A meta con D. Rua. Favini 1973


A meta con D. Rua. Favini 1973

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D. GUIDO FAVINI
salesiano
A META
CON DON BOSCO
I1 Beato Don Michele Rua e la Società Salesiana
di San Giovanni Bosco
nel primo mezzo secolo di Storia dell'opera
Edizione extracommerciale

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Pro manuscvipto
Visto per la Società Salesiana:
Roma, 24 maggio 1973
D. Eugenio Valentini
Nulla osta:
Torino, 16 agosto 1973
D. Angelo Zarinantoni, Dir. Casa Madre

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- - ISBS Castelnuouo Don Borm (Asti) 1974

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FONTI BIBLIOGRAFICHE
Atunsi quasi esclusivamente a:
1 ) Memorie Biografiche di S. Giovanni Bosco, Lemoyne-Amadei-Ceria, 19
volumi, SEI Torino;
2 ) Bollettino Salesimo, Edizione italiana, annate dai 1888 al 1910;
3) G. B. WANCESIAD,on Michele Ruu, Tip. Saiesiana, S. Benigno Canavese,
1911;
4) A. AMADEI,1 S e ~ o odi Dio D. Michele Rua, 3 volumi?SEI Torino;
- U n altro Don Bosco, Xiduzione ad un volume, SEI Torino;
5) E. CERIA,Annali della Società Salesiana, 2" e 3" volume, SEI Torino;
- Epistolario di S. Giovanni Bosco, quattro volumi, SEI Torino;
- Vita del Servo d i Dio Don Michele Rua, SEI Torino, 1949;
6) F. M~ccoh'oV, ita della Serua d i Dio Maria Domenica Mazzauello, 2 Ed.
1934;
7) D. GARNERSII,. Maddalena Morano, Ed. 1923;
8 ) G. MAINETTIM, adre Caterina Daghero, SEI Tatuio, 1940;
9 ) A. G~NTrtuccr,Il Beato Michele Rua, Cantagalli Siena, 1972;
10) G. VESPIGNANUI,n anno alla scuola di Don Bosco, SEI Torino.

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Al Rettor Maggiore, Superiori e Confratelli, alle Figlie di
Maria Ausiliatrice, ai Cooperatori Salesiani, agli Exallievi ed a
quanti amano Don Bosco e ne apprezzano il metodo educativo
per la formazione di una sana gioventzì cristiana, dedico questo
studio del Beato Don Michele Rua nel C Centenario dell'appro-
vazione delle Costituzioni della Società Salesiana (3 aprile 1874).
Egli fu ben definito « I1 capolavoro di Don Bosco » (Don
Ceria); primo tra i primi suoi allievi « primo neua sua mente e
nel suo cuore » ... « pietra angolare » della Società Salesiana...
« un altro Don Bosco D (Card. Agostino Richelmy); << La Regola
vivente » (dai Salesiani contemporanei); « Continuatore » del-
l'Opera di Don Bosco... << tipo ideale di perfezione religiosa sa-
lesiana » ... << atleta di attività apostolica >> (Paolo V I ) .
Sebbene la sua santità apostolica B spaventasse 2 i Salesiani
contemporanei (Mons. Costamagna ed altri confratelli), la Chiesa
lo ha proposto all'amnzirazione ed all'imitazione del clero, dei
religiosi, dei fedeli del nostro tempo esaltandolo all'onor degli
altari. Ci esorta anzi ad invocare la sua intercessione pel progresso
spirituale e per l'unione di tutti i cristiani secondo lo spirito del
Concilio Ecumenico Vaticano II e peu la bonifica civile del mondo
moderno.
Io ho cercato di ritrarre soprattutto la sua forte caratteristica
peusonalità nella sua intimità con Don Bosco, nella sua fedeltà
alla Regola e nella sua sorprendente attività apostolica salesiana,
mettendo in evidenza la sua apertura ai segni dei tempi ed ai
disegni di Dio nel genuino carisma del Fondatore della triplice
Famiglia salesiana.

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È tanto sorprendente la dinamica apostolica di questa tempra
di asceta, che seinbrava pii nato per l'austera vita cenobitica
contemplativa.
I n un ventennio di rettorato, primo successore di Don Bosco,
ha portatn i Salesiani da 1.049 a 4.372, le case da 59 a 341; le
Figlie di Maria Ausiliatrice da 312 a 2.675, le loro case da 51 a
393; i Cooperatori Salesiani da circa 80.000 a circa 200.000.
Dopo l'ottava curata con Don Bosco ancora vivente, ha allestito
trenta spedizioni missionarie: la pii modesta con cinque missio-
nari, la più numerosa con 295. Ha diffusole Opere di Don Bosco
dall'Italia, dalla Francia e dalla Spagna, dall'Argentina, Uruguay,
Brasile, Equatore, alla Svizzera cominciando dal Canton Ticino,
all'lnghilterra (1889), alla Colombia (1890), al Belgio, all'Al-
geria, alla Palestina (1891), al Messico (1892), al Portogallo, al
Venezuela, al Peri (18941, all'Austria, alla Tunisia, alla Bolivia
(1895), all'Egitto, al Sud A f ~ i c a ,al Paraguay, al Nord America
(18361, al Salvador (18971, alle Antille (18981, in Turchia (19031,
in Cina, nell'lndia (1906), a Mozambico, nel Centro America,
Costarica, Honduras e Panamà (1908-9). Ha esteso le vere e
proprie missioni dalla Patagonia e dalla Terra del Fuoco, fra i
Jtvaros dell'Equatore, fra i Bororos del Mato Grosso (Bvasile),
fra i lebbrosi della Colombia.
Ha curato le vocazioni salesiane a progresso di studi classici e
professionali, ecclesiastici, inviando giovani salesiani alle Scuole
e Università statali ed agli Atenei Pontifici, ottenendo il pareggia-
mento di scuole normali e liceali in casa; mentre dava fervore alla
formazione religiosa con nuove case di noviziato, studentatl rego-
lari filosofici e teologici in Italia ed all'estero. Ha impresso l'ade-
guamento agli Oratori festivi e quotidiani in campo ricreativo e
culturale con lo sport fino alla ginnastica ed all'atletica leggera,
associazioni e circoli, Conferenze di S. Vincenzo, Società di mutuo
soccorso, Casse di risparmio, Ufici di collocamento e Segretaviati
del popolo; ha promosso nelle Scuole Professionali ed Agricole cor-
si di sociologia cristiana, iscrizione alle Associazioni Operaie Cat-
toliche. Ha costruito il primo teatro salesiano a Valdocco e dato
incremento alle filodrammatiche, alle scuole di musica e di canto,
all'inserimento dei giovani nelle associazioni diAzione Cattolica.
Determinante per la fioritura delle vocazioni giovanili ed adulte,

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la promozione della liturgia e della musica sacra, del canto gre-
goriano e polifonico, la cura della pietà.
Rilevante l'organizzazione della cura degli Emigrati in Europa
ed in America e delle fondazioni numerose ne1Itdia meridio-
nale, nei paesi sottosviluppati anche all'estero; l'assistenza agli
Operai fino ad inteuventi personali per la soluzione di crisi indu-
striali, composizione di attriti e di scioperi; organizzazione di soc-
corsi, assistenza, ospitalità nelle grandi calamitj telluriche ed
atmosferiche, alluvioni, tewemoti...
Don Rua ju all'altezza dei tempi in campo internazionale an-
che di fronte ai grandi problemi sociali...
Naturalmente per le documentazioni dovetti ridurmi più volte
a rapidi cenni; ma con l'indicazione delle fonti che gioveuanno
per studi specializzati. Spero di aver reso un buon servizio ad
altri studiosi che vorranno approfondire ricerche e valutazioni.
Don Rua riviva col credito che ha ora dalla Chiesa concorrendo a
quella puimavera postcoizciliare che è nel cuoue di tutti.

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PARTE I: ALLA SCUOLA
DI UN GRANDE MAESTRO
Capolavoro di Don Bosco »
(Don Ceria)
<< Prendi, MicheEno »...
- Prendi, Michelino, prendi! - gli rispondeva spesso il
giovane sacerdote, quando Michelino, al termine delle lezioni dai
Fratelli delle Scuole Cristiane di Porta Palatina a Torino, scor-
gendolo per la strada, gli correva incontro col più bel sorriso e gli
chiedeva: - Oh, Don Bosco! mi dà un'immagine?
Don Bosco, sorridendo anch'egli amabilmente, gli porgeva in-
vece la sua mano sinistra e, hgendo di tagliarla con la destra,
gli offriva metà della sua palma.
Michelino non capiva: persuaso che Don Bosco non avesse
immagini in tasca, quella volta, gli baciava la mano e s'affrettava a
casa dove la mamma lo attendeva.
Non distava molto la sua casa dalle Scuole dei Fratelli.
E meno ancora dall'Oratorio di Valdocco ove Don Bosco ave-
va fissato le sue tende, dopo un biennio di peregrinazioni fortu-
nose, nell'aprile del 1846.
Michelino era il quarto figlio deile seconde nozze di Giovanni
Battista Rua con Giovanna Maria Ferrero.
I1 papà era - diremmo oggi - un capo-reparto alla Fucina
delle Canne, sezione della Regia Fabbrica di Armi, dove si forgia-
vano le canne di armi da fuoco.
Dal 1820 alloggiava con tutta la famiglia in uno degli appar-
tamenti riservati ad operai ed impiegati presso la stessa fucina.
Dalla prima sposa, Maria Baratelli, aveva avuto cinque figliuo-
li, ma tre erano morti in tenera età prima della loro mamma,
spirata il 25 aprile 1828.

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Alla nascita di Michelino facevano festa due suoi fratelli,
Giovanni Battista di 7 a m i e Luigi Tommaso di 3, coi due rima-
sti dalle prime nozze, Pietro Fedele di 22 anni e &ovami Batti-
sta Antonio di 17. Era il 9 giugno 1837.
Genitori d'oro, papà e mamma: cristiani esemplari, si voleva-
no un gran bene e curavano con amore la buona educazione dei
figli e il loro addestramento alla vita. Naturalmente, l'ultimo nato
era un po' il beniamino di tutti. Anche del Cappellano della
Fabbrica che, stipendiato dal governo, ufficiava una chiesetta an-
nessa alla fucina, con i'obbligo di insegnare a leggere e scrivere ai
figli degli impiegati e degli operal, mentre faceva loro il Catechi-
smo e li preparava anche alla Cresima ed alla prima Comunione.
Michelino cresceva grazioso, docile, amabilissimo. Tolto un
tuffo involontario nel canaletto che scorreva alla Crocetta presso
la Cascina Grossa, dove abitavano gli zii, nel tentativo di aEer-
rare un mazzo di fiori campestri trasportato dall'acqua, si può
dire che non diede mai pene ai suoi cari. Del resto, anche dal
tuffo si era salvato da sé aggrappandosi ai cespugli deUa riva, con
l'unico guaio d'esserne uscito bagnato come un pulcino. Pensa-
rono gli zii a riportarlo a casa con abiti asciutti.
Vera disgrazia invece per tutta la famiglia, la morte del bab-
bo, avvenuta il 2 agosto 1845. I figli maggiori si separarono for-
mandosi la loro casa; e la mamma rimase sola coi suoi tre: Gio-
vanni Battista Antonio, Luigi e Michele.
Per buona sorte, il primo era già avviato alla professione del
padre e la famigliola poté continuare a godere l'alloggio statale
presso la fucina. Cinque mesi prima, il 25 aprile, Michelino aveva
ricevuto il sacramento della Cresima dali'Arcivescovo di Torino
Mons. Luigi dei Marchesi Fransoni nella cappella dell'Arcivesco-
vado e frequentava già la scuola del cappellano. Aveva otto anni.
Un mese dopo, nel settembre del 1845, ecco il primo incontro
con Don Bosco, il quale iacwa funzionare come poteva il suo
Oratorio ambulante presso la sua abitazione al Rifugio dell'opera
Pia Barolo, dove la fondatrice, marchesa Giulietta di Barolo, lo
teneva ancora come aiuto del cappellano dei suoi Istituti Teol.
Gio. Battista Borel.
Condotto da un compagno, Michelino fu subito preso dalla
bontà di Don Bosco ed avrebbe continuato a frequentar l'Ora-

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torio se la mamma, di fronte alla baraonda di quegli inizi, non
l'avesse trattenuto per timore che ne soffrisse da ragazzi meno
educati.
D'altra parte il cappellano della Fabbrica l'aveva particolar-
mente a cuore e lo voleva preparare lui alla prima Comunione per
la Pasqua dell'anno seguente, 1846.
Don Bosco, frattanto, sloggiato dal Rifugio, da S. Pietro in
Vincoli, dalla cappella dei Molassi o Molini di Dora, finiva in un
prato coi suoi poveri ragazzi cui non restava spazio di ricreazione,
dopo breve sosta a casa Moretta, nel resto deli'inverno 1945:
46 (il prato Filippi).
Anche i buoni cominciavano a dubitare che gli avesse dato
di volta il cervello. L'allarme giunse all'orecchio di Michelino,
mentre ne parlavano tra loro il cappellano e il direttore della
Fabbrica d'Armi: - Povero Don Bosco!... Si è tanto infatuato
dei poveri giovani, che gli ha dato di volta il cervello...
« Se si fosse trattato di mio padre, forse non ne avrei provato
pena maggiore » confidò Don Rua narrando più tardi l'episodio.
La Provvidenza vegliava invece su Don Bosco che, sfuggito
al tentativo di essere condotto al manicomio, poté affittare pro-
prio per la Pasqua del 1846 a due passi dal prato la tettoia di
uno stabile, con due stanze ed un pezzo di cortile. Là sviluppò
poco a poco tutta l'Opera sua, con l'aiuto sporadico di collabo-
ratori volontari ecclesiastici e laici., l'assistenza della Madonna
dal Cielo e della sua mamma, la buona Mamma Margherita,
scesa con lui dal colle natio di Castelnuovo il 3 novembre se-
guente a far da mamma ai primi orfanelli, i quali bussarono alla
porta dellOratorio nella primavera del 1847.
Allora anche mamma Rua permise a Michelino di frequentare
regolarmente, insieme al fratello Luigi, ogni festa la casa di Don
Bosco e di iscriversi alla Compagnia di San Luigi.
Aveva compiuto i dieci anni ed era stato accolto dai Fratelli
delle Scuole Cristiane nel Corso Complementare che essi tenevano
a Porta Palatina per coloro che avessero conchiuso il corso ele.
mentare. Là Don Bosco veniva spesso invitato a confessare gli
allievi periodicamente. Appena Micheliio poté fare a lui la sua
confessione, non lo lasciò più.
Don Bosco, dal canto suo, seguendo la sua hell'anima inno-

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cente e generosa nei suoi primi progressi spirituali, ebbe quasi
subito l'impressione di poter contare su di lui pei grandi disegni
che Iddio gli andava svelando quasi d'incalzo in quegli anni deci-
sivi. Donde il gesto e I'invito misterioso: - Prendi, Michelino,
prendi...
I1 corso dei Fratelli durava un biennio. Michelino lo con-
chiuse felicemente nel 1849-50.
E... se i1 Signore ti chiamasse a farti Sacerdote?
Michelino era ormai di casa all'oratorio, fra i più assidui ed
edificanti, nei giorni festivi. 1 Fratelli l'avrebbero visto ben vo-
lentieri nella loro Congregazione. Lo stesso Direttore Fratel Mi-
chele, suo maestro, a cui era molto affezionato, aveva azzardato
la domanda. Ma correva voce che egli sarebbe stato destinato ad
un'altra scuola per l'anno prossimo e Michelino s'era limitato a
rispondere: -Vedremo! se lei rimarrà a Torino...
Don Bosco andò più in là. Durante le vacanze lo chiamò a sé
e gli chiese: - Michelmo, ora che pensi di fare?
- Entrare nella Fucina e lavorare per aiutar la mamma, che
si sacrifica tanto per noi.
- E non ti piacerebbe continuare gli studi?... E studiare
anche il latino?... E, se il Signore ti chiamasse a farti sacerdote...
non ti piacerebbe?...
- Oh, se mi piacerebbe!... Ma, e la mamma?...
- Prova a parlarle e mi dirai se approva.
La mamma nel suo cuore non sognava di meglio: - Oh, de-
sidererei tanto vederti sacerdote! Se il Signore mi facesse questa
grazia, non avrei parole per ringraziarlo. Di' a Don Bosco che ti
lascio studiare ancora un anno e vedremo se potrai riuscire.
Fin dal 1849 Don Bosco aveva preso a far ripetizioni di latino
ad alcuni giovani studenti che gli davano un po' di aiuto nell'assi-
stenza dei compagni e pei catechismi, quando potevano. Quattro
ne aveva awiato con la speranza di portarli al sacerdozio ed aver-
li poi a sua disposizione: Giacomo Bellia, Giuseppe Buzzetti,
Carlo Gastini, Felice Reviglio.
Avuto il consenso dalla mamma, associò Rua ad altri giovani,

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fra cui Giovanni Ferrero e Domenico Marchisio, e li affidò a
Felice Reviglio, che aveva fatto maggiori progressi nei primi studi
di latino, perché li avviasse durante il resto delle vacanze ad
apprendere le declinazioni.
Nella prima quindicina di settembre condusse anche loro, con
un centinaio di compagni a fare un corso di esercizi spirituali nel
seminario di Giaveno, ad una trentina di chilometri da Torino.
Passeggiata pittoresca, in gran parte a piedi; ritorno da Valgioie
e salita aila famosa « Sagra di San Michele » sul monte Pirdii-
riano; allegria ed avventure che non descriviamo perché ci ru-
berebbero troppe pagine. Lasciando ad abili predicatori lo svol-
gimento delle meditazioni e delle istruzioni, Don Bosco si riserbò
la condusione dando loro un unico ricordo: Ogni mese fate
l'Esercirzo della Buona Morte - fatelo bene - fatelo infallan-
temente bene ognz mese
Rua n'era tornato anche col proposito di un grande impegno
nel nuovo corso di studi.
Buzzetti Giuseppe gli aveva confidato di aver udito Felice
Reviglio dare a Don Bosco un giudizio poco favorevole sulla sua
applicazione. E Don Bosco ne aveva sofferto: - Eppure mi pare
che abbia ingegno e capacità! - aveva esclamato. E Reviglio:
-Sarà; ma forse non ce la mette...
Don Bosco non aveva aggiunto parola e non aveva mosso
nessun lamento a Michelino. Probabilmente aveva capito che, pas-
sando dalla scuola metodica di esperti come i Fratelli deiie Scuole
Cristiane d e lezioni di un principiante improvvisato, l'alunno
modello si era trovato a disagio.
Ma a Rua bastò la confidenza di Buzzetti per metterci tutta la
sua buona volontà e portarsi al primo posto appena Don Bosco
poté affidare i giovani allievi ad un pio e colto sacerdote della
diocesi, Don Pietro Meda, per una prima ginnasio regolare.
Ai ventisei migliori dei suoi oratoriani volle anche procurare
alcuni giorni di sollievo conducendoli a vendemmiare presso la
sua casa natia, dove il fratello Giuseppe ospitò la carovana con
Don Bosco e Mamma Margherita, dalla fine di settembre ai primi
di ottobre. I giovani infervorarono la popolazione alla festa della
Madonna del Rosario nella cappellia fatta adattare da Don
Bosco fin dal 1848. Tra i ventisei c'era pure Micheho.

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Nel ritorno sostarono tutti alla parrocchia di Castelnuovo a
salutare il Parroco e, mentre Don Bosco e la mamma si intratte-
nevano in canonica, un ragazzino in gamba, vivacissimo, che fun-
geva da sagrestano ed era un po' il factotum in parrocchia anche
per gratitudine al viceparroco che gli faceva scuola, distribuiva
pane e companatico per uno spuntino. I più grandicelli non tar-
darono a scoprire che egli teneva perfino le chiavi della cantina e
lo pregarono di far loro assaggiare qualche goccio di vino. Ma,
dietro a loro, ecco subito accodarsi gli altri. E Cagliero, colto
il destro deli'arrivo di Rna, che sembrava il più modesto e com-
pito di tutti, in buon piemontese l'affrontò:
- E tu, ragazzino, come ti chiami?
- Michelino- rispose Rua.
- Ed io Giovannino - continuò Cagliero deponendo fiasco
e bicchiere. Poi, spingendolo amabilmente verso la porta: - Bra-
vo, bravo... Tu, Michelino vai a bere l'acqua fresca.
E, chiudendo in fretta la cantina, troncò abilmente la distri-
buzione...
Fu il primo incontro tra il futuro successore di Don Bosco ed
il futuro Cardinal Cagliero. Una buona risata li fece subito amici;
lo divennero ancor più l'anno seguente 1850, quando anche Ca-
giiero fu accolto da Don Bosco all'oratorio di Torino. I due
primi fedelissimi. Degli altri, pochi perseverarono e i pochi,
divenuti sacerdoti, andarono in diocesi ad esercitare il sacro
ministero. Mentre faceva la prima ginnasiale andando all'Ora-
torio per le ore di scuola, Michelino serviva volentieri la Messa
e si tratteneva con Don Bosco più che poteva, specialmente dopo
il 25 mano 1851 quando gli morì il fratello Luigi, a 17 anni di
età. Era Luigi di nome e di fatto, come si diceva allora, pel
candore dell'anima che imitava il giovane santo di cui portava
il nome.
Don Bosco stesso ne fece uno splendido elogio dandone l'an-
nuncio ai compagni, confortando Micheliio e la Mamma.
Per sollevare questa da ogni preoccupazione, all'inizio del nuo-
vo anno scolastico 1851-52 Don Bosco fece posto a Micheiino
come interno offrendogli tutto l'agio di proseguire gli studi pres-
so il prof. Carlo Giuseppe Bonzanino, che teneva un ginnasio
inferiore privato, alternando le lezioni alle tre classi, nella casa

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dove Silvio PeiIico aveva scritto « L e mie prigioni », presso la
chiesa di San Francesco di Assisi.
I1 professore ne fu presto entusiasta. E quando inconuava
Don Bosco s'affrettava a dirgli la sua soddisfazione: - Sa chi è
il primo?...È sempre Rua!
- Ma gli starà vicino Marchisio...
- Sì, sì; ma a qualche distanza.
È facile immaginare quanto ne godesse Don Bosco. Il 5 giu-
gno 1852, lo scelse con altri dodici, tra cui un diacono, ospite
deli'Oratorio per la chiusura del Seminario e l'esilio deli'Arcive-
scovo, e propose loro di provare a fare una pia pratica tutti i
giorni festivi per un anno intero: recitare le preghiere delle
B Sette allegrezze dz Maria Vevgine ». Una devozione comune,
fra le anime cristiane d'allora, verso la Madonna. Ma più nel
ceto femminile.
I1 5 giugno era per Don Bosco l'anniversario annuale della
sua Ordinazione Sacerdotale, ricevuta proprio il 5 giugno 1841.
Rua segnò su un pezzo di carta i nomi degli impegnati: Bellia,
Buzzetti, Gianinati, Savio Angelo, Savio Stefano, Marchisio, Tur-
chi, Rocchietti lo, Francesia, Bosco Francesco, Cagliero, Germano
e Rua, più il diacono Don Guanti. E in calce all'elenco scrisse di
sua iniziativa questa invocazione: « O Gesù e Maria, fate tutti
santi coloro che sono scritti in questo piccolo foglio ». Capolista,
lo stesso Don Bosco (1).Il higliettino si conserva nell'Archivio
Capitolare Salesiano.
Egli era più che deciso a farsi santo sul serio. Il 22 settembre
accolse l'invito di Don Bosco e, dopo aver consultato Don Cafasso
sulla sua vocazione al sacerdozio, prese il suo posto fra gli alunni
interni dell'Oratorio San Francesco di Sales. Il giorno seguente,
con Don Bosco, Mamma Margherita e ventisei compagni parti per
Castelnuovo a far vendemmia ed a celebrare la festa della Madon-
na del Rosario con particolare fervore ed intima gioia. Gran giorno
infatti per lui quel 3 ottobre: il Prevosto di Castelnuovo benedi-
ceva la veste talare per lui e per Rocchietti nella cappellina del
Rosario. E gioia anche per la sua mamma, che cominciava a presta-
re un po' di aiuto queil'autunno stesso a Mamma Margherita e
stava quindi unita al figlio anche in casa di Don Bosco.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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La talare gli stava bene
j
« Il suo ritorno all'Oratorio nel nuovo abbigliamento - nota
Don Ceria - parve l'apparizione di un angelo. La talare gli stava
bene: gli dava un'aria molto simpatica, formando l'ornamento mi-
gliore alla serena espressione del suo volto e alla dignità del suo
abituale contegno. Bisogna anche aggiungere che la portava con
garbo, con visibile rispetto » (2).
Diciam pure con fede e divozione, perché la baciava con rive-
renza nell'indossarla al mattino, nel deporla alla sera. Sentiva il
valore della sua divisa, come tanti santi sacerdoti. Gli dava presti-
gio anche fra i compagni e consentiva a Don Bosco di associarselo
con maggior confidenza nei fraterni servigi che poteva loro presta-
re. Glielo disse chiaramente quando il chierico gli chiese spiegazio-
ne del misterioso gesto del taglio della mano: - Oh, il mio
buon figliuolo, ormai tu dovresti comprenderlo! ma lo comprende-
rai meglio in seguito: Don Bosco voleva dirti che con te un gior-
no avrebbe fatto a metà... Mio caro Rua, adesso tu vieni a comin-
ciare una nuova vita. T'incamminerai così verso la Terra Promes-
sa, ma attraverso il Mar Rosso e il Deserto. Se mi aiuterai, passe-
remo tranquillamente l'uno e l'altro, e arriveremo alla Terra Pro-
messa.
Rua era felice di prestar qualche servigio, di essere un po' di
aiuto al suo secondo padre. Gli alunni interni erano 37 ed aumen-
tavano di anno in anno: gli studenti andavano a scuola in città
dal Cav. Bonzanino e da Don Matteo Picco, due ottimi professori
che accoglievano tra il fiore dell'alta borghesia i poveri ragazzi di
Don Bosco pel ginnasio inferiore e superiore; gli artigiani andava-
no a lavoro pure in città presso onesti maestri d'arte che li adde-
stravano sufficientemente nel corso di un triennio a guadagnarsi
il pane.
Rua guidava la sua squadra nell'andare e nel venire da scuola,
li assisteva anche in casa, ai cenni di Don Bosco. La mattina delle
domeniche - come depose più tardi il card. Cagliero - si trova-
va in mezzo a loro quando arrivavano anche gli esterni e li faceva
giocare, mentre Don Bosco confessava, e vegliava perché quelli
che volevano fare la comunione non rompessero il digiuno eucari-
stico neppure con un sorso d'acqua, come si usava allora. Durante

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la messa edificava col suo contegno, animava a pregare con racco-
glimento, a far bene la santa comunione. Nelle altre ore di ricrea-
zione giocava o conversava con loro, li ammoniva amabilmente se
occorreva, metteva in evidenza i sacrifici di Don Bosco e li spro-
nava a comportarsi educatamente, evitando cattive maniere e catti-
vi discorsi. Sempre pronto, lungo la settimana, a far ripetizioni, a
tener l'ordine ove occorresse, a ricopiare lettere e manoscritti di
Don Bosco, ecc.
Proseguendo i suoi studi, fece in due anni il ginnasio inferio-
re ed in un anno quello superiore riportando voti lusinghieri alle
rispettive licenze presso il pubblico ginnasio San Francesco da Pao-
la (ora Gioherti) e il collegio del Carmine (poi ginnasio Cavour).
Nel 1853 un nuovo lutto colpì la sua cara famiglia con la
morte del fratello Giovanni Battista, che spirava il 29 marzo a 23
anni lasciando sola la mamma senza mezzi sufficienti di assistenza.
Don Bosco ne lenì il dolore e provvide alla mamma assumendola
per tutto il giorno in aiuto a Mamma Margherita, alla quale snc-
cesse, tre anni dopo, quando la mamma di Don Bosco fu chiama-
ta in Paradiso. Con l'autunno del 1853 il ch. Rua cominciò il cor-
so di flosofia insieme al ch. Rocchietti presso distinti professori
del Seminario Metropolitano; e mentre Don Bosco tratteneva al-
I'Oratorio di Valdocco nei giorni festivi il neochierico Francesia e
il giovane Cagliero, egli si portava alYOratorio San Luigi ad aiuta-
re ed a supplire i direttori che si succedevano secondo le loro
possibilità.
Ricorreva nel 1853 il quarto centenario del miracolo del SS.
Sacramento e Don Bosco lo illustrò in un voiumetto delle Letture
Cattoliche. (Anno I, fasc. 6') ... Parlandone col cb. Rua gli conii-
dò: - Quando nel 1903 si celebrerà il nono cinquantenario, io
non ci sarò più; ma tu ci sarai e fin d'adesso ti affido l'incarico di
ripnbblicatlo.
- Ben volentieri - rispose Rua; - Ma se la morte mi fa-
cesse qualche scherzo?...
- Sta' tranquillo: la morte non ti farà nessuno scherzo; e tu
potrai compiere l'incarico che ora ti affido.
La profezia si avverò alla lettera.
Si stava applicando in Piemonte il «Sistema Metvico Decima-
le ». E il prof. Bonzanino pregò Don Bosco di prestargli il ch.

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Rua per insegnarlo ai suoi allievi. Sorpresa naturale veder rientra-
re in dasse come insegnante l'allievo loro compagno uscito un an-
no prima. Ma Rua seppe presentarsi sorridendo e conquistarsi la
loro attenzione: - Miei cari, sarò sempre vostro buon amico, ma
per un po' sono incaricato di farvi da maestro; e voi provatevi ad
essere umili scolari...
Salesiano...
Il 26 gennaio 1854, Don Bosco scelse fra i dodici invitati alla
prova delle « Sette Allegrezze » - chiamiamoli così - quattro
dei più promettenti per una seconda prova: « un esercizio pratico
di carità verso il prossimo » disponendosi, se fosse volontà di
Dio, a prenderne poi impegno con una promessa e magari facen-
done voto al Signore. Dei quattro, due eran chierici, Rocchietti e
Rua; due semplici studenti, Artiglia e Cagliero. Venne loro dato
il titolo di « Salesiani », che si andò estendendo a quanti di anno
in anno si sarebbero associati a loro.
La Chiesa universale si preparava alla proclamazione del do-
gma dell'Immacolata Concezione e la Madonna fece fiorire meravi-
gliosamente il piccolo seme portandone due ad una esperienza e-
roica quando nell'estate scoppiò il coléra: Rna e Cagliero si pro-
digarono nell'assistenza ai contagiati con altri compagni, senza
che alcuno contraesse il morbo. Cagliero neil'ottobre s'accasciò di
esaurimento facendo temere della sua vita; ma Don Bosco rassicu-
rò la sua mamma esortandola a preparargli la veste talare che gli
benedisse egli stesso il 21 novembre. Rua minacciava invece di
crollare pel troppo lavoro che Don Bosco gli andava addossando
senza misurarlo. E fu il ch. Cagliero a gridare un giorno: - Rua
fa una vita impossibile: se continua così si ammazza.
Era veramente un po' poco quel pezzo di pane e companatico
che si metteva in tasca al mattino d'ogni festa per pranzare ali'O-
ratorio San Luigi, mentre faceva a piedi la strada attraversando
tutta Torino. Don Bosco pregò allora il portinaio dell'oratorio a
preparargli un buon piatto di minestra calda ed usò qualche di-
screzione nel dargli pagine della sua tremenda calligrafia da tra-
scrivere. Ma era Rua stesso che sgobbava eccessivamente organiz-
zando in quel secondo Oratorio festivo tutto quello che si faceva

3.4 Page 24

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a Valdocco, compresa la Società di Mutuo Soccorso e la Conferen-
za di San Vincenzo a favore dei giovani più poveri.
Dio solo poi misurava i suoi sforzi ascetici per progredire nel-
la virtù.
Guidato da Don Bosco anche ad un po' di meditazione quoti-
diana, il 25 marzo 1855, festa deli'Annunciazione, emise privata-
mente i voti di povertà, castità ed obbedienza per un anno e li
andò poi rinnovando di anno in anno fino al 1862, quando coi
primi veri salesiani emise i voti triennali secondo le Regole deila
Società Salesiana, che egli vedeva frattanto studiare e stendere da
Don Bosco e andava mettendo in bella copia, foglio per foglio.
Era ormai nel primo anno di teologia, che continuava presso i
professori del Seminario (1856-57), quando Don Bosco lo nomi-
nò presidente della Compagnia deli'lmmacolata, che Domenico Sa-
vio organizzò nella primavera del 1856. Così ebbe una nuova mis-
sione, la più delicata e importante per la nascente Congregazione:
la cura dei giovani migliori che nel fervore della divozione all'Im-
macolata si preparavano ad essere presto ufficialmente « salesia-
ni ».
Domenico Savio fece appena in tempo a dar vita a questo vi-
vaio di vocazioni, mentre maturava rapidamente e precocemente
per il Paradiso.
I1 25 novembre lo precedeva la santa mamma di Don Bosco,
Mamma Margherita. Dopo i commossi suffragi e le onoranze fune-
bri, chierici e giovani, interpellati da Don Bosco se preferissero
ancora avere huone mamme di fuori od alcune Suore per la cuci-
na e la guardaroba, a gran maggioranza chiesero huone donne e-
sterne e il fondatore finì per invitare Mamma Rua a stabilirsi in
casa al posto di Mamma Margherita. La delicatezza paterna toccò
al vivo il cuore di Michele, che fu tutto, e per sempre, di Don
Bosco.
Nel 1857 la Provvidenza confortò Don Bosco con un prezioso
colloquio col ministro Urbano Rattazzi, che aveva formulato e fat-
to passare in parlamento ed in senato la legge di soppressione
degli Ordini e delle Congregazioni religiose, e che, atterrito del
suo malfatto, voleva salvare almeno l'Opera degli Oratori. Ebbe
così le indicazioni più pratiche per stabilire una società adatta ai
nuovi tempi e, riprendendosi dallo scempio fatto del suo mano-
21

3.5 Page 25

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scritto in una notte di infestazioni diaboliche, poté compilare l'ab-
bozzo deile Regole che Rua trascrisse fedelmente in un qua-
dernetto.
Col quadernetto in tasca accompagnò Don Bosco a Roma il 1 8
febbraio 1858 e vi trascorse oltre due mesi, ospite dei Padri Ro-
sminiani che ne furono sommamente edificati. Tanto che non
sapendo nulla dei progetti di fondazione di Don Bosco, non tarda-
rono a proporgli di associarsi a loro.
Ma il ch. Rua sapeva tutto. I1 9 marzo seguì Don Bosco an-
che all'udienza Pontificia, insieme col Teol. Leonardo Murialdo,
ora Santo, portando la collezione delle Letture Cattoliche dal pri-
mo fascicolo del 1853 al primo del 1858. Fatta la presentazione,
il Papa gli chiese se fosse già sacerdote.
- Santità, non ancora - rispose Rua: - sono solamente
chierico e percorro il terzo anno di teologia.
- Che trattato studiate?
- Studio il trattato « De Baptismo et de confirmatione 2.
- Questo è il trattato più facile! - interruppe il Papa, ri-
volgendosi a Don Bosco e ricordando con commozione l'offerta di
33 lire inviategli dai poveri giovani dell'0ratorio nel 1849 quan-
do egli era in esilio a Gaeta. Passò quindi in un'altra stanza e
tornò con un pacco di piccole medaglie dell'Immacolata pei giova-
ni oblatori, una più grande pel ch. Rua ed una più preziosa per
Don Bosco.
Seguì il colloquio privato, dopo il quale Rua venne richiama-
to a ricevere la grande benedizione di Pio IX: « Benedictio Dei
omnipotentis, Patris et Filii et Spivitus Sancti descendat super te,
supev socium tuum, supev tuos in sortem Domini vocatos, snper
adjutores et benefactores tuos et supev omnes pueros tuos, et su-
per omnia opera tua, et maneat nunc et semper et semper et sem-
pev ».
È facile immaginare la loro commozione.
Nel colloquio privato Pio I X aveva interrogato Don Bosco an-
che sui suoi progetti per assicurare l'avvenire dell'opera degli 0 -
ratori ed approvando l'idea di una società religiosa gli aveva dato
sagge direttive per la forma della costituzione. Don Bosco ritoccò
quindi il quadernetto delle Regole, vi apportò alcune modificazio-
ni ed aggiunte su un foglio a parte e consegnò tutto a Rua per-

3.6 Page 26

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cbé integrasse e ricopiasse fedelmente. Così nell'udienza del 6 a-
prile lo poté presentare al Santo Padre. Questi lo scorse, lo trat-
tenne, io esaminò attentamente postillandolo in varie parti di suo
pugno e lo restitui nella terza udienza perché Don Bosco lo pas-
sasse anche subito al Card. Gaude per io studio canonico ufficiale.
Ma Don Bosco pregò il Papa di permettergli ancora un po' di espe-
rimento fra i suoi aspiranti.
Rua ebbe la gioia di godersi le funzioni papali della settimana
santa e della liturgia pasquale a cui Don Bosco partecipava come
caudatario del Card. Marini, salendo fino alla Loggia deile Benedi-
zioni presso il Papa, riportandone emozioni indelebili. I1 santo teol.
Murialdo fu presentato da Don Bosco al Papa nella seconda
udienza (3).
Direttore spirituale della Società Salesiana
I1 ritorno da Roma fu una festa per tutto l'oratorio. I rappor-
ti del ch. Rua con Don Bosco apparvero sempre più intimi: egli
prestava al fondatore sempre maggiori servigi e Don Bosco inten-
sificava la sua direzione spirituale.
Una letterina in latino scritta da Sant'Ignazio sopra Lanzo To-
rinese il 26 luglio 1858, in risposta ad una in cui Rua gli chiede-
va consigli, è un bel documento: « Figlio mio, la gioia e la grazia
di N . S. Gesù Cristo sia sempre nei nostri cuori. T u mi hai chie-
sto alcune esortazioni spirituali; ed io te le do ben volentieri, in
poche parole. Sappi dunque e ricordati che i patimenti del tempo
presente non si possono paragonare con la gloria che un giorno si
manifesterà in noi. Perciò tendiamo continuamente a questa glo-
ria di cuore e con buone opere. La vita dell'uomo sulla terra è un
vapore che presto scompare, orma di u%anube che fugge, ombra
che appena si profila dilegua, onda che scorre. Quindi i beni di
questa vita non si devono sopravalutare; cercare invece appassio-
natamente quelli del cielo. Sta' allegro nel Signore. Sia che mangi,
sia che beva, sia che faccia qualunque altra cosa, fa tutto alla
maggior gloria di Dio. Sta' sano, figlio mio, e prega per me il
Signore Dio nostro. Sant'Ignazio sopra Lanzo, 26 luglio 1858,
Tuo confratello Sac. Bosco 2.
Non sfugga il titolo di confratello. Solo Rua era al corrente di

3.7 Page 27

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tutta la procedura per la costituzione della Società. Egli era sale-
siano nell'anima, il <r dimidium animae B di Don Bosco.
Dal 1857, appena Felice Reviglio fu ordinato sacerdote e pas-
sò alla diocesi, e il teol. Leonardo Murialdo accettò la direzione
stabile dell'oratorio San Luigi, Rua accettò la piena direzione del-
l'oratorio dell'Angelo Custode in Vanchiglia mentxe aveva già
tutta la cura della Compagnia deli'Immacolata per la morte di Do-
menico Savio. Sostituiva settimanalmente Don Bosco nella scuola
di Testamentino ai chierici e rivedeva la sua Storia d'Italia per la
seconda edizione. Seguiva inoltxe regolarmente i corsi di teologia,
si specializzava nello studio del greco e dell'ebraico e si preparava
agii Ordini sacri.
I giovani interni erano notevolmente aumentati perché dal
1853 Don Bosco aveva intrapreso ad allestire i laboratori per gli
artigiani in casa; e per l'anno 1856-57 aveva già in funzione le
prime tre classi ginnasiali, pel 1858-59 la quarta, l'anno seguente
la quinta. Nel 1859 solo gli alunni della prima ginnasiale assom-
mavano a 96.
Maturo ormai il primo drappello, curato con apposite istruzio-
N e periodiche conferenze ascetiche, 1'8 dicembre del 1859 Don
Bosco annunciò la sua decisione di costituire la Società Salesiana,
ed invitò coloro che lo bramavano ad impegnarsi all'atto ufficiale,
la sera del 18. I1 tempo necessario a Rua per fare gli esercizi
spirituali, durante i quali ricevette la tonsura e gli Ordini minori
1'11 dicembre, il suddiaconato il 17 da Mons. Giovanni Balma
degli Oblati di Maria Vergine, delegato dall'Arcivescovo Fransoni
in esilio.
Memoranda la sera della fondazione. In tutto segreto, dopo le
orazioni, quando i giovani erano ormai nel primo sonno, i didas-
sette volenterosi si raccolsero nella cameretta di Don Bosco e
costituirono il primo <( Capitolo », ossia il Consiglio. Pregarono
Don Bosco di accettare la carica di Rettore e ben volentieri lascia-
rono scegliere a lui il suo vicario, che aveva allora il titolo di
Prefetto. Don Bosco scelse l'unico sacerdote presente Don Vitto-
rio Alasonatti che già teneva queli'ufficio dall'agosto del 1854
quando aveva lasciato le scuole elementari di Avigliana, dov'era
cappellano e maestro, per correre a Torino ad aiutare Don Bosco
a dive il Bveviario ». A voti segreti vennero subito eletti gli al-

3.8 Page 28

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rri membri ed il suddiacono Michele Rua ebbe l'ufficio di Diretto-
re spirituale, ossia di Catechista, come si disse più tardi.
Non era ancor sacerdote, eppure appariva a tutti come il più
qualificato per la cura delia formazione e della vita spirituale dei
Soci, la cura della osservanza e della pietà nella Casa.
Il delicato ufficio l'aiutò a prepararsi alla ordinazione Sacerdo-
tale per l'anno seguente 1860.
Sacerdote
Apprezzato dai giovani fin dai primi anni di chiericato, quan-
do nel 1854 con votazione unanime l'avevano qualificato il miglio-
re fra i chierici, sempre più stimato anche dai chierici che lo vede-
vano battere la via deUa santità con passi da gigante, Rua ebbe
anche i migliori voti in teologia e nell'anno 1859-1860 fu giudica-
to dal collegio dei professori primo assoluto fra i quattordici stu-
denti presso il seminario. Fu quindi ammesso al Diaconato pel 24
marzo ed al Sacerdozio pel 29 luglio 1860.
Prima di recarsi agli esercizi spirituali presso i Padri Lazzati-
sti, volle inviare una lettera a Don Bosco, che stava guidando un
corso per laici presso il santuario di Sant'Ignazio. E gli scrisse
in francese. Don Bosco gli rispose il 27 luglio in latino: Al di-
letto figlio Michele Rua salute nel Signore, m i hai mandato una
lettera in lingua francese ed hai fatto bene. Sii però francese solo
di lingua e di parola; ma di animo, di cuore e di azione sii Roma-
no intrepido e generoso. Sappi adunque e bada a quel che dico:
t i aspettano molte tribolazioni; ma fra queste il Signore Dio no-
stro t i darà grandi consolazioni. Sii esempio di buone opere, ac-
corto nel prendere consiglio, e fa' sempre quello che è meglio agli
occhi di Dio. Lotta contro il demonio e spera in Dio; in quel che
potrò io sarò tutto per te. La grazia di N . S. Gesù Cristo sia
sempre con noi! Salve!
S. Ignazio presso Lanzo, 27 lz~glio1860.
Sac. Bosco ».
Venne ordinato nella cappella del Barone Bianco di Barbania,
uno dei primi benefattori di Don Bosco, a Caselle Torinese da
Mons. Balma che vi soggiornava per un po' di sollievo dai calori
25

3.9 Page 29

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estivi. I domestici rimasero stupiti ed altamente edificati quando
la mattina trovarono il suo letto intatto. Non si era neppur corica-
to: tutta la notte in preghiera. E vi era arrivato la sera prima a
piedi da Torino... Don Bosco non poté presenziare né all'ordina-
zione né alla sua prima Messa, che celebrò nell'intimità della cap-
pella di San Francesco di Sales, il 30 luglio, per la comunità dei
confratelli e dei giovani. Ma a mensa tutti, e molti anche per i-
scritto, gli espressero la comune esultanza e gli presentarono i più
fervidi auguri, ai quali rispose con agio la sera, dopo le orazioni,
dando la tradizionale buona-notte. Protestò a tutti il suo affetto
ed il proposito di consacrarsi al loro bene, accettando anche le
lodi che gli avevano tributato come costante richiamo alle virtù
che avrebbe dovuto sempre praticare per essere un buon sacerdo-
te. Concluse esortando all'amor frarerno, facendo un cuor solo
per servire il Signore e confortare Don Bosco.
La festa esterna venne rimandata alla domenica 5 agosto per
dar la consolazione a Don Bosco di assisterlo aila Messa solenne,
fra il tripudio di tutta la Casa e con la partecipazione dei giovani
deli'Oratorio deli'Angelo Custode &e gli offersero un bel mazzo
di fiori. All'accademia gli lessero e declamarono più di una venti-
na di complimenti in prosa e in versi, a gara chierici e giovani,
interni ed esterni, esaltandolo come modello dei sacerdoti, mae-
stro ai chierici di virzù e di scienza, consigliere degli studenti,
guida degli artigiani, conforto degli ammalati, sollievo degli afflit-
ti, letizia di tutti.
La mamma in quel giorno fece al figlio la sorpresa di un bel
letto in ferro che sostitui a1 pagliericcio su assi nella povera sof-
fitta dove dormiva da quando un chierico aveva preso il suo po-
sto nella cella del dormitorio dei giovani da lui assistiti gli anni
addietro. A Don Rua sembrava troppo lusso e ci voUe l'autorità
di Don Bosco per farglielo accettare. Fu l'inizio di un nuovo inter-
vento della Provvidenza che ispirò altre mamme e benefattori ad
acquistare altri letti in ferro anche per i chierici e i giovani
eliminando in breve i sacconi e gli assi su cui dormivano fino allo-
ra, e quanto sodo in quel fiorir d i giovinezza in cui di pane e
sonno non se n'ha mai abbastanza!
Del resto, anche col letto in ferro la soffitta di Don Rua non
si era gran che mutata da quando un illustre visitatore fiorentino,

3.10 Page 30

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accompagnato da Don Bosco per la casa, vi aveva dato un'occhia-
ta: c'era un tavolo col solito calamaio, pochi libri e quaderni su
un'assicella sorretta da quattro mattoni, un catino dove d'inverno
l'acqua gelava spesso perché mancava ogni forma di riscaldamen-
to, e Don Rua, per lavarsi, in quei casi di emergenza, doveva apri-
re la Gnestra dell'abbaino e cavarsela con manate di neve dalle
tegole sottostanti. Nei giorni più rigidi studiava e scriveva, ravvol-
to in una coperta militare. Ma, in tanto squallore, un ordine ed
una nettezza impeccabile.
- Che beli'anima deve avere questo chierico che sa conserva-
re tanta nettezza in tanta povertà! - aveva esclamato il vi-
sitatore.
Un salesiano tanto esemplare poteva ben dirigere spiritualmen-
te la nascente Società Salesiana, che si stava facendo le ossa sotto
le bastonate.
A due riprese, il 26 maggio ed il 9 giugno, la polizia aveva
fatto improvvisamente irruzione nell'oratorio e messo a soqqua-
dro l'appartamento di Don Bosco sospettato di relazioni antipa-
triottiche con l'arcivescovo esiliato. La seconda volta, assente
Don Bosco, aveva malmenato il Prefetto Don Alasonatti ch'era
svenuto. Don Bosco poté difendersi e giustificarsi. Ma ci voleva
indubbiamente del coraggio ad iscriversi ad una Società sospetta
al governo, in un clima anticlericale com'era quello di allora in
gran parte di Europa.
Eppure quei primi salesiani avevano avuto il coraggio di impe-
gnarsi e di firmare, proprio l'l1 giugno, la supplica formale all'Ar-
civescovo per l'approvazione delle regole che intendevano abbrac-
ciare, dopo averle individualmente rivedute ed accettate: « N o i
sottoscritti, unicamente mossi dal desiderio di assicurarci la no-
stra eterna salute, ci siamo uniti a far vita comune a fine di poter
con maggior comodità attendere a quelle cose che riguardano la
gloria di Dio e la salute delle anime. Per conservare l'unità di
spirito, di disciplina e metteue in pratica i mezzi conosciuti utili
allo scopo proposto, abbiamo formulate alcune regole a guisa di
Società religiosa che, escludendo ogni massima relativa alla politi-
ca, tende unicamente a santificare i suoi membri, specialmente
con l'esercizio della carità verso il prossimo. Noi abbiamo già pro-
vato a mettere in pratica queste regole e le abbiamo trovate com-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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patibili con le nostre forze e vantaggiose alle anime nostre ».
La firma di Don Rua era preceduta dalla qualifica di diacono;
mancavano diciotto giorni alla sua ordinazione sacerdotale.
Ma si trattava di uomini decisi. Infatti il verbale si chiude
con questa attestazione: « E facemmo tra noi promessa solenne
che se per mala ventura, a cagione della tristezza dei tempi, non
si potessero fare i voti, ognuno, in qualunque luogo si troverà,
fossero anche tutti i nostri compagni dispersi, non esistessero più
che due soli, non ce ne fosse che uno solo, costui si sforzerà di
promuovere questa Pia Società e di osservarne sempre, per quan-
to sarà possibile, le regole » (4).
Don Rua aveva uu'ottima formazione pastorale, una soda cul-
tura biblica, teologica, liturgica, un addestramento pedagogico ed
ascetico squisitamente salesiano. Guidato spiritualmente e pratica-
mente da Don Bosco, si può dir passo passo, era la miglior guida
delle anime di cui Don Bosco potesse disporre, anche fra gli altri
due sacerdoti ordinati prima di lui e tuttora con lui: Don Roc-
chietti e Don Savio Angelo eletto Economo la stessa sera del 18
dicembre 1859.
Non potendo frequentare il corso di Teologia Pastorale che si
teneva al Convitto Ecclesiastico per l'abilitazione al sacro ministe-
ro, Don Bosco gli ottenne di avere lezioni private dal can. Giusep-
pe Zappata. Intanto si esercitava nella predicazione non solo ai
giovani, ma a vari Istituti femminili della città, cominciando dal
Rifugio della marchesa Barolo.
In casa il suo ascendente si accreditava da sé e nessuno stupi-
va di veder Don Bosco dargli sempre maggior fiducia e maggiore
responsabilità.
Avendo bisogno di titoli per sostenere le scuole, avviò anche
Don Rua a corsi straordinari di esami presso la Regia Università
per l'abilitazione all'insegnamento prima nel ginnasio inferiore e
poi nel superiore. I 317 alunni interni del 1860 si accrebbero di
299 nel 1861. Occorreva un buon direttore anche per gli studi e
Don Bosco non esitò a incaricarne Don Rua.
Nello stesso anno 1861 si formò una Commissione storica per
raccogliere e tramandare quanto faceva e diceva Don Bosco: si
radunava più volte la settimana generalmente subito dopo pranzo

4.2 Page 32

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durante la ricreazione, vagliava i manoscritti dei chierici e dei
giovani che gareggiavano nel prendere appunti e riportare perfino
i discorsi quanto più possibile alla lettera, interrogava Don Bosco
stesso nelle incertezze per assicurare la maggior precisione. Cosi
Don Lemoyne e i suoi successori Don Amadei e Don Ceria potero-
no più tardi disporre di tanto materiale per comporre le Memo-
iie Biografiche di Don Bosco n. Don Rua fu fatto presidente.
Avendo bisogno di sempre maggior libertà per attendere alla
sua missione che trascendeva i confini degli Oratori, Don Bosco
non tardò ad affidare a lui anche predicazioni straordinarie in casa
e ad associarselo per le confessioni appena ottenne la facoltà di
confessare.
Don Rua se la cavava bene in tutto.
L'abate Amedeo Peyron, che gli aveva fatto ripetizioni di gre-
co e ne aveva ben vagliato la versatilità dell'ingegno, la facilità
nell'apprendere iiigue e l'abilità a dirigere e coordinare il lavoro
altrui, fu udito più volte esclamare: - Con sei uomini come Don
Rua, mi sentirei di aprire una Università!
11 14 maggio 1862, oltre una ventina dei primi salesiani emi-
sero i voti trieniiali; e Don Bosco si sentì abbastanza sicuro per
spaziare fuori Torino con un Piccolo Seminario, succursale del
ginnasio dell'oratorio di Torino, a Mirahello Monferrato. Salì al
santuario di Oropa neli'agosto del 1863 per chiedere ispirazione
suUa scelta del personale e ne scese con la lista fatta: Direttore,
Don Rua; Prefetto il ch. Provera Francesco; Catechista il ch. Bo-
netti Giovanni; e con loro, come insegnanti ed assistenti, i chierici
Alhera Paolo e Francesco Dalmazzo, il giovane aspirante Domeni-
co Belmonte, che divennero rispettivamente: successore di Don
Rua, Procuratore Generale, Prefetto Generale.
Direttore a Mirabello Monferrato
La notizia dell'apertura della prima casa fuori Torino suscitò
naturalmente un certo entusiasmo. Ma nei predestinati anche un
senso di smarrimento e di pena nel dover vivere lontani da Don
Bosco, dal dolce nido in cui erano cresciuti. Perciò Don Bosco
volle che Don Rua e i suoi collaboratori fossero accompagnati a
Miraheiio dalla comitiva che per la festa del Rosario egli guidava

4.3 Page 33

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al colle nativo di Castelnuovo, protendendo la passeggiata autun-
nale di quell'anno fino a Tortona, parte in treno, parte a piedi.
Carovana pittoresca, che procedeva allegramente facendo soste ro-
manzesche ad allietare le popolazioni dei paesi con concerti di
banda e rappresentazioni filodrammatiche, mentre commoveva ani-
me e cuori con spettacoli di pietà in chiesa e comunioni quasi
generali.
A Mirabello l'allegria sali alle stelle. Ma quando scoccò l'ora
della separazione, Don Francesia (che fu il primo a descrivere la
passeggiata nella Vita di Don Rua n del 1911) non esitò a qua-
l'icare insopportabile il dolore provato. Don Rua e gli altri che
rimanevano con lui non ebbero la forza di accompagnare i parten-
ti oltre la soglia della casa. E questi, pur esplodendo in saluti ed
evviva, sentivano una stretta al cuore, pregna di ansie e preoccu-
pazioni per quelii che restavano.
Don Bosco non li abbandonò a se stessi. Mandò presto l'Eco-
nomo Don Savio a concordare i lavori di adattamento più urgenti
e provvedere l'indispensabile. Settimana per settimana indirizzava
poi i giovani che non poteva più contenere la casa di Torino.
Don Rua l'informava quasi giornalmente per posta del come si
awiavano le cose. In una di queste prime lettere gli confidò an-
che qualche sentimento di orgoglio e gli chiese consiglio per ri-
spondere al Provveditore agli studi che gli offriva una cattedra nel
Regio Ginnasio di Susa.
Quanto al primo problema il buon Padre gli raccomandò sol-
tanto di prendere la medicina di San Bernardo il quale per simili
casi suggerisce di pensare a: Unde venir? quid agis? quo vadis?
<( Queste parole - soggiungeva - pesate nella mente umana pos-
sono produrre come in passato grandi santi... ».
Quanto alla profferta del Provveditore: « Rispondi che lo rin-
grazi di vivo cuore; ma che, avendo accettato l'incarico di diretto-
re del Piccolo Seminario Vescovile, proposto dal Vescovo deila
diocesi, non sei più libero, almeno per ora, di accettare i'onorevo-
le incarico che ti propone... >> (5).
Don Rua si studiava di far funzionare il Piccolo Seminario
come funzionava a Torino la casa di Valdocco.
E informando Don Bosco di quel che faceva, attendeva con
avidità le sue risposte non per aver elogi, ma norme pratiche di

4.4 Page 34

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applicazione del suo spirito e delle regole della Congregazione.
Queste furono poi da Don Bosco stesso coordinate in un testo
unico che passò a tutti i direttori, di generazione in generazione,
col titolo: «Ricordi confidenziali ai Divettori 2.
In ottobre Don Bosco, preso da tante cose, tardò un po' a
rispondere; ma il 28 riparò largamente scrivendogli fra l'altro:
« T i lamenti &e non ti ho ancora scritto, mentre ogni giorno vengo a
farti visita. Ti mando giù un'altra piccola carovana. Occorrendo ti manderò
altri secondo &e mi dimi. Ottima cosa la cappella: era mio preciso desi-
derio. In casi di questo genere, va' pure avanti come meglio ti sembra nel
Signore. Quando mi scrivi, dimmi sempre il numero dei giovani, delle
dimande... Ad ogni momento noi parliamo di Mirabello e dei Mitabellesi; e
ci uniamo ad augurare a tutti ogni bene dal Cielo... Stabilisci in base di non
accettare alcuno lungo l'anno, se non in casi veramente eccezionali... A rive-
derci presto: m i i santi del Paradiso facciano santi tutti quelli che abitano
o abiteranno in questa casa. Amen. Tutto tuo nel Signore
&.m0 Sac. Bosco » (6).
I1 Vescovo di Casale Monferrato, Mons. Luigi Nazari dei con-
ti di Calabiana, che fu poi Arcivescovo di Milano, aveva accredita-
to il Piccolo Seminario col titolo di Vescovile, ne aveva presiedu-
to la inaugurazione, benedicendo i locali il 20 ottobre ed auspican-
do il valido patrocinio di San Carlo, voluto da Don Bosco titolare
anche per gratitudine alla grande benefattrice la Contessa Carlot-
ta Callori di Vignale.
Per attendere alle cure domestiche, con delicato pensiero, il
buon Padre aveva destinato la mamma stessa di Don Rua che vi
rimase fino al 1870.
Nell'ottava della festa deli'Immacolata gli fece quindi la più
cara improvvisata. Preso con sé Don Cagliero, nonostante una for-
te nevicata, partì alla volta di Mirabello. Arrivarono a Giarole
ch'era ormai notte. E non trovando una vettura per proseguire,
bussarono alla canonica per chiedere al parroco ove avrebbero po-
tuto passare la notte. I1 parroco, quando apprese che uno dei due
preti era Don Bosco, fece preparare la cena; poi mandò a chiama-
re un paesano che desiderava'avviare un figiio aIl'Oratorio di To-
rino e combinarono ogni cosa: come dare ospitalità ai due viaggia-
tori e quando condurre all'oratorio il giovane Luigi Bussi che di-
venne un ottimo salesiano.

4.5 Page 35

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L'indomani mattina, a piedi, nonostante la neve, eccoli al Pic-
colo Seminario San Carlo. Figurarsi la sorpresa e la gioia dei sale-
siani e dei giovani, il conforto di Don Rua e della mamma...
Don Bosco ebbe agio di parlare con tutti e di constatare che
a Mirabelio le cose procedevano come a Torino. Don Rua studiava
di adattarvi orario, programmi, usanze e tradizioni, metodo educa-
tivo, ricreazioni, svaghi e divertimenti sicché, pur avendo alunni
più difficili perché sugli inizi piuttosto raccogliticci che seleziona-
ti, riusciva con i chierici volenterosi che lo aiutavano ad informa-
re la vita comune a vero spirito di famiglia.
Chierici veramente ammirabili perché compivano tutti i loro
doveri di educazione, di assistenza e di scuola, continuavano a stu-
diare per conto proprio ed a prepararsi a sostenere i pubblici
esami pei titoli necessari all'insegnamento ed al raggiungimento
del sacerdozio.
Don Bosco infatti continuava a lanciare i suoi ad esami straor-
d i a r i ed alla Università, nonostante che il prof. Tommaso Vallau-
ri lo avesse ammonito per mezzo di Don Francesia, che fu il pri-
mo salesiano a laurearsi: - Don Bosco fa sempre conto di man-
dare i suoi chierici all'università? Ditegli da parte mia che qui
regna un'aria pestilenziale.
Ma Don Bosco li premuniva con sagge esortazioni: - Volete
essere forti per combattere il demonio e le sue tentazioni? Amate
la Chiesa, venerate il Sommo Pontefice, frequentate i Sacramenti,
fate sovente la visita a Gesù nei suoi tabernacoli, siate molto de-
voti di Maria SS., ofritele il vostro cuoie, e allora voi supererete
tutte le battaglie e le lusiizghe del mondo. Quando si tratta di
fare il bene, di respingere o di combattere gli errori, mettete la
vostra confidenza in Gesù e Maria, e allova saPote pronti a calpe-
stare il rispetto umano ed a subire anche il martirio (7).
Ne salvò la gran maggioranza e non si sconcertò di fronte aile
prime defezioni che, raggiunta la patente o la laurea, lo abbando-
narono; come non si era sconcertato di fronte a chierici che rag-
giunto il sacerdozio se ne erano andati ad esercitare il sacro mini-
stero in diocesi. Egli era del principio che la vocazione al sacerdo-
zio, ovunque poi lo si esercitasse, era sempre un gran dono alla
Chiesa; ed un maestro, un professore, un professionista educato

4.6 Page 36

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cristianamente era sempre un gran dono alla società. Perciò aiuta-
va tutti quanto poteva perché conducessero a termine i loro studi
anche quando prevedeva che non si sarebbero fermati con lui.
Don Domenico R u h o , che aveva sostituito Don Rua a Tori-
no come direttore spirituale, dopo una visita fatta più tardi a Mi-
rabello, scrisse nella sua cronaca, che è una delle fonti di prima
mano per la storia della Società salesiana: Don Rua a Mirabello
si diporta come Don Bosco a Torino. È sempre. attorniato dai gio-
vani attratti dalla sua amabilità ed anche perché racconta sempre
loro cose nuove. Sul principiodell'unno ~accomandòai maestri
che non fosseio per allore troppo esigenti, che non pigliassero a
sgridare gli alunni per qualche 1 0 ~ 0negligenza o vivacità, rna che
tollerassero molto... Fa anch'egli ricreazione in mezzo ai. giovani
giocando e cantando... n.
Nei giorni festivi predicava mattino e pomeriggio, spiegando
la Storia Sacra e le virtù teologali, oltre alla omelia domenicale
che non si trascurava mai anche allora nelle parrocchie del Pie-
monte e dell'Italia settentrionale. Dava regolarmente la cosiddetta
buona-notte ogni sera dopo le orazioni e faceva buon uso della
« parolzna all'oreccbzo B a volo, passando o trattenendosi coi gio-
vani in ricreazione, scacciando cattivi pensieri e suscitandone dei
buoni, stimolando a buoni propositi ed a speciali virtù i migliori,
come Don Bosco a Torino. Era quindi ben voluto ed amato Tanto
che Don Bosco non tardò a ringraziare i giovani, in una cara lette-
rina, « deli'affetto che portavano a Don Rua ed agli altri snperio-
ri S.
Faceva funzionare la Compagnia dell'Immacolata, quella di
San Luigi e il Piccolo Clero, la scuola di canto e perfino una pic-
cola banda; la filodrammatica si cimentò, nel secondo anno, nella
rappresentazione di un drammone in latino « Phasmatonlces » (I1
vincitore delle fantasime) che attrasse pubblico fin da Casale,
compreso il Vescovo e distinti ecclesiastici.
Un solo richiamo si meritò Don Rua da Don Celestino Duran-
do, mandato da Don Bosco a presiedere gli esami finali nel 1864.
Non avendo camere a disposizione, Don Rna gli cedette la sua,
dimenticandosi di rimuovere dal suo letto un asse che soleva infi-
lare sotto le lenzuola per penitenza.

4.7 Page 37

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- Ma son cose da farsi? - lamentò Don Durando quando
- egli bussò per ritirarlo - Lo sa Don Bosco?
- È mica niente sai! si scusò Don Rua -. Non lo faccio
mica sempre...
L'avvenimento che fece epoca fu la gran passeggiata di tutto
il collegio da Mirabello a Torino, il 25 aprile del 1865 per la posa
delia pietra angolare del Santuario di Maria Ausiliatrice. Uno di
quegli allievi, divenuto più tardi Vicario Generale della diocesi di
Gasale, ne lasciò memoria: - La sera che Don Rua ce l'annun-
ciò, noi fummo per andare in delirio... Si andò e si ritornò in un
giorno; ma la nostra gioia.. dura tutt'ora (Can. Luigi Calcagno).
I1 collegio si riempì oltre i duecento. Non tutti si lasciavano
guadagnare dalle affettuose cure del direttore e dalla pazienza dei
suoi collaboratori. Qualcuno fu dovuto espellere. Ma anche questi
conservarono in cuore un buon ricordo. Don Francesia, recandosi
nel 1909 a dare esami in un Istituto dell'alto Monferrato, incon-
trò un exallievo di Mirabello che, con le lagrime agli occhi, lo
pregò di chiedere ancora scusa a Don Rua delie sue resistenze al-
le sollecitudini del buon direttore: « Quanto amareggiai il suo
cuore paterno!... Ero giovane, sì, ma sapevo quel che facevo. Mi
tollerò più che non avrebbe fatto mio padre e usò le preghiere
che non seppe farmi mia madre. E tuttavia mi feci cacciare. Ricor-
do quella mattina: volevo comparire indifferente, sfrontato.... ma
poi versai qualche lagrima. Mi volle benedire... da quel giorno
passarono tanti anni. Tornai presto sul buon sentiero, cercai di ri-
parare il mal fatto. Sono riuscito a consolare gli ultimi anni di
mia madre, tornai cristiano, praticante, andai ai sacramenti, tirai
su figli e figlie e m i studio di farli cristiani. Aiuto come posso il
mio parroco... Lo dica a Don Rua e lo assicuri che sono tornato
veramente cristiano... ».
Fu una delle ultime consolazioni di Don Rua, il quale escla-
mò: - Come ti ringrazio della buona notizia. Dimentico volentie-
ri tutto e vedo proprio che non si ha mai da diffidare deUa miseri-
cordia di Dio (8).
Restano varie lettere di Don Bosco del 1864-65 che conferma-
no la continuità dei rapporti di paterna assistenza alia casa di Mi-
rabello, mentre apriva un vero collegio per studenti di media bor-
ghesia a Lauzo Torinese nel 1864.

4.8 Page 38

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Con l'aiuto del Gen. Conte Radicati, Don Rua riuscì a salvare,
di fronte ad esigenze del Provveditore agli studi, il carattere di
Seminario alla sua casa approvata canonicamente dal Vescovo per
supplire alla chiusura del seminario diocesano requisito per uso
militare. Don Bosco fu assai contento del come condusse le prati-
che. Lo consigliò a chiudere le nuove accettazioni per l'anno scola-
stico 1864-65 alla 150' domanda, o meglio al numero che consen-
tisse di aver poi una media tra i 150 e 200 allievi lungo l'anno, e
ad esigere la modica retta da chi potesse pagare. Fra il personale
pel collegio di Lanzo aveva incluso anche Don Francesco Provera,
mirabellese, ed ottenne che fosse ordinato sacerdote dal Vescovo
di Casale, essendo morto in esilio i'Arcivescovo di Torino e vacan-
te la sede metropolitana. Disponendosi ad andare ad assistere al-
l'ordinazione, con lettera del 19 dicembre invitò Don Rua a Casa-
le e lo pregò di fare un particolare saluto ed una carezza da parte
sua all'ordinando. Affettuosissima anche la lettera ai giovani del
30 dicembre in ringraziamento agli auguri natalizi. Vi si sente an-
cora la commozione per le accoglienze fattegli nell'occasione deUa
sua visita e la tenerezza del suo metodo educativo. Stralciamo
qualche periodo:
« ... Quelle voci, quegli ewiva, quel baciare e stringere la mano, quel
sorriso cordiale, quel padarci dell'anima, quell'incoraggiarci reciprocamenre
al bene... mi imbalsamarono il cuore e per poco non ci posso pensare senza
sentirmi commosso fino alle lagiime. Quindi col mio pensiero vengo spesso
fra voi e godo nel vedere il bel numero che con frequenza si accosta aUa
santa comunione; ma se loro non wlessi troppo bene, vorrei fare una solen-
ne parrucca a,..
Vi dirò che voi siete la pupilla dell'occhio mio e che ogni giorno mi
ricordo di voi nella santa Messa, dimando a Dio che vi conservi in sanità,
in grazia sua, vi faccia progredire nella scienza, che possiate essere la conso-
lazione dei vostri parenti e la delizia di Don Bosco che tanto vi ama.
Ma per sirema che cosa vi darà Don Bosco? Tre cose importanti: un
avviso, un consiglio ed un mezzo. Un amiso: fuggite, o miei cari, ogni
peccato deU'immodestia; le opere, pensieri e sguardi, desideri, parole, di-
scorsi opposti sesto comandamento abbiano nemmeno, come dice San
Paolo, ad essere nominati fra voi. Un consiglio: custodite con la massima
gelosia la bella, la sublime, la regina delle virtù, la santa virtù della purità.
Un mezzo: mezzo &cacissimo per atterrare e vincere con sicurezza i1 ne-
mico e assicurarvi di conservare questa virtù, è la frequente Comunione, ma
fatta con le debite disposizioni. Qui vorrei dimi più cose che non comporta
una lettera; mi raccomando soltanto a Don Rua che faccia il piacere di

4.9 Page 39

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farvi non meno di tre brevi istruzioni o considerazioni sopra a ciascuno dei
sopramentovati argomenti... I o vi porto un grande affetto e desidero molto
di vedervi... I o voglio che voi tutti mi diate il vostro cuore aifinché ogni
giorno Io possa offrice a Gesù nel SS. Sacramento mentre dico la santa
Messa; io verrò a vedervi con grande desidaio di parlare a ciascuno deile
cose deli'anima e dirò a ciascuno tre cose, una sui passato, una sul pre-
sente e la tema sull'awenire ... » (30-XII-1864).
Notevole la lettera deII'11 maggio 1865:
« Car.mo Don Rua, ho bisogno di duemila franchi pcr lunedì: sareti
tu capace, se non dadi, almeno imprestarli al povero papà? Se non puoi tu,
non notresti anche raccomandarti
babbo di Don Provera)...
a
mio
nome
al
caro .pa.
Provera?
(il
Se Neirotti (un aspirante che amava fumare, uscir di casa e vivere a
capriccio) non rinuncia alla fuma (pipa), alhscita e non si sottomette in
tutto aUe regole del piccolo seminario, mandalo a Torino e te ne manderò
tosto un altro...
Non avendo un insegnante di aritmetica, Don Rua stava per
addossarsi anche questo incarico nel ginnasio. E Don Bosco:
«... fa' pure, ma bada alla tua sanità e se ti accorgi di soffrirne anche
poco, ti obbliga di desistere immediatamente. Mio caro Don Rua, il Signore
ci vuoi mettere alla prova: ho molto bisogno che tu preghi e faccia pre-
gare i tuoi giovanetti per me... D.
: Seguono notizie di Don Alasonatti e di Don Ruffino, primo di-
rettore del collegio di Lanzo, in pericolo di vita; di Don Provera
che si trascinò più a lungo ma soffrendo assai. Gliene riscrisse in
luglio, scusandosi di non poter fare la visita promessa ai giovani
e mandandogli un altro confratello ammalato, Don Bongiovanni,
perché se ne prendesse cura.
I1 9 agosto finalmente annunciò la sua visita col proposito di
ricondurgli Don Provera e di caricarsi lui sulle spalle per riportar-
selo a Torino.
Ma neppur questa volta poté mantener la promessa. Don Pro-
'vera arrivò da solo e disse a Don Rua: - Don Bosco ti aspetta a
Torino.
Don Rua prese il suo Breviario e partì, lasciando la mamma a
Mirabello a continuare i suoi servizi di cucina e di guardaroba,
mentre diveniva direttore Don Bonetti, si mutava il resto del per-
sonale ed i1 Piccolo Seminario fioriva a Mirabello h o al 1870

4.10 Page 40

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quando Don Bosco lo trasferì in miglior sede a Borgo San Marti-
no. Allora anche la mamma tornò a Torino e vi rimase iinché morì,
nel 1876.
Prefetto Generale della Società Salesiana
Veramente il titolo ufficiale non gli fu dato che il 29 ottobre
1865, dopo il pio transito del primo Prefetto Don Vittorio Alaso-
natti, che si era spento santamente a Lanzo Torinese il giorno 7,
festa liturgica della Madonna del Rosario. Ma Don Bosco l'aveva
chiamato a Torino per questo servizio e gli aveva subito assegna-
to la modesta stanzetta da lui occupata.
E siccome le case salesiane nel 1865 si riducevano a tre (Ora-
torio San Francesco di Sales in Valdocco, da cui dipendevano an-
che gli altri tre Oratori cittadini, Piccolo Seminario San Carlo a
Mirabello Monferrato e Collegio San Filippo Neri a Lanzo Torine-
se) a Don Rua incombeva praticamente e soprattutto la cura disci-
plinare ed amministrativa della casa di Torino, più la sovrainten-
denza dell'oratorio festivo San Luigi aperto nel 1847, di quello
di Vanchiglia assunto nel 1849 e di quello di San Giuseppe accet-
tato nel 1863 dal fondatore Cav. Occelletti, che l'aveva fatto fun-
zionare personalmente come poteva &o allora.
Per mantenere l'unità di spirito, di direzione e di amministra-
zione, Don Bosco proprio nel gennaio del 1865 aveva iniziato con-
ferenze annuali coi rispettivi direttori verso la festa di San France-
sco di Sales e in autunno prima della ripresa dell'anno scolastico
professionale, invitando anche Don Domenico Pestarino da Mor-
nese (dioc. di Acqui) dove si stava costruendo un collegio maschi-
le che fu poi destinato a prima sede dell'Istituto delle Figlie di
Maria Ausilauice pel 1871-72 fino al 1878-79, quando la Casa
Generalizia fu meglio sistemata a N i z a Monferrato.
La Pia Società Salesiana contava un'ottantina di soci, di cui
undici sacerdoti. Aveva ottenuto il decreto di lode dalla Santa
Sede nel 1864 e i primi Salesiani professi triennali si preparavano
ai voti perpetui.
Momento delicatissimo in cui la funzione di Don Rua doveva
assicurare la soda formazione del personale ed il fervore dell'os-
servanza nelle singole case e specialmente in quella di Torino-Val-
docco.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Inoltre Don Bosco era scosso in salute e duramente provato
anche per la morte di Don Domenico R u h o , primo direttore del
collegio di Lanzo e di Don Alasonatti, primo Prefetto della Con-
gregazione.
Era poi già in corso la costruzione del tempio di Maria Ausi-
liatrice e premevano richieste di altre fondazioni. Si sentiva tra i
confratelli il bisogno di un uomo abile e di polso; e chi conosce-
va Don Rua sperava di veder subito varie migliorie all'andamento
bonario di quei tempi.
Ma Don Rua, finché visse Don Alasonatti non volle permetter-
si di cambiar nulla. Dopo si fece scrupolo di stare alle direttive
di Don Bosco. Gli impazienti provarono naturalmente qualche de-
lusione; ma dovettero riconoscere che, anche tollerando qualche
imperfezione, era la via più saggia per rispetto al superiore mag-
giore, e la più prudente mentre fervevano in Italia movimenti so-
ciali e politici problematici nel programma della unificazione na-
zionale e fremevano sentimenti ostili alla Chiesa ed alle famiglie
religiose, anzi perfino alle opere pie, di cui si stava liquidando
l'incameramento dei beni e la soppressione con la legale dispersio-
ne di tutti i religiosi.
I giovani interni ed esterni della Casa di Valdocco, detta allo-
ra « Casa Maggiore », artigiani e studenti, con gli esterni dell'ora-
torio festivo locale, superavano i settecento. Il corso ginnasiale e
le scuole professionali coi rispettivi laboratori e la prima libreria
funzionavano già in sede con tutte le relative esigenze. La convi-
venza dei novizi, mimetizzati col titolo di Ascritti D, imponeva
tatto e moderazione nel reggimentarli a forma canonica in piena
bufera anticlericale.
Don Rua si rendeva conto di tutto. E, mentre divideva con
Don Bosco il sacro ministero, la predicazione, le confessioni in
casa e fuori, la diffusione della buona stampa, l'edizione delle
<< Letture Cattoliche », il disbrigo deila corrispondenza che cresce-
va a dismisura, le pratiche canoniche e civili, scolastiche e ammi-
nistrative, faceva con senno e discrezione la parte sua propria sia
per la manutenzione della casa sempre ingolfata di debiti, trattan-
do personalmente con fornitori, creditori, inservienti, operai, alun-
ni e parenti, sia accudendo agli impegni religiosi, alla formazione
spirituale degli ascritti e dei confratelli, ai rapporti coi benefatto-

5.2 Page 42

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ri, con le autorità ecclesiastiche e civili, scolastiche e militari, ecc.
nell'andamento normale e in casi di emergenza.
Dal primo giorno dei nuovi servizi la vita di Don Rua par-
ve un miracolo, sotto un cumulo di lavoro che a Don Bosco
stesso fece esclamare in un momento di contestazione dell'eccessi-
vo lavoro dei salesiani: Chi si potrebbe quasi chiamar vittima
del lavoro sarebbe Don Rua... Ebbene, noi vediamo che il Signo-
re finora (dieci anni dopo, nel 1876) ce l'ha conservato abbastan-
za in forze 8. Vedremo davvero piii oltre anche un prodigio.
Sano di costituzione, ma segaligno e magro da sembrar solo pel-
le ed ossa, talora diafano, poté sostenere l'aumento e l'aggravi0
di tante responsabilità immani per quasi quarantacinque anni, ven-
titrè con Don Bosco, quasi ventidue come successore.
Due furono le affermazioni decisive della Società Salesiana nel
1865: le professioni perpetue e la prima laurea alla Regia Univer-
sità di Torino. Il primo a legarsi a Dio per tutta la vita coi voti
perpetui fu un novizio che finiva allora l'anno di noviziato ed era
nominato direttore del Collegio di Lanzo Torinese, il Sac. Giovan-
ni Battista Lemoyne, attratto da Mornese all'oratorio dallo stesso
Don Bosco Panno precedente, durante una di quelle passeggiate
autunnali che passarono alla storia quasi leggendarie. Era stato
ordinato sacerdote nel 1862 nella sua diocesi di Genova, ma si
sentì presto attratto alla vita religiosa e vide nella Società Salesia-
na quella che faceva per lui. Emise subito i voti perpetui, il 10
novembre 1865; dopo oltre un decennio di direzione del Collegio
di Lanzo, ebbe la direzione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, assi-
stette la fondatrice Santa Maria Domenica Mazzarello nel suo
transito al Cielo, il 14 maggio del 1881 a Nizza Monferrato, e fu
chiamato a Torino nel 1884 come segretario particolare del Iion-
datore e direttore del << Bollettino Salesiano P, poi Segretario del
Capitolo o Consiglio Superiore. Tenne quest'uhimo ufficio per tut-
to il rettorato di Don Rua e parte di quello di Don Albera, men-
tre curava la raccolta delle Memorie Biografiche di Don Bosco
e la pubblicazione fino al nono volume completo.
11 15 novembre fu la volta di Don Rua con Don Cagliero,
Don Francesia, Don Bonetti Giovanni, Don Ghivarello, i chierici
Bonetti Enrico e Racca Pietro, i laici coadiutori Gaia Giuseppe e
Rossi Domenica (9).

5.3 Page 43

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Don Francesia riportò la prima laurea in Lettere, come si dice-
va allora, il 10 dicembre, mentre il ch. Albera Paolo otteneva l'a-
biiitazione all'insegnamento nel ginnasio inferiore.
A fianco di Don Bosco
A fianco di Don Bosco, Don Rua ne godeva meritatamente,
più che la fiducia, la piena affettuosa confidenza, mentre ne condi-
videva con tanta abnegazione e dedizione la responsabilità genera-
le. Giorno per giorno egli toccava con mano il soprannaturale che
fin d'allora era naturale nella vita del fondatore. Sicché anche nel
quotidiano assillo delle spese, l'incalzare delle ansie, degli oneri,
dei grattacapi e delle preoccupazioni, si abituò a confidare nella
Provvidenza. Don Bosco si industriava a mandare avanti le sue
opere, a provvedere pane, lavoro, istruzione e sistemazione a tan-
ti giovani, ricorrendo ad autorità e benefattori, allestendo lotte-
rie, mendicando personalmente di porta i n porta; ma non bastava
mai per tante bocche e per tante esigenze edilizie, scolastiche, pro-
fessionali, caritative, aila crescita del personale ed alla sua forma-
zione religiosa, culturale, scientifica, filosofica e teologica, alle spe-
cialinazioni, titoli e lauree, al pagamento delle imposte, aUe pub-
blicazioni, alle nuove fondazioni... Giorno per giorno, quanto en-
trava, tanto usciva; e rimanevano sempre debiti su debiti. Ma,
quando la situazione sembrava disperata e i creditori minacciava-
no di non dare neppur più il pane, arrivava la Provvidenza anche
per vie straordinarie e misteriose. Don Rua faceva la massima eco-
nomia e vigilava perché tutti badassero a non sprecar nulla. Rac-
coglieva perfino i pezzi di pane che i ragazzi lasciavano cadere per
terra o qualche sventato, sazio, gettava tra i rifiuti.
Per diversi anni continuò a portarseli in refettorio ed a consu-
marli ripulendoli come poteva nascostamente. Ma altri non tarda-
rono ad accorgersene e lo imitarono costituendo quasi una specie di
associazione che in buon Piemontese chiamavasi la « Cempagnia
di t6cc >> (dei pezzi).
Dagli abiti ed indumenti, alla stanzetta che gli serviva da uf-
ficio, viveva la povertà religiosa fino all'estremo; ma sempre puli-
to ed ordinato. La prima mantellia con cui si riparò dal freddo
fu quella di Don Bosco già consunta fino a perdere il colore.

5.4 Page 44

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Non un mobile oltre lo stretto necessario, nessun ornamento,
niente di superfluo, utilizzava anche i minimi ritagli di carta. Spes-
so si imponeva vere e proprie penitenze che obbligavano Don Bo-
sco ad intervenire per impedire che si accorciasse ia vita. Di stufe
neppur si parlava ancora a Valdocco...
Esemplare in tutto, dalle pratiche di pietà al compimento del
dovere, alla osservanza delle regole che, pur non essendo ancora
approvate dalla Santa Sede, dovevano ben cominciare a distingue-
re i salesiani e ad edificare la comunità, Don Rua incarnava l'idea-
le religioso che arrideva al Fondatore.
Fra i primi ad alzarsi al mattino, era l'ultimo a prendere ripo-
so fa sera. Mai che ne prendesse durante il giorno. Sempre sulla
breccia, dalle quattro fin verso le ventiquattro quasi ogni giorno.
Le ore di sollievo erano quelle che passava in chiesa per le prati-
che di comunità o per le rapide visite al SS. Sacramento o pel
sacro ministero Quando tutti andavano a letto, egli faceva ancora
un giro per la casa, assicurandosi che tutto fosse a posto, mentre
recitava l'intera corona del rosario; sostava i n h e ai piedi di
Gesù Sacramentato, trattenendosi spesso a lungo prima di chiude-
re la cappella di cui teneva la chiave.
Nulla sfuggiva al suo occhio vigile, al suo cuore ansioso di
risparmiare a Don Bosco preoccupazioni e dispiaceri dove poteva.
Si addossava lui anche le parti odiose per la buona disciplina del-
la casa sia coi confratelli sia coi giovani dove non bastassero i
loro superiori diretti.
Talvolta qualche confratello stentava ad adattarsi; ma egli,
senza mai alzare la voce o dire una parola più del necessario, non
veniva meno al suo dovere, faceva notare che non chiedeva se
non I'osservanza delle Regole e non aveva altro desiderio che il
buon andamento della casa ed il bene delle anime, la consolazione
di Don Bosco. Uno, un giorno, gli fece osservare che non era più
un novellino da essere chiamato a ricevere un'osservazione. Don
Rua incassò umilmente, senza dir verbo. Anzi, poco tempo dopo,
si mosse lui dal suo ufiicio per andare a chiedere all'altro un servi-
zio che era di sua competenza. Ma lo fece con tanta modestia e
tanta amabihtà, che l'altro lo pregò di non disturbarsi più in quel
modo, ma di chiamarlo liberamente quando credesse.
Aveva a sua disposizione qualche segretario che in una stanza

5.5 Page 45

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attigua sbrigava corrispondenza e pratiche man mano che Don Rua
gliele passava; ma, per lo più, confratelli avventizi in sosta tempo-
ranea nella Casa Madre o di passaggio. Egli ne approfittava per
addestrarli a rendersi utili pei servizi di segreteria e di ammitii-
straziane anche nelle altre case, studiandone le attitudini e dando
loro istruzioni adeguate a voce o per iscritto. Giunse a compilare,
poco alla volta, preziosi manualetti di contabilità, di amministra-
zione, di norme pratiche per le cure domestiche di scuole e labora-
tori, di sagrestia, di cucina, di dispense, guardaroba e pulizia,
manutenzione generale e dei singoli ambienti. Venne così forman-
do ottimi prefetti, economi, provveditori, esperti in affari conten-
ziosi, in pratiche legali, ecc. valorizzando anche elementi difficili o
di scarto, caratteri originali, temperamenti esuberanti o scontrosi,
che finivano per collaborare volentieri anche in équipes, come si
dice ora.
La pazienza che dovette esercitare, le umiliazioni, i sacrifici
che dovette sostenere in quest'opera di dirozzamento, di formazio-
ne, di abilitazione, di coordinamento e di affiatamento, solo Dio li
conosce. Alle risposte irriflessive, grossolane, nervose, tutt'altro
che infrequenti, egli opponeva sempre un amabile sorriso quasi di
scusa che faceva capire la ragionevolezza di quanto chiedeva e, al-
l'occorrenza, esigeva, ammansando e conciliando.
Con tali aiutanti egli iniziava il lavoro quotidiano recitando de-
votamente le preghiere d'uso e lo concludeva o lo interrompeva
quando la campana chiamasse ad altri doveri comunitari. I l suo
contegno in queste brevi orazioni bastava a favorire la vita inte-
riore, l'unione con Dio, quando non vi inseriva qualche brano di
lettura spirituale appropriata.
Così scorrevano ordinariamente le giornate una dopo I'altra
nella monotonia e nell'assillo del quotidiano martirio dei doveri
d'ufficio, tra la ressa del personale e dei giovani, dei parenti e
degli esterni, dei funzionari e dei fornitori, dei creditori e dei
benefattori, dei poveri e dei bisognosi. Sempre pronto alle sorpre-
se, disponibile a tutte le richieste, a tutti i grattacapi, senza
alterarsi, senza perdere la calma neppur con gli indiscreti anche
quando i poveri nervi erano a pezzi, umanamente al limite di o-
gni resistenza. Unico monito, la sua serietà quando doveva cedere
a qualche pretesa irragionevole, per salvare la pace in casa. Allora

5.6 Page 46

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pesava di meno un no di Don Bosco che un sì di Don Rua; per-
ché faceva coscienza della responsabilità che si assumeva chi gli
strappava l'assenso.
Con Don Rua in casa, si direbbe oggi, tutto filava. Non gli
sfuggiva nulla, seguiva tutto. Non ne risparmiava una. Sempre ir-
reprensibile egli stesso, poteva esigere che anche gli altri facesse-
ro ognuno la propria parte. Amabilmente, ma senza indulgere a
debolezze o parzialità. Se bastava uno sguardo, era uno sguardo,
un cenno; del resto egli coglieva anche il tempo di ricreazione:
usciva di refettorio con una strisciolina di carta arrotolata a un
dito, su cui aveva appuntato i nomi, ed uno dopo l'altro tutti
richiamava al proprio dovere. L'onere della correzione è certo fra
i più ingrati al cuore di un superiore. E quanti vi si sottraggono per
timore d i perdere la popolarità!...
Il Card. Schuster, arcivescovo di Milano, non esitava a scrive-
re nel suo studio sulla << Regale naonasterouum » che la maggior
colpa della decadenza nella vita religiosa grava sui superiori che,
per amore di popolarità, scansano le correzioni e lasciano andar le
cose a modo loro.
Per temperamento e per coscienza Don Rua tendeva ad essere
piuttosto rigoroso; e per quanto Don Bosco gli raccomandasse di
farsi amare, stentava a sacrificare la buona disciplina per farsi vo-
ler bene. Ma quanti cuori si venne cattivando, appena questi capi-
vano quanto gli costasse fare la parte più ingrata del suo dovere!
Era il segno più eloquente della sua santità.
Coi creditori, purtroppo, non bastavano sempre le sue belle
maniere. E Don Rua passava spesso dei brutti momenti, perché
era sempre lui allo sbaraglio.
Ma Don Bosco esigeva anche da lui una fiducia illimitata nel-
la divina Provvidenza. Abbiamo le sue testimonianze: << quando
mi presentavo a lui infastidito dalla moltitudine dei debiti da pa-
garsi, egli, senza conturbarsi menomamente, mi diceva sorriden-
do: - Ah, uomo di poca fede! Sta' tranquillo che il Signore ci
aiuterà ».
Aveva stabilito per regola: << Vivendo noi di Provvidenza quo-
tidiana, la nostra Pia Società non possiederà mai redditi o beni
stabili, eccetto i collegi e le loro adiacenze. Se qualche benefatto-
re ci iascierà qualche proprietà, sarà al più presto venduta ed i1

5.7 Page 47

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prezzo sarà impiegato in opere di beneficienza... ». E quanto otte-
neva dai benefattori o entrava comunque in cassa, voleva che
- giornalmente fosse speso per i bisogni quotidiani e per pagare
quella parte che si poteva dei debiti, dicendo: Ai bisogni futu-
ri penserà Iddio; noi dobbiamo pensare al presente.
C'è un dialogo perfino un po' concitato nel vol. XIV:
- Senti, Don Rua - gli disse Don Bosco una sera in presen-
za di Don Lemoyne, Don Barberis e di altri - tutti domandano
denaro e mi dicono che li mandi via a mani vuote.
- Questo avviene per un semplice motivo - rispose Don
Rua - che le casse sono vuote.
- Si vendano quelle cartelle che ci rimangono e così si farà
fronte ai bisogni più pressanti.
- Qualcuna si è già venduta; ma vendere ancora quel poco
non mi sembra conveniente, perché di giorno in giorno capitano
casi gravi e impreveduti e non avremo poi un soldo da poterne
disporre.
- E pazienza! I1 Signore allora provvederà; ma intanto sod-
disfacciamo a quei debiti che sono più pressanti.
- Su quel poco denaro che tengo ho già fatto i miei conti.
Lo raduno per pagare fra quindici giorni un debito di ventottomi-
la lire che scade; per questo da alcuni giorni tutto il danaro che
- arriva lo metto in serbo per quella scadenza.
- Ma no! - protestò Don Bosco questa è una follia!...
lasciare insoluti i debiti che possiamo pagare oggi, per mettere da
parte la somma che si deve pagare da qui a quindici giorni ..
- Ma per i debiti di oggi si possono differire i pagamenti;
allora invece come faremo, trattandosi di una somma così grossa?
- Allora il Signore provvederà. Incominciamo a disfarci oggi
di quanto dobbiamo... È un chiudere la via alla Divina Provviden-
za il voler mettere in serbo danaro per i bisogni futuri.
- Ma la prudenza suggerisce di pensare all'avvenire. Non ab-
biamo visto in altre occasioni simili fra quali impacci noi ci siamo
trovati? Fummo costretti a fare un secondo debito per pagare il
primo. E questa è la via che mena dritto al fallimento...
Umanamente parlando Don Rua aveva ragione. Ma, datelo ad
intendere ai Santi!... Essi se la intendono con Dio. E Don Bosco
tenne duro:

5.8 Page 48

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- Ascolta, Don Rua: se vuoi che la Divina Provvidenza si
prenda cura diretta di noi, va' nella tua camera, domani metti
fuori quanto hai: si soddisfino tutti queiii che si possono soddisfa-
re, e ciò che accadrà in seguito lasciamolo nelle mani del Signore.
Poi, volgendosi ai presenti, concluse: - Non mi è possi-
bile trovare un economo che mi secondi, che sappia cioè confidare
in modo illimitato nella Divina Provvidenza e non cerchi di am-
massare qualche cosa per provvedere ai futuro. I o temo che se
noi ci troviamo così allo stretto di finanze, sia perché si vogliono
fare troppi calcoli. Quando in queste cose entra l'uomo, Dio si
ritira (10).
Don Rua non aggiunse parola. Si d r e t t ò a fare quanto Don
Bosco desiderava. Aveva visto tante meraviglie fin da fanciullo!
Negli anni poi della costruzione del tempio di Maria Ausiliatrice,
a cui siamo arrivati con la nostra storia, se non proprio di ogni
giorno, eran cose di tutte le settimane.
I1 16 novembre - per raccontarne una - si dovevano paga-
re quattromila lire pei lavori in corso. Con un buon coadiutore
Don Rua, nella mattinata, bussando a varie porte, era riuscito a
metterne insieme circa un migliaio.
- Coraggio! - gli disse Don Bosco a mezzogiorno -. A tut-
to v'è rimedio: dopo desinare, andrò io a cercare il resto.
Ma non sapeva neppur lui dove andare. Ed ecco, attraversata
quasi tutta la Torino d'allora, nei pressi di Porta. Nuova, farglisi
incontro il domestico di un signore gravemente infermo, chieder-
gli se per caso egli fosse Don Bosco, e pregarlo di andar subito al
palazzo. L'infermo era disposto a tutto, pur di guarire. E Don Bo-
sco: - Ma io hobisogno di tremila lire per:questa sera... Perché
non andar subito alla banca?...
- Uscire io?... Ma non vede?... Impossibile!
- Impossibile a noi, ma non a Dio onnipotente... Orsù, dia
gloria a Dio ed a Maria Liusiliatrice. Mettiamoci alla prova...
Una breve ma fervida preghiera, la benedizione con l'invoca-
ziotie della Madonna e... l'idropico si libera, si veste, prende la
vettura, va alla banca e ritorna con le tremila lire... (11).
Di simili prodigi le Memorie Biografiche >> offrono abbou-
danti documenti. E se, alla sua morte, Don Bosco lasciò forti
debiti, come vedremo, Don Rna morendo non ne lasciò neppnr

5.9 Page 49

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uno. I1 Signore seppe premiare la fiducia illimitata di Don Bosco
e la previdente abilità amministrativa del suo successore.
Ai tempi di Don Bosco e di Don Rua non si parlava di « socie-
del benessere D, né di << tempo libero D. I capitali, non ancora
nazionalizzati, non si giocavano a milioni di miliardi: anche gli
abbienti economizzavano...
Fra i popoli civili, la maggior parte risparmiava i soldi e perfino
i centesimi, che oggi sono scomparsi dalla circolazione.
Si viveva più poveramente, si tesoreggiava il tempo ed il lavo-
ro, si economizzava in tuno: si costruiva sudando ed amministran-
do onestamente.
Don Rua, aUa scuola di Don Bosco, sapeva distinguere i veri
valori della vita, aveva retta coscienza del dovere, amava io stu-
dio ed il lavoro, non perdeva un minuto di tempo, non sciupava
un pennino, un foglio di carta, non si concedeva né svaghi, né
vacanze: dal mattino alla sera era sempre a servizio di tutti. Si
sosteneva fisicamente col puro necessario del nutrimento comune,
del riposo dei grandi lavoratori; spiritualmente con la preghiera e
l'unione con Dio. Cominciava con la meditazione di primo matti-
no, raccogliendo la mente su << forti pensieri » che coltivava poi
lungo il giorno.
Riflessivo per natura e sensibilissimo alle ispirazioni celesti,
appassionato alla Sacra Scrittura ed allo studio dei Padri e Dotto-
ri deUa Chiesa, si sentiva portato all'ascetica piu austera, all'auto-
disciplina, al progresso spirituale.
Da fanciullo aveva preso orrore al peccato anche veniale deli-
berato. La sua bell'anima, dall'imocenza alla purezza ed alla casti-
tà verginale, era cresciuta in un'atmosfera di cmdore che era il
clima dei bei tempi del primo Oratorio, descritto dal Can. Balle-
sio, nel 1888 di fronte ad una massa di exallievi testimoni viven-
ti, con queste parole: << L'anima della nostra vita nell'oratorio, il
freno al male, l'incitamento al bene, la giocondità, la bellezza, l'or-
dine della casa, la nostra riuscita nello studio e nel lavoro, tutto
nasceva dalla pietà razionale, intima e fervorosa che Don Bosco
sapeva infonderci col suo esempio, con le prediche, la frequenza
dei Sacramenti, a quei tempi quasi nuova, e coi suoi discorsi, con
certi racconti vivi ed edificanti, con certe parole, cenni, sguardi
che dissipava20 le tenebre, le ansietà di spirito, inondavano di

5.10 Page 50

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gioia ed infervoravano all'amore della virtù, del sacrificio e della
obbedienza... Centinaia di giovani, studenti ed operai, compivano
con ardore ed esattezza i loro doveri! Ed un bel numero di loro
non solo erano buoni, ma ottimi, ma veri modelli di pietà, di
studio, di dolcezza, di mortificazione, guida amorevolissima, esem-
pio fulgidissimo ed e&cace. Giovani che non avrebbero commesso
un peccato veniale volontario per tutto l'oro del mondo, giovani
di una divozione così soda e tenera' che aveva veramente dello
straordinario. Com'era bello vederli in chiesa, rapiti in un'estasi
beata, celeste! Quante volte il patrizio della città conduceva i
suoi figli all'oratorio a specchiarsi nei figli del popolo, divenuti
inconsapevolmente nobili e grandi per la loro pietà. Eran questi i
" carissimi " di Don Bosco, e, pieni del suo spirito, lo aiutavano
potentemente... (12).
La discrezione di Don Bosco nelle pratiche di pietà in comn-
ne aveva portato i salesiani a far gli esercizi spirituali annuali in-
sieme ai giovani e secondo il loro programma fino al 1865. Nel
1866, approfittando di una casetta lasciatagli in eredità da un be-
nefico sacerdote nei pressi di Trofarello ad una quindicina di chi-
lometri da Torino, Don Bosco avviò corsi estivi solo pei salesiani,
tre giorni interi senza silenzio obbligatorio. Di anno in anno li
andò perfezionando &no alle esigenze canoniche delle famiglie reli-
giose, trasferendo la sede nel collegio di Lanzo Torinese dal 1870.
Spesso si associava Don Rua come predicatore delle meditazioni,
poi si iaceva sostituire da lui per le istruzioni. E Don Rua vi si
preparava accuratamente, con soddisfazione generale. Lo stesso an-
no 1866 Don Rua aveva dovuto sostituire Don Bosco anche nella
presidenza deUe conferenze di gennaio coi direttori, perché Don
Bosco era stato chiamato a Borgo Cornalese per la morte del Con-
te Rodolfo De Maistre.
Ascoltata la relazione di Don Bonetti sul Piccolo Seminario di
Mirabello e di Don Lemoyne sul Collegio di Lanzo, concluse le
conferenze raccomandando l'unità di spirito nella direzione, nel-
I'amministrazione, nell'esercizio della carità fraterna e nella vita
comune, insistendo sulla cura particolare della castità che qualifi-
« gloria e corona » dei salesiani ( l ? ) .
Le sue parole furono assai.gradite-perché egli, con la sua per-
sonalità, axreva un ascendente straordinario. Asceticarnente impresi

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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sionava e si imponeva, senza volerlo, più di -Don Bosco. Viveva in
tale tensione spirituale, che traspariva in lui il senso deiia presen-
za di Dio e della coscienza del servizio di Dio anche nel rendere
quelli materiali al prossimo.
All'altare si concentrava nella celebrazione della Santa Messa
e nelle altre funzioni liturgiche che appariva proprio «in persona
Chvirti 8: sacerdote dell'altissimo, ministro di Cristo e dispensato-
re dei suoi misteri (Gen. XIV,18 - 1 Cor. I V , l ) .
Era ricercato per le confessioni e suppliva Don Bosco quan-
do occorreva tra i codrateili. Però Don Bosco, più bonario, non
dava soggezione; Don Rna da principio, talvolta ne dava. Tanto
che un giorno Don Bosco studiò il modo di impegnarlo pnbblica-
mente a rendersi pik amabile nel sacro ministero.
- Stanotte ho sognato - raccontò nel sermoncino serale -
che mi trovavo in sagrestia col desiderio di riconciliarmi per mez-
zo deUa confessione. Vidi in un inginocchiatoio Don Rua, e quasi
non osavo avvicinarmi, perché lo temevo troppo rigoroso...
Salesiani e giovani diedero in una risata. I più vicini si volse-
ro a Don Rua:
- Ma bravo! Ma bene! Far paura perfino a Don Bosco...
Sorrise anche lui; ma diede tanta importanza d a celia di Don
Bosco, che divenne amorevolissimo anche in confessionale. Lo stes-
so Don Francesia, presente alla scena, racconta di un confratello
- anziano che, alla vigilia di un lungo viaggio del fondatore, gli chie-
se: Ora lei parte ed a chi mi dovrò confessare?
- Tu verrai qui come sei solito fare... e troverai Don Bosco.
Vieni senza paura, perché io vado e... resto.
Al suo posto trovò Don Rua, e si sentì a suo agio, come con
Don Bosco. Dal canto suo, Don Rua, morto Don Bosco, prese a
confessarsi da Don Francesia, generalmente ogni venerdì. Spesso
succedeva che in tutta la giornata egli non trovasse un minuto
libero per recarsi al confessionale di Don Francesia, e lo pregava:
- Potresti venire in camera mia dopo le preghiere? È venerdi,
sai! Non ebbi ancor tempo e bisogna che compia il mio dovere.
Don Francesia, gelosissimo del rispetto del silenzio sacro do-
po le orazioni della sera, che Don Bosco non voleva si violasse,
gli obiettava: - Non sarebbe meglio che aspettassi domani
mattina?

6.2 Page 52

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. - Che dici? - riprendeva Don Rua -. No, no! Se non hai
ditticoltà ti aspetto.
Quando si trovava fuori casa, si raccomandava a qualsiasi con-
fessore, pur di rispettare il « suo giorno »: - Che vuoi? È. vener-
dì, e non posso andare a dormire senza fare un po' di bucato...
L'ultimo venerdì della sua vita, parve aver perso l'idea del
tempo. E Don Francesia che lo assisteva: - Caro Don Rua, for-
se non ti ricordi che oggi è venerdì...
- Oh! - rispose sollecito - mi ero proprio scordato. Gra-
zie, grazie che me lo abbia voluto ricordare. Aspetta un momen-
to, e poi mi confesso...
Altri santi, come San Carlo, si confessavano ogni giorno... È.
questione di delicatezza dicoscienza e dei vero senso -di Dio...
... Anche se ti gettassi giù dalla finestra
Sul &ire del 1866 Don Bosco, mentre era a Firenze in cerca
di quattrini per le sue opere e per alcune pratiche coi Ministeri
trasferiti già da Torino, fu invitato dal Presidente del Consi-
glio Barone Bettino Ricasoli a Palazzo Pitti per una missione uf-
ficiosa tra il Governo italiano e la Santa Sede, che si protrasse per
quasi un decennio. Nel gennaio del 1867 riprese il viaggio per
Roma. Ma il suo pensiero anche nei viaggi correva naturalmente
a Torino; e col pensiero la penna... La maggior parte delle lettere
erano indirizzate a Don Rua, il quale dall'autunno precedente era
anche docente di filosofia (Logica-Etica e Metafisica) ai chierici
studenti nell'oratorio (14).
Quante incombenze gli dava in ogni lettera! E quanto si interes-
sava dell'andamento dell'oratorio! E quante confidenze gli faceva!
n ... i nostri &ari (le pratiche per !'approvazione d d a Congregazione,
di cui portava a Roma le regole tradotte in latino) qui vanno bene; spero
dimani poter scrivere una lettera ai nostri cari giovani. Continuate a pregare
pel vostro Don Bosco, che è tutto occupato di voi. Dio ci benedica tutti e ci
aiuti a salvarci l'anima in eterno... ».
I1 13 febbraio lamentava:
«Ma tu non mi dai notizia deii'enuiita né delle uscite dei giovani, se
sani, se ammalati, vivi o morti. Disponi da domenica in quidici che pos-
siamo fare una stupenda festa di San Francesco di Sales... a.

6.3 Page 53

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Contava di tornar presto. Stava completamente tranquillo: era
sicuro di Don Rua; ma viveva col cuore ai giovani. Di quel che
egli faceva a Roma, oltre alle lettere a mano di Don Bosco, resta
un'ampia descrizione nella corrispondenza di Don Francesia che
lo accompagnava, pubblicata più tardi col titolo: e Due mesi con
Don Bosco a Roma b. I1 lavoro di Don Rua era aumentato dall'ac-
celeramento della costruzione del tempio di Maria Ausiliatrice
che giunse alla chiusura della cupola nel settembre del 1867 (15).
Che qualcosa gli potesse sfuggire non deve far meraviglia. Lo
arguiamo da una lettera del 20 agosto in cui Don Bosco da Strevi
gli scrisse:
« ... Di' a Ricciardi (un chierico assistente) che vegli molto la ricrea-
zione degii artigiani alla sera dopo cena. Se non basta esso (sici, se ne ag-
giunga un altro... Saluta tutti che hanno la barba e sono imberbi: di' a
Goffi (capo-calzolaio) che si faccia animo... *.
Ma Mons. Costamagna ricordava che proprio la sera del 3
maggio 1867, mentre tornava dal paese nativo, Caramagna, insie-
me a Don Bosco, questi gli apriva il suo cuore giubilante per le
grazie che il Signore gli faceva, specialmente col dono di tanti
giovani collaboratori ornati di esimie virtù: « Nominava Duran-
do, Francesia, Cagliero, Cerruti, Bonetti, Albera, Ghivarello... ;
giunto a Don Rua, così mi disse: - Guarda, Giacomo, se Dio mi
dicesse: Preparati, che devi morire, e scegli un successore perche
non voglio che l'opera da te incominciata venga meno; chiedi per
questo tuo successore quante grazie, virtù, doni e carismi credi
necessari perché possa disimpegnar bene il suo ufficio, ché io tutti
glieli darò... ti assicuro che non saprei che cosa domandare, per-
ché tutto quanto lo vedo già posseduto da Don Rua » (16).
Don Rua, dal canto suo, continuava a far tesoro d'ogni parola
e di ogni gesto di Don Bosco. Anzi il primo settembre dello stes-
so anno prese, per iscritto, questo altro impegno: << Persuaso di
far cosa che possa ridondare alla maggior gloria di Dio e a vantag-
gio delle anime, e dietro consiglio di persone benevoli all'Orato-
rio, io, Sac. Michele Rua, intraprendo quest'oggi, domenica lo set-
tembre, a raccogliere le memorie che possono riguardar l'Orato-
rio e specialmente il fondatore del medesimo, Sac. Giovanni Bo-

6.4 Page 54

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sco, limitandomi a farne un semplice cenno a guisa di cronista e
non già di storico. Incominciando, dico... » (17). E la sua cronaca
continua interessantissima, fornendo agli storici pagine preziose
che confermano ed integrano, con la evidente loro autorità, quan-
to altri cronisti hanno documentato, arricchendo le fonti di prima
mano di notizie che solo a lui potevano pervenire.
L'ultimazione del tempio, il programma dei festeggiamenti,
l'organizzazione e la preparazione, lo svolgimento con tutti i
particolari della consacrazione e dell'ottavario, accoglienze, ospitali-
tà, cerimonie, funzioni e pellegrinaggi, esaurirono le sue forze. Res-
se fino alla fine; ma in luglio, mentre Don Bosco era fuori Torino
per esercizi spirituali, il fisico crollò. Dovette rimettersi al medico
che riscontrò una violenta peritonite. Piissimo com'era, egli pensò
subito all'anima e chiese il Viatico. Nessuno osò fare opposizione,
perché anche altri medici, chiamati a consulto, lo diedero per di-
sperato. Allora, a testimonianza del dott. Fissore, ne guariva uno
o due su cento nelle condizioni di Don Rua.
Chiese anche il Sacramento degli infermi; ma Don Lazzero lo
persuase ad attendere Don Bosco che non doveva tardare.
Giunse infatti verso sera e i superiori si precipitarono a pre-
garlo che salisse subito da Don Rua che era gravissimo.
Don Bosco, con tutta calma: - State tranquilli, io conosco
Don Rua: egli non partirà senza i1 mio permesso...
E, passato in chiesa, sedette al suo confessionale a confessare
i giovani che i'indomani, giovedì, avrebbero fatto l'esercizio men-
sile della buona morte.
Com'ehhe finito, il segretario Don Berto si accostò per accom-
pagnarlo da Don Rua. Ma egli ancora, calmissimo: - Sì, sì, andre-
mo a vederlo; ma prima lasciatemi andare a cena.
Dopo cena, finalmente, salì alla cameretta di Don Rua, il qua-
le con un fl di voce: - Oh, Don Bosco! - esclamò -. Se que-
sta è la mia ultima ora, me lo dica pure liberamente, perché sono
disposto a tutto.
- O caro Don Rua, - rispose il buon Padre - non voglio
che tu muoia. Hai da aiutarmi ancora in tante cose.
Si trattenne quindi a confortarlo, gli diede la benedizione e,
anguraudogli buona notte, si ritirò anch'egli a riposare. L'indoma-
ni mattina, dopo la celebrazione della Messa, risalì dall'infermo

6.5 Page 55

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presso il quale stava già il prof. Gribaudo che gli fece rilevare
tutta la gravità del caso.
- Sia grave quanto vuole - ripeté Don Bosco -; ma il
mio Don Rua deve guarire perché gli resta ancor tanto da fare.
Visto quindi su un tavolino tutto il necessario per l'ammini-
strazione del Sacramento degli infermi, chiese: - E chi fu quel
bonomo che pensò di portarlo qui?
- Sono io - rispose l'Economo Don Savio -; se avesse vi-
sto come stava male, ieri sera!... faceva paura... I medici stessi...
- Siete proprio gente di poca fede - interruppe Don Bo-
sco. Poi rivolto a Don Rua: - Guarda: se anche ti gettassi giù
dalla hestra, ora non morresti (18).
Difatti, dalla benedizione della sera precedente Don Rua, pus
rimanendo clinicamente grave, aveva preso a migliorare e in po-
chi giorni, sorprendendo gli stessi medici, fu fuori pericolo. L'aria.
pura di Trofarello favori la sua convalescenza ed in settembre e-
gli era già in grado di riprendere le sue ordinarie mansioni, com-
presa la redazione della cronaca. Durante il primo corso degli eser-
cizi spirituali, il 19 settembre del 1868, emetteva i voti perpetui
colui che sarebbe poi stato il successore di Don Rua come Rettor
Maggiore, Don Paolo Albera, da poco ordinato sacerdote; nel se-
condo corso, il ch. Giacomo Costamagna, che sarebbe divenuto il
terzo vescovo salesiano, faceva la professione triennale.
Col nuovo anno scolastico 1868-69, Don Bosco affidava a
Don Rua anche l'insegnamento dellasacra Scrittura ai chierici stu-
denti di teologia.
I1 1869 sarebbe stato l'anno decisivo per l'approvazione della
Congregazione. Don Bosco si era messo in viaggio fin dai primi
di gennaio alla volta di Roma per seguirne le pratiche. Durante-
una sosta, da Firenze, il 14 gennaio inviava a Don Rua una lunga
lettera con un cumulo di commissioni e conchiudeva: « ... Dome-
nica recitate il Rosario, con la santa Comunione secondo l'inten-
zione del cav. Tommaso e contessa Gerolama Uguccioni (che lo
ospitava), che per noi sono due tesori di beneficienza e- di benedi-
zione... Poi prendi il libretto del P. Teppa (Barnabita)"Avvisi
agli ecclesiostici " (propriamente " Awertimenti per gli educatoti
ecclesiastici della gioventù "); mandane una copiaa Lanzo e l'altra
a Mirabello dove sono raccolti chierici e preti: se ne legga ogni-

6.6 Page 56

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domenica un capo durante la mia assenza. Si faccia lo stesso a
Torino... S.
Vari giorni dopo (manca la data) da Roma:
«Per motivi particolari da' ordine che si sospenda la stampa del voca-
bolario latino fino al mio ritorno. Dirai poi a Buzzetti, e ad altri che abbia-
no ingerenza in tipografia, che per i'awenire non voglio più che si stampi
cosa alcuna senza mio consenso, oppure che hi ne abbia ricevuto facoltà
ad hoc. Credo però bene che N faccia una conferenza insistendo sulla neces
sità della obbedienza di fatti e non di parole, e notando che non sara mai
buono a comandare chi non è capace di obbedire. Abbi cura della sanità:
riposa liberamente, sta' attento ai cibi che ti possono essere nocivi; fino alla
metà di febbraio sospendi il mattutino e limitati alle ore (nella recita del
Breviario) vespro e compieta, ma ripartiti... n.
Il 3 febbraio da Morlupo:
«...Facciamoci coraggio, Dio ci aiuterà... Forse gravi di5coltà in tutto;
ma si possono dire tutte appianate con esito molto superiore alla nostra
aspettazione (si trattava delle pratiche per l'approvazione d d a Congrega-
zione). Ma silenzio e preghiera... So che avete da fare, ma bada prima di
ogni cosa alla tua sanità ed a quella degli altri... L'ultimo giorno di car-
nevale dirò Messa pcl ci. Barberis (era gravemente ammalato), gli darò la
benedizione ed in una numerosa casa di educazione faranno la santa Comu-
nione per lui: abbia fede e voglia o non voglia dovrà guarire... Saluta tutti:
io prego per loro e lavoro per loro tutti... ».
I1 26 febbraio da Roma:
«... prepara tutto per fare una bella festa di San Francesco di Sales la
domenica 7 marzo...; le cose nosire stanno così: la Congregazione definitiva-
mente approvata; facoltàdelle dimissorie (per conferire le sacre Ordinazioni
ai Salesiani) annesse non all'individuo ma alla Congregazione... Molte cose d i
molta importanza le saprai a voce. Queste le puoi comunicare a quelli della
Congregazione, ma con raccomandazione che non vadano &ori di casa.
In ogni cosa, prudenza e preghiera. Comunica queste cose a Lanzo e a Mi-
rabeiio... La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi: sia lodato e ringra-
ziato ogni momento il SS. e divinissimo Sacramento... ».
Abbiamo stralciato solo quanto riguarda il funzionamento del-
le case, il trattamento dei confratelli e dei giovani, le notizie inte-
ressanti la Congregazione. Cosi faremo anche in seguito riportan-
do dall'epistolario di Don Bosco, dalle lettere dirette a Don Rua,
per documentare come Don Bosco facesse a metà con Don Rua
seguendo le case anche da lontano.

6.7 Page 57

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Ce n'è ancor una del 1869 da Mornese, ove Don Bosco si era
recato per i lavori di costruzione del collegio (che desiderava giun-
gesse presto al termine per sistemarvi le Figlie dell'Immacolata
disposte a diventar Figlie di Maria Ausiliatrice):
«Di' a Don Chiapale (salesiano un po' insofferente di disciplina) che
domenica passata l'ho fatto cercare e non mi fu possibile di poterlo ritro-
vare: gli dirai se le regole permettono di andar dove si mole senza licenza,
e che parmi tempo di finirla. Si solleciti la cornice del quadro di S. Pietro
(tela del Carcano, pittore milanese, per l'altare di San Pietro nella chiesa di
Maria Ausiliatrice, carissimo a Don Bosco)... Per qualche sera batti un po'
il chiodo sopra i cattivi discorsi fra gli artigiani (al sermoncino della buona
notte)... D.
Nel 1870 Don Bosco passò a Roma un buon mese (20 gen-
naio-25 febbraio) a incoraggiare vescovi e prelati a sostenere il
Papa per la proclamazione del dogma dell'lnfallibilità Poxitificia
nel corso del lo Concilio Ecumenico Vaticano, e inviò a Don Rua
parecchie lettere.
In una vi accluse un foglio indirizzato a tutti i giovani, co&-
dando:
«Sebbene qui in Roma io non mi occupi unicamente della casa e dei
nostri giovani, tuttavia il mio pensiero vola sempre dove ho il mio tesoro in
Gesù Cristo, i miei cari figli deiI'Oratorio... n.
Descrive quindi bellissime impressioni dalla condotta genera-
le; ma nota anche qualche disordine e specifica nomi e cognomi
di alcuni che non si comportavano bene incaricando Don Rua di
ammonirli convenientemente, mettendo all'erta i buoni. I n h e
narra l'assistenza prestata al Granduca Leopoldo di Toscana mo-
rente attorniato dalla moglie, dall'ex Re di Napoli, dall'ex Duca
di Parma, da altre personalità, perdonando ai suoi avversari ed
edificando tutti con sentimenti profondamente cristiani: << Gli o-
nori, le persone, le grandezze - rilevava e faceva notare - non
valsero ad allungargli di un sol momento la vita. Con sé portò
soltanto quel po' di bene o di male che ha operato in vita sua,
come dice San Paolo. Giovani miei cari, ricordiamoci che in pun-
to di morte raccoglieremo quanto avremo seminato nella vita... D.
La lettera si chiude con disposizioni per la festa di San Fran-

6.8 Page 58

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... .. ..
cesto di Sales, ritardata al suo ritorno e calda raccomandazione di
evitare dimostrazioni:
« L a festa più grande per me è di vedervi hitti in buona sanità e con
buona condotta. I o procurerò di fami stace allegri... La festa più cara che
io posso desiderare è che tutti facciate in quel giorno la santa Comunione...
il resto è niente... » (19).
Con lettera del1'8 febbraio dava a Don Rua notizia di un'u-
dienza del Santo Padre:
«Oggi sono stato dal Santa Padre. Migliore accoglienza non poteva
farmi. Non posso scrivere tutto; ma partecipa ai membri della Congr. &e
abbiamo gravi motivi di poterci rallegrare nel Signore. Ma continua a prega-
re: al mio ritorno racconterò tutto. Intanto comincia a partecipare ai giovani
della casa che per l'avvenire ogni volta che si accosteranno alla santa Comu-
nione possono lucrare Indulgenza plenaria. Per te, facoltà di leggere e rite-
nere qualsiasi libro proibita, bencdire corone e crocifissi, benedizione papale
agli ammalati D.
I1 12 febbraio, altra udienza Pontificia ed altra lettera:
a ... mi accolse con nn'amorevolezza indesuivibile. Gradì, parlò, rise... e
lodò assai la pubblicazione e la collezione delle Letture Cattoliche e della
Biblioteca (dei "Classici per la gioventù ") e ci animò a continuare. Son
più cose che non ci conviene affidare aiia carta... Le cose di nostra Congre-
gazione (esamedelle Regole) vanno assai bene. Continuate a pregate... » (20).
L'indomani 13, annunciava ancora da Roma l'erezione della
Associazione dei u Divoti di Maria Ausiliatrice D in arciconfrater-
nita, e i'offerta da parte del Santo Padre della Chiesa di San Gio-
vanni della Pigna coi locali annessi. Questi erano però troppo an-
gusti per un'opera salesiana in Roma. L'accettò poi Don Rua, co-
me dono del santo Pio X nel 1905 completando così la sede della
Procura Generale che funzionava accanto dal 1902. Con-
cludeva:
« V i farò sapete il giorno preciso del mio arrivo. Ma insisti che non si
facciano dimostrazioni di alcun genere. Siccome ho molto bisogno e piacere
di parlare coi superiori delle altie case, così da Lanzo e da Cherasco (casa
aperta da poco e presto trasferita a Varazze) vengano quelli che possono
allontanarsi. Da Mirabello, Don Bonetti e Don Ceri-uii. Credo che Don
Pestarino si troverà pure... Le cose vanno bene; continuate a pregare... » (21).

6.9 Page 59

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Don Rua curò ogni particolare, sicché Don Bosco, al suo ritor-
no, poté parlare a lungo con tutti e mettere al corrente i sdesiani
non solo di quanto aveva potuto fare a Roma, ma anche di varie
cose che andavano maturando proprio per quell'anno.
Nel mese di maggio Don Rua l'accompagnò ad Alassio a stipu-
lare il contratto di acquisto dell'antico convento francescano per
farne un gran collegio salesiano. 11 13 settembre seguiva pure
Don Bosco a Lanzo Torinese per predicare le meditazioni del pri-
mo corso di esercizi spirituali che in quel collegio trovarono la
sede ideale per tante generazioni di salesiani. Qui li raggiunse la
notizia dell'interruzione del 1"Concilio Vaticano e dell'annessione
di Roma al resto d'Italia, che Don Bosco aveva predetto a Pio
I X sette mesi prima insieme con la guerra frana-prussiana e le
gravi conseguenze.
I1 27 settembre, Don Rua, rientrato a Torino, ricevette una let-
tara enigmatica da Casale Monferrato, in cui Don Bosco gli dava
istruzioni per un rapido viaggio a Roma del coadiutore Giuseppe
Rossi, forse incaricato di recare a Pio I X la risposta alla domanda
« se dovesse abbandonare Roma o no », dopo l'occupazione italia-
na. Conosciamo il testo della risposta di Don Bosco: « La senti-
nella, l'Angelo d'Israele si fermi al suo posto e stia a guardia del-
la rocca di Dio e dell'arca santa » (22). 11 Papa fece disfare i
bauli e rimase in Vaticano, evitando all'Italia complicazioni politi-
che internaziondi che avrebbero potuto arrecare incalcolabili
danni.
Interessante è il « Catalogo della Soczetà Salesiana » che si co-
minciò a stampare nel 1870, dove Don Rua è qualificato Prefetto
della Pia Società e della Casa Maggiore (come si chiamava allora
la Casa-Madre di Vaidocco). Con tale qualifica egli presiedeva an-
che ogni mese le conferenze che i salesiani tenevano per dare i
voti di condotta e di applicazione ai giovani artigiani e studenti;
ma pei servizi d'&ci0 ordinari egli era aiutato da un vice-
Prefetto. Cosi si era deciso nel Capitolo tenuto il 1 8 dicem-
bre 1869 in cui i voti dei professi perpetui (i triennali non vota-
vano ancora essendo appena in prova) avevano confermato gli an-
tichi superiori e sostituito Don Paolo Albera come Consigliere al
posto di Don Francesia fatto direttore del Collegio di Cherasco.
Don Bosco dal canto suo, pel diritto che gli davano le prime

6.10 Page 60

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regole, aveva confermato Don Rua a Prefetto della Congregazione
e Don Cagliero a Direttore Spirituale (23).
L'aiuto per l'ordinaria amministrazione in casa gli era stato
indispensabile, perché Don Bosco nel 1871 era impegnatissimo
nelle pratiche tra il Governo italiano e la Santa Sede per la
sistemazione di oltre un centinaio di diocesi vacanti in Italia, pri-
vate dei loro vescovi e dei beni necessari alla loro sostentazione,
alla cura dei seminari e delle opere pie. Molte non avevano nep-
pur più le residenze vescovili.
Lo strapazzo dei viaggi, le fatiche delle trattative scossero
perfino la salute di Don Bosco. Sicché al peso delle sollecitudini
per la Congregazione, s'aggiunse per Don Rua la trepidazione pel
buon Padre.
Una lettera del lo luglio 1871 da Roma lo confortava: « H o
avuto due udienze dal Santo Padre ed ho trattato nel modo più
soddisfacente ogni cosa... Di' a Don Savio che promuova la co-
struzione della chiesa di San Giovanni Evangelista... Saluta i no-
stri cari giovani: di' loro che sono impaziente di vederli. Martedì
spero di essere con loro e parlerò loro di più cose; li ringrazio
delle preghiere che hanno fatto per me; io li ho sempre raccoman-
dati al Signore nella Santa Messa. Ora trattasi di un affare che
interessa tutto il mondo ed il cui esito dipende dalla preghiere e
dalla guerra al peccato. Coraggio, dunque!... Da Firenze ti scrive-
l'ora del mio arrivo; ma raccomanda a tutti che non si facciano
feste al mio ritorno... » (24).
Sulla costruzione della chiesa di San Giovanni Evangelista
presso I'Oratorio San Luigi, sul corso Vittorio Emanuele 11, altra
fonte di grattacapi per Don Bosco e per Don Rua, preferiamo sor-
volare.
Tornato da Roma, Don Bosco non poté prendersi riposo per-
ché si era precedentemente impegnato a sant'Ignazio sopra Lanzo
per un corso di esercizi spirituali. Di scrisse a Don Rua, il 12
agosto perché pensasse lui a stahiiire i corsi per i salesiani, d'ac-
cordo con gli altri membri del Capitolo: « Farai tu le meditazioni?
Se mai ti aggravasse troppo, gettane il peso su Don Bonetti o
sopra Don Cagliero... » (25). Ci teneva tanto che predicasse lui!
Da Sant'Ignazio si recò quasi subito a Nizza Monferrato ove
la Contessa Corsi lo ospitava nel suo palazzo per imporgli le cure

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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e il riposo prescritto dai medici. Ma egli ne approfittò per convo-
care distinti ecclesiastici e preparare la lista dei Vescovi che il
Papa gli aveva richiesto pei prossimi concistori, onde scegliere
buoni sacerdoti che nello stesso tempo fossero graditi al governo
italiano. Era tanto stanco che dimenticò in treno la borsa da viag-
gio. Dovette subito informare Don Rua. Se la ritrovasse, lo prega-
va di aprirla e di disporre lui stesso varie carte e manoscritti di
cui egli era pienamente al corrente. Lamentava che i suoi piedi
non gli volessero obbedire e raccomandava che si facessero buone
accoglienze all'Ispettore scolastico che doveva fare in quei giorni
un'ispezione all'Oratorio. Mancava ancora questa seccatura!... Don
Rua, come al solito, non perdette la pazienza e fece le cose molto
a modo.
I1 27 agosto, in altra lettera gli stendeva una circolare da alle-
gare ai programmi dei collegi pel nuovo anno scolastico, sostituen-
dola ad una di Don Bonetti, perché non gli piaceva il « dev.mo
servitore » preposto alla firma:
«Correggila, se lo giudichi; - soggiungeva - e dàlla tosto alla tipo-
graiia: se ne stampino per ora tremila copie e si conservi la composizione...
Abbi pazienza: io me la godo un poco (figuriamoci!...); ma voglio poi
mandare te e Don Berto a riposare un poco, non però ancora in Paradiso...
Fu conchiusa la casa per Genova (l'apertura della casa di Marassi presso
Genova e poi trasferita a Sampierdarena); perciò Don Albera (destinato
direttore) facciasi i1 fagotto. Di osni cosa parleremo .. » (26).
Come si dava e come si faceva l'obbedienza allora!...
Da Nizza Don Bosco proseguiva per Roma e di scriveva il
13 settembre: « Ogni cosa finora non poteva desiderarsi meglio.
Continuiamo a pregare... ».
Infatti il Santo Padre, prima che finisse l'anno, in tre concisto-
ri, preconizzava 107 Vescovi. Don Bosco confidò con semplicità:
- I1 Papa mi aveva detto: fate la lista e presentatemela. E ciò
che fece Don Bosco fu ben fatto. Non so se in avvenire vi saran-
no altri della nostra Congregazione che siano per trovarsi in simi-
le circostanza di eleggere tanti vescovi con pieno arbitrio di scel-
ta, come accadde quest'anno ... (27).
Ma intanto egli ne uscì s h i t o , h o a doversi fermare a Varaz-
ze, mettersi a letto e per un paio di mesi tenere in ansia un po'

7.2 Page 62

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tutti, specialmente Don Rua. Se ne può leggere la cronaca nel vo-
lume X delle Memorie Biografiche da pag. 227 a 312.
Finì la convalescenza a Varazze, donde passò ad Alassio anco-
ra per un breve soggiorno e finalmente il 9 febbraio poté scrivere
a Don Rua:
«Don Rua mio carissimo, la grazia di N. S. G. C. sia con tutti noi. E
tempo, car.mo Don Rua, che ti scriva qualcosa di positivo da partecipare ai
nostri amati fidi della Congregazione e delI'Oratorio. Grazie alle molte
preghiere la mia sanità si trova in uno stato da poter cominciare a fare
qualche cosa, con un po' di riguardo, perciò giovedì prossimo (15 febbraio)
a Dio piacendo sarò a Torino. Mi sento un bisogno grave di andarvi. I o vivo
qui col corpo, ma il mio cuore, i miei pensieri e fin le mie parole sono
sempre all'Oratorio, in mezzo a voi. È questa una debolezza, ma non la
posso vincere. Io giungerei alle 12,20 antimeridiane, ma desidero che non
si facciano accoglienze né con acclamazioni, né con musica, né con baci d i
mano. Ciò mi potrebbe cagionare dei male nei10 stato in cui mi trovo.
Entrerei per la porta della chiesa per andar tosto a ringraziare Colei cui
debbo la mia guarigione; di poi se posso dirò una parola ai giovani, altri-
menti ne diiierisco e andrei in refettorio. Mentre darai queste notizie ai
nostri cari figli, dirai loro che li ringrazio tutti, ma di cuore, delle preghiere
fatte per me, ringrazio tutti quelli che mi hanno scritto, e particolarmente
coloro che fecero a Dio offerta della loro vita in vece mia. Ne so i nomi e
non li dimenticherò. Quando sarò tra loro spero di poter esporre una lunga
serie di cose che qui non posso esporre. Dio vi benedica tutti e vi conceda
sanità stabile col piezioso dono della perseveranza nel bene. Ricevete i saluti
di questi fratelli di Alassio e continuate a pregaie per me che con pienezza
di affetto mi professo in G . C. aff.mo amico Sac. Gio. Bosco » (28).
Grato per le attenzioni speciali di Don Rua che si era tanto
prodigato nei corso deila sua malattia, accorrendo ad ogni necessi-
tà, disponendo per le preghiere e per l'assistenza, le informazioni
ai confratelli ed ai giovani, mentre suppliva il Padre in tante
cose, Don Bosco, una volta giunto all'Oratorio, teneva d'occhio la
salute del figlio prediletto preoccupandosene personalmente.
Nell'estate e nell'autunno vari benefattori gareggiarono per
far godere a Don Bosco aria buona e confortevole trattamento
nelle loro case. Don Bosco accettava anche perché lo congedavano
sempre con offerte pei suoi giovani. Ma scriveva da Costigliole di
Saluzzo, da Mondavi... raccomandando anche a lui di usarsi riguar-
do, di prendersi un po' di riposo e dandogli sempre maggior liber-
tà di governo in vece sua. Stralciamo qua e là:

7.3 Page 63

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« T u faresti bene domenica sera, per quello delle 7 fare vela alla volta
di Nizza (Monferrato, ove la Contessa Corsi l'avrebbe ospitato e ristorato)
e ti fermerai quanto potrai. Ciò nella persuasione che Don Provera sia bene
in sanità e di finanze... D (29).
Purtroppo Don Provera, Consigliere dell'Oratorio, non stava
bene e Don Rua non poté muoversi...
Procedi pure aUa modificazione del personale, ma fa' tutto quello che
puoi afnnché le cose si facciano sponte non coacte. Se nascono difficoltà
lasciale a me... P.S. Usa a Don Provera tutti i riguardi possibili; se giudica
bene, vada a Chieri o dove meglio giudicherà... » (30).
Aggiusta pure le cose del personale, ti dissi, ma fa' quanto puoi per
contentare dirigenti ed insegnanti,.. Quei rettorici (allievi ammessi alla 5
ginnasiale) che tennero esemplare condotta l'anno scorso si accettano anche
per quest'anno. Non però quelli che furono eccettuati, come... a (31).
Altro che riposare, povero Don Rua!... Una cosa incalzava l'al-
.tra. Don Bosco, pnr sofferente, non si fermava mai. Nel 1873
dovette impegnare il suo Prefetto anche in un'altra lotteria per
poter campare e far campare salesiani e giovani, sostenere vecchie
e nuove case, comprese quelle delle Figlie di Maria Ausiliatrice
fondate nel 1872. Poi dovette correre a Roma, dal 18 febbraio al
4 marzo 1873, per condurre a termine altre pratiche a favore del-
ie diocesi italiane ed ottenere l'esame e l'approvazione delle Rego-
le della società Salesiana.
Come altri anni, nell'estate si portava a Sant'Ignazio sopra
Lanzo per gli esercizi spirituali dei laici e intanto varare il testo
definitivo delle Regole per le Suore... Riportiamo solo qualche
brano della lettera scrittagli da Sant'Ignazio nel mese di agosto:
... Qualcheduno accennò la convdenza di fare gli esercizi nostri (dei
superiori) a Valsalice (perché nel collegio di Lanzo si stentava già ad accon-
tentare tutti i confratelli). Pròvati un poco a parlarne con Don Dalmazzo
(direttore) per vedere se è cosa possibile e conveniente. La mia sanità è
alquanto sollevata, la piccola febbre anziché a mezzodì si fece sentire sulla
sera, ma assai più mite e con minor mal di capo. Anche qui fa caldo, ma
non come a Torino... Darai la buona sera ai nostri cari e amati giovani. Di-
rai loro che stiano ailegri e buoni. Di qui io li raccomando tutti al Signore
ed a ciascuno dimando tre S ma tutte maiuscole (SaniSapienti-Santi). Do-
menica io dirò per tutti voi, o cari figli, la Santa Messa in questo santuario;
voi, se mi volete bene, fate anche per me la santa comunione. Io prego an-

7.4 Page 64

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' ( 9 ~ <)< -.o!mars sm 'm!obuen aieis a are8axd e aienu!iuo3
.-eranora u o a ore3 p d auoinpauaq alepads #un qrapuemop a aapea oiues
p p apszuapn,w open earassei~.auaq !ESSE ouenupuos (alo8ax al 3ad aqsp
-il<) ansou aso3 a? -.aiw!uanuoJ ~.po@ n l ~e arades OIIEJ a aran!r>s qnd
:auo!zpssa ens !p opunum;~Fpmm e p q a~aq oururoddo opaa u o »~
:cna~!zss!z odop !uzo;B pa!p
'e!uomrzas e1 ou!p~os!.~ ozi-[^ o ~ 8 e m m yuos zB!sunuue eilezaprsap
osrzays I! aqs osa~dde'em ,axs-[osz!s eun caeTsunuue a Fia!soS EI
-1ap o8o1eies Iap e ~ d o seilapay3 .oue!sales om!iio un auuaqp a q ~
'azesa3 eIaZq3 aue~or8~ a pauo!nisan E! xad e8a~ape1 eno u o a E
mcp opzqqa$ p Iap eIi-(a,un u1 .o!euua8 I Z -[eeieiep E.7aiia-I
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zad encxamnua al) em!sasTpazi c ~ p u'osgsamop oi!uom u n
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-aa a-[-[apauo!zmoxddc,~ o i ~ o dq azmpuos aiod em : ( p $ ) " s s q
e p p amaiod!uuo azaaasum -['ylzems!g ep aiuamessnzq aiio1
-zaiuI 'apas eiues a a m p i ! ouxano3 ezi auo!z~!-[!suos cun ad aqs
-!iemo-[d!p a g i a i v a a1 o d d o ~ u n douoz!~-[e.~f r ~ Igap~ a1.d~ 91 1"
ouy g a u a l i ~ z za cmox E amuzoi auanop 'ospsqo~souuc ononu
-[T oie!n&e 'axqmas!p UI .azuaqmosuy aiuei azdmas 'auysomap a1
-a!-[8osses lad !zoiiejauaq ossazd aisos apeil s p axaiiai axi-[U~I
' ( c c ) <( ?ri?v*v?on? ou?zwaz?pg ~ w d!n3 D gfanb ???n3 ayri opov* %l
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-epuemossez Eun exalial e p u p a s q oiso8e 8'1 TJ~O~U~A!J~S!X
' ( I $ ) e -'aro aj aiiN e !masjmd OUO!~~OAa ased p oiuam
-om un oue!ssej !m u o .~[ydmasa aiuameran ouos ays !1ou8!s 011 ouos
v A! (o~eu81,ruese ) !Tsrasa Tisanb '!~8ap OWalEiS ano 07.~~p7IqsJasa
n88 oua8uan o 'ai u o ~orqien o !iuam!ii-[e lasam oisanb !p jad ouep
-uaiia 'ouossod as :aoo!zsson oro1 eaap oiexaq!pp srosua ouueq uou
arp Xanb -e -p '!sa p oi!sodord jr .-sa g'de ouos a q ~!manb rad sys

7.5 Page 65

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Don R u a ringraziando dava altre notizie dell'infermo e gli
confidava u n f u r t o di biancheria. Don Bosco rispondeva:
«Salma il caro Don Provera: usategli tutti i riguardi possibili; noi pre-
gheremo per lui. Non pensi n4 al digiuno, né al grasso o magro, né al Bre-
viario... Pazienza, il furto della biancheria! Ma bada che il demonio non
rubi le anime. Le cose qui vanno bene... » (37).
A pochi giorni, eccogli l'annuncio dello sprofondamento del
pozzo nero e del pericolo corso d a Don R u a di precipitarvi. Ed
egli, a volta di corriere:
h ... pare se ne sia fatta qualcuna molto grossa! Ringraziamo p& Iddio
che i danni furono solo materiali con un po' di spavento... I1 demonio vuol
dar gli ultimi calci (alle pratiche per le Regole). Continuate a pregare. Di
questa settimana prossima avrai notizie positive... Non posso dimenticare lo
spavento dei convittori di Gaia (i suini di cui il cuoco aveva cura) quando
sentirono crollare il loro palazzo (la porcillaia)... Dammi notizia di Don
Ghivarello, se è buono, se fa ricreazione, ctc... (amabile modo di scherzare
anche con uno dei primi superiori, che stentava a far ricreazione con gli
altri) » (38).
Il 16 marzo Don Bosco mandava a Don R u a u n a circolare con
buone informazioni; ma raccomandava di non fatne motto e non
lasciarne parlare fuori casa (39).
Finalmente, il 4 aprile 1874 scriveva:
«... Lc nostre Costituzioni furono definitivamente approvate con le
facoltà delle dimissorie senza eccezione. Quando saprai tutto, dirai che fu
veramente frutto delle preghiere. La concessione fu fatta ieri dal Santo Pa-
dre alle 7 di sera. Non fate però alcun rumore. Adesso ultimo le cose acces-
sorie; sul linire deUa entrante settimana, a Dio piacendo, sarò coi nost1.i
cari, amati e desiderati tigli... (40).
Dieci giorni dopo, giuntogli il telegramma c h e Don Provera
e r a in fin di vita:
« ... Credo che a quest'ora il nostro caro Don Provera sarà già in seno
al Creatore. Mi preparavo da lungo tempo a questa amara perdita, hittavia
f u ssensibilissima a me. La Società perde uno dei migliori suoi soci. Così
piacque al Signore. ... Ai nostri figli: il vostro padre, il vostro fratello, I'ami-
co deil'anima vostra, dopo tre mesi e mezzo di assenza, parte oggi da Roma,
passa la notte col mercoledì a Firenze e spera di essere con voi giovedì alle
8 dei mattino. Non occorrono né feste, né musica, né accoglienze. Io vado

7.6 Page 66

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in chiesa e, a Dio piacendo, ceiebrerò la Santa Messa pel nostso caro e sem-
pre amato Don Provera. Voglio contentarvi tutti; e il modo pratico... ve lo
esporrò verbalmente... » (41).
Spero mi si perdonerà l'indugio sulla corrispondenza. Lo fac-
cio per documentare, specialmente ai salesiani, come correvano gli
intimi rapporti fra Don Bosco e Don Rua, il quale doveva anche
evitare ogni dimostrazione esteriore che aggravasse la delicata si-
tuazione di quegli anni con l'Autorità ecclesiastica diocesana che
avrebbe preferito la Società Salesiana alle sue dipendenze. Ed an-
che la tenerezza di Don Bosco coi giovani, ai quali confidava tan-
te cose nello spirito di famiglia che voleva nelle sue case. Trala-
scio la descrizione del ritorno, l'esultanza dei cuori, altri particola-
ri in cui Don Rua ebbe la sua buona parte. Rileverò invece qual-
che brano di lettere del 1874, che hanno valore anche per chi
dovesse avere responsabilità e trovarsi in casi simili.
I1 5 agosto del 1874 da Sant'lgnazio dove Don Bosco era sali-
to pei soliti corsi di esercizi ai laici: « ... Prevenire Don Francesia
e Don Cerruti (direttori dei collegi di Varazze e di Alassio, don-
de stavano per uscire due frateiii sacerdoti) che mettano in liher-
i Cuffia: non dare altro corredo che quello della persona, cioè
necessario a coprirsi per viaggio, oppure che fosse di provenienza
paterna. Non fare alcun certificato né buono né cattivo; tirar fuo-
ri il loro conto antico e chiederne il pagamento... v .
Acclusa la brutta copia di una lettera da firmare da Don Rua
pel loro parroco, con la dichiarazione della loro uscita dalla Socie-
tà e l'immediata sospensione a divkis, finché qualche vescovo li
accogliesse in diocesi (42).
Tre giorni dopo, altra lettera con raccomandazione a Don Rua
di mandar qualcuno a Mornese, possibilmente l'infermiere, ad as-
sistere Don Giuseppe Cagliero, direttore spirituale delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, in fin di vita (43).
I1 5 ottobre, dal colle dei Becchi, riguardo a giovani aspiranti,
poco sicuri:
«...Qui tutto bene. Chiari... non pare cattho, piuttosto dissipato.
Soltanto Rossignoli non sembra convenire. Se sta con noi, lungo l'anno a
darà da smdiare. Credo opportuno dargli permesso deile vacanze assolute e,
se non vuole, si mandi a casa. Egli maniiesta vocazione diametralmente op-
posta allo stato ecdesiastico... » (44).

7.7 Page 67

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Tra il 12 e 14 dicembre, a Don Rua, cui era morto un altro
fratello:
Sono a Nizza Marittima, donde parto aUa volta di Ventimiglia, Pigna,
poi Alassio. Martedì sarò a Sampierdarena e giovedì a Torino, si Dominus
dederit.Dio ci ha fatto una visita nella perdita di tuo fratello: ne ebbi tanto
rincrescimento; era un vero amico deiia casa nostra; ho pregato e continnia-
mo tutti a pregare pel riposo delì'anima sua; ma consoliamoci ndla speranza
di vederlo in uno stato assai migliore che non era su questa terra... (45).
Quante cousiderazioui potremmo fare sul criterio di valutazio-
ne e sulla condotta di Don Bosco in casi oggi più frequenti...
Preferiamo invece seguire un po' l'uno e l'altro nella fondazione
e nello sviluppo delia seconda Famiglia spirituale.
Per le Figlie di Matia Ausiliatrice
Fino all'inizio del mese di Maria Ausiliatrice del 1871 Don Bo-
sco aveva tenuto segreto a tutto il suo Consiglio il progetto di
fondare una Congregazione femminile per protendere I'apostolato
educativo salesiano alle ragazze. Non sappiamo se anche a Don
Rna. Se gliene avesse fatto confidenza, dovremmo dire che Don
Rua tenne bene il segreto. Quando Don Bosco lo svelò, lo presen-
tò come un'idea molto vaga, mentre aveva già concordato quasi
tutto con Don Pestarino, direttore spirituale del cenacolo di Mor-
nese che egli aveva fondato per portare a maggior perfezione ed
all'apostolato le Figlie di Maria Immacolata ».
Raccomandò fervorose preghiere fino alla Festa di Maria Ausi-
liatrice, poi chiese il parere dei suoi consiglieri (allora si chiamava-
no Capitolari). Avutolo favorevole e all'unanimità: - Ebbene,
- concluse - ora possiamo tenere per certo essere volontà di
Dio che ci occupiamo ancbe delle fanciulle. E per venire a quako-
sa di concreto, propongo che sia destinata a quest'opera la casa
che Don Pestarino sta ultimando in Mornese.
In giugno, a Roma, confidò l'idea al Papa; e Pio IX, fatte
speciali preghiere, approvò, benedisse e gli diede particolari sugge-
rimenti sulla forma di impostazione e di organizzazione canonica.
Durante la degenza a Varazze concertò ogni cosa con Don Pestari-
no: trasferimento deUe Figlie di Maria desiderose di diventar suo-
re Figlie di Maria Ausiliatrice al collegio, invece di adibirlo per la

7.8 Page 68

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gioventù maschie; formazione del Consiglio direttivo, vestizione,
professioni, ecc. secondo un modesto abbozzo di Regole che le
giovani aspiranti avevano già in mano manoscritte.
Il 5 agosto 1872, egli assistette alla funzione compiuta dal Ve-
scovo di Acqui Mons. Sciandra ed incoraggiò con la sua parola
quelle generose figliole a donarsi al Signore col bel titolo distinti-
vo di « Figlie di Maria Ausiliatvice ».
La nuova fondazione dipendeva anche economicamente dalla
Società Salesiana, non essendo che una propaggine a servizio della
gioventù femminile. Quindi contava suUe cure di Don Rua per le
preoccupazioni amministrative e sui soccorsi da Torino, non aven-
do cespiti a Mornese. Don Pestarino, finché visse, faceva il possi-
bile per dare il minor disturbo, ma più di una volta dovette chie-
dere aiuto. Morto Don Pestarino nel 1874, Don Bosco provvide
alla direzione spirituale affidandola a Don Giovanni Cagliero, poi
a suo cugino Don Giuseppe, che purtroppo visse ancora pochi me-
si, quindi a Don Costamagna. Ma la guida amministrativa e la
cura economica, mentre le suore prendevano pratica, la raccoman-
dò ancor più caldamente a Don Rna. Dobbiam dire che le suore si
guadagnavano i soccorsi che Don Rua ogni tanto riusciva a man-
dare, perché si prestavano quanto potevano a rammendare tutto
quello che si mandava loro periodicamente da Torino.
Don Rua aiutò l'economo a preparare la prima casa presso
l'oratorio, al di della via Cottolengo (ora via Maria Ausiliatri-
ce) all'angolo della Piazza dove ora è la casa parrocchiale e la
chiesa succursale. E le suore vi si potevano stabilire nel 1875,
quando migliorarono la loro divisa adottando stoffa nera e foggia
un po' più appropriata, con soggòlo bianco. La santa Fondatrice
Madre Maria Mazzarello aveva seguito il parere di Don Costama-
gna nel fissare la data della trasformazione al 24 maggio, festa di
Maria Ausiliatrice; ma era ansiosa di avere l'approvazione di Don
Bosco e gli aveva scritto invitandolo a Mornese per una visita da
tutte tanto attesa. N'ebbe questa risposta: s Spero di venire per
gli esercizi ed allora decideremo. Intanto verrà Don Rua, perché
non conosce ancora quasi le suore ed è Prefetto Generale. Cosi
vedrà anche lui ».
Giunse infatti verso la &e del mese di giugno, quasi contem-
poraneamente a Don Albera, direttore della casa salesiana d i Sam-

7.9 Page 69

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pierdarena, e Don Luigi Guanella, che aveva già indirizzato qual-
che vocazione dai suoi paesi e desiderava farsi salesiano. Questi
con la predicazione infervoravano le suore alla devozione al Sacro
Cuore di Gesù. Don Rua << s'intrattenne alcuni giorni - attesta
Don Maccono - informandosi dal Direttore e dalla Mazzarello
dell'andamento morale e materiale della casa; diede utili ammae-
stramenti rispetto all'economia domestica, alla contabilità, all'edu-
cazione; e la sera, con un breve ma sugoso sermoncino, esortava
tutte a riflettere bene sulla loro vocazione, a sforzarsi di corri-
spondervi animandole all'esercizio delle virtù religiose » (46).
I1 colore dell'abito non gli dispiacque; lo trovò anzi più prati-
co del primitivo color caffè, che sbiadiva facilmente. Don Bosco
gli aveva passato il testo delle Regole che intendeva dehnire e tra-
smettere al Vescovo di Acqui per l'approvazione diocesana, perché
vi facesse i suoi rilievi e le sue osservazioni. Ne tenne conto poi
nella revisione che fece durante gli esercizi delle Suore e nella
sosta ad Ovada per le feste centenarie di San Paolo della Croce,
insieme a Don Cagliero e a Don Costamagna. I1 Vescovo le appro-
vò nel 1876 e Don Bosco si affrettò a darle alle stampe per con-
segnarle alle suore.
Tornato a Torino, Don Rua fece accelerare i lavori di adatta-
mento della casa destinata alle suore; ma Don Bosco non attese
che fossero finiti, sicché la prima comunità, che ebbe per direttri-
ce Suor Elisa Roncalli e vicaria Suor Caterina Daghero, non dispo-
neva neppure di una cucina e per qualche tempo ricevette i pasti
dall'Oratorio nello squallido ambiente destinato a refettorio.
Nel 1876 Don Rua ritornò a Mornese, anche come supplente
di Don Cagliero partito per la Patagonia, quindi come direttore
spirituale, e chiuse gli esercizi a nome di Don Bosco benedicendo
l'abito religioso a diciassette postulanti, ricevendo le professioni e
lasciando i ricordi; essi si possono sintetizzare nella parola d'ordine
che rivela la sua tempra spirituale: « Il dire: mi faccio suora per
salvarmi l'anima, è troppo poco; bisogna dire: mi faccio suora
per farmi santa » (47).
Questa sua tempra intransigente di fronte alla regola e al do-
vere, Don Rua non la smenti mai, pur continuando a prodigare
cure, attenzioni e delicatezze amabilissime anche alle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, come prefetto Generale, come supplente di Don

7.10 Page 70

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Cagliero nella guida spirituale, e più tardi come vicario generale e
successore di Don Bosco. L'esempio più &cile a capirsi oggi è
la risposta che diede nel 1878 alla direttrice della casa di Torino
quando gli chiese se potesse passare anche un po' di frutta alle
suore insieme al caffelatte, alla piccola colazione del mattino:
« Come dice la Regola? n.
« La Regola dice: caffè-latte o frutta ».
« Ah, non dice: e frutta; dice: o frutta D.
« Ma ce n'è tanta, Padre, quest'anno, che va a male... ».
« Meglio che vada a male la frutta, e non l'osservanza della
Regola... E poi - osservò - con la frutta che avanza non si
potrebbe soccorrere qualche miseria, far star buona qualche ragaz-
za?... ».
Don Rua era Don Rua: la Regola vivente; si santificava da
Don Rua, senza compromessi; e santificava anche gli altri da Don
Rua. Sapeva bene egli come si potesse utilizzare l'abbondanza ed
anche la sovrabbondanza... per soccorrere tanta gente che manca
del necessario, per allettare un'anima a farsi migliore...
Le suore non gli perdettero confidenza per questa sua caratte-
ristica mentalità religiosa; anzi l'accrebbero, perché egli era sem-
pre a loro disposizione, per tutto quello che potesse loro oc-
correre.
Quanto concorse Don Rua alla perfezione individuale di quel-
le che ricorrevano a lui, finché poterono, per la direzione spiritua-
le, ed alla perfezione comunitaria dell'Istituto! ...
Basta leggere le biografie della Serva di Dio Madre Maddale-
na Morano, di Madre Daghero e di altre Madri del consiglio Ge-
neralizio di quei tempi, di tante missionarie...
La corrispondenza che sapeva tenere Don Rua, oltre a quella
di ordinaria amministrazione, ha del prodigioso. Capace di dettare
contemporaneamente più lettere ad altrettanti segretari, quando
poteva disporre di parecchi, senza mai perdere il nesso, egli ne
sbrigava a valanghe ogni giorno d'ufficio. Se ne può leggere la
testimonianza nel volumetto « U n anno alla scuola di Don Bo-
sco », compilato da Don Giuseppe Vespignani che gli fece da se-
gretario nel 1876-77, poi partì per le Missioni, lasciò incomparabi-
le memoria di sé in Argentina come missionario, direttore ed i-
spettore, e chiuse la sua vita a Torino come Direttore Generale

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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delle Scuole Professiou:ili Salesiane, il 15 gennaio 1932 in fama
di santità.
Quando la santa Madre Mazzarello seppe deli'episodio della
frutta, ammonì le suore: «Vedete i santi? Guai a voi di Torino
se non sapete approfittarne anche per noi che non abbiamo la vo-
stra fortuna di vivere a Valdocco! ». (v. Favini, Le Figlie di Ma-
iia Azrriliatvice nelle M. B. di Don Bosco. p. 121).
La Regola vivente
Appena approvate le costituzioni della Società Salesiana, Don
Bosco affidò a Don Rue la tutela della osservanza, incaricandolo
anche della visita canonica alle case fuori Torino, mentre vigilava
in modo particolare l'andamento della Casa Maggiore. Ma lo solle-
vò ufficialmente dall'incarico di Maestro dei Novizi che allora si
chiamavano « Ascritti », nominando a tale ufficio Don Giulio Bar-
heris. Non poteva disporre di soggetto migliore. Don Rua incarna-
va la Regola, tanto fedelmente la osservava. Fu ben d e b i t o dai
contemporanei: la Regola vivente.
Chi volesse conoscere i particolari della prima visita, del
1874, potrebbe scorrere le pagine del volume X delle Memorie
Biografiche, pagg. 1260-66.
Ma le parti più difficili e più dolorose egli le dovette fare con
1'Arcivescovo Mons. Gastaldi, al quale era affezionatissimo perché
fin dagli inizi, coetaneo di Don Bosco, era stato come un secondo
padre per l'Oratorio, e la mamma sua come una seconda madre, e
la nipote Contessina Mazé de la Roche una delle più generose
cooperatrici e poi patrouesse dell'opera salesiana. Toccava a lui
chiarire la condotta del fondatore nelle contestazioni e controver-
sie, salvarne i diritti canonici e scusare la lentezza di procedura
disciplinare per le difiicoltà dei tempi. Quanti passi, quante sup-
pliche, quante umiliazioni!... D'altra parte l'Arcivescovo stimava
più lui che lo stesso Don Bosco, gli dava più fiducia la sua
autodisciplina, la sua austerità di vita, la sua intransigenza di fron-
te al codice della vita religiosa.
Di5coltà aveva Don Rua coi parenti dei giovani, talvolta im-
possibilitati, talvolta morosi nel soddisfare le esigenze della modi-
ca pensione.

8.2 Page 72

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Anche ~ e r c h éDon Bosco amava mitigare lui queste esigenze,
quando i giovani gli davano fiducia per l'avvenire; e soleva dir
loro in casi drastici: - Se il Prefetto ti manda a casa dalla
portieria, tu rientra dalla chiesa e vieni da me...
Oppure: - Di' a Don Rua che mandi a me il tuo conto: pen-
serò io a saldarlo. Tu sta' buono e continua a far bene il tuo
dovere...
Per la parte morale però e per l'osservanza fra i confratelli
Don Bosco non lo abbandonava, né, tanto meno, lo contraddice-
va. Anzi, spesso era lui ad aprirgli gli occhi ed a sostenerlo con la
sua autorità.
Aila fine di agosto del 1875, per es., gli scriveva da Mornese:
«Osserva un poco l'affare del trasporto del laboratorio dei ferrai. Si
fa con tuo consenso? ». (Don Bosco non voleva arbitrii: ogni cosa si doveva
fare col consenso del legittimo superiore).
Da Alassio, il 4 marzo del 1876:
«Per la casa del Torrione (Vaiiecrosia) le cose vanno per eccellenza,
tranne i libri: si disse di usare i nostri libri e invece dalla libreria furono
mandati un mezzo magazzino di libri di altri autori e di altra proprie-
... » (48).
Da Vignale Monferrato, il 13 ottobre del 1876:
«Avrei bisogno di un piccolo Galateo, che vorrei si unisse al Regola-
mento della casa e delle case (il regolamento deli'Oratorio di Valdocco
esteso a tutte le case salesiane). Se Don Berto (suo segretario) o Barale (ii
coadiutore preposto alla libreria) possono trovarne una copia, mandamela
a Nizza (Monferrato) dove mi puoi indirizzare le cose h o a mercoledì...
Sono a Vignale (ospite dei Conti Callori). Dappertutto si canta miseria; di
giovinetti però si fa offerta generosa ad ogni momento. Speriamo e pre-
ghiamo. A metà d d a prossima settimana la contessa Bricherasio porterà un
beiio e compiuto paiamentale pei missionari. Non si facciano dficoltà a
lasciatla andare avanti (allora c'erano disposizioni strettissime per l'ingres-
so di donne neil'interno delle case salesiane) e le si diano due «Giovane
Provveduto » (due copie dei desideraussimo manuale di pietà compilato
da Don Bosco pei giovani) pei suoi due figli... Pensate a fare molto posto
pei giovani. Si dispongano i Figli di Maria (adulti aspiranti al sacerdozio)
a recarsi: quei di prima ginnasiaie a Sampierdarena, i più inoltrati a T e
rino; ma si noti se, pensetis pensandis (riflettendo a tutto), non sia il caso
di non vestire taluno di cui Don Francesia diede cattive notizie... La parten-

8.3 Page 73

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za per l'America è fissata pal 14 novembre prossimo. Ai primi del mese si
farà la gita a Roma... Prociira di fare un riparto delle incombenze che si
riferiscono al prefetto dell'e~ternoe a quello deiie cose interne. Fanne due
capi a parte e poi ne parleremo. Ciò che esiste nei regolamento armale si
riferisce ad un solo prefetto, mentxe adesso ce ne sono due... Fr. 200 per
caduna monaca è poco, mentre la contessa Caiiori ne dà 400. Almeno 250!
Parla con P. Franco sul permesso a D. Canova a direttore spirituale deiie
nostre suore... Per quest'anno non è possibile Verona, mancando di per-
sonale. Se può differirsi ad un altro anno... Rispondi al sig. Rota che man-
deremo le tre suore (a Lu Monferrato)... a (49).
Questa lunga lettera prova quanto ormai Don Bosco affidasse
a Don Rua anche delle sue responsabilità: la seconda spedizione
missionaria del 1877, con l'andata dei missionari a Roma a pren-
dere la benedizione del Santo Padre; l'ammissione alla vestizione
ed alle professioni; la revisione del regolamento da stampare do-
po la lunga esperienza, con la distinzione di un servizio di prefet-
tura per gli esterni ed una per gli interni dell'Oratorio di Valdoc-
co; il compenso annuo (sic) per le suore destinate a servizio del
seminario di Biella; l'apertura della casa di Verona; l'invio delle
Figlie di Maria Ausiliatrice a Lu Monferrato; la scelta del confes-
sore per le suore... Evidente il crescendo di fiducia.
Cinque giorni dopo gli annunciava il suo siiorno da Nizza
Monferrato e lo invitava a trovarsi alla stazione per poter discor-
rere agevolmente di tante cose. L'l1 novembre da Roma gli dava
notizie del soggiorno e delia partenza dei missionari, notizie buo-
ne delle case salesiane di Albano, Ariccia, Magliano... (50).
Da Roma Don Bosco raggiunse i missionari a Sampierdarena
e li accompagnò sulla nave, stando con loro fino all'ora della par-
tenza; quindi scrisse a Don Rua che facesse pervenir loro il dena-
ro disponibile per mezzo del provveditore sig. Rossi a Bordeaux:
« ... Mandano un caro saluto a tutti i loro fratelli e amici dell'ora-
torio. Scriveranno da Marsiglia. Io sarò a Torino venerdì, si Do-
minus dedeuit, e andrò a pranzo da Don Vallauri. Faglielo sapere
e se puoi vieni anche tu. Tutto a maggior gloria di Dio » ( 5 1 ) .
Copioso il carteggio del 1877 e del 1878 da Roma, ove il
precipitare della salute del Papa e l'urgenza di ottenere i privilegi
canonici per la Congregazione, le sorprese politiche conchiuse con
la morte del Re e del Papa, le necessità del conclave ed altri inte-
ressi gravi lo obbligarono a far la spola da Torino.

8.4 Page 74

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I lettori sapranno discernere la diversa importanza. Noi stralce.
remo i d a t i più rilevanti.
Roma, 11 gennaio 1877:
« ... Osserva un po' quel benedetto teatrino. Parla con Don Lazzero e
fate in modo che siano sbandite le cose tragiche, duelli, le parole sacre...
Forse Barale è quello che vi potrà aiutare ed è d'accordo con Dogliani (i
due Coadiutori responsabili delle recite e della musica)... Se le Suore s a -
discono il teatrino, vadano... Questa sera vado di nuovo ail'udienza del
Santo Padre... » (52).
Roma, qualche giorno dopo, non precisato:
«... Si faccia pure il trattenimento pel giovedì grasso; ma cose brevi,
che facciano ridere, e che non siano protratte oltre le cinque... Di' a Don
Vespignani che ho domandato una benedizione speciale per lui al S. Padre.
Altra per tutti gli ammalati, nominatamente Don Guidazio e Toselli... (53).
D a Roma, pochi giorni dopo:
«Va' in mia camera e rroverai sul secondo ripostiglio della scansia del
mio tavolino " I1 Cattolico Provveduto ", quello delle Letture Cattolkhe,
interfogliato cd in più cose carretto per la ristampa; ivi pure ci dev'essere
un quaderno di fogli da lettera, in cui si parla della esistenza di Dio, ecc.;
procura di mandarmelo. Idem, se ci sono, stampe, o si stampa qualche cosa
ueila Unità Cattolica, che ci riguarda... Dirai a Don Guidazio che non cor-
belli e che si curi molto la sua sanità col riposo, A c h é possa lavorare
molto... Dirai ai nostri confratelli e giovani che ho tra mano molti ed im-
portanti affari; perciò ho gran bisogno delle loro preghiere. Pregali che
facciano una Comunione secondo le mie intenzioni, ed io farò per loro una
preghiera speciale aila tomba di San Pietro... Dammi notizie della sanità
deil'Arcivescovo e del nostro caro Toselli (coadiutore salesiano)... Dirai
pure a Giulio (domestico) che scopi bene la scala nostra e che raccolga i
p a z i di carta sparsi qua e ... Fa' pure un saluto alia buona nonna Teresa
(anziana signorina che aveva aiutato per tanti anni la mamma di Don Rua
a tener la guardaroba e h i v a i suoi giorni con le F.M.A. di Valdocco) e a
tutte le nostre sorelle (Suore) in G. C. ... » (54).
Roma,
giorno dopo, non precisato neppur questa vol-
t a p e r l a ressa del lavoro:
«...Il Santo Padre fece splendida accoglienza: manda la sua benedi-
zione a tutti... Essendo alquanto incomodato daila tosse, si raccomanda
expressis uerbis alle preghiere di tutti, specialmente per una santa Comu-
nione cui egli annette Indulgenza plenaria... n (55).

8.5 Page 75

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Da Roma, senza data, dopo la terza udienza del Papa (21 gen-
naio); quindi il 22:
... Si tratti del vivere per le Monache (piemontesismo, per suore) in
Chieri... pel prete (cappeilano: si stava per aprire la loro casa in Chieri)
etc.; dopo si mandino le une e l'altro... Va' a dire agli arrigiani, miei cari
amici, che ho letto al S. Padre le lettere che Don Branda nu scrisse d i loro
e che ne fu assai contento. Disse ripetutamente: Dio benedica quei cari
giovani, essi mi consolano assai, pregherò per loro; continuino ad essere
buoni, preghino per me che mi sto awicinando al tramonto... Nota bene: il
S. Padre era a letto perché indisposro; rimandò a tutti l'udienza. I1 solo
capo dei monelli fu ammesso e gli feci compagnia quasi tre quarti d'ora ... D
(56).
Rientrò a Torino il 4 febbraio. Ma in Marzo era già in Fran-
cia e scriveva a Don Rua da Marsiglia, il 5 marzo del 1877:
« ... Ho scritto al Principe Chigi per un piano a Trione (il ch. Stefano
Trione era addetto alla casa di Albano e desiderava un pianoforte) e spero
che sarà favorito... Quando occorre inviar suore in qualche nuova casa, non
si devono prendere tutte daila casa madre; ma, come facciamo noi pei sale-
siani a Torino, cercarne qnalcuna neile case già aperte, ma che sia capace; e
poi, facendo supplire queste da qualcuna nuova, inviare queUa (capace) alla
direzione della casa nuova. Di questo ne parleremo giunto a Torino... I1
Vescovo di Marsiglia, che fu assente, giunse ieri ed opgi andrò con Don
Ronchail a pranzo a casa sua. Si manifesta assai favorevole alle cose nostre...
Ieri vi fu un trattenimento per la distribuzione delle menzioni onorevoli
agli allievi di questo collegio di seicento convittori. Pare che possa servire
di norma anche per noi: declamazione di cose diverse, canro, suono, qualche
concerto contentarono l'immenso uditorio che era presente in un vastissimo
salone sotto la Chiesa. Domani mattina partiremo per Cannes, dove mi
... fermerò sei ore per visitare qualche ammalato e trattare per una memoria
da darsi a l governo mercé l'appoggio di un amico di MacMahon Dirai ai
nostri giovani che mi sembra un mezzo secolo da che non li ho più veduti.
Desidero tanto di far loro una visita per dir loro tante cose ed anche per
awisarii chc preghino per un compagno che non mio1 più fare con loro la
festa di Pasqua (il giovane Briatore Giovanni di Garessio, di 1' ginnasio,
che realmente morì il 28 mano, prima di Pasqua)... » (57).
Sembran leggendari i viaggi d i Don Bosco e la molteplicità
deiie pratiche che trattava. Dalla corrispondenza Don Rua appren-
deva anche a far, più tardi, i suoi per continuare ed estendere
l'opera del fondatore.
Sostando per altre case in Liguria, Don Bosco raggiunse Sam-
pierdarena donde scrisse il 24 marzo:

8.6 Page 76

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n ... Dolorosa la notizia di Mons. Galletti (vescovo di Alba, grave-
mente infermo). Fate preghiere particolari, io scriverò di qui e speriamo
nella bontà del Signore... (guarì). Di' a Don Lazzero che per Perazzo si
osservi bene se ami alcunché contro la moralità e poi si proceda secondo i
fatti. Sia però prevenuto con una paternale sic... Dirai a Don Ghivarello
(l'Economo impegnato in quei mesi a complerare l'appartamentino di Don
Bosco con l'aggiunta di due stanze ed una veranda, come è tuttora) che io
non voglio altro che la casa terminata; e &e $unto a Torino io voglio che
siano assolutamente allontanati i rumori dei muratori. Che ragazzi! Mi
promisero tutto finito in pochi giorni, con pochissima spesa, e poi... Giunto
a Torino, dammi il regolamento della casa e lo leggerò tostamente. Don
Barheris ha compiuto la parte sua? Saluta i nostri cari confratelli Don Ve-
spignani e Don Tonella e di' loro che sono assai contento che stiano meglio
e prego Dio che ad ambidue conceda la robustezza di Sansone, atteso il gran
bisogno che awi di lavorare... Un saluto a Don Barberis e ad Armelonghi.
Dirai a quello (incaricato dei novizi) che quest'anno il numero degli ascrit-
ti crescerà forse assai... » ( 5 8 ) .
In giugno Don Bosco era di nuovo a Roma e di scriveva
1'8 giugno 1877 a Don Rua dando disposizioni per la dimissione
di due chierici che non si comportavano bene; poi soggiungeva:
« ... Roma è capitale del mondo in senso letterale. Pio I X è la prima
maiavigiia d i questo secolo, l'esposizione pel suo giubileo è la seconda; ma
h n a e l'altra senza esempio nella storia del passato e credo anche in quello
dell'awenire... Era li per scrivere al sig. Conte Cays e al Sig. Avv. Fortis
perché venissero a fare anche solo una visita per vedere un momento lo
spettacolo della pubblica esposizione; ma attesa la foila immensa ed anche
l'indiscrezione di alcuni, dimani si sospenderà e vedrò se si riaprirà. Finora
non si poté ancora avere udienza dal Santo Padre, né pubblica, né privata.
Spero che l'avremo nei giorni primi della prossima settimana. I1 Santo
Padre si lagnò più volte che Don Bosco non gli va a parlare dei Concettini,
ma come awicinado? (Stava a cuore al Papa che Don Bosco si prendesse
cura di questi religiosi; ma intrighi d i chi non voleva saperne impedivano
l'invito regolare di Don Bosco all'udienza)... Mons. Ceccarelli (prelato di
Buenos Aires che accompagnava l'Arcivescovo, entrambi strumenti di Dio
per l'andata dei salesiani in Argentina) è una copia di Don Cagliero; verrà
coi suo Arcivescovo, copia di Mons. Galletti, a passare qualche giorno con
noi a Torino. Ciò che raccontano dei salesiani è di gran lunga superiore a
quanto ci fu scritto nelle loro lettere. La parrocchia detta " La Boca" che
è ancora parrocchia urhicaria (cittadina) è definitivamente data ai salesiani.
2 la prima parrocchia della repubblica Argentina &data a Congregazioni
ecclesiastiche, ed è una delle più difficiii, ma delle più importanti della cit-
tà. La sera della sua partenza (da Buenos Aires per Roma) l'ilrcivescovo
volle firmare il decreto e racconta ciò con grande compiacenza... Dopo

8.7 Page 77

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l'udienza conto di partire per Sampierdarena dove giungerò mezzo cotto per
andarmi a far cuocere del tutto a Torino, se ciò non succede prima che io
parta da Roma... » (59).
Roma, 12 giugno:
« L a pratica pel seminario di h3agiiano è terminata nel senso da noi
inteso. Sarà questo il primo esempio di Seminario amministrato a questo
modo (stile salesiano). Ti mando copia del capitolato... Se le ciliege non
son molto care, credo convengano per farne del vino (ric). Si osservi che
più sono mature, più sono opportune per farne. f i n c h é si depurino, ci
vuole notabile quantità di acqua... Se non sai dove mettere il denaro...
Rossi (il provveditore) e Don Alhera (direttore di Marsiglia che, come
Rossi, era in gravi necessità) ti aiuteranno a recapitarlo. Sarebbe cosa
stupenda se al passar gli Argentini a Torino si potesse dare il dramma
sulla Patagonia (composto da Don Lemoyne)... Mons. Lacerda, vescovo di
Rio Janeiro, è qui a Roma; gli ho parlato: vuol venire a Torino e non
partirà più dall'Oratorio se non quando avrà con sé almeno cinque sale-
siani, di cui ha preparato i passaggi. Vedrai che cara persona!... È stabilito
che Don Cagiiero va a fare una perlustrazione agli ultimi c o h i della Pata-
gonia a Santa Cruz. Quindi resta di alcuni mesi differito il suo ritorno in
Europa Oggi è il Card. Arcivescovo di MaLines che a nome del S. Padre
chiede che si vada ad aprire una casa nostra in sua diocesi. Idem il Card.
Simeoni per Palestrina; idem pel Canadà, etc. Dunque di' ai novizi che mi
raccomando per carità che facciano presto, perché ogni giorno si moltiplica-
no i bisogni... Non so come ce la caveremo... Finora, ninna udienza... » (60).
Roma, 16 giugno:
... Di' a Don Berto che mi mandi una veste da estate, altrimenti re-
sto cotto in Roma. Per la ferrovia, a grande velocità, credo non costerà
quanto comprarla nuova... (a chc punto lo spirito di povertà!...). Se nulla
asta per la moralità, Perret chierico si faccia fare la tonsura (cioè lo si am-
metta alla Tonsura). Ti mando qui millanta cose (molte commissioni da
fare), fra cui la lettera da inserirsi nel Bollettino Salesiano che devesi sol-
lecitare quntum fieri potcrt, affinché possa uscire nel prossimo mese.
Mi si mandino le stampe. Se l'Opera di Maria Ausiliatrice (foglietto di pro-
paganda dell'opera dei Figli di Maria per le vocazioni adulte) è stampata,
me se ne mandino alcuni esemplari, ma si procuri il visto deli'Autorità ec-
desiastica di Genova... Non ancora avuta udienza particolare e il Santo
Padre non vuole ancora che io parta... Moltissime cose si presentano da
cominciare, da fare; ma mi mancano tutti i segretari. Ciò mi fa sospirare
Don Berto. Ho poi costì &ari che ti comunicherò tosto se riescono, ma che
hanno bisogno di molte preghiere. Di' al sig. Conte Cays che il corso di
teologia è di sette a m i (compresa la filosofia) e forse egii... lo farà in sette
mesi...n (61).

8.8 Page 78

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Il Cònte Carlo Cays di Giletta e Caselette desiderava farsi
salesiano; e siccome aveva cultura e virtù esimie pel sacerdozio,
Don Bosco otteneva dalla Santa Sede le facoltà necessarie per ac-
celerare i tempi. Il primo numero del Bollettino Salesiano poté
uscire solo in agosto del 1877: fino a dicembre col doppio titolo
di « Bibliofilo Cattolico o Bollettino Salesiano », da gennaio 1878
solo col secondo.
Da Roma, il 20 giugno:
* ...È deciso che 1'Arcivescovo di Buenos Aires passerà a Torino coi
suoi pellegrini. In tutti saranno da sei ad otto. Mons. CeccareUi ci precederà,
io li accompagnerò per via e scriverò un dispaccio il giorno precedente
l'arrivo. (Seguono le disposizioni pei soggiorno col trasferimento delia
festa annuale di Don Bosco al 29 giugno per associarvi le feste di San
... Leone, onomastico deli'Arcivescovo, Pietro, onomastico di Mons. Ceccarelii,
e semplificare le cose) San Giovanni lo invocherà Gastini con la sua par-
rucca bianca... Passa dall'kcivescovo nostro e digli che essi stessi passeran-
no ad ossequiarlo e cbe lo preghiamo a dare la facoltà di celebrare ai preti
che li accompagnano, ed ai vescovi di far funzioni se il tempo e la sanità
loro il comporta... In quanto al vitto sono di facile contentatura, purché
sia roba buona, cioè non danno soggezione di sorta... Sta' bene, fatti buono,
saluta cordialmente ~ t t ii nostri cari salesiani, aspiranti o &e possono
essere aspiranti in avvenire. Di' a tutti che io voglio che facciamo una
grande allegria nel Signore ed anche in cucina.., P.S. Per tua norma non
parlar di miseria (debiti, strettezze) in presenza del Conte Cays e dell'Avv.
Fortis. Questo sarebbe un chieder loro sussidio, quod non erpedit... » ( 6 2 ) .
Finalmente, da Ancona, 24 giugno:
«Sono qui ad Ancona col Card. Antonucci e con tutti gli Argentini e
faremo San Giovanni sulle sponde dell'ildriatico, dirimpetto a Lissa. Dima-
ni partiremo per Milano dove a fermeremo marcedì e mercoledì h o aile
quattro pomeridiane, quando faremo vela per Torino. Giungeremo verso
le otto. Per tua norma gli Argentini amano molto la carne e sono molto
delicati di cucina, ma per la loro pietà si mostrano sempre contenti. Per
quanto è possibile scegliete camere con comodità e nettezza... Pel resto...
tu farai, noi faremo, eglino faranno... Mons. Aneyros vorrebbe condurre
con un mezzo esercito di missionari per dare i'assalto (spirituale) ai
Pampas ed ai Patagoni... » (63).
Si notino i particolari a cui scende ed il tono scherzoso per
far coraggio a Don Rua che doveva pensare a tutto, mentre l'Ora-
torio era... il « povero » Oratorio... Don Rua fece del suo meglio
e tutti furono molto soddisfatti.
75

8.9 Page 79

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Quanta altra carne bolliva in pentola, mentre gli Atgentini
prendevano la via del ritorno: la spedizione dei missionari e il pri-
mo Capitolo Generale secondo le Regole e i Sacri Canoni... E
Don Rua, sotto, mentre Don Bosco voleva salutare gli Argentini
a Marsiglia e li raggiungeva ad Massio dopo una sosta a Borgo
San Martino, donde scriveva il 6 luglio:
«Parto per Sampierdarena; stassera alle 8 spero di essere ad Alassio.
Qui pare a sia quest'anno buona raccolta di (aspiranti) salaiani da depu-
rami agli esercizi di Lanzo (vagliarne la vocazione). Ti mando il libretto
per la spedizione dei diplomi pei Cooperatori. Si solleciti la spedizione, ma
si badi che a molti fu già forse spedito separatamente. Questa è cura di
Don Berto. Visto il ritardo del Bollettino, credo meglio farlo cominciare ad
iigosto, ed in questo senso mando il mese di agosto per le indulgenze (cioè
l'elenco delle Indulgenze lucrabili nel mese di...) ».
Notiamo solo che nel 1877 si prese a spedire ai Cooperatori
il libretto col loro regolamento e l'elenco delle Indulgenze loro
concesse, riservando una pagina pei dati di iscrizione, che sostitui-
va il semplice diploma primitivo, per risparmio di spese. La firma
era quella di Don Bosco, che volle sempre privilegio del Retior
Maggiore, pel senso unitario di direzione.
Ad Alassio l'attendeva l'Arcivescovo col quale Don Bosco pro-
seguì b o a Marsiglia e di scrisse a Don Rua senza apporre
data:
«Bisogna proprio adoperarci per aver danaro. Da ogni parte ne d i a n -
dano e non uovo chi ne possa dare. Cominciamo... (segue un elenco di
indicazioni a cui bussare)... Ma in qualche modo, il faut trouver de lingenf.
Sono stanco a non plus ultra. Io mi arresto a Marsiglia. Gli altri vanno
... tutti a Lourdes; io li assisterò domenica all'imbarco, di poi me ne vado
(vengo) a Torino dove spero che le zanzare mi lasceranno in pace Forse
Mons. Ceccareiii ritarda la partenza fino alla nuova spedizione di missio-
nari... >> (64).
Sulla via del ritorno. da Alassio, senza data:
Sono ad Alassio un po' rotto. Dimani spero andare a Varazze col
celebre Don Francesia (direttore)... Probabilmente la mattina del 25 farò
vela per Torino... P.S. Mons. Alimonda è Vescovo di Aibenga. Ottima scel-
ra per noi K (65).

8.10 Page 80

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Rei familiaris procurator
Se da lontano, per corrispondenza, Don Bosco seguiva così
minutamente le cose di casa, figuriamoci quando era in casa!
Don Eugenio Ceria (allievo deli'Oratorio di Valdocco, cioè
deila Casa Maggiore, negli ultimi anni di vita del fondatore, confi-
dente dei successori e degli antichi superiori, chiamato a Torino a
servizio della direzione generale nel 1929 per continuare l'opera di
Don Lemoyne nella compilazione delle << Memorie Biografiche di
Don Bosco »,come storico della Società Saiesiana di cui fu il primo
annalista ufficiale) descrive nel volume XI come funzionava la ca-
sa e la Congregazione nel 1875 nell'armonia dei rapporti con
Don Rua, mettendo in rilievo la mutua confidenza e la Gliaie di-
pendenza del Prefetto Generale che fungeva contemporaneamente
da vice-direttore locale. Sono pagine che va1 la pena di riportare
perché specchio di un sistema familiare in cui il « padre di fami-
glia » è tutto, secondo un suo principio affermato senza reticen-
ze specialmente nella conferenza del 3 febbraio 1876 (66) e riba-
dito a più riprese, ma impegna i suoi collaboratori con tutti i
valori della loro personalità e delle loro capacità e competenze,
senza livellarne la mentalità, né il carattere, né il temperamento.
Prende ognuno com'è, lo stimola ed aiuta ad essere come dovreb-
be essere secondo le regole e lo valorizza per tutto quel che vale.
«L'Oratorio - così Don Ceria - residenza abituale di Don Bosco e
Casa-Madre deila teste nata Congregazione, doveva non solo essere un am-
biente che facesse onore al Padre neil'estimazione del mondo, ma ofirire
anche in sé una forma di vita salesiane su cui si modellasrcro con sicurezza
le altre case. Perciò il suo andamento Don Bosco voleva che dipendesse dal
suo comando e dal suo consiglio. Non già che nella pratica egli legasse le
mani a i superiori suhalterni, sulle cui spalle gravava pondus dici et aestur;
lasciava anzi ad essi molta libertà di azione, ma sempre nell'ambito delle
regole poste da lui stesso e nel senso delle direttive da lui dettate. Questa
sua ingerenza diretta nel gran mare dell'oratorio derivava anche da una
necessità di fatto, poiché i preti della casa eran tutti giovani. Cosicché la
vita di famiglia deli'Oratorio di Don Bosco s'imperniava nella sua persona...
Lo dimostrano anzitutto la costituzione del primo Capitolo (Consiglio) lo-
cale ed il suo modo normale di agire. Don Bosco vi figura come direttore,
ma non più solo, bensì coadiuvato da un vicedirettore che è Don Rua...
I verbali delle sedute (di Consiglio) così limpidi nella loro laconicità, ci
rappresentano Don Rua che presiede, Don Rua che propone, Don Rua che

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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prende gli accordi con gli altri membri; ma ben si vede che in cima ai suoi
pensieri sta la preoccupazione di interpretare a dovere la mente di Don
Bosco: infatti ogni volta che si affacci una idea innovatrice, la delibera-
zione è sempre subordinata a quanto dirà Don Bosco. Vien da sé che un
tal Capitolo non si scostasse un'ette da quella linea di condotta che Don
Bosco fece sua legge e che si formula in una parola: prevenire. Così, per
es., le cose vi sono sottoposte a minuto esame in antecedenza e le ricor-
renze di maggior rilievo sono studiate anche un mese prima per poter pre-
sagire in tempo le probabili eventualità e anticiparvi adeguate prowidenze.
Al quale scopo si solevano anche rileggere le deliberazioni degli anni ante-
riori con le relative annotazioni post eventum; poiché Don Bosco insegnava
a raccogliere ed a fissare suila carta i dati della esperienza per farne tesoro
e xralersene in circostanze analoghe...
Personalmente Don Bosco trattava di proposito gli affari e i casi giorna-
lieri deìl'Oratorio dopo cena. Suilo scorcio deile sue laboriose giornate,
presa la parca refezione vespertina con la comunità, durante la mnz'ora che
intercedeva tra il levar delle mense e le orazioni della sera, egli sentiva,
chiamava, dava ordini... Una cronachetta ce lo ritrae al vivo neil'atto di
compiere iale ufficio. La sera deF8 luglio, sfollato che fu il refettorio, fe'
cenno a Don Chiala, catechista degli artigiani, che si fermasse con lui e
s'intese suila stampa di alcuni fascicoli deile Letture Cattoliche. Subito dc-
po, Don Lazzero, prefetto deila casa, venne a parlargli di proweditnenti da
prendere per il buon ordine degli artigiani. Non aveva ancor finito lui, che
Don Barberis, Maestro dei novizi, si fece avanti a riferirgli come il Capi-
tolo della casa fosse stato unanime nel proporre &e ai chierici si proni-
rassero vacanze aliegre... e lì a ventilare disegni di luogo, di tempo, di
durata, di modalità, finché: - Va tutto bene - conchiuse Don Bosco -;
ma quella casa contiene appena una quindicina di individui. Per altro è
adatta. Vi si facciano i preparativi necessari...
Ed ecco sopraggiungere Don Durando, Consigliere scolastico generale,
a parlare di un professore che chiedeva la stampa di un suo libro...; poi
Don GuaneUa ad esporre la proposta di pubblicazione di un altro libro suo
suil'opera della Propagazione della Fede, nelle Letture Cattoliche...; poi Don
Milanesio, direttore dellOratorio festivo, a prospettargli l'opportunità di
un'altra scuola serale per esterni, mentre già Don Bosco saliva le scale... per
giungere in tempo alle orazioni deila comunità... ».
Così si dialogava aliora e tutto si conchiudeva di comune ac-
cordo.
Don Rua, se occorreva, veniva trattenuto accanto a Don Bo-
sco; del resto saliva in cortile a trattare con altri confratelli, men-
tre osservava lo svolgimento della ricreazione o conversava con
gmppi di giovani che lo attorniavano. Nelle lunghe assenze di
Don Bosco, nota Don Barberis in una cronachetta: a L'Oratorio è

9.2 Page 82

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così organizzato, che quasi nessuno si accorge della sua assenza >>
(67).
M e r i t o soprattutto di Don Rua.
N e l 1875 supplì D o n Bosco anche nell'infervorare salesiani e
giovani a consacrarsi al Sacro Cuore di Gesù coi fedeli della Chie-
s a universale. E r a il 16 giugno e D o n Bosco stava a Roma. Prima
del canto del Te Deum per l'inizio del 30' anno d i pontificato di
Pio IX, egli rivolse a t u t t i la sua parola ardente d i f e d e e di amo-
re, commovendo i cuori.
« Amministrarore generale deUa casa (di Torino), anzi deUe case, era
Don Michele Xua B - (continua Don Ceria, ritraendolo poi nel suo u 5 u o
insieme ai segretari a svolgere il suo quotidiano servizioper tutta la Con-
gregazione) - ... « Uomo che possedeva una straordinaria capacità di lavoro,
Don Rua la mise tutta a servizio di Don Bosco per l'Oratorio e per la Con-
gregazione. Contava allora 39 m i , vissuti per due terzi a fianco del fon-
datore. Propostosi fin da fanciullo di stare con lui, accintosi poi ad imitarlo
aiutandolo, si abbandonò, mani e testa legati, come si legge del Saverio con
Sant'Ignazio, d a direzione di Don Bosco, del quale con fedeltà e costanza
mirahile cercò sempre di interpretare esattamente e di eseguire a puntino
voleri, desideri, intenzioni. Ben rare si incontrano nella storia le coppie di
animi e di cuori che abbiano formato così letteralmente un cuor solo e
un'anima sola, tanto ebbero in ogni tempo conformità di pensiero, di cii-
teri, di metodi, di fini, di mezzi.
L'atteggiamento in cui Don Giuseppe Vespignani lo sorprese la prima
volta che lo vide, una sera del novembre del 1876, fu il suo perpetuo con-
tegno verso Don Bosco. Stava egii - si legge ne1 volumetto «Un anno alla
rcuola di Dox Borco» - in piedi presso il buon Padre assiso a mensa,
come chi ne attendesse la parola, l'ordine, il consiglio: a lui Don Bosco
passò la lettera di presentazione del nuovo venuto, perché la leggesse e
riferisse, e dopo giiene a5dò la persona. Don Vcspignani capi senz'altro che
in tutto e su tutti Don Bosco agiva mediante Don Rua, né tardò a consta-
tare che realmente l'Oratorio e l'intera Congregazione stavano alla dipen-
denza immediata del giovane, amabile e riflessivo sacerdote; notò infine
come egli nulla facesse che non apparisse voluto o ispirato da Don Bosco
o comunque eseguito in suo nome, tranne i provvedimenti odiosi... NeUa
vita di comunità lo si vedeva sempre puntualissimo al suo posto, tanto
puntuale che talvolta, per recarsi a dire le orazioni deUa sera con i confratelli
e i giovani, rompeva perfino la conversazione con Don Bosco, che era tanto
cara. Lo vedeva procurare con ragionevole discrezione che nel refettorio si
facesse la ietmra e si facesse bene... L o vedeva, dopo le preghiere serali,
passeggiare lento e solo sotto i portici recitando devotamente il Rosario e
avvisare con belle maniere quanti non praticassero il silenzio comandato
d d a Regola o non fossero solleciti a ritirarsi; dopo di che faceva un giro

9.3 Page 83

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per tutto l'oratorio. Seppe poi che egli ripeteva tale perlustrazione ne1
cuor della notte, andandola a terminare in chiesa davanti al SS. Sacramento.
Era uno dei confessori ordinari, approvato anzi nel 1876 dall'kcive-
scovo Gastaldi anche per le Figlie di Maria Ausiliatrice. Confessava con
ardore, animato da un grande zelo di accendere neiie anime l'amore di Dio
e il desiderio della perfezione...
Neil'intimità del suo ufficio, Don Rua aveva l'occhio a tutto, senza però
far nascere neppure il sospetto che a d a s s e o spiasse, tanta era la soavità
e dolcezza concui procedeva...
Passava per le mani di Don Rua la massima parte deiia corrispondenza.
Egli ne faceva lo spoglio, postillava e distribuiva ai segretari perché ne
stendessero le risposte e, fattane diligente revisione, h a v a e faceva spe-
dire. Non poche recavano già segni e note marginali di Don Bosco che
rimetteva a Don Rua il disbrigo di commissioni, di accettazioni gratuite di
giovani, domande di aspiranti alla vita salesiana, ringraziamenti per offerte...
Don Rua si prendeva cura speciale dei chierici studenti di teologia e ne
seyiva la formazione intellettuale e religiosa. Assisteva ed aiutava gli in-
segnanti novelli ad applicare il metodo salesiano. Badava che i sacerdoti
fossero esatti nelle celebrazioni liturgiche, osservando fedelmente le tubriche.
Dava personalmente l'esempio di sommo rispetto alla povertà rdigiosa,
usando con la massima parsimonia di quanto gli accorreva. Eran tempi in
cui si economizzava anche in cose di minimo valore: ritagli di carta, penne,
pennini; si studiava su testi scolastici che passavano da uno all'altro di anno
in anno, si utilizzavano le pagine in bianco dei fogli usati da un sol verso...
Non parliamo di abiti, calzature, suppellettili...
Don Rua era di un'austerità esemplare, senza che mai degenerasse in
sordida spilorceria... Nell'ufficio di Don Rua la pietà e la preghiera santifica-
vano il lavoro... Appena entrato egli recitava coi segretari la preghiera di
inizio, poi leggeva un buon pensiero ddle opere di San Francesco di Sales,
generalmente. Al termine traeva un altro buon pensiero spirituale e conclu-
deva con le orazioni di uso. Il ruo ugcio era una vera scuola d i ogni virtù,
cattedra di dottrina e di santità, palestra d i jormazione salesiana... Ma anche
h o r i ufficio Don Rua era sempre l'uomo che faceva ogni cosa a perfezione.
«Ogni di' più ammiravo in Don Rna la puntualità, la costanza instancabiie,
la religiosa perfezione, l'abnegazione unita aila più soave dolcezza. Quanta
bontà, che belle maniere per incamminare un suo dipendente ndl'ufficio
che voleva affidargli! Che delicato studio, che penetrazione nel conoscerne
ed esperimentarne le attitudini, per educarle in guisa da renderle utili al-
l'opera di Don Bosco! » (68).
Lo stesso volume, in una nota del capo V I dà I'elenco dei
Salesiani fatti membri, con Don Bosco, dell'ilccademia delI'Arca-
dia nel 1874. Don Rua vi figura col nome accademico di Tinda-
ro Stinfalico » (69).

9.4 Page 84

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Coi Cooperatori e i Figli di Maria
Nel 1876 Don Bosco ottenne da Pio IX l'approvazione e la
commendatizia della sua « Terza Famiglia Spirituale », felicemen-
te debita: Pia Unione dei Coopeuatoui Salesiani; e dell'opeua
dei Figli di Maria, per le vocazioni di adulti allo stato ecclesiasti-
co. Don Rua ne condivise subito la cura, senza alcun sollievo da-
gli altri impegni che già gravavano sulle sue spalle.
Don Rua capì Don Bosco fin dall'inizio, meglio degli altri sale-
siani, sul fine della sua terza Famiglia spirituale, quasi terz'ordine
della Congregazione. E ne rese ben l'ideale, deponendo, nei pro-
cessi canonici, che Don Bosco aveva avuto di mira tre cose
nell'organizzare i Cooperatori Salesiani, quando nel 1874 dovette
smembrare dalla Congregazione i « Soci salesiani esterni »:
1) soddisfare un dovere di riconoscenza verso i benefattori
delle sue opere aggregandoli ad un'associazione che consentiva lo-
ro di godere tanti favori spirituali;
2 ) animare tutti alla perseveranza nel beneficare le sue opere
e nel procurare sempre nuovi benefattori;
3 ) unire i suoi benefattori e benefattrici in impegni di aposto-
lato, facendoli come tanti ausiliari del proprio parroco e, per mez-
zo di lui, ausiliari del proprio vescovo, quindi altrettanti figli de-
voti al supremo Capo della Chiesa (Sommario del Processo di Bea-
tificazione, n. 111, parr. 652-3).
Seguì quindi l'organizzazione della direzione generale, le prati-
che di iscrizione, la propaganda iniziale, le convocazioni annuali
per le conferenze, l'invio dei Bollettino Salesiano (di cui tenne la
revisione anche da Rettor Maggiore), la diiusione presso le varie
case a cui, in principio, si mandava in blocchi per la distribuzio-
ne, e p e r h o il sostegno quando si chiese ad ogni casa un concor-
so finanziario in proporzione delle copie che diiondeva gratuita-
mente ai soci.
Egli figurò come direttore dell'oratorio di Chieri, avviato dap-
prima nella parrocchia di San Giorgio da sacerdoti del clero seco-
lare e regolare locale, considerati come Cooperatori, finché non
preferirono favorire l'oratorio femminile Santa Teresa, affidato al-
le Figlie di Maria Ausiliatrice con direttore spirituale Don Gio-
vanni Bonetti.

9.5 Page 85

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A lui Don Bosco confidava tutti i particolari delle conferenze
che teneva egli stesso finché visse e lo poté. I1 29 gennaio 1878
gli scriveva da Roma: « Oggi abbiamo avuto una conferenza pre-
sieduta dal Card. Vicario, che infine fece uno stupendo discorset-
to » (70).
A Don Rua passavano, dalle mani di Don Bosco, le pratiche
per le fondazioni che distinti Cooperatori ecclesiastici e laici pro-
ponevano o addirittura offrivano in Italia e all'estero. Ed egli,
seguendo fedelmente le intenzioni e direttive del Santo, ne tratta-
va con avvedutezza e competenza, risparmiando al Padre amarez-
ze quando si dovevano ricusare.
Don Rua pensava alla organizzazione delle Conferenze annuali
ai Cooperatori di Torino, sul modello di quella tenuta da Don Bo-
sco a Roma, di cui il fondatore gli aveva scritto: «Farà epoca
nella storia D. La prima anche a Torino la tenne Don Bosco stes-
so il 16 maggio 1878 nella cappella di San Francesco di Sales.
Don Rua curava i dettagli, dall'invio degli inviti allo svolgimento.
Negli ultimi anni della vita del santo gli toccò più volte di sup-
plirlo qua e là, dove non poteva andare. Divenuto Rettor Maggio-
re, si prese personalmente a cuore la sistemazione, l'incremento
ed il funzionamento, come lo intendevano Don Bosco, Pio I X e
la Chiesa.
Nei Capitoli Generali dei Salesiani che egli presiedette fece
studiare ed approvare i quadri dei dirigenti, affiancando ai diretto-
ri delle case un incaricato locale ed accanto agli ispettori un corri-
spondente ispettoriale che avesse anche il dovere di trasmettere al
direttore del Bollettino Salesiano notizie e cronache da pubblica-
re. Nominò il primo Segretario generale nella persona deil'impa-
reggiabile Don Stefano Trione: ampliò l'elenco dei Ditettori Dio-
cesani e dei Decurioni, approvando la scelta di Zelatori e Zela-
trici dove non bastassero Direttori salesiani e Decurioni. Cresceu-
do poi il numero dei Cooperatori e prendendo la Pia Unione svi-
luppo sempre più ampio a raggio internazionale, ne affidò la dire-
zione generale al suo vicario, il Prefetto generale, Don Filippo
Rinaldi. Nel 1893 fece compilare un apposito Manuale teorico
pratico pei Direttori e Decurioui, indicendo un primo loro Conve-
gno a Valsalice, a cui partecipò anche il ch. Luigi Orione come
incaricato dei Cooperatori della diocesi di Tortona.

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Fu presidente effettivo del grandioso Congresso dei Cooperato-
ri che si tenne a Bologna nel 1895, decorato dalla presenza degli
Em.mi Cardinali Ferrati, Galeati, Mauri e Svampa, una ventina
di Vescovi, prelati e personalità illustri. Seguì con messaggi e di-
rettive i successivi di: Buenos Aires (1900); Lima (1906); Santia-
go di Cile (1909); mentre presenziava a quello di Torino (1903)
ed a quello di Milano (1906).
Ottenuti da Pio X nel 1904 conferma ed arricchimento di In-
dulgenze e favori spirituali, raccolse e fece pubblicare nel 1906
un Regolamento normativo pei Soci Salesiani ed un Manuale asce-
tico-pratico per tutti i Cooperatori compilato dal Direttore Dioce-
sano di Milano Mons. Pasquale Morganti (poi Vescovo di Bobbio
ed Arcivescovo di Ravenna) per la loro vita spirituale e l'apostola-
to. I Cooperatori, dal canto loro, si affezionavano a Don Rua co-
me ad un alno Don Bosco. E quando, da Rettor Maggiore, passa-
va per le case, accorrevano a salutarlo, avidi di una sua parola,
della sua benedizione, attenti alle sue conferenze, alle sue o & -
denze di famiglia, rispondevano ai suoi appelli di carità, spesso
lanciati dal Bollettino Salesiano e lo soccorrevano e sostenevano
con tanta generosità. Anche perché dalla scarna ieratica sua perso-
na traspariva la santità.
L'Opeva dei Figli di Maria, per le vocazioni adulte, l'inseri
fra le predilette del suo cuore e la fece oggetto delle sue più care
sollecitudini come tutte le altre che riguardavano le vocazioni dei
giovani, ecdesiastiche e religiose.
Dopo i primi esperimenti nella casa di Sampierdarena, appena
assunto alla Cattedra di San Massimo il Card. Gaetano Alimonda,
Don Bosco l'aveva richiamata in Piemonte, a Mathi Torinese e
poi a Torino presso la chiesa di San Giovanni Evangelista, dov'e-
ra direttore un grande « Figlio di Maria P il Servo di Dio Don Fi-
lippo Rinaldi. Baldi giovanotti, che provenivano per lo più dalla
campagna, non pochi soffrivano dell'aria e dell'ambiente cittadi-
no, ma perseveravano studiando accanitamente e raggiungendo, se-
condo un'acuta previsione di Don Bosco, otto su dieci, la mèta
sospirata. Gli altri, che non ce la facevano allo studio, rimanevano
volentieri come coadiutori. Nel 1888 erano un centinaio. Su 32
deli'ultima classe ginnasiale, 30 passarono al noviziato salesiano
di Foglizzo Canavese, due al loro seminario diocesano. Nel 1894

9.7 Page 87

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Don Rua li trasferì in posizione migliore, alla periferia di Torino,
nelle scuole Apostoliche del Martinetto, oggi Istituto Card. Ri-
chelmy, dal nome del munifico donatore, Mons. Agosuno Ri-
chelmy, Vescovo di Ivrea, che le volle affidate ai salesiani, mentre
la Mamma sua donava loro una vasta proprietà alla periferia della
sede vescovile.
Per altre vocazioni @dulte,specialmente dell'estero, Don Rua
destinava, quasi contemporaneamente, una casa a Trecate, che po-
chi anni dopo cedette alla parrocchia, a Foglizzo, a Lombriasco, ad
Ivrea stessa, a Penango Monferrato. Nel 1897, una a Pedara in
Sicilia e ad Avigliana, all'imbocco della valle di Susa. La fioritura
continuò così abbondante e promettente che nel 1898 se ne for-
marono nuclei a Valsalice, a Chieri, a Lugo di Romagna, a Genzano
di Roma, mentre se ne coltivavano in Francia, Spagna, Argentina.
Per quelli provenienti dalla Germania, dove non c'erano ancora
case salesiane, nel 1899 allestì la casa di Cavaglià nel Biellese;
poi li trasferì a Penango Monferrato per ospitare gli Ungheresi a
Cavaglià. I Polacchi vennero dapprima accolti a Lombriasco. La
benedizione di Dio era evidente. Uscirono dai Figli di Maria eroi-
ci missionari, compresi i primi apostoli dei Lebbrosi con Michele
Unia, il secondo Cardinale Salesiano Augusto Hlond Primate di
Polonia...
Man mano che l'Opera salesiana si stabiliva nelle rispettive
nazioni, Don Rua si affrettava a trovare là una buona casa per le
vocazioni e vi trasferiva quelle che già si plasmavano in Italia.
Alla cura della Pia Unione dei Cooperatori e dei Figli di Ma-
ria stimolava i salesiani con la sua parola e apposite circolari; i
Cooperatori e benefattori, per mezzo soprattutto del Bollettino Sa-
lesiano. Non bastando più le edizioni italiana, francese e spagnola
lanciate da Don Bosco, aggiunse nel 1892 quella inglese, nel
1895 quella tedesca, nel 1897 quella polacca.
Qui vien bene anche una parola sulla organizzazione degli
Exallievi, che fui dal 1870 avevano iniziato, sotto la guida di Carlo
Gastini, un movimento destinato a grande avvenire partecipando,
con gli alunni dell'oratorio, alla festa onomastica di Don Bosco.
Commosso dal loro affetto e dalla loro gratitudine, il loro antico
Padre e Maestro volle goderseli con maggior agio; e qualche anno
dopo fissò per loro una giornata speciale dopo il suo onomastico.

9.8 Page 88

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Nel 1878 la suddivise: un giorno festivo per i laici, uno feriale
pei sacerdoti. Don Rua ebbe subito cura di questi convegni e di
tutte le dimostrazioni. Sicché riuscivano d'immenso conforto a
Don Bosco, di edificazione agli alunni, di indescrivibile gioia agli
antichi allievi. Fatto Rettor Maggiore, accolse la loro proposta di
festeggiare anch'egli il suo onomastico nel giorno caro a Don Bo-
sco, il 24 giugno, e di coronarlo con una solenne commemorazione
del Padre, che continuò fino alla Beatifcazione di Don Bosco. Si
omise nell'anno di lutto, 1888-89; ma poi si organizzò, sempre
con splendidi programmi musicali che attiravano folle di Coopera-
tori, personalità ed amici a Valdocco, appena Don Rua poté ultima-
re la costruzione del grande teatro. Quando poi poté avere al suo
fianco come Prefetto generale il Servo di Dio Don Filippo Rinal-
di, che aveva organizzato le prime unioni Exallievi in Spagna, lo
incoraggiò a perfezionare l'organizzazione con l'ideale di federazio-
ni nazionali e della confederazione internazionale, maturata ai
tempi di Don Alhera.
Come faceva pei Cooperatori, Don Rua, passando per le varie
case, amava avere attorno a sé anche gli Exallievi che ne avevan
cordiale venerazione e gli prestavano volentieri il conforto ed il
sostegno del loro appoggio e della iifiuei~iaprofessionale e socia-
le, come vedremo.
Una pietra miliare
Una pietra miliare nella storia della Società Salesiana fu la ce-
lebrazione del l o Capitolo Generale che si tenne in settembre nel
collegio di Lanzo Torinese, l'anno 1877. Don Rua non ebbe solo
la sua parte nell'organizzazione e nella preparazione. Fu il regola-
t o ~ e, condivise con Don Bosco l'immane lavoro, godendo della
piena fiducia dei Capitolari che l'avevano eletto ail'unanimità. A
lui assegnarono pure la presidenza della terza Commissione, incari-
cata della disciplina della vita comune. Chi ne voglia scorrere i
particolari può trovarli nelle Memorie Biografiche, volume XIII,
pag. 253 e seguenti.
Don B a c o ne sottolineò l'importanza con queste parole: -
L'importanza di questo Capitolo sta in ciò, che le Regole, le quali
finora sono solo organiche, riescano pratiche: cioè si studino tutti

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i mezzi per ottenere che in pratica si eseguiscano tutte uniforme-
mente in tutte le nostre case... Io sono del parere che la salvezza
di tantissime anime dipende da quanto saremo per sottoporre a
regola in questi giorni... (71).
Don Rua vi portò il maggior contributo perché teneva già il
polso di tutte le case e sapeva bene come funzionassero. Divenne
poi vigile custode della osservanza, per esplicito incarico ufficiale
di Don Bosco, e la controllava minuziosamente nelle visite canoni-
che ed occasionali. Nel 1878 accompagnò Don Bosco a Marsiglia
per le trattative di nuove fondazioni, mentre si iniziava l'opera di
St. Cyr. Tornato a Torino condivise con lui anche la gioia delle
vestizioni di nuovi chierici, benedicendo egli stesso la talare ai
figli dei Conti Radicati, Carlo e Pietro, che si ascrissero con altri
nobili giovani alla Società Salesiana (72).
Fu un anno molto movimentato per Don Bosco il 1878. Da
metà dicembre 1877 aveva intrapreso altri viaggi raggiungendo
Roma dove si fermò sin oltre la metà di marzo del 1878, mentre
da Torino piovevano accuse da parte di chi avrebbe dovuto esse-
re il suo miglior sostegno. Don Rua lo teneva al corrente.
Di questi mesi abbiamo un'abbondante corrispondenza da cui
stralciamo: Roma, 27 dicembre 1877:
« E una prova che fa il Signore alla nostra povera Congregazione. Egli
ci aiuterà a tirarci fuori come in tanti altri affari. Lasciatene a me il pen-
siero. Silenzio, preghiera e osservanza rigorosa delle nostre Regole... Siamo
alla fine dell'anno. Mi trovo dolorosamente lontano dai miei cari figli. Tu li
saiuterai tutti da parte mia e raccomanderai pel novello anno: 1) Comhat-
terc l'abitudine del fumare e del mormorare; 2) Esattezza nei doveri del pro-
prio stato, cominciando da Don Rua h o a Giulio (domestico addetto aila
pulizia); 3) Facciano Comunioni e preghino assai per le case aperte testé
e che si vanno aprendo nelle Missioni, dove Iddio ci ha preparato messe
copiosissima.
Prepara il catalogo dei soci; mi si mandi breve biografia dei deiunti;
mandami i nuovi calendari (liturgici diocesani)... » (73).
Da Roma, qualche giorno dopo:
« ... Tantw lobor non sit carstir! Don Rua tratti con il cav. Pelazza
(Coadiutore capo della tipografia) e faccia tutto ciò che giudica bene A-
ché la nostra tipografia diventi la prima del mondo di ValdocZo. Don Bo-
netti poi esamini con Don Barale (Coadiutore capo della libreria) la conve-
nienza (della pubblicazione del volumetto) delle Rimembranze (della con-

9.10 Page 90

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saaazione del santuario di Maria Ausiliatrice, di cui ricorreva il decennio).
Abbiamo tanta carne al fuoco e per un mese e più non si potrebbe Mori-
d a e il Calendario (il Galantuomo) del 1878... Forse sarà, nunc, più oppor-
tuno rivolgere ogni sollecitudine al Bollettino, che prenderà serie propor-
zioni, ed a quei libri di cui furono esaurite le edizioni. Questo tema sia
studiato e trattato in pratica da Don Baraie, Don Bonetti e P. Romovaldo
(Coad. Giuseppe Buzzetti) m i fo saluti cordialissimi... » (74).
N.B. Don Bonetti era il primo direttore e redattore del Bollet-
tino Salesiano. I titoli di cav., Don e Pa&e dati a salesiani coa-
diutori rivelano la vena di scherzare, cui Don Bosco ricorreva
quando voleva distrarre i confrateiii da preoccupazioni che grava-
vano su di lui e potevano sgomentare gli altri.
Da Roma, il 3 gennaio 1878:
«... I1 nostro silenzio e le preghiere faranno quanto sarà della maggior
gloria di Dio. I o però non sto inoperoso. Benevolenza presso tutti. Da fare
immenso... » (75).
In altre due lettere del mese di gennaio, ma senza precisazio-
ne di data, Don Bosco dà a Don Rua norme per impugnare una
contestazione del Municipio riguardo alla convenzione scolastica
pel collegio di Lanzo; poi soggiunge:
«Le cose nostre procedono bene. Pasticci, disturbi lunghi, ma pur
molto utili. Silenzio, preghiere, niun rumore... ( 7 6 ) .
«...Mi dicono che Don Berberis non è bene in sanità. Desidero che si
faccia quanto si può per la sua sanità. Credo vantaggioso allontanarlo dalle
sue ordinarie occupazioni: Mornese, Alassio, preferibiimente a La Spezia,
donde si farebbe una passeggiata a Roma, sono località opportune. Parlane
con lui e poi dimmi quel che ti sembra a maggior gloria di Dio, ed io
approverò... Credo che Don Meriggi o Don Guidazio potranno supplirlo...».
I n altre lettere da Roma dal 13 gennaio ai primi di febbraio
traspare la ressa del lavoro e degli affari a cui Don Bosco attende-
va. Quante commissioni in ogni lettera per Don Rua!... Noi rile-
viamo solo:
« ...Ben fatto per Don Barberis (inviato a prendere aria buona a Tri-
nità mentre il direttore Don GuaneUa accorreva in famiglia per infermità
della mamma)... Mandami lettere stampate con m i si accompagnano i diplo-
mi dei Cooperatori Salesiani... I n Roma, moltitudine i n m a s a di gente (pei

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10.1 Page 91

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funerali del Re Vittorio Emanuele 11)... Se Don Luciano Rosa di Lonigo
non è Cooperatore Salesiano, si faccia... ».
« T i scrivo da Albano, donde mandano cordiali saluti a te ed a tutti i
nostri confratelli di Torino; tanto qui quanto ad Ariccia le cose vanno con
grande soddisfazione. Quest'anno fate pute San Francesco il giorno in cui
cade. I o non mi posso trovare: non occorre invitare i direttori. Ti mando
l'invito sacro; aggiungi pure Indulgenza plenaria e se si fanno diificoltà (in
Curia) si porti il decreto a vedere. Pelazza porti alla revisione Savio Dome-
nico (la vita, per la ristampa) diccndo che è la stessa edizione stampata;
nascendo difficoltà si stampi col nome di Sampierdarena. Così sono inteso a
Roma. La conferenza ai Cooperatori Salesiani in Torino si diiierisca ai mio
arrivo... Sta' attento a non &mare più alcuna cambiale pel sig. Varetto
(agente della Cartiera di Mathi Torinese, comprata da Don Bosco: abusava
della fiducia dei salesiani); egli pensi alia parte sua, noi penseremo alla no-
stra o almeno ci adopreremo di prowedere. Dirai al sig. Conte Cays che per
le ordinazioni gli scriverò di qui a pochi giorni... Di' a Don Bonetti che
aggiusti le lettere dei Missionari (cioè, le ritocchi dove difettassero per la
lingua e l'ortografia, e poi le mandi): in compendio aii'unità Cattolica, com-
plete nel Bollettino. Quella dell'isola di Flores (dove i missionari erano in
quarantena per essere scesi a Rio Janeiro mentre vi serpeggiava la febbre
gialia, nel loro viaggio aii'uruguay) merita preferenza. Ma si aggiusti con
Don Cagliero, che studi quanto conviene pubblicare... ».
Da Roma, 24 gennaio, appena informato che a Valdocco infie-
rivano malattie invernali con qualche caso di morte:
<a Prendo viva parte alle malattie che molestano la nostra casa di Val-
docco. Noi benediremo sempre il Signore nelle cose prospere e nelle awer-
se. Tuttavia io farò un memento speciale ogni giorno nella S. Messa; fac-
ciano altrettanto i preti deil'oratorio; i giovani tanto studenti quanto arti-
giani facciano la S. Comunione, e dopo le orazioni si dica ogni seta da tutti
una Salve Regina ed un Pater a G n ù Sacramentato per due settimane.
Dimanderò pure una benedizione al S. Padre cui non potei ancora parlare...
Mandami nota dei Cooperatori di Roma cui fu inviato il diploma dopo la
mia partenza da Torino... Fissetò poi il giorno in cui il Capitolo potrà t r e
varsi a Sampierdarena pei nostri aifari... » (77).
Da Roma, senza data:
«Sarà bene che tu raccol"ea ii Caoitolo Suoeriore con aualche altro oer
trattare (deil'accettazione) del collegio Berardi. Questa mattina il Cardi-
naie mi fece chiamare dicendo &e l'attuale Rettore non può continuare, che
a qualunque prezzo vuole un sacerdote salesiano per ora, ma che nell'anno
venturo vuole tutto nelle nostre mani. Tale accettazione nello stato nostro
attuale di cose sarebbe moralmente necessario. Sarà possibile? Si potrebbe
prendere Don Guidazio con un chierico e mandarlo a reggere il collegio di

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Ceccano? In questo caso bisognerebbe che Don Durando si mettesse di nuo-
vo alla carretta che ha tirato molti anni (cioè anche d a direzione degli stu-
di nell'Oratorio, donde era stato esonerato per attendere a quelli di tutta
la Congregazione). i n quel collegio vi sono presentemente 20 aliievi interni
ed una diecina di esterni, corso tecnico e ginnasiale. I maestri ci sono tutti,
intervengono solamente a far scuola dall'esterno. Parlatevi e poi ditemi se
sia possibile. I o ho detto al Cardinale che scrivevo a Torino e che avremmo
fatto il possibile per compiacerlo. Puoi anche comunicare, in confidema, che
le cose nostre vanno assai bene... Visitando i nostri cari figli infermi, salu-
tali cutti per parte mia e di' che io prego per loro nella S. Messa e cbe di
tutto cuore mando loro la mia patema benedizione... S.
Da Roma, il 27 gennaio:
«Se ti sembra che il Catalogo (dei salesiani) si stampi senza borri (er-
rori) va pure avanti senza mandarmi le bozze. Terminati i nomi del Capi-
tolo Superiore credo che si possa mettere: Sac. Giovanni Bonetti, prefetto
del clero; Sac. Giuiio Barberis, maestro degli ascritti. Quanto sarei con-
tento se tu e Don Cagiiero o Don Bonetti poteste mettervi sul tilo telegra-
fico e venire a Roma alcuni giorni per aiutarmi un poco... State allegri, pre-
gate e sperate: l'aiuto di Dio non ci mandieià... D.
Da Roma, il 29 gennaio:
«... Dirai a Barale che i preti usciti dall'Oratorio sono oltre duemila&-
quecento: Oratorio e case annesse... Oggi abbiamo avuto una Conierenza (la
prima ai Cooperatori salesiani, come abbiamo già notato) presieduta dal
Card. Vicario che in &e fece uno stupendo discorsetto. Ne avrai i paru-
colari. Farà epoca nella storia. Abbi cura di Don Bonetti (affetto da esauri-
mento) e comincia a proibirgli da parte mia la recita del Breviario fino a che
gli dia il permesso di recitarlo di nuovo. Obbligalo al dovuto riposo, a fare
moto, ma non faticose passeggiate. Se non può scaldarsi in sua camera, man-
dalo nella camera deli'Arcivescovo di Buenos Aires (la migliore, in cui fu
ospitato Mons. Aneyros, e fornita di caminetto). Colà può passare mtto
l'inverno e oltre. Sono contento che Don Barberis sia ritornato; ma veglia
che si ripari dal freddo, riposi debitamente e fino a nuovo awiso sospenda
la recita del Breviario ad eccezione del vespro e compieta... W.
In lettere del mese di febbraio lamentava:
«Quando Don Cagliero era in America mi scriveva due volte al mese,
ora che è in Valdocco, niente. Dagli un pizzicone, ma forte... Dammi notizie
del Conte Cays. Digli che mi rincresce che non sia bene in sanità e che io
pregherò per lui. Ma tu procura che niente gli manchi... ».
«Le cose nostre rimangono in patte sospese (pes la morte di Pio IX)...
Pare che un temporale politico si vada preparando ed oscuri nuvoloni si

10.3 Page 93

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addensino. Ho sentito molto la morte dei nostri cari figli, nominatamente
del prezioso Arata (chierico di molte speranze). Preghiamo Dio che ci
mandi operai ndia sua vigna... Sono a Magliano e vado aggiustando le cose.
Voleva partirc... ma tutti mi sconsigiiano... e (mi dicono) di attendere fino
alla elezione del nuovo Papa... Non mi sono trovato ai letto del Santo Pa-
dre, perché si conobbe contemporaneamente la malattia e la morte. L'ho
però veduto cadavere e gli ho più volte baciato il piede... In tutte le case si
domandano denari. Povero Crispino!... (78).
Non poté neppure avvicinare il Re morente, mentre Pio IX gli
aveva raccomandato di interessarsi dell'anima sua e gli aveva dato
le più ampie facoltà. Ma da un documento scoperto nel 1953 sap-
piamo che Vittorio Emanuele I1 morì pentito e coi Sacramenti
(79). Don Bosco fu trattenuto a Roma prima dai Cardinali che lo
incaricarono di chiedere al Ministro Crispi garanzie pel Conclave;
poi dallo stesso nuovo Papa Leone XIII, il quale - scrisse Don
Bosco a Don Rua il 28 febbraio -:
...vuole trattare personalmente le cose nostre. Ci vuol hene e desi-
dera essere egli stesso il nostro Protettore... Non istupirti delle diserzioni di
alcuni confratelli. È cosa naturale nel gran numero; ma ciò servirà di norma
a noi neli'accettare ed ammettere ai voti... » (80).
Da Roma, il 14 marzo:
«Non passo partire, ma vada aggiustando le cose nasuc... Prepara
quelli che sono presentabili alle saue ordinazioni. Ritieni che la sanità di
Don Barberis e di Don Bonetti è precaria, perciò veglia, non lasciarli digiu-
nare e quando si sentono stanchi non pensino al Breviario. Credo bene che
si mandi una forografia del Santo Padre ai principali nostri benefattori con
queste parole - Prodotto dei nostri laboratori - scritte sotto ad un mio
bigktto da visita e con qualche tua parola. Sarà bene che tu scriva e faccia
scrivere da Don Cagliero agii Americani che trovandosi nelle strettezze si
limitino alle sprse stirttamente necessarie; ma ciò con tutta dolcezza e cari-
tà. Si noti anche sperare meglio negli anni avvenire. Don Durando che fa?
Si dice che un Durando debba entrare al Ministero, è forse desso? Se ciò
fosse, digli che si intenda hene prima con Cairoli. Don Guidazio e Don
Veronesi che fanno? Di' a Don Barheris che faccia un cordialissimo saluto
ai miei carissimi ascritti. Dimando loro che mi aiutino a salvare l'anima
loro... D.
Dopo i'udienza:
L'udienza di sabato non poteva essere migliore; ne dissi per tutti, e d i
tutto parleremo... ».

10.4 Page 94

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Con la stessa lettera incoraggiava Don Rua a proseguire le pra-
tiche per la apertura deli'Oratorio femminile Santa Teresa in Chie-
ri; confermava la convocazione del Capitolo Superiore a Sampier-
darena pel 27-29 marzo e chiedeva se i'intervento di Don Duran-
do non nuocesse ali'andamento della casa di Valdocco.
Tornati tutti a Torino, l'incombenza più rilevante che diede a
Don Rua fu di recarsi nel tardo autunno a trattare deli'apertura
di una casa a Parigi.
Avuti i particolari delle trattative che Don Rua conduceva a-
bilmente con l'aiuto del Conte Cays, gli scrisse il 16 novembre
1878:
« L e basi stabilite vanno bene, si possono anche variare purché vi sia
press'a poco il medesimo senso. Invece però di accennare a dipendwiza
dal Capitolo Superiore, si metta di preferenza il Superiore Generale. B più
inteso, più chiaro, e poi fa lo stesso... Sebbene abbiate pieni poteri, tuttavia
procurate di non stabilire la nostra andata stabile a Parigi tino a che siano
depurate le cose e noi possiamo avere una legale certezza che a certe even-
tualità non si debba fare il fagotto (momenti di incertezze politiche). In
generale poi dirò che in questi momenti una casa a Parigi per noi giudico un
gran vantaggio morale, religioso e politico... Abbiatevi gtan cura della sa-
nità... ».
Col nuovo anno, 1879, si recò Don Bosco stesso in Francia,
anche per raccogliere elemosine, di cui aveva estremo bisogno. Da
Marsiglia scriveva a Don Rua, i'll gennaio:
«... Grandi imprese abbiamo tra mano, grandi preghiere occorrono per-
ché tutto riesca bene. Manda a vederc il palazzo di San Benigno (Canavese)
e disponi le cose in modo che possa essere abitabile ai mese di maggio (co-
me casa di noviziato). Abbi cura della sanità di Marchisio maestro (ch. Se-
condo Marchisio, di Castelnuovo, maestro elementare, poi grande salesiano)
e del caro Remondino; io pregherò per loro nella S. Messa. Non mancherò
di pregare per tutti quelli che mi raccomandi e che Dio chiamò testè alla
vita eterna. Qui a Marsiglia ami assoluto bisogno di un capo sarto e di una
persona di servizio per coltivare un piccolo orticeilo e per altri lavori di
... questo genere. Se non si possono avere, dillo prontamente e si studierà il
modo di provvedere, certamente con gravi sacriiiu La mia sanità in gene-
raie è assai buona. L'occhio sinisuo non ha peggiorato, il destro guadagnò
alquanto. I n questo momento leggo i titoli di Le Citoyen, cosa che per due
mesi mi tornò assolutamente impossibile. Sia di ogni cosa benedetto il Si-
gnore! e ringrazia da parte mia tutti i nostri cari giovani per le preghiere
che hanno fatto per me. Dio li benedica tutti e li conservi nella sua santa
grazia... Per la festa di San Francesco non mi potrò trovare, perciò fatela

10.5 Page 95

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solenne quanto potete... Abbiamo da sistemare la radunanza di San Fran-
cesco (cioè la conferenza annuale coi direttori delle case). Io proporrei di
trovarci ad Alassio oppure a Sampierdarena. Si potrebbe scegliere il giorno
3 febbraio. Potreste venir tu e Don Durando con qualcuno che giudidii
ad hoc. Dimmi il tuo parere sulla convenienza, sul luogo e sul tempo. An-
drei io stesso a Torino, ma questo interromperebbe i miei progerti... » (81).
Seguono altre lettere da Marsiglia che variano la data d'iucon-
tro dal 3 al 6 ed accumulano incarichi a Don Rua, tra cui la cura
di un buon cenno newologico dell'Abate Bardessono (Cooperato-
re e benefattore insigne) nel Bollettino, della visita a vari infermi
e saldo di debiti. In quella del 21 gennaio c'è pure quello di chie-
dere il risarcimento di spese sostenute per un avvocato Carlo Ros-
si, che intendeva lasciare la Congregazione. Migliori notizie della
sua salute e delie pratiche che aveva tra mano:
« ... 11" Le cose nostre qui vanno assai bene... Sono di molta importanza
morale, materiale e religiosa. A w i grande bisogno di preghiere. Se i giovani
vogliono farmi una cosa la più cara, facciano un triduo di Comunioni e di
preghiere sccondo la mia intenzione... Assicurali da parte mia che, oltre il
pregsre per loro, al mio arrivo voglio farli stare molto allegri con solenne
festino &e si estenda in modo particolare d a cucina e ai refettorio... ».
Non sfuggano questi tratti familiari e il metodo abituale in
Don Bosco, fin da aliora, di consultare i suoi collaboratori; né di
esigere sempre il risarcimento delle spese quando qualcuno usciva
di Congregazione.
Egli desiderava proseguire per Lucca ed oltre, per questo con-
vocò la conferenza, o convegno dei direttori, ad Alassio. I n un P.
S. Don Ronchail aggiungeva che i giovani delia casa de La Navar-
re avevano eseguito la Messa della Sant'Infanzia di Don Cagliero ed
un Tsntum ergo del Maestro Dogliani in un paese vicino, facendo-
si molto onore: << Così - commentava - le glorie dell'oratorio si
vanno estendendo in Francia... » (82).
Altre care notizie, il 24 gennaio, della casa di St. Cyr, acqui-
stata dai Cooperatori e donata ai salesiani. In lettera del 28, Don
Bosco dava facoltà a Don Rua di ammettere ai voti perpetui Don
Remondino, che versava in gravi condizioni di salute. Condoglian-
ze per la morte del coad. Tonelli che aveva fatto una morte << pre-
ziosa al cospetto di Dio ». Richiesta di risarcimento di spese al
ch. Agostino A n z i che ritornava in famiglia.

10.6 Page 96

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Dopo il convegno di Alassio, particolarmente importante per
la definizione delle Ispettorie e per la decisione di Don Bosco di
dar la preferenza a coloro che chiedevano subito l'ammissione ai
voti perpetui appena terminato il noviziato, perché i triennali non
davano sufficiente sicurezza di perseveranza, Don Bosco proseguì
il suo viaggio e Don Rua, che aveva condotto con sé anche Don
Barberis ed il Conte Cays, tornò a Torino.
Ricevette una lettera da Lucca in cui Don Bosco gli conferma-
va la conferenza ai Cooperatori sotto la presidenza dell'ilrcivesco-
vo e gli raccomandava le biografie dei confratelii defunti che in
forma sintetica si inserivano nelle ultime pagine del Catalogo an-
nuale:
Le biografie dei nostri Salesiani lette da te siano pure stampate; però
per quelie di Arata e di Don Gamarra si possono annunziare in breve e poi
stamparle a parte, ma con nitte quelle circostanze che Don Scappini, Don
Albera, Don Notano, Don Barberis e Don Bosco, etc., possono aggiungere,
e formare due bei fascicoli di Letture Cattoliche (tanto Don Bosco teneva
a documentare ed a tramandare i dati e gli esempi dei confrat.dE migliori,
per la storia della Congregazione e la pubblica edificazione...). Enria pure
(l'infermiere che li aveva curati) può dire qualche cosa... Fa' un cordialis-
simo saluto a tutti i nostri cari giovani e di' loro che voglio loro tanto bene,
che li amo nel Signore, li benedico e spero di mandare ai medesimi una
speciale benedizione del Santo Padre con annessavi... una bella fetta di sala-
me (tanto gradita allora quando si faceva colazione e merenda a pane
asciutto)... ».
Segue l'insistenza di accontentare Don Bologna Ispettore a
Marsiglia che desiderava il ch. Giovanni Battista Grosso, inse-
gnante nel collegio di Lanzo e già appassionato cultore del canto
gregoriano in cui divenne specialista molto apprezzato. Per inco-
raggiare il chierico ai cambio di casa Don Bosco soggiungeva:
« S e tu giudichi (bene) e la cosa non dismrbi troppo Lanzo, credo si
possa appagare (Don Bologna), dicendo al medesimo Grosso che in questo
modo può venire in aiuto a suo padre (bisognoso) cui potrebbero man-
darsi tosto fr. 50 ».
N.B. La somma era come un acconto sul mensile che la Par-
rocchia avrebbe dovuto dare ai giovane maestro di musica, per-
ché aiutasse il padre (83).

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Da Roma, ai primi di marzo, Don Rua ricevette anche un po'
di denaro per far fronte alle spese quotidiane e saldare debiti che
si accumulavano: 1200 lire una volta e 1900 un'altra, 600 una
terza. Cifre irrisorie oggi, ma che allora rispondevano al valore
corrente ed erano una gran provvidenza (84).
Altre cinquemila gli piovvero da altra parte e Don Bosco dice-
va a Don Bonetti, che gli faceva da segretario:
«Domani o posdomani arriverà notizia che piovve denaro nelle scar-
seile di Don Rua... mi parve di veder mettere del vino bianco nel bicchiere
di Don Rua ed ho supposto che airesse fatto festa per la contentezza del soc-
corso ricevuto... D.
Don Rna non si era permesso quel lusso. Ma poté confermare
al Santo quel che egli aveva intuito, mentre organizzava la confe-
renza annuale ai Cooperatori di Roma e chiedeva aiuto anche ai
Romani in data 7 marzo. Don Rua non si era mai trovato in si
critiche difficoltà finanziarie.
I n momenti così difficili - osserva Don Ceria - senza un uomo
della calma, abilità ed autorevolezza di Don Rua, il disagio economico
avrebbe ingenerato, insieme con la perdita del credito al di fuori, il males-
sere morale nell'interno e l e sue ordinarie conseguenze, che sono il dissesto
ed il dissolvimento. Invece il pensiero comune riposava sereno su Don
Bosco lontano, senza chc nemmeno i più addentro aUe segrete cose avver-
tissero quanto del merito di quella tranquillità spettasse a Don Rua. Mentre
infatti la sua prudenza gli insegnava a trattare gli affari con saggezza, la
sua virtù lo sosteneva a compiere il suo dovere in silenzio e senza darsi a
vedere n (83).
A Roma Don Bosco ebbe un'affettuosa udienza da Leone
XIII che gli confidò pure la designazione del Card. Nina a protet-
tore della Società Salesiana. Buone accoglienze anche a Palazzo
Braschi dal Ministro Depretis. Ma a Torino si riprendevano le ves-
sazioni scolastiche e Don Rua ebbe il suo da fare di fronte alle
improvvise ispezioni. Don Bosco non rientrò che il 9 aprile, so-
stando nel ritorno da Roma a Bologna, Este e Milano. E si vide
presto arrivare addirittura un decreto di chiusura del ginnasio,
che lo impegnò in una coraggiosa difesa, fino alla formale impu-
gnazione presso il Ministero e poi al ricorso a Re Umberto I.
Le scuole si salvarono. Queste tribolazioni vennero compensa-

10.8 Page 98

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te dall'annuncio che i missionari avevano preso contatto con gli
Indi entrando felicemente nella Patagonia; Don Rua ebbe i'incari-
co di darne comunicazione confidenziale ai confratelli e ai giovani
con una circolare ai Direttori, mentre si preparava la circolare di
Capodanno pel Bollettino Salesiano che l'avrebbe diramata ai Coo-
peratori pel 1880.
In gennaio egli fu sollevato dal peso di Procuratore Generale
presso la Santa Sede con la nomina di Don Francesco Dalmazzo
che prese stanza a Roma in un modestissimo alloggio offertogli
provvisoriamente dalle Oblate di Tor de' Specchi (86).
Don Bosco riprese subito il viaggio in Francia per concludere
diversi progetti in corso e cercar danaro di cui si aveva estrema
urgenza.
In una lettera da Marsiglia, il 22 gennaio, autorizzava Don
Rua a trattare la compra del collegio di Penango Monferrato e lo
incaricava di predire la morte di due giovani prima del suo ritor-
no, raccomandandogli confidenzialmente di disporre spiritualmen-
te gli interessati. I1 primo, un giovane artigiano fece infatti una
morte ediicante; i'altro morì il 9 marzo.
Dalla Francia, con tappe a Nizza, Bordighera, Lucca... Don
Bosco riprese la via di Roma, dove Leone XIII lo attendeva per
affidargli la costruzione deUa chiesa del Sacro Cuore, che gli inca-
ricati non riuscivano più a mandare avanti.
Da Roma scrisse a Don Rua il 25 marzo per raccomandargli
un signore francese, Ancel, che desiderava visitare i'Oratorio: « E
un buon cattolico e ben disposto verso le cose nostre. Procura di
farlo assistere alle funzioni religiose, specialmente del Piccolo Cle-
ro... )) (87).
I n altra lettera del 12 aprile:
u Desidero ttovarmi per gli Esercizi dei nostri cari giovani, percib pra-
cura di portarli a qualche giorno dopo il 25 cori.,.. preparo una trama contro
Don Cagliero... » (la definizione della circosuizione della sua terra di mis-
sione con l'erezione a vicariato apostolico e l'elevazione di Don Cagliero al-
1'Episcopato).
Consigliava la vendita di qualche cascina ereditata e della casa dclle
Figlie di Maria Ausiliatrice a Mornese, culla dell'Istituto, per dar modo al
provveditore Rossi di pagare debiti urgenti. Infine, di dar licenza ad un
sacerdote aspitante, Don Brondolillo, di tornare in famiglia di cui pativa la
nostalgia.

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A Torino Don Bosco chiese il parere del suo Capitolo per l'ac-
cettazione dell'impegno di costruzione della chiesa del Sacro Cuo-
re in Roma, ed ebbe tutti contrari. Sorrise e li pregò di riflettere
ancora: - Mi avete dato tutti un no rotondo, e sta bene, per-
ché avete agito secondo la prudenza necessaria a seguirsi nei casi
seri e di somma importanza come questo. Ma se invece di un no,
mi date un sì, io vi posso assicurare che il Cuore di Gesù mande-
i mezzi per fabbricare la sua chiesa, pagherà i nostri debiti e ci
darà ancora una bella mancia » (83).Si prese allora in considera-
zione il progetto, lo si trovò troppo angusto per Roma, se ne stu-
diò e propose uno più ampio, e con la benediione del Santo Pa-
dre le cose procedettero secondo le previsioni di Don Bosco. Ma
Don Bosco ci lasciò la vita, scorrendo Italia e Francia a mendica-
re, nelle condizioni di salute in cui si trovava. E morì lasciando a
Don Rua il debito cui abbiamo già accennato, raccomandandogli
di non parlare e assicurandolo che dal Paradiso egli avrebbe aiuta-
to a pagarlo. Don Rua toccò con mano l'intervento della Provvi-
denza.
Intanto, nel mese di agosto egli dovette correre a Marsiglia al
posto di Don Bosco, cui si aggravava l'infermità della vista, per
studiare la convenienza o meno di tenervi corsi di esercizi spiri-
tuali per sacerdoti diocesani durante le vacanze delle scuole. Egli
poté solo concludere queilo avviato pei salesiani, perché non tar-
dò a scoppiare la persecuzione contro i religiosi cominciando dai
Gesuiti. Settembre ed ottobre furono due mesi di terrore, secon-
do i sistemi massonid del tempo. Ne soffersero anche i salesiani,
soprattutto per causa di due Giuda fra i chierici che aizzavano i
persecutori. Ma i Cooperatori piantonarono la casa giorno e notte
finché non passò la bufera e si poterono riaprire l'oratorio e le
scuole, nonostante che l'Ispettore Don Bologna avesse predispo-
sto la partenza di tutti i salesiani per l'Italia ed avesse pregato
telegraficamente il direttore di Aiassio di preparare una quaranti-
na di letti per ospitare salesiani ed orfanelli nel passaggio verso
Torino. Il telegramma si chiudeva con: « Stassera, tutti da voi ».
Don Cerruti si era affrettato ad informare Don Rua, il quale
corse da Don Bosco.
- Che cosa dice? - rispose Don Bosco trasalendo - È im-

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possibile! Non devono essere scacciati: l'ho scritto a Don Bo-
logna.
- Eppure Don Cermti ci scrive che sono già ad Alassio -
insisté Don Rua porgendo la lettera ricevuta.
- Ma no; ma è impossibile!... Ma se ti dico che non devono
essere scacciati...
Prese la lettera, e poi soggiunse: - Qui ci dev'essere un equi-
voco, uno sbaglio. 1,asciami la lettera, scriverò subito io a Don
Bologna. Vedrai che è come dico io.
E scrisse subito a Marsiglia. Non tardò la risposta: i salesiani
non si erano mossi... La sera del 1' dicembre, mentre con tutti i
Superiori del Capitolo si trovava a San Benigno Canavese, svelò
il segreto della sua sicurezza. Prima della festa della Natività di
Maria SS. aveva fatto un sogno in cui gli era parso di vedere
Maria SS. proteggere sotto il suo manto le case di Francia da furi-
bondi assalti. Conchiuse esortando ad aver sempre fiducia in
Maria SS.
Don Rua obiettò: - Ma anche le altre Congregazioni saran-
no state molto devote della Madonna. Come va che...?
E Don Bosco: - La Madonna fa ciò che vuole... (89).
Riprese presto lui la via di Francia e nel ritorno, sostando ad
Alassio, donde intendeva proseguire per Roma, mandò a Don
Rua un bigliettino: « Chissà se non sia possibile che divenga tu
mio angelo custode da Sampierdarena a Roma? Le nostre fermate
sarebbero più brevi ed io sarei tanto sollevato, mentre tu vedresti
le cose con gli occhi tuoi. Dimmi quid tibi? ... ».
Quando Don Bosco giunse a Sampierdarena vi trovò Don
Rua con altri superiori maggiori, sicché in un paio di giorni di
sosta poté trattare con loro vari problemi e fare tante confidenze.
Proseguì poi con Don Rua e fecero una prima tappa a Firenze,
dove da tre anni i salesiani avevano aperto un modesto Oratorio
con lezioni di catechismo quotidiane ai ragazzi del sobborgo.
Un sogno e un segno: segno di Dio
La notte del 20 aprile erano a Roma, felici di sentirsi a casa
propria in una casetta acquistata presso la chiesa in costmzione,

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nonostante i disagi facilmente immaginabili. Don Rua ne scrisse a
Torino a Don Lazzero che faceva un po' le sue veci:
« I1 sito in cui dimoriamo qui in Roma è quanto mai comodo, ameno e
salubre. Forse è una delle località di Roma in cui si sta meglio e non si
andrà soggetti aila malaria, neppure nell'estate. Ma anche qui ci troviamo
alle prese con i protestanti. Pare veramente che il Signore ci voglia desti-
nare a combattere l'eresia con le a m i della pregbie~a,della scuola e della
cavità, giacché, come sai, a Bordighera ci troviamo proprio dappresso ai
protestanti, a La Spezia siamo loro accanto a pochissima distanza, a Firenze
il nostro piccolo istituto che dovrà diventar grande non si poté allegarlo
altrove che nella regione della città in cui i protestanti fanno propaganda;
e qui a Roma il collegio dei protestanti è separato dal nostro Ospizio solo
da una via. Preghiamo dunque il Signore che a aiuti a ben riuscire nella
missione che ci mlolt amare, cominciando a mandarci soccorsi per far pro-
cedere alacremente la nuova fabbrica, che non costerà meno di parecchie
centinaia di mila (lire), se pure non ci vorrà qualche milione. Don Bosco
prega e lavora a tutto potere per riuscir nell'impresa, non lasciando inten-
tato nessun mezzo che possa giovare; ma sempre dice che ha bisogno deile
preghiere dei giovani » (90).
Abbiamo sottolineato le armi della lotta che usava Don Bosco
nel difendere i cattolici dalle eresie, diffuse allora in Italia con
sistemi tutt'altro che fraterni. Occorreva opporsi, in clima bcn di-
verso da quello del post-Concilio Ecumenico Vaticano 11, con spi-
rito missionario conciliativo in tutto quello che non sacrificava la
verità, in emulazione positiva di preghiera, istruzione ed opere di
carità in tutto quello che veramente giovasse al bene delle popola-
zioni, specialmente della gioventù.
La ragione principale per cui Don Bosco aveva voluto con sé
Don Rua era perché egli vedesse coi suoi occhi la situazione delle
varie case del Lazio; e perché egli sentiva il bisogno di scaricare
su di lui la cura della costruzione della chiesa. Urgeva che pren-
desse conoscenza dei contratti stipulati dalla precedente ammini-
strazione con i fornitori, si intendesse con l'architetto, esaminasse
i disegni dell'Ospizio da annettere alla chiesa, studiasse tutti i
modi per avere le somme necessarie al momento opportuno: lavo-
ro immenso in cui Don Rua l'alleggerì con diligenza e sollecitudi-
ne, consentendo a lui di attendere ad altre pratiche, queiie anzi-
tutto per ottenere i privilegi canonici indispensabili alla vita ed
allo sviluppo della Congregazione.

11.2 Page 102

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Durante il soggiorno Don Bosco mandò Don Rua a visitare i
salesiani della casa di Magliano Sabino. E pare che in questo viag-
gio sia avvenuto l'incontro col futuro Patriarca di Venezia Card.
Lafontaine, che ancora nel 1915 scriveva da Venezia a Don Ama-
dei: « Mi fece grande impressione l'affabilità di lui, il raccoglimen-
to, la confidenza piena di riserbo che usò verso di me » (91).
11 23 aprile, all'udienza pont&cia, Leone XIII passò a Don
Bosco uu'offerta di 5.000 franchi ricevuti poco prima per l'obolo
di San Pietro, facendo voti che altri generosi oblatori concorres-
sero ad affrettare il coronamento della costruzione ed invocando
un'ampia benedizione dal Cuore SS. di Gesù, che il bollettino
Salesiano pubblicò nel suo numero di maggio.
I1 soggiorno romano fu confortato pure da grazie speciali tra
cui la guarigione di una signorina protestante portata dai genitori
a Don Bosco a ricevere la benediione di Maria Ausiliatrice. Fu
subito guarita. E la madre, ringraziando, deplorava: « Ecco l'erro-
re di noi protestanti: non onorare Maria! ».
Nel 1885, dopo un'esauriente istruzione religiosa, tutta la fa-
miglia si convertiva al cattolicesimo (92).
Tornarono a Torino pel 16 maggio e, mentre Don Bosco ripren-
deva le sue attività, Don Rua ebbe subito da fare per la contesta-
zione di due grandi eredità; ambedue poi per una campagna di
calunnie contro le scuole salesiane, dopo la premiazione degli a-
lunni ritardata alla festa dell'Assunta. Col registro alla mano pote-
rono far rispondere che su duecento salesiani professi nella Socie-
tà, centottanta avevano subito rigorosi esami riportando ottimi
successi, con diplomi e lauree lusinghiere, tanto nel seminano dio-
cesano, quanto nei licei e negli altri istituti governativi e all'Uni-
versità di Torino. Diffusasi l'ampia documentazione, ci fu chi cre-
dette di rivalersi col dire che Don Bosco otteneva quei successi
perché riteneva nell'Oratorio solo i giovani di miglior ingegno.
Don Bosco, sorridendo, confortava i confratelli: -Vedete, il mon-
do è tutto malignità e non tacerebbe nemmeno se gli mettessimo
gnocchi in bocca... Del resto, io non voglio che i miei figli siano
enciclopedici; non voglio che i miei falegnami, fabbri, calzolai sia-
no avvocati, né che i miei tipografi, legatori e librai si mettano a
farla da 6losofi e teologi; tanto meno intendo che i miei professo-
ri e maestri studino « De arte politica a, come se avessero a di-

11.3 Page 103

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ventar ministri o ambasciatori. A me basta che ognuno sappia
bene quello che lo riguarda; e quando un artigiano possiede le co-
gnizioni utili ed opportune per ben esercitare la sua arte, quando
un professore è fornito della scienza che gli appartiene per istrui-
re adeguatamente i suoi allievi, quando un sacerdote mediante i
dovuti esami è giudicato idoneo ad esercitare il sacro ministero e
lo esercita di fatto con vantaggio delle anime, costoro, dico, sono
dotti quanto è necessario per rendersi benemeriti della società e
della religione, ed han diritto quanto altri per essere rispettati.
Regoliamoci dunque bene e non curiamoci delle male lingue né
delle cattive penne >> (93).
Un'altra campagna si scatenò contro la fama delle grazie che
si andavano ottenendo in abbondanza con la divozione a Maria
Ausiliatrice attraverso le benedizioni di Don Bosco. Fa nausea an-
cor oggi a rileggere certi articoli del « Fischietto D, del << Corriere
di Torino », della (< Gazzetta Piemontese 2, della << Gazzetta d'Ita-
lia » che si stampava a Firenze... L'intento era di danneggiare le
case salesiane e far crollare l'opera di Don Bosco. Denigratori in-
vidiosi, maligni e giornalisti spregiudicati versavano il loro fiele,
mentre la Congregazione prosperava ed anche le Missioni si esten-
devano felicemente. C'era un solo pericolo da scongiurare: che i
salesiani non degenerassero dalla loro vocazione.
Ed ecco un sogno ammonitore illustrare a Don Bosco quale
dovesse essere la Congregazione e come si potesse deformare. I1
Santo lo fece la notte dal 10 all'll settembre del 1881, mentre
un bel numero di salesiani attendevano agli esercizi spirituali an-
nuali nella casa di San Benigno Canavese, poco fuori Torino.
Don Bosco non si limitò ad esporre il sogno in tutti i partico-
lari, ma ne scrisse dettagliata relazione, di cui si fecero subito
molte copie. L'originale è poi andato smarrito (o fu fatto spari-
re?...); ma tutte le copie manoscritte dagli uditori concordano per-
fettamente, sicché se ne poté curare la stampa e se ne fecero di-
verse edizioni sotto il rettorato di Don Rna e quelli dei suc-
cessori.
I gravi ammonimenti celesti apparvero al fondatore nella fign-
ra di un personaggio il quale rifletteva le virtù proprie dei salesia-
ni con precisazioni bibliche in latino; poi, il rovescio della meda-
glia. Una fascia che gli scendeva dal collo specificava: La Pia So-

11.4 Page 104

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cietà Salesiana nel 1881, come deve essere, come corre pericolo
di diventare nell'anno 1900... (94).
SuU'orlo della parte inferiore del manto, un nastro color rosa
portava questa scritta: « Argomento di meditazione, mattino,
mezzogiorno e sera. Raccogliete anche le briciole delle virtù e in-
nalzerete un grande edificio di santità. Guai a voi che disprezzate
le cose piccole: a poco a poco decadrete n.
A questo punto Don Bosco vide nel sogno Don Rua, come
fuor di sé, affannarsi per prender nota, ma non trovava né penna
né matita. Gii venne in aiuto Don Durando che gli disse: Io me
ne ricorderò. Io voglio notare, soggiunse Don Fagnano; e prese a
scrivere col gambo di una rosa. Quando ebbe h i t o di scrivere,
Don Costamagna, come ispirato, continuò a dettare: la carità capi-
sce tutto, sopporta tutto, vince tutto; predichiamola con le parole
e coi fatti.
Don Rua, che già incarnava alla perfezione il personaggio, ap-
pena tornato a Torino spiegò il sogno e lo commentò ai confratel-
li con una serie di conferenze. Don Ceria nel volume XV conchiu-
de il capo V con questi rilievi:
« I1 tempo a cui Don Bosco riferiva l'eventualità dei trionfi e delle
sconfitte corrispondeva nella Congregazione a quello che nella vita umana &
il principio deil'adolescenza, momento delicato e pericoloso da cui dipende
per lo più tutto l'avvenire. Nell'ultimo decennio del secolo scorso il molti-
plicarsi delle case e dei soci, e l'estendersi dell'opera saiesiana in tante na-
zioni differenti, potevano senza dubbio dar luogo a taluno di quei devia-
menti dalla linea retta che, se non si arrestano con prontezza, conducono
sempre più lontano d d a via maestra. Ma, allo scomparire di Don Bosco, la
Provvidenza ci aveva fatto trovare nel suo successore la mente illuminata e
la volontà energica che per quella fase critica si richiedevano. Don Rua, che
si poteva dir benissimo la personiftcazione vivente di tutto il bello e il
buono rappresentato neUa prima parte del sogno, fu davvero scolta vigile e
guida indefessa e autorevole a disciplinare e guidare le novelle schiere per
legittimo cammino. La portata del sogno non ha limite di tempo. Don
Bosco diede l'allarme per un momento spcuale che doveva seguire alla sua
morte; ma il qualis esse debet e il qualis esse periclitutur contengono un
ammonimento che non perderà mai nulla del suo valore, sicché sarà sem-
pre vera la dichiarazione fatta da Don Bosco ai superiori: « I mali minac-
ciati saranno prevenuti se noi predicheremo sopra le virtù e i vizi ivi
notati S.

11.5 Page 105

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Da quakhe anno la predicazione ha preso altre vie ed altra
forma. Ed ecco la Provvidenza presentarci Don Rua in carne ed
ossa nella gloria degli altari per ricondurre la Congregazione sulla
retta strada nel momento più critico della vita della chiesa dopo
il Concilio Ecumenico Vaticano 11. I1 Signore è sempre con noi!
Don Rua, più che un segno dei tempi, è un segno di Dio.
... NeU'intimità delia Famiglia
Dall'Epistolario di Don Bosco del 1881 potremmo rileva-
qualche direttiva sempre utile pel buon andamento di una casa
salesiana.
Da Roquefort (Francia), per es., il 27 febbraio:
«Dirai a Rossi Marceiio (capo deUa portieria deii'oratorio) e al suo
compagno portinaio che veglino molto per impedire al diavolo di entrare
n d a casa. Stia attento che taluni escono per andare a cercarlo. Spero, qual-
che momento, saivere in particolare ».
Da Nizza Marittima, il 14 marzo dava a Don Rua facoltà di
dispensare un chierico dai voti e di dimetterlo dalla Congre-
gazione.
Da Sanremo, ai primi di aprile:
«Sono a Sanremo e studio di preparare pillole confortevoli (soccorsi)
per Don Cibrario (direttore). Gli ho dato un po' di chinino con cui gli ho
tolto la febbre delle cambiali. Vedremo! Domenica prossima, discorso e
questua in questa città per Vallecrosia. Si raccoglie molto denaro, ma ci sono
dappertutto debiti Che spaventano... D.
Da Alassio, qualche giorno dopo, invitando Don Rua ad ac-
compagnarlo, come abbiamo descritto, a La Spezia, Firenze,
Roma:
«Qui rose e spine... Dirai ai nostri giovani che li ringrazio deile pre-
ghiere fatte per me; (in Francia) tutro andò ad eccellenza (anche a Sanre-
mo.i.: ma ora ho bisoeno che mi dimostrino la loro affezione con una santa
Comunione secondo la mia intenzione.
P.S. Mando le lettere daU'America, a h c h é , modificate (secondo le sue
postille), siano messe nel Bollettino. Saluterai da parte mia Don Pozzan
(addetto alla amministrazione del Bollettino)... Vegli che daJl'uJFcio SUO
non si scriva che le accettazioai dei Cooperatori debbano farsi soltanto a
Torino. Ciò incaglierebbe assai... » (95)

11.6 Page 106

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I l 1882 fu ancora un anno assai tribolato per le vertenze con
l'Ordimario e le vessazioni scolastiche, menue Don Bosco era co-
stretto a riprendere i suoi viaggi in Francia, a mendicare per soste-
nere i lavori a Roma e saldare i debiti che Don Rua contraeva a
Torino per le spese generali.
11 2 marzo gli scriveva da La Navarre:
«...Io non ne posso più; eppure bisogna pagare i debiti. Abbiamo
mandato fr. 8.000 a Don Dalmazzo (a Roma); spero di mandare anche qual-
che cosa a te...» (96).
Le conferenze ai Cooperatori francesi, le grazie che il Signore
concedeva per intercessione della Madonna, alla benedizione d i
Maria Ausiliatrice, suscitavano la generosità dei cattolici francesi.
Don Rna faceva fronte alle contestazioni ecclesiastiche ed alle
esigenze scolastiche, fornendo a Don Bosco le documentazioni ne-
cessarie, rispondendo a suo nome, a voce e per iscritto, come oc-
correva e secondo le sue indicazioni, sobbarcandosi a visite e col-
loqui che gli facevano perdere un tempo enorme costringendolo
spesso a passi inutili ed umilianti.
I1 carteggio voluminoso fra le varie parti rivela un senso delia
misura, un garbo, un rispetto delle persone che piìi delicato non si
potrebbe desiderare anche nel rivendicare diritti, ricordare doveri,
deplorare talvolta vere e proprie sopraffazioni. La documentazio-
ne occupa tre capitoli del volume XV delle « Memorie Biografi-
che » (5' - 7" - So), più parte del 12' (pagg. 367.95).
Fu una consolazione per tutti quando, il 28 ottobre, l'Arcive-
scovo consacrò personalmente la chiesa di San Giovanni Evangeli-
sta sul Corso Vittorio Emanuele I1 e al termine della funzione
fece fermare i seminaristi alla prima Messa che celebrò Don Bo-
sco ali'altar maggiore, come narrava a noi stessi Don Lorenzo Sa-
luzzo, presente alla cerimonia. Gliela servivano Don Lemoyne e
Don Bonetti.
l'una né l'altra tribolazione rallentarono il ritmo delle fon-
dazioni per cui fioccavano profferte e insistenze dall'ltalia e dall'e-
stero.
Don Rua, mentre seguiva passo passo Don Bosco con la corri-
spondenza, lo suppliva cosi bene in casa che quasi non se ne av-
vertiva l'assenza, né gran parte delle tribolazioni.

11.7 Page 107

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Aveva attenzioni squisite per gli anziani e gli infermi ai quali
si sforzava di non lasciar mancar nulla, secondo le raccomandazio-
ni di Don Bosco. Era desideratissimo al letto dei moribondi. Una
delle morti più sentite e piu edificanti, nel 1882, fu quella
del conte Don Carlo Cays. Se ne possono leggere i particolari nel-
la biografia che ne scrisse un grande coriilclente di Don Rua, il
salesiano Don Luigi Terrone.
Dopo Don Bosco, Don Rug3 era il più caro amico del Conte.
Aveva seguito la sua straordinaria vocazione, I'aveva esaminato
per l'ammissione al sacerdozio nel 1877, affrettandone col suo giu-
dizio la sacra ordinazione. L'anno seguente avevano fatto insieme
il viaggio in Francia pel progerto di apertura di una casa a Pari-
gi...
Fallite le pratiche, il Conte fu preposto alla direzione di una
casa in Savoia, che durò poco per difficoltà con le pubbliche arn-
ministraziani. E Don Rua lo sostenne anche in questa sua missio-
ne, ben lieto di riaverlo poi a Torino a chiudere la sua vita nobil-
mente spesa per il bene della Patria prima, poi per quello della
Chiesa nella Congregazione. Da un anno Don Bosco gli aveva im-
posto di curarsi la salute nel suo castello di Caselette, dove il fi-
glio con la famiglia lo confortarono con la più affettuosa assisten-
za. Don Rua vi aveva accompagnato il medico di Don Bosco dott.
Albertotti a visitarlo. Ma poco giovarono cure ed attenzioni. Ri-
condotto a Torino, vi passò il mese di settembre tra la vita e la
morte pei rapidi progressi dell'anemia; ma in una serenità di spiri-
to e una pietà edificante. Don Bosco rimandò vari impegni per
stargli accanto; ma un lieve miglioramento lo incoraggiò ad assen-
tarsi per chiudere un corso di esercizi ai salesiani nella casa di
San Benigno. E proprio in quel breve periodo di assenza il Signo-
re chiamò il Conte alla eternità. Don Rua supplì Don Bosco ve-
gliando tutta la notte accanto a lui col figlio conte Luigi, la nuora
ed il fratello barone Garofoli. Ore intense di fervore tra preghie-
re, pie aspirazioni ed elevazioni del cuore a Dio, in una pace
invidiabiie, piena coscienza e totale abbandono nel Signore. A
mezzanotte, dopo un lieve assopimento, il morente chiese al nipo-
te, barone Alberto della Torre, che ora fosse.
-- Mezzanotte! - gli rispose.
Mai più: non vedi com'è chiaro?

11.8 Page 108

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- Eppure la mezzanotte è suonata adesso adesso.
- Non pare possibile - obiettò ancora - con la camera co-
sì illuminata...
E con la gioia di quella luce che egli solo vedeva, riprese a
riposare una buona oretta. Poi, svegliatosi, continuò a pregare, a
farsi il segno della croce, h c h é Don Rua, intuendo la fine, lo pre-
gò a benedire tutti i suoi cari e gli guidò la mano. Qualche istan-
te dopo, tenendo nella destra il crocifisso, soavemente spirò...
Nel darne notizia ai confratelli Don Rua ricordò una massima
che il Conte soleva ripetere spesso mentre si adattava a vivere da
povero religioso salesiano alla perfezione: << I1 piacere di morire
senza pena va1 bene la pena di vivere senza piacere ». Eran le
3,20 della festa di San Francesco di Assisi (97).
I1 volume XVI delle <( Memorie Biografiche di Don Bosco » è
quasi tutto dedicato al gran viaggio di Don Bosco in Francia, che
durò ben quattro mesi, dal 31 gennaio al 31 maggio del 1881.
Don Rua ne diede notizia ai salesiani con una circolare descriven-
do l'entusiasmo dei Marsigliesi nella sosta a Marsiglia; ma rag-
giunse il Santo a Parigi solo il 2 maggio. Poi gli stette a fianco
h o al rientro a Torino, testimonio di tante meraviglie e di tan-
ti prodigi.
Accanto a Don Bosco egli era sempre come l'ombra rispetto
al sole. Passava la maggior parte del tempo a sbrigare commissio-
ni e corrispondenza, quando non lo accompagnava per regolare le
udienze. Raccoglieva le offerte, riordinava e spediva...
Una sera sembrava che Don Bosco non ne avesse ricevute. E
si lasciò sfuggire: - Cattiva giornata oggi! Non si è raccol-
to nulla.
- Non dir così; - rispose Don Bosco che aveva le tasche
piene di monete e ne aveva dovuto inaare in tutte le parti, non
avendo vicino a sé nessuno dei suoi, mentre la folla lo assiepava
h o a togliergli il respiro.
Un pubblicista de «La Liberté 2 che lo intervistò nei primi
giorni del suo arrivo ritrasse Don Rua così nel suo giornale:
«Don Rua, tipo caratteristico di italiano, aveva le mani neiia corri-
spondenza. Non abbiamo mai visto tante lettere arrivate in un giorno. For-
mavano un gran mucchio sopra la scrivania, e sotto ce n'era una grande

11.9 Page 109

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quantità di lacerate (alle quali aveva già dato evasione). I1 prete faceva un
segno su quelle che meritavano risposta e le univa ad un mazzo che gli stava
davanti. Quante lettere! E senza contare le assicurate... ».
Lo stesso Don Rua, il 2 maggio, appena arrivato, scriveva al
Direttore deli'Oratorio a Torino:
«...Non puoi farti un'idea della montagna di lettere che sono qui in
aspettativa di risposta: non tre, ma sei o sette segretari sarebbero necessari.
Fortunatamente c'è un bravo religioso che viene a prestar i'opera sua in
nostro aiuto... ».
In questo « nostro è compreso il salesiano francese Don De
Barruel, che fungeva da segretario personale di Don Bosco. Men-
tre il giornalista muoveva le sue domande, Don Rua non smette-
va il suo lavoro; ma, come faceva a Torino anche quando dava
udienze, dissuggellava buste, scorreva con l'occhio gli scritti, anno-
tava e riponeva, o senz'altro cestinava. E intanto raccontava alfin-
tervistatore episodi della vita di Don Bosco e particolarità delle
sue fondazioni. Nessuno più di lui era al corrente. Quando il gior-
nalista chiese se fosse vero che Don Bosco guariva malati, Don
Rua, sorridendo con Don De Barruel, rispose: - Tutto quello
che egli può fare è di pregar Dio per loro (98).
In realtà, la documentazione delle cose straordinarie che av-
vennero a Parigi in quel buon mese che Don Bosco trascorse nella
capitale occupano più di 150 pagine del volume, da 102 a 258.
I1 4 maggio, primo venerdì del mese, Don Bosco fu invitato a
celebrare la Santa Messa dalle Dame del Rifugio nella loro casa
detta del Buon Pastore.
La superiora era gravemente ammalata; suore ed educande
speravano e supplicavano Don Bosco che le ottenesse la guarigio-
ne. La superiora si lasciò portare nel refettorio dove una porta
dava sulla cappella e di poteva seguire la celebrazione. Là atte-
se il Santo. Ma questi, sppena le fu di fronte, esdamò: Reqniescat
i n pace!...
La comunità scoppiò in pianto. La superiora rispose serena-
mente: - Piat voluntas tua!...
Quando fu fra le educande, Don Bosco aggiunse: - Figliuo-
le, non c'è da piangere. Quando la corona è pronta, non bisogna

11.10 Page 110

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trattenere i santi sulla terra... Il Signore vuol bene a questa casa.
Vi si fanno buone comunioni; buono è anche lo spirito. Ora l'im-
portante si è che non le si cambi destinazione...
Ricevuta la benedizione, le educande sfilarono a ricevere an-
che dalle sue mani una medaglia di Maria Ausiliatrice, rimettendo
in quelle di Don Rua un mazzetta di biglietti.
Rinunziamo a descrivere le dimostrazioni trionfali di quel sog-
giorno mariano. Riguardano più Don Bosco che Don Rua.
I1 26 maggio, lasciando Parigi, quando fu solo sul treno con
Don Rua e Don De Barruel, Don Bosco, profondamente commos-
so, come ridestandosi da un sogno, osservò: - Cosa singolare!
Ricordi, Don Rua, la strada che conduce da Buttigliera a Morialdo?
Là a destra vi è una collina e sulla collina una casetta e daUa
casetta alla strada si stende giù per il declivio un prato. QueUa
misera casuccia era l'abitazione mia e di mia madre; in quel prato
io, ragazzo, conducevo due vacche al pascolo. Se tutti quei signori
sapessero che han portato così in trionfo un povero contadino dei
Becchi! eh?... Scherzi della Provr~idenza.
A Torino Don Rua trovò altra corrispondenza accumulata sul
suo tavolo di lavoro. E un denso programma da preparare e da
curare: la festa di Maria Ausiliatrice per la domenica seguente, la
Conferenza annuale ai Cooperatori, i'onomastico di Don Bosco, il
Convegno degli exallievi laici fissato al 15 luglio e quello dei sa-
cerdoti pel giovedì successivo... A questi Don Rua per la prima
volta diramò i'invito ufficiale con una circolare in cui ricordava
anche le Sante Quarantore e la festa di San Luigi (99).
Ma al primo convegno non si poté trovare né Don Bosco, né
Don Rua. Due giorni prima avevano dovuto partire per ?Austria,
dov'era morente nel suo castello di Frohsdorf, il Conte Enrico di
Chambord, erede del trono di Francia, su cui i legittimisti francesi
contavano di poterlo rimettere.
Era giunto apposta a Torino il Conte Du Bourg, addetto aila
casa reale, con l'ordine di condurre Don Bosco a qualunque co-
sto. La perdita di una coincindenza a Mestre li costrinse a passare
due notti in treno, Don Bosco completamente digiuno perché sof-
friva terribilmente a mangiare in viaggio; Don Rua con lo spunti-
no di due uova in 36 ore. Ossequiato l'infermo, ambedue scesero
in cappella a celebrare la Messa. Poi Don Bosco risalì a benedire

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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l'ammalato trattenendosi in affabile conversazione. Era Sant'Enri-
co, onon~asticodel Conte. E la sera, mentre familiari ed invitati
stavano a mensa, il Principe volle alzarsi e scendere portato su
una poltrona a brindare con loro: - Non ho voluto che si beves-
se alla mia salute, senza che ci fossi anch'io - esclamò appena
cessate le acclamazioni. Prese un sorso di champagne brindando
alla contessa, ai commensali, a Don Bosco in particolare, poi si
fece riportare in camera.
11 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, Don Bosco ce-
lebrò la Messa nella camera dell'infermo, dando la Comunione an-
che alla Contessa. In giornata ripassò più volte al capezzale con-
fortando le sue speranze con pii pensieri sulla vita e sulla morte.
Poi, ringraziando con lui il Signore di un certo miglioramento, il
17 mattino, con Don Rua, riprese il viaggio e giunsero a Torino
sul mezzogiorno del 18 a godersi i1 convegno degli exallievi sacer-
doti.
Il Principe Enrico, conte di Chamhord, superò la crisi ed en-
trò in convalescenza. Ma l'euforia lo invogliò ad assistere a parti-
te di caccia e il 4 agosto, chiesto un fucile, colpì un bel cervo.
L'imprudenza gli fu fatale: ricadde peggiorando di giorno in gior-
no, finché il 24 agosto l'ultimo discendente di San Luigi re di
Francia rese l'anima a Dio.
Fra le impressioni raccolte dalle sue labbra ne riportiamo
una: «Don Bosco è un santo. Son contento di averlo veduto...
Tutti quanti siam qui non arriviamo alla caviglia di Don Bosco...
Dice che i miracoli non li fa lui, ma il suo compagno. Anche
questo un santo... ».
Riguardo alla morte, Don Bosco disse: « Dio gli aveva ridona-
to la sanità per la Francia, non per sé stesso, né per andare a
caccia... ».
Nel frattempo la diocesi di Torino deponeva il lutto per la
morte dell'Arcivescovo Mons. Gastaldi, esultando alla nomina del
successore Em.mo Card. Gaetano Alimonda, scelto apposta da
Leone XIII anche per consolare Don Bosco.
Procedevano bene le pratiche per la promozione di Don Ca-
gliero all'episcopato come Vicario Apostolico della Patagonia. Ne-
gli ultimi mesi del 1883 egli in Italia visitava le case delle Figlie
di Maria Ausiliatrice ed insisteva con Don Rua sulla necessità di

12.2 Page 112

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aprire una seconda casa per i salesiani che facevano fiorire il colle-
gio di Randazzo, patrocinando la proposta dell'Arcivescovo di Ca-
tania che li desiderava nella sua città.
Scrisse ancora a Don Rua da Marsiglia dove aveva accompa-
gnato i missionari e le missionarie della quarta sped~zioned, ando-
gli buone notizie del viqggio da trasmettere a Don Bosco con i
particolari delle sue visite alle case di Francia (100).
Pieni poteri: Vicario di Don Bosco
All'inizio del 1884 la salute di Don Bosco cominciò dedsamen-
te a declinare, destando frequenti allarmi. Eppure, le necessità
&anziarie, specialmente per la chiesa del Sacro Cuore in Roma lo
costrinsero a ritornare ad elemosinare in Francia dove aveva sem-
- pre trovato grande generosità. I1 28 febbraio, prima di partire,
radunò tutti i superiori del Consiglio e raccomandò: Durante
la mia assenza il Capitolo si raduni almeno una volta al mese: io
do a Don Rua i pieni poreri per presiedervi. I membri continuino
a volersi bene fra loro: per far meglio le cose che si debbono fare
ci vuole carità. Si promuovano fervorose preghiere fra i giovani
per me finché sarò lontano, e questo per due motivi: 1)perché la
mia salute possa resistere ai disagi del viaggio; 2) perché ho biso-
gno di molti quattrini. Si dica ciò ai grandi, si dica ai piccoli: il
povero Don Bosco affronta un simile viaggio non per sé, ma per
provvedere all'oratorio e pagare i debiti. Se ne parli ai salesiani
in conferenza, esortandoli a risparmiare spese quanto sia possih-
le. E di nuovo sia benedetto il Signore per la benevolenza che ci
dimostra il Cardinale. Don Rua vada qualche volta a visitarlo.
- L'indomani, il dott. Alhertotti tentò ancora di dissuaderlo:
Se arriverà a Nizza, - disse - sarà un miracolo.
E raccomandò al segretario di star molto attento, perché pote-
va mancare senza che alcuno se ne accorgesse. Don Bosco fece
chiamare un notaio e dettò il suo testamento che mostrò a Don
Rua e a Don Cagliero, dicendo: - H o lasciato voi due miei ere-
di universali. Se non ritornerò più, come teme il medico, voi sa-
prete già come stiano le cose.

12.3 Page 113

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Don Rua uscì di camera col cuore che gli scoppiava. Don Ca-
- gliero tentò ancora di trattenerlo.
- Come vuoi che faccia diversamente? - rispose Non
vedi che ci mancano i mezzi per andare avanti? ... Solamente dalla
Francia posso sperare soccorsi.
- Eh! - riprese Don Cagliero -. Siamo andati avanti fino-
ra a forza di miracoli. Vedremo anche questo! Lei vada e noi pre-
gheremo.
Piangeva come un fanciullo. Don Bosco gli consegnò il testa-
mento in una scatola. Don Cagliero l'aprì soltanto sei mesi dopo,
quando Don Bosco, contro ogni previsione, ritornò ancora vivo.
Dentro c'era anche l'anello d'oro del papà di Don Bosco. h ave-
va conservato per tutta la vita.
Si vide proprio il miracolo. Don Bosco resse a tutte le fatiche
del viaggio, delle udienze, delle questue, funzioni e conferenze.
Ritornò sostando per le case della Liguria ed a Sampierdarena tro-
vò Don Lemoyne scelto da Don Rua perché lo accompagnasse a
Roma dove egli intendeva portarsi senza passare per Torino. A Ro-
ma egli poté saldare vari conti ed ottenere Gnalmente i privilegi
dei religiosi contrastatigli per tanto tempo.
Leone XIII gli concesse una lunga affettuosissima udienza il
9 maggio: lo fece sedere accanto a sé, volle essere minutamente
informato della sua salute e di tutte le opere. Benedisse il Signo-
re quando apprese che i novizi erano 208 e i battezzati nelle mis-
sioni circa 15.000. Gli confidò come erano andate le pratiche per
i privilegi e come egli aveva pensato a lui nel mandare a Torino
come arcivescovo il Card. Alimonda che gli voleva veramente be-
ne. Gli diede un'ampia benedizione e ingiunse a Don Lemoyne di
aver tutte le cure per la salute del fondatore.
Uscendo, Don Bosco esclamò: - Come è buono il Santo
Padre! Ci voleva proprio questo. Altrimenti non ne potevo più...
Se avessi saputo prima che costava tanti dolori, fatiche, opposizio-
ni e contraddizioni il fondare una Società religiosa, forse non
avrei avuto il coraggio di accingermi all'opera...
Ma da Torino aveva appreso anche quello che Don Rua gli
taceva per lettera: una grave deviazione dal sistema preventivo
che egli aveva inculcato con tanta saggezza e tanto zelo, e che
qualche salesiano trovava più comodo sostituire con metodi milita-

12.4 Page 114

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teschi. Donde, disagio fra i giovani, pena immensa a Don Rua e
sconcerto nello spirito di famiglia proprio della Società Salesiana.
Un sogno misterioso gli aveva svelato la triste realtà. Egli lo
dettò minutamente a Don Lemoyne e lo fece spedire a Don Rua
perché ne desse lettura in pubblico. Don Rua non ebbe il corag-
gio di leggere ai giovani anche quello che riguardava i salesiani e
scrisse a Roma pregando Don Lemoyne a farne un estratto pei
giovani, mentre ai salesiani dava lettura di tutto il testo, che ven-
ne poi stampato e ristampato e meriterebbe anche oggi la più am-
pia diffusione, come si P fatto nel XX Capitolo Generale Speciale
riportandolo in appendice alle nuove Costituzioni (101).
Tornato a Torino, Don Bosco tenne ai Cooperatori la Conferen-
za annuale, come aveva già fatto a Roma insistendo suUa necessi-
tà della cura e della cristiana educazione della gioventù su cui si
lanciavano la massoneria, i partiti e gli anarchici per mettere a
soqquadro il mondo civile. Poi prese a riordinare l'Oratorio, ascol-
tando le varie campane, consultandosi col suo Capitolo, rimoven-
do superiori subalterni infedeli e sostituendoli con confratelli
esemplari.
I1 maggior problema che si poneva allora era il fallimento del-
la quinta ginnasiale: una sessantina e più di allievi non aveva vo-
cazione e sfruttava la beneficienza dei Cooperatori tendendo a car-
riere lucrose. Don Bosco era deciso ad eliminare anche la quarta
ginnasiale, limitando le classi d a terza e mandando poi a San Be-
nigno per la quarta e quinta ginnasiale solo quelli che avevano
vera vocazione: c'erano altri collegi per chi aspirava a carriere e
professioni nel mondo... Don Rua gli fece osservare che molto
dipendeva da chi insegnava e portò l'esempio di Don Borio, pro-
fessore nel collegio di Lanzo, il quale insegnava con ben nota va-
lentia, ma anche con spirito e metodo salesiano, sicché di ogni
anno uscivano ottime vocazioni. Eran gli anni del ven. Don An-
drea Beltrami ed altri.
Una caritatevole proposta fece pure Don Rua nella seduta del
28 luglio 1484: che si provvedesse adeguatamente ai giovani in-
fermi bisognosi di cure speciali, perché negli ospedali cittadini era-
no spesso oggetto di trattamenti poco rispettosi da parte di medi-
ci, infermieri e di altri degenti.
I1 4 settembre emerse la proposta di afiidare a due distinti

12.5 Page 115

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direttori le due sezioni di alunni artigiani e studenti. Don Rua rac-
comandò che in tal caso si precisassero bene le distinte attribuzio-
ni e le necessarie interferenze e convergenze, si definissero bene
anche i rapporti di ognuno coi superiori maggiori, specialmente
col Consigliere degli Studi e l'Economo.
Tante preoccupazioni interne, oltze a quelle esterne, diedero
un'altra scossa alla salute di Don Bosco, che fu sorpreso anche da
erisipela. Lasciò quindi a Don Rna la presidenza di ulteriori adu-
nanze trasferite nella casa di San Benigno per respirare un po' di
aria fresca; ma fece loro un'improvvisata il 3 ottobre sostenendo-
si con un bastoncello.
Don Rua era contrario alla divisione della direzione dei giova-
ni nell'oratorio; ma quando i più dei superiori convennero
sull'esperimento, non osò opporsi temendo di contrastare un'idea
di Don Bosco. L'avvenire però gli diede ragione: si andò avanti a
disagio per un paio di anni, poi si dovette riprendere l'unità co-
me in precedenza. La divisione raramente giova ad una buona
educazione.
Una previsione si impose mentre era assente Don Bosco: che
egli potesse mancare prima che si pensasse. Don Rua propose che
nel caso infausto si chiedesse al Governo di poter seppellire la
salma nella chiesa dell'oratorio, anche perché i salesiani non ave-
vano ancora un lembo di terra nel cimitero municipale per una
tomba. Ma il tema generò tanta tristezza, che Don Cerruti pregò
di interromperne la trattazione, affidandosi alla Provvidenza (102).
Non dimentichiamo che nel 1884 durante l'estate l'Italia fu
terribilmente provata dal colera che fece molte vittime anche in
Piemonte e nella città di Torino. Don Bosco l'aveva previsto e ne
aveva assicurato l'immunità o la guarigione rinfervorando la divo-
zione a Maria Ausiliatrice e portandone al collo la medaglia. Don
Rua, che dirigeva la collaborazione dei salesiani nella assistenza ai
colerosi, mentre Don Bosco curava i suoi acciacchi a Pinerolo,
ospite del Vescovo Mons. Chiesa, ricevette parecchie relazioni di
guarigioni straordinarie, che sono documentate nel capo VI11 del-
lo stesso volume XVII.
N l l a si dice invece di quanto Don Rua abbia fatto durante
l'Esposizione Nazionale a cui l'oratorio partecipava con l'« arte
del libro », presentando in un padiglione speciale tutta la tecnica

12.6 Page 116

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tipografica dalla produzione della carta, alla composizione, stampa
e legatura dei libri. Vi prestavano servizio gli allievi della Scuola
Tipografica Salesiana. Ma si sa che tutto procedeva sotto i suoi
occhi e fra le sue cure nell'Oratorio. A pag. 251 c'è solo l'incari-
co di Don Bosco da Pinerolo di versare alla Commissione la quo-
ta di 25 lire per soddisfare l'invito al pranzo conclusivo degli e-
spositori, a cui egli non poteva partecipare. Il gesto fu molto
apprezzato da coloro che ambivano la compagnia di Don Bosco a
quel po' di allegria.
Le oscillazioni del suo stato di salute consigliarono Don Bo-
sco nel mese di settembre a stendere una particolareggiata lettera
testamento per tutti i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice e
i Cooperatori, con norme e raccomandazioni per la fedeltà alle
Costituzioni ed il fervore della vita religiosa (103).
Nella notte dal 9 al 10 ottobre, mentre Don Bosco sognava di
essere corso a Roma per trattare col Santo Padre gravi problemi
riguardanti la Società Salesiana, arrivava a Torino una lettera di
Mons. Jacobini al Cardinale Alimonda in cui lo si pregava, a no-
me del Santo Padre, di proporre a Don Bosco la designazione di
un suo vicario con diritto di successione. La sera stessa l'Arcive-
scovo scendeva personalmente a Valdocco e ne parlava con Don
Bosco, il quale cominciò a pensarci e a pregare.
I1 24, radunato il Capitolo Superiore, confidò il desiderio del
Papa ai suoi più diretti collaboratori, chiedendo il loro parere.
Tutti risposero che egli scegliesse liberamente: non c'era bisogno
di consultare i confratelli. Preso ancor tempo a pregare e riflette-
re, quattro giorni dopo, il 28 ottobre espresse il suo pensiero:
« ... si tratta di stabilire un Vicario a Don Bosco e che questo lo
rappresenti in ogni cosa. in faccia alla CLiesa per la istituzione
canonica, in faccia alle leggi civili per procura. Il Papa forse sa-
rebbe contento che Don Bosco si ritirasse pienamente e riposasse;
ma se io sto ancora al mio posto in faccia al mondo - se non mi
inganno - potrò fare ancora alquanto bene alla Congregazione.
Se resto Rettor Maggiore anche solo di nome, ciò basta al cospet-
to della Francia, della Spagna, della Polonia, ecc. Solamente la
mia povera esistenza serve ad attirare la beneficienza. Ma ho biso-
gno che vi sia uno al quale io possa afidave la Congvegazione e
poula sopra le sue spalle, lasciandone a lui tutta la vesponsabili-

12.7 Page 117

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tà. I n questo senso ho fatto scrivere al Sommo Pontefice rimetten-
domi però pienamente alle sue decisioni. Avrei scritto io stesso,
ma non riuscii a &re se non dopo varie peripezie e in ultimo mi
amidi che avevo terminato di scrivere sopra un'altra carta che
sporgeva sotto il foglio. La mia povera testa non reggeva più.
Ora la lettera fu spedita. Giunto chc sia il rescritto pontifico,
bisogna che cerchiamo di mettere alla testa della Congregazione
uno il quale assuma la reggenza sotto la sua piena responsabili-
>>.
Don Cagliero obiettò solo che se il prescelto fosse Don Rua,
occorreva sostituirlo nell'ufficio di Prefetto generale.
Don Bosco tacque di aver già fatto il suo nome nella lettera
al Papa; e riprese: - Ora da tutti si fa quel che si può, e io non
ho nulla da lamentarmi per nessuno, tutti sono di buona volontà,
ma responsabilità individuale finora non c'era. L'unico studio era
di mettere insieme tutte le forze perché uno non paralizzasse l'al-
tro. Appena avrò la risposta dal Santo Padre, ve la comunicherò.
Pregò quindi Don Rua di leggere la lettera con cui il Santo
Padre gli aveva fatto la proposta. Poi soggiunse: - I o ho propo-
sto al Santo Padre un Vicario Generale con diritto di successione,
rimettendo però ogni cosa nelle mani di Sua Santità. A questo
Vicario io darò tutti i poteri, ma intendo che sia responsabile,
perché ripeto che questa responsabilità finora non c'era. Questo
Vicario si faccia un altro Prefetto. Io allora mi ritirerò. Vedrò,
parlerò col mio Vicario ed egli parlerà e comanderà agli altri con-
fratelli ex officio...
I1 Card. Nina, Protettore della Società Salesiana, passò la lette-
ra di Don Bosco al Santo Padre il 27 novembre ed il giorno se-
guente scriveva al Card. Alimonda: « Giovedì scorso, giorno di
mia ordinaria udienza, mi recai a dovere di presentare al Santo
Padre la lettera di Don Bosco insieme a quella dell'Eminenza Vo-
stra. Sua Santità rimase oltramodo soddisfatta e tranquilla nell'ap-
prendere come all'avvenire dell'Istituto Salesiano rimarrebbe abba-
stanza ben provvisto coll'affidarne il regime a Don Rua... ».
Appena Don Bosco apprese il gradimento dei Santo Padre, ne
ringraziò il Signore: ma, lasciando maturare il tempo opportuno,
solo il 24 settembre 1885 comunicò ai superiori la sua scelta.
Intanto tutta la Congregazione, all'oscuro di queste pratiche,

12.8 Page 118

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era in esultanza per la nomina di Don Cagliero a Vicario Apostoli-
co deila Patagonia Settentrionale ed i preparativi per la sua consa-
crazione episcopale, che Don Rua curò diligentemente, seguendo
le indicazioni di Don Bosco. Egli era tra i chierici che nel 1855
avevano udito la profezia: << Uno di voi sarà vescovo D (104).
Con lui, Anfossi, Francesia, Reviglio e Turchi, c'era Cagliero.
Tutti avevano riso; ma Don Bosco vedeva lontano fin d'allora...
I1 3 dicembre diramò gli inviti ai principali Cooperatori e benefat-
tori; poi dispose le debite accoglienze al Cardinale ed ai vescovi
conconsacranti, Mons. Bertagna castelnovese, ausiliare dell'Arcive-
scovo, e Mons. Manacorda vescovo di Fossano; seguì lo svolgi-
mento della solenne funzione ed anche del primo pontiiicale che
il nuovo Vescovo tenne i'indomani, festa deli'Immacolata Conce-
zione, nella stessa chiesa di Maria Ausiliatrice; provvide al resto
del suo soggiorno in Italia e al suo ritorno in America.
Nel frattempo si dovette vagliare l'insistenza della proposta
delì'Arcivescovo di Napoli che voleva i salesiani alla direzione
delì'opera pei sordomuti a Tarsia; e Don Rua sostenne Don Bo-
sco ricordando che anche il Calasanzio aveva accettato la cura dei
sordomuti fra le sue istituzioni giovanili. Si 6ni per concordare
i'accettazione, scusandosi solo di non avere al momento il persona-
le adatto. Si dovette infatti ritardare di oltre dieci anni per di-
sporne e toccò poi a Don Rua provvedere prima di morire, nel
1909.
Don Rua dissentiva invece da Don Bosco sul ritiro dei salesia-
ui da Magliano Sabino dove non si rispettavano le convenzioni;
riuscì ad indurre i superiori a procrastinare, ma quanto se ne do-
vette pentire! Morto Don Bosco, i salesiani furono messi alla por-
ta in malo modo per le mene di un sacerdote qualificato da lui
stesso « furbo matricolato » ( 105).
Interessante la seduta di Consiglio del 9 dicembre 1884 in
cui si discusse sulla parrocchia di Sampierdarena. Tutti concorda-
rono sulle condizioni da porre ben chiare e neli'esigere la piena
libertà al Superiore di proporre e di rimuovere a suo giudizio il
parroco, intendendosi naturalmente con l'ordinario del luogo.
A quei tempi i parroci di Roma si chiamavano semplicemente
cwati e duravano in carica ad annurn. Insomma, si trattava di esi-
gere la amovibilità del parroco, oggi richiesta anche dal Conciiio

12.9 Page 119

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Ecumenico Vaticano 11.Don Rua insistette: « ...si faccia firmare
dalla Curia una carta che dichiari la nostra libertà nel togliere o
mettere un sacerdote o un altro che avrà cura delle anime ».
=ede pure tutto il suo appoggio per l'apertura della casa di
Catania, facendo valere le ragioni addotte l'anno prima da Don
Cagliero. L'apertura di una nuova casa in Spagna, a Barcellona,
suscitò l'idea di crearvi la prima Ispettoria; ma Don Bosco prefe-
si che si ritardasse e che le case di Spagna continuassero a dipen-
dere dal Capitolo superiore. Il ritardo si protrasse fino al 1889
lasciandone l'incarico a Don Rua che vi nominò come primo I-
spettore una stoffa da santo: Don Filippo Riialdi (106).
Ai primi di gennaio del 1885 Don Rua ebbe una bella prova
dell'assistenza della Divina Provvidenza. Si offriva la buona occa-
sione di saldare un debito contratto per la prima fondazione a
Parigi con la possibilità di estendere l'opera iniziale, un modesto
Oratorio (Patronage) domenicale ed un più modesto Ospizio per
~ o c hgi iovani poveri, ad un vero e proprio Istituto. Al momento
di firmare il contratto, senza possibilità di dilazione, si disponeva
solo di trentamila franchi, mentre ne occorrevano altri quaranta-
mila. Don Rua non sapeva dove dar del capo e scriveva al sig. di
Franqueviile, che curava la pratica, di pregare il venditore dello
stabile a pazientare ancora, quando giunse da Roma una racco-
mandata con l'offerta di una benefattrice, signora Stacpoole, pro-
prio di quarantamila lire.
Notevoli vari altri interventi di Don Rua alle sedute capitola-
ri tra il 1884 e il 1885. i1 più singolare fu la proposta di distin-
guere i Coadiutori in due classi: una per quelli di una certa cultura,
oggi diremmo qualificati; l'altra per quelli che appena sapevano
leggere e scrivere, ma erano una provvidenza per tante cure dome-
stiche. Egli era preoccupato che un avvocato, un medico, un pro-
fessore si sentisse a disagio accanto ad un honomo qualunque.
Don Bosco si oppose: « Non posso ammettere due classi di
coadiutori. Si stia attenti a non ricevere in Congregazione certi
individui, che saranno buoni, ma rozzi e dirò anche di cervello ot-
tuso, capaci, ali'occasione, di andare tranquillamente all'osteria
senza badare più in là. Tutta questa gente se è ricoverata in casa
non abbia il nome di coadiutore... Costoro non si ammettano mai
in Congregazione e molto meno a pronunciare i voti... ».

12.10 Page 120

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Don Rua spiegò il suo pensiero domandando se non si potes-
sero imitare altri religiosi, come ad es. i Francescani, e istituire
una categoria da tenere in casa come terziari.
- Per ora non occorre - rispose Don Bosco. - E non si
andò più in là.
A Don Bosco stava molto a cuore il « rendiconto mensile » in
cui i religiosi davan conto della loro condotta esteriore e riceveva-
no consigli, conforto, richiami ove occorresse. Oggi con un lin-
guaggio scolastico si chiama « colloquio ». Ma prevedeva che tor-
nasse pesante agli anziani e, non potendo più accoglierli egli stes-
so, li affidò a Don Rua. A questi rimise pure le confessioni dei
confratelli, come era uso allora, cedendo a lui il suo confessionale
ord'mario in sagrestia. Esortò inoltre ad avviare anche gli alunni
di quarta e quinta ginnasiale a Don Rua per le confessioni e la
direzione spirituale, perché egli stentava ad ascoltarli nel suo ap-
partamentino, dove funzionava una cappelima, migliorata e hene-
detta in seguito dal Card. Alimonda.
Nell'adunanza del 2 ottobre 1884, a San Benigno Canavese,
cui abbiamo già accennato, Don Rua approfittò dell'assenza di
Don Bosco per caldeggiare la proposta di Don Bonetti di destire
un refettorio a parte per i superiori del Capitolo, che scendevano
ancora a mensa con tutti i salesiani della casa. Ma, vagliato il pro
e il contro, si finì per rimettere il provvedimento a quando la sa-
lute non consentisse più a Don Bosco il conforto di trovarsi a
mensa con la comunità: ciò che avvenne poco dopo.
La cronaca del 1884 si chiude con gli angosciosi sogni di Don
Bosco: dal 29 al 30 settembre quello del colloquio con un sacer-
dote suo amico sulla scarsità dei sacerdoti e la risposta perentoria:
- Se tutti i preti facessero il prete, ce ne sarebbe sempre ahba-
stanza (107).
Poi quello della notte del lo dicembre: il concilio diabolico
per distruggere i salesiani e la scelta del mezzo più seducente:
persuaderli che l'essere dotti deve formare la loro gloria principa-
le. Quindi... studiar molto per sé, per farsi fama, non per servire
il prossimo... Boria nel tratto coi rozzi ed ignoranti, coi poveri...
poltroneria nel sacro ministero. Non più Oratori, non più catechi-
smi pei fanciulli, non più scuolette per istruire i poveri ragazzi
ahbandonati, non più lunghe ore di confessionale... Predicazione

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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solo a sfogo di superbia per suscitare applausi, non per salvare
anime... (108).
I1 terzo, la notte seguente, orrendo: vide salesiani in veste di
agnelli; fece per accarezzarli e scoperse bestie feroci, leoni, tigri,
cani arrabbiati, porci, pantere, orsi... Su quel gregge una tre-
menda insegna: Bestiis comparati sunt.
Gran rimedio, di marca salesiana: lavoro, lavoro, lavoro...
Don Bosco continuava a dar esempio anche in questo, nono-
stante le sue tanto precarie condizioni di salute. Dal 24 marzo al
6 maggio riprese a peregrinare per la Francia, mendicando. Fu la
miglior smentita al <( Corriere della Sera di Milano che, con im-
pudenza inaudita, seguita subito da altri giornali e giornalucoli,
aveva dato notizia della morte di Don Bosco a Buenos Aires...
Don Rua rimase a far le sue veci trepidando un giorno più
dell'altro, ma confortato spesso da altre provvidenze straordinarie
come queila che abbiamo riportata. Respirò quando lo vide rien-
trare e cercò di alleviargli le fatiche delle feste di Maria Ausiliatri-
ce e delle altre ricorrenze annuali, come quella del suo onomasti-
co e dei convegni exallievi...
Fra gli uni e le altre trovò modo di visitare le case salesiane e
deiie Figlie di Maria Ausiliatrice in Sicilia. Una rapida sosta a
Roma gli permise di cogliere le d i c o l t à del momento e di strap-
pare il consenso di Don Bosco per una sospensione dei lavori di
costruzione della chiesa del Sacro Cuore perché speculatori disone-
sti mettevano in crisi il sostegno delle spese, facendo perfino en-
trare materiale da una parte ed usure dall'altra per ignote destina-
zioni...
Passò a Faenza dove l'opera salesiana era bersaglio di teppisti
aizzati da settari. Abbassò gli occhi quando s'avvide di scritte di
<( Abbasso i preti Salesiani - Fuori i Salesiani »; ma confortò i
confratelli: - Quanto bene si farà in questa città... Quanto
bene!
L'avvenire gli diede pienamente ragione... (109).
Le visite fatte e la corrispondenza che passava per le sue ma-
ni mettevano Don Rna al corrente non solo delle situazioni delle
case aperte, ma anche del valore di tante proposte di nuove fon-
dazioni. Don Bosco ne teneva gran conto nelle discussioni e deci-
sioni quando presiedeva le adunanze capitolari.

13.2 Page 122

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La scarsità di personale non consentiva spesso di accettare
profferte promettenti come avvenne per una parrocchia rurale in
diocesi di R i i i , per un orfanotrofio a Vicenza, per un riforma-
torio a Trenta, per l'ospizio Peana a Cuneo... Si doveva lamenta-
re anche qualche defezione. Don Bosco, ricordando esperienze del
passato in proposito, mise in rilievo i vantaggi perché I'auto-
eliminazione di elementi perturbatori che potevano compromettere
i'edificazioue della vita comune è una grazia del Signore.
Egli aveva formato la Congregazione con un criterio diverso
da quello di antichi Ordini religiosi e Congregazioni monastiche
in cui ogni casa fa da sé, in autonomia comunitaria. Suscitato da
Dio nel secolo di Carlo Marx che promoveva la forza proletaria
in blocchi di masse potentemente unite per la lotta di classe, hno
al totalitarismo assoluto, Don Bosco capiva che anche per far del
bene ai tempi nostri occorreva un'organizzazione unitaria discipli-
nata per amore, non per forza, in spirito evangelico « cor unum
et anima una », non in federatismi frammentati per collaborazioni
puramente integrative.
Qui, umanamente parlando, fu il segreto dell'incremento soli-
do e della rapida espansione della Società Salesiana, che oggi rim-
piangiamo... Don Rua ne rese testimonianza esplicita al processo
canonico di beatiiicazione del fondatore: « Giammai avvennero
durante la vita di Don Bosco scissure fra le varie sue case, e
neppure ala sua morte nessun movimento né collettivo, né indivi-
duale si manifestò contro le sue disposizioni, e l'andamento conti-
nuò come quando egli le governava ».
Ma fu anche gran merito di Don Rua, che seppe rispondere
alle intenzioni di Don Bosco quando la Santa Sede lo invitò a
scegliersi un Vicario che assumesse tutto il peso della Congrega-
zione negli ultimi anni della sua vita.
Ne parlò al suo Capitolo (Consiglio Superiore) il 24 settem-
bre 1885, specificandone il compito in questi termini: « Ciò che
debbo dirvi si riduce a due cose. La prima riguardo a Don Bosco
che ormai è mezzo andato e ha bisogno di uno che faccia le sue
veci. L'altra riguarda il Vicario generale che subentri nelle cose
che faceva Don Bosco e s'incarichi di tutto ciò che è necessario
per il buon andamento della Congregazione: benché nel trattare
gli affari san sicuro che egli prenderà sempre volentieri gli avvisi

13.3 Page 123

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di Don Bosco e dei confratelli, e nell'addossarsi questa carica al-
tro non intenderà che di venire in aiuto della Pia Società Salesia-
na, cosicché quando io venga a morire, la mia morte non alteri
punto l'ordine della Congregazione. Qiiindi il Vicario deve prov-
uedere che le tradizioni che ora noi teniamo si mantengano intat-
te. Cosi fu raccomandato caldamente dal Santo Padre. Le uadiio-
ni si distinguono dalle Regole in quanto che insegnano il modo di
spiegare e praticare le regole stesse. Bisogna procurare che queste
tradizioni, dopo di me, si mantengano, si consemino da quelli che
mi seguiranno. Mio Vicario generale nella Congregazione sarà
Don Michele Rua. Questo è il pensiero del Santo Padre, che m i
ha scritto per mezzo di Mons. Jacobini. Desiderando di dare a
Don Bosco ogni possibile aiuto, mi domandò chi sembravami che
potesse far le mie veci. Io ho risposto che preferiva Don Rua,
perché è uno dei primi anche in ordine di tempo nella Congrega-
zione, perché già da molti anni esercita questo ufficio, perché que-
sta nomina avrebbe incontrato il gradimento di tutti i confratelli.
Sua Santità rispose, non ha molto, per mezzo dell'Em.mo Card. Ali-
monda: V a bene! approvando così la mia scelta. Da qui innanzi
pertanto Don Rna farà le mie veci in tutto; e d ò che posso far io
può farlo lui; ha i pieni poteri del Rettor Maggiore: accettazioni,
vestizioni, scelta del segretario, delegazioni, ecc. n (110).
Perché non sorgessero contestazioni, Don Bosco nominò subi-
to un altro Prefetto generale nella persona di Don Celestino Du-
rando, sostituendolo per la direzione degli studi con Don France-
sco Cerruti, Ispettore della Liguria; e si modificò anche un artico-
lo delle deliberazioni capitolari con questo testo: Il Prefetto della
Società è colui che fa le veci del Rettor Maggiore e del suo Vica-
rio nel governo ordinario.
Don Bosco fece quindi stendere da Don Lemoyne la circolare
per la comunicazione ufficiale a tutta la Congregazione, e la fece
leggere anzitutto ai salesiani della Casa Madre, nel coretto deila
chiesa di Maria Ausiliatrice, il giorno della festa dell'lmmacolata,
8 dicembre, dal direttore Don Francesia.
In questa si specificava pure la nomina di Mons. Giovanni
Cagliero, consacrato Vescovo I'anno prima, a Provicario per tutte
le Case e tutti i salesiani di America. Dalla metà di ottobre Don

13.4 Page 124

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Rua aveva preso stanza accanto a Don Bosco dove h o allora la-
vorava il segretario Don Gioachino Berto.
«Don Rua aveva quarantotto anni compiuti - commenta
Don Ceria - dei quali ben quaranta passati con Don Bosco (pro-
priamente, in casa, 35). Ammesso da trent'anni nella sua intimi-
tà, pieno di devozione verso la sua persona, capace quanto altri
mai di comprenderlo, risoluto di spendere tutta la vita ad aiutar-
lo nella sua missione, egli parve a tutti il più adatto che si potes-
se trovare nella Congregazione per sostenere il delicato ufficio ».
Del consenso universale dei confratelli citiamo solo un brano
della lettera di Don Bellamy da Parigi, in data 15 dicemhre
1885:
« F u sempre felice per la nostra Pia Saaetà il giorno dell'Immacolata
Concezione, e quest'anno la nostra buona Madre ci ha regalato una notizia
che fu da tutti i salesiani accolta come il più prezioso, il più caro, il più
desiderato dei regali, voglio dire la nomina ufficiale di lei alla faticosa, ma
dolce carica d'essere Padre della nostra Pia Società... Questa fn per noi una
nuova prova che il Signore ci ama; questa fu una nuova spinta a lavorare
agnor più perché non si può più adesso temere p e ~l'avvenire, sentendoci
nelle mani paterne, forti, sante di colui che tutti riguardavano come un
altro Don Bosco, come la Regola salesiana in persona, come la forma di ogni
oero e buon raleriano » (111).
Don Bellamy, già sacerdote della diocesi di Chartres, aveva
fatto visita a Don Bosco durante il soggiorno del Santo a Parigi
nel 1883 con un gran desiderio di farsi salesiano; nello stesso
anno fu presentato da Don Bosco a Don Giulio Barberis, maestro
dei novizi, pel noviziato a San Benigno Canavese. Fu poi il primo
direttore della casa di Ménilmontant a Parigi, quindi maestro dei
novizi francesi a Marsiglia, secondo una predizione di Don Bosco:
« A lei faremo fabbricare i salesiani ». Don Rua appagò il suo de-
siderio di andare missionario in Africa, inviandolo ad Orano nel
1891.
Un altro documento del gradimento della nomina di Don Rua
a Vicario e di Mons. Cagliero a Provicario per I'America è in una
lettera di Don Luigi Lasagna il quale, il 30 dicembre del 1885,
rimandava in Italia per qualche mese di riposo Don Calcagno e
Don Rota, partiti giovinetti per le Missioni e ordinati sacerdoti

13.5 Page 125

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laggiù. Furono poi due colonne dell'opera salesiana in America:
Don Calcagno capitanando la spedizione missionaria in Equatore
e Don Rota nella prima Ispettoria salesiana del Brasile. Nella let-
tera che essi recavano a Don Bosco, il futuro terzo Vescovo sale-
siano aveva scritto: « ... mentre lei benedice questi due suoi fortu-
nati figli, può benedire tutti nella loro persona, poiché tutti sia-
mo prostrati davanti a lei. Prostrati sì, o amatissimo Padre, per
ringraziarla di tutti i benefizi che ci ha fatto, specialmente di averci
accettati e mantenuti nella sua cara Congregazione, beneficio tal-
mente grande che non glielo pagheremo neppure se dovessimo da-
re la vita per lei... Dobbiamo pure ringraziarla per le pre-
mure che ebbe di darci nell'amatissimo sig. Don Rua un secondo
Padre in Italia, ed un altro in America nella persona del venera-
tissimo Mons. Cagliero. Noi tutti i suoi figli dell'Ispettoria Uru-
guayana e Brasiliana li accettiamo e riveriamo come il più bel
dono che Ella abbia potuto farci, li ohbediremo in tutto e sem-
pre, e li ameremo tanto che ci proponiamo di non affliggerli mai
e poi mai anche menomamente... » (112).
Con Don Bosco in Francia e in Spagna
Come Vicario di Don Bosco, Don Rua prese l'abitudine di in-
dirizzare quasi mensilmente una circolare a tutte le case per tene-
re i Salesiani al corrente della salute del Padre e delle cose più
importanti.
I1 27 gennaio scriveva, fra l'altro:
«La sanità del nosuo caro Padre, grazie a Dio, non peggiora, ma pur-
troppo non vi è miglioramento considerevole: le gambe ricusano sempre di
portario, la vista è sempre debole, lo stomaco ognora molto stanco. Egli
tuttavia ancor confessa e dà udienza quando può e non sa riposarsi mai »
(113).
Don Bosco non riusciva a riposare neppur di notte. Diversi
sogni, registrati nella prima parte del volume XVIII delle << Me-
morie Biografiche » appartengono all'inizio del nuovo anno e pro-
vano come la sua mente fosse sempre preoccupata della sua mis-
sione in mezzo ai giovani e dalle cure della Congregazione.

13.6 Page 126

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Don Rua figura in
più noto della visita fatta, la notte
del 6 febbraio, al Direttore della casa di Barcellona-Sarrià in Spa-
ga, Don Giovanni Branda, per ammonirlo ad allontanare un lai-
co che aveva guastato moralmente tre giovani incauti, ed un chie-
rico pericoloso: «Anche costui - gli aveva detto mentre, fattolo
alzare dal letto, lo accompagnava per le camerate degli alunni -
allontana dalla casa: altrimenti, se rimane, farà gravi cadute ».
Don Branda si scusava obiettando che non sapeva come fare,
quando scorse Don Rna, che con la mano gli faceva cenno di ta-
cere ed obbedire.
Don Branda tacque e Don Bosco uscì. Sparve tutta la luce.
Don Branda si trovò solo nella sua camera ali'oscnro. Cercò a ta-
stoni il lume sul suo tavolino, lo accese, guardò l'ora: mancavano
due ore alla levata. Inutile ricoricarsi. Prese il breviario e comin-
ciò a recitare ?Ufficio Divino. Non ebbe però il coraggio di ese-
guire l'ordine; si limitò a chiamare il prefetto e gli assistenti per
raccomandare la massima vigilanza affinché non avvenissero cose
deprecabili. Così tirò avanti per qualche giorno, finché non gli arri-
vò una lettera da Torino in cui Don Rua gli scriveva: « Stasera
io passeggiavo con Don Bosco e mi disse che ti ha fatto una visi-
ta; ma forse a quell'ora tu dormivi... ».
Alcuni giorni dopo Don Branda andava a celebrar Messa in
casa della insigne Cooperatrice Donna Dorotea de Chopitea; e « la
Mamma dei Salesiani », di cui è in corso la Causa di Beatificazione,
i'attendeva per raccontargli un sogno: - H o sognato Don Bosco,
sa; i'ho sognato questa notte...
Ma Don Branda chiese scusa pregandola di lasciargli celebrar
subito la Santa Messa. Appena baciato l'altare si sentì preso da
terrore. Una voce interna gli ordinava: « Fa' subito quello che ti
ha comandato Don Bosco; altrimenti questa è l'ultima Messa che
celebri n.
Nella stessa giornata condusse le indagini, appurò ogni cosa e
rimandò i giovani alle loro case. Il laico chiese due mesi di
sopportazione, adattandosi a fare il famiglia, mentre si cercava la-
voro (114).
I1 12 marzo Don Bosco intraprese un altro viaggio in Fran-
cia con l'intenzione di spingersi h o a Barcellona, questuando spe-
cialmente per la chiesa del Sacro Cuore in Roma. Partì col suo

13.7 Page 127

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segretario particolare ch. Viglietti, facendo varie tappe sulla costa
ligure ove le popolazioni si affollavano nelle case salesiane per u-
dire la sua parola, avere una sua benedizione...
Don Rua stava al corrente attraverso la corrispondenza quasi
quotidiana di Viglietti o dei vari superiori. 11 18, il segretario gli
scriveva che Don Bosco lo incaricava di dare sue notizie ai giova-
ni e di dire a quelli di 4a e 5a ginnasiale che ogni mattina gli
sembrava sempre di distribuire loro il Pane degli Angeli.
SuUa fine di marzo da Nizza Mare lo sollecitava a raggiungere
Don Bosco il lo o 2 aprile per accompagnarlo in Spagna. E Don
Rua si trovò a Marsiglia a sera inoltrata del giorno due. Passò
alcuni giorni studiando lo spagnuolo. I1 7, presero il treno per la
Spagna. Don Bosco era in uno stato di salute da far pietà. Per
fortuna alla frontiera c'era Don Branda con un benefico Coopera-
tore sig. Suiier, il quale aveva prenotato un'intera vettura salone
e costrinse Don Bosco ad entrarvi con Don Rua e Viglietti. Don
Rua non toccò cibo, né bevanda per poter celebrare la Messa i1
giorno seguente a Barcellona, nella cappella di Donna Dorotea
che li volle tutti ospiti per usare a Don Bosco le attenzioni di cui
aveva bisogno.
Dopo pranzo vennero condotti a l collegio salesiano nel sobbor-
go di Sarrià ove la stessa benefattrice con le sue figliuole aveva
messo in ordine le stanze loro destinate. Si conservano tuttora
con venerazione. Qui Don Bosco fece il grandioso sogno missiona-
rio che raccontò a Don Rua il mattino del 10 aprile, presenti Don
Branda e il di.Viglietti. f? riportato in esteso nel volume XVIII
da pag. 71 a 74. Nel sogno Don Bosco aveva visto Don Rua ed il
provveditore Giuseppe Rossi, assai pensierosi uno per le preoccu-
pazioni spirituali, l'altro per quelle materiali. Ma la Provvidenza
avrebbe consolato tutti e due anche in quel viaggio.
Don Rua se la cavava abbastanza col suo spagnuolo e col ch.
Viglietti accompagnava Don Bosco dappertutto. Sbrigava la corri-
spondenza più importante e teneva Don Bosco al corrente di
quella che riceveva dalle varie case. I1 26 aprile fece la sua prima
predica ai giovani in castigliano. I1 diario del soggiorno e la prege-
vole pubblicazione «Una ciudad para un Santo » riportano spesso
il nome di Don Rua nelie visite, nei ricevimenti e nelle testimo-
nianze di grazie straordinarie con cui Dio benedisse i passi di

13.8 Page 128

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Don Bosco e le interminabili udienze. Negli ultimi giorni accadde
il fatto più singolare. Genitori pieni di amore e di fede portarono
a Don Bosco un loro bimbo spedito dai medici e quasi morente.
Don Bosco, che non ne poteva più, fece rispondere che lo portas-
sero a Don Rua, il quale, ubbidendo umilmente, lo benedisse. Il
bimbo guarì all'istante (115).
Il 6 maggio Don Bosco coi suoi due angeli custodi lasciò Bar-
cellona, sostò a Gerona, poi proseguì per la Francia. Alla frontie-
ra accettò il pranzo preparatogli da una benefattrice a Port Bou e
nel pomeriggio proseguì per Montpellier, ov'era atteso nel Gran
Seminario dai superiori e dai chierici che se lo godettero nell'inti-
mità della cena. L'indomani, 8 maggio, celebrò pei seminaristi, fe-
ce varie visite e diede molte udienze. I1 9 celebrò nella cattedrale
dove il Vicario generale della diocesi raccomandò dal pulpito le
Opere salesiane... Don Rua e Viglietti, aprendosi a stento il pas-
saggio tra l'immensa folla, fecero personalmente il giro per la que-
stua. Raccolsero tanta carità che, parlandone poi a Torino, Don
Bosco disse: « A Montpellier, se non accettavamo il denaro, ce lo
tiravano dietro! ».
I1 10 maggio Don Rua accompagnò Don Bosco alla cattedrale
di Valenza di Francia gremita fino all'inverosimile da una folla
ansiosa di udire il Santo. Ma questi cedette la parola a Don Rua,
il quale narrò la storia dell'Oratorio e poi passò a questuare con
Viglietti. Ripeterono il giro anche il 12 quando Don Bosco cele-
brò I'ultima volta; poi, mentre egli salutava la folla e raccomanda-
va la chiesa del Sacro Cuore in Roma, Don Rua dalla balaustra
distribuiva medaglie di Maria Ausiliatrice; i fedeli passando lascia-
vano abbondanti elemosine. Fu una vera Provvidenza.
A d e a Grenoble, sulla via del ritorno, Don Rua sostituì
Don Bosco in seminario parlando deli'amor di Dio. Uno dei pre-
senti scrisse: « L e sue ardenti parole rivelavano in lui un'anima
infuocata. Più che meditazione, era contemplazione; ma per Don
Bosco che ascoltava con gli altri diventò estasi. Grosse lagrime gli
rigavano le guance e il superiore, come se ne avvide, con la sua
voce dolce e simpatica, esclamò: Don Bosco piange!... È impossi-
bile descrivere l'emozione prodotta nelle nostre anime da quella
semplice parola. Le lagrime del Santo furono ancor più possenti
che gli infiammati sospiri di Don Rua... » (116).

13.9 Page 129

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Rientrati all'oratorio la vigilia della festa del Patrocinio di
San Giuseppe, che quell'anno cadeva il 1 6 maggio, Don Bosco ce-
lebrò la Messa al suo solito altare di San Pietro e Don Rna fece
le sue parti alla funzione comunitaria degli studenti. Poi condivi-
se con lui la letizia familiare in refettorio e all'accademia che gli
artigiani tennero in cortile sul far della sera.
DaUa festa di Maria Ausiliatrice al IV Capitolo Generale
Ci pare di non dover trascurare una lettera del 22 marzo
1886 in cui Don Rua rispondendo a nome di Don Bosco al parro-
co di Losone (Svizzera-Canton Ticino), Don Modini (che aveva
&est0 preghiere pel bnon successo delle elezioni dei 21 minaccia-
te dal radicalismo anticlericde), incoraggiava all'incremento della
divozione a Maria Ausiliatrice:
«...posso assicurarla che noi pregammo e preghiamo perché tutto
riesca in favore deila Chiesa Ticinese, e già i nostri orfanelli fecero varie
Comunioni a questo scopo. Speriamo che Maria Anslliarrice abbia benedetta
!a votazione di ieri. Non è da stupire che i'iniemo faccia tutti gli sforzi per
vincer la partita, a l fine di distruggere gli detti che 1a Cbiesn potrh rica-
vare daiia vittoria. IXiuque coraggio sempre, sempre avanti! La favola
della lotta fra Ercole ed Antéo è pur sempre rigorosamente vera per noi
cattolici. Antéo ricuperava tutto il suo vigore toccando la terra, madre
sua: la Chiesa, o, a meglio dire, i suoi figli ritornano sempre al pristino
vigore e sono invincibili, sol che al braccio di Maria Auxilium Christiano-
rum si confidino. Sia dunque Maiia quella che, anche questa volta, vinca
ed abbatta il comune nemico... » (117).
La Madonna aveva proprio vinto confortando i cattolici in un
momento molto grave per la libertà religiosa. Allora non c'erano
i mezzi di comunicazione immediata di cui disponiamo oggi, e la
notizia giunse più tardi all'oratorio; ma i cattolici ticinesi erano
già in esultanza mentre Don Rua rispondeva.
Questi, ritornato dal viaggio con Don Bosco, aveva una gran
premura di far riposare il bnon Padre. Ma dovette lasciar passare
le feste di Maria Ausiliatrice, deU'Onomastico, degli exallievi e le
conferenze preparatorie pel Capitolo Generale. Dopo la metà di
luglio rialmente Don Bosco poté accettare l'ospitalità del caro

13.10 Page 130

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Vescovo di Pinerolo Mons. Chiesa che mise a sua disposizione la
villa presso il santuario di San Maurizio, nella parte alta della cit-
tà. Prima di partire però aveva voluto stendere una lettera perché
Don Rua avesse uno scritto a documento del mandato di ricevere
i rendiconti dei superiori del Consiglio generalizio e del se-
gretario:
«Torino, 10 luglio 1886... Pei vivo desiderio di trattenermi coi miei
cari salesiani e specialmente coi membri del Capitolo, l'anno scorso mi
assumevo l'impegno di fare il rendiconto mensile a ciascheduno. Ma la mia
povcra testa ha fatto fiasco. Ora desidero di riparare il male prima del Ca-
pitola Generale. Pertanto procura che tale rendiconto abbia luogo in modo
formale almeno una volta. Se non puoi in ciò rappresentarmi, deputa alme-
no chi faccia le veci mie. Credo che Don Bonetti o Don Cermti troveranno
il tempo richiesto per questo importante, ma da noi, specialmente da me,
trascurato affare. Dio ci benedica tutti e credimi sempre in G. C. aff.mo
amico Sac. Gio. Bosco » (118).
Con altra lettera da Pinerolo, ai primi di agosto, autorizzava
Don Rua a presiedere il Capitolo Generale delle Figlie di Maria
Ausiliatrice a Nizza Mouferrato:
« ... Pel solo motivo della cagionevole mia sanità non posso recarmi a
Nizza per la elezione della Superiora generale e deiie altre Superiore; perciò
ti concedo tutte le facoltà necessarie per questa e qualunque altra deiibe-
razione si debba prendere a quest'uopo per l'Istituto delle Figlie di M. A.
Ho già pregato e continuerò a pregare affinché ogni cosa riesca a maggior
gloria di Dio. Coraggio! Dio è con noi. I o vi attendo tutti al Paradiso,
mediante l'aiuto di Dio e della sua S n i t a misericordia. Coraggio, ripeto,
molte cose il Signore ci ha preparato; adoperiamoci per mandarle ad d e t t o .
I o sono mezzo cieco e cadente di sanità; pregate eziandio per me, che per
tutti e per tutte sarà sempre in G . C. aff.mo Amico e Padre Sac. Gio.
Bosco D (119).
Da Nizza Monferrato Don Rua dovette correre prima a San
Benigno Canavese per gli esercizi spirituali e poi a Torino-Valsali-
ce pel IV Capitolo Generale dei Salesiani, l'ultimo presieduto da
Don Bosco. Questi era riuscito a trovarsi anche a San Benigno,
ma non ebbe le forze di parlare in pubblico. Sicché superiori mag-
giori e direttori si stringevano attorno a lui nei brevi istanti in
cui egli sostava dopo le refezioni prima di ritirarsi in camera.
Fu in uno di questi trattenimenti familiari che Don Bosco ma-

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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nifestò una sua particolare consolazione: - In questo vi ricono-
sco tutti miei figli. Siate sempre senza gare di preminenza. Qui
vedo direttori, predicatori degli esercizi, membri del Capitolo Su-
periore, ma tutti riuniti come in una sola famiglia. Vorrei dirvi
tante cose, ma i miei polmoni non vogliono più soffiare. Le dirò a
Don Rua, ed egli ve le ripeterà. Intanto pregate per Don Bosco
(120).
La presidenza effettiva del IV Capitolo Generale dei Salesiani
la tenne abitualmente Don Rua; ma più volte Don Bosco inter-
venne personalmente e disse la sua autorevole parola sulle parroc-
chie, sui nuovi decreti della Santa Sede riguardanti i'accettazione
al noviziato ed alla professione religiosa, sul Bollettino Salesiano
e i Cooperatori, sulle vocazioni degli adulti e sulla necessità di
dissuadere i giovani dall'iscriversi alla massoneria.
Nel discorso di chiusura Don Rua richiamò i Capitolari aii'os-
servanza di alcune prescrizioni delle Regole di cui si sentiva parti-
colare necessità: i'esattezza nella corrispondenza fra direttori ed i-
spettori, fra ispettori e superiori maggiori; impegno concorde sui-
la povertà nel vitto, nelle calzature, nei viaggi; fedeltà aii'eseru-
zio della buona morte sia pei confratelli come pei giovani distinta-
mente; regolarità nei colloqui mensili coi confratelli, che allora
avevano il vero carattere di rendiconto pel progresso spirituale e
per la coliahorazione al buon funzionamento delle case; cura dei
confratelli giovani... A questo proposito Don Rua esortava ad aiu-
tare i giovani chierici provenienti dal noviziato, fomentando in lo-
ro lo spirito di pietà, educandoli a non daticare i polmoni col
vociferare in classe, seguendo il loro comportamento con carità e
sincerità.
Avendo Don Bosco deciso di andare a Milano per la conferen-
za ai Cooperatori, come era d'accordo con I'Aruvescovo Mons. di
Calabiana, Don Rua presiedette gli esercizi spirituali dei salesiani
a Valsalice. E gli pervenne una lettera del ch. Viglietti che lo
tranquillizzava sulla salute del Padre comune: « Don Bosco mi in-
carica di pregarla che elia dica a tutti coloro che stanno costì agli
esercizi dolergli tanto di essere lontano da essi, e questa essere la
pena maggiore che egli soffre; che però gli sono tutti molto pre-
senti neile sue orazioni. Manda saluti a tutti e a tutti copiose
benedizioni S.

14.2 Page 132

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Il 13 settembre ebbe la sorpresa della comparsa di Don Bosco
che dalla stazione aveva voluto raggiungere subito Valsalice per
passare gli ultimi giorni degli esercizi fra gli esercitandi e far loro
ancora un po' di bene. Don Rua dispose le cose in modo che egli
non si stancasse. N'ebbe infatti tanto sollievo che quando il 21
settembre giunse da Parigi un telegramma de « L a Croix » con
vive condoglianze per l'allarme destato da giornalisti italiani che
avevano diffuso la notizia della sua morte, poté rispondere egli
stesso: « Sto bene. Non so spiegarmi la loro ansietà. Tuttavia rin-
grazio attenzione ».
Migliorò tanto che, il 29, parti per San Benigno a chiudere
gli esercizi dei novelli salesiani, ricevendo, il 3 ottobre, cinquanta-
trè professioni. Don Ceria che era tra i professandi ci ha traman-
dato le espressioni più vibranti delle sue raccomandazioni. Riguar-
do alla obbedienza non esitò a protestare: <<È sacrilegio fare il
voto di obbedienza e poi regolarsi come certuni che obbediscono
solo quando loro piace ». Sulla carità insistette tanto che i suoi
occhi si riempirono di lagrime. Ripeté un'espressione che aveva
familiare: « Del prossimo o parlar bene o tacere ». Predisse quin-
di l'avvenire della Congregazione precisando che sarebbe stato me-
raviglioso e che ai salesiani non sarebbe mancato nulla h c h é si
fossero tenuti alla gioventù povera, essendo questa la missione
affidata loro dalla Madonna. a Se tutti voi foste già in grado -
affermò - di far da direttori, io saprei dove collocarvi subito dal
primo all'ultimo ». Era la previsione del rettorato di Don Rua.
Quanto obbediente l'avvenir rispose!...
Urgevano frattanto aiuti di personale e soccorsi economici so-
prattutto per le Missioni che versavano in necessità. Don Rua ne
trattava con Don Bosco il quale M per risolversi ad una questua
straordinaria, lanciando l'appello sul bollettino pei Cooperatori e
diffondendo largamente una sua circolare, che venne tradotta in
francese, spagnuolo, inglese e tedesco. Si mobilitarono giovani chie-
rici di San Benigno, suore di Nizza Monferrato per scrivere oltre
centomila indirizzi. Se ne mandò copia perfino all'lmperatore del-
la Cina ed allo Scià di Persia... (121).
Don Rua, mentre seguiva quest'operazione, radunava i supe-
riori del Capitolo coi quali Don Bosco concertava direttive ai su-
periori delle Missioni per la retta amministrazione e preparava u-

14.3 Page 133

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na spedizione di 26 salesiani e 6 Figlie di Maria Ausiliatrice.
Informandone personalmente i direttori delle case di America,
Don Rua li sollevava dai debiti con la direzione generale: « Col
lo gennaio (1887), cioè dimani, qui nell'Oratorio si principierà
con tutte codeste case di America un conto nuovo, notando come
saldati tutti i conti passati Sebbene le offerte ricevute dietro la cir-
colare di Don Bosco del mese di ottobre non abbiano raggiunto la
somma complessiva dei vostri debiti, Don Bosco tuttavia desidera
si faccia conto nuovo e così si farà. Questo serva ad accrescere in
ciascuno la riconoscenza al nostro amato Padre e di stimolo ad
essere sempre più attenti all'economia, essendo questo il vivissi-
mo desiderio tante volte dimostrato dal medesimo ».
I missionari partirono poi sotto la guida di Don Luigi
Lasagna.
Un delicatissimo omaggio volle fare Don Bosco al suo Vicario
dedicando al suo Patrono San Michele Arcangelo il nuovo novizia-
to di Foglizzo Canavese che egli stesso inaugurò il 4 novembre,
benedicendo la cappella allestita provvisoriamente nella rimessa
del palazzo dei Conti Ceresa di Bonvillaret, e dando l'abito talare
ad un centinaio di giovani chierici, tra cui era Andrea Beltrami,
oggi venerabile. L'estrema povertà rallegrò Don Bosco. - Oh,
così mi piace! questa casa comincia bene! - esclamò vedendo i
novizi portarsi da un ambiente all'altro l'unica sedia di cui ciascu-
no disponeva... (122).
Altra grazia deli'autunno 1886 fu l'acquisto del collegio di
Valsalice e la sostituzione dei nobili coi chierici studenti di &o-
sofia e teologia. Una vera provvidenza per quasi mezzo secolo di
gloriosa storia ed ora affollato da studenti di liceo che non smenti-
scono la buona tradizione scolastica salesiana.
Altre situazioni vennero sistemate in Francia, e Don Rua se-
guiva i consigli di Don Bosco per stimolare la carità dei francesi.
Fra tante sollecitudini per le case d'Italia, d'Europa e di Ame-
rica, egli pensava anche a diminuire i disagi di Don Bosco in ca-
sa, adattando a refettorio per lui e pel Capitolo Superiore un am-
biente presso la biblioteca allo stesso piano dell'appartamentino
ove il fondatore trascorreva le sue giornate ordinarie. Venne inau-
gurato per Natale. Don Viglietti vi celebrò la sua prima Messa.

14.4 Page 134

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Con Don Bosco a Roma
La salute di Don Bosco ne guadagnò tanto che il logennaio
1887 confidava a Don Viglietti: - Adesso ho il grillo di provve-
dere quanto più presto ad una partenza di missionari per Quito e
la repubblica dell'Equatore. è un centro di Missione dove si
possono trovare anche vocazioni.
E Don Rua? Subito a sua disposizione anche per questa nuo-
va impresa: carteggi e pratiche, scelta di personale e richieste di
aiuti, allestimento della spedizione, funzioni e viaggio dei missio-
nari.
Un'altra cosa premeva a Don Bosco: precisare i rapporti tra i
salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, di cui il Capitolo Gene-
rale aveva lasciato a lui la cura. Fra le varie soluzioni prospettate
nelle discussioni, egli scelse quella di affidare la direzione generale
delle suore per la parte amministrativa al suo Vicario generale e
la parte spirituale al Catechista generale Don Giovanni Bonetti
(123).
Il 13 febbraio 1887 il settimanale milanese « Leonardo da
Vinci », diretto da Don Albertario, usciva con questo elogio di
Don Bosco: « Il nome di Don Bosco riassume una vera epopea
cristiana. A nessuno in Italia è sconosciuto, e milioni di bocche
lo ripetono con accento di commozione, di venerazione, di fidu-
cia, di riconoscenza. ... Egli è una vera potenza, sebbene umilissi-
mo ed affabilissimo; egli è un gigante di carità e zelo, e ogni enco-
mio è inferiore a l suo merito ».
In questa epopea Don Rua, che « sapeva ecclissarsi - come
nota Don Ceria - e scomparire accanto a Don Bosco, si da non
distrarre menomamente l'attenzione di chicchessia dalla persona
del santo fondatore », prende ora sempre più posto e responsahili-
tà e assurge a benemerenze personali.
L'alba del 1887 fu funestata in Italia dal terremoto che colpì
gravemente la Liguria danneggiando in particolare la casa salesia-
na di Vallecrosia. Don Bosco, per mezzo di Don Rua, fece mettere
a disposizione degli orfani altre case, poi mandò l'impresario Giu-
seppe Buzzetti a verificare i danni. N'ehhe in risposta che per i
più indispensabili occorrevanosubito seimila lire; per gli altri as-
sai di più. La risposta dell'impresario gli fu recapitata a tavola.

14.5 Page 135

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Don Bosco ascoltò la lettura e ripose la lettera accanto al piatto,
dicendo: - I1 Signore ci penserà! Stiamo tranquilli.
Verso la fine del pranzo, ecco giungere il conte Eugenio De
Maistre che, fatti i convenevoli, chiese: - Caro Don Bosco, ha
bisogno di denaro?
- È una domanda da farsi a Don Bosco? - esclamò -.
Pensi un po': ho da finire la chiesa del Sacro Cuore a Roma, ho
tanti giovani da mantenere e tante altre spese a cui far fronte...
- Bene! - ripigliò il conte - sappia che una mia vecchia
zia voleva lasciarle qualche somma per testamento; ma poi sapen-
do essere meglio un lume davanti che due di dietro, mi ha incari-
cato di portarle senz'altro questo piego.
Don Bosco lo passò a Don Rua, il quale lo svolse e coniò sei
biglietti da mille...
I1 20 aprile Don Bosco intraprese il suo ultimo viaggio a Ro-
ma per la consacrazione della Chiesa del Sacro Cuore e volle con
sé Don Rua insieme al segretario Don Viglietti, perché il suo vica-
rio si rendesse personalmente conto della situazione dellOspizio
che si a5ancava alla chiesa. Sostarono a Sampierdarena e a La
Spezia dove si era fissata la conferenza ai Cooperatori; ma parlò
Don Rua. Con altre due tappe, a Pisa e ad Arezzo, Don Bosco
giunse alla capitale in discrete condizioni. Del soggiorno e delle
celebrazioni dà ampia relazione il volume XVIII delle << Memorie
Biografiche », ai capitoli XIII, XIV, XV.
Don Rua stava a fianco di Don Bosco quanto poteva. Assistet-
te con lui al collaudo dell'organo e lo accompagnò all'udienza pon-
t&cia, il 13 maggio. Introdotto andi'egli con Don Viglietti sul
finir dell'udienza, ebbe subito dal Papa l'impegno più caro: -
Ah, voi siete Don Rua, siete il Vicario della Congregazione! Be-
ne, bene! Sento che fin da ragazzo siete stato allevato da Don Bo-
sco. Continuate, continuate nell'opera incominciata e mantenete in
voi lo spirito del vostro fondatore.
- Oh, si, Santo Padre! - rispose - noi speriamo, con la
vostra benedizione, di poter spendere finl'ultimo respiro per quel-
l'opera alla quale fin da fanciulli ci siamo consacrati.
Seguì la presentazione del segretario e il Papa chiese a Don
Bosco dove avesse lasciato l'altro che lo aveva accompagnato nel
suo penultimo viaggio. Quando udì che lo aveva lasciato a Torino

14.6 Page 136

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dove c'era tanto lavoro, Leone X I I I raccomandò moderazione:
- I1 corpo esige il debito riposo per poterlo adoperare nelle ope-
re che sono della maggior gloria di Dio.
- Padre Santo, - disse allora Don Rua - noi siamo dispo-
su ad obbedirla; ma in queste cose chi ci ha dato lo scandalo è
stato Don Bosco stesso.
Si sorrise. Poi Don Rna chiese la dispensa da alcune disposizio-
ni di recend decreti per le ammissioni degli aspiranti alla Congre-
gazione, concedendo che, invece di tante commissioni esarninatri-
ci, ci si potesse limitare ai voti dei Capitoli, o Consigli di ciascu-
na casa e a quello definitivo del Capitolo Superiore. Il Papa l'e-
sortò a fare la domanda per iscritto e a fargliela pervenire perso-
nalmente per mezzo di Mons. Della Volpe. Don Rua seguì il con-
siglio del Papa ed ottenne quanto chiedeva per un quinquennio
(124).
Terminate le funzioni e celebrazioni della consacrazione e del-
l'ottavario, quando stavano per ritornare a Torino, il 18 maggio,
la Prowidenza venne loro in aiuto perfino con l'offerta dei denari
del viaggio.
Tra una funzione e l'altra Don Rua aveva potuto controllare
come andavano le cose e confidare a Don Bosco parecchie disone-
stà che facevano raddoppiare le spese di costruzione del tempio e
dell'ospizio. Lo ricaviamo anche da un biglietuno lasciato da Don
Bosco al Procuratore Don Dalmazzo: << Manca il controllore delle
provviste che entrano e non entrano. Vegliare sui prezzi. Chi ve-
glia sui materiali che si portano altrove? Si lavora poco. Si ruba
in casa e fuori. Si sciupano materiali, specialmente tavole. Si fan-
no e disfanno ponti sulle volte... ».
Arrivarono a Torino aU'inizio del triduo per la festa di Maria
Ausiliatrice, a tempo perché Don Rua potesse dare la benedizione
eucaristica, mentre Don Bosco assisteva dal coro. Don Rua si tro-
vò subito alle prese con mille altre preoccupazioni, mentre occor-
reva far riposare Don Bosco. Sostenne il peso di tutte le feste e il
4 luglio riusciva a fare accompagnare il buon Padre all'accogliente
collegio di Lanzo Torinese.
Con la coscienza del suo dovere, ansioso del bene della Congre-
gazione e di prolungare il più possibile l'esistenza di Don Bosco,
si addossò tutta la sua responsabilità, attendendo all'andamento

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delle case d'Europa e di America, alle Missioni, con una resisten-
za fisica che ha del prodigioso.
Fece le veci di Don Bosco anche alla premiazione degli alun-
ni, ai corsi di esercizi spirituali, alle adunanze di Capitolo, la-
sciando al Padre la consolazione dei colloqui confidenziali coi con-
fratelli quando si sentiva di passare qualche ora fra loro. Non ave-
va il dono della bilocazione e Don Bosco soffriva di non poterlo
avere continuamente a fianco. Lo sentì forte Don Albera, Ispetto-
re delle case di Francia, quando h i t i gli esercizi spirituali e le
adunanze salì alla sua cameretta per congedarsi: - Anche tu sei
per partire? - gli chiese Don Bosco con le lagrime agli occhi -.
Mi abbandonano tutti! So che Don Bonetti partirà stasera. Don
Rua se ne andrà anche lui. Mi lasciano qui solo... Don Bosco ha
ancora tante cose da dire ai suoi figli e non avrà più il tempo di
dirle...
Don Albera scoppiò in pianto.
E Don Bosco, sollecito: - Non ti faccio un rimprovero; tu
fai il tuo dovere partendo. Dio ti accompagni! pregherò per te; ti
benedico di tutto cuore (125).
Don Bosco si trattenne a Valsalice, dopo gli esercizi dei con-
fratelli, fino al 2 ottobre. Al suo rientro all'oratorio, salesiani e gio-
vani gli fecero affettuose accoglienze. Visitatori e benefattori, per-
sonalità dall'Italia e dall'estero affluivano ogni giorno chiedendo
udienze e benedizioni. Don Rua vigilava e moderava perché non
lo stancassero. È di questo autunno il passaggio a Torino di un
pio sacerdote cileno, Don Camillo Ortuzar, venuto in Italia per
farsi Gesuita.
- E perché non si farebbe salesiano? - gli chiese Don Bo-
sco -. Ella desidera lavorare, non è vero? Ebbene, qui troverà
,
pane, lavoro e paradiso.
Lo trattenne a pranzo e, mentre Don Ortuzar spiegava anche
agli altri superiori ,la ragione della sua venuta, gli ripeteva sorri-
dendo: - Pavi~!avoro e paradiso!... Finì per ritletterci e arren-
dersi al fascino di Don Bosco.
. - Veda: - concluse il Santo - Don Bosco se ne dovrà
andafe fra poco;. ma c'è già qui Don Rua al suo posto. Egli si
incarica di dare'*-lei il Pane; lavoro non gliene mancherà di cer-

14.8 Page 138

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to... Don Bosco spera di arrivare al Cielo per darle da parte di
Dio il Paradiso.
E poiché Don Ortuzar pensava di tornare a Parigi per informa-
re la mamma rimasta là, prendersi il corredo e sistemar qualcosa,
lo tolse da ogni indugio soggiungendo: - Stia tranquillo! la sua
signora madre approverà volentieri la sua risolnzione. Vada pure
senz'altro dove lo chiamano i suoi nuovi doveri e ritenga per cer-
to che non avrà mai a pentirsi d'aver obbedito da buon soldato
del Signore...
La stessa sera il maestro dei novizi Don Barberis l'accompagnò
a Valsalice a cominciare il suo noviziato. Fu salesiano fino aUa
santità e sempre felice. Prima che finisse l'anno Don Bosco accet-
tò varie domande d i invio dei salesiani in diverse repubbliche del-
l'America Latina, che lasciò poi a Don Rua per la concretizzazio-
ne. Faceva intanto il giro del mondo il suo appello di aiuti per la
spedizione neU'Equatore. Ed a Valsalice fervevano i lavori di a-
dattamento per la trasformazione da « Coilegio dei nobili » in
« Seminavio delle Missioni Esteue ».
Ci volle l'intervento della Madonna per l'accettazione della
prima fondazione in Belgio, tanto perorata dal vescovo Mons.
Doutreloux. La Provvidenza però riservò la gioia della realizzazio-
ne a Don Rua.
Don Rua guidò pure le pratiche ed attese all'apertura della
casa di Battersea in Londra.
Mentre si svolgevano queste ed altre, ostacolate dalla scarsità
di personale idoneo, più che non di mezzi, perché questi venivano
offerti generosamente, la cronaca registrava un avvenimento che
tornerà caro ricordare.
Nell'ottohre del 1887 passava per Torino un grandioso pelle-
grinaggio francese: quello delle Associazioni Operaie Cattoliche,
guidato dal fondatore Leone Harmel, e diretto a Roma a rendere
omaggio aLeone XIII. Non potendo accogliere la massa di 953
operai con una cinquantina di sacerdoti nell'oratorio, Don Rua
accompagnò Don Bosco al parco del Valentino dove essi pranzava-
no nel ristorante <( Sogno ». Appena apparve, il Santo fu circondato
dai dirigenti e dal Papà degli Operai », mentre i pellegrini accor-
revano acclamando entusiasticamente. Don Bosco dovette limitarsi
a benedirli: invitò Don Rna a salutarli in nome suo. E Don Rua fu

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felicissimo nel suo breve, ma cordiale discorso. Suscitò tanta cari-
tà che tutti, passando uno ad uno ad ossequiare il Santo che dava
a ciascuno una medaglia di Maria Ausiliatrice, mettevano nelle
sue mani abbondanti offerte (126).
Altra consolazione per Don Bosco fu la vestizioue clericale di
novantaquattro novizi. Don Rua l'accompagnò a tempo al novizia-
to di San Benigno Canavese, il 20 ottobre, impiegando due ore e
mezzo fra treno e carrozza a fare 28 chilometri e assistendolo
amorevolmente nella cerimonia a cui partecipavano parecchi parro-
ci dei dintorni e distinti signori. Nel ritorno Don Bosco gli disse:
- Un altro anno non verrò più; verrai tu a fare questa funzione.
Egli ne poté fare un'altra, l'ultima, il 24 novembre nel santua-
rio di Maria Ausiliatrice, dando l'abito talare a quattro novizi di
eccezione: un professore polacco plurilaureato, Vittore Grahelski;
un ex ufficiale francese, Natale Nouguier di Maliiay, poi grande
studioso della Smdone di Torino; un giovane inglese che però
non perseverò; il Principe Augusto Czartorisky, ereditario del tro-
no di Polonia di cui è in corso la causa di Beatificazione e Cano-
nizzazione. Don Rua fece il discorso prendendo lo spunto dal te-
sto di Isaia « I tuoi figli vengono da lontano ».
Un momento di angustia passò Don Bosco quando gli parve
che Don Rua dissentisse da lui sulla convenienza dell'unità ammi-
nistrativa della Congregazione. Se ne confidò un giorno con Don
Cerruti, il quale non ebbe difficoltà ad assicurarlo che Don Rua
consentiva pienamente con lui sul senso unitario della Congrega-
zione: unità di direzione, di amministrazione, di disciplina. Era il
carattere distintivo del suo carisma di fondatore, nel secolo di
Marx che propugnava l'unità totalitaria dei lavoratori per la pro-
mozione degli interessi economici sociali e politici del proletaria-
to, e Don Bosco doveva esigere l'unità costituzionale della Società
Salesiana per garantire l'efficienza dello spirito cristiano nelle stes-
se masse e nella educazione della gioventù, nella missione della
Chiesa universale.
Finché Don Bosco poté far le scale, Don Rua l'accompagnava
a prendere una boccata d'aria in città sulla modesta vettura di ca-
sa insieme a Don Viglietti, aiutandolo a far qualche passo a piedi
quando raggiungevano la campagna. E, per via, quante confiden-
ze! ...

14.10 Page 140

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Un giorno passarono accanto al Cardinale Alimonda che face-
va due passi sotto i portici di via Po col suo segretario. Don Bo-
sco fece fermare il cavallo e mandò Don Rua ad invitarlo a salire
con lui, che non poteva scendere ed aveva qualcosa da dirgli.
L'Arcivescovo l'abbracciò e la vettura proseguì al passo, mentre
Don Rua ed il segretario seguivano a piedi.
Tornati a casa, Don Bosco gli disse: - Non potrò più fare
altra volta queste scale...
Infatti, quattro giorni dopo, il 20 dicembre, lo si dovette por-
tare in cortile su una sedia per procurargli ancora questo sollievo.
L'indomani il medico diede l'allarme: poteva essere questione di
giorni.
Don Rua radunò il Capitolo: occorreva far firmare a Don Bo-
sco documenti legali e telegrafare l'ordine di chiusura di un colle-
gio a Villa Colon nell'uruguay e di un altro a Nizza Mare (127).
Don Rua, come abbiamo accennato, aveva preso ufficio presso
le camerette di Don Bosco, al posto di Don Berto. Ma il Santo
non sapeva quanto stesse all'erta per la sua salute. Sentendosi
mancare, il 23 dicembre raccomandò a Don Viglietti: - Fa' di
non essere qui t u solo prete. Ho bisogno che qualcuno sia qui
pronto con l'Olio Santo.
- Don Bosco - rispose Don Viglietti -, Don Rua è sem-
pre nella camera qui presso. -Del resto, lei non è cosi grave da
dover discorrere di questa materia.
- Si sa qui in casa - insisté Don Bosco - che io sto cosi
male?
- Sì, Don Bosco. E non solo qui, ma in tutte le altre case e
ormai in tutto il mondo, e tutti pregano.
- Perché io guarisca?... Me ne vado all'eternità ...
A quanti salivano a visitarlo dava ricordi spirituali, come se
stesse per abbandonarli. A Don Bonetti, direttore spirituale della
Congregazione: - Sii sempre il sostegno di Don Rua.
Poi, insistendo pel Sacramento degli infermi: - È vero che
c'è quell'arnese (indicando scherzosamente Don Viglietti); ma è
meglio essere qui in più.
Per tranquillizzarlo, Don Rua pregò Mons. Cagliero, giunto da
qualche giorno, di amministrargli il Santo Viatico la vigilia di
Natale.

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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Don Bosco n'ebbe notevole sollievo anche fisico. Tuttavia in
serata chiamò ancora Don Rua: - Vorrei, con Don Viglietti, un
altro prete presso di me questa notte. Temo di non arrivare a
domani.
Più tardi incaricò Don Viglietti di consegnare a Don Bonetti
un libriccino in cui aveva appuntato altre raccomandazioni pel
suo successore e di dare a Don Rua quanto si trovasse ancora
nelle sue tasche: - Fammi anche il piacere di osservare nelle
tasche dei miei abiti: vi sono il portafoglio ed il portamonete.
Credo che non vi sia più niente; ma caso mai vi fosse danaro,
consegnalo a Don Rua. Voglio morire in modo che si dica: Don
Bosco è morto senza un soldo in tasca. Non si poté dire che non
aveva debiti: solo per la chiesst del Sacro Cuore in Roma più di
trecentomila lire. Ma fece coraggio a Don Rua: non dicesse nulla
a nessuno; la Provvidenza avrebbe provvisto.
La stessa sera del 24 dicembre Mons. Cagliero gli amministrò
anche il Sacramento degli infermi.
A Don Rua piovevano lettere e telegrammi da ogni parte;
molti offrivano la loro vita per ottenere il prolungamento di quel-
la del Padre.
I1 26, Don Rua prese a diramare periodicamente un bollettino
della malattia e circolari ai salesiani per tenerli al corrente delle
oscillazioni.
Impresa penosa per tutti era il doverlo cangiare di letto per
la pulizia. Mancando di infermieri specializzati, i superiori si ain-
tavano cercando di farlo soffrire il meno possibile. In una di que-
ste manovre Don Rua cadde sul letto preparato, proprio sotto
Don Bosco. Tentò di provvedere un letto più comodo; ma non
trovandone a Porta Palazzo, fini per ricorrere a quello di Don
Deppert, al quale, senza che egli lo sapesse, il Padre aveva predet-
- to nel corso di una malattia: Fatti coraggio! Non tocca a te
questa volta: vi è un altro che deve prendere il tuo posto.
Don Deppert guarì e Don Bosco prese proprio posto nel suo
letto per morire.
I1 30 dicembre Don Rua comunicò: « Ieri sera, in un momen-
to in cui Don Bosco poteva parlare con minor difficoltà, mentre
eravamo attorno al suo letto Mons. Cagliero, Don Bonetti ed io,

15.2 Page 142

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fra le altre cose disse: - Raccomando ai salesiani la divozione a
Maria Ausiliatrice e la frequente Comunione.
I o soggiunsi allora: - Questo potrebbe servir da strenna per
l'anno nuovo...
Ed egli: - Questo sia per tutta la vita D.
Poi acconsentì che si desse come strenna pel 1888.
Ma a loro Don Bosco aveva detto altre cose: - Aggiustate
tutti i vostri affari. Vogliatevi tutti bene come fratelli: amatevi,
aiutatevi e sopportatevi a vicenda come fratelli. L'aiuto di Dio e
di Maria Ausiliatrice non vi mancherà. Raccomandate a tutti la
mia salvezza eterna e pregate. Alteu olteuiur oneva portate...
Exemplum bonoium opevum... Benedico le case di America, Don
Costamagna, Don Lasagna, Don Fagnano, Don Tomatis, Don Ra-
bagliati, Mons. Lacerda e quelli del Brasile, Mons. Arcivescovo di
Buenos Aires e Mons. Espinosa, Quito, Londra, Trento... Benedico
San Nicolàs e tutti i nostri buoni Cooperatori e le loro famiglie:
mi ricorderò sempre del bene che hanno fatto alle nostre Missio-
ni... Promettetemi di amarvi come fratelli... Raccomandate la fre-
quente Comunione e la divozione a Maria Ausilialrice (128).
Richiamato l'Economo generale Don Sala da Roma, Don Bo-
sco volle notizie dettagliate di laggiù, lo ringraziò delle cure che
si prendeva della chiesa e dell'ospizio del Sacro Cuore, poi sog-
giunse, quasi scherzando per attenuare l'angoscia che gli leggeva
nel cuore: - Guarda di provvedere tutto per seppellirmi, sai; al-
trimenti, aggiustati, mi farò portare nella tua camera. Per quanto
riguarda l'ordine materiale della casa di Roma, procura di tener
bene informato Don Rua.
L'ultimo mese... il primo dell'anno nuovo...
Ai Cooperatori e ai benefattori più insigni Don Rua mandava
copia delle circolari ai salesiani; e ne riceveva commoventissime
risposte. Quanto gli erano grati!... All'alba del 1888 un lieve
miglioramento dilatò tanti cuori alla speranza contro ogni umana
speranza. Ma Don Rua si faceva poche illusioni. Il 2 gennaio nel
bollettino sanitario si esprimeva molto cautamente: a La grave in-
fermità dell'amatissimo nostro Padre non va peggiorando, ma il
miglioramento è tuttavia assai lento. I1 pericolo prossimo di mor-

15.3 Page 143

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te pare scongiurato. Egli augura e prega da Dio a tutti per l'anno
testè incominciato salute spirituale e corporale per poter progredi-
re nella virtù cui si deve attendere. Infine, non temendosi più per
ora cose allarmanti sull'infermità del nostro caro Don Bosco, mi
riservo a scrivervi il bollettino sanitario solo in quei giorni in cui
avrò novità rilevanti. Non cessate di pregare ».
Passava invece all'eternità di quei giorni uno dei più grandi
amici e benefattori di Don Bosco: il Conte Colle di Tolone. Don
Rua approfittò di un momento di maggior tranquillità per darne
delicatamente l'annuncio ali'infermo, che l'accolse alzando gli oc-
chi al Cielo, poi si raccolse in preghiera.
Ormai Don Rua non si allontanava quasi più daU'&cio pres-
so l'anticamera di Don Bosco. E questi lo faceva chiamare spesso
accanto a sé per altre confidenze.
Il 6 gennaio, disse a Don Viglietti: - Sarà bene che tu dica a
Don Rua che mi stia molto attento. Mi sento un po' meglio, ma
la mia testa non sa più nulla. Non ricordo se sia mattino o sera,
che anno, che giorno sia, se sia festa o giorno feriale... Non so
orizzontarmi... Non so ove mi trovi. A pena conosco le perso-
ne... Non ricordo le circostanze... Mi pare di pregare sempre, ma
non lo so di certo. Aiutatemi voi...
Col pensiero ai debiti della chiesa del Sacro Cuore, pensò di
sollecitare qualche aiuto straordinario per mezzo del Card. Ali-
monda che in quei giorni stava a Roma e suggeri a Don Rua di
scrivergli in questo senso. Ma il Cardinale fece rispondere che era
meglio far passar la domanda per mezzo del Card. Parocchi, Pro-
tettore della Società Salesiana e Vicario di Sua Santità. Egli l'a-
vrebbe patrocinata nell'udienza che attendeva da un giorno al-
l'altro.
Purtroppo il miglioramento fu passeggero. 11 29 gennaio Don
Bosco poté ancor ricevere la Comunione. Poi precipitò.
Don Rua capì allora perché Don Bosco gli avesse concesso la
dispensa dalla recita del Breviario Eino alla festa di San Francesco
di Sales; dopo avrebbe dovuto farsela rinnovare da Don Lemo-
yne. Non sapeva quindi più staccarsi dal letto del Padre, che ave-
va le ore contate.
Quel mattino, sei giovani (tra cui il Servo di Dio Don Luigi
Orione che serviva la Messa al segretario Don Berto, e Mons.

15.4 Page 144

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Augusto Bertazzoni passato, mentre scrivo, all'eternità, emerito Ar-
civescovo di Potenza) fecero l'offerta della propria vita per strap-
pare ancora un prolungamento della vita di Don Bosco. Ma questi
era maturo per il Cielo e il Signore non gli volle ritardare la corona.
Seguendo il morente ora per ora, Don Rua regolò anche le ul-
time visite e la sfilata dei salesiani e dei giovani, di rappresentan-
ze delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori. L'ultima
Cooperatrice ammessa fu la Contessa Carolina Mocenigo Soranzo,
il cui figlio, Conte Giannino, dieci anni dopo, veniva da Don Rua
dato compagno a Don Ernesto Coppo destinato ad aprire la prima
casa salesiana a New York negli Stati Uniti per insegnar l'inglese
ai confratelli d i quella spedizione. Un telegramma recò a Don Bo-
sco nelle ultime ore la notizia dell'arrivo dei missionari salesiani
diretti all'Equatnre, a Guayaquil. Don Rua s'affrettò a comunicar-
gliela. Fu l'ultima sua consolazione.
L'ultima parola che egli ebbe per sé fu: << Fatti amare! ».
Egli aiutò il buon Padre a impartir l'ultima benedizione gui-
dandogli la mano e pronunciando per lui la formula rituale. A
metà con Don Bosco h o all'estremo...
Un'ora dopo, Don Bosco spirava. Dal campanile di Maria Ausi-
liatrice le campane suonavano l'Ave Maria del mattino... Recitato
con gli astanti il De puojundis, Don Rua, con la voce rotta dai
singhiozzi, esclamò: << Siamo doppiamente orfani. Ma consoliamo-
ci: se abbiamo perduto un Padre sulla terra, abbiamo acquistato
un protettore in Cielo. E noi dimostriamoci degni di lui, seguen-
done i santi esempi »...
Come Vicario della Congregazione, ne mandò subito annuncio
al Santo Padre, alle principali autorità ecclesiastiche e civili, a tut-
ta la Famiglia salesiana. La sua circolare è riportata nel volume
XVIII delle Memorie Biografiche (129).
Con gli altri Superiori e Mons. Cagliero dispose per i funera-
li, facendo voto che, se si fosse ottenuto di inumare la cara salma
o nella cripta del santuario di Maria Ausiliatrice n nell'lstituto di
Valsalice, avrebbe tosto iniziato i lavori per la decorazione del
santuario stesso.
Espostala intanto neUa cappella di San Francesco di Sales, se-
duto sul seggiolone dal quale Don Bosco aveva ascoltato tante
confessioni, egli sostò a lungo in preghiera h o a tarda notte. Ai

15.5 Page 145

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funerali, Don Rua seguiva immediatamente il feretro fra il Prefet-
to e l'Economo generale, Don Durando e Don Sala.
Descrivendo il concorso del popolo e prevenendo malignità
giornalistiche facili in quel tempo in cui le sette vedevano in ogni
manifestazione cattolica dimostrazioni clericali, egli dichiarò quel
che più tardi testimoniò al processo di beatificazione: «Nulla vi
fu di artificioso per promuovere tale concorso; si mandò appena,
per il po' di tempo che si poté avere, la lettera mortuaria ai
Cooperatori più vicini; e tutti i giornali, senza esserne incaricati,
diedero l'annuncio della morte (130). Rimandiamo allo stesso vo-
lume per la descrizione delle onoranze funebri e tacciamo le di&-
coltà opposte in Municipio ed alla Prefettura per la tumulazione
fuori del cimitero comune, fra la canéa settaria di certa stampa
notoriamente anticlericaie.
Venuta l'autorizzazione ministeriale per l'inumazione a Valsali-
ce, grazie ali'intervento personale del Presidente del Consiglio Cri-
spi, sempre memore dei benefici ricevuti da Don Bosco, Don Rua
curò anche il pio trasporto, il 4 febbraio, e tenne poi fede ali'im-
pegno per la decorazione del santuario di Maria Ausiliatrice. Chiu-
dendo la funzione, presieduta da Mons. Cagliero, egli rifece ai
chierici la storia della trasformazione dell'Istituto in Seminario
per le Missioni, ricordò la promessa di Don Bosco che sarebbe
stato lui a guardia della casa e lasciò tre ricordi a tutti: <t 1) Per
assecondare il volere espresso di Don Bosco e le intenzioni della
Chiesa la quale comanda che si pratichi indistintamente per tutti
i fedeli finché non siano dal suo supremo magisteuo dichiarati ve-
nerabili, tutte le volte che passerete vicini a questa tomba recita-
te almeno un requiem aeternam. 2) Andaie tratto tratto presso la
sama tomba a fare un po' di meditazione, animandovi alla virtù:
e se qualche volta vi sentirete languidi nell'osseuvanza delle Rego-
le, se qualche volta si desteranno in voi le passioni che cercano di
farvi cadere in peccato, qui rivolgete il vostro pensiero come il
vostro sgumdo e qui giurate fedeltà a Dio a costo di qualunque
sforzo, qui giurate guerra al peccato a costo di qualunque sacrifi-
cio e invocate pure anche questo caro Padre nelle uostre tentazio2
ni e afanni; egli dal cielo, dove fondafamente speriamo che sia,
vi otterrà le grazie domandate. 3) Ogni volta che volgete là lo
sguardo, procurate di figurarvi come dinanzi a uno specchio da

15.6 Page 146

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cui ricopiare ogni uirth; specchiatevi e figuratevi che dalla tom-
ba parta una uoce che dica: Imitatores mei estote, sicut et ego
Christi. In ogni vostra azione pensate: come farebbe Don Bosco
in questa circostanza? Allora si che avverrà di lui quello che si
dice della salma dei profeti: defunctus adhuc loquitur ».
Prima della cena i chierici, radunatisi attorno al loro direttore
Don Barberis, sottoscrissero u n indirizzo a Don Rua, composto
dal loro compagno Don Andrea Beltrami (oggi venerabile) promet-
tendogli che avrebbero praticato le sue raccomandazioni e i suoi
ricordi, rendendogli omaggio come a nuovo Rettor Maggiore
(131).
I1 7 febbraio Don Rua mandò alle stampe la lettera prepara-
ta da Don Bosco stesso come suo testamento nel 1884 per tutti i
salesiani, presentandola con apposita circolare e fece spedire i
bigliettini dettati ancora da Don Bosco pei benefattori più in-
signi.
Nell'annata curò la sistemazione definitiva della salma del ca-
ro Padre a Valsalice e la costruzione deila cappella della pietà.
Finché visse, almeno una volta al mese, se appena poteva, pelle-
grinava personalmente a deporre le sue confidenze presso la vene-
rata salma ed a chiedete aiuto per proseguire degnamente la sua
missione.
Assecondando quindi le premure del Card. Protettore Lucido
Maria Parecchi, Vicario del Papa, discusse subito nel suo Consi-
glio la proposta di chiedere al Santo Padre il permesso di curare
gli atti preparatori per l'introduzione deiia Causa di Beatificazio-
ne. La corrispondenza che affluiva da tante parti rifletteva unani-
mi sentimenti di dolore per la scomparsa del fondatore, di co-
scienza della sua santità, di fiduciosa venerazione. Ne troviamo
ampia documentazione nei capitoli 28" e 29'.
L'ultimo capo del volume XVIII tratta della successione di
Don Rua come Rettor Maggiore della Società Salesiana. Riporta i
dati statistici della Congregazione e delI'Istituto di Maria Ausilia-
trice e presenta il nuovo Capitolo Superiore, o Consiglio Generali-
zio, con a capo: Rettor Maggiore Sac. Michele Rna. Don Ceria
invita anche a riflettere sul criterio organizzativo che guidò Don
Bosco a dar consistenza duratura alle sue istituzioni:

15.7 Page 147

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*Poco vale accozzare uomini e moltiplicare opere, ove poi manchi la
forza di coesione che faccia come di tante membra un solo corpo, e se
entro questo corpo non palpiti un centro di energia vitale che ne mantenga
ii vigore e ne promuova l'incremento. Ora qui soprattutto è da ammirare la
sapienza creatrice di Don Bosco. Fin da principio non vagheggiò castelli in
aria, ma si pose dinanzi agli occhi un piano ben definito, &e venne grada-
tamente attuando in una coordinazione sistematica, meno apparente che
reale. Meno apparente diciamo nei periodi di preparazione, ma evidente
quando lungo il suo faticoso cammino piantava una pietra miliare; allora
volgendo lo sguardo indietro si scopriva come tutto fosse stato fatto a
ragion veduta per arrivare a quella mèta... Egli le aveva dato una compat-
t e m o~ganica,che l'avrebbe sicuramente mantenuta in essere, ed una pos-
sente vitalitò interiore che sarebbe stata il segreto della inesauribile dina-
mica attività. E la pvova del fuoco venne con la successione. Si comprende
facilmente quanto fosse per dipendere dal successore sia il conservare le
cose istituzionali nello rtatu quo, sia il ben gouernare quel movimento di
azione impressovi dal fondatore. Ma l'uomo chiamato a succedere pos-
sedeva in grado eminente tutti i requisiti indispensabili allnopo. Oggi di-
nanzi alla eloquenza dei fatti ogni velleità di contraddizione è costretta ad
ammutolire; ma vi fu un primo tempo, breve per fortuna, nel quale si ma-
nifestarono esitazioni in alto luogo... Il peggio fu &e queste apprensioni
arrivarono a scuotere anche la fiducia di Leone X I I I... D (132).
A Roma si trovava allora Mons. Manacorda, vescovo di Fossa-
no, il quale conosceva bene Don Rua ed ebbe agio di poterne
parlare negli ambienti di Curia e con lo stesso Sommo Pontefice.
Don Rua, d'altra parte, fin da11'8 febbraio aveva umiliato al
Santo Padre una relazione della situazione in cui si trovava, per-
ché il decreto deUa sua nomina a Vicario di Don Bosco con dirit-
to di successione non era nelle sue mani. mai si seppe dove
fosse andato a finire nella trasmissione che la Sacra Congregazio-
ne dei Vescovi e Regolari aveva eseguito coi soliti criteri. Perciò
egli chiedeva al Santo Padre come si dovesse regolare, pregando
anzi il Vicario di Cristo a porre il suo sguardo su altri che ritenes-
se più adatto ad assumere tanta responsabilità.
Ma gli altri superiori, senza dir nulla a lui, scrissero contem-
poraneamente a Roma, protestando la perfetta idoneità di Don
Rua all'altissimo compito e la gioia che avrebbero provato tutti i
salesiani se fosse stato confermato, secondo il desiderio di Don
Bosco. La prima firma di questa petizione è quella di Mons. Ca-
gliero. I l Card. Parocchi al quale fu indirizzata questa iiliale prati-
ca da far giungere ai Santo Padre, rispondeva, si può dire, a volta

15.8 Page 148

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di corriere, l'l1 febbraio dopo l'udienza del Papa, assicurando
Mons. Cagliero e tutti i superiori con l'invio del decreto pontifi-
cio di nomina di Don Rua a Rettor Maggiore per 12 anni secon-
do le Costituzioni, riconfermando così quanto era già stato fissato
dal decreto del 7 novembre 1884 non pervenuto nelle mani dei
superiori. I firmatari della petizione ne informarono tutti i salesia-
N con una circolare il 7 marzo, concludendo: Non occorre per-
tanto che noi ve lo raccomandiamo con molte parole; imperocché
siam più che sicuri che tutti lo amerete e lo ubbidirete non solo
per dovere e per la stima che gli portate, ma eziandio in ossequio
al Santo Padre e in grata memoria di Don Bosco, del quale per
trenta e più anni fu il più intimo confidente e del cui spirito si
imbevette h dalla sua più verde età ».
Don Rua intanto era già a Roma e il 21 febbraio, ammesso in
udienza da Leone XIII, udì dal Papa i più alti elogi di Don Bo-
sco, quindi due particolari direttive: 1) assodare bene le opere da
lui lasciate, senza fretta di estenderle; 2) dare una buona forma-
zione ai novizi. Era quanto gli stava più a cuore.
Diede al Santo Padre tutte le informazioni richieste sullo stato
delle case e delle Missioni; poi, entrato anche il Procuratore Don
Dalmazzo, presero insieme l'impegno di dare d a casa del Sacro
Cuore la piena efficienza di una casa salesiana modello, come il
Papa raccomandava.
Nel comunicare ai salesiani notizia deli'udienza, Don Rua rivol-
se a tutti l'esortazione di raccogliere le memorie anche più minu-
te del fondatore, perché molti autorevoli personaggi sollecitavano
l'avviamento della Causa di Beatificazione. «Noi dobbiamo sti-
marci ben fortunati - conchiuse - d i essere figli di un tal Pa-
dre. Perciò nostra sollecitudine dev'essere di sostenere e, a suo
tempo, sviluppare ognor più le opere da lui iniziate, seguire fedel-
mente i metodi da lui praticati ed insegnati, e nel nostro modo di
parlare e di operare cercare di imitare il modello che il Signore
nella sua bontà ci ha in lui somministrato. Questo, o figli carissi-
mi, sarà il programma che io seguirò nella mia carica; questo pu-
re sia la mira e lo studio di ciascuno dei salesiani ».
Nel Bollettino di aprile informò anche i Cooperatori della let-
tera-testamento lasciata da Don Bosco e fece stampare un bel nu-

15.9 Page 149

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mero di copie della parte che loro riguardava, curandone larga
diffusione.
Fra le lettere di condoglianze per la morte di Don Bosco e di
rallegramento per la sua successione, ci piace scegliere quella del
grande storico Cesare Cantù da Milano in data 16 febbraio: << I1
venerahile (voleva dir venerando) Don Bosco ha già cominciato
dal paradiso le sue grazie col mettere ai suo posto un personag-
gio, non dico capace di eguagliarlo, ma degno di succedergli...
Tenga vivo in questa gioventù lo spirito di carità e di abnegazio-
ne, che vi ha seminato Don Bosco... ».
La Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre
Caterina Daghero, gli espresse il conforto di tutte le Suore nell'a-
ver lui a capo delta Congregazione Salesiana e alla cura paterna
del loro Istituto, assicurandolo: Dal canto mio le prometto che
farò del mio meglio per renderle meno grave il peso della direzio-
ne nostra, inculcando sempre a tutte le Direttrici e Suore una
pronta obbedienza, una confidenza illimitata ed un affetto santo,
riverente, filiale ».
Nell'udienza del 22 marzo, il Santo Padre espresse la sua sod-
disfazione a Mons. Cagliero: gli sembrava un miracolo. Quanti
sono gli Ordini e le Congregazioni religiose più importanti che
nei loro esordi non abbiano sofferto il travaglio di scissure intesti-
ne! La Congregazione Salesiana, pur così complessa nel suo insie-
me e nell'internazionalità delle sue formazioni, pur così provata
nel suo formarsi, pur cosi nuova nella sua concezione, non sotto-
stette mai ad una crisi di unione che minacciasse comechessia di
scindere la compagine. Lo spirito di Don Bosco è stato ed è un
giutine tanto più miracoloso quanto meno avvertito nei tenere
strette le parti antiche e nello stringere fortemente le nuove... ^.
Che la Congregazione non abbia mai patito d'detto di uomini
capaci - commenta Don Ceria - si vide subito nel periodo for-
se più delicato della sua esistenza, quando sotto il primo succes-
sore di Don Bosco venne il momento di dover consolidare per
" Da pag. 844 a pag. 830 del volume XVIII delle «Memorie Biogra-
iiche di Don Bosco K sono riportate, col decreto papale, le relazioni delle
udienze di Leone X I I I a Don Rua ed a htons. Cagliero.

15.10 Page 150

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ogni verso e portare a compimento l'edificio costruito dal fon-
datore. Per i complicati ordinamenti didattici nelle scuole scien-
tifiche, letterarie e professionali tanto dei soci che dei loro
alunni, per la formazione completa e la disciplina religiosa
del personale, per la vastità delle imprese missionarie, per i
progressi della buona stampa, o già c'erano o sorsero all'ora op-
portuna uomini dotati dei talenti necessari, cosiccbé non solo nes-
suna delle istituzioni di Don Bosco ebbe a subir detrimento per
insufficienza di attitudini direttive, ma proporzionata ailo slancio
delle imprese fu sempre l'assistenza, diremo così, di menti te&-
che preposte ad ogni ramo di azione (133).
Don Rua, illuminato nella scelta dei suoi collaboratori, seppe
mirabilmente compaginarli nello spirito del fondatore e coordi-
narne la dinamica attività personale.

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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16.2 Page 152

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PARTE 11:
SUCCESSORE DI SAN GIOVANNI BOSCO
Rettor Maggiore della Società Salesiuna
Conservatore o continuatore?
Paolo VI l'ha definito contznuatore nell'omelia della Beatifica-
zione. Con spirituale fedeltà, saggia di:,crezione, intelligente aper-
tura non solo ai << segni dei tempi ma soprattutto ai <( disegni
di Dio », ali'adeguamento apostolico della triplice famiglia sa-
lesiana.
<( Nelle Congregazioni religiose - osserva Don Ceria inizian-
do il secondo volume degli Annalz della Soctetà Saleszana - il
succedere ai fondarori non suo1 essere cosa tanto facile, special-
mente perché d'ordinario i fondatori, con l'autorità giuridica, reca-
no pure in fronte un'aureola morale che trascende e s'impone.
Prendere poi il posto tenuto per più di nove lustri da un lumina-
re come Don Bosco, così dotato di rare qualità naturali, così ador-
no di virtìi acquisire, così ricco di doni infusi, così conosciuto ed
ammirato da tutto il mondo, era cosa veramente da far "tremar
le vene e i polsi " ».
Eppure nessuna rottura di continuità, nessuna scossa nel-
l'andamento della vita religiosa e dell'attività pedagogica e aposto-
lica in nessuna casa ». Don Rua apparve «come luminosa stella
polare che, tramontando l'astro maggiore nel cui splendore aveva
occultato i propri raggi, brilla d'un tratto sull'orizzonte a gioia
degli occhi, a guida sicura dei naviganti... » (134).
Quanto a sé stesso, Don Rua svelò il suo stato d'animo solo
una ventina di anni dopo, nella sua circolare del 31 gennaio
1907:
149

16.3 Page 153

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... Insieme col 31 gennaio (1888) ricordo anche sempre con
l'animo commosso quell'altro giorno in cui, per non resistere alla
manifesta volontà di Dio, mi fu giocoforza piegar la fronte ed as-
sumere il governo della nostra Pia Societù. Oppresso da un peso
che sembrava dovesse schiacciarmi, che poteva io fare di meglio
che gettarmi come un bambino nelle braccia del nostro venerato
Padre Don Bosco e chiedergli quella forza che sentivo mancarmi?
Prostrato infatti davanti alla fredda sua salma, piansi e pregai lun-
gamente. Gli parlai con la intima persuasione che egli mi ascoltas-
se: gli confidai tutte le mie ambasce, come le mille volte avevo
fatto quando egli era ancora in vita, dimorava fra noi ed io avevo
la bella sorte di vivere al suo fianco. Mi parve che egli, con la
dolcezza della sua parola, col mite suo sguardo, sciogliesse le mie
dificoltù, infondesse novello coraggio allo rjdnciato mio cuore,
mi promettesse il suo valido appoggio... tornò in me la calma al
mio spirito, mi sentii abbastanza in vigore per abbracciare quella
pesantissima croce che in quel momento veniva posta sulle mie
deboli spalle. Per dire tutta la verità conviene che aggiunga che
in ricambio feci al nostro buon Padre solenni promesse. Poiché
mi vedeva costretto a raccogliere la sua eredità ed a mettermi a
capo di quella Congregazione che è la più grande delle sue opere
e che gli costò tante fatiche e sacrifizi, gli promisi che nulla avrei
risparmiato per conservare, per quanto stava in me, intatto il suo
spirito, i suoi insegnamenti e le più minute tradizioni della sua
famiglia » (135).
Quando Don Rna scriveva queste confidenze ai salesiani ave-
va a suo credito quasi un ventenni0 di governo caratterizzato dal-
la sua fedeltà a questo grande proposito. Egli aveva effettivamen-
te conservato inregro lo spirito di Don Bosco, trasmessi i suoi in-
segnamenti e le più minute tradizioni di famiglia, sicché noi stessi
che giungemmo ali'Oratorio pochi mesi dopo la sua morte (otto-
bre 1910) respirammo quell'atmosfera genuinamente salesiana a
fianco degli antichi superiori suoi contemporanei e parecchi come
lui tra i primissimi figli di Don Bosco, e crescemmo nel primitivo
clima familiare che forse fu l'esca umana più potente ad attirarci
alla vita salesiana, col fascino liturgico di quei tempi che ci rende-
va così caro il santuario di Maria Ausiliatrice, cuore della Società.

16.4 Page 154

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Don Rua seppe conservare gli elementi vitali e le specifiche
caratteristiche costituzionali non a favore di un comodismo stati-
co, ma a servizio del più autentico dinamismo di organizzazione e
di sviluppo del carisma specifico del santo Fondatore. A conferma
di quanto affermiamo bastano anche solo i dati statistici: Don Bo-
sco lasciò, morendo, la sua triplice Famiglia spirituale in queste
condizioni: Salesiani 1049, in 59 Case regolari, comprese quelle
in terra di Missione, più due cappellanie per Emigrati.
Don Rua, in ventidue anni di rettorato, portò le Case a 345,
i Salesiani a 4372. Le Figlie di Maria Ausiliatrice, nel 1888, era-
no 393 in 50 Case; alla morte di Don Rua, 2675 in 312 Case (v.
Don Bosco nel mondo, terza Ed. pag. 185).
I Cooperatori Salesiani, da circa 80.000 dei tempi di Don Bo-
sco, superavano i 170.000 al transito di Don Rua.
Assunse il governo quando la Congregazione era sparsa in Ita-
lia, Francia, Spagna, Argentina, Uruguay, Brasile, Cile, Inghilter-
ra, Equatore.
Don Rua la estese in: Colombia, Algeria, Palestina, Perù,
Messico, Terra del Fuoco, Tunisia, Venezuela, Belgio, Sud Africa,
Egitto, Portogallo, Bolivia, Paraguay, California, Svizzera, Polonia,
Stati Uniti, San Salvador, Jugoslavia, Matogrosso, Malta, Austria,
Turchia, Cina, India, Panamà, Costarica, Honduras, in ordine d i
fondazione (v. Favini, La Società Salesiana, LDC 1961, pagg.
31-32).
Ma, seguiamo, passo passo, sia pur rapidamente, la sua attivi-
tà al vertice delle responsabilità, rilevando che:
a ... con il compito di dare solidità stabilc cd estensione sempre mag-
giore all'opera (di Don Bosco) Don Rua senrì di avere daUa Prowidenza
anche la missione di radicare profondamente negli animi lo spirito autentico
dei Fondatore e di fissare in maniera definitiva la genuina tradizione sale-
siana. Nulla gli mancava per raggiungere feiicemente lo scopo. Aveva cono-
sciuto Don Bosco nelle sue più intime fibre; se n'era meritata la piena
approvazione al suo modo abituale di interpretare e di attuare il pensiero
dei Santo; ne aveva per lunghi anni rispccchiato in e irradiato negli dtri
le int-ioni, le direttive, le forme di zelo e di apostolato h nei minimi
particolari: nessuno dunque avrebbe pomto far valere un'antorità pari aiia
sua nell'esercizio di si importante mandato. Lo favorì in questo andie la
non breve durata del suo rettorato: in ventidue anni ebbe tempo e agio di
esplicare ampiamente tutto il suo programma... (136).

16.5 Page 155

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La Provvidenza ha riserbato una delle ore più tragiche della
vita della Chiesa per porlo sul candelabro, come dice il Vangelo,
con la Beatificazione, a far luce ai Salesiani, alle Figlie di Maria
Ausiliatrice, ai Cooperatori e a quanti vivono nell'orbita della Fa-
miglia salesiana, ne apprezzano lo spirito ed amano Don Bosco.
I primi passi...
Ali'inizio del suo retrorato, Don Rua aveva accanto a sé, nel
Capitolo Superiore della Società Salesiana, uomini formati dal fon-
datore: Prefetto Generale Don Domenico Belmonte; Direttore
spirituale Don Giovanni Bonetti; Economo Don Antonio Sala;
aiutante di Don Belmonte, per la direzione dellOratorio Casa-Ma-
dre, Don Celestino Durando; Direttore degli studi Don Francesco
Cerruti; Direttore delle scuole professionali Don Giuseppe Lazzé-
ro, pure incaricato della corrispondenza per le Missioni; Segreta-
rio Don Giovanni Battista Lemoyne.
Mons. Giovanni Cagliero, direttore spirituale emerito ed ono-
rario, ormai Vicario Apostolico della Patagonia, era anche Vicario
Generale del Rettor Maggiore per tutte le case in America; Don
Giulio Barberis continuava ad essere Maestro dei Novizi e Don
Cesare Cagliero, Procuratore Generale a Roma, era anche diretto-
re dell'ospizio Sacro Cuore, la prima casa salesiana nella città e-
terna.
Le case erano raggruppate in sei ispettorie: la Piemontese com-
prendeva quelle di: Borgo San Martirio, Lanzo Torinese, Mathi,
Nizza Monferrato, Este, Penango Monferrato, Torino San Giovan-
ni Evangelista, Mogliano Veneto; la Ligure: Varazze, Alassio,
Sampierdarena, Vallecrosia, La Spezia, Lucca, Firenze; la France-
se: Nizza Mare, Marsiglia, Navarra, St. Cyr, V a l d o ~ e(cappella-
nia per Emigrati italiani) e La Ciotat (idem), Santa Margherita
(Marsiglia), Liiia, Parigi; la Romana: Magliano Sabina, Roma,
Faenza, Randazzo, Catania, Utrera e Barcellona (Spagna), Trento,
Londra; l'Argentina: le quattro case di Buenos Aires (Mater
Misericordiae, Almagro, La Boca, Santa Catalina), San Nicolas de
10s Arroyos, La Plata, Carmen de Patagones, Viedma (Parroc-
chia e collegio del Vicariato Apostolico), Missioni di Santa Cruz,
di Puntarenas e delle Malvine (nella Prefettura di Mons. Fagna-

16.6 Page 156

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no), Conception e Talca nel Cile; 1'Uruguayana-B~asilzana. Villa
Colon, Las Piedras, Paysandù, Nictheroy, S5o Paulo, Quito (E-
quatore).
Ispettori erano rispettivamente: Don Francesia, Don Cerruti,
Don &era, Don ~ G a n d o D, on Costamagna, Don Lasagna.
Quattro case dipendevano direttamente dal Capitolo Superio-
re: Torino Valdocco, Valsalice, San Benigno, Foglizzo Canavese.
Se si considera che tutto questo complesso fu organizzato da
Don Bosco in poco più che vent'anni, con una compattezza orga-
nica che avrebbe mantenute le due Congregazioni e la Pia Unione
dei Cooperatori in potente vitalità col lievito di una dinamica e-
spansiva ben coordinata e adeguatamente disciplinata, c'è da am-
mirare, con la saggia Provvidenza di Dio, anche il genio del Fon-
datore.
Economicamente tuttavia Don Bosco lasciava un passivo che
solo una gran fede, una filiale fiducia in Dio avrebbe potuto af-
frontare. Questa a Don Rua non mancava. Lo guidava poi la sa-
piente raccomandazione di Don Bosco: sospendere i lavori di co-
struzione, non decantar debiti, far concorrere tutte le case in soli-
dali sollecitudini per pagare le spese di successione ed estinguere
la passività prima di lanciarsi ad altre imprese. Fu quello che egli
chiese a tutti i superiori e confratelli nella sua prima circolare del
febbraio 1888.
Riguardo alla formazione del personale, segui il consiglio di
Leone X I I I pei novizi: « Questi portano con sé della scoria - gli
fece notare il Papa - e quindi hanno bisogno di esserne purgati
e venir rimpastau nello spirito di abnegazione, di obbedienza, di
semplicità, di umiltà e delle altre virtù proprie della vita religio-
sa; perciò nel noviziato lo studio principale, anzi si potrebbe dire
unico, dev'essere di attendere alla propria perfezione. E quando
non riescono a correggersi non abbiate timore di allontanarli. Me-
glio qualche membro in meno, che avere individui che non abbia-
no lo spirito e le virtù religiose ».
Perfetta sintonia con Don Bosco i1 quale soleva dire: « I1 tem-
po di noviziato per noi è come un crivello per conoscere il buon
frumento e ritenerlo se conviene. Al contrario si sarchi l'erba non
buona e si getti con la gramigna fuori del nostro giardino
(137).
153

16.7 Page 157

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Rallentando le costruzioni in Europa, Don Rua non fece il
sordo ai bisogni di aiuto per le Missioni. E in dieci mesi d e s t i
tre nuove spedizioni missionarie che furono guidate da Mons. Ca-
gliero, Mons. Fagnano e da Don Cassinis, rientrati in Italia per la
morte di Don Bosco. In tutto, 46 salesiani e 25 Figlie di Maria
Ausiliatrice.
S'affrettò pure a dare alle stampe l'elenco dei privilegi ottenu-
ti da Don Bosco nel 1884, per comunicarli a tutti i salesiani
a5nché sapessero valersene anche nelle terre lontane, nel dispiega-
re il loro apostolato.
In casa egli si tenne sempre a disposizione del pubblico nelle
ore del mattino, come faceva Don Bosco, per le udienze, soprat-
tutto in occasione delle feste di Maria Ausiliatrice, prodigandosi a
conforto delle anime, specialmente dei bisognosi, dei sofferenti,
degli ammalati.
Tra le altre particolari iniziative del suo primo anno di retto-
rato vanno notate: l'annuale commemorazione di Don Bosco, l'in-
vio di studenti di teologia alle Pontificie Università di Roma, la
progettazione e la decorazione del santuario di Maria Ausiliatrice
a Valdocco, secondo la promessa fatta per ottenere la tumulazio-
ne della salma di Don Bosco a Valsalice.
Fin dal 1889, passato i'anno di lutto, il 24 giugno dedicato
all'onomastico di Don Bosco si prese a solennizzare la sera della
vigilia con un'accademia in omaggio del successore, il mattino con
una manifestazione degli Antichi Allievi dell'oratorio e nel tardo
pomeriggio, dopo le funzioni liturgiche ad onore di San Giovanni
Battista Patrono di Torino, con una commemorazione di Don
Bosco che attirava autorità, personalità, Cooperatori e benefat-
tori.
Don Rua se ne compiaque al termine della accademia: « Que-
sto va bene! Io sono contento che non si perda l'uso di festeggia-
re I'onomastico di Don Bosco. È mio vivo desiderio che la sua
memoria sia sempre impressa nei nostri cuori e sono contentissi-
mo che si colga ogni circostanza che possa contribuire a rendere
più vivo il ricordo delle sue virtù... » (138).
La cara tradizione si protrasse sino alla beatificazione di Don
Bosco; ed io ricordo ancora con affettuosa commozione quanta
gioia provavamo noi giovani nella preparazione e nello svolgimen-

16.8 Page 158

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io, caratterizzato dal canto ufficiale di occasione su versi di Don
Francesia o d i Don Lemoyne, ai miei tempi, e musica del veneran-
do maestro Cav. Giuseppe Dogliani.
L'avvio di studenti di teologia alle Pontificie Università Roma-
ne, iniziato nel 1889 coi diaconi Giacomo Giuganino e Angelo
Festa, diede frutti di eccezione in tre Vescovi e quattro Arcivesco-
vi, u a cui rifulgono Mons. Guglielmo Piani, Delegato Apostolico
alle Isole Filippine e in Messico, e nel Cardinale Augusto Hlond,
Primate di Polonia, per limitarci a quelli inviati da Don Rua e
sottacendo i grandi luminari delle Scuole Teologiche Salesiane che
si apersero a Torino più tardi.
La decorazione del santuario di Maria Ausiliatrice era un so-
gno di Don Bosco che aveva invitato, nel 1887, un pittore ed un
decoratore a studiarne il progetto. Tra i realizzatori si distinse il
R o h i che affrescò la cupola e dipinse qualche pala per gli altari
laterali, dopo aver affrescato la Pietà nella cappella di Valsalice.
I1 Reffo affrescò l'altare di San Francesco di Sales e il Carcano la
pala di quel di San Pietro a cui aveva celebrato ordinariamente
Don Bosco.
Pur rispettando il programma di limitazione convenuto, nel-
l'anno 1888-89 Don Rua autorizzò l'apertura di un orfanotrofio a
Genigney presso Bésancon, che ebbe vita breve per dissensi fra i
promotori, una scuola agricola a Rossignol che in un anno diede
cinque buone vocazioni allo stato ecclesiastico, una casa a Talca
nel Cile, una a Buenos Aires, La Boca, in Argentina, una a Mon-
tevideo nell'Uruguay e una in Italia a Terracina, consentita dal ri-
tiro dei salesiani da MagIiano Sabino.
Dal 2 al 7 settembre 1889 Don Rua presiedette il V Capitolo
Generale della Società Salesiana, rispettando la distanza di tre an-
ni dai precedente, come stabilivano le Costituzioni allora. Si ten-
ne a Valsalice e si indugiò soprattutto nel riordinamento degli stu-
di filosofici e teologici e nella scelta dei libri di testo. Si trattò
poi del sostegno finanziario dei noviziati, ma senza raggiungere una
soluzione soddisfacente; quindi dell'assistenza ai confratelli durante
il servizio militare, delle vacanze dei soci, dei novizi e degli aspiran-
ti discutendone il regolamento; inhne della musica e del canto sa-
cro insistendo sul canto gregoriano. Si vagliò anche la proposta di
stabilire periodici ritorni dei missionari in patria, per rivedere pa-

16.9 Page 159

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renti e confratelli e consentir loro di rifarsi spiritualmente e fisica-
mente; ma si rimise la definizione del tempo (almeno ogni dieci
anni) alla discrezione degli Ispettori. Dalla conclusione di Don
Rua rileviamo: <( Nelle vostre relazioni con i confratelli vi racco-
mando le parole del Salvatore: uor fratves estis. Considerateli co-
me fratelli... Le occupazioni si distribuiscano proporzionatamen-
te... si faccia meglio che si può, ma non si pretenda troppo... Non
si carichino troppo i buoni, perché altri cercano di ritirarsi. I1
Direttore aiuti anche quelli che fanno a scaricabarili e li riduca a
lavorare, affinché i più buoni non abbiano a soffrirne. Anzi si ba-
di che non si carichino di troppo essi stessi... Vi raccomando cal-
damente d'impedire che si usino mezzi violenti. Se nel collegio vi
fosse alcuno di parere contrario, si impedisca assolutamente... tan-
to più vi raccomando di impedire a qualunque costo le sdolcinatu-
re e le carezze... La carità nostra sia forte, non femminea... molta
carità coi Coadiutori e coi famigli. Non si considerino come servi,
mai. Si trattino con dignità, ma più con carità... così pure ogni
cura coi giovani e in tutto, nella salute corporale e spirituale.
Non si badi solo all'istruzione... s'insegni a praticar la religione.
Badate poi di coltivare le vocazioni... Se ne parli spesso, ma più
ancora si cerchi che vadano ai Sacramenti. Don Bosco dedicò mol-
to tempo a insegnare a ben confessarsi... 1) (139).
L'edizione delle deliherazioni capitolari fu pronta per l'aprile
del 1890. Nella lettera di presentazione Don Rua insistette:
L'osservanza esatta delle nostre Regole, la pronta obbedienza,
la carità verso i confratelli e i giovani alle nostre cure &dati,
siano le cose che ci stanno più a cuore. Potremo in tal modo con-
servare in noi e comunicare agli altri il vero spirito religioso se-
condo la mente del nostro amatissimo fondatore e Padre, Don Bo-
sco )) (140).
A confortare la saggezza dei legislatori e la buona volontà di
tutti giungevano ottime notizie dal vicariato apostolico di Mons.
Cagliero e dalla prefettura di Mons. Fagnano che documentano la
tempra, lo spirito, lo zelo di quei pionieri salesiani, autentici evan-
gelizzatori e civilizzatori, costruttori ed anima dei progresso, della
cultura e del benessere di quelle popolazioni, ormai accreditato
alla storia.

16.10 Page 160

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Prime visite in Italia ed all'estero
In buone mani il timone della Congregazione, affidato con di-
screzione a fedeli e competenti subalterni, Don Rua poté presto
imitare Don Bosco anche nel correre qua e là a far visita alle
varie Case, incontrarsi personalmente con tutti i confratelli, con
le Figlie di Maria Ansiliatrice, Cooperatori e benefattori, Exdie-
vi, che gli facevano festose accoglienze perché sentivano effettiva-
mente rivivere in lui il santo fondatore.
Le prime a goderne furono quelle di: Nizza Monferrato, Sam-
pierdarena, Alassio, Borgo San Martino, Ln e Penango Monferra-
to, Faenza, Firenze, Lucca, Roma, La Spezia, San Benigno, Mathi e
Lanzo Torinese, Mogliano Veneto, Este, Lugo, Parma e Trento.
Non possiamo evidentemente soffermarci a dar la cronaca di
ciascuna. Ci limiteremo a qualche rilievo. Ma lo stesso ordime se-
guito lascia immaginare la varietà dei viaggi sostenuti per spostar-
si, rientrare e riprendere le mosse, assicurando la sua presenza a
Torino per gli impegni a scadenza cui non si poteva sottrarre. È
un'altra sorpresa la resistenza di Don Rua a simili disagi in un
andirivieni di tanti viaggi pei vari paesi d'Europa, del vicino 0-
riente e delle coste Africane. Fu anch'egli venti volte a Roma,
come Don Bosco. Non andò in America, come Don Bosco, in A-
sia ed in Australia. Ma percorse più volte l'Italia in lungo e in
largo, la Francia, la Spagna e fu due volte in Terra Santa, Egitto,
Algeria e Tunisia... senza che mai Torino soffrisse delle sue
assenze.
A Nizza Monferrato si recò nel maggio 1889 per la vestizione
delle nuove Figlie di Maria Ausiliatrice; in agosto per le pie si-
gnore e le Cooperatrici che partecipavano, secondo la tradizione
awiata da Don Bosco già a Mornese, a corsi di esercizi spirituali
presso le suore.
A Sampierdarena incoraggiò la prosecuzione del piano di am-
pliamento dell'edificio a favore dell'oratorio per offrire maggior
agio ai giovani oratoriani e miglior sistemazione all'istituto che fu
in grado di divenire sede ispettoriale e di ospitare adeguatamente
il secondo ispettore dell'Ispettoria Ligure-Toscana, Don Giovanni
Marenco.
Ad Alassio si conserva ancora un album con le firme dei supe-

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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riori e degli alunni ad un indirizzo di ringraziamento in cui si
legge tra l'altro: << Amatissimo Padre, la tua visita ci ha fatto pas-
sare tre giorni felici: la tua presenza, le tue parole hanno destato
in noi una purissima gioia, un santo entusiasmo. Oseremmo dire
che pareva venuto fra noi non il successore, ma Don Bosco stes-
so... ». Anima della fioritura del liceo-ginnasio era il direttore
Don Luigi Rocca, succeduto a Don Francesco Cerruti, ormai mem-
bro del consiglio superiore.
A Borgo San Martino trovò il nuovo vescovo di Casale Mon-
ferrato, Mons. Edoardo Pulciano, che lo condusse in città a tenere
la conferenza ai Cooperatori nella chiesa di San Filippo. L'impres-
sione fu tale che un giornale cittadino scrisse: ... tutti sentirono
che l'eredità di Don Bosco era passata su braccia sicure ed esper-
te » (Gazzetta di Casale, 3 luglio 1889).
I1 vescovo volle trovarsi anche a Penango dove Don Rua giun-
se dopo una sosta a Lu Monferrato ed a Quargnento. Qui le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice tenevano un asilo tanto gradito al pae-
se; a Lu se ne sollecitava l'apertura su buone basi.
A Faenza andò in occasione della bene zione delia chiesa di
Maria Ausiliatrice nel locale istituto salesiano portato a piena ef-
ficienza dal direttore Don Giovanni Battista Rinaldi. Accorse tan-
ta folla che, al termine del trattenimento ddoipo la funzione, Don
Rua impiegò più di un'ora a svincolarsi.
L'opera salesiana sorgeva in una zona dominata dal settarismo
auticlericale che fece di tutto per impedirla e diffamarla. Ma la
lotta la fece invece tanto apprezzare che divenne il centro della
gioventù e il cenacolo dell'Azione Cattolica: plasmò campioni di
avanguardia e splendide vocazioni per la diocesi e la Società Sale-
siana, come quella di Mons. Cimatti, per citarne una. I Coopera-
tori, diretti dalla grande anima del Servo di Dio Don Paolo Taro-
ni, pure direttore spirituale del Seminario, assursero ad una impo-
nente organizzazione ed il Vescovo n'era consolatissimo.
Accoglienze festose ebbe anche a Lucca ed a Firenze: qui in-
contrò pure il noto iilosofo e storico Augusto Conti, che tanto
desiderava l'opera salesiana.
A Roma tenne la sua prima conferenza ai Cooperatori nella
chiesa del Sacro Cuore, lanciando la « Pia Opera » approvata dal-
la Santa Sede per aiutare le vocazioni coltivate nell'Ospizio annes-

17.2 Page 162

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so. Leone XIII lo incoraggiò a far lavorare i salesiani: << Si vede
che dove si lavora, malgrado le diacoltà dei tempi, il popolo ac-
corre e si fa del bene >> (141).
Per la via del ritorno fece conferenze ai Cooperatori a La Spe-
zia e a Genova.
Rientrò a Torino; poi riparti subito per San Benigno Canave-
se a far la festa di San Francesco di Sales tra gli aspiranti Coadiu-
tori. Nello stesso anno 1890 visitò la casa di Matbi che aveva
ampliato i padiglioni della cartiera e fece la festa dell'Immacolata
a Lanzo Torinese. Come negli anni precedenti, non si era conces-
so un giorno di vacanze: come Don Bosco occupava le vacanze
estive accorrendo ai vari corsi di esercizi dei confratelli a conforta-
re e infervorare con la sua parola e il suo esempio.
Nel 1891 si recò a Mogliano Veneto: tenne conferenza ai Coo-
peratori e fece una capatina a Venezia ad ossequiarvi il Patriarca
Agostini e sostò ad Este a scuotere spiritualmente i giovani un
po' apatici per le funzioni liturgiche. Ebbe la consolazione di can-
tare una Messa solenne eseguita in perfetto gregoriano.
Da Este puntò su Bologna e si spinse ad Imola per incoraggia-
re le Figlie di Maria Ansiliatrice alle prese con le prime difficoltà.
Ripassò per Faenza a constatare l'incremento dellOpera esuberan-
te di 300 studenti interni e 400 oratoriani esterni.
Abbiamo anticipato un cenno sui viaggi in Italia. Li chiudia-
mo con la visita a Parma, dove poté misurare l'attività e il presti-
gio del direttore Don Baratta, il quale in poco più di due anni si
era cattivata la stima di tutta la città con la piena efficienza
dell'istituto e dell'oratorio salesiano, ed il successo della Scuola
Superiore di Religione che formava cattolici di vaglia a servizio
della Chiesa e della Patria nell'azione cattolica sociale e politica,
precorrendo di molto le direttive del Concilio Ecumenico Vatica-
no 11. I1 suo nome è legato dalla storia all'inuemento della musi-
ca sacra in campo religioso ed al progresso dell'agraria in campo
economico-sociale con la diffusione del sistema Solari favorito dal-
le sue cure personali ai grandi pionieri del movimento regionale e
nazionale.
Tra una visita e l'altra in Italia Don Rna aveva varcato i
confmi: da febbraio a maggio 1890 si era portato in Francia, in
Spagna, in Inghilterra e in Belgio.

17.3 Page 163

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A Nizza Mare un eloquente cappuccino, osservandoIo attenta-
mente, non esitò ad affermare che la continuità del vero spirito
salesiano trasparente in Don Rua gli sembrava il più grande mira-
colo di Don Bosco.
Per La Navarre e St. Cyr raggiunse Marsiglia sostando a Tolo-
ne e a Cannes fra i numerosi Cooperatori che si erano legati a
Don Bosco con impegni concreti di apostolato salesiano, sostenen-
do satesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, ove già lavoravano, e-
mulando i Cooperatori di Nizza.
Fu a Marsiglia che, non sapendo come difendersi dall'entusia-
smo generale, usci nella memoranda affettuosa protesta: «Mais,
de Don Bosco il n'y en a que un... >> (142).
Buoni imitatoti di Don Bosco formava allora in Francia Don
Francesco BineUi, maestro dei novizi francesi nel noviziato di San-
ta Margherita, poco lungi d d a città, ai quali Don Rua portò la
sua buona parola e la sua benedizione.
I Cooperatori francesi non facevano meno conto degli italiani
della sua circolare di Capodanno in cui, per mezzo del Bollettino,
raccomandava la cura delle vocazioni: << Come senza operai non si
può coltivare un campo..., così noi se non ci formassimo degli
aiutanti, dei sacerdoti, dei catechisti, dei capi d'arte, non potrem-
mo sostenere le nostre case già stabilite, né fondarne delle nuo-
ve...; dovremmo chiudere collegi ed ospizi, far cessare laboratori,
fermare macchine tipografidie, abbandonare le Missioni... L'opera
deUe opere che i salesiani e i Cooperatori non devono mai perde-
re di vista, è quella di formare un personale acconcio... Una huo-
na parte della carità dei Cooperatori e delle Cooperatrici viene
appunto impiegata a formare e a mantenere questo vivaio di ope-
rai per la vigna del Signore... D.
Il noviziato francese contava allora 26 novizi; l'Ospizio di
Marsiglia non riusciva ad accogliere la decima parte dei giovani
che venivano raccomandati.
A Barcellona, neUa Spagna, Don Rua ebbe la consolazione di
assistere alla benedizione di una seconda casa salesiana fatta co-
struire apposta daUa «Mamma dei salesiani », la Serva di Dio
Dosa Dorotea de Chopitea ved. Serra, nel quartiere più popolare
e più bisognoso di Rocafort, dove il direttore Don Aime in pochi

17.4 Page 164

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mesi aveva attirato più di 400 giovani alle scuole diurne e serali,
all'oratorio festivo.
Da Batcellona Don Rua passò ad Uuera a tenere una seconda
conferenza ai Cooperatori in buona lingua spagnuola, animando
poi anche gli alunni a fervore di pietà e di apostolato.
Ritornò a Torino per la settimana santa e si trattenne per le
feste pasquali; poi riprese il treno pel nord della Francia, sostan-
do a Lione, Parigi e Lilla.
A Lione poté trattenersi col Presidente del Consiglio Genera-
le della grande Opera per la propagazione della Fede, che già be-
neficava le Missioni della Patagonia e notò con piacere, nella espo-
sizione o museo missionario, oggetti interessanti inviati dalla Pata-
gonia e dalla Terra del Fuoco.
A Parigi, consolantissimo il progresso e l'efficienza dell'orato-
rio di Ménilmontant; ma senti il bisogno di incoraggiare all'in-
grandimento del Patronage St. Pierre che su più di 800 domande
aveva potuto accettarne meno di un centinaio.
Da Parigi fece una puntata a Londra-Battersea, dove i salesia-
ni reggevano la Missione Cattolica con parrocchia e scuole parroc-
chiali, cattivandosi la stima delle autorità scolastiche parrocchiali
ed avevano già il conforto di trentatrè belle conversioni. I1 suo
passaggio in abito talare non suscitò alcuna avversione, fu anzi di
molta edifcazione. Tutta la Missione con la comunità parrocchiale
accolse esultaudo una statua di Maria Ausiliatrice che egli donava
per la chiesa del Sacro Cuore dove fu poi intronizzata, dopo
una solenne processione, il giorno di Pentecoste. La Madonna con-
corse a suscitare la carità dei buoni che consentì presto di organiz-
zare pure un duplice Oratorio maschile e femminile, mentre le
scuole funzionavano miste col senso di scambievole rispetto cri-
stiano molto vivo nella regione; si poté perfino aprire un Ospizio
o Aspirantato per la cura delle vocazioni.
Riattraversata la Manica, fu accolto a Calais da alcuni Coope-
ratori che lo accompagnarono a Guines, alla casa delle Figlie d i
Maria Ausiliatrice tuttora fiorente di opere giovanili, quindi a Lil-
la dove gli alunni cominciavano gli esercizi spirituali. Don Rua fe-
ce loro l'introduzione e concluse il triduo coi ricordi e la Be-
nedizione.
I1 7 maggio fece una scappata a Liegi per la posa della prima

17.5 Page 165

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pietra dell'erigendo istituto salesiano che Don Bosco, prima di
morire, aveva promesso al grande vescovo Mons. Doutreloux.
Con l'aiuto di ottimi Cooperatori, l'Orfanotrofio San Giovanni
BercLmans fu presto un fatto compiuto.
Da Liegi fu condotto per le principali città del Belgio a soddi-
sfare Cooperatori ed amici dei salesiani che desideravano conoscer-
lo e trattenersi con lui. N'ehbe per una buona settimana, prima
di poter prendere la via di Torino, per Lilla e Parigi, e giungere
a far la festa di Maria Ausiliatrice ritardata appositamente al 3
giugno. Il viaggio giovò assai a Don Rua per vagliare varie propo-
ste di altre fondazioni di cui prese quasi subito a trattare col suo
Consiglio (143).
Mezzo secolo di storia...
e di vera gloria!... possiam aggiungere con coscienza tranquil-
la senza peccare di trionfalismo.
I1 1891 segnava il 50° dell'opera degli Oratori, iniziati nel
lontano 1841, nella sagrestia della chiesa di San Francesco di Assi-
si col primo Catechismo al giovane Bartolomeo Garelli. Don Bo-
sco soleva legare tutto i! successivo sviiuppo dell'opera salesiana
a quella prima Ave Maria, a quella prima lezione di Catechismo
nella festa dell'Immacolata.
La ricorrenza giubilare d'oro si prestava per la inaugurazione
della decorazione del tempio di Maria Ausiliatrice, ormai ultima-
ta. Pronto era pure l'organo, rinnovato e perfezionato liturgica-
mente pel collaudo.
Don Rua aveva approvato il programma dei festeggiamenti che
si svolsero tra il 6 ed il 13 dicembre 1891 col triduo alla Madon-
na, le Sante Quarantore, una giornata di suffragio pei benefattori
defunti ed un'altra di solenne ringraziamento. Vi concorsero con
la loro parola e funzioni pontificali: il vescovo di Fossano Mons.
Manacorda; quello di Susa, Servo di Dio Mons. Rosàz; l'arcivesco-
vo di Vercelli Mons. Pampirio e il vescovo di Casale Mons. Pul-
ciano il quale nelle Quarantore svolse il tema: « Maria Ausiliatri-
ce fu l'ispiratrice delle Opere di Don Bosco e l'Eucaristia fu l'ali-
mento che vi trasfuse lo spirito di N. S. Gesù Cristo ». Il sabato
12 si inserì la funzione di addio ai Missionari con una affettuosa

17.6 Page 166

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allocuzione di Mons. Manacorda, il quale coronò poi I'ottavario
con la Benedizione Eucaristica.
La celebrazione torinese ebbe vasta eco nel corso deli'anno
giubilare in tutte le case salesiane. Frutti sensibili furono le nuove
fondazioni in Rosario di Santa Fé, Mendoza e Buenos Aires-Alma-
gro (Argentina); Santiago di Cile; Paysandù, Mercedes, Monte-
video (Uruguay): Lorena in Brasile; Riobamba e Cuenca nel-
l'Equatore.
Contemporaneamente si decideva pel Perù e pel Messico e
Don Rua accondiscendeva anche alla eroica vocazione di Don Mi-
chele Unia ali'assistenza dei Lebbrosi in Colombia. La spedizione
in quest'ultima repubblica, drettata dal Ministro della Colombia
presso la Santa Sede che era ricorso all'autorità del Papa, era co-
stata cara fin dalla partenza: un chierico, Giuseppe Eterno, era
morto durante il viaggio; Don Unia non aveva potuto raggiunge-
re la sua destinazione; il direttore Don Evasio Rabagliati che a-
vrebbe dovuto giungere per primo, era stato costretto da una se-
rie di peripezie ad arrivare per ultimo. All'arrivo, quasi tutti assali-
ti da varie malattie, mentre non era ancor pronta neppur la casa.
Furono caritatevolmente ospitati dai Gesuiti. Tante prove però
non scoraggiarono nessuno: i salesiani cominciarono con le Scuole
Professionali in Bogotà, sostenute economicamente dal governo
che fissava anche i prezzi di lavoro e di smercio dei prodotti sulla
base di quelli delle ofEcine e dei negozi correnti allora nello sta-
to, secondo la convenzione firmata dal Ministro con Don Rua a
Torino. Don Unia giunse a consacrarsi tutto al servizio dei Leb-
brosi trascinando poi dietro a sé altri generosi che assicurarono
col loro sacrificio la cura spirituale degli infermi, stimolando tutta
la nazione alla organizzazione dei soccorsi e dell'assistenza clinica
che tenne bene il passo col progresso scientifico migliorando rapi-
damente le sorti degli infelici (144).
Don Unia è meritamente riconosciuto fra i primi apostoli dei
Lebbrosi e Don Luigi Variara ha dato vita perfino ad una Congre-
gazione di suore lebbrose che condividono con le Figlie di Maria
Ausiliatrice il prowido apostolato. Più a lungo andarono le tratta-
tive pel Perù: solo il 15 agosto 1892 la casa di Lima poté acco-
gliere il primo alunno.
Sollecitato a Roma nel 1887 a provvedere anche pel Messico,

17.7 Page 167

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Don Bosco aveva risposto agli alunni del Collegio Pio Latino-
Americano: « Non sarò io che manderò nel Messico i salesiani: fa-
rà il mio successore quello che io non posso fare. Non ne dubita-
te ».
L'andata fu provocata da zelanti Cooperiitori a cui lo stesso
Don Rua aveva inviato da Torino il diploma di ascrizione alla
terza Famiglia salesiana. E Don Rua ne voleva affidare la direzio-
n e a Don Unia perché non si esaurisse precocemente nei lazzaret-
ti; ma tante furono le suppliche dei sofferenti che il 13 ottobre
1891 lo lasciò libero di continuare la sua missione fra i lebbrosi,
scrivendogli:
«Avrai ricevuta la mia lettera nella quale ti incaricavo di andare al
Messico a trattare le cose riguardanti quella casa... Può essere che tu
l'abbia ricevuta quando ti trovavi già in Agua de Dios; in tal caso non
pretendo di obbligarti a quel viaggio, anzi sono contentissimo della generosa
risoluzione di sacrificarti a favore dei lebbrosi. Ti do il mio pieno consenso
e imploro da Dio per te le più elette ed abbondanti benedizioni. Tu sei
disposto a sacrificare la tua vita ed io me ne congratulo. Ti raccomando bensì
di usare le debite precauzioni per non contrarre queUa terribile infeirmità o
almeno contrarla il più tardi possibile. Può essere che qualche aluo sale-
siano, attratto dal tuo esempio, si disponga ad andare a farti compagnia p a
aiutarvi reciprocamente nei bisogni spirituali e temporali. Benché ti trovi
coi lebbrosi (solo, fuori di comunità regolare) ti consideriamo sempre come
nostro caro confratello salesiano; anzi consideriamo Agua de Dios come una
nuova colonia saiesiana, e ben voIremmo ci fosse possibile aiutare in qual-
che modo cadesti infermi. Con che piacere lo faremmo!... Saluta alfettua
samente i tuoi infermi da parte nostra e di' loro &e li amiamo assai e &e
preghiamo per loro. Ti raccomando che la tua condotta e la tua vita sia
sempre da vero salesiano e figiio di Don Bosco... ».
La lettera giungeva opportuna a definire la posizione di Don
Unia, che era un vero e glorioso carisma, non uno sconfinamento
dalla missione dei salesiani, come qualcuno pretendeva. Valse ad
incoraggiare altre generose vocazioni ed ebbe riconoscimento uf-
ficiale, cinque anni dopo, dal Governo Nazionale che, al suo tran-
sito, erigendo una statua marmorea nella Piazza d i Agua de Dios
alla memoria della prima vittima dell'apostolato salesiano fra i
lebbrosi, con voto del Parlamento le applicò questa dedica: « A l
R. P. Michele Unia, apostolo dei Lebbrosi in Colombia, la gratitn-
d'me nazionale » (145).

17.8 Page 168

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Quando una fiamma divampa vuol dire che aumenta la legna
al focolare. Difatti tra il 1890-92 si apersero in Italia le Case d i
Trino Vercellese, Fossauo, Piòva nel Canavese, Ivrea, Chieri, Tre-
viglio, Verona, Lugo, Macerata, Loreto... A Roma venne ultimato
l'ospizio Sacro Cuore che Don Rua volle fosse un omaggio a Pa-
pa Leone XIII, come Don Bosco aveva voluto la chiesa quale
omaggio alla memoria di Pio IX.
In Sicilia, al collegio San Basilio di Randazzo ed all'oratorio
San Filippo in Catania, Don Rua aggiunse le Case: di San France-
sco di Sales in Catania, altre a Bronte, Marsala, San Gregorio,
mentre appoggiava l'apertura di quella di Alì Marina per le Figlie
di Maria Ausiliatrice.
I1 Santuario di Piova, tra Colieretto e Cintano Canavese, col
vasto edificio pei pellegrini funzionava per corsi di Esercizi al cle-
ro della diocesi di Ivrea. Il Vescovo Mons. Richelmy ne affidò
l'ufficiatura ai salesiani per offrire ai chierici di Valsalice un buon
ristoro climatico durante le vacanze fra la mitezza dei colli canave-
sani e l'aria buona delle prealpi. Professori ed allievi vi godettero
il soggiorno per varie generazioni nella serena e chiassosa letizia
salesiana animata da valori di prim'ordine come Don Cimatti,
Don Uhaldi, Don Piccablotto, Don Cojazzi... ed accresciuta dalla
sosta di superiori del Capitolo come il Teol. D. Luigi Piscetta, e
dalle visite dello stesso Don Rna.
Dono più prezioso faceva contemporaneamente la mamma del
Vescovo, signora Richelmy con l'offrire a Don Rua la sua villa,
alla periferia della città, dotata di vasto terreno fra le rocce e i
laghi delle propaggini moreniche della serra. Don Rna la destinò
alla cura delle vocazioni tardive di varie nazioni, finché, passata la
bufera della prima guerra mondiale, nel 1922-23 da noviziato fu
destinata alle vocazioni missionarie col titolo di Istituto Card. Ca-
gliero per ricordare il Giubileo Sacerdotale di Diamante dell'intre-
pida guida della prima spedizione salesiana.
A Treviglio intervenne lo stesso Mons. Cagliero, allora Vica-
rio Apostolico della Patagonia, a determinare lo sviluppo del pri-
mitivo Oratorio: in una visita, col suo stile spassoso, intimò a chi
poteva provvedere: <( Se non si procura tosto ai figli di Don Bo-
sco un locale adeguato, io me li metto in tasca e me li porto in
Patagonia ».

17.9 Page 169

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Don Rua ebbe agio di vederne la fioritura anche in ottime
vocazioni.
A Verona fu lui personalmente a visitare il terreno e la caset-
ta profferta dal vescovo Card. Luigi di Canossa, a concordare l'av-
viamento dell'oratorio e progettare i piani di sviluppo di quella
casa che fu poi centro dell'opera salesiana e sede della prima i-
spettoria veneta. In due visite siiccessive nel 1893 e 1896 egli
ancora ne dispose il trasferimento in zona più favorevole e I'affian-
camento delle scuole professionali, elementari e ginnasiali.
A Lugo di Romagna, la pia vedova del marchese Boréa chia-
mò prima le Figlie di Maria Ausiliatrice e, due anni dopo, i salesia-
ni a far del bene alla gioventù romagnola dove i settari avevano
cacciato gli Scolopi. Don Rua si recò a celebrare la prima Messa
nel decennio della morte di Don Bosco quando vi sorse una ade-
guata cappella. Quante belle vocazioni colse la Società Salesiana
in terra di Romagna!
Fin dagli ultimi anni della vits di Don Bosco anézionati Coo-
peratori si adoperavano a preparare un campo di apostolato educa-
tivo da affidare ai salesiani nelle Marche, a Macerata. Furono sod-
disfatti da Don Rua nel 1889. Egli sostò poi a vederne i primi
frutti nel 1892 tornando dalla visita alle case di Sicilia, quando
già funzionava un istituto salesiano anche a Loreto con un buon
Oratorio festivo.
Quante istanze anche dal Servo di Dio Bartolo Longo a Don
Rua per l'invio d i salesiani presso un altro santuario mariano, a
Pompei, a curare l'educazione dei figli dei carcerati!... La Provvi-
denza condusse le pratiche per altre vie, ed altri ottimi religiosi
se ne occupano, accanto agli altri istituti, con tanto successo
(146).
- VI Capitolo Generale IV CentenarioColombiino
Tra un viaggio e l'altro Don Rua riusciva non solo a seguire
le pratiche di ordinaria amministrazione, come si dice, e a dare il
via man mano all'apertura delle nuove case, ma a curare &o ai
particolari gli eventi straordinari.
11 1892 ne segnava due: la celebrazione del V I Capitolo Ge-
nerale della Società Salesiana ed il IV Centenario della scoperta

17.10 Page 170

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delYAmerica che Genova si disponeva a commemorare come si
meritava, con la partecipazione entusiasta delle organizzazioni cat-
toliche. Don Rua aveva per tempo incoraggiato e caldeggiato an-
che un'originale e degna partecipazione delle Missioni salesiane.
Indisse il VI Capitolo Generale, il primo dopo la morte di
Don Bosco, a Valsalice pel 29 agosto, con circolare del 9 marzo
1892, preponendovi a regolatore D Don Francesco Cerruti.
Volle che vi partecipassero, come per l'addietro, anche i diret-
tori delle case succursali, rimettendo al Capitolo stesso le variazio-
ni per l'avvenire, che l'aumento delle case regolari, duplicate tra
il 1886 ed il 1892, facevano sentire necessarie.
Don Rua l'aperse documentando la speciale assistenza di Don
Bosco il quale nel dicembre del 1887 aveva detto ad alcuni Coo-
peratori: - Pregate perché io possa fare una buona morte per-
ché, andando in Paradiso, potrò fare per i miei figli e per i pove-
ri giovani molto di più che non possa fare qui in terra.
Anche il numero dei confratelli era più che duplicato in quel
sesseunio. Per le elezioni dei superiori il cui mandato spirava, i
capitolari presero sul serio le raccomandazioni del Rettor Maggio-
re, di scegliere con senso di responsabilità superando qualsiasi
simpatia umana, e quelle aggiunte da Mons. Cagliero di valutare
quelli che avevano raccolto più da vicino lo spirito del fondatore.
Venne infatti eletto direttore spirituale Don Paolo Albera e rielet-
ti tutti gli altri.
Tra i primi atti va ricordata la stesura e la firma di una suppli-
ca collettiva all'Arcivescovo di Torino per l'assunzione della Cau-
sa di beatificazione e canonizzazione di Don Bosco.
I1 primo postulatore, Don Giovanni Bonetti, allora direttore
spirituale della Congregazione e direttore generale dell'Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, aveva condotto le prime prati-
che così bene che il tribunale costituito dal Card. Alimonda, tra
il 23 luglio 1890 ed i primi di gennaio del 1891, aveva interroga-
to 32 testi e 13 contesti.
I1 nuovo Arcivescovo Mons. Davide dei Conti Riccardi, col
concorde consenso dei Vescovi delle province ecclesiastiche di To-
rino e di Vercelli, accolse la supplica con tanta benevolenza che
in cinque anni il processo poté far la sua strada in sede diocesana
raccogliendo le deposizioni in 22 volumi con un complessivo di

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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5178 pagine dopo 562 sedute di tribunale. Lo stesso Prefetto
Generale, cui Don Rua aveva affidato la postulazione, Don Dome-
nica Belmonte, continuò la missione di Don Bonetti con la più
affettuosa diligenza. Ad ogni seduta generale del Capitolo Don
Rua premetteva la confidenza di ricordi inediti lasciati da Don Bo-
sco nel 1884 (147).
Caldeggiando la preferenza deli'uso della lingua latina anche
nelle preghiere domestiche di comunità, fece un'osservazione che
potrebbe essere molto valutata ai nostri tempi: Come i despoti
mirano ad abolire la lingua propria di un popolo per ridurlo in
servitù, così i nemici della fede cattolica uorrebbevo abolire il Eati-
no per rompere l'unità della Chiesa. Perciò è da insistere neli'ope-
ra nostra anche contrastando con la consuetudiie di certi paesi, e
facendo che si comprenda, quanto è possibile, il latino usato nella
liturgia delia Chiesa Romana... ».
Pure importantissime sono le esortazioui per la cura delle vo-
cazioni tratte dalle conferenze di Don Bosco ed ora pubblicate
nelle << Memorie Biografiche e raccolte in parte dallo scrivente
nel volume << Alle fonti delia vita salesiana ».
Evidentissima è la parte di Don Rua nel sesto schema, che
trattò dell'applicazione dell'Enciciica « Rerana novarum » nella
formazione dei giovani degli Oratori e delie Scuole Priofessionali.
Giova forse ricordarne: a) Le norme principali per premunire i
giovani artigiani contro gli errori moderni: far loro di quando in
quando conferenze di indirizzo sociale sopra il capitale, il lavoro,
la mercede, il riposo festivo, gli scioperi, il risparmio, la proprie-
tà, ecc. evitando sempre le suscettibilità politiche; spargere fra gli
operai periodici e pubblicazioni di buono spirito che trattino simi-
li argomenti. b ) Nelie premiazioni, dar la preferenza a libretti del-
le pubbliche Casse di risparmio. C) Nelle città ove esistono Socie-
tà Operaie Cattoliche, accompagnarvi personalmente o con buone
commendatizie i giovani artigiani uscenti dalle case salesiane e i
più adulti degli Oratorii. d ) Dove tali Società non esistono, vede-
re di impiantarle, col beneplacito dell'autorità ecclesiastica e, oc-
correndo, fondarle negli stessi Oratori secondo la prassi seguita
da Don Bosco nei primi tempi. e) Favorire e aiutare, per quanto
lo comportano le Costituzioni salesiane, tutte le Associazioni Cat-
toliche costituite col beneplacito dell'Ordiiario e indirizzarvi il

18.2 Page 172

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maggior numero possibile di cattolici. Buona preparazione all'av-
viamento dovrebbe offrire la compagnia di San Giuseppe allora
fiorente in tutte le case fra artigiani.
Ricordato lo slogan di Don Bosco «Meglio ciabattino che pre-
te da quattrino », per impedire l'intrusione nello stato ecclesiasti-
co di aspiranti con fini non retti, Don Rua, il 3 settembre, toccò un
altro tasto molto delicato: «Dobbiamo ringraziare il Signore che
continuò a benedire la nostra Congregazione non lasciandola mai
incagliare, tanto da potersi dire che siamo nihil habentes et om-
nia possidentes e non ci manca nulla. Con tutto ciò è necessario
tenerci umili e di fronte alle altre Congregazioni riguardarci per
ultimi. Non censurarle mai. Anzi essere loro riconoscenti, che tui-
te in qualche modo abbiano concorso a darci aiuto dappertutto,
in Europa e in America... ».Concluse raccomandando pure di pro-
muovere la « Pia Unione dei Cooperatori Salesiani », far conoscere
e diffondere le « Letture Cattoliche » e la « Pia Opera del Sacro
Cuore D.
Con la relazione ufficiale e l'esito delle elezioni, egli comunicò
poi a tutta la congregazione le altre nomine: Don Marenco a di-
rettore generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, come suo vica-
rio; Don Tamietti ad Ispettore per la Liguria; Don Bologna per
la Francia; Don Rinaldi per la Spagna; Mons. Fagnano per le ca-
se sul versante deli'Oceano Pacifico.
I frutti più immediati furono: il riordinamento degli studi teo-
logici; il « Manuale di pietà »; il regolamento dei noviziati e de-
gli studentati; norme chiare ai provveditori ispettoriali e ai capi
uffici dei laboratori nelle Scuole Professionali.
Mentre i Capitolari tenevano il Capitolo Generale, i Missiona-
ri preparavano la loro partecipazione &Esposizione celebrativa
del IV Centenario della scoperta dell'America, a Genova. I1 comi-
tato genovese, presieduto dall'attivo e intelligente apostolo del-
l'A. C. Luigi Corsanego Merli, aveva accolto con entusiasmo l'i-
dea di Don Beauvoir di allestire un villaggio fueghino e di offrire
ai visitatori il funzionamento normale conducendo dall'Isola
Dawson un'intera famiglia di autentici Fueghini. Sicché Don Beau-
voir si mise in viaggio per l'Italia con una famiglia formata dal
padre, dalla madre, un bimbo sui cinque anni e una bimba lattan-
te, più due vispi ragazzetti di altra famiglia, una Ona e l'altro
169

18.3 Page 173

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Alacalufe. La madre, purtroppo, non riuscì a sostenere i disagi
del viaggio e la diversità del clima: morì a Montevideo affidando
a persona caritatevole la sua ultima creaturina. Ma ai quattro
Mons. Cagliero poté poi associare tre indigeni della Patagonia, un
giovane sui diciassette anni condotto da lui stesso e due giovinet-
te condotte dalle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Tutti insieme riuscirono a far funzionare il villaggio fueghino
costruito con fedelissima imitazione sotto la direzione di Don
Beauvoir.
Il pittoresco aggregato di capanne fatte con rami di albero e
coperte di cannucce o di pelli, specchiantesi in un laghetto popola-
to di pesci che si prestava agli Indi per la pesca, attrasse i visita-
tori & dal primo giorno dell'inaugurazione, 21 agosto 1892. I1
Presidente del Comitato nel suo discorso inaugurale sventò in pre-
cedenza maligne interpretazioni rivolgendo agli indigeni queste pa-
role, dirette più agli altri che a loro: «Non vi chiamammo perché
foste spettacolo a vane curiosità. Questo mercato sarebbe stato
indegno di noi e di voi. Ma volemmo che qui venibte per rendere
viva testimonianza di quell'opera grandemente cristiana e civilizza-
trice che l'immortale Colombo inaugurò e per l'ininterrotto corso
di quattro secoli la Chiesa cattolica prosegue nelle regioni da lui
scoperte. Entrate quindi con animo tranquillo nelle capanne che
vi abbiamo preparato n (148).
Don Beauvoir celebrò senz'altro la Santa Messa nella capanna
che fungeva da cappella mentre un'indigeno la serviva ed una suo-
ra traeva dali'armonio soavi melodie.
Gli indigeni iniziarono quindi la loro giornata e il missionario
faceva da cicerone. Il Re Umberto I volle fermarsi a parlare con
gli Indi e se ne partì, come le altre autorità, altamente ammirato.
Nei vari locali della mostra i missionari esposero oltre un centi-
naio di oggetti inviati dalla Patagonia, dalla Terra del Fuoco, dal
Paraguay, dal Brasile e dall'Equatore, che furono poi passati al
Seminario delle Missioni Estere di Valsalice in Torino per un pre-
zioso museo periodicamente arricchito di altro materiale utilissi-
mo agli studenti del Liceo e delle Scuole Normali (Magistrali).
In novembre gli indigeni furono condotti a Roma dai Missio-
nari e presentati con loro da Mons. Cagliero a Leone XIII, il
quale strabiliò ali'udire il giovane patagone leggergli in buon ita-

18.4 Page 174

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liano un indirizzo di omaggio a nome di tutti. Prese poi dalle
mani del lettore il foglio per conservarlo fra i ricordi del suo Gin-
biieo e rivolse a tutti cordiali parole di commossa gratitudine be-
nedicendoli. Tratto infine a sé il piccolo, cinquenne, se lo strinse
affettuosamente al cuore e posandogli la mano sul capo, esclamò:
<< Oh, questo sarà poi il più grande cattolico dei Fueghini! ».
I l padre, catecumeno, completò nel frattempo la sua istruzio-
ne religiosa conversando con Don Beauvoir e venne battezzato a
Torino nel santuario di Maria Ausiliatrice dali'Arcivescovo Mons.
Riccardi, prima di riprendere il viaggio di ritorno in Argentina.
Fu una delle maggiori consolazioni di Don Rna, il quale ebbe
modo di intrattenersi coi missionari e cogli indigeni a più riprese
e di trarne pei salesiani calde esortazioni aIi'apostolato missiona-
rio (149).
In Terrasanta
Di questi anni è il dono di tre case in Terrasanta e di vari
confratelli di una nascente Congregazione da parte dello stesso
fondatore, il can. Antonio Belloni. Questi nel 1859 aveva ottenu-
to dal vescovo di Albenga di lasciare la sua diocesi originaria per
andare in Palestina e mettersi a disposizione del Patriarcato lati-
no di Gerusalemme per la cura degli orfani abbandonati.
Vocazione di eccezione: da professore di Sacra Scrittura e di-
rettore spirituale in seminario, chiamato a dare tutto stesso
alla cura della gioventù più bisognosa neila terra di Gesù!
Ad assicurare la continuità di una missione così proovidenzia-
le, nel 1874 aveva fondato una nuova congregazione religiosa col
titolo di «Fratelli della Sacra Famiglia » e l'anno dopo, 1875,
aveva chiesto aiuto a Don Bosco. Aveva rinnovato la domanda
nel 1887; ma Don Bosco, non avendo personale suaiciente per gli
impegni nelle missioni di America, aveva dovuto limitarsi a fargli
rispondere: « Ora no; dopo >> (150).
Don Rua, al corrente di tutto, aveva risposto sì fin dal 1890,
quando il canohico aveva profferto anche la sua Congregazione di-
sposta ad annettersi alla Società Salesiana, risolvendo la questione
più ardua del personale. Egli allora aveva in buona efficienza il
suo primo Orfanotrofio a Betlemme, aveva aperto una Scuola A-

18.5 Page 175

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graria a Beitgemal, e in funzione un aspirantato con noviziato a
Cremisan. Stava ultimando una chiesa dedicata al Sacro Cuore di
Gesù accanto all'Orfanotrofio. Venne in Europa nel 1891 per rac-
cogliere offerte e sostò a Torino concludendo direttamente con
Don Rua il piano di accordo. E Don Rua inviò Don Giulio Barbe-
ris come visitatore in Terrasanta con due sacerdoti Don Usco e
Don Corradini a disposizione di Don Belloni. Seguirono in otto-
bre quattro chierici tra cui Giacomo Mezzacasa, che lasciò poi tan-
ta fama di sé come professore di Sacra Scrittura negli studentati
salesiani, e in dicembre Don Varaia con sei chierici, tra cui Gatti,
Puddu e Rosin, e nove Coadiutori.
I1 canonico cedette a Don Rua per mezzo del visitatore la pro-
prietà delle tre case con appezzamenti di terreno a Nazareth e a
Madaba nella Transgiordania.
Col loro superiore Don Belloni chiesero subito di far parte
della Società Salesiana vari Fratelli della Sacra Famiglia, fra cui
Don Piperni, Don Bergeretti, Don Josephidi e Don Vercanteren.
Ma non tardarono a sorgere contestazioni al Patriarcato. Don
Rua ritenne opportuno mandare un secondo visitatore a comporre
le vertenze e a intendersi bene con tutti. Il nuovo visitatore Don
Celestino Durando condusse con tatto la sua missione, sicché nel
1893 Don Giovanni Marenco, terzo visitatore, al termine degli
esercizi spirituali, poté accogliere, a nome di Don Rua, la profes-
sione perpetua del fondatore. Questi nel 1902 ottenne ben merita-
to riposo dalle responsabilità di direzione e consigliò a Don Rua
di erigere una regolare ispettoria preponendovi Don Luigi Nai.
I Fratelli della Sacra Famiglia che preferirono essere liberi fu-
rono aggregati al Patriarcato. E Don Rua, soddisfatto della siste-
mazione, fece nel 1895 il suo primo pellegrinaggio in Terrasanta
accompagnato da Don Paolo Albera e da un insigne Cooperatore
francese, il marchese di Villeneuve-Trans. Festose accoglienze gli
dissero non solo la buona armonia in cui vivevano i Fratelli asso-
ciatisi ai salesiani, ma anche la gioia degli alunni e la soddisfazio-
ne delle autorità religiose e civili, cominciando dal Patriarca. I1
Console d'Italia lo accompagnò nella visita al Calvario e al Santo
Sepolcro.
In ogni casa egli parlò ed ascoltò confratelli e giovani, infervo-
randoli con spirituali conferenze in cui battezzò « Casa della Fe-

18.6 Page 176

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de » l'orfanotrofio di Betlemme, « Casa della Speranza » quella
di formazione di Cremisan, «Casa della Carità » la Scuola Agra-
ria di Beitgemal dove poi fiorì la santità del Servo di Dio coadiu-
tore Simone Srugi. Da Nazareth sali al monte Carmelo a celebra-
re neila chiesa dell'Annunciazione; conchiuse la sua visita-pellegri-
naggio con la festa di San Giuseppe tra gli orfanelli di Betlemme.
Tornò commosso ed edificato specialmente daIIa pietà e dallo
spirito religioso di Don Belloni che aveva rinunziato anche alla
sua dignità di canonico e curava con amore la formazione religio-
sa e scientifica dei giovani chierici a cui procurava buoni professo-
ri di lingua araba, di filosofia e delle altre scienze seguendoli dili-
gentemente neli'applicazione allo studio e nel progresso spirituale.
A Torino trovò confratelli e giovani esultanti per la nomina
del terzo Vescovo salesiano, Mons. Giacomo Costamagna, eletto
titolare di Colonia degli Armeni e Vicario Apostolico di Mendez
y Gualaquiza nell'Ecuador, mentre fervevano i preparativi del 1'
Congresso dei Cooperatori salesiani fissato a Bologna pel 23
aprile.
I1 pellegrinaggio in Terrasanta coronava la seconda serie di
viaggi che Don Rua aveva fatto in Europa negli anni precedenti.
Era nel suo programma l'assicurarsi personalmente deil'andamen-
to delle case il più spesso possibile, tenere i più stretti legami coi
confratelli, facilitare con la maggior frequenza l'apertura dei cuori
e mettersi a disposizione dei singoli per colloqui e direzione spiri-
tuale. Teneva cosi in mano, come si suo1 dire, il polso delle case
e dei soci; la felicissima memoria di cui disponeva gli consentiva
riconoscimento e ricordi carissimi anche a distanza di anni.
Fu ben definito << commesso viaggiatore del buon Dio » ed è
certo fra i superiori generali che più abbiano viaggiato, quando
non c'erano auto né aerei, cominciavano appena a funzionare i
tronchi ferroviari per l'ailacciameuto con le grandi linee nazionali
ed internazionali. « Viaggiava con i mezzi più economici - noua-
molo pure una volta per sempre - e viaggiando trovava sempre
modo di occupare utilmente il tempo, pregando, leggendo, sbri-
gando posta, trattando interessi spirituali o materiali, scolastici o
professionali, di problemi personali, locali o generali deila Chiesa,
della società, dei singoli ambienti con superiori, confratelli e
competenti con cui aveva la sorte di viaggiare o che appositamen-
173

18.7 Page 177

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te invitava per tratti ad accompagnarlo da un luogo all'altro. Nel-
le fermate non visitava ordinariamente né monumenti, né curiosi-
tà, ma Cooperatori, benefattori, autorità, personalità verso cui
sentisse dei doveri.
Nelle case si fermava quanto occorreva per rendersi conto di
tutto ed ascoltare quanti gli volessero parlare; non un'ora di più.
Tra il 1891 e il '95, oltre i viaggi in Italia, ne riprese in Fran-
cia, Belgio, Inghilterra, sostando in particolare a Londra, Liegi,
Tournai, Montpeiiier, Nizàs, Courcelles, Tolone... (151).
A Londra si era recato con Mons. Cagliero per la consacrazio-
ne della chiesa parrocchiale il 14 ottobre 1893. Vi aveva celebra-
to la prima Messa dopo la funzione compiuta dal vescovo missio-
nario, fermandosi per tutto I'ottavario, assistendo al pontificale
del vescovo londinese Butt ed alla conferenza ai Cooperatori tenu-
ta dal Rettore del seminario dottor Bourne, che divenne poi arci-
vescovo di Westminster e Cardinale e non dimenticò mai un pe-
riodo del suo chiericato passato alla scuola di Don Bosco. La par-
rocchia dedicata al Sacro Cuore contava poco più di duemila cat-
tolici fra 20.000 protestanti; ma già 140 dei loro figliuoli frequen-
tavano la scuola salesiana ed anche i loro genitori partecipavano
alle feste rendendo omaggio a Don Rua.
Nel ritorno sostò ad ossequiare Cooperatori a Namur e Bru-
xelles, e due giorni a Liegi dove si stava costruendo la chiesa di
Maria Ausiliatrice accanto ali'istituto salesiano, impegnandosi a
partecipare aila consacrazione che tenne l'anno seguente, il 16 lu-
glio 1894 il vescovo Mons. Doutreloux.
Sostò in Francia; a Montpellier lo confortarono esperimenti
di scuola agraria che diedero buoni frutti, lo delusero invece arbi-
trarie applicazioni del sistema educativo che faceva stare a disagio
salesiani e suore a Nizàs e a Courcelles donde si dovettero richia-
mare nel 1898 (152).
I1 I Congresso dei Cooperatori e il VI1 Capitolo Generale
I1 lo Congresso dei Cooperatori Salesiani, denominato ufficial-
mente « Congresso Salesiano » perché si sarebbe più propriamen-
te occupato di tutto I'apostolato salesiano, indugiando sui proble-

18.8 Page 178

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mi più urgenti del servizio universale della Chiesa, assurse ad
« awenimento » ed ebbe tale risonanza internazionale anche pel
futuro che ci si volle vedere in esso avverata una profezia di Don
Bosco. Questi aveva infatti predetto, al termine del racconto del
famoso sogno del 1881: « H o potuto anche rilevare che ci sono
imminenti molte spine, molte fatiche, cui terranno dietro grandi
consolazioni. Circa il 1890 gran timore; circa il 1895 gran trion-
fo ». Quanta trepidazione circa la prima data allo scoppio della
persecuzione contro i religiosi in Francia!... Dall'entusiasmo con
cui fu accolta fin dall'inizio la proposta del Congresso c'era a be-
ne sperare dell'avvenire (153).
Don Rua conosceva bene le vere intenzioni di Don Bosco nel-
l'organizzare la Pia Unione dei Cooperatori e l'espresse anche più
tardi nel documentarla al processo di beatificazione del fondatore:
« Don Bosco... intendeva non solo legare a sé come terziari colo-
ro che collaboravano alle opere salesiane, ma farne un'associazio-
ne da mettere a servizio dei vescovi per le cure pastorali special-
mente dei giovani poveri ed abbandonati delle loro diocesi »
(154).
Aveva quindi accolto al volo fin dal 1894 la proposta del
Card. Svampa, arcivescovo di Bologi~ache, venuto a Torino pel
Congresso Eucaristico Diocesano, gli aveva prospettato la couve-
nienza di radunare non più solo alcuni Cooperatori in centri deter-
minati, ma di indire un convegno internazionale nella sua città,
mettendosi egli per primo a disposizione per tutto quello che a-
vesse potuto giovare alla riuscita.
Ne aveva affidato l'organizzazione al primo Segretario genera-
le dei Cooperatori, Don Stefano Trione, che fu l'anima del movi-
mento per quasi cinquant'anni e che aveva doti ammirabili per
simili iniziative. Questi seppe abilmente impegnare salesiani di va-
lore a Torino e a Bologna con distinti oratori il cui nome bastava
a cattivare adesioni e concorso.
Mentre Don Rua attendeva ai suoi viaggi, Don Trione, elabo-
rato il programma fino ai particolari, aveva lanciato l'idea dell'ar-
civescovo con un discorso a vasta risonanza nel tempio bolognese
di San Domenico illustrando il tema: «Don Bosco e la gioventzi
del secolo XIX ». Aveva costituito un Comitato puomotoue sotto
la presidenza onoraria del Cardinale e quella effettiva di Don

18.9 Page 179

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Rua. Aveva affiancato un Sottocomitato di Coopevatrici e suddivi-
so il lavoro fra sei Commissioni pei servizi liturgici, accademici,
logistici, ecc.
Potevano partecipare al Congresso: i Cooperatori Salesiani
che comprovassero tale qualiica, tutti i salesiani, tutti i sacerdoti,
le persone raccomandate da un superiore salesiano o da un diret-
tore diocesano della Pia Unione, gli appartenenti ad associazioni
cattoliche debitamente accreditate dalle rispettive Curie diocesa-
ne. Come si vede, congresso a largo respiro. Allo statuto genera-
le, negli inviti era allegato il regolamento interno che disciplinava
le norme di ammissione, l'orario ed il programma. Un apposito
concorso era stato bandito per la composizione e la musica deii'in-
no ufficiale, che fu vinto dal M. Oreste Liviabella, della Cappella
del Duomo di Macerata, e venne ristampato nel 1972 pel giubi-
leo d'oro sacerdotale del figlio Don Leone missionario in Giap-
pone. La prima strofa cantava:
e Dall'orto all'occaso - più viva del lampo
Rifulge, o Don Bosco - tua santa bandiera.
L'impresa vi splende - Azione e Preghiera (Lavoro e Preghiera)
Che il Dito del Sommo Pastore segnò... ». (156).
Accrebbe l'entusiasmo dei bolognesi il passaggio a Bologna
dei giovani cantori della corale dell'oratorio di Torino invitati a
Loreto per le feste del VI Centenario della traslazione della Santa
Casa, i quali sotto la direzione del Mo. Giuseppe Dogliani resero
omaggio al Cardinale Arcivescovo con varie esecuzioni nell'aula
magna del seminario, mentre i Cooperatori gli offrivano un bel
ritratto di Don Bosco.
Vi parteciparono gli Em.mi Cardinali: Ferrari di Milano, Ga-
leati di Ravenna, Mauri di Ferrara, Svampa di Bologna, con oltre
una ventina di Arcivescovi e Vescovi, personalità del clero e del
laicato cattolico dall'ltalia e dall'estero. Don Rua apparve - se-
condo la << Scuola Cattolica » di Milano - come un povero pre-
te, magro, macilento, stecchito, dimesso ed umile, ma con il volto
raggiante, il sorriso bonario... Eppure, suscitò un fragoroso ap.
plauso e tutti si levarono in piedi presi da intensa commozione.
Le sue parole di omaggio e di ringraziamento, i suoi preziosi in-
terventi sono largamente riportati dalle cronache del tempo, dal
Bollettino Salesiano e dagli Atti del Congresso.

18.10 Page 180

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I1 Santo Padre inviò la Benedizione Apostolica con apposito
<( Breve » e copie della sua Lettera Apostolica agli Inglesi che cer-
cavano il Regno di Dio nella Unità della Fede (Amantissimae vo-
luntatis, 14 aprile 1895) da distribuire ai Vescovi presenti. De-
gne di rilievo anche le rappresentanze e le adesioni di altri 8 Car-
dinali, 17 Arcivescovi, 80 Vescovi dall'Italia; dall'estero, i Cardi-
nali di Parigi, Malines, Siviglia, I'Arcivescovo di Chambery, 18 al-
tri Vescovi dall'Europa e 6 dall'America; numerose associazioni
cattoliche ed oltre duemila personalità, da varie parti del mondo.
L'eco durò a lungo. Il primo Congresso diede poi l'impronta
organizzativa ai successivi in Italia e fuori.
Don Rua ne fece pervenire relazione dettagliata in latino al
Santo Padre; poi con apposita circolare ai salesiani; quindi per
mezzo del Bollettino a tutti i Cooperatori. Ritornò in seguito più
volte sulle deliberazioni votate nelle assemblee generali, riguardan-
ti: il sistema educativo di Don Bosco, gli Oratori e la catechési,
le Scuole di Religione, le scuole primarie e secondarie, collegi ed
ospizi, I'educazione delle fanciulle, l'educazione degli apprendisti
operai, le colonie agricole o, meglio, scuole agrarie salesiane, la
cura degli Emigrati, la stampa popolare, le edizioni scolastiche,
l'organizzazione dei Cooperatori... (157).
Abbiamo dovuto sorvolare su altre fondazioni awenute nel
frattempo; ma il successo del Congresso di Bologna si dovette
anche alla diffusione dell'opera salesiana in tante parti del mondo
dove aveva già riscosso grandi simpatie.
E conviene che riprendiamo il filo per averne un'idea. La Con-
gregazione era ormai fino in Africa. Dal 1883 l'arcivescovo di Car-
tagine Card. Lavigerie aveva chiesto a Don Bosco i salesiani per la
Tunisia. Ma inutilmente, per la scarsezza di personale. Don Rua,
pur avendo le migliori disposizioni verso il grande apostolo del
nord-Africa, si sentì in dovere di dare precedenza all'Algeria per
proposte più concrete ad Orano. Quando se ne scusò con l'arcive-
scovo, n'ebbe una garbata ma accorata risposta: Son rimasto, ve
lo confesso, molto sorpreso al vedere come due santi quali Don Bo-
sco e Don Rua abbiano potuto mancare verso di me a parole pubbii-
camente date per la fondazione di una loro casa in Tunisia e che
Vostra Paternità mi annunci oggi con tanta calma e serenità la
fondazione di una tal casa nella diocesi di Oràn! Io posso ben

19 Pages 181-190

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19.1 Page 181

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perdonare i torti, e debbo farlo perché Nostro Signore ce ne ha
lasciato l'esempio ed il precetto; ma il ringraziare o felicitare gli
autori è cosa che supera la mia virtù, certo troppo debole... ».
Chiarita però la ragione, affrettò subito, da parte sua, proposte
più pratiche; Don Rua non attendeva altro per andargli incontro.
Disgraziatamente la morte immatura privò il Cardinale di questa
consolazione.
Ma la precedenza all'hlgeria non nocque all'espansione dell'o-
pera salesiana anche in Tunisia. Da Orano, Don Bellamy, uno dei
migliori salesiani francesi, con altri validi confratelli, tra cui il ch.
Béissiète che ne pubblicò ampia documentazione pel giubileo d'o-
ro (1891-1941), impressero tale spirito che nel 1894 fiorivano già
in casa tre buone vocazioni, tra cui quella di Don Antonio Cande-
la che giunse al Capitolo Superiore della Congregazione come Di-
rettore generale delle Scuole Professionali Salesiane. Seguì l'aper-
tura de l'oratorio « Gesù Adolescente » ad Eckmuhl dove si poté
fissare il noviziato e poi lo studentato filosofico e teologico.
Ai salesiani tennero dietro le Figlie di Maria Ausiliatrice, chia-
mate a fondare un educandato a La Manuba ove i salesiani assu-
mevano la parrocchia; poi i salesiani assunsero l'orfanotrofio A-
gricolo Perret a La Massa e le suore protesero il loro apostolnto
a Mers-el-Kebir e a Eckmuhl; nel 1896 finalmente a Tunisi.
Per L'Egitto erano state fatte richieste di salesiani a Don Bo-
sco, prima ancora che fosse canonicamente istituita la Società Sale-
siana, da h4ons. Comboni, il quale abbisognava di capi d'arte per
le sue scuole professionali al Cairo. Più tardi, da Delegati e Vica-
ri Apostolici, da Propaganda Fide e dailo stesso Governo italiano
preoccupato dell'assistenza agii emigrati italiani di cui circa 30.000
si tzovavano nella regione di Alessandria.
Ma solo l'intervento intelligente del valente egittologo prof.
Ernesto Schiapparelli riuscì ad avviare pratiche concrete con Don
Rua che nel 1895 incaricò Don Belloni di far le prime mosse. Le
conclusioni le stipulò poi Don Bertello, Ispettore delle case di
Sicilia, con l'apertura della Scuola Professionale in Alessandria
d'Egitto nel 1896.
Altri salesiani furono contemporaneamenre inviati a Città del
Capo, dove purtroppo si trovarono in estremo disagio: due caset-
te del vescovo in periferia capaci di una quindicina di ragazzi,

19.2 Page 182

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senza un letto, un tavolo, una sedia e col divieto di chiedere la
carità in pubblico. Don Rua li esortò a pazientare e confidare nel-
la Provvidenza, accontentandosi intanto della carità spicciola di
qualche anima buona. Succeduto il Coadiutore al Vicario Apostoli-
co, le cose migliorarono. I salesiani vi poterono allestire scuole
professionali e sostenerne l'efficienza e il prestigio anche durante
la guerra anglo-bnera, poi svilupparsi rapidamente.
Nel frattempo in Europa straordinarie facilitazioni del gover-
no spagnuolo alle associazioni che prestassero insegnamento gra-
tuito o si prendessero a cuore le Missioni di oltremare, consentiro-
no a Don Rua di aprire case n d a Spagna, a Gerona, Santander,
Sisiglia, Malaga e Vigo, tra il 1891 ed il 1894, grazie al concorso
di insigni benefattori e vescovi preoccupari di tanta gioventù che
cresceva pericolosamente nell'abbandono e nel vagabondaggio.
Nel 1894 aveva inoltre inviato Don Rinaldi in Portogallo a
vagliare personalmente inviti e proposte che urgevano dai tempi
di Don Bosco in varie città specialmente per scuole professionali.
Neli'ottobre riuscì ad inviare i primi salesiani a Braga, altri nel
1896 a Lisbona, raccogliendo presto frutti anche di buone voca-
zioni che imposero la costituzione di un apposito noviziato.
Fin dal 1877 Don Rua era stato mandato in Svizzera da Don
Bosco per esaminare sul posto l'accettazione di un istituto salesia-
no nel Canton Ticino. Nonostante le difficoltà di interferenze lai-
che e politiche, egli era tornato con una chiara idea dei bisogni e
delle convenienze, sicché propendeva a qualunque sacrificio pur
di aiutare la Chiesa locale nella educazione della gioventù. Non lo
sgomentavano né l'esigenza di rinuncia ali'abito talare, né grettezze
hnanziarie. « Certamente noi ci gettiamo in un labirinto - aveva
detto ai superiori del Capitolo - molto intricato; ma sarà quesro
un vero passo della Congregazione. D'altra parte noi avremo
delle vocazioni; personale laico ne troveremo facilmente, e in tut-
ti i casi, per un bisogno cdoisì pressante potremo anche mandar
chierici vestiti da secolari sino al tempo delle Ordinazioni. I1 ve-
stito non impedisce che stu no teologia e facciano le loro prati-
che di pietà secondo la regola ».
Mene di partito avevano tuttavia impedito la realizzazione di
qualcosa di positivo h o al 1889, quando Don Rua mandò un
buon salesiano ad avviare un modesto Oratorio festivo nella par-

19.3 Page 183

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rocchia di Mendrisio, cattivandosi la stima delle opposte correnti
fino a potervi assumere anche la cura del convitto comunale.
In una sua visita nel 1891 Don Rua aveva potuto ottenere
maggiori concessioni.
Ma, mutato il governo nel 1893, i salesiani dovettero trasferir-
si a Balerna trasformando in collegio la villa vescovile concessa
da Mons. Molo. Vi rimasero otto anni; poi, abbisognando della
villa il nuovo vescovo, piantarono tende più sicure a Maroggia.
Intanto mandavano pure innanzi il collegio pontificio di Ascona
di cui Don Rua aveva accettato la direzione, mentre andava incon-
tro alla Società dei Maestri Cattolici che nella Svizzera tedesca
chiedevano i salesiani per una Scuola di Agraria e di Arti e Me-
strieri a Muri nel Cantone di Argovia. Per dimostrare la buona
volontà di collaborazione i cari maestri si erano ascritti in corpo
alla Pia Unione dei Cooperatori.
Don Rua vi mandò come primo direttore Don Eugenio Méder-
let, che fu poi arcivescovo di Madras. Un confratello puro sangue
torinese, Don Augusto Amossi, fu specialmente incaricato dell'as-
sistema spirituale agli emigrati italiani ed ogni sabato si recava
da Muri a Zurigo a loro disposizione anche per le necessità di
lavoro, finché nel 1898 un altro salesiano che abbiamo già incon-
trato in Spagna, Don Giovanni Branda, non vi poté fissare resi-
denza ordinaria prendendo la direzione di una vera Missione Cat-
tolica Italiana.
Oratori e Scuole Professionali erano le più desiderate anche
in Italia. Ma affluivano pure insistenze a Torino per l'apertura o
l'assunzione di scuole classiche dove avevano per l'addietro inse-
gnato con generale soddisfazione religiosi specializzati che erano
stati allontanati tra le vicende della uilificazione. Urgevano poi do-
mande per case che curassero la fioritura di buone vocazioni per
aiutare i vescovi a rimettere in efficienza i seminari bisognosi e
provvedere alle necessità delle loro diocesi.
Quando appariva la speranza di vocazioni Don Rua inclinava
senz'altro a dare la precedenza. Così fu per l'oratorio di Savona.
Alcuni salesiani cominciarono ad avviarlo recandosi settimanal-
mente da Sampierdarena ogni sabato sera fino alla domenica
sera. Sistematovi poi alla meglio il direttore col personale indi-

19.4 Page 184

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spensahile e ingrandito l'ambiente dal benefico concorso di ottimi
Cooperatori, l'oratorio diede molte preziose vocazioni.
A Novara nel 1893 Don Giovanni Battista Ferrando cominciò
pure modestamente con l'oratorio andando incontro ai desideri
del vescovo Mons. Riccardi, poi a quelli di Mons. Pulciano che
seppe ottener larga heneficienza per l'affrancamento di un grande
istituto in miglior posizione, non solo con la sua parola ma con
l'esempio della sua generosità. Intervenne in seguito la munificen-
za della signora Agostina Pisani che lasciò Don Rua erede univer-
sale dei suoi beni con l'onere di edificarvi il complesso classico-
professionale ad imitazione della casa-madre di Torino, e lo svilup-
po dell'opera completa procedette rapidamente.
Con pena, ma per fedeltà ad ammonimenti di Don Bosco,
Don Rua non permise di assumere la tipografia vescovile che
stampava il settimanale cattolico, mentre era costretto a richiama-
re da Lilla (Francia) il direttore della casa che ingenuamente si
era addossato la stampa del periodico « Progrès » mettendosi in
d I c o l t à politiche.
La stessa ragione aveva consigliato i Superiori a dissuadere
Don Rua dall'accettare la tipografia de « L'Osservatore Cattoli-
co » di Milano profferta con insistenza dal benemerito direttore
Don Davide Alhertario, affezionatissimo Cooperatore salesiano.
Nove anni di suppliche di una fervente Cooperatrice decisero
halrnente Don Rua a mandare i salesiani a Trecate per curare la
gioventù con l'oratorio e le vocazioni tardive con l'Opera dei Fi-
gli di Maria. Ne fiorirono parecchie a conforto del seminario, vi-
vente ancora la benefattrice; ma perché non sembrasse far concor-
renza agli altri seminari minori della diocesi, dopo alcuni anni
Don Rua ritirò i salesiani, lasciandone la missione al parroco il
quale n'ehhe tutte le cure Tiché poté affidare l'opera ad altri reli-
giosi che la continuano egregiamente. Porta tuttora il titolo di se-
minario oltreché di Oratorio, vi si coldva la divozione a Maria
Ausiiiatrice, vi si curano le vocazioni e rende un magnifico servi-
zio alla parrocchia anche con la sua celebre scuola di canto porta-
ta a ben meritata fama dai PP. Giuseppini di Asti.
A carattere apostolico furono inaugurate altre case accettate
in questi anni: le Scuole Apostoliche del Martinetto in Torino,
cui abbiamo già accennato; l'antico castello di Lomhriasco con

19.5 Page 185

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ampio terreno per lo sviluppo di una Scuola Agraria a suo tempo
qualificata; il convento francescano di Avigliana con l'annesso san-
tuario della Madonna dei Laghi; la casa di Ouix con il terreno e
la chiesa dell'antica abbazia; la casa di Cavaglià nel Biellese; la
casa di Trento e quella di Genzano di Roma. Breve vita ebbe in-
vece la casa di Occhieppo superiore.
Cura della gioventù di media condizione per gli studi ebbero
l'istituto di Gorizia, di Colle Salvetti, ove Don Rua trasferì l'ope-
ra di Lucca per maggior possibilità di servizio, il collegio di Trevi
e quelli di Gualdo Tadino, di Castellamare di Stahia (Scanzano).
Cominciarono con la direzione dei seminari diocesani quelle di Co-
macchio, di Orvieto, di Catanzaro. Quasi dovunque però i salesia-
ni poterono coltivare l'oratorio popolare &e quando è diretto
con spirito e metodo veramente salesiano è sempre buon vivaio
di vocazioni.
Con questo bell'attivo Don Rua nel mese di settembre 1895
apriva e presiedeva il VI1 Capitolo Generale della Società Salesia-
n6 nel Seminario delle Missioni estere di Valsalice, con « regolato-
re » il direttore generale degli studi Don Francesco Cerruti. Vi
partecipò anche il terzo Vescovo Salesiano Mons. Giacomo Costa-
magna consacrato il 23 maggio nel santuario di Maria Ausiiiatri-
ce, vescovo titolare di Colonia degli Armeni e vicario Apostolico
di Mendez y Gualaquiza nell'Eniador. Aveva tenuto il suo primo
pontificale nella festa titolare, 24 maggio, mentre le autorità civili
dell'Ecuador festeggiavano la costituzione a provincia della regio-
ne di Gualaquiza e vi proclamavano Patrona la Madonna di Don
Bosco confortando di tante buone speranze i due salesiani che
fungevano già da parroco e viceparroco, Don Mattana e Don Spi-
nelli, circondati da molti Jivaros accorsi anche dalle jivarie dei
dintorni. Si stava ultimando l'organizzazione della spedizione mis-
sionaria annuale con un centinaio di missionari.
I Capitolai giunsero a Valsalice ben preparati a trattare gli
argomenti che Don Rua aveva a suo tempo prospettato divisi nei
vari schemi, incoraggiando alla massima libertà di dialogo. << Cer-
to importa assai - aveva scritto nella circolare di indiiione -
che, per i'affetto alla nostra Società, ognuno esponga con tutta li-
bertà quello che a lui sembra più giovevole al bene e all'incremen-
to di essa. Arrivano talvolta (ciò che fu notato nei Capitoli pre-

19.6 Page 186

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cedenti) proposte molto assennate e di grande importanza, le qua-
li mentre offrono campo al Superiore di conoscere sempre meglio
lo stato delle cose, suggeriscono pure il modo di trarne vantaggio
a conseguire quel maggior perfezionamento nostro individuale e
collettivo che è nei voti di tutti... D.
I1 Capitolo si aperse il 4 e si chiuse 1'8 settembre. Vi parteu-
parono, oltre ai membri del Capitolo Superiore, gli Ispettori deiie
case di Europa, i Direttori delle case d'Italia, Francia, Spagna,
Svizzera, Portogallo, Inghilterra, Austria, Africa, Asia, Mons. Co-
stamagna e Mons. Fagnano dall'America, coi Direttori di San Ni-
colàs (Argentina) e di Messico. Tutta gente matura, esperta e
navigata, dotata di gran senso pratico che permise di trattare in
pochi giorni tante cose.
Affrontarono coraggiosamente la definiiione delle funzioni dei
direttori, precisando i loro rapporti con gli ispettori e superiori
del Capitolo. Don Rua poi si prese la responsabilità di revisio-
ne delle regole e dei regolamenti delle case, da affidare a Commis-
sioni competenti per proporle ad esperimento fino al seguente Ca-
pitolo Generale e così guadagnar tempo per discutere ampiamente
della istruzione religiosa nelle scuole salesiane, della obbedienza,
della povertà e dell'economia, dei Cooperatori salesiani e della
divozione a Maria Ausiliatrice, delle Letture Cattoliche, letture
amene ed edificanti, dei sussidi scolastici (Biblioteca della Gio-
ventù e Gymnasium), degli Oratori festivi, ecc...
Don Rua, oltre ad esprimere il proprio parere di volta in vol-
ta quando conveniva, tenne parecchie conferenze particolari sul-
I'applicazione pratica delle proposte più importanti. I1 Capitolo
confermò al Rettor Maggiore i'alta direzione delle « Lettu~eCat-
toliche », concordando sulla necessità di conservar loro il caratte-
re primitivo impresso da Don Bosco, cioè di svolgere in modo
popolare ed in buona lingua quei punti di dottrina religiosa, di
morale e di storia, che interessano veramente il popolo dei nostri
giorni...
Le proposte di « u n periodico didattico ed informativo » per
le scuole imbroccarono la loro via solo quattro anni dopo con I'e-
dizione di Gymnasizrm che divenne utilissimo agli insegnanti so-
prattutto dopo il 1904 per opera di Don Eugenio Ceria, prosegui-

19.7 Page 187

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te ed adeguata con intelligente ed appassionata redazione da Don
Luigi Zuretti.
Importante la raccomandazione di Don Rua ai direttori di
Oratori festivi, di favorire il desiderio dei Parroci, di avere i loro
giovani a Messa in parrocchia nei giorni festivi, anche a costo di
disagi nel funzionamento oratoriano.
Troppo bene riuscì il Capitolo Generale e imponente la spedi-
zione missionaria del 1895 che seguì in ottobre perché il diavolo
non ci mettesse - come si suo1 dire - la coda.
Nessuno però avrebbe potuto prevedere la tragedia dell'ecci-
dio di Mons. Luigi Lasagua, perpetrato il 6 novembre con uno
scontro ferroviario che costò la vita anche al segretario, a quattro
suore ed al fuochista, a Juiz de Fora nel Brasile (158).
Dolorosissimo ai cuore di Don Rua, legato da intimo affetto
al secondo Vescovo salesiano fin daUa sua giovinezza sacerdotale.
Mons. Costamagna apprese la notizia mentre stava per rag-
giungere Buenos Aires coi suoi missionari. Ed ecco a Buenos Ai-
res sorprenderlo la diffida a metter piede nell'Ecuador. Un'im-
provvisa rivoluzione aveva rovesciato il governo precedente e ve
n'era succeduto uno radicale avverso alla Chiesa che fece tanto
soffrire i missionari. Ci voliero ben sette anni per superare la tri-
ste situazione. Preso consiglio da Don Rua, il terzo vescovo sale-
siano, tenendo dall'Argentina l'alta direzione delle case salesiane
del Cile, del Perù e della Bolivia, e seguendo per corrispondenza
i missionari dell'Ecuador, prese a percorrere in lungo e in largo
le regioni in cui aveva libera circolazione, in aiuto ai vescovi loca-
li, predicando, funzionando, amministrando cresime e confessan-
do, spingendosi in zone impervie dove gli Ordinari diocesani non
potevano arrivare: conferì in un solo anno oltre quarantamila cre-
sime (159).
... Un seme a Miiano, una manciata pel mondo
A prove tanto sconcertanti era conforto il fiorire delle vocazio-
ni e l'incremento delio zelo in tutta la Congregazione, che Don
Rua metteva in evidenza nelle sue prime circolari pel nuovo anno
ai Cooperatori ed ai Salesiani. I1 1895 si chiuse con 140 nuove

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vestizioni nel noviziato di Foglizzo Canavese. I1 1896 si aperse
con importanti fondazioni in Italia ed all'estero.
I salesiani corrisposero alle esortazioni del loro Superiore che
scriveva: << Ora è tempo di mostrarci uomini provetti ed addestra-
ti alle varie vicende della vita religiosa. Comunque volgano le no-
stre sorti, siano prospere od avverse... a noi tocca sottometterci
in tutto alla divina volontà, inchinarci di fronte agli imperscruta-
bili giudizi di Dio, rimaner fermi e ferventi nel suo servizio, ripe-
tendo le parole di Giobbe: Sit nomen Domini benedictum... 2.
Uno stuolo di ardenti Cooperatori ben guidati dal loro diretto-
re Diocesano Don Pasquale Morganti, exallievo dell'oratorio di
Torino ai tempi del fondatore e direttore spirituale del seminario
maggiore della capitale lombarda, ottenne da Don Rua quello che
non avevano potuto ottenere i Milanesi vivente Don Bosco. L'idea
era stata lanciata da Don Stefano Trione nel 1892 in una confe-
renza intima ai primi Cooperatori, creandovi un Comitato promo-
tore delle opere di Don Bosco. L'aveva poi diffusa Mons. Caglie-
ro l'anno seguente in un'aiua conferenza, il 17 gennaio, dopo una
relazione del dott. Angelo Mauri, uno dei pionieri dell'Azione
Cattolico-Sociale del tempo, sostenuto da Don Davide Albertario,
caldo propugnatore di un'opera degna di Milano.
Affiancatovi un Sottocomitato di Cooperatuici, queste diffuse-
ro subito un numero unico dal titolo <( L'Eco Salesiana >> illustran-
do l'opera ed il metodo educativo di Don Bosco come un'esigenza
provvidenziale della grande città.
Nel 1894 i due Comitati avevano fatto seguire un appello alla
cittadinanza con l'adesione di Don Rua ed una efficace raccoman-
dazione del Vicario Generale Mons. Mantegazza, il quale faceva
valere anche il desiderio dell'Arcivescovo Mons. di Calabiana, da
poco chiamato all'eternità.
Primo frutto, la grandiosa conferenza pubblica del 29 maggio
1894 nella chiesa di Santa Maria Segreta, alla presenza di Don
Rua. Nella mattinata fece il panegirico di Maria Ausiliatrice il
prevosto di San Lorenzo Mons. Luigi Bignami, più tardi ardvesco-
vo di Siracusa; nel pomeriggio, la conferenza di Don Trione alla
presenza di un'élite di personalità tra cui il Duca Tommaso Galla-
rati Scotti, il Principe Emanuele Gonzaga, il Conte Belgioioso,
che facevano corona al presidente del Comitato promotore Mons.

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Mantegazza, ormai vescovo titolare, e al successore di Don Bosco.
Questi salutò i convenuti e sviluppò brevemente un pensiero già
accennato al mattino su Maria Ausiliatrice, Don Bosco e il suo
amore ai milanesi.
Don Trione « abilissimo, rapido, nitido, pratico, concluden-
te » - citiamo i giornali - si fece ascoltare con vivo interesse
per più di un'ora. Conduse Don Morganti dando conto dei passi
fatti fino allora per l'acquisto di un modesto locale in via Com-
menda, per cui si era già versato un terzo della spesa, e invitando
il pubblico a concorrere per affrettarne il saldo. La gran ressa
della folla attorno a Don Rua lasciò a questi il puro tempo suf-
ficiente per una corsa fuggevole al locale acquistato.
Due promotori, i signori Petazzi, ammessi qualche mese dopo
in udienza da Leone XIII, in una loro visita a Roma, ne parlaro-
no al Papa, il quale voUe sapere se avessero buone speranze di
realizzare tutto i1 progetto e disponessero di mezzi sufficienti, poi
impartì di cuore la sua benedizione esclamando: « Oh, i salesiani
fanno molto bene nell'educazione dei giovinetti! Benedico ben vo-
lentieri il Comitato milanese per l'istituzione salesiana ».
La benedizione del Vicario di Cristo affrettò l'ingresso dei
salesiani.
I1 3 novembre entrò in Milano il nuovo Arcivescovo, Servo
di Dio Card. Andrea Carlo Ferrari.
Il 7 dicembre, festa di Sant'Ambrogio e vigilia dell'Immacola-
ta, arrivavano a Miano i primi salesiani: Don Lorenzo Saluzzo
con un chierico e un coadiutore. Eran partiti da Torino con 25
lire in tasca; ne avevano ancora due e ottanta centesimi. Don
Rua aveva contestato tutte le loro difficoltà ed aveva spedito Don
Saluzzo solo coi denari del viaggio, assicurandolo: « Va' che ne
troverai! Conosco il cuore dei milanesi. Fa' quello &e puoi nel
nome del Signore ché, quantunque ancor giovane ed inesperto,
non ti mancherà l'aiuto di Dio e degli uomini... ».
M a stazione trovarono Don Morganti, che li condusse a pren-
dere un boccone in una modesta osteria, poi li accompagnò in via
Commenda dove trovarono tre letti, due o tre tavolini e qualche
sedia; neppure una stoviglia. Per qualche giorno servì loro i pasti
un bettolino vicino, mentre Don Morganti faceva correre la voce

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del loro arrivo e delle loro condizioni, suscitando la carità
necessaria.
Primo benefattore, un bel tipo di prete lombardo, burbero be-
nefico, Don Andrea Trombini, che non si diede pace h c h é non li
vide provvisti dell'occorrente.
Don Morganti convocò, il giorno stesso, 9 dicembre, il sotto-
comitato delle Cooperatrici e presentò loro Don Saluzzo, il quale
espose candidamente con tutta semplicità la situazione sua e dei
confratelli. Seduta stante esse raccolsero fra loro tremila lire che
rimisero nelle sue mani e da quel momento la carità dei milanesi
non cessò più. L'Arcivescovo, alla prima udienza, lo incoraggiò
affettuosamente dando anch'egli la sua offerta.
Ali'inaugurazione, fissata per l'Epifania, fu invitato Don Rua,
che benedisse la cappella e vi celebrò la Santa Messa pei benefat-
tori. Questi ritornarono nel pomeriggio, circondando il nuovo
Cardinale Arcivescovo, per udire la relazione degli umili inizi
preparata da Don Morganti e letta dal direttore. Segui un nobilis-
simo discorso di Angelo Mauri e la parola di Don Rua il quale
« con quella sua angelica agettuosità che tanto ricordava Don Bo-
sco » espresse la sua riconoscenza e tutta la sua fiducia per l'avve-
nire. I1 Card. Ferrari pagò con uno strappo della porpora, sullo
stretto palco, la sua partecipazione; ma, sorridendo, disse la sua
consolazione di avere i salesiani a Milano e la speranza di vederli
presto in altri centri come Busto Arsizio e Somma Lombardo do-
ve erano cordialmente attesi. Andarono di fatto per qualche tem-
po a Busto; a Somma Lombardo andò invece prevosto uno di
quegli exallievi dell'oratorio che sanno fare quanto i salesiani ed
anche meglio, Mons. Angelo Rigoli.
Mi sono indugiato sui particolari dell'apertura della casa di
Milano non solo perché l'Opera di Don Bosco si irradiò di in
tutta la Lombardia e regioni vicine, ma perché rispecchia una del-
le fondazioni meglio preparate e ben riuscite.
La ristrettezza dell'ambiente di via Commenda apparve subito
insdciente. Comitato e Sottocomitato si diedero da fare per assi-
curare un terreno di vaste proporzioni presso la stazione centrale
e vi invitarono il Cardinale a porre la prima pietra di un comples-
so adeguato, il 4 settembre dello stesso anno, in occasione del
XIII Congresso Eucaristico. Don Rua non volle mancare anche

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in quella circostanza e fece egli stesso il ringraziamento al Cardi-
nale, alle autorità e a tutti i convenuti. Forse non seguì altra ope-
ra così personalmente passo per passo. L'architetto ing. Arpesani
curò il progetto che per molti anni dovette limitarsi all'ala dedica-
ta a Sant'Ambrogio e all'artistico tempio a Sant'Agostino. Comple-
tato, con qualche variante nella linea architettonica dopo la prima
guerra mondiale ed arricchito in seguito con modernissimi amhien-
ti per lo sviluppo delle opere di apostolato giovanile, attirò a Mi-
lano in diverse tappe anche le Figlie di Maria Ausiliatrice che og-
gi vi hanno il centro di due fiorentissime ispettorie, pur avendo
smembrato parecchie case per l'ispettoria varesina.
Nel mese di luglio del 1896 Don Rua fece spedire alle case
un opuscolo con le deliberazioni del Capitolo Generale, comprese
le proposte estratte dai verbali e i sommari delle discussioni, per-
ché si conoscesse da tutti il metodo che si seguiva in queste as-
semblee legislative. Presentando la pubblicazione faceva rilevare:
«Non si tratta di imporvi nuovi pesi, sibbene di procurare lo
svolgimento di quei principi pratici che Don Bosco stesso iunilcò
tante volte a voce e per iscritto, in pubblico ed in privato, nelle
costituzioni e nelle prime deliberazioni, perché in questi sta lo spi-
rito di perfezione che animò lui stesso e del quale egli ci volle
animati e stretti nel vincolo della carità, per la santificazione no-
stra e delle anime a noi affidate ».
Dali'abilità legislativa Don Rua passava con naturalezza alla
carità operativa. E come abilmente dirigeva le gtandi assemblee
generali, le sedute ordinarie e straordinarie del Capitolo o Consi-
glio Superiore, le adunanze degli ispettori e dei direttori, le stesse
conferenze nelle case che visitava, così sagacemente seguiva, ispet-
toria per ispettoria, casa per casa, la vita e l'attività dei Salesiani,
delle Figlie di Maria Ausiliatrice in quanto lo richiedevano, con
visite, interventi, corrispondenza che avrebbero potuto spossare
ben prima del tempo qualunque fibra.
Felicissimo fu nella scelta del successore di Mous. Costama-
gna, nominando ispettori: in Argentina Don Giuseppe Vespignani
che portò l'opera salesiana a grande espansione, soda organizzazio-
ne e mirabile fervore di pietà e di zelo; neli'uruguay Don Gamba
a sostituire Mons. Lasagna. Don Gamba, dovendo assestare la si-
tuazione economica e portare allo smistamento delle case del Bra-

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sile per la creazione dell'Ispettoria Brasiliana, non aprì che una
nuova casa a Mauga, poco fuori di Montevideo. Ma Don Vespi-
gnani ne aperse altre tre in Argentina (a Rosario, Uribellarea e
Bernal) mentre dotava Buenos Aires di un modernissimo Osserva-
torio meteorologico che corrispondeva con quella di Villa Col&
nell'uruguay, e fra tutti e due davano un bel conuihuto al pro-
gresso scientifico e al servizio meteorologico internazionale.
Contemporaneamente Don Rua autorizzava l'apertura di cin-
que nuove case nel Cile (a Valparaiso, Santiago, Macul, Melipiila,
Iquique) e mobilitava il concorso di tutte le case salesiane del
mondo per salvare quella di Concepcion la quale correva pericolo
di essere posta all'asta pel cumulo di debiti che esasperava i credi-
tori a chiedere il fallimento. I confratelli si assoggettarono a gravis-
simi sacrifici per questo atto di solidarietà. E Don Rua rese loro
testimonianza ringraziandoli con apposita circolare, mentre richia-
mava energicamente il direttore a maggior criterio e discrezione:
« I o vidi una gara fra voi per soccorrere quella casa, che mi ha
proprio consolato. Le case dell'antico continente gareggiarono con
quelle del nuovo che già prima si erano quotate per soccorrerla, e
fra tutte si poté ben presto scongiurare il pericolo che andasse
all'asta pubblica... La mia raccomandazione suscitò in vari collegi
atti veramente generosi, giungendo alcuni a far vere privazioni
per venire in concorso dei confratelli ».
Alla nuova Ispettoria del Brasile Don Rua prepose Don Carlo
Peretto, direttore del collegio di Lorena, che divenne così sede
ispettoriale. Sensibile la benedizione del Signore: si apersero rapi-
damente case a Recife, Cachoeira, Campinas, Coxipò, Cuyabà, e si
avviò la missione fra i Bororos.
Le pratiche, le difficoltà e le peripezie sono descritte negli
Annali ed in varie monografie oltreché nel Bollettino Salesiano.
Ma fra tutte non rendono la realtà come la vissero i pionieri.
Qualcosa cercò di far capire l'intrepido Don Giovanni Balzola nel
1898 conducendo a Torino alcuni Bororos in occasione dell'Espo-
sizioue Nazionale del Risorgimento cui partecipavano i cattolici
con la commemorazione del XV Centenario della costituzione ge-
rarchica della Chiesa in Piemonte. Don Rua aveva invitato per
tempo tutte le Missioni a concorrere, scrivendo: Non sono una
vana pompa queste cattoliche esposizioni, ma un saggio di quello

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che fanno i generosi missionari a pro dei fratelli sepolti nella
barbarie e nella ignoranza: sono anche un invito ai buoni a soste-
nerli nella pia impresa. Anche il nostro indimenticabile Fondatore
e Padre incoraggiava siffatte mostre, affinché si potesse conoscere
i1 frutto della carità dei benemeriti Cooperatori... ».
I missionari risposero con geniale concorso, offrendo in appo-
siti padiglioni anche un'idea concreta dell'ambiente, della vita, de-
gli usi di vari paesi per mezzo di autentici indigeni già battezzati
che vi seguivano le loro ordinarie abitudini. Ma i tre Bororos con-
dotti da Don Balzola non erano ancora battezzati e ritenevano
molto dei loro costumi selvaggi. Capitarono scene che per poco
non finirono tragicamente tanto a Torino-Valsalice, dove erano
ospitati, come a Roma dove furono condotti e presentati anche al
Santo Padre. Solo Don Balzola, conoscendo abbastanza la loro lin-
gua guarany >> riusciva a ragionarli e a farli ragionare. Eppure,
nel tempo libero, essi completarono la loro istruzione religiosa e
Don Rua ebbe la gioia di battezzarli nel tempio di Maria Ausilia-
trice, il 16 ottobre, prima che ritornassero al Matogrosso.
Là, purtroppo, manovre settarie misero a dura prova la mis-
sione di Santa Teresina per l'avidità di uomini che volevano sfrut-
tare i Bororos per loschi interessi. Egli tuttavia non si perdette
d'animo: trasportò le tende altrove e ricominciò da capo. Ebbe
tempo a veder rifiorire la Missione e la Provvidenza far giustizia
dei malvagi, che h i r n n o tutti male (160).
Con le spedizioni missionarie annuali Don Rua provvide pure
all'espansione deli'apostolato salesiano nel Venezuela, a Caracas,
Valencia e Cura~ao;in Bolivia a La Paz e a Sucre; nel Paraguay
ad Asuncion, Villa Concepcion e Chaco Paragnayo; nel Salvador,
a Santa Tecla; negli Stati Uniti a San Francisco di California.
Sono poi del suo primo decennio di rettorato le fondazioni in Ita-
lia: a Canelli, Cuorgnè, Intra, Legnago, Genzano, Frascati, Ferra-
ra, Modena, Bologna nel 1896; Alessandria, Pavia, Sondrio, Pisa,
Jesi, Terranova, Gela, Pedara, Caserta nel 1897; Desenzano, Ca-
stelnuovo d'Asti, Perosa Argentina, Biella, Bova, Lanusei nel
1898-99. In Inghilterra a Burwash presso Londra; in Belgio, a
Hechtel, Romans, Rueil; in Spagna, a San Vincenzo degli Orti,
Bejar, Ecija, Carmona, Baracaldo, Salamanca, Valencia, Siviglia;
ai confini d'Italia allora, a Trieste.

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Verso il tramonto del sec. XIX, la statistica salesiana segna
ancora la casa di New York negli Stati Uniti, di Puebla nel Messi-
co, di Foutihon in Colombia, di Contratacion fra i lebbrosi e ai pia-
ni di San Martin sulle Cordigliere Orientali versante dell'Atlanti-
co, di Arequipa e di Callao nel Perù.
Le benemerenze non solo evangelizzatrici ma anche altamente
civilizzatrici, sanitarie, culturali e scientifiche che i missionari si
andavano acquistando nella Patagonia, nella Terra del Fuoco e
nelle altre regioni del Sud America, sono legate a salesiani di
prim'ordine il cui nome vive in benedizione. Vorremmo ben ricor-
dare anche loro uno per uno, ma non ci basterebbe il volume che
stiamo compilando.
Spine acute fra le rose
Ne abbiamo già accusata qualcuna. Ma dobbiamo trattarne di
proposito.
Don Rua ha il merito di un criterio oculato nella scelta dei
pionieri di tante imprese salesiane. Ma bisognerebbe leggere i ver-
bali del Consiglio superiore, cioè del suo Capitolo, pagine del Bol-
lettino Salesiano, cronache locali e monografie per farsi un'idea
adeguata del superlavoro che imponevano al Rettor Maggiore il
vaglio, le pratiche, le ricerche di personale e di mezzi per le singo-
le fondazioni, spesso richieste autorevolmente e d'urgenza da di-
plomatici, vescovi e benefattori i quali non esitavano anche a ricor-
rere al Papa. Quante volte nella corrispondenza troviamo lettere
del Cardiial Segretario di Stato, del Cardinal Protettore che si
fanno eco del Vicario di Cristo per soddisfare esigenze di ministri
e pedino di Capi di Stato, di autorità nazionali anche non cattoli-
che o poco praticanti! ...
Ci volevano acrobazie e rischi gravosi per accontentarle con la
premura e le qualifiche specializzate che esigevano. Or le compe-
tenze non si improvvisano. La formazione di uomini di Dio, saggi
educatori, autentici apostoli, disposti spesso al dono totale della
vita, costa quel che Dio sa.
Don Rua toccava frequentemente con mano care sorprese del-
la Provvidenza.

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Tuttavia alcune prove furono assai dolorose. Quella dell'Ecua-
dar, per es., si esasperò fino all'espulsione dei salesiani: nove, con
a capo l'Ispettore Don Calcagno. I1 radicalismo massonico aveva
preso il sopravvento, come abbiamo accennato, nel 1895 e volse
quasi subito il suo peggior livore contro i salesiani che godevano
maggior simpatia dalla popolazione, perché rispondevano alle par-
ticolari necessità pedagogiche e pastorali di queil'ora storica.
Venne montata una calunniosa campagna di accuse paradossali
su organizzazioni militari clandestine che esistevano e funzionava-
no solo nella fantasia dei calunniatori. Con un processo sommario,
affrettato per sottrarre al più presto i calunniatori dall'infamia tra-
sparente fino al ridicolo, vennero arrestati e deportati Don Calca-
gno, Don Santinelli, Don Sacchetti, Don Taricco, Don Ghiglione,
Don Guido Rocca e Don Felice Tallachini, il diacono Giuseppe
Rayneri e il chierico Vittorio Egas, dalle case di Quito, Protecto-
rado e La Tola, e dal noviziato di Sangolquf.
Con un'odissea di peripezie e di sofferenze inaudite, dopo vari
giorni di carcere, per selve e fiumi vorticosi, sotto le intemperie e
con mezzi a cui gli stessi soldati di scorta in un certo momento
si ribellarono, i missionari arrivarono a Lima nel Perù più morti
che vivi. Lungo il tragitto vennero aggregati alla loro carovana
altri salesiani cacciati da Cuenca e da Riobamba. Uno di questi
dovette essere ricoverato d'urgenza neil'ospedale di Guayaquil do-
ve l'l1 ottobre morì. Durante l'internamento in carcere ed il tra-
gico viaggio che durò quaranta giorni e più, i perseguitati abbero
solo conforto più volte e di sorpresa da buoni Cooperatori, perso-
ne che neppur conoscevano, e p e r h o da fratelli protestanti, indi-
gnati delle malignità e dei maltrattamenti governativi.
Don Rua da Torino, gli Ispettori di America daUe loro sedi
facevano quanto potevano per smascherare gli iniqui maneggi e
far intervenire le diplomazie con le autorità nazionali delle vitti-
me, le Nunziature Apostoliche e la stessa Segreteria di Stato. Ma
ci vollero due anni per far luce sulla diabolica congiura, riabilita-
re gli imputati e ottenere il ritorno dei salesiani ancora validi nel-
la repubblica dove nel frattempo un grande coadiutore salesiano
sig. Pancheri aveva affrontato varie situazioni e col suo prestigio
personale aveva salvato altri missionari ed altre case. Ma Don Cal-
cagno n'ebbe tale scossa in salute che non si riprese più, altri

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confratelli furono ridotti in stato da far pietà. Don Mattana salvò
le Missioni fra i Jivaros. Agli uni ed agli altri Don Rua fu largo
di conforto e di sostegno spirituale (161).
Quasi a compenso delle prove in America, l'Opera salesiana
fiorì in Polonia, allo sbocciare del nuovo secolo, affermandosi
beneficamente ad Oswiecim per estendersi con ottime vocazioni
in tutta la nazione. Benemerito del retto orientamento fu l'ispetto-
re Don Emanuele Manassero e della ulteriore fioritura Don Luigi
Terrone e Don Augusto Hlond, poi Arcivescovo e Cardinal Pri-
mate.
Ma non precipitiamo gli eventi. Sostiamo a dir qualcosa di
Don Rua nei rapporti con l'Istituto delle Figlie di Maria Ausilia-
trice.
Per le « Figlie di Maria Ausiliatriee »
Don Rua fu per loro un altro Don Bosco anche come Rettor
Maggiore finché la Santa Sede non mutò le loro regole sostituendo
l'art. 1" del tit. I1 in cui si dichiarava: « L'Istituto è sotto l'alta
ed immediata dipendenza del Superiore Generale della Società di
San Francesco di Sales, cui danno il nome di Superior Maggiore ».
Egli ricordava bene ciò che Don Bosco diceva alle suore, il 23
agosto 1885, a Nizza Monferrato, nell'ultima sua visita, esortando-
le a scrivere ai loro parenti che egli pregava sempre il Signore a
benedirli, a prosperare i loro interessi ed a raggiungere l'eterna
salvezza per poter vedere in Cielo le figlie donate alla «sua
Congregazione, cura quanto quella dei Salesian~a Gesù ed a Mu-
rza» (162).
Ricordava che anche nelle ultime lettere ai missionari il fonda-
tore raccomandava di curare le vocazioni all'lstituto come curava-
no quelle per la Società Salesiana, dando addirittura, in più di
una lettera, la precedenza alle vocazioni per le suore.
Prodigò quindi loro tutte le cure che la progressiva disciplina
canonica gli consentiva e con lo stesso cuore con cui reggeva la
Società Salesiana.
Alla morte di Don Bonetti a6dò la direzione generale a Don
Giovanni Marenco per quanto riguardava la parte spirituale. Dopo
il loro I11 Capitolo Generale nel 1892, mise a loro disposizione
193
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per l'aggiornamento scolastico lo stesso direttore degli studi dei
salesiani, Don Francesco Cerruti; per la assistenza economica, i'e-
conomo generale dei salesiani, prima Don Sala, poi Don Rocca.
Ottenne dalla Santa Sede che le superiore elette in quel Capitolo
durassero in carica sette anni perché i futuri Capitoli Generali
delle Suore non coincidessero con quelli dei salesiani affinché egli
si potesse prestare personalmente alle une ed agli altri.
Quando era in casa stava a loro disposizione per le udienze
ordinarie, per le sacre funzioni, per ogni loro occorrenza. Seguiva
superiore e suore per corrispondenza e visitava le loro case quan-
do passava per quelle dei salesiani; ne sosteneva e infervorava
l'incremento con la parola e con gli scritti, sempre accolti con
venerazione, le guidava per le loro pratiche con le autorità
ecclesiastiche e civili, si prestava anche con sacrificio per la chiusu-
ra dei loro corsi di esercizi spirituali, per le vestizioni e le
professioni religiose.
Proclamata la loro indipendenza canonica dalla Società Salesia-
na, egli si prodigava ogni volta che ne venisse direttamente richie-
sto, rispettando i limiti fissati dalla Santa Sede. E questo faceva
pure capillarmente con lettere o laconici bigliettini anche con la
più umile delle suore che a lui ricorresse. Frutto di questo suo
ministero, esemplare in santità di vita, in fedeltà di scuola, discre-
to e tanto amabile quanto intelligente e sicuro, fu la mirabile
espansione dell'Istituto e la fioritura della santità tipica salesiana
che, durante il rettorato di Don Rua, si impersona specialmente
nelle Serve di Dio Madre Maddalena Morano, suor Teresa Valsè
Pantellini, e si irradia col sistema educauvo anche alla giovinetta
Laura Vicufia, per limitarci alle Cause in corso. In realtà ce ne
sarebbero tante altre, tra superiore e semplici suore che merite-
rebbero non solo di essere assicurate alla storia con le ottime bio-
grafie già pubblicate, ma proposte a religiosa imitazione.
Alla morte di Don Bosco le Figlie di Maria Ausiliatrice erano
solo in Italia e in Francia; fuori Europa, nell'iirgentina e nell'U-
ruguay. Durante il primo decennio del rettorato di Don Rua si
diffusero nel Belgio, nella Spagna, nell'Africa, neUa Palestina, nel
Perù, nel Brasile, nel Cile, nel Messico, in Colombia. Durante il
secondo, in Inghilterra, a San Salvador e Santa Tecla, Tegucigal-
pa (Centro America), Svizzera.

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I rivolgimenti politici obbligarono quelle dirette ali'Ecuador a
fermarsi altrove in attesa del miglioramento della situazione gene-
rale del paese.
La rapida espansione consigliò il coordinamento della direzio-
ne in tredici Ispettorie, pur conferendo a varie superiore solo il
titolo meno impegnativo di visitatrici, che consentiva agli ispetto-
n salesiani qualche prestigio maggiore nelle zone corrispondenti
per la prestazione del loro ministero secondo le regole dell'Istitu-
to e la progressiva disciplina canonica.
Madre Caterina Daghero, che successe alla santa confondatrice
Maria Domenica Mazzarello, imitando Don Rua e seguendo i suoi
consigli, viaggiava senza risparmiarsi per l'Italia, la Francia, la
Spagna; visitò le case di Terrasanta e di Tunisia e affrontò perfi-
no i disagi missionari per raggiungere le residenze più impervie
dell'America Meridionale, ad incoraggiare, infervorare e conforta-
re le sue suore.
Al corrente di tutto, Don Rua, il 13 settembre 1897, le scrive-
va in Brasile: << Quanti viaggi, quanti disagi e quante feste! Rice-
vo da varie parti notizie delle vostre visite coi ringraziamenti di
avervi mandata, e io rivolgo a Dio i ringraziamenti per la buona
salute che vi accorda, per i pericoli che vi fa sormontare e per le
dolci e infuocate parole che vi ispira ad eccitare in tutte le vostre
figlie lo zelo a lavorare per le anime e l'impegno a santificare se
stesse... Date loro la notizia che il Signore le destina a iar uil
bene immenso nelle sterminate province di questa repubblica: si
facciano coraggio a farsi molto buone e fornirsi di grande zelo
per corrispondere a i disegni di Dio su di loro. Devono con6dare
in Maria Ausiliatrice e Don Bosco, e inoltre avere anche una gran-
de fiducia nella protezione di Mons. Lasagna e delle loro sorelle,
rimaste vittime della loro obbedienza e carità a Juiz de Fora ».
N'abbiamo scelta una fra le tante. Durante una sosta forzata
a Buenos Aires, prima di scendere al Chubut, la segretaria ricevet-
te un higliettino da Don Rua e corse a leggerlo alla Madre: << So-
no persuaso che ogni ora che la Madre passa nelle case è una be-
nedizione; ed è per questo che, malgrado sia più di un anno che
manca (daU'Italia), non le fo premura pel ritorno... P.
Questo è anche un documento delia tranquillità del corso nor-
male che le altre superiore, soprattutto la Vicaria, riuscivano ad

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assicurare all'andamento ordinario della vita nelle case, grazie al-
l'alta guida e direzione del Rettor Maggiore dei salesiani. Questa
fu sempre loro di grande vantaggio per la discrezione, la saggezza
e la prudenza deile sollecitudini di Don Rua.
Incoraggiata, la Madre scese in Patagonia. Mons. Cagliero la
trattenne a Viedrna tutto il tempo degli esercizi spirituali delle
suore, sicché essa riuscì a parlare con tutte le esercitande; poi la-
sciò che si avventurasse fino a Rawson e a Trelew, per ritornare
quindi a Buenos Aires e penetrare nel Matogrosso a condividere
la stessa vita delle missionarie fra i Bororos per alcuni giorni.
Madre Daghero rientrò a Nizza Monferrato il 1" agosto del
1897, a tempo per concertare le feste giubilari pel XXV di fonda-
zione della Congregazione.
Le promosse lo stesso Don Rua con apposita circolare, riman-
dandole al 1898 per poterle svolgere a miglior agio. Intanto fece
un passo a Roma, chiedendo al Santo Padre Leone XIII una paro-
la ufficiale di riconoscimento canonico come emanazione dalla So-
cietà Salesiana da cui Pio IX aveva raccomandato che le Figlie di
Maria Ausiliatrice dipendessero, come le Figlie della Carità dai
Lazzaristi.
La Santa Sede aveva però già in vista un diverso ordinamento
per tutte le congregazioni femminili germinate da Congregazioni
maschili. I1 Papa fece quindi pervenire una bella lettera a firma
del Card. Rampolla in cui encomiava « altamente l'opera del me-
desimo Istituto così benemerito dell'umanità », che aveva ormai
«già prese le stesse vaste proporzioni della Pia Società Salesia-
na 8 concedendo di gran cuore la sua speciale benedizione con le
Indulgenze implorate e la facoltà di celebrare la Messa propria di
Maria Ausiliatrice in ogni loro casa nel giorno in cui festeggiasse-
ro la data giubilare.
Don Rua intervenne personalmente a Nizza Monferrato il 13
giugno 1898, esortando a raccogliere la più ampia documentazio-
ne di ogni celebrazione per la storia. Quando superiore e suore
potranno mettere insieme le lettere e i bigliettini ricevuti da Don
Rua, coi ricordi e gli episodi già in parte pubblicati da Don Ama-
dei, si potrà valutare meno sommariamente la straordinaria grazia
degli interventi di Don Rua neiia fioritura di santità e di apostola-
to di tutto l'Istituto (163).

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A dieci anni dalla morte di Don Bosco
La biografia di qualunque superiore generale si fonde, ad un
certo punto, con la storia della Congregazione. E non si può pre-
scindere, isolandone il protagonista - chiamiamolo così - senza
correre il rischio di sfasarne la figura, di ridurne le proporzioni.
Lo diceva già Don Bosco di sé quando incoraggiava alla pubblici-
tà i suoi salesiani, in una conferenza del 2 febbraio 1876:
« I o ho già scritto sommariamente varie cose che riguardano l'oratorio
dal suo principio fino ad ora; ed anzi fino al 1854 molte cose le ho saitre
in disteso. Nel 1854 entriamo a parlare della Congregazione, e le cose si
allargano immensamente e prendono un altro aspetto. Ho pensato che que-
sto lavoro servirà molto per quelli che verranno dopo di noi e a dar maggior
gloria a Dio; perciò promrerò di continuare a scrivere. A questo punto
non si deve più aver riguardi né a Don Bosco, né ad &i. Vedo che la vita
di Don Bosco è al tutto confusa nella vita della Congregazione. C'è bisogno,
per la maggior gloria di Dio e pel maggior incremento deiia Congregazione,
che molte cose siano conosciute... ».
Lo ripeteva, negli ultimi anni della sua vita, aJl'Ispettore del-
la Colombia Don Evasio Rabagliati, a cui sembrava che la pubbli-
cità potesse essere interpretata come presunzione e vanagloria:
« E h , no! Vedi: se non stampiamo noi, stamperanno gli altri, e il
risultato è lo stesso. Non si tratta ormai più di personalità; si
tratta di glorificare l'opera di Dio e non quella deU'uomo, perchc
è opera sua quello che si è fatto e si fa... ».
A dieci anni dalla morte di Don Bosco il credito internaziona-
le dell'opera salesiana era già così positivo che sorse naturale l'i-
dea di una manifestazione concreta di riconoscimento e di gratitu-
dine. E Don Rua, animato dai criteri del fondatore su accennati,
credette bene di non opporsi perché prevedeva altra gloria a Dio
e altro bene alle anime. Tra i Cooperatori e gli exallievi, sostenu-
ti da esponenti deU'Azione Cattolica e Sociale che traevano tanto
slancio dallo spirito salesiano, attecehì subito a Torino la propo-
sta di costituire un Comitato Internazionale per la costruzione di
una chiesa nel Seminario delle Missioni Estere di Valsalice.
L'Avv. Scala, che aperse la solenne commemorazione di Don
Bosco affidata a Filippo Crispolti nel salone delle grandi occasioni
« Vincenzo Troya », amabilmente offerto dal Municipio, giustificò
197

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la proposta dichiarando Valsalice come il luogo più indicato, per-
ché, spiegò: << Se Valdocco è la testa dell'opera salesiana, Valsali-
ce ne è il more ». Era il 3 febbraio 1898.
Don Rua, da parte sua, aveva aderito a cuore aperto, landan-
do circolari ai Saleciani e appelli ai Cooperatori per mezzo del
Bollettino. Raccomandava solo che non si facessero accenni al suo
rettotato: << Noi non facciamo che raccogliere quello che Don Bo-
sco ha seminato - scriveva all'Avv. Scala -; sia adunque a lui,
a lui solo, dopo Dio e Maria Ausiliatrice, il merito e la glorifica-
zione » (164).
Al Comitato torinese aderì tra i primi il Comitato di Verona,
di cui erano anima due distintissimi ecclesiastici, Mons. Serenelli
e Mons. Grancelli, i quali avevano già promosso suffragi e comme-
morazioni raccogliendo aiuti pel sostegno delle opere e missioni
più bisognose. Poi altri da ogni parte. Agli exallievi con~inciarono
ad unirsi le exallieve delle Figlie d i Maria Ausiliatrice di cui Ma-
dre Daghero cominciò a costituire un circolo nella casa generalizia
di Nizza Monferrato. Nelle commemorazioni chi trattò un tema,
chi ne trattò un altro.
I1 marchese Crispolti, a Torino, s'indugiò particolarmente sul-
le benemerenze di Don Bosco nel campo della buona stampa, an-
che perché ricorreva il 45' della pubblicazione delle Letture Catto-
liche. « Una gran data della stampa italiana (il 1853) - esclama-
va - quella in cuz si comprese che l'educazione del popolo non
si può fare, se il giornalismo non l'aiuta; quella in cui il giornali-
smo acquistò più chiara missione e dignità cooperando al ritorno
ed al ravviuamento della religione nei poveri. E sarebbe un bene
per tutti - soggiungeva - se quella data e l'autorità deli'uomo
che la segnò fossero tenuti presenti, perché né agli uomini di azio-
ne caritatevole accadesse mai più di considerare la stampa come
un guastamestieri fragoroso, né alla stampa accadesse mai più di
considerarsi come un semplice onesto sfogo alla curiosità degli
uomini colti; ma come un mezzo al rinascimento ed alla redenzio-
ne generale D.
Parole d'oro che il concilio Ecumenico Vaticano I1 ha rie-
cheggiato in varie forme e che mettono in luce ancor oggi, anche
in questo settore, i'attualità di Don Bosco; e fanno sentire la
grande funzione della stampa veramente cattolica.

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Questa aveva dato rilievo all'omaggio imponente del pellegri-
naggio operaio che il 30 gennaio precedente aveva portato a Val-
salice una massa di circa 500 autentici lavoratori ad ascoltare le
parole del nuovo Vescovo di Ivrea Mons. Filipello ed a pregare
presso la tomba dell'Apostolo della gioventù operaia. Ora dava
ampia divulgazione alla costituzione di un comitato mondiale per
la erezione della chiesa che si sarebbe dedicata a San Francesco di
Sales e sarebbe stata officiata e servita dai professori e dai chierici
dell'Istituto.
Sorsero infatti subito attivi Comitati in altre nazioni e Don
Rua, nelle sue periodiche informazioni, mise in particolare eviden-
za quello francese presieduto dall'arcivescovo di Parigi Card. Ri-
chard.
Coordinava il concorso internazionale e seguiva da vicino le
fasi di definizione ed attuazione del progetto fa zelante Commis-
sione torinese delle Dame Patronesse.
Prima manifestazione locale fu un trattenimento salesiano nel-
l'oratorio di Valdocco, nel teatro fatto costruire da Don Rua su
progetto dell'architetto salesiano Don Ernesto Vespignani a cui
fu pure affidata la progettazione e la cura della costruzione della
chiesa di Valsalice.
Il 16 marzo 1898 vi parlarono egregiamente il dotto salesiano
argentino Don Limo Carbajal e l'intrepido Don Balzola circondato
dai Bororos che aveva condotto in Italia per rappresentare le ter-
re di Missione all'Esposizione Nazionale del Risorgimento, come
abbiamo già rilevato.
Nelle adunanze di famiglia si cominciava pure a mettere in
luce la figura di due sacerdoti formati alla scuola di Valsalice e
volati al Cielo in fama di santità: il principe polacco Don Augu-
sto Czartoryslti (niel 1893) e Don Andrea Beltrami, ora Venera-
bile (? 1897): ambedue seguiti personalmente da Don Rua nelle
vicende della comune infermità che li portò rapidamente alla per-
fezione.
I1 29 agosto si aperse ufiicialmente a Valsalice l'VI11 Capito-
lo Genevale della Società Salesiana. Don Rua, ottenuta licenza dal-
la Santa Sede rinunciò a due anni di rettorato che ancora gli rima-
nevano e si mise a disposizione con gli altri superiori maggiori
per le elezioni, evitando così altre preoccupazioni e spese a breve

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scadenza. L'assemblea lo rielesse con 211 voti su 217 presenti,
tra cui i due Vescovi Mons. Cagliero e Mons. Costamagna, ben
lieti di vederlo affiancato da: Don Domenico Belmonte come Pre-
fetto Generale, Don Paolo Albera come Catechista o direttore spi-
rituale, Don Luigi Rocca come Economo, Don Francesco Cerruti,
Don Celestino Durando e Don Giuseppe Bertello come consiglie-
ri. I1 Capitolo proclamò poi Mons. Cagliero « Catechista emerito
ed onorario », e Don Giuseppe Lazzero « Consigliere Professiona-
le onorario ad vitam ». Confermò Maestro dei Novizi Don Giulio
Barberis; Vicario di Don Rua per le Figlie di Maria Ausiliatrice
Don Giovanni Marenco.
Degna di particolare rilievo la raccomandazione fatta da Don
Rua per la cura degli Oratori festivi: «Vedo in generale che si
propende molto a dare grande importanza alla parte musicale ed
alla drammatica, e ciò in alcuni luoghi anche a scapito del Cate-
chismo. Bisogna far bene attenzione a non dimenticare il motivo
per cui vennero fondati del nostro indimenticabile padre Don Bo-
sco gli Oratori. Il fine principale, principalissimo, è per fare
imparare il Catechismo ai giovani, far loro santificare la festa e
tenerli lontani in detti giorni dai cattivi compagni. La musica, il
teatuino ed altri simili divertimenti sono mezzi e non altro, perciò
specialmente nelle città possono esseve utili, nei paesi talvolta
non sono neppur convenienti. Dove sono utili si possono mettere
in opera, ma sempre con parsimonia e sempre come mezzi per at-
tirare i giovani e renderli perseveranti nel loro intervento. Mentre
invece il fare imparare il Catechismo è il fine per cui si tengono
aperti gli Oratori; perciò mi raccomando che non si lasci mai di
fareil Catechismo e che non se ne riduca il tempo... » (165).
Comunicando i risultati del Capitolo, Don Rua faceva riaessio-
ni e considerazioni che conviene tener presenti: «V i posso assicu-
rare che la quasi unanimità con cui mi si volle rieleggere, malgra-
do la mia pochezza, mi persuade sempre pib della vostra venera-
zione pel nostro amatissimo fondatore Don Bosco, che mi aveva
eletto suo vicario negli ultimi anni di sua vita, come pure del vo-
stro pieno ossequio al Vicario di Cristo, che si degnò, subito dopo
la morte di lui, designarmi a suo successore. Questa vostra fiducia
mi anima sempre più ad occuparmi con coraggio pel bene della

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Congregazione. Caldamente mi raccomando alla carità delle vostre
ovazioni, afinché meno indegnamente io possa compiere il mio
uficio... ».
Encomiata quindi la carità, la concordia, il desiderio della glo-
ria di Dio e del bene della Congregazione affermate durante lo
svolgimento del Capitolo, espresse la sua soddisfazione per la rie-
lezione dei suoi collaboratori: «Essi mi avevano aiutato potente-
mente negli anni precedenti e godo poterne fare di nuovo solenne
testimonianza, come già feci nel Capitolo generale subito dopo la
loro elezione, lieto che siano stati rieletti senza che neppure su
uno sia stato necessario un secondo scrutinio... pare un segno
chiaro che la Congregazione cammina bene, animata da sentimenti
di reciproco affetto e confidenza a.
A noi sembra anche un segno che Don Rua la dirigeva bene.
E non troviamo alcuna esagerazione neli'affermazione di uno dei
suoi migliori biografi: « Senza alcuna pretesa di prevenire il giudi-
zio della Chiesa, ma, a parlare storicamente, è un fatto che Don
Rua, considerato sotto tutti gli aspetti, fu un vero miracolo d'uo-
mo, ed uno di quei miracoli che soltanto la grazia di Dio sa opera-
re. « Miracolo per il non mai smentito eroismo delle sue virtù;
miracolo per la totale dedizione, con la quale, senza saperlo, si
lasciò preparare da Don Bosco a ricevere l'ardua missione di man-
tenere, accrescere, perpetuare l'Opera di lui; miracolo per la ma-
niera con cui portò a compimento la grande impresa » (166).
È quello che noi andiamo documentando. Rieletto Rettor
Maggiore, egli si propose un programma che fissò su un cartonu-
no e che portava abitualmente con sé fra le sue carte: 1) Ti han
fatto rettore? Non insuperbirti: umiltà. 2 ) Sta' fra loro come uno
di loro: affabilità. 3) Abbine cura: sollecita carità nel provvedere
ai dipendenti il necessario per lo spirituale e pel temporale. 4) E
governali così; con calma e prudenza tratta gli affari della congre-
gazione. 5) E non darti posa finché non hai provveduto a quanto
occorre.
Massime antiche, che egli si impegnò ad applicare letteralmen-
te fino alla morte.
La mirabile espansione dell'opera richiedeva la massima cura

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delle vocazioni, che la Provvidenza faceva fioiire numerose, dima
strando il gradimento di Dio alla fedeltà del successore di Don
Bosco.
Don Rua salutava come « un bel giorno quello in cui riceve-
va l'annuncio dell'apertura di qualche nuova casa per la formazio-
ne dei novizi. Stimolava ispettori e direttori a preoccuparsene per
destinarvi anche il personale migliore, ricordando spesso che il
terreno più propizio per lo sboccio di buone vocazioni erano gli
Oratori e le case che imitavano nella struttura e nel funzionamen-
to quella originaria di Torino.
E per avere personale specializzato incoraggiò l'invio dei
giovani chierici studenti ai corsi universitari e magistrali, alle pon-
tificie università di Roma per le abilitazioni e i titoli ecclesiastici,
specialmente alla Gregoriana.
Sostenne l'impulso dato da Don Bosco anche agli studi dei
classici cristiani antichi, all'epurazione dei classici italiani licenzio-
si od irreligiosi, alla discrezione nella lettura di giornali e riviste
contestando il pretesto di appendere a scrivere come si parla,
denunciando senza eufemismi questo vero pretesto per non stu-
diare, con la conseguenza di riempire la testa di cultura fasulla,
quando non peggio anziché arricchirla di autentica erudizione, di
idee sane, di ispirazioni costrnttive. Continuò così ed intensificò
la campagna iniziata nel 1889 con la circolare del 27 dicembre in
cui deplorava pure la tendenza di alcuni insegnanti salesiani a de-
prezzare i testi e le pubblicazioni curate dalla Congregazione per
preferire autori estranei, i quali non avevano riguardo alla partico-
lare sensibilità della scuola di Don Bosco e del suo sistema educa-
tivo.
In questo si sentiva ben compreso ed assecondato da Doil Cer-
ruti il quale, a sua volta, sapeva lanciare a pubblicazioni scolasti-
che, di cultura anche specializzata, di letture edificanti, amene ed
educative, i salesiani che ne avevano le doti e l'abilità, accreditan-
do le scuole salesiane con crescente prestigio. Quanto grati all'u-
no e all'altro si serbarono gli exallievi che, formati a questi crite-
ri, assursero a posizioni di rara competenza e di alte responsahili-
(167)!
A costatare l'adesione dei salesiani alle sue esortazioni e la
corrispondenza alle sue cure, appena conchiusa la festa di San

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Francesco di Sales del 1899, Don Rua riprese i suoi viaggi e le
sue visite alle case, accompagnato dal suo Vicario Generale per le
Figlie di Maria Ausiliatrice, Don Giovanni Marenco.
In tre mesi passò per la Francia, la Spagna, il Portogallo, nel-
l'Algeria, sostando tra i salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice
quanto occorreva per soddisfare anche Cooperatori e benefattori.
Le cronache mettono in particolare evidenza le dirnosuazioni di
questi ultimi a Grenoble, Romans e Montpellier.
In Spagna a Barcellona giovani operai tentarono addirittura di
staccare i cavalli dalla carrozza mandata alla stazione, per condur-
la essi a mano lungo la Ramhla, il corso più frequentato del-
la città.
Egli rimase particolarmente commosso dal mutamento di uno
dei quartieri più popolati dove la Serva di Dio Dona Dorotea de
Chopitea aveva fatto sorgere l'Oratorio San Giuseppe. Non c'era
più traccia dei teppismo che egli aveva visto coi suoi occhi qual-
che anno prima. A San Vicente dels Horts, mentre egli visitava
il noviziato, la popolazione sospese persino le mascherate del car-
nevale per senso di venerazione alla sua persona. Tornato a Sarrià
ebbe la cara sorpresa della prima riunione degli exallievi organiz-
zata in Spagna. Don Rua li incoraggiò a costituirsi in associazione
permanente come germe di federazione promovendo unioni alme-
no nelle case principali, per aderire poi al movimento internazio-
nale che si stava progettando a Torino.
A Gerona benedisse la prima pietra del santuario a Mari%
Ausiliatrice presso il collegio salesiano.
Dirigendosi al Portogallo, sostò nelle case di Baracaldo (Bil-
bao) Santander, Salamanca e Bejar, visitando anche Alba de Tormes
a venerare le reliquie di Santa Teresa di Gesù. Grazie a Dio, se
la cavò con un'ammaccatura ed una buona emorragia dal naso da
un incidente ferroviario alla stazione di Quejigal dove il macchini-
sta distratto scaraventò il treno in un binario morto a cozzare con
vagoni carichi di frumento e di legnami.
A Braga fu festeggiato anche con una accademia durante la
quale uno dei più affezionati benefattori, Don de Vasconcellos,
toccò cuori e borse nell'ardore di un discorso appassionato che
chiuse gridando: « Signori, non vi chiedo applausi; vi chiedo de-
nari per aprire Oratori festivi ».

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Prima di raggiungere Oporto, fece una capatina alI'Oratorio
di Vigo in Spagna: gli oratoriani, accorsi alla stazione, non dispo-
nendo ancora di una banda, lo scortarono per tre chilometri can-
tando e lanciando evviva, tanto da attirare sul passaggio tutta la
città. A Oporto presiedette la premiazione dei giovani alunni arti-
giani, lieto di trovarvi il fiore della nobiltà e le autorità a
distribuire i premi agli umili figli del popolo.
A Lisbona ricevette la generosa offerta di un insigne benefat-
tore, terreno e denaro, per l'aggiornamento delle primitive scuole
professionali e la costruzione deUa sede della ispettoria.
Fu desiderato e ricevuto a corte dalla Regina Amelia e dalla
Regina Madre Maria Pia di Savoia a cui tornarono di grande con-
forto vari particolari dei rapporti di Don Bosco col Re Carlo Al-
berto e Vittorio Emanuele 11. Benedisse il principino Don Ema-
nuele ed il principe ereditario Don Luigi Filippo, che si prepara-
va alla prima Comunione, regalando loro la medaglia di Maria
Ausiliatrice. Tutta intima la giornata coi novizi a Pinheiro de Ci-
ma, dove ricevette due professioni religiose.
Rientrato in Spagna, a Siviglia trovò lo stesso arcivescovo alla
stazione. Per due giorni fu un continuo accorrere alla casa salesia-
na di visitatori ansiosi di una sua parola, una benedizione... Co-
me con Don Bosco (168).
Ad Utrera, addirittura festa cittadina. Trovò modo di portare
la sua parola e la sua benedizione alle case salesiane e deile Figlie
di Maria Ausiliatrice di tutta la provincia, lasciando vivissima im-
pressione della sua santità.
La sua pietà godette le tradizionali celebrazioni sivigliane del-
la Settimana Santa. L'Arcivescovo, Card. Spinola, gli offerse un so-
l e ~ ceommiato nel palazzo arcivescovile dove accorsero autorità
e personalità che non si accontentarono di una sua parola di con-
dusione: l'arcivescovo gli si buttò in ginocchio e chiese la sua
benedizione per sé e per tutta I'assemblea.
Altre grandiose manifestazioni lo accolsero a Mura e a Malaga
dove tenne conferenza ai Cooperatori. La sera del 12 aprile, ac-
compagnato al porto, si imbarcò per Almeria.
In questa città andalusa non c'era casa salesiana; eppure I'at-
tendeva una folla di personalità del clero e del laicato per osse-
quiarlo. Molti salirono a bordo a prelevarlo e lo stesso comandan-

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te l'accompagnò fino a terra dove un corteo di carrozze lo scor-
tò a casa di un illustre Cooperatore che l'ospitò fino ali'arrivo
della nave che doveva trasportarlo a Orano, per la visita alle case
della costa africana
Nel ritorno sbarcò a Marsiglia il 22 aprile e sostò all>Oratorio
San Leone, donde proseguì a Nizza Mare per visitare anche il
noviziato sales~anodi St. Pierre de Canon e quello delle Figlie di
Maria Ausiliatrice a Santa Margherita. Poté quindi portatela sua
benedizione ad uno dei più grandi Cooperatori e benefattori di
Don Bosco, il sig. Olive che aveva fatto dono alla Chiesa ed alla
Congregazione non solo dei suoi beni, ma degli stessi suoi cari:
due figliuole all'lstituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e Don
Lodovico alla Società Salesiana, uno dei primi missionari partito
per la Cima col futuro Vescovo-martire Mons. Versiglia. Don Rua
si trovò in una famiglia di santi, dove il vegliardo, come un pa-
triarca, si spegneva lentamente nella esemplare cristiana sopporta-
zione della sua infermità confortato dalla pietà anche degli altri
suoi due figli religiosi. Famiglia di stampo cattolico di prim'ordi-
ne come auelle dei Marti Codolir a Barcellona e del marchese
Ulloa ad Utrera (169).
In Italia Don Rua fece sosta a Vallecrosia ed a Nizza Monfer-
rato, con tanta consolazione dei salesiani e delle Figlie di Maria
Ausiliatrice.
A Torino n'ebbe per parecchi giorni a dar notizie ai superiori,
ai salesiani ed ai giovani, poi ai Cooperatori nella conferenza per
la festa di Maria Ausiliatrice. Pareva che i viaggi non l'avessero
per nulla stancato. L'indomani del suo arrivo, era alla prima medi-
tazione come nei giorni di ordinaria residenza: non un'ora di ripo-
so in più della comunità. In ufficio, subito ore di udienza, di
corri-ponndenza, di conferenze col suo Consiglio per trattare i
grandi impegni della Congregazione, che era nel pieno sviluppo
del suo dinamismo apostolico con una dozzina di nuove fondazio-
ni solo in Italia: a Fossano, Conegliano Veneto, Chioggia, Comac-
chio, Forlì, Livorno Toscana, Figiine Valdarno, Artena, Alvito.
Siracusa, Frascati.
Per Fossano si aveva riguardo anche alle benemerenze del ve-
scovo Mons. Manacorda, che a Roma aveva reso tanti servigi a
Don Bosco nella fondazione della Società Salesiana. Don Rua però
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gettato a Briga germogliò più tardi a Sion, centro della diocesi, a
favore di tutta la popolazione.
Opera del genere, una vera benedizione, per emigrati operai
ottenne Mons. Doutreloux a Verviers (Belgio) in pieno mondo
operaio. In Francia possiamo ricordare una casa per vocazioni adul-
te a Mordreux e un Oratorio con Orfanotrofio a Dinan, purtrop-
po stroncate quasi sul nascere dalla persecuzione del 1900. Eppu-
re l'Esposizione Universale di Parigi aveva premiato proprio allo-
ra ?Opera Salesiana con medaglia d'oro, e il Patronage di Ménil-
montant con medaglia d'argento.
Don Rua permise al direttore di Ménilrnontant, il caro P.
Dhuit, di passare temporaneamente alla diocesi, ed alle Figlie di
Maria Ausiliatrice di rimanere dove potevano in abito secolare,
come comunità di beneficienza per salvare il salvabile. E fu ispira-
to dal Signore. Chi scrive vide ancora il P. Dhuit nel 1910, a
pochi passi dalla casa che gli era stata confiscata, a dirigere un
nuovo modernissimo Oratorio, prodigio del suo genio apostolico,
della sua costanza e dei suoi sacrifici, in pieno fervore di attività
educative, sportive e di azione cattolica.
Chiedendo il permesso di temporanea secolarizzazione per con-
tinuare a svolgere la loro provvidenziale missione anche sotto
mentite spoglie, le Figlie di Maria Ausiliatrice protestavano di
continuare a vivere col massimo fervore del loro spirito religioso:
« Il sacrificio è penoso. Noi preghiamo il Signore che ci leghi an-
cor più alla Congregazione, per la quale ci è dato di soffrire, e ci
faccia essere più che mai, sotto i'apparenza secolare, vere figlie di
Maria Ausiliatrice. Sì, ci sentiamo ognor più affezionate a questa
cara Congregaiione per la quale ci è dato di soffrire nella speran-
za che Dio farà ridondare a sua maggior gloria il nostro sacrifi-
cio ».
Don Rua toccò con mano la fedeltà delle suore e i frutti del
loro apostolato quando nel 1900 scese dalla Sicilia a visitare le
case della Tunisia: benedisse la talare a sei chierici salesiani di La
Marsa e di La Mannba e l'abito religioso ad una novizia delle
suore proveniente da Malta.
Frattanto in Spagna i salesiani sciamavano alla fondazione del-
le case di Cindadela nell'isola di Menorca e di Montilla in provin-

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22.1 Page 211

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cia di Sevilla; quindi mettevano piede a Madrid dove erano desi-
deratissimi.
Una dura prova si abbatteva invece sulle missioni del Rio Ne-
gro in Patagonia, devastando tutto il Chubut h o ali'isola Raw-
son con una tremenda inondazione. Acrobazie di eroismo salva-
rono molte vite. Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice poterono
raggiungere Buenos Aires fra mille peripezie ed &dare orfani e
orfanelle ad istituti della capitale. Ma andarono distrutti case e
coltivazioui con interi paesi civilizzati: bisognava ricominciare dac-
capo.
I1 governo si prese cura degli indigeni e dei coloni con prov-
vedimenti straordinari; ma i bisogni erano di così vaste proporzio-
ni che Don Vacchina e Don Milanesi0 furono costretti a venire in
Italia a questuare. Don Rua fece sensihilizzare i Cooperatori e i
benefattori per mezzo del Bollettino Salesiano e autorizzò i mis-
sionari a passare di casa in casa accreditandoli alla carità pubblica
con una lettera di raccomandazione a firma del Prefetto Generale.
Fu una gara anche ira i giovani per andare incontro a tante neces-
sità (170).
In questo clima cresceva la costruzione della chiesa di San
Francesco di Sales a Valsalice, dal 3 settembre 1899 quando il
Card. Richelmy, arcivescovo di Torino, alla presenza dell'arcivesco-
va di Ancona Card. Manara e di altri vescovi, autorità e persona-
lità ecclesiastiche e civili, ne aveva benedetta e collocata la pietra
angolare all'inizio del Congresso Mariano Diocesauo a cui parted-
parono anche 150 dirigenti dei Cooperatori salesiani.
Maria doveva ancora una volta portare a Gesù, al varco del
secolo che Leone XIII con la Bolla « Pioperunte od exitum » del-
1'11 maggio precedente volle santificare consacrando il genere u-
mano al Sacro Cuore di Gesù.
Dalla «Consacrazioneal Sacro Cuore di Gesù »
alla « Incoronazione di Maria SS. Ausiliatrice P
21 Papa compì la solenne funzione nella ricorrenza liturgica
deUa festa del Sacro Cuore, 1'11 giugno, venerdì dopo i'ottava del
Corpus Domini. Si trovavano in Roma anche 53 tra arcivescovi e

22.2 Page 212

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vescovi dell'America Latina che scelsero la chiesa salesiana del Sa-
cro Cuore al Castro Pretorio per compierne un'altra tutta partico-
lare consacrandogli le loro rispettive diocesi, mentre vescovi e par-
roci nelle varie parti del mondo la celebravano fra le loro popola-
zioni.
Don Rua, dopo aver esortato salesiani e Cooperatori ad asso-
ciarsi nelle consacrazioni locali col massimo fervore, sentì l'impul-
so di assecondare una proposta del caro martire della sofferenza
ora venerabile Don Andrea Beltrami, chiamato all'eternità tre an-
ni prima, e dispose che tutta la Famiglia Salesiana, Salesiani e Fi-
glie di Maria Ausiliatrice coi Cooperatori, allievi ed exallievi, si
consacrasse collettivamente nella notte dal 31 dicembre 1899 al
1" gennaio 1900. La circolare di indizione è una delle più belle
del Rettor Maggiore.
« È giunto il momento - vi si legge fra l'altro - di rendere
pubblica e solenne la consacrazione nostra e di tutta la nostra Pia
Società al Divin Cuore di Gesù; è giunto il momento di emettere
l'atto esterno e perentorio, tanto desiderato, con cui dichiariamo
che noi e la Congregazione restiamo cosa sacra al Divin Cuore...
nell'istante che divide due secoli, presentarci a Gesù, anime espia-
trici per i misfatti dell'uno, ed apostoli per conquistare l'altro al
SUO amore n.
Valendosi della concessione pontiticia di celebrare la Santa
Messa a mezzanotte, esortava ad una degna preparazione spiritua-
le e disponeva: l'Esposizione del SS. Sacramento, allora permessa,
anzi favorita dalla liturgia - adorazione almeno per un quarto d'o-
ra - rinnovazione dei voti battesimali, e pei salesiani e le suore
anche di quelli religiosi - consacrazione ufficiale secondo una for-
mula appositamente preparata ed approvata dalla Santa Sede - ce-
lebrazione della Santa Messa - canto del Te Deum e Benedizione
Eucaristica.
Per farne poi durare i frutti spirituali proponeva cinque prati-
che da non lasciarsi più e da coltivarsi in ogni casa: solenne
celebrazione annuale della festa del Sacro Cuore di Gesù - specia-
le funzione riparatrice nel primo venerdì di ogni mese - pratica
dei nove u&i - associazione di ogni casa alla Confraternita della
Guardia d'Onore - nei noviziati e studentati fiiosofici e teologici,
potendo, anche l'Ora Santa.
209

22.3 Page 213

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Queste pie pratiche, coltivate, dove più dove meno, h o al
Concilio Vaticano 11, giovarono immensamente alla pietà degli
stessi giovani, alla fioritura di buone vocazioni ed ai fervore della
vita salesiana, incrementando lo zelo per le Missioni e per le altre
opere di apostolato.
Anima della divozione al Sacro Cuore di Gesù fu in particola-
re Don Francesco Cerruti, che per parecchi anni continuò a sten-
dere articoli pel Bollettino Salesiano del mese di giugno, alimen-
tandola così anche nel cuore dei Cooperatori e degli amici delle
Opere salesiane.
I1 Prefetto Generale Don Belmonte provocò poi una grande
consolazione al cuore di Don Rua invitando tutte le case ad in-
viargli relazione particolareggiata della celebrazione e di eventuali
iniziative locali. Ne venne una cronaca di grande edificazione ed
emulazione per tutti.
Si formò così il clima ideale per la celebrazione del Giubileo
d'Augento delle Missioni Salesiane che cadeva 1'11 novembre
1900.
In 36 spedizioni missionarie queste si erano estese dall'Argen-
una al Brasile, ali'Uruguay, al Cile, al Paraguay, nella Bolivia, nel-
i'Ecuador, nella Colombia, nel Messico, nel Salvador e negli Stati
Uniti; più propriamente, in senso stretto fra gli Indios della Pata-
gonia, della Terra del Fuoco, delle Isole Malvine, del Matogrosso,
dell'Azuras equatoriano.
Ai festeggiamenti promossi in America Don Rua si fece rap-
presentare dal Direttore Spirituale Don Paolo Albera. Vi sarebbe
andato anche personalmente, se ne avesse ricevuto incoraggiamen-
to dal Santo Padre. Ma Leone XIII alla richiesta dei missionari
aveva risposto solo benedicendo e beneaugurando alle Missioni
stesse.
Don Albera, del resto, fece bene le sue parti trovandosi a Bue-
nos Aires per la celebrazione più solenne culminata nel I I Con-
guesso dei Cooperatoui Salesiani che si svolse dal 19 al 22 novem-
bre 1900 con la partecipazione di elette rappresentanze delle altre
repubbliche, autorità e personalità, sotto la presidenia del Nunzio
Apostolico, degli Aruvescosi di Buenos Aires e Montevideo, dei
Vescovi argentini di Cuyo e La Plata, altri due vescovi ausiliari,
di Mons. Cagliero e Mons. Costamagna che poi guidò un numero-

22.4 Page 214

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so pellegrinaggio di allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice al
celebre santuario di Lujan.
Don Rua mandò da Torino l'impareggiabile primo Segretario
Generale dei Cooperatori Don Stefano Trione a guidarne i'orga-
nizzazione e lo svolgimento. Inoltre, il caro Maestro Giuseppe DO-
gliani a dirigere i cori e le esecuzioni orchestrali, tra cui la
Passione del Perosi e il Saepe dilm Christi del Cagliero, che in
due concerti contarono fino a 180 strumenti (171).
Fece grande impressione anche il pellegrinaggio di 500 giova-
ni al santuario di Lujin guidati da Mons. Cagliero, che, con quel-
lo delle Figlie di Maria Ausiliatrice, concluse il programma.
Dal Congresso sbocciarono le associazioni delle Dame Patro-
nesse e degli Exallievi che si consolidarono rapidamente, si diffu-
sero e prosperarono a meraviglia. Ricordo monumentale fu l'ere-
zione del Collegio per Arti e Mestieri denominato a Leone X I I I
nel quartiere << Genera1 Belgrano ».
Don Albera impiegò poi tre anni a visitare le Missioni anche
nelle zone più impervie, inviando periodicamente a Don Rua con-
solanti relazioni riportate dai Bollettini Salesiani nelle varie
lingue.
Anche l'Opera ralesiana in Francia era al 25' della sua fonda-
zione, dalle prime case aperte nel 1875. I Salesiani pensavano a
celebrare il Giubileo d'argento, con un bel programma da svolger-
si nella casa di Nizza Mare. Ma ecco addensarsi il ciclone della
persecuzione che, avviato da Waldeck Rousseau, fu portata all'e-
stremo della applicazione da Emilio Combes nel 1902. Quest'ulti-
mo, facendo rivivere leggi precedenti (1886) cominciò a far chiu-
dere migliaia di scuole pur istituite legalmente e gestite da religio-
si; poi attaccò le stesse Congregazioni disperdendo circa 15.000
religiosi, confiscando 4.200 istituti di beneficienza e incamerando-
ne stabili e beni, spogliando ogni casa di tutto e svendeudo all'a-
sta quanto poteva.
Don Rua presiedeva in quei giorni il I X Capitolo Generale
della Società Salesiana a Valsalice dal 1 al 5 settembre 1901.
Chiamati prima a sé i due Ispettori di Francia, Don Bologna
del sud con sede a Marsiglia e Don Perrot del nord con sede a
Parigi, insieme al direttore deila casa di Nizza Don Cartier, di
Montepellier Don Babled e dell'avvocato nicese Gastone Fabre,

22.5 Page 215

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tra il 31 luglio e il 2 agosto aveva studiato con loro la situazione
fin dai primi allarmi neUe adunanze del Capitolo Superiore. Non
si offrivano che due vie per sopravvivere: o secolarizzare Salesiani
e Figlie di Maria Ausiliatrice come facevano altre Congregazioni,
o chiedere il riconoscimento formale al Governo secondo le uuo-
ve leggi jugulatorie rimesse all'arhitrio dei funzionari per l'iuter-
pretazione. Consultati vescovi e giuristi, fatte preparare dai singo-
li confratelli e dalle suore le domande canoniche di secolarizzazio-
ne, ottenute le dovute dispense da Roma e concesse quelle che
egli poteva dare come Rettor Maggiore, volle udire anche il pare-
re dei membri del IX Capitolo Generale, perché il vescovo di
Montpellier suggeriva di preferire la secolarizzazione mentre l'arci-
vescovo di Parigi Card. Richard propendeva per la richiesta di ri-
conoscimento legale. Finì per la duplice esperienza, autorizzando
l'Ispettore del nord a far le pratiche pel riconoscimento legale, e
quello del sud a procedere alla secolarizzazione individuale. Nel
voliime terzo degli << Annali della Società Salesiana » si possono
rilevare le acrobazie fatte per ortenere il diritto alla vita e
all'apostolato in quel hailamme anticlericale che sull'esempio della
Francia depredava periodicamente anche altrove la Chiesa o addi-
rittura la strangolava dal secolo scorso ai nostri tempi.
Balza evidente l'eroismo dei Salesiani e delle Figlie di Maria
Ausiliatrice che si adattavano ai più grandi sacrifizi pur di conti-
nuare a salvare anime. E la coraggiosa solidarietà dei Cooperatori
e degli Exallievi che affrontavano tribunali, senato e parlamento
per contestare i soprusi criminali. Sono pagine che converrebbe
rileggere a quando a quando per superare tante forme di persecu-
zione che si organizzano in tanti regimi. (172).
Don Rua non lasciò nulla di intentato per salvare il salvabile.
Alla fine però si dovette riconoscere che minor male fu l'esperien-
za del sud con legittime autorizzazioni di secolarizzazione. Al
nord si perdette tutto: il senato respinse le domande di riconosci-
mento legale con 158 voti negativi contro 100 favorevoli. Le case
del nord furono chiuse e svendute all'asta. A Parigi Don Nou-
guier, secolarizzatosi col consenso di Don Rua, aperse in una ca-
setta affittata una pensione di famiglia per artigiani, poi un'altra
per universitari col nome di Federico Ozanam e vivacchiò in atte-
sa di tempi migliori. Altri salesiani tentarono modeste opere con-

22.6 Page 216

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simili, rifugiandosi in case private finché, mitigata l'applicazione
della sciagurata legge, giunsero a costruire dal nulla altre opere.
Il P. Dhuit a Ménilmontant - come già dicemmo - fece sorge-
re un magnifico Oratorio moderno a pochi passi dal suo antico
Oratorio ridotto a fabbrica e non più restituito (v. Auffray, Un
purseur d'Ames, Ed. Vitte, Paris 1953).
L'ispettrice delle Figlie di Maria Ansiliatrice, Madre Amalia
di Meana, secolarizzate tutte le sue suore, le disperse in case pri-
vate e riuscì a mantenere in vita quasi tutte le sue opere. Le im-
pegnò persino in una nuova opera a Marsiglia e nella guerra del
1915-18 prestò molte suore negli ospedali a ripagare, con la cari-
tà di Cristo fra i soldati, le ingiustizie sofferte dai governi settari.
I novizi satesiani vennero accolti da Don Rua in Italia nella casa
messa a loro disposizione sul lago di Avigliana.
La prudenza del Rettor Maggiore valse non solo pel momento
cruciale, ma anche pel lontano avvenire.
Ma seguiamolo ora a Torino nello svolgimento del IX Capito-
lo Geneuule.
Don Francesco Cerruti che l'aveva accuratamente preparato lo
regolò con piena soddisfazione dei 154 Capitolari fra cui era pure
Mons. Fagnano. Don Rua lo presiedette col tatto che lo distingue-
va, intervenendo opportunamente nelle discussioni e nelle conclu-
sioni. Consentì subito ad un nuovo criterio nella costituzione del-
le Commissioni di cui si nominarono solo il presidente, il relatore
ed un supplente, e si fecero funzionare ad ore diverse per permet-
tere ai Capitolari di partecipare a tutte le adunanze a cui avessero
interesse. Tollerò l'esperimento di guadagnar tempo con due adu-
nanze di Commissione al giorno, ad ore diverse, persino durante
gli esercizi spirituali premessi alla celebrazione, soprattutto per ri-
guardo ai confratelli di Francia che avevano urgenza di prospetta-
re la loro situazione; ma ne sottolineò il carattere eccezionale, che
doveva valere per quella volta. Tranquillizzò i confratelli che ave-
vano sollevato alcuni dubbi di validità su alcuni atti dei Capitoli
precedenti, grazie alla sanazione, ottenuta a tempo dalla Santa Se-
de, di alcune irregolarità. Ricordò i Superiori del Capitolo decedu-
ti dal 1889 al 1901 e comunicò la concessione del Governo italia-
no che dispensava dal servizio militare chierici e coadiutori desti-
213

22.7 Page 217

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nati alle Missioni purché facessero almeno un sessennio di servizio
missionario fuori Europa (171).
La formazione del personale, la cura degli studi, la costituzio-
ne di Ispettorie e di Noviziati secondo le nuove esigenze, la defi-
nizione di un triennio di tirocinio pratico, tra il corso di filosofia
e quello di teologia, nelle case per il vaglio dell'idoneità all'apo-
stolato pedagogico ed apostolico salesiano, presero la maggior par-
te del tempo sia nelle adunanze di commissione che nelle assem-
blee generali. Don Rua ricordò che Don Bosco, anche agli inizi,
quando non poteva impegnare gli aspiranti alle pratiche metodi-
che della vita religiosa, non tralasciava mai le prediche nei giorni
festivi (omelia, istruzioni, lezioni di Storia Sacra) né i sermoncini
serali per la buona notte, moltiplicava pure le conferenze speciali
a carattere ascetico, teneva regolarmente ogni settimana una lezio-
ne ai chierici sul Nuovo Testamento, riceveva regolarmente i ren-
diconti mensili (magari conducendo seco or l'uno or l'altro giova-
ne mentre usciva in città per visite o commissioni) e ne caldeggiò
la fedele prosecuzione per favorire la soda formazione salesiana.
La mattina del 3 settembre, dopo aver dato lettura del tele-
gramma di benedizione ricevuto dal Santo Padre, osservò: << Don
Bosco nei primordi dell'opera sua ebbe molto a soffrire da parte
di persone bene intenzionate a lui devote che non lo comprende-
vano nella sua missione. Pretendevano che camminasse per la via
da loro segnata... erano dominate dallo spirito di contraddizione...
Soventi volte il nostro buon Padre esortava anche noi ad evitare
lo spirito di contraddizione, di critica, di riforma, e volle inserire
questa raccomandazione tra gli avvisi speciali (nel proemio delle
costituzioni): evitare il prurito di riforma. Tale raccomandazione
ripeto io a voi. La cririca verso i superiori è fatale ad una comuni-
tà, specialmente se provenisse dai direttori e dagli ispettori. I sud-
diti rimangono disanimati dall'obbedienza, diffideranno dei supe-
riori, come di voi, ne andrebbe di mezzo la vostra stessa autorità.
Questa critica si deve evitare non solo contro i superiori, ma an-
che contro i proprii colleghi e predecessori. Non si critichi il loro
operato: ci si informi del metodo da loro tenuto. Non demolire o
riformare iabbricati se non dopo almeno due anni di costatata ne-
cessità. Evitare la critica verso i propri dipendenti... pensiamo
che essi pure hanno la ragione e gli occhi per vedere e giudicare;

22.8 Page 218

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è contrario alla carità voler sempre imporre la propria opinione;
guardarsi dal rimproverare ascoltando solo il proprio cattivo umo-
re: nel caso, prendere le debite informazioni. Don Bosco era poi
mirabile nel lodare e mostrarsi soddisfatto dell'opera dei suoi di-
pendenti. Ciò serviva di incoraggiamento al dovere e gli concilia-
va il loro affetto... ».
Insistette sulla massima cura del personale in via di formazio-
ne, che poi trattò in apposita circolare il 19 marzo 1902 annun-
ciando la determinazione del triennio pratico, consentendo la ridu-
zione del corso filosofico da tre a due anni per non ritardare trop-
po l'ordinazione sacerdotale a corona del quadriennio teologico.
La sera dello stesso giorno, Don Rua aggiunse altre esortazio-
ni, tra cui: « E r a prerogativa di Don Bosco il comparire allegro
ed il saper trasfondere l'allegria negli altri rendendoli in questo
modo felici. Come rassomigliarci a lui? Primo mezzo: esattezza
nelle pratiche di pietà, senza la quale non possono regnare in noi
né nelle nostre case la felicità e la carità. Secondo mezzo: far
osservare in modo piacevole ed amovevole le Regole. Terzo mez-
zo: mostra~sipremurosi anche nel promuovere il bene firico dei
propri dipendenti; prevenirli, possibilmente, nei loro bisogni, in
casi di tristezza, di indisposizioni, ecc. Quarto mezzo: non essere
troppo tenaci nelle proprie idee. Anche nelle adunanze sentire vo-
lentieri il loro parere e seguirlo quando non c'è pericolo di catti-
ve conseguenze; mostrarp una certa qual morhidezza di carattere.
Così si va avanti con pace, tranquillità ed alle,orl'a ».
Tra le raccomandazioni del 4 settembre tornò sull'argomento:
« Il mezzo pratico di mostrare carità reciproca è nell'aiutarsi
vicendevolmeute e nel sostenere, aiutare e diffondere le opere no-
stre e dei nostri fratelli ». La sera raccomandò la Pia Unione dei
Cooperatori salesiani. Per accrescere il numero di buoni confratel-
li indicò un gran mezzo: far stimare le cose della società, parlare
sovente di Don Bosco, delle Missioni e delle altre Opere salesia-
ne. Non allettare con false promesse, ma indurre a sentimenti ge-
nevosi nell'abhracciare la vita religiosa, che è vita di sacrificio... D.
Parole d'oro, come si vede (174).
L'ultimo giorno, commosse assai l'assemblea la perorazione
della causa dei confratelli di Francia, presentata dal redattore del
Bollettino Salesiano francese Don Luigi Roussin, il quale protestò

22.9 Page 219

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i sentimenti di fedeltà a Don Bosco e di amore aUa Congregazione
che vibravano allora in Francia.
Don Rua, ringraziando a nome di tutti, esortò a confidare in
Maria Ausiliatrice: « La burrasca ha tentato di sciogliere i vincoli
che ci legavano - conchiuse -; ma non farà che stringerli sem-
pre più vivi. Voi volete essere sempre figli di Don Bosco e veri
salesiani. Ebbene: se la prova si facesse più forte, più violenta,
troverete sempre in noi dei fratelli n.
Le Famiglie religiose, si sa, non vengono mai distrutte daile
persecuzioni esterne, ma dalle demolizioni interne condotte da re-
ligiosi infedeli che le portano alla degenerazione ed alla rovina.
Le deliberazioni del Capitolo vennero poi accolte in un fasci-
coletto che Don Rua fece inviare a tutti i salesiani accompagnan-
dolo con una sua circolare così conclusa: « ... facciamoci coraggio,
miei cari figliuoli! Dacché l'anno scorso ci siamo consacrati al Sa-
cro Cuore di Gesù, il Signore un po' con zuccherini, un po' con
pillole ci ha fatto progredire. Amiamolo, lodiamolo, benediciamo-
lo questo buon Signore. Egli non lascerà di continuarci i suoi be-
nefici; ma, per carità, non lasciamo di corrispondere e nelle cose
prospere ed anche in quelle che ci sembrano avverse, procuriamo
di veder sempre la mano del Signore; serviamoci di ogni circo-
stanza per animarci a far del bene nel suo santo nome ».
L'esortazione giunse a tempo per inghiottire una pillola molto
amara a Don Rua ed a molti anziani salesiani: le nuove disposizio-
ni deUa Santa Sede che interdicevano ai superiori di qualsiasi ordi-
ne e grado di confessare allievi e dipendenti in forma ordinaria,
tranne casi estremi e ben limitati a loro libera e insistente richie-
sta in via eccezionale come ancor oggi il codice prescrive. Cessava
così la tradizione patriarcale dei tempi di Don Bosco, mentre la
Congregazione, che aveva ormai fatto le ossa, poteva prosperare
secondo la disciplina comune che la prudente saggezza della Chiesa
aveva adottato.
Don Rua ne sofferse più di tutti, perché temeva che lo spirito
di famiglia ne patisse danno; preso consiglio da autorevoli perso-
naggi e teologi, fece i passi che gli sembravano ragionevoli per
chiarire la prassi domestica, subendone anche qualche mortificazio-
ne; ma alla fine ebbe agio di constatare che il provvedimento era
un gran bene e gli faceva ricordare una confidenza di Don Bosco
216

22.10 Page 220

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che, quando non poté più prestarsi per ascoltare le confessioni
dei confratelli, fu udito esclamare in un corso di esercizi del
1885: « ... cosi mi sento più libero nel prendere certe decisioni >>
riguardo a candidati da ammettere agli Ordini sacri (18 settembre
1885) (175).
I1 Capitolo diede i suoi frutti in un nuovo impulso di espan-
sione che sfociò in numerose nuove fondazioni imponendo la revi-
sione e la costituzione di altre ispettorie. Tredici nella sola Ameri-
ca del sud: Argentina settentrionale, Patagonia, Argentina meri-
dionale, Brasile Matogrosso, Brasile nord, Brasile sud, Cile, Co-
lombia, Ecuador, Perù e Bolivia, San Salvador, Uruguay e Para-
gnay, Venezuela e Giamaica. A queste si può subito aggiungere
quella del Messico definita nel 1901.
Nel 1902 Mons. Cagliero e Mons. Costamagna cessarono di
essere contemporaneamente superiori religiosi; quest'ultimo riuscì
finalmente a raggiungere il suo Vicariato di Mendez e Gualaquiza
nell'Ecuador.
Tra il 1889 ed il 1901 la Congregazione aveva fatto un bel
balzo con nuove fondazioni a Morelia (Messico); Giamaica; Co-
rumbà, Gnaratinguetà, JaboatZo, Bahia, Aracajù, Rio Grande do
Sul (Brasile); Concepcion (Paraguay); Ensefiada, Rodeo del Me-
dio e Choéle Choél (Argentina).
Don Rua si dovette giustificare presso la Sacra Congregazione
dei Vescovi e Regolari a Roma, che aveva imposto una sosta nel-
I'accettare nuove opere, con la seguente precisazione: « I Superio-
ri fanno quanto possono per non accettare nuove fondazioni e so-
lo vi si lasciano indurre quando interviene il comando o la racco-
mandazione delle Superiori Autorità Ecclesiastiche, oppure si ve-
de chiaramente che la gloria di Dio e il bene delle anime esigono
tali fondazioni. Non ne fanno mai di propria iniziativa e non vi si
inducono d'ordinario se non dopo istanze reiterate di parecchi an-
ni. Non consta che le fondazioni tornino di danno né ai confratel-
li né agli alunni (come aveva insinuato qualche vescovo). I confra-
telli godono di quella salute che si gode negli istituti di vita atti-
va, gli alunni poi ricevono tutta l'istruzione religiosa e morale che
è loro adatta... ».
Quanti sacrifici siano costate parecchie delle nuove fondazioni
lo sa solo il Signore. Gli scarsi cenni deile cronache lasciano capi-

23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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re solo qualcosa della realtà. Quella di Giamaica si dovette abban-
donare nel 1905 pel terribile clima malarico, oltre al resto.
A Don Rua non sfuggiva nulla. Seguiva casa per casa, opera
per opera. Ai salesiani di Corumbà raccomandava l'insegnamento
del latino ai giovani perché vi prevedeva molte vocazioni: « State
attenti perché vi si insegni presto il latino per coltivare vocazio-
ni ». Un mese dopo ripeteva al direttore Don Malàn: « Fa' che si
studi il latino e si possano avere buoni soggetti pel noviziato ». E
poiché gli si rispondeva scusandosi per la scarsezza di personale e
pel molto lavoro: « M i fan pena - insisteva - le difficoltà con-
tro la scuola di latino: si può riuscire quando si ha buona volon-
... » (176).
Languiva l'opera salesiana a Guaratinguetà, mentre fioriva
quella delle Figlie di Maria Ausiliatrice. I salesiani finirono ben
presto per chiudere la casa, giustifcandosi con l'inadeguatezza alle
esigenze dei genitori.
A Don Rua però spiacque anche che avessero proceduto senza
chiederne prima la autorizzazione ai superiori maggiori: « Perché
tanta premura? - chiese ali'Ispettore -. Non si può aprir case
senza il permesso del Capitolo Superiore; tanto più non si devo-
no chiudere senza permesso. Perché non tener conto del dispiace-
re che recavasi ai benefattori?... della triste figura nostra in faccia
alla popolazione? Sarebbe opportuno riaprirla l'anno venturo, an-
che sotto altra forma se si vuole, ma riaprirla D. L'Ispettore la
fece riaprire e nessuno ebbe a pentirsi. Ottime vocazioni fiorirono
a Pernambuco. Nel 1937 tra gli Exallievi si registravano una ses-
santina di salesiani viventi.
In Patagonia le Figlie di Maria Ausiliatrice coglievano le pri-
mizie indigene con la vocazione di Zefirina Yaucuche figlia del ca-
cico dei Manzanares e sorella del capitanejo Miguel de Comayo.
Qualche tempo dopo la seguiva la cugina Josefa.
Nel Matogrosso invece intrighi politici disturbavano la prima
Missione ove l'intrepido Don Balzola con eroici confratelli e Fi-
glie di Maria Ausiliatrice aveva organizzato fra i civili la Colonia
Teresa Cristina ed avviava i primi Indi alla civilizzazione. I1 Presi-
dente dello Stato, per compensare uno degli elettori suo parente,
pretese di dare a lui tutta la colonia da sfruttare, sloggiando i
missionari. Una serie di attacchi calunniosi furono sventati dall'1-

23.2 Page 222

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spettore Don Malàn uno dopo l'altro. Ma il Presidente rese im-
possibile la vita con tante vessazioni che costrinse i missionari a
ritirarsi lasciando gli Indi nella costernazione. Governo e presi-
dente non tardarono a pentirsi del male compiuto e tentarono di
far ritornare i missionari. Ma la situazione era ormai così compro-
messa che i salesiani preferirono trasferirsi in altra zona oltre il
fiume Araguaya. Don Balzola con un altro sacerdote, tre coadiu-
tori, tre aspiranti ed alcune Figlie di Maria Ausiliatrice, in trenta-
due giorni di cammino, raggiunsero Registro di Araguaya sulla
sponda sinistra del fiume e vi costmssero due capannoni. Consa-
crando la nuova colonia al Sacro Cuore di Gesù, vi attirarono po-
co a poco gli Indi Bororos Coroados d'indole pacifica. La Missio-
ne prosperò rapidamente. Don Rua non si limitl ad aiutarli ed a
sostenerli nella coraggiosa impresa. Diede anche loro sagge diretti-
ve che il concilio Ecumenico Vaticano I1 ha esteso in forma più
ampia a tutti i missionari: « Quanto a certi usi che hanno codesti
selvaggi, specie intorno ai loro morti, procurate di non disprezzar-
li, ma ad esempio di quello che faceva la Chiesa nei tempi anti-
chi in mezzo ai popoli pagani cercate di santificarli, se non sono
usanze dannose alle anime od ai corpi ».
Così hai fatto bene - scriveva a Don Balzola il 31 dicembre
1903 - a cominciare ad inaugurare la bella usanza di seppellire
nel cimitero. Converrà fabbricare un qualche recinto intorno al si-
to destinato a tal uopo, erigervi una bella croce, benedirlo e co-
minciare a praticare le cerimonie della Chiesa per le sepolture. Se
vogliono levar le ossa dopo venti giorni, converrà persuaderli ad
aspettar maggior tempo per evitare pericoli di infezione... » L'i-
struzione completava quella datagli il 23 maggio precedente ri-
guardo ai vivi: n Non esigete dai poveri Indi di stau lungo tempo
al chiuso: secondateli nelle loro usanze lecite e nel loio modo di
vivere quanto potete. Ma state attenti a non lasciar maneggiau lo-
ro armi da fuoco...>;.
Mentre autorizzava fondazioni in America, Don Rua vagliava
le richieste che pervenivano al Capitolo Superiore dalle nazioni
più vicine, con più facile afflusso dall'Italia. I1 catalogo si accresce
di otto nuove case in Italia (Corigliano dOtranto, Napoli Vome-
ro, Ancona, Schio, Rapallo, Ragusa, San Giuseppe Jato, Palermo);
una in Carniola a Lubiana; due in Belgio, Si. Denis Westrem e

23.3 Page 223

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Liegi; due in Inghilterra, Farnborough e Chertsey; cinque in Spa-
gna, Cordoba, Ronda, Vigo, Villaverde, Vitoria; due negli Stati
Uniti, New York e Oakland in California; una in Palestina a Na-
zareth.
Leone XIII, al corrente di tanta vitalità, se ne compiaceva
esprimendo la sua soddisfazione il 29 settembre 1901 ad un grup-
po di salesiani venuti dall'estero al Capitolo Generale ed in viag-
gio di ritorno alle loro residenze: «Don Rua fa molto bene. Sono
contento di lui n.
Anche perché le nuove fondazioni rispondevano fedelmente al
programma di Don Bosco ed ai bisogni delle popolazioni. A Cori-
gliano si trattava di un Scuola Agraria; a Napoli Vomero, di un
Oratorio per la gioventù più abbandonata: si sviluppò in seguito
con scuole elementari e ginnasiali e l'erezione della chiesa del Sa-
cro Cuore fatta presto parrocchia. A distanza di tempo possiamo
valutare anche meglio l'opera di Ancona divenuta così popolare
che, quando nel 1914 un'ondata di sovversivismo mise sossopra
la città, i rivoltosi si limitarono a fsr chiudere le porte delia chie-
sa alla sfilata del corteo che port;lva al cimitero le tre vittime
dell'insurrezione.
L'Oratorio di Schio divenne un vivaio di vocazioni. Incom-
prensioni invece locali abbreviarono la vita all'opera di Rapallo.
Durarono poco le fondazioni di San Giuseppe Jato e di Ragusa;
ma quest'ultima si riprese nei 1962. Quella di Palermo Sampolo
ebbe pieno successo.
La casa di St. Denis Xlestrem non smentì la predizione di
Don Rua al Conte Paolo di Hemptinne: «Credo che un giorno
questa casa sarà una gemma della corona salesiana ».Diede infat-
ti ottime vocazioni. La Casa-famiglia per giovani operai a Liegi,
voluta dal Barone Gastone della Rousselière e da lui dotata di
quanto occorreva per la formazione cristiano-sociale dei giovani la-
voratori, prosperò felicemente quando Don Rua acconsentì al vo-
to di relativa maggioranza del suo Consiglio Superiore permetten-
do che gli allievi potessero fumare perché stavano quasi tutto il
giorno a lavoro fuori casa. I salesiani poi addetti al convitto sep-
pero essere all'altezza dei loro impegni religiosi rispettando la ca-
ratteristica mortificazione cui teneva tanto Don Bosco (177).
Nelle sue visite al nord Europa Don Rua poté costatare per-

23.4 Page 224

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sonalmente il successo delle fondazioni di Inghilterra, dove lo
scarso personale lavorava molto e con vero spirito salesiano.
Breve vita ebbe la casa di Villaverde in Spagna, trasferita a
Vitoria per un biennio. L'opera per le vocazioni tardive trovò
poi buon terreno a Campello nel 1907.
Le fondazioni negli Stati Uniti e in California ebbero la mis-
sione specifica dell'assistenza agli Emigrati soprattutto dall'Italia,
che nel 1901 erano già circa 145.473 puro sangue, 214.799 nati
in America da genitori italiani e 10.616 figli di padre italiano e
madre estera. I salesiani vi fecero subito funzionare buoni Segre-
tatiati del Popolo, ad imitazione di quelli che sorgevano in Euro-
pa all'inizio delle forti lotte di classe.
L'ulteriore sviluppo impose modificazioni delle ispettorie an-
che in queste nazioni, regolate come segue: 1) Ispettoria Sacro
Cuore, con l'Oratorio San Francesco di Sales di Torino e le case
di formazione, alla diretta dipendenza del Capitolo Superiore: I-
spettore Don Giulio Barheris. 2 ) Ispettoria Cispadana, 3) Ispetto-
ria Transpadana; 4) Ispettoria Ligure Toscana; 5) Ispettoria Lom-
barda col Canton Ticino (Svizzera); 6) Ispettoria Veneta (tre Ve-
nezie); 7) Ispettoria Emiliana; 8) Ispettoria Romana; 9) Ispetto-
ria Napoletana; 10) Ispettoria Sicula. 11) Ispettoria Belga;
12) Ispettoria Spagnola Betica) 13) Ispettoria Spagnola Celtica;
1 4 ) Ispettoria Spagnola Tarragonese; 15) Ispettoria Portoghese;
16) Ispettoria Inglese; 17) Ispettoria Tunisina; 18) Ispettoria
Orientale; 19) Ispettoria Statunitense.
Concludiamo questa rassegna con un balzo missionario al Vica-
riato Apostolico Equatoriano di Mendez y Gualaquiza. Don Rua
sperava che, mutate varie circostanze, Mons. Costamagna potesse
ormai stabilirsi nel suo Vicariato. Aveva scritto ai Cooperatori
nella sua circolare di Capodanno del 1902: « Quello che consola
il mio cuore è che finalmente si è potuto portare la pace fra i
Jivaros che trovansi ad oriente delle Ande Equatoriane. Da anni,
si può dire, ferveva l'odio fra le tribù di quegli Indi, manifestato
da continue uccisioni e stragi; ed ora la pace è sicura poiché ven-
nero a pacificazione i cacichi... D.
Insisteva quindi con lo stesso Vicario Apostolico perché la-
sciasse il Cile dove attendeva l'ora di Dio, e raggiungesse la sua
sede, o meglio il territorio assegnatogli dove non c'era casa vesco-

23.5 Page 225

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vile ma solo qualche capanna da adattare ad episcopio: È ormai
tempo che ti incammini verso l'Equatore P. E al visitatore Don
Paolo Aibera, che si era già spinto fin in quei mesi, scriveva il.
12 marzo 1902: << Ora converrebbe proprio che Mons. Costama-
gna si avviasse all'Equatore. Io gli scrivo in proposito, come gli
ho già scritto altre volte. Tu fa' quanto puoi per indurlo ad
accompagnarviti o almeno andarvi al più presto possibile D.
In altra lettera, il 24 marzo: <( Quanto a Mons. Costamagna,
temo non possa più avere la benedizione del Signore finché non
sia al luogo destinatogli dalla Divina Provvidenza, cioè nell'Equa-
tore. Queste cose avevo già scritto prima, non so se la mia lettera
vi sia pervenuta. In ogni eventualità, valga la presente. Fa' capire a
Mons. Costamagna che, essendo scomparse le difficoltà per andare
al suo vicariato, è suo dovere e nostro vivo desiderio che ci va-
da ». Ma le difficoltà non erano affatto scomparse per il vescovo
straniero; erano solo mitigate per i semplici sacerdoti non equa-
toriani.
Mons. Costamagna lo sapeva; tuttavia, per obbedire a Don
Rua, si mise in viaggio con uno dei salesiani esiliati nel 1896,
Don Felice Tallachini. Fu provvidenza che al porto trovasse come
capitano un amico delle Missioni che aveva conosciuto Don Talla-
chini ed anche il primo superiore Don Calcagno. I1 Capitano salì a
bordo ad ossequiare lui e il vescovo e li accompagnò con la sua
lancia al collegio salesiano aperto da poco a Guayaquil. Monsi-
gnore fece sapere al Governo che egli era approdato per visitare
le case salesiane, non per stabilirsi nella repubblica ed ottenne il
permesso di visitare anche la Missione.
L'obbedienza era in parte premiata. Procedette quindi per
Cuenca dove sperava di incontrare Don Mbera. Ma questi era già
passato. Gli venne incontro Don Mattana, che reggeva la missione
da un buon decennio come provicario fra disagi e difficoltà inde-
scrivibili, e l'accompagnò a Gualaquiza. Viaggio faticosissimo. Di
tappa in tappa Monsignore parlava ai civilizzati e agli indigeni,
confessava, cresimava, celebrava, allietando quella povera gente,
che gli faceva accoglienze semplici ma cordiali da intenerire.
Gualaquiza era allora un complesso di tuguri dei bianchi e ca-
pannoni degli Indi, tra cui spiccavano la chiesa, la casa ed il colle-

23.6 Page 226

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gio dei missionari e l'abitazione delle suore, tutti in legno in
proporzioni appena sufficienti.
Incontri commoventi, emozioni più facili ad immaginare che a
descriversi. Conforto immenso ai salesiani ed alle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Durante la novena dell'Assunta il vescovo poté esplo-
rare parte delle foreste in cerca dei Jivari. Non possiamo indugiar-
ci a seguirlo, né riportare le relazioni pubblicate dal Bollettino. I1
suo soggiorno era limitato a tre mesi. Tornato a Santiago di Cile,
i confratelli fecero tanto da ottenergli l'autorizzazione per una se-
conda visita che egli intraprese partendo dalla Capitale cilena il
10 maggio 1903 col chierico Abramo Aguilera il quale divenne
poi Vicario Apostolico di Magellano e in seguito Vescovo di An-
cud. Trattenuti nel Perù per lo scoppio della peste, poterono
giungere a Guayaquil solo 1'8 novembre.
Durante la seconda visita Monsignore predicò gli esercizi spiri-
tuali ai salesiani ed alle figlie di Maria Ausiliatrice, avvicinò il
maggior numero possibile di Jivari, ottenendo con la musica quel-
lo che non otteneva con la predicazione, prodigando il suo servizio
pastorale senza riguardo né alla salute, né alle diicoltà di ogni
genere, finché il 3 gennaio 1904 dovette riprendere la via dell'esi-
lio che durò ancora dieci anni. Solo nel 1914 ottenne il permesso
d i stabilirsi in Ecuador. Ma la durò appena quattro anni; poi do-
vette dimettersi e la Santa Sede passò il suo pastorale a Mons.
Domenico Comin.
U'altra pietra miliare nella storia della Società Salesiana
L'avvenimento più memorando del 1903 resta indubbiamente
il 111Congresso dei Cooperatori Salesiani a Torino e l'incoronazio-
ne della immagine taumaturga di Maria Ausiliatrice.
A detta di tutti questo terzo Congresso superò i precedenti
di Bologna e di Bnenos Aires. E ben documentato negli «Atti n.
Don Rua, sensibilissimo ai segni dei tempi ed alla vocazione
sociale specifica dei Cooperatori Salesiani, lo volle orientato ai gra-
vi problemi dell'ora. E Don Stefano Trione, coadinvato anche da
abilissimi confratelli, lo curò in tutti i particolari con la passione
e la maestria che lo distinguevano.

23.7 Page 227

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Don Rua lo indisse con apposita circolare ai salesiani e con
un caldo appello ai Cooperatori per mezzo del Bollettino Salesia-
no nelle varie edizioni. I torinesi vennero preparati anche da spe-
ciali conferenze tenute nella chiesa di San Giovanni Evangelista
dal celebre Padre Barnabita Giovanni Semeria e dal facondo ora-
tore salesiano Don Antonio Simonetti, nonché da un buon servi-
zio di stampa animato da un poderoso articolo del marchese Filip-
po Crispolti.
Vi parteciparono il Card. Arcivescovo di Torino, quello di Mi-
lano Card. Ferrari, quello di Bologna Card. Svampa. Mancò all'ul-
timo momento il Patriarca di Venezia Card. Sarto, il futuro Papa
San Pio X, trattenuto in sede dalla visita dei Sovrani d'Italia alla
Serenissima. Tra i 29 Vescovi spiccava Mons. Cagliero invitato
espressamente da Don Rua.
Don Albera, conclusa la sua visita in America, poté dare noti-
zie di quanto vi aveva visto coi propri occhi e mise bene in evi-
denza quanto i salesiani facevano per gli Emigrati. Grande emo-
zione suscitò il rappresentante della Francia marchese di Villeneu-
ve-Trans, che implorò fervide preghiere per la sua Patria sofferen-
te in quei giorni dell'oppressione settaria e pei salesiani francesi
<< trascinati come malfattori dinanzi ai tribunali » (178).
I1 rappresentante della Spagna, avv. Pascual y Buffarul, addi-
<( neii'opera apostolica di Don Bosco un valido elemento per la
soluzione del pauroso problema sociale perché - disse - muove
in difesa dell'operaio e sveglia dal loro letargo le classi elevate ».
Don Rua, come presidente effettivo, intervenendo per la pre-
sentazione dei telegrammi del Santo Padre e pei rilievi che ritene-
va opportuni, volle presentare personalmente il Presidente deii'O-
pera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia, costituita a
Firenze nel 1875 quando Don Bosco, costretto a smembrare dalla
Società Salesiana i << Salesiani esterni », ne faceva un terz'ordine
moderno col titolo di <( Cooperatori Salesiani ».
Se questo congresso - egli disse - è salesiano, è eminente-
mente Congiesso di Azione Cattolica, come ieri ben disse il Card.
Ricbelmy. Ieri si sentiva qui un vuoto. Non accenno ad alcune
sedie che si trovavano disponibili, ma ad un altro vuoto. Siamo
adunati ad un Congresso Salesiano Internazionale, ma eminente-
mente cattolico; e ieri mancava il Presidente dell'opera dei Con-

23.8 Page 228

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gressi Cattolici, il sig. Conte Grosoli. Oggi abbiamo il piacere e
la fortuna di averlo in mezzo a noi. Persuaso di far cosa gradevo-
le a tutti, lo invito a presentarsi e a dire la sua parola ». Uno
scroscio di applausi accolse l'ultimo presidente dell'opera beneme-
rita, diretta prima dal conte Acquaderni, dal Duca Salviati, dal
Prof. Veuturoli e dall'avv. Paganuni, in seguito sciolta dal Papa
Pio X per dare organico sviluppo ali'Azione Cattolica ufficiale.
I1 conte riaffermò che l'Opera dei Congressi <( aveva per isco-
po di far rifiorire la fede cristiana nella società e nella famiglia:
guardava quindi con profonda venerazione e con piena fiducia
ahpostolato dei salesiani. Don Bosco e i suoi figli avevano rac-
colto la parola più tenera che fosse uscita dal Cuore di Gesù: La-
sciate che i fanciulli vengano a me. Anch'essi miravano al ritorno
della fede nella famiglia e perciò alla restaurazione cristiana della
società sulla base delle forze popolari. Apostolato sublime in ogni
tempo e rispondente all'età nostra, a un vero bisogno. Come dal
popolo si possono temere i pericoli, così dal popolo si potrà spera-
re salvezza se esso sarà rifatto cristiano. Se un giorno - conchiu-
se - che noi vogliamo affrettare, l'Italia veramente cristiana sarà
degna di gloria, dovremo applaudire ali'apostolato di Don Bosco e
dei suoi figli ».
Il Conte aveva capito molto hene che l'Opera dei Cooperatori
salesiani non era una imitazione dei Congressi, ma la longa ma-
nus di Don Bosco per la sua missione sociale. Era pur nata molto
prima, fin dali'inizio degli Oratori salesiani.
Al Conte seguì Mons. Morganti, vescovo di Bobhio, poi arci-
vescovo di Xavenna, il quale fece un altro importante rilievo a
proposito dei Cooperatori: Quella dei Cooperatori salesiani tut-
ti la chiamano ancora con la vecchia parola evangelica (opera di)
carità. E sì che i Cooperatori, come tutti i salesiani, si occupano
non solo a fare la carità all'antica con la elemosina, col curare gli
infermi e simili, ma con multiforme attività ponendo mano ad o-
gni impresa d'indole non sempre strettamente religiosa, sihhene ci-
vile, scientifica, artistica, con metodi e mezzi moderi, umani,
materiali, gli stessi che usano gli imprenditori ed i professionisti
laici. Tuttavia si chiama caritatevole e non filantropico C altruisti-
co il salesiano che, pel hene dei suoi prossimi, massime i giovani,
maneggia il martello e lo scalpello, una dinamo od un rozzo car-

23.9 Page 229

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ro, che insegna da una cattedra o che divide il lavoro con piccoli
contadini, in una colonia agricola, che se ne sta chiuso in un
laboratorio o solca l'Atlantico, o galoppa per steppe patagoniche
per seminarvi la civiltà del Vangelo. Se voi lo complimentaste per
la sua filantropia od altruismo, vi direbbe che egli non capisce lo
strano vostro linguaggio e che voi non avete capito nulla dell'ope-
ra sua. Lo stesso ripeterebbe il Cooperatore che ha il medesimo
ideale in tutto quanto compie coadiuvando il salesiano... ».
Per mantenere nei Cooperatori questo spirito, Mons. Morgan-
ti conchiuse propugnando la compilazione di un <( Manuale di pie-
» proprio per loro. Don Trione colse la palla al balzo esortando
il caro vescovo a compilarlo lui stesso, specialista nella direzione
spirituale deile anime, e Don Rua lo incaricò senz'altro.
Ben fu definita da Don Simonetti anche l'opera educativa dei
salesiani nei collegi e nei pensionati, che il Conciiio Ecumenico
Vaticano I1 ha ormai qualificato vera opera di apostolato: I-
struire è pericoloso, fatalmente pericoloso, senza educare. Oggi si
dimentica che educare è avvicinare le anime a Dio. E per educare
davvero è d'uopo la convivenza coi giovani educandi, è d'uopo
non temere il controllo della vita. A che vale anche il più eletto
catalogo di virtù, anche predicate con eloquenza, se poi si fosse
obbligati a nascondere la propria vita ai loro occhi per non arros-
sire? Non v'ha chi superi Don Bosco nella sapieizza di vivere in
mezzo ai giovani la propria scienza pedagogica semplice e feconda
come le parole del Vangelo » (179 ).
Fece grande impressione il discorso di Don Francesco Cerruti,
direttore generale degli studi nella Società Salesiana, il quale, rac-
comandando le edizioni scolastiche e pedagogiche salesiane, prote-
stò fra l'altro: <( Fu detto che il secolo XIX fece parlare le macchi-
ne e che il XX le farà volare... Io non so... Ma ben so che la
stampa educativa ha dinanzi a sé una delle più nobili e grandi
missioni dell'età nostra: chiaiire e popolarizzare, alla luce del Van-
gelo, i fecondi virultati della civiltà e del progresso; segnalaie i
molteplici bisogni della vita sociale, suggerire i rimedi, versarvi il
balsamo ristoratore; so che ad essa in modo particolare è a5data
la più sublime delle idealità, che costituisce l'oggetto della pedago-
gia nel concetto di Don Bosco, vale a dire il ristabilimento della
immagine di Dio nell'uomo, la formazione di una umanità illumi-

23.10 Page 230

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nata dalla Fede, allietata dalla Speranza, santificata dall'Amo-
re... v .
Riprese bene il tema della stampa l'avv. Filippo Meda, succe-
duto a Don Alhertario nella direzione de « L'Osservatore Cattoli-
co » di Milano. Egli mise a fuoco la provvidenza di Don Bosco
nella funzione di precursore anche in questo campo, che oggi con-
globa l'uso cristiano di tutti i mezzi di comunicazione: « Don Bo-
sco avrebbe potuto correre le contrade d'Italia rinnovando la cro-
ciata di Gerolamo Savonarola - dichiarò con enfasi - e raduna-
re sulle piazze le cataste di pubblicazioni cattive e, ai canto dei
saimi, incendiarle: santa protesta senza dubbio, ma infruttifera.
Centinaia e centinaia di macchine al giorno avrebbero continuato a
riprodurre il libro, l'opuscolo, il giornale divorato dalle fiamme
purificatrici, più rapide delle fiamme stesse. Egli ben pensò che
altra via era da seguire: impadronirsi di quelle macchine, costrin-
gerle al servizio della verità e della virtù, mescolare alle acque
limacciose della stampa corruttrice le acque limpide e fresche del-
la stampa onesta. Don Bosco fu anche in questo un veggente...
Per gli anni in cui visse, anni di tanto perturbamento degli intel-
letti e delle coscienze, anni di scarse iniziative da parte dei
cattolici, 21 SUO farsi edztove ebbe il significato che avrebbe avuto
il «farsi giornalista » di San Paolo, secondo l'audace impotesi di
Mons. Ketteler... S.
Don Trione colse l'occasione per rievocare due grandi figure
dei giornalismo cattolico di allora, il Teoi. Margotti a Torino,
Don Davide Alhertario a Milano, che aveva trascorso l'ultimo
giorno di libertà neJl'Istituto Salesiano Sant'Ambrogio prima di
essere tradotto in carcere: « I1 ricordo sia fiore sulla sua tomba,
- conchiuse - e incoraggiamento agli eredi della sua penna e
della sua opera ».
I1 Comm Persichetti, consigliere comunale a Roma, trattò del-
le scuole primarie e secondarie salesiane, rivolgendo ai Cooperato-
ri la calda esortazione: « Voi, o Cooperatori, che siete il terz'ordi-
ne di Don Bosco, intenti ad imitarne lo spirito e le opere, sostene-
te l'educazione cristiana della nostra gioventù, che è l'edificio mo-
rale su cui poggia in gran parte l'avvenire della Chiesa... » (180).
Il prof. Riccardo Cattaneo dell'liniversità di Torino e l'avv.
Bianchetti parlarono rispettivamente delle « Scuole Professionali

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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di Don Bosco » e delle opere delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Poi il Card. Svampa prese congedo per tornare a Bologna. L'indo-
mani, al suo seggio apparve il Servo di Dio Card. Ferrari, arcive-
scovo di Milano, presentato da Don Rua mentre il prof. Olivi
delltUniversità di Modena trattava dell'Emigrazione. Seguì Mons.
Alessi della Facoltà Teologica di Padova, sulle « Scuole Superiori
di Religione n.
L'avvocato Bocchialini di Parma illustrò le benemerenze sale-
siane nel campo dell'Agrico1tur;i e nella diifusione del sistema So-
lari; quindi l'avv. Angelo Manri, le Università Popolari che sorge-
vano allora.
I1 vescovo di Potenza sentì il bisogno di ringraziare Don Rua
del valido concorso dato per mezzo dei salesiani nel Mezzogior-
no d'Italia specialmente nella lotta contro l'analfabetismo e per
l'istruzione ed educazione cristiana, anspicando che egli potesse
affrettare l'invio dei salesiani anche nella sua Potenza.
Tanto per la cronaca, il Congresso si chiuse con la illustrazio-
ne dell'opera della a Protezione della Giovane >> fatta dal prof.
Rodolfo Bettazzi, apostolo della moralità e dell'Azione Cattolica
Torinese, specialmente del culto della purezza fra i giovani nella
costituzione di buone famiglie cristiane. Con un rapido cenno mi-
se in luce anche le benemerenze dei salesiani nelle Scuole Italiane
in Oriente. Poi i Congressisti attraversarono in corteo tutta Tori-
no a confermare i loro buoni propositi sulla tomba di Don Bosco
a Valsalice ed a ricevere la benedizione del Card. Richelmy.
Non si poteva attendere maggior fervore per la grande giorna-
ta della « Incoronazione » fissata al 17 maggio 1903, ed incastona-
ta nella celebrazione mondiale del Giubileo Pontificio di Leone
XIII, il quale aveva superato i predecessori, tolto Pio IX, rag-
giungendo il XXV nel supremo governo della Chiesa.
Ideatore dell'incoronazione era stato il castelnovese Don Se-
condo Marchisio, allora addetto al Santuario di Maria Ausiliatri-
ce. Don Rua aveva fatta sua l'idea e ne aveva trattato col Papa
stesso il 5 gennaio in una cordialissima udienza, mentre gli faceva
omaggio d i due albums con le firme dei Salesiani e delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, dei giovani di tutte le case, col modesto loro
contributo all'Obolo di San Pietro.
Scusando l'assenza di quelle di Francia per la soppressione, si

24.2 Page 232

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sentì incoraggiare dal Vicario di Cristo che era al corrente della
situazione e si diceva ammirato del bene che facevano tuttavia
nella loro nazione: « È una prova certa che Don Bosco vi assiste
e protegge. E lei procuri che si mantenga sempre lo spirito di
Don Bosco ».Il Papa aggiunse una speciale henedizione pei Coo-
peratori i quali cooperavano efficacemente alla conservazione della
fede nei loro paesi a massime con la diffusione della divozione a
Mavia Ausiliatvice a.
Giunta a Torino, al Card. Richelmy, la Bolla pontificia con
l'autorizzazione a procedere al sacro rito come Legato Papale,
Don Rua lanciò Don Trione con altri zelanti confratelli alla orga-
nizzazione ed alla preparazione spirituale. Questi, composti Comi-
tati e Sottocomitati, mobilitarono, si può dire, tutto il mondo sa-
lesiano. E la festa fu un vero trionfo di pietà mariana. La folla
gremì la chiesa, i cortili e la piazza. L'Arcivescovo fece annuncia-
re che, dopo la benedizione e l'imposizione delle corone al quadro
taumaturgo, avrebbe incoronata anche la statua che si usava porta-
re in processione, sulla stessa piazza per soddisfare la divozione
di quanti non potevano entrare in chiesa. Pontificò Mons. Caglie-
ro con l'assistenza del Cardinale e ventisei vescovi. Poi l'Arcive-
scovo, ricevuto da Don Rua il giuramento che avrebbe custodito
gelosamente le corone, procedette alla henedizione ed alla imposi-
zione, salendo la scala appositamente predisposta fino all'altaza
del volto della Vergine e del Bambino. Applausi entusiasti, pianti
di gioia, acclamazioni del popolo si rinnovarono sulla piazza quan-
do il Cardinale vi ripeté il sacro rito.
L' Ecce Sacevdos del M. Don Pagella e la Messa di Papa Mar-
cello del Palestrina diretta dal M. Cav. Dogliani ebbero degna co-
rona neil'antifona « Corona aurea » eseguita da tre cori di voci
bianche e adulte disposti sull'orchestra, sul cornicione della cupo-
la e in mezzo al popolo con un effetto meraviglioso, mentre uno
stormo di colombi viaggiatori volava a Roma a portare il lieto
annuncio al Santo Padre in Vaticano (181).
La processione e la illuminazione chiusero la storica giornata.
La partecipazione di una settantina di associazioni di Azione
Cattolica, delle masse dei giovani delle case salesiane e delle Fi-
glie di Maria Ausiiiatrice, con bande a canti popolari, tra le solen-

24.3 Page 233

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ni esecuzioni liturgiche, lasciarono uno di quei ricordi che non si
dimenticano.
I festeggiamenti continuarono fino al 24 maggio. Ma il fervo-
re animò la vita salesiana per tutto il resto del rettorato di Don
Rua. E ne godemmo ancora noi sotto il rettorato di Don Albera.
Indice eloquente, le fondazioni d'Estero ed in Italia, prima e
dopo il X Capitolo Generale, che si tenne nel 1904 e fu l'ultimo
presieduto da Don Rua. Accenniamo a quelle aperte in America
nel 1902-3: a Troy nelle vicinanze di Nuova York, a Messico, nel
Salvador a San Salvador e a Sant'Anna, a Maracaibo nel Venezue-
la, a Bosa, Mosquera e Barranquilla in Colombia, a Guayaquil,
Atocha e Quito nell'Ecuador, a Colonia di Pernambuco in Brasile,
a Vignaud, San Isidro, Patagones in Argentina.
La casa di Troy, ex-seminario diocesano, fu destinata a novi-
ziato e scuola apostolica per figli di Emigrati italiani; e rispose
alle intenzioni dell'ispettore Don Coppo e alle speranze di Don
Rua il quale autorizzandola aveva detto: «Non credo di andar
errato pensando che l'apertura di quella casa abbia da segnare un
gran passo nell'opera dei salesiani a favore dei nostri connazionali
negli Stati Uniti ». Sbocciarono infatti buone vocazioni sostenute
anche dalla Società Don Giovanni Bosco » fondata da Don Cop-
po fra italiani come società di mutuo soccorso e beneficenza.
La fondazione in Messico dimostrò la benediione di Dio. L'i-
spettore Don Grandis, non avendo denaro per comprare una casa
di malaffare che infestava la zona fra l'istituto salesiano e quello
delle suore, aveva commosso il cassiere di una banca a prestargli
il danaro con la sola garanzia che lo avrebbe restituito appena gli
fosse stato possibile. La stessa sera, mentre infuriava un violento
temporale, ecco uno zelantissimo Padre Gesuita portargli l'offerta
di una pia signora: era la somma precisa delì'impegno, che Don
Grandis si affrettò a far giungere al buon cassiere.
Le fondazioni nel Salvador e nella Colombia si devono all'af-
fetta di Cooperatori &e prestavano ai salesiani cordiale collabora-
zione, animati dal vero spirito di Don Bosco e da grande divozio-
ne a Maria Ausiliatrice. Don Albera che vide la miseria in cui
nacquero queste ultime, ne trasse buon auspicio: « Questa mise-
ria è di buon augurio ». E l'avvenire non lo smentì.
A favorire le pratiche dell'espansione in Ecuador Don Rua a-

24.4 Page 234

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veva dato la procura legale generale ad un ottimo coadiutore, il
sig. Pancheri, che fece fronte alle situazioni con intelligente abili-
e con Don Alhino Del Curto fu un pioniere anche nelle
Missioni.
Al progresso delle opere del nord del Brasile concorsero atti-
vamente i giovani delle varie case organizzati in ferventi Compa-
gnie religiose.
Don Rua aveva opposto difficoltà alla fondazione di Vignaud
scrivendo all'ispettore Don Vespignani: « Bisogna andare adagio
con le nuove fondazioni. Ci lamentiamo sempre della scarsezza di
personale e ne abbiamo ragione ». Ma, ricevendo poi dal fondato-
re garanzie ben documentate, si affrettò ad accondiscendere:
« H o veduto la bella lettera del sig. Vignaud e ne ho dato infor-
mazione al Capitolo Superiore. Dopo serio esame si decise di la-
sciare colà Don Chiroli (mandato dall'ispettore ad avviare le co-
se) a fare tutto il bene che potrà agli italiani di quei paraggi.
Quando potrai gli manderai qualche aiutante ». Ebbe un felice
avvenire con buone vocazioni.
Don Rua aveva invece subito incoraggiato Don Vespignani a
favorire Mons. Cagliero per un noviziato a PatagGnes: « H o sapu-
to con molto piacere che Mons. Cagliero si è deciso ad aprire una
casa di noviziato per la Patagonia nella città di Patagones. Racco-
mando alla tua fraterna carità di aiutare tale i q r e s a col somrni-
nistrare all'uopo le persone che ti venissero richieste, per es. Don
Esandi... n.
Don Esandi divenne il primo vescovo quando il Vicariato fu
elevato a Diocesi. Di tutto questo progresso si rallegrò Leone
XIII, il 3 novembre 1903, ricevendo in udienza alcuni ispettori e
direttori salesiani con la Superiora generale delle Figlie di Maria
Ausiliatrice e parecchie visitatrici delle loro case di Italia e di
America: « Sono ben lieto di trovarmi tra i figli di Don Bosco -
disse il Papa - ed ora di Don Rua. Vi ringrazio del bene che
fate alla Chiesa. Si vede che il vostro Istituto 6 opera di Dio e
che un Angelo vi assiste dal Cielo, perché lo sviluppo della vostra
opera e il bene che fate non si può spiegare umanamente... D.
All'espansione in America corrispondeva quella in Europa: a
Iseo, Ascoli Piceno, Pistoia, Portici in Italia; a Malta; nell'lso-
di Guernesey e a Londra Eeast Hill Wandswortb; a Vienna; ad

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Angra nell'arcipelago delle Isole Azzorre; a Huesca in Spagna;
a Tunisi, Costantinopoli e Smirne.
Ad Ascoli però bastò un anno di servizio di un coufrateiio
per l'ufficiatura della chiesa di Sant'Agostino: non si presentarono
condizioni favorevoli per un'opera consistente, nonostante le solle-
citudini del vescovo. A Pistoia i salesiani la durarono appena tre
anni in difficoltà senza avvenire, nonostante i buoni uffici del Ser-
vo di Dio prof. Toniolo dell'università di Pisa. Resistette invece
alle vicende dei tempi la casa di Portici.
La fondazione di Malta importò anni di pratiche, di proposte
e trattative perché si trattava di un riformatorio per discoli con
interferenze governative. Finalmente si trovò una formula di ricu-
pero che ancor oggi consente ali'opera di far tanto bene nella zo-
na di Sliema. Don Rua la visitò nel 1906, n'ehhe cordiali e festo-
se accoglienze e ne fu assai soddisfatto.
Romantico fu l'avviamento della casa di Vienna affidata alla di-
rezione di Don Luigi Terrone, ma con successo tale che divenne
la delizia della mun6ca arciduchessa Maria Josepha, madre deii'ul-
timo imperatore austroungarico. I1 terzo direttore Don Augusto
Hlond, futuro Cardinal Primate di Polonia, e l'ispettore Don Ema-
nuele Manassero riuscirono a portarla in sede migliore ed a sgan-
ciarla da inceppanti interferenze governative.
Le richieste di salesiani a Costantinopoli e a Smirne costarono
lunghe pratiche per complicazioni internazionali, che si poterono
solo superare quando l'Associazione di protezione degli Italiani
aii'estero, ben guidata dal Segretario Generale prof. Ernesto
Schiapparelli, poté garantirne la tutela e i salesiani poterono di-
sporre di personale idoneo. Durarono finché gli avvenimenti poli-
tici lo permisero (182).
L'apostolato salesiano fra i lebbrosi
Merita particolare rilievo l'apostolato dei salesiani fra i lehhro-
si, che Don Rua seppe valutare e incoraggiare quanto occorreva
fin dai suoi inizi, come abbiamo già accennato. Sensibilissimo ad
ogni forma di sofferenza, egli mise tutto il suo cuore nel sostene-
re i suoi figli più eroici anche di fronte a mentalità diverse che
non vi vedevano una missione salesiana vera e propria, nei limi-

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ti del programma strettamente giovanile e popolare di Don
Bosco.
Don Unia vi aveva lasciato la vita. Un caro chierico, Emilio
Baena contraeva la malattia alla vigilia deile Ordinazioni. Don
Rua gli otteneva la dispensa necessaria e ne autorizzava l'ammis-
sione al sacerdozio: Quanto bene potrà fare in mezzo ai suoi
compagni di dolore! - gli aveva scritto mandandogli i documen-
ti relativi -. Forse la sua condizione di infermo pouà ispirare
maggior fiducia nei poveri lebbrosi ». E fu cosi: Don Emilio, dive-
nuto sacerdote, consumò il suo olocausto servendo gli infermi fi-
no all'ultimo, edificando e confortando tanti fratelli lebbrosi.
Don Albera non aveva esitato ad affrontare disagi e pericoli
per portare la consolazione della sua visita tanto ad Agua de
Dios, quando a Conuatacion, dispensando non solo la parola di Dio
ma anche i soccorsi fornitigli da benefattori e Cooperatori. Predi-
cò gli esercizi spirituali alle Figlie di Maria Ausiliatrice, diede ai
lebbrosi una missione di otto giorni celebrando e confessando per
ore ed ore. Giunse tra gli infermi mentre la nazione era in preda
alla guerra civile, fomentata da emissari settari europei ed ameri-
cani avversi alla religiosità del governo federale. La Provvidenza
aveva però là un uomo di eccezione, il salesiano Don Evasio
Rabagliati che seppe muovere auwrità e popolo a prendersi cura
degli infelici.
Don Rua fin dal 1901, nella circolare di capodanno ai Coope-
ratori aveva descritto le miserande condizioni aggravate ad Agua
de Dios dali'infuriare della febbre gialla che fece strage anche fra
i chierici salesiani mietendone due e riducendo, in una settima-
na, a spettri altri due mandati a sostituirli. « Occorrono aiuti -
specificava - straordinari per raddolcire un poco quelle pene che
sono anche straordinarie. I1 nostro buon sacerdote Evasio Raba-
gliati, superiore di quelle Missioni, coadiuvato dal vescovo di Soc-
corro, fa quanto sa e quanto può, ma pur sempre meno di quanto
esige quell'immenso bisogno ».
La guerriglia bloccava salesiani e suore nei lazzaretti. Ma Don
Rabagliati, che era stato in Norvegia a interessare personalmente
il grande lebbrosologo Hansen e poi era passato a Roma a parlar-
ne al santo Pontefice Pio X, faceva passi energici presso il gover-
no in Bogotà e batteva le città principali a sollecitare soccorsi. La

24.7 Page 237

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sua parola appassionata, da a Apostolo dei Lebbrosi », ottenne an-
che in quei tempi di estrema miseria, aiuti generosi da ricchi e da
poveri. Ebbe quindi la felice ispirazione di fondare in Bogotà una
Banca dei Lebbrosi per assicurare un'assistenza finanziaria conti-
nua anche se modesta.
Don Rua l'incoraggiava con lettere affettuose: «Mi rallegro
di quanto vi ha già prodotto il Banco dei Lebbrosi; spero che con-
tinuerà a prosperare a beneficio di tanti disgraziati. È ammirabile
la carità dei Coiombiani ». Da Torino egli aveva potuto mandare
solo mille lire raccolte col suo cappello, ed altre 1700 offerte dai
Cooperatori del Cile.
Ottenne assai di più il caro Don Rabagliati con l'efficacia del-
la sua parola: commosse autorità politiche, civili ed ecclesiastiche
fino ad ottenere l'impegno del governo ad assumersi l'impianto
di altri lazzaretti e la relativa assistenza sanitaria statale. Aperse
un'era nuova che onora grandemente quella nazione e fu di esem-
pio e di sprone ad altri paesi funestati dall'orrendo flagello. I ve-
scovi poi si presero a cuore la cura religiosa con sacerdoti t: reli-
giosi volontari che imitavano i salesiani e ne emulavano l'e-
roismo.
Il 3 febbraio 1903, informato da Don Albera dei progressi
che faceva l'opera di Don Rabagliati, Don Rua gli scriveva: << Am-
miro le vie della Provvidenza. Sei andato a Medellln mandatovi
da Don Albera per una fondazione salesiana, e forse invece di
quella comincerai l'impresa dei lazzaretti nazionali. Faccia il Si-
gnore quello che sarà gradito agli occhi suoi ».
Ad Antioquia, la zona più ricca di miniere di oro e di argen-
to, Don Rabagliati riuscì davvero a scuotere tutta la opinione
pubblica: « Credetelo - insisteva di fronte ad una folla enorme
ed allo stesso Governatore il Generale Emilio Gutierrez che ave-
va riportato il maggior numero di vittorie nella guerra dei 37 me-
si - credetelo, solamente un lebbroso è in grado di sapere quan-
to sia dolorosa la lebbra, massime nelle sue conseguenze. Sono un-
dici anni che io tratto con loro: li ho esaminati, li ho interrogati;
tentai più volte di scandagliare quei cuori per misurare l'abisso
delle loro pene: è un abisso senza fondo... Per me tengo per cer-
to che in generale vive bene e muore santamente il lebbroso che

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passa la sua vita in un lazzaretto; e che, al contrario, vive male e
muore peggio chi trascina la sua misera esistenza fuori ».
Il 6 aprile 1903 usciva il primo decreto legislativo che ordina-
va la costruzione dei « Lazzaretti dipartimentali » con le relative
disposizioni. E Don Rua se ne rallegrava con Don Rabagliati:
« Tu desideri da me qualche parola che ti assicuri della volontà
di Dio. Io credo che sia realmente il Signore che ti abbia ispirato
cotesta impresa e perciò di cuore ti benedico e prego il Signore
ad assistervi nei lunghi e pericolosi viaggi, aiutandoti a superare
le gravi difEcoltà che avrai ad incoriudrc; e sotto la protezione di
Maria Ausiliatrice, San Francesco di Sales e Don Bosco pongo tut-
ta la colossale impresa n.
Fatto però ispettore, Don Rabagliati si credette in coscienza
obbligato a lasciarne la continuazione ad altri che potesse accudi-
re solo ad essa. E Don Rua, a volta di corriere: « M i piace la tua
buona disposizione di lasciare l'impresa dei lazzaretti, qualora ciò
ti fosse comandato. Ma questo non pretendiamo, stante i seri im-
pegni già assunti e più ancora in vista del gran bene che dovrà
scaturirne a tutta la nazione ». Anzi, un mese dopo, ribadiva:
«Pare proprio che la protezione dei lebbrosi sia la missione a te
riservata dal Signore; perciò non oso oppormivi ». Confermava così
quanto gli aveva già confidato: << Se tu fossi già talmente occupato
all'impresa dei lazzaretti da non poter più occuparti della Ispetto-
ria, dinne a volta di corriere a chi, secondo il tuo parere, potremmo
far capo per surrogarti provvisoriamente ». Completava così il pen-
siero espressogli sei giorni prima: « Procura di continuare a disim-
pegnare l'ufficio di ispettore, finché possiamo stabilire qualcuno
per lasciarti libero di dedicarti interamente alla grande impresa
dei lazzaretti... S. Conclusione di tutta una corrispondenza che
precisava sempre meglio il suo pensiero: << Quanto al tuo ispetto-
rato, abbi pazienza a portarlo con zelo e carità, finché non sia
destinato un altro al tuo posto... D.
Quest'altro fu poi Don Antonio Aime, già ispettore dell'ispet-
toria spagnola Tarragonese e destinato alla Colombia dopo il ritor-
no di Don Albera dall'America con le informazioni adeguate della
situazione.
Don A i e giunse a Bogotà 1'11 dicembre 1903 conducendo
con sé le Figlie di Maria Ausiliatrice destinate dalla loro Superio-

24.9 Page 239

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ra Generale alla casa di Medellin. Liberato dal governo dell'ispet-
toria, Don Rabagliati fu nominato dal governo colombiano « Presi-
dente della Commissione » incaricata di cercare e determinare in
ciascun dipartimento il luogo più adatto per i lazzaretti. Egli poté
quindi darsi completamente alla grande causa in cui salesiani di
valore e di eroico spirito di sacrificio scrissero e continuano a scri-
vere, con totale dedizione ed abnegazione, pagine d'oro.
Ricordiamo solo il Servo di Dio Don Luigi Variara, fondatore
della Congregazione delle Suore Lebbrose « Figlie del Sacuo Cuore
d i Gerd n che si consacrano a Dio ed al servizio dei fratelli leb-
brosi per tutta la vita. E Don Raffaele Crippa, il quale, oltre al
servizio regolare nel lebbrosario di Agua de Dios, per nove anni
andava tutti i giorni a visitare un lebbroso che volle vivere isola-
to fuio alla morte in un miserabile tugurio: gli fasciava le piaghe,
gli rifaceva il letto, gli puliva la stanza e gli rendeva i più
ripugnanti servigi, confortandolo spiritualmente col suo ministero
sacerdotale.
Nessuna meraviglia che i primi sacerdoti diocesani inviati
dal vescovo non resistessero a lungo. « Il lavoro che i nostri fan-
no ad Agua de Dios - scriveva Don Aime a Don Rua il 17 apri-
le 1904 - è così grande t. continuo, che non lascia loro un mo-
mento di riposo. Credo che non vi sia in tutto il mondo una chie-
sa in cui Gesù Sacramentato riceva maggior culto e dove, relativa-
mente al numero dei parrocchiani, vi sia quotidianamente mag-
gior numero di comunioni. Le confessioni cominciano per tempo
al mattino e durano sino a notte, con brevissima interruzione.
E se sapesse quanto stancano quelle confessioni! Oltre la posizio-
ne incomoda, bisogna respirare l'alito puzzolente prodotto dalla
terribile malattia, alito che dopo poco tempo cagiona una nausea
insopportabile. È proprio degno di ammirazione lo spirito di sa-
crificio dei nostri cari confratelli addetti ai lazzaretti... ».
Don Rabagliati confortava il vescovo: « Vi sono ripugnarne
invincibili alla natura; timori che anche la più schietta virtù
sacerdotale non arriva a distruggere: ci vuole una vocazione spe-
ciale per entrare in un lazzaretto di lebbrnsi, e più ancora per
ascoltare le lunghe confessioni durante una missione D. Fu questa
grande grazia di vocazione speciale che incoraggiò Don Variara a
fondare la Congregazione di Suore Lebbrose. Queste, scrivendo a

24.10 Page 240

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Don Rua per ringraziarlo del consenso accordato al loro fondatore,
poterono affermare: « I1 buon Dio nell'amor grande che ci porta
volie che lo stesso paese di Agua de Dios fosse il luogo dove
avessimo a trovare la nostra felicità » (183).
Linguaggio incomprensibile fuori del Cristianesimo.
Una relazione ufficiale, raccolta in un fascicolo di 64 pagine
nel 1906 metteva in luce altre benemerenze: « I sacerdoti salesia-
ni non si son dedicati soltanto alla direzione spirituale di questo
popolo e a vegliare che i suoi bisogni materiali siano conveniente-
mente soddisfatti, ma fanno anche quanto possono per procurare
agli infermi quelle distrazioni che rendano meno penosa la loro
residenza nel lazzaretto. Essi hanno ridotto a teatro uno spazioso
edificio capace di 880 spettatori e l'hanno provvisto di scenari,
decorazioni e vestiti. Quivi si danno frequenti rappresentazioni le
quali procurano alcune ore di sollievo agli infermi che possono as-
sistervi... ». Ne aveva cura allora Don Emilio Baena, sacerdote
lebbroso.
Verso il 1908 Don Rua dovette rinunziare a far pubblicare
nel Bollettino Salesiano tante relazioni « per non contrariare il
presidente della repubblica, pur così benevolo e caritatevole verso
i lebbrosi », ma anche tanto preoccupato dell'onore nazionale che
poteva essere compromesso da sfruttamenti politici. Continuava
però ad incoraggiare confratelli e suore con frequenti suoi scritti,
- mentre faceva conservare accuratamente in archivio tutti i docu-
menti. « Noi conserveremo queste tue memorie scriveva a Don
Rabagliati al principio del 1909 - per renderle di pubblica
ragione quando venga il momento che ciò si possa fare senza
eccitare nessuna suscettibilità ». E più tardi: << Amerei anch'io
dare pubblicità del buon avviamento che si dà a coresta impresa;
ma conviene aver pazienza e non contrariare le viste di chi deve
pensare al bene di tutti e certamente avrà anche dal Signore lumi
particolari n.
Purtroppo le solite sètte non tardarono a scatenarsi contro
quest'opera di eccezionale carità.
Don Rua però finché visse sostenne questi eroici suoi missio-
nari: « M i fa pena la estrema miseria di cotesta popolazione... »
-leggiamo in tante sue lettere.
E quando si temette l'espulsione dei salesiani dalla Colombia,

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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come era avvenuto in Ecuador, scrisse loro: <( Sovrattutto desi-
dero che non siano abbandonati i poveri lehbrosi... P.
Più tardi: « So con quanta carità ti interessi dei poveri lehbro-
si. Sono contento che sii riuscito a migliorare le condizioni dei
poveri lebbrosi che meritano tutta la nostra attenzione... Vedo
che vai sempre lavorando a gran forza a favore di cotesti sventu-
rati miei amici... Ti ringrazio delle notizie che mi dai di cotesti
cari amici... ».
L'esempio dei salesiani missionari fra i lehbrosi in Colombia è
ora largamente imitato da quelli che oggi si prodigano per gli stes-
si infermi in altre regioni di occidente e dell'estremo oriente.
X Capitolo Generale e affermazioni delle Scuole Salesiane
11 1901, oltre gli impegni di ordinaria amministrazione, come
si dice, e la a r a di nuove fondazioni, portava a Don Rua un note-
vole superlavoro: la celebrazione del X Capitolo Generale della So-
cietà Salesiana, che fece epoca nella iunzione legislativa. Un con-
forto speciale gli veniva dalla parificazione di varie scuole in Ita-
lia e dalle prime Esposizioni generali delle Scuole Professionali ed
Agricole.
La prima di queste esposizioni era stata allestita nel settem-
bre del 1900 dal nuovo consigliere generale Don Giuseppe Bertel-
lo neii'Isututo di Valsalice con un criterio eminentemente pratico
per stimolare l'aggiornamento tanto desiderato dai Maestri d'Arte
salesiani. Don Rua l'aveva benedetta alla presenza di tutti i compo-
nenti il precedente Capitolo Generale. Vi avevano partecipato die-
ci case per la sezione tipografica, otto scuole di legataria, cinque
di sartoria, dieci di calzoleria, cinque di falegnameria, tre deii'arte
del ferro. Fra le scuole di agraria si era deplorato la scarsa
documentazione della scuola di Parma, pioniera del movimento
Solariano, che funzionava con un corso triennale specializzato: a-
gronomia pel loanno, culture speciali pel ZO, industrie agrarie pel
3", complementi di indole generale, aritmetica, lingua italiana,
computisteria agraria. Aveva il suo organo nella rivista di agricoltu-
ra diretta dal salesiano Andrea Accatino e da lui fiancheggiata
con la Biblioteca Solariana per pubblicazioni specializzate.

25.2 Page 242

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Insufficiente pure la parte della scuola d'Ivrea. Ben rappresen-
tate invece la scuola di Canelli per l'Italia e quella di Gerona per
la Spagna.
Don Rua aveva messo in valore l'indirizzo dato alle Scuole Sa-
lesiane di Agraria nella circolare ai Cooperatori del capodanno
1902, scrivendo fra l'altro: Il ritorno ai campi, ecco quello che
vorrei fosse il precipuo campo dei figli di Don Bosco. I salesiani
già da parecchi anni consacrano la loro attività nelle « Colonie
Agricole in Italia e all'estero; e maggiori certamente saranno i
risultati quando i nostri buoni Cooperatori ci procureranno i mez-
zi onde fornirci di tutti gli strumenti che i progressi dell'agricoltu-
ra richiedono... ». Sette case figuravano pei corsi professionali di
disegno, tre quelli di plastica e di scultura in legno, quattro quel-
le di statuaria, plastica e ceramica. Con l'Italia avevano concorso
la Spagna, il Belgio e la Francia.
Alla chiusura Don Rua aveva complientato organizzatori ed
espositori, e incoraggiato i giovani dell'Oratorio di Valdocco, pre-
senti con rappresentanti di qualche altra casa, a perfezionarsi sem-
pre più e sempre meglio nello studio e nella tecnica della loro
arte per divenire col tempo utili cittadini e salesiani provetti.
La seconda Esposizione del 1904, traendo profitto dall'espe-
rienza della prima, si organizzò in forma e con programma di riso-
nanza anche fuori dell'ambiente strettamente salesiano. Vi collaho-
rarono due Comitati di distinte personalità, presieduti quello ma-
schile dal Sindaco di Torino Secondo Frola, quello femminile dal-
la Contessa di Rohilant, interessandovi tutta l'alta società cittadi-
na. Fu allestita nell'ampio teatro fatto costruire da Don Rua nella
Casa-Madre, l'oratorio San Francesco di Sales. Una giuria di 35
membri qualificati si ripartì le cinque sezioni: arti grafiche ed
a G ; arti liberali (plastica, scultura, statuaria e ceramica); mestie-
ri (falegnami, sarti, calzolai e fabbri); colonie agricole; didattica.
Esposero una quarantina di case, di cui 17 italiane.
Dall'Europa parteciparono le case di Barcellona, Liegi, Lisbo-
na, Londra, Oswiecim; dall'Africa quelle di Alessandria d'Egitto,
Cape Town, Tunisi; daJl'America quelle di Arequipa e Lima nel
Perù; Buenos Aires (Argentina); Cuyahà, Pernamhuco e San Pao-
lo (Brasile); La Paz e Sucre (Bolivia); Messico e Morelia (Messi-
co); Medio Oriente, quelIe di Beitgemal, Betlemme, Cremisan.

25.3 Page 243

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L'inaugurazione fu una festa del lavoro. Don Rua diede il ben-
venuto e Mons. Cagliero impartì la benedizione rituale. Fra i visi-
tatori più illustri l'albo registrò i nomi della Regina Madre, Mar-
gherita di Savoia, alla quale i giovani fecero omaggio di un qua-
dro a bassorilievo in plastica, d'imitazione antica, con cornice in
ferro battuto e cuoio, opera deeli allievi di IriIilano e raffigurante
Umberto Biancamano. Un altro giovinetto le offerse una medaglia
commemorativa della incoronazione di Maria Ausiliatrice e un li-
bro di preghiere con elegante rilegatura. La Regina si trattenne
affabilmente con Mons. Fagnano e poi volle visitare tutti i labora-
tori della Casa-Madre, sostando in &e in preghiera nel santuario.
La chiusura fu presieduta dal Duca di Aosta Emanuele Filiber-
to con autorità e personalità e l'intera Giuria. La banda lo salutò
con un inno composto da Don Francesia e mnsicato dal M. Doglia-
ni. Tenne il discorso ufficiale l'avv. Filippo Meda, direttore de
« L'Osservatore Cattolico » di Milano, mettendo in rilievo le be-
nemerenze di Don Bosco nella cultura della gioventù e nell'eleva-
zione della classe operaia. La Giuria premiò i migliori espositori
con 67 fra diplomi e menzioni di vario grado, e parecchie meda-
glie fra cui una d'oro del Re Vittorio Emanuele I11 e due di ar-
gento del Papa San Pio X il q~iale,alla vigilia della inaugurazio-
ne, aveva fatto pervenire a Don Rna un suo affettuoso autografo
elogiando maestri, allievi e Cooperatori, auspicando l'incremento
della Pia Unione e largendo loro maggior copia di Indulgenze e
favori spirituali.
Don Rna presentò poi il documento alla terza Famiglia salesia-
na nel Bollettino di Capodanno del 1905 segnalando l'importanza
dell'Esposizione ed il progresso delle Scuole Professionali ed Agri-
cole Salesiane, garanzia di fecondo avvenire per le classi lavoratri-
ci in piena evoluzione.
Contemporaneamente il direttore generale delle scuole classi-
che e tecniche salesiane Don Francesco Cerrnti otteneva il pareggia-
mento della Scuola Normale e del Liceo-Ginnasio di Valsalice, e
di quella Normale delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Nizza Mon-
ferrato, grazie alla cordiale collaborazione del Sen. Fedele Lamper-
tico, dell'Egittologo Ernesto Schiipparelli e del Conte Cesare Bal-
bo, cui prestarono cordiale comprensione e leale appoggio i Mini-
stri Guido ed Alfredo Baccelli, Giovanni Giolitti e Paolo Boselli,
240

25.4 Page 244

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Giulio Prinetti e Vittorio Emanuele Orlando, vari Professori e
Provveditori di alta fama, che aiutarono a superare potenti oppo-
sizioni anticlericali al Municipio ed al Provveditorato di Torino, al
Ministero in Roma. Segrete manovre fecero trascinare le pratiche
dal 1901 al 1905. I1 decreto di pareggiamento decorrente dal 1
ottobre 1904 e h m a t o il 1 febbraio 1905, pervenne alle mani di
don Rua parecchi giorni dopo.
Le circolari di Don Rua di quegli anni riflettono le ansie, le
trepidazioni e le lotte, che oggi forse non si saprebbero compren-
dere. Egli considerò il successo della procedura come una gra-
zia del Cuore SS. di Gesù, di cui Don Cerruti era devotissimo
(184).
Altra grande consolazione e gran passo nel progresso organiz-
zativo e dinamico della Congregazione fu il X Capitolo Geneuale.
Ultimo presieduto da Don Rua, fu certo il più importante, dopo
il primo presieduto da Don Bosco nel 1877, in tutta la serie dei
Capitoli Generali h o al 1922 e oltre.
Don Rua l'aveva indetto dopo seria valutazione delle esperien-
ze dei Capitoli precedenti, accurata preparazione &data a Com-
missioni qualificate e il concorso dei Capitoli Ispettoriali tenuti
per la prima volta in tutte le ispettorie salesiane su schemi e pro-
poste inviate tempestivamente a Torino.
Tutte le relazioni passarono per le sue mani, poi allo studio
della Commissione coordinatrice diretta dall'ormai esperto regola-
tore Don Francesco Cerruti.
In programma, oltre la elezione dei membri del Capitolo Su-
periore i cui titolari scadevano dall'ufficio, era: la compilazione
del regolamento ufficiale pei Capitoli successivi, il riordinamento
delle deliberazioni dei pecedenti e la selezione di quelle che si
dovevano inserire nelle Costituzioni, distinguendole da quelle che
conveniva raccogliere in apposito manuale; in fine la organizzazio-
ne dei noviziati nelle ispettorie e proposte varie.
Delle 35 ispettorie canonicamente erette mancarono solo i
rappresentanti dell'Equatore, del Salvador e degli Stati Uniti,
impediti da forza maggiore.
11Capitolo si aperse a Valsalice il 23 agosto 1904 e si protras-
se fino al 13 settembre, con un complesso di 33 sedute plenarie
241

25.5 Page 245

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fra le numerose adunanze di Commissioni costituite con elementi
di competenza secondo i temi proposti.
Letto il testo del telegramma di omaggio al Santo Padre con
la richiesta della Benedizione Apostolica, Don Rua tenne a giu-
stificare la scelta della sede, nonostante il clima della stagione:
presso la salma di Don Bosco perché lo spirito del fondatore in-
formasse della sua carità e del suo zelo le discussioni onde si po-
tessero trattare con calma tutte le questioni senza offendere nessu-
no, né presente né assente.
Il Regolatore invitò quindi i Capitolari a pronunciarsi su tre
elezioni dubbie e sull'ammissione dei tre prelati giunti dall'Ameri-
ca, Mons. Cagliero, Mons. Costamagna e Mons. Fagnano, cui le
regole non facevano cenno. Su 65 votanti, 64 risposero favorevol-
mente accordando piena voce attiva.
Per la prima volta vi partecipava con voce attiva un salesiano
laico Coadiutore supplente di Don Bernabé delegato della Terra
del Fuoco, impedito da malattia. Z'assemblea affermò la validità
della sua funzione, salve le riserve del diritto canonico Le ele7ioni
confermarono la fiducia generale ai superiori precedenti, ai quali
Don Rua rinnovò gli incarichi che avevano avuti fino allora: Pre-
fetto Generale Don Filippo Rinaldi, Direttore spirituale Don Al-
bera, Economo Don Rocca, Don Bertello con Don Cerruti e Don
Durando Consiglieri. Venne anche discussa la ammissione del Se-
gretario del Capitolo Don Lemoyne che, ottenuta l'approvazione
con 70 voti su 72, fu invitato ad entrare mentre si fissava il com-
ma relativo da inserire nelle Regole.
Giunsero rapidamente da Roma il telegramma del Card. Segre-
tario di Stato Merry del Va1 con la benedizione del Santo Padre
ed i1 Breve deilo stesso Pio X pei Cooperatori Salesiani inviato
dal Card. Protettore Mariano Rampolla del Tindaro. Questi ave-
va pur fatto pervenire a voce, per mezzo del Procuratore Genera-
le, i suoi rallegramenti per l'operosità dei salesiani aggiungendo
che la Chiesa si aspettava ancora molto e ammonendo che si guar-
dassero dalle novità del tempo le quali pullulavano da scarsità di
fede e di leale adesione all'autorità della Chiesa stessa, minata dal
modernismo ( 185).
Sorse fin d'allora la proposta di allargare la base dei parted-

25.6 Page 246

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panti ai Capitoli Generali col criterio proporzionale o con l'am-
mettere due delegati per ogni ispettoria, invece di uno solo.
Don Rua fu del parere di Don Baratta, il quale sostenne che
quanto ogni ispettoria intendeva proporre al Capitolo Generale
bastava fosse presentato dall'ispettore e dal delegato, senza aggra-
vare di spese il Capitolo e la Congregazione, poiché essi portava-
no già i voti dei singoli membri di ogni ispettoria per tutti i pro-
blemi trattati nei Capitoli ispettoriali.
Appoggiò invece la libertà di scelta dei delegati tanto fra i
sacerdoti quanto fra i coadiutori laici, raccomandata da Don Ber-
tello, e la proposta di Don Bellamy che anche il direttore della
Casa-Madre di Torino fosse dichiarato membro nato dei Capitoli
Generali.
Al contrario Don Rua fece sospendere la stessa proposta ri-
guardo al Vicario del Rettor Maggiore per le Figlie di Maria Ausi-
liatrice, in attesa delle disposizioni della Santa Sede sui rapporti
fra le Congregazioni maschili e femminili di un medesimo fonda-
tore, che erano a studio per la preparazione del Codice di Diritto
Canonico.
Eu respinta l'opposizione alla tradizione di invitare qualche e-
straneo competente alla trattazione di problemi particolari, perché
Don Rua ricordò che fin dal primo Capitolo Generale Don Bosco
al momento opportuno aveva invitato i Padti Gesuiti Franco e
Rostagno per avere consigli adeguati.
La mattina del 30 agosto Don Rialdi approfittò della momen-
tanea assenza di Don Rua per informare i Capitolari che i medici
avevano preoccupazioni per la salute del Superiore e raccomanda-
- vano che non lo si affaticasse nelle udienze. « Contentiamoci quin-
di esortò - di averlo in mezzo a noi, giacché questo rallegra
il suo cuore paterno; ma risparmiamogli ogni molestia D.
Riguardo alle deliberazioni dei Capitoli precedenti prevalse il
parere di inserire organicamente nelle Costituzioni solo quelle che
apportavano vere mutazioni od aggiunte alle regole stesse. Le al-
tre passarle ai regolamenti o rimandarle ad un apposito manuale.
A questo punto Don Trione propose che il Capitolo impegnas-
se l'Economo Generale a scegliere pei prossimi Capitoli Generali
una sede più adatta per la stagione in cui si tenevano e ad ar-
trezzarla convenientemente. Ricordò che un giorno d'estate Don

25.7 Page 247

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Bosco, intrattenendosi con lui e con altri nella biblioteca della ca-
sa di Valdocco, si era lasciato sfuggire un lamento: « Se non cer-
cano un posto per Don Bosco, il povero Don Bosco brucia, Don
Bosco muore... ». Tutti applaudirono e Don Rua ringraziando sog
giunse: « Questo ci sarà di maggior stimolo a pensare alla salute
dei confratelli ammalati, specialmente gli Ispettori. Prenderemo
dunque a cuore l'unanime filiale voto del Capitolo Generale e il
nostro caro Economo cercherà i mezzi per tradurlo in pratica D.
Don Gamba, ispettore dell'umguay, invitò tutti gli ispettori a
concorrere alle spese e tutti aderirono volentieri.
Passandosi all'esame del regolamento per gli ispettori, Don
Cerruti fece osservare che lo schema abbozzato dalla Commissio-
ne era canonicamente generico e poteva servire per qualunque
Congregazione. Occorreva imprimergli anche il suo carattere spe-
cifico salesiano. Si aggiunsero allora altri dieci membri alla Com-
missione che rielaborò i1 testo riducendo gli articoli organici all'es-
senziale. Con questa distinzione il testo venne approvato ed espe-
rimentato per sei anni fino al prossimo Capitolo Generale.
Due intermezzi carissimi accrebbero la cordialità dello spirito
di famiglia. Don Rua aveva ottenuto dalla Santa Sede l'autorizza-
zione a procedere ad una ricognizione familiare della salma di
Don Bosco, che si compì la mattina del 3 settembre alla presenza
dell'arcivescovo di Torino Card. Richelmy e commosse tutti. I1
Cardinale rivolse all'assemblea la sua parola, rallegrandosi dello
spirito che l'animava ed auspicando che, come a Roma nel concla-
ve donde uscì Papa il Card. Sarto a cui nessuno pensava si era
sentito al vivo I'intervento deilo Spirito Santo, così in tutti i cari
Capitolari regnasse sempre lo spirito di orazione, di mortificazio-
ne e di umiltà per cercare unicamente la gloria di Dio e il bene
delle anime onde meritar sempre la benedizione dello Spirito San-
to che aleggiava in quei giorni fra loro.
Don Rua ringraziando l'Arcivescovo l'assicurò che tutti avreb-
bero fatto tesoro dei suoi preziosi consigli.
Applauditissimo I'intervento di Don Trione, la mattina del 9
settembre, per perorare I'assisrenza agli emigrati, che a Don Rua
stava particolarmente a cuore. Aveva ottenuto l'invio gratuito del
Bollettino dell'Emigrazione » agli ispettori: lo seguissero per te-
nersi al corrente di quanto faceva il governo italiano e procurasse-

25.8 Page 248

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ro di rendersi graditi agli Emigrati nelle colonie italiane con la
diffusione della lingua patria e l'istituzione dei Segretariati. Fece
voti che si istituisse una «Commissione permanente per l'Opera
dell'Emigvazione » e che sorgesse presto fra i salesiani un « apo-
stolo degli Emigrati ».
Don Rua colse la palla al balzo e nominò lui stesso Presiden-
te della Commissione con l'incarico di scegliersi gli altri membri
d'accordo col Capitolo Superiore: «Desidero tanto tanto tanto -
disse poi - che si lavori in favore di questi nostri italiani. Non
bisogna scoraggiarsi, specialmente sui prinupii, alla vista dello
scarso risultato. Insegni Don Coppo da Nuova York. I1 Signore
forse ha disposto che i nostri emigrati, come pure i Polacchi e gli
Irlandesi, siano i seminatori e conservatori della Fede nelle regio-
ni più remote. Non si trascurino quindi le altre nazioni ». Avreb-
be favorito questo apostolato anche lo studio della lingua italiana
fra i confratelli di altre nazioni. Perciò la raccomandava in modo
particolare mettendo in evidenza tre ragioni: l) 2 la lingua della
Casa-Madre del comune Padre Don Bosco e del Papa; 2 ) Sarà un
mezzo per intendersi più facilmente nei Capitoli Generali; 3) Fa-
cilita le relazioni coi superiori da qualunque parte del mondo. « I
superiori delle case estere - suggerì - consiglino ai loro dipen-
denti di scrivere ai superiori maggiori in italiano o in latino; po-
tranno eccettuare i soci provenienti dall'Italia, i quali, a dimostra-
re il loro profitto, potrebbero pur scrivere nella lingua della nazio-
ne in cui si trovano. Tali erano i desideri di Don Bosco...
(186).
Quanta delicatezza in questa raccomandazione!... La prima
Commissione Salesiana pev l'Emigrazione fu poi composta da
Don Giovanni Miguzzi, Don Abbondio Anzini, Don Giuseppe
Vespignani, ispettore in Argentina, e Don Carlo Peretto, ispetto-
re in Brasile.
La mattina del 10 settembre, uno dei segretari propose che si
invitasse ad assistere alla seduta - honorir causa - il venerando
Don Giuseppe Lazzero, Consigliere emerito del Capitolo Superio-
re giunto a Valsalice a pregare sulla tomba di Don Bosco. Usciro-
no Mons. Costamagna e Don Lemoyne e lo introdussero mentre
tutti si alzavano ad acclamare e Don Rua lo abbracciava e lo face-
va sedere accanto a sé. Al termine della seduta lo stesso superiore

25.9 Page 249

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suscitò un'altra acclamazione proclamandolo « Decano del Capito-
lo Superiore ».
Anche questo episodio è un tratto rivelatore dello spirito di
famiglia che si viveva allora fra i salesiani a tutti i livelli.
Nella discussione del regolamento pei noviziati prevalse il
principio di accomunare nella prova chierici e coadiutori in unh-
nica casa e di favorire l'erezione di noviziati nelle singole ispetto-
rie o per gruppi omogenei di ispettorie. Tralasciamo le proposte
varie con cui si conchiuse il Capitolo per rilevare alcune raccoman-
dazioni di Don Rua, di cui purtroppo i segretari sunteggiarono il
pensiero, non riuscendo a trascriverle alla lettera per difetto di
preventiva organizzazione. Nella terza e nella quattordicesima se-
duta Don Rua raccomandò in modo speciale l'Opera della Propa-
gazione della Fede e della Santa Infanzia e le Conferenze di San
'incenzo de' Paoli, mettendo in rilievo che queste ultime faceva-
no la carità nella forma più perfetta andando a visitare personal-
mente i bisognosi e recando loro non solo soccorsi materiali ma
anche conforto spirituale; le une e le altre poi erano state stru-
mento della Provvidenza per tante fondazioni salesiane in Francia
e nell'herica, e n'erano ancora il sostegno in tante parti. Don
Bosco le aveva carissime. Nella sesta seduta raccomandò di andar
cauti nell'accettare servizi di cappellanie nei giorni festivi e solo
finché il clero diocesano non vi potesse provvedere. Nella dodice-
sima esortò a non far questioni di proprietà nell'accettare nuove
fondazioni, purché l'opera personale fosse retribuita in modo da
consentire la prestazione dei confratelli. Nella seguente ricordò
che Don Bosco non era del parere di conservare i'eredità di beni
immobili, ove non ci fosse assoluta necessità. Preferiva venderli
al più presto. Nella diciassettesima dissuase dal favorire la ricerca
e le collezioni di francobolli usati, che allora portavano spesso a
violare il voto di povertà e a far trascurare altri doveri. Non ave-
vano la valorizzazione di oggi. Nella diciottesima esortò calda-
mente gli ispettori a insistere nelle conferenze, nei sermondni
occasionali e nei corsi di esercizi spirituali, sulla devozione e l'a-
more al Papa ricordando che Don Bosco soleva dire: « Diffidate
di coloro che vengono a parlarci contro il Papa e le Congregazio-
ni romane: teneteli per nemici della Chiesa e delle anime ». Egli
era poi docilissimo non solo agli ordini, ma anche ai desideri del

25.10 Page 250

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Papa, a costo pure di grandi sacrifici. Importantissima l'esortazio-
ne agli ispettori sulla cura della jormazione dei direttori nelle
visite si trattenessero con essi quanto fosse necessario; ne riceves-
sero accuratamente i rendiconti e, dopo la conferenza generale ai
confratelli, conferissero ancora con loro per concretare accordi op-
portuni. Infondessero in tutti un grande amore alla santa Regola
ed una fedele osservanza nelle piccole cose. Rivedessero con loro
il regolamento dei direttori per fare il punto sulla regolare osser-
vanza.
S'informassero se i direttori visitnssero diligentemente scuole,
laboratori, esaminassero decurie e registri amministrativi, se faces-
sero le conferenze prescritte al personale, se avessero pei confra-
telli le cure dovute, perché il dovere principale dei direttori f la
cura del bene dei confratelli. Coi subalterni non sia né troppo au-
stero, troppo condiscendente il direttore. Si erede talvolta che
convenga largheggiare in concessioni per guadagnarsi l'animo dei
dipendenti. Ed è falso. Si segua la via di mezzo e non si introdu-
cano abusi. Così si manterrà lo spirito del nostro dolcissimo Padre
e fondatore. A mantener meglio la pace e la tranquillità nelle ca-
se, si impediscano le dispute di nazionalità. Mai vantare la pro-
pria nazione per disprezzo delle altre: in tutte c'è del bene e del
male. Attenti nell'impedire che nelle case si fumasse; anzi modera-
re l'uso del tabacco da naso, aiutare ad abbandonarlo e persuade-
re a farne un uso discreto senza offrirne ad altri.
- Forte fu nel dichiarare che nessuno doveva permettersi di far
debiti. Anzitutto - osservò nessuno di noi può credersi un al-
tro Don Bosco; e poi è bene anche sapere che Don Bosco non
voleva punto debiti e che desiderava lasciar tutto bene aggiustato
prima di morire. D'altra parte egli rivestiva il carattere di fonda-
tore e perciò aveva tale ascendente nel mondo da potersi anche
ripromettere aiuti straordinari per sopperire alle spese a cui anda-
va incontro.
Molto esplicito fu anche riguardo alle vacanze in famiglia: nes-
suno andasse a passare le vacanze in famiglia. Solo dopo parecchi
anni di assenza si poteva permettere un periodo di otto giorni, in
casi eccezzionali fino a quindici. L'ispettore ne prendesse nota, si
informasse della condotta e dove scorgesse abusi li correggesse
senza por tempo in mezzo.

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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Oggi a queste norme si è apportata adeguata mitigazione, se-
condo le esigenze dei tempi e la maturità della mentalità re-
ligiosa.
Chiuso il Capitolo, tutti passarono a prendere congedo da
Don Bosco. Don Rua si affrettò a mandare a Roma gli articoli
organici da inserire nelle Costituzioni, per la debita approvazione
della Congregazione dei Vescovi e Regolari. Poi, il 19 febbraio
1905, mise tutti i salesiani al corrente dello svolgimento del Capi-
tolo e delle conclusioni, mettendo in evidenza la comunione di
mente e di cuore che lo aveva caratterizzato con lo spirito del
Padre presso la cui saima tutti passavano ogni giorno a pregare:
<( Noi si viveva - scrisse - in comunicazione continua con il
dolcissimo Padre >>. Donde «una calma inperturbata, una carità
veramente fraterna ed una esemplare accondiscendenza D tanto
che un confratello ebbe ad esclamare che a tali adunanze erano
state veramente scuola di sapienza, di umiltà e di carità n. Erano
ancora numerosi quelli che andavano debitori della loro formazio-
ne salesiana direttamente a Don Bosco. La trentennale esperienza
aveva portato al vaglio tante deliberazioni da inserire nelle costi-
tuzioni quale necessario compimento per le direttive soprattutto a
carattere disciplinare. Ed il criterio di scelta fu la coscienza e la
responsabilità di conservare integro lo spirito del fondatore e far-
ne sempre meglio fiorire l'opera provvidenziale. La Sacra Congre-
gazione romana emise il decreto di approvazione il lo settembre
del 1905 e il Prefetto card. Ferrata fece esprimere a Don Rua le
felicitazioni pel tatto con cui il Capitolo era stato condotto. Don
Rua tenne a rilevare che la organizzazione delle strutture nelle
varie ispettorie non corrisponde nella mente di Don Bosco alle
province » di altri istituti religiosi: Don Bosco voleva che tutta
la sua Congregazione fosse sempre un'unica famiglia, non tante
sezioni quante erano le ispettorie. Temeva che i salesiani un po'
alla volta si provincializzasrero.
Consolidamentoed espansione nell'ultimo sessenniodi Don Rua
I benefici effetti di un Capitolo Generale condotto con tanto
senno umano e tanta fedeltà allo spirito e al carisma del fondato-
re si notarono subito in tutta la Congregazione, che pur dovette

26.2 Page 252

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attraversare periodi difficili fra burrasche settarie che contraddi-
stinsero anche i primi decenni del nuovo secolo. I buoni continua-
vano a chiedere aperture di nuove case e ampliamento delle già
avviate. Don Albera, concludendo la sua visita nell'America del
Sud, s'era invece persuaso che convenisse andar molto cauti, per-
ché il prossimo avvenire poteva presentare molte sorprese anche
per il desiderio di alcuni vescovi di estendere la loro giurisdizione
sui territori man mano che essi vedessero sistemate le situazioni
più gravose.
Maturarono ben presto i tempi anche nella prefettura apostoli-
ca di Mons. Fagnano e nel vicariato di Mons. Cagliero. Mons.
Fagnano seppe sostenere i suoi progressivi sacrifici senza vederne
equa valutazione in terra, perché una dignitosa composizione del-
le aspirazioni nazionali ed episcopali neUa zona cilena tardò fino
alla sua morte nel 1916 con la erezione del Vicariato Apostolico
di Magellano e la nomina di un salesiano cileno Mons. Abramo
Aguilera a vicario con carattere vescovile. Mons. Cagliero, fatto
arcivescovo titolare di Sebaste e poi Delegato Apostolico a Costa-
rica, venne elevato alla sacra porpora nel 1915 da Benedetto XV.
I1 suo vicariato fu poi eretto in diocesi nel 1934, l'anno della
canonizzazione di Don Bosco, ed ebbe primo vescovo il salesiano
argentino Mons. Nicola Esandi.
L'Opera salesiana tra il 1904-05 si estese: a Ihagué in Colom-
bia, a Cuzco nel Perù, a Bagé in Brasile, ad Asuncidn e a Villa
Concepcion nel Paraguay, a Cordoba, Rawson, Santa Cruz, Ushua-
ya neSl'Argentina fino a Porvenir nell'arcipelago fueghino cileno.
In Italia: a Este, Potenza, Monteleone Calabro, Aragona, Fo-
glizzo Canavese; a Daszawa in Polonia; a Grand Bigard nel Bel-
gio; a Sierck in Alsazia-Lorena trasferita entro l'anno a Diedenho-
feu; a Londra in Inghilterra; a Carabanchel e Cadice in Spagna;
a Vianna do Castello nel Portogallo e a Gerusalemme in Pa-
lestina.
Nel 1905 il cuore di Don Rua fu particolarmente attratto al-
l'Italia Meridionale dal terremoto che devastò specialmente la re-
gione da Cosenza a Catanzaro, a Reggio Calabria. Da anni egli
pensava alla gioventù povera del meridione. Fin dal 1903 aveva
scritto al nuovo ispettore Don ConeUi: s Ricordati che le provin-
ce meridionali d'Italia devono avere le nostre preferenze... Pare
249

26.3 Page 253

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che il Signore ci voglia in quelle regioni meridionali a cui sono in
modo particolare rivolti il nostro affetto e la nostra attenzione,
stante i maggiori bisogni... ».
I1 flagello, che buttò sul lastrico oltre sessantamila persone,
senza tetto, senza viveri, senza indumenti, affrettò il suo interven-
to. Mandò salesiani in soccorso, raccogliendo orfani e distribuen-
doli in varie case; poi accettò profferte di pie benefattrici e auto-
rizzò l'apertura di due modeste case a Borgia e a Soverato Marina
che provvidero ai più urgenti bisogni del momento, consentendo
in seguito buon assestamento in centri più rispondenti. Favoriro-
no le fondazioni di Bari e San Severo. Bari soprattutto resistette
a durissime vicende per l'intelligente impulso impressole da Don
Federico Emanuel che divenne poi vescovo di Castellammare di
Stabia: superò i disagi di requisizioni ospedaliere e militari allo
scoppio del coléra e della prima guerra mondiale e continua la
sua bendca missione. Don Rua visitò la regione nel 1906 e
nel 1908.
Don Emanuel aveva già dato prova di particolari attitudini
nell'apostolato degli Oratori a Trino Vercellese e a Casale Mon-
ferrato dove Don Rua era riuscito nel 1905 a soddisfare le pro-
messe fatte al vescovo da Don Bosco stesso negli ultimi anni
della sua vita.
Chiamando nello stesso anno Don Baratta a Torino come
ispettore della Ispettoria Piemontese, Don Rua vide fiorire presso
la chiesa di San Giovanni Evangelista anche le Scuole Superiori
di Religione che egli aveva organizzato a Parma. Contemporanea-
mente presso le Scuole Apostoliche del Martinetto fece posto ad
una sezione pei giovani di lingua slovena che denominò « Colle-
gio Illirico ». E destinò la casa di Ulzio ad accogliere giovani fran-
cesi alla chiusura delle case di Francia. Ma questi non ressero al
freddo invernale e dopo un anno ritornarono in Patria.
Provvide pure al Canton Ticino con l'apertura della casa di
Maroggia in Svizzera e l'incremento dell'Oratorio di Lugano
(187).
In Spagna registriamo l'inaugurazione del collegio di Matar6.
I n Messico, la fondazione di Guadalajara che prosperò fino allo
scoppio deila persecuzione religiosa e riprese poscia h o a diven-
tar sede di una seconda ispettoria.

26.4 Page 254

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In Cile la Scuola Agraria di Linàres soprawive benefica-
mente.
Il rassodamento e la fioritura dell'opera salesiaua fuori di Eu-
ropa venne bene illustrata all'Esposizione Internazionale di Mila-
no (1906) con la sezione riservatale nella Mostra degli Italiani
all'Estero.
Spaziamo ora dal Medio all'Estremo Oriente ed all'Africa
Orientale.
Un colloquio di Don Bosco con Don Conelli, a San Benigno
Canavese nel 1886, sulle Missioni Cattoliche in Cina, con un cen-
no ad una futura partecipazione dei Salesiani e delle Figlie di Ma-
ria Ausiliarrice, aveva acceso fin d'allora tanto entusiasmo che pa-
recchi giovani salesiani si erano prenotati presso il maestro dei
novizi Don Ginlio Barberis. Ma Don Bosco volò al Cielo quindici
mesi dopo. Don Conelii tuttavia, capolista degli aspiranti alla spe-
dizione, ne aveva informato un Padre Gesuita della Civiltà Catto-
lica a Roma, P. Francesco Saverio Rondina, il quale aveva subito
intrapreso a propagare il progetto fra i suoi confratelli di Macao.
Chieste e ricevute copie delle prime biografie di Don Bosco e
del bollettino Salesiano, aveva continuato a curare tale propagan-
da da far desiderare i salesiani per i'educazione della gioventù ci-
nese e per la preparazione di buoni missionari. Egli era convinto
che « l a sola lettura della vita di Don Bosco basta ad innamorare
della sua persona e dell'opeva sua chiunque abbia in petto un cuo-
re cristiano o anche solo umano ».
Questa propaganda aveva suscitato interessamento fra le auto-
rità ecclesiastiche e civili di quella colonia portoghese in Cina. Le
richieste e le pratiche durarono fino al 1905. Quando si poté con-
cordare una buona convenzione, Don Conelli era già ispettore a
Roma e al suo posto fu scelto Don Luigi Versiglia, direttore della
casa di Genzano di Roma, che parti con Don Lodovico Olive,
Don Giovanni Fergnani e i coadiutori Lnigi Carmagnola e Gau-
denzio Rota, il 17 gennaio 1906, accompagnati al porto di Geno-
va da Don Paolo Albera. Durante la sosta del piroscafo a Napoli
sali a bordo Don Conelli recando loro un bel ritratto di Papa Pio
X che li benediceva col seguente autografo: « All'amato figlio D.
L. Versiglia ed agli ugualmente amati suoi compagni della Pia So-

26.5 Page 255

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cietà Salesiana, coi voto ardentissimo che il loro apostolato nella
Cina sia coronato dai migliori successi... Pio PP. X ».
In meno di un mese, il 13 febbraio, giunsero a Macao accolti
cordialmente dal rappresentante del vescovo e dal superiore dei
Gesuiti coi quali si sentirono come in famiglia. I1 vescovo li atten-
deva nella casa per essi preparata; ma siccome non era ancora tut-
ta in ordine, furono ospitati per una settimana dai Padri Gesuiti.
Ricordando una grande parola di Don Bosco: « Va avanti e può
far gran bene il missionario che sia circondato da una buona coro-
na di giovani: chi si mette per questa via, cioè si attacca alla gio-
ventù povera, non dà più indietro », i missionari inaugurarono
l'orfanotrofio Immacolata Concezione con una ventina di orfanel-
li cinesi. L'orfanotrofio prosperò rapidamente fino allo scoppio
delia rivoluzione in Portogallo. I settari allontanarono i religiosi
anche dalle colonie, sicché il vescovo di Macao fu costretto a farli
riparare ad Hong Kong, affidando loro un distretto tutto cinese, il
Hueng-Shan, per un biennio finché non passò la bufera. Ma anche
il breve esilio fu provvidenziale per orientarli poi in pieno terri-
torio cinese quando poterono tornare a Macao e Don Versiglia
divenne Vicario Apostolico di Shiu-Chow dove diede la sua vita
fino al martirio col suo giovane segretario Don Caravario. Ma que-
sto avvenne sotto il rettorato dei successori di Don Rua.
Don Rua poté invece mandare anche in India i primi missiona-
ri salesiani nel 1906. Don Bosco l'aveva sognata prima della Pata-
gonia e avrebbe realizzato il suo sogno prima di morire se ne
avesse avuto il tempo. Così si legge in una lettera del vescovo di
Meliapor a Don Rua in data 14 novembre 1901: L'anima apo-
stolica di Don Bosco vuole davvero una e più fondazioni nell'ln-
dia. Quando nell'agosto del 1885, terminati i miei studi a Roma,
io passai da Torino e andai ad una vostra casa di campagna (Ma-
thi Torinese) per ricevere la benedizione del vostro santo fondato-
re, egli, posandomi la mano sul capo, mi disse che benediceva le
mie opere. E quale benedirà più di un'opera così necessaria ed
opportuna per cooperare alla salvezza eterna di 300 milioni di in-
fedeli che popolano le Indie? ». I1 vescovo espose quindi a Don
Rua il suo progetto e l'anno seguente incaricò un suo sacerdote,
che si recava a Londra, di passare a Torino a trattarne a voce col
successore del Santo. Le pratiche si protrassero per tre anni, fui-

26.6 Page 256

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ché una convenzione adeguata consenti a Don Rua di preparare il
primo drappello di tre sacerdoti, un chierico, un coadiutore pro-
fesso ed un aspirante, sotto la direzione di Don Giorgio Tomatis.
Anche a loro Pio X mandò un'affettuosa benedizione col voto che
<< la nuova missione rendesse ognor più benemeriti deUa Chiesa i
figli di Don Bosco ». Sbarcati a Bomhay il 6 gennaio 1905, giun-
sero per terra a Meliapor due giorni dopo. Nel 1907 Don Rua
fece fermare in India un altro grande missionario diretto in Cina,
Don Eugenio Méderlet proprio a tempo per sostituire Don Vigne-
ron, uno dei primi sacerdoti partiti con Don Tomatis, che passa-
va all'eternità. Nell'inviare le condoglienza e il suo paterno con-
forto, Don Rua scriveva a Don Méderlet: « Cerchi di imparare
bene il Tamoul (la lingua indigena locale) e non pensi più aiia
Cina. Lei è neIl'India e ci resterà... ».
Don Méderlet non solo vi rimase, ma divenne arcivescovo di
Madras.
I1 successo dei missionari a Macao fece desiderare i salesiani
anche in un'altra colonia portoghese, a Mozambico nell'Africa 0-
rientale.
Le pratiche si protrassero dal 1897 al 1907. Ma appena arri-
vati a Mozambico i salesiani si buttarono al lavoro e riuscirono a
dissodare il terreno, a farvi trionfare civiltà e cristianesimo, tanto
da incoraggiare il secondo direttore Don Martino Recalcati a ten-
tare una penetrazione neli'interno con una vera missione. Non a-
vendo tempo a consultare i superiori di Torino, egli interpretò il
buon cuore di Don Rua il quale, quando lo seppe, mandò la sua
henedizione raccomandandogli di coltivare anche buone vocazioni.
Per sei anni i salesiani si prodigarono senza misurare disagi e sa-
crifici. Ma il diavolo parve scatenare tutte le potenze infernali:
alluvioni, cicloni e maltempo compromisero la bonifica del terre-
no a cui chiedevano il pane quotidiano; poi il governo settario
stroncò tutto esiliando i religiosi anche dalle terre di missione,
come in Cina (188).
Un cenno alle ultime fondazioni iiz America. Ci dobbiamo li-
mitare ad un elenco ed a qualche rilievo.
Tra il 1906-07: a Messico; a Camaguey nell'Honduras; a Piu-
ra nel Perù; a Valdivia nel Cile; a Montevideo neU'Uruguay; a Co-
xip6 nel Matogrosso; a Panamà; a Cartago di Costarica.

26.7 Page 257

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Contemporaneamente in Italia: a San Viro al Tagliamento,
Modica, Ravenna, Vigevano; in Spagna a Santander e Campello;
in Jugoslavia a Radna; in Polonia a Przemysl; in Belgio a Remou-
champs; in Palestina a Giaffa.
Tra il 1908-09: a Hawthorne e Paterson negli Stati Uniti; a
Sigsig nell'Ecnador; a Lorena, Campinas e Rio de Janeiro nel Bra-
sile; a Buenos Aires, Viedma, Treleu, nell'Argentina; a La Serena
nel Cile.
Alcune di queste fondazioni durarono poco; altre si potrebbe-
ro qualificare semplici traslochi per l'adeguamento delle opere alle
esigenze dei tempi (189).
L'elenco basta tuttavia a documentare il cumulo di lavoro che
si aggiungeva anno per anno a quello ordinario del Rettor Mag-
giore, perché si sa che nulla si faceva senza Don Rua e che questi
non si accontentava di sommarie informazioni per dare il suo as-
senso, ma ne seguiva le pratiche una per una, rendendosi conto
di ogni cosa. Come resistesse, con la sua esile costituzione e la
sua vita mortificatissima, sarà sempre prova di una prodigiosa assi-
stenza dall'alto.
Un altro rilievo possiamo fare. A leggere gli « Annali della
Società Salesiana >> (voll. I1 e 111 che riguardano il rettorato di
Don Rua) e più ancora i verbali delle adunanze del Capitolo Supe-
riore e le circolari di Don Rua a Salesiani e Cooperatori, si nota
facilmente che il criterio ispiratore dei suoi consensi alle proposte
di fondazione o di ampliamenti era sempre prevalentemente quel-
lo di carattere specificamente salesiano: di preferire le opere a ser-
vizio deUa gioventù p i ì ~povera ed abbandonata, i figli del popolo.
Per citare un caso: quando si trattò del grande istituto di Cor-
doba nell'ilrgentina, egli temporeggiò parecchio di fronte alla
grandiosità del progetto che sembrava destinato all'alta classe so-
ciale. Avute poi garanzie che avrebbe giovato alla media borghesia
ed ai figli del popolo che, elevandosi gradatamente, avrebbero po-
tuto assurgere a funzioni di responsabilità nel campo sociale, egli
animò l'ispettore Don Vespignani a superare le sue perplessità.
Con lettera del 2 giugno 1905 gli esprimeva bene il suo pensiero:
«Non inquietarti se hai inteso qualche cosa contro la fondazione
di Cordoba; siamo tutti persuasi della tua buona intenzione, tan-
to più che avevi un mio biglietto di consenso. Tutto sarà disposto

26.8 Page 258

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dalla divina Provvidenza e ne speriamo notevoli vantaggi morali
e materiali. Andiamo però sempre adagio neil'accettare nuove fon-
dazioni, stante la scarsità di personale. Quanto ail'idea di formare
in Cordoba un istituto somigliante all'Oratorio torinese, pensa
che nessuno avrà difficoltà, purché vi si proceda adagino, comin-
ciando dal poco e sviluppando a misura che vi sarà la necessità
ed i mezzi materiali e personali. L'Oratorio di Torino impiegò
dieci anni per avere una discreta cappella (quella di San France-
sco di Sales) ed una casa capace di 150 giovani. Nell'intenzione
di stabilire un grande istituto di studi, arti e mestieri, oratorio
festivo, ecc., potete fare un disegno adatto, da eseguirsi però solo
parte per parte a misura che si presenterà il bisogno, precisamen-
te come fece Don Bosco per l'oratorio... ». Così fecero i salesiani
a Cordoba. Ed i! tempio dedicato a Maria Ausiliatrice lo sta finen-
do solo ora (1972-73) Don Giuseppe Carnzzo che terminò da
qualche anno la costruiione del tempio salesiano di Mendoza.
Giova pure sottolineare la delicatezza di Don Rua nel sostene-
re la causa di Mons. Fagnano di fronte alle esigenze dei vescovi
di Ancud Mons. Lucero e Mons. Jara, che in pratica lo estromise-
ro dalla giurisdizione missionaria nella zona cilena della Prefettu-
ra. Don Bosco sembrava che presentisse questa prova.
Nel 1886 ospitando all'oratorio di Torino Mons. Jara in un
suo ritorno da Roma ancora semplice sacerdote, gli chiese ben tre
volte: « Lei vuoi bene a Don Bosco?... Ma davvero lei ama Don
Bosco? ». Alla terza risposta affermativa aveva aggiunto: « Se dav-
vero lei ama Don Bosco, ama anche i suoi figli? ».
Don Rua, accogliendolo all'oratorio da vescovo dodici anni
dopo, mentre egli continuava a dar molestie a Mons. Fagnano,
non solo gli usò tutte le cortesie, ma gli volle anche pagare il
viaggio di ritorno frno al Cile.
Quando poi a Roma fece presente che conveniva sostituire
Mons. Cagliero in Patagonia con un vescovo argentino, insistette
a richiedere che fossero riconosciute al vescovo salesiano le sue
benemerenze. Ciò che fece Pio X nominandolo arcivescovo titola-
re di Sebaste e affidandogli l'incarico di visitatore nelle diocesi ita-
liane di Tortona, Bobbio, Savona, Albenga, Ventimiglia e Piacen-
za; poi, quattro anni dopo, ali'apertura del canale di Panamà, in-
viandolo Delegato Apostolico presso 1; cinque repubbliche minori

26.9 Page 259

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di Costarica, Honduras, Nicaragua, Salvador e Guatemala. I1 go-
verno di Costarica, dove Mons. Cagliero avrebbe posto residenza
coi suoi segretari Don Felice Guerra e Don Valentino Nalio, chie-
se alla Santa Sede che egli avesse pure funzione diplomatica, aven-
do Costarica accreditato un Ministro presso la Santa Sede. E così
il veterano delle Missioni salesiane fu qualificato « Inviato Ponti&
cio in Centro America ».
Monsignore aveva obiettato al Santo Padre: « H o sessant'an-
ni, Santità, che potrò fare? Non conosco la diplomazia. Sono un
povero missionario. Conosco solo la diplomazia del Vangelo, quel-
la che aveva Don Bosco ».
Pio X gli rispose che egli pure aveva sessant'anni e portava il
peso del governo di tutta la Chiesa. Quindi lo benedisse e lo inco-
raggiò con segni di tanta stima e benevolenza.
A Costarica fu ricevuto coi massimi onori e seppe farsi amare
dalle autorità e dal popolo, trattando le prime sempre con bontà
e lealtà, prestando al popolo il suo gran zelo pastorale missiona-
rio (190).
IV e V Congresso dei Cooperatori Salesiani
L'anno l906 segna nel rettorato di Don Rua due grandi Con-
gressi di Cooperatori Salesiani che si tennero l'uno a Lima nel
Perii, l'altro a Milano in Italia. Don Rua partecipò solo al secon-
do personalmente. Ma tenne dietro anche al primo da Torino met-
tendo a disposizione dei Comitati Peruviani i superiori competen-
ti e gli esperti per le direttive logistiche e tecniche, informazioni
e documenti che loro potessero interessare.
Il Congresso di Lima fu innestato nel programma nazionale
di celebrazioni pel terzo centenario della morte del secondo Arci-
vescovo della capitale Santo Turibio; e venne integrato con una
Esposizione delie Scuole Professionali ed Agricole cui parteciparo-
no pure la case salesiane della Bolivia e rappresentanze di Coope-
ratori da altre repubbliche sudamericane.
Don Rua stesso ne diede notizia ai Vescovi della nazione chie-
dendo loro una buona parola di adesione e la benedizione pastora-
le. Fu poi ben rappresentato da Mons. Costamagna. L'inaugurò il

26.10 Page 260

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Presidente della Repubblica col Delegato Apostolico e le più alte
autorità. Vi affluirono un buon migliaio di Cooperatori e Coopera-
trici che accolsero con entusiasmo la Benedizione del Santo Pa-
dre, i messaggi del Papa e di Don Rua, impegnandosi a promuo-
vere l'educazione della gioventù e l'incremento della Pia Unione.
Distinti oratori, Salesiani e Cooperatori, trattarono dell'insegna-
mento della religione, di cui si auspicò l'introduzione anche nelle
scuole primarie e secondarie; degli Oratori festivi; della diffusio-
ne della buona stampa e della divozione a Maria Ausiliatrice.
La relazione sulle Scuole Professionali ~d Agricole era bene
accreditata anche dalla Esposizione e vennero poi premiate in par-
ticolare la casa di La Paz (Bolivia) con diploma di lo grado; quel-
le di Lima e di Arequipa con Diploma speciale; quelle di Sucre e
del Callao con Menzioni onorevoli.
A perpetuare la memoria del Congresso si benedisse la prima
pietra dell'erigendo tempio di Maria Ausiliatrice in Lima, fungen-
do da Padrini lo stesso Presidente della Repubblica e la sua Si-
gnora.
I1 Congresso di Milano cominciò con la benedizione della pri-
ma parte (fino alla crociera) del tempio di Sant'Agostino eretto al
centro del piano regolatore del grande Istituto Sant'Ambrogio, al-
lora ultimato solo neli'ala a sinistra di chi guarda la facciata. Com-
pi la funzione l'Arcivescovo Servo di Dio Card. Ferrari, assistito
da Don Rua, dall'Arcivescovo di Ravenna Mons. Morganti e dal
Primate della Dalmazia Mons. Dvomick.
Con un Breve del Santo Padre pervennero le adesioni di venti-
due Cardinali e di un centinaio tra Arcivescovi e Vescovi.
Le adunanze di sezione si tenevano nello stesso palazzo arcive-
scovile; le plenarie nella chiesa di San Pietro Celestino.
I temi afildati ad abili relatori si susseguirono più o meno in
quest'ordine: Opere di assistenza e patronato a favore degli Emi-
granti ed Emigrati - Educazione popolare e SocietB Cattoliche spor-
tive - Cura della gioventù studiosa e operaia - Scuole agrarie -
Missioni salesiane - Opera di Sant'Agostino (sodalizio di pietà per
ottenere dal Signore la grazia della salvezza della gioventù coope-
rando a preservare gli innocenti ed a ricuperare i fuorviati) - Apo-
stolato del mese del Sacro Cuore di Gesù per estendere e infervo-
rare la divozione al Divin Cuore.

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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La tragedia dell'emigrazione era già il gran problema dei tem-
pi. I Cooperatori vennero interessati con proposte pratiche dal re-
latore, che segnalò provvide iniziative di Mons. Scalabrini per l'as-
sistenza degli italiani in America, e di Mons. Bonomelli per la cu-
ra degli operai sparsi in Europa e nel Levante, nonché l'associazio-
ne cattolica per la « Protezione deila Giovane », di cui già si occu-
pavano le Figlie di Maria Ausiliarrice.
Don Rua viveva i grandi problemi e gradì l'elogio fatto ai sa-
lesiani da lui destinati all'assistenza degli operai impegnati nel tra-
foro del Sempione e fra gli emigrati in altri paesi d'Europa.
Egli aveva già avuto cordiali rapporti coi due vescovi. Anzi,
quando Mons. Scalabrini si disponeva alla visita dei suoi missiona-
ri per l'emigrazione in Brasile nel 1904, gli aveva scritto offrendo-
gli ospitalità nelle case salesiane e aveva inviato una circolare a
tutti i direttori perché si mettessero a sua disposizione per quan-
to gli potesse occorrere. « Quanto farete per lui - affermava in
una delle sue lettere - lo terrò farto per me e volentieri riceverò
da voi stessi notizie delle sue visite ». Cordiali accoglienze Monsi-
gnore trovò quindi dappertutto. A San Paolo del Brasile anche
molto solenni. La massa degli alunni interni ed esterni gli dedicò
una memoranda accademia. L'indomani S. E. celebrò la Santa
Messa per la comunità e si trattenne tutto il giorno coi salesiani
ai quali parlò degli emigrati e della loro assistenza (191).
I1 5 giugno arrivò a Milano Mons. Cagliero che assistette con
Don Rua e Mons. Morganti all'adunanza delle Cooperatrici alle
quali la Contessa Rosa di San Marco illustrò la missione della
donna, elevando un commosso tributo di omaggio a Mamma Mar-
gherita, la buona, umile, pietosa, prima Cooperatrice di Don Bo-
sco nella cura dei primi orfanelli dell'oratorio di Torino.
Mons. Morganti fece notare che la vocazione delia donna a
queste opere cosi proprie della sua missione è una grande grazia
di Dio.
Don Rua confessò candidamente che non andava mai a la-
no senza sentirsi commuovere daila benevolenza e generosità di
tanti benefattori e senza che si acuisse in lui il desiderio di vede-
re i salesiani corrispondere sempre meglio a tanta bontà e tanto
zelo.
Incisivo l'intervento di un sacerdote cooperatore a proposito

27.2 Page 262

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della valorizzazione dello sport nella cura della gioventù: « La gio-
ventù ci scappa in bicicletta e bisogna che noi le teniamo dietro
in bicicletta ».
Anche Don Rua batté le mani con entusiasmo, lieto di sentir
poi raccomandare l'uso di divise adatte ma conformi alla decenza
per le società e circoli sportivi cattolici, e denominativi non chie-
sastici ma attraenti, per conciliarsi maggior numero di simpatie e
adesioni senza urtare col rispetto umano di alcuno. Questo accor-
gimento, adottato poi un po' dovunque, favorì la fioritura di orga-
nizzazioni sportive che salvò tanti giovani dalla deriva.
I Cooperatori che disponevano di alloggi vennero incoraggiati
ad accogliere a pensione giovani operai e studenti che avessero
bisogno di ospitalità nei grandi centri. Riguardo all'agraria si cal-
deggiò l'appoggio ed il sostegno delle riviste specializzate dirette
dai salesiani.
Don Trione mise bene a fuoco la funzione dei Comitati fem-
minili di azione salesiana e Mons. Morganti fece notare che « i
disegni di ogni grande istituto di beneficenza li fanno sempre bra-
vi ingegneri; ma i capimastri che li eseguiscono sono sempre i
Comitati femminili 2.
Dopo la magistrale presentazione della missione sociale di
Don Bosco, fatta dall'Ing. Cesare Nava, Presidente della Congre-
gazione di Carità di Milano, Don Rua fece i ringraziamenti e ag-
giunse un cordiale rallegramento, rilevando: « Qualcuno dice che
i Congressi sogliono lasciare il tempo che trovano. Per i Congres-
si salesiani mi pare che non si possa dire. Infatti dal Congresso
di Bologna, oltre ai vantaggi che produsse con i suoi deliberati,
scaturì quel grande istituto con Oratorio e chiesa. Dal secondo
Congresso a Buenni Aire? sorse l'Istituto Salesiano nel quartiere
Palermo, con chiesa pubblica, collegio e scuole elementari, indu-
striali, professionali... ». Ne trasse quindi la conclusione auspican-
do per Milano il completamento più rapido dell'opera iniziata,
con l'nltimazione del tempio e la costruzione dell'ala corrispon-
dente a quella già in funzione.
Il Card. Ferrati si compiacque di tutto, ringraziando Don Rua
e i salesiani di Milano a nome della città, ben lieto che tante
anime buone e generose affiancassero validamente l'opera benefi-
ca. Al trattenimento che coronò l'ultima giornata Mons. Morganti
259

27.3 Page 263

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trasse argomento anche dall'artistico svolgimento per dimostrare
che i salesiani non atrofizzavano il fanciullo nei loro istituti, ma
sapevano usare ogni mezzo atto a educarne la mente e ad ingenti-
lirne il cuore ».
Tra i frutti del Congresso milanese va sottolineata la delihera-
zione presa dal Comitato di Azione Salesiana: di adunarsi una vol-
ta al mese per seguire praticamente e favorire lo sviluppo dell'O-
pera così bene avviata.
Rose e spine
I1 Congresso fu una rosa fra le non poche spine che I'Arcivc
scovo di Milano incontrava allora nel suo ministero pastorale,
confidò il Cardinale.
Anche il ministero di Don Rua procedeva fra rose e spine.
Una delle più pungenti in quegli anni fu la sottrazione dell'lstitu-
to delle Figlie di Maria Ausiliatrice d d a direzione dei salesiani.
Era prevista dalle nuove norme della Sacra Congregazione dei Ve-
scovi e Regolari le quali nel 1901 con l'art. 202 stabilivano che
una Congregazione femminile di voti semplici non potesse dipende-
re da una maschile della stessa natura (v. Normae secundum
quas). Ma per le povere suore, nate appena trent'anni prima e cre-
sciute in spirito di famiglia con l'assistenza dei loro fratelli salesia-
ni sotto la guida di Don Bosco e di Don Rua, era uno sconcerto
che effettivamente le mise in serie difficoltà. Don Rua non esitò
ad addossarsi l'odiosità di far presenti alla Congregazione Roma-
na i problemi che ne insorgevano. Ma quando gli pervenne la de-
cisione, fece per primo il sacrificio e diede ai salesiani le disposi-
zioni necessarie.
L'animo suo di fronte alle nuove situazioni l'aveva già aperto
all'ispettore di Buenos Aires Don Vespignani ed ad altri ispettori
quando ancor nel 1901 alcuni vescovi cominciavano a far sentire
le loro esigenze in proposito: « I l modus tenendi che ti suggeri-
sco è quello di trattare alla semplice col Rev.mo Arcivescovo: ot-
tenere da lui le autorizzazioni che egli crede di concedere, assecon-
darlo rispettosamente in ciò che esige ed evitare ogni questione
riguardante le Suore. In questo medesimo modo ho già risposto
anche ad altri. Noi siamo in aiuto dei vescovi, le Figlie di Maria
260

27.4 Page 264

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Ausiliatrice sono in aiuto nostro e fanno per le giovinette quello
che i salesiani fanno per i giovanetti; e poiché esse devono essere
informate allo spirito del loro e nostro fondatore e Padre, credo
che gli Ecc.mi Vescovi vorranno assistere esse e noi nel fare un po'
di bene alla povera gioventù, principale oggetto delle nostre cure.
Quindi procura di andare avanti con semplicità e prudenza, con
molta deferenza all'autorità dei vescovi, ché questo credo sarà il
miglior modo... n.
Le Suore, naturalmente, che ne provarono tutti i disagi, fece-
ro i loro passi ed ottennero graduale comprensione, anzitutto dal
Santo Padre, poi anche dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e
Regolari. Ma la soluzione adeguata venne solo dopo la morte di
Don Rua: nel 1911 con il riconoscimento della esenzione canoni-
ca dell'Istituto di diritto pontificio, poi con la nomina del Rettor
Maggiore dei salesiani pro tempore a Delegato Apostolico dell'I-
stituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Tra le spine fiorì la rosa più cara il 24 luglio del 1907, quan-
do il Santo Padre Pio X appose la sua firma al verdetto emesso il
giorno prima dalla Sacra Congregazione dei Riti per i'introduzio-
ne della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Don Bosco
facendone pubblicare il relativo decreto. Con questo atto, secon-
do la procedura di allora, Don Bosco era dichiarato 4 Venevabi-
le a.
I1 processo ordinario si era chiuso a Torino il loaprile 1897.
La ricerca degli scritti ed i relativi esami si erano protratti fino al
1901. Questi vennero vagliati a Roma ed ottennero l'approvazio-
ne nel 1906, mentre si raccoglievano le lettere postulatorie dei
vescovi, autorità, superiori di famiglie religiose, capitoli cattedrali
e pii sodalizi.
Concluso infine il processo de non cultu cioè la costatazione
che nel frattempo non si era prestato alcun culto arbitrario al Ser-
vo di Dio, la firma del papa autorizzava il processo apostolico.
Don Rua ne diede l'annuncio ufficiale il 6 agosto 1907, scriven-
do: « Don Bosco è venerabile! Questa è la fausta novella che da
tanti anni noi sospiravamo e che hnalmente sull'ali del telegrafo
ci giunse la sera del 24 luglio testè trascorso... Don Bosco è
venerabile! Quando mi toccò notificare, con mano tremante, a tut-
ta la famiglia salesiana la morte di Don Bosco, io scrivevo che

27.5 Page 265

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quell'annuncio era il più doloroso che avessi mai dato o potessi
dare in vita mia; ora invece la notizia della venerabilità di Don
Bosco è la più dolce e soave che io possa darvi prima di scendere
nella tomba. A questo pensiero un inno di gioia e di ringrazia-
mento erompe dal mio petto. Se vedemmo per tanti anni il no-
stro buon Padre accasciato sotto il peso di indicibili pene, sacrifi-
zi e persecuzioni, com'è consolante vedere la Chiesa Cattolica in-
tenta a lavorare per la gloria di lui anche in faccia al mondo. Se
mai ci avesse sorpreso qualche dubbio che la nostra Pia Società
fosse opera di Dio, ora il nostro sp to può riposare tranquillo...
Quanto dobbiamo esser grati al Sommo Pontefice Pio X, che si
degnò proporre la Causa di Don Bosco allo studio della Sacra
Congregazione molto più presto che non si soglia fare, trattando-
si di personaggi morti in concetto di santità! Il Cardinale Vives y
Tuto, Ponente della Causa, porgendo le sue congratulazioni alla
Pia Società Salesiana per la venerabilità di Don Bosco, parlò di
lui in modo da strapparci lagrime di gioia e da farci stimare come
uno specialissimo favore della Prowidenza l'essere suoi figliuoli.
In questi giorni poi ci piovono da ogni parte lettere di congratula-
zione di ragguardevolissime persone che partecipano alla gioia del-
la famiglia salesiana. Di tutto sia resa gloria a Dio, a Maria SS.
Ausiliatrice; torni ogni cosa a gloriiicazione di Don Bosco e si
avveri la parola del Vangelo che chi si umilia sarà esaltato... ».
La celebrazione ufficiale fu poi rimandata al 30 gennaio 1908
e athdata al gran cuore ed all'eletto spirito del Card. Ma&, arcive-
scovo di Pisa. Ma a contrastare renta gioia, ecco la solita setta
scatenare una vera tempesta di diiimazione dei salesiani intessen-
do una di quelle calunnie di cui era maestra in quegli anni di
denigrazione della Chiesa con campagne anticlericali che erano
propriamente antireligiose.
La bufera di infamie è passata alla storia col blando titolo di
« I fatti di Varazze >> e tentò di travolgere quel benemerito colle-
gio che aveva per direttore Don Carlo M. Viglietti, l'ultimo segre-
tario particolare di Don Bosco (192).
Non ne rinvanghiamo le vicende ben documentate dalla stam-
pa nazionale e salesiana, nonché da una apposita pubblicazione
dello stesso direttore: « L e vacanze di Varazze ». Don Rua, appe-
na n'ebbe sentore, indirizzò una protesta al Prefetto di Torino

27.6 Page 266

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invocando un'inchiesta in tutte le case salesiane d'Italia, a tutela
della verità e del buon nome della congregazione. Mentre poi i
giornali settari menavano virulento scalpore, amici e cooperatori,
exallievi e personalità dall'Italia e dall'estero levarono la voce fi-
no a farla giungere in Parlamento con formali interpellanze al Go-
verno.
I1 Circolo Don Bosco di Torino, il primo organizzato dagli
exallievi in città, indisse una manifestazione di pubblica protesta
con un imponente pellegrinaggio a Valsalice pel 29 settembre, o-
nomastico di Don Rua. Gremirono il cortile dell'istituto racco-
gliendo di fronte alla tomba di Don Bosco oltre quattromila per-
sone, allo sventoli0 di una trentina di vessilli delle associazioni
cattoliche torinesi.
Attorniavano Don Rua Mons. Cagliero e l'Ausiliare dell'arci-
vescovo di Torino Mons. Spandre, coi membri del Capitolo Supe-
riore della Congregazione, Mons. Catalanotto con una larga rappre-
sentanza dei Cooperatori della Sicilia, il Prevosto di Somma Lom-
bardo Mons. Rigoli coi Cooperatori lombardi e personalità da o-
gni parte d'Italia.
Mons. Spandre tessè l'elogio di Don Bosco mettendo in evi-
denza le benemerenze della Società Salesiana ed augurando a Don
Rua di veder presto il Padre comune alla gloria degli altari. Ap-
plausi, acclamazioni e grida di commozione durarono a lungo e si
ripeterono quando il vescovo diede lettura dell'autografo del San-
to Padre: <( Ai diletti figli del Circolo Giovanni Bosco di Torino
coi voti che, visitando la tomba del venerabile Servo di Dio, si
infiammino alle virtù delle quali egli ha lasciato luminoso esem-
pio, al diletto Don Rua Superiore Generale e a tutti i cari sacer-
doti, fratelli e Cooperatori della Congregazione Salesiana impartia-
mo con eifusione di cuore l'Apostolica Benedizione n.
L'avv. Enrico Mattina riaffermò quindi in un elevato discorso
le benemerenze dell'opera religiosa, civile e sociale di Don Bosco,
stigmatizzando la nefanda trama dei « sinistri artefici, barbari del-
la Patria, della religione e della carità », suscitando clamori di
protesta, di indignazione e di esecrazione.
Don Rua lasciò dar sfogo ad altri oratori e poi chiuse con bre-
vi parole di ringraziamento invitando Mons. Cagliero ad imparti-
re la benedizione inviata dal Santo Padre.

27.7 Page 267

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La lotta ebbe lungo strascico. Ottenuto il riconoscimento del-
l'innocenza dei salesiani, col conforto di un afflusso suaordiiario
di domande di ammissione ai loro collegi e più che mai a quello
di Varazze che poté aprire le sue porte pel nuovo anno scolastico
il 26 novembre in un memorabile tripudio cittadino con imbandie-
ramenti, cortei, musiche e illuminazione, i salesiani passarono dal-
la difesa alla querela per diffamazione contro i responsabili noti
sobillatori e mandanti. Venne così alla luce nell'episodio di Varaz-
ze una perfida orditura a raggio nazionale per strappare ai religio-
si l'educazione e l'istruzione della gioventù. << Forse è la prima
volta - scrisse la Civiltà Cattolica - che si legge nella storia un
metodo così forsennato di persecuzione contro il cattolicesimo »
(193).
Don Xua, schiarito l'orizzonte, scriveva ai salesiani, il 31 gen-
naio 1908: « Non vi ha dubbio che il Signore è con noi. Egli
stesso pigliò le nostre difese. E fu la potenza della destra di Dio
che impedì il male immenso che i nostri nemici avrebbero voluto
fare alla nostra Pia Società. Fu la sua infinita sapienza, che sa an-
che ricavare il bene dal male, che volse a nostro vantaggio la stes-
sa malvagità dei nostri calunniatori... È quindi nostro dovere in-
nalzare dal fondo del cuore i'inno della riconoscenza a quel Dio
che, se ci volle provare, se permise che avessimo a soffrire qual-
che cosa, ci fu pure largo di soavi conforti » (194).
Egli dal canto suo, ai primi di febbraio, incurante dell'età e
degli acciacchi che lo affliggevano intraprendeva un secondo pel-
legrinaggio m Terrasanta, al Calvario del Divin Salvatore, offren-
do l'olocausto della sua vita che stava ormai per consumarsi in
benedizione.
Non ci soffermiamo a descrivere il viaggio, cui egli diede pro-
prio il carattere di pellegrinaggio. Ìì, facile immaginare la gioia dei
salesiani, delle suore, dei Cooperatori, allievi ed exailievi che eb-
bero occasione di avvicinarlo. Durò tre mesi e mezzo con soste a
Milano, Mogliano Veneto, Gorizia, Trieste, Lubiana e Radna,
compresa una capatina a Vienna, nell'andata; due notti in treno
attraverso la Jugoslavia e la Bulgaria, altra sosta a Costantinopoli,
donde si imbarcò per Smirne e, visitate le rovine di Efeso riviven-
do gli anni trascorsi dalla Madonna con l'apostolo ed evangelista
San Giovanni e le grandi giornate del Terzo Concilio Ecumenico

27.8 Page 268

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che ne defini la divina Maternità, per Beirut e Damasco raggiunse
la valle del Giordano. Da Tiberiade raggiunse Nazareth dove i sa-
lesiani stavano erigendo accanto all'Orfanotrofio il tempio a Gesù
Adolescente. A quella vista « m i spuntò in cuore - scrisse com-
mosso - una fervida speranza che i salesiani abbiano a fare un
gran bene alia gioventù, proponendo sovente come modello il gio-
vanetto Gesù, così puro, obbediente e laborioso... ».
Il diario di Don Bretto che lo accompagnava segna in Galilea
i'incidente del cavallo che ad un tratto lo sbalzò di sella. Ma se
la cavò con un'ammaccatura, riuscendo subito a rialzarsi da sé,
sorridendo.
Celeste rapimento provò sul Tabor che salì per due ore a pie-
di, celebrando neila chiesa deiia Trasfigurazione: << È impossibile
in quel luogo non pensare al Cielo, il quale non sarà altro che un
Tabor, da cui non discenderemo mai più. Colà contempleremo
non solo per alcuni istanti, ma per tutta l'eternità, quel Gesù che
fece andar fuori di sé gli Apostoli, sollevando per un istante un
lembo del velo che celava la sua divina natura P.
La sera del 23 marzo era a Betlemme, dopo una breve prima
sosta a Gerusalemme per ossequiare le autorità. Al grido di <( Vi-
va Don Rua » con cui fu accolto entusiasticamente anche dalla
popolazione, egli rispose: <( Sì, viva Don Rua sempre in grazia di
Dio ».
Trascorse quasi tre settimane dividendo il tempo anche nelle
case di Cremisan e Beitgemal e visitando i luoghi santi. A Gemsa-
lemme ritornò il 27 marzo per celebrare neila casa delie Figlie di
Maria Ausiliatrice ed il 30 sul Santo Sepolcro. Qui - scrisse -
« ringraziai il Signore di aver fatto trionfare la nostra Pia Società
contro le calunnie dei nostri nemici e d'averne anzi ricavato im-
menso vantaggio per le opere nostre. In quell'augusto tempio rin-
novai la consacrazione deila nostra congregazione al Sacro Cuore
di Gesù e pregai a lungo perché tutti i suoi membri perseve-
rino nelia loro vocazione e neppur uno abbia a perire... il mio
pellegrinaggio ai luoghi santi non doveva essere un pio esercizio
di privata divozione, ma aveva per fine il bene generale della no-
stra Società e la santificazione di ciascuno dei suoi membri... ».
Compì le funzioni della settimana santa nella casa di Betlem-
me, ma a mezzogiorno del venerdì santo era a Gerusalemme per

27.9 Page 269

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partecipare alla solenne Via C~uciscon la massa del popolo e dei
pellegrini, a fianco del Padre francescano che la dirigeva.
Nella cronaca sono registrati anche fatti singolari. A Radna
aveva trovato in infermeria due ammalati assai gravi; li benedisse
e tranquillizzò la comunità trepidante: guarirono tutti e due. A
Costantinopoli i salesiani erano preoccupati per le d&coltà che in-
contravano nell'acquisto di un terreno necessario. Don Xua bene-
disse il terreno e vi getta alcune medaglie rassicurando il diretto-
re: « Sta' tranquillo. Frs due anni sarete a posto anche voi ».
Così avvenne.
A Naim e a Gifne, dove da mesi si soffriva di una tremenda
siccità, unì le sue preghiere a quelle degli abitanti, e prima che
finisse la giornata pioveva... « Abbiamo pregato per la pioggia -
disse celiando - e la pioggia ha bagnato anche noi S.
A Gerusalemme, dalle Suore, voleva dare qualcosa alle ragaz-
ze della scuola ed ai bimbi dell'asilo; ma Don Bretto non aveva
in tasca che una trentina di pasticche di menta. Cominciò a distri-
buire e n'ebbe anche per le suore... (194).
Nei ritorno sostò ad Alessandria d'Egitto, a Malta, a Catania,
$1 Messina, a Bova, Soverato, Borgia, Bari, Macerata, Loreto, Bolo-
gna, Parma, Alessandria, allietando salesiani, suore, alunni ed a-
lunne..., lasciando in ogni casa la sua buona parola e la sua
benedizione. I1 20 maggio era a Torino per la festa di Maria
Ausiliatrice.
Dopo le feste tradizionali, riprese i suoi viaggi per le case
alternandoli con soste in quelle di formazione per gli esercizi
spirituali, le vestizioni e le professioni reli,-'1ose.
Ebbe così agio di vedere coi propri occhi il bene che il Signo-
re andava traendo dalle prove di cui aveva tanto sofferto l'anno
precedente. I collegi erano pieni di giovani, gli oratori festivi af-
follatissimi e molto attivi, gli exallievi sempre più affezionati e
riconoscenti ai loro educatori, i Cooperatori in aumento: accorre-
vano a tutte le case, ali'annuncio del suo passaggio, pronti a col-
laborare coi Salesiani e con le Figlie di Maria Ausiliatrice ovun-
que potessero.
Tra il 1908-09 si apersero nuove case a: Migliarina, Marina
di Pisa, Gioia de' Marsi, Napoli-Tarsia, Caltagirone in Italia; Mal-

27.10 Page 270

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ta; Melles lez Tournai e Antoiny nel Belgio; S. José del Valle e
Salamanca in Spagna; Oporto in Portogallo.
Qualcuna di queste fondazioni durò poco e venne trasferita in
sede migliore.
Quella di Melles lez Tournai, pur non comparendo ufficialmen-
te per la persecuzione che durava in Francia, rese un ottimo servi-
zio a giovani orfani e alle vocazioni tardive per un buon venten-
n i ~G. randiosa la chiesa Parrocchiale di Marina di Pisa, opera del-
l'architetto Arpesani di Milano, che sostituì l'umile cappella di
un orfanotrofio fondato dal celebre predicatore Padre Agostino
da Montefeltro. Più caratteristica l'opera di Napoli-Tarsia per sor-
domuti, fondata nel 1853 da Don Apicella col francescano P. Lui-
gi Ajello che si consacrarono al provvido apostolato. I Salesiani
col nuovo metodo razionale riuscirono a portare i sordomuti a sor-
doparlanti. La casa di Caltagirone l'ottenne da Don Rua il pro-
Sindaco della città Don Luigi Sturzo che divenne poi il fondatore
del Partito Popolare Italiano e aprì la strada alla Democrazia Cri-
stiana. A Malta fu un gran Cooperatore, sig. Gilea, ad offrire ai
Salesiani una sua « Juventutis domus » ben cosmtta ed arredata,
che formava ottimi giovani con Scuola di Religione, Circolo di
Cultura e Scuole popolari. A S. José del Valle venne sistemato il
noviziato e a Salamanca s'avviò l'opera che si sviluppò poi in un
liceo-ginnasio degno della città. A Oporto, una moderna Scuola
Professionale che tenne il passo coi tempi e superò anche la bufe-
ra rivoluzionaria. Corona a tante opere Don Rua mise a Roma
con la costruzione della chiesa, oggi basilica, di « Santa Maria Li-
beratrice » al Testaccio, che poté personalmente otfrire al Santo
Padre Pio X come omaggio pel suo Giubileo d'oro sacerdotale nel
1908, con oratorio e scuole popolari nella zona più infestata dal-
l'anarchia e dal socialismo. La storia di ailora pare leggenda a
distanza di anni, fra lotte, sassaiole, dimostrazioni anticlericali e
blasfeme (195).
Egli partì da Torino per Roma il 10 novembre, accompagnato
da Don Francesia, sostando a Sampierdarena, La Spezia, Livorno
e Collesalvetti. Dalla capitale, in attesa della consacrazione del
tempio e dell'udienza pontikia, visitò le case del Lazio, fu a Tre-
vi e a Gualdo Tadino. Ebbe la sua parte nelle feste della consacra-
zione e fra le altre funzioni benedisse il vessillo del Circolo Gio-

28 Pages 271-280

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vanile fra lo sventoli0 dei vessilli di quasi tutti i Circoli e le
associazioni cattoliche di Roma. Ebbe anche la gioia di assistere
alla consacrazione del quarto vescovo salesiano Mons. Giovanni
Marenco, eletto alla sede di Massa Carrara e otto anni dopo pro-
mosso Internunzio Apostolico in Centro America, quando Mons.
Cagliero fu fatto Cardinale. Don Rua offerse al nuovo vescovo la
croce pettorale di Mons. Lasagna.
A reggere la parrocchia aveva destinato un'anima apostolica
provvidenziale, Don Luigi Olivares, morto poi in concetto di san-
tità Vescovo di Nepi e Sutri. Il 10 dicembre ebbe i'udienza pon-
tificia. Pio X lo accolse con tanto affetto e ricambiò l'omaggio del
nuovo tempio con l'offerta della chiesa di San Giovanni della Pi-
gna presso la Minerva, vicino allora al vicariato. Nei locali annes-
si si stabilì la Procura Generale dei Salesiani con Don Dante Mu-
nerati che la lasciò a Don Tomasetti quando egli fu eletto vesco-
vo di Volterra. Al termine deli'udienza privata, il Papa ammise
anche vari superiori salesiani con la Madre Generale delle Figlie
di Maria Ausiiiatrice Caterina Daghero e Don Francesia il quale
lesse al Papa un aiale indirizzo di devozione e di augurio a nome
di tutta la triplice Famiglia, degli alunni e degli exallievi. La sera
stessa Don Rua scendeva a Caserta, Castcllammare, Napoli e Por-
tici.
Fra gli episodi straordinari, guarigioni e predizioni, il più no-
tevole è forse la moltiplicazione delle Ostie consacrate nel dar la
Comunione a 230 alunni delllstituto di Caserta di cui rese testi-
monianza ai processi canonici il direttore Don Federico Emanuel.
Rientrato a Roma riprese la via del ritorno, sostando ad Anco-
na, ospite del vescovo, Loreto, Jesi, Eirenze, Milano dove il Card.
Ferrari concordò con lui l'erezione della Chiesa salesiana in par-
rocchia, e Novara.
A Torino parve ringiovanire.
Ma ecco, dopo le feste natalizie, giungere la tragica notizia
del violentissimo terremoto di Messina che raggiunse anche Reg-
gio e vasta zona delle coste della Calabria, mietendo duecentomila
vittime e gettando sul lastrico migliaia di superstiti, spogli di tut-
to, feriti, gementi, raminghi come impazziti dal terrore. Dei colle-
gi salesiani il più colpito fu il San Luigi di Messina dove perdette-
ro la vita sei sacerdoti, due chierici, un coadiutore, trentotto allie-

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vi, quattro inservienti ed un ospite. Don Livio Farina col ch. Ama-
to, semivestiti e sotto pioggia dirotta, aggirandosi fra le macerie,
riuscirono a trarre in salvo una quarantina di convittori. Le Figlie
di Maria Ausiliatrice ebbero una vittima, una giovane edncanda
ad Alì Marina. Danni, feriti, crolli, devastazioni in altre case.
Don Rua inviò subito da Torino uno dei superiori maggiori ad
organizzare soccorsi. Da lui ebbe notizie precise e dettagliate, con
la documentazione deli'eroismo dei superstiti accorsi dalle altre
case nei centri colpiti per prestar cure ed aiuti alle povere popola-
zioni. Seguendo le tradizioni di Don Bosco il successore fece tele-
grafare subito agli Arcivescovi ed ai Prefetti di Messina e di Cata-
nia: << Trepidante sulla sorte dei miei confratelli ed allievi della
Calabria e della Sicilia, penso propiziare su di essi la bontà di
Dio aprendo nuovamente le porte dei miei istituti ai giovinetti
orfani pel terremoto. Telegrafai a Catania Ispettore Salesiano
dott. Don Bartolomeo Fascie perché si metta a disposizione V. E.
ed Ecc.mo Prefetto per provvedere ai più urgenti bisogni giovi-
netti soaerenti, sicuro compiere opera di fede e patriottismo ».
Raccomandò poi all'ispettore di Roma Don Conelii di metter-
si a disposizione delle organizzazioni pontificie e statali pel soccor-
so in altre zone specialmente della Calabria. Ma la filantropia lai-
ca volle il monopolio anche in queste opere di beneficenza e para-
lizzò non poco le organizzazioni caritative religiose, tentando perfi-
no di far consegnare a quelle statali gli orfani già ospitati a Cata-
nia e in altre case salesiane.
Tristezza dei tempi, di cui la storia ha documentato episodi
dolorosi di contrasto con la carità delia Chiesa.
Alba giubilare e sereno tramonto
Come per Don Bosco l'andata a Roma per la consacrazione
del tempio al Sacro Cuore di Gesù e l'omaggio al Papa Leone
XIII fu l'ultimo viaggio alla città eterna, così per Don Rua l'an-
data per la consacrazione del tempio a Santa Maria Liberatrice e
l'omaggio al santo Pio X.
Fino ali'ultimo egli fece a metà con Don Bosco.
Nessuno però lo presentiva, tranne gli intimi che conoscevano
i suoi acciacchi di salute, perché, pur vedendolo ormai diafano e

28.3 Page 273

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quasi i'ombra di sé stesso, tutti scorgevano in lui tale alacrità di
spirito nel lavoro e tanta agilità di movimento da legittimare la
preparazione dei festeggiamenti per la Messa d'Oro che avrebbe
dovuto celebrare il 29 luglio 1910. Tant'è che nel 1909 Salesiani,
Exallievi e Cooperatori abbozzarono programmi e indissero conve-
gni animandosi a vicenda ad una gara di manifestazioni che avreb-
bero dovuto compensare il successore di Don Bosco delle pas-
sate e recenti tribolazioni. E mentre egli si prodigava ancora in
visite a case più vicine, in corrispondenza con quelle lontane, essi
andavano formulando progetti per l'apertura dell'anno giubilare,
il 29 luglio 1909.
Dall'estero giungevano notizie consolanti. A Hawthorne, poco
lungi da New York, cominciava a funzionare l'Istituto Columbus
con otto classi di << Grammatica corrispondenti alle elementari,
tecniche e ginnasiali, per figli di italiani.
A Paterson, covo di sovversivismo, si avviava l'apostolato di
due salesiani i quali vi si stabilirono dopo la morte di Don Rua
per la cura della parrocchia Sant'Antonio che fiorì con oratorio,
scuole elementari e circoli giovanili &o ad operarvi tanta benefi-
ca trasformazione da far germinare Scuole Professionali e Tecni-
che in un secondo istituto salesiano.
A Sigsig neli'Ecuador si preparava la residenza, fissata poi per
la festa di San Francesco di Sales, dove fiorì l'oratorio festivo ed
un ferventissimo Centro di Cooperatori salesiani che prestava assi-
stenza anche ai missionari di passaggio e fece ben presto sorgere
un devoto santuario a Maria Ausiliatrice.
In Brasile, a mezzo chilometro dal collegio San Gioachino di
Lorena si allestiva una Scuola Agraria; e a Campinas un esternato
con Oratorio. Durò appena una decina d'anni un altro esternato
«Venerabile Don Bosco » a Rio de Janeiro; ma fertilizzò spiri-
tualmente il campo per un istituto più aggiornato ed una parroc-
chia tra le a favelas » degli immigrati dall'interno, più un grandio-
so istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
In Argentina, a Buenos Aires sorgeva il tempio a San Carlo
Borromeo presso il collegio di Almagro, la cattedrale a Viedma
ed un'altra chiesa a Trelew, dedicata a Maria Ausiliatrice, all'om-
bra della quale presero poi tutto il loro sviluppo le Scuole salesia-
ne e delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

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Nel Cile, i salesiani tornavano a La Serena, dove nel 1905
avevano dovuto interrompere il loro apostolato fra la gioventù...
A Torino, il 29 luglio, si volle aprire con solennità l' « Anno
Giubilare » con una devota funzione nel santuario di Maria Ausi-
liatrice. Gli allievi delle varie case di Torino accorsero alla Messa
di Don Rua. Quelli dell'Oratorio di Valdocco, Casa-Madre, sedet-
tero a mensa con lui e coi superiori allietando l'agape familiare
con canti e dedamazioni in cui formulavano i più fervidi voti.
Don Rua ringraziò affettuosamente, ma lasciò capire che non
sarebbe arrivato alla Messa d'Oro. Tuttavia neUe vacanze volle
trovarsi a tutti i corsi di esercizi spirituali dei confratelli e dei
novizi, e continuò le sue deposizioni al Processo Apostolico per
la beatificazione di Don Bosco, iniziate l'l1 giugno presso la Cu-
ria Arcivescovile. Le concluse il 20 novembre, edificando i gindi-
ci con la sua santità.
Come se le 32 sedute non l'avessero stancato, si recò subito a
San Benigno Canavese con gli altri superiori maggiori per gli stu-
di preparatori dell'XI Capitolo Generale che avrebbe dovuto te-
nersi nell'agosto dell'anno seguente 1910. Ma la sua salute ripre-
se a peggiorare: il 23 novembre fu costretto a celebrare nell'infer-
meria; rivolse ancora la sua parola ai novizi coadiutori, poi tornò
a Torino dove fu costretto a letto per vari giorni. Migliorato al-
quanto, ai primi di gennaio del 1910 scese ancora con la comuni-
tà fino al 14 febbraio, quando dovette darsi per vinto. Celebrò
per l'ultima volta la Santa Messa, poi si arrese docilmente all'ordi-
ne dei medici adattandosi alle estreme cure, dando qualche udien-
za a confratelli e visitatori, compiendo sempre esemplarmente ad
ora fissa le pratiche di pietà prescritte dalle Regole.
La sera del 15 febbraio pregò il fido coadiutore Giuseppe Ba-
lestra, che non lo abbandonava un istante, a trasmettere la corri-
spondenza al Prefetto Generale Don Rinaldi: « Portala a Don Ri-
naldi - gli disse consegnandogli quella che teneva sullo scrittoio
- gli dirai che pensi a sbrigarla, perché io non posso più far-
lo *.
L'indomani, i medici chiamati a consulto lo diedero gravissimo.
E Don Rinaldi diramò una lettera a tutte le case salesiane indicen-
do speciali preghiere ed assicurando regolari informazioni secondo

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il « Bollettino dei medici. Questi registravano un lieve migliora-
mento dal 18 al 22 febbraio.
La stessa mattina del 1s accorse il Cardinale Arcivescovo Ago-
stino Richelmy, il quale lo confortò con la sua benedizione.
Poi furono ammessi il Presidente della Federazione Universita-
ria Cattolica Italiana, il marchese Filippo Crispolti e pochi altri.
L'allarme fece affluire lettere e telegrammi da varie parti del
mondo.
Fra i primi, il Santo Padre Pio X con una specialissima bene-
dizione, Cardinali di Curia, Vescovi, Principi, Autorità e persona-
lità, Cooperatori, Exallievi, oltre i Salesiani e le Figlie di Maria
Ausiliatrice, umile gente del popolo.
Chi scriveva, chi correva alla portieria a chiedere notizie poi
passava in chiesa a pregare... Al Cottolengo e in altri istituti si
iniziarono subito preghiere speciali...

28.6 Page 276

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PARTE 111:
A METÀ CON DON BOSCO
FINO AGLI ALTARI
... La « Chiamata del Padre
Fin dal diario della malattia di Don Rua si ha l'impressione
che si risentisse la trepidazione suscitata dall'allarme per la malat-
tia di Don Bosco, se ne rivivessero le vicende e la partecipazione
a raggio mondiale.
Perfino la durata della degenza a letto varia di poco.
Dal 20 febbraio un articolo de «L'Osservatore Romano » ac-
crebbe il cumulo di posta che giorno per giorno veniva con pre-
mura recapitata ai superiori maggiori.
«Dio, che tutto può, allontani la data fatale: noi non sappiamo pensa-
re la Congregazione Salesiana senza il suo Rettor Maggiore, senza Don Rua.
Egli è che più awicinò il grande fondatore e padre, egli che più ritrasse
dello spirito di lui, egli a noi lo tramandò puro e vitale. La lunga dime-
stichezza che Don Rua ehbe col fondatore, la capacità di mente e di cuore a
intendere e ritenere i segreti della grande anima lo indicarono nettamente
quale successore e continuatore delle opere mirabili di carità e di reden-
zione iniziate da Don Bosco nei deserti prati di Valdocco, fra una turba
di fanciulli cenciosi ed estese poi ai più lontani lidi dell'herica, deli'Asia,
dell!Africa inospitale. In questo momento le case di Missione sparse dal-
l'Equatore alla Terra del Fuoco non sanno che-il loro padre sta lottando
tra la vita e la morte; ma ben conoscono quanto poca vitalità rimanga in
quel corpo affranto daile immani fatiche, rotto dai viaggi e dalle cure di
un'azione mondiale.
Tutti sanno che Don Rua da dieci, da quindici anni vive di una vita
piò celeste che terrena. La divina misericordia ascolti le preghiere e le sup-
pliche di tanti innocenti, hendcati e soccorsi dalla carità salesiana, e ci
conservi il successore di Don Bosco » (196)

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Altri giornali diffondevano quasi quotidianamente i Bollettini
sanitari.
Tra le visite degli Exallievi gli tornò molto cara quella del
prof. Costanza Rinaudo, Ordinario di Storia alla Regia Universi-
tà di Torino, che gli svelò tanto affetto e venerazione per Don
Bosco, pur militando allora in altro campo. Don Bosco, l'aveva
aiutato a finir gli studi anche dopo che egli ebbe lasciato, da chie-
rico, la Congregazione.
Il 22 febbraio, il proi. Battistini definì la malattia: miocardite
senile.
Un altro exallievo carissimo accorse al suo letto il 23: Mons.
Vincenzo Tasso, vescovo di Aosta; poi Don Angelo Rigali, prevo-
sto di Somma Lombardo al quale disse: « M i rallegro degli anti-
chi allievi, perché vedo che fanno bene e vanno crescendo in que-
sta Unione la quale è destinata a far del bene anzitutto a loro
stessi, poi alle loro famiglie ed alla società. Li benedico di cuo-
re )>.
AUa Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Ma-
dre Caterina Daghero, diede la benedizione per tutto l'Istituto,
compiacendosi delle buone notizie che gli era venuta a confidare.
Lo stesso giorno giunse un'altra affettuosa bericdiiiorir del
Santo Padre che si teneva al corrente per mezzo del Procuratore
generale Don Dante Munerati.
Il 24, lo confortarono con le loro visite: l'exallievo Mons.
Luigi Spandre, vescovo di Asti; l'Ausiliare dell'Arcivescovo di To-
rino Mons. Castrale col segretario del Cardinale, teol. Franco e il
gentiluomo Conte Olivieri di Vernier. Poi il Comm. Rezzara di Ber-
gamo, il Conte Luigi Caisotti di Chiusano, il prof. Guido Blotto,
I'ing. Rodolfo Sella, il cav. Oreste Macciotta e il teol. Suppo,
dirigenti del movimento federativo agrario, che teneva in quei
giorni la sua XIII Assemblea Generale nel teatro dell'Oratorio.
« Mi rallegro con loro - disse Don Rua - che promuovono
con tanto zelo il miglioramento agrario: anche questo è un bel
mezzo per salvare delle anime D.
Il 25 ricorreva l'anniversario della morte di suo fratello Luigi
(t nel 1851),e Don Rua confidava a Don Francesia: « Oggi cre-
devo di morire, credevo che mio fratello Luigi mi venisse a pren-
dere S .

28.8 Page 278

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- Ma tu non sei più di Luigi; - gli obiettò Don Francesia
- tu sei nostro e noi non vogliamo lasciarti partire. Ricordi? I l
giorno stesso della commemorazione che Don Bosco fece del tuo
Luigi, il 30 marzo 1851, venni io all'oratorio e ci amammo sem-
pre come fratelli.
- È vero! - conchiuse Don Rua. - Ti raccomando di non
dar l'allarme in casa. E intanto sia fatta la volontà del Signore.
Lo stesso giorno poté ricevere il direttore deli'Istituto San
Giuseppe dei Fratelli delle Scuole Cristiane, prof. Candido Chior-
ra con un rappresentante degli allievi, che chiese la benedizione
per superiori ed alunni, facendo tanti auguri per la Messa d'Oro.
Don Rua gradì tutto, ma amabilmente conchiuse: Però bisogna
fare i conti col Padrone... ».
Giunse pure un'affettuosa lettera del Card. RampoUa, Protet-
tore dei salesiani; un telegramma da Budapest con gli auguri dei
Cooperatori ungheresi raccolti a Congresso, firmato da Mons. Va-
rady. Altri Cardinali e Vescovi chiedevano notizie; dal Municipio
più volte al giorno. Verso mezzanotte giunse da Massa Carrara
Mons. Marenco, il quale celebrò l'indomani la Messa nella chiesa
di Maria Ausiliatrice, poi salì dall'infermo e stette a lungo in
colloquio con lui.
Da Milano, la Principessa Gonzaga con un figlio; dalla città,
l'avv. cav. Maggiorino Capello con la consorte contessa Amalia; il
can. prof. G. R. Anfossi, exallievo; il nipote prof. Rua da Roma;
P. Gemelli col Provinciale dei Frati Minori; il Sindaco di Torino
sen. Teofilo Rossi con l'assessore a w . Cattaneo...
A sera, il Card. Mercier, arcivescovo di Malines e Primate del
Belgio col suo ausiliare Mous. Wacter, il quale salì dall'infermo
l'indomani dopo aver celebrato nel santuario di Maria Ausiliatri-
ce. Gli recò un'altra benedizione del Santo Padre, che gli aveva
detto: «Eminenza, porti a Don Rua la mia benedizione e gli e-
sprima i voti più ardenti del mio cuore per la sua preziosa salu-
te n. Si trattenne da solo a lungo con Don Rua esponendogli la
preghiera del Governo Belga per l'invio dei salesiani nel Congo.
Per tutto il giorno 27 febbraio non fu più ammesso che il
dott. Vignolo Lutati a condizione che l'infermo non parlasse: que-
sti si limitò a ringraziarlo di alcune bottiglie di buon << Barolo »
che gli aveva fatto pervenire da casa sua.

28.9 Page 279

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I1 mese si chiuse con funzioni propiziatrici nella chiesa dei
Santi Martiri, per iniziativa degli exallievi, con fervida predicazio-
ne del teol. Piano. Marzo si aperse con la « Corte di Maria » nel
santuario di Maria Ausiliatrice. Commovente partecipazione di po-
polo a tutte le funzioni e fervore di suppliche per la salute di
Don Rna.
Da Roma, fra gli altri Cardinali, si associava 1'Em.mo Vives y
Tuta il quale, formulando i suoi auguri specificava che egli anzitut-
to domandava quello che più piacesse a Gesù « perché Gesù ama
ben più di noi e voi il carissimo infermo P. Al direttore della
Casa-Madre, Don Secondo Marchisio, incaricandolo di ringraziare
confratelli e giovani di tante preghiere, Don Rna confidò: « Voi
fate la " Corte di Maria " per me; ma io l'ho cominciata prima di
voi. Suonando mezzanotte ero desto e ho detto alla Madonna:
Ecco, comincia ora la vostra Corte; mi unisco anch'io a rendervi
omaggio con tutti i vostri figli dell'Oratorio B.
Ai giovani dell'Oratorio si univano i corrigendi delia « Gene-
rala » pregando e facendo voti per la guarigione di Don Rua.
Egli, gratissimo a tutti, se ne stava sereno abbandonato in
Dio. A Don Francesia, che doveva allontanarsi per un corso di
predicazione, raccomandava di tornar presto. Intanto altri superio-
ri supplivano il suo confessore ordinario a celebrare ogni giorno
nelia cappellina dell'appartamento e a dare all'infermo la comunio-
ne; poi la sera a recitare con lui le orazioni ed a scambiarsi un
buon pensiero per la « buona-notte » salesiana. I1 buon Balestra
gli leggeva fedelmente i punti di meditazione e gli faceva la lettu-
ra spirituale prescritta dalle Regole. L'ispettore della Patagonia,
Don Stefano Pagliere, che dai primi di gennaio gli faceva da segre-
tario, moderava le visite e scambiava spesso qualche parola con
lui. Un breve dialogo:
- Sig. Don Rua, lei ama molto l'America e i Missionari?
- Sicuro! Procuro di amarli come li ha amati Don Bosco.
- Allora, mi conceda per tutti una speciale benedizione.
- Volentieri, volentieri!... E Don Rua alzava più volte la ma-
no a benedirli.
Fra i visitatori è notato anche l'Arcivescovo di Vercelli Mons.
Teodnro dei Conti Valfrè di Bonzo, poi Nunzio e Cardinale.
All'annuncio che le giovani dell'Oratorio femminile « Sant'An-

28.10 Page 280

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gela Merici D avevano dedicato la prima domenica di marzo a spe-
ciali preghiere per lui rispose commosso con un « D e a gra-
tias!... ».
L'indomani, 7 marzo, ecco la visita del vescovo di Mondovi
Mons. Ressia e di quello di Casale Monferrato Mons. Lodovico
dei marchesi Gavotti.
L'8 marzo, gli si annunciò delicatamente la morte di Don Giu-
seppe Lazzero, uno degli antichi superiori maggiori, tanto caro a
Don Bosco. E Don Rua: - Caro Don Lazzero! ha finito di soffri-
re, ha terminato il suo lungo purgatorio...
Nella notte, insonne, ripeté più volte: « Don Lazzero mi chia-
ma! Don Lazzero mi aspetta...
11 10, giunse a Torino l'Arcivescovo di Pisa, Card. Maffi, ospi-
te dei Card. Richeimy per predicare un corso di esercizi spirituali
ai membri delle Conferenze di San Vincenzo de' Paoli. Aveva in-
terceduto anche Don Rua perché egli accettasse questa predicazio-
ne. E il Cardinale aveva messo una condizione: « Se Don Rua ac-
cetta la parrocchia di Marina di Pisa e mi manda i salesiani, io
accetto... S.
Salendo, 1'11 mattino, a visitare l'infermo, il cardinale gli die-
de care notizie del buon andamento dell'Oratorio e deli'avviamen-
to della parrocchia. Si scambiarono la benedizione. L'indomani il
Cardinale scese ancora a Valdocco a celebrare nel santuario di Ma-
ria Ausiliatrice rivolgendo ai giovani nna calda esortazione: -
Siate anche voi sale e luce nella vita...
Il 15 mano, compiendosi un mese dalla sua degenza a letto,
chiamò il buon Balestra e gli dettò l'orario pei giorni seguenti:
« Prendi un foglio di carta e fa' il piacere di scrivere: Orario ad
espeuimento: Ore 5 sveglia; 5,20 Messa, Comunione, ringrazia-
mento; 6,15 meditazione; 6,45 riposo; dalle 8 alle 9 visita dei
medici e colazione, con qualche udienza; 9 rimedio (la medicina
prescritta), qualche udienza ad estranei secondo convenienza e pos-
sibilità, riposo; 12 pranzo e un po' di conversazione; 14 riposo;
15,30 preghiera, lettura e qualche diversivo; 16 rimedio; 18 ripo-
so e qualche diversivo; 20 cena, orazioni e disyosizioi~iper la not-
te. N.B. Se ne raccomanda l'osservanza al fedele Coadiutore Bale-
stra.

29 Pages 281-290

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29.1 Page 281

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Non occorrono commenti. Don Rua non si smentiva nemman-
co all'ora di morte.
Don Paolo Ubaldi, il primo salesiano docente all'Università
(cattedra di letteratura greca all'università di Torino) esclamò:
- Don Rua, quando entrerà in Paradiso, la prima cosa che chie-
derà sarà: a che ora si fa la meditazione?
Il salesiano di turno che continuava a vegliare di notte, alle
cinque in punto scorse il sig. Balestra origliare presso la porta
semiaperta. Appena avverti che l'infermo si muoveva e dava un
colpo di tosse, battè leggermente le mani scandendo: Benedica-
mus Domino! Don Rua pronto: Deo gvatias! Quindi, ad un cen-
no dell'infermo, si avvicinò, stese una bianca tovaglia sulle coltri
e rassettò un po' il letto mentre il celebrante indossava i paramen-
ti per la Santa Messa. Era quasi sempre Don Francesia. Questi
qualche volta gli mosse amabile rimprovero per tanto rigore di
osservanza. Ma il volto di Don Rua si atteggiò a tanta pena, che
non osò più insistere.
Da qualche giorno si era adattato a lasciarsi trasportare dal
sofà su cui dormiva dalla morte di Don Bosco ad un letto discre-
to su cui un confratello era passato da poco all'eternità.
Il 16 marzo ricevette la visita di Mons. Filipello, vescovo di
Ivrea e del P. Roberto da Nove, cappuccino, che stava predicando
il quaresimale in Duomo. La vigilia della festa di San Giuseppe
ricordò superiori e confratelli che ne portavano il nome e racco-
mandò di inviare gli auguri onomastici al Santo Padre. « È anche
il tuo onomastico - esclamò poi vedendo il sig. Balestra che si
sforzava di solle\\~arlosui guanciali: - Tira su, tira su finché
puoi; ti renderò poi il cambio, cercando di tirarti in Paradiso ».
La domenica delle Palme ricordò a Don Rinaldi di far perve-
nire una palma benedetta ai benefattori cui egli soleva ogni anno
fare omaggio, e di unire un suo biglietto con l'augurio << di vince-
re tutte le difficoltà della vita in modo da giungere a raccogliere
l'ultima palma in Paradiso ».
Pregato di dettare una buona parola pei Cooperatori, disse:
Dite ai Cooperatori che li ringrazio. So che pregano molto per
me, ed io pure prego per tutti, Cooperatori, Cooperatrici e rispet-
tive famiglie. Quanto alla mia salute, sono nelle mani di Dio: se
piacerà al Signore di farmi guarire, dichiaro fin d'ora di voler con-

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sacrare quella vita che Egli mi darà a bene della gioventù, come
ho procurato di fare sempre iin qui, e per tutte quelle opere di
carità che i Salesiani hanno comuni coi Cooperatori. E, se piacerà
al Signore di chiamarmi a sé... P.
- Oh, no, sig. Don Rua! - lo interruppe - eUa deve cele-
brare la Messa d'Oro...
Sorrise e continuò a dettare: « ... e se piacerà al Signore di
chiamarmi a sé, prometto che continuerò ugualmente a pregare
per tutti, anche dall'altro mondo n.
I conforti religiosi
Accentuandosi l'aggravamento, Don Rua chiese il Santo Viati-
co, che gli venne recato processionalmente da Don Rinaldi pro-
prio il giovedì santo dal santuario di Maria Ausiliatrice. Prima di
riceverlo, fe' cenno di voler parlare: « I n questa circostanza mi
sento in dovere di indirizzarvi alcune parole. La prima è di rin-
graziamento per le continue vostre preghiere. Tante grazie! I1
Signore vi rimuneri anche per quelle che farete ancora. Un'altra
parola voglio dirvi, perché non so se avrò occasione di parlarvi
altre volte tutti insieme raccolti: vi raccomando che la presentiate
anche agli assenti. Io pregherò sempre Gesù per voi. Spero che
il Signore esaudirà la domanda che faccio per tutti quelli che
sono in casa ora e in avvenire. Mi sta a cuore che tutti ci facciamo
e conserviamo degni figli di Don Bosco.
Don Bosco dal letto di morte ci ha dato un appuntamento a
tutti: Arrivederci in Paradiso. È questo il ricordo che egli ci
lasciò. Don Bosco voleva con sé tutti i suoi figli; per questo tre
cose vi raccomando:
l ) Grande amore a Gesù Sacramentato
2 ) Viva devozione a Maria Ausiliatrice
3) Grande rispetto, obbedienza ed affetto ai Pastori della
Chiesa e specialmente al Sommo Pontefice.
È questo il ricordo che anch'io vi lascio. Procurate di render-
vi degni di essere figli di Don Bosco. I o non tralescerò mai di
pregare per voi. Se il Signore mi accoglierà in Paradiso con Don

29.3 Page 283

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Bosco, come spero, pregherò per tutti delle varie case e special-
mente di questa D.
Alia funzione intima, oltre ad alcune Figlie di Maria Ausilia-
trice, fu ammesso solo il prof. Rodolfo Bettazzi, il grande aposto-
lo dell'hione Cattolica e della purezza giovanile, il quale lasciò
scritto il suo ringraziamento, dicendosi « fortunato di aver assisti-
to al Viatico di un santo ».
L'indomani, venerdì santo, Don Rua volle vedere e dire una
buona parola a tutti i suoi parenti residenti in Torino. Al termine
della funzione del sabato santo, Don Gusmano fu il primo a por-
targli I'Alleluja con gli auguri pasquali. Alla pronipote di Don Bo-
sco, Madre Eulalia, visitatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice in
Piemonte, diede l'incarico di portarli alia Madre Generale ed alle
altre superiore: «Dite alla Madre che auguro che questa Pasqua
sia apportatrice d i pace, di consolazione e di fervore per le Ma-
dri, per le superiore delle case, le suore e tutte le novizie. Questo
è l'augurio di Pasqua del 1910.
Se poi il Signore mi lascerà in vita, allora andrò a fare qual-
che visita a Nizza (alla Casa Generalizia) e compirò l'augurio »
La sera del giorno di Pasqua, apparvero segni di embolia pun-
tiforme; ma il medico assicurò che sarebbero stati transitori. Di
fatti riprese la conoscenza e la parola.
I superiori maggiori passarono anche ad augurargli la buona
notte; ma subito si ritirarono per non destargli apprensioni. A
Don Rua però non sfuggì la loro preoccupazione; e rivedendoli
I'indomani esclamò: « Vi ho spaventato tutti stanotte... ». I medi-
ci gli spiegarono il fenomeno.
La sera del 28 marzo Don Rinaldi gli chiese se non desideras-
se ricevere il Sacramento degli Infermi. E Don Rua: « Volentieri,
volentieri! Prendi subito il rituale ». E si fece leggere tutto il sa-
cro rito, mentre il direttore spirituale Don Albera si disponeva ad
amministrarglielo. Ringraziò quindi specialmente Don Rinaldi di
averci pensato tempestivamente.
I1 30, ricevette un grande amico suo personale, il Ten. Gene-
rale Conte Carlo Samminiatelli Zabarella, Comandante la Divisio-
ne militare di Livorno.
Le gambe erano tutte una piaga. Gli si chiedeva se soffrisse
molto. Per lo più rispondeva di no, qualche volta: un poco...

29.4 Page 284

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Parlando delle Missioni con Don Alhera, confidò: « F i n da
quando frequentavo le Scuole dei Fratelli a Porta Palatina, lessi
sempre con piacere gli Annali della Propagazione della Fede. An-
che in mezzo alle mie occupazioni cercavo tempo per scorrerli e
mi pare di aver fatto quello che ho potuto per propagare quest'O-
pera. Oh, se anche dopo la mia morte i miei figli continuassero
ad occuparsene! ».
Si rallegrò nel ricevere da una casa deli'estero la notizia che i
sacerdoti della zona si raccoglievano ogni mese dai salesiani pel
loro ritiro mensile.
Un'anziana suora del vicino istituto « Rifugio » della marche-
sa Barolo, desiderava una sua benedizione, ma temeva di distur-
barlo. Don Rua invece: « Sì, sì che voglio vederla: desidero rin-
graziare questa suora ed il Rifugio, perché hanno sempre lavo-
rato per noi ». Dai tempi di Don Bosco le suore del Rifugio
pulivano e rammendavano i panni dei salesiani e dei giovani
deli'Oratorio; e tutto per amor di Dio, gratis...
11 31, ringraziò con particolare effusione il dott. Battistini che
lo seguiva con tanto affetto: « La ringrazio di quanto ha fatto per
me. Se il Signore mi riceverà in Paradiso, continuerò a pregare
sempre per lei e per la sua famiglia ».
Ricevendo l'ispettore di Francia: « Don Bologna mi guarda
- disse a Don Lemoyne - ma presto gli darò l'addio... Dohbia-
mo lasciarci, caro Don Lemoyne, dobbiamo abbandonarci... ».
I1 lo aprile, 1' venerdì del mese, si iniziò un triduo solenne di
preghiere, con l'esposizione del SS. Sacramento, riservando le fun-
zioni ai superiori del Capitolo. Don Rua sentì avvicinarsi il Para-
diso ed a quanti poteva ancora ricevere ripeteva: « Arrivederci in
Paradiso! ».
Al direttore dell'Oratorio Don Marchisio diede un ricordo pei
giovani: «Dirai ai giovani che è una grazia che loro ha fatto la
Madonna nel farli venire in questa casa. Di' loro che se ne renda-
no più degni con lo studio, col lavoro, col buon esempio e con la
pietà. A quelli che vi sono e a quelli che verranno raccomandate
sempre la frequenza ai Sacramenti e la divozione a Maria Ausilia-
trice ».
A Don Rinaldi, pei salesiani e per le suore: « A i confratelli
raccomanda quanto dissi il giorno che ricevetti il Viatico e ricor-

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da loro che sarà nostra fortuna l'essere stati fedeli nel mantenwe
le tradizioni di Don Bosco e l'auer evitato le novità. Aiie Figlie
di Maria Ausiliatrice dirai che esse sono molto amate da Maria
Ausiliatrice: procurino di conservare la predilezione di questa no-
stra cara Madre... ».
Pei Cooperatori: <( Quando venga a morire, non occorre scri-
vere ai Cooperatori una lettera come si fece per Don Bosco. Tut-
tavia desidero che si dica loro che conservo tutta la riconoscenza
per l'aiuto che hanno prestato alle opere nostre. Se Don Bosco
disse che senza di loro avrebbe fatto niente, quanto di meno a-
vrei fatto io che sono un poveretto! Sono quindi obbligato a ri-
cordarli in modo particolare. Io pregherò per loro, per le loro
famiglie e pei loro amici, perché il Signore li ricompensi in que-
sta e neil'alua vita ».
A Don Miguzzi, addetto al Bollettino ed agli ExaUievi: « Be-
nedico te, le tue opere; continua con coraggio, ricordami al Circo-
lo degli Antichi Ailievi e di' loro che li benedico tutti ».
A Don Giulio Barheris, ispettore deil'ispettoria piemontese,
che stava curando la seconda edizione della vita di Don Andrea
Beltrami: Siamo sempre stati amici: voglio che continuiamo ad
esserlo per tutta l'eternità. Coraggio! Raccomandati anche a Don
Bosco e a Don Beltrami. Anch'io in tutti i giorni della mia malat-
tia mi sono raccomandato e mi raccomando anche a Don Bosco e
a Don Beltrami P.
Alla mamma di Don Beltrami, venuta da Omegna, diede la
benedizione e soggiunse: a Ora mi ottenga lei dal caro Don Bel-
trami la sua benedizione e che mi continui la sua protezione ».
A Don Eugenio Reffo, che gli recava gli auguri e le preghiere
dei Padri Giuseppini e dei loro aiiievi, chiese anche notizie del
fratello pittore prof. Enrico. - Oh, lavora sempre e molto - ri-
spose Don Eugenio. - E bene! - completò Don Rua.
A tutti chiedeva aiuto per acquistare l'indulgenza plenaria con-
cessa da Pio IX a Don Bosco pei giovani dell'oratorio e poi este-
sa da Pio X a tutti i fedeli che accettassero il genere di morte
che la Provvidenza loro riserhasse: - Aiutatemi perché io la pos-
sa guadagnare. Suggeritemi in quell'ora delle giaculatorie ed an-
che quando non fossi più in me datemi di quando in quando l'as-
soluzione.

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- Ma non la disturberemo - obiettarono - dalla sua unio-
ne con Dio e non la stancheremo?
- No: anzi mi farete molto piacere.
Poi, a Don Albera: - Dopo morte, dove mi metterete?
- Oh, sig. Don Rua, noi non pensiamo a queste cose. Anzi
speriamo che lei possa guarire e compiere ancora tanto bene.
L'infermo si accorse di avergli fatto troppo pena e cercò di
mitigare l'impressione: - Sai? ti facevo questa domanda perché
non vorrei, il giorno del giudizio universale, cercare le mie pove-
re ossa in un luogo, mentre sono in un altro e dover girare molto
per trovarle...
Al termine del triduo nel santuario di Maria Ausiliatrice, Don
Francesia gli mosse dolce rimprovero perché non avesse pregato
anche lui con loro. E Don Rua: « H o pregato con voi, ma non
come voi. Voi volevate secondo il vostro desiderio; io volevo che
si compisse la volontà di Dio P.
Al ricordo del giubileo: « Oh, non è il caso di dire come San
Mattino: si adhuc...; ci sono tanti capitani che possono fare al
mio posto!... ».
I1 4 aprile si temeva che non giungesse a notte. Don Albera
telegrafò a Ravenna all'arcivescovo Mons. Morganti, tanto atteso
da Don Rua: rompesse ogni indugio, se volesse ancora vederlo.
Parlò a lungo con Don Cerruti sulle vocazioni, sul bisogno di
coltivarle e conservarle.
A Don Rinaldi: « Ti raccomando di continuare tutte le opere
d'indole sociale iniziate ad incremento degli Oratori festivi ed a
vantaggio degli Exallievi: esse apporteranno un gran bene ».
Poco dopo ricevette la Superiora Generale delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, le diede l'ultima benedizione per tutte le suore
ed un ricordo speciale per lei. Appena uscite le suore, fece chia-
mare Don Francesia perché gli leggesse le preghiere per gli agoniz-
zanti.
I superiori raccolti a conferenza si allarmarono, interruppero
e accorsero a pregare con lui. Ad un tratto Don Rua si volse a
Don Albera: - Se per morire bisogna soffrire di più come
farò io?
Don Albera gli fece coraggio: - Il Signore, che dà la neve

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secondo la lana, darà a lei anche la forza, abbia fiducia nella sua
misericordia.
Verso l'una e trenta di notte era entrato in camera i'aw. Sa-
verio Fino. L'infermo gli aveva sorriso e stretto la mano.
Alle due cominciarono le Messe nella cappellina. Otto sacerdo-
ti si succedettero aggiungendo l'orazione «pro infimo morti pro-
ximo ». Don Rua ascoltò queiia di Don Francesia e ricevette da
lui i'ultima Comunione. Poi tracciò una gran benedizione con la
formula più ampia, affidandola a Don Rinaldi: Pax et benedictio
Dei omnipotentis, Patris et Filii et Spiritus Sancti descendat su-
per vos et super omnes Salesianos, alumnos et Cooperatores, et
maneat semper, semper...
Al suono dell'Ave Maria si temeva il transito. Alla sua destra
stavano Don Albera e l'infermiere, a sinistra inginocchiato Don
Rinaldi, poi Don Francesia ed altri salesiani. Ad un tratto Don
Rua aperse gli occhi, li volse a Don Rinaldi, allungò il braccio
sinistro, prese la sua testa e se la strinse al cuore, posandogli la
destra sul capo... Una scena patriarcale, tenerissima...
Verso le otto parve riprendersi, volle recitare con tutti le ora-
zioni del mattino, poi disse: - Ora, per far tutte le cose bene,
ognuno si rechi alle proprie occupazioni, rassegnati in tutto alla
volontà del Signore.
In mattinata giunsero da Milano il Principe Gonzaga con una
figlia e la Signora Ravizza, grande benefattrice.
Alle dieci si fece ancora leggere un punto di meditazione.
Giunto il prof. Piero Grihaudi, presidente del Circolo << Giovanni
Bosco », gli raccomandò la Federazione degli Antichi Allievi, che
si stava organizzando.
Quindi, a più riprese, a Don Rinaldi: - Dimmi: come sto?
- Molto male, signor Don Rna.
- È proprio grave il mio stato?
- Purtroppo, non c'è più speranza...
- Ma avete fatto tutto quello che potevate?
- Ci pare, sig. Don Rua, di non aver trascurato né medici,
né medicine, né preghiere.
- Dunque non vi resta più nulla.
- Ci resta la speranza in un miracolo. Vuol pregare anche
lei con noi?

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- Volentieri...
Dopo aver pregato alquanto: - Ed ora che cosa debbo fare?
- Aspettare che il Signore ascolti le nostre preghiere...
Giunse Don Cerruti a leggergli una bella invocazione al Sacro
Cuore per le vocazioni, da lui composta: e Cor Jesu Sacratissi-
mum, ut bonos ac dignos operarios Piae Salesianorum Societati
mittere et in ea conservare digneris, Te rogamus, audi nos! ».
Udita la lettura, si fece dare il foglietto, lo baciò e volle che
glielo ponessero sotto il guanciale, ripetendo: - In ea conserva-
re, conseuvare!...
Più tardi, a Don Rimaldi: - Allora, quando morrò?
- Forse stasera, dicono i medici, forse fra poche ore... ma
noi lo avviseremo...
- Bene! Ora lasciatemi tranquillo: non introducetemi più
nessuno; riceverò solo Mons. Morganti che aspetto e intanto mi
disporrò a compiere la volontà di Dio...
Alle 12,30 giunse l'Arcivescovo di Ravenna. Don Rua gli ste-
se le braccia: si abbracciarono affettuosamente: - Ora sono con-
tento, - esclamò - ora sono contento!... Si scambiarono la be-
nedizione. Nel pomeriggio salì ancora alla sua cameretta il Supe-
riore del Cottolengo, Can. Ferrero. E Don Rua: - Unde hoc mi-
hi?... Unde hoc mihi?... La ringrazio tanto della carità che ha
sempre usato ai nostri e che vorrà usarci in avvenire.
Il Padre lo assicurò che nella << Piccola Casa D tutte le preghie-
re erano per lui: le Adoratrici del SS. Sacramento, di perfetta
dausura, avrebbero offerto tutta la notte di adorazione per lui...
Dopo cena, don Rua udi ancora il canto della lode che gli
studenti premettevano alle orazioni della seta, sotto i portici del
pian terreno: «Presso l'augusto avello... Don Bosco, vengo a
te!... P. E lui: - Sì, Don Bosco, anch'io vengo a te... Don Bosco,
vengo a te!...
Verso le ventidue chiese ancora la benedizione a Mons. Mor-
ganti, poi gli disse: - Va' a letto...
Poco dopo mezzanotte giunsero da Alassio il direttore Don
Lucchelli col prevosto a portargli i voti e le preghiere del vesco-
vo di Albenga, dei cittadini e degli alunni del collegio.
Don Francesia: - Siamo qui che preghiamo il Signore ad a-
prirti le porte del Paradiso... Ci saluterai Don Bosco, non è ve-

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ro?... E Domenico Savio... e Don Alasonatti... Don Ru5ino...
Don Provera... Don Bonetti... Don Sala... Mons. Lasagna... Don
Belmonte... Don Durando... Don Rocca... Don Lazzero...
Più tardi gli suggerì la giaculstoria: Domine, ad adiuvandum
me festina ...
E Don Rua: - Si, festina, festina!...
- Moriatur anima mea moule justorum!...
- Justouum... justovum!...
- Dolce Cuore di Maria, fa' ch'io salvi l'anima mia...
- ... salvar l'anima... è tutto... è tutto!... salvar l'anima!...
All'alba cominciò la sfilata dei salesiani e degli allievi a depor-
re un bacio sulla scarna mano. Poi la Superiora Generale delle
Figlie di Maria Ausiliatrice con parecchie suore. La sfilata durò
oltre un'ora ...
Alle 9,30 del 6 aprile 1910 la grande anima ritornava a Dio...
La salma, rivestita della talare, della cotta e della stola violacea,
piamente composta sul cataktto tiella cappella di San Francesco
di Sales, dove aveva celebrato la prima Messa, attrasse un'onda di
popolo incessante, anche l'indomani 7 aprile.
Cominciava così sulla terra il suo « Giubileo d'Oro Sacerdota-
le S...
In benedione...
Chiudendo la storia della vita e deile opere di Don Rua, chi
lo conobbe bene non poté trattenere la veemenza della commossa
ammirazione: « Salve, anima grande, che consumasti l'olocausto
della tua vita quaggiù nella umiltà, nel lavoro, nel sacrificio con
l'unico scopo di dar gloria a Dio e far del bene al prossimo! Sal-
ve! Coloro che ebbero la sorte di conoscerti, non dimenticheran-
no mai i tuoi nobili esempi e la tua sovrumana bontà. Finché nel
mondo vi saranno salesiani, dovranno ricordare con riconoscenza
di quanto l'Opera dell'immortale Don Bosco vada debitrice a te.
Tu hai fatto quasi dimenticar loro la morte del Santo fondatore,
perché nella tua amata persona vedevano rivivere la santità di
lui >> (197).
Mentre la dolorosa notizia della morte veniva comunicata a l

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Santo Padre ed alle massime autorità ecclesiastiche e civili, il tele-
grafo e i giornali la diffondevano nelle varie parti del mondo, su-
scitando vivissime condoglianze e testimonianze straordinarie di
stima, di compianto e di fama di santità. Nel pomeriggio, il Pre-
fetto di Torino recò a Don Rinaldi le condoglianze del gover-
no per espresso incarico del Ministro degli Interni d'Italia, tele-
grafatogli dal Sottosegretario On. Calissano.
I1 Bollettino Salesiano del mese di maggio e seguenti riportò
il telegramma del Santo Padre Pio X, della Regina Madre Mar-
gherita di Savoia, delle Principesse Clotilde e Maria Laetitia, del
Duca di Genova, dei Cardinali Merry del Val, Rampolla, Agliardi,
Bacilieri, Boschi, Capecelatro, Cavallari, Cassetta, Coullié, De Lai,
Ferrari, Ferrata, Gasparri, Gennari, Gruska, Lorenzelli, Lualdi,
Maffi, Mercier, Nava, Prisco, Respighi, Richelmy, Vives y Tuto,
oltre a trecento fra Arcivescovi e Vescovi, molti Senatori e Depu-
tati, Prefetti, Sindaci d'Italia, Ambasciatori e pubbliche autorità
di varie nazioni, personalità, Cooperatori, Exallievi...
Fin dalle prime ore del mattino delI'8 aprile i treni riversaro-
no a Torino migliaia di forestieri. Un controllore vedendo tanti
sacerdoti sulla linea di Milano esclamò: « Oh, lo so perché i reve-
rendi vanno a Torino! Ieri anche gli operai di Torino, prima di
andare a lavorare, a mezzodì e a sera, sono andati a vedere la
salma del nostro Don Rua »...
Verso le otto, nonostante i'immensa ressa, la cappella si dovet-
te chiudere per la composizione della salma nella cassa. Nella per-
gamena fismata dai superiori maggiori e da Mons. Marenco, si leg-
geva: «Delle virtù sue ammirande ed eroiche, specie del suo ar-
dente zelo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, e del
compianto generale che suscitò nel mondo civile la sua morte, di-
rà la storia... Riposa in pace, o salma benedetta, presso quella di
Colui che ti volle a parte delle sue imprese; e come il tuo nome
vivrà unito a quello di Don Bosco, così il tuo spirito esulti accan-
to al suo in eterno!... ».
Pontificò la messa funebre Mons. Giovanni Marenco, assistito
dali'Arcivescovo di Ravenna Mons. Morganti e Mons. Scapardini,
vescovo di Nusco. Al corteo funebre, nel pomeriggio si aggiunse-
ro l'Ausiliare dell'Arcivescovo di Torino, Mons. Castrale, il vesco-
vo di Asti Mons. Spandre e I'arcivescovo di Vercelli Mons. Teo-

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doro dei conti Valfrè di Bonzo. Una folla strabocchevole di popo-
lo faceva ala al corteo di oratorii, istituti, associazioni, clero, auto-
rità e rappresentanze che sfilò per un'ora e tre quarti, snodandosi
maestoso specialmente nel Corso Regina Margherita. L'indomani,
nelle prime ore del pomeriggio, in modesto corteo di alcune vettu-
re, la cara salma fu portata a Valsalice dove una folta rappresen-
tanza di Cooperatori ed Exallievi, coi chierici e i superiori deli'l-
rtituto Missioni Estere e coi giovani dell'Oratorio festivo, I'atten-
devano per la uimulazione accanto a quella di Don Bosco. Ma nel
tragitto il modesto corteo degli intimi fu notato e arrivò all'Istitu-
to seguito da una folla di cittadini. Con la Madre Generale e le
Superiore erano varie Ispettrici e Figlie di Maria Ausiliatrice.
Molto rimpianta l'assenza di Mons. Cagliero e Mons. Costama-
gna; ma oltre la brevità del tempo e la grande lontananza, tutti e
due si trovavano in posizioni impegnatissime diplomatiche e pa-
storali (198).
Dopo le esequie officiate da Don Rinaldi, il direttore di Val-
docco Don Marchisio diede l'ultimo saluto: « A nome dei figli
tuoi deU'Oratorio e di quelli ancora che sono sparsi in tutto il
mondo, io depongo, o Padre venerato, sulla tua bara il saluto e-
stremo dell'amore. Noi prendiamo oggi qui, sulla tua tomba, I'im-
pegno solenne di mantenerci sempre fedeli ai grandi insegnamenti
a te e a noi lasciati dal ven. Don Bosco e che si compendiano nel
motto: preghiera e lavoro... » (199).
I1 Sindaco di Torino, sen. Teofilo Rossi, espresse il cordoglio
citt%-dinoe suo personale telegrafando: « L a morte del venerando
Don Michele Rua, esempio di virtù religiosa, altamente benemeri-
to della civiltà, è lutto mondiale, ma particolarmente di Torino,
dove egli svolse la feconda opera sua e che lo considerò sempre
come uno dei suoi migliori cittadini ».
11 Bollettino Salesiano di giugno uscì con un primo profilo
biografico iniziando i cenni dei suffragi in Italia e ali'estero con la
cronaca dei funerali di trigesima pontificati, nel santuario di Ma-
ria Ausiliatrice, dal vescovo di Novara Mons. Giuseppe Gamba
con i'assistenza pontificale dell'Arcivescovo di Torino Card. Ri-
chelmy che tessè i'elogio funebre qualiticando Don Rua << Un altro
Don Bosco o, non solo primo fra i suoi chierici e i suoi salesiani,
ma «primo nella sue mente e nel suo cuore ».

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E da credere - soggiunse fra l'altro - che Iddio stesso si
degnasse a lui rivelare in qualche modo che Don Rua e non altri
doveva essere la pietra angolare del nuovo edzficio (la Società Sa-
lesiana)... Purezza illibata, umiltà profonda, obbedienza spinta fi-
no all'eroismo, spirito continuo di abnegazione e sacrificio: ecco
le doti che concordemente in lui ammirarono superiori e confratel-
li, amici e discepoli... queste virtù traevano vita e incremento da
una pietà tenerissima... specialmente verso Gesù Sacramentato e
la Divina Sua Madre... Direste che in lui la virilità abbia precorso
gli anni. Non era ancora sacerdote e riluceva già in lui una gravità
di modi, tale una maturità di condotta, che con voce unanime egli
veniva designato a direttore spirituale della Congregazione nasceu-
te. Pur fuggendo con cura ogni singolarità che potesse attirare
sopra di lui ogni sguardo indiscreto, nella pietà più tenera, nell'os-
servanza più esatta di ogni regola, nell'attenzione continua ad evi-
tare ogni menomo difetto, nella distribuzione scrupolosa delle ore
e dei singoli istanti, nello studio incessante di proseguire nelle vie
del bene, egli riuscì oggetto di ammirazione e di dolce ammoni-
mento a quanti furono testimoni del suo vivere e in modo specia-
le a quelli che nella sua congregazione più ebbero il bene di rima-
nere al suo fianco... La Messa di Don Rua, la meditazione di Don
Rua, la lettura spirituale, la visita al SS. Sacramento, e insieme il
conversare di Don Rua, il breve riposo, quell'abbraccio tenero
&e'gli dava specialmente ai figli partenti per le regioni remote, le
correzioni stesse di Don Rua, i suoi rimproveri, tutto era scuola di
virtù; e l'insegnamento era desiderato, era amato, era ricordato
pur nei luoghi lontani, e non rimaneva senza frutto. Oh! perché
tale scuola fu &sa per sempre?!... ».
La sua scuola, grazie a Dio, fu presto riaperta dal successore,
il piissimo Don Paolo Alhera, facendo tesoro della esaltazione
mondiale della sua santità, delle sue eroiche virtù, del suo saggio
governo che consolidò la Congregazione e col cemento della tradz-
rione 2 saldamente impastato dallo spirito di Don Bosco, messo
in luce dai discorsi, dagli articoli di stampa, da successive pubbli-
cazioni nel corso delle celebrazioni nelle varie parti del mondo
che lo stimolarono ad affrettare l'introduzione della Causa di Bea-
tificazione e Canonizzazioue.
I1 Card. Maffi, arcivescovo di Pisa, fu invitato a Roma per la
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solenne ufficiatura di suffragio nella basilica salesiana del Sacro
Cuore, il 9 giugno 1910, giorno in cui Don Rua avrebbe compiuto
i 73 anni, se fosse vissuto...
Alla presenza degli Em.mi Cardinali Agliardi, Pietro Gaspar-
ci, Génnari, Respighi, Rinaldini, Vincenzo Vannutelli e Vives y
Tuto, egli proiettò Don Rua come continuazione netuvale e peu-
fetta di Don Bosco n, completando il testo scritturale su cui, due
anni prima, aveva intessuto le lodi di Don Bosco celebrando a
Torino la introduzione della Causa di Beatificazione e Canonizza-
zione del fondatore, firmata da Pio X il 24 giugno del 1907: Ju-
stus (Don Bosco) ut palma fZovebit ... sicut cedius Libani (Don
Rua) multiplicabitui... (Salmo 91, v. 13).
Descritto quindi lo sviluppo prodigioso dell'opera salesiana,
mise in luce la sbalorditiva attività e santità di Don Rua, spingen-
do lo sguardo alla facile previsione della sua glorificazione:
«Giorno verrà, che il labbro non dice ma che il cuore sospira,
d'un altro dilatarsi del cedro a più sublime maestà, in luce più
bella, sul Libano della Chiesa, in esempio fulgido e continuata e
cresciuta protezione dei popoli?... Alla Chiesa il dire... ».
La Chiesa ha parlato con la beatificazione, sessant'anni dopo...
Le pratiche furono avviate da Don Albera nel 1915. I1 2 mag-
gio 1922 l'Arcivescovo di Torino Card. Richelmy costituiva il Tri-
bunale Ecclesiastico per il << Processo dell'ordinario sulla fama di
santità, vita, virtù e miracoli del Servo di Dio ». I1 17 luglio si
ingiò l'esame dei testi che si protrasse fino al 31 agosto 1927:
cinque anni. I1 successore del Card. Richelmy, il card. Giuseppe
Gamba, exallievo di Don Bosco, nel 1931 intimò la raccolta degli
scritti. E il Card. Fossati condusse a termine il processo diocesa-
no nel 1933, Anno Santo della Redenzione, dopo la costatazione
del rispetto al divieto di culto arbitrario. Trasmessi gli Atti all'e-
same della S. Congregazione dei Riti a Roma, nel 1936 il Santo
Padre Pio XI autorizzava il Processo Apostolico che si conchiuse
felicemente 1'8 maggio 1939.
La salma fu allora trasportata da Valsalice a Valdocco e tumu-
lata nella cripta del santuario di Maria Ausiliatrice, a pochi metri
dalle fondamenta dell'altare di Don Bosco, all'imboccatura della
Cappella delle Reliquie.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale con le complicazio-

30.4 Page 294

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ni postbelliche ritardò la conclusione dei lavori e la prodamazio-
ne della eroicità delle virtù. Solo il 26 giugno 1953, il Santo Pa-
dre Pio X I I poté compiere questo atto e decorare Don Rua col
titolo di « Venevabile » (200).
Ma nel frattempo la Sacra Congregazione dei Riti consentiva
le indagini su un primo miracolo proposto per la heatificazione:
la guarigione prodigiosa del sacerdote Don Andrea Pagliari, del
noviziato di Montodine, diocesi di Crema. E tra il 1955-56, pres-
so le Curie di Ferrara e di Torino si svolsero quelle sulla guarigio-
ne da epilessia di una fanciulla undicenne, Benedetta Vaccarino,
risanata completamente presso la tomba di Don Rua il 24 maggio
1951. Venti anni di buona salute che le consentirono di crescere,
sposarsi e diventar mamma, confermarono i'intervento miraco-
loso.
Medici e periti concordarono anche nel riconoscere miracoloso
il modo istantaneo con cui si era risolta la violenta pleurite che
aveva portato, nello stesso anno 1951, all'orlo della tomba Don
Pagliari. I1 processo normale di superamento con i potenti mezzi
moderni di cura avrebbe richiesto almeno una ventina di giorni.
Invece, il 27 dicembre, dopo fervide pregbiere, Don Pagliari era
balzato dalla morte alla vita: scientificamente inspiegabile.
Vagliati accuratamente i pareri dei medici, i Prelati e gli Of-
ficiali della Sacra Congregazione dei Riti ritennero attendibili i
due miracoli; e il Santo Padre, approvando il loro giudizio favore-
vole, autorizzò i preparativi per la Beatificazione. Ne dilazionò
tuttavia più di un anno la celebrazione, perché egli stesso impe-
gnatissimo nel Sinodo dei Vescovi in servizio post Conciliare, ed
i Salesiani nel X X Capitolo Generale della congregazione che dal
giugno 1971 si protrasse fino al gennaio del 1972.
Dovendo poi il Rettor Maggiore trasferirsi a Roma col Con-
siglio Superiore e tutta la Direzione Generale delle Opere di Don
Bosco, Paolo VI fissò la domenica 29 ottobre 1972 pel sacro rito,
che volle compiere egli stesso in un'uuica solennissima funzione
nella Basilica di San Pietro.
Le Ispettorie e le Case dei Salesiani e delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani e la Confede-
razione Mondiale degli Exallievi ebbero così tutto l'agio di orga-
nizzare una degna partecipazione.

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La solenne Beatificazione
La storia può senz'altro segnarla in una delle sue pagine d'o-
ro. Anche perchè è stata celebrata dallo stesso Sommo Pontefice
Paolo VI, secondo la nuova liturgia inaugurata nel 1971 per la
glorificazione del grande martire dei nostri tempi, il Beato P. Mas-
similiano Kolbe.
La Basilica di San Pietro, gremita come nelle anteriori più
sentite canonizzazioni, vibrava dell'entusiasmo caratteristico della
Famiglia Salesiana nelle manifestazioni più impegnative deUa Fe-
de e dell'Apostolato. Era rappresentata da oltre trentamila fra Sale-
siani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Cooperatori, Exallievi e giovani
dalle varie parti del mondo. Ancora numerosi quelli che potevano
dirsi << dei tempi di Don Rua », che l'avevavano conosciuto perso-
nalmente nel mistico fascino, naturalmente inspiegabile, della sua
diafana figura di asceta in costante tensione verso Dio a servizio
del prossimo, successore di Don Bosco.
I1 Santo Padre, accolto da vibranti acclamazioni, concelebrò
col Cardinale Arcivescovo di Torino Michele Pellegrino, col Cardi-
nale Bertoli Prefetto della Sacra Congregazione per le Cause dei
Santi, coi salesiani Mons. Baraniik, arcivescovo di Poznan in Po-
lonia e Mons. Srochta, vescovo di Litomerice in Cecoslovacchia
già Cardinale in pectore (proclamato poi nel 1973), col Rettor
Maggiore Don Luigi Ricceri e tre sacerdoti salesiani di diversi
continenti. Assistevano il Sommo Pontefice i Cardinali Diaconi
Felici e Paupini, Ministrante il Card. Vagnozzi.
La Cappella Musicale Pontificia, diretta dal M. Bartolucci, ese-
guì la Mirsa d e Angelis a quattro voci dispari, alternandosi col
popolo che dialogava in canto gregoriano.
Dopo il Kyrie, iniiiò il rito proprio della Beatificazione duran-
te il quale l'arcivescovo Mons. Antonelli, Segretario della Sacra
Congregazione per le Cause dei Santi, ora Cardinale, accompagua-
to dal Postulatore della Causa di Don Rua, Don Carlo Orlando,
rivolse la rituale istanza al Santo Padre:
a Beatissimo Padre,
dopo la morte di San Giovanni Bosco, nella Famiglia Salesia-
na si disse, con le parole della Sacra Scrittura, che « Era morto il
Padre, ma era come se non fosse morto, perchè lasciava dietro a

30.6 Page 296

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se chi gli rassomigliava » (Eccli. 30,4). Questi era Don Michele
Rua. Aveva allora 50 anni e iin dall'adolescenza era stato vicinissi-
mo al Santo Fondatore. La Provvidenza lo chiamava a dilatarne
le opere conservandone Io spirito. Durante i 22 anni del suo go-
verno, i Figli di Don Bosco da (oltre) 800 salirono a (oltre)
4000. Dietro le sue direttive e il suo esempio, l'amore per i giova-
ni, lo spirito di fede, di preghiera e di sacrificio, il dinamismo
apostolico e missionario, l'attaccamento aila Chiesa e al Papa, di
Don Bosco, si consolidarono e si approfondirono nella famiglia
salesiana, che a buon diritto riconosce in Don Rua la seconda co-
lonna dell'Istituto. Non fa quindi meraviglia se, a breve distanza
dalla morte, il Cardinale Richelmy, arcivescovo di Torino, desse
inizio al processo Canonico per la sua BeatZcazione. Numerosi
testimoni misero in piena luce la ricchezza delle virtù che Don
Rua aveva cercato sempre di nascondere. Dopo approfondite di-
scussioni, quelle virtù furono proclamate eroiche dal vostro Pre-
decessore Pio XII, il 26 giugno 1953. tardarono a conferma,
i segni dail'alto; e il 19 novembre 1970, Vostra Santità, a con-
clusione delle prescritte indagini, promulgava un decreto su due
miracoli ottenuti per intercessione del Servo di Dio. Non resta
ora, Beatissimo Padre, che, accogliendo i Voti di molti Vescovi,
del Clero e dei fedeli di Torino e di tutto il Piemonte, e i Voti in
particolare della grande Famiglia salesiana, delle Figlie di Maria
Ausiliauice e dell'irnmenso stuolo degli allievi ed exallievi delle
scuole salesiane sparse in tutto il mondo, Vostra Santità si degni
di annoverare il Venerabile Michele Rua nell'albo dei Beati che
la Chiesa Cattolica onoza e venera... ».
Il Santo Padre rispose:
«Noi, accogliendo il voto di molti nostri fratelli nell'Episco-
pato, e di tutta la Società SaIesiana di San Giovanni Bosco, e di
molti fedeli, avuto il parere della Sacra Congregazione per le
Cause dei Santi, dopo aver lungamente riflettuto, ed aver implo-
rato neila preghiera la luce divina, con la Nostra Autorità Apo-
stolica, inscrivianao nell'albo dei Beati il Venerabile Seuvo di Dio
Michele Rua, sacerdote della Società Salesiana di San Giovanni
Bosco, e diamo facoltà che si possa celebrare la sua festa ogni
anno il 6 aprile, giorno del suo Natale, nei luoghi e nel modo

30.7 Page 297

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stabiliti dalla legge. Nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo ».
Subito calò il velario e nella « gloria del Bernini, sopra l'altare
della Cattedra, apparve la cara immagine del novello Beato in pie-
di, vestito di talare, cotta e stola, sorridente ed invitante a seguirlo
per la stessa via alla stessa vera gloria in Paradiso. Da tutta la
basilica si levarono concordi applausi in una calorosa acclamazio-
ne, che l'organo fuse nel canto del e Gloria a Dio nell'alto de'
Cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà ».
La pericope del Vangelo tolta da San Marco (X, 17-30), letta
in italiano dal Card. Vagnozzi, echeggiando l'antica e la nuova leg-
ge, dai dieci Comandamenti ai due Precetti deUa Carità, awiò le
anime ad accogliere i saggi rilievi del Santo Padre che neliOme-
lia ritrasse la fedeltà di Don Rua d a sua grande vocazione.
L'Omelia del Santo Padre
Venerabili Confratelli e Figli carissimi,
Benediciamo il Signore! Ecco: Don Rua è stato ora da Noi
dichiarato Beato a! Ancora una uolta u n prodigio si è compiu-
to: sopra la folla dell'umanità, sollevato dalle braccia della Chie-
sa, quest'uomo, invaso da una lievitazione che la Grazia, accolta e
secondata da un cuore eroicamente fedele, ha peso possibile, emer-
ge ad un livello superiore e luminoso, e fa convergere a sé l'am-
mirazione e il culto consentiti per quei jvatelli che, passati al-
I'altra vita, hanno raggiunto la beatitudine del regno dei cieli.
U n esile e consunto profilo di prete, tutto mitezza e bontà,
tutto dovere e sacrificio, si delinea sull'orizzonte della storia, e vi
resterà ofmai per sempre: è Don Michele Rua, « beato a!
Siete contenti? Superfluo chiederlo alla triplice Famiglia Sa-
lesiana, che qui e nel mondo esalta con noi, e che trasfonde la
sua gioia in tutta la Chiesa. Dovunque sono i Figli di Don Bosco,
oggi è festa.
Ed è festa specialmente peu la Chiesa di Tovino, patria terre-
na del nuovo Beato, la quale vede inserita nella schieua, possiamo
dire moderna, dei suoi eletti una nuova figura sacerdotale, che ne
documenta le virtù della stirpe civile e mistiuna, e che certo ne
promette altra futura fecondità.

30.8 Page 298

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Don Rua «beato »! Noi non ne tracceremo ora il proflo
biografico, né faremo il suo panegirico. La sua storia è ormai a
tutti ben nota.
Non sono certamente i bravi salesiani che lasceranno man-
care la celebrità ai loro eroi; ed è questo doveroso omaggio alle
loro virtù che, rendendoli popolari, estende il raggio del loro
esempio e ne moltiplica la benefica egcacia; crea Pepopea pev
l'edificazione del nostio tempo. E poi, in questo momento nel
quale la commozione gaudiosa riempie i nostri animi, preferiamo
piuttosto meditare che ascoltare. Ebbene, meditiamo un istante
sopra l'aspetto carattwistico di Don Rua, l'aspetto che lo defi-
nisce, e che con un solo sguardo ce lo dice tutto, ce lo fa capire.
Chi è Don Rua?
È il primo successore di Don Bosco, il Santo fondatore dei
Salesiani.
E perché adesso Don Rua è beatificato? cioè glorificato? È
beatificato e glorificato appunto perché suo successore, cioè con-
tinuatore, figlio, discepolo, imitatore, il quale ha fatto con altri,
ben si sa, ma primo fra di essi, dell'esempio del Santo una
scuola, della sua opera personale un'istituzione estesa, si può
dire, su tutta la terra; della sua vita una storia, della sua regola
uno spirito, della sua santità un tipo, un modello; ha fatto della
sorgente una corrente, un fiume.
Ricordate la parabola del Vangelo: e il regno de' cieli è simile
a grano di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo;
esso è tra i piccoli di tutti i semi, ma quando è cresciuto è tra i
grandi di tutti gli erbaggi e diventa pianta, tanto che gli uccelli
del cielo vengono a riposarsi tra i suoi rami 8 (Mt. J I I I , 31-32).
La puodigiosa fecondità della famiglia saleeana, uno dei maggiori
e più significativi fenomeni della perenne vitalità della Chiesa nel
secolo scorso e nel nostro, ha avuto in Don Bosco l'origine, in
Don Rua la continuità.
È stato questo suo seguace che, fin dagli umili inizi di Valdoc-
co, ha servito l'opera salesiana nella sua vivtualità espansiva, ha
capito la felicità della formula, l'ha sviluppata con coerenza tertua-
le, ma con sempre geniale novità. Don Rua è stato il fedelissimo,
perciò il pid umile ed insieme il più valoroso dei figli di Don Bo-
sco. Questo è ormai notissimo; non faremo citazioni, che la docu-

30.9 Page 299

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mentazione della vita del nuovo Beato offrecon esuberante abbon-
danza; ma faremo una sola riflessione che noi crediamo, oggi spe-
cialmente, molto importante; essa riguarda uno dei valori pih di-
scussi, in bene e in male, della cultura moderna, vogliamo dire
della tradizione. Don Rua ha inaugurato una tradizione.
La tradizione, che trova cultovi e ammiratori nel campo della
cultura umanistica, la storia, per esempio, il divenire filosofico,
non è invece in onore nel campo operativo, dove piuttosto la
rottura della tradizione - la rivoluzione, il rinnovamento preci-
pitoso, l'originalità sempre insofferente dell'altrui scuola, I'indi-
pendenza dal passato, la liberazione da ogni vincolo - sembra
diventata la norma della modernità, la condizione del progresso.
Non contestianzo ciò che vi è di salutare e di inevitabile in
questo atteggiamento della vita tesa in avanti, che avanza nel tem-
po, nella esperienza e nella conquista delle realtd ciucostanti; ma
metteremo sull'avviso circa il pericolo e il danno del ripudio cie-
co dell'eredità che il passato, mediante una tradizione saggia e se-
lettiva, trasmette alle nuove geneuazioni. Non tenendo nel debito
conto questo processo di trasmissione, noi potremmo perdere il te-
soro accumulato della civiltà, ed essere obbligati a riconoscerci
regrediti, non progrediti, e a ricominciare da capo un'estenuante
fatica. Potremmo perdere il tesoro della fede, che ha le sue radici
umane in deternzinati rnomenti della storia che fu, per ritrovarci
naufraghi nel pelago misterioso del tempo, senza più avere né la
nozione né la capacità del cammino da compiere.
Discorso immenso che sorge alla prima pagina della pedago-
gia umana e che ci avverte, se non altro, quale merito abbia
ancora il culto della sapienza dei nostri vecchi, e per noi, figli
della Chiesa, quale dovere e quale bisogno noi abbiamo di attin-
gere dalla tradizione quella luce amica e perenne, che dal lon-
tano e prossimo passato proietta i suoi raggi sul nostro progre-
diente sentiero. Ma per noi il discorso, davanti a Don Rua, si fa
semplice ed elementare, ma non per questo meno degno di con-
siderazione.
Che cosa c'insegna Don Rua? Come mai egli ha potuto assur-
gere alla gloria del Paradiso e all'esaltazione che oggi la Chiesa
ne fa?
Precisamente, come dicevamo, Don Rua ci insegna ad essere

30.10 Page 300

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dei continuatori: cioè dei seguaci, degli alunni, dei maestri, se
volete, purché discepoli di un superiore Maestro. Amplificheremo
la lezione che da lni ci viene: egli insegna ai Salesiani a rimanere
Salesiani, figli sempre fedeli del loro fondatore; e poi a tutti egli
insegna la riverenza al magistero, che presiede al pensiero ed alla
economia della vita cristiana. La dignità del discepolo dipende
dalla sapienza del Maestro. Cristo stesso, come Verbo procedente
dal Padre, e come Messia, esecutore e interprete della rivelazione
a lui relativa, ha detto di sé; « L a mia dottrina non è mia, ma di
Colui che mi ha mandato » (Gio. VII,16).
La dignità del discepolo dipende dalla sapienza del Maestro.
L'imitazione del discepolo non è più passività, né servilità:
è fermento, è perfezione (1 Cor. IV,16). La capacità dell'allievo
di sviluppare la propria personalità deriva infatti da quell'arte
estrattiva, propria del precettore, la quale, appunto, si chiama
educazione, arte che guida l'espansione logica, ma libera e ori-
ginale, delle qualità virtuali dell'allievo.
Vogliamo dire che le virtù, di cui Don Rua ci è modello, e
di cui la Chiesa ha fatto titolo per la sua beatificazione, sono
ancora quelle evangeliche degli umili aderenti alla scuola profeti-
ca della santità: degli umili ai quali sono rivelati i misteri più alti
della divinità e della umanità (Mt XI,25).
Se davvero Don Rua si qualifica come il primo continuatore
dell'esempio e dell'opera di Don Bosco, ci piacerà ripensarlo sem-
pre e venerarlo in questo aspetto ascetico d i umiltà e di dipenden-
za. Ma noi non potuemo mai dimenticare l'aspetto operativo di
queso piccolo grande uomo, tanto più che noi, non alieni dalla
mentalità del nostro tempo, incline a misurare la statura di un
uomo dalla sua capacità di azione, avvertiamo di aver davanti un
atleta di attività apostolica che sempre sullo stampo di Don Bo-
sco, ma con dimensioni proprie e crescenti, conferisce a Don Rua
le proporzioni spirituali ed umane della grandezza.
Infatti, missione grande è la sua. I biografi e i critici della
sua vita vi hanno riscontrato le virtù eroiche, che sono i requisiti
che la Chiesa esige per l'esito positivo delle Cause di beatificazione
e canonizzazione, e che suppongono e attestano una stuaordinaria
abbondanza di grazia divina, prima e somma causa della santità.
La missione che fa grande Don Rua si gemina in due direzio-

31 Pages 301-310

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31.1 Page 301

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ni esteriori distinte, ma che nel cuore di questo poderoso ope-
raio del regno di Dio s'intrecciana e si fondono, come di solito
avviene delle forme dell'apostolato che la Provvidenza a lui asse-
gnò: la Congregazione Salesiana e l'oratorio, cioè le opere per la
gioventù e quante altre le fanno corona.
Qui il nostro elogio doviebbe rivolgeisi alla triplice Famiglia
religiosa che da Don Bosco prima, e poi da Don Rua, con lineare
successione ebbe radice, quella dei Salesiani, quella delle Figlie di
Maria Ausiliatrice e quella dei Cooperatori Salesiani, ognuna del-
le quali ebbe mwaviglioso sviluppo sotto l'impulso metodico e in-
defesso del nostro Beato. Basti ricordare che nel ventenni0 del
sno governo da 64 Case Salesiane fondate da Don Bosco durante
la sua vita, esse crebbero fido a 314. Vengono alle labbra in sen-
so positivo le parole della Bibbia: n Qui vi è il dito di Dio » (Ex.
VIII, 19).
Glorificando Don Rua, noi rendiamo gloria al Signore, che
ha voluto u e l l ~persona di lui, nella crescente schiera dei suoi
Confratelli e nel rapido incremento dell'opera salesiana manijesta-
re la sua bontà e la sua potenza, capaci di suscitare anche nel
nostro tempo l'inesausta meravigliosa vitalità della Chiesa e di of-
frire alla sua fatica apostolica i nuovi campi di lavouo pastorale,
che l'impetuoso e disordinato svilzlppo sociale ha aperto davanti
alla civiltà cristiana. E salutiamo, festanti con loro di gaudio e di
speranza, tutti i figli di questa giovane e fiorente Famiglia Salesia-
na, che oggi sotto lo sguardo amico e paterno del loro nuovo Bea-
to rinfrancano il loro passo sulla via erta e diritta dell'ormai
collaudata tradizione di Don Bosco.
Poi le opere salesiane si accendono davanti a noi illuminate
dal Santo Fondatore e con novello splendore del Beato conti-
nuatore.
È a voi che guardiamo, giovani della grande scuola Sale-
siana. Vediamo riflesso nei vostri volti e splendente nei vostri
occhi l'amore di cui Don Bosco, e con lui Don Rua e tutti i loro
Conjratelli di ieri e di oggi, e certo di domani, vi ha fatto magni-
fico schermo. Quanto siete a noi cari, quanto siete per noi belli,
quanto volentieri vi vediamo allegri, vivaci e moderni: voi siete
giovani cresciuti, crescenti in codesta multiforme e provvidenziale
opera Salesiana! Come preme sul cuore la commozione delle straor-

31.2 Page 302

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dinarie cose che il genio di carità di San Giovanni Bosco e del
Beato Michele Rua e dei mille e mille loro seguaci ha saputo
produwe per voi: per voi specialmente figli del popolo, per voi,
se bisognosi di assistenza e di aiuto, di istruzione e di educazione,
di allenamento al lavoro e alla preghiera; per voi, se figli della
sventura o confinati in terre lontane, aspettate chi vi venga vici-
no, con la sapiente pedagogia preventiva dell'amicizia, della bon-
tà, della letizia, chi sappia giocare e dialogaie con voi, chi vi
faccia buoni e forti facendovi sereni e puri e bravi e fedeli, chi
vi scopra il senso e il dovere della vita, e vi insegni a trovare in
Cristo l'armonia di ogni cosa. Anche voi oggi salutiamo, e vor-
remmo tutti voi, alunni piccoli e grandi della gioconda, studiosa
e laboriosa palestra Salesiana, e con voi tanti vostri coetanei delle
città e delle campagne, voi delle scuole e dei campi sportivi, voi
del lavoro e della sofferenza, e voi delle nostre aule di catechi-
smo e delle nostre chiese: si, voiremmo tutti per un istante chia-
marvi sull'attenti, ed invitarvi a sollevare gli sguardi verso que-
sto nuovo Beato Don Michele Rua, che vi ha tanto amati e che
ora per mano nostra, la quale vuole essere quella di Cristo, a
uno a uno e tutti insieme vi benedice 8.
... Offerte di fiori, offerte di cuori
Il Santo Sacrificio riprese con la professione di Fede, il canto
del Credo, e la preghiera dei fedeli, in cui le varie intenzioni
ecclesiali vennero affidate alla intercessione del novello Beato,
in francese, tedesco, inglese, spagnuolo e polacco.
Suggestivo i'offertorio del pane e del vino, dei fiori e dei ceri.
Commovente la Comunione distribuita da pareccbi sacerdoti nei
settori della basilica, mentre scelte rappresentanze della Famiglia
Salesiana, autorità e personalità la ricevevano dalle mani del
Santo Padre.
Assistevano al sacro rito i Cardinali: Cicognani, Ferretto, Con-
falonieri, Gilroy, Bueno y Monreal, Larraona, Da Costa Nunes,
Antoniutti, Forni, Landazuri Ricbetts, Slipyi, Villot, Rossi, Bel-
trami, de Furstenberg, Samoré, Parente, Staffa, Roy, Tabera,
Wright, Willebrands, Guerri.

31.3 Page 303

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Degli oltre cinquanta Presuli, Arcivescovi e Vescovi, otto
erano salesiani. Con gli Arcivescovi Segretari delle Congregazioni
di Curia era il Provicario di Roma, Mons. Ugo Paletti, ora Car-
d'mal Vicario di Sua Santità, una folta rappresentanza di Parroci
Urbani, Superiori e Procuratori Generali di Ordini e Congrega-
zioni religiose. Al completo il Corpo Diplomatico col Sostituto
della Segreteria di Stato Mons. Benelli e il Segretario del Consi-
glio per gli Affari Pubblici dells Chiesa Mons. Casaroli; i mira-
colati signora Benedetta Vaccarino in Pirazzi e il salesiano Don
Andrea Pagliari; molti parenti di Don Rua; tutti i membri del
Consiglio Superiore della Società Salesiana col Rettor Maggiore
emerito Don Renato Ziggiotti, ispettori dali'ltalia e dali'estero;
la Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice Madre
Ersilia Canta col Consiglio Generalizio, Ispettrici e Direttrici;
dirigenti dei Cooperatori Salesiani con l'avv. Orazio Quaglia; il
Presidente Internazionale degli Exallievi Dott. Taboada Lago col
Consiglio; Volontarie di Don Bosco con la Presidente prof. Jan-
nicari... I1 Governo Italiano era rappresentato dal Ministro della
Pubblica Istruzione S. E. il dott. Oscar Luigi Scalfaro con YAm-
basciatore d'Italia presso la S. Sede, alti funzionari e personalità
di vari Ministeri.
Da Torino, il Presidente deila Regione Piemontese dott. Cal-
Ieri, il Preside della Provincia dott. Borgogno, il Sindaco Ing.
Porcellana col Segretario al Comune dott. Ferreri, Assessori, Con-
siglieri, numerosi pellegrini, benefattori e amici deli'Opera sa-
lesiana.
Col Cardinale Arcivescovo di Torino erano il Vicario Gene-
rale, dignitari ed officiali deila Curia e del Tribunale Ecclesiastico
per le Cause dei Santi.
Prima di risalire ai suoi appartamenti, il Santo Padre sostò
nella cappella di San Sebastiano, dove il Rettor Maggiore Don
Luigi Ricceri gli fece omaggio di un'insigne Reliquia del Beato
in un reliqniario di finissima fattura artistica, copie di edizioni
salesiane fra cui la traduzione della Bibbia in lingua giapponese.
Le Figlie di Maria Ansiliatrice e i Cooperatori offersero servizi
liturgici e paramenti sacri confezionati nei laboratori delle Coope-
ratrici salesiane.
A mezzogiorno la massa dei pellegrini e delle rappresentanze

31.4 Page 304

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della triplice Famiglia di Don Bosco si tratrenne in Piazza San
Pietro a recitare l'Angelus col Santo Padre il quale, affacciandosi
da una Gnestra del suo appartamento, rivolse ancora a tutti la sua
buona parola:
«Noi abbiamo nell'animo il grande gaudio della Beat&ca-
zione, testé celebrata, di Don Michele Rua, primo successore di
San Giovanni Bosco nella direzione della Società Salesiana; e non
possiamo immaginare la gloria di questi cittadini del cielo senza
ripensarli in mezzo alla nostra gioventù, piena anch'essa di gioia
per aver trovato in tali uomini saggi e buoni i propri amici mi-
gliori, i propri maestri di vita. Lodiamone tutti, ringraziando il
Signore e raddoppiando il nostro amore per i nostri ragazzi, i
nostri giovani, i nostri figli della scuola e del lavoro.
Ma non possiamo oggi dimenticare l'ansia di pace che invade
il mondo. I1 dramma di ideologie, di lotta e di sangue del Vietnam
è diventato dramma del mondo. Chiunque ha il senso deila soli-
darietà che ormai fa degli uomini una famiglia, una società sola,
non può sottrarsi alla trepidazione di questi giorni di tensione e
di speranza... Occorre una pace vera. E perché questo avvenga
con prontezza generosa, e perché la tensione degli animi si disten-
da in propositi e in sentimenti di fraternità, sia adesso la nostra
fervente preghiera... D.
La preghiera alla Vergine conclusa con la benedizione del
Vicario di Cristo, fu coronata da una cordiale ovazione al gran
cuore del Papa che si strugge nella sua divina missione di civiltà,
di amore e di pace.
Celebrazioni in tutte le parti del mondo
Radio e televisione trasmisero la solenne funzione nella basi-
lica di San P i e ~ oe la imponente dimostrazione in Piazza, alle
varie parti del mondo dove nel giorno stesso si avviarono altre
pubbliche, devote e fervorose celebrazioni. In Roma, la sera
stessa, l'on. a w . Giuseppe Alessi tenne la commemorazione civile
ufficiale nell'aula magna del Pontificio Ateneo Salesiano.
Seguirono, dal 30 ottobre al lo novembre, Concelebrazioni
liturgiche e Pontificali nella basilica di Santa Maria Liberatrice

31.5 Page 305

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al Testaccio, in quella di S. Giovanni Bosco a Cinecittà, nella
basilica del Sacro Cuore ai Castro Pretorio e in quella di Maria
Ausiiiatrice.
I1 9 novembre, cominciò il triduo nella basilica di Maria
Ausiliatrice in Torino con solenni concelebrazioni presiedute dal-
1'Arcivescovo di Vercelli Mons. Albimo Mensa, dai Cardinale
arcivescovo di Torino Michele Pellegrino, dai Vescovi di Susa
Mons. Garneri, di Pinerolo Mons. Giustetti, di Novara Mons.
Del Monte, da Mons. Maritano Vicario Generale di Torino e dal-
1'arcivescovo Mons. Tinivelia dei Frati Minori, dal Rettor Mag-
giore e da vari Superiori del Consiglio Generalizio Salesiano, da
Mons. Rossino, Vicario Episcopale per le Religiose e Direttore
Diocesano dei Cooperatori Salesiani.
La commemorazione civile venne affidata all'exallievo prof.
Lana, docente di letteratura all'Università di Torino, con inter-
vento delle autorità. Sul palco del salone d'onore fra i vessilli
delle nazioni in cui lavorano i Salesiani spiccava il Gonfalone
della Città che diede i natali a Don Rna.
Un altro exallievo tanto caro a Don Rua, S. E. Mons. Giu-
seppe Angrisani, già vescovo di Casale Monferrato, fece il pane-
girico in basilica, rilevando i tratti salesiani del novello Beato e
trasfondendo i palpiti della sua aflettuosa venerazione a tutti i
fedeli che gremivano la chiesa.
Distinti Oratori ne parlarono poi alle funzioni specializzate
ed ai convegni dei sacerdoti e religiosi, delle suore e dei giovani
accorsi da altre case salesiane e istiruti delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, felici di avere u a loro in quei giorni anche la Superiora
Generale col suo Consiglio Generaliio.
Alla storia la cronaca coi particolari delle altre manifestazioni
di cui si fecero eco le varie edizioiu del Bollettino Salesiano, di
varie pubblicazioni, dei quotidiani e periodici locali.

31.6 Page 306

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CONCLUSIONE
Noi concludiamo ringraziando il Signore che ci diede ancora
la forza di condurre a termine questa biografia. Senza prevederlo,
abbiamo seguito la traccia della Omelia di Paolo VI, delineando il
profilo deli'afievo, del successore, del continuatore deli'opera del
suo grande e santo Maestro Don Bosco, padre e maestro della
gioventù dei nostri e dei tempi futuri in cui confida ancora la
sana società contemporanea che guarda alla Chiesa come ali'ànco-
ra di salvezza per un migliore avvenire.
Abbiamo abbondato in citazioni di documenti perché siamo
persuasi che possano giovare ad altri studiosi facilitando loro la
ricerca di tante fonti che diligenti confratelli hanno fedelmente
assicurato alla Congregazione.
Ci auguriamo che le abbiano a valorizzare con altrettanta
fedeltà e rettitudine, con rispettosa obiettività, come si addice
agli « storici » e, se possibile, con « intelletto d'amore », perché
nel corso dei secoli non si perda il fascino del « Capolavoro di
Don Bosco », santo educatore, educatore di santi, di santi gio-
vani, di santi educatori...

31.7 Page 307

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Lettera di Don Rua all'Arcivescovo Mons. Castaldi per ottenere la facoltà di confes-
sare al neo sacerdote Don Berto Gioachino, segretario particolare di Don Bosco.
L'originale, presso il Maestro Riccardo Gervasio, exallievo salesiano.

31.8 Page 308

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ABBREVIAZIONI E NOTE
Per facilitare le ricerche documentarie distingueremo con.
M.B.
B.S.
Am.
Fr.
A.S.S.
EP.
E.C.
vesp.
Mac.
Gar.
Main.
Geni.
« Memorie Biografiche di Don Bosco
« Bollettino Salesiano r
Amadei: sue biografie di Don Rua
Francesia: Don Michele Rua
Annali della Societi Salesiana
Epistolariod i Don Bosco
Eugenio Ceria: Vita del Servo di Dio D. Michele Rue
D. Giuseppe Vespignani: Un anno alla scuola di Don Bosco
D. Fadinando Maccono:Vita di M. D. Marzarello
D. Domenico Garneri: SY. Maddalena Morano
Sr. Maineiii: Madre Caterina Daghero
D. Aspreno Geniilucci: Il Beato Michele Rua.
Segneremo i volumi in cifre romane, le pagine i n cifre arabiche
(11 M.B. IV. 429.
izj E.C. 23.'
(3) M.B. V, 819-924.
(41 M.B. VI. 630.
isj M.B. vII, 571.
(6) Ep. I, 284.
( 7 ) M.B. VI, 34748.
(8) Fr., 67-68.
(9) M.B. VIII, 241.
(101 M.B. XIV. 113-14.
1181 M.B. IX. 320-22,
(19 j EP. 11, ?I-72.
(20) Ep. 11, 72-73-76.
(21) Ep. XII, 78.
(22) M.B. IX, 923 - Ep. 11,119.
(23) M.B. IX, 764.66; X, 173 e
(541EP. 11,166.
(25) Ep. 11,179.
(26) Ep. 11, 175-77.
(27) M.B. X, 448 e segg.
(28) Ep. 11, 193.
(29) ED. 11.230.
i i o j E;>.11;231.
(31) Ep. 11,232.
(32) Ep. 11, 295-96.
(33) Ep. 11,297.

31.9 Page 309

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(35) Ep. 11,341.
(36) Ep. 11,351.
(37) Ep. 11, 353-54.
(38) Ep. 11,357.
(39)Ep. 11,367.
(40) ED. 11,376.
(41) Ep. 11,378.
(42)Ep. 11,394495.
(43)ED. 11.395.
(44)EP. 11;407-8.
(45)Ep. 11,423.
(46)Mac. 255.
(47) Mac. 284.
(48) Ep. II1,24.
(49) Ep. 111,104-5.
(50)Ep. 111,105-11.
(51) Ep. 111,111.
(52) Ep. 111,136.
(53) Ep. 111,138.
(54) Ep. 111,138-39.
(55)Ep. 111,140.
(561 ED. 111.146.
i57j E;. 111;155.
(58)Ep. 111,159-60.
1591 ED. 111.181-82.
(60j E;. III;183.
(61) Ep. 111,187.
(62) Ep. 111,192-93.
(63) Ep. 111,193.
(64) Ep. 111,198.
(65) Ep. 111,201.
(66) M.B. XII,80-81.
(67)M.B. XI,201-206.
168) M.B. XII.37581.
(69) M.B. XII,159.
(70) M.B. XIII,620.
(71)A.S.S.I,316.
(72) M.B. XIII,818.
(73) Ep. 111,25455.
(74) Ep. 111,255.
(75) Ep. 111,263.
(76) Ep. 111,267.
(77) Ep. 111,267.80.
(78) Ep. 111,280-97.
(79) Ep. 111,274.
(80) Ep. 111,305.
306
.~~
(82) Ep. 111,439.40
183) ED. 111.447.
i84j GB.XIV,71.
(85) M.B. XIV,80.
(86)MB. XIV,391.
(87) M.B. XIV,556.
(88) M.B. XIV,581.
(89) M.B. XIV,599-609
(90)M.B. XV,148.
(91)M.B. XV,156.
192) M.B. XV.161.
i93j M.B. XV;177-79.
(94)M.B. XV,182-87.
(95)M.B. XV,187.
(96) Ep. IV,26-32-35-40-120.
(97) M.B. XIII,242;XV,651-53.
(98)M.B. XVI,123: 114-15.
(991 M.B. XV1I.98:2.5.7-~29~1. . .
~
il00) M.B. x ~ I3,35-51;587-88.
(101)M.B. XVII,34-35;107-115.
(102) M.B. XVII,18487;202;206.
(103) M.B. XVII,256-73.
(104)M.B. XVII,290.
(105)h?.B. XVII,325-26;332-34.
(1061 M.B. XVII,342;353.
(107)M.B. XVII,365;382-84.
11081 M.B. XVII. 385-87.
(109) M.B. XVII;566-70.
(110) M.B. XVII,273-83.
(111)MB. XVII,283-84.
(112) M.B. XVII,619.
(113) M.B. XVIII,15.
11141 M.B. XVIII.36-39.
iiis) M.B. XVIII;119.
(116) M.B. XVIII,131.
11171 M.B IX.983
iiisj EP. IV,355.56.
(119) Ep. IV,359.
1120) M.B. XVIII.187.
iizij M.B. XVIII,184.189; 196;
206; 210.
1122) M.B. XVIII 247-49.
i123jM.B. XVIII:267-69;288
(124)M.B. XVIII,333.
(125)M.B. XVIII,369;384.

31.10 Page 310

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(126) M.B. XVIII,43742; 447-56; (165) A.S.S. 11,736-742.
459-60.
(166)A.S.S. 111,l.
(127) M.B. XVIII,474.86,
(167) A.S.S. 1II,42-51.
(128) M.B. XVIII,493; 502.3.
(168)A.S.S. 111,21-29.
11291 M.B. XVIII, 510.11; 536; (169) A.S.S. 111,16-55;69-76; 84-
54246.
86.
(130) M.B. XVIII,553.
(170) A.S.S. 111,56-68.
(131) M.B. XVIII,568.
(132) M.B. XVIII, 612-13.
(171) A.S.S. 111,88-98;99-117.
(172) A.S.S. 111,C.VIII.
(133) M.B. XVIII,620-25;630-31. (173) A.S.S. 111,138-142.
(134)A.S.S. 11,1-2.
(174) A.S.S. 111,156.
(135)A.S.S. 11,5.
(175) M.B. XVII,374.
(136) A.S.S. II,7.
(176) A.S.S. 111,194-195.
(137) M.B. XVII,260-63.
(177) A.S.S. 111,223-237;261-264.
(138)A.S.S. 11,24.
(1781 A.S.S. 111.307-308.
(139)A.S.S. 11,37-41;45.
i179j A.S.S. III;307.310.
(140) A.S.S. 11,47 e tutto il C. VI. 11801 A.S.S. 111.311-313.
(141) A.S.S. 11,78.
i181j A.S.S. 111;322-340.
(142) A.S.S. 11,86.
(182) A.S.S. 111,345-346;359-360;
(143) A.S.S. 11,87-91-92.
396-424.
(144) A.S.S. 11,128-130.
(183) A.S.S. 111,381-387.
(145)A.S.S. 11,137 e tutto il C.
XIII.
(146) A.S.S. 11,208-209.
(147) A.S.S. 11,228-240.
(148) A.S.S. 11,244-247;M.B. XII,
383; M.B. XVII, 261-264.
(149) A.S.S. 11,261-280.
(184) A.S.S. 111,392;441;470-502.
(185)A.S.S. 111,507.
11861 A.S.S. 111,514-517.
(187) A.S.S. 111,543-552.
(1881 A.S.S. 111.560-571-576.
i189j A.S.S. 111,630.671; 725.742;
(150) M.B. XVII,896.
760-771.
(151)A.S.S. 11,283.296;301-305. (190) A.S.S. 111,452-463;743-753.
11521 A.S.S. 11,326-344-356:M.B. (191) A.S.S. 111,594-597.
IX,"ltimi capit&i.
(192)A.S.S. 111,609-610;684-702.
(153) A.S.S. 11,C. XXVIII,c
(193) Civ. Catt. Serie XXII; vol.
XXIX.
111,518.
(154)A.S.S. 11,393-394.
(194) Am. Un altro Don Bosco, p.
(155) A.S.S. 11,407-408.
620; Ccria, Vita, 482-88.
(156)A.S.S. 11,417.
(195) A.S.S. 111,725-742.
(157) A.S.S. 11,445-460.
(1961 B.S. mappio 1910,134.
(158)A.S.S. 11,474-492C;.XLVIII. i197j A.S.S. 2,834.
(159) A.S.S. 11,549-610.
(198) A.S.S. 111,746; 760-771;A.
(160) A.S.S. 111,216-220.
S.S. 111,758; A.S.S. 111,772-794;
(161) M.B. 11,407.
A.S.S. 111.799-801.
(162) M.B. XVII,556.
(199)A.S.S. 111,831; B.S. maggio
(163) A.S.S. 11, 493-512;B.S. la- 1910,134 e segg.
gli0 1898.
(200) A.S.S. 111,334; B.S. giugno
(164) A.S.S. 11,717.
1910,178-180.

32 Pages 311-320

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32.1 Page 311

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La mamma di Don Rua

32.2 Page 312

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Sopra: Crida - Aiiresco nella Cappella di San Francesco di Sales a ricordo deila prima
Messa solenne cantata da Don Rua il 5 agosto 1860 con i'assistenza di Don Bosco.
Soiio: La soffitta con la finestra apena dove dormiva Don Rua, chierico e giovane
sacerdote. Don Bosco con Don Rua e il chierico Viglietti nel giardino della viiia Mani
y Codolar a Barceilona (Spagna) nel 1886.

32.3 Page 313

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32.4 Page 314

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32.5 Page 315

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La tomba di Don Rua nella Cappella delle Reliquie, cripta del Santuario
Ausiliatrice.
Altorilievo del Conte Galateri riportato dalla tomba di Valsalice.
Maria
A sinistra:
Sopra: Lo studio di Don Bosco e poi di Don Rua, col modesto sofà su cui dormi
Don Rua fino all'ultima malattia.
Sotto: La folla ai funerali di Don Rua fa ala ed accompagna il corteo, presieduto
dai Vescovi.

32.6 Page 316

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32.7 Page 317

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A sinistra: Un momento della
solenne Beatuicazione officiata
dal Santo Padre Paolo VI.
Sopra: Albo d'onore degli aiiie-
vi delle Scuole Commerciali,
Elementari Superiori, di Tori-
no nel 1851.
A fianco: Elenco dei giovani
impegnatisi il 5 giugno 1852
in un primo esercizio di devo-
zione a Maria SS.. comoilato
da Rua Michele.
L'originale è neli'Atchivio Ca.

32.8 Page 318

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Don Michele Rua, primo successore di Don Bosco e primo aggiornatore deile Regole
della Società Salesiana (1904) con Don Filippo Rinaldi, terzo successore di Don Bosco
e secondo aggiornatore deUe Regole (1922 ).

32.9 Page 319

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INDICE
Dedica . .
. . . . . . . . . . . . pag. 7
Parte I: Alla scuola di un grande maestro
Prendi. Michelino . . . . . . . . . . . . »
E... se il Signore ti chiamasse a farti sacerdote? .
.»
La talare gli stava bene .
.
.
.
.
.»
Saiesiano . . . . . . . . . . . . »
Direttore spirituale della Società Salesiana .
»
Sacerdote . . . . . . . . . . . . »
Direttore a Mirabeiio Monferrato .
.
.»
Prefetto Generale deiia Società Saiesiana .
»
A fianco di Don Bosco . . . . . . . . . . . »
Anche se ti gettassi giù daiia finestra.
.
.
.»
Per le Figlie di Maria Ausiliatrice .
.
.D
La Regola vivente . . . . . . . . . . . »
Rei famiiiaris procurator . . . . . . . . »
Coi Cooperatori e Figli di Maria . . . . . . . . »
Una pietra miliare . . . . . . . . . . . . D
Un sogno e un segno: segno di Dio . . . . . . . . »
Neli'intimità della Famiglia . . . . . . . . »
Pieni poteri: Vicario di Don Bosco . . . . . . »
Con Don Bosco in Francia e in Spagna .
»
Dalla festa di Maria Ausiiiatrice ai I V Capitolo Generale . . »
Con Don Bosco a Roma . . . . . . . . »
L'ultimo mese... ii primo deli'anno nuovo.
.
.
.»

32.10 Page 320

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. Parte 11: Successore di S. G Bosco
Conservatore o continuatore...? . . . . . . . . .
I primi passi . . . . . . . . . . . . .
Prime visite in Italia e all'estero . . . . . . . .
Mezzo secolo di storia . . . . . . . . . . .
VI Capitolo Generale . IV Centenario Colombiano . . . .
In Terrasanta . . . . . . . . . . . . .
I Con"eresso dei Coo~eratorie VI1 Ca~itoloGenerale . . .
Un seme a Milano. una manciata pel mondo. . . . . . . .
Spine acute fra le rose . . . . . . . . . . .
Per le Figlie di Maria Ausiliatrice . . . . . . . .
A dieci anni dalla morte di Don Bosco . . . . . . .
DaUa consacrazione al S. Cuore di Gesù alla Incoronazione di
Maria Ausiliatrice . . . . . . . . . . .
Un'altra pietra miliare neila storia delia Società Salesiana . .
L'apostolato salesiano fra i Lebbrosi . . . . . . .
X Capitolo Gwierale e affermazioni delle Scuole Salesiane . .
Consolidamento ed espmsione neii'uitimo decennio di Don Rua
IV e V Congresso dei Cooperatori Salesiani. . . . . .
Rose e spine . . . . . . . . . . . . .
Alba giubilare e sereno tramonto . . . . . . . .
Parte SII: A metà con Don Bosco fino agii altari
La «Chiamata del Padre ». . . . . .
I conforti religiosi . . . . . .
In benedizione. . . . . . . . .
La solenne Beatificazione . . . .
L'Omelia del S. Padre . . . . .
Offerte di fiori. offerte di cuori. . . . .
Celebrazioni in tutte le parti del mondo
Condusione . . . . . . .
Abbreviazioni e note . . . . .
Indice . . . . . . . . .

33 Pages 321-330

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33.1 Page 321

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