutture, ma solo la nostra presenza fisica. Ci han-
no chiesto di essere presenti con loro e in mezzo a loro, di condi-
videre la vita14, di incontrarci, di arricchirci reciprocamente; di
stare con loro. Perché sono loro che, grazie a Dio, danno senso
alla nostra vocazione e ci incoraggiano a scoprire itinerari da
percorrere insieme.
Nel brano evangelico della "resurrezione del figlio della ve-
dova di Nain" al capitolo 7 del Vangelo secondo Luca, scopriamo
quello che potrebbe essere inteso come un bellissimo itinerario
proposto da Gesù, pieno di compassione e di misericordia davan-
ti alla situazione della morte di un giovane, della disgregazione
di una famiglia, della solitudine di una povera madre vedova e
dell'impotenza di un gruppo sociale. Alla luce di questo episodio
evangelico, possiamo interpretare la nostra pastorale giovanile
come una pastorale familiare e, allo stesso tempo, una pastorale
sociale, poiché l'effetto finale sarà quello di una comunità che
genera dinamiche affinché i suoi membri vivano con dignità, nel-
la libertà dei figli di Dio.
1.1. Varcare i confini di culture sconosciute
«Gesù si recò in una città chiamata Nain» (Le 7,11).
Gesù oltrepassa i confini geografici e culturali ebraici del suo
tempo. Questa volta si reca a Nain, un luogo dove non transita-
vano neppure le rotte commerciali dell'epoca. Nain è forse una
regione senza speranza. Gesù esce dai confini della sua patria,
accompagnato da persone che molto probabilmente ignorano la
portata e le ragioni di questo suo cammino.
Questa novità che irrompe in cambiamenti e nuove forme è
presente anche nella Chiesa del nostro tempo, ed è stata richia-
mata fortemente a cominciare dal Concilio Vaticano II e negli ul-
14 Cfr. CG28, pp. 72-73, n. 5.

1.9 Page 9

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IL REITOR MAGGIORE 11
timi decenni. La nostra Congregazione, nel tentativo di rinno-
varsi e di rispondere ai tempi nuovi, di uscire dal proprio "terri-
torio conosciuto", come se andasse in un'altra Nain, ha risposto
a questo appello volto al rinnovamento rivolgendo·lo sguardo an-
che agli ultimi, con un impegno più deciso verso i più bisognosi.
Già a metà del secolo scorso, in molte ispettorie, sono diventate
importanti le Opere sociali, dalle quali è scaturita la decisione di
rispondere al fenomeno dell'emarginazione e della povertà. Tali
proposte si differenziavano dall'ambiente degli Oratori, delle
Scuole e dei Centri di Formazione Professionale - tutti servizi
indubbiamente magnifici per i giovani - per rispondere con par-
ticolare attenzione e dando priorità alla condizione specifica dei
destinatari. Sono stati sviluppati programmi specializzati e spe-
cifici per l'assistenza ai ragazzi e ai giovani della strada, alcuni
dei quali usciti dai vecchi orfanotrofi; sono stati aperti centri di
assistenza sanitaria anche in luoghi molto remoti per i più indi-
genti; sono state create mense e centri di distribuzione di cibo
per aiutare le famiglie con risorse limitate; anche la presenza
missionaria tra i popoli nativi ha creato le proprie strategie e
azioni specifiche per meglio accompagnare e servire le comunità
e i popoli più vulnerabili.
Ci sono stati Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice che han-
no dato impulso a questo tipo di lavoro con una visione sociale.
Questi uomini pieni di fede, coraggiosi e "sognatori", insieme a
una moltitudine innumerevole e forse invisibile di laici - donne
e uomini impegnati a fronteggiare il dolore del prossimo - hanno
insegnato che alleviare le sofferenze dei piccoli, degli ignorati, di
coloro che non contano, è un'espressione della misericordia di-
vina e una concretizzazione del carisma di Don Bosco e del suo
sistema preventivo.
Questo ci ha permesso, come Congregazione, di essere sem-
pre più segni di una Chiesa in uscita verso le periferie esisten-
ziali dell'umanità, dove si trovano coloro che non rientrano nelle
categorie dei sistemi economici utilitaristici e di esclusivo van-
taggio economico, e dove sperimentiamo la gioia dell'incontro

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
con i più bisognosi. Ciò senza dubbio dà forza alla nostra iden-
tità carismatica e alla nostra consapevolezza di servire il Regno
di Dio. Sappiamo bene, inoltre, che alcuni di loro - salesiani e
laici - sono stati persino privati della vita per difendere questa
causa.
Sulla strada per Nain Gesù è accompagnato <<dai suoi
discepoli e da una grande folla» (Le 7,11). I discepoli di
Gesù sono rimasti affascinati da lui, hanno abbandonato la pre-
cedente vita e l'hanno seguito; hanno impegnato le loro forze, il
loro cuore e tutto il loro essere nel progetto del Maestro. Sono
stati chiamati per nome da lui, invitati a collaborare all'annun-
cio del Vangelo e lo hanno seguito.
Gesù è accompagnato anche da molte persone affascinate da
qualche aspetto della Sua persona. Si sono unite a Lui lungo il
cammino, hanno visto le opere meravigliose che ha compiuto: ha
guarito alcuni, ha scacciato i demoni da altri, ha insegnato a
molti con autorità la Parola del Padre; tanti sono stati saziati
con la moltiplicazione del cibo, e così via. Questa moltitudine
ha scoperto l'immenso beneficio che significa stare con Gesù.
Da qui sorgeranno in futuro nuovi discepoli - come quei Settan-
tadue che invierà a due a due.
Altri che hanno fatto parte di questa folla abbandoneranno
Gesù: alcuni se ne andranno con un senso di gratitudine nel cuo-
re e saranno sicuramente testimoni di Gesù in altri luoghi; altri
se ne andranno senza nemmeno salutare o ringraziare. Ma tutti,
in generale, saranno stati guardati con misericordia da Gesù.
Questa è la condizione pastorale nel lavoro con i più poveri e
abbandonati. Dalle Opere e dai servizi sociali salesiani sono nate
numerose vocazioni di ogni tipo e per ogni forma di vita cristia-
na. In molti contesti in cui ci troviamo a lavorare, dove le con-
fessioni religiose diverse dal cristianesimo sono dominanti, ab-
biamo sperimentato la gioia di contribuire alla formazione di
una bella famiglia umana con quanti sono accolti nelle nostre
presenze - a volte con le loro famiglie - e hanno condiviso i molti

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2.1 Page 11

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IL REITOR MAGGIORE 13
valori che viviamo a partire dal Vangelo: Il linguaggio della ca-
rità supera le barriere delle credenze e delle strutture politiche,
portandoci a lavorare al fianco di coloro che si preoccupano di
costruire la pace.
È necessario riconoscere che l'opzione pastorale in campo
sociale comporta molte difficoltà e che lo sforzo di reperire le
risorse umane e finanziarie per sostenerla rappresenta una sfida
importante per coloro che portano avanti questi programmi, poi-
ché richiede di rafforzare la «creatività e la flessibilità»15, qualità
caratteristiche della vita e della missione del nostro Fondatore.
In ogni caso, tutto ciò è immensamente importante e gratificante
allo stesso tempo.
Le necessità dei giovani colpirono profondamente il cuore di
Don Bosco che sviluppò numerose iniziative con spirito inventi-
vo e intraprendente. Queste iniziative profetiche attirarono l'at-
tenzione e la stima di molte persone appartenenti ai diversi ceti
sociali della Torino dell'epoca. Anche oggi, come Salesiani nella
Chiesa, vogliamo mostrare attraverso la dimensione educativa,
evangelizzatrice e caritativa, sia nelle nostre opere e servizi so-
ciali sia negli altri ambienti in cui prestiamo servizi educativi e
pastorali, che il Signore è presente e che tutte le nostre attività
sono espressione dell'amore di Dio per gli ultimi. Un'urgenza
viva oggi come ai tempi di Don Bosco.
1.2. Portatori e seminatori di speranza in mezzo ad una
cultura di morte
«La speranza è l'ultima di tutte le virtù, ma è la più forte» 16•
«Quando fu vicino alla porta della città» (Le 7, 12). La nar-
razione evangelica individua l'azione di Gesù indicando un luogo
concreto: la porta della città. Gesù, che ha varcato i confini della
Galilea per andare in terre pagane a portare la buona notizia del
16 Cost. 19.
16 FRANCESCO, Angelus, 15 novembre 2015.

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Regno di Dio a C(?loro che vogliono riceverla, si ferma proprio al-
la porta della città di Nain.
L'immagine della porta della città ci permette di pensare e
prendere coscienza di quelle persone, gruppi o popolazioni che
non sono distanti da Dio solo per ragioni geografiche, ma perché
sono stati eretti dei muri intorno a loro: muri che condannano
intere società a stare lontane dal benessere sociale, a chiudersi
in se stesse a causa della condizione razziale o addirittura ad
essere isolate in campi profughi che fungono da muri di conte-
nimento contro l'avanzata di quelle che sono considerate masse
migratorie indesiderate. I muri che racchiudono queste persone
sono a volte invisibili e si trovano ànche nelle nostre città. È
quando classifichiamo le persone in base all'appartenenza socia-
le. Ovviamente tali muri non solo racchiudono coloro che "non
sono graditi", ma li rendono addirittura invisibili con il conse-
guente assopimento della coscienza e della sensibilità di tutti
gli altri.
La porta, nel racconto evangelico, è il luogo di un incontro
molto speciale. Non sarà, infatti, un evento quotidiano quello
che accade a Nain, ma qualcosa di straordinario e salvifico. È
interessante notare come nel testo del Vangelo cli Luca a Gesù
venga conferita autorità anche a Nain, una città sconosciuta
e pagana. Un'azione, la Sua, realizzata con il potere stesso di
Dio. Questa manifestazione non sarà un "numero da circo", né
l'espressione della vuota demagogia di un politico del momento.
Al contrario, sarà la manifestazione più evidente di un Dio che
ama i suoi figli.
« Veniva podato alla tomba un morto» (Le 7,12). L'im-
magine che questa scena ci offre ha molto da dire al nostro cari-
sma salesiano. Vediamo, da un lato, il gruppo di seguaci che
accompagna il Maestro; e dall'altra parte, alla porta della città,
chi cammina tra lacrime e lamenti perché sta dando l'addio a un
giovane morto.
Questa scena continua a essere riprodotta giorno dopo giorno.

2.3 Page 13

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IL REITOR MAGGIORE 15
Mostra l'incontro della vita che porta speranza e gioia, di fronte
a situazioni di disperazione e morte in ogni angolo della terra.
La proposta salesiana nel sociale vuole essere un segno di spe-
ranza e di vita in grado di incontrare ogni giorno la crudeltà scol-
pita sui volti tristi di tanti giovani feriti dalla miseria, dalla vio-
lenza, dall'ignoranza, dallo sfruttamento e da altri tipi di abusi.
Le Opere e i servizi sociali salesiani intendono servire e ridare di-
gnità a chi l'ha perduta e, nel nome del Signore, a trasformare il
lutto in gioia. Questa è la convinzione che accompagna tanti edu-
catori e operatori pastorali che, quotidianamente nelle case sale-
siane, colgono ciò che accade oltre le "mura delle nostre attività
convenzionali", e si lasciano interpellare dalle situazioni che ri-
guardano tanti adolescenti e giovani, persone e gruppi oppressi,
tra i quali le vittime più comuni sono sempre i più piccoli.
1.3. L'amore di Dio è anche materno
Il giovane morto era «l'unico figlio di una madre rima-
sta vedova; e molta gente della città era con lei» (Le 7,12).
È una scena dolorosa, quasi crudele. Vediamo una madre che ha
perso il suo amato figlio. Sappiamo che non è "naturale", nel ci-
clo della vita, che un figlio muoia prima dei genitori. Inoltre,
questa sofferenza non è una perdita qualsiasi che può essere
compresa dalla ragione. Qui l'evangelista offre a chi sa fare una
lettura credente della Parola un collegamento diretto con le fibre
più profonde dell'amore, l'amore di Dio che, essendo incommen-
surabile, nel linguaggio umano è paragonabile solo all'amore di
una madre per i suoi figli. È così che Dio ama, con un amore
paterno e materno. Incondizionato. Alla nascita, i cordoni om-
belicali dei bambini vengono tagliati, ma il legame di una madre
con i suoi figli non viene mai meno. Ci sono figli e figlie che
nel corso della loro vita possono dimenticare la madre e il padre,
ma Dio non dimentica mai i suoi figli.
Il Capitolo generale 27 ha offerto importanti riflessioni sulla
paternità salesiana e ci ha ricordato che «il lavoro e la tempe-

2.4 Page 14

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ranza»17 sono per noi Salesiani espressione della nostra dedizio-
ne disinteressata e amorevole ai giovani. Come accadde a Don
Bosco, il sentirci e saperci veramente ''padri" ci spinge a dedica-
re loro le nostre migliori energie perché stiano bene, perché rag-
giungano la realizzazione dei loro obiettivi. Dalla comprensione
dell'identità paterna di Don Bosco noi Salesiani sentiamo il
dolore di tanti giovani che soffrono; siamo addolorati dalla loro
sofferenza perché sono nostri figli. Non a caso affermiamo che
Don Bosco si è sempre sentito padre dei suoi figli. Lui stesso l'ha
espresso tante volte per iscritto.
È necessario e urgente che, come religiosi, scopriamo sempre più
che la nostra castità è feconda e che deve generare vita nella cura di
coloro a cui siamo inviati, in modo particolare in coloro che non han-
no nessuno che si prenda cura di loro. In questo senso, una delle le-
zioni più belle che noi consacrati e consacrate possiamo imparare
dai laici, che lavorano nelle nostre opere e che spesso sono padri e
madri di famiglia, è la particolare sensibilità che molti di loro hanno
per le situazioni di ingiustizia che aggrediscono molti dei nostri ra-
gazzi, adolescenti e giovani. Noi Salesiani non possiamo vivere senza
sentirci educatori, amici, fratelli e padri dei nostri ragazzi. Ed è chia-
ro che uno dei luoghi più opportuni per rafforzare questa dimensione
della nostra vocazione è il lavoro con i giovani ad alto rischio sociale,
quelli che camminano "tra la vita e la morte".
«L'esperienza del vuoto paterno che Don Bosco ha vissuto,
"lo renderà consapevole delle difficoltà dei propri ragazzi, della
qualità umana e spirituale che egli stesso dovrà acquisire per es-
sere padre di molti che non hanno padre, i quali vedranno in lui
colui che insegnerà loro il gusto della vita in tutti i sensi della
parola". Così, il vuoto è diventato un grembo fertile piuttosto
che un trauma. La sua esperienza familiare ha lasciato un segno
indelebile nella sua visione della vita e nella sua idea di educa-
zione ed evangelizzazione dei giovani»18•
11 Cost. 18.
18 DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, Pastorale giovanile e
famiglia, Editrice S.D.B., Roma 2021, p. 20.

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
Nella consapevolezza di essere educatori e padri, salesiani e
laici, possiamo imparare a incontrare i giovani nel loro mondo,
nel loro ambiente, nella loro cultura digitale, che diventa sempre
più complessa e che a noi adulti sfugge un po' (o molto) di mano.
Essi, a volte con la loro vulnerabilità, si ritrovano nelle reti so-
ciali di videochiamate e messaggistica istantanea, frequentano
campi da gioco come Triller, Houseparty, Tik Tok, Genies, Lo-
motif, Bunch, Discord, WhatsApp, Telegram, ecc. Su queste piat-
taforme di incontro e intrattenimento virtuali, molti di loro
esprimono le proprie emozioni, esibiscono se stessi al mondo e
condividono la loro vita quotidiana cercando di attirare l'atten-
zione di nuovi amici. Alla luce di questa realtà, è importante sot-
tolineare che gli adolescenti e i giovani non accompagnati diven-
tano spesso vittime non solo della dipendenza dai media, ma an-
che di molti criminali che li contattano attraverso questi mezzi
. di comunicazione, li sfruttano e li rendono schiavi in diverse for-
me di commercio illegale. Molti minori, alla ricerca di denaro fa-
cile, cadono vittima di queste situazioni. Molti di loro non hanno
spazi educativi adeguati in famiglia o a scuola e vivono moltepli-
ci situazioni di orfanità e di violazione dei loro diritti che li han-
no privati del benessere sociale. Il dolore e la tragedia di questi
ragazzi non possono lasciarci indifferenti.
Come salesiano credo di essere stato sensibile e attento fino
ad oggi alla realtà dello sfruttamento giovanile e, come Rettor
Maggiore, ho promosso l'apertura delle nostre comunità alla
presenza di quei giovani che hanno maggiormente bisogno di
noi, convinto anche del fatto che essi ci danno la possibilità di
esercitare una vera paternità come Don Bosco, e di avere preoc-
cupazioni veramente profonde per le quali "consumare" la no-
stra vita19• Sono certo che le ispettorie che hanno scelto seria-
mente di lavorare con i giovani più fragili, quelli più privi di so-
stegno, si stanno muovendo per rafforzare la loro identità e ga-
19 Cfr. Linee programmatiche del Rettor Maggiore per la Congregazione
salesiana dopo il CG 28, in ACG 433 (2020), pp. 35-38 (priorità n. 5).

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
rantire la loro significatività. I giovani salesiani devono anche
imparare a essere educatori, fratelli e padri dei giovani per con-
tinuare a far sì che il carisma di Don Bosco, padre della gio-
ventù, sia attuato nella nostra Congregazione. Insieme ai laici,
uno sguardo attento agli odierni contesti ci aiuta a discernere le
forme di assistenza che possiamo offrire per garantire ai giovani
la possibilità di vivere esperienze che facciano loro sentire
l'amore di una famiglia.
La storia narrata nel brano della vedova di Nain ci presenta
la situazione drammatica di una madre che ha perso il figlio e
che era anche vedova, avendo perso il marito. Non poteva conta-
re sul sostegno sociale di un uomo che la proteggesse, in una cul-
tura nella quale le donne non avevano alcuna autonomia come
cittadine. Questa donna non poteva nemmeno raggiungere la
vecchiaia nel seno di una famiglia, non poteva arrivare alla fine
della sua vita ricevendo l'amore di un figlio, non poteva aspirare
a una morte dignitosa. Il sistema sociale dell'epoca (e la stessa
legge mosaica) determinava le responsabilità reciproche nelle
famiglie, con il più forte che si prendeva cura del più debole.
I genitori si prendevano cura dei figli e i figli, crescendo, si pren-
devano cura dei genitori in età avanzata; questa era la base so-
ciale del quarto comandamento «onora il padre e la madre», che
rispondeva al ciclo della vita. Vediamo nel testo evangelico come
Luca, in così poche righe, narri il dramma della disintegrazione
di una famiglia e ci faccia intravedere le conseguenze sociali. Il
padre era morto fuori scena; il figlio era morto e, di conseguen-
za, la madre era rimasta sola e senza protezione. Gesù sapeva
bene cosa sarebbe potuto accadere a questa vedova.
Nel nostro caso, l'opzione preferenziale per i giovani più po-
veri significa che dobbiamo necessariamente guardare ai diversi
ambienti da cui provengono. Quindi, il focus di queste Opere e
servizi è sociale e richiede una riflessione e un intervento inter-
disciplinare che proponga itinerari di accompagnamento per il
giovane, la sua famiglia (quando ce l'ha) e il suo nucleo sociale.
Questo dice che le situazioni di povertà, ovunque si presentino,

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
devono essere analizzate seriamente e in profondità. È evidente
che dobbiamo avere tanta preparazione e competenza nell'ac-
compagnare le persone e le comunità in situazioni di vulnera-
bilità esattamente come avviene negli altri ambienti "comuni
e tradizionali" della nostra pastorale, dove ci preoccupiamo di
rispondere ai vari bisogni con offerte professionali e di qualità.
Carità e qualità devono andare di pari passo quando si progettano
opere sociali e servizi per i giovani a rischio, perché se non ab-
biamo chiaro questo obiettivo: rischiamo di essere insignificanti
di fronte alla violazione dei diritti di queste persone.
1.4. Un itinerario educativo
Nella situazione che incontra a Nain Gesù non dà risposte
superficiali, ma ogni parola che esce dalla sua bocca, ogni gesto
e ogni movimento hanno un significato e un'intenzione precisi,
come vediamo nel racconto di Luca.
a. «Quando il Signore la vide, ne ebbe compassione e le disse:
"Non piangere"» (Le 7,13).
Dove Gesù è presente, tutto sarà permeato dal suo amore,
non può passare attraverso la vita delle persone senza cambiare
radicalmente le cose in loro.
Seri studi biblici sono concordi nell'affermare che l'aggettivo
più usato nelle Sacre Scritture per descrivere Dio - l'attributo
che meglio indica il suo modo di agire - è "misericordia". Gesù,
con la stessa misericordia del Padre, che ha creato tutte le cose
e ogni persona con tenero amore, ama ciascuno, perché ciascuno
fa parte del suo piano di salvezza. Quando Gesù "vede" percepi-
sce il male che causa dolore a questa povera madre vedova; ed è
lei, la vedova, per la quale Gesù prova misericordia, dando il via
ali'azione successiva.
Gesù non si fa attendere e le dice: «Non piangere». Come è
possibile che un estraneo dica a una madre di non piangere per
il figlio che ha appena perso? Gesù dice alla donna «non piange-
re» perché sente, in unità con il Padre, di poter cambiare quel

2.8 Page 18

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20 AIT/ DEL CONSIGLIO GENERALE
dolore in gioia e letizia. Le sue parole non sono una vuota conso-
lazione. Agisce, interviene perché il dolore umano deve essere
accompagnato e consolato.
Quanto è importante per noi sperimentare questa stessa mi-
sericordia divina, lasciarci interpellare dai mali che affliggono
ovunque tante persone. Difficilmente questo interrogativo en-
trerà nella nostra vita di consacrati e consacrate se resteremo al
riparo tra le mura sicure delle nostre case in attesa che i giovani
bravi vengano a iscriversi o a partecipare alle nostre iniziative.
Alla maniera di Gesù, Papa Francesco ci ricorda che siamo noi
che dobbiamo andare incontro all'altro per fare comunione, per
realizzare un cambiamento sociale che ci permetta di partecipa-
re alla comunità vivente del Signore.
b. «Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono.
Poi disse: "Ragazzo, dico a te, àlzati!"» (Le 7,14).
Gesù si avvicina, non rimane distante, non se ne sta tranquil-
lo nell'atmosfera confortevole del suo gruppo di seguaci e disce-
poli. Sa qual è la sua missione e perché è stato mandato nel mon-
do. La vicinanza gli permette di entrare in relazione, di lasciarsi
interpellare dagli altri, di conoscere la loro realtà e di amarli così
come sono. L'azione di Gesù richiede presenza e decisione.
Andare incontro a un giovane che si trova in una situazione
di morte è un atto audace e coraggioso; l'unica certezza sta nella
consapevolezza che ll c'è un giovane e che vale la pena essere al
suo fianco e fare qualcosa per lui.
Gesù compie un altro passo. Si spinge più in là. Come ha fat-
to con la madre vedova, Gesù non si limita a osservare ciò che
accade, ma entra in comunione con il giovane: «Toccò la bara».
Non c'è vita senza comunione con il Maestro. Il tocco di Gesù
non è indifferente. Infatti, la sua mano raggiunge la bara e in
quel contatto reciproco trasmette, fa passare il dono della vita.
Nel nostro caso, abitare la cultura dei giovani significa essere
attenti agli elementi di morte che possono circondarli, ma so-
prattutto conoscere ciò che genera vita.
Nell'esperienza dell'incontro con i giovani a rischio, il sostè-

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
gno e l'offerta di aiuto sono un'esperienza salvifica sia per il gio-
vane sia per l'educatore - laico o religioso - che si sente sempre
più toccato, impegnato e coinvolto nell'esistenza dell'altro dove
sembrava esserci solo la morte o nessuna speranza.
Certo, il processo di cambiamento di un giovane nella dina-
mica quotidiana delle Opere e dei servizi sociali salesiani è lento
e difficile: a volte può comparire lo scoraggiamento in chi investe
ogni giorno il massimo delle energie; ma è anche vero che osser-
vare il cambiamento che Dio opera nella vita di questi ragazzi e
ragazze è la più grande ricompensa che si possa sperimentare
come educatore salesiano.
Poi, nel testo evangelico, Gesù pronuncia le parole: «Ragazzo,
dico a te, àlzati!». Ancora una volta, quando Gesù parla genera
vita. Il suo è un parlare e un dire con autorità, è un imperativo
che, tuttavia, è dato in modo amorevole, con l'offerta della mano
al giovane perché egli possa alzarsi, perché possa risorgere.
Questo solenne processo volto a restituire alla vita tanti gio-
vani che stanno morendo in tutto il mondo, è portato avanti nel-
la nostra Congregazione, nel nome del Signore, da migliaia di
persone appassionate di umanità che, orgogliose di lavorare nel
settore sociale salesiano, continuano a pensare a itinerari for-
mativi che aiutino i giovani a consolidare la loro personalità e a
prendere coscienza della loro situazione e realtà.
Don Bosco continua a raggiungere tanti giovani, continua a
porgere la sua mano e a offrire occasioni di "resurrezione", e
lo fa attraverso i tanti laici che collaborano e sostengono con i
loro beni le opere e i servizi sociali. Lo fa insieme alle tante
mamme Margherita rappresentate dagli educatori di ogni gene-
re, ambiti e discipline, che intervengono nei nostri progetti per
l'accompagnamento dei giovani ad alto rischio; lo fa attraverso
la risposta di tanti Salesiani che hanno trovato nella pastorale
e nell'educazione al sociale la possibilità concreta di esprimere
la loro vocazione20; e continua a farlo anche attraverso le tante
2°Cfr. CG28, pp. 74-75, n. 8.

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
"reti di collaborazione" che i suoi figli e figlie tessono per il
bene degli altri. Gesù continua a dire a molti oggi: «Ragazzo,
dico a te, àlzati!».
c. «Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo resti-
tuì a sua madre» (Le 7,15).
Stiamo assistendo alla risurrezione del giovane, una risurre-
zione che - come detto...:. non è un atto magico, ma un'azione mi-
sericordiosa in nome di Dio.
Il giovane prende coscienza di sé ed è quindi in grado di met-
tersi in relazione con gli altri: «E cominciò a parlare». Se parlare
è espressione di vita, possiamo capire che il non parlare, la man-
canza di comunicazione, è espressione di morte. Molti giovani
vivono in situazioni di morte perché si sono interrotti i canali di
comunicazione con i genitori, con l'intera famiglia e con le pro-
prie radici. Finché c'è comunicazione tra le persone, è possibile
accompagnarle nel loro viaggio attraverso la vita. Gesù, avvi-
cinandosi al giovane e toccando la sua realtà di morte, conosce
anche quale sia la sua possibilità di vita.
Gesù ha davvero fermato il pianto della donna, perché ha
posto fine alla situazione che lo aveva provocato.
Se il giovane cresce, la famiglia si ristabilisce; ristabilendo i
legami di comunicazione tra madre e figlio, la strada verso il
cimitero non ha più senso e si riapre la via di casa.
«Lo restituì a sua madre»: il giovane può continuare acre-
scere, maturare e prendere il suo posto di adulto nella società.
Una società che non permetterà più che una vedova indifesa sia
lasciata sola a mendicare. No, perché ci sarà un figlio che si
prenderà cura di lei, che le garantirà una vecchiaia dignitosa.
In questo modo anche l'ordine sociale sarà salvaguardato.
Ecco il grande miracolo di questa storia di risurrezione: la
presenza di un Dio che accompagna il suo popolo, che ridà spe-
ranza e vita alle persone e che genera unità nelle famiglie e nella
società.
Come Congregazione salesiana, quotidianamente siamo te-
stimoni di come il Signore continui a far risorgere migliaia di

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
giovani e le loro famiglie. Nei diversi ambienti in cui accompa-
gniamo i giovani, abbiamo la grande missione di conoscere e abi-
tare la cultura dei giovani, soprattutto di quelli che vivono in si-
tuazioni difficili che mettono a rischio il loro sviluppo personale.
Di conseguenza, è chiaro che la nostra opzione sociale sa-
lesiana è trasversale a tutti gli ambienti pastorali. Orien-
tare i nostri PEPS a questa scelta e offrire servizi o programmi
che aprano le porte ai meno favoriti con un criterio oratoriano21
aiuta le nostre CEP a non perdersi nella monotonia e nell'indif-
ferenza che diventa complice delle varie forme di ingiustizia su-
bite da tante persone. Questa nostra opzione rende le comunità
salesiane autenticamente salvifiche.
Sulla stessa linea, ma con un PEPS specifico22, l'ambiente
delle opere e dei servizi sociali salesiani risponde a queste situa-
zioni di male sociale che mettono a rischio i giovani, che violano
i loro diritti e quelli delle loro comunità, emarginandoli dalla so-
cietà. L'impatto di questo ambiente salesiano favorisce il tem-
pestivo reinserimento dei ragazzi e dei giovani nelle loro fami-
glie e nel loro ambiente, con metodologie proprie che mirano al
ripristino dei diritti violati, alla guarigione delle varie ferite che
hanno lacerato la vita di ciascuno e al potenziamento di capacità
che garantiscano loro il pieno utilizzo della libertà dando loro
pienezza di senso. È il miracolo di far rinascere i giovani, che av-
viene nella misura in cui siamo in grado di realizzare il sistema
preventivo.
Tutto ciò spinge a impegnarci sempre più in processi di edu-
cazione ed evangelizzazione mediante la risposta sociale delle
nostre presenze, che adottano molteplici figure giuridiche di ri-
conoscimento civile o ecclesiastico come requisito per poter of-
frire i propri servizi nei diversi Paesi in modo professionale e
trasparente.
Il nostro volto in questo settore è quindi quello delle Asso-
ciazioni, delle Cooperative, delle Organizzazioni non governative
21 Cfr. CG28, p. 79, n. 13e.
· 22 Cfr. CG27, n. 78.

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
(ONG), delle Aziende autonome per gli aiuti umanitari, degli Ac-
cordi misti per la fornitura concertata di servizi specializzati, dei
Centri sociali che forniscono assistenza psico-sociale e sanitaria
in generale, e che sono anche agenzie di collocamento, ecc. Come
negli altri settori della nostra pastorale giovanile, ciò che ci di-
stingue da altre organizzazioni simili è questo: noi salesiani
evangelizziamo attraverso l'offerta di servizi sociali, offrendo a
tutti una ricerca di senso e un'apertura alla trascendenza, pur
nel rispetto della libertà di ciascuno.
Per rispondere a questi bisogni Don Bosco ha fatto nascere
una Congregazione nello stesso momento in cui gli ordini reli-
giosi venivano espulsi in Piemonte. Di fronte alla società civile,
infatti, la Congregazione appariva come un'associazione di cit-
tadini a scopo benefico. Così per primo nella Chiesa fondò una
Pia Società e Opera di uomini di Dio. Questa doppia dimensione
continua ad arricchire le nostre opere e i nostri servizi sociali e,
allo stesso tempo, conferisce loro un'identità carismatica origi-
nale e specifica.
1.5. Diffondere la buona notizia
Sappiamo che il Regno di Dio cresce in mezzo al mondo in
modo silenzioso e discreto e che facciamo parte di una Chiesa
che lavora generosamente per il bene della gente. È in questo
contesto che l'ambiente delle Opere e dei servizi sociali della
Congregazione si è formato e rafforzato nelle varie ispettorie, fe-
dele al carisma di Don Bosco. Con questo stesso atteggiamento
di grata umiltà, ma convinti che stiamo assistendo a un momen-
to storico che necessita della testimonianza della carità, è urgen-
te sviluppare sempre più la capacità di comunicare per dare vi-
sibilità, in un esercizio di trasparenza, alle nostre azioni e al be-
ne che viene fatto e che raccontiamo al mondo i frutti umani di
questo lavoro che svolgiamo.
Colpisce il fatto che a Nain Gesù non chieda di rimanere solo
con la bara per operare la risurrezione, né lo faccia nell'intimità

3.3 Page 23

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IL REITOR MAGGIORE 25
della famiglia del giovane. Questa azione si svolge sotto gli occhi
di tutti. A tutti comunica la potenza dell'amore di Dio, senza di-
scriminare nessuno. Questo fece sì che i testimoni raccontassero
ovunque ciò di cui erano stati testimoni; essi stessi furono diffu-
sori della buona novella, e la «fama di lui si diffuse per tutta
quanta la Giudea e in tutta la regione circostante» (Le 7,17).
Il Regno di Dio produce cambiamenti radicali in coloro ai
quali viene annunciato e Gesù, in questo evento a Nain, non im-
pone il silenzio né impedisce ad altri di comunicarlo. Inoltre, nei
versetti successivi lo stesso Maestro dirà: «Andate e riferite a
Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vi-
sta, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odo-
no, i morti risuscitano, ai poveri è a.Ìlnunciata la buona notizia»
(Le 7,22). Condividere la fede è il risultato del camminare con
Gesù; celebrarla esprime la gioia di appartenere al gruppo che
cammina con lui, e cercare la giustizia sociale è uno degli impe-
gni più importanti di una Chiesa che fa propri gli insegnamenti
del suo Maestro.
Papa Francesco nelle due encicliche sociali Laudato si' e Fra-
telli tutti insegna che il contributo di tutta la Chiesa allo svilup-
po umano è integrale; che lavorare per la giustizia e la paceri-
chiede anche la cura del creato, che è la nostra casa comune. Allo
stesso modo, la nostra azione pastorale salesiana in ogni comu-
nità locale e in ogni ispettoria è chiamata a essere un'azione pa-
storale integrale che si rivolge preferibilmente ai giovani, anche
se non si limita a loro. Per aiutarli davvero, dobbiamo guardare
alle loro famiglie (di nuovo, se ne hanno) e ai loro gruppi sociali.
Lo sviluppo umano integrale è orientato anche a stabilire un
dialogo con le altre fedi, con i governi, con le istituzioni sociali e
con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che uniscono i
loro sforzi in difesa della dignità umana. Come Salesiani parte-
cipiamo alla costruzione dell'amicizia sociale, la esprimiamo
apertamente e con metodologie concrete di intervento attraverso
l'ambiente delle opere e dei servizi sociali. Questo ambiente non

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
è nuovo nel nostro carisma, poiché risponde all'ispirazione fon-
datrice, ed è per questo che invito tutti i confratelli, gli ispettori
e i loro consigli, i direttori e le loro comunità, così come le comu-
nità educativo-pastorali, ad essere coraggiosi e ad ascoltare il
grido dei giovani - grido provocato dal peccato sociale- e, quin-
di, ad offrire proposte che rispondano a questo danno strutturale
della cultura odierna. Per fare questo dobbiamo «vedere l'altro»
e provarne compassione; solo così troveremo una via d'uscita da
noi stessi e vedremo come allocare le risorse umane e finanziarie
che garantiranno la realizzazione di solidi itinerari di accompa-
gnamento per i giovani e le comunità a rischio.
«Gli esclusi sono la maggior parte del pianeta, miliardi di
persone. Oggi sono menzionati nei dibattiti politici ed economici
internazionali, ma per lo più sembra che i loro problemi si pon-
gano come un'appendice, come una questione che si aggiunga
quasi per obbligo o in maniera periferica, se non li si considera
un mero danno collaterale»23•
Questo è anche un invito, rivolto a noi religiosi salesiani, a
imparare a essere molto liberi e sobri, a non accomodarci e a ri-
spondere alle circostanze avverse della vita. Dobbiamo anche im-
parare a tradurre i nostri linguaggi religiosi in quelli delle so-
cietà civili e a impegnarci nei dialoghi necessari. È, quindi, un
appello affinché nell'opzione carismatica per l'ambiente delle
Opere e dei servizi sociali si vada verso una convergenza di cri-
teri che, pur rispettando l'esperienza e il lavoro di ogni presenza
salesiana nel mondo, salvaguardi la nostra identità evangelizza-
trice e carismatica, per raccontare al mondo, con umiltà, sem-
plicità e trasparenza, l'impatto della nostra presenza nel settore
sociale come risposta all'amore di Gesù24.
23 Cf. FRANCESCO, Laudato si', n. 49.
24 Cf. FRANCESCO, Fratelli tutti, n. 95.

3.5 Page 25

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IL REITOR MAGGIORE 27
2. L'OPZIONE PER I PIÙ POVERI25
Con il linguaggio e le metodologie del suo tempo Don Bosco
propone un nuovo modo di prendersi cura degli adolescenti e dei
giovani. Sarà precisamente la scelta a favore dei più poveri a gui-
dare tutta la sua azione e il conseguente consolidamento ed espan-
sione della Congregazione Salesiana, Congregazione che egli stes-
so fondò, accompagnato da alcuni giovani che vissero e impararo-
no a Valdocco cosa fosse conoscere e amare Gesù e a voler servire
i giovani che incontravano in quella stessa casa. Questo li porterà
a maturare e a sognare "il proprio progetto di vita" (secondo le
parole di oggi), al servizio della missione di cui sono stati il frutto.
Il fatto di stare con i poveri deriva dalla convinzione di Don Bosco
stesso, che mantenne fedelmente per tutta la vita.
I giovani che venivano all'oratorio di Valdocco si sentivano
veramente a casa, perché c'era posto per tutti, senza eccezioni o
discriminazioni. Sono arrivati tutti con sogni, gioie, frustrazioni,
tristezza e, molti di loro, vittime delle numerose e dannose for-
me di povertà sociale. Tutti hanno trovato la possibilità di ini-
ziare o riprendere un percorso che assicurava loro una vita di-
gnitosa e un futuro a cui avrebbero avuto accesso per raggiun-
gere i loro obiettivi. Nel rapporto diretto con ciascuno di loro,
Don Bosco ha lasciato che il suo cuore si plasmasse come educa-
tore pastore, e halasciato questa caratteristica in eredità ai suoi
figli, affinché in qualsiasi parte del mondo, e in qualsiasi mo-
mento della storia, sia la loro povertà a spingerli a continuare a
sentire il bisogno di essere padri, educatori, fratelli e amici. È il
nostro atteggiamento di fede che ci porta ad accompagnare i ra-
gazzi e i giovani nelle situazioni difficili in cui vivono. Del resto,
più che rispondere all'emergenza culturale dei tempi che abbia-
mo di fronte, cerchiamo di camminare con i giovani in un per-
corso che dia loro dignità e nuove opportunità.
25 Linee programmatiche del Rettor Maggiore per la Congregazione sale-
siana dopo il CG 28, inACG 433 (2020), pp. 35-38 (priorità n. 5).

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Le nostre Costituzioni riassumono la scelta per i giovani più
poveri26 e ci indicano il cammino da seguire per santificarci
insieme a tutti i membri della CEP, un luogo in cui Dio ci chiede
di essere presenti con spirito di famiglia, accompagnandoli nella
loro vita quotidiana. La capacità di essere un «magnifico labora-
torio di esperienze giovanili» che caratterizzava il sistema pre-
ventivo di Don Bosco, da lui vissuto e applicato, ha dato origine,
nel tempo, a un ricco patrimonio che alimenta la vita pastorale
delle Ispettorie e che è stato accuratamente raccolto nel Quadro
di riferimento della pastorale giovanile salesiana.
2.1. Con una pastorale giovanile per la liberazione e il
reinserimento di opere e servizi educativi
Penso che saremo d'accordo sul fatto che il compito educati-
vo con i ragazzi e i giovani deve generare vita, aprire alla vita e
formare alla vita. In molte circostanze e luoghi sarà necessario
offrire ai giovani la possibilità di reintegrarsi nel nucleo dal qua-
le sono stati espulsi o dal quale sono dovuti fuggire. Una delle
tante modalità di reinserimento è stata quella di favorire am-
bienti specifici che allontanano i giovani dal rischio o dal fatto
stesso della violazione dei loro diritti. In altri casi, il compito del
reinserimento si è concentrato sulla costruzione della coesione
sociale, cercando di educare a superare il rifiuto e l'esclusione,
la xenofobia e il razzismo, e persino le barriere linguistiche e la
mancanza di una formazione professionale che li preparasse al
lavoro. I curricula sociali così concepiti vanno oltre le tradizio-
nali strutture accademiche e devono concentrarsi anche sulla
salvaguardia dei diritti delle persone, sulla ricerca della loro sta-
bilità emotiva, fisica e spirituale, sulla possibilità di renderle au-
tonome attraverso la formazione di quelle competenze sociali
che saranno indispensabili nel loro rapporto con il mondo e nel
loro inserimento nel mercato del lavoro.
-26 Cfr. Cost. 6; 26; 29 e 41.

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
In molti contesti, a causa della particolare legislazione, il mo-
mento dell'intervento con i giovani ad alto rischio sociale è una
variabile che ci spinge a essere creativi e ad avere la capacità _di
stabilire alleanze per realizzare il nostro compito in modo effi-
cace, riducendo al minimo qualsiasi situazione che possa nuova-
mente violare la loro dignità. Perciò il compito educativo nel set-
tore sociale è ampio e variegato e per questo, oltre al fatto che
l'opzione sociale deve essere trasversale in tutti i nostri ambienti
pastorali, riconosciamo le opere e i servizi sociali salesiani come
un ambiente specifico per l'erogazione di servizi educativo-
pastorali che possono essere concepiti in vari modi sia nel POI
che nel PEPS27•
A titolo di esempio:
a. Programmi sociali associati alla presenza di altri ambienti
pastorali.
In molte ispettorie esistono servizi educativi-sociali che fun-
zionano nelle stesse strutture di altri ambienti pastorali, o che
sono la risposta alla proiezione sociale di un'opera specifica.
In alcuni di questi casi, l'idea è quella di educare a vivere il
proprio tempo libero, o di offrire complementi accademici e la-
boratori di formazione artistica o sportiva per la promozione del-
la convivenza civile, tra gli altri.
Si tratta di modalità molto efficaci con cui le nostre presenze
aprono le porte ai quartieri in cui sono inserite e le portano a
partecipare alla vita locale, rendendoci vicini alle situazioni reali
delle famiglie e permettendoci di conoscere la realtà, a volte mol-
to dura, di questi ragazzi e ragazze.
In altri luoghi, questo servizio si è sviluppato attraverso le
parrocchie, i centri giovanili e gli oratori, dove è cresciuta la sen-
sibilità verso l'inclusione di persone con disabilità, bambini con
difficoltà di apprendimento, l'aiuto alla promozione della donna,
l'aiuto alle famiglie, l'incontro multiculturale e multireligioso e
la cultura della non violenza.
27 Cfr. CG28, p. 112, n. 45g.

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
In alcuni Paesi, gli ispettori motivano e assicurano le condi-
zioni affinché i Salesiani abbiano l'opportunità di integrarsi nei
servizi sociali; in altri, è ancora in sospeso la questione della
"conversione pastorale" che motiva alcuni confratelli a voler vi-
vere e servire in queste periferie. È importante che i Salesiani
consacrati siano coinvolti in questi programmi perché fanno par-
te dell'opzione preferenziale della nostra missione, e per questo
non possiamo abbandonarla, né lasciare soli i laici, che a volte
sentono e denunciano l'assenza dei religiosi. Questo squilibrio
mette a rischio la stessa missione salesiana nel campo del servi-
zio sociale. Insieme siamo chiamati a far rivivere, ricreare e tal-
volta anche rifondare lo spirito di Valdocco, in un clima di fiducia
reciproca, poiché ognuno è invitato a contribuire con la propria
specificità. A volte questo può essere un vero e proprio ritorno
alle origini.
b. Presenze con una dedizione esclusiva all'ambiente delle opere
e dei servizi sociali.
Ci sono molte ispettorie con presenze salesiane la cui dedizio-
ne alla missione nel settore sociale è assoluta. A causa dell'im-
patto delle istituzioni in questo settore, le opere sociali salesiane
costituiscono un ambiente a se stante, in quanto esistono una se-
rie di fattori carismatici, requisiti legali e normativi a cui devono
rispondere e che conferiscono loro una propria identità e dinami-
ca. È sempre più frequente che questo ambiente venga descritto
e precisato nei progetti organici ispettoriali, con opzioni e criteri
chiari per il suo sviluppo nella vita dell'ispettoria. Nella nostra
Congregazione abbiamo opere sociali semplici e altre più com-
plesse, sia per il numero di programmi e servizi che offrono,
sia per la loro articolazione e connessione con altri ambienti.
Come in ogni processo di crescita e maturazione delle istitu-
zioni, è necessario progettare il fu.turo di queste opere, ma sem-
pre garantendo che rispondano con qualità e dignità ai bisogni
dei beneficiari. È necessario superare la mentalità, ancora per-
sistente in alcune ispettorie, che fa sì che ci sia un divario e una
differenza tra gli edifici, le attrezzature e i profili degli educatori

3.9 Page 29

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IL REITOR MAGGIORE 31
e degli operatori delle opere che si rivolgono ai giovani che vivo-
no senza privazioni economiche e quelle che si rivolgono ai più
poveri. Questo perpetua la differenza tra chi ha più possibilità e
chi è meno favorito e, per essere fedeli al Signore Gesù e a Don
Bosco, non possiamo permetterlo, perché i poveri meritano il
meglio da noi - come abbiamo imparato da Don Bosco.
Le situazioni in cui si trovano i disagiati non devono mai spa-
ventarci. Anzi, ogni volta che come Salesiani incontriamo questi
giovani, dobbiamo essere entusiasti di accompagnarli nel loro
processo di preparazione alla vita. Da qui la necessità di essere
molto professionali nei processi formativi che offriamo loro, poi-
ché ogni giovane è un progetto di Dio che abbiamo la responsa-
bilità di accompagnare.
La nostra forza come Salesiani sta nel lasciarci aiutare e an-
che nell'imparare dagli altri. Non possiamo fare_ del bene da soli.
Per questo motivo, nell'ambiente delle opere sociali, dobbiamo
coinvolgere un gran numero di persone idonee, formate in diver-
se aree di conoscenza e discipline, che possano illuminare lari-
flessione e l'azione da svolgere a favore di questi giovani e delle
comunità che accompagnano. D'altra parte, nell'animazione e
nel governo corresponsabile delle nostre opere, è necessario ge-
nerare i meccanismi necessari affinché il processo decisionale sia
condiviso anche con i laici e si instauri la cultura della valuta-
zione dei processi.
Certamente la questione della redditività e della sostenibilità
economica di questo tipo di lavoro si pone sempre come una
preoccupazione. Per garantirla facciamo ricorso alla nostra in-
telligenza pastorale e alla capacità di stabilire accordi con i go-
verni, le amministrazioni regionali o locali, con le associazioni
private o con le organizzazioni che operano nella cooperazione
allo sviluppo, sia a livello nazionale che internazionale. Ciò che
non dobbiamo mai dimenticare è di chi siamo figli e quale prote-
zione abbiamo quando lavoriamo con i suoi prediletti.
Un criterio molto importante a cui prestare attenzione a que-
sto punto è la questione di con chi stringere partnership, affinché
nella ricerca di risorse finanziarie non ci si lasci imporre azioni

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
che corrono il rischio di svendere la nostra identità. Devo dire
che la nostra intenzione evangelizzatrice nelle opere e nei servizi
sociali non è negoziabile. Quindi la bontà di questo ambiente sta
nel fatto che con le nostre azioni in mezzo alle comunità più di-
sagiate gettiamo i semi del Regno, anche in contesti religiosi non
cristiani, e sempre nel rispetto e nella libertà degli altri, ma senza
perdere un briciolo della nostra identità cristiana e salesiana.
2.2. Cura pastorale e .accompagnamento con animatori
idonei e preparati
Ogni programma, ogni servizio e ogni lavoro sociale della no-
stra Congregazione mostra che nelle varie ispettorie e CEP, con-
sacrati e laici hanno sperimentato una grande apertura di cuore
nel sentirsi inviati ai giovani a rischio; hanno riflettuto sulle mi-
gliori strategie da seguire per proporre i relativi itinerari di ac-
compagnamento per loro e hanno preso le decisioni appropriate
per garantire la continuità richiesta dai progetti. Si tratta di
un'azione coraggiosa, perché non è facile portare avanti iniziati-
ve che difendono chi "crea problemi e fastidi".
A questo punto vorrei esprimere un meritato riconoscimento
alle tante donne e ai tanti uomini laici che lavorano ai diversi li-
velli delle nostre opere e dei nostri servizi sociali, sia come edu-
catori, sia come personale di servizio, sia come specialisti nei di-
versi settori (pedagogisti sociali ed esperti di rieducazione, assi-
stenti sociali, psicologi, esperti di salute, insegnanti di scuola e
istruttori di laboratori, addetti all'inserimento lavorativo, per-
sonale di gestione e amministrazione, direttori). A tutti voi dico:
Grazie, a nom~ del nostro Padre Don Bosco, per il vostro buon
lavoro, perché attraverso il contributo di ognuno di voi, i ragaz-
zi, gli adolescenti e i giovani, e le comunità e i quartieri nei quali
i diritti sono violati, trovano veri padri e madri che si preoccu-
pano di loro e che fanno loro sentire la predilezione di Dio.
So che molti di voi vivono la propria professione con profonda
passione fino ad assumerla come una vera e propria vocazione.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE 33
Questo vi rende veri e propri apostoli del Vangelo. Molti di voi,
in tanti Paesi del mondo, provengono da culture e tradizioni
religiose proprie dei loro contesti, e questo ci rende ancora più
vicini, perché è sulla base dei valori che condividiamo che ci ri-
conosciamo come membri della stessa famiglia nata a Valdocco.
So che voi, cari laici, alla fine delle vostre giornate intense,
tornate a casa per continuare il lavoro delle vostre amate fami-
glie, e che spesso sacrificate parte del vostro tempo personale
per rispondere alla chiamata dei giovani dell'opera salesiana.
So anche che in alcune occasioni alcuni di voi hanno vissuto
momenti di incomprensione.
Vi incoraggio ad andare avanti, sapendo che nella certezza
della vocazione ricevuta troverete sempre la forza per. un dialogo
sincero che vi aiuti a crescere e a maturare. Grazie per la tua vi-
ta, per la tua amicizia e per il tuo accompagnamento dei giovani,
della CEP e di noi salesiani.
E un profondo riconoscimento lo rivolgo anche ai miei cari
confratelli salesiani, coadiutori e sacerdoti, che con immensa ca-
rità pastorale si sono dati, o continuano a farlo, al servizio dei
più poveri.
In silenziosa obbedienza, molti miei confratelli si sono santifi-
cati e hanno comunicato la grazia di Dio ai sofferenti, a coloro che
sono più afflitti e bisognosi, assistendoli, stando al loro fianco,
consigliandoli, offrendo loro nuove possibilità in cui dirigere lo
sguardo. Molti hanno dovuto aflrontare incomprensioni perché
non sempre e ovunque siamo stati preparati a comprendere le
proposte educative e sociali. Molti Salesiani trovano nella meto-
dologia delle opere e dei servizi sociali una dinamica vibrante del
nostro carisma, perché sono spazi che si allontanano dalla rigidità,
che offrono freschezza e lanciano in missioni pastorali audaci.
Chiedo al Signore la grazia che molti giovani salesiani, a par-
tire dalle stesse case di formazione, si entusiasmino per gli apo-
stolati a contatto con le strade e gli ambienti depressi dove, come

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
accadde al giovane sacerdote Giovanni Bosco, possano commuo-
versi per le situazioni di degrado dell'umanità, e trovino felicità
nell'amicizia e nello state con quei giovani.
Grazie a Dio, sono molti i confratelli che oggi orientano il lo-
ro progetto di vita vocazionale a lavorare in questo ambiente che
ci permette di vedere senza alcun velo il volto del Risorto. Resta
una sfida per i nostri processi di formazione iniziale, specifica e
permanente offrire gli strumenti che permettano ai Salesiani di
conoscere e amare la dimensione sociale delle nostre presenze,
in modo da essere competenti in questo campo e proporre così
con pertinenza l'azione pastorale che essa richiede.
2.3. Una pastorale che tenga in considerazione la famiglia
La famiglia è la casa naturale di ogni essere umano. È in fa-
miglia che si impara a essere persone e cittadini. Molti dei dram-
mi vissuti dagli adolescenti e dai giovani dei servizi sociali hanno
origine nella loro situazione familiare.
Ci sono famiglie armoniose, stabili, accoglienti e attente al be-
nessere di ciascuno dei loro membri, ma ci. sono anche famiglie
in cui, di fronte ai problemi di uno dei loro figli, non hanno né la
capacità né le risorse per favorirne il processo di guarigione e
reintegrazione. Alcune di queste situazioni sono, ad esempio, l'u-
so di droghe, il coinvolgimento in gruppi criminali o violenti, le
minacce all'integrità personale da parte di terzi o i procedimenti
legali28• In alcuni casi, le famiglie sono vittime di cause esterne
che le disgregano, e i bambini rimangono senza legami e legami
di sostegno che li supportino, come nel caso delle regioni in cui si
verificano situazioni di guerra, sfollamento forzato a causa della
violenza, disastri naturali e, in particolare, tutti i tipi di migra-
zione. Il fenomeno della povertà, unito all'instabilità emotiva di
alcuni genitori, li porta ad avere problemi comportamentali che
spesso si ripercuotono sui figli. La famiglia diventa disfunzionale
e finisce per essere un ambiente avverso e persino abusivo.
28 Cfr. CG28, pp. 69-70, n. 2.

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE 35
«La realtà è diventata molto complessa, tanto che oggi non
si può parlare di famiglia al singolare, ma al plurale. Non c'è una
famiglia, ci sono le famiglie. Nonostante le molteplici configura-
zioni familiari, possiamo affermare che le relazioni familiari so-
no una componente di vitale importanza, perché sono l'accesso
alla costruzione e allo sviluppo della personalità. La famiglia è il
luogo di incontro delle diversità che sono alla base dell'esperien-
za umana. Pertanto, quando parliamo di cura della famiglia,
implica la cura dei suoi membri nella loro diversità, nei loro biso-
gni, nella loro dignità; nessun'altra istituzione è al di sopra della
famiglia nella costruzione dello sviluppo umano integrale»29•
L'elemento reintegrativo della pedagogia sociale salesiana
cerca di permettere al giovane, nel suo processo di maturazione
personale, di ricostruire i legami interrotti con la sua famiglia.
Da questo punto di vista, il recente documento salesiano "Pasto-
rale giovanile e famiglia" ci insegna che, essendo il nostro mini-
stero rivolto in primo luogo ai giovani, non possiamo isolarli dal
mondo a cui appartengono, é siamo quindi chiamati ad accom-
pagnare le realtà familiari per garantire loro le giuste condizio-
ni, sia di convivenza che di sostegno reciproco, dalla stabilità af-
fettiva a quella economica. Una famiglia frammentata mette a
rischio ciascuno dei suoi membri, e l'intervento sociale mira a
stabilire le cause di questo malessere per attivare nel giovane i
possibili percorsi da seguire affinché possa reinserirsi in essa, fa-
cendo parte di un ambiente accogliente, affettuoso e formativo
di cui si sente parte importante, e che può contribuire a consoli-
dare30. In questo stesso movimento, è ideale che le famiglie si
uniscano al processo di reinserimento dei giovani come chiave
sicura per la loro guarigione31•
29 DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, Pastorale giovanile e
famiglia, Editrice S.D.B., Roma 2021, p. 12.
8°Cfr. CG28, p. 81 n. 15.
81 Cfr. CG28, p. 82 n. 15h.

4.4 Page 34

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36 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
3. L'IMPEGNO PER LO SVILUPPO UMANO INTEGRALE
La dottrina sociale della Chiesa ha ispirato e continua a ispi-
rare il lavoro salesiano. Le nostre proposte educative hanno una
prospettiva spirituale, perché agiruno in nome di Dio e orientia-
mo le nostre azioni verso di Lui; ma hanno anche una prospetti-
va socio-politica, perché siruno impegnati nella trasformazione
della realtà, e in questo stesso senso accompagniruno i giovani a
impegnarsi e a essere agenti dinrunici della cultura. Questo crun-
biamento di mentalità richiede di rompere con le logiche che
schiavizzano e ideologizzano le persone e di procedere insieme
verso uno sviluppo umano integrale. Questo concetto è legato a
quello di "crescita"32 che per molti anni ha guidato gli indicatori
che cercavano di misurare l'evoluzione delle società solo da un
punto di vista finanziario. L'insegnrunento della Chiesa ci porta
a comprendere che ogni crunbirunento benefico nella dimensione
materiale e sociale delle persone è direttrunente collegato alla
loro trascendenza33, ed è una chirunata a essere verrunente uma-
ni, poiché questo è il disegno di Dio per tutta l'umanità e anche,
naturalmente, per i credenti che trovano in Cristo la misura del-
l'uomo perfetto34.
Questo processo riunisce molti sforzi per la giustizia, la pace
e la cura del creato. Papa Francesco ha pubblicato le sue prezio-
se encicliche Laudato si' (2015) e Fratelli tutti (2020) intorno a
questa proposta, e dal 2016 ha persino istituito un Dicastero
specifico per regolare e runministrare le questioni relative ai mi-
granti, ai più poveri, ai malati, agli esclusi e agli emarginati, le
vittime dei conflitti armati e dei disastri naturali, i detenuti, i
disoccupati e le vittime di tutte le forme di schiavitù e tortura;
nonché il progrrunma di accompagnamento della pandemia di
COVID 19 e il coordinrunento dell'ecologia integrale attraverso
la piattaforma Laudato Si'. È chiaro che non possiruno parlare
32 PAOLO VI, Populorum progressio, 14.
33 FRANCESCO, Laudato si', 225.
34 Cfr. Ef 4,13.

4.5 Page 35

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IL REITOR MAGGIORE 37
di opere e servizi sociali salesiani senza riconoscere che siamo
coinvolti in questa chiamata a partecipare al cammino dello svi-
luppo umano integrale a cui Papa Francesco ha invitato la Chie-
sa e il mondo. È, per così dire, l'agenda ufficiale della Chiesa alla
quale siamo istituzionalmente allineati come Congregazione.
Questo aggiunge valore al significato delle nostre opere, rafforza
l'identità carismatica del nostro intervento educativo-sociale e
ci illumina nella scelta dei nostri alleati e stakeholder.
3.1. L'importanza delle opere per i giovani a rischio e
l'innovazione sociale
La missione salesiana, in tutte le sue manifestazioni istitu-
zionali e nei programmi di assistenza alle popolazioni in situa-
zione di violazione dei diritti, genera itinerari che partono dal
rispetto di ogni singola persona, accompagnandola a scoprire il
proprio posto nel mondo in dialogo con i valori evangelici della
fede cristiana o del proprio credo. La teoria dello sviluppo chia-
ma questo fenomeno di cambiamento "innovazione sociale", che
tiene conto della ricchezza esistente in una popolazione, cercan-
do di generare abitudini nelle persone a partire dalle loro possi-
bilità, in modo che possano trovare la propria strada verso una
vita più dignitosa. In questo modo, carisma salesiano e innova-
zione sociale sono come due facce della stessa medaglia: il primo
in senso teologico-pastorale e spirituale, e il secondo nel linguag-
gio accademico e civile di oggi, che cerca di indicare processi di
coesione all'interno della cultura, portando individui e colletti-
vità allo sviluppo umano integrale e, quindi, dalla nostra visione
del mondo della vita, alla trascendenza.
Nel su.o magistero, Papa Francesco instaura un dialogo im-
portante e necessario tra il linguaggio dell'impegno sociale della
Chiesa, che difende la dignità umana, e quello delle organizza-
zioni internazionali che garantiscono politiche per il benessere
dèi popoli.
Negli ultimi decenni sono state molte le agende promosse da

4.6 Page 36

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38 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
organizzazioni ecclesiastiche e civili che operano nel campo della
cooperazione allo sviluppo, la maggior parte delle quali converge
nel concetto di sostenibilità. Un'organizzazione, in questo caso
un'opera o un servizio sociale, è sostenibile quando genera un sa-
no equilibrio tra l'adempimento della sua missione, l'impatto che
ha sull'ambiente e la sostenibilità finanziaria che la sostiene. Da
questo punto di vista, è interessante considerare la sostenibilità
come una componente che aiuta a valutare il significato delle ope-
re e dei servizi sociali salesiani. È un'opportunità per superare il
pericolo che esiste in molte istituzioni sociali (e talvolta ecclesiali)
di ridurre i valori del Vangelo e della dottrina sociale ad azioni
meramente filantropiche, evincendo dai nostri piani di intervento
veri e propri processi di accompagnamento alla trascendenza.
3.2. Complementarietà dei saperi e delle istituzioni
salesiane
Il modello di pastorale che porta allo sviluppo umano inte-
grale nell'ambiente delle opere e dei servizi sociali salesiani è ar-
ricchito dal contributo di diverse discipline, tra le quali vorrei
sottolineare le seguenti:
a. Il contributo salesiano nell'approccio ai diritti umani nei nostri
contesti.
La pluralità culturale e i requisiti legali hanno portato la Fa-
miglia salesiana a sentire la sfida di dover rispondere in modo
particolare alle esigenze dei giovani a rischio in ogni contesto.
Tuttavia, il fenomeno della globalizzazione sta rendendo i fattori
che causano l'ingiustizia sociale e la violazione dei diritti delle
persone, così come le strategie che vengono generate per com-
batterli, sempre più comuni e simili in tutte le società e i luoghi.
Comprendere le chiavi sociologiche di ogni momento storico
nei vari contesti è un'opportunità per rafforzare il lavoro sale-
siano nell'ambiente delle opere sociali e dei servizi sociali sale-
siani, ed è un modo concreto di proiettarlo nel fu.turo per garan-
tirne il significato. Questa disciplina ci fornisce gli strumenti per
garantire che il nostro impegno nei confronti dei giovani sia per-

4.7 Page 37

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IL REITOR MAGGIORE 39
manente, perché la società è sempre in evoluzione; ci aiuta
ad essere profondi e appassionati nel nostro lavoro, perché più
siamo in grado di analizzare la condizione del cambiamento
umano, più opportunità avremo di trovare le chiavi che portano
ai cambiamenti che portano allo sviluppo integrale.
Con una metodologia interdisciplinare, attivando osservatori
che favoriscano una lettura sociologica attenta e costante dei fe-
nomeni che muovono le dinamiche dei ragazzi e dei giovani, si
indica la strada per la configurazione degli itinerari educativi da
seguire e si apre l'ingresso a vari forum, come quelli che in ogni
Paese e in ogni regione vengono istituiti per denunciare la viola-
zione dei diritti dei minori. Contemporaneamente si offre l'op-
portunità di lavorare per la difesa di questi diritti. Il compito di
osservare questi fenomeni è essenziale in questo ambiente, per-
ché nella formulazione del PEPS, un'analisi del contesto ben fat-
ta renderà cospicua l'offerta dei nostri servizi sociali e ci man-
terrà rilevanti tra le istituzioni del settore sociale.
Come Chiesa e come Congregazione salesiana, riconosciamo
che i diritti umani sono un dono prezioso che dobbiamo difendere
e promuovere. Le nostre comunità locali e ispettoriali hanno per-
corso un lungo cammino in questo senso. Nel 2009, con il Con-
gresso Sistema Preventivo e Diritti Umani, la Congregazione ha
fatto la scelta di rendere questa linea trasversale a tutti gli am-
bienti e livelli delle nostre strutture nel mondo. In modo partico-
lare, guardiamo alla Convenzione sui diritti dell'infanzi.a e dell'a-
dolescenza, che le Nazioni Unite hanno proclamato nel 1989 come
accordo globale che rilevanza ai minori come soggetti che han-
no il diritto di essere educati in modo integrale, aiutandoli a svi-
luppare tutte le loro capacità e a rafforzare la loro personalità. In
questo modo, si assicura un percorso attraverso il quale l'umanità
può avanzare con sicurezza verso il raggiungimento della pace e
della dignità umana, nella misura in cui le nuove generazioni ven-
gono rispettate e formate a questo atteggiamento.
Dovrebbe rassicurarci sapere che come religiosi e laici della
CEP prendiamo le misure necessarie e sviluppiamo gli strumen-
ti necessari per salvaguardare l'integrità dei minori e di tutta

4.8 Page 38

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40 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
la comunità, sapendo che tutti i suoi membri devono conoscerli,
interiorizzarli, rispettarli e osservarli.
b. La pedagogia sociale in chiave salesiana.
Quando si parla di rischio sociale, si intende la possibilità
concreta che i diritti umani delle persone vengano colpiti o radi-
calmente violati. Nei contesti umani più diversi troviamo molte
forme di povertà che colpiscono i minori in generale. Tuttavia, i
contesti di elevata povertà socio-economica concentrano un gran
numero di elementi che mettono a rischio la dignità delle perso-
ne. Ci sono molte periferie umane che portano con sé l'emar-
ginazione subita da milioni di persone rispetto ad alcuni dei be-
nefici di cui godono i cittadini comuni. In casi più scandalosi e
degradanti, vediamo come milioni di altri esseri umani vivano
nella totale esclusione, senza poter avere le opportunità che
dovrebbero essere garantite in tutte le società.
La nostra opzione carismatica a favore dei più poveri chiede
di impegnarci, per quanto possibile, a contribuire a spezzare i
cicli di povertà ed esclusione, e lo facciamo, fondamentalmente,
attraverso l'istruzione. Nella maggior parte delle ispettorie che
hanno programmi sociali c'è la sfida di formare educatori sociali
e pedagogisti sociali, poiché non è facile trovare i profili giusti
in tutti i contesti e, in molti casi, non c'è nemmeno un'offerta
accademica per prepararli come tali.
Dal punto di vista laico, gli educatori sociali e i pedagogisti
sociali sono una figura molto simile all'assistente salesiano che
Don Bosco voleva per i suoi ambienti. Attraverso la pedagogia
sociale, ci interroghiamo sul tipo di cittadino che dobbiamo
accompagnare verso la maturità, partendo dal riconoscimento
delle singolarità dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani di
queste nostre presenze.
Tra i tanti preziosi scritti sulla pedagogia sociale, vorrei sug-
gerire in modo semplice la lettura aggiornata35 del Sistema Pre-
36 Cfr. PETICLERC JEAN MARIE, I valori più significativi del Sistema Preven-
tivo, in AA. Vv., Sistema preventivo e diritti umani, Roma 2009.

4.9 Page 39

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. IL REITOR MAGGIORE 41
ventivo offerta dal nostro confratello, padre Jean Marie Peti-
clerc, il quale osserva che sono tre i momenti chiave in cui le
opere e i servizi sociali salesiani propongop.o attualmente itine-
rari di accompagnamento per i giovani a rischio: la pedagogia
dell'accoglienza, la pedagogia della speranza e la pedagogia
dell'alleanza.
- La pedagogia dell'accoglienza identifica i primi passi che gli
educatori compiono per entrare in contatto con ogni singolo
giovane. Da li viene generato il link che permetterà a ciascu-
no di loro di aprirsi alle proposte pedagogiche. Questo è pos-
sibile perché il giovane riconosce credibilità all'educatore che
lo accompagna. Infatti, se manca la fiducia non ci sarà alcun
processo educativo.
- La pedagogia della speranza permette di vedere come educa-
tori e specialisti di diverse discipline propongono itinerari
che permettono di accompagnare il giovane, aiutandolo a ma-
turare in modo integrale. Si percepisce che c'è un percorso
da seguire, basato sulla fiducia, che porterà frutti.
- Infine, la pedagogia dell'alleanza permette di scoprire la rete
di reti che si sta costruendo e che deve garantire alle persone,
in questo caso ai giovani che si rivolgono alle nostre opere e ai
nostri servizi sociali, le opportunità che li aiuteranno a cresce-
re come cittadini, a esercitare i loro diritti e doveri e a parteci-
pare a un sano sviluppo della cultura. Ciò dimostra la funzione
regolatrice della società come garante dei diritti, incanalata at-
traverso il ruolo dello Stato e delle istituzioni pubbliche, non-
ché degli enti che devono garantire il benessere dei cittadini.
c. La complementarietà dei saperi.
Come ho già detto, il modello pastorale e psicosociale si basa
sulla costruzione di fiducia, speranza e alleanza. È meraviglioso
osservare come il Sistema Preventivo Don Bosco abbia la capa-
cità di coinvolgere tante persone - laici e consacrati - che arric-
chiscono le nostre presenze con nuovi linguaggi, nuove esperien-
ze educative, nuove strade da percorrere per andare incontro ai

4.10 Page 40

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42 ATTI DEL CONSIGLIO GENl;RALE
giovani più bisognosi. In questo lavoro cli complementarietà, noi
consacrati salesiani abbiamo l'opportunità cli contribuire anche
alla grande ricchezza dell'accompagnamento personale e spiri-
tuale dei minori, delle loro famiglie e delle loro comunità di
quartiere o locali.
Nella nostra Congregazione, oltre a una ricca esperienza pa-
storale, abbiamo un abbondante patrimonio intellettuale che ha
dato vita a scuole, istituti, centri cli formazione professionale,
centri per la cura dei minori, gruppi cli ricerca e numerose pub-
blicazioni scientifiche che fanno delle nostre Università e delle
nostre Istituzioni cli Alta Formazione dei veri e propri punti fo-
cali che illuminano la riflessione nei vari ambiti del sapere, e che
assumono un significato particolare quando questo ha un impat-
to sul processo di accompagnamento delle persone e dei gruppi.
Questa enorme capacità è stata portata avanti da salesiani e laici
che hanno offerto, e continuano a offrire oggi, le loro capacità
· intellettuali al servizio della missione.
Tra le importanti offerte cli formazione superiore, la nostra
Università Pontificia Salesiana di Roma, in quanto università
della Congregazione, ha visto nascere significative produzioni
accademiche nei campi della pedagogia e della pedagogia sociale,
della psicologia e della sociologia, che sono fondamentali per il
consolidamento dell'ambiente delle opere sociali. Dobbiamo con-
tinuare su questa linea e aumentare la collaborazione con le al-
tre IUS (Istituzioni Universitarie Superiori) e con le università
nell'impegno per lo sviluppo umano in molteplici campi.
Faccio appello alle ispettorie, e a coloro che prestano servizio
nelle opere sociali, affinché in mezzo all'intenso lavoro apostoli-
co (educativo e sociale), compiano un sano esercizio cli intelligen-
za pastorale per non cedere alla tirannia di rispondere solo al-
l'urgenza. Abbiamo bisogno cli sistematizzare la nostra azione
educativa e di tenerla sempre aggiornata, con un'analisi perma-
nente della realtà, dei contesti e delle realizzazioni che possono
rendere significativa la missione. È vero che non tutte le comu-
nità hanno la capacità di svolgere questo compito, per cui è cli
grande valore generare reti anche sotto questo aspetto.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL RETTOR MAGGIORE 43
Per questo motivo invito anche i nostri istituti di istruzione
superiore a far sì che gran parte della loro riflessione sul set-
tore sociale possa provenire dai territori in cui si trovano le no-
stre opere salesiane e dall'esperienza che viviamo in essi. Che
la ricerca universitaria svolga davvero la sua funzione sociale
di fornire dati e riflessioni che portino a una saggia compren-
sione dei fenomeni umani e culturali, e che questo permetta ai
vari agenti sociali e agli educatori di prendere decisioni, gene-
rando così le azioni necessarie e persino innovative per ogni
ambiente.
Invito, infine, le opere e i servizi sociali, le Università sale-
siane, il Settore di Pastorale Giovanile, il settore Missioni e Co-
municazione Sociale della Congregazione, le Procure missiona-
rie e le ONG di ispirazione salesiana, e le ispettorie a unirsi e
coordinarsi sempre di più, e a lavorare in progetti multisettoriali
con senso di comunione e corresponsabilità, per continuare a of-
frire le migliori risposte possibili e responsabili a questi minori
e giovani, e alle loro comunità impoverite; e, tutto questo, sem-
pre nella fedeltà al carisma.
3.3. Impegno nella cittadinanza attiva
Dalla logica con cui ho presentato la riflessione fino a questo
punto, è facile concludere che non è possibile avere una proposta
di sviluppo umano integrale che favorisca le persone senza coin-
volgerle in questo stesso processo, quindi sottolineo due aspetti
molto importanti che ci aiutano a rafforzare questo proposito:
a. Formazione alla cittadinanza attiva.
La cittadinanza attiva porta alla formazione di persone sen-
sibili e attente alle grandi sfide dell'umanità e al desiderio di
fare qualcosa per trovare soluzioni comuni.
È molto importante motivare e insegnare ai giovani a riflet-
tere e proporre percorsi, obiettivi e processi basati sul valore e
sulla ricchezza delle persone nel loro luogo, territorio e contesto.
Questo permetterà loro di esercitare una certa leadership nella

5.2 Page 42

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44 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ricerca del bene comune e del miglioramento della propria vita
e di quella degli altri. Dal punto di vista della fede e della pro-
spettiva cristiana, ciò significa preparare giovani che saranno ve-
ri «discepoli-missionari» (secondo le parole di Papa Francesco)36
capaci di essere significativi qui e ora.
In un numero significativo di ispettorie esistono programmi
specializzati per la formazione alla cittadinanza attiva, pensati
sia per formare giovani e adulti in questo campo sia per generare
progetti che rafforzino questa dimensione della cittadinanza
attiva nei diversi ambienti pastorali.
b. Il volontariato per la costruzione dell'amicizia sociale.
Il volontariato è una delle realtà presenti a Valdocco fin dalle
origini del carisma (anche se è un termine più adatto ai nostri
tempi che a quelli di allora). Furono i giovani stessi a voler aiu-
tare Don Bosco a compiere la sua missione. Da quell'esperienza
alcuni di loro rimasero con lui, e con alcuni di loro Don Bosco
fondò la Congregazione Salesiana. È bello immaginare cosa deve
aver pensato mamma Margherita quando Don Bosco ha chiesto
il suo aiuto per essere la madre dei suoi giovani. Avrà provato
molta emozione e una gioia profonda nel sapere che stava aiu-
tando suo figlio in qualcosa di importante. È possibile che abbia
provato nostalgia nel lasciare la casa in cui aveva vissuto per
tanti anni: la terra per cui aveva lavorato duramente, la famiglia
e i vicini. Deve aver provato incertezza nel partire per l'ignoto,
come ignota era senza dubbio la vita che lo attendeva a Valdocco,
e così via. Nonostante tutto, ha accettato l'invito di suo figlio e
ha contribuito a migliorare la vita di tanti ragazzi.
La missione salesiana continuò a diffondersi in tutto il mon-
do, frutto dello Spirito Santo (vero ispiratore del carisma), e mol-
te persone vi aderirono. Come Don Bosco, anche noi oggi abbia-
mo bisogno di aiuto per continuare a costruire il Regno di Dio
ovunque il Signore ci abbia piantato. Come Don Bosco, anche
noi possiamo proporre ai giovani di essere pastori ed educatori
36 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, nn. 119-121.

5.3 Page 43

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IL REITOR MAGGIORE 45
di altri giovani, e un modo per farlo, tra i tanti modi di vivere e
impegnarsi, è il volontariato.
Attraverso questa esperienza possiamo promuovere una cul-
tura di solidarietà, l'apertura della mente del cuore. Attraverso
l'incontro con gli altri, in altre culture e geografie, l'esperienza
del volontariato dovrebbe offrire alle persone, in particolare ai
giovani che sono stati destinatari dei nostri processi di accom-
pagnamento in alcuni ambienti salesiani, un'esperienza che li
aiuti ad avere una prospettiva valida e ricca sulla loro vita. Le
stesse presenze salesiane che ospitano i volontari subiscono un
impatto positivo dalla loro presenza.
Nella nostra pastorale giovanile ci sono vari tipi di volonta-
riato in cui le persone donano generosamente il loro tempo,
il loro lavoro e la loro vita nelle case salesiane o nei vari servizi
offerti, che è anche un indicatore molto importante per queste
presenze nel consolidamento dello sviluppo umano integrale.
Questa esperienza, che si svolge soprattutto nelle nostre opere
sociali e missionarie, è un dono di Dio che viene vissuto nel mon-
do salesiano e che ha creato legami di amicizia e di appartenenza
tra volontari, salesiani e giovani delle opere. Anche le comunità
salesiane che accolgono i volontari sono interpellate dalla loro
stessa presenza e spesso sentono la sfida che il contatto e col-
laborazione con i volontari rappresentano per vivere in modo
sempre più testimoniale il loro essere salesiani di Don Bosco.
3.4. Educazione alla fede e accompagnamento nelle opere
sociali salesiane
In un momento in cui le opere sociali salesiane cercano soprat-
tutto di dare priorità alle persone (ragazzi, adolescenti e giovani)
piuttosto che alle strutture, ai servizi e alla gestione stessa, non
possiamo dimenticare che "per noi l'evangelizzazione e la catechesi
sono le dimensioni fondamentali della nostra missione". Come Don
Bosco, «siamo tutti chiamati a essere educatori della fede»37 in ogni
37 Cfr. Cost. 34.

5.4 Page 44

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46 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
occasione e in ogni contesto. La catechesi e l'educazione alla fede
non sono qualcosa che dovremmo offrire solo ai ragazzi e alle ra-
gazze più fortunati, abili e capaci. Sono proprio i più bisognosi i
primi ad essere arricchiti dal dono della presenza del Signore nella
loro vita, dal dono della fede - qualunque sia la loro religione. Non
cadiamo nell'errore di pensare che questi nostri destinatari privi-
legiati non siano mai sufficientemente preparati perpoter compiere
questo cammino di iniziazione cristiana o di maturazione nella fe-
de. Per questo abbiamo scritto che «Don Bosco ha trasmesso la sua
passione per la salvezza dei giovani, vissuta nell'impegno costante
per una catechesi semplice, essenziale, adatta alla condizione, al-
l'età e alla cultura dei giovani e unita alle altre proposte educative
e ricreative dell'Oratorio. La catechesi salesiana non avviene alla
fine di un processo preparatorio, ma costituisce il cuore, implicita-
mente, dei primi incontri e, esplicitamente, dell'intera proposta
formativa. Don Bosco non distingueva tra il primo annuncio e la
catechesi, ma quando incontrava un giovane lo invitava subito a
un cammino di vita cristiana»38•
Fedele alla tradizione salesiana, credo sia essenziale non tra-
scurare il fatto che l'educazione alla fede e la catechesi siano po-
ste al servizio della formazione integrale della persona umana,
sempre nel rispetto di ogni individuo.
4. L'AMBITO DEL SISTEMA PREVENTIVO
Il Sistema Preventivo, nel quale troviamo l'identità educati-
va e spirituale salesiana, si concretizza in modo del tutto parti-
colare nella cura degli adolescenti e dei giovani a rischio sociale
in diversi modelli educativi e pastorali. Ogni ambiente pastorale
deve essere in grado di dare una risposta adeguata e specifica al-
la realtà dei giovani con cui condividiamo la nostra vita, secondo
il criterio oratoriano quale fonte permanente di ispirazione.
38 DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, La Pastorale Giovanile
Salesiana. Qua,dro di riferimento, Editrice S.D.B., Roma 20143, pp. 142-145.

5.5 Page 45

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IL REITOR MAGGIORE 47
Le opere e i servizi sociali salesiani hanno un duplice compito:
prevenire le situazioni che possono violare i diritti dei ragazzi e
dei giovani e curare le ferite causate dalla violazione di questi di-
ritti, che hanno portato a dolorose condizioni di emarginazione.
La difesa, la restituzione e la salvaguardia dei diritti dei ra-
gazzi, degli adolescenti e dei giovani- così come delle loro fami-
glie, dei gruppi e dei quartieri - danno al Sistema Preventivo Sa-
lesiano una caratterizzazione e attuazione molto concreta. La
mitigazione del rischio sociale, il ripristino dei diritti, il reinseri-
mento e la reintegrazione nella vita sociale sono i risultati attesi
di questa azione pastorale. A partire dalla nostra opzione evan-
gelizzatrice, tutti i nostri ambienti sono chiamati ad avere uno
sguardo sociale a favore dei più poveri e svantaggiati.
Non possiamo giudicare i giovani solo a partire dai loro pro-
blemi. È vero che non è facile lavorare nell'ambiente delle opere
e dei servizi sociali. Come Don Bosco, la pazienza e l'alta tolle-
ranza alla frustrazione devono essere arricchite dalla fede e dalla
certezza di lavorare per il Regno di Dio. Ma allo stesso tempo
l'enorme soddisfazione di vedere i risultati in molti di questi gio-
vani, in ognuno di loro, ognuno secondo il proprio ritmo e secon-
do le proprie possibilità, ognuno con i propri doni, continua ad
essere "segno di resurrezione" come a Nain.
È una gioia che come salesiani e laici sperimentiamo perché
siamo certi che l'opzione per le opere e i servizi sociali salesiani
riflette lo stesso volto di Dio.
4.1. Una risposta costante
Il carisma di Don Bosco è una manifestazione della predile-
zione di Dio per i giovani e, tra questi, per i meno favoriti. Lo di-
mostra la molteplicità dei progetti che compongono il settore
delle opere e dei servizi sociali della Congregazione salesiana in
134 Paesi. Attualmente, i salesiani e i laici delle nostre presenze
si occupano di bambini, adolescenti, giovani e comunità a ri-
schio, in circa 1.120 programmi che, nei cinque continenti, sono

5.6 Page 46

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48 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
legati ai vari ambienti pastorali di alcune opere, oppure costitui-
scono comunità educative pastorali con progetti specifici del mo-
dello sociale. Queste esperienze sono il risultato di molti dec.enni
di lavoro generoso in cui le comunità locali e ispettoriali hanno
risposto con fede alla voce dello Spirito, reagendo ai bisogni dei
giovani nei loro contesti e nelle loro realtà, rinnovando e aggior-
nando il modo di interpretare e applicare il sistema preventivo.
Nonostante le distanze e le differenze culturali in cui sono
nate le diverse proposte, questo ambiente si sta sempre più con-
solidando sia per la sistematizzazione e la professionalizzazione
degli itinerari proposti a fronte alle diverse problematiche gio-
vanili, sia per l'evoluzione legislativa che ha caratterizzato il set-
tore sociale (talvolta chiamato terzo settore). Il fenomeno della
globalizzazione ha anche omogeneizzato i problemi che mettono
a rischio la dignità delle persone e, in risposta a ciò, il lavoro in
rete ha portato a risposte che consentono di offrire soluzioni
adeguate.
Come Rettor Maggiore ho indicato. nella mia proposta pro-
grammatica per la Congregazione dopo la celebrazione del CG 28
la «priorità assoluta per i giovani, i più poveri e i più abbandonati»,
e ho affermato con profonda convinzione che «se un giorno do-
vessimo abbandonare i ragazzi, i giovani e, tra loro, i più poveri,
sarebbe l'inizio della morte della nostra Congregazione»39•
Sono molto grato al Signore nel vedere il cammino compiuto
in molte comunità locali e ispettoriali. In questo momento rin-
novo l'invito a continuare a condividere la ricchezza del patri-
monio carismatico che possediamo, affmché, insieme, possiamo
continuare a plasmare e consolidare l'identità evangelizzatrice
ed educativa di questo importante ambiente nel quale siam.o an-
che testimoni dell'amore e della bontà del Signore. Per raggiun-
gere questo obiettivo abbiamo sempre più bisogno di unificare i
linguaggi che ci porteranno a capirci e a dialogare su ciò che ri-
89 Cfr. CG28, pp. 35-38.

5.7 Page 47

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IL RETTOR MAGGIORE 49
teniamo importante nelle nostre proposte; saremo così in grado
di stabilire i criteri minimi ma comuni che devono guidare il PE-
PS proprio di questo ambiente educativo-pastorale nel quale si
lavora con i più poveri e abbandonati, e di rafforzare il lavoro di
rete tra le ispettorie e le regioni all'interno della nostra Congre-
gazione. È vero che ci sono Paesi e ispettorie in cui questa rifles-
sione è molto avanzata; in altri casi si procede più lentamente,
ma si stanno facendo passi significativi.
Con queste parole, desidero accompagnare e sostenere gli
sforzi di molte ispettorie che, inserendo con decisione nel POI la
scelta preferenziale per i più poveri, dedicano ogni tipo di risorsa
a questa missione e garantiscono la sostenibilità di questi pro-
grammi e servizi.
Allo stesso modo, seguo con grande speranza il lavoro conso-
lidato di alcune Conferenze di ispettori e regioni che hanno crea-
to strutture di coordinamento per i processi di gestione, comu-
nicazione e formazione del settore sociale nei loro territori.
A questo proposito vorrei sottolineare il lavoro svolto da
Youth at risk (YAR) in India; dalla Rete Salesiana di Azione So-
ciale in Brasile; dai Salesiani per il Sociale in Italia; dalle Piat-
taforme Sociali Salesiane in Spagna e dall'esperienza della Rete
Salesiana dell'America Sociale (RASS) che opera da più di 20 an-
ni di riflessione e azione congiunta ininterrotta e che comprende
18 Ispettorie delle 2 regioni del continente americano. In tutte
queste esperienze sono presenti linee d'azione definite in piani
d'azione di qualità, strategie di intervento giovanile consolidate,
supporto tecnologico idoneo e programmi di formazione congiun-
ti. E soprattutto constato felicemente l'intensa passione educati-
va ed evangelizzatrice a favore dei giovani più poveri e a rischio.
Una parte molto significativa di queste proposte è realizzata
insieme alle Figlie di Maria Ausiliatrice e ad altri gruppi della
Famiglia salesiana, dove l'apporto significativo di ciascuno di es-
si arricchisce la risposta carismatica delle proposte educative sa-
lesiane nel mondo. Questo lavoro familiare corresponsabile è

5.8 Page 48

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50 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
stato fonte di rivitalizzazione. E l'impegno a lavorare come Fa-
miglia salesiana è un tratto costitutivo della nostra identità che
fa delle nostre opere sociali e dei nostri servizi un vero e proprio
"luogo teologico di incontro con Dio".
Ci sono anche casi molto significativi in cui sono nate part-
nership con altre congregazioni religiose e diocesi, rendendo il
nostro lavoro un impegno sempre più ecclesiale.
4.2. Nuove forme di missione
La Consulta mondiale delle opere e dei servizi sociali tenuta-
si a Roma nel 2019, convocata dal Settore per la Pastorale gio-
vanile nel contesto del Sinodo sui giovani, ha ratificato il percor-
so che questo ambiente deve continuare a seguire, in linea con
la proposta di Papa Francesco sullo sviluppo umano integrale.
In continuità con la riflessione svolta nel 2019 e come parte in-
tegrante delle Linee programmatiche del Rettor Maggiore per la
Congregazione salesiana dopo il CG28, ho ritenuto necessario
convocare un Congresso Internazionale delle Opere e dei
Servizi Sociali Salesiani, come spazio di convergenza di tutte
le Ispettorie e le Istituzioni di appartenenza, per pregare, riflet-
tere, condividere e proporre accordi e azioni comuni che consoli-
dino questo ambiente nella nostra Congregazione.
Viviamo in un'epoca di rapidi cambiamenti sociali e, proprio
per questo motivo, anche i servizi sociali si stanno evolvendo ra-
pidamente. Di fronte a questa realtà, questo ambiente educativo
pastorale deve essere definito non tanto dai servizi offerti, quan-
to dal metodo che lo porta a incidere, nella logica dello sviluppo
umano integrale, sulla vita dei ragazzi, degli adolescenti e dei
giovani. L'osservazione permanente dei fenomeni sociali e cul-
turali ci dà la possibilità di individuare quali sono le periferie
della condizione umana e, quindi, di proporre nuove strategie
operative per raggiungere le persone. La capacità di intercettare
tutte le situazioni che causano tanta sofferenza umana, tanta
emarginazione e tendono a creare situazioni di "scarto", soprat-
tutto tra ragazzi e giovani, ci spinge a dare risposte concrete.

5.9 Page 49

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IL REITOR MAGGIORE 51
In questo senso, non posso non menzionare almeno tre gran-
di ferite che affliggono l'umanità in questo tempo.
a. L'effetto devastante della pandemia di COVID.
L'arrivo della pandemia ha avuto effetti drammatici sull'e-
conomia mondiale. Molti cicli produttivi si sono fermati e la for-
nitura di servizi si è ridotta in modo esponenziale. Tuttavia, il
nostro lavoro nelle opere e nei servizi sociali è stato incrementa-
to da situazioni come l'assistenza ai malati, le catene di solida-
rietà nella distribuzione di cibo e altri beni di prima necessità.
Per quanto riguarda i minori e i giovani a rischio, al momento
della pandemia erano già lì; quella era la loro casa, non poteva-
mo mandarli via e lasciarli per strada. La Provvidenza ci ha dato
la forza per accompagnarli e le risorse per sopravvivere in mezzo
alla crisi.
Mentre scrivo questa lettera, il flagello della pandemia non è
ancora scomparso e il virus continua a mutare. La pandemia
COVID 19 ha colpito tutte le sfere e i livelli sociali: sia le società
"del benessere" sia quelle più povere e toccate dalla miseria. Alle
prime appartengono i più ricchi e potenti di questo mondo che
hanno anche migliori possibilità di accedere alle cure. Tuttavia,
non possiamo dimenticare che nei luoghi più poveri e abbando-
nati - nei Paesi considerati "in via di sviluppo" - la crisi sanita-
ria causata dal COVID 19 continua a essere una delle ingiustizie
sociali più aberranti che esistono oggi e a cui molte popolazioni
sono sottoposte come conseguenza della negligenza politica, del-
la corruzione e della mancanza di solidarietà di una parte del
mondo verso l'altra (la più grande e la più povera).
b. La nefasta guerra in Ucraina.
Come ho affermato in altri scritti, la guerra scellerata che ha
portato all'invasione dell'Ucraina ha mandato in frantumi molti
sogni di pace che erano sorti negli ultimi decenni. Distruzioni,
danni, morti e famiglie decimate dalla perdita dei loro cari sono
la prima conseguenza di questo dramma. La nostra solidarietà è
con tutto il popolo ucraino e, in modo particolare, con i nostri

5.10 Page 50

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52 ATrl DEL CONSIGLIO GENERALE
confratelli e membri della Famiglia salesiana eh~ non hanno va-
cillato nella loro missione di essere segni concreti della presenza
di Dio tra la gente.
Abbiamo assistito a molti segni di unità e solidarietà. Le
nostre ispettorie salesiane in Europa (sia SDB sia FMA) hanno
risposto in modo ammirevole, attivando piani per accogliere mi-
gliaia di famiglie sfollate a causa dei bombardamenti e della di-
struzione. In molti casi, sono stati implementati processi per col-
legarli ai sistemi sociali dei vari Paesi di accoglienza e per ga-
rantire loro un maggiore benessere. Le case salesiane nei Paesi
confinanti con l'Ucraina, e non solo, sono servite come centri di
accoglienza e di distribuzione di aiuti umanitari giunti da tutto
il mondo. Abbiamo visto come nei diversi luoghi in cui i nostri
confratelli e consorelle ucraini sono arrivati, la fede che ci spinge
ad agire in solidarietà e a essere una sola famiglia, è stata cele-
brata e condivisa.
c. Aftri luoghi di dolore, morte e fame.
Sarebbe una grave dimenticanza da parte mia se non ricor-
dassi qui la realtà del dolore, della morte e della fame in molti
altri luoghi dove la guerra tra società sorelle, le guerre civili e i
gruppi terroristici (molti dei quali in Africa) continuano a essere
un flagello che sembra non avere fine, e che non sono visibili dai
media perché si svolgono in aree che non rispondono agli interessi
dei gruppi che controllano il potere economico su scala globale.
Anche ll i nostri confratelli e le nostre consorelle, insieme ad altri
membri della Famiglia di Don Bosco, sono presenti con proposte
di resurrezione e di vita in mezzo ad una cultura di morte.
4.3. Opere e servizi sociali salesiani tra i migranti e i
rifugiati
Nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale dei Migranti e
dei Rifugiati del 2018, Papa Francesco ha scritto che «ogni fore-
stiero che bussa alla nostra porta è un'occasione di incontro con
Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiu-

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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IL RETTOR MAGGIORE 53
tata di ogni epoca»40• Ha sottolineato che di fronte a questo
dramma di milioni di persone costrette a lasciare le loro terre a
causa di guerre, povertà e violenza, la nostra risposta comune
potrebbe articolarsi attorno a quattro verbi: «accogliere, proteg-
gere, promuovere e integrare». Come ha detto il CG 28, i mi-
granti non possono essere un problema, sono per noi Salesiani
di oggi una grande opportunità per incontrare Gesù.
Il Papa ci incoraggia a "toccare le ferite" del corpo di coloro
che soffrono; quando questo accade, diventiamo veramente sen-
sibili al loro dolore e, come uomini di fede e pastori di giovani,
siamo invitati a non rimanere fermi di fronte a questo dramma.
Il carisma salesiano trova pieno significato in questo campo, che
è il servizio pastorale-sociale che sta crescendo maggiormente
nella Congregazione e nel quale sviluppiamo anche proposte di
accompagnamento per i diversi tipi di migrazione, sia all'interno
di alcune nazioni sia nelle migrazioni internazionali di cui si
occupa una buona parte delle ispettorie.
A questo proposito, vorrei sottolineare la nostra attenzione
alla migrazione volontaria permanente per motivi economici, di
lavoro o di studio. Inoltre, ci occupiamo anche delle persone in
migrazione volontaria temporanea, specialmente dei lavoratori
che entrano stagionalmente per partecipare ai mercati del lavo-
ro dei Paesi sviluppati. Accompagniamo le migrazioni forzate in-
traprese da chi fugge dal proprio Paese a causa di guerre, vio-
lenze, epidemie o disastri naturali. Alcuni di questi migranti so-
no rifugiati e chiedono asilo politico e molti di loro sono costretti
a rimanere per lunghi periodi di tempo in attesa delle risposte
infruttuose dei governi. In questo senso, desidero ringraziare i
nostri confratelli per il grande lavoro svolto nei campi profughi
di Palabek in Uganda, Kakhuma in Kenya e Juba (Sud Sudan),
dove, nonostante le difficili circostanze, il nostro esserci è un fa-
ro di speranza per queste persone.
40 FRANCESCO, Messaggw per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifu-
giato 2018, ''Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i.rifu-
giati", Roma 15 agosto 2017.

6.2 Page 52

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54 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Tutti i migranti hanno in comune la ricerca del benessere,
proprio e delle loro famiglie, che spesso sono rimaste nel luogo
d'origine e per le quali si cerca generalmente il ricongiungimen-
to. Questo ci porta a scoprire che il valore "affettivo" nella mi-
grazione è una delle componenti da tenere in considerazione
quando si accompagna pastoralmente una persona che arriva da
lontano. Dobbiamo chiederci cosa deve provare nel cuore il mi-
grante che vediamo passare davanti alla nostra porta; dobbiamo
interrogarci sulla sua solitudine e sulle circostanze in cui ha la-
sciato la sua casa, i suoi cari, il suo villaggio e la sua gente. Noi
Salesiani non possiamo ritenere le migrazioni come un "fenome-
no statistico" da analizzare in base alle cifre; al contrario, dob-
biamo affrontare questo dramma con la speranza di generare vi-
ta liberandoci dalla consuetudine del "politicamente corretto".
Nel Vangelo non è compreso il "politicamente corretto"!
Molte proposte in corso di svolgimento in alcune ispettorie
salesiane cercano di offrire alternative foriere di dignità per gli
immigrati. È vero che lavorare con i poveri, che sono anche di
un'altra cultura o religione, che non parlano la nostra lingua e
che possono portare con sé un pesante fardello di risentimento
sociale, è difficile e poco gratificante. Ma potremmo chiederci
quali competenze ha sviluppato Don Bosco quando ha affrontato
queste stesse sfide con i ragazzi di Valdocco. Nei diversi contesti
delle nostre comunità educative, possiamo chiederci cosa possia-
mo fare per migliorare la condizione dei migranti nelle nostre
città. In questo modo, le parrocchie, le scuole, gli oratori e i cen-
tri di formazione professionale possono stabilire il numero di mi-
granti con i quali interagire e offrire loro uno spazio più signifi-
cativo in cui possano crescere e integrarsi meglio nella società.

6.3 Page 53

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IL RETTOR MAGGIORE 55
5. SOSTENIBILITÀDELLE OPERE E DEI SERVIZI SOCIALI
È chiaro che la sostenibilità dei progetti e delle azioni nel set-
tore sociale è importante per poter continuare a fare del bene.
Tre sono i criteri che le agenzie internazionali di cooperazione
allo sviluppo indicano quando pensano alla sostenibilità di
questi interventi sociali. La sostenibilità è garantita se esse han-
no la capacità di generare equità sociale secondo la propria mis-
sione, se sono in grado di garantire la sostenibilità ecologica e se
hanno le risorse finanziare per sostenere questa missione.
Nelle nostre presenze, l'equilibrio di questi tre criteri deve
essere verificato periodicamente dal nucleo della CEP e deve ri-
spondere agli obiettivi e agli indicatori del PEPS. In ogni caso,
siamo convinti che lavorare con questo orientamento sia piena-
mente compatibile con la fiducia e l'abbandono nella Provviden-
za. Poiché fare le cose per bene, con grande trasparenza e comu-
nicando il bene che si fa, apre la strada alla generosità dei bene-
fattori che collaborano con noi sulla base della fiducia e della
credibilità. Questo è un fattore importantissimo. Non dimenti-
chiamo di essere molto esigenti con noi stessi in termini di chia-
rezza, onestà e trasparenza.
Spetta infatti agli organi di gestione di ogni presenza, pro-
getto o programma nel settore sociale (a seconda della realtà di
ogni luogo) garantire una rendicontazione trasparente con cri-
teri di qualità, poiché da questo dipende in larga misura la capa-
cità di negoziare le risorse, di ottenere contratti con i vari enti
statali, la possibilità di stabilire alleanze interistituzionali e di
accedere a progetti nazionali e internazionali con le agenzie di
cooperazione. Si potrebbe addirittura dire che nella maggior par-
te dei Paesi in cui lavoriamo come difensori dei diritti dei bam-
bini, è proprio questo l'elemento da cui dipende che ci vengano
concesse le licenze che accreditano o autorizzano le nostre isti-
tuzioni a fornire il servizio.
Tutto questo impegno ci porta a rafforzare i nostri sforzi nella

6.4 Page 54

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56 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
pianificazione e nella mentalità progettuale, in totale armonia con
quanto ci viene proposto nel Quadro di riferimento per la pasto-
rale giovanilé. Non dobbiamo essere pigri ma essere ben organiz-
zati nell'azione apostolica; senza cadere nella sterile efficienza.
Cari fratelli e sorelle questo lavoro è certamente impegnati-
vo, ma non impossibile. Per questo è necessario comprendere la
logica del sociale o del terzo settore e scegliere con criterio i pro-
fili delle persone che si uniscono alla missione e ci accompagna-
no nei diversi compiti a cui dobbiamo rispondere. La cura atten-
ta delle risorse umane comporta di essere attenti all'ascolto delle
persone, accompagnarle nella formazione comune e garantire la
qualità del lavoro, privilegiando sempre i destinatari della mis-
sione. Garantendo tutto questo, saremo sempre in grado di
prendere le decisioni più opportune.
Credo quindi di poter dire che sostenibilità e senso pastorale
delle opere salesiane sono due termini ché si completano a vicenda.
5.1. La struttura organizzativa nelle attività di sviluppo
salesiane
Quando abbiamo chiaro l'approccio ai ruoli e alle relazioni
da stabilire in questo particolare campo della missione salesiana,
comprendiamo ancora più chiaramente la necessità di partire da
un approccio pastorale organico e processuale, in cui l'autorità è
conferita sulla base del servizio rivolto ai·più poveri. E questo è
molto più importante che occupare questa o quella posizione.
A livello locale, i responsabili delle opere sociali o dei pro-
grammi sociali devono garantire che il servizio offerto sia ade-
guato, cioè che l'azione educativa-pastorale risponda ai bisogni
dei giovani e delle loro comunità.
A livello provinciale, gli Uffici di Pianificazione e Sviluppo di
ogni Provincia (OPDI) o gli Uffici di Progetto possono sostenere
il lavoro delle opere e dei servizi sociali nella formulazione tec-
nica di questi processi.

6.5 Page 55

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IL RETTOR MAGGIORE 57
La cooperazione allo sviluppo è un impegno di diversi attori
sociali. Questi uffici si sono evoluti nelle ispettorie, contribuendo
a fornire una mentalità sempre più organica e orientata al pro-
cesso, sia nelle ispettorie sia nelle comunità locali.
È inoltre necessario, per garantire la qualità e il futuro a
queste opere, prendersi cura delle persone, essendo sempre cor-
retti nel rapporto con i lavoratori e con tutte le persone coinvol-
te. A tal fine, dobbiamo innanzitutto garantire il rispetto delle
leggi sul lavoro di ciascun Paese, assicurandoci che i lavoratori
ricevano un salario equo, in linea con la loro prestazione, e che
dispongano di condizioni di lavoro dignitose. E dico questo pen-
sando soprattutto. a quei Paesi in cui i diritti dei lavoratori sono
poco tutelati e i requisiti legali sono più bassi. Dobbiamo distin-
guerci come Congregazione salesiana per un chiaro desiderio di
vera giustizia (che va oltre l'essenziale legalità); altrimenti il be-
ne che possiamo fare per i ragazzi e le ragazze più vulnerabili
non sarà pieno e mancherà sempre qualcosa.
A livello internazionale, sono molto significative alcune isti-
tuzioni salesiane presenti all'ONU e a Bruxelles. Così come mol-
te delle nostre Organizzazioni non governative per la coopera-
zione allo sviluppo e le nostre Procure missionarie. Tutte queste
istituzioni favoriscono la partecipazione della nostra Congrega-
zione salesiana alla cooperazione per lo sviluppo dei popoli. Que-
sta nuova cultura della collaborazione, della donazione e del-
l'aiuto che stiamo cercando di generare porta a sua volta a cam-
biamenti di mentalità nei territori e tra le persone, aiuta a ga-
rantire la sostenibilità dei progetti e dà anche un maggiore si-
gnificato carismatico alle nostre opere e servizi sociali.
5.2 Processo decisionale.
Il modello operativo salesiano propone una struttura organi-
ca nell'animazione e nel governo delle opere e dei serviz1 sociali
e designa le équipe e i decisori che sono chiamati a prendere le
decisioni più appropriate per promuovere una risposta reale ai
più vulnerabili in questo settore.

6.6 Page 56

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58 AIT/ DEL CONSIGLIO GENERALE
Da questo punto di vista, vorrei formulare alcune raccoman-
dazioni che ritengo importanti per essere più significativi e
sostenibili in questo ambiente.
1. Dobbiamo avere una visione del futuro.
Nelle ispettorie in cui forniamo servizi sociali, è necessario su-
perare gli individualismi e i territorialismi che isolano le opere e
impediscono lo sviluppo del settore sociale. È necessario proiet-
tarsi nel futuro, in modo tale da garantire il percorso verso la so-
stenibilità. Ho insistito sulla necessità di avere équipe dedicate
all'osservazione dei fenomeni sociali e alla conoscenza della legi-
slazione di ogni luogo per conoscere tutto ciò che ci permette di
sapere sempre dove stiamo andando, in modo da non perdere
presenza, validità e significato al servizio di chi ha bisogno di noi.
2. Avere una visione organica.
È necessario consentire a livello dell'opera locale, dei servizi
sociali ispettoriali e, se necessario, nazionali, di prendere le de-
cisioni necessarie e, a tal fine, è indispensabile un'adeguata de-
lega di autorità.
Data la scarsa conoscenza da parte di molti dirigenti delle lo-
giche del settore sociale e della legislazione a cui devono rispon-
dere, è urgente un profondo senso di leadership istituzionale e
di governance, cioè una capacità collegiale di prendere decisioni
(ciascuno secondo le proprie responsabilità), secondo un piano
comune guidato da specialisti del settore.
Questa azione di govemance attenua il rischio che ogni casa
o ogni ispettoria interpreti in modo diverso e autonomo aspetti
di interesse comune. Non prestare attenzione a questo aspetto
porterebbe (oserei dire metaforicamente) alla "pachidermia"
istituzionale, a camminare lentamente, persi in burocrazie inef-
ficienti, e a mettere in pericolo la cosa più importante, ovvero la
nostra missione ben fatta.
3. Sempre con una visione d'insieme.
È necessario salvaguardare l'unità dei criteri e impegnarsi in
una visione che, sia per le persone sia per l'economia nel suo

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IL RETTOR MAGGIORE 59
complesso, vada a vantaggio anche dei programmi sociali, evi-
tando la tentazione di avere opere economicamente ricche e al-
tre molto povere che potrebbero fallire di fronte all'incuria isti-
tuzionale.
Laddove la sostenibilità non è raggiunta attraverso accordi
con istituzioni pubbliche, le ispettorie dovrebbero cercare modi
per garantire la vita di queste opere e servizi inseriti nel POI;
opere e servizi che non sono mai economicamente redditizi, ma
sono destinati agli "ultimi", i nostri prediletti.
Ritengo importante che nelle ispettorie ci sia un riferimento
per le opere sociali: un membro dell'équipe di Pastorale giovani-
le, laico o religioso, con competenze adeguate sia nella conoscen-
za del settore e delle politiche a cui deve rispondere sia nella ca-
pacità di lavorare in équipe, per garantire l'armonia delle opere
sociali con il progetto ispettoriale, nazionale e della Congrega-
zione.
4. Teniamo sempre gli occhi puntati sui giovani.
Capire che il centro della nostra azione non è nella gestione
o nelle strutture, ma nei giovani, e che questi sono solo lo stru-
mento per educare ed evangelizzare, ci aiuta ad avere lo stesso
sguardo di Don Bosco.
Quando i giovani occupano i nostri cuori, i pregiudizi perso-
nali e istituzionali vengono messi da parte e diventiamo più co-
raggiosi e creativi nel cercare le alternative migliori per accoglier-
li. La comprensione dei principali fenomeni di povertà ed esclu-
sione degli adolescenti e dei giovani ci spinge a continuare a fare
dell'ambiente delle opere e dei servizi sociali salesiani un modo
concreto e bello di donare la nostra vita per i meno fortunati.

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60 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
CONCLUSIONE
Cari fratelli, care sorelle, salesiani e laici, unendomi al pen-
siero della Dottrina sociale della Chiesa, che nel magistero di Pa-
pa Francesco ci invita a riscoprire e valorizzare la dimensione
sociale del carisma salesiano41, voglio invitarvi ad essere impavi-
di, coraggiosi come Don Bosco nelle scelte a favore dei meno fa-
voriti, dei più "difficili", degli scartati, ditutti coloro i cui diritti
sono violati. La nostra creatività apostolica deve sempre avere
come criterio il bene di coloro per i quali siamo nati carismatica-
mente dal cuore di Don Bosco.
Nella nostra Famiglia salesiana troviamo esempi stimolanti
di una santità realizzata nell'opzione per il sociale e per i più po-
veri.
L'imminente proclamazione della santità di Artemide Zatti,
che in Argentina offrì la sua vita per coloro che erano esclusi dal
sistema sanitario, semplicemente perché erano poveri e non po-
tevano permettersi di pagare le cure, ci riempie di immensa
gioia. Questo grande santo salesiano coadiutore, immigrato ita-
liano, esalta i valori più profondi della misericordia divina, ed è
una meravigliosa testimonianza che la presenza di Dio tra il suo
popolo trabocca di generosità e di gentile accoglienza per gene-
rare vita in abbondanza.
Insieme ad Artemide Zatti riconosciamo il grande dono per
la Chiesa e per la nostra Famiglia salesiana di figure come la
Beata Maria Romero e il suo lavoro nelle cittadelle dei poveri in
Centro America; come la Beata Maria Troncatti e il suo impegno
per la salute e la difesa dell'integrità delle tribù delle missioni
in Ecuador; come il Venerabile Simone Srugi che non ha esitato
a lavorare come infermiere per i malati più ripudiati in Israele;
e allo stesso modo ricordiamo il Beato Luigi Variara che è stato
l'apostolo dei malati più dimenticati e isolati in Colombia, dove
41 Cfr. Carta del Papa Francesco al CG28.

6.9 Page 59

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IL RETTOR MAGGIORE 61
ha anche fondato le Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria per
continuare a diffondere il tenero amore di Dio tra i più deboli.
In Amazzonia abbiamo la testimonianza del lavoro con le cultu-
re native di Luigi Bolla in Perù e di Rodolfo Lukenbein in Brasi-
le: confratelli che sono stati veri profeti della carità, dell'opzione
per i più poveri e della cura della loro cultura e dell'ambiente
naturale.
L'ecologia integrale, come ci insegna Papa Francesco, ci dice
che "tutto è collegato", e la cura del creato, della casa comune, è
intimamente unita a quella delle comunità umane: «Oggi non
possiamo non riconoscere che un vero approccio ecologico diven-
ta sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia
nelle discussioni sull'ambiente, per ascoltare sia il grido della
terra sia il grido dei poveri»42•
Il nostro cammino di santificazione in mezzo alla gioventù
povera e abbandonata continua ad arricchirsi della donazione di
salesiani e laici che, nella scelta di servire i più poveri e gli esclu-
si, e con i metodi di azione sociale che oggi conosciamo, scoprono
la piena realizzazione della loro vita, e lo spazio sicuro dell'in-
contro con il Signore Gesù Cristo, il Signore della vita piena.
Chiedo alla nostra Madre, Maria Ausiliatrice, di continuare a
prendere sotto il suo manto protettivo i ragazzi e i giovani, le fami-
glie e le comunità emarginate e dimenticate nelle periferie umane
e sociali e, grazie al suo cuore materno, di continuare a suscitare
nei suoi figli salesiani e nei laici con cui condividiamo la missione,
la stessa passione di Don Bosco per la salvezza delle anime.
~~T-51-~
Don Angel FERNANDEZ ARTIME, sdb
Rettor Maggiore
42 Cfr. FRANCESCO, Laudato si', n. 49.

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62 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
BIBLIOGRAFIA
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Roma 24 maggio 2015.
FRANCESCO, Lettera enciclica Fratelli tutti. Sulla fraternità e l'amicizia
sociale, Roma 3 ottobre 2020.
FRANCESCO, Esortazione Apostolica Evaangelii Gaudium. Sull'annuncio
del vangelo nel mondo attuale, Roma 24 novembre 2013
FRANCESCO, Meditazione mattutina nella cappella Santa Marta. Per
una cultura dell'incontro, Roma 13 settembre 2016
PAOLO VI, Lettera enciclica Populorum progressio, Roma 26 marzo
1967.
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE,
Direttorio per la catechesi, LEV, Roma 2020.
SALESIANI DI DON Bosco, Capitolo Generale 27, Roma 2014.
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DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, La Pastorale Gio-
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20143•
DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, Pastorale giovanile
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ALBERICH EMILIO, La catechesi oggi. Manuale di catechetica fondamen-
tale, Elle Di Ci, Leumann (TO) 2021
MEDDI LUCIANO, Catechesi e persona in prospettiva educativa, in Cate-
chesi (2011-2012).
PETICLERC JEAN MARIE, I valori più significativi del Sistema Preventivo,
in AA.Vv., Sistema preventivo e diritti umani, Roma 200......