Akash Bashir, Giovane pakistano testimone di Cristo

Akash Bashir

Giovane pakistano
testimone di Cristo





Testi

Pierluigi Cameroni

Matteo Penati


Fotografie

Archivio della Postulazione

Archivio “Akash Bashir’ Lahore

Archivio Gabriel Cruz

Adobe Stock


Impaginazione

Anna Mauri


© 2022 Editrice Velar

24020 Gorle (Bg)

www.velar.it

ISBN 978-88-6671-945-8


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I.V.A. assolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74, 1° comma,

lettera C, D.P.R. 633/72 e D.M. 09/04/93.


Prima edizione: Aprile 2022


Editrice Velar, Gorle (Bg)



Presentazione

La vita di Akash Bashir è sorprendentemente ordinaria. Un alunno salesiano, un giovane cattolico nato in una famiglia umile, ma con una fede profonda e sincera. Ha studiato in uno dei nostri istituti in Pakistan, nella città di Lahore, nel quartiere cristiano di Youhanabad.

Akash Bashir vive la sua vita normalmente, come qualsiasi altro giovane, tra la sua famiglia, gli amici, la scuola, il lavoro, lo sport, la preghiera. Certo, in un paese come il Pakistan, in cui prevale una fede musulmana conservatrice, essere un giovane cattolico non è cosa da poco. Qui la fede non è solo un titolo o una tradizione familiare, è un’identità.

Il semplice ma significativo filo conduttore che ha reso diversa la sua esistenza è stato però il «servizio». Ogni momento della vita di Akash è stato un atto di servizio, ed è morto servendo la comunità del suo quartiere, è morto servendo fino a dare la sua stessa vita.

Il 15 marzo 2015, mentre si stava celebrando la Santa Messa nella parrocchia di San Giovanni, il gruppo di guardie di sicurezza composto da giovani volontari, di cui Akash Bashir faceva parte, sorvegliava fedelmente l’ingresso. Quel giorno accadde qualcosa di insolito. Akash notò che una persona con dell’esplosivo sotto i vestiti stava cercando di entrare in chiesa. La trattenne, le parlò e le impedì di continuare, ma rendendosi conto che non poteva fermarla la abbracciò strettamente dicendo: «Morirò, ma non ti farò entrare in chiesa». Così il giovane e il kamikaze morirono insieme. Il nostro giovane offrì la sua vita salvando quella di centinaia di persone, ragazzi, ragazze, mamme, adolescenti e uomini adulti che stavano pregando in quel momento dentro la chiesa.

Akash aveva 20 anni.

Questo fatto ha lasciato una profonda impressione e naturalmente non possiamo e non vogliamo perdere il ricordo del giovane Akash. La sua vita semplice e normale è senza dubbio un esempio molto significativo e importante per i giovani cristiani di Lahore, di tutto il Pakistan e del mondo salesiano.

La sua mamma ha detto: «Akash faceva parte del mio cuore. Ma la nostra felicità è più grande del nostro dolore, perché non è morto per tossicodipendenza o per un incidente. Era un giovane semplice che è morto sulla strada del Signore, salvando il sacerdote e i parrocchiani. Akash è già il nostro santo».

Giovani martiri di oggi: «[...] chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (cf. Mc 8,35), ha detto Gesù. Akash Bashir ne è l’esempio vivente. È un esempio di santità per ogni cristiano, un esempio per tutti i giovani cristiani del mondo. Essere santo oggi è possibile! Ed è senza dubbio il segno carismatico più evidente del sistema educativo salesiano. Ogni studente dei nostri istituti sa che per raggiungere la santità è necessario trovare la felicità amando profondamente Dio e le persone care; prendersi cura e badare a coloro che conosciamo appena; essere responsabili nei doveri ordinari, servire e pregare.

Ma in modo particolare Akash rappresenta i giovani cristiani pakistani, rappresenta le minoranze religiose. Akash Bashir è la bandiera, il segno, la voce di tanti cristiani che vengono attaccati, perseguitati, umiliati e martirizzati nei paesi non cattolici. Akash è la voce di tanti giovani coraggiosi che riescono a dare la loro vita per la fede nonostante le difficoltà della vita, la povertà, l’estremismo religioso, l’indifferenza, la disuguaglianza sociale, la discriminazione. La vita e il martirio di questo giovane pakistano, di soli 20 anni, ci fa riconoscere la potenza dello Spirito Santo di Dio, vivo, presente nei luoghi meno attesi, negli umili, nei perseguitati, nei giovani, nei piccoli di Dio.

Akash Bashir, Ex-allievo di Don Bosco del Pakistan, è una testimonianza del nostro Sistema Preventivo, un esempio per i giovani e una benedizione per le minoranze religiose.

La sua Causa di Beatificazione, iniziata il 15 marzo 2022 a Lahore nel VII anniversario della sua morte, è per noi segno di speranza ed esempio di santità giovanile fino al martirio.


Don Ángel Fernández Artime

Rettor Maggiore dei Salesiani

15 marzo 2015: «Morirò, ma non ti lascerò entrare!»

Il 15 marzo 2015 è la IV domenica di Quaresima (la domenica «Laetare») e nella parrocchiale St. John’s Catholic Church, nel quartiere cristiano di Youhanabad (Lahore-Pakistan), tra i 1200 e i 1500 fedeli della locale comunità cattolica sono riuniti per la celebrazione eucaristica, presieduta da padre Francis Gulzar. Alle 11.09 un primo attacco terroristico viene portato alla comunità anglicana riunita presso la Christ Church, appartenente alla Church of Pakistan, che dista meno di 500 metri dalla chiesa cattolica. Alle 11.10 una seconda detonazione avviene proprio all’ingresso del cortile della St. John’s Catholic Church, dove presta servizio – come guardia di sicurezza volontaria – Akash Bashir. La St. John’s Catholic Church è situata all’interno di un cortile, circondato da un muro perimetrale, al quale si può accedere attraverso un cancello che dà sulla strada. Nessuno dei volontari della sicurezza era dotato di armi, la difesa armata era compito della polizia. Yousaf, Shahbaz Gill e Sikandar sono tre volontari che quella mattina prestavano servizio assieme ad Akash. Essi così ricostruiscono l’attentato:


Yousaf: «Quando c’è stata la prima esplosione essa è avvenuta alla Christ Church. Io ero in piedi fuori, con Akash. Lui era con me. Così, appena ho sentito l’esplosione, ho detto ai miei amici di chiudere il cancello. Nel frattempo, l’attentatore è venuto verso di noi e mi ha sparato due volte con la sua pistola. Allora, ha cercato di entrare dentro, ho gridato e ho chiesto a Sikandar di chiudere il cancello»;

Shahbaz Gill: «Quando ho sentito Yousaf che dall’esterno diceva di chiudere il cancello mentre era in corso la sparatoria, ci siamo precipitati verso il cancello. Mentre ci precipitavamo l’attentatore era già sul cancello, in piedi proprio di fronte a noi [...] e mentre cercava di entrare... e mentre lo affrontavamo ci puntava con la sua pistola. Ma Dio ha voluto che mancasse il bersaglio. Né Sikandar né io avevamo qualcosa che avremmo potuto usare come protezione»;

Sikandar: «Mentre stavamo chiudendo il cancello, l’attentatore aveva un piede dentro e uno fuori. Quando è entrato, ho sbattuto il cancello con molta forza ed energia e in questo modo l’ho colpito e lui stava cadendo all’indietro... nel frattempo Akash lo ha bloccato»;

Shahbaz Gill: «Mentre stava cadendo e Akash lo stava afferrando, lui ha detto: “Sono un attentatore, lasciatemi”. Allora Akash ha risposto: “Morirò, ma non ti lascerò”... queste sono state le sue ultime parole»;

Sikandar: «Dopo l’esplosione ho perso un occhio e ho dei cuscinetti a sfera nelle gambe, 12 in una e 4 nell’altra. Ne ho anche nella pancia e non posso sentire da un orecchio»;

Yousaf: «Sono stato ferito gravemente e ho ripreso coscienza dopo tre giorni».

«Era tutto vestito di bianco»

Come riportano i referti dell’ospedale quel giorno ci sarebbero stati 70 feriti (59 nei pressi della Christ Church e nel mercato che era in corso proprio fuori dall’edificio, 11 nella St. John’s Catholic Church). Di questi, 4 moriranno nei giorni seguenti, a causa delle ferite riportate, e si andranno ad aggiungere alle vittime decedute in occasione delle esplosioni: 17 appartenenti alla comunità anglicana e 4 a quella cattolica. Tra queste Akash Bashir.

Akash, nell’esplosione che lo uccise, perse gran parte del braccio destro e della parte inferiore del corpo. Senza il suo sacrificio le vittime sarebbero state decine se non centinaia.

L’Agenzia Reuters – ripresa anche dalla BBC – citava un testimone oculare, Amir Masih: «Ero seduto in un negozio vicino alla chiesa quando un’esplosione ha scosso la zona. Mi sono precipitato sul posto e ho visto la guardia di sicurezza litigare con un uomo che stava cercando di entrare nella chiesa. Dopo aver fallito il tentativo, si è fatto esplodere».

Così la madre di Akash, Naz Bano, ricorda quel giorno:


«Akash ne parlava con gli amici e ha insistito per tre mesi sul fatto che voleva custodire [proteggere] la chiesa. Era pronto a sacrificare la sua vita se Dio gli avesse dato la possibilità di proteggere altri.

È morto durante la Quaresima. Stavo lavando i panni in casa quando mio figlio è uscito per andare in chiesa quella domenica. Era tutto vestito di bianco. Qualche istante dopo ho sentito degli spari fuori, poi la nostra strada ha rimbombato per le esplosioni. Ricordo le donne che parlavano di minacce di morte ricevute alla scuola della chiesa [anglicana] di Cristo. Gli studenti dicevano di ricevere lettere minatorie e sudari nella posta.

Le strade erano piene di gente. Sentendo la seconda esplosione, sono corsa col mio figlio minore verso la chiesa cattolica. Cercavo Akash tra i ragazzi in piedi vicino al portone della chiesa. Il suo braccio destro era stato quasi strappato via. Non riuscivo a credere ai miei occhi.

I poliziotti in servizio guardavano una partita di cricket della World Cup. Akash doveva controllare i visitatori a una barriera a una certa distanza dalla chiesa, ma ha insistito per stare alla porta del tempio. Le sue ultime parole al terrorista sono state “Morirò, ma non ti lascerò entrare in chiesa”».


Il vangelo di quella IV Domenica di Quaresima annunciava le parole di Gesù a Nicodemo: «Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,20-21). Akash ha sigillato con il suo sangue di giovane cristiano queste parole. Ha lottato corpo a corpo con il potere della morte, dell’odio e della violenza e ha fatto trionfare la luce e la verità. Ha lavato il vestito bianco con il sangue dell’Agnello rendendolo splendente (cf. Ap 7,14).

Akash: figlio di una famiglia coraggiosa e retta

La provincia del Pakistan attualmente chiamata Khyber Pakhtunklwa confina a settentrione e a occidente con l’Afghanistan. E proprio nelle zone occidentali si trovano quelle che, dal 1970 e fino al 2018, erano conosciute come FATA, le aree tribali ad amministrazione federale. Questa zona – le FATA – con l’occupazione sovietica dell’Afghanistan negli Anni Ottanta, da un lato vide riversarsi numerosi rifugiati afghani in cerca di asilo, dall’altro divenne un’importante area di sosta e di riorganizzazione dei combattenti mujaheddin in procinto di entrare in Afghanistan. Con l’attacco statunitense del 2001 e la conseguente caduta del regime talebano di Kabul essa divenne una zona sicura, nella quale trovarono rifugio i talebani afghani. Questo si spiega perché a occidente di Peshawar, capoluogo della provincia di Khyber Pakhtunklwa, si trova il Khyber Pass, il più settentrionale e importante tra i passi che collegano Islamabad (capitale del Pakistan) e Kabul (capitale dell’Afghanistan) passando per la stessa Peshawar.

L’etnia principale della zona è quella dei Pashtun, una popolazione fiera della sua indipendenza e composta da numerose tribù e clan che principalmente vivono in territorio extra urbano. Anche per questo il tasso di alfabetizzazione era ed è tra i più bassi del Pakistan e, nel corso degli anni, il progresso educativo si è rivelato piuttosto lento. A livello religioso – come in tutto il Pakistan – predominano di gran lunga i fedeli musulmani.

È questa la provincia nella quale viveva la famiglia di Akash Bashir. Bashir Emanuel, il padre di Akash, apparteneva alla minoranza cristiana e crebbe in una famiglia molto devota.

Il 9 novembre 1990 Bashir Emanuel sposò Naz Bano, con la quale si era fidanzato il 18 dicembre dell’anno precedente, una ragazza cristiana originaria di Shahdara, cittadina posta al margine settentrionale di Lahore. I due ebbero 5 figli: una femmina, Komash (la maggiore, nata il 1° settembre 1991), e i 4 maschi Waqas (nato il 28 marzo 1993), Akash (nato il 22 giugno 1994), Arsalan (nato il 13 settembre 1995) e Ramish (nato il 13 aprile 1996). Tutti videro la luce nella casa della famiglia a Risalpur, una città a 45 km a est di Peshawar, anche grazie all’aiuto delle sorelle del padre: una era infermiera e un’altra ostetrica.

L’anno in cui nacque Akash, il già solitamente duro e insopportabile clima estivo fu particolarmente estremo: il piccolo, un bambino molto debole, sopravvisse a fatica. Clima non favorevole, povertà familiare e alimentazione scarsa ebbero verosimilmente un’influenza negativa sul suo sviluppo: solo all’età di quattro anni imparò infatti a camminare e a parlare, trascinando peraltro un problema di balbuzie fino alla preadolescenza; difficoltà, queste, che contribuirono a rafforzare il suo carattere.

Il papà era proprietario di un autobus, che guidava nella tratta Mardan-Nowshera – sulla quale si trova Risalpur – e utilizzava anche come scuolabus: nella città di Risalpur sono presenti istituzioni educative e scolastiche, gestite dalle forze armate del Pakistan, ritenute tra le migliori della zona; per questo vi si recano a studiare molti appartenenti sia alle classi benestanti della provincia sia a quelle più umili. I genitori di queste ultime vi iscrivono i figli per cercare di assicurare loro un futuro migliore, a costo di enormi sacrifici e difficoltà economiche. Al lavoro di autista il signor Bashir alternava – durante i mesi estivi – quello di guardiano dell’ospedale cittadino.

Anche la famiglia Bashir mandò i figli nelle scuole del distretto: Komash alla Presentation Convent High School, i 4 maschi alla St. Joseph Boys’ High School.

A Risalpur Akash ricevette i sacramenti del Battesimo (il 10 aprile 2005), della Prima Comunione (il 5 marzo 2006) e della Cresima (l’11 maggio 2008) nella St. John’s Church. Battesimo e Prima Comunione vennero amministrati da don Thomas Raffarty della Società dei Missionari di San Giuseppe di Mill Hill; la Cresima da Monsignor Anthony Lobo, Vescovo di Islamabad-Rawalpindi.

Akash avrebbe desiderato servire il suo Paese nell’esercito, probabilmente influenzato dal clima che si respirava a Risalpur, dove ha sede la Pakistan Air Force Academy (l’Accademia dell’aeronautica militare pakistana). Precarietà scolastica e finanziaria furono però un ostacolo insormontabile sulla via della realizzazione di questo desiderio.

La vicinanza all’Afghanistan e l’incremento degli attentati terroristici fecero maturare nel 2007, nei genitori di Akash, la decisione di vendere l’autobus e di emigrare nelle zone orientali del Pakistan: nel Punjab e precisamente a Lahore, nel quartiere di Youhanabad, vicino alla famiglia della madre di Akash. Qui il papà di Akash trovò lavoro come imbianchino e nel 2008 tutta la famiglia si riunì a Lahore.

Akash: un giovane
con cuore salesiano

«Yuhanabad è una delle più grandi comunità cristiane del Pakistan. Le fondamenta di questa località furono gettate nel 1963 [...] da padre Henry, un sacerdote cattolico, per i poveri cristiani di Lahore e in particolare dei villaggi di Kasur City che ogni anno erano distrutti dalle inondazioni. Ha lavorato duramente per la costruzione di istituzioni e per lo sviluppo spirituale dei fedeli»: così si legge in una lettera inviata da padre Francis Gulzar, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Lahore e parroco della St. John’s Catholic Church di Youhanabad, all’Arcivescovo della città, Monsignor Sebastian Francis Shaw OFM.

Qui Akash frequentò per un anno la St. Dominic High School, a partire dal 25 settembre 2008. Abbandonò successivamente la scuola a causa della sua scarsa propensione agli studi per iscriversi poi alla RCCM – Community Boys Middle School – e infine, nel settembre 2010, al Don Bosco Technical and Youth Center, fondato nel 2000 per accogliere gli studenti respinti dalle scuole tradizionali. I Salesiani del quartiere di Youhanabad gestiscono un collegio per bambini e giovani, una scuola elementare, una scuola tecnica, laboratori per giovani donne e una scuola serale. I Salesiani hanno fondato in Pakistan la prima missione nella città di Quetta nel 1998 e l’anno successivo un’altra a Lahore.

Akash frequentò l’istituto fino al 24 febbraio 2011, non riuscendo a superare l’esame di promozione. Egli era infatti un giovane molto semplice, anche dal punto di vista intellettuale. Il papà lo ricorda come un figlio obbediente, un umile lavoratore che proveniva da una famiglia povera e che nella povertà visse, una persona paziente, un giovane con una forte fede. Furono i genitori a educare Akash a una vita devota, semplice e onesta, irreprensibile e laboriosa, rispettosa ed educata. Simpatico e allegro, «parlava sempre con la faccia sorridente» ed era sempre disponibile ad aiutare. Così lo ricorda anche chi l’ha conosciuto al di fuori della cerchia familiare, come ad esempio la signora Maryam
Adrees, che fu sua insegnante nella classe VIII e sua vicina di casa:


«Era un ragazzo semplice, misericordioso e innocente. Era molto rispettoso con tutti. Akash [...] si preoccupava delle cose che succedevano agli altri. [...]. Era davvero misericordioso; rispettava sempre gli anziani e i bambini piccoli. Qualsiasi lavoro gli venisse dato, lo faceva con il cuore e con l’anima. Non commise mai ingiustizie nei confronti di nessuno. [...]. Era un uomo giusto, quando si accorgeva che qualcuno veniva maltrattato, reagiva cercando di fare qualcosa. Akash voleva vivere la sua vita servendo la sua famiglia e la società. Akash Bashir era solito aiutare le persone povere e bisognose. Le trattava bene. Akash aiutava le persone con le cose che aveva».

Akash viveva un impegno concreto a partire dalla fede per far crescere la pace, la convivenza, la giustizia, la misericordia, e così estendere il Regno di Dio nel mondo. Nel silenzio e nell’anonimato, ha vissuto a fondo il Vangelo, vivendo bene il presente con dedizione e generosità.

La breve, ma profonda esperienza dello spirito salesiano e del Sistema preventivo che lo anima ebbero un’intima e profonda ricaduta sulla formazione del giovane Akash, che lo avrebbe spinto ad una maggiore conoscenza e ad una rafforzata amicizia con Cristo e con Maria, la cui statua è presente in una grotta nel cortile della chiesa parrocchiale di Youhanabad, la St. John’s Catholic Church: Akash vi si fermava davanti in preghiera prima di prendere servizio. Egli dedicò momenti particolari alla devozione a Maria, condivisi con la comunità nella preghiera del Rosario in parrocchia e con i pellegrinaggi a Mariamabad, una città a 80 chilometri a nord-ovest di Lahore raggiungibile in 5 ore coi mezzi pubblici, per venerare la Beata Vergine. «Fondato dai cappuccini belgi alla fine del XIX secolo, il piccolo villaggio di Mariamabad [letteralmente “città di Maria”] si trova nella provincia pakistana del Punjab. Il sito [...] è composto dal villaggio stesso – circa 300 case – e dal suo grande complesso religioso, che comprende una chiesa, un frutteto di mango e una grotta sormontata da una statua della Vergine Maria. Dagli anni ’50, questo villaggio cattolico è diventato un centro di pellegrinaggio. Con crescente intensità dagli anni ’90, migliaia di pellegrini, ogni anno, coprono a piedi o in bicicletta grandi distanze per celebrare qui la Natività della Vergine Maria. Conosciuto come ziarat-e-maqadas Mariam, questo rituale al contempo estenuante e giocoso è verosimilmente la più grande riunione cristiana del paese e culmina con una festa di tre giorni che si tiene intorno al santuario mariano»; oltre ai giorni attorno all’8 settembre anche la Quaresima è periodo di pellegrinaggi al santuario. Anche i musulmani vanno in pellegrinaggio a Mariamabad poiché Myriam anche da loro è riconosciuta e rispettata, in quanto madre di Isa (Gesù, grande profeta).

Il signor Naveed – un ottico presso cui Akash si recava con la nonna perché le riparasse gli occhiali –, di fede musulmana, ricorda l’attenzione di Akash per i poveri e i bisognosi: «Aveva un ottimo rapporto con i poveri e i bisognosi: ogni volta che vedeva qualche povero, si sentiva triste; se non aveva nulla da offrire o da donare, pregava per loro. Nonostante a volte fosse affamato, era solito dare il suo cibo agli altri».

I Salesiani gli insegnarono inoltre che l’importante non era fermarsi davanti alle avversità personali, ma perseverare con umiltà nel cammino della vita e della fede, e guardare ancora con più entusiasmo alla vita e al servizio del prossimo.

«Salverei tante persone sacrificando la mia vita»

Akash seguì poi – unico maschio del gruppo – un corso di cucito-sartoria della durata di sei mesi al Manifacture April College, grazie al quale lavorò come operatore di macchine nella fabbrica dell’azienda Nishat a Lahore; in quel periodo conobbe la signora Farah Giyan Khush-Hall, che ricorda: «Era un istituto musulmano. Ogni mattino leggevano i versi del Corano. Noi eravamo 25-30 cristiani. Solo Akash è stato coraggioso, ha parlato e ha detto che avremmo pregato le nostre preghiere separatamente». Non aveva vergona di testimoniare la sua fede andando contro corrente.

Con lo stipendio dei primi cinque mesi di lavoro, si comprò un cellulare in modo tale da poter ascoltare inni cristiani. Così lo ricorda il papà: «Si alzava presto la mattina. Pregava regolarmente e ascoltava volentieri gli inni cristiani». Nel frattempo, dal 5 all’8 novembre 2014 aveva partecipato a un corso per animatori biblici organizzato dalla Catholic Bible Commission Pakistan a Sadhoke. Akash faceva infatti parte di un gruppo di studio biblico. Cercava il Signore, custodiva la sua Parola, cercava di rispondere ad essa con la propria vita, per crescere nelle virtù e rendere forte il cuore.

Padre Francis Gulzar descrive Akash Bashir con queste parole:


«Come parroco ho visto in Akash un ragazzo molto semplice, orante, obbediente e vivace. Era molto partecipe alle attività della parrocchia. Faceva volontariato in ogni momento e in ogni modo possibile. Sia nelle calde estati di Lahore che nei gelidi giorni d’inverno, Akash era solito partecipare alla Santa Messa e la maggior parte delle volte veniva visto in piedi, al cancello principale della chiesa, mentre svolgeva il suo compito di sicurezza.

Anche se Akash apparteneva ad una famiglia poco privilegiata, aveva un grande cuore, faceva amicizia con altri giovani ragazzi [...] e cercava sempre di essere al servizio di altri gruppi impegnati nelle attività della Chiesa».


Akash testimonia che la vera giovinezza consiste nell’avere un cuore capace di amare. Viceversa, ad invecchiare l’anima è tutto ciò che la separa dagli altri.

Si legge nel Rapporto 2015-2016 di Amnesty International relativamente al Pakistan: «Le minoranze religiose hanno continuato a subire discriminazioni, persecuzioni e attacchi mirati [...]. Le minoranze religiose, musulmane e non, hanno continuato ad affrontare leggi e prassi che hanno alimentato la discriminazione e la persecuzione. [...]. Le leggi sulla blasfemia sono rimaste in vigore, principalmente nella provincia del Punjab; queste riguardavano persone di tutte le religioni ma sono state utilizzate in modo sproporzionato contro le minoranze religiose. [...] Nel 2013, tali accuse [di blasfemia] scatenarono l’attacco della folla contro i residenti del quartiere Joseph Colony» che si trova nella zona settentrionale di Lahore: «una folla di oltre 3.000 persone ha dato alle fiamme più di 150 case di cristiani nella colonia di Joseph di Lahore il 9 marzo per “vendicarsi della blasfemia” presumibilmente commessa da un cristiano due giorni prima». Stando alla ricostruzione dei cristiani il giovane, Sawan Masih, «avrebbe avuto un diverbio con un barbiere musulmano del luogo, che poi lo ha denunciato». La polizia da un lato sarebbe stata costretta ad arrestarlo nel tentativo di calmare la folla inferocita, mentre dall’altro non mise in campo alcuna azione a difesa della popolazione cristiana, giustificando tale scelta come tentativo di non esasperare gli animi. Sawan Masih, un operatore sanitario padre di 3 figli, fu condannato alla pena capitale il 27 marzo 2014. Solo il 5 ottobre 2020 è stato prosciolto dall’Alta corte di Lahore, dopo aver trascorso 6 anni nel braccio della morte, in una località del Pakistan distante dalla zona in cui viveva la sua famiglia. Di contro, i 115 sospettati di aver messo a ferro e fuoco il quartiere sono stati assolti nel gennaio 2017.

In questo clima, nel quale è da registrare anche l’attacco del settembre 2013 quando due kamikaze si fecero esplodere nel piazzale antistante alla chiesa di Ognissanti a Peshawar uccidendo più di 80 persone, le diverse chiese della città di Lahore e del paese costituirono un servizio di sicurezza a protezione dei luoghi di culto e dei fedeli che in essi si recavano per la preghiera e le celebrazioni liturgiche. Nel dicembre 2014 Akash si offrì come volontario, contro il parere della madre. La donna racconta lo scambio di battute avuto col figlio:


«Mamma perché sei così spaventata?».

«Non sai perché sono spaventata? Ci sono attentati ovunque».

«Se Dio mi desse questa opportunità, salverei tante persone sacrificando la mia vita.

Non saresti felice?».

Akash ha fatto della sua giovinezza un tempo di donazione generosa, di offerta sincera, di sacrifici che costano ma che la rendono feconda, facendo fruttificare i semi di verità e di giustizia del suo cuore.

Infatti, per diventare membro del corpo di sicurezza parrocchiale non bastava avere capacità legate ai compiti di sicurezza e non era sufficiente essere totalmente liberi nel compiere questa scelta: era richiesto di essere persone affidabili e buoni cristiani, esempi credibili di moralità e disciplina.

«I nostri fratelli
versano il sangue»

Akash era il più giovane in servizio e si dedicava con serietà e puntualità a questo compito che richiedeva impegno e ore di formazione. Il suo ruolo era quello di sorvegliare l’entrata nel cortile della parrocchia e di perquisire i fedeli al cancello d’ingresso. Il 15 marzo, come ogni domenica, si recò alla St. John’s Catholic Church per prestare servizio. Quel giorno era l’unico componente della famiglia presente in parrocchia: sua madre era sola a casa; suo padre era fuori città, a Muri; due fratelli di Akash stavano lavorando e il più giovane, Ramish, stava tornando da alcune commissioni; sua sorella era a casa di una zia.

Dopo l’esplosione rimasero a terra i corpi di quattro persone agonizzanti: l’uomo che aveva trasportato l’esplosivo e che era stato bloccato da Akash all’ingresso del cortile; un mercante di legumi che stazionava davanti alla parrocchia; una bambina di sei anni di nome Amol che al momento dell’esplosione stava giocando nel cortile della parrocchia. Vi era anche il corpo di Akash Bashir, sanguinante sulla terra marrone, profondamente dilaniato.

Come il primo martire, Santo Stefano, Akash muore contemplando il cielo, testimoniando con il suo sacrificio unito a quello Cristo redentore che la violenza è sconfitta dall’amore, la morte dalla vita. Con la sua morte questo giovane servitore del Vangelo ci insegna che la gloria del Cielo, quella che dura per tutta la vita e anche nella vita eterna, non è fatta di ricchezze e potere, ma di amore e donazione di sé.

«“Il Tehrik-i-Taliban Jamaat-ul-Ahrar si assume la responsabilità degli attacchi suicidi alle chiese di Lahore”, ha affermato Ehsanullah Ehsan, portavoce della fazione talebana, in una dichiarazione inviata via e-mail ai giornalisti. “Promettiamo che fino a quando non sarà messo in atto un sistema islamico in Pakistan, tali attacchi continueranno”».

Queste invece le parole di Papa Francesco al termine dell’Angelus di quella domenica:


«Cari fratelli e sorelle,

Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città [di] Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace».


Il 18 marzo il corpo di Akash viene tumulato dopo le esequie per i morti cattolici e anglicani dei due attentati, celebrate ecumenicamente nella St. John’s Catholic Church alla presenza di un numero compreso tra i 7.000 e i 10.000 fedeli, persone di tutte le età di Lahore. Come da tradizione in Pakistan, quando le persone muoiono si celebrano i funerali per tre giorni, nell’ultimo dei quali avviene la sepoltura del defunto. Dopo l’attacco terroristico, il corpo di Akash è stato portato all’ospedale Mayo; successivamente, una volta rilasciato il certificato di morte, esso è stato consegnato alla famiglia e trasferito presso la Christ Church per tutto il 15 marzo. I due giorni successivi – 16 e 17 – è stato nuovamente portato in ospedale. Il 18 si sono svolti a Youhanabad i funerali delle vittime: oltre a quello di Akash, c’erano i corpi di altre persone, sia cattoliche sia anglicane. Successivamente il corpo è stato trasferito al cimitero Makhy di Youhanabad, dove è stato sepolto in una tomba costruita dal padre di Akash con una pietra speciale fatta giungere da Nowshera, città del nord del Pakistan.

Così Monsignor Sebastian Francis Shaw OFM, Arcivescovo di Lahore, ricorda quel giorno:

«È stato molto difficile per me officiare il suo e altri sei funerali. I funzionari del Governo volevano che li seppellissimo di notte. Noi (il Vescovo protestante [anglicano] Irfan Jamil, il parroco padre Francis Gulzar ed io) non eravamo d’accordo anche se i funzionari ci minacciavano. Oltre a questo, molti ostacoli sono stati posti dal Governo, ma [molte] persone hanno partecipato ai funerali».


Arsalan, il penultimo dei fratelli Bashir, dopo la morte di Akash è entrato a far parte dei volontari del gruppo delle guardie di sicurezza della St. John’s Catholic Church di Youhanabad. Arsalan racconta:


«Per quanto riguarda la sicurezza, [Akash] era molto attento [...]. Voleva sempre parlare di sicurezza. [...] Era impegnato nella sicurezza giorno e notte. [...]. Una volta è venuto da me dicendo: “Arsalan, c’è bisogno di ragazzi nella sicurezza [...]”. [Gli ho risposto:] “Vai tu, è il tuo lavoro e a me non piace”. Dopo la sua morte mi sono unito al gruppo dei volontari perché era suo desiderio avermi qui».


Akash con il sacrificio della sua giovane vita testimonia che con Gesù si può sempre guardare avanti. Gesù è l’eterno Vivente (cf. Ap 1,18). Aggrappati a Lui, viviamo e attraversiamo indenni tutte le forme di morte e di violenza che si nascondono lungo il cammino.

Il sangue dei martiri
è il seme di nuovi cristiani

Akash, nell’ultimo periodo della sua vita, fece un sogno che lo turbò e spaventò e del quale non parlò in famiglia, soprattutto per proteggere la madre che, come si è detto, non condivideva la scelta del figlio di diventare volontario per la sicurezza della parrocchia. Egli le disse solo: «Mamma, ho fatto un sogno che volevo raccontarti, ma poiché so che ti spaventi in fretta, è meglio che non te lo dica». Si confidò soltanto con un suo amico di nome John. Nel sogno Akash vide il proprio corpo disteso a terra, morto. Molta gente – amici, parenti e numerose altre persone – si recava a visitare la sua tomba. Tra queste però, gli disse Akash, non vide l’amico, che non era andato al suo funerale. Ed effettivamente John non andò alle esequie del giovane: come molti altri genitori anche i suoi, per il timore generato dai molti arresti operati dalla polizia soprattutto fra i giovani, non gli permisero infatti di assistervi. Poche settimane dopo, una sera, John raccontò questo sogno al padre di Akash; successivamente andò ad abitare in un altro luogo.

La morte di Akash continua a offrire ai cristiani in Pakistan – e soprattutto ai più giovani – una motivazione «per resistere fino alla fine»: nella St. John’s Catholic Church, «anche dopo l’attacco e la morte di Akash, si celebrano più di 800 battesimi ogni anno».

A 3 anni dall’attentato padre Francis Gulzar poteva affermare: «Dopo l’attacco suicida contro le nostre chiese il numero dei fedeli è aumentato. Ora molte più persone vengono in chiesa senza paura e timore».

Scrive lo stesso padre Francis Gulzar:


«Veramente Akash aveva messo il Signore davanti a sé – non ha esitato, non ha tremato, ma con molto coraggio ha deciso [...] di fare ciò che Dio gli aveva chiesto, cioè salvare il Suo popolo – salvare la Sua Chiesa. [...]. Oggi, Akash non è fisicamente con noi, ma la sua presenza può essere sentita, vista e ammirata attraverso il suo grande lavoro. [...] È presente in ogni cuore e in ogni mente di coloro che sono stati salvati [...]. Io personalmente lo sento come un angelo custode che non è visibile; eppure, è qui per proteggerci».


La vita di Akash è forte testimonianza che ricorda le prime comunità cristiane, circondate da filosofie, culture, leggi persecutorie. Anche le comunità degli Atti degli Apostoli e dei primi cristiani erano minoritarie, ma con una fede forte in Dio e un coraggio senza limiti.

La santità della vita di Akash e la sua eroicità sono riconosciute anche dai cristiani protestanti e anglicani nonché dagli stessi musulmani. Dopo il suo martirio, la comunità cattolica è diventata maggiormente unita, è cresciuta nella preghiera, nelle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Il martirio di Akash ha invitato e portato molti giovani pakistani (tra i quali un fratello di Akash diventato volontario per la sicurezza) a servire nelle parrocchie, a frequentare la Messa, a dare valore alla vita e alla famiglia. La vita e il martirio di Akash hanno trasformato la comunità cattolica del Pakistan.

Ha scritto l’Arcivescovo di Lahore, Monsignor Sebastian Francis Shaw OFM, nell’Editto di Apertura della Causa di martirio di Akash Bashir:


«Subito dopo questo tragico evento, padre Francis Gulzar, padre Amjad Yousaf e i fedeli hanno pregato per Akash implorando il Padre Celeste di renderlo degno di essere accettato tra i martiri. Da allora, come Pastore della diocesi, ho visitato quotidianamente le famiglie delle vittime e la gente di Youhanabad per avviare il processo di guarigione e perdono guidandoli a uscire da questa esperienza traumatica. Allo stesso tempo, io e padre Francis Gulzar progettavamo di presentare il caso del martirio al Vaticano.

Per i cristiani di Youhananbad, per la chiesa di Dio in Pakistan e per tutta la Famiglia Salesiana, Akash con la sua grande fede è proprio questo: un faro, un esempio da seguire. Molti vanno alla sua tomba per pregare e chiedere intercessione. Il suo atto coraggioso ispira ancora i cattolici pakistani nel loro cammino quotidiano e li motiva a non scoraggiarsi di fronte alle tante sfide e persecuzioni che ancora devono affrontare. L’esempio luminoso di Akash Bashir, Ex-allievo Salesiano, continua a diffondersi nel mondo. Ha incarnato le parole di Gesù “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”» (Gv 15,13).


Il 15 marzo 2022 la comunità cristiana del Pakistan si è riunita per un evento storico: l’inizio ufficiale dell’Inchiesta diocesana per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, Akash Bashir, exallievo di Don Bosco, primo cittadino pakistano in processo di Beatificazione e Canonizzazione. La Cattedrale del Sacro Cuore nella città di Lahore non ha potuto contenere la folla di fedeli che si sono radunati per la cerimonia di apertura della fase diocesana, così come per la solenne celebrazione eucaristica.

Il 15 marzo 2015 è ora ricordato non come un giorno di lutto e sofferenza, ma piuttosto come un dono di Dio, il dono del martirio di Akash Bashir, un ventenne che ha dimostrato al mondo intero la forza del servizio e il valore incalcolabile della fede. Il 15 marzo è ora un giorno di gioia, di unità, di preghiera, di speranza per la minoranza cristiana in Pakistan.

Cronologia della vita
del Servo di Dio Akash Bashir


22 giugno 1994: nasce a Risalpur, terzo di 5 figli;

10 aprile 2005: riceve il sacramento del Battesimo a Risalpur;

5 marzo 2006: riceve il sacramento della Prima Comunione a Risalpur;

11 maggio 2008: riceve il sacramento della Cresima a Risalpur;

2008-2009: frequenta la St. Dominic High School a Lahore;

2009: si iscrive alla RCCM – Community Boys Middle School di Lahore;

settembre 2010 – febbraio 2011: frequenta il Don Bosco Technical and Youth Center;

5-8 novembre 2014: partecipa a un corso biblico organizzato dalla Catholic Bible Commission Pakistan;

15 dicembre 2014: entra a far parte dei volontari del gruppo delle Guardie di sicurezza della chiesa parrocchiale St. John’s Catholic Church di Youhanabad a Lahore;

15 marzo 2015: muore durante un attacco suicida alla St. John’s Catholic Church di Youhanabad a Lahore; pochi istanti prima un altro attentato terroristico colpisce l’anglicana Christ Church;

16-18 marzo 2015: si tengono i funerali di Akash che, come da tradizione pakistana, durano 3 giorni. La celebrazione ecumenica delle esequie sue e di altre vittime del duplice attentato è presieduta dall’Arcivescovo di Lahore, Monsignor Sebastian Francis Shaw OFM;

18 marzo 2015: il corpo di Akash Bashir viene sepolto nel cimitero Makhy di Youhanabad;

15 marzo 2022: apertura a Lahore dell’Inchiesta diocesana della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Akash Bashir.

Preghiera per la causa di martirio di Akash Bashir


Dio onnipotente,

il tuo fedele servo Akash Bashir,

Ex-allievo di Don Bosco

ha testimoniato con tutto il cuore il Vangelo

specialmente nei confronti della sua famiglia

e della comunità parrocchiale di Youhanabad.

Tu gli hai donato una fede forte,

una speranza infallibile

e uno zelo instancabile

nel servire la comunità cattolica

e condurre altri a Gesù.

Hai fatto di lui un modello luminoso per altri giovani

e per persone di altre religioni,

una fonte d’ispirazione nel servizio agli altri

e all’aiuto disinteressato.

Aiutaci a seguire Gesù come lui,

con zelo instancabile, cuore indiviso e amorevolezza.

Ti supplichiamo umilmente di glorificare

questo tuo eroico figlio, testimone della fede,

e concedici la grazia di ricevere

sotto la sua intercessione

la manifestazione del tuo amore.

Fa’ che la nostra vita sia una continua lode a Te,

che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.



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