Don_Bosco-Vita_di_S._Giuseppe


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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
VITA DI S. GIUSEPPE SPOSO DI MARIA SS. «PADRE PUTATIVO
BI G. CRISTO»
Raccolta dai più accreditati Autori
COLLA NOVENA
in preparazione alla festa del Santo
TORINO
Tir. DELL'ORATORIO DI S. FRANC. DI 8ALES
1867. {1 [281]} {2 [282]}
PROPRIETA' DELL' EDITORE
[è premesso alle opere anonime]
INDEX
Prefazione....................................................................................................................................3
Capo I. Nascita di s. Giuseppe. Suo luogo nativo........................................................................3
Capo II. Gioventù di Giuseppe - Si trasferisce a Gerusalemme - Voto di castità.......................5
Capo III. Matrimonio di s. Giuseppe...........................................................................................5
Capo IV. Giuseppe ritorna in Nazaret colla sua sposa................................................................7
Capo V. L'Annunciazione di Maria SS........................................................................................8
Capo VI. Inquietudine di Giuseppe - È rassicurato da un Angelo...............................................9
Capo VII. Editto di Cesare Augusto. - Il censo. - Viaggio di Maria e di Giuseppe verso
Betlemme.....................................................................................................................................9
Capo VIII. Maria e Giuseppe si rifugiano in una povera grotta. - Nascita del Salvator del
mondo. - Gesù adorato dai pastori............................................................................................10
Capo IX. La Circoncisione........................................................................................................11
Capo X. Gesù adorato dai Magi. La Purificazione....................................................................11
Capo XI. Il tristo annunzio. - La strage degli innocenti. - La sacra famiglia parte per l' Egitto.
................................................................................................................................................... 12
Capo XII. Viaggio disastroso - Una tradizione..........................................................................13
Capo XIII. Arrivo in Egitto - Prodigi avvenuti al loro ingresso in questa terra - Villaggio di
Matarie - Abitazione della sacra Famiglia.................................................................................14
Capo XIV. Dolori. - Consolazione e termine dell'esilio............................................................15
Capo XV. Il nuovo annunzio. - Ritorno in Giudea. - Una tradizione riferita da s. Bonaventura.
................................................................................................................................................... 15
Capo XVI. Arrivo di Giuseppe in Nazareth. - Vita domestica con Gesù e Maria.....................16
Capo XVII. Gesù va con Maria sua madre e s. Giuseppe a celebrare la Pasqua in
Gerusalemme. - È smarrito e ritrovato dopo tre giorni..............................................................17
Capo XVIII. Sèguita della vita domestica della santa famiglia.................................................18
Capo XIX. Ultimi giorni di s. Giuseppe. Sua preziosa agonia..................................................18
Capo XX. Morte di s. Giuseppe. - Sua sepoltura.......................................................................20
Capo XXI. Potenza di s. Giuseppe nel cielo. Motivi della nostra confidenza...........................21
Capo XXII. Propagazione del culto ed istituzione della festa del 19 marzo e del Patrocinio di
s. Giuseppe.................................................................................................................................23
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Sette allegrezze e sette dolori di S. Giuseppe............................................................................25
Corona dei sette dolori ed allegrezze di s. Giuseppe.................................................................25
Altra orazione a s. Giuseppe......................................................................................................26
Indice.........................................................................................................................................27
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
Prefazione
In un' epoca in cui pare spiegarsi così universale la divozione verso il glorioso padre
putativo di Gesù, san Giuseppe, crediamo non tornare discaro ai nostri lettori che venga oggi alla
luce un fascicolo intorno alla vita di questo santo.
Nè le difficoltà che s'incontrano di trovare negli antichi scritti i fatti particolari della vita
di questo santo deve minimamente diminuire verso di lui la nostra stima e venerazione; anzi
nello stesso sacro silenzio di cui è circondata la sua vita noi troviamo qualche cosa di misterioso
e di grande. S. Giuseppe aveva ricevuto da Dio una missione tutta opposta a quella degli
apostoli1. Questi avevano per {3 [283]} incarico di far conoscere Gesù; Giuseppe doveva tenerlo
celato; quelli dovevano essere fiaccole che lo mostrassero al mondo, questi un velo che lo
coprisse. Quindi Giuseppe non era per se, ma per Gesù Cristo.
Era adunque nell' economia della Divina Provvidenza che s. Giuseppe si mantenesse
oscuro mostrandosi solamente quanto era necessario per autenticare la legittimità del matrimonio
con Maria, e sgombrare ogni sospetto sopra quella di Gesù. Ma quantunque non possiamo
penetrare nel Santuario del Cuor di Giuseppe ed ammirare le maraviglie che Iddio ha in esso
operato, tuttavia noi argomentiamo che per la gloria del suo Divin pupillo, per la gloria della sua
sposa celeste, doveva Giuseppe riunire in se stesso un cumulo di grazie e di doni celesti.
Siccome la vera perfezione cristiana consiste nel comparire tanto grandi davanti a Dio
quanto più piccoli avanti agli uomini, s. Giusepppe, che passò la sua vita nella più umile
oscurità, {4 [284]} si trova in grado di fornire il modello di quelle virtù che sono come il fiore
della santità, la santità interiore, cosicchè si può dire benissimo di s. Giuseppe ciò che Davidde
scriveva della sacra sposa: Omnis gloria eius filia Regis ab intus (Ps. 44).
S. Giuseppe è riconosciuto universalmente ed invocato come protettore dei moribondi, e
ciò per tre ragioni: 1° per l'impero amoroso che egli ha acquistato sopra il Cuor di Gesù, giudice
dei vivi e dei morti e suo figliuolo putativo; 2° per la potenza straordinaria di cui Gesù Cristo lo
ha insignito di vincere i demoni che assalgono i moribondi, e ciò in ricompensa d'averlo il santo
salvato un tempo dalle insidie di Erode; 3° pel sublime onore di cui godette Giuseppe d' essere
stato assistito in punto di morte da Gesù e da Maria. Qual nuovo importante motivo per
infervorarci nella sua divozione?
Bramosi pertanto di porgere ai nostri lettori i principali tratti della vita di s. Giuseppe
abbiamo cercato fra le {5 [285]} opere già pubblicate qualcheduna che servisse allo scopo. Molte
difatto da alcuni anni videro la luce, ma o per essere troppo voluminose o troppo aliene per la
loro sublimità dallo stile popolare, oppure scarse di dati storici perchè scritte collo scopo di
servir di meditazione più che d'istruzione, non tornavano a nostro proposito. Noi qui adunque
abbiamo raccolto dal Vangelo e da alcuni de' più accreditati autori le principali notizie intorno
alla vita di questo santo, con qualche opportuno riflesso dei santi Padri.
La veracità del racconto, la semplicità dello stile, l' autenticità delle notizie renderanno,
speriamo, gradita questa tenue fatica. Se la lettura di questo libretto servirà a procurare al casto
sposo di Maria anche un solo divoto di più noi ci terremo già abbondantemente appagati.
Per la Direzione
Sac. BOSCO GIOVANNI. {6 [286]}
Capo I. Nascita di s. Giuseppe. Suo luogo nativo.
Ioseph, autem, cum esset iust.
S. Giuseppe era un uomo giusto. S. MATT. cap. 1, v. 19.
1 Bossuet.
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A due leghe circa da Gerusalemme sulla vetta d'un colle, il cui terreno rossastro è
cosparso di oliveti, sorge una piccola città celebre per sempre a cagione della nascita del
bambinello Gesù, la città di Betlemme, da cui la famiglia di Davidde traeva la sua origine. In
questa piccola città circa l' anno del mondo 3950 nasceva colui che negli alti disegni di Dio
doveva diventare il custode della verginità {7 [287]} di Maria, ed il padre putativo del Salvatore
degli uomini.
I genitori gli diedero il nome di Giuseppe che significa aumento, quasi per farci
intendere, che egli fu accre sciuto dei doni di Dio e a dovizia ricolmato di tutte le virtù sin dalla
nascita.
Due Evangelisti ci tramandarono la genealogia di Giuseppe. Suo padre aveva nome
Giacobbe al dire di s. Matteo2, e secondo s. Luca3 si chiamava Eli; ma la più comune e la più
antica opinione si è quella che ci fu tramandata da Giulio Affricano che scrisse sullo scorcio del
secondo secolo dell'era cristiana. Giusta quanto gli era stato riferito dai parenti stessi del
Salvatore, egli ci dice che Giacobbe ed Eli erano fratelli e che Eli essendo morto senza figli,
Giacobbe ne aveva sposata la vedova siccome era prescritto dalla legge di Mosè, e da questo
matrimonio nacque Giuseppe. {8 [288]}
Della stirpe reale di Davidde, discendenti da Zorobabele che ricondusse il popolo di Dio
dalla cattività di Babilonia, i genitori di Giuseppe erano assai decaduti dall'antico splendore dei
loro antenati in quanto all'agiatezza temporale. Se si pon mente alla tradizione, suo padre era un
povero operaio che si guadagnava il cotidiano sostentamento col sudore della sua fronte. Ma
Iddio che rimira non la gloria che si gode in faccia agli uomini, ma il merito della virtù agli occhi
suoi, lo scelse per custode del Verbo disceso sopra la terra. D' altronde la professione di
artigiano, che in se ha nulla di abbietto, era in grande onore presso il popolo d'Israele. Anzi
ciascun Israelita era artigiano, imperocchè ogni padre di famiglia, qualunque fosse la sua fortuna
e l'altezza del suo grado, era obbligato a far imparare un mestiere al figliuolo a meno che, diceva
la legge, ne avesse voluto fare un ladro.
Ben poche cose noi sappiamo circa l'infanzia e la gioventù di Giuseppe. {9 [289]} Nella
stessa guisa che l'Indiano per trovare l'oro, che deve formare la sua fortuna, è obbligato a lavare
la sabbia del fiume onde estrarne il prezioso metallo che non s'incontra se non in piccolissime
particelle, così siamo noi costretti a cercare nel Vangelo quelle poche parole che qua e là ci
lasciò sparse lo Spirito Santo intorno a Giuseppe. Ma come l'Indiano lavando il suo oro gli dà
tutto il suo splendore, così riflettendo sulle parole del Vangelo noi troviamo appropriato a s.
Giuseppe il più bello elogio che possa essere fatto di una creatura. Il santo libro si contenta di
dirci che era un uomo giusto. Oh ammirabile parola che esprime da se sola ben più che intieri
discorsi! Giuseppe era un uomo giusto ed in grazia di questa giustizia egli doveva esser giudicato
degno del sublime ministero di padre putativo di Gesù.
I suoi pii genitori ebbero cura di educarlo alla pratica austera dei doveri della religione
Giudaica. Conoscendo quanto la primitiva educazione influisca sull' avvenire dei figliuoli, si {10
[290]} adoperarono di fargli amare e praticare la virtù appena la sua giovane intelligenza fu
capace di apprezzarla. Del resto se è vero che la beltà morale si rifletta sull' esteriore, bastava dar
uno sguardo alla cara persona di Giuseppe per leggere sui suoi lineamenti il candore dell' anima
sua. Secondo ciò che ne tramandarono scrittori autorevoli4 il suo viso, la sua fronte, i suoi occhi,
l'insieme tutto del suo corpo spiravano la più dolce purità e lo facevano rassomigliare ad un
angelo disceso sopra la terra. {11 [291]}
2 Matt. c. I, v. 16.
3 Luc. c. III, v. 23.
4 « Era in Giuseppe un esimio pudore, una modestia, una prudenza somma, era eccellente nella pietà verso Dio e
splendeva d'una maravigliosa bellezza di corpo. » Eusebio di Cesarea, lib. 7 De praep. Evang. apud Engelgr. in
Serm. s. Joseph.
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Capo II. Gioventù di Giuseppe - Si trasferisce a Gerusalemme - Voto
di castità.
Bonum est viro cum portaverìt iugum ab adolescentia sua.
Buona cosa è per l'uomo l'aver portato il giogo fin dalla sua adolescenza. TREN. III, 27
Appena le forze glielo permisero, Giuseppe aiutò suo padre ne' suoi lavori. Egli apprese il
mestiere di legnaiuolo, il quale, secondo la tradizione, era altresì il mestiere del padre. Quanta
applicazione, quanta docilità dovette egli usare in tutte le lezioni che riceveva dal padre!
Il suo tirocinio finiva appunto allora quando Iddio permise che gli venissero tolti dalla
morte i genitori. Egli pianse coloro i quali avevano avuto cura della sua infanzia; ma sopportò
questa dura prova colla rassegnazione d'un uomo il quale sa che tutto non {12 [292]} termina
con questa vita mortale e che i giusti sono ricompensati in un mondo migliore. Ormai da nulla
essendo egli ritenuto a Betlemme, vendette le sue piccole proprietà, e andò a stabilirsi in
Gerusalemme. Sperava di trovarvi maggior lavoro che nella città natia. D'altronde si avvicinava
al tempio ove la sua pietà continuamente lo attirava.
Colà passò Giuseppe i più begli anni di sua vita tra il lavoro e la preghiera. Dotato d' una
probità perfetta, non cercava di guadagnare più di quello che meritasse l'opera sua, ne fissava il
prezzo egli stesso con una ammirabile buona fede, e giammai i suoi avventori erano tentati di
fargli qualche diminuzione, perchè conoscevano la sua onestà. Sebbene fosse tutto intento al
lavoro, egli non mai permetteva al suo pensiero di allontanarsi da Dio. Ah! se si sapesse
imparare da Giuseppe quest' arte così preziosa di lavorare e di pregare ad un tempo, si farebbe
senza fallo un doppio guadagno; si verrebbe così ad assicurare la vita eterna guadagnandosi il
pane cotidiano {13 [293]} con assai maggior soddisfazione e profitto!
Secondo le più rispettabili tradizioni Giuseppe apparteneva alla setta degli Esseni, setta
religiosa, la quale esisteva nella Giudea all' epoca della conquista che ne fecero i romani. Gli
Esseni professavano una austerità maggiore degli altri Giudei. Le loro principali occupazioni
erano lo studio della legge divina e la pratica del lavoro e della carità, e in generale si facevano
ammirare per la santità della loro vita. Giuseppe, la cui anima pura aveva in orrore la più leggiera
immondezza, si era aggregato ad una classe del popolo, le cui regole sì bene corrispondevano
alle aspirazioni del suo cuore; aveva anzi, come dice il venerabile Beda, fatto un voto formale di
perpetua castità. E ciò che ci conferma in codesta credenza si è l'asserzione di s. Girolamo, il
quale ci dice che Giuseppe non si era mai curato del matrimonio prima di diventare lo sposo di
Maria.
Per questa via oscura e nascosta Giuseppe si preparava, a sua insaputa, alla {14 [294]}
sublime missione che Dio gli aveva riserbato. Senz' altra ambizione che quella di compiere
fedelmente la volontà divina, viveva lontano dai rumori del mondo, dividendo il suo tempo tra il
lavoro e la preghiera. Tale era stata la sua gioventù, tale altresì, a suo credere, desiderava
trascorrere la sua vecchiaia. Ma Iddio, che ama gli umili, altre cure serbava pel suo fedele servo.
Capo III. Matrimonio di s. Giuseppe.
Faciamus ei adiutorium simile sibi.
Facciamo all'uomo un aiuto che a lui rassomigli. Gen. II, 18.
Giuseppe entrava nel suo cinquantesimo anno, allorchè Dio lo tolse alla pacifica esistenza
ch' egli menava a Gerusalemme. Eravi nel tempio una giovane Vergine da' suoi genitori
consacrata al Signore sin dalla sua infanzia. {15 [295]}
Della stirpe di Davide essa era figlia dei due santi vecchi Gioachino ed Anna, e si
chiamava Maria. Suo padre e sua madre erano morti da parecchi anni, ed il carico della sua
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educazione era rimasto tutto intiero ai sacerdoti d'Israele. Quando essa ebbe raggiunta l'età di
quattordici anni, età fissata dalla legge pel matrimonio delle giovani donzelle, il gran Pontefice si
occupò di procurare a Maria uno sposo degno della sua nascita e della sua alta virtù. Ma un
ostacolo si presentava; Maria aveva fatto voto al Signore della sua verginità.
Ella rispose rispettosamente alle fatte proposizioni che avendo ella emesso il voto di
verginità, non poteva rompere le sue promesse per maritarsi. Questa risposta sconcertò di molto
le idee del gran Sacerdote.
Non sapendo in qual maniera conciliare il rispetto dovuto ai voti fatti a Dio coll'usanza
mosaica che imponeva il matrimonio a tutte le donzelle d'Israele, radunò gli anziani e consultò il
Signore ai piedi del tabernacolo {16 [296]} dell' alleanza. Ricevute le inspirazioni dal Cielo e
convinto che si nascondeva in quella questione qualche cosa di straordinario, il gran Sacerdote
risolse di convocare i numerosi congiunti di Maria, onde scegliere tra di loro colui che doveva
essere lo sposo fortunato della Vergine benedetta.
Tutti i celibi adunque della famiglia di Davide furono chiamati al tempio. Giuseppe,
sebbene più vecchio, si trovava con essi. Il Sommo Sacerdote avendo annunziato loro che si
trattava di gettar le sorti per dare uno sposo a Maria, e che la scelta sarebbe fatta dal Signore,
ordinò che tutti si trovassero al sacro tempio il giorno seguente con una verga di mandorlo. La
verga si sarebbe deposta sull' altare, e quegli la cui verga fosse fiorita, sarebbe stato il favorito
dall'Altissimo ad essere il consorte della Vergine.
Un numeroso stuolo di giovani trovossi il giorno seguente al tempio col suo ramoscello
di mandorlo, e Giuseppe con essi; ma sia per ispirito di {17 [297]} umiltà, sia pel voto che avea
fatto di verginità, invece di presentare il suo ramo se lo nascose sotto il manto. Furono posti tutti
gli altri rami sulla mensa, uscirono i giovani col cuore pieno di speranza, e Giuseppe tacito e
raccolto con loro. Si chiuse il tempio ed il Sommo Sacerdote rimandò l'adunanza al domani. Era
appena spuntato il nuovo sole, che già la gioventù era impaziente di sapere il proprio destino.
Giunto il momento stabilito si aprono le sacre porte e si presenta il Pontefice. Tutti si
affollano per vedere l'esito della cosa. Nissuna verga era fiorita.
Il Sommo Sacerdote prostratosi colla faccia a terra davanti al Signore, interrogollo della
sua volontà, e se per sua poca fede, ovvero per non aver compreso la sua voce, non era apparso
nei rami il segno promesso. E Dio rispose non essere avvenuto il segno promesso perchè tra
quelle tenere verghe mancava il ramoscello di quel solo che si voleva dal Cielo; cercasse {18
[298]} e vedrebbe avverato il segno. Tosto si fece ricerca di chi avesse sottratto il ramo.
Il silenzio, il casto rossore che imporporò le guancie di Giuseppe, tradirono tosto il suo
segreto. Condotto davanti al santo Pontefice, confessò la verità: ma il Sacerdote intravide il
mistero e tratto Giuseppe in disparte, lo interrogò perchè avesse così disobbedito.
Giuseppe umilmente rispose, aver avuto in animo di tener da se lontano quel pericolo;
avere da lungo tempo fisso in cuor suo di non unirsi in matrimonio con veruna donzella, e
parergli che Dio medesimo al santo proposito l'abbia confortato, riconoscere d'altronde se stesso
troppo indegno d'una così santa fanciulla, come sapeva essere Maria; perciò ad altro più santo è
più ricco si concedesse.
Cominciò allora il sacerdote ad ammirare il santo consiglio di Dio, ed a Giuseppe senza
più soggiunse: Sta di buon animo, o figliuolo: deponi pur come gli altri il tuo ramoscello ed {19
[299]} aspetta il divino giudizio. Certo se egli ti elegge, ritroverai nella tua cugina Maria cotanto
di santità e di perfezione sopra tutte le altre donzelle che non dovrai usar preghiere a persuaderla
del tuo proposito. Anzi Ella stessa ti pregherà di quel medesimo che tu vuoi, e ti chiamerà
fratello, custode, testimonio, sposo, ma non mai marito.
Giuseppe rassicurato della volontà del Signore dalle parole del sommo Pontefice depose
il suo ramo cogli altri e si ritirò in santo raccoglimento a pregare.
L'indomani era di nuovo congregata la radunanza intorno al Sommo Sacerdote, ed ecco
sul ramo di Giuseppe sbucciati fiori candidi e spessi colle foglie tenere e molli.
Il Sacerdote mostrò ogni cosa agli accorsi giovani, ed annunciò loro che Dio aveva eletto
per isposo di Maria, figliuola di Gioachino, Giuseppe figliuolo di Giacobbe ambidue della casa e
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della famiglia di Davidde. Nel tempo stesso si intese una voce che diceva: {20 [300]} « O mio
fedele servitore Giuseppe! a te è riservato l' onore di sposare Maria, la più pura di tutte le
creature; conformati a tutto ciò che Ella ti dirà. »
Giuseppe e Maria riconoscendo la voce dello Spirito Santo accettarono questa decisione
ed acconsentirono ad un matrimonio, che non doveva portar nocumento alla loro verginità.
Al dire di s. Girolamo gli sponsali si celebrarono lo stesso giorno colla più grande
semplicità5. {21 [301]}
Giuseppe, tenendo per mano l'umile Vergine, si presentò davanti ai sacerdoti
accompagnato da alcuni testimoni. Il modesto artigiano offerse a Maria un anello d'oro, ornato
d'una pietra d'amatista, simbolo di verginale fedeltà, e nel tempo stesso le diresse le parole
sacramentali: « Se tu acconsenti a divenire la mia sposa, accetta questo pegno. » Maria
accettandolo fu solennemente legata a Giuseppe ancorchè le cerimonie pel matrimonio non
fossero ancora state celebrate.
Questo anello offerto da Giuseppe a Maria si conserva ancora in Italia nella città di
Perugia, alla quale, dopo molte vicissitudini e controversie fu definitivamente accordato da Papa
Innocenzo VIII nel 1486. {22 [302]}
Capo IV. Giuseppe ritorna in Nazaret colla sua sposa.
Erant cor unum et anima una.
Erano un sol cuore ed un'anima sola ACTORUM IV, 32.
Celebrati gli sponsali, Maria ritornò a Nazareth sua patria con sette vergini che il gran
Sacerdote le aveva accordato per compagne.
Ella doveva attendere nella preghiera la cerimonia del matrimonio, e formare il suo
modesto corredo di nozze. S. Giuseppe rimase a Gerusalemme per preparare la sua abitazione e
disporre ogni cosa per la celebrazione del matrimonio.
Dopo qualche mese secondo le usanze della nazione giudaica vennero celebrate le
cerimonie che dovevano succedere agli sponsali. Benchè poveri entrambi, Giuseppe e Maria
diedero a questa festa tutta quella maggior {23 [303]} pompa che loro permisero i pochi mezzi di
cui potevano disporre, Maria allora abbandonò la propria abitazione di Nazareth e venne ad
abitare collo sposo a Gerusalemme, dove avevansi a celebrare le nozze.
Un'antica tradizione ci dice che Maria arrivò a Gerusalemme in una fredda sera d'inverno
e che la luna spandeva luminosi sopra la città i suoi raggi d' argento.
Giuseppe si fece all' incontro della sua giovane compagna sino alle porte della città santa
seguito da una lunga processione di congiunti, aventi ciascuno una torchia in mano. Il corteggio
nuziale condusse i due sposi fino alla casa di Giuseppe, dove da lui era stato preparato il festino
di nozze.
Entrando nella sala del banchetto e mentre i convitati prendevano il posto loro assegnato
a tavola, il patriarca avvicinandosi alla santa Vergine, « Tu sarai come mia madre, le disse, ed io
ti rispetterò come l'altare stesso di Dio vivente. » D' allora in poi, dice un dotto scrittore, essi non
furono più {24 [304]} agli occhi della legge religiosa che fratello e sorella nel matrimonio,
5 Una tradizione della Storia del Carmelo ci racconta che fra la gioventù radunata per quella occasione si trovava un
bel giovane nobile e vivace che aspirava ardentemente alla mano di Maria. Quando vide fiorito il ramo di Giuseppe
e svanite le sue speranze rimase attonito e senza sentimento. Ma in quel tramestio d'affetti lo Spirito Santo scese
dentro di lui e cambiogli d'un tratto il cuore. Alza il volto, scuote l'inutile ramo e con insolito fuoco: « Io, disse, non
era per Lei. Ella non era per me. Ed io non sarò d'altra giammai. Sarò di Dio. » Spezzò il ramo e cacciollo da se
dicendo: Vada con te ogni pensiero di nozze. Al Carmelo, al Carmelo coi figli di Elia. Quivi avrò la pace che ormai
mi sarebbe nella città impossibile. Ciò detto andò al Carmelo e domandò di essere anche accettato tra i figli dei
Profeti. Venne accettato, vi fe' rapidi progressi in ispirito ed in virtù e divenne profeta. Egli è quel Agabo che a s.
Paolo apostolo predisse i vincoli e la prigione. Egli prima di tutti fondò sul Carmelo un santuario a Maria. La chiesa
santa ne celebra la memoria nei suoi fasti, e i figli del Carmelo l'hanno per fratello.
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benchè la loro unione fosse integralmente conservata. Giuseppe non si trattenne lungamente a
Gerusalemme dopo le cerimonie nuziali; i due santi sposi lasciarono la città santa per recarsi a
Nazareth nella modesta casa che Maria aveva avuto in eredità da' suoi genitori.
Nazareth, il cui nome ebraico significa fiore dei campi, è una bella e piccola città,
pittorescamente assisa sul pendio d'una collina alla estremità della valle d'Esdrelon. È dunque in
questa ridente città che Giuseppe e Maria vennero a stabilire la loro dimora.
La casa della Vergine si componeva di due camere principali, di cui l'una serviva di
laboratorio per Giuseppe, e l'altra era per Maria. La bottega, dove lavorava Giuseppe, consisteva
in una camera bassa di dieci o dodici piedi di larghezza sopra altrettanti di lunghezza. Vi si
vedevano distribuiti con ordine gli strumenti necessarii alla sua professione. Quanto al legname
di cui egli aveva bisogno, una parte rimaneva nel {25 [305]} laboratorio e l'altra fuori,
permettendo il clima al santo operaio di lavorare all'aperto una gran parte dell'anno.
Sul davanti della casa si trovava, giusta l'uso d'oriente, una panca in pietra ombreggiata
da stuoie di palma, dove il viaggiatore poteva riposare le sue stanche membra e ripararsi dai
raggi cocenti del sole.
Era assai semplice la vita che menavano codesti sposi privilegiati. Maria curava la
pulitezza della sua povera dimora, lavorava colle proprie mani le sue vesti e racconciava quelle
del suo sposo. Quanto a Giuseppe ora formava un tavolo per i bisogni di casa, o dei carri, o dei
gioghi per i vicini da cui ne aveva ricevuto l'incarico; ora col suo braccio tuttora vigoroso si
recava sulla montagna ad abbattere gli alti sicomori ed i neri terebinti che dovevano servire alla
costruzione delle capanne, che egli elevava nella vallata.
Sempre assiduo al lavoro bene spesso il sole era di già da lunga pezza tramontato quando
egli rientrava in casa {26 [306]} pel piccolo pasto della sera, che la sua giovane e virtuosa
compagna non gli faceva al certo aspettare, anzi ella stessa gli rasciugava la fronte molle di
sudore, gli presentava l' acqua tiepida ch' ella aveva fatto riscaldare per lavargli i piedi, e gli
serviva la cena frugale che doveva ristorare le sue forze. Questa si componeva per lo più di
piccoli pani d'orzo, di latticini, di frutti e di alcuni legumi. Poscia, fatta la notte, un parco sonno
preparava il nostro santo Patriarca a riprendere il domani le sue giornaliere occupazioni. Questa
vita laboriosa e dolce ad un tempo, durava da circa due mesi, quando giunse l'ora segnata dalla
Provvidenza per l'incarnazione del Verbo divino. {27 [307]}
Capo V. L'Annunciazione di Maria SS.
Ecce ancilla Domini; fiat mihi secundum verbum tuum.
Ecco l'ancella del Signore; facciasi di me secondo la tua parola. LUC. I, 38.
Un giorno Giuseppe si era recato a lavorare in un paese vicino. Maria era sola in casa e
secondo la sua abitudine pregava stando occupata a filare del lino. All'improvviso un angelo del
Signore, l'arcangelo Gabriele, discese in questa povera casa tutto risplendente dei raggi della
gloria celeste, e salutò l' umile Vergine dicendole: « Io ti saluto, o piena di grazie; il Signore è
con te, tu sei benedetta tra tutte le donne. » Questi elogi tanto inaspettati produssero nell'anima di
Maria una profonda turbazione. L'Angelo per rassicurarla, le disse: « Non temere, o Maria;
poichè hai trovato grazia agli occhi di Dio Ecco che concepirai e {28 [308]} darai alla luce un
figlio che si chiamerà Gesù. Egli sarà grande e sarà detto Figlio dell' Altissimo. Il Signore gli
darà il trono di Davide suo padre; egli regnerà eternamente nella casa di Giacobbe, ed il suo
regno non avrà fine. » « Come ciò sarà possibile, domandò l'umile Vergine, mentre io non
conosco uomo? »
Ella non sapeva conciliare la sua promessa di verginità col titolo di madre di Dio. Ma
l'Angelo le rispose: « Lo Spirito Santo discenderà in te, e la virtù dell' Altissimo ti coprirà colla
sua ombra; il santo frutto che nascerà da te, sarà chiamato il figlio di Dio. » E per darle una
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prova della onnipotenza di Dio, l'arcangelo Gabriele soggiunse: « Ecco che Elisabetta tua cugina
ha concepito un figlio nella sua vecchiaia, e quella che era sterile è di già al sesto mese della sua
gravidanza. Imperocchè nulla è impossibile a Dio.»
A queste divine parole l'umile Maria non trovò più che ridire: Ecco l'ancella del Signore,
rispose all'Angelo, sia fatto di me secondo la tua parola. {29 [309]} L'Angelo disparve; il mistero
dei misteri era compiuto. Il Verbo di Dio si era incarnato per la salute degli uomini.
Verso la sera, allorchè Giuseppe all'ora solita rientrò, terminato il suo lavoro, Maria nulla
gli disse del miracolo di cui ella era stata l'oggetto.
Si contentò di annunziargli la gravidanza di sua cugina Elisabetta: e siccome ella
desiderava di andarla a visitare, da sposa sottomessa domandò a Giuseppe il permesso di
intraprendere quel viaggio che a dir vero era lungo e faticoso. Questi nulla avea a rifiutarle ed
ella parti in compagnia di alcuni congiunti. È da credere che Giuseppe non potesse
accompagnarla presso sua cugina, perchè lo ritenevano a Nazaret le sue occupazioni. {30 [310]}
Capo VI. Inquietudine di Giuseppe - È rassicurato da un Angelo.
Ioseph, fili David, noli timere accipere Mariam coniugem tuam, quod enim in ea natum est, de Spiritu Sancto est.
Giuseppe, figliuolo di Davidde, non temere di ricevere Maria tua consorte: imperciocchè ciò che in essa è stato
conceputo è per opera dello Spirito Santo. MATTH. I, 20.
S. Elisabetta abitava nelle montagne della Giudea, in una piccola città chiamata Ebron,
posta a settanta miglia da Nazareth. Noi non terremo dietro a Maria nel suo viaggio, ci basti il
sapere che Maria restò tre mesi circa colla sua cugina.
Ma il ritorno di Maria preparava a Giuseppe una prova che dovea essere il preludio di
molte altre. Egli non tardò ad accorgersi che Maria era in uno stato interessante e quindi veniva
tormentato da mortali inquietudini. {31 [311]} La legge lo autorizzava ad accusare la sua sposa
davanti ai sacerdoti e a coprirla di un eterno disonore; ma un simile passo ripugnava alla bontà
del suo cuore, e all'alta stima che fino allora aveva avuto per Maria. In questa incertezza risolse
di abbandonarla e di espatriare per rigettare unicamente sopra di se tutta l'odiosità di una tale
separazione. Anzi aveva fatto di già i suoi preparativi per la partenza, quando un angelo discese
dal Cielo per rassicurarlo:
« Giuseppe, figliuolo di Davide, gli disse il celeste messaggiero, non temere di ricevere
Maria per tua consorte, imperciocchè ciò che in essa è stato conceputo è per opera dello Spirito
Santo. Ella partorirà un figliuolo cui tu porrai nome Gesù, imperciocchè ei libererà il suo popolo
da' suoi peccati.
D'allora in poi Giuseppe rassicurato completamente concepì la più alta venerazione per la
sua casta sposa; egli vide in essa il tabernacolo vivente dell'altissimo, e le sue cure non furono
che più tenere e più rispettose. {32 [312]}
Capo VII. Editto di Cesare Augusto. - Il censo. - Viaggio di Maria e di
Giuseppe verso Betlemme.
Tamquam aurum in fornace probavit electos Dominus.
Dio ha provato gli eletti come l'oro nella fornace. SAP. III, 6.
Si avvicinava il momento in cui il Messia promesso alle genti doveva finalmente
comparire nel mondo. L'impero Romano era allora arrivato all'apice della sua grandezza.
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Cesare Augusto impadronendosi del supremo potere, realizzava quella unità che secondo
i disegni della Provvidenza doveva servire alla propagazione del Vangelo. Sotto il suo regno
avevano cessato tutte le guerre, e il tempio di Giano era chiuso6. Nel suo {33 [313]} orgoglio il
romano imperatore volle conoscere il numero de' suoi sudditi, e a questo scopo ordinò un
censimento generale in tutto l'impero.
Ciascun cittadino doveva far inscrivere nella sua città nativa se stesso e tutta la sua
famiglia. Dovette adunque Giuseppe abbandonare la sua povera casa per obbedire agli ordini
dell' imperatore; e siccome egli era della stirpe di Davide e questa illustre famiglia era originaria
di Betlemme, colà doveva andare per farsi inscrivere.
Era una mattina trista e nebbiosa del mese di dicembre, l'anno 752 di Roma, Giuseppe e
Maria lasciavano la loro povera abitazione di Nazareth per recarsi a Betlemme, dove li chiamava
l'obbedienza dovuta agli ordini del sovrano. Non furono lunghi i loro preparativi per la partenza.
Giuseppe mise dentro ad un sacco alcune vestimenta, preparò la tranquilla e mansueta
cavalcatura, che doveva portare Maria che era già nel nono mese di sua gravidanza, e si
avviluppò nel suo largo mantello. Poscia i due santi viaggiatori {34 [314]} uscirono da Nazareth
accompagnati dalle felicitazioni de loro congiunti ed amici. Il santo patriarca, avendo da una
mano il suo bastone da viaggio, teneva coll'altra la briglia del giumento su cui stava assisa la sua
consorte.
Dopo quattro o cinque giorni di cammino scorsero da lontano Betlemme. Il giorno
cominciava a venir meno quando entrarono nella città. La cavalcatura di Maria era stanca; Maria
d'altronde aveva un grande bisogno di riposo: perciò Giuseppe si mise sollecitamente in cerca di
alloggio. Egli percorse tutte le osterie di Betlemme, ma furono inutili i suoi passi. Il censimento
generale vi aveva attirata una folla straordinaria; e tutti gli alberghi riboccavano di forestieri.
Invano Giuseppe andò a battere di porta in porta domandando ricovero per la sua sposa estenuata
dalla fatica, chè le porte rimasero chiuse. {35 [315]}
Capo VIII. Maria e Giuseppe si rifugiano in una povera grotta. -
Nascita del Salvator del mondo. - Gesù adorato dai pastori.
Et Verbum caro factum est.
Ed il Verbo si è fatto carne. IO. I, 14.
Un po' scoraggiati dalla mancanza di ogni ospitalità, Giuseppe e Maria se ne uscirono da
Betlemme speranzosi di trovare nella campagna quell'asilo che la città loro aveva rifiutato.
Arrivarono essi presso ad una grotta abbandonata, la quale offriva un rifugio ai pastori ed ai loro
armenti di notte e nei giorni di cattivo tempo. Giaceva in terra un po' di paglia, ed una incavatura
praticata nella roccia serviva egualmente di panca per riposarsi, e di mangiatoia per gli animali. I
due viaggiatori entrarono nella grotta onde prendere riposo dalle fatiche del viaggio, e per
riscaldare le loro membra intirizzite dal freddo {36 [316]} dell'inverno. In questo miserabile
riparo, lungi dagli sguardi degli uomini, Maria dava al mondo il Messia ai nostri primi padri
promesso. Era la mezzanotte, Giuseppe adorando il divino fanciullo lo inviluppò con pannicelli,
e lo pose entro alla mangiatoia. Egli era il primo degli uomini cui toccasse l'incomparabile onore
di offrire i propri omaggi a Dio disceso sopra la terra per riscattare i peccati dell'umanità.
Alcuni pastori guardavano le loro greggie nella vicina campagna. Un angelo del Signore
comparve e loro annunziò la buona novella della nascita del Salvatore. Nel tempo stesso si
udirono dei cori celesti a ripetere: e Gloria a Dio nel più alto de' Cieli e pace sulla terra agli
uomini di buona volontà. » Questi uomini semplici non esitarono a seguire la voce dell'angelo, «
Andiamo, si dissero, sino a Betlemme e vediamo ciò che è accaduto. » E senza fare maggiori
indugi entrarono nella grotta ed adorarono il divino fanciullo. {37 [317]}
6 Era uso in Roma a quei tempi di tener aperto il tempio di Giano durante la guerra e di chiuderlo in tempo di pace.
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Capo IX. La Circoncisione.
Et vocavit nomen eius Iesum.
E gli pose nome Gesù. MATTH. I, 25.
L'ottavo giorno dopo la nascita si dovevano circoncidere i figliuoli d'Israele per espresso
comando da Dio fatto ad Abramo, affinchè vi fosse un segno che ricordasse al popolo l'alleanza
da Dio giurata con lui.
Maria e Giuseppe intendevano molto bene che tal segno non era per nulla necessario a
Gesù. Questa dolorosa funzione era una pena che conveniva ai peccatori, ed aveva per iscopo di
cancellare il peccato originale. Ora Gesù essendo il santo per eccellenza, il fonte d'ogni santità
non portava con se alcun peccato che abbisognasse remissione. D'altronde egli era venuto al
mondo per miracoloso concepimento, e non aveva da sottostare a veruna delle leggi che
riguardavano gli uomini. {38 [318]} Tuttavia Maria e Giuseppe ben sapendo che Gesù non era
venuto a sciogliere la legge, ma ad adempierla; che veniva per recare agli uomini l' esempio della
perfetta obbedienza, disposto a soffrire tutto ciò che la gloria del Padre Celeste e la salute degli
uomini gli avrebbe imposto, non ristettero dal compiere sul Divino fanciullo la penosa
cerimonia.
Giuseppe il santo Patriarca è il ministro ed il sacerdote di quel sacro rito. Eccolo che
cogli occhi molli di pianto dice a Maria: « Maria, ora è tempo che ci accingiamo a compiere in
questo benedetto tuo figliuolo il segnacolo del nostro padre Abramo. Io mi sento perdere il cuore
nel pensarvi. Io metter il ferro in queste carni immacolate! Io trarre il primo sangue di questo
agnello di Dio; oh se tu aprissi la bocca, o bambino mio, e mi dicessi che non vuoi la ferita, oh
come lancerei lontano da me questo coltello, e godrei che tu non la volessi! Ma io veggo che tu
mi domandi questo {39 [319]} sacrifizio; che vuoi patire. Sì, o bambino dolcissimo, noi
patiremo: tu nella tua carne mondissima; Maria ed io nei nostri cuori. »
Giuseppe intanto aveva compiuto il doloroso uffizio offerendo a Dio quel primo sangue
in espiazione dei peccati degli uomini. Poi con Maria lacrimosa e piena d'affanno pel patimento
del suo Figliuolo aveva ripetuto: « Gesù è il suo nome, perchè Egli deve salvare il suo popolo da'
suoi peccati: vocabis nomen eius Iesum; ipse enim salvum faciet populum suum a peccatis
eorum7. » O nome santissimo! o nome sopra ogni nome! quanto convenientemente in questo
momento tu sei per la prima volta pronunciato! Dio volle che il bambino venisse chiamato Gesù
alloraquando incomincerebbe a sparger sangue, perchè se egli era e sarebbe Salvatore, ciò era
appunto in virtù e per effetto del suo sangue, per cui entrò nel santo dei santi una volta sola e {40
[320]} col sacrifizio di tutto se stesso consumava la Redenzione d'Israele e di tutto il mondo.
Giuseppe fu quel grande e nobile ministro della Circoncisione per cui si diede al Figliuol
di Dio il suo proprio nome. Giuseppe ne ricevè la relazione dall'angelo, Giuseppe pronunciollo il
primo fra gli uomini, e al pronunziarlo fe' che gli angeli tutti s'incurvassero, e che i demoni
sorpresi da straordinario spavento, anche senza intendere il perchè, cadessero adorando e si
nascondessero nel più profondo dell' inferno. Gran dignità di Giuseppe! Grande obbligazione di
ossequio che noi gli abbiamo per aver egli il primo chiamato Redentore il Figliuolo di Dio, ed
egli il primo aver cooperato col santo ministerio della circoncisione a farcelo Redentore. {41
[321]}
Capo X. Gesù adorato dai Magi. La Purificazione.
7 Matth. I, 25.
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Reges Tharsis et insulae munera offerent, Reges Arabum et Saba dona adducent.
I Re di Tharsis e le isole a lui faranno le loro offerte, i Re degli Arabi e di Saba porteranno i loro doni. PSAL.
LXXI, 10.
Quel Dio che era disceso sulla terra per far della casa d'Israele e delle genti disperse una
sola famiglia voleva intorno alla sua culla i rappresentanti dell'uno e dell'altro popolo. I semplici
e gli umili avevano avuto la preferenza nel trovarsi attorno a Gesù: i grandi peraltro ed i sapienti
della terra non dovevano esserne esclusi. Dopo i pastori vicini, Gesù dal silenzio della sua grotta
di Betlemme moveva una stella del Cielo a ricondurvi adoratori lontani. {42 [322]}
Una tradizione popolarissima in tutto l'Oriente e registrata nella bibbia, annunziava che
un fanciullo nascerebbe in Occidente, il quale cangierebbe la faccia del mondo, e che un nuovo
astro doveva in pari tempo comparire e segnare questo avvenimento. Or bene all'epoca della
nascita del Salvatore vi erano all'estremità dell'Oriente alcuni principi detti comunemente i tre Re
Magi, dotati di una scienza straordinaria.
Profondamente versati nelle scienze astronomiche, questi tre magi aspettavano con
ansietà l'apparizione della nuova stella che doveva loro annunziare la nascita del maraviglioso
fanciullo.
Una notte mentre questi osservavano il cielo attentamente, un astro d'insolita grandezza
pareva distaccarsi dalla volta celeste, come se avesse voluto discendere sopra la terra.
Riconoscendo a questo segnale che il momento era giunto, frettolosamente se ne
partirono, e guidati sempre dalla stella giunsero a Gerusalemme. La fama {43 [323]} del loro
arrivo e sopra tutto la causa, che li conduceva, turbò il cuore dell' invidioso Erode. Questo
principe crudele fece venire a se i Magi e disse loro: « Pigliate esatte informazioni di questo
fanciullo, ed appena l'avrete trovato, ritornate ad avvertirmene affinchè io pure vada ad adorarlo.
» I dottori della legge avendo indicato che il Cristo doveva nascere in Betlemme; i Magi
uscirono da Gerusalemme preceduti sempre dalla misteriosa stella. Non tardarono ad arrivare a
Betlemme; la stella si arrestò al disopra della grotta dove stava il Messia. I Magi vi entrarono, si
prostrarono ai piedi del fanciullo e l'adorarono.
Aprendo allora i cofanetti di legni preziosi che con se avevano portato, gli offrirono
dell'oro come per riconoscerlo re, dell'incenso come Dio e della mirra come uomo mortale.
Avvisati poscia da un angelo dei veri disegni di Erode, senza passare per Gerusalemme,
ritornarono direttamente ai loro paesi.
Avvicinavasi il quarantesimo giorno {44 [324]} dalla nascita del Santo Bambino: la
legge di Mosè prescriveva che ogni primogenito venisse portato al tempio per essere offerto a
Dio e quindi consacrato, e per essere purificata la madre. Giuseppe in compagnia di Gesù e di
Maria moveva verso Gerusalemme per compiere la prescritta cerimonia. Offri due tortorelle in
sacrifizio e pagò cinque sicli d'argento. Poscia avendo fatto inscrivere il figlio sopra le tavole del
censo e pagato il tributo, i santi sposi se ne ritornarono in Galilea, a Nazareth loro città. {45
[325]}
Capo XI. Il tristo annunzio. - La strage degli innocenti. - La sacra
famiglia parte per l' Egitto.
Surge, accipe puerum et matrem eius et fuge in Aegyptum et esto ibi usque dum dicam tibi.
L'angelo del Signore disse a Giuseppe: Levati, prendi il bambino e la sua madre e fuggi in Egitto e fermati colà
fintantochè io t'avvisi. MATTH. II, 13.
Vox in excelso audita est lamentationis, luctus, et fletus Rachel plorantis filios suos, et nolentis consolari super eis
quia non sunt.
Si è sentito nell'alto voce di querela, di lutto e di gemito di Rachele che piange i suoi figli; e riguardo ad essi non
ammette consolazione perch' ei più non sono. GEREM. c. XXXI, v. 15.
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
La tranquillità della santa famiglia non doveva essere di lunga durata. Appena Giuseppe
era rientrato nella povera casa ai Nazareth, un angelo del Signore gli apparve in sogno e {46
[326]} gli disse: « Alzati, togli teco il fanciullo e sua madre e fuggi in Egitto, e rimani colà
finchè io non ti dica di ritornare. Imperocchè Erode cercherà il fanciullo per farlo morire. »
E ciò non era che troppo vero. Il crudele Erode ingannato dai Magi e furioso di vedersi
sfuggire una si bella occasione, per disfarsi di colui che egli considerava come un competitore al
trono, aveva concepito l'infernale disegno di far massacrare tutti i bambini maschi di età inferiore
a due anni. Quest' ordine abbominevole fu eseguito.
Un largo fiume di sangue scorse la Galilea. Allora si avverò quello che aveva predetto
Geremia: « Una voce si è fatta intendere in Rama, voce mista di lacrime e di lamenti. È Rachele
che piange i suoi figli e non vuol essere consolata; imperocchè essi non sono più. » Questi poveri
innocenti, si crudelmente scannati, furono i primi martiri della divinità di Gesù Cristo.
Giuseppe aveva riconosciuto la voce {47 [327]} dell' Angelo; nè si permise alcuna
riflessione sulla precipitata partenza, a cui dovevano risolversi; sulle difficoltà d'un viaggio così
lungo e così pericoloso. E sì che gli doveva rincrescere di abbandonare la sua povera casa, per
andare attraverso ai deserti a cercare un asilo in un paese che egli non conosceva. Senza
nemmeno aspettare il domani, nel momento che l'angelo disparve egli si alzò e corse a svegliare
Maria. Maria preparò frettolosamente piccola provigione di panni e di viveri che doveano portare
con se. Giuseppe intanto preparò la giumenta, e partirono senza rammarico dalla loro città per
obbedire al comando di Dio. Ecco dunque un povero vecchio, che rende vane le orribili trame
del tiranno di Galilea; è a lui che Iddio affida la custodia di Gesù e di Maria. {48 [328]}
Capo XII. Viaggio disastroso - Una tradizione.
Si persequentur vos in civitate ista, fugite in atiam.
Allorquando vi perseguiteranno in questa città fuggite ad un'altra. MATTH. X, 23.
Due strade si presentavano al viaggiatore, che per la via di terra volesse recarsi in Egitto.
L'una attraversava deserti popolati da bestie feroci, ed i sentieri ne erano malagevoli, lunghi e
poco frequentati. L'altra si dirigeva attraverso a un paese poco frequentato, ma gli abitanti della
contrada erano ostilissimi agli Ebrei. Giuseppe, che aveva soprattutto a temere gli uomini in
questa fuga precipitosa, scelse la prima di queste due strade siccome la più nascosta.
Partiti da Nazarette nel più fitto della notte, i cauti viaggiatori, il cui itinerario obbligava a
passare dappresso Gerusalemme, batterono per qualche {49 [329]} tempo i sentieri più tristi e
tortuosi. Quando si doveva attraversare qualche grande strada, Giuseppe lasciando al riparo d'una
roccia Gesù e sua Madre, andava in perlustrazione pel cammino, per accertarsi se l'uscita non ne
fosse guardata dai soldati di Erode. Rassicurato da questa precauzione, ritornava a prendere il
suo prezioso tesoro, e la santa famiglia continuava il suo viaggio, tra i burroni ed i colli. Di tratto
in tratto si faceva una breve sosta sull'orlo d'un limpido ruscello, e dopo una frugale refezione si
prendeva un po' di riposo dalle fatiche del viaggio. Giunta la sera, era mestieri rassegnarsi a
dormire a cielo scoperto. Giuseppe spogliandosi del suo mantello, ne copriva Gesù e Maria per
preservarli dall'umidità della notte. Poi il domani sul far del giorno si ricominciava il faticoso
viaggio. I santi viaggiatori, avendo oltrepassata la piccola città di Anata, si diressero dalla parte
di Ramla per discendere nelle pianure della Siria, dove essi dovevano ormai esser liberi dalle
insidie dei loro feroci {50 [330]} persecutori. Contro alla loro abitudine aveano continuato a
camminare malgrado fosse di già fatta la notte per essere più presto in salvo. Giuseppe andava
quasi tastando il terreno avanti agli altri. Maria tutta tremante per questa corsa notturna figgeva i
suoi sguardi irrequieti nella profondità dei valloni, e nelle sinuosità delle roccie. D'un tratto in
uno svolto, una frotta d'uomini armati si presentò ad intercettare loro il cammino. Era una banda
di scellerati, i quali devastavano la contrada, la cui fama spaventevole si estendeva molto
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
lontano. Giuseppe aveva arrestato la cavalcatura di Maria, e pregava il Signore in silenzio;
imperocchè era impossibile qualunque resistenza. Tutto al più si poteva sperare di ottener salva
la vita. Il capo dei briganti si staccò da' suoi compagni e si avanzò verso Giuseppe per osservare
con chi avesse egli da trattare. La vista di questo vecchio senza armi, di questo bambinello che
dormiva sopra il seno della sua madre, toccò il cuore sanguinario del bandito. Ben lungi dal {51
[331]} voler far loro alcun male, stese la mano a Giuseppe, offrendo ospitalità a lui ed alla sua
famiglia. Questo capo si chiamava Disma. La tradizione ci dice, che trent' anni dopo egli fu preso
dai soldati, e condannato ad essere crocifisso. Fu messo in croce sul Calvario al fianco di Gesù,
ed è lo stesso che noi conosciamo sotto il nome del buon ladrone.
Capo XIII. Arrivo in Egitto - Prodigi avvenuti al loro ingresso in questa
terra - Villaggio di Matarie - Abitazione della sacra Famiglia.
Ecce ascendet Dominus super nubem levem et commovebuntur simulacra Aegypti.
Ecco che il Signore salirà sopra una nuvola leggera ed entrerà in Egitto e alla presenza di lui si conturberanno i
simulacri d' Egitto. IS. XIX, 1.
Comparso appena il giorno, i fuggitivi, ringraziando i briganti diventati ospiti, ripresero
il loro cammino pieno {52 [332]} di pericoli. Si dice che Maria sul partire abbia detto queste
parole al capo di quei banditi: « Ciò che tu hai fatto per questo bambino, ti sarà un giorno
largamente ricompensato. » Dopo di avere attraversato Betlemme e Gaza, Giuseppe e Maria
discesero nella Siria e avendo incontrato una carovana che partiva per l'Egitto si unirono ad essa.
Da questo istante sino al termine del loro viaggio non videro più davanti a se, che un immenso
deserto di sabbia, la cui aridità non era interrotta che a ben rari intervalli da qualche oasi, ossia
da alcuni tratti di terreno fertile e verdeggiante. Le loro fatiche si raddoppiarono durante questa
corsa attraverso a queste pianure infuocate da ardente sole. I viveri erano poco abbondanti, e l'
acqua ben sovente mancava. Quante notti Giuseppe, che era vecchio e povero, si vide risospinto,
quando tentava di avvicinarsi alla fonte, cui la carovana si era arrestata per dissetarsi!
Finalmente dopo due mesi di penosissimo cammino i viaggiatori entrarono {53 [333]} in
Egitto. Al dire di Sozomeno, dal momento che la santa Famiglia ebbe toccato questa terra antica,
gli alberi abbassarono i loro rami per adorare il Figlio di Dio; le bestie feroci vi accorsero
dimenticando il loro istinto; e gli uccelli cantarono in coro le lodi del Messia. Anzi se crediamo a
quanto ci narrano autori degni di fede, tutti gli idoli della provincia, riconoscendo il vincitore del
Paganesimo, caddero frantumati in mille pezzi. Così ebbero letterale compimento le parole del
profeta Isaia quando disse; « Ecco che il Signore salirà sopra una nuvola leggerà ed entrerà in
Egitto, e alla presenza di lui si conturberanno i simulacri d'Egitto. »
Giuseppe e Maria, desiderosi d'arrivar presto al termine del loro viaggio, non fecero che
attraversare Eliopoli, consacrata al culto del sole, per recarsi a Matari dove intendevano di
riposarsi delle loro fatiche.
Matari è un bel villaggio ombreggiato da sicomori, a due leghe circa dal Cairo, capitale
dell'Egitto. Colà {54 [334]} Giuseppe aveva intenzione di stabilire dimora. Ma non era ancora
questo il termine delle sue pene. Gli era mestieri di cercarsi un alloggio. Gli Egiziani non erano
per nulla ospitali; così la santa famiglia fu costretta a ripararsi per alcuni giorni nei tronco d'un
antico e grosso albero. Alfine dopo lunghe ricerche Giuseppe trovò una modesta cameruccia, in
cui collocò alla meglio Gesù e Maria.
Questa casa, che si fa vedere ancora in Egitto, era una specie di grotta, di venti piedi di
lunghezza sopra quindici di larghezza. Non vi erano nemmeno finestre; la luce vi doveva
penetrare per la porta. Le mura erano d'una specie d'argilla nera e schifosa, la cui vecchiezza
portava l'impronta della miseria. A destra eravi una piccola cisterna, dalla quale Giuseppe
attingeva l' acqua pel servizio della famiglia. {55 [335]}
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
Capo XIV. Dolori. - Consolazione e termine dell'esilio.
Cum ipso sum in tribulatione.
Con lui son io nella tribolazione. PSAL. XC. 15.
Entrato appena in questa nuova abitazione ripigliò Giuseppe il suo lavoro ordinario.
Cominciò a mobiliare la sua casa; un tavolino, qualche sedia, una panca, tutto quanto opera delle
sue mani. Poscia andò di porta in porta in cerca di lavoro per guadagnar il sostentamento alla
piccola famiglia. Egli senza dubbio ebbe a provare ben molti rifiuti, e a tollerare ben molti
umilianti disprezzi! Egli era povero, e sconosciuto; e ciò bastava perchè venisse rifiutata l'opera
sua. A sua volta Maria, mentre aveva mille cure pel Figlio, si diede coraggiosamente al lavoro,
occupando in esso una parte della notte per supplire {56 [336]} ai guadagni piccoli ed
insufficienti del suo sposo. Tuttavia in mezzo alle sue pene quante consolazioni per Giuseppe!
Era per Gesù che lavorava, e il pane che il divino fanciullo mangiava era egli che l'aveva
acquistato col sudore della sua fronte. E poi quando rientrava in sulla sera affaticato e oppresso
dal caldo, Gesù sorrideva al suo arrivo, e lo accarezzava colle sue piccole mani. Ben sovente col
prezzo di privazioni, che s'imponeva, Giuseppe riusciva ad ottenere qualche risparmio qual gioia
provava allora nel poterlo impiegare nell' addolcire la condizione del divino fanciullo! Ora erano
alcuni datteri, ora alcuni giuocattoli adatti alla sua età, che il pio falegname recava al Salvatore
degli uomini. Oh quanto erano dolci allora le emozioni del buon vecchio nel contemplare il viso
raggiante di Gesù! Quando arrivava il Sabato, giorno di riposo e consacrato al Signore, Giuseppe
prendendo per le mani il fanciullo, ne guidava i {57 [337]} primi passi con una sollecitudine
veramente paterna.
Frattanto il tiranno che regnava sopra Israele moriva. Iddio, il cui braccio onnipossente
punisce sempre il colpevole, gli aveva mandato una malattia crudele, che lo condusse
rapidamente al sepolcro. Tradito dal suo proprio figlio, roso vivo dai vermi, Erode era morto,
portando con se l'odio de' Giudei, e la maledizione de' posteri.
Capo XV. Il nuovo annunzio. - Ritorno in Giudea. - Una tradizione
riferita da s. Bonaventura.
Ex Aegyypto vocavi filium meum.
Dall'Egitto richiamai il mio figliuolo. OSEAE XI, 1.
Da sette anni stava Giuseppe in Egitto, quando l'Angelo del Signore, messaggiero
ordinario dei voleri del {58 [338]} Cielo gli apparve di nuovo durante il sonno e gli disse: «
Alzati, togli teco il fanciullo e la sua madre, e ritorna al paese d'Israele, imperocchè coloro che
cercavano il fanciullo per farlo morire, non esistono più. » Sempre pronto alla voce di Dio,
Giuseppe vendette la sua casa ed i suoi mobili, ed ordinò il tutto per la partenza. Invano gli
Egiziani rapiti dalla bontà di Giuseppe e dalla dolcezza di Maria fecero le più vive instanze per
ritenerlo. Invano gli promisero l'abbondanza d'ogni cosa necessaria per la vita, Giuseppe fu
irremovibile. I ricordi della sua infanzia, gli amici, che egli aveva nella Giudea, la pura atmosfera
della sua patria, assai più parlavano al suo cuore, che non la bellezza dell' Egitto. D'altronde
Iddio aveva parlato, e null'altro abbisognava per decidere Giuseppe a far ritorno alla terra de'
suoi antenati.
Alcuni storici sono d'opinione che la santa famiglia abbia fatto per mare una parte del
viaggio, perchè vi s'impiegava minor tempo, ed aveva un {59 [339]} desiderio grandissimo di
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
rivedere presto la sua patria. Appena sbarcati ad Ascalonia, Giuseppe intese che Archelao era
succeduto nel trono a suo padre Erode. Indi per Giuseppe era una nuova sorgente di inquietudini.
L'angelo non gli aveva detto in quale parte della Giudea dovesse egli stabilirsi. Doveva ciò fare a
Gerusalemme, o nella Galilea, o nella Samaria? Giuseppe pieno d'ansietà pregò il Signore che gli
mandasse durante la notte il suo celeste messaggiero. L'angelo gli ordinò di fuggire Archelao e di
ritirarsi in Galilea. Giuseppe allora più non ebbe a temere, e prese tranquillamente la strada di
Nazareth, che aveva sette anni prima abbandonata.
Non dispiaccia ai nostri divoti lettori di sentir sopra questo punto di storia il serafico
dottor s. Bonaventura: « Erano in atto di partirsi: e Giuseppe andò innanzi cogli uomini, e la
madre veniva da lungi colle donne (venuti queste e quelli come amici della santa famiglia ad
accompagnarli un tratto). E quando {60 [340]} furono fuor della porta, Giuseppe rattiene gli
uomini e non si lascia più accompagnare. Allora alcuno di quelli buoni uomini, avendo
compassione della povertà di costoro, chiamò il fanciullo e diegli alquanti denari per ispese.
Vergognossi il Fanciullo di riceverli; ma, per amore della povertà, apparecchiò la mano e ricevè
la pecunia vergognosamente e ringraziollo. E così fecero più persone. Lo chiamarono ancora
quelle onorabili matrone e fecero lo stesso; non si vergognava meno la madre che il fanciullo, ma
tuttavia umilmente li ringraziò. »
Preso dunque commiato da quella cordiale compagnia rinnovati i ringraziamenti ed i
saluti, la santa famiglia rivolse i suoi passi verso la Giudea. {61 [341]}
Capo XVI. Arrivo di Giuseppe in Nazareth. - Vita domestica con Gesù
e Maria.
Constituit eum dominum domus suae.
Lo costituì padrone della sua casa. PSAL. CIV, 20.
Erano finalmente terminati i giorni dell' esilio. Giuseppe poteva di nuovo rivedere la
sospirata terra nativa, che gli richiamava alla mente le più care memorie. Bisognerebbe amare il
proprio paese come lo amavano allora gli Ebrei, per comprendere le dolci impressioni che
riempivano l'anima di Giuseppe allorquando apparve da lontano la vista di Nazareth. L'umile
patriarca accelerò il passo della cavalcatura di Maria, e ben presto arrivarono nelle strette vie
della loro cara città.
I Nazareni, i quali ignoravano la {62 [342]} causa delle partenza del pio operaio, videro
con gioia il suo ritorno. I capi di famiglia vennero a dare il benvenuto a Giuseppe, e a stringere la
mano del vecchio, la cui testa era incanutita lungi dalla sua patria. Le figlie salutarono l'umile
Vergine, la cui grazia era ancora aumentata dalle cure, delle quali ella circondava il suo divino
fanciullo. Gesù, il prediletto Gesù vide accorrere presso di se i ragazzi della sua età, e, per la
prima volta, intese il linguaggio de' suoi antenati invece di quello amaro dell'esilio.
Ma il tempo e l'abbandono avevano ridotto la povera abitazione di Giuseppe in pessimo
stato. L' erba selvaggia era cresciuta sopra le mura, e la tignuola si era impossessata dei vecchi
mobili della santa famiglia.
Alcune terre che circondavano la casa furono vendute, e col loro prezzo furono
comperate le masserizie più necessarie. Le meschine risorse dei due sposi furono impiegate negli
acquisti più indispensabili. Non restavano adunque più a Giuseppe che il {63 [343]} suo
laboratorio e le sue braccia. Ma la stima che ciascuno sentiva pel santo uomo, la confidenza che
si aveva nella sua buona fede come nella sua abilità, fecero sì che a poco a poco gli ritornassero e
il lavoro e gli avventori; e il coraggioso falegname ebbe ben presto ripreso il suo consueto
lavoro. Era invecchiato nelle fatiche, ma il suo braccio era pur sempre robusto, ed il suo ardore si
era ancora accresciuto dopo che si trovava egli incaricato di nutrire il Salvatore degli uomini.
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
Gesù cresceva in età e sapienza. Nella stessa guisa che Giuseppe aveva guidato i suoi
primi passi, quando piccino ancora incominciava a camminare, diede pure a Gesù le prime
nozioni di lavoro. Egli teneva la sua piccola mano e la dirigeva nell' insegnargli a tracciare le
linee, e a maneggiare la pialla. Egli insegnava a Gesù le difficoltà e la pratica del mestiere. E il
Creatore del mondo si lasciava guidare dal suo fedele servitore, che egli si era scelto per padre!
{64 [344]}
Giuseppe, che era assiduo agli uffizi nel sacro tempio, come era diligente dei doveri del
suo lavoro, osservava rigorosamente la legge di Mosè e la religione de' suoi antenati. Così
giammai si sarebbe visto lavorare in giorno festivo, egli aveva compreso come non sia di troppo
un giorno per settimana onde pregare il Signore e ringraziarlo de' suoi favori. Ogni anno alle tre
grandi solennità giudaiche, alle feste di Pasqua, della Pentecoste e dei Tabernacoli, egli si recava
al tempio di Gerusalemme in compagnia di Maria. Ordinariamente egli lasciava a Nazareth
Gesù, che si sarebbe soverchiamente stancato dal lungo cammino; e soleva sempre pregare
qualche suo vicino perchè s'incaricasse della custodia del fanciullo nell' assenza dei suoi genitori.
{65 [345]}
Capo XVII. Gesù va con Maria sua madre e s. Giuseppe a celebrare la
Pasqua in Gerusalemme. - È smarrito e ritrovato dopo tre giorni.
Fili, quid fecisti nobis sic? Ecce pater tuus et ego dolentes quaerebamus te. Quid est quod me quaerebalis?
Nesciebalit quia in his quae Patris mei sunt oportet me esse?
Figlio, perchè ci hai tu fatto questo? Ecco che tuo padre ed io addolorati andavamo di te in cerca; (ed egli disso
loro): Perchè mi cercavate voi » non sapevate che nelle cose spettanti al Padre mio debbo occuparmi? LUC. II, 43,
49.
Quando Gesù ebbe raggiunta l'età di dodici anni, ed approssimandosi le feste di Pasqua,
Giuseppe e Maria lo giudicarono abbastanza forte per sopportare il viaggio, e lo condussero con
loro in Gerusalemme. Essi rimasero circa sette giorni nella città santa per celebrare la Pasqua e
compiere i sacrifizi comandati dalla legge. {66 [346]}
Terminate le feste pasquali ripresero la strada di Nazareth in mezzo ai loro congiunti ed
amici. La carovana era assai numerosa. Nella semplicità dei loro costumi le famiglie di una
stessa città o di uno stesso villaggio se ne ritornavano alle case loro riunite in allegre brigate, in
cui i vecchi discorrevano gravemente coi vecchi, le donne colle donne, mentre i ragazzi
correvano e giuocavano insieme nel loro cammino. Così Giuseppe non vedendo Gesù presso di
se lo credette, come era naturale, presso la madre sua o coi ragazzi di sua età. Maria camminava
ella pure in mezzo alle compagne persuasa egualmente che il fanciullo seguisse gli altri. Giunta
poi la sera la carovana si arrestò nella piccola città di Machmas per passarvi la notte. Giuseppe
venne a ritrovare Maria; ma quale non fu la loro sorpresa ed il loro dolore quando si
domandarono reciprocamente dove era Gesù? Nè l'uno, nè l'altro l'aveva veduto dopo l'uscita dal
tempio; i ragazzi dal canto loro non potevano darne alcuna notizia. Egli non era con essi. {67
[347]}
Subito Giuseppe e Maria malgrado la loro stanchezza si rimisero in viaggio per
Gerusalemme. Rifecero pallidi ed inquieti la strada che avevano di già percorsa lo stesso giorno.
Echeggiarono i dintorni delle loro grida di cordoglio; Giuseppe chiamava Gesù, ma Gesù non
rispondeva. All'alba del giorno arrivarono a Gerusalemme, dove, dice il vangelo, essi passarono
tre giorni intieri in cerca dell'amatissimo figlio. Quanti dolori pel cuore di Giuseppe! e quanto
dovette egli rimproverarsi un istante di distrazione! Finalmente verso la fine del terzo giorno
questi desolati genitori entrarono nel tempio, piuttosto per invocare i lumi dall'alto, che colla
speranza di trovarvi Gesù. Ma quale non fu la loro sorpresa e la loro ammirazione nel vedere il
divino fanciullo in mezzo ai dottori maravigliati della saggezza de' suoi discorsi, delle dimande e
delle risposte che loro faceva! Maria piena di gioia, perchè aveva ritrovato il figlio, non potè
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
tuttavia trattenersi dal manifestargli l'inquietudine che l'aveva afflitta: « Mio {68 [348]} figlio,
gli disse, perchè hai tu fatto così con noi? sono tre giorni da che immersi nel dolore andiamo in
cerca di te. » - Gesù rispose: « Perchè mi cercavate voi così? Non sapevate che mi è mestieri di
occuparmi delle cose che riguardano mio padre? » Il vangelo soggiunge che Giuseppe e Maria
non compresero immediatamente questa risposta. Fortunati di aver ritrovato Gesù se ne
ritornarono tranquillamente alla loro piccola casa di Nazareth.
Capo XVIII. Sèguita della vita domestica della santa famiglia.
Et erat subditus illis.
E Gesù era ad ossi ubbidiente. LUC. II, 51.
Il santo Vangelo dopo aver raccontato i principali tratti della vita di Gesù fino all' età di
dodici anni, giunto a {69 [349]} questo punto conchiude tutta la vita privata di Gesù fino a trent'
anni in queste brevi parole: « Gesù era obbediente a Maria ed a Giuseppe, et erat subditus illis. »
- Queste parole, mentre nascondono a' nostri sguardi la gloria di Gesù, rivelano in magnifico
aspetto la grandezza di Giuseppe. Se l'educatore d'un principe occupa una dignità onorifica nello
stato, quale deve essere la dignità di Giuseppe, mentre fu incaricato della educazione del Figlio
di Dio! Gesù cui le forze erano cresciute cogli anni diventò l'allievo di Giuseppe. Egli lo seguiva
nelle sue giornate di lavoro, e sotto la sua direzione apprese il mestiere del falegname. S.
Cipriano, vescovo di Cartagine, scriveva circa l'anno 250 dell'êra cristiana, che si conservavano
ancora con venerazione aratri fatti dalla mano del Salvatore. Era senza dubbio Giuseppe che ne
aveva dato il modello e che aveva diretto nella sua bottega la mano del Creatore di ogni cosa.
Gesù voleva dare agli uomini l' esempio dell' obbedienza anche nelle {70 [350]} più
piccole circostanze della vita. Così si fa vedere ancora presso di Nazareth un pozzo, cui
Giuseppe mandava il divino fanciullo ad attingere l'acqua pei bisogni della famiglia.
Ci mancano i particolari circa questi anni laboriosi che Giuseppe passò a Nazareth con
Gesù e Maria. Ciò che possiam dire senza timore di ingannarci è che Giuseppe lavorava senza
tregua per guadagnar il pane. La sola distrazione che si permetteva era di conversare bene spesso
col Salvatore, le cui parole rimanevano profondamente scolpite nel suo cuore.
Agli occhi degli uomini Gesù passava per figlio di Giuseppe. E questi, la cui umiltà era
tanto grande quanto l'obbedienza, serbava entro se stesso il mistero che era incaricato di
proteggere colla sua presenza. « Giuseppe, dice Bossuet, vedeva Gesù e taceva; egli lo gustava e
non ne parlava; si contentava di Dio solo senza dividere cogli uomini la sua gloria. Compieva la
sua vocazione, perchè come gli apostoli erano ministri di Gesù Cristo {71 [351]} conosciuto,
Giuseppe era il ministro ed il compagno della sua vita nascosta. »
Capo XIX. Ultimi giorni di s. Giuseppe. Sua preziosa agonia.
O nimis felix, nimis o beatus Cuius extremam vigiles ad horam Christus et Virgo simul astiterunt Ore sereno!
O beata o felice anima pia, Che del tuo esilio nell'estremo istante, Godesti allato di Gesù e Maria Il bel sembiante.
(La s. Chiesa nell'uffizio di s. Giuseppe).
Giuseppe toccava i suoi ottant'anni, e Gesù non doveva tardare ad abbandonare la sua
dimora per ricevere il battesimo da Giovanni Battista, quando Iddio chiamò a se il suo fedele
servitore. Le fatiche ed i travagli d'ogni sorta avevano logorato la tempra robusta di Giuseppe, e
sentiva egli stesso che la sua fine era ben prossima. {72 [352]} D'altronde la sua missione sulla
terra era terminata; ed era giusto che egli ricevesse finalmente la ricompensa che meritavano le
sue virtù.
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
Per un favore affatto speciale un angelo venne ad avvisarlo della sua prossima morte.
Egli era pronto a comparire innanzi a Dio. Tutta la sua vita non era stata che una serie di atti
d'obbedienza alla volontà divina e poco gl'importava della vita, poichè si trattava d'ubbidire a
Dio che lo chiamava alla vita beata. Secondo le testimonianze unanimi della tradizione Giuseppe
non morì tra le sofferenze acute della malattia. Si spense dolcemente come una fiamma cui
venga meno l'alimento.
Steso sul letto di morte, avendo ai suoi fianchi Gesù e Maria, Giuseppe fu rapito in estasi
per ventiquattro ore. I suoi occhi videro allora chiaramente le verità che la sua fede aveva credute
sin allora senza comprendere. Egli penetrò il mistero di Dio fatto uomo e la grandezza della
missione che Iddio aveva confidato a lui {73 [353]} povero mortale. Assistette in ispirito ai
dolori della passione del Salvatore. Quando si risvegliò, il suo viso era illuminato e come
trasfigurato da una beltà tutta celeste. Un profumo delizioso riempì la camera in cui egli giaceva
e si sparse anche al di fuori, annunziando così ai vicini del santo uomo che la sua anima si pura e
si bella stava per passare in un mondo migliore.
In una famiglia di anime povere e semplici che si amano di quell' amor puro e cordiale
che difficilmente si trova in seno alla grandezza ed all'abbondanza, quando queste persone si
godettero in santa unione gli anni del pellegrinaggio, e che come ebbero comuni le domestiche
gioie, così si divisero i dolori santificati dal conforto religioso, se avvenga che questa bella pace
debba offuscarsi per la separazione di un caro membro, oh come si sente allora angoscioso il
cuore nel dividersi!
Gesù aveva come Dio un padre in cielo che comunicandogli da tutta l'eternità {74 [354]}
la sua divina sostanza e natura rendeva perenne alla sua persona sulla terra la celeste gloria
(quantunque velata da spoglie mortali); Maria aveva in terra Gesù che le riempiva di paradiso il
cuore. Chi tuttavia vorrà negarci che Gesù e Maria trovandosi ora presso al moribondo Patriarca
e lasciando anche la tenerezza del loro cuore in balìa della natura non abbiano sofferto nel
doversi temporaneamente separare dal compagno fedele del loro pellegrinaggio in terra? Maria
non poteva dimenticare i sacrifizi, le pene, i disagi, che per essa aveva dovuto soffrire Giuseppe
nei penosi viaggi di Betlemme e di Egitto. E vero che Giuseppe trovandosi continuamente in
compagnia di Lei veniva compensato di quanto soffriva, ma se questo era un argomento di
conforto per l'uno, non era cagione che dispensasse il cuore tenerissimo dell'altra dal sentimento
di gratitudine. Giuseppe l' aveva servita non solo con tutto l'affetto d'uno sposo, ma eziandio con
tutta la fedeltà d' un servo {75 [355]} e l'umiltà d'un discepolo, venerando in Lei la Regina del
cielo, la Madre di Dio. Ora a Maria non erano certo sfuggiti dalla mente tanti segni di
venerazione, di obbedienza e di stima, e non poteva non sentirne per Giuseppe profonda e
verissima riconoscenza.
E Gesù che in fatto di amore non doveva starsi certamente inferiore nè all'uno nè all'altra,
dal momento che aveva disposto nei decreti della sua divina Provvidenza che Giuseppe fosse il
suo custode e protettore in terra, dal momento che questa protezione aveva pur dovuto costare a
Giuseppe tanti patimenti e tante fatiche, anche Gesù doveva sentir in quel suo cuore amantissimo
i più dolci sensi di grata rimembranza. Nel contemplare quelle scarne braccia disposte in croce
sull' affannoso petto egli ricordava che quelle si erano tante volte aperte per istringerselo al seno
quando vagiva in Betlemme, che si erano stancate a portarlo in Egitto, che si erano logorate sul
lavoro per mantenergli il pane della vita. Quante volte quelle {76 [356]} care labbra si erano
appressate riverenti a stampargli amorosi baci o a scaldargli nell' inverno le intirizzite membra; e
quegli occhi, che allora stavano per chiudersi alla luce del giorno, quante volte eransi aperti al
pianto, onorando le sofferenze di Lui e di Maria, quando doveva contemplarlo fuggiasco in
Egitto, ma specialmente quando per tre giorni lo pianse smarrito in Gerusalemme. Queste prove
di amore sviscerato non erano certamente da Gesù dimenticate in quegli estremi istanti di
Giuseppe. Quindi m'immagino che Maria e Gesù nello sparger di paradiso quelle ultime ore di
vita di Giuseppe avranno eziandio come sulla tomba dell'amico Lazzaro onorato collo sfogo
delle più pure lagrime quello estremo solenne saluto. Oh sì che Giuseppe aveva il paradiso
innanzi agli occhi! Egli volgea lo sguardo da un lato e vedeva l'aspetto di Maria, e ne stringeva
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
nelle sue le mani santissime, e ne riceveva le ultime cure, e ne sentiva le parole di consolazione.
Volgeva gli occhi dall'altra parte ed incontrava lo {77 [357]} sguardo maestoso ed onnipotente di
Gesù, e sentiva le sue mani divine sostenergli il capo, e tergere i sudori, e raccoglieva dal suo
labbro i conforti, i ringraziamenti, le benedizioni e le promesse. E parmi che dicesse Maria: «
Giuseppe, tu ci abbandoni; tu hai finito la peregrinazione dell'esilio, tu mi precederai nella tua
pace, discendendo il primo nel seno del nostro padre Abramo; oh Giuseppe, come ti son grata
della soave compagnia, che mi facesti, dei buoni esempi che mi hai dato, della cura che avesti di
me e delle cose mie e delle pene gravissime che soffristi per cagion mia! oh tu mi abbandoni, ma
vivrai pur sempre nella mia memoria e nel mio cuore. Sta di buon animo, o Giuseppe, quoniam
appropinquat redemptio nostra. » E parmi dicesse Gesù: « Giuseppe mio, tu muori, ma anch'io
morrò, e se muoio io tu devi stimare la morte ed amarla come mercede. Breve, o Giuseppe, ha da
essere il tempo delle tenebre e dell'aspettazione. {78 [358]} Vanne da Abramo e da Isacco i quali
bramarono di vedermi e non furon degni; vanne a loro che da molti anni aspettano la mia venuta
in quelle tenebre e loro annunzia la prossima liberazione; dillo a Noè, a Giuseppe, a Davidde, a
Giuditta, a Geremia, ad Ezechiello, di a tutti quei Padri che ancor tre anni dovranno aspettare e
poi sarà consumata l'Ostia ed il Sacrifizio e scancellata l'iniquità del mondo. Tu intanto dopo
questo breve tempo sarai ravvivato e glorioso e bellissimo, e con me più glorioso più bello
sorgerai nell'ebbrezza del trionfo. Vanne lieto, caro custode della mia vita, tu fosti buono e
generoso per me, ma vincermi di gratitudine non può nessuno. » La santa Chiesa esprime le
amorose ultime assistenze di Gesù e di Maria verso s. Giuseppe con queste parole: « Cuius
extremas vigiles ad horas Christus et Mater simul astiterunt ore sereno. » Nelle ore estreme di s.
Giuseppe con volto sereno assistevano colla più amorevole vigilanza Gesù e Maria. {79 [359]}
Capo XX. Morte di s. Giuseppe. - Sua sepoltura.
Nunc dimittis servum tuum Domine, secundum verbum tuum in pace, quia viderunt oculi mei salutare tuum.
Adesso lascia, o Signore, che se ne vada in pace il tuo servo secondo la tua parola: perchè gli occhi miei hanno
veduto il Salvatore dato da te. LUC. II, 29.
L'ultimo momento era giunto, Giuseppe fece uno sforzo supremo per alzarsi e adorare
colui che gli uomini consideravano quale suo figlio, ma che Giuseppe conosceva per suo Signore
e Dio. Egli voleva gettarsi a' suoi piedi e domandargli la remissione de' suoi peccati. Ma Gesù
non permise che egli s'inginocchiasse, e lo ricevette nelle sue braccia. Così poggiando il
venerando capo sul Divin petto di Gesù colle labbra vicino a quel cuore adorabile spirava
Giuseppe, dando agli uomini un ultimo esempio di fede e di umiltà. {80 [360]} Era il
diciannovesimo giorno di marzo, l'anno di Roma 777, il venticinquesimo dalla nascita del
Salvatore.
Gesù e Maria piansero sulla fredda spoglia di Giuseppe, e fecero presso di lui la mesta
veglia dei morti. Gesù lavò egli stesso questo corpo verginale, gli chiuse gli occhi e gli incrociò
le mani sul petto; poi lo benedisse per preservarlo dalla corruzione della tomba, e pose a sua
custodia gli angeli del Paradiso.
I funerali del povero operaio furono modesti come modesta era stata tutta la sua vita. Ma
se parvero tali in faccia alla terra ebbero per altro così grande onore che non vantarono
certamente i più gloriosi imperatori del mondo, giacchè ebbero presso l'augusta salma il Re e la
Regina del Cielo Gesù e Maria. Il corpo di Giuseppe fu deposto nel sepolcro de' suoi padri, nella
valle di Giosafatte, tra la montagna di Sion e quella degli Oliveti. {81 [361]}
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Capo XXI. Potenza di s. Giuseppe nel cielo. Motivi della nostra
confidenza.
Ite ad Joseph.
Andate a Giuseppe e fate tutto quello che egli vi dirà. GEN. XLI, 55.
Non sempre la gloria e la potenza dei giusti sopra la terra sono la misura certa del merito
della loro santità; ma non è così di quella gloria e di quella potenza di cui essi sono rivestiti nel
cielo, ove ognuno è ricompensato secondo le sue opere. Più essi sono stati santi agli occhi di
Dio, più sono innalzati ad un grado sublime di potenza e di autorità.
Stabilito una volta questo principio, non dobbiamo noi credere, che fra i beati che sono
l'oggetto del nostro culto religioso, s. Giuseppe sia, dopo Maria, il più potente di tutti presso Dio,
e colui che merita a più giusto {82 [362]} titolo la nostra confidenza ed i nostri omaggi? Di fatto
quanti gloriosi privilegi lo distinguono dagli altri santi, e devono inspirarci per lui una profonda e
tenera venerazione!
Il figliuol di Dio che ha scelto Giuseppe per suo padre, per ricompensarne tutti i servigi e
dargli in cambio le dimostrazioni del più tenero amore nel tempo della sua vita mortale, non
l'ama meno in cielo di quello che lo amasse sopra la terra. Felice di aver l'intiera eternità per
compensare il diletto suo padre di tutto quello che egli ha fatto per lui nella vita presente, con
uno zelo così ardente, con una fedeltà così inviolabile ed un'umiltà tanto profonda. Ciò fa che il
divin Salvatore è sempre disposto ad ascoltar favorevolmente tutte le sue preghiere, ed a
soddisfare a tutti i suoi desiderii.
Troviamo nei privilegi e nei favori di cui fu ricolmato l'antico Giuseppe, il quale non era
che l'ombra del nostro vero Giuseppe,una figura del credito onnipossente di cui gode nel cielo il
santo sposo di Maria. {83 [363]}
Faraone per ricompensare i servigi, che da Giuseppe figliuolo di Giacobbe aveva
ricevuto, lo stabilì intendente generale della sua casa, padrone di tutti i suoi beni volendo che
ogni cosa si facesse secondo il suo cenno. Dopo averlo stabilito vicerè dell'Egitto gli affidò il
sigillo della sua autorità reale, e gli donò il pieno potere di concedere tutte le grazie che volesse.
Ordinò che fosse chiamato il salvatore del mondo, affinchè i suoi sudditi riconoscessero che a lui
dovevano la loro salute; insomma mandava a Giuseppe tutti coloro che venivano per qualche
favore, affinchè li ottenessero dalla sua autorità, e gli dimostrassero la loro riconoscenza: Ite ad
Ioseph, et quidquid dixerit vobis, facile8; Andate da Giuseppe, fate tutto quello che egli vi dirà, e
ricevete da lui quanto egli vorrà donarvi.
Ma quanto più ancora sono maravigliosi e capaci d'inspirarci un'illimitata confidenza i
privilegi del casto {84 [364]} sposo di Maria, del padre adottivo del Salvatore! Non è un re della
terra come Faraone, ma è Dio onnipotente colui che ha voluto ricolmare de' suoi favori questo
nuovo Giuseppe. Comincia per istabilirlo padrone e capo venerabile della santa famiglia; vuole
che tutto gli obbedisca e gli sia sottomesso, perfino il proprio suo figlio a lui eguale in ogni cosa.
Lo fa qual suo vicerè, volendo che rappresenti la sua adorabile persona sino a dargli il privilegio
di portare il suo nome e di essere chiamato il padre del suo Unigenito. Mette nelle sue mani
questo figlio, per farci conoscere che gli dà illimitato potere di far ogni grazia. Osservate come fa
pubblicare nel vangelo per tutta la terra ed in tutti i secoli, che s. Giuscpppe è il padre del re dei
re: Erant pater et mater eius mirantes9. Vuole che egli sia chiamato il Salvatore del mondo
essendo che egli alimentò e conservò colui che è la salute di tutti gli uomini. Finalmente {85
[365]} ci avverte che se desideriamo grazie e favori, a Giuseppe dobbiamo rivolgerci: Ite ad
Ioseph, poichè egli è che ha ogni potere presso il re dei re per ottenere tutto ciò che domanda.
La santa chiesa riconosce questo potere sovrano di Giuseppe giacchè ella domanda por
sua intercessione ciò che non potrebbe ottenere da se stessa: Ut quod possibilitas nostra non
obtinet, eius nobis intercessione donetur.
8 Gen. XLI, 55.
9 Luc. II, 33.
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Certi santi, dice il dottore angelico, hanno ricevuto da Dio il potere di assisterci in certi
bisogni particolari; ma il credito di s. Giuseppe non ha limite; si estende a tutte le necessità, e
tutti coloro i quali a lui ricorrono con fiducia sono certi d'essere prontamente esauditi. Santa
Teresa ci dichiara che ella non ha mai domandato niente a Dio per intercessione di s. Giuseppe
che non l'abbia tosto ottenuto: e la testimonianza di questa santa ne vale mille altre, giacchè era
fondata sulla quotidiana esperienza de' suoi benefizii. Gli altri santi godono, è vero, un {86
[366]} credito grande nel cielo; ma essi intercedono supplicando come servi e non comandano
come padroni. Giuseppe, il quale ha veduto Gesù e Maria sottomessi a se, può senza dubbio
ottenere tutto quello che vuole dal re suo figlio e dalla regina sua sposa. Egli ha presso l'uno e
presso l'altra un credito illimitato, e, come dice Gersone, egli più che supplicare, comanda: Non
impetrat, sed imperai. Gesù, dice s. Bernardino da Siena, vuol continuare nel cielo a dare a s.
Giuseppe prove del suo rispetto figliale obbedendo a tutti i suoi desideri: Dum pater orat natum,
velut imperium reputatur.
È difatto che potrebbe negare Gesù Cristo a Giuseppe, il quale niente negò mai a lui nel
tempo della sua vita? Mosè non era nella sua vocazione se non il capo ed il conduttore del
popolo d'Israele, eppure si portava con Dio con tanta autorità, che quando lo prega in favore di
quel popolo ribelle ed incorreggibile, la sua preghiera sembra farsi comando, il {87 [367]} quale
leghi in certo modo le mani alla divina maestà, e la riduca a non poter quasi castigare i colpevoli,
finchè egli ne abbia renduto la libertà: Dimitte me, ut irascatur furor meus contro eos et deleam
eos. (Esodo, XXXII).
Ma quanto maggior virtù e potenza non avrà la preghiera che Giuseppe volge per noi al
sovrano giudice, di cui egli fu guida e padre adottivo? Poichè se egli è vero, come dice s.
Bernardo, che Gesù Cristo, il quale è nostro avvocato presso il padre, gli presenta le sacre sue
piaghe ed il sangue adorabile che ha sparso per la nostra salute, se Maria, per parte sua presenta
all'unico figlio il seno che lo portò e nutrì, non possiamo noi aggiungere che s. Giuseppe mostra
al Figlio ed alla Madre le mani le quali hanno tanto affaticato per loro ed i sudori che egli ha
sparso per guadagnare il loro vitto sopra la terra? E se Dio padre non può nulla negare al suo
figlio diletto quando lo prega per le sue sacre piaghe, nè il {88 [368]} figlio nulla negare alla sua
Santissima Madre quando lo scongiura per le viscere che lo hanno portato, non siam noi tenuti a
credere che nè il Figlio, nè la Madre divenuta la dispensatrice delle grazie che Gesù Cristo ha
meritato non possono nulla negare a s. Giuseppe quando egli li prega per tutto ciò che ha fatto
per essi in trent'anni di sua vita?
Immaginiamoci che il nostro santo protettore volga per noi a Gesù Cristo, di lui Figlio
adottivo, questa commovente preghiera: « O mio divin Figlio, degnatevi di spargere le vostre più
abbondanti grazie sopra i miei servi fedeli; io ve lo domando pel dolce nome di padre di cui mi
avete tante volte onorato, per queste braccia che vi ricevettero e vi riscaldarono nella vostra
nascita, che vi trasportarono in Egitto per salvarvi dal furor di Erode; ve lo chiedo per quegli
occhi di cui asciugai le lacrime, per quel prezioso sangue che io raccolsi nella vostra
circoncisione; per i travagli e le fatiche che io portai con tanta contentezza {89 [369]} per
nudrire la vostra infanzia, per allevarvi nella vostra giovinezza...» Gesù còsi pieno di carità
potrebbe egli resistere a tale preghiera? E se è scritto, dice s. Bernardo, che egli fa la volontà di
coloro che lo temono, come può negare egli di fare quella di colui che lo servì e nutrì con tanta
fedeltà, con tanto amore? Si voluntatem timentium se faciet; quomodo voluntatem nutrientis se
non faciet?10
Ma ciò che deve raddoppiar la nostra confidenza in s. Giuseppe si è la sua ineffabile
carità per noi. Gesù facendosi suo figlio, gli mise nel cuore un amore più tenero di quello del
migliore dei padri.
Non siamo noi diventati suoi figli; mentre Gesù Cristo è nostro fratello e Maria, sua casta
sposa, è nostra madre piena di misericordia?
10 Un pio scrittore ne' suoi commenti al salmo 144, 19.
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Rivolgiamoci dunque a s. Giuseppe con una viva e piena confidenza. La sua preghiera
unita a quella di Maria {90 [370]} e presentata a Dio in nome dell'infanzia adorabile di Gesù
Cristo, non può trovar rifiuto, ma senza più deve ottenere tutto ciò che domanda.
Il potere di s. Giuseppe è illimitato; si estende a tutti i bisogni della nostr' anima e del
nostro corpo.
Dopo tre anni di malattia violenta e continua, che non le lasciava nè riposo, nè speranza
di guarigione s. Teresa ebbe ricorso a s. Giuseppe; ed egli tosto le ottenne sanità.
Egli è principalmente alla nostra ultima ora, allorchè la vita essendo sul punto di lasciarci
come un falso amico, l'inferno raddoppierà i suoi sforzi per rapire la nostr' anima nel passaggio
all'eternità, egli è in quel momento decisivo per la nostra salute che s. Giuseppe ci assisterà in un
modo tutto speciale, qualora siamo fedeli a onorarlo ed a pregarlo in vita. Il divin Salvatore per
ricompensarlo di averlo sottratto alla morte liberandolo dal furore di Erode, gli diede il privilegio
speciale di sottrarre dalle insidie del demonio e dalla morte {91 [371]} eterna i moribondi che si
sono messi sotto la sua protezione.
Ecco il motivo per cui lo s'invoca con Maria in tutto il mondo cattolico, come patrono
della buona morte. Oh! quanto saremmo felici, se potessimo morire come tanti fedeli servi di
Dio, pronunziando i nomi onnipossenti di Gesù, Maria, Giuseppe. Il figlio di Dio, dice il
venerabile Bernardo da Bustis, avendo le chiavi del paradiso, ne diede una a Maria, l'altra a
Giuseppe, affinchè essi potessero introdurre tutti i loro servi fedeli nel luogo del refrigerio, della
luce e della pace.
Capo XXII. Propagazione del culto ed istituzione della festa del 19
marzo e del Patrocinio di s. Giuseppe.
Qui custos est domini sui glorificabitur.
Chi custodisce il suo padrone sarà onorato. PROV. XXVII, 18.
Come la divina Provvidenza dispose che s. Giuseppe morisse prima che Gesù si
manifestasse pubblicamente quale {92 [372]} Salvatore degli uomini, così fece pure che il culto
verso questo santo non si propagasse prima che la fede cattolica si fosse universalmente diffusa
nel mondo. Difatto l' esaltare questo santo nei primi tempi del cristianesimo sembrava pericoloso
alla fede ancor debole dei popoli. Alla dignità di Gesù Cristo era di somma convenienza che
s'inculcasse esser egli nato da una vergine per opera dello Spirito Santo; ora il metter innanzi la
memoria di s. Giuseppe sposo di Maria avrebbe fatto ombra a quella dogmatica credenza presso
alcune menti deboli, non ancor illuminate intorno ai miracoli della potenza divina. D'altronde
importava in quei secoli di battaglia di far principale oggetto di venerazione quei santi eroi che
per sostener la fede avevano versato il sangue col martirio.
Come poi fu consolidata nei popoli la fede e furono sollevati all'onore degli altari molti
santi che avevano edificato la chiesa collo splendor delle loro virtù senza passare pei tormenti,
{93 [373]} parve tosto di somma convenienza che non si lasciasse sotto silenzio un santo di cui
il vangelo stesso faceva sì ampio elogio. Quindi i Greci oltre la festa di tutti gli antenati di Cristo
(che furono giusti) la quale celebrano nella domenica che precede il giorno di Natale,
consacrarono la domenica che corre in quest'ottava al culto specialmente di s. Giuseppe, sposo di
Maria, del santo profeta Davide e di s. Giacomo cugino del Signore.
Nel calendario dei Cofti sotto il giorno 20 luglio si fa menzione di s. Giuseppe, ed è
opinione sostenuta da alcuni che il 4 luglio sia stato il giorno della morte del nostro santo.
Nella chiesa latina poi il culto di s. Giuseppe rimonta all'antichità dei primi secoli come
appare dagli antichissimi martirologi del monastero di s. Massimino di Treveri e di Eusebio. L'
ordine dei frati mendicanti fu il primo a celebrarne l'uffizio proprio come rilevasi dai loro
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
breviarii. Il loro esempio fu seguito nel decimoquarto secolo dai Francescani e dai Domenicani
{94 [374]} per opera di Alberto Magno che fu maestro di s. Tommaso d'Aquino.
Verso il fine del decimoquinto secolo la chiesa milanese e Toletana lo introdussero pure
nella loro liturgia, finchè nell'anno 1522 la sede apostolica ne estese il culto a tutto l' orbe
cattolico. Pio V, Urbano VIII e Sisto IV ne perfezionarono l'uffiziatura.
La principessa Isabella Clara Eugenia di Spagna, erede dello spirito di santa Teresa
devotissima di s. Giuseppe, recandosi nel Belgio ottenne che vi fosse instituita nella città di
Brusselle una festa di precetto addì 19 marzo in onore di questo santo, e divulgatosi il culto nelle
provincie vicine veniva proclamato e venerato sotto il titolo di conservator della pace e protettore
della Boemia. Questa festa ebbe principio in Boemia l'anno 1655.
Una parte del manto con cui s. Giuseppe ravvolse il santo bambino Gesù è conservata in
Roma nella chiesa di santa Cecilia in Transtevere dove si conserva pure il bastone che questo
santo portava viaggiando. L'altra parte {95 [375]} si conserva nella chiesa di santa Anastasia
nella stessa città.
Giusta quanto ci tramandarono testimonii di veduta questo manto è di color giallognolo.
Una particella di questo fu data in dono dal Cardinale Ginetti ai Padri Carmelitani Scalzi di
Anversa, custodita in una magnifica cassetta, sotto tre chiavi e viene esposta ogni anno alla
pubblica venerazione nelle feste natalizie.
Fra i sommi pontefici che concorsero colla loro autorità a promuovere il culto di questo
santo si annovera Sisto IV il quale fu il primo ad instituirne la festa verso il fine del secolo XV.
S. Pio V ne formulò l' uffizio nel Breviario Romano. Gregorio XV ed Urbano VIII si
adoperarono con appositi decreti a riscuotere il fervore verso questo santo che pareva in alcuni
popoli affievolito. Finchè il Sommo Pontefice Innocenzo X cedendo alle istanze di moltissime
chiese della cristianità, bramoso anch'esso di promuovere la gloria del santissimo sposo di Maria
e così renderne alla religione {96 [376]} più efficace il patrocinio, ne estese a solennità a tutto
l'orbe cattolico.
La festa di s. Giuseppe veniva pertanto fissata al giorno 19 di marzo, giorno che si crede
piamente essere stato quello della beatissima sua morte (contro l'opinione di alcuni che vogliono
essere questa avvenuta ai 4 del mese di luglio).
Questa festa cadendo sempre nel tempo Quaresimale non poteva essere celebrata in
giorno di Domenica, giacchè tutte le Domeniche della Quaresima sono privilegiate: quindi
avrebbe dovuto bene spesso passare inosservata se la pietà ingegnosa dei fedeli non avesse
trovato modo di supplirvi altrimenti.
Fin dal 1621 l'Ordine dei Carmelitani scalzi avendo solennemente riconosciuto s.
Giuseppe come patrono e padre universale del loro Istituto consacrava una delle Domeniche
dopo Pasqua a celebrarne la solennità sotto il titolo di Patrocinio di s. Giuseppe. Dietro fervorosa
domanda e dello stesso Ordine e di molte Chiese della Cristianità {97 [377]} la sacra
Congregazione dei Riti con decreto del 1680 fissava questa solennità alla terza Domenica dopo
Pasqua. Molte Chiese dell'orbe cattolico adottarono tosto spontaneamente questa festa. La
Compagnia di Gesù, i Redentoristi, i Passionisti e la Società di Maria la celebrano con ottava ed
uffizio proprio sotto il rito doppio di prima classe.
La sacra Congregazione dei Riti finalmente per secondare ed animare sempre più la pietà
dei fedeli verso questo gran Santo con un decreto del 10 settembre 1847 dietro istanza
dell'Eminentissimo Cardinal Patrizi estendeva questa festa a tutta la Chiesa universale.
Se mai furono tempi calamitosi per la Chiesa di Gesù Cristo, se mai la fede cattolica
volse le sue preghiere al Cielo per implorarne un protettore sono pur troppo i giorni presenti. La
nostra s. religione assalita ne' suoi più sacrosanti principii vede numerosi figli strapparsi con
crudele indifferenza dal suo materno seno per darsi pazzamente {98 [378]} in braccio all'
incredulismo ed alla scostumatezza, e diventando scandalosi apostoli dell'empietà trarre a
traviamenti tanti loro fratelli, e dilaniare così il cuore a quella madre amorosa che li ha nutriti. Or
bene mentre la divozione a san Giuseppe attirerebbe copiose benedizioni sulle famiglie de' suoi
divoti, procurerebbe alla desolata sposa di Gesù Cristo il validissimo patrocinio di un santo, il
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quale come seppe un giorno serbar illesa la vita di Gesù dalla persecuzione che gli muoveva
Erode, saprà bene serbar illesa la fede dei suoi figli dalla persecuzione che le muove l'inferno.
Come il primo Giuseppe figliuolo di Giacobbe seppe mantenere l' abbondanza nel popolo
d'Egitto durante sette anni di carestia, il vero Giuseppe più felice amministratore dei celesti tesori
saprà mantener nel popolo cristiano quella fede santissima per stabilir la quale discese sulla terra
quel Dio, di cui fu egli per trent'anni l'aio ed il custode. {99 [379]}
Sette allegrezze e sette dolori di S. Giuseppe.
Indulgenza accordata da Pio IX ai fedeli che reciteranno questa corona che può servire
di pratica per la novena del Santo.
Il regnante Pio IX, ampliando le concessioni de' suoi predecessori, specialmente quelle di
Gregorio XVI, accordò a' fedeli dell'uno e dell'altro sesso, i quali dopo aver recitali i seguenti
ossequii, detti comunemente le sette Allegrezze ed i sette dolori di s. Giuseppe, per sette
consecutive domeniche, in qualunque tempo dell'anno, visiteranno, confessati e comunicati, una
Chiesa, od Oratorio pubblico, ed ivi pregheranno secondo la sua intenzione: indulgenza Plenaria
applicabile ancora alle anime del Purgatorio, in ciascuna di dette domeniche.
A coloro poi che non sanno leggere, o non potranno portarsi in qualche Chiesa, ove
pubbicamente si fanno detti Ossequii, lo stesso Pontefice accordò la medesima Indulgenza
Plenaria purchè, visitando la detta Chiesa e pregando come sopra, recitino, invece degli Ossequii
suddetti, sette Pater, Ave e Gloria in onore del santo Patriarca. {100 [380]}
Corona dei sette dolori ed allegrezze di s. Giuseppe.
1. O sposo purissimo di Maria Santissima, glorioso s. Giuseppe, siccome fu grande il
travaglio e l'angustia del vostro cuore nella perplessità di abbandonare la vostra illibatissima
sposa: così fu inesplicabile l'allegrezza quando dall' angelo vi fu rivelato il mistero sovrano
dell'Incarnazione.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza vi preghiamo di consolar ora e
negli estremi dolori l'anima nostra coll'allegrezza di una buona vita e di una santa morte
somigliante alla vostra, in mezzo di Gesù e di Maria.
Pater, Ave e Gloria.
2. O felicissimo Patriarca, glorioso s. Giuseppe, che trascelto foste all'uffizio di Padre
putativo dell' umanato Verbo, che dolore doveste sentire nel {101 [381]} vedere nascere con
tanta povertà il bambino Gesù! ma questo si cambiò subito in giubilo celeste nell'udire l'armonia
angelica e nell'udir le glorie di quella fortunatissima notte.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza vi supplichiamo d'impetrarci, che
dopo il cammino di questa vita, ce ne passiamo ad udire le lodi angeliche, ed a godere gli
splendori della celeste gloria.
Pater, Ave e Gloria.
3. O esecutore delle divine leggi, glorioso s. Giuseppe, il sangue preziosissimo che sparse
nella circoncisione il Bambino Redentore vi trafisse il cuore, ma il nome di Gesù ve lo ravvivò,
riempiendolo di contento.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, otteneteci, che, tolto da noi ogni
vizio in vita, col nome santissimo di Gesù nel cuore e nella bocca, giubilando spiriamo.
Pater, Ave e Gloria.
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
4. O fedelissimo Santo, che a parte foste dei Misteri della nostra Redenzione, {102
[382]} glorioso s. Giuseppe, se la profezia fatta da Simeone di ciò che Gesù e Maria erano per
patire, vi cagionò spasimo di morte, vi ricolmò ancora di un beato godimento per la salute e
gloriosa risurrezione, che insieme predisse dover seguirne, d'innumerabili anime.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, impetrateci che noi siamo nel
numero di quelli, che, per i meriti di Gesù e ad intercessione della Vergine sua Madre, hanno
gloriosamente da risorgere.
Pater, Ave e Gloria.
5. O vigilantissimo custode, famigliare intrinseco dell'Incarnato Figliuolo di Dio, glorioso
s. Giuseppe, quanto penaste in sostenere e servire il Figlio dell'Altissimo particolarmente nella
fuga che doveste fare in Egitto; ma quanto ancora molto gioiste avendo sempre con voi l'istesso
Dio, e vedendo cadere a terra gli Idoli Egiziani.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, impetrateci, che tenendo da noi
lontano il tiranno infernale, {103 [383]} specialmente colla fuga delle occasioni pericolose, cada
dal nostro cuore ogni idolo di affetto terreno; e tutti impiegati nella servitù di Gesù e di Maria,
per loro solamente da noi si viva, e felicemente si muoia.
Pater, Ave e Gloria.
6. O Angelo della terra, glorioso san Giuseppe, che a' vostri cenni ammiraste soggetto il
Re del Cielo, so che la consolazione vostra nel ricondurlo dall'Egitto intorbidossi col timore di
Archelao; ma so pure che assicurato dall'Angelo, lieto con Gesù e Maria, dimoraste in Nazareth.
Per questo vostro dolore e per questa vostra allegrezza, impetrateci che da timori nocivi
sgombrato il nostro cuore godiamo pace di coscienza e sicuri viviamo con Gesù e Maria e fra
loro ancora moriamo.
Pater, Ave e Gloria.
7. O esemplare d'ogni Santità, glorioso s. Giuseppe, smarrito che aveste senza vostra
colpa il fanciullo Gesù, {104 [384]} per maggior dolore tre giorni lo cercaste, finchè con sommo
giubilo godeste della vostra Vita ritrovata nel tempio fra i dottori.
Per questo dolore e per questa vostra allegrezza vi supplichiamo, col cuore sulle labbra,
ad interporvi, onde non ci avvenga mai di perdere con colpa grave Gesù. Che se per somma
disgrazia lo perdessimo, fate, che con tale indefesso dolore lo ricerchiamo, finchè favorevole lo
ritroviamo, particolarmente nella nostra morte, per passare a goderlo in Cielo, ed ivi con voi in
eterno cantare le sue divine misericordie.
Pater, Ave e Gloria.
Antif. Ipse Jesus erat incipiens quasi annorum triginta, ut putabatur Filius Joseph.
Y. Ora prò nobis, sancte Joseph.
R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.
Oremus.
Deus, qui ineffabili providentia beatum Joseph sanctissimae Genitricis {105 [385]} tuae
Sponsum eligere dignatus es, praesta quaesumus, ut quem protectorem veneramur in terris,
intercessorem habere mereamur in Coelis. Qui vivis et regnas in secula seculorum.
R. Amen.
Altra orazione a s. Giuseppe.
Dio vi salvi, o Giuseppe, pieno di grazia; Gesù e Maria sono con voi; voi siete benedetto
fra gli uomini, e benedetto è il frutto del seno della vostra sposa Maria. S. Giuseppe, padre
putativo di Gesù, vergine sposo di Maria, pregate per noi peccatori adesso e nell'ora della morte
nostra. Così sia.
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Don Bosco - Vita di S. Giuseppe
Con permissione Ecclesiastica. {106 [386]}
Indice
Prefazione
Capo I. Nascita di s. Giuseppe.- Suo luogo nativo
Capo II. Gioventù di Giuseppe. - Si trasferisce a Gerusalemme. -
Voto di castità
Capo III. Matrimonio di s. Giuseppe
Capo IV. Giuseppe ritorna in Nazareth colla sua sposa
Capo V. L'Annunciazione di Maria SS
Capo VI. Inquietudine di Giuseppe. - È rassicurato da un Angelo
Capo VII. Editto di Cesare Augusto. - Il censo. - Viaggio di
Maria e di Giuseppe verso Betlemme
Capo VIII. Maria e Giuseppe si rifugiano in una povera grotta. -
Nascita del Salvatore del mondo. - Gesù adorato dai pastori
Capo IX. La Circoncisione
Capo X. Gesù adorato dai Magi. - La Purificazione
Capo XI. Il tristo annunzio. - La strage degli innocenti. - La
sacra famiglia parte per l'Egitto
Capo XII. Viaggio disastroso. - Una tradizione
Capo XIII. Arrivo in Egitto. - Prodigi avvenuti al loro ingresso
in questa terra. - Villaggio di Matarie. - Abitazione della sacra
famiglia
Capo XIV. Dolori. - Consolazione e termine dell'esilio
Capo XV. Il nuovo annunzio. - Ritorno in Giudea.- Una
tradizione riferita da s. Bonaventura
Capo XVI. Arrivo di Giuseppe in Nazareth. - Vita domestica con
Gesù e Maria
Capo XVII. Gesù va co' suoi genitori a celebrare la Pasqua a
Gerusalemme. - È smarrito e ritrovato dopo tre giorni
Capo XVIII. Seguita della vita domestica della santa famiglia
Capo XIX. Ultimi giorni di Giuseppe. - Sua preziosa agonia
Capo XX. Morte di s. Giuseppe. - Sua sepoltura
Capo XXI. Potenza di s. Giuseppe {109 [389]} nel cielo. -
Motivi della nostra confidenza pag. 82
Capo XXII. Propagazione del culto ed istituzione della festa di s.
Giuseppe
Sette allegrezze e sette dolori di s. Giuseppe
Corona dei sette dolori ed allegrezze di s. Giuseppe
Altra orazione a s. Giuseppe
pag. 3
7
12
15
23
28
31 {107 [387]}
pag. 33
36
38
42
46
49
52 {108 [388]}
pag. 56
58
62
66
69
72
80
92
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102
107 {110 [390]}
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{112 [392]}
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