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Don Bosco - Il Centenario di S. Pietro apostolo
IL CENTENARIO DI S. PIETRO APOSTOLO
colla vita del medesimo PRINCIPE degli APOSTOLI ed un Triduo in preparazione della Festa
dei santi apostoli Pietro e Paolo
PEL SACERDOTE BOSCO GIOVANNI
Ubi Petrus ibi Ecclesia. (S. AMBR.)
TORINO.
TIP. DELL'ORAT. DI S. FRANC DI SALES.
1867. {I [1]} {II [2]}
INDEX
[Prefazione]..................................................................................................................................3
Circolare pontificia sul centenario di S. Pietro............................................................................3
Anno del martirio di S. Pietro apostolo.......................................................................................4
Vita di S. Pietro Apostolo............................................................................................................5
Capo I. Patria e professione di S. Pietro. - Suo fratello Andrea lo conduce da G. C. Anno 29 di
G. C..............................................................................................................................................5
Capo II. Pietro conduce in nave il Salvatore - Pesca miracolosa - Accoglie Gesù in sua casa -
Miracoli ivi operati. Anno di G. C. 30.........................................................................................6
Capo III. S. Pietro Capo degli Apostoli è inviato a predicare - Cammina sopra le onde - Bella
risposta data al Salvatore. Anno 31 di G. C.................................................................................8
Capo IV. Pietro confessa la seconda volta G. C. per figliuolo di Dio, è costituito Capo della
Chiesa e gli sono promesse le chiavi del regno de' cieli. Anno 32 di G. C.................................9
Capo V. S. Pietro dissuade il suo divin Maestro dalla passione. - Va con lui sul monte Tabor.
Anno di Gesù C. 32....................................................................................................................10
Capo VI. Gesù risuscita la figlia di Giairo - Paga per Pietro il tributo - Ammaestra i suoi
apostoli nell'umiltà. Anno di G. C. 32.......................................................................................11
Capo VII. Pietro parla con Gesù del perdono delle ingiurie, e del distacco dalle cose terrene -
Rifiuta di lasciarsi lavare i piedi - Sua amicizia con s. Giovanni - Anno di G. C. 33...............12
Capo VIII. Gesù predice la negazione di Pietro - Esso lo segue nell'orto di Getsemani - Taglia
l'orecchio a Malco - Sua caduta, suo ravvedimento. Anno di G. C. 33.....................................14
Capo IX. Pietro al sepolcro del Salvatore - Gesù gli appare più volte - Sul lago di Tiberiade dà
tre distinti segni di amore verso Gesù che lo costituisce Capo e supremo pastore della Chiesa.
................................................................................................................................................... 16
Capo X. Gesù predice a s. Pietro la morie di croce. - Promette assistenza alla Chiesa sino alla
fine del mondo. - Ascensione di Gesù. - Ritorno degli Apostoli nel cenacolo. An. di G. C. 33.
................................................................................................................................................... 18
Capo XI. S. Pietro surroga Guida. - Venuta dello Spirito Santo. - Miracolo delle lingue. -
Anno di G. C. 83........................................................................................................................19
Capo XII. Prima predica di Pietro. Anno di G. C. 33................................................................20
Capo XIII. S. Pietro guarisce uno storpio - Sua seconda predica.Anno di G. G. 33.................21
Capo XIV. Pietro è messo con Giovanni in prigione e ne viene liberato..................................23
Capo XV. Vita dei primitivi Cristiani. Fatto di Anania e Saffira. Miracoli di s. Pietro. Anno di
G. C. 34......................................................................................................................................24
Capo XVI. S. Pietro di nuovo messo in prigione - È da un angelo liberato. Anno di G. C. 34.25
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Capo XVII. Elezione di sette diaconi. - S. Pietro resiste alla persecuzione di Gerusalemme. -
Va in Samaria. - Suo primo scontro con Simon mago. Anno di G. C. 35.................................26
Capo XVIII. S. Pietro fonda la cattedra di Antiochia; ritorna in Gerusalemme. - È visitato da s.
Paolo. Anno di G. C. 36.............................................................................................................27
Capo XIX. S. Pietro visita parecchie chiese. - Guarisce Enea paralitico. - Risuscita la defunta
Tabita. Anno di G. C. 38............................................................................................................29
Capo XX. Dio rivela a s. Pietro essere giunto il tempo della vocazione de' Gentili. - Va in
Cesarea e battezza la famiglia di Cornelio Centurione. Anno di G. C. 39................................30
Capo XXI. Erode fa decapitare s. Giacomo il maggiore e mettere s. Pietro in prigione, ma ne è
liberato da un angelo. - Morte di Erode. Anno di G. C. 41.......................................................32
Capo XXII. Il nome cristiano. - S. Pietro trasferisce la cattedra Apostolica a Roma. - Progresso
del Vangelo. Anno di G. C. 42..................................................................................................34
Capo XXIII. S. Pietro al Concilio di Gerusalemme definisce una questione. - S. Giacomo
conferma il suo giudizio. Anno di G. C. 50...............................................................................36
Capo XXIV. S. Pietro conferisce a s. Paolo ed a s. Barnaba la pienezza dell'Apostolato - È
avvisato da s. Paolo - Ritorna a Poma. Anno di G. C. 54..........................................................37
Capo XXV. S. Pietro fa risuscitare un morto. Anno di Gesù Cristo 66....................................38
Capo XXVI. Volo - Caduta - Disperata morte di Simon Mago. Anno di G. G. 67...................39
Capo XXVII. Pietro è cercato a morte; Gesùi gli appare e gli predice imminente il martirio. -
Testamento del santo Apostolo. - Anno di Gesù C. 68, dell'êra volgare 64..............................41
Capo XXVIII. S. Pietro in prigione converte Processo e Martiniano. - Suo martirio. Anno di
G. C. 70; dell'êra volgare 66-67.................................................................................................42
Capo XXIX. Sepolcro di s. Pietro. - Attentato contro al suo corpo...........................................44
Capo XXX. Tomba e Basilica di s. Pietro in Vaticano..............................................................45
Appendice sulla venuta di s. Pietro a Roma..............................................................................47
Triduo in onore di s. Pietro e di s. Paolo....................................................................................50
Giorno 29 giugno. Festa dei ss. Pietro e Paolo..........................................................................53
Indice.........................................................................................................................................55
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[Prefazione]
Il supremo Gerarca della Chiesa, il glorioso regnante Pio IX ha fatto annunziare che nel
29 giugno dell'anno corrente 1867 sarà con solennità speciale celebrata la festa di s. Pietro,
perchè appunto in quest'anno corre il centenario del glorioso suo martirio; vale a dire si
compiono diciotto secoli da che questo primo vicario di Gesù Cristo terminava la sua carriera
mortale e sigillava col suo sangue la dottrina da lui predicata colla palma {III [3]} del martirio.
Tutti i figli di s. Pietro e de' Pontefici suoi successori, tutti i cristiani devono prendere parte a
questa grande solennità coi mezzi compatibili colla propria condizione; e noi non sappiamo fare
meglio che pubblicare una vita popolare del santo Apostolo: non troppo breve affinchè le
gloriose sue azioni non restino sconosciute, non troppo lunga affinchè possa eziandio soddisfare
a quelle persone cui per avventura mancasse tempo o comodità di fare altri studi a questo uopo.
Metteremo la circolare pontificia con cui i vescovi del mondo cattolico sono invitati di
recarsi a Roma;
Daremo un cenno sull'anno del martirio di s. Pietro;
Quindi seguirà la vita del medesima santo apostolo.
Cattolici, noi viviamo in giorni molto {IV [4]} calamitosi per la chiesa di Gesù Cristo.
Stringiamoci tutti intorno al Vicario di Gesù Cristo che è il Romano Pontefice. Noi cominciando
dal regnante Pio IX andiamo da uno ad un altro Pontefice fino a s. Pietro, fino a Gesù Cristo.
Perciò chi è unito al Papa, è unito con Gesù Cristo, e chi rompe questo legame fa naufragio nel
mare burrascoso dell'errore e si perde miseramente. Faccia questo grande Apostolo che in
quest'anno ritornino i bei giorni di pace e di trionfo e ci ottenga dal suo divin Maestro che popoli
e sovrani si uniscano nel vincolo della carità e dell'amore per fare un solo ovile ed un solo
pastore sopra la terra ed essere poi un giorno tutti raccolti insieme nel regno della gloria in cielo.
Così sia. {V [5]} {VI [6]}
Circolare pontificia sul centenario di S. Pietro
Ill.mo e Rev.mo Signore.
Tra le cure principali e più gravi che spettano al Ministero apostolico del sommo
Pontefice, giocondissima è quella di decretare solennemente l'onore de' santi e il culto pubblico
nella Chiesa agli illustri eroi della religione cristiana, la cui morte è stata preziosa nel cospetto
del Signore. Pertanto, dopo che dalla sacra Congregazione dei riti furono compiuti tutti gli atti,
giusta la disciplina prescritta {VII [7]} dalle Costituzioni apostoliche, e dopo che tutte e singole
le ragioni furono maturamente pesate, il Santissimo N. S. Pio Papa IX venne nella deliberazione
(purchè però la destra dell'Onnipotente allontani e dissipi, come giova sperare, la sovrastante
tempesta) di tenere nel giugno del futuro 1867 due semipubblici Concistori. Questi terminati,
coll'aiuto di Dio e della sua Madre, il giorno 29 dello stesso mese, nel quale ogni anno si celebra
la festa dei beati apostoli Pietro e Paolo, ed in cui inoltre, per singolare circostanza, si celebrerà
con letizia somma il centenario di quel giorno, quando Roma fu bagnata col sangue glorioso dei
santi principi, metterà nel catalogo dei santi con decreto solenne i beati martiri, confessori e
vergini, cioè:
1° B. Giosafat, arcivescovo di Polocsk {VIII [8]} dei Ruteni nella Russia Bianca, martire;
2° B. Pietro d'Arbues dell'ordine dei canonici regolari di s. Agostino, inquisitore di
Spagna e canonico della chiesa metropolitana di Saragozza, martire;
3° BB. diciannove martiri di Gorkhum appartenenti a varii ordini regolari e anche al clero
secolare;
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4° B. Paolo della Croce, confessore, fondatore della Congregazione dei chierici scalzi di
s. Croce e della Passione di Nostro Signor Gesù Cristo;
5° B. Leonardo da Porto Maurizio confessore, missionario apostolico, dell'ordine dei
Minori di s. Francesco della più stretta osservanza.
6° B. Maria Francesca delle cinque piaghe, vergine professa del terzo ordine di s. Pietro
d'Alcantara nel regno di Napoli; {IX [9]}
7° B. Germana Cousin, vergine secolare nella diocesi di Tolosa.
Pertanto a me, prefetto della s. Congregazione per interpretare e difendere il Concilio
tridentino, da Sua Santità mi fu, secondo l'uso dei maggiori, comandato di scrivere la presente
lettera ai Vescovi dell'orbe cattolico, per dar loro cotesto lietissimo annunzio e ad un tempo
significare ai medesimi che cosa gratissima a Sua Santità avrebbero fatto quei Vescovi, i quali,
purchè non ne torni un danno grave al gregge loro affidato, nè sieno trattenuti da altro particolare
impedimento, al tempo opportuno si porteranno a quest'alma città per intervenire ai ricordati
semipubblici concistori e a sì gran festa. Imperocchè sarà giocondissimo al Santo Padre il vedere
i fratelli radunati insieme, indirizzare a questi santi, già ricevuti nella superna {X [10]} gloria
celeste, preghiere dalle quali mossi implorino ed impetrino da Dio, in tanto scompiglio e rovina
delle cose civili e massime delle sacre, la vittoria sopra il maligno nemico e la perenne
tranquillità alla Chiesa militante.
Del resto è d'uopo riflettere, essere volere del sommo Pontefice, che tutti coloro che
crederanno di portarsi qui, siano considerati come se avessero intrapreso il viaggio di Roma per
soddisfare al debito di visitare i sacri Limini degli Apostoli secondo il prescritto della sacra
memoria di Sisto V, che comincia Romanus Pontifex; e ciò tanto più che se mai vi ha tempo nel
quale convenga e conforti di portarsi a venerare i sepolcri dei padri e maestri della verità Pietro
e Paolo, illuminanti le anime dei fedeli (come diceva Teodoreto), questo è certamente {XI [11]}
in cui si deve celebrare la festa che secondo le parole di s. Leone Magno « oltre quella riverenza,
che meritò in tutto il mondo, deve essere venerata con esultanza speciale e propria della nostra
città, affinchè dove fu glorificato il transito de' principali Apostoli, ivi nel giorno del loro
martirio sia il colmo della letizia. » Queste cose, per adempiere il mio dovere, doveva a te
significare, eccellentissimo Signore; ed ora nient'altro mi resta, se non attestare di cuore i
peculiari sentimenti dell'animo mio alla tua eccellenza, a cui prego da Dio ogni bene.
Della tua eccellenza
Dato a Roma dalla s. Congregazione del Concilio, il giorno 8 dicembre 1866, sacro alla
Concezione Immacolata della Madre di Dio. {XII [12]}
Anno del martirio di S. Pietro apostolo
E varia l'opinione degli scrittori nel fissare l'anno del martirio del Principe degli apostoli
s. Pietro. Alcuni lo pongono nel 64 dell'era volgare, altri nel 65, altri nel 66, 67, 68, e alcuni
finalmente nel 69. In tale diversità di opinioni, quella che ha maggiore probabilità è quella che
assegna a tal glorioso avvenimento l'anno 67 dell'era cristiana.
Di fatto s. Girolamo infaticabile indagatore e conoscitore delle cose sacre dà la notizia
che s. Pietro e s. Paolo furono martirizzati due anni dopo la morte di Seneca maestro di Nerone.
Ora da Tacito, storico di quei tempi, sappiamo che i Consoli, sotto cui morì {XIII [13]} Seneca,
furono Silio Nerva ed Attico Vestino, i quali tennero il consolato nell'anno 65, dunque gli
apostoli sostennero il martirio nel 67. A questo computo di anni, pel quale vien fissato il martirio
degli apostoli a quel tempo, corrispondono i venticinque anni e quasi due mesi nei quali s. Pietro
tenne la Cattedra episcopale in Roma; numero di anni che fu sempre riconosciuto da tutta
l'antichità, e che sarebbe oltrepassato o diminuito se si volesse riportare ad altro anno la morte di
lui.
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Durante la prima persecuzione contro ai cristiani mossa da Nerone accusati di aver dato
fuoco alla città, mentre n'era l'imperatore stesso l'autore, erasi recato a Roma Simon mago con
animo di affrontare di nuovo il Principe degli apostoli col suo collega s. Paolo. Fu Simone molto
caro all'Imperatore, e da lui eccitato esso sentivasi maggiormente spinto contro ai cristiani. Ma
dopo che Simon mago cadde dall'alto per le preghiere di s. Pietro, Nerone sebben assente di
{XIV [14]} Roma per mezzo di chi governava la città cercò pretesto di perdere l'Apostolo, e
diede l'ordine di catturarlo insieme con s. Paolo, per sentenziarli in seguito a morte. Ora Nerone,
secondo le affermazioni dello storico Tacito, era partito di Roma per l'Acaia sulla fine dell'anno
66, correndo il consolato di C. Svetonio Paolino, e C. Lucio Telesino; non fece ritorno a Roma se
non quando era principiato l'anno 68 sotto il consolato di C. Silio Italico, e M. Galerio Tracalo; e
morì nei primi giorni di giugno di quell'anno medesimo. E' certo che s. Pietro e Paolo furono
martirizzati alli 29 giugno, e a questo giorno essendo già morto Nerone dovremo dunque
collocare il martirio degli apostoli nell'anno 67 nell'assenza di Nerone. Ed anche il Pontefice s.
Clemente, scrivendo ai cristiani di Corinto, parla del martirio sostenuto dagli apostoli sotto i
Prefetti lasciati da Nerone nel partire per la Grecia donde non ritornò in Roma che dopo il 67.
Resta dunque come fuori di ogni dubbio, e per le {XV [15]} testimonianze storiche di s.
Girolamo e di Tacito e di s. Clemente, inoltre di altri ancora, che l'epoca del martirio dei ss.
apostoli Pietro e Paolo è l'anno 67 dell'era volgare.
Ora fra gli avvenimenti memorabili del Pontificato di Pio IX dovrà annoverarsi ancor
questo, di celebrare l'anno secolare del martirio dei Principi degli apostoli nell'anno 1867; e
come egli seppe così bene imitarli nel sostenere con religiosa tranquillità e mansuetudine la
guerra mossa in questi tempi contro alla Chiesa, così riporterà cogli apostoli la corona della
vittoria.
Quanto fu qui esposto venne estratto dall'opuscolo: Osservazioni storico -cronologiche di
Monsignor Domenico Bartolini protonotario apostolico e segretario della Congr. de' riti col
titolo: Se l'anno LXVI1 dell'era volgare sia l'anno del martirio de' gloriosi Principi degli
apostoli Pietro e Paolo. Roma, tip. Salvini, 1866. {XVI [16]}
Vita di S. Pietro Apostolo
Capo I1. Patria e professione di S. Pietro. - Suo fratello Andrea lo
conduce da G. C. Anno 29 di G. C.
Era s. Pietro di nascita Giudeo e figlio di un povero pescatore di nome Giona ossia
Gioanni, il quale abitava in una città della Galilea detta Betzaide. Questa città è situata sulla riva
{1 [17]} occidentale del mare di Genezaret, comunemente detto mare di Galilea o di Tiberiade,
che in realtà è un vasto lago di dodici miglia di lunghezza e sei di larghezza.
Prima che il Salvatore gli cangiasse il nome, Pietro si chiamava Simone. Egli esercitava il
mestiere di suo padre che era pescatore; aveva un temperamento robusto, ingegno vivace e
spiritoso, pronto nel rispondere e di cuore buono e tutto pieno di riconoscenza verso chi lo
beneficava. Questa indole vivace lo portava spesso ai più caldi trasporti di affetto verso il
Salvatore, da cui parimenti ebbe a ricevere non dubbi segni di predilezione. In quel tempo non
essendo ancora molto conosciuto il pregio della verginità, Pietro prese moglie nella città di
Cafarnao, capitale della Galilea, sulla riva occidentale del Giordano, che è gran fiume, il quale
divide la Palestina per metà da settentrione a mezzodì.
1 Le notizie riguardanti la vita di s. Pietro furono ricavate dal Vangelo, dagli Atti e da alcune lettere degli Apostoli, e
da vari altri autori, le cui memorie sono riferite da Cesare Baronio nel volume primo dei suoi annali, dai Bollandisti
ai 18 gennaio, 22 febbraio, 29 giugno, 1 agosto ed altrove. Della vita di s. Pietro trattarono copiosamente Antonio
Cesari negli alti degli Apostoli ed anche in un volume separato, Luigi Cuccagni in tre grossi volumi ed altri molti.
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Siccome Tiberiade era situata ove il Giordano sbocca nel mare di Galilea, perciò molto
adattata alla pesca, così {2 [18]} s. Pietro colà stabili la sua ordinaria dimora e continuò ad
esercitare il solito suo mestiere. La bontà del suo cuore molto disposto per la verità, l'impiego
innocente di pescatore, l'assiduità al lavoro contribuirono assai a far si ch'ei si conservasse nel
santo timor di Dio. Era in quel tempo invalso il pensiero nella mente di tutti, che fosse
imminente la venuta del Messia; anzi taluno andava dicendo che era già nato fra gli Ebrei. La
qual cosa era cagione, che s. Pietro usasse la massima diligenza per venirne in cognizione. S.
Pietro aveva un fratello maggiore di nome Andrea, il quale rapito dalle maraviglie, che si
raccontavano intorno a s. Giovanni Battista precursore del Salvatore, volle farsi di lui discepolo
andando a vivere la maggior parte del tempo con lui in un orrido deserto.
La notizia che si andava ogni dì vie più confermando, che già fosse nato il Messia, faceva
che molti ricorressero a s. Giovanni credendo che egli stesso fosse il Redentore. S. Andrea
fratello {3 [19]} di Simone era de' suoi più fervorosi discepoli. Nè andò molto che istruito da
Giovanni egli venne in conoscenza di G. C., e la prima volta che lo udi a parlare, ne fu talmente
rapito che corse immantinente a darne nuova al fratello. Appena lo vide: Simone, gli disse, ho
trovato il Messia: vieni meco a vederlo. Simone che già da altri aveva udito a raccontare qualche
cosa, ma vagamente, parti tosto con suo fratello e andò colà ove Andrea aveva lasciato G. C.
Pietro come ebbe dato uno sguardo al Salvatore, ne fu come incantato per affezione e rispetto, e
il Salvatore, che aveva concepito alti disegni sopra questo povero pescatore, con aria di bontà
volse a lui lo sguardo e prima che egli parlasse, mostrogli essere pienamente informato del suo
nome, della sua nascita, della sua patria, dicendo: Tu sei Simone, figliuolo di Giovanni; ma in
appresso ti chiamerai Cefa, che vuol dire pietra, dalla quale appellazione derivò il nome di
Pietro. Gesù partecipa a Simone che sarebbe chiamato Pietro, perciocchè {4 [20]} egli doveva
essere quella gran pietra, sopra cui G. C. avrebbe fondata la sua Chiesa. (S. Aug. In Joan. tract.
7.)
Pietro conobbe tosto essere di gran lunga inferiori a quanto aveva egli stesso
sperimentato, le cose che gli aveva raccontate suo fratello, e fin da quel momento gli divenne
affezionatissimo, nè sapeva più vivere lontano da lui. Il divin Maestro per altro permise a questo
suo novello discepolo di far ritorno al primiero mestiere; perchè voleva poco per volta guidarlo
ai più sublimi gradi di virtù per così farlo degno e capace di comprendere gli alti misteri che gli
avrebbe rivelato e disporlo al totale abbandono delle cose terrene.
Capo II. Pietro conduce in nave il Salvatore - Pesca miracolosa -
Accoglie Gesù in sua casa - Miracoli ivi operati. Anno di G. C. 30.
Continuava adunque Pietro ad esercitare la primiera sua professione, ma {5 [21]} ogni
qual volta il tempo e le domestiche occupazioni glielo permettevano andava con gioia dal divin
Salvatore per udirlo a ragionare delle verità della fede e del regno de' cieli.
Un giorno camminando Gesù sulle spiagge del mare di Tiberiade vide i due fratelli Pietro
ed Andrea in atto di gettare le loro reti nell'acqua. Chiamatili a se loro disse: Venite meco e di
pescatori di pesci, come voi siete, vi farò diventare pescatori d'uomini. Eglino prontamente
ubbidirono ai cenni del Redentore, ed abbandonando le loro reti dirennero fedeli e costanti
seguaci di lui. In poca distanza eravi un'altra barca di pescatori in cui si trovava certo Zebedeo
con due figliuoli Giacomo e Gioanni che racconciavano le loro reti. Gesù chiamò a se anche
questi due fratelli. Pietro, Giacomo e Giovanni sono i tre discepoli che ebbero segni di
particolare benevolenza dal Salvatore, i quali eziandio dal loro canto gli si mostrarono in ogni
incontro fidi e leali seguaci.
Intanto il popolo, avendo inteso essere {6 [22]} colà venuto il Salvatore, si affollava
intorno a lui per ascoltare la sua divina parola. Volendo appagare i desideri di quella moltitudine
e nel tempo stesso dar comodità a tutti di poterlo ascoltare non si mise a predicare dal lido, ma
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salì in una delle due navi, che erano vicine alla riva; e per dare a Pietro un novello attestato della
stima che aveva per la sua persona scelse la barca di lui e non quella di Zebedeo. Salitovi dentro,
e fatto ivi anche salire Pietro, comandò che la nave fosse alquanto allontanata dalla sponda, e
postosi sedere con tutta placidezza si mise ad istruire quella divota adunanza.
Dopo la predica ordinò a Pietro di condurre la nave in alto mare, di gettare la rete onde
raccogliere pesci. Pietro aveva passata tutta la notte precedente a pescare in quel medesimo
luogo, e non aveva preso niente, si che come stupito e quasi sorpreso a quella proposta, voltosi a
Gesù, Maestro, gli disse, noi ci siamo affaticati tutta la notte pescando e non abbiamo {7 [23]}
preso neppure un pesce; contuttociò sulla vostra parola getterò in mare la rete. Così egli fece per
ubbidienza, e contro ad ogni aspettazione la pesca fu tanto copiosa e la rete così piena di grossi
pesci che tentando di trarla fuori dalle acque stava per lacerarsi. Tanto è vero che coloro i quali
confidano in Dio non sono mai confusi. Pietro non potendo da solo reggere al grave peso della
rete chiese soccorso a Giacomo e Giovanni, che stavano nell'altra nave, e questi vennero di buon
grado ad aiutarlo. D'accordo adunque e con fatica tirano fuori la rete, versano i pesci nelle navi,
che rimangono ambedue così piene che minacciano di affondarsi.
Pietro che cominciava a ravvisare qualche cosa di sovrumano nella persona del Salvatore
conobbe tosto essere quello un prodigio, e pieno di stupore, riputandosi indegno di stare con lui
nella medesima barca, umiliato e confuso gettossi ai piedi suoi dicendo: Signore, io sono un
miserabile peccatore; perciò vi prego di allontanarvi {8 [24]} da me. Quasi che dir volesse: Oh
Signore, io non son degno di stare alla vostra presenza, ammirando, dice s. Ambrogio, i doni di
Dio, sicchè tanto più meritava quanto meno di se presumeva. (Ambr. in Luc. lib. 4).
Gesù gradì la semplicità di Pietro e l'umiltà de' suoi sentimenti, e volendo che egli aprisse
il cuore a maggiori speranze, per confortarlo gli disse: Deponi ogni timore, da qui innanzi non
sarai più pescatore di pesci, ma sarai pescatore di uomini. A questo parlare Pietro riprese animo e
quasi cambiato in un altro uomo condusse la nave al lido, abbandonò ogni cosa, e si pose
perfettamente alla sequela del Redentore. Siccome G. C. partendo indirizzò cammino verso la
città di Cafarnao, così Pietro andò con lui. Colà entrarono ambidue nella sinagoga e Pietro
ascoltò la predica che qui fece il Signore, e fu testimonio ella guarigione di un indemoniato da
lui miracolosamente operata. Dalla sinagoga Gesù andò alla casa di Pietro dove la suocera di lui
era travagliata {9 [25]} da gagliardissima febbre. D'accordo con Andrea, Giacomo e Giovanni si
mise a pregare Gesù che si compiacesse di liberare quella donna dal male, che la opprimeva.
(Matt. cap. 8, Marc. 1).
Gesù esaudì le loro preghiere e avvicinandosi al letto dell'ammalata, la prese per mano, la
sollevò e in quell'istante la febbre disparve. La donna si trovò totalmente guarita, sicchè potè
alzarsi subito e preparar il desinare a Gesù e a tutta la sua comitiva.
La fama di siffatti miracoli trasse alla casa di Pietro molti infermi insieme con
innumerabile popolo, in guisa che tutta la città sembrava colà radunata. Gesù restituì la sanità a
quanti erano a lui portati; e tutti pieni di contentezza partivano dalla casa di Pietro lodando e
benedicendo il Signore.
I santi Padri nella nave di Pietro ravvisano la chiesa di cui è Capo G. C., in luogo del
quale Pietro doveva essere il primo a farne le veci, e dopo lui tutti i Papi suoi successori. Le
parole dette a Pietro: conduci la nave in alto mare e le altre dette a lui e ai {10 [26]} suoi
apostoli: spiegate le vostre reti per prendere pesci, contengono eziandio un nobile significato. A
tutti gli Apostoli, dice s. Ambrogio, comanda di gettare nelle onde le reti; perciocchè tutti gli
apostoli e tutti i pastori sono tenuti a predicare la divina parola, e a custodire nella nave ovvero
nella Chiesa quelle anime che avrebbero guadagnato colla loro predicazione. Al solo Pietro poi si
ordina di condurre la nave in alto mare, perchè egli solo a preferenza di tutti vien fatto partecipe
della profondità dei divini misteri, solo riceve da Cristo l'autorità di sciogliere le difficoltà, che
possono insorgere in cose di fede. Onde nella venuta degli altri apostoli alla nave di lui viene
riconosciuto il concorso degli altri pastori, i quali unendosi a Pietro lo devono aiutare a
propagare e conservare la fede nel mondo e guadagnare anime a Cristo. (S. Ambr. luogo citato).
{11 [27]}
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Capo III. S. Pietro Capo degli Apostoli è inviato a predicare - Cammina
sopra le onde - Bella risposta data al Salvatore. Anno 31 di G. C.
Partito Gesù dalla casa di Pietro s'incamminò verso la solitudine sopra di un monte per
far orazione. Pietro e gli altri discepoli, che a quel punto erano cresciuti in buon numero, gli
tennero dietro; ma giunti vicino al luogo stabilito, Gesù loro comandò di fermarsi e tutto solo si
ritirò in luogo separato. Fattosi giorno ritornò ai discepoli. In quell'occasione Gesù scelse dodici
discepoli, cui diede il nome di apostoli, che vuol dire inviati, poichè gli apostoli erano realmente
inviati a predicare il Vangelo per allora ne' soli paesi della Giudea; di poi in tutto il mondo. Fra
questi dodici destinò s. Pietro a tenere il primo luogo e a fare da capo, affinchè, come dice s.
Girolamo, stabilito fra di loro un superiore, si togliesse ogni occasione di discordia e di scisma.
{12 [28]}
I novelli predicatori andavano con tutto zelo ad annunziare il Vangelo predicando
ovunque la venuta del Messia, e confermando le loro parole con luminosi miracoli. Di poi
ritornavano al divino maestro come per render conto di quanto avevano fatto. Esso li accoglieva
con bontà e soleva quindi portarsi egli medesimo in quel luogo, ove gli apostoli avevano
predicato. Avvenne un giorno che le turbe trasportate da ammirazione e da entusiasmo volevano
farlo re, ma egli comandando agli apostoli di far tragitto all'opposta sponda del lago si allontanò
da quella buona gente, e andò a nascondersi nel deserto. Gli Apostoli secondo gli ordini del
Maestro salirono in barca per passare il lago. Già si avanzava la notte, ed erano ormai giunti al
lido, quando levossi una burrasca così terribile, che la nave agitata dalle onde e dal vento era in
procinto di affondarsi.
In mezzo a quella tempesta non s'immaginavano certamente di poter vedere G. G., che
avevano lasciato alla sponda {13 [29]} opposta del lago. Ma quale non fu la loro sorpresa
quando lo videro a poca distanza a camminare sopra le acque con passo franco e veloce e
avanzarsi verso di loro! Al primo vederlo tutti si spaventarono, temendo che fosse un qualche
spettro o fantasma, e si misero a gridare. Gesù allora fece udire la sua voce e gl'incoraggi
dicendo: Son io, abbiate fede, non temete.
A quelle parole niuno degli Apostoli ardi parlare; soltanto Pietro, e per l'impeto del suo
amore verso Gesù, e per accertarsi che non era un'illusione, Signore, disse, se siete veramente
voi, comandate che io venga a voi camminando sopra le acque. Il Divin Salvatore disse di sì; e
Pietro pieno di fiducia saltò fuori della nave e gettossi a camminare sopra le onde, come si
farebbe sopra di un selciato. Ma Gesù, che voleva provare la fede di lui e renderla più perfetta,
permise di nuovo che si sollevasse un vento impetuoso, il quale agitando le onde minacciava di
far sommergere Pietro. Vedendo esso i suoi piedi andar giù nellacqua {14 [30]} ne fu spaventato
e si mise a gridare: Maestro, Maestro, aiutatemi, altrimenti io son perduto. Allora Gesù lo
rimproverò della debolezza di sua fede con queste parole: Uomo di poca fede, perchè hai tu
dubitato? Così dicendo camminarono ambidue insieme sopra le onde finchè, entrando in barca,
cessò il vento e si calmò la tempesta. In questo fatto i Ss. Padri ravvisano i pericoli in cui talvolta
trovasi il Capo della Chiesa, e il pronto soccorso che gli porta G. C. suo Capo invisibile, che
permette bensì le persecuzioni, ma la vittoria è sempre della sua Chiesa.
Qualche tempo dopo il Divin Salvatore ritornò nella città di Cafarnao cogli Apostoli,
seguito da una gran turba. Mentre si tratteneva in questa città molti gli si affollavano intorno,
pregandolo di voler loro insegnare quali fossero le opere assolutamente necessarie per salvarsi.
Gesù si pose ad istruirli intorno alla sua celeste dottrina, al mistero della sua Incarnazione, al
Sacramento dell'Eucaristia. Ma siccome {15 [31]} quegli insegnamenti tendevano a sradicare la
superbia dal cuore degli uomini, ad ingenerarvi l'umiltà coll'obbligarli a credere altissimi misteri,
e specialmente il mistero de' misteri, l'Eucaristia, così i suoi uditori reputando que' discorsi
troppo rigidi e severi, rimasero offesi, e la maggior parte lo abbandonarono.
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Don Bosco - Il Centenario di S. Pietro apostolo
Gesù vedendosi abbandonato quasi da tutti si rivolse agli Apostoli e disse: Vedete come
molti se ne vanno? Volete forse andarvene anche voi? A questa improvvisa interrogazione
ognuno si tacque: solamente Pietro come Capo e a nome di tutti rispose: Signore, a chi mai noi
andremo? voi avete parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che voi siete Cristo
figliuolo di Dio. S. Cirillo riflette che questa interrogazione fu fatta da G. C. agli Apostoli a fine
di stimolarli a confessare la vera fede, come di fatto avvenne per la bocca di Pietro. Qual
differenza fra la risposta del nostro Apostolo e le mormorazioni di certi cristiani, che trovano
dura e severa la {16 [32]} santa legge del Vangelo solo perchè non si accomoda colle loro
passioni! (Ciril. in Joan. lib. 4.)
Capo IV. Pietro confessa la seconda volta G. C. per figliuolo di Dio, è
costituito Capo della Chiesa e gli sono promesse le chiavi del regno
de' cieli. Anno 32 di G. C.
In parecchie occasioni il Divin Salvatore aveva fatto palesi i disegni particolari che aveva
sopra la persona di s. Pietro; ma non si era ancora spiegato così chiaramente, come noi siamo per
vedere nel fatto seguente, che si può dire il più memorabile della vita di questo grande Apostolo.
Dalla città di Cafarnao Gesù era andato nei contorni di Cesarea di Filippo, città non molto
distante dal fiume Giordano detta di poi Panea. Colà un giorno dopo aver fatto orazione Gesù si
volse improvvisamente a' suoi discepoli, che erano ritornati dalla predicazione, e {17 [33]}
facendo cenno di avvicinarsegli prese ad interrogarli così: Chi dicono che io sia? Avvi chi dice,
rispondeva uno degli Apostoli, che voi siete il profeta Elia. A me hanno detto, soggiungeva un
altro, che voi siete il profeta Geremia, o Giovanni Battista, o qualcuno degli antichi profeti
risuscitati. Pietro non proferì parola.
Ripigliò Gesù: Ma voi chi dite che io sono? Pietro allora si avanzò e a nome degli altri
apostoli rispose: Voi siete il Cristo figliuolo di Dio vivo. Allora Gesù: Te Beato, o Simone, figlio
di Gioanni, cui non gli uomini rivelarono tali parole, ma il mio Padre Celeste. D'ora in poi non ti
chiamerai più Simone, ma Pietro e sopra questa Pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte
dell'inferno non la potranno vincere. Darò a te le chiavi del regno de' cieli, ciò che tu legherai in
terra, sarà legato in cielo, e ciò che tu avrai sciolto sopra la terra, sarà sciolto anche in cielo.
(Math. cap. 16).
Questo fatto e queste parole meritano di essere alquanto spiegate affinchè {18 [34]} siano
ben comprese. Pietro tacque finchè Gesù dimostrava soltanto di voler sapere quanto dicevano gli
uomini intorno alla sua venuta; quando poi invitò gli Apostoli ad esternare il proprio loro
sentimento, subito egli a nome di tutti parlò perchè egli già godeva una primazia ovvero
superiorità sopra gli altri suoi compagni.
Pietro divinamente inspirato dice: Voi siete Cristo ed era lo stesso che dire: voi siete il
Messia promesso da Dio venuto a salvare gli uomini: siete figlio di Dio vivo, per significare che
G. C. non era figliuolo di Dio, come erano le divinità degli idolatri fatte dalle mani o dal
capriccio degli uomini, ma figlio di Dio vivo e vero, cioè figlio del Padre eterno, perciò con Lui
Creatore e supremo Padrone di tutte le cose, con che veniva a confessarlo per la seconda persona
della SS. Trinità. Gesù quasi per compensarlo della sua fede lo chiama Beato, e intanto gli cangia
il nome di Simone in quello di Pietro; chiaro segno che lo voleva innalzare a grande dignità. {19
[35]} Così aveva fatto Iddio con Abramo, quando lo stabili padre di tutti i credenti, così con Sara
quando le promise la prodigiosa nascita di un figlio; così con Giacobbe quando lo chiamò Israele
e lo assicurò che dalla sua discendenza sarebbe nato il Messia.
Gesù disse: sopra questa Pietra fonderò la mia Chiesa: le quali parole vogliono dire: tu,
o Pietro, sarai nella Chiesa quello che in una casa è il fondamento. Il fondamento è la parte
principale della casa affatto indispensabile. Tu, o Pietro, sarai il fondamento ossia la suprema
autorità nella mia Chiesa. Sul fondamento si fabbrica tutta la casa, affinchè sostenendosi duri
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ferma ed immobile. Sopra di te, che io chiamo Pietro, come sopra di una rocca o di pietra
fermissima, per mia virtù eterna, io innalzo l'eterno edifizio della mia Chiesa la quale sopra di te
appoggiata starà forte ed invitta contro tutti gli assalti de' suoi nemici. Non vi è casa senza
fondamento, non vi è Chiesa senza di Pietro. Una casa senza fondamento non è opera di un
sapiente {20 [36]} architetto. Una Chiesa separata da Pietro non potrà mai essere la mia Chiesa.
Nelle case le parti che non poggiano sul fondamento cadono e vanno in rovina. Nella mia Chiesa
chiunque si separa da Pietro precipita nell'errore e si perde.
Le porte dell'inferno non mai vinceranno la mia Chiesa: le porte dell'inferno, siccome
spiegano i Ss. Padri, significano le eresie, gli eresiarchi, le persecuzioni, i publici scandali e
generalmente tutti i peccati e disordini che il demonio cerca di suscitare contro alla Chiesa. Tutte
queste potenze infernali potranno bensì o separatamente o riunite muovere aspra guerra alla
Chiesa, e turbarne lo spirito pacifico, ma non la potranno mai vincere.
Finalmente dice Cristo: e ti darò le chiavi del regno de' cieli. Le chiavi sono il simbolo
della potestà. Quando il venditore di una casa porge le chiavi al compratore s'intende che gliene
dà pieno ed assoluto possesso. Parimenti quando si presentano le chiavi di una città ad un re si
vuole significare, {21 [37]} che quella città lo riconosce per suo signore. Così le chiavi del regno
de' cieli, cioè della Chiesa, date a Pietro, dimostrano che esso è fatto padrone, principe e
governatore supremo della Chiesa. Laonde G. C. soggiunge a Pietro: Tutto quello che legherai
sulla terra sarà altresì legato ne' cieli, e tutto quello, che scioglierai in terra sarà pure sciolto in
cielo. Le quali parole indicano manifestamente l'autorità suprema data a Pietro, autorità di
obbligare la coscienza degli uomini con decreti e leggi in ordine al loro bene spirituale ed eterno,
e l'autorità di scioglierli dai peccati e dalle pene che impediscono lo stesso bene spirituale ed
eterno.
E bene qui di notare che il vero Capo supremo della Chiesa è Gesù Cristo suo fondatore;
s. Pietro poi esercita la suprema sua autorità facendo funzioni ossia le veci di lui sopra la terra
come appunto talvolta fanno i re di questo mondo allorachè danno i pieni poteri a qualche loro
ministro con ordine che ogni cosa debba dipendere {22 [38]} da lui. - Così il re Faraone diede tal
potere a Giuseppe' che niuno poteva movere nè mani nè piedi senza suo permesso2.
Si noti eziandio che gli altri Apostoli ricevettero da Gesù Cristo la facoltà di sciogliere e
legare3 ma questa facoltà fu loro data dopo s. Pietro per indicare che esso era il Capo destinato a
conservare l'unità di fede e di morale. Gli altri Apostoli poi e tutti i vescovi loro successori
dovevano essere sempre dipendenti da Pietro e dai Papi suoi successori a fine di poterli tenere
uniti a Gesù Cristo che dal cielo assiste il suo Vicario e tutta la Chiesa fino alla fine de' secoli4.
Col fatto che abbiamo esposto il divin Salvatore promette di voler costituire {23 [39]} s.
Pietro Capo supremo della sua Chiesa e gli spiega la grandezza di sua autorità: noi vedremo il
compimento di questa promessa dopo la sua risurrezione.
Capo V. S. Pietro dissuade il suo divin Maestro dalla passione. - Va
con lui sul monte Tabor. Anno di Gesù C. 32.
Il divin Redentore dopo aver fatto conoscere a' suoi discepoli come egli edificava la sua
Chiesa sopra basi stabili, incrollabili ed eterne, volle dar loro un ammaestramento affinchè ben
comprendessero che egli non fondava questo suo regno, ovvero la sua Chiesa, con ricchezze o
magnificenza mondana, bensì coll'umiltà, col disprezzo di se stesso e coi patimenti. Con questo
proposito adunque manifestò a s. Pietro ed a tutti i suoi discepoli la lunga serie de' suoi patimenti
2 Genesi XLI.
3 Matt. c. 18.
4 Chi desiderasse istruirsi più copiosamente su questo argomento potrebbe leggere una breve ma chiara e dotta
operetta del can. Gastaldi intitolala: Sull'autorità del Romano Pontefice, Istruzione Catechistica, che fu stampata
nelle Letture Cattoliche anno XI, fasc. XI, Tip. dell'Oratorio di s. Francesco di Sales.
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e la morte obbrobriosa, che gli Ebrei dovevano {24 [40]} fargli soffrire in Gerusalemme. Pietro
pel grande amore che nutriva verso il suo divin maestro inorridì all'udire i mali cui era per essere
esposta la sacra di lui persona, e trasportato dall'affetto che un tenero figlio ha, per suo padre, lo
trasse in disparte, e prese a persuaderlo, che si recasse lontano da Gerusalemme, per evitare quei
mali e conchiuse: lungi da voi, Signore, cotesti mali. Gesù lo riprese del suo affetto troppo
sensibile dicendogli: Ritirati da me, o avversario, questo tuo parlare mi dà scandalo: tu non sai
ancora gustare le cose di Dio, ma soltanto le cose umane. Ecco, dice s. Agostino, quel medesimo
Pietro che poc'anzi lo aveva confessato per figliuolo di Dio, qui teme che egli muoia come
figliuolo dell'uomo.
Nell'atto che il Redentore manifestò i mali trattamenti che doveva soffrire per parte de'
Giudei, promise, che alcuni degli Apostoli prima che egli morisse avrebbero gustato un saggio
della sua gloria, e ciò per confermarli nella fede, e non si lasciassero {25 [41]} avvilire quando
lo vedessero esposto ai patimenti della passione. Qualche giorno dopo Gesù scelse tre Apostoli
Pietro, Giacomo, Gioanni, e seco li condusse sopra di un monte detto comunemente Taborre. In
presenza di questi tre discepoli si trasfigurò, cioè lasciò trasparire un raggio della sua divinità
intorno alla sacrosanta sua persona. Nell'atto stesso una luce sfolgoreggiante lo circondò e il suo
volto divenne simile al chiarore del sole, e le sue vesti bianche come neve. Pietro allorchè giunse
sul monte, forse stanco dal viaggio, si era posto a dormire cogli altri due; ma tutti in quel
momento destandosi videro la gloria del loro divino Maestro. Nel tempo stesso comparvero
eziandio presenti Mosè ed Elia. Al vedere risplendente il Salvatore, alla comparsa di quei due
personaggi, e di quell'insolito splendore, Pietro sbalordito voleva parlare e non sapeva che dire; e
quasi fuori di se, riputando per nulla ogni umana grandezza in confronto di quel raggio di
paradiso, si senti ardere di desiderio {26 [42]} di rimanere sempre colà insieme col suo maestro.
Quindi rivolto a Gesù disse: O Signore, quanto mai è cosa buona il dimorare in questo luogo: se
così vi piace, facciamo qui tre padiglioni, uno per voi, uno per Mosè, e l'altro per Elia.
Pietro, come ci attesta il Vangelo, era fuori di se e parlava senza sapere qual cosa dicesse.
Era un trasporto d'amore pel suo Maestro e un vivo desiderio della felicità.
Pietro seguitava tuttora a parlare quando sopraggiunse una nuvola maravigliosa che
avvolse tutti gli apostoli. In quel momento dal mezzo di quella nuvola fu udita una voce che
diceva: Questi è il mio figliuolo diletto, in cui ho riposto le mie compiacenze, ascoltatelo. Allora
i tre apostoli vie più atterriti caddero a terra come morti; ma il Redentore avvicinandosi li toccò
colla mano e facendo loro coraggio li rialzò in piedi. Rialzatisi non videro più nè Mosè nè Elia;
eravi il solo Gesù nel suo stato naturale. Gesù comandò loro di non manifestare ad alcuno {27
[43]} quella visione se non dopo la sua morte e risurrezione.
Dopo tal fatto quei tre discepoli crebbero a dismisura in amore verso Gesù. S. Giovanni
Damasceno rende ragione perchè Gesù abbia di preferenza scelto questi tre apostoli e dice, che
Pietro essendo stato il primo a render testimonianza della divinità del Salvatore meritava di
essere anche il primo a poter in modo sensibile rimirare la sua umanità glorificata; Giacomo ebbe
altresì tal privilegio perchè doveva essere il primo a seguire il suo maestro col martirio; s.
Gioanni aveva il manto verginale che lo fece degno di questo onore (Damasc. hom. de transf.).
La chiesa cattolica celebra il memorabile avvenimemto della trasfigurazione del
Salvatore sul monte Tabor il giorno sei di agosto. {28 [44]}
Capo VI. Gesù risuscita la figlia di Giairo - Paga per Pietro il tributo -
Ammaestra i suoi apostoli nell'umiltà. Anno di G. C. 32.
Intanto si avvicinava il tempo in cui la fede di Pietro doveva essere messa alla prova.
Perciò il divin maestro per infiammarlo sempre più d'amore per lui sovente gli dava nuovi segni
di affetto e di bontà. Essendo Gesù venuto in una parte della Palestina detta terra de' Geraseni
gli si fece innanzi un principe della sinagoga per nome Giairo, pregandolo che volesse restituire
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la vita ad una sua figlia unica di 12 anni morta poc'anzi. Gesù volle esaudirlo, ma giunto alla
casa di lui proibì a tutti di entrare, e solo condusse seco Pietro, Giacomo e Giovanni affinchè
fossero testimonii di quel miracolo che alla loro presenza fu operato.
Il giorno seguente Gesù scostandosi alquanto dagli altri discepoli entrava {29 [45]} con
Pietro nella città di Cafarnao per recarsi alla casa propria di lui. Alla porta della città i gabellieri,
ossia coloro che dal governo erano posti all'esazione dei tributi e delle imposte, tirarono Pietro in
disparte e gli dissero: Il tuo Maestro paga egli il tributo? Certamente che sì, rispose Pietro. Ciò
detto entrò in casa dove il Signore lo aveva preceduto. Come lo vide il Salvatore, cui ogni cosa
era manifesta, lo chiamò a se e gli disse: Dimmi, o Pietro, chi sono quelli che pagano il tributo,
sono i figliuoli del re ovvero gli estranei alla famiglia reale? Pietro rispose: Sono gli estranei.
Dunque, riprese a dire Gesù, i figliuoli sono esenti da ogni tributo. Il che voleva dire: Dunque io
che sono, come tu stesso hai dichiarato, il figliuolo di Dio vivo, non sono obbligato a pagar nulla
ai principi della terra; tuttavia questa buona gente non mi conosce siccome tu, e ne potrebbe
prendere scandalo; perciò intendo di pagarlo. Va al mare, getta la rete e nella bocca del primo
pesce che prenderai {30 [46]} troverai la moneta per pagare il tributo per noi due. Quindi
pagherai il debito per me e per te. L'apostolo eseguì quanto gli era stato comandato, e dopo
qualche intervallo di tempo ritornò pieno di stupore colla moneta indicatagli dal Salvatore.
I Ss. Padri ammirano due cose in questo fatto: l'umiltà e la mansuetudine di Gesù che si
sottomette alle leggi degli uomini, e l'onore che si degnò di fare al suo apostolo uguagliandolo a
se medesimo e mostrandolo apertamente suo vicario.
Gli altri apostoli, come seppero la preferenza fatta a Pietro, ne ebbero invidia; perciò
andavano tra loro disputando intorno alla superiorità degli apostoli per indagare chi fra essi fosse
maggiore. Gesù che poco per volta voleva correggerli dei loro difetti, giunti che furono alla sua
presenza, fece loro conoscere come le grandezze del cielo sono ben diverse da quelle della terra,
e che colui il quale vuole farsi il primo, conviene che si faccia l'ultimo in terra. Disse loro di poi:
{31 [47]} Chi è maggiore? chi è il primo in una famiglia? Forse quegli che sta seduto, o quegli
che serve a tavola? certamente chi sta a tavola. Ora che dite voi di me? Qual personaggio ho io
figurato? certo di un povero che serve a mensa. Questo avviso doveva principalmente valere per
Pietro, il quale nel mondo doveva ricevere grandi onori per la sua dignità, e tuttavia conservarsi
nell'umiltà e nominarsi servo dei servi del Signore, come appunto soglionsi appellare i papi suoi
successori.
Capo VII. Pietro parla con Gesù del perdono delle ingiurie, e del
distacco dalle cose terrene - Rifiuta di lasciarsi lavare i piedi - Sua
amicizia con s. Giovanni - Anno di G. C. 33.
Un giorno il divin Salvatore si pose ad ammaestrare gli Apostoli circa il perdono dei
nemici, e avendo detto che si doveva sopportare qualunque {32 [48]} oltraggio e perdonare
qualsiasi ingiuria, Pietro rimase pieno di stupore; perciocchè egli era prevenuto, come tutti gli
Ebrei, in favore delle tradizioni giudaiche, le quali permettevano alla persona offesa d'infliggere
una pena all'offensore5. Si volse pertanto a Gesù, e, Maestro, gli disse, e se il nemico ci facesse
sette volte ingiuria, e sette volte mi venisse a dimandare perdono, dovrei sette volte perdonare?
Gesù il quale era venuto per mitigare i rigori della legge antica colla santità e purezza del
Vangelo, rispose a Pietro che non solamente doveva perdonare sette volte, ma settanta volte sette
se tante fossero le offese. I Ss. Padri in questo fatto riconoscono primieramente l'obbligo che
ciascun cristiano ha di perdonare al prossimo ogni affronto in ogni tempo e in ogni luogo. In
secondo luogo riconoscono la facoltà data da Gesù a s. Pietro ed a tutti i sacri ministri di
5 Numerorum cap. 35.
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perdonare i peccati degli uomini qualunque {33 [49]} ne sia la gravezza e il numero, purchè ne
siano pentiti e promettano di cuore emendazione. (Gris. hom. 72).
In altro giorno Gesù ammaestrava il popolo a lungo parlando della grande ricompensa
che avrebbero ricevuto coloro che avessero disprezzato il mondo e fatto buon uso delle
ricchezze, distaccando i loro cuori dai beni della terra. Pietro che non aveva ancora ricevuto i
lumi dello Spirito Santo e che più degli altri aveva maggior bisogno d'esser istruito, colla solita
sua franchezza si volse a Gesù e gli disse: Maestro, noi abbiamo abbandonato ogni cosa.
Abbiamo fatto quello che avete comandato, quale adunque sarà il premio che a noi darete? Il
Salvatore gradì la domanda di Pietro e mentre lodò il distacco degli Apostoli da ogni terrena
sostanza notò che loro era riserbato un premio particolare, perchè dopo di aver lasciate le loro
sostanze lo avevano seguito. Voi, disse, che avete seguito me, sederete sopra dodici troni
maestosi, e compagni nella mia gloria giudicherete meco le dodici {34 [50]} tribù d'Israele e con
esse tutto il genere umano.
Non molto dopo Gesù portossi nel tempio di Gerusalemme e si mise a ragionare con
Pietro della struttura di quel maestoso edifizio e della preziosità delle pietre che lo adornavano:
dal che il Salvatore prese occasione di predirne l'intera rovina dicendo: Di questo magnifico
tempio non rimarrà più pietra sopra pietra. Uscito quindi Gesù dalla città e passando vicino ad
una pianta di fico, che era stata da lui maledetta, Pietro si maravigliò e avverti il divin Maestro
che quella pianta era divenuta arida e secca. Gesù per incoraggiare gli Apostoli ad aver fede
rispose che in virtù di essa avrebbero potuto fare tutto quello che avrebbero dimandato.
La virtù per altro che Cristo voleva profondamente radicare nel cuore degli Apostoli era
l'umiltà e di questa in molte occasioni diede loro luminosi esempi e specialmente la vigilia di sua
passione. Era quello il giorno primo della Pasqua degli Ebrei che doveva {35 [51]} durare sette
giorni e che suole chiamarsi degli azimi. Gesù mandò Pietro e Giovanni in Gerusalemme
dicendo: Andate e preparate le cose necessarie per la Pasqua. Quelli dissero: Dove volete che le
andiamo ad apparecchiare? Gesù rispose: Entrando in città incontrerete un uomo che porta una
secchia d'acqua sopra le spalle; andate con lui, egli vi mostrerà un luogo spazioso, ove potrete
preparare quanto occorre per questo bisogno. - Così fecero.
Giunta la sera di quella notte, che era l'ultima della vita mortale del Salvatore, volendo
egli instituire il Sacramento della Eucaristia premise un fatto che dimostra la purezza d'anima
con cui ogni cristiano si deve accostare a questo sacramento del divino amore e nel tempo stesso
serve a frenare la superbia degli uomini fino alla fine del mondo. Mentre era a mensa co' suoi
discepoli, verso il fine della cena, il Signore si leva da tavola, piglia uno asciugatojo, se lo cinge
ai fianchi, versa dell'acqua in un catino, mostrando {36 [52]} di voler lavare i piedi agli Apostoli
che seduti e maravigliati stavano aspettando qual cosa volesse fare il loro Maestro.
Venne adunque con l'acqua a Pietro, ed essendosi inginocchiato a lui davanti, gli
domanda il pie' da lavare. Il buon Pietro, inorridito di vedere il suo divin Maestro in quell'atto di
povero servitore, memore ancora che poco prima l'aveva veduto sfolgoreggiante di luce, pieno di
vergogna e quasi piangendo: Che fate, Maestro, gli disse, che fate? Voi lavare a me i piedi? Non
sarà mai: io nol potrò giammai permettere. Il Salvatore gli disse: Ciò che ora fo nol sai, ma lo
saprai di poi: per altro guardati bene dal contraddirmi; se io non ti laverò i piedi, tu non avrai
parte con me: cioè tu sarai privo d'ogni mio bene e diseredato. A queste parole il buon Pietro fu
terribilmente turbato, dolevagli di dover essere separato dal suo Maestro, non voleva
disobbedirgli, nè contristarlo; gli pareva non potergli permettere così basso servigio. {37 [53]}
Tuttavia quando conobbe che il Salvatore voleva ubbidienza, gli disse: O Signore, poichè volete
così, non debbo, nè voglio resistere alla vostra volontà, fate di me ogni cosa che meglio vi piace;
se non basta lavarmi i piedi, lavatemi anche le mani e la testa.
Il Salvatore dopo d'aver compiuto quell'atto di umiltà si volse a' suoi Apostoli e loro
disse: Vedeste ciò che io ho fatto? Se io che sono vostro Maestro e padrone vi ho lavato i piedi,
voi dovete fare altrettanto fra di voi. Le quali parole vengono a significare che un vero seguace
di G. C. non deve mai rifiutarsi ad alcuna opera anche bassa di carità, qualora con essa si
promuova il bene del prossimo e l'amore verso Dio.
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Durante questa cena avvenne un fatto che in maniera particolare riguarda s. Pietro e s.
Giovanni. Si è già potuto osservare come il divin Redentore portava speciale affetto a questi due
Apostoli; ad uno per la sublime dignità cui era destinato, all'altro {38 [54]} per la santità e
candidezza dei costumi. Essi poi riamavano il loro Salvatore col più intenso affetto ed erano
stretti tra di loro dai vincoli di specialissima amicizia, della quale il medesimo Redentore mostrò
di compiacersi perchè era fondata sulla virtù.
Mentre adunque Gesù era a mensa co' suoi Apostoli, alla metà della cena predisse che
uno di essi lo avrebbe tradito. A questo avviso tutti si spaventarono, ed ognuno temendo per se
cominciarono l'un l'altro a guardarsi dicendo: forse son io? Pietro, siccome più fervido
nell'amore verso del suo Maestro, desiderava di conoscere chi fosse quel traditore; voleva
interrogare Gesù, ma voleva farlo in segreto, acciocchè niuno degli astanti se ne accorgesse.
Laonde senza proferir parola fece un cenno a Gioanni perchè volesse egli fare quella domanda.
Questo diletto apostolo aveva preso posto vicino a Gesù, e la situazione era tale che appoggiava
il suo Capo sul seno di lui; e il Capo di Pietro appoggiavasi su quello di Giovanni. {39 [55]}
Giovanni appagò il desiderio del suo amico Pietro e con tanta segretezza che niuno degli
Apostoli potè intendere nè il cenno di Pietro, nè l'interrogazione di Giovanni, nè la risposta di
Cristo; giacchè niun di loro per allora venne in cognizione che il traditore fosse Giuda Iscariota.
Capo VIII. Gesù predice la negazione di Pietro - Esso lo segue
nell'orto di Getsemani - Taglia l'orecchio a Malco - Sua caduta, suo
ravvedimento. Anno di G. C. 33.
Si avvicinava il tempo della passione del Salvatore e la fede degli Apostoli doveva essere
messa a dura prova. Dopo l'ultima cena quando Gesù era per uscire dal cenacolo si volse ai suoi
Apostoli e disse: Questa notte è assai dolorosa per me e di gran pericolo per tutti voi: avverranno
di me tali cose che voi rimarrete scandalizzati, {40 [56]} e non vi parrà più vero quello che avete
conosciuto e che ora credete di me. Perciò vi dico che in questa notte tutti mi volterete le spalle.
Pietro secondo il suo solito ardere fu il primo a rispondere: Come? noi, noi tutti voltarvi le
spalle? Quando anche tutti costoro fossero deboli a segno di abbandonarvi, io certamente nol
farò giammai; e quand'anche dovessi morire con voi, non sarò mai per abbandonarvi. Ah
Simone, Simone, rispose Cristo, pensa bene a quello che tu dici: io ho parlato testè in comune a
voi tutti, ora parlo a te solo, e sappi che Satana ha ordito a te, a voi tutti una terribile tentazione e
vi crivellerà come si fa del frumento nel vaglio. Perciò non presumere tanto di te stesso, perchè
tu sei ben lontano dall'amore che ti sembra avere per me. Anzi in questa notte prima che il gallo
abbia cantato due volte tu negherai tre volte di conoscermi.
Pietro parlava guidato da un sentimento caldo d'affetto e non badava {41 [57]} che senza
l'aiuto divino l'uomo cade in deplorabili eccessi; laonde egli rinnovò le medesime promesse
dicendo: No certamente, può darsi che tutti vi neghino, io non mai.
Ma Gesù che ben conosceva tale presunzione di Pietro venire da inconsiderato ardore e
dalla grande tenerezza verso il suo Maestro ne ebbe compassione e lo consolò dicendo: Tu cadrai
certamente, o Pietro, come ti dissi, tuttavia non perderti d'animo. Io ho pregato per te, affinchè la
tua fede non venga meno. Tu poi quando ti sarai riavuto dalla tua caduta conferma nella fede i
tuoi fratelli; rogavi pro te, Petre, ut non deficiat fides tua, et tu aliquando conversus con firma
fratres tuos. Colle quali parole il divin Salvatore promise una assistenza particolare al Capo della
sua Chiesa, la cui fede non sarebbe giammai venuta meno, sebbene i suoi ministri nelle cose
estranee alla fede fossero caduti in colpa, come diffatto avvenne a s. Pietro.
Da queste parole è parimenti confermata {42 [58]} l'autorità infallibile che Gesù Cristo
compartì a s. Pietro; perciocchè se egli doveva per ordine divino sostenere e confermare nella
fede i suoi fratelli, che sono gli apostoli, e se Gesù pregò affinchè questa fede in Pietro non
venisse mai meno, non si può metter in dubbio l'infallibilità di s. Pietro e de' suoi successori
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senza dire che la preghiera del Salvatore non sia stata esaudita e che Dio abbia abbandonalo il
genere umano in preda all'errore, esposto a mille pericoli di perdere la fede, senza guida sicura
che gli possa additare la via sicura di salvamento. Queste cose niuno certamente vorrà asserire6.
Intanto G. C. dopo quella memorabile cena eucaristica a notte avanzata parti con Pietro,
Giacomo e Giovanni per recarsi sul monte Oliveto, così appellato pei molti ulivi di cui ivi
abbonda il terreno. Giunto ad una parte di quel monte detto Getsemani, dove era {43 [59]}
solito a ritirarsi per far orazione, si allontanò dagli apostoli un tiro di pietra. Nell'atto per altro
che si separava da loro li avvisò dicendo: Pregate e vigilate, perchè la tentazione è vicina. Ma
Pietro e i suoi compagni sia per l'ora tarda, sia per la stanchezza si assisero a fine di riposare e in
breve si addormentarono. Questo è nuovo fallo di Pietro, il quale doveva seguire il precetto del
Salvatore vigilando e pregando. In quel momento giunsero gli sgherri nell'orto per catturare Gesù
e condurlo in prigione. Pietro, vedutili appena, corse loro incontro per allontanarli, e vedendo
che facevano resistenza mise mano alla spada, che era un grosso e lungo coltello, e vibrando un
colpo alla ventura tagliò l'orecchio ad un servo del pontefice chiamato Malco.
Non erano queste le prove d'amore che Gesù aspettava, nè mai gli aveva insegnato di
opporre forza a forza. Fu questo un tratto di vivo amore, ma fuor di proposito; perchè il Signore
non voleva essere salvato dalle {44 [60]} mani altrui, anzi per la salute del mondo voleva darsi
nelle mani dei suoi nemici e morire; onde Gesù disse a Pietro: Riponi la spada nel fodero,
perciocchè chi di spada ferisce, di spada perisce. Di poi mettendo in pratica quello che aveva
tante volte insegnato nelle sue predicazioni, cioè di far del bene a chi ci fa del male, prese
l'orecchia tagliata e con somma bontà la pose colle sue sante mani al luogo del taglio, sicchè
rimase sull'istante guarita.
Pietro e gli altri apostoli scorgendo inutile ogni resistenza, che anzi avrebbero corso
pericolo per se medesimi, messe a parte le promesse fatte poco prima al maestro, tutti lo
abbandonarono dandosi a fuggire chi di qua chi di là lasciando Gesù solo nelle mani de' suoi
carnefici. Ma Pietro vergognandosi della sua viltà, confuso ed irresoluto non sapeva dove andare
e dove stare; onde si portò nell'atrio del palazzo di Caifasso, Capo di tutti i sacerdoti. Gesù era
dentro nelle mani {45 [61]} degli Scribi e Farisei che lo avevano accusato a quel tribunale.
Vuolsi qui notare che quando Pietro fu alla porta del cortile non poteva entrar dentro,
perchè la portinaja non voleva dargliene il permesso. Il suo amico Giovanni, essendo conosciuto
nella corte del Pontefice, aveva potuto entrare senza difficoltà e ottenere eziandio che Pietro
potesse entrare nel cortile medesimo. (S. Agostino in Ioan. ed altri).
Entrato appena nell'atrio Pietro trovò una turba di guardie che stavano riscaldandosi al
fuoco ivi acceso. Si pose anch'egli seco loro vicino al fuoco. Al chiarore delle fiammelle la
donnicciuola, che per grazia lo aveva lasciato entrare, vedendolo tutto pensieroso e malinconico,
entrò in sospetto che egli fosse un seguace di Gesù. Olà, gli disse, tu sembri un compagno del
Nazareno, non è vero? - L'Apostolo nel vedersi scoperto in faccia a tanta gentaglia rimase
atterrito, e temendo per se la prigione e forse anche la morte, affannato per la vista {46 [62]}
degli sgherri, che tutti gli avevano l'occhio addosso e attendevano la sua risposta, perduto ogni
coraggio rispose: Donna, ti sbagli; io non son di quelli, nemmeno conosco quel Gesù di cui tu
parli. Ciò detto il gallo cantò per la prima volta; e Pietro non vi pose mente.
Dopo essersi egli trattenuto qualche momento in compagnia di quelle guardie si portò nel
vestibolo. Mentre poi ritornava presso il fuoco, un'altra fantesca o forse la medesima di prima, si
fece di nuovo a rimproverarlo: Oh vedi, gli disse, ecco qui uno della compagnia di questo Gesù;
e rivoltasi agli altri soggiunse: Che ve ne pare? Pietro vie più spaventato, quasi fuor di se, rispose
di non conoscerlo, nè di averlo mai veduto. Pietro parlava così, ma la coscienza lo rimproverava
e provava i più acuti rimorsi, perciò tutto pensieroso con occhio torbido e passo incerto stava,
entrava e usciva senza sapere che farsi. Ma un abisso conduce ad un altro abisso. {47 [63]}
Dopo alcuni istanti un parente di quel Malco, a cui Pietro aveva tagliata l'orecchia, lo
vide e fissandolo bene in faccia disse: Certamente costui è uno dei compagni di quel Galileo! Tu
lo sei certamente, la tua pronunzia ti manifesta. E poi non ti ho io veduto nell'orto con lui quando
6 V. Gastaldi Sull'autorità del Romano Pontefice Capo 3º.
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tagliasti l'orecchia a Malco? Pietro vedendosi a così mal partito non seppe più trovare altro
scampo che giurare e spergiurare di non conoscerlo. Non aveva ancora bene proferita l'ultima
sillaba quando il gallo la seconda volta cantò.
Quando il gallo cantò la prima volta, Pietro non vi aveva badato; questa seconda volta
bada al numero delle sue negazioni, richiama a memoria la predizione di G. C., e la vede
appuntino avverata. A questa rimembranza si turba, sentesi tutto amareggiato il cuore, e girando
l'occhio verso l'offeso Gesù, lo sguardo di lui s'incontra col suo. Questa occhiata di Cristo fu un
atto muto, ma un colpo di grazia che a guisa di strale {48 [64]} acutissimo lo andò a ferire nel
cuore, non per dargli la morte ma per restituirgli la vita. (Gris. in Matth.)
A quel tratto di bontà e di misericordia Pietro scosso come da un profondo sonno si senti
gonfiare il cuore e provocare le lagrime pel dolore. Per dare libero sfogo al pianto usci fuori da
quel malaugurato luogo e andò a piangere il suo fallo e invocare dalla divina misericordia il
perdono. Il Vangelo ci dice solamente che: et egressus Petrus flevit amare. Pietro usci fuori e
pianse amaramente. Di questa caduta Pietro portò rimorso tutta la vita e si può dire che da
quell'ora fino alla morte non fece che piangere il suo peccato facendone aspra penitenza. Si dice
che egli avesse sempre accanto un pannolino per asciugarsi le lagrime; e che ogni qual volta
sentiva il gallo a cantare trasaliva e tremava, richiamandosi tuttora alla memoria il doloroso
momento di sua caduta. Che anzi le lagrime, che aveva continue, gli avevano fatto due solchi
sopra le {49 [65]} guancie. Beato Pietro che tanto presto abbandonò la colpa e ne fece così lunga
ed aspra penitenza. Beato eziandio quel cristiano che, dopo aver avuto la disgrazia di seguire
Pietro nella colpa, lo segue nella penitenza.
Capo IX. Pietro al sepolcro del Salvatore - Gesù gli appare più volte -
Sul lago di Tiberiade dà tre distinti segni di amore verso Gesù che lo
costituisce Capo e supremo pastore della Chiesa.
Mentre il divin Salvatore era strascinato nei varii Tribunali e di poi condotto sul Calvario
a morire in croce, Pietro certamente non lo perdette di mira, perchè desiderava di vedere dove
andasse a finire quel luttuoso spettacolo. E vi sono ragioni per credere che egli siasi trovato in
compagnia dell'amico suo Giovanni ai piedi della croce. Ma dopo la morte del Salvatore il buon
Pietro tutto {50 [66]} umiliato pel modo indegno con cui aveva corrisposto al grande amore di
Gesù pensava continuamente a lui, oppresso dal più amaro dolore e pentimento. Se non che
questa sua umiliazione era appunto quella che tirava sopra di se la benignità di Gesù.
Dopo la sua risurrezione Gesù apparve primieramente alla Maddalena e ad altre donne,
perchè esse sole erano venute al sepolcro per imbalsamarlo. Dopo essersi loro manifestato
soggiunse: Andate tosto, riferite ai miei fratelli e particolarmente a Pietro che mi avete veduto
vivo. Pietro, che si credeva già forse dimenticato dal Maestro, al sentirsi da parte di Gesù
annunziare a lui nominatamente la nuova della risurrezione diede in un torrente di lagrime, e non
poteva più tenere l'allegrezza in cuore. Trasportato dalla gioia e dal desiderio di vedere il
Maestro risorto, egli in compagnia dell'amico Giovanni si mise a correre velocemente su pel
monte Calvario. Correvano entrambi insieme, ma Giovanni essendo più giovane e {51 [67]} più
svelto vi giunse prima di Pietro. Con tutto ciò egli non ebbe ardire di entrare, ed inchinatosi
alquanto all'imboccatura vide i pannolini in cui era stato avvolto il corpo di Gesù. Poco dopo
sopraggiunse anche Pietro, il quale, fosse per l'autorità maggiore che sapeva di godere, fosse
perchè era di un carattere più risoluto e pronto, senza fermarsi al di fuori, discese dentro, lo
esaminò in tutte le sue parti, tastò ancora da per tutto, ma altro non vide che i medesimi
pannolini ed il sudario avviluppato in disparte. Sull'esempio di Pietro entrò di poi anche Gioanni,
il quale fatto il medesimo esame e vedute le medesime cose rimase al pari di lui persuaso che il
corpo di Gesù era stato tolto come, altri avevano detto. Perciocchè non avevano ancora ben
potuto comprendere la promessa del Redentore, quando disse che sarebbe risorto tre giorni dopo
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la sua morte. I due Apostoli allorchè ebbero fatto nel sepolcro quelle minute osservazioni {52
[68]} uscirono fuori e ritornarono colà donde erano partiti.
Ma in quel giorno medesimo Gesù volle egli stesso visitare Pietro in persona e consolarlo
colla sua presenza e quello che è più apparve a Pietro prima di tutti gli altri Apostoli. Più volte il
divin Salvatore si manifestò a' suoi Apostoli dopo la risurrezione per istruirli e confermarli nella
fede.
Un giorno Pietro, Giacomo e Giovanni con alcuni altri discepoli sia per evitare l'ozio, sia
per guadagnarsi qualche cosa da mangiare andarono a pescare sul lago di Tiberiade. Salirono
tutti sopra una barca, la scostarono alquanto dal lido e gettarono le loro reti. Si affaticarono tutta
la notte gettando le reti ora di qua, ora di là, ma tutto invano; già spuntava il giorno e nulla
avevano preso.
Allora comparve il Signore sul lido, dove, senza farsi conoscere, quasi volesse comperar
dei pesci, Giovanetti, loro disse, avete forse qualche pesce per far colezione? Pueri, numquid
pulmentarium habetis? No, risposero; {53 [69]} abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo
preso niente. Gesù soggiunse: Gettate la rete alla destra della nave e ne prenderete.
Fossero mossi da interno impulso, fosse per seguire il consiglio di colui, che ai loro
sguardi sembrava un perito pescatore, gettarono giù la rete e se la trovarono piena di tanti e così
grossi pesci, che tutti uniti non avevano forza bastante per ritirarla. A questa pesca inaspettata
Giovanni si rivolse verso colui che dal lido aveva dato quel suggerimento, ed avendo conosciuto
essere Gesù, disse tosto a Pietro: Egli è il Signore.
Pietro, udite queste parole, trasportato dal solito fervore, senza altra considerazione si
getta nell'acqua e va nuotando fino alla sponda per essere il primo a salutare il divin Maestro.
Mentre Pietro si tratteneva famigliarmente con Gesù, si avvicinarono anche gli altri Apostoli
strascinandosi dietro la rete piena di pesci. Nel prender terra furono molto maravigliati nel
trovare il fuoco acceso per mano {54 [70]} stessa del Salvatore e pane preparato con pesce che si
arrostiva. Gli Apostoli mossi dal desiderio di vedere il Signore lasciarono tutti i pesci nella
barca; onde il Salvatore disse loro: Portate qua dei vostri pesci. Pietro che in ogni cosa era il più
pronto ed ubbidiente, udito quell'ordine salì subitamente nella nave, e da se solo tirò a terra la
rete piena di 153 grossi pesci.
Il sacro testo ci avvisa che fu un miracolo il non essersi lacerata la rete sebbene vi fossero
tanti pesci e di tal grossezza. I Ss. Padri ravvisano in questo fatto il Capo della Chiesa, il quale
solo assistito in modo particolare dallo Spirito Santo guida la mistica nave piena di anime da
condursi ai piè di Gesù Cristo che le ha redente e che le attende in cielo.
Intanto Gesù aveva egli stesso preparata la refezione; ed invitando gli Apostoli a sedersi
sopra la nuda arena, distribuì ad ognuno del pane e del pesce che aveva arrostito. Terminata la
refezione, G. C. si mise di bel nuovo {55 [71]} a discorrere con s. Pietro, e ad interrogarlo in
faccia ai compagni nella maniera seguente: Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu più di
costoro? Sì, rispose Pietro, voi sapete che io vi amo. Gesù gli disse: Pasci i miei agnelli. Quindi
gli replicò un'altra volta: Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu? Signore, replicò Pietro, voi
ben sapete che io vi amo. Gesù ripetè: Pascola i miei agnelli. Il Signore replicò: Simone,
figliuolo di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Pietro nel vedersi interrogato tre volte sopra il
medesimo soggetto rimase fortemente conturbato. In quel momento gli ritornarono alla mente le
promesse già fatte altra volta, e che egli aveva violato, e perciò temeva che G. C. si burlasse
delle sue proteste, quasi volesse già predirgli altre negazioni. Pertanto diffidando delle proprie
forze Pietro umiliato rispose: Signore, voi sapete tutto, il mio cuore è tutto aperto a voi, e perciò
voi sapete altresì che io vi amo. Le quali parole vennero a significare che Pietro era {56 [72]}
sicuro in quel punto della sincerità de' suoi affetti, ma non lo era egualmente per l'avvenire. Gesù
che conosceva il suo desiderio di amarlo e la schiettezza de' suoi affetti lo confortò dicendo:
Pascola le mie pecore.
Colle quali parole G. C. adempiva la promessa fatta a s. Pietro di volerlo costituire
principe degli Apostoli e pietra fondamentale della Chiesa. Imperocchè gli agnelli qui
significano tutti i fedeli cristiani sparsi nelle varie parti del mondo che devono essere sottomessi
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al Capo della Chiesa, siccome fanno gli agnelli al loro pastore. Le pecore poi significano i
vescovi e gli altri sacri ministri i quali danno bensì il pascolo della dottrina di G. C. ai fedeli
cristiani, ma sempre d'accordo, sempre uniti e sempre sottomessi al supremo pastore della Chiesa
che è il Romano Pontefice, vicario di G. C. sopra la terra.
Appoggiati sopra queste parole di Gesù Cristo i cattolici di tutti i tempi hanno sempre
creduto verità di fede che s. Pietro fu costituito da Gesù {57 [73]} Cristo suo Vicario in terra e
Capo visibile di tutta la Chiesa e che ricevette da lui la pienezza di autorità sopra gli altri apostoli
e sopra di tutti i fedeli. Questa autorità passò ne' Romani Pontefici di lui successori. Ciò fu
definito come dogma di fede nel concilio fiorentino colle seguenti parole: « Noi definiamo che la
santa Sede Apostolica ed il Romano Pontefice è il successore del principe degli Apostoli, il vero
Vicario di Cristo ed il Capo di tutta la Chiesa, il maestro e padre di tutti i cristiani, e che a lui
nella persona del Beato Pietro fu dato dal Nostro Signor Gesù Cristo pieno potere di pascere,
reggere e governare la Chiesa Universale7. »
Notano eziandio i Ss. Padri che il divin Redentore ha voluto che Pietro dicesse tre volte
pubblicamente che l'amava, quasi per riparare lo scandalo che aveva dato negandolo tre volte.
{58 [74]}
Capo X. Gesù predice a s. Pietro la morie di croce. - Promette
assistenza alla Chiesa sino alla fine del mondo. - Ascensione di Gesù.
- Ritorno degli Apostoli nel cenacolo. An. di G. C. 33.
Dopochè s. Pietro intese che quelle replicate dimande non erano presagio di caduta, ma
erano conferma dell'alta autorità che gli aveva conferita ne fu consolato. E siccome Gesù sapeva
che a Pietro stava molto a cuore di glorificare il suo divin Maestro, volle predirgli il genere di
supplizio con cui avrebbe terminata la sua vita.
Perciò immediatamente dopo le tre promesse di amore che gli aveva fatto, prese a
parlargli così: In verità, in verità, o Pietro, io ti dico, che quando eri più giovine ti vestivi da te ed
andavi dove ti piaceva, ma quando sarai vecchio un altro, cioè il littore, ti cingerà, vale a dire, ti
legherà e tu stenderai le mani ed egli ti condurrà {59 [75]} dove non vuoi. Colle quali parole,
dice il Vangelo, veniva a significare con quale morte avrebbe Pietro glorificato Iddio, cioè
coll'essere legato ad una croce e così coronato del martirio. Pietro vedendo che dava a lui
un'autorità suprema ed a lui solo prediceva il martirio, si dimostrò sollecito di dimandare che ne
sarebbe stato dei suo amico Giovanni, e disse: Di costui che ne sarà? cui Gesù rispose: Che
importa a te di costui? se io volessi che egli rimanesse fino al mio ritorno, a te che importa? tu fa
quel che ti dico e seguimi. Allora Pietro adorò i decreti del Salvatore, nè osò di fare più oltre
novelle interrogazioni a quel proposito.
Gesù Cristo apparve molte altre volte a s. Pietro ed agli altri Apostoli; e un giorno si
manifestò sopra un monte dove erano presenti più di 500 discepoli.
Poco prima di salire al cielo volle radunare i suoi Apostoli e dopo di aver dato loro a
conoscere il supremo ed assoluto potere che egli aveva in {60 [76]} cielo e in terra, conferì a s.
Pietro e a tutti gli Apostoli la facoltà di rimettere i peccati dicendo: Come il mio padre celeste
mandò me, così io mando voi; Ricevete lo Spirito Santo, quelli a cui rimetterete i peccati, sono
rimessi; quelli a cui li riterrete, sono ritenuti. Andate, predicate il Vangelo a tutte le creature,
ammaestratele e battezzatele nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Chi crederà
e riceverà il battesimo sarà salvo, chi non crederà, andrà dannato. Ho ancora molte cose a dirvi
che al presente non potete ancora comprendere. Quando avrete ricevuto lo Spirito Santo, che
manderò sopra di voi di qui a pochi giorni, egli v'insegnerà ogni cosa. Non perdetevi d'animo.
Voi sarete condotti dinanzi ai tribunali; dinanzi ai magistrati ed ai medesimi re. Non datevi pena
7 Il concilio fiorentino fu celebralo nella città di Firenze l'anno 1439.
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di ciò che dovrete rispondere; lo Spirito di verità che il Padre celeste vi manderà in mio nome, vi
metterà le parole in bocca, e vi suggerirà ogni cosa. Tu poi, o Pietro, e voi tutti miei Apostoli,
{61 [77]} non pensate che io vi lasci orfani; no, io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine dei
secoli.
Disse ancora molte altre cose a suoi Apostoli, di poi raccomandando loro di non partire
da Gerusalemme fin dopo la venuta dello Spirito Santo, li condusse sopra il monte Oliveto. Colà
alzando le mani al cielo li benedisse, e mentre li benediceva cominciò a sollevarsi in alto. In quel
momento comparve una risplendente nuvola che lo circondo e lo tolse ai loro sguardi.
Stavano tuttora gli Apostoli ed altri discepoli colà venuti cogli occhi rivolti al cielo a
guisa di chi è rapito in dolce estasi, allorchè due Angeli in sembianza d'uomini magnificamente
vestiti si avvicinarono e dissero: Uomini Galilei, a che state qui rivolti guardando il cielo? quel
Gesù il quale partendo ora da voi è salito al cielo, ritornerà in quella stessa maniera colla quale lo
avete veduto a salire. Ciò detto disparvero, e quella divota schiera partì dal monte Oliveto,
rientro in Gerusalemme per aspettare la venuta {62 [78]} dello Spirito Santo che sarebbe disceso
sopra di loro fra pochi giorni secondo la promessa del Salvatore.
Capo XI. S. Pietro surroga Guida. - Venuta dello Spirito Santo. -
Miracolo delle lingue. - Anno di G. C. 83.
Noi abbiamo finora considerato Pietro solamente nella sua debolezza; presto lo vedremo
a percorrere una carriera assai più gloriosa, dopo che avrà ricevuto i doni dello Spirito Santo.
Ora osserviamo come egli cominciò ad esercitare l'autorità di Sommo Pontefice di cui era
stato investito da Gesù Cristo.
Dopo l'ascensione del Salvatore, s. Pietro cogli altri Apostoli si ritirarono nel cenacolo,
che era un'abitazione situata sopra la parte più elevata di Gerusalemme detta monte Sion: Qui
dunque in numero di circa 120; con Maria Madre di Gesù, passavano {63 [79]} le giornate in
orazione attendendo la venuta dello Spirito Santo. Un giorno mentre erano applicati alle sacre
funzioni, Pietro si levò dal mezzo di loro e intimando silenzio colla mano: « Fratelli, egli dice, è
d'uopo che si adempia quello che lo Spirito Santo predisse per la bocca del profeta Daviddè
intorno a Giuda il quale fu condottiero di quelli che imprigionarono il Divin Maestro. Egli al par
di noi era stato eletto al medesimo ministero, ma egli prevaricò, e col prezzo della sua iniquità fu
comperato un campo; ed egli s'impiccò, e crepandosi per mezzo, versò le viscere sopra la terra. Il
fatto si rese pubblico a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e quel campo ricevette il nome di
Aceldama, cioè campo dei sangue. Ora di lui appunto fu scritto nel libro de' Salmi (salmo 68):
divenga la sua dimora deserta, e non vi sia chi abiti in essa; (salmo 108) e in luogo di lui un
altro gli sottentri nel vescovado. Perciò fa mestieri che tra coloro i quali furono insieme con noi
per tutto il tempo {64 [80]} che dimorò con noi G. C. cominciando dal battesimo di Giovanni
fino a quel giorno in cui partendo da noi è salito al cielo, è mestieri, dico, che tra coloro se ne
scelga uno, il quale sia con noi testimonio della sua risurrezione per l'opera a cui noi siamo
mandati. »
Tutti si tacquero alle parole di Pietro, poichè tutti lo riguardavano come Capo della
Chiesa ed eletto da G. C. a fare le sue veci dopo la sua ascensione al cielo. Pertanto furono
presentati due, che sono Giuseppe, nominato anche Barsaba (che aveva per soprannome il
Giusto) e Mattia. Ravvisandosi in amendue egual merito ed eguale virtù rimisero a Dio la scelta.
Prostrati adunque si misero a pregare così: Voi, Signore, il quale conoscete il cuore di tutti,
mostrateci quale dei due abbiate scelto per occupare il luogo di Giuda prevaricatore. In quel caso
fu giudicato bene di usare la sorte coll'orazione per conoscere la volontà di Dio. Al presente la
Chiesa non adopera più questo mezzo, avendo {65 [81]} moltissime altre vie per conoscere
coloro che sono chiamati al ministero dell'altare.
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Gettarono adunque la sorte e la sorte cadde sopra Mattia, il quale fu annoverato cogli altri
undici Apostoli. e riempi così il duodecimo posto che era rimasto vacante. E' questo il primo atto
di autorità Pontificia, che esercitò s. Pietro; autorità non solo di onore, ma di diritto, siccome
esercitarono in ogni tempo i Papi suoi successori.
Noi abbiamo considerato in Pietro una fede viva, umiltà profonda, ubbidienza pronta,
carità fervente e generosa; ma queste belle qualità erano ben lontane dal metterlo in grado di
esercitare l'alto ministero, cui era destinato. Egli doveva vincere l'ostinazione degli Ebrei,
distruggere l'idolatria, convertire uomini dati a tutti i vizi, e stabilire in tutta la terra la fede di un
Dio crocifisso. L'abbondanza di questa forza, di cui Pietro abbisognava per una sì grande
impresa, era riserbata ad una grazia speciale da infondersi mercè i doni dello Spirito {66 [82]}
Santo, che dovevano illuminare l'anima sua e infiammarla del fuoco del santo amor di Dio.
Quello strepitoso avvenimento è dai sacri libri riferito come segue: Era il giorno di
Pentecoste, cioè cinquantesimo dopo la risurrezione di G. G. decimo da che Pietro era nel
cenacolo in orazione cogli altri discepoli quando improvvisamente all'ora terza, circa le nove ore
del mattino, si udi sopra il monte Sion un grande strepito, simile al rumoreggiar del tuono
accompagnato da un vento gagliardissimo. Quel vento investì la casa dove erano i discepoli, e ne
fu per ogni parte ripiena. Mentre ognuno andava ripensando la cagione di quel fragore apparvero
fiammelle che a guisa di lingue di fuoco andarono a posarsi sopra il Capo di ciascun di loro.
Erano quelle fiamme simbolo del coraggio e dell'infiammata carità con cui gli Apostoli
avrebbero dato mano alla predicazione del Vangelo. In questo momento il cuore di Pietro
diventò tutto nuovo, provava in se stesso un coraggio ed una forza tale, che le {67 [83]} più
grandi imprese sembravano un nulla per lui.
A quel grave rumore corse gran turba di popolo ebreo di varie nazioni, di cui alcuni
parlavano latino, altri greco, altri egiziaco, arabo, ebraico ed altri persiano ed altre lingue.
Intorniato il cenacolo di quella moltitudine, escono gli Apostoli, e si fanno loro a parlare. E quivi
cominciò ad operarsi un miracolo non mai udito; perciocchè gli Apostoli rozzi, che sapevano
appena la lingua del paese, si misero a parlare le lingue di tutti quelli che erano colà accorsi. Non
potevano darsi ragione gli uditori di simil fatto, pareva un sogno che un uomo solo potesse
contemporaneamente parlare la lingua di tanti paesi.
Capo XII. Prima predica di Pietro. Anno di G. C. 33.
Mentre il maggior numero ammiravano l'intervento della potenza divina, non mancarono
alcuni maligni {68 [84]} che, soliti a disprezzare ogni cosa santa, non sapendo più che dire,
andavano chiamando gli Apostoli ubbriachi. Sciocchezza veramente grande; l'ubbriachezza non
fa parlare la lingua ignota, ma fa dimenticare quella imparata. Fu allora che s. Pietro pieno di
santo ardore cominciò a predicare per la prima volta Gesù Cristo. Laonde a nome di tutti gli altri
Apostoli si avanza in faccia alla moltitudine, alza la mano, intima silenzio, e comincia a parlare
così: « A voi parlo, o Giudei, e voi tutti abitanti di questa città ricevete le mie parole, e sarete
illuminati intorno a questo fatto. Questi uomini non sono già ubbriachi come pensate voi, poichè
siamo soltanto alla terza ora del mattino, in cui siamo soliti ad essere digiuni. Ben altra è la
cagione di quanto vedete. Oggi si è in noi verificata la profezia del profeta Gioele, il quale disse
così: avverrà negli ultimi giorni, dice il Signore, che io spanderò il mio Spirito sopra gli uomini,
e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profeteranno; i vostri {69 [85]} giovani avranno delle
visioni, e i vòstri vecchi dei sogni. Anzi in quei giorni spanderò il mio Spirito sopra i miei servi e
sopra le mie serve, e diventeranno profeti, e farò dei prodigi in cielo e in terra. Chiunque
invocherà per la fede il nome del Signore, colui sarà salvo.
« Ora, continuò Pietro, questa profezia si è verificata in noi. Ascoltate, o figliuoli di
Giacobbe: quel Signore, nel cui nome chi crederà sarà salvo, è quel medesimo Gesù Nazareno,
quell'uomo grande, a cui Iddio rendette testimonianza con una moltitudine di miracoli, che
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operò, come voi stessi avete veduto. Voi faceste morire quell'uomo per mano degli empi, e così
senza saperlo serviste ai decreti di Dio, che voleva salvare il mondo colla sua morte. Dio per
altro lo ha risuscitato da morte, siccome aveva predetto il profeta Davidde con queste parole: Tu
non mi lascierai nel sepolcro, nè permetterai che il tuo Santo provi la corruzione.
« Notate, dice Pietro, notate, o Giudei, {70 [86]} che Davidde non intendeva di parlare di
se in questo salmo, perchè voi ben sapete, che egli è morto e il suo sepolcro è rimasto fra noi fino
al dì d'oggi, ma essendo egli profeta, e sapendo che Iddio gli aveva promesso con giuramento
che dalla sua discendenza sarebbe nato il Messia, profetizzò eziandio la sua risurrezione,
dicendo, che egli non sarebbe lasciato nel sepolcro, e che il suo corpo non avrebbe provato la
corruzione. Questi adunque è Gesù Nazareno, che Iddio ha risuscitato da morte, di che noi siamo
testimoni; si noi l'abbiamo veduto tornato a vita, l'abbiamo toccato, e abbiamo mangiato con lui.
Egli adunque essendo stato innalzato dalla virtù del Padre nel cielo, ed avendo ricevuto
da lui l'autorità di mandare lo Spirito Santo, secondo la sua promessa, poco fa ha mandato sopra
di noi questo divino Spirito, della cui virtù vedete in noi una prova così manifesta. Che poi Gesù
sia salito al cielo, lo dice il medesimo Davidde con queste parole: Il Signore disse al mio {71
[87]} Signore: siedi alla mia destra, finchè io abbia messo i tuoi nemici a scabello de' tuoi piedi.
Ora voi ben sapete, che Davidde non salì al cielo per regnare. Egli è G. C. che salì al cielo: a lui
adunque, e non a Davidde, furono appropriate quelle parole. Sappia adunquè tutto il popolo
d'Israele, che quel Gesù che voi avete crocifisso, fu da Dio costituito Signore di tutte le cose, re e
Salvatore del suo popolo, e niuno può salvarsi senza aver fede in lui. »
Tale predicazione di Pietro avrebbe dovuto inasprire gli animi de' suoi uditori, a cui
rimproverava l'enorme delitto commesso contro la persona del divin Salvatore; Ma era Iddio che
parlava per bocca del suo ministro, e perciò la predicazione di Pietro produsse effetti
maravigliosi. Quindi agitati come da un fuoco interno, effetto della grazia di Dio, da tutte parti
andavano esclamando con cuore veramente contrito: Che cosa faremo, che cosa faremo? S.
Pietro vedendo che la grazia del Signore operava nei loro cuori, e che già essi credevano in G.
Cristo., pieno {72 [88]} di allegrezza loro disse: Fate penitenza e ognuno in nome di Gesù C.
riceva il battesimo; così otterrete la remissione dei peccati e riceverete lo Spirito Santo.
L'Apostolo seguitò ad istruire quella moltitudine animando tutti a confidare nella
misericordia e bontà di Dio che desidera la salute degli uomini. Il frutto di questa prima predica
corrispose all'ardente carità del predicatore. Circa 3000 persone si convertirono alla fede di G. C.
e furono dagli Apostoli battezzate. Santo Agostino assicura che Santo Stefano protomartire è
stato convertito in questa predica.
Ecco s. Pietro divenuto pescatore di anime. Questa si può chiamare la prima pesca, cui
terranno dietro altre ed altre ancora più copiose. Così cominciavano a compiersi le parole del
Salvatore quando disse a Pietro che per l'avvenire non sarebbe più stato pescatore di pesci, ma
pescatore di anime. {73 [89]}
Capo XIII. S. Pietro guarisce uno storpio - Sua seconda predica.Anno
di G. G. 33.
Poco dopo questa predica all'ora nona, cioè alle tre dopo il mezzodì, Pietro e il suo amico
Giovanni, come per ringraziare Iddio de' benefizi ricevuti, andavano insieme al tempio per fare
orazione. Giunti ad una porta del tempio detta Speciosa ovvero Bella trovarono un uomo storpio
di ambi i piedi fin dalla sua nascita. Non potendosi reggere, esso era colà trasportato per vivere
chiedendo limosina a quelli che venivano al tempio. Quello sfortunato quando vide i due
Apostoli a lui vicini dimandò loro limosina come faceva con tutti. Pietro così inspirato da Dio,
miratolo fisso, gli disse: Guarda in noi. Egli guardava, e nella speranza di avere qualche cosa non
batteva palpebra. Allora Pietro: ascolta, o buon uomo, io non ho nè oro nè argento a darti; quello
che ho, te lo {74 [90]} do. In nome di Gesù Nazareno levati su e cammina. Quindi lo prese per
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mano a fine di sollevarlo, come in simili casi aveva veduto farsi dal divin Maestro. In quel
momento lo storpio si senti assodar le gambe, prender vigore i nervi, ed acquistar forza pari a
qualunque altro uomo più sano. Sentendosi egli guarito fece un salto, si pose a camminare, e
saltellava di allegrezza. Indi prese Pietro per mano, e lodando Dio lo accompagno nel tempio.
Tutta la gente che era stata testimonio del fatto e vedeva lo storpio a camminare da se, non
durava fatica a ravvisare in quella guarigione un vero miracolo. Il linguaggio dei fatti è più
efficace di quello delle parole. Perciò la moltitudine avendo conosciuto essere stato s. Pietro
colui, che aveva restituita la sanità a quel miserabile, in gran folla si strinse intorno a lui ed
intorno a Giovanni, tramando tutti di rimirare coi proprii occhi chi sapeva fare opere così
stupende.
È questo il primo miracolo, che dopo l'ascensione di Cristo venisse operato {75 [91]}
dagli Apostoli, ed era conveniente che s. Pietro ne fosse il primo strumento, perciocchè egli
tenea fra tutti la prima dignità nella Chiesa. Ma Pietro al vedersi circondato da tanta gente stimò
bella occasione di rendere a Dio la gloria dovuta, e di glorificare nel tempo stesso G. G. nel cui
nome erasi operato il prodigio.
« Figli d'Israele, loro disse, a che tanto maravigliarvi di questo fatto; a che tenere così
fissi gli sguardi sopra di noi, quasi che per nostra virtù avessimo fatto camminare quell'uomo? Il
Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, il Dio de' Padri nostri ha glorificato il suo figliuolo Gesù,
quel Gesù che voi avete tradito e negato in faccia a Pilato, quando egli pure giudicava di
lasciarlo impunito. Voi dunque aveste l'ardire di negare il Santo ed il Giusto, e faceste istanza
che fosse liberato da morte Barabba ladro ed omicida, e rinnegando il Giusto, il Santo e l'Autor
della vita, lo faceste morire. Ma Dio lo ha risuscitato da morte e noi ne siamo testimoni {76
[92]} che l'abbiamo veduto più volte, l'abbiamo toccato, e abbiamo mangiato con lui. Ora in
virtù del suo nome, in forza di quella fede che viene da lui, fu guarito questo zoppo che voi
vedete e conoscete; è Gesù che l'ha restituito in perfetta sanità nel cospetto di tutti voi. Ora io so
bene che il delitto vostro e dei vostri capi, quantunque non abbia bastante scusa, fu per altro per
ignoranza. Ma Iddio che aveva fatto predire da' suoi profeti, che il Messia doveva patire tali cose,
ha permesso che voi ciò verificaste senza volerlo, sicchè il decreto della misericordia di Dio ebbe
il suo compimento. Ricordatevi adunque e fate penitenza, acciocchè vi siano cancellati i vostri
peccati, e così possiate poi presentarvi con sicurezza di vostra salute dinanzi al tribunale di
questo medesimo G. C. che io vi ho predicato, e da cui tutti dovremo essere giudicati.
« Queste cose, continuò Pietro, furono da Dio predette; credete adunque a' suoi profeti, e
fra tutti credete {77 [93]] a Mosè che è il maggiore di essi. Che dice egli adunque? Il Signore,
dice Mosè, vi farà sorgere fra i vostri figli un profeta, siccome a me, a lui crederete in tutto
quello che vi dirà. Chiunque non ascolterà quello che dice questo profeta sarà sterminato dal
popol suo. Questo diceva Mosè, e parlava di Gesù. Dopo Mosè principiando da Samuele, tutti i
profeti che vennero dipoi predissero questo giorno, e le cose che sono avvenute. Tali cose e le
grandi benedizioni da loro predette appartengono a voi. Voi siete i figliuoli dei Profeti, delle
promesse, e dell'alleanza che Dio già fece coi Padri nostri dicendo ad Abramo, che è stipite della
discendenza dei giusti: In te e nella tua stirpe saranno benedette tutte le generazioni del mondo.
Egli parlava del Redentore, di quel Gesù figliuolo di Dio discendente da Àbramo, quel Gesù che
Dio risuscitò da morte, e che a noi comanda di predicarvi la sua parola prima che la predichiamo
ad ogni altro popolo, portandovi per mezzo nostro la promessa benedizione, acciochè {78 [94]}
vi convertiate de' vostri peccati ed abbiate la vita eterna. »
A questa seconda predica di s. Pietro succedettero numerosissime conversioni alla fede.
Cinque mila persone domandarono il battesimo, sicchè il numero dei fedeli convertiti in due
prediche di s. Pietro ascendeva già oltre ad ottomila.
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Capo XIV. Pietro è messo con Giovanni in prigione e ne viene
liberato.
Ma il nemico del genere umano che vedeva distruggersi il suo regno cercò di suscitare
una persecuzione contro alla Chiesa nel medesimo suo principio. Mentre Pietro predicava
sopraggiunsero i sacerdoti, i magistrati del tempio ed i Sadducei, i quali negavano la risurrezione
dei morti. Costoro mostravansi sommamente infuriati perchè Pietro predicava al popolo la
risurrezione di G. C. Impazienti e {79 [95]} pieni di collera interruppero la predica di Pietro, gli
misero le mani addosso, lo condussero insieme con Giovanni in prigione con animo di discorrere
con l'uno e con l'altro nel dì seguente. Ma temendo rimostranze da parte del popolo, non fecero
loro alcun male, e li lasciarono in pace tutta la notte.
Fattosi giorno si radunarono tutti i principali della città, cioè tutto il supremo magistrato
di quella nazione si radunò a concilio per giudicare que' due Apostoli, come se fossero i più
scellerati ed i più formidabili uomini del mondo. In mezzo a quella maestosa assemblea furono
introdotti Pietro e Giovanni, e con essi lo storpio da loro guarito.
Fu dunque loro fatta solennemente questa dimanda: Con qual virtù e in nome di chi avete
voi guarito quello storpio? Allora Pietro pieno di Spirito Santo con un coraggio veramente degno
del Capo della Chiesa prese a parlare nella seguente maniera: « Principi del popolo, e voi dottori
della legge, ascoltate. Se in questo giorno veniamo {80 [96]} accusati e ci formano un processo
per un'opera ben fatta, quale è la guarigione di quell'infermo, sappiate tutti, e lo sappia tutto il
popolo d'Israele, che costui, il quale vedete qui alla vostra presenza sano e salvo, ha ottenuto la
sanità nel nome del Signore Gesù Nazareno; quel medesimo che voi metteste in croce, e che
Iddio ha fatto risorgere da morte a vita. Questa è quella Pietra che da voi fabbricando fu rigettata,
e che ora è divenuta la Pietra angolare. Niuno può aver salute se non in lui, nè avvi altro nome
sotto al cielo dato agli uomini fuori di questo, nel quale si possa aver salute. »
Questo parlare franco e risoluto del principe degli Apostoli produsse profonda
impressione nell'animo di tutti coloro, che componevano l'assemblea, in guisa che ammirando il
coraggio e l'innocenza di Pietro non sapevano a qual partito appigliarsi. Volevano punirli, ma il
gran credito, che il miracolo poco prima operato aveva loro fatto acquistare in tutta la città, {81
[97]} faceva temere triste conseguenze. Tuttavia volendo prendere qualche risoluzione fecero
uscire i due Apostoli dal luogo del concilio, e convennero di proibire ad essi sotto pene
severissime di non parlare mai più in avvenire delle cose passate, nè mai più nominare il nome di
Gesù Nazareno, affinchè venisse a perdersene fin la memoria. Ma sta scritto che sono inutili gli
sforzi degli uomini quando sono contrari al volere di Dio.
Pertanto ricondotti i due Apostoli in mezzo ai concilio, come udirono intimarsi quella
severa minaccia, lungi dallo spaventarsi, con fermezza e costanza maggiore di prima Pietro
rispose: Orsù decidete voi stessi, se la giustizia e la ragione permettano di ubbidire piuttosto a
voi che a Dio. Noi non possiamo fare a meno di palesare quel che abbiamo udito e veduto.
Allora quei giudici vie più confusi, non sapendo nè che rispondere, nè che fare, presero la
risoluzione di mandarli per questa volta impuniti, {82 [98]} proibendoli soltanto di non più
predicare Gesù Nazareno.
Appena lasciati liberi Pietro e Giovanni andarono subitamente a trovare gli altri discepoli,
i quali erano in grave inquietudine per la loro prigionia. Come poi ebbero udito il racconto di
quanto era avvenuto, ognuno rese grazie a Dio pregandolo a voler loro dare forza e virtù di
predicare la divina parola a fronte di qualsiasi pericolo.
Se i cristiani dei giorni nostri avessero il coraggio de' fedeli de' primi tempi, e superando
ogni rispetto umano professassero intrepidi la loro fede, certamente non si vedrebbe tanto
disprezzo di nostra santa religione; e forse tanti che cercano di mettere in burla e la religione ed i
sacri ministri sarebbero dalla giustizia e dalla innocenza costretti a venerare la stessa religione
insieme co' suoi ministri. {83 [99]}
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Capo XV. Vita dei primitivi Cristiani. Fatto di Anania e Saffira. Miracoli
di s. Pietro. Anno di G. C. 34.
Per le prediche di s. Pietro e per lo zelo degli altri Apostoli il numero dei fedeli era
grandemente cresciuto. Molti pel desiderio di staccare interamente il cuore dai beni della terra e
pensare unicamente al cielo vendevano le loro sostanze e le portavano ai piedi degli Apostoli,
affinchè ne facessero quell'uso che meglio credevano a favore dei poveri. La sacra scrittura fa
uno speciale encomio di un certo Giuseppe soprannominato Barnaba, che fu poi fedele
compagno di s. Paolo apostolo. Costui vendè un campo che possedeva e ne portò generosamente
l'intero prezzo agli Apostoli. Molti seguendo l'esempio di lui andavano a gara per dar segno del
loro distacco dalle cose terrene, di maniera che in breve quei fedeli formavano una {84 [100]}
sola famiglia, di cui s. Pietro era capo. Non vi erano poveri, perchè i ricchi facevano parte delle
loro sostanze ai bisognosi; nei giorni stabiliti si radunavano insieme per le sacre funzioni. E la
sacra scrittura dice precisamente che quei fedeli erano perseveranti nella preghiera, nell'ascoltare
la parola di Dio e nel ricevere con frequenza la santa comunione, a segno che tra tutti formavano
un cuor solo ed un'anima sola per amare e servire Iddio Creatore.
Tuttavia anche in quei tempi felici vi furono dei fraudolenti, i quali guidati da spirito
d'ipocrisia tentarono d'ingannare s. Pietro e mentire allo Spirilo Santo. La qual cosa ebbe le più
funeste conseguenze. Ecco come il sacro testo ci espone il terribile avvenimento.
Certo Anania con sua moglie Saffira fecero a Dio promessa di vendere un loro podere, ed
al pari degli altri fedeli portarne il prezzo agli Apostoli, affinchè lo distribuissero secondo i varii
bisogni. Eseguirono essi puntualmente {85 [101]} la prima parte della promessa, ma l'amor
dell'oro li condusse a violare la seconda. Essi erano padroni di tenersi il campo oppure il prezzo,
ma fatta la promessa erano tenuti a mantenerla, perciocchè le cose che si consacrano a Dio od
alla Chiesa diventano sacre ed inviolabili.
D'accordo pertanto tra di loro ritennero per se una parte del prezzo, e portarono l'altra a s.
Pietro con intenzione di dargli ad intendere che questa fosse l'intera somma ricavata dalla
vendita. Pietro ebbe speciale rivelazione dell'inganno, ed appena Anania comparve al suo
cospetto, senza dargli tempo di proferir parola, con tuono autorevole e formidabile, si fece a
rimproverarlo così: Perchè ti sei lasciato sedurre dallo spirito di satana, fino a mentire allo
Spirito Santo, fraudando una porzione del prezzo di quel tuo campo? Non era esso in tuo potere
prima di venderlo? e dopo di averlo venduto non era a tua disposizione tutta la somma ricavata?
Perchè dunque hai dato ricetto a questo reo disegno? {86 [102]} Devi perciò sapere che hai
mentito non agli uomini ma a Dio. A quel tuono, a quelle parole Anania come colpito da un
fulmine cadde morto sull'istante.
Appena passate tre ore venne anche a presentarsi a Pietro Saffira, senza nulla sapere della
tragica fine del marito. L'apostolo usò maggiore compassione verso di costei, e volle darle spazio
di penitenza con interrogarla se quella somma fosse l'intero prodotto della vendita di quel campo.
La donna con intrepidezza e temerità uguale a quella di Anania, con un'altra bugia confermò la
bugia di suo marito. Perciò ripresa da s. Pietro collo stesso zelo e colla medesima forza, cadde
anch'ella sull'istante e spirò. Giova sperare che un sì terribile castigo temporale avrà contribuito a
far loro risparmiare il castigo eterno nell'altra vita. Una pena così esemplare era necessaria per
insinuare venerazione pel cristianesimo a tutti quelli che venivano alla fede e procacciare rispetto
al principe degli Àpostoli, come eziandio per dare a noi {87 [103]} un esempio del modo
terribile con cui Dio punisce lo spergiuro, e in pari tempo ad ammaestrarci ad essere fedeli alle
promesse fatte a Dio.
Questo fatto unitamente ai molti miracoli, che Pietro operava, fecero che si raddoppiasse
il fervore tra i fedeli, e si dilatasse la fama delle sue virtù. Tutti gli Apostoli operavano miracoli.
Un ammalato, che fosse stato in contatto col corpo degli Apostoli, era tosto guarito. S. Pietro poi
spiccava sopra ogni altro. Era tale la fiducia che tutti i fedeli avevano in lui e nelle sue virtù, che
da tutte le parti, anche da paesi lontani, venivano in Gerusalemme per essere spettatori de' suoi
miracoli. Talvolta avveniva che egli era attorniato da tal quantità di storpii e da tanti ammalati,
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che non era più possibile di potersegli avvicinare. Perciò portavano gl'infermi sopra i pagliaricci
nelle pubbliche piazze e nelle strade in modo che passando di colà s. Pietro, almeno l'ombra del
suo corpo giungesse a toccarli: la qual cosa era bastante per far guarire ogni genere di {88 [104]}
infermità. Sant'Agostino assicura che un morto, sopra del quale era passata l'ombra di Pietro,
immantinente risuscitò.
I santi Padri ravvisano in questo fatto l'adempimento della promessa del Redentore a' suoi
Apostoli dicendo che essi avrebbero operato miracoli anche maggiori di quelli che egli non
aveva giudicato a proposito di operare nel corso della sua vita mortale.
Capo XVI. S. Pietro di nuovo messo in prigione - È da un angelo
liberato. Anno di G. C. 34.
La Chiesa di Gesù Cristo acquistava ogni giorno nuovi fedeli. La moltitudine dei miracoli
unitamente alla santa vita di quei primi cristiani faceva che ogni grado, età e condizione di
persone corressero in folla per chiedere il Battesimo, e così assicurare la loro eterna salvezza. Ma
il principe dei Sacerdoti {89 [105]} ed i Saducei rodevansi di rabbia e di gelosia; nè sapendo
quale mezzo usare per impedire la propagazione del Vangelo, fecero prendere Pietro e gli altri
Apostoli e li chiusero in prigione. Ma Iddio per dimostrare eziandio questa volta che sono vani i
progetti degli uomini, quando sono contrarii ai voleri del cielo, e che Egli può fare quel che
vuole, e quando lo vuole, mandò in quella notte medesima un angelo che, aperte le porte della
prigione, li cavò fuori dicendo loro: « In nome di Dio andate e con sicurezza predicate nel
tempio in presenza del popolo le parole di vita eterna. Non temete nè i comandi, nè le minacce
degli uomini.»
Gli Apostoli vedutisi così prodigiosamente favoriti e difesi da Dio, secondo l'ordine
avuto, di buon mattino si portarono al tempio a predicare ed ammaestrare il popolo. Il principe
dei sacerdoti che desiderava di castigare severamente gli Apostoli, per dare una solennità al
processo convocò il sinedrio, gli anziani, gli scribi e tutti quelli {90 [106]} che avevano qualche
grado sopra il popolo. Di poi mandò a prendere gli Apostoli perchè dalla prigione fossero colà
condotti.
I ministri, ovvero gli sgherri, ubbidirono agli ordini dati. Vanno, aprono il carcere,
entrano, e non vi trovano anima viva. Fanno immediatamente ritorno all'assemblea e pieni di
maraviglia annunziano la cosa così: Abbiamo trovato il carcere chiuso e guardato con tutta
diligenza: le guardie tenevano fedelmente il loro posto, ma avendolo aperto, non vi abbiamo
trovato alcuno. Udito ciò non sapevano più a qual partito appigliarsi. Mentre stavano
consultando intorno a ciò che dovessero deliberare, sopraggiunge uno dicendo: Nol sapete?
quegli uomini, che metteste ieri in prigione, sono ora nel tempio a predicare con maggior fervore
di prima. Allora sentironsi più che mai ardere di rabbia contro gli Apostoli; ma il timore
d'inimicarsi il popolo li trattenne, perchè avrebbero corso rischio di essere lapidati. Il prefetto del
tempio si offrì di {91 [107]} aggiustare egli stesso tale facenda col migliore spediente possibile.
Andò colà dove erano i predicatori e con buone maniere senza usare violenza alcuna li invitò a
venir seco e li condusse nel mezzo dell'assemblea.
Il sommo sacerdote volgendo loro la parola disse: Sono appena alcuni giorni che noi vi
abbiamo strettamente proibito di parlare di questo Gesù Nazareno, e intanto voi avete riempiuta
la città di questa nuova dottrina. Sembra che vogliate versare sopra di noi la morte di quell'uomo
e farci odiare da tutta la gente come colpevoli di quel sangue. Come osaste fare ciò?
« Ottimamente ci pare aver fatto, rispose Pietro anche a nome degli altri Apostoli,
perciocchè bisogna piuttosto ubbidire a Dio che agli uomini. Quello che predichiamo è una verità
a noi messa in bocca da Dio, e noi non temiamo di dirla a voi in questa veneranda radunanza. »
Quivi Pietro ripetè quello che altre volte aveva detto intorno alla vita, passione e morte del
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Salvatore; conchiudendo sempre che {92 [108]} loro era impossibile di tacere quelle cose che
secondo gli ordini ricevuti da Dio dovevano predicare.
A quelle parole degli Apostoli proferite con tanta fermezza, non avendo che opporre,
smaniavano di rabbia e già pensavano di farli morire. Ma ne furono distolti da un certo
Gamaliele, che era uno dei dottori della legge cólà radunati. Costui, considerata bene ogni cosa,
fece uscire per breve ora gli Apostoli, poi levatosi in piedi disse in piena assemblea: O Israeliti,
ponete ben mente a quello che siete per fare intorno a questi uomini; imperocchè se costoro
predicano l'opera degli uomini, la loro dottrina cadrà da se stessa, come avvenne a tanti altri; che
se eglino predicano l'opera di Dio, potrete voi forse opporvi a' suoi voleri? Tutta l'adunanza si
acquetò, e segui il suo consiglio.
Fatti adunque rientrare gli Apostoli, la prima cosa li fecero battere; poi loro ordinarono
che assolutamente non parlassero più di Gesù Cristo. Ma essi partirono dal concilio pieni di
allegria, {93 [109]} perchè erano stati fatti degni di patire qualche cosa pel nome di Gesù Cristo.
Capo XVII. Elezione di sette diaconi. - S. Pietro resiste alla
persecuzione di Gerusalemme. - Va in Samaria. - Suo primo scontro
con Simon mago. Anno di G. C. 35.
La moltitudine dei fedeli che abbracciavano la fede occupava talmente lo zelo degli
apostoli, che essi dovendo attendere alla predicazione della divina parola, all'istruzione dei nuovi
convertiti, all'orazione, all'amministrazione dei Sacramenti, non potevano più disimpegnare gli
affari temporali. Tal cosa era cagione di malcontento presso ad alcuni fedeli, quasi che fossero
tenuti in poca considerazione o disprezzati. Di ciò informato s. Pietro e gli altri Apostoli,
risolvettero di porvi rimedio. Convocarono pertanto {94 [110]} una numerosa radunanza di
fedeli, e facendo loro intendere come essi non dovevano tralasciare le cose del loro sacro
ministero per occuparsi delle cose temporali, proposero la elezione di sette diaconi, i quali
conosciuti pel loro zelo e per la loro virtù attendessero all'amministrazione di certe cose sacre,
come sarebbe l'amministrazione del Battesimo, dell'Eucaristia, e nello stesso tempo avessero
cura della distribuzione delle limosine e delle altre cose materiali.
Tutti approvarono quel divisamente, quindi s. Pietro e gli altri Apostoli imposero le mani
ai nuovi eletti, e li destinarono ciascuno ai proprii uffizi. Colla aggiunta di questi sette diaconi,
oltre all'aver provveduto ai bisogni temporali, si moltiplicarono eziandio gli operai evangelici,
quindi maggiori conversioni. Dei sette diaconi fu celebre santo Stefano, che per la sua
intrepidezza a sostenere le verità del Vangelo, fu ucciso con essere lapidato fuori della città. Esso
è comunemente appellato Protomartire, cioè primo {95 [111]} martire, che dopo Gesù Cristo
abbia dato la vita per la fede. La morte di santo Stefano fu il principio di una grande
persecuzione suscitata dagli Ebrei contro a tutti i seguaci di Gesù Cristo. La qual cosa obbligò i
fedeli a disperdersi qua e là per varie città e in diversi paesi.
Pietro cogli altri Apostoli rimase in Gerusalemme sia per confermare i fedeli nella fede,
sia per mantenere viva relazione con quelli che erano in altri paesi dispersi. A fine poi di evitare
il furore de' Giudei, egli si teneva nascosto, noto solamente ai seguaci del Vangelo, uscendo per
altro dalla sua segreta abitazione, qualora ne scorgesse il bisogno. Intanto un editto
dell'imperatore Tiberio Augusto in favore dei cristiani e la conversione di s. Paolo fecero cessare
la persecuzione. E fu allora che si conobbe come la provvidenza di Dio non permetta alcun male
senza ricavarne del bene, perciocchè si servi della persecuzione per ispargere il Vangelo in altri
luoghi, e si può dire che ciascun {96 [112]} fedele era un predicatore di G. C. in tutti que' paesi
ove andava a ricoverarsi. Di quelli che furono costretti a fuggire di Gerusalemme fu uno dei sette
diaconi di nome Filippo. Esso andò nella città di Samaria dove colla predicazione e coi miracoli
fece molte conversioni. Giunta a Gerusalemme la notizia che un numero straordinario di
Samaritani erano venuti alla fede, gli Apostoli risolvettero d'inviare colà alcuni che
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amministrassero il Sacramento della Cresima e supplissero a quello che i diaconi non avevano la
autorità di amministrare. Furono quindi destinati per quella missione Pietro e Giovanni: Pietro
perchè come Capo della Chiesa ricevesse in grembo di essa quella straniera nazione e unisse i
Samaritani ai Giudei; Giovanni poi come speciale amico di s. Pietro e chiaro fra gli altri per
miracoli e santità.
Eravi in Samaria un certo Simone di Gitone, soprannominato Mago, vale a dire stregone.
Costui a forza di ciance e d'incantesimi aveva ingannato molti, {97 [113]} milantandosi di essere
qualche cosa di straordinario. Bestemmiando diceva che egli era la virtù di Dio e quello stesso
Spirito Santo, che era disceso sopra gli Apostoli. La gente pareva impazzata per lui e gli correva
dietro acclamandolo persona divina. Essendosi un giorno trovato alla predicazione di Filippo ne
fu commosso, e domandò il Battesimo per operare anche egli le maraviglie, che generalmente i
fedeli operavano dopo d'aver ricevuto questo Sacramento. Ma siccome non aveva fede, ricevette
solamente il battesimo senza gli effetti del sacramento che è la grazia.
Giunti colà Pietro e Giovanni si posero ad amministrare il sacramento della
confermazione, imponendo le mani, facendo orazioni, come fanno i vescovi d'oggidi. Simone
vedendo che coll'imposizione delle mani ricevevano eziandio il dono delle lingue e di far
miracoli, pensò che sarebbe stata per lui gran fortuna, se avesse potuto operare le medesime
cose. Fattosi adunque vicino a Pietro, tirò fuori {98 [114]} una borsa di danaro, e gliela offri
pregandolo che gli volesse parimenti concedere la potestà di fare miracoli e di dare lo Spirito
Santo a coloro, cui egli avesse imposto le mani.
S. Pietro fu vivamente sdegnato di tale empietà e rivolto a lui, Scellerato, gli disse, sia
teco il tuo danaro in perdizione, poichè tu hai creduto che per danaro si possano comprare i doni
dello Spirito Santo. Affrettati a far penitenza di questa tua malvagità, e prega Iddio che te ne
voglia concedere il perdono. Simone temendo forse che accadesse a lui ciò che era accaduto ad
Anania e Saffira tutto spaventato rispose: È vero: pregate eziandio voi per me onde in me non si
verifichi cotale minaccia. Codeste parole sembrano dimostrare che egli fosse pentito, ma non lo
era; non pregò gli Apostoli di impetrargli da Dio misericordia, bensì di tenere da lui lontano il
flagello. Passato il timor del castigo egli ritornò ad essere quel di prima, cioè Mago, seduttore,
amico del {99 [115]} demonio. Noi lo vedremo in altri scontri con Pietro.
I due Apostoli Pietro e Gioanni come ebbero amministrato il sacramento della Cresima ai
nuovi fedeli della Samaria, e li ebbero rassodati nella fede che poco prima avevano ricevuto, dato
loro il saluto di pace, partirono da quella città. Passarono per molti luoghi predicando G. C.,
reputando poco ogni fatica purchè contribuisse a propagare il Vangelo e guadagnare anime al
cielo.
Capo XVIII. S. Pietro fonda la cattedra di Antiochia; ritorna in
Gerusalemme. - È visitato da s. Paolo. Anno di G. C. 36.
S. Pietro ritornato da Samaria dimorò qualche tempo in Gerusalemme, di poi andò a
predicare la grazia del Signore in vari paesi. Mentre con zelo degno del principe degli Apostoli
visitava le chiese che si andavano qua e là fondando venne a sapere che Simon {100 [116]}
Mago da Samaria erasi recato in Antiochia per ispargere colà le sue imposture. Pietro risolse di
portarsi in quella città per dissipare gli errori di quel nemico di Dio e degli uomini. Giunto in
quella capitale Pietro diè subito mano a predicare il Vangelo con grande zelo, e riuscì a
convertire tal numero di gente alla fede, che i fedeli cominciarono colà ad essere chiamati
Cristiani, vale a dire seguaci di Gesù Cristo.
Fra i personaggi illustri che per le prediche di s. Pietro si convertirono fu s. Evodio. Al
primo arrivo di Pietro egli lo invitò a casa sua, e il santo Apostolo gli si affezionò, gli procurò la
necessaria istruzione, e vedendolo adorno delle necessarie virtù lo consacrò sacerdote, di poi
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vescovo, perchè facesse le sue veci in tempo di sua assenza, e perchè gli succedesse di poi in
quella sede vescovile.
Quando Pietro voleva dar principio alla predicazione in quella città incontrava grave
ostacolo per parte del governatore che era un principe di {101 [117]} nome Teofilo. Costui fece
mettere in prigione il santo Apostolo come inventore di una religione contraria alla religione
dello stato. Volle per altro venire a disputa con lui intorno alla fede che predicava, e sentendolo a
dire che G. C. per amore degli uomini era morto in croce, disse: Costui è matto, non bisogna più
ascoltarlo. Acciocchè poi fosse riputato come tale, per ischerno gli fece tagliare i capelli per
metà, lasciandogli un cerchio intorno al Capo in modo di corona. Quello che allora fu fatto a s.
Pietro per disprezzo, ora gli ecclesiastici lo usano per onore, e si chiama chierica o tonsura, che
rammemora la corona di spine posta sul Capo al Divin Salvatore.
Quando Pietro si vide a trattare a quel modo pregò il governatore che si degnasse di
ascoltarlo un'altra volta. Essendogli cotal cosa concessa, Pietro gli disse: Tu, o Teofilo, ti
scandalizzi per avermi udito a dire, che il Dio che io adoro morì in croce. Già ti aveva detto che
si era fatto uomo, ed essendo uomo non dovevi tanto maravigliarti {102 [118]} che egli fosse
morto, poichè il morire è proprio dell'uomo. Sappi per altro che egli morì in croce di sua volontà,
perchè colla sua morte voleva dare la vita a tutti gli uomini facendo pace fra il suo Eterno padre e
il genere umano. Ma siccome ti dico che egli morì, così ti accerto che egli risuscitò per virtù
propria, avendo prima risuscitato molti altri morti. Teofilo sentendo a dire che aveva fatto
risuscitare dei morti si acquietò, e con aria di maraviglia soggiunse: Tu dici che questo tuo Dio
risuscitò dei morti, ora se tu in suo nome farai risuscitare un mio figliuolo che morì alcuni giorni
sono, io crederò quanto mi predichi. L'Apostolo accettò l'invito, andò alla tomba del giovane, e
in presenza di molto popolo fece una preghiera e in nome di Gesù Cristo lo richiamò a vita8. La
qual cosa fu causa che e il governatore e tutta la città credessero in Gesù Cristo. {103 [119]}
Teofilo divenne in breve fervoroso cristiano e in segno di stima e venerazione verso s.
Pietro gli offerì la sua casa perchè ne facesse quell'uso che meglio desiderava. Quell'edifizio fu
ridotto a forma di chiesa, dove si radunava il popolo per assistere al divino servizio, e per udire
le prediche del s. Apostolo. A fine poi di poterlo ascoltare con maggior comodità e profitto gli
alzarono quivi una cattedra, dalla quale il santo dava le sue sacre lezioni.
E' bene qui di notare che s. Pietro per lo spazio di tre anni, per quanto poteva, risiedeva in
Gerusalemme come capitale della Palestina, dove i Giudei potevano più facilmente avere con lui
relazione. L'anno poi trentesimosesto di Gesù Cristo, sia per la persecuzione di Gerusalemme, sia
per preparare la strada alla conversione de' Gentili, venne a stabilire la sua sede in Antiochia:
cioè stabilì la città di Antiochia per sua ordinaria dimora, e come centro di comunione colle altre
chiese cristiane. {104 [120]}
Governò Pietro questa chiesa d'Antiochia sette anni, finchè così inspirato da Dio trasferì
la sua cattedra a Roma, come noi racconteremo a suo tempo. Lo stabilimento della santa sede in
Antiochia è particolarmente narrato da Eusebio di Cesarea, da s. Girolamo, da s. Leone il Grande
e da un gran numero di scrittori ecclesiastici. La chiesa cattolica celebra questo avvenimento con
una' particolare solennità il 22 febbraio.
Mentre s. Pietro da Antiochia erasi recato a Gerusalemme ricevette una visita che
certamente gli fu di grande consolazione. S. Paolo che era stato convertito alla fede con uno
strepitoso miracolo, sebbene fosse stato instruito da Gesù Cristo e da lui stesso mandato a
predicare il Vangelo ai gentili, tuttavia volle recarsi da s. Pietro, per venerare in lui il Capo della
Chiesa, e da lui ricevere quegli avvisi e quelle istruzioni che fossero state a proposito. S. Paolo
stette in Gerusalemme col principe degli Apostoli quindici giorni, il qual tempo bastò per lui,
giacchè {105 [121]} oltre alle rivelazioni ricevuto da Gesù Cristo aveva passato la sua vita nello
studio delle sante scritture e dopo la sua conversione erasi indefessamente occupato nella
meditazione e nella predicazione della parola di Dio.
8 V. S. Basilio di Seleucia e le Recogn. di s. Clem.
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Capo XIX. S. Pietro visita parecchie chiese. - Guarisce Enea paralitico.
- Risuscita la defunta Tabita. Anno di G. C. 38.
S. Pietro era stato dal divin Salvatore deputato a conservare nella fede tutti i fedeli
cristiani, e siccome molte chiese si andavano fondando or qua or là dagli Apostoli, dai Diaconi e
da altri discepoli, così s. Pietro e per mantenere l'unità della fede, e per usare della podestà
suprema conferitagli dal Salvatore, mentre teneva la sua ordinaria dimora in Antiochia andava a
visitare personalmente le chiese che in quel tempo erano già state fondate o si andavano
fondando. In certi luoghi {106 [122]} confermava i fedeli nella fede, altrove consolava quelli che
avevano sofferto nella passata persecuzione, qua amministrava il sacramento della Cresima, da
per tutto poi ordinava pastori e vescovi, i quali dopo la sua partenza continuassero ad aver cura
delle chiese e del gregge di Gesù Cristo.
Passando da una citta in un'altra pervenne ai Santi che abitavano in Lidda città distante
circa venti miglia da Gerusalemme. Chi sono mai questi Santi? I cristiani dei primi tempi per la
vita virtuosa e mortificata che tenevano erano chiamati Santi, e con questo nome dovrebbero
potersi chiamare i cristiani d'oggidì che al pari di quelli sono chiamati alla santità.
Giunto alle porte della città di Lidda Pietro incontrò un paralitico di nome Enea. Costui
era attratto e tutto immobile nelle membra e da otto anni non si era più mosso dal suo lettuccio.
Pietro come lo vide, senza esserne punto pregato, a lui rivolto, Enea, gli disse, il Signor Gesù
Cristo ti ha guarito; levati su, e da te stesso aggiustati {107 [123]} il letto. Enea si levò in piedi
sano e robusto come se non fosse mai stato infermo. Molti si trovarono presenti a questo
miracolo, che in breve si pubblicò per tutta la città e nel vicino paese detto Sarona. Tutti quegli
abitanti mossi dalla bontà divina che in una maniera sensibile dava segni della sua potenza
infinita, credettero in Gesù Cristo ed entrarono in grembo della Chiesa.
A poca distanza da Lidda eravi Ioppe che è un'altra città posta sulle rive del mare
Mediterraneo. Qui dimorava una vedova cristiana di nome Tabita, la quale e per le sue limosine
e per molte altre opere di carità era universalmente chiamata la madre dei poveri. Avvenne in
que' dì che ella cadde ammalata, e dopo breve malattia morì lasciando in tutti il più vivo
rincrescimento. Secondo l'uso di quei tempi lavarono le donne il suo cadavere, e lo portarono
sopra il terrazzo per fargli a suo tempo la sepoltura.
Ora per la vicinanza di Lidda essendosi in Ioppe sparsa la notizia del {108 [124]}
miracolo operato nella guarigione di Enea furono colà mandati due uomini a pregar Pietro, che
volesse venire a vedere la defunta Tabita. Intesa la morte di quella virtuosa discepola di G. C. e il
desiderio che andasse colà per farla risuscitare, Pietro parti tosto con loro.
Giunto a Ioppe i discepoli lo condussero sul terrazzo e mostrandogli il cadavere di Tabita
raccontavangli le molte opere di carità di quella buona donna e lo pregavano che la volesse
risuscitare.
I poveri e le vedove come seppero la venuta di Pietro corsero piangendo a pregarlo che
loro volesse restituire la buona madre. Vedi, dice una, quest'abito fu opera della sua carità;
questa tonaca, i calzari di quel ragazzo, altre soggiungono, sono cose tutte donate da lei. Alla
vista di tanta gente che piangeva, di tante opere di carità che si andavano raccontando, Pietro ne
fu intenerito. Si alzò in piedi e voltosi al cadavere, Tabita, disse, io ti comando in nome di Dio,
{109 [125]} levati su. Tabita in quell'istante aprì gli occhi ed avendo veduto Pietro si pose a
sedere e a parlare con lui. Pietro, presala per mano, la rialzò, e chiamati i discepoli loro restituì la
sospirata madre sana e salva. Grandissimo fu il giubilo che si levò in tutta la casa; da tutte parti
piangevano di allegrezza, parendo a quei buoni cristiani di aver riacquistato un tesoro in quella
sola donna, che veramente era la consolazione di quella città. Da questo fatto imparino i poveri
ad essere riconoscenti a chi loro porge limosina. Imparino i ricchi che cosa voglia dire essere
pietosi e liberali verso i poveri.
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Capo XX. Dio rivela a s. Pietro essere giunto il tempo della vocazione
de' Gentili. - Va in Cesarea e battezza la famiglia di Cornelio
Centurione. Anno di G. C. 39.
Iddio aveva più volte fatto predire da' suoi profeti che alla venuta del Messia tutte le
nazioni sarebbero state {110 [126]} chiamate alla conoscenza del vero Dio. Lo stesso divin
Salvatore aveva dato espresso comando a' suoi Apostoli, dicendo: Ite, docete omnes gentes,
andate, ammaestrate tutti i gentili. Gli stessi predicatori del Vangelo avevano già ricevuto alcuni
gentili alla fede, come avevano fatto dell'Eunuco della Regina Candace, e di Teofilo Governatore
di Antiochia.; ma questi erano fatti particolari, e gli Apostoli fino allora avevano quasi
esclusivamente predicato il Vangelo agli Ebrei, aspettando dal Signore avviso speciale dell'epoca
in cui dovessero senza eccezione ricevere alla fede anche i gentili e i pagani. Tale rivelazione
doveva certamente essere fatta a s. Pietro Capo della Chiesa. Ecco come il sacro testo espone
questo memorabile avvenimento. In Cesarea città della Palestina abitava un certo Cornelio
Centurione, ovvero uffiziale di una coorte, corpo di 100 soldati, che apparteneva alla legione
italica, così chiamata perchè composta di soldati italiani.
La sacra Scrittura gli fa un elogio {111 [127]} dicendo, che egli era un uomo religioso e
pieno di timor di Dio. Le quali parole vogliono dire che egli era gentile, ma che aveva lasciata
l'idolatria nella quale era nato, adorava il vero Dio, faceva molte limosine ed orazioni, viveva
religiosamente secondo il dettame della retta ragione.
Iddio infinitamente misericordioso, che non manca mai colla sua grazia di venire in
soccorso di chi fa quel che può dal canto suo, mandò un angelo a Cornelio per istruirlo di ciò che
doveva fare. Stava questo buon soldato facendo orazione, quando vide comparirsi dinanzi un
angelo sotto la sembianza d'uomo vestito di bianco. Cornelio, disse l'angelo. Egli preso da paura
fissò in lui gli sguardi dicendo: Chi siete voi, o Signore, che volete? Allora l'Angelo: Iddio si è
ricordato delle tue limosine; le tue orazioni giunsero al suo trono, e volendo appagare i tuoi
desideri mandò me per additarti la via della salute. Perciò manda a Ioppe e cerca di un tal
Simone soprannominato Pietro. Egli {112 [128]} dimora presso un altro Simone conciatore di
pelli, che ha la casa vicino al mare. Da questo Pietro saprai tutto ciò che è necessario per salvarti.
Non tardò Cornelio ad ubbidire alla voce del Cielo, e chiamati a se due domestici e un soldato,
persone tutte che temevano Iddio, raccontò la visione e comandò che si portassero
immediatamente in Ioppe pel fine indicatogli dall'angelo.
Partirono costoro sull'istante e camminando tutta la notte giunsero in Ioppe nel dì
seguente verso al mezzogiorno, perciocchè la distanza fra queste due città è di circa 40 miglia.
Poco prima che ivi giungessero s. Pietro ebbe anche egli una maravigliosa rivelazione, colla
quale veniva confermato che eziandio i gentili erano chiamati alla fede. Stanco dalle sue fatiche
il santo apostolo in quel giorno era venuto a casa del suo ospite per ristorarsi, e secondo il solito
si portò prima in una camera posta nel piano superiore per fare orazione. Mentre pregava gli
parve di vedere il Cielo {113 [129]} aperto e dal mezzo calare giù fino a terra un certo arnese a
guisa di ampio lenzuolo, che sostenuto nelle sue quattro estremità formava come un gran vaso
pieno di ogni sorta di animali quadrupedi, serpenti e volatili, i quali tutti, secondo la legge di
Mosè, erano tenuti immondi, cioè non potevano mangiarsi nè offrirsi a Dio. Nello stesso tempo
udi una voce che disse: Su via, o Pietro, uccidi, e mangia. Attonito l'Apostolo a quel comando,
Non sia mai, rispose, che io mangi animali immondi, dai quali mi sono sempre astenuto. La voce
soggiunse: Non chiamare immonda quello che Iddio ha purificato. Dopo essergli stata per tre
volte ripetuta la stessa visione quel vaso misterioso si alzò verso il cielo e disparve.
I Ss. Padri riconoscono figurati in questi animali immondi i peccatori e tutti quelli che,
involti nel vizio e nell'errore, per mezzo del sangue di G. C. sono purificati e ricevuti in grazia.
Mentre Pietro stava meditando che {114 [130]} cosa volesse mai significare quella
visione giunsero i tre messaggeri. In quel momento Dio glieli fece conoscere e gli comandò di
scendere ad incontrarli, mettersi in loro compagnia, e andare seco loro senza alcun timore. Sceso
egli adunque, e vedutili, disse: Eccomi, io sono colui che voi cercate. Qual è il motivo della
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vostra venuta? Udita la visione di Cornelio e la cagione del loro viaggio, comprese subito il
significato di quel misterioso lenzuolo; perciò li accolse gentilmente e li fece dimorare seco
quella notte. La mattina vegnente accompagnato da sei discepoli partì da Ioppe coi messaggeri, e
in numero di dieci presero il cammino alla volta di Cesarea.
Dopo due giorni Pietro con tutta la sua comitiva giunse in quella città dove con grande
ansietà l'attendeva il Centurione. Questi per maggiormente onorare il suo ospite aveva convocato
tutti i suoi parenti ed amici, affinchè potessero anch'essi partecipare delle celesti benedizioni che
all'arrivo di Pietro sperava di ottenere dal Cielo. {115 [131]} Allorchè il buon Centurione
secondo l'ordine di Dio mandò a chiamare Pietro per intendere da lui i divini voleri dovette
certamente formarsi una grande idea di lui, reputandolo un personaggio sublime e non conforme
agli altri uomini. Perciò entrando Pietro in sua casa gli si fece incontro e gli si gettò ai piedi in
atto di adorarlo. Pietro pieno di umiltà lo rialzò immantinenti avvisandolo che egli era al par di
lui un semplice uomo. Seguitando poscia a parlare entrarono nel luogo dell'adunanza.
Là alla presenza di tutti Pietro raccontò l'ordine da Dio ricevuto di conversare coi Gentili
e di non più giudicarli come abbominevoli e profani. Ora io sono qui da voi, conchiuse; ditemi
pertanto quale sia la cagione per cui mi avete chiamato? Cornelio ubbidì all'invito di Pietro, si
levò in piedi e raccontò quanto eragli accaduto quattro giorni prima, protestando che egli e tutti
quelli colà radunati erano prontissimi ad eseguire ogni, cosa, che per commissione divina {116
[132]} avesse loro comandato. Allora Pietro spiegando il carattere di apostolo del Signore,
depositario fedele della religione e della fede, prese ad istruire nei principali misteri del Vangelo
tutta quella onorevole assemblea.
Continuava Pietro il suo ragionamento quando lo Spirito Santo scese visibilmente sopra
Cornelio e sopra i suoi famigli, ed in maniera sensibile comunicò loro il dono delle lingue, pel
che essi cominciarono a magnificare Iddio cantandone le lodi. S. Pietro vedendo operarsi colà
quasi lo stesso prodigio operato nel cenacolo di Gerusalemme esclamò: Avvi forse alcuno che
possa impedire che noi battezziamo costoro, i quali hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di
noi? Indi rivolto a' suoi discepoli ordinò che tutti li battezzassero. La famiglia di Cornelio fu la
prima di Roma e d'Italia che abbracciasse la fede.
S. Pietro dopo averli tutti battezzati ritardò la sua partenza da Cesarea, si fermò qualche
tempo per appagare le pie istanze di Cornelio e di tutti {117 [133]} quei novelli battezzati, che di
ciò il pregavano instantemente. Pietro approfittò di quel tempo per predicare il Vangelo in quella
città, e tale ne fu il frutto che egli risolvette di assegnare un pastore a quella moltitudine di fedeli,
e questi fu s. Zaccheo, di cui si parla nel Vangelo, il quale perciò fu consacrato primo vescovo di
Cesarea. (V. Teodoreto, s. Gio. Crisostomo, s. Clemente. ecc.).
Questo fatto, cioè l'avere ammesso alla fede i gentili, cagionò una certa gelosia tra i fedeli
di Gerusalemme, nè mancarono quelli che disapprovarono pubblicamente quanto aveva fatto s.
Pietro. Per la qual cosa egli giudicò bene di recarsi in quella città per disingannare gl'illusi e far
conoscere che quanto aveva operato era ordine di Dio. Giunto in Gerusalemme, alcuni si
presentarono a lui parlandogli arditamente così: Perchè sei tu andato da uomini non circoncisi, ed
hai mangiato con essi? Pietro alla presenza di tutti i fedeli radunati, senza far conto di quella
interrogazione, {118 [134]} diede loro ragione di quanto aveva fatto, cominciando dalla visione
avuta in Ioppe del vaso ripieno di ogni sorta d'animali immondi, dell'ordine ricevuto da Dio di
cibarsi di essi; della ripugnanza che mostrò di ubbidire per timore di contraddire alla legge, e
della voce che si fece di nuovo udire di non più chiamare immondo quello che era stato da Dio
purificato. Dipoi espose minutamente quanto era avvenuto in casa di Cornelio e come in
presenza di molti era disceso visibilmente lo Spirito Santo. Allora tutta quella assemblea
riconoscendo la voce del Signore in quella di Pietro, si acquietarono e lodarono Iddio che avesse
esteso i limiti della sua misericordia. {119 [135]}
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Capo XXI. Erode fa decapitare s. Giacomo il maggiore e mettere s.
Pietro in prigione, ma ne è liberato da un angelo. - Morte di Erode.
Anno di G. C. 41.
Mentre la parola di Dio predicata con santo zelo dagli Apostoli e dai discepoli produceva
frutti di vita eterna fra gli Ebrei e fra i Gentili, la Giudea era governata da Erode Agrippa nipote
di quell'Erode che aveva comandato la strage degl'innocenti.
Dominato costui da spirito di ambizione e di vanagloria desiderava perdutamente di
guadagnarsi l'affetto del popolo. Gli Ebrei, e specialmente quelli che erano in qualche autorità,
seppero valersi di questa sua propensione per muoverlo a perseguitare la Chiesa e cercare gli
applausi dei perversi Giudei nel sangue dei cristiani. Cominciò egli dal far mettere in prigione
l'apostolo s. Giacomo per farlo di poi condannare al patibolo. Questi {120 [136]} è s. Giacomo
Maggiore fratello di s. Giovanni l'evangelista, fedele amico di Pietro che ebbe seco lui molti
segni di speciale benevolenza dal Salvatore.
Questo coraggioso apostolo dopo la discesa dello Spirito Santo predicò il Vangelo nella
Giudea, di poi andò nella Spagna, dove convertì molti alla fede. Ritornato in Palestina, fra gli
altri converti un certo Ermogene, uomo celebre; la qual cosa dispiacque molto ad Erode, e gli
servì di pretesto per farlo mettere in prigione. Condotto dinanzi ai tribunali, dimostrò tanta
fermezza nel rispondere e confessare G. C. che il giudice ne rimase maravigliato. Il suo stesso
accusatore, commosso da tanta costanza, rinunziò al giudaismo e si dichiarò pubblicamente
cristiano, e come tale venne eziandio condannato a morte. Mentre amendue erano condotti al
supplizio, esso si rivolse a s. Giacomo e gli dimandò perdono di quanto aveva detto e fatto contro
di lui. Il santo apostolo dandogli un'affettuosa {121 [137]} occhiata, pax tecum, gli disse, la pace
sia con te. Quindi lo abbracciò e lo baciò, protestando che di tutto cuore lo perdonava, anzi come
fratello lo amava. Di qui si vuole che abbia avuto origine il segno di pace e di perdono, che suole
usarsi fra i cristiani e specialmente nel sacrifizio della santa messa.
Dopo di che quei due generosi confessori della fede ebbero tagliata la testa e si
congiunsero eternamente in cielo.
Una tal morte contristò molto i fedeli, ma rallegrò al sommo i Giudei, i quali colla morte
dei capi della religione si pensavano di mandare a fine la religione medesima. Erode, vedendo
che la morte di s. Giacomo era piaciuta ai Giudei, pensò di procacciar loro un più dolce
spettacolo col far imprigionare s. Pietro, per poi lasciarlo in balìa del loro cieco furore. E poichè
correva la settimana degli azimi, che per gli Ebrei è tempo di giubilo e di preparazione alla
Pasqua, non volle funestare la pubblica {122 [138]} allegrezza di quei giorni col supplizio di un
uomo preteso reo. Carico perciò di catene il fece condurre in mezzo a due custodi e ordinò che
fosse con tutta cautela custodito dentro ad oscura prigione fino al termine di quella solennità.
Diede poi ordine rigoroso che fossero posti per guardia sedici soldati, i quali notte e giorno
vegliassero ripartiti in due luoghi, cioè altri in vista della prigione, altri alla porta di ferro che
metteva in un viottolo della città. Certamente sapeva quel re come Pietro fosse già stato altre
volte posto in prigione e uscito in una maniera affatto maravigliosa, e non voleva che gli
accadesse altra volta somigliante cosa. Ma tutte queste cautele, uscio, porta, catene, custodi e
guardie ad altro non servirono che a dar maggior risalto all'opera di Dio.
Siccome l'arma più potente lasciata dal Salvatore ai cristiani è la preghiera, così tutti i
fedeli, come privati del loro comun padre e pastore, si radunarono insieme, piangendo la
prigionia di lui e porgendo di continuo {123 [139]} preghiere a Dio, onde lo liberasse
dall'imminente pericolo. Sebbene queste loro orazioni fossero più forti delle catene, nondimeno
piacque al Signore di esercitare per qualche giorno la loro pazienza e fede, e fare vie più
conoscere gli effetti della sua onnipotenza.
Era già la notte precedente al giorno fissato per la morte di Pietro. Egli era tutto
rassegnato alle divine disposizioni, egualmente preparato a vivere e a morire per la gloria del suo
Signore; perciò nel buio di quell'orrida prigione dimorava colla maggior tranquillità dell'animo
suo. Dormiva egli, ma per lui vegliava chi ha promesso di assistere la sua Chiesa. Era
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mezzanotte, ogni cosa in cupo silenzio, quando improvvisamente una luce sfolgoreggiante
illumina tutto quel carcere; mentre un angelo mandato da Dio scuote Pietro, lo risveglia
dicendogli: Presto, levati su. A tali parole ambe le catene si sciolsero e gli caddero dalle mani.
Allora l'angelo continuò: Mettiti tosto gli abiti indosso {124 [140]} coi calzari a' piedi. S. Pietro
fece ogni cosa; e l'angelo seguì dicendogli: Mettiti ancora sulle spalle il mantello, e vienmi
dietro. Pietro ubbidì; ma gli pareva che tutto fosse un sogno e che egli fosse fuori di se. Intanto le
porte della prigione trovandosi aperte, egli se ne usciva seguendo l'angelo che gli andava innanzi.
Passate le prime e le seconde guardie, senza che dessero il minimo segno di vederli, giunsero alla
porta di ferro di enorme grossezza, che mettendo fuori dall'edifizio delle carceri dava adito in
città. Quella porta si aprì da se medesima. Usciti adunque camminarono alquanto insieme finchè
l'angelo disparve. Allora Pietro tornato in se stesso, e riflettendo sopra se medesimo, Ora, disse,
mi accorgo che il Signore mandò veramente il suo angelo a liberarmi dalle mani di Erode, e dal
giudizio che gli Ebrei aspettavano che egli facesse di me. Considerato poi bene il luogo dove era,
andò difilato alla casa di certa Maria, madre di Giovanni, soprannominato Marco, dove {125
[141]} molti fedeli stavano radunati in orazione supplicando Iddio che si degnasse di venire in
soccorso del Capo della Chiesa.
Giunto s. Pietro a quella casa, si mise a bussare la porta. Una fanciulla, di nome Rosa
andò per vedere chi fosse. Chi c'è? ella disse. E Pietro: Son'io, apri. La fanciulla conosciutane
bene la voce, quasi fuor di se per la gioia, non badò più ad aprire la porta, e lasciatolo fuori corse
a darne avviso ai padroni. Non sapete? egli è Pietro. Ma quegli le dissero: Tu vaneggi, Pietro è in
prigione e non può trovarsi qui a quest'ora. Ma ella continuava ad asserire che era veramente
desso. Essi allora dissero: Quello che tu hai visto o sentito sarà forse il suo angelo, che nella
forma di lui può esser venuto a darcene qualche novella.
Mentre costoro disputavano colla fanciulla, Pietro seguitava a bussare più forte dicendo:
Olà, aprite. Ciò li mosse a correre in fretta ad aprire, e conobbero che era veramente Pietro. {126
[142]} A tutti sembrava un sogno, e ciascuno giudicava di vedere un morto risuscitato. Alcuni
chiedevano chi l'avesse liberato, altri quando, alcuni erano impazienti di sapere se erasi operato
qualche prodigio. Allora Pietro per appagarli tutti, fallo cenno colla mano che stessero in
silenzio, raccontò per ordine quanto era avvenuto coll'angelo, e come lo aveva cavato di
prigione. Ognuno piangeva di tenerezza e lodando Iddio, lo ringraziavano del favore loro usato.
Pietro non giudicandosi più sicuro della vita in Gerusalemme disse a quei discepoli:
Andate e riferite queste cose a Giacomo (il Minore, vescovo di Gerusalemme) ed agli altri
fratelli, e liberateli dalla pena in cui si trovano per conto mio. In quanto a me, io vedo
conveniente partire da questa città e andarmene altrove.
Quando fu sparsa la notizia che Iddio aveva così prodigiosamente liberato il Capo della
Chiesa, tutti i fedeli ne furono vivamente consolati.
La Chiesa cattolica celebra la memoria {127 [143]} di questo glorioso avvenimento il
giorno primo di agosto sotto il titolo di Festa di s. Pietro in Vincoli. Ma che ne fu di Erode e
delle sue guardie? Fattosi giorno, le guardie che nulla avevano nè udito nè veduto, andarono di
buon mattino a visitare la prigione; quando poi non trovarono più Pietro, rimasero prese dal più
grande sbigottimento. La cosa fu subito riferita ad Erode, il quale fece bensì cercare s. Pietro, ma
non gli fu più possibile di trovarlo. Allora sdegnato fece fare un processo ai soldati e li fece tutti
condurre a morte, forse per sospetto di negligenza o d'infedeltà, avendo trovate aperte le porte
della prigione.
Ma l'infelice Erode non tardò molto a pagare il fio delle ingiustizie e dei tormenti fatti
patire ai seguaci di Gesù Cristo. Per alcuni affari politici da Gerusalemme egli era andato nella
città di Cesarea, e mentre si pasceva degli applausi, con cui il popolo follemente lo adulava
chiamandolo Dio, in quell'istante medesimo fu colpito {128 [144]} da un Angelo del Signore;
venne portato fuori della piazza, e fra indicibili dolori rosicato dai vermi spirò. Questo fatto fa
vedere con quanta sollecitudine Dio viene in aiuto de' suoi servi fedeli, e dà un avviso terribile ai
malvagi. Essi devono grandemente temere la mano di Dio, che severamente punisce anche nella
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Don Bosco - Il Centenario di S. Pietro apostolo
presente vita coloro, che disprezzano la religione o nelle cose sacre o nella persona dei suoi
ministri.
Capo XXII. Il nome cristiano. - S. Pietro trasferisce la cattedra
Apostolica a Roma. - Progresso del Vangelo. Anno di G. C. 42.
L'Apostolo s. Pietro dopo di essere fuggito da Gerusalemme ritornò in Antiochia. Fino
allora quelli che venivano al Vangelo erano ordinariamente appellati con varii nomi. Dicevansi
fedeli perchè venivano a professare {129 [145]} la vera fede; cristicoli, o cultori di Gesù Cristo,
perchè riconoscevano in Gesù Cristo il salvatore di tutti gli uomini; nazareni, perchè seguaci del
Salvatore la cui patria era Nazareth; santi, perchè l'abbracciare il Vangelo voleva dire professare
con perfezione la virtù, e camminare per la via della santità. Furono eziandio detti discepoli
ovvero scolari, perchè tutti quelli che volevano ricevere il battesimo dovevano divenire umili,
docili come altrettanti allievi della scuola di Gesù Cristo che ne è il supremo maestro. Ma gli
apostoli giudicarono di stabilire un nome che dovesse essere come lo stendardo che valesse a
distinguere tutti coloro che vogliono porsi alla sequela del Salvatore. Radunatisi pertanto gli
apostoli nella città di Antiochia stabilirono che tutti quelli i quali avessero abbracciata la fede
fossero chiamati cristiani, vale a dire seguaci di Gesù Cristo; il qual nome si conservò fino ai
nostri giorni. Dopo di che s. Pietro secondando gl'impulsi dello {130 [146]} Spirito Santo decise
di trasferire la sua sede a Roma.
Pertanto dopo di aver tenuta la sua cattedra in Antiochia sette anni parti alla volta di
Roma. Nel suo viaggio predicò Gesù Cristo nel Ponto e nella Bitinia, che sono due vaste
provincia dell'Asia Minore. Seguendo il suo viaggio predicò il santo Vangelo in Sicilia ed in
Napoli, dando a questa città per vescovo s. Aspreno. Finalmente giunse a Roma l'anno
quarantesimo secondo di Gesù Cristo, mentre teneva il Romano impero un imperatore di nome
Claudio.
Pietro trovò quella città in istato veràmente deplorabile. Era, dice s. Leone, un pelago
immenso d'iniquità, una sentina di tutti i vizi, una selva di bestie frementi. Le strade, le piazze
erano seminate di statue di bronzo, di pietre adorate come Dei, e dinanzi a quegli orridi simulacri
si bruciavano incensi e si facevano sacrifizi. Il demonio medesimo era adorato con nefande
sozzure; le azioni più vergognose reputavansi atti di virtù. Si aggiungano {131 [147]} le leggi
che proibivano ogni nuova religione. I sacerdoti idolatri ed i filosofi erano eziandio gravi
ostacoli. Di più trattavasi di predicare una religione che disapprovava il culto di tutti gli Dei,
condannava ogni sorta di vizi e comandava le più sublimi virtù.
Tutte queste difficoltà anzichè arrestare lo zelo del principe degli Apostoli lo accesero
maggiormente di desiderio di liberare quella miserabile città dalle tenebre di morte. S. Pietro
adunque appoggiato al solo aiuto del Signore entra in Roma per formare della metropoli
dell'impero la prima sede del Sacerdozio, il centro del Cristianesimo.
La fama per altro delle virtù e dei miracoli di Gesù Cristo era già ivi pervenuta. Pilato ne
mandò relazione all'imperatore Tiberio, il quale commosso al leggere la santa vita e la morte
gloriosa del Salvatore aveva divisato di annoverarlo fra gli Dei Romani. Ma il Signore del cielo e
della terra non volle essere confuso colle stupide divinità {132 [148]} dei pagani, e dispose che il
senato romano respingesse la proposta di Tiberio come opposta alle leggi dell'impero. Pietro
cominciò a predicare il Vangelo agli Ebrei che abitavano allora in Transtevere, che è una parte
della città di Roma posta al di là del Tevere. Dalla sinagoga degli Ebrei passò a predicare ai
Gentili, i quali con trasporto di vera gioia correvano ansiosi per ricevere il Battesimo. Il loro
numero divenne così grande, e la loro fede così viva, che s. Paolo poco dopo ebbe a consolarsi
coi Romani scrivendo queste parole: La vostra fede è annunziata, cioè fa parlar di se, estende la
sua fama per tutto il mondo. (Rom. c. 1.) Nè solamente sopra il basso popolo cadevano le
benedizioni del Cielo, ma anche sopra persone della primaria nobiltà. Si vedevano uomini elevati
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alle prime cariche di Roma abbandonare il culto dei falsi Dei per mettersi sotto al soave giogo di
Gesù Cristo. Eusebio vescovo di Cesarea dice che i ragionamenti di Pietro erano così robusti e
s'insinuavano con tanta dolcezza negli {133 [149]} animi degli uditori, che diveniva padrone dei
loro affetti e tutti rimanevano come incantati dalle parole di vita che gli uscivano dalla bocca e
non si saziavano di ascoltarlo. Sì grande era il numero di quelli che chiedevano il Battesimo, che
Pietro aiutato da altri suoi compagni lo amministrava sulle rive del Tevere nella stessa guisa che
s. Giovanni Battista lo amministrava su quelle del Giordano. (Eus. Stor. Eccl. lib. 2, cap. 15).
Giunto in Roma Pietro abitò il sobborgo detto Trastevere a poca distanza dal luogo dove
fu poi edificata la Chiesa di santa Cecilia. Di quì nacque la speciale venerazione che i
Transteverini tuttora conservano verso la persona del sommo Pontefice. Fra i primi a ricevere la
fede fu un certo Pudente senatore, che aveva occupato le più sublimi cariche dello stato. Egli
diede in sua casa ospitalità al Principe degli Apostoli, ed esso ne approfittava per celebrare i
Divini Misteri, amministrare ai fedeli la santa Eucaristia, e spiegare le verità della fede a quelli
che lo venivano {134 [150]} ad ascoltare. Quella casa fu bentosto cambiata in un tempio
consacrato a Dio sotto il titolo del Pastore, il più antico di Roma, e si crede che sia quel
medesimo che presentemente è detto di s. Pudenziana. Quasi contemporaneamente fu fondata
un'altra Chiesa dal medesimo Apostolo, che si vuole esser quella che oggidì si appella di s. Pietro
in Vincoli.
S. Pietro vedendo come Roma fosse così ben disposta a ricevere la luce del Vangelo, e
nel tempo stesso un luogo molto adattato per tener relazione con tutti i paesi della Cristianità,
stabilì la sua cattedra in Roma, vale a dire stabilì che Roma fosse centro e luogo di sua special
dimora, ove dalle varie parti del mondo dovessero ricorrere i cristiani nei dubbi di religione e nei
varii loro spirituali bisogni. La Chiesa Cattolica celebra la festa dello stabilimento della cattedra
di s. Pietro in Roma il 18 gennaio.
Bisogna qui ritener bene, che per sede o cattedra di s. Pietro non intendersi la sedia
materiale, ma s'intende {135 [151]} l'esercizio di quella suprema autorità che egli aveva rivevuto
da Gesù Cristo, specialmente quando gli disse, che quanto egli avrebbe legato o sciolto sopra la
terra sarebbe altresì stato legato o sciolto in cielo. S'intende l'esercizio di quell'autorità
conferitagli da Gesù Cristo di pascolare il gregge universale dei fedeli, sostenere e conservare gli
altri pastori nell'unità di fede e di dottrina siccome hanno sempre fatto i sommi Pontefici da s.
Pietro fino al regnante Pio IX.
Poichè le occupazioni che s. Pietro aveva in Roma non gli permettevano più di potersi
recare a visitare quelle chiese che in varii paesi aveva fondato, scrisse una lunga e sublime lettera
indirizzata specialmente ai Cristiani che abitavano nel Ponto, nella Galazia, nella Bitinia e nella
Cappadocia, che sono provincie dell'Asia Minore. Egli qual padre amoroso dirige il discorso a'
suoi figliuoli per animarli ad essere costanti nella fede che aveva loro predicato e li avvisa
specialmente di guardarsi dagli errori {136 [152]} che gli eretici fin da quei tempi andavano
spargendo contro alla dottrina di Gesù Cristo.
Conchiude poi questa lettera colle seguenti parole: Voi, o Seniori, cioè o vescovi e
sacerdoti, io vi scongiuro di pascere il gregge di Dio, che da voi dipende, governandolo non
forzatamente, ma di buona voglia; non per amor di vile guadagno, ma con animo volenteroso e
fatti modelli del vostro gregge. Voi poi, o giovani, cioè voi tutti o cristiani, siate soggetti ai
sacerdoti con vera umiltà, perchè Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili. Siate temperanti e
vegliate perchè il demonio vostro nemico, qual leone che rugge, va in giro cercando chi divorare,
cui resistete coraggiosamente nella fede.
Vi salutano i cristiani che sono in Babilonia cioè in Roma, e vi saluta poi in modo
particolare Marco mio figlio in Cristo.
La grazia del Signore a tutti voi che vivete in Gesù Cristo. Così sia. (Epist. I, Capo V).
{137 [153]}
I Romani che avevano con gran fervore abbracciata la fede predicata da Pietro
manifestarono a s. Marco, fido discepolo dell'Apostolo, il vivo desiderio che mettesse in iscritto
quello che s. Pietro predicava. S. Marco di fatto aveva accompagnato il Principe degli apostoli in
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parecchi viaggi e lo aveva udito a predicare in molti paesi. Laonde da quanto aveva udito nelle
prediche e nei famigliari colloquii dal suo maestro, ed in modo tutto speciale illuminato e
inspirato dallo Spirito Santo, era realmente in grado di appagare i pii desiderii di quei fedeli.
Perciò si accinse a scrivere il Vangelo, vale a dire un fedele racconto delle azioni del Salvatore,
ed è quello che abbiamo oggidì sotto al nome di Vangelo secondo s. Marco.
S. Pietro da Roma mandò vari suoi discepoli in diverse parti d'Italia e in molti altri paesi
del mondo. Inviò s. Apollinare in Ravenna, s. Trofimo nelle Gallie e precisamente nella città di
Arles, donde il Vangelo si propagò negli altri paesi della Francia; mandò {138 [154]} s. Marco
in Alessandria di Egitto a fondare in suo nome quella chiesa. Così la città di Roma, capitale di
tutto l'impero, la città di Alessandria che era la prima dopo Roma, quella di Antiochia, capitale di
tutto l'Oriente, ebbero per fondatore il principe degli Apostoli, e divennero perciò le tre prime
sedi patriarcali, tra cui fu per più secoli ripartito il dominio del mondo cattolico, salva sempre la
dipendenza dei patriarchi Alessandrino ed Antiocheno dal Pontefice Romano Capo di tutta la
Chiesa, pastore universale, centro di unità. Mentre s. Pietro mandava tanti suoi discepoli a
predicare altrove il Vangelo, egli in Roma ordinava Sacerdoti, consacrava Vescovi, tra cui aveva
scelto s. Lino per Vicario a fare sue veci nelle occasioni in cui qualche grave affare lo avesse
obbligato ad allontanarsi da quella città. {139 [155]}
Capo XXIII. S. Pietro al Concilio di Gerusalemme definisce una
questione. - S. Giacomo conferma il suo giudizio. Anno di G. C. 50.
Roma era ordinaria dimora del principe degli Apostoli, ma le sue vigilanze dovevano
estendersi a tutti i fedeli cristiani. Perciò qualora fossero insorte difficoltà o questioni intorno a
cose di religione mandava qualche suo discepolo, o scriveva lettere in proposito e talvolta andava
egli stesso in persona; come appunto fece nell'occasione che in Antiochia nacque una questione
tra i Giudei ed i Gentili.
Credevano gli Ebrei che per essere buoni Cristiani fosse necessario di ricevere la
Circoncisione ed osservare tutte le cerimonie della legge di Mosè. I Gentili rifiutavano di
sottomettersi a questa pretensione degli Ebrei, e la cosa venne a tal punto che ne ridondava grave
danno e scandalo tra i {140 [156]} semplici fedeli e tra gli stessi predicatori del Vangelo. Laonde
s. Paolo e s. Barnaba giudicarono bene di ricorrere al giudizio del Capo della Chiesa e degli altri
Apostoli, affinchè colla loro autorità sciogliessero ogni dubbio. S. Pietro pertanto si recò da
Roma a Gerusalemme per convocare un concilio generale. Perciocchè se il Signore ha promesso
la sua assistenza al Capo della chiesa, affinchè la sua fede non venga mai meno, lo assiste
certamente quando è congregata coi principali pastori della chiesa; tanto più che Gesù Cristo ci
assicurò di trovarsi di fatto in mezzo a quelli che in numero anche solo di due si fossero radunati
in suo nome. Giunto adunque il principe degli apostoli in quella città invitò tutti gli altri Apostoli
e tutti quei primari pastori che potè avere; quindi Paolo e Barnaba accolti in concilio esposero in
piena adunanza la loro ambasciata a nome dei Gentili d'Antiochia, le ragioni ed i timori d'una
parte e dell'altra, dimandando la loro deliberazione per quiete e sicurezza {141 [157]} delle
coscienze. Si manifestarono, conchiudeva s. Paolo, alcuni della setta de' Farisei, i quali hanno
creduto ed asseriscono essere necessario che Ebrei e Gentili siano circoncisi, e debbano
osservare la legge di Mosè se vogliono aver salute.
Quella veneranda assemblea prese ad esaminare questo punto, e dopo matura discussione
sulla proposta materia, in fine levatosi Pietro prese a parlare così: Fratelli, voi ben sapete come
Iddio elesse me per far conoscere ai Gentili la luce del Vangelo, e le verità della fede siccome
avvenne di Cornelio Centurione e di tutta la sua famiglia. Ora Iddio che conosce i cuori degli
uomini ha renduto testimonianza a quei buoni gentili mandando sopra di loro lo Spirito Santo
come aveva fatto sopra di noi, e niuna differenza ha fatto tra noi e loro, mostrando che la fede gli
aveva purificati dalle immondezze che prima li escludevano dalla grazia. Dunque la cosa è chiara
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che senza la Circoncisione i Gentili sono giustificati per la {142 [158]} fede di Gesù Cristo. A
che pertanto vogliamo tentar Iddio quasi provocandolo a darci una prova più sicura della sua
volontà? Perchè imporre a questi nostri fratelli Gentili un giogo, che con fatica noi ed i nostri
padri abbiamo potuto portare? Quindi noi crediamo che per la sola grazia del N. Signor Gesù
Cristo tanto gli Ebrei quanto i Gentili debbano essere salvi.
Dopo la sentenza del Vicario di Gesù Cristo, tacque tutta quella assemblea. Paolo e
Barnaba confermarono quanto aveva detto Pietro raccontando le conversioni ed i miracoli, che
Dio erasi compiaciuto di operare per mano loro fra i Gentili che avevano convertiti al Vangelo.
Come Paolo e Barnaba ebbero finito di parlare, s. Giacomo vescovo di Gerusalemme
confermò il giudizio di Pietro dicendo: Fratelli, ora ponete mente anche a me: ben disse Pietro,
come da principio Iddio fece grazia ai Gentili formando un popol solo che glorificasse il suo
santo nome. Ora ciò è confermato dalle parole dei profeti {143 [159]} che noi vediamo in questi
fatti avverate. Per la qual cosa io giudico con Pietro che i Gentili non sono da inquietarsi dòpo
che si sono convertiti a Gesù Cristo; solamente mi pare doversi ordinar loro che per riguardo alla
inferma coscienza dei fratelli Ebrei e per agevolare l'unione fra questi due popoli venga proibito
di mangiar cose sacrificate agli idoli, carni soffocate, il sangue, e proibita eziandio sia la
fornicazione. Questa ultima cosa, cioè la fornicazione non occorreva proibirla essendo affatto
contraria ai dettami della ragione e proibita dal sesto precetto del decalogo. Fu per altro
rinnovata tale proibizione riguardo ai Gentili, perchè nel culto delle false loro divinità si
pensavano che fosse cosa lecita anzi gradita fare offerta di cose immonde ed oscene.
Il giudicio di s. Pietro così da s. Giacomo confermato piacque a tutti quelli del concilio;
perciò di comun sentimento determinarono di eleggere persone autorevoli da mandare in
Antiochia con Paolo e Barnaba. A questi, {144 [160]} a nomo del concilio, furono consegnate
lettere che contenevano le decisioni che colà eransi prese. Le lettere erano di questo tenore: « Gli
Apostoli e sacerdoti fratelli a' fratelli Gentili che sono in Antiochia, nella Siria, nella Cilicia
salute. Avendo noi inteso che alcuni venuti di qua hanno turbato ed angustiato le vostre
coscienze con idee arbitrarie, è sembrato bene a noi qui radunati di scegliere e mandare a voi
Paolo e Barnaba, uomini a noi carissimi, che la loro vita sacrificarono ed esposero a pericolo pel
nome di nostro Signor Gesù Cristo. Con essi mandiamo Sila e Giuda, i quali consegnandovi le
nostre lettere vi confermeranno a bocca le medesime verità. Imperciocohè fu giudicato dallo
Spirito Santo e da noi di non imporvi alcun'altra legge eccetto quella che dovete osservare, cioè
di astenervi dalle cose sacrificate agli idoli, dalle carni soffocate, dal sangue, e dalla
fornicazione. Dalle quali cose astenendovi farete bene. Statevi con Dio. »
Questo fu il primo concilio generale {145 [161]} a cui presiedette s. Pietro, dove come
Principe degli Apostoli e Capo della Chiesa parlò e definì la quistione coll'assistenza dello
Spirito Santo. Così da ogni fedel cristiano deve credersi che le cose definite nei concilii generali
radunati e confermati dal Sommo Pontefice Vicario di Gesù Cristo, e successore di s. Pietro sono
verità certissime, che danno i medesimi motivi di credibilità come se uscissero dalla bocca dello
Spirito Santo, perchè essi rappresentano la Chiesa col suo capo, a cui Dio ha promesso la sua
infallibile assistenza sino alla fine dei secoli.
Capo XXIV. S. Pietro conferisce a s. Paolo ed a s. Barnaba la pienezza
dell'Apostolato - È avvisato da s. Paolo - Ritorna a Poma. Anno di G.
C. 54.
Iddio aveva già prima fatto conoscere più volte che voleva mandare s. Paolo e s. Barnaba
a predicare ai Gentili. {146 [162]} Ma fino allora esercitavano il loro sacro ministero come
semplici sacerdoti, e forse anche come vescovi senzachè loro fosse per anche conferita la
pienezza dell'apostolato. Quando poi andarono in Gerusalemme per cagione del Concilio e
raccontarono le maraviglie per mezzo loro da Dio operate fra i gentili, si trattennero eziandio a
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speciali colloquii coi Ss. Pietro, Giacomo e Giovanni. Raccontarono, dice il sacro Testo, tali
maraviglie a quelli che tenevano le prime cariche nella Chiesa, tra quali erano certamente i tre
Apostoli sopra nominati, che si consideravano come le tre colonne principali della Chiesa. Egli
fu in questa occasione, dice s. Agostino, che s. Pietro, come Capo della Chiesa, Vicario di G. C,
e divinamente inspirato, conferì a Paolo e a Barnaba la pienezza dell'apostolato con incarico di
portare la luce del Vangelo a' Gentili. Così s. Paolo fu elevato alla dignità di apostolo colla stessa
pienezza di poteri che godevano gli altri apostoli stabiliti da Gesù Cristo.
Mentre s. Pietro e s. Paolo dimoravano {147 [163]} in Antiochia avvenne un fatto che
merita di essere riferito. S. Pietro era certamente persuaso che le cerimonie della legge di Mosè
non l'ossero più obbligatorie pei Gentili, tuttavia quando trovavasi cogli Ebrei mangiava all'uso
giudaico, temendo di disgustarli se avesse praticato altrimenti. Tale condiscendenza era cagione
che molti Gentili si raffreddassero nella fede: quindi nasceva avversione tra gentili ed ebrei, e
veniva a rompersi quel vincolo di carità che forma il carattere dei veri seguaci di Gesù Cristo. S.
Pietro ignorava le dicerie che avevano luogo sopra questo fatto, S. Paolo accorgendosi che tale
condotta di Pietro poteva generare scandalo nei fedeli, pensò di correggerlo pubblicamente
dicendo: Se tu essendo Giudeo hai conosciuto per la fede di poter vivere e vivi di fatto come i
gentili, e non come i giudei, perchè col tuo esempio vuoi costringere i gentili all'osservanza della
legge giudaica? S. Pietro fu molto contento di tale avviso, perciocchè con quel fatto veniva
pubblicato in faccia a tutti {148 [164]} i fedeli, che la legge cerimoniale di Mosè non era più
obbligatoria, e come colui che ad altri predicava l'umiltà di Gesù Cristo, seppe praticarla egli
medesimo, non dando il minimo segno di risentimento. D'allora in poi non ebbe più alcun
riguardo per la legge cerimoniale di Mosè.
Bisogna tuttavia qui notare coi Ss. Padri che quanto faceva s. Pietro non era male in se,
ma somministrava ai cristiani motivo di discordia. Si vuole eziandio che s. Pietro sia stato
d'accordo con s. Paolo intorno alla correzione da farsegli pubblicamente, affinchè vie più fosse
conosciuta la cessazione della legge cerimoniale di Mosè. Da Antiochia s. Pietro andò a
predicare in varie città, finchè fu avvisato da Dio di recarsi a Roma per assistere i fedeli in una
fiera persecuzione eccitata contro ai cristiani. Quando s. Pietro giunse in quella città governava
l'impero Nerone uomo pieno di vizi e per conseguenza il più avverso al cristianesimo. Egli aveva
fatto appiccare il fuoco in varii lati di quella {149 [165]} città che con molti cittadini rimase in
gran parte consumata dalle fiamme. Nerone poi gettò la colpa di quella malvagia azione sopra i
cristiani.
Nella sua crudeltà Nerone aveva fatto mettere a morte un virtuoso filosofo di nome
Seneca, che era stato suo maestro. La medesima sua madre peri vittima di quel figlio snaturato.
Ma la gravità di questi misfatti fecero una terribile impressione anche sopra l'abrutito cuore di
Nerone, sicchè sembravagli di vedere intorno a se orrendi spettri che l'accompagnassero giorno e
notte. Laonde studiava di placare le ombre infernali, o meglio i rimorsi della coscienza con
sacrifizi. Volendo poi procacciarsi qualche sollievo fece ricercare i maghi più accreditati per far
uso della loro magia e dei loro incantesimi. Il mago Simone, quello stesso che aveva cercato di
comperare da s. Pietro i doni dello Spirito Santo approfittò dell'assenza del s. Apostolo, per
recarsi colà e a forza di adulazioni verso l'imperatore mettere in discredito la religione cristiana.
{150 [166]}
Capo XXV. S. Pietro fa risuscitare un morto. Anno di Gesù Cristo 66.
Il mago Simone sapeva che se avesse potuto fare qualche miracolo sarebbesi acquistato
gran credito. Quelli che s. Pietro andava da ogniparte operando servivano ad accenderlo vie più
d'invidia e di rabbia. Laonde andava studiando qualche prestigio per farsi vedere superiore a s.
Pietro. Venne più volte seco lui a prova, ma ne fu sempre pieno di confusione. E poichè vantava
la scienza di guarire le infermità, allungare la vita, risuscitare i morti, cose tutte che egli vedeva
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farsi da s. Pietro, avvenne, che fu invitato a far altrettanto. Era morto un giovane di nobile
famiglia e parente dell'imperatore. I suoi genitori, essendone inconsolabili, furono consigliati di
ricorrere a s. Pietro perchè venisse a richiamarlo a vita. Altri invece invitarono Simone. Giunsero
ambidue nel tempo stesso {151 [167]} alla casa del defunto; s. Pietro di buon grado acconsentì
che Simone facesse le sue prove per dare la vita al morto, perciocchè sapeva, che solo Iddio può
operar veri miracoli, nè mai alcuno potè vantarsi di averne operati se non per virtù divina ed in
conferma della religione cattolica, perciò tornare inutili tutti gli sforzi dell'empio Simone. Pieno
di boria e spinto dallo spirito, maligno Simone accettò pazzamente la prova, e persuaso di
vincere propose la seguente condizione: Se Pietro fa egli risuscitare il morto, io sarò condannato
a morte; ma se io darò vita a questo cadavere, Pietro la paghi colla testa. Non essendovi tra gli
astanti chi ricusasse quella proposta, anzi di buon grado accettandola s. Pietro, il Mago si accinse
all'opera.
Si accostò esso al feretro del defunto, e invocando il demonio e operando mille altri
incantesimi, parve ad alcuni che quel freddo cadavere desse qualche segno di vita. Allora i
partigiani di Simone si misero a gridare che Pietro doveva morire. {152 [168]}
Il santo Apostolo rideva di quella impostura, e con modestia pregando tutti a voler tacere
per un momento, disse: Se il morto è risuscitato, si levi su, cammini e parli; si resuscita lux est,
surgat, ambulet, fabuletur. Non è vero che ei mova il Capo o dia segno di vita, è la vostra
fantasia che vi fa pensare così. Comandate a Simone che si scosti dal letto, e tosto vedrete
svanire dal morto ogni speranza di vita. (S. Paciano, ep. 2.)
Così fu fatto, e colui che prima era estinto seguitava a giacere qual sasso privo di spirito e
di moto. Allora il s. Apostolo s'inginocchiò a poca distanza dal feretro e si mise a pregare
fervorosamente il Signore, supplicandolo di glorificare il suo santo nome a confusione dei
malvagi e a conforto dei buoni. Dopo breve orazione rivolto al cadavere disse ad alta voce:
Giovane, alzati su, Gesù Signore ti dà la vita e la sanità.
Al comando di questa voce, cui la morte era avvezza ad ubbidire, lo spirito tornò
prontamente a vivificare quel {153 [169]} freddo corpo; e perchè non sembrasse un'illusione, si
alzò in piedi, parlò, camminò e gli fu fatto prender cibo. Anzi Pietro lo prese per mano e vivo e
sano lo restituì alla madre. Quella buona donna non sapeva come esprimere la sua gratitudine
verso il santo, e lo pregò umilmente a non partire dalla sua casa, perchè non fosse abbandonato
chi era risorto per le sue mani. S. Pietro la confortò dicendo: Noi siamo servi del Signore, egli lo
ha risuscitato e non lo abbandonerà mai. Non temere di tuo figlio, poichè egli ha il suo custode.
Rimaneva ora che il Mago fosse condannato a morte, e già una turba di popolo era pronta
ad opprimerlo sotto un nembo di pietre, se l'Apostolo, mosso a pietà di lui, non avesse dimandato
che fosse lasciato in vita, dicendo essere per lui castigo assai grande la vergogna che aveva
provato. Viva pure, disse, ma viva per vedere a crescere e dilatarsi sempre più il regno di Gesù
Cristo. {154 [170]}
Capo XXVI. Volo - Caduta - Disperata morte di Simon Mago. Anno di
G. G. 67.
Nella risurrezione di quel giovane Simone avrebbe dovuto ammirare la bontà e la carità
di Pietro, e riconoscere in pari tempo l'intervento della potenza divina, quindi abbandonare il
demonio cui da tanto tempo serviva; ma la sua superbia lo rese vie più ostinato. Animato dallo
spirito di Satana s'inferocì più che mai e risolse a qualunque costo di fare vendetta contro a s.
Pietro. Con questo pensiero si portò un giorno da Nerone, e gli disse come egli era disgustato de'
Galilei, cioè dei cristiani, e che aveva risoluto di abbandonar il mondo, e che per dare a tutti una
prova infallibile della sua divinità voleva salire da se stesso al Cielo.
A Nerone piacque assai la proposta; e poichè desiderava trovar sempre nuovi pretesti
onde perseguitare i cristiani, fece avvisar s. Pietro, il quale {155 [171]} secondo lui passava per
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un gran conoscitore di magìa, e lo sfidò a fare altrettanto e mostrare che Simone era un bugiardo;
che se ciò non avesse fatto, veniva egli stesso giudicalo bugiardo ed impostore, e come tale
condannato al taglio della testa. L'Apostolo appoggiato alla protezione del cielo che non manca
mai di venire in difesa della verità accettò l'invito. S. Pietro adunque senz'alcun soccorso umano
si armò dello scudo inespugnabile dell'orazione. Ordinò eziandio a tutti i fedeli che con digiuno
universale e con preghiere continue invocassero la divina misericordia. Il giorno in cui facevansi
queste pratiche religiose era sabato, e di qui è venuto il digiuno del sabato, che ai tempi di s.
Agostino praticavasi ancora in Roma in memoria di questo avvenimento.
Per lo contrario il Mago Simone tutto imbaldanzito pel favore promessogli dai suoi
demonii si apparecchiava ad ordire e terminare con loro la frode, e nella sua pazzia credeva {156
[172]} con questo colpo di abbattere la Chiesa di Gesù Cristo. Venne il giorno fissato. Immensa
folla di popolo era radunata nella gran piazza di Roma. Nerone stesso con tutta la corte,
abbigliato di vesti lucicanti d'oro e di gemme, stava seduto sopra una tribuna sotto a ricchissimo
padiglione mirando e confortando quel suo campione. Si fa profondo silenzio. Appare Simone
vestito come se fosse un Dio ed affettando tranquillità mostra sicurezza di portare vittoria.
Mentre si diffondeva in pomposi discorsi, improvvisamente apparve in aria un carro di fuoco;
(era tutto illusione diabolica e giuoco di fantasia) e ricevutovi dentro il mago alla vista di tutto il
popolo il demonio lo levò di terra, e lo trasportò su per l'aria. Già toccava le nubi e cominciava a
dileguarsi dalla vista del popolo, il quale cogli occhi levati all'insù giubilando di maraviglia e
battendo le palme gridava: Vittoria! miracolo! miracolo! Gloria ed onore a Simone vero figliuolo
degli Dei! Pietro in compagnia di s. Paolo, {157 [173]} senz'alcuna ostentazione s'inginocchia a
terra e colle mani levate al Cielo fervorosamente prega Gesù Cristo che voglia venire in aiuto
della sua Chiesa per far trionfare la sua religione in faccia a quel popolo illuso. Detto, fatto; la
mano di Dio onnipotente, che aveva permesso agli spiriti maligni di sollevare Simone fino a
quell'altezza, tolse loro in un subito ogni potere, sicchè privi di forza dovettero abbandonare
Simone nel più grave pericolo, e nel colmo di sua gloria. Sottratta a Simone la virtù diabolica,
abbandonato al peso del pingue suo corpo si rovesciò con rovinosa caduta, e cadde giù con tale
impeto a terra che sfracellandosi tutte le membra, schizzò il sangue fino sul tribunale di Nerone.
Tale caduta di Simone avvenne vicino ad un tempio dedicato a Romolo, dove oggi esiste la
chiesa de' santi Cosma e Damiano.
L'infelice Simone avrebbe certamente dovuto perdere la vita, se s. Pietro non avesse
invocato Dio a favore di lui. Pietro, dice, s. Massimo, pregò {158 [174]} il Signore di liberarlo
dalla morte sia per far conoscere a Simone la debolezza de' suoi demonii, sia perchè confessando
lo potenza di G. C. implorasse da lui il perdono delle sue colpe. Ma colui che da lungo tempo
faceva professione di disprezzare le grazie del Signore, era troppo difficile che si arrendesse
anche in questo caso che Iddio abbondava nella sua misericordia. Simone divenuto l'oggetto
delle beffe di tutto il popolo, pieno di confusione pregò alcuni suoi amici di portarlo via di là.
Portato in una casa vicina sopravvisse ancora
qualche giorno finchè oppresso dal dolore e dalla vergogna, si appigliò al disperato partito di
togliersi quei miseri avanzi di vita, e gettandosi giù da una finestra si diede così volontariamente
la morte9. {159 [175]}
La caduta di Simone è viva immagine della caduta di que' cristiani i quali o rinnegando la
cristiana religione, o trascurando di osservarla, cadono dal grado sublime di virtù, cui la fede
cristiana gli ha innalzati, e rovinano miseramente ne' vizi e nei disordini, con disonore del
carattere cristiano, della religione che professano e con danno talvolta irreparabile dell'anima
loro.
9 I santi Padri che raccontano il fatto di Simon Mago nel modo sovra esposto fra gli altri sono: s. Massimo torinese,
s. Cirillo di Gerusalemme, s. Sulpizio Severo, s. Gregorio di Tours, s. Clemente papa, s. Basilio di Seleucia, s.
Epifanio, s. Agostino, s. Ambrogio, s. Girolamo ed altri molti.
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Capo XXVII. Pietro è cercato a morte; Gesùi gli appare e gli predice
imminente il martirio. - Testamento del santo Apostolo. - Anno di
Gesù C. 68, dell'êra volgare 64.
Il supplizio toccato a Simon Mago, mentre rendeva sensibile la vendetta del cielo,
contribuì assai ad accrescere il numero dei cristiani. Nerone per altro al vedere una moltitudine
di persone abbandonare il profano culto {160 [176]} degli dei per professare la religione
predicata da s. Pietro, ed essendosi accorto che il santo Apostolo colla predicazione era riuscito a
guadagnare persone da lui molto favorite e quelle stesse che in corte erano strumento di iniquità;
sentissi raddoppiare la sua rabbia contro ai cristiani.
In mezzo al furore di quella persecuzione Pietro era indefesso nell'animare i fedeli ad
essere costanti nella fede fino alla morte, e nel convertire nuovi gentili, sicchè il sangue dei
martiri ben lungi dall'atterrire i cristiani e diminuirne il numero, era un seme fecondo che ogni
giorno li moltiplicava. Solamente gli Ebrei di Roma, forse stimolati dagli Ebrei della Giudea, si
mostravano ostinati. Per la qual cosa Iddio volendo venire all'ultima prova per vincere la loro
ostinazione fece pubblicamente predire dal suo apostolo, che fra breve sarebbesi suscitato un re
contro quella nazione, il quale dopo averla ridotta alle più gravi angustie uguaglierebbe al suolo
la loro città, costringendone i cittadini {161 [177]} a morir di fame e di sete. Allora, diceva, si
vedranno gli uni mangiare i corpi degli altri e consumarsi a vicenda, finchè venuti in preda a'
vostri nemici vedrete sotto gli occhi vostri straziare crudelmente le vostre mogli, le vostre figlie,
e i vostri fanciulli percossi e messi a morte sopra le pietre; le medesime nostre contrade saranno
dal ferro e dal fuoco ridotte in desolazione e rovina. Quelli poi che sfuggiranno dalla comune
sciagura saranno venduti come giumenti e soggetti a perpetua servitù. Tali mali verranno sopra
di voi, o figliuoli di Giacobbe, perchè avete fatto festa sopra la morte del figliuolo di Dio, ed or
ricusate di credere in lui. » (Lattanzio lib. 4.)
Ma saputosi da ministri della persecuzione che si sarebbero affaticati inutilmente se non
toglievano di mezzo il Capo dei cristiani, si volsero contro di lui per cercarlo e metterlo a morte.
I fedeli considerando la perdita, che avrebbero fatta colla morte di lui, studiavano ogni mezzo per
{162 [178]} impedire che egli cadesse nelle mani dei persecutori. Quando poi si accorsero essere
impossibile che egli potesse più a lungo star nascosto, lo consigliarono ad uscire da Roma e
ritirarsi in luogo dove fosse men conosciuto. Pietro rifiutavasi a tali consigli suggeriti dall'amor
figliale e anzi ardentemente desiderava la corona del martirio. Ma seguitando i fedeli a pregarlo
di far ciò pel bene della Chiesa di Dio, cioè cercare di conservarsi in vita per istruire, confermare
nella fede i credenti e guadagnare anime a Cristo, infine accondiscese e stabilì di partire.
Di nottetempo prese da' fedeli congedo per involarsi al furore degl'idolatri. Ma giunto alle
mura della città, quando stava per uscire dalla porta Capena, detta oggidì Porta di s. Sebastiano,
gli apparve Gesù Cristo in quello stesso sembiante in cui l'aveva conosciuto e per più anni
trattato. L'Apostolo benchè fosse sorpreso da questa inaspettata comparsa, nondimeno secondo la
sua prontezza di spirito {163 [179]} si fece animo di interrogarlo dicendo: O Signore, dove
andate? Domine, quo vadis? Rispose Gesù: Io vengo a Roma per essere di nuovo crocifisso.
Da quelle parole conobbe Pietro che era imminente la propria crocifissione, poichè
sapendo che il Signore non poteva più essere nuovamente crocifisso per se medesimo, doveva
esserlo nella persona del suo Apostolo. In memoria di questo avvenimento presso alla porta di s.
Sebastiano fu edificata una chiesa detta ancora oggidì Domine, quo vadis, oppure sancta Maria
ad Passus, ossia santa Maria de' Piedi, perchè il Salvatore in quel luogo, dove parlò a s. Pietro,
lasciò impressa su di una pietra la sacra traccia de' suoi piedi. Questa pietra si conserva tuttora
nella chiesa di s. Sebastiano.
Dopo quell'avviso s. Pietro ritornò indietro, e interrogato dai cristiani di Roma sulla
cagione di si presto ritorno, raccontò loro ogni cosa. Niuno ebbe più alcun dubbio, che Pietro in
breve sarebbe stato incarcerato ed avrebbe glorificato il Signore col dare per lui {164 [180]} la
vita. Nel timore pertanto di cadere da un momento all'altro nelle mani dei persecutori e che in
quei calamitosi momenti la Chiesa rimanesse priva del suo supremo pastore, pensò di nominare
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alcuni dei vescovi più zelanti affinchè uno di loro sottentrasse nel Pontificato dopo sua morte.
Furono questi s. Lino, s. Cleto, s. Clemente e s. Anacleto, i quali lo avevano già aiutato in qualità
di suoi vicari nei vari bisogni della Chiesa. Di questi papi parleremo appositamente altrove.
Non contento s. Pietro di aver così provveduto a' bisogni della sede pontificia, volle
altresì indirizzare uno scritto a tutti i fedeli, come per suo testamento, cioè una seconda lettera.
Questa tettera è diretta al corpo universale dei fedeli, nominando in particolar maniera quelli del
Ponto, della Galizia e di altre provincie dell'Asia a cui aveva predicato.
Dopo di aver di nuovo accennate le cose già dette nella sua prima lettera, raccomanda di
avere sempre innanzi agli occhi Gesù Salvatore, guardandosi {165 [181]} dalla corruzione di
questo secolo, e da' piaceri mondani. Per risolverli poi a tenersi fermi nella virtù, mette loro in
vista i premii che il Salvatore tien preparati nel regno eterno del Cielo, e all'incontro richiama
loro alla memoria i terribili castighi coi quali suole Iddio punire i peccatori bene spesso in questa
vita, ma infallibilmente nell'altra colla pena eterna del fuoco. Portandosi poi col suo pensiero
nell'avvenire predice gli scandali che molti uomini perversi avrebbero suscitato, gli errori che
avrebbero seminati, le astuzie di cui sarebbonsi serviti per propagarle. « Ma sappiate, egli dice,
che costoro a somiglianza di fonti senza acqua, e di nebbie oscure agitate dai venti sono tutti
impostori e seduttori delle anime, che promettono una libertà, la quale va sempre a finire in una
miserabile schiavitù in cui si trovano avvolti essi medesimi, dopo di che loro è riserbato il
giudicio, la perdizione ed il fuoco. »
« Per me, egli continua, io son certo, che secondo la rivelazione avuta {166 [182]} dal N.
Signore Gesù Cristo fra poco tempo debbo abbandonare questo tabernacolo del mio corpo, ma
non mancherò di far in maniera, che ancor dopo la morta abbiate i mezzi per richiamare tali cose
alla mente vostra. Siate certi, le promesse del Signore non mancheranno mai: verrà il giorno
estremo in cui cesseranno di essere i cieli, gli elementi saranno disciolti o divorati dal fuoco, sarà
consumata la terra con tutto ciò che contiene. Occupati adunque nelle opere di pietà aspettiamo
con impazienza e con piacere la venuta del giorno del Signore e secondo le sue promesse
viviamo in maniera di poter passare alla contemplazione dei cieli ed al possesso di un'eterna
gloria. »
Di poi li esorta a conservarsi mondi dal peccato, e a credere costantemente che la lunga
pazienza che usa spesso il Signore con noi, è per comun nostro bene. Quindi raccomanda
caldamente di non interpretare le sacre scritture col privato intendimento di ciascuno, e nota
particolarmente le {167 [183]} lettere di s. Paolo, che egli chiama suo fratello carissimo di cui
dice così: « Gesù Cristo differisce la sua venuta per darvi tempo a convertirvi; le quali cose vi
scrisse Paolo nostro carissimo fratello secondo la scienza che gli è stata data da Dio. Siccome
eziandio fa in tutte le sue lettere, ove egli parla di queste medesime cose. State però ben attenti
che in queste lettere vi sono alcune cose difficili ad intendersi, le quali gli uomini ignoranti e
leggeri spiegano in senso perverso, siccome fanno eziandio delle altre parti della sacra scrittura,
di cui si abusano a loro propria perdizione. » Le quali parole meritano di essere attentamente
considerate dai protestanti i quali vogliono affidare l'interpretazione della Bibbia a qualsiasi
uomo del popolo comunque sia rozzo ed ignorante. A questi si può applicare che la capricciosa
spiegazione della Bibbia riusci a loro propria perdizione: ad suam ipsorum perditionem. (Ep 2, c.
3). {168 [184]}
Capo XXVIII. S. Pietro in prigione converte Processo e Martiniano. -
Suo martirio. Anno di G. C. 70; dell'êra volgare 66-67.
Finalmente era giunto il momento in cui si dovevano compiere le predizioni fatte da Gesù
Cristo intorno alla morte del suo Apostolo. Tante fatiche meritavano di essere coronate dalla
palma del martirio. Mentre un giorno sentivasi tutto ardere di amore verso la persona del Divin
Salvatore, e vivamente desiderava di potersi quanto prima congiungere a lui, viene sorpreso da'
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persecutori che in un momento lo legano e lo conducono in una profonda e tetra prigione detta
Mamertina dove solevansi racchiudere i più famosi scellerati10. La divina Provvidenza dispose
che Nerone dovesse per affari di governo allontanarsi {169 [185]} qualche tempo da Roma;
sicchè s. Pietro dovette star circa nove mesi nelle carceri. Ma i veri servi del Signore sanno
promuovere la gloria di Dio in ogni tempo e in ogni luogo. Nell'oscurità della prigione
esercitando Pietro le cure del suo apostolato e specialmente il ministero della divina parola, ebbe
la consolazione di guadagnare a G. G. i due custodi della carcere di nome Processo e Martiniano
con altre 47 persone che si trovavano rinchiuse nel medesimo luogo.
E' fama confermata dall'autorità di accreditati scrittori che non essendo colà acqua per
amministrare il battesimo a quei novelli convertiti, Iddio facesse scaturire in quello istante un
fonte perenne, le cui acque continuano a scaturire oggidì. I viaggiatori che vanno a Roma si
fanno premura di visitare la carcere Mamertina che è a piè del Campidoglio, nel cui fondo
scaturisce tuttora la prodigiosa fontana. Quell'edifizio tanto nella parte sotterranea, quanto in
quella che si eleva {170 [186]} sopra terra è oggetto di grande venerazione presso ai cristiani.
I ministri dell'imperatore tentarono più volte di vincere la costanza del s. Apostolo, ma
tornando inutile ogni loro sforzo, e per sopra più vedendo che fra le stesse catene non cessava di
predicar Gesù Cristo e così accrescere il numero dei cristiani, determinarono di farlo tacere colla
morte. Era un mattino quando Pietro vide aprirsi la carcere. Entrano i carnefici, lo legano
strettamente e gli annunziano che doveva essere condotto al supplizio. Oh allora il suo cuore fu
pieno di allegrezza. Io godo, andava esclamando, perchè presto vedrò il mio Signore. Presto
andrò a trovare colui che ho amato e da cui ho ricevuto tanti segni d'affetto e di misericordia.
Prima di essere condotto al supplizio il santo Apostolo secondo le leggi romane dovette
essere sottoposto a dolorosa flagellazione; la qual cosa gli cagionò somma gioia, perchè così
diveniva sempre più fedele seguace del suo divin Maestro, il quale prima {171 [187]} di essere
crocifisso fa anche sottoposto a crudelissima flagellazione.
Anche la strada, da lui percorsa andando al supplizio, merita di essere notata. I Romani
conquistatori del mondo dopo aver soggiogata qualche nazione apparecchiavano la pompa del
trionfo sopra un magnifico carro nella valle o meglio nel piano a piè del colle Vaticano. Di là per
la via sacra detta eziandio trionfale i vincitori ascendevano trionfanti al Campidoglio. S. Pietro
dopo aver sottomesso il mondo al soave giogo di Cristo viene anch'egli tratto fuori dal carcere e
per la medesima strada condotto al luogo dove si preparavano quelle grandi solennità. Così
celebrava eziandio la cerimonia del trionfo ed offeriva se stesso in olocausto al Signore fuori
della porta di Roma siccome fuori di Gerusalemme era stato crocifisso il suo divin Maestro.
Fra il colle Gianicolo11 ed il Vaticano {172 [188]} era una valle dove raccogliendosi delle
acque formavasi una palude. Sull'alta vetta del monte nella parte risguardante la palude era il
luogo destinato al martirio del più grande uomo del mondo. L'intrepido atleta giunto al luogo del
patibolo quando vide la croce, sopra cui era condannato a morire, pieno di coraggio e di gioia
esclamò: Salve, o croce, salvezza delle nazioni, stendardo di Cristo, o croce carissima, salve, o
conforto dei cristiani. Tu sei quella che mi assicuri la via del cielo, sei quella che mi assicuri
l'entrata nel regno della gloria. Tu, che un tempo vidi rosseggiante del sacratissimo sangue del
{173 [189]} mio Maestro, tu oggi sii il mio aiuto, il mio conforto, la salvezza mia. (Boll. die 29
iunii).
Tuttavia s. Pietro giudicava per lui onore troppo grande il fare una morte simile a quella
del suo divin Maestro, perciò pregò i suoi crocifissori che per grazia volessero farlo morire col
Capo all'ingiù. Siccome tal maniera di morire veniva a farlo patir di più, così la grazia gli fu
10 La catena con cui fu legato s. Pietro conservasi tuttora in Roma nella chiesa detta s. Pietro in vincoli. (Artau, Vita
di s. Pietro).
11 Sulla più alta punta del monte Gianicolo, dove Anco Marzio quarto re di Roma fondò la rocca gianicolese, fu
edificata la chiesa di s. Pietro in Montorio nel luogo dove il santo apostolo compiè il martirio. Questo monte fu detto
Gianicolo perchè fu dedicato a Giano custode delle porte che in latino diconsi ianuae. Si vuole che qui eziandio sia
stato sepolto Giano, perchè edificò questa parte di Roma di fronte al Campidoglio. Va detto anche monte aureo dalla
vicina ed antica porta aurelia. Ora si dice Montorio ovvero monte d'oro dal colore giallo della terra che copre questo
colle che è uno dei sette colli di Roma antica. (V. Moroni Chiese di s. Pietro).
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facilmente concessa. Ma il corpo di lui naturalmente non potevasi tenere sulla croce, se le mani
ed i piedi fossero unicamente stati conficcati coi chiodi, perciò furono strette con funi le Sante
sue membra a quel duro tronco.
Era stato accompagnato al luogo del supplicio da una turba infinita di cristiani e
d'infedeli. Quell'uomo di Dio in mezzo agli stessi tormenti, quasi dimentico di se stesso,
consolava i primi, perchè non si affliggessero per lui; si adoperava per salvar i secondi con
esortarli a lasciar il culto degli idoli ed abbracciare il vangelo affinchè potessero conoscere
l'unico vero Dio, {174 [190]} creatore di tutte le cose. Il Signore che dirigeva sempre lo zelo di
si fedele ministro lo consolò in quelle ultime agonie colla conversione di un gran numero
d'idolatri d'ogni condizione e d'ogni sesso. (S. Ef. Sir.)
Mentre s. Pietro pendeva in croce Dio volle confortarlo con celeste consolazione. Gli
apparvero due Angeli con due corone di gigli e di rose per indicargli che i suoi patimenti erano
giunti al termine e che egli doveva essere coronato di gloria nella beata eternità. (V. Piazza Em.)
S. Pietro riportava sopra la croce così nobil trionfo il 29 giugno, l'anno settantesimo di
Gesù Cristo e sessantesimo settimo dell'êra volgare. Nello stesso giorno che s. Pietro moriva in
croce, s. Paolo sotto la spada dello stesso tiranno glorificava Gesù Cristo con aver tronca la testa.
Giorno veramente glorioso per tutte le chiese della cristianità, ma speciamente per quella di
Roma, la quale dopo essere stata da Pietro fondata, e lungamente pasciuta colla dottrina di
ambidue {175 [191]} questi Principi degli Apostoli, è ora consacrata dal loro martirio, dal loro
sangue, e sublimata sopra tutte le chiese del mondo.
Così mentre era imminente la distruzione della città santa di Gerusalemme, e doveva
essere arso il suo tempio, Roma che era la capitale e la padrona di tutte le nazioni, diventava per
mezzo di quei due apostoli la Gerusalemme della nuova alleanza, la città eterna; e tanto più
gloriosa della vecchia Gerusalemme, quanto la grazia del vangelo e il sacerdozio della nuova
alleanza sono più grandi del sacerdozio, di tutte le cerimonie e figure della legge antica.
S. Pietro era martirizzato in età di anni 86, dopo un pontificato di 35 anni, 3 mesi e 4
giorni. Tre anni li passò specialmente in Gerusalemme. Tenne poi la sua cattedra sette anni in
Antiochia, il rimanente a Roma. {176 [192]}
Capo XXIX. Sepolcro di s. Pietro. - Attentato contro al suo corpo.
Appena s. Pietro mandò l'ultimo respiro molti cristiani partirono piangendo la morte del
supremo pastore della chiesa. Per altro s. Lino suo discepolo ed immediato successore, due
sacerdoti fratelli s. Marcello e s. Apuleio, s. Anacleto con altri fervorosi cristiani si raccolsero
intorno alla croce di s. Pietro, quando poi i carnefici si allontanarono dal luogo del martirio,
deposero il corpo del santo apostolo, lo unsero con preziosi aromi, lo imbalsamarono e lo
portarono a seppellire vicino al Circo ossia presso agli orti di Nerone sul monte Vaticano
propriamente nel luogo ove oggidì tuttora si venera. Il corpo di lui fu posto in un sito dove erano
già stati sepolti molti martiri discepoli dei santi apostoli, primizie della chiesa cattolica, ì quali
per ordine di Nerone {177 [193]} erano stati esposti alle fiere, o crocifìssi, o bruciati, o uccisi a
forza di inauditi tormenti. S. Anacleto aveva colà eretto un piccolo cimiterio e in un angolo di
esso innalzò una specie di oratorio ove ripose il corpo di s. Pietro. Questo sito divenne celebre e
tutti i papi successori di s. Pietro dimostrarono sempre mai vivo desiderio di essere ivi sepolti.
Poco tempo dopo la morte di s. Pietro vennero a Roma alcuni cristiani dall'Oriente, i
quali riputando essere per loro un gran tesoro il possedere le reliquie del santo apostolo risolsero
di farne acquisto. Ma conoscendo che sarebbe stato inutile il cercare di comperarle con danaro,
pensarono di rubarle quasi come cosa loro propria e riportarle in quei luoghi donde il santo era
venuto. Andarono perciò coraggiosamente al sepolcro, lo estrassero di là e lo portarono alle
catacombe, che sono un luogo sotterraneo detto presentemente s. Sebastiano, con animo di
mandarle in Oriente appena si fosse presentata l'opportunità. {178 [194]}
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Iddio per altro che aveva chiamato quel grande apostolo a Roma, perchè la rendesse
gloriosa col martirio, dispose eziandio che il suo corpo fosse conservato in quella città e rendesse
quella chiesa la più gloriosa del mondo. Quando pertanto quegli Orientali andarono per compiere
il loro disegno, si sollevò un temporale con un turbine sì gagliardo, che pel rumoreggiare de'
tuoni, pel saettare dei fulmini furono costretti a lasciarlo nel luogo stesso ove era stato riposto.
Si accorsero dell'avvenuto i cristiani di Roma ed in gran folla usciti dalla città
ripigliarono il corpo del s. Apostolo, e lo portarono nuovamente sul monte Vaticano donde era
stato tolto. (V. Gregorio M. ep. 30. Baronio all'anno 284).
L'anno 103 s. Anacleto divenuto sommo pontefice vedendo alquanto calmate le
persecuzioni contro ai cristiani a sue spese innalzò un tempietto in modo che racchiudesse le
reliquie e tutto il sepolcro ivi esistente. Questa {179 [195]} è la prima chiesa dedicata al principe
degli apostoli.
Questo sacro deposito rimase alla venerazione dei fedeli fino alla metà del 3o secolo.
Soltanto l'anno 221 per la ferocia con cui erano perseguitati i cristiani, temendo che i corpi dei
santi apostoli Pietro e Paolo fossero profanati dagli infedeli vennero dal pontefice trasportati
nelle catacombe dette cimitero di s. Callisto in quella parte che oggi si appella cimitero di s.
Sebastiano. Ma l'anno 255 il papa s. Cornelio a preghiera ed istanza di s. Lucina e di altri
cristiani riportò il corpo di s. Paolo nella via di Ostia nel sito dove' era stato decapitato. Il corpo
di s. Pietro fu di nuovo trasportato e riposto nella primitiva tomba ai pie' del colle Vaticano.
Capo XXX. Tomba e Basilica di s. Pietro in Vaticano.
Ne' primi tre secoli della Chiesa i fedeli per lo più non potevano recarsi alla {180 [196]}
tomba di s. Pietro se non con pericolo grave di essere accusati come cristiani e condotti davanti
ai tribunali de' persecutori. Tuttavia vi fu sempre grande concorso di popolo che da' più lontani
paesi venivano ad invocare la protezione del cielo alla tomba di s. Pietro. Ma quando Costantino
divenne padrone del romano impero e pose fine alle persecuzioni, allora ognuno potè
liberamente mostrarsi seguace di Gesù Cristo, e la tomba di s. Pietro divenne il santuario del
mondo cristiano, dove da ogni angolo venivasi per venerare le reliquie del primo Vicario di G. C.
Lo stesso imperatore professava pubblicamente il Vangelo, e fra molti segni di attaccamento alla
cattolica religione uno fu quello di aver fatto edificare varie chiese, e fra le altre quella in onore
del principe degli apostoli conosciuta sotto al nome di Basilica costantiniana. Pertanto l'anno 319
Costantino e per suo impulso e ad invito di s. Silvestro stabili che il sito della nuova chiesa fosse
a' piedi del Vaticano con disegno che racchiudesse tutto il piccolo {181 [197]} tempio edificato
da s. Anacleto e che fino a quell'epoca era stato l'oggetto della comune venerazione. Nel giorno
in cui l'Imperator Costantino voleva dar principio alla santa impresa depose il diadema imperiale
e tutte le regie insegne, quindi si prostrò a terra e sparse molte lacrime per divota tenerezza.
Presa quindi la zappa si accinse a scavare colle proprie mani il terreno, dando così
cominciamento allo scavo delle fondamenta della nuova basilica. Volle egli stesso formare il
disegno e stabilire lo spazio che doveva abbracciare il nuovo tempio, e per animare a dar mano
all'opera con alacrità, volle sulle proprie spalle portare dodici cofanetti di terra in onore dei
dodici apostoli. Allora fu dissotterrato il corpo di s. Pietro, ed alla presenza di molti fedeli e di
molto clero fu collocato da s. Silvestro in una gran cassa d'argento, con sopra un'altra cassa di
bronzo dorato piantata immobilmente nel suolo. L'urna che racchiudeva il sacro deposito era
larga, alta e lunga cinque piedi, sopra fu {182 [198]} posta una gran croce d'oro purissimo del
peso di libbre cento cinquanta in cui erano incisi i nomi di s. Elena e del suo figlio Costantino.
Terminato quel maestoso edificio, preparata una cripta o camera sotterranea tutta ornata di oro e
di gemme preziose, circondata di una quantità di lampade d'oro e d'argento vi collocò il prezioso
tesoro, il corpo di s. Pietro. S. Silvestro invitò molti vescovi ed i fedeli cristiani di ogni parte del
mondo intervennero a questa solennità. Per incoraggiarli vieppiù apri il tesoro della Chiesa, e
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concedette molte indulgenze. Il concorso fu straordinario; la solennità fu maestosa, ed era la
prima consacrazione che si faceva pubblicamente con riti e cerimonie tali quali si praticano
ancora oggidì nella consacrazione dei sacri edifizi. La funzione compievasi l'anno 324 al diciotto
di novembre. L'urna di s. Pietro così chiusa non si riaprì mai più, e fu sempre oggetto di
venerazione presso tutta la Cristianità.
Costantino donò molte sostanze pel {183 [199]} decoro e conservazione di quell'augusto
edificio. Tutti i sommi Pontefici gareggiarono per rendere glorioso il sepolcro del principe degli
Apostoli. Ma tutte le cose umane si vanno consumando dal tempo e la basilica Costantiniana nel
secolo XVI si trovò in pericolo di rovinare. Laonde i pontefici stabilirono di rifarla intieramente.
Dopo molti studi, dopo gravi fatiche e grandi spese si potè collocare la pietra fondamentale del
novello tempio l'anno 1506. Il gran Giulio II ad onta dell'avanzata sua età e non ostante la
profonda voragine in cui doveva discendere per giungere alla base del pilastro della cupola, volle
tuttavia discendervi in persona per istabilirvi con solenne cerimonia la prima pietra. E' difficile
descrivere le fatiche, il lavoro, il danaro, il tempo, gli uomini che si impiegarono in questa
maravigliosa costruzione.
Il lavoro fu condotto a termine nello spazio di cento venti anni, e finalmente Urbano VIII
assistito da 22 cardinali e da tutte quelle dignità che {184 [200]} sogliono prender parte alle
funzioni pontificie consacrò solennemente la maestosa basilica il 18 novembre 1626 cioè nello
stesso giorno in cui s. Silvestro aveva consacrata l'antica basilica Costantiniana. In tutto questo
tempo in mezzo a tante ristorazioni e a tanti lavori di costruzione le reliquie di s. Pietro non
soffrirono alcuna traslazione, nè l'urna, nè la sopracassa di bronzo furono smosse, neppure la
cripta fu aperta. Il pavimento nuovo essendosi dovuto alquanto elevare sopra l'antico fu disposto
che esso racchiudesse la cappella primitiva e lasciasse così intatto l'altare consacrato da s.
Silvestro. A questo proposito si nota che quando l'architetto Giacomo della Porta sollevava gli
strati del pavimento intorno al vecchio altare per sovraporvi il nuovo vi scopri la finestra che
corrispondeva alla sacra urna. Calatovi dentro il lume ravvisò la croce d'oro sovrapostavi da
Costantino e da s. Elena sua madre. Fece tosto di ogni cosa relazione al Papa, che nel 1594 era
Clemente VIII, il quale in compagnia {185 [201]} dei cardinali Bellarmino e Antoniano, si portò
sulla faccia del luogo e trovò quanto aveva riferito l'architetto. Il pontefice non volle aprire nè il
sepolcro, nè l'urna, nemmeno acconsentì che alcuno si avvicinasse, anzi ordinò che l'apertura
fosse chiusa con cementi. Da allora in poi non fu mai più nè aperta la tomba, nè alcuno si è più
avvicinato a quelle reliquie venerande.
I viaggiatori che si recano a Roma per visitare la gran basilica di s. Pietro in Vaticano, al
primo vederla restano come incantati, e i personaggi più celebri per ingegno e scienza giunti nei
loro paesi non sanno darne se non una debole idea.
Ecco quel tanto che si può con qualche facilità comprendere. Quella chiesa è abbellita di
marmi i più squisiti che siansi potuto avere; la sua ampiezza e la sua elevazione giungono ad un
segno, che sorprende l'occhio che la rimira; il pavimento, le mura, la vôlta sono con tale maestria
ornati, che sembrano aver esausti tutti i ritrovarti {186 [202]} dell'arte. La cupola che per così
dire sale fino alle nuvole è un compendio di tutte le bellezze della pittura, della scultura e
dell'architettura. Sopra la cupola, anzi sopra lo stesso cupolino, avvi una boccia di bronzo dorato
che guardandosi da terra sembra una pallottola da trastullo; ma chi vi sale e vi penetra dentro
vede un globo entro cui sedici persone possono comodamente fermarsi seduto. In una parola in
questa basilica tutto è sì bello, sì raro, sì ben lavorato, che quest'edifizio supera quanto si può
immaginare nel mondo. Principi, re, monarchi e imperatori hanno contribuito ad ornare questo
edifizio rnaraviglioso con magnifici doni da loro inviati alla tomba di s. Pietro, e spesso da loro
medesimi portati colà dai più lontani paesi.
Egli è appunto in mezzo ad un luogo sì magnifico che riposano le ceneri preziose di un
povero pescatore, di un uomo senza erudizione umana, senza ricchezze, la cui fortuna consisteva
in una rete. E ciò {187 [203]} fu da Dio voluto affinchè gli uomini comprendessero come Iddio
nella sua onnipotenza prende l'uomo più abbietto in faccia al mondo per collocarlo sul trono
glorioso a governare il suo popolo; comprendano eziandio quanto egli onori anche nella presente
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vita i suoi servi fedeli, e si facciano così una qualche idea della gloria immensa riservata in cielo
a chi vive e muore nel suo divino servizio. Re, principi, imperatori, e i più grandi monarchi della
terra sono venuti ad implorare la protezione di colui che fu tolto da una barca per essere fatto
pastore supremo della Chiesa; gli eretici e gl'infedeli stessi furono costretti a rispettarlo. Iddio
avrebbe potuto scegliere il supremo pastor della sua Chiesa fra i più grandi e i più sapienti della
terra; ma allora si sarebbero forse attribuite alla loro sapienza e potenza quelle maraviglie, che
Dio voleva che fossero interamente conosciute venire dalla onnipotente sua mano. Solo in
rarissimi casi i papi hanno {188 [204]} permesso che le reliquie di questo gran protettore di
Roma fossero altrove trasportate; perciò pochi luoghi della cristianità possono vantare di
possederne; tutta la gloria è in Roma.
Chi mai volesse scrivere i molti pellegrinaggi ivi fatti in ogni tempo, da tutte le parti del
mondo e da ogni ceto di persone, la moltitudine di grazie ivi ricevute, gli strepitosi miracoli ivi
operati, dovrebbe farne molti e grossi volumi.
Intanto noi compresi da sentimenti di sincera gratitudine, come per conclusione e frutto
di quanto abbiamo detto intorno alle azioni del principe degli Apostoli, innalziamo fervorose
preghiere al trono dell'Altissimo Iddio; preghiamo questo suo fortunato Vicario e martire
glorioso, onde si degni volgere dal Cielo uno sguardo pietoso sopra i presenti gravi bisogni della
sua Chiesa, si degni di proteggerla e sostenerla nei gagliardi assalti che ogni di deve sostenere da
parte de' suoi nemici; ottenga forza e coraggio a' suoi successori, a tutti i vescovi e a tutti {189
[205]} i sacri ministri, affinchè tutti si rendano degni del ministero da Cristo loro affidato,
cosicchè dal suo celeste aiuto confortati possano riportare copiosi frutti delle loro fatiche,
promovendo la gloria di Dio e la salute delle anime fra i popoli Cristiani.
Fortunati que' popoli che sono uniti a Pietro nella persona de' Papi suoi successori. Essi
camminano per la strada della salute; mentre tutti quelli che si trovano fuori di questa strada e
non appartengono all'unione di Pietro non hanno speranza alcuna di salvezza; perchè Gesù Cristo
ci assicura che la santità e la salvezza non possono trovarsi se non nell'unione con Pietro, sopra
cui poggia l'immobile fondamento della sua Chiesa. Ringraziamo di cuore la bontà divina che ci
ha fatti figli di Pietro.
E poichè esso ha le chiavi del regno de' Cieli preghiamolo ad esserci protettore nei
presenti bisogni, e così nell'ultimo giorno di nostra vita egli si degni di aprirci la porta della beata
eternità. Così sia. {190 [206]}
Appendice sulla venuta di s. Pietro a Roma12
Sebbene le discussioni sopra fatti particolari si possano chiamare estranee allo storico,
tuttavia la venuta di san Pietro, che è un punto de' più importanti della storia ecclesiastica,
essendo caldamente combattuta dagli eretici d'oggidì, mi sembra materia di tale importanza da
non doversi ommettere. Ciò pare tanto più opportuno perchè i protestanti da qualche tempo nei
loro libri, giornali e conversazioni, cercano di farne soggetto di ragionamento {191 [207]}
sempre collo scopo di metterla in dubbio e screditare la nostra santa cattolica religione. Noi
crediamo che questo solo fatto varrà a far conoscere a tutto il mondo la grande mala fede che
regna presso di costoro; giacchè il mettere in dubbio la venuta di san Pietro a Roma è lo stesso
che dubitare se vi sia luce quando il sole risplende in pieno mezzodì; perciò la sola ignoranza o
mala fede può esserne cagione.
Stimo per altro bene di dar qui di passaggio un avviso a tutti coloro che si fanno a
scrivere o parlare di questo argomento, di non considerarlo come punto dogmatico e religioso; e
ciò sia detto tanto pei cattolici quanto pei protestanti; perciocchè Iddio stabilì san Pietro Capo
della Chiesa e questo è dogma e verità di fede. Che poi s. Pietro abbia esercitata questa sua
12 Questo punto storico fu dottamente trattato dall'erudito Teol. Marengo, professore di teologia nel Seminario di
Torino, in una sua operetta, che ha per titolo Viaggio di s. Pietro a Roma.
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autorità in Gerusalemme, in Antiochia, in Roma od altrove, questa è discussione storica estranea
alla fede.
È pur bene di avvisare i protestanti che fino al secolo decimoquarto, nello {192 [208]}
spazio di circa millequattrocento anni, non trovasi un autore nè cattolico nè eretico il quale abbia
mosso il minimo dubbio sopra la venuta di s. Pietro a Roma; e noi li invitiamo a citarne un solo.
Il primo che abbia messo in campo questo dubbio fu Marsilio di Padova che vendette la sua
penna all'imperatore Lodovico il Bavaro, i quali, uno colle armi, l'altro colle perverse dottrine, si
scatenarono contro al primato del Sommo Pontefice. Tal dubbio peraltro fu da tutti considerato
come ridicolo, e svanì colla morte del suo autore.
Due secoli dopo, nel secolo decimosesto, sorsero gli spiriti turbolenti di Calvino e di
Lutero, e dalla scuola di costoro uscirono parecchi, i quali, superando la malafede degli stessi
loro maestri, studiarono di suscitare il medesimo dubbio per meglio ingannare i semplici e gli
ignoranti. Chi è alcun poco pratico di storia sa quale fede si meriti colui che appoggiato
unicamente al suo capriccio si mette a contraddire un fatto riferito dall'unanime {193 [209]}
consenso di gravi autori di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Questa sola osservazione basterebbe da
sè a far manifesta l'insussistenza di cotal dubbio; tuttavia affinchè il lettore conosca gli autori che
colla loro autorità vengono a confermare quanto asseriamo ne andremo citando alcuni; e poichè i
protestanti ammettono l'autorità della Chiesa de' quattro primi secoli, noi desiderosi di
compiacerli in tutto quello che è possibile ci serviremo di scrittori che abbiano in quel tempo
fiorito. Eccoli.
S. Clemente papa, discepolo di san Pietro, e successore di lui nel pontificato, nella sua
prima lettera scritta ai Corinti, dà come pubblica e certa la venuta di s. Pietro a Roma, la lunga
sua dimora ivi fatta, il martirio ivi sofferto.
S. Ignazio martire, parimenti discepolo di s. Pietro e suo successore nel vescovado di
Antiochia, dice le stesse cose nella sua lettera scritta ai Romani al Capo quarto.
Lo stesso afferma Papia coetaneo {194 [210]} dei suddetti e discepolo di s. Giovanni
Evangelista, come si può vedere presso di Eusebio nella sua Storia ecclesiastica libro 2, Capo 15.
A poca distanza da costoro abbiamo le illustri testimonianze di s. Irineo e di s. Dionigi, i
quali hanno lungamente conosciuto e conversato coi discepoli degli Apostoli, ed erano
informatissimi delle cose avvenute in seno alla Chiesa di Roma13. Quasi nel tempo stesso
fiorirono san Clemente Alessandrino, s. Caio prete di Roma, Tertulliano di Cartagine, Origene, s.
Cipriano e moltissimi altri i quali vanno d'accordo nel riferire il gran concorso de' fedeli alla
tomba di s. Pietro in Roma martirizzato; e tutti pieni di venerazione pel primato, che godeva la
chiesa di Roma, dicono che da quella si devono attendere gli oracoli dell'eterna salute, perchè G.
C. ha promesso la conservazione della fede al suo fondatore s. Pietro. (Caio {195 [211]}
Romano presso Eusebio, Clemente Alessandrino Stromati lib. 7. Tertulliano delle prescrizioni.
Origene presso Eusebio lib. 3. s. Cipriano lettera 52 ad Antoniano, e lett. 55 a Corneliano).
Che se da questi scrittori passiamo ai luminari della Chiesa, s. Pietro di Alessandria, s.
Asterio Amaseno, s. Ottato Milevitano, s. Ambrogio, s. Gioanni Crisostomo, s. Epifanio, s.
Massimo Torinese, s. Agostino, s. Cirillo d'Alessandria ed altri molti, noi troveremo le loro
testimonianze pienamente unanimi e d'accordo intorno alla verità che noi asseriamo.
Aggiungansi i molti martirologii delle diverse chiese latine, che dalla più remota antichità sono
pervenuti fino a noi, i diversi Calendarii degli Etiopi, degli Egiziani, dei Sirii, i menologi dei
Greci; le stesse liturgie di tutte le chiese cristiane sparse ne' varii paesi della cristianità; da per
tutto si trova registrata la verità di questo racconto.
Che più? i medesimi protestanti alquanto celebri in dottrina, come sono il Cave,
Ammundo, Pearsonio, Grozio, {196 [212]} Usserio, Biondello, Scaligero, Basnagio, e Newton
con moltissimi altri convengono essere un fatto incontestabile la venuta del principe degli
Apostoli a Roma e la morte di lui accaduta in questa metropoli dell'universo.
13 S. Irineo Contro alle eresie libro 3, cap. 13. S. Dionigi, lettera ai Romani, Eusebio Storia Ecclesiastica luogo
citato.
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E' vero che nè gli atti degli Apostoli, nè s. Paolo nella sua lettera ai Romani fanno
menzione di questo fatto; ma oltrechè scrittori accreditati riconoscono in questi autori abbastanza
chiaramente accennato tale avvenimento, noi osserviamo che l'autore degli atti degli Apostoli
non aveva per iscopo di scrivere le azioni di s. Pietro, nemmeno quelle di s. Paolo che riferisce
solamente fino al suo arrivo in Roma; lo stesso dicasi di s. Paolo nella sua lettera ai Romani. Che
se vogliamo fermarci sopra questo silenzio degli atti degli Apostoli e della lettera di s. Paolo,
diciamo che ciò non prova nè per noi nè pei protestanti. Perciocchè la sana logica e la semplice
ragion naturale ci ammaestrano, che quando si cerca la verità di un fatto taciuto da un autore, si
{197 [213]} deve cercare presso ad altri cui spetta il parlarne. La qual cosa noi abbiam fatto
abbondatissimamente. Neppure ignoriamo che Giuseppe Flavio non parla di questa venuta di s.
Pietro a Roma; come neppure parla di s. Paolo; ma che importava a lui di parlare de' cristiani?
Suo scopo era di scrivere la storia del popolo ebreo e della guerra giudaica, e non i fatti
particolari altrove avvenuti. Parla egli forse di s. Paolo, di s. Andrea o degli altri Apostoli che
furono coronati del martirio fuori della Palestina? E non dice egli stesso che passava sotto
silenzio molti fatti avvenuti a' suoi tempi? (Antiq. Iudaic. 1. 20, c. 5).
Altronde non è una follia il fidarsi più di un ebreo che non parla, che dei primi cristiani i
quali proclamano tutti ad una voce s. Pietro morto in Roma dopo di avervi dimorato molti anni?
E non gli si dovrebbe negar fede quando anche avesse scritto il contrario? Neppure vogliamo
omettere la difficoltà che taluno va facendo, sul disaccordo degli scrittori nel fissare {198 [214]}
l'anno della venuta di s. Pietro a Roma; perciocchè ai nostri tempi gli eruditi vanno
comunemente d'accordo nella cronologia da noi seguita. Ma noi diciamo che quel disaccordo
degli scrittori antichi dimostra la verità del fatto: dimostra che uno scrittore non ha copiato
dall'altro, che ciascuno si serviva di que' documenti o di quelle memorie che aveva ne' rispettivi
paesi e che erano pubblicamente conosciuti come certi; nè deve farci meraviglia tal disaccordo di
cronologia (che è di uno o due anni più o meno) in que' tempi remoti in cui ogni nazione aveva
un modo suo proprio di computare gli anni. Ma tutti questi autori riferiscono con franchezza tal
venuta di s. Pietro a Roma, e ne accennano le minute circostanze riguardanti la sua dimora e
morte in quella città avvenuta.
Ciò posto noi possiamo venire a questa conclusione. Per lo spazio di mille e
quattrocent'anni non vi fu mai alcuno che abbia mosso il minimo dubbio contro alla venuta di
{199 [215]} s. Pietro a Roma. All'opposto abbiamo una lunga serie di uomini celeberrimi per
santità e dottrina che dai tempi apostolici fino a noi, colla loro autorità l'hanno sempre accertata.
Le liturgie, i martirologi, i medesimi eretici ed altri nemici del cristianesimo sono d'accordo co'
più dotti tra i protestanti intorno a questo fatto.
Dunque voi, o protestanti d'oggidì, contrastando la venuta di s. Pietro a Roma, vi
opponete a tutta l'antichità; vi opponete all'autorità degli uomini ì più dotti e più pii dei tempi
andati; vi opponete ai martirologi, ai menelogii, alle liturgie, ai calendarii dell'antichità; vi
opponete a quanto scrissero i vostri maestri medesimi.
Deh, protestanti, aprite gli occhi, ascoltate le parole di un amico che vi parla mosso
unicamente dal desiderio del vostro bene: molti pretendono di farsi vostra guida di verità, ma o
per malizia o per ignoranza v'ingannano. Ascoltate la voce di Dio che vi chiama al suo ovile
sotto alla custodia del pastore {200 [216]} supremo da lui stabilito. Abbandonate ogni impegno,
superate l'ostacolo del rispetto umano, rinunciate agli errori in cui uomini illusi vi hanno
precipitati. Ritornate alla religione de' vostri avi, che alcuni vostri antecessori abbandonarono;
invitate tutti i seguaci della riforma ad ascoltare quanto diceva a' suoi tempi Tertulliano: « Orsù
adunque, o cristiano, se vuoi accertarti nel grande affare della salute, fa ricorso alle chiese dagli
Apostoli fondate. Va a Roma donde emana la nostra autorità. O chiesa felice, dove gli Apostoli
col loro sangue sparsero tutta la loro dottrina, dove Pietro patì un martirio simile alla passione
del suo divin Maestro, dove Paolo fu coronato del martirio con aver tronca la testa; dove
Giovanni dopo essere stato immerso in una caldaia d'olio bollente, nulla patì, e quindi venne
esiliato nell'isola di Patmos. » (Tertulliano de Praescrip. cap. 36). {201 [217]}
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Triduo in onore di s. Pietro e di s. Paolo
GIORNO 26 DI GIUGNO.
Y. Deus, in adjutorium meum intende.
R. Domine, ad adiuvandum me festina. Gloria Patri etc.
CONSIDERAZIONE SULLA CHIESA DI GESÙ CRISTO.
1. Il nostro Divin Salvatore disceso dal cielo in terra per salvarci volle stabilire un mezzo
onde fosse assicurato il deposito della fede, fondando un regno spirituale sopra la terra. Questo
regno è la sua Chiesa ovvero la congregazione de' fedeli cristiani di tutto il mondo, che
professano la dottrina {202 [218]} di Gesù Cristo sotto la condotta dei legittimi pastori, e
specialmente del Romano Pontefice che ne è il Capo da Dio stabilito. Questa Chiesa qual madre
amorosa doveva in ogni tempo e in ogni luogo ricevere tutti coloro che avessero voluto
ricoverarsi nel suo materno seno; ed essere perciò in ogni tempo visibile ed accessibile a tutti.
Quindi nel Vangelo questa Chiesa è paragonata ad una colonna, contro cui nulla valgono gli
assalti dei nemici delle anime. È paragonata ad una pietra, sopra cui poggia un grande edifìzio
che deve durare sino alla fine de' secoli. Tu sei Pietro, disse Gesù Cristo al Principe degli
Apostoli nel costituirlo Capo della Chiesa: « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia
Chiesa, e le porte dell'inferno non la potranno vincere. »
Gesù Cristo raccomandò a' suoi seguaci che nascendo questioni tra di loro ne deferissero
la risoluzione alla Chiesa: Dic Ecclesiae; che se taluno rifiutasse di ascollare la Chiesa, abbilo
come gentile e pubblicano: Quod si Ecclesiam non audierit, sit tibi tamquam ethnicus et
publicanus. Questa Chiesa è la colonna ed il fondamento di ogni verità, sicchè ogni dottrina, che
non poggia sopra il fondamento di questa Chiesa, {203 [219]} poggia sopra l'errore: Ecclesia est
columna et fundamentum veritatis, dice s. Paolo.
2. Questa Chiesa poi si dice Cattolica, che vuol dire universale, perchè, come si disse,
qual madre amorosa accoglie in tutti i tempi e in tutti i luoghi quelli che vogliono venire al
materno suo seno. Universale poi, perchè abbraccia tutta la dottrina insegnata da Gesù Cristo,
predicata dagli Apostoli, e deve durare sino alla fine de' secoli.
Dicesi anche Santa, perchè il fondatore di Lei, che è Gesù Cristo, è il fonte di ogni
santità; niuno può essere santo fuori di questa Chiesa, giacchè soltanto in essa s'insegna la vera
dottrina di Gesù Cristo, in essa soltanto si pratica la sua fede, la sua legge, e si amministrano i
Sacramenti da Lui instituiti.
Si suole eziandio appellare Apostolica, perchè i suoi pastori sono successori degli
Apostoli, ed insegnano la medesima dottrina predicata dagli Apostoli come l'hanno imparata da
Gesù Cristo.
Si aggiunge poi il titolo di Romana, perchè il suo capo, che è il Papa, è vescovo di Roma,
e per questo motivo questa città, una volta capitale del Romano impero, ora è il centro della
religione, la capitale del mondo cattolico. {204 [220]}
3. E poichè avvi un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, avvi anche una sola vera
Chiesa, fuori di cui niuno può salvarsi.
Considera, o cristiano, e trema riflettendo al gran numero di quelli che non sono in
grembo della Chiesa cattolica e perciò tutti fuori della strada che conduce al cielo. Considera, e
rallegrati in cuor tuo, perchè Dio ti ha creato in questa Chiesa, in cui sono tanti mezzi di
salvezza. Sii a Dio riconoscente, e per ringraziarlo procura di osservare i precetti che la Chiesa a
nome di Dio propone a' suoi figli. Sii costante nell'ascoltare la Messa intiera tutte le domeniche e
le altre feste comandate, osserva i digiuni e le vigilie, e non mangiar carne in venerdì e sabbato.
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Insomma procuriamo di essere cattolici non di nome, ma di fatti, osservando con esattezza
quanto la Chiesa comanda, astenendoci da quanto proibisce.
Che se accadesse di parlare o sentir altri a parlare della Chiesa, diportiamoci come
rispettosi figli verso amorosa madre: non diciamo mai cosa alcuna contro a quanto la Chiesa
comanda o proibisce; e per quanto sta in noi parliamone sempre bene ed opponiamoci
coraggiosamente a chiunque cercasse di parlarne male.
Tre Pater, Ave e Gloria. {205 [221]}
Antiphona. Petrus Apostolus et Paulus doctor gentium ipsi nos docuerunt legem tuam,
Domine.
Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.
R. Ut digni effìciamur promissionibus Christi.
Oremus.
Deus, cuius dextera Beatum Petrum ambutantem in fluctibus ne mergeretur erexit, et
coapostolum eius Paulum tertio naufragantem de profundo pelagi liberavit, exaudi nos propilius
et concede ut amborum meritis aeternitatis gloriam consequamur. Per Christum Dominum
nostrum. R. Amen.
GIORNO 27.
Y. Deus, in adiutorium meum intende.
R. Domine, ad adiuvandum me festina. Gloria Patri etc.
CONSIDERAZIONE SUL Capo DELLA CHIESA.
1. Gesù Cristo nel Vangelo paragonò la sua Chiesa ad un regno, ad un impero, ad una
repubblica, ad una città, ad una fortezza, ad una famiglia. Tutte queste {206 [222]} cose, oltre
che sono di lor natura visibili, non possono sussistere senza un Capo che comandi, e senza
sudditi che obbediscano. Capo invisibile della Chiesa è Gesù Cristo che assiste i sacri pastori dal
cielo fino alla fine del mondo: Ecce ego vobiscum sum, omnibus diebus usque ad
consummationem saeculi. Il Capo visibile fu s. Pietro, e dopo di lui i Pontefici suoi successori.
Il Divin Salvatore disse a Pietro: « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia
Chiesa, e le porte dell'inferno non mai la potranno vincere. Io darò a te le chiavi del regno de'
cieli, quello che scioglierai in terra sarà anche sciolto in cielo: ciò che legherai in terra sarà anche
legato in cielo. » Con queste parole il Salvatore costituì Pietro Capo della sua Chiesa, e gli
conferì quella pienezza di potere, in forza di cui può stabilire tutto ciò che egli giudica poter
contribuire al bene spirituale ed eterno.
Dopo la risurrezione Gesu Cristo confermò quanto ivi è detto a Pietro. Essendo egli
comparso a' suoi Apostoli sulle rive del mar di Tiberiade, disse a Pietro: Pascola le mie pecore,
pascola i miei agnelli; Pasce ovee rneas, pasce agnos meos. Dalla santa Scrittura chiaro
apparisce che gli {207 [223]} agnelli ivi indicano tutti i fedeli cristiani, e le pecore sono i sacri
pastori, che devono dipendere dal Pastore supremo che è Pietro, e dopo di lui i suoi successori.
2. Affinchè poi fossimo assicurati che questo Supremo Pastore avrebbe sempre
conservato il deposito della fede senza mai cadere in errore Gesù Cristo disse a Pietro: Io ho
pregato per te, o Pietro, affinchè la tua fede non venga meno: Rogavi pro te, Petre, ut non
deficiat fides tua, et tu aliquando conversus confirma fratres tuos. Per questo motivo gli altri
Apostoli dopo l'Ascensione del Salvatore, considerarono s. Pietro come loro Capo. Appena il
Salvatore sali al cielo, egli tosto intraprende il governo della Chiesa, propone la elezione di un
Apostolo in luogo di Giuda traditore; egli il primo predica al popolo; primo fa miracoli andando
al tempio; primo è instruito da Dio che non solo gli Ebrei, ma anche i Gentili sono chiamati alla
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fede. Insorgono difficoltà nella Chiesa? Si raduna un concilio nella città di Gerusalemme; Pietro
propone la questione, la spiega, la definisce, e tutti ubbidiscono a Pietro come al medesimo Gesù
Cristo. Così fecero i veri cattolici in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in ogni questione religiosa; si
fece sempre ricorso al Sommo Pontefice, e tutti i cristiani {208 [224]} si sottomisero a lui come
a Pietro, come al medesimo Gesù Cristo.
3. Eccoti, o cristiano, quanto propongo alla tua considerazione. Un Dio fatto uomo per
salvarci; prima di partire dal mondo fonda una Chiesa e deputa un Capo a fare le sue veci sopra
la terra sino alla fine dei secoli: Usque ad consummationem saeculi. Riconosciamo anche noi nel
Romano Pontefice il Padre universale di tutti i cristiani, il successore di s. Pietro, il Vicario di
Gesù Cristo, colui che fa le veci di Dio sopra la terra, colui, al quale disse Gesù Cristo: « Tutto
ciò che legherai in terra, sarà legato in cielo; tutto ciò che scioglierai in terra, sarà anche sciolto
in cielo. » Ma ricordiamoci bene, che niuno può professare la religione di Gesù Cristo se non è
cattolico; niuno è cattolico, se non è unito al Papa.
Tre Pater, Ave e Gloria.
Antiphona. Petrus Apostolus et Paulus doctor gentium ipsi nos docuerunt legem tuam,
Domine.
Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.
R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.
Oremus.
Deus, cuius dextera etc. pag. 206. {209 [225]}
GIORNO 28.
Y. Deus, in adjutorium meum intende.
R. Domine, ad adjuvandum me festina. Gloria Patri etc.
CONSIDERAZIONE SUI PASTORI DELLA CHIESA.
1. La Chiesa è una congregazione di fedeli cristiani sparsi per tutto il mondo, che a guisa
di un numeroso gregge sono governati da un pastore supremo che è il Sommo Pontefice. Ma se
ciascun cristiano dovesse aver direttamente relazione col Vicario di Gesù Cristo, con difficoltà
egli potrebbe far pervenire a lui le sue parole e di rado comunicargli i suoi pensieri. Dio peraltro
pensò e provvide a tutti i bisogni dell'anima nostra. Ascoltate, è questo uno de' più bei tratti del
cattolicismo. Dio stabilì s. Pietro Capo della Chiesa, e morto lui, succedettero i Romani Pontefici
nel governo della medesima, e si succedettero in modo, che dal regnante Pio IX ne abbiamo la
serie non interrotta fino a s. Pietro, e da s. Pietro abbiamo la serie dei Pontefici uno successore
dell'altro, che, ci {210 [226]} conservarono intatta la santa Religione di Gesù Cristo fino a noi.
Gli Apostoli poi esercitarono il loro Aposlolato d'accordoe dipendenti da s.Pietro. Agli
Apostoli succedettero altri vescovi, che sempre d'accordo e sempre dipendenti dal successore di
s. Pietro governarono le varie Diocesi della Cristianità. I vescovi accolgono le suppliche, sentono
i bisogni dei popoli e li fanno pervenire fino alla persona del supremo Gerarca della Chiesa. Il
Papa poi, secondo il bisogno, comunica i suoi ordini ai vescovi di tutto il mondo, ed i vescovi li
partecipano ai semplici fedeli cristiani.
Oltre gli Apostoli, Gesù Cristo stabilì settantadue discepoli, che mandò in vari paesi a
predicare il Vangelo. Gli Apostoli eziandio ordinarono sette diaconi, ed altri ministri, che li
aiutassero nella predicazione del Vangelo, e nell'amministrazione de' Sacramenti. Così tra noi
oltre il Papa ed i vescovi, ci sono altri sacri ministri specialmente i parrochi, i quali strettamente
uniti e d'accordo coi vescovi aiutano questi nella predicazione e nell'amministrazione dei
Sacramenti, li aiutano a mantenere l'unità della fede, e sopra tutto a conservare stretta relazione
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col Capo della religione, la qual cosa è indispensabile per {211 [227]} tener ognor lontano
l'errore dalle verità della fede.
2. Onde noi possiamo dire che i nostri parrochi ci uniscono coi vescovi, i vescovi col
Papa, il Papa ci unisce con Dio. Di più i sacri pastori che governano le chiese particolari
essendosi regolarmente succeduti sempre dipendenti dal Papa, sempre insegnando la stessa
dottrina, amministrando i medesimi Sacramenti, ne segue la certezza che i ministri della Chiesa
cattolica in ogni tempo e in ogni luogo hanno sempre praticato la medesima fede, la medesima
legge, i medesimi sacramenti come furono predicati dagli Apostoli, e come furono istituiti dal
nostro Signor Gesù Cristo.
3. Siamo adunque docili alle voci dei sacri ministri, come le pecore lo debbono essere
alla voce del loro pastore. Dio ce li ha dati per nostri maestri nella scienza della religione;
dunque andiamo da essi ad impararla, e non dai maestri mondani. Dio ce li ha dati per guida nel
cammino del cielo, dunque seguitiamoli ne' loro ammaestramenti. Dio disse a' suoi ministri: Qui
vos audii, me audit; chi ascolta voi, ascolta me: qui vos spernit, me spernit; chi disprezza voi,
disprezza me. Pertanto andiamo volontieri ad ascoltarli nelle prediche, {212 [228]} nelle
istruzioni, nei catechismi, nelle spiegazioni del Vangelo. Secondiamoli nei consigli che ci danno
quando ci accostiamo ai Sacramenti, o quando ci istruiscono per riceverli degnamente;
ascoltiamo le loro voci come se venissero da Gesù Cristo medesimo.
Tre Pater, Ave e Gloria.
Antiphona. Petrus Apostolus et Paulus doctor gentium ipsi nos docuerunt legem tuam,
Domine.
Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.
R. Ut digni effìciamur promissionibus Christi.
Oremus.
Deus, cuius dextera etc. pag. 206. {213 [229]}
Giorno 29 giugno. Festa dei ss. Pietro e Paolo.
Y. Deus, in adiutorium meum intende.
R. Domine, ad adiuvandum me festina. Gloria Patri etc.
CONSIDERAZIONE SULLA FEDE.
1. La nostra religione è soprannaturale e divina, perciò si trovano in essa certe verità così
sublimi, che l'uomo nella vita presente, dopo molte fatiche, appena può giungere a comprederne
piccolissima parte. Nè tal cosa ci deve recar meraviglia, perciocchè negli stessi oggetti materiali,
che cadono sotto i nostri occhi, come le erbe, le piante, l'acqua, il fuoco, la struttura del corpo
umano, scorgiamo molte cose di cui conosciamo l'esistenza, ma non ne comprendiamo le qualità
se non imperfettissimamente. Onde se siamo costretti ad ammettere segreti nelle cose materiali
che cadono sotto ai sentimenti, con assai più di ragione dobbiamo ammetterli nelle cose {214
[230]} spirituali. Queste verità in fatto di religione si chiamano misteri. L'atto con cui noi
pieghiamo la volontà a crederli chiamasi fede. Senza piegare la nostra volontà all'autorità divina,
cioè senza la fede, è impossibile di piacere a Dio, dice s. Paolo. La fede è la sostanza delle cose
che noi dobbiamo sperare da Dio. La fede è il fondamento e la base di ogni nostra
giustificazione, dice la Chiesa a nome di Dio.
2. Questa fede non è appoggiata sopra l'autorità degli uomini che possono cadere in
errore, ma è tutta appoggiata sopra la parola di Dio, che è eterno, immutabile, e che non può mai
variare in cosa alcuna. Pertanto colla fede crediamo che Iddio ha creato il cielo e la terra e tutte
le cose che nel cielo e nella terra si contengono; crediamo che pel peccato originale tutto il
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genere umano si rese indegno del Paradiso e meritevole dell'inferno; che Dio promise un
Salvatore, il quale è venuto, ed è Gesù Cristo vero Dio e vero uomo; che egli si è fatto uomo per
salvare l'anima nostra; e che morì per noi in croce. È pure verità di fede che avvi un solo Dio in
tre persone realmente distinte, che avvi un solo battesimo, una sola vera Chiesa, che è la
cattolica; che niuno può salvarsi fuori di questa Chiesa; che è il Romano {215 [231]} Pontefice,
cui noi dobbiamo ubbidire come a Gesù Cristo, di cui egli fa le veci; che i Sacramenti insinuiti
da nostro Signor Gesù Cristo sono sette, nè più, ne meno. È verità di fede che vi è Iddio, il quale
premia i buoni col Paradiso e punisce i cattivi coll'inferno; che abbiamo un'anima semplice ed
immortale; che un solo peccato mortale può farcela perdere per tutta l'eternità. Queste sono le
principali verità che la nostra religione propone a credersi. Non diamoci per altro alcuna pena se
non comprendiamo queste verità; anzi dobbiamo rallegrarci perchè è segno che Iddio ci riserbò
cose grandi nell'altra vita; cose, che, come dice s. Paolo, l'orecchio non mai udì, l'occhio non
vide mai, la lingua non può esprimere, nè la mente umana può immaginare. Queste cose nella
vita presente non comprendiamo; ma Dio assicura che ci stanno preparate nell'altra vita. Perciò
facciamoci coraggio, comprenderemo poi tutto nella beata eternità, se per la misericordia di Dio
saremo salvi. Allora comprenderemo quanto qui in terra ci pare mistero, allora vedremo Iddio
come è in sè stesso: Tunc videbimus eum sicuti est, dice s. Paolo.
3. Devo ciò non ostante avvertirti, o cristiano, che la nostra fede deve avere certe {216
[232]} qualità, le quali mancando, a nulla giova per salvarci. La nostra fede deve essere intera,
cioè deve abbracciare tutti gli articoli di nostra religione. Tutte le verità della fede sono da Dio
rivelate; quindi chi nega di creder un solo articolo di fede nega di credere a Dio medesimo.
Perciò colui che dice di amare il prossimo, e intanto nomina il nome di Dio in vano; colui che
onora i genitori e intanto prende la roba altrui, o si da in preda alla disonestà, al disprezzo dei
Sacramenti, del Vicario di Gesù Cristo; costui, dico, trasgredisce un articolo di fede, che lo fa
colpevole di tutti gli altri. Gli articoli di fede sono tutti legati insieme e formano una catena che
lega la ragione colla rivelazione, e si viene a costituire una scala per cui l'uomo monta fino a Dio.
Ma rotto un anello della catena, o spezzato un gradino di questa mistica scala, è rotta ogni nostra
relezione con Dio. Che ti vale credere alla Chiesa, al Vicario di Gesù Cristo, se poi ne dispregi
gl'insegnamenti? se parli male del sommo Pontefice? Parliamo chiaro: o tutti gli articoli di nostra
fede, o nissuno; perchè il negarne un solo, è negarli tutti.
Affinchè poi la fede sia veramente intiera, deve essere operativa, cioè deve essere
congiunta colle buone opere. Qui {217 [233]} parla chiaro Gesù Cristo nel Vangelo: « Non tutti,
egli dice, non tutti quelli che dicono, o Signore, o Signore, entreranno nel regno de' cieli, ma tutti
quelli che faranno la volontà del mio Celeste Padre. » Matt. c. 7. A che gioverà, dice s. Giacomo,
a che gioverà, fratelli miei, se taluno di voi dirà aver fede senza le opere? in quella guisa che un
corpo senza anima è morto, così pure la fede senza le opere è una fede morta. O cristiano, vuoi
sapere se la tua fede sia viva o morta? Leggi attento e lo conoscerai. Ha una fede morta chi crede
che basti un solo peccato mortale per farci andare all'inferno, e intanto lo commette con
indifferenza. Ha una fede morta chi crede che noi dobbiamo amare Iddio sopra ogni cosa, e
intanto ama le creature, ama i piaceri del mondo, è tutto occupato nell'ingrandire, arrichire la
famiglia; fìdes sine operibus mortua est. Ha una fede morta colui il quale sa che gli avari non
possederanno il regno de' cieli, e intanto vede il povero divorato dalla fame, gelato dal freddo, e
non si commuove, nè gli porge soccorso alcuno; fides sine operibus mortua est.
Preghiamo la santa Vergine che ci conservi saldi nella fede e ci ottenga dal suo Divin
Figlio grazia e fortezza di essere costanti {218 [234]} nelle pratiche di nostra santa religione fino
all'ultimo respiro della vita.
Inno.
O Roma felix, quae duorum principum
Es consecrata glorioso sanguine,
Horum cruore purpurata coeteras
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Don Bosco - Il Centenario di S. Pietro apostolo
Excellis orbis una pulcritudines.
Sit Trinitati sempiterna gloria
Honor, potestas alque iubilatio,
In unitate qua gubernat omnia
Per universa saeculorum saecula. Amen.
Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.
R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.
Deus, cuius dextera etc. pag. 206.
Oremus.
Con permissione Ecclesiastica. {219 [235]}
Indice
Prefazione
Circolare pontificia sul centenario di s. Pietro
Anno del martirio di san pietro apostolo
Vita di s. Pietro apostolo
Capo I. Patria e professione di san Pietro - Suo fratello Andrea lo
conduce da G. C
Capo II. Pietro conduce in nave il Salvatore - Pesca miracolosa -
Accoglie Gesù in sua casa - Miracoli ivi operati
Capo III. S. Pietro Capo degli Apostoli è inviato a predicare -
Cammina sopra le onde - Bella risposta data al Salvatore
Capo IV. Pietro confessa la seconda volta G. G. per figliuolo di
Dio, è costituito Capo della Chiesa e gli sono promesse le chiavi
del regno dei cieli
Capo V. S. Pietro dissuade il suo divin Maestro dalla passione -
Va con lui sul monte Tabor
Capo VI. Gesù risuscita la figlia di Giairo - Paga per Pietro il
tributo - Ammaestra i suoi apostoli nell'umiltà
Capo VII. Pietro parla con Gesù del perdono delle ingiurie e del
distacco dalle cose terrene - Rifiuta di lasciarsi lavare i piedi -
Sua amicizia con s. Giovanni
Capo VIII. Gesù predice la negazione di Pietro - Esso lo segue
nell'orlo di Getsemani - Taglia l'orecchio a Malco - Sua caduta,
suo l'avvedimento
Capo IX. Pietro al sepolcro del Salvatore - Gesù gli appare più
volte - Sul lago di Tiberiade dà tre distinti segni di amore verso
Gesù che lo costituisce Capo e supremo pastore della Chiesa
Capo X. Gesù predice a s. Pietro la morte di croce - Promette
assistenza {221 [237]} alla Chiesa sino alla fine del mondo. -
Ascensione di Gesù - Ritorno degli Apostoli nel cenacolo
Capo XI. S. Pietro surroga Giuda - Venuta dello Spirito Santo -
Miracolo delle lingue
Capo XII. Prima predica di Pietro
Capo XIII. S. Pietro guarisce uno storpio - Sua seconda predica
Capo XIV. Pietro è messo con Giovanni in prigione e ne vien
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Don Bosco - Il Centenario di S. Pietro apostolo
liberato
Capo XV. Vita dei primitivi Cristiani - Fatto di Anania e Saffìra
- Miracoli di s. Pietro
Capo XVI. S. Pietro di nuovo messo in prigione - E' da un
angelo liberato
Capo XVII. Elezione di sette diaconi - S. Pietro resiste alla
persecuzione di Gerusalemme - Va in Samaria - Suo primo
scontro con Simon mago
Capo XVIII. S. Pietro fonda la cattedra di Antiochia; ritorna in
Gerusalemme - E' visitato da s. Paolo
Capo XIX. S. Pietro visita parecchie chiese - Guarisce Enea
paralitico - Risuscita la defunta Tabita
Capo XX. Dio rivela a s. Pietro essere {222 [238]} giunto il
tempo della vocazione de' Gentili - Va in Cesarea e battezza la
famiglia di Cornelio Centurione
Capo XXI. Erode fa decapitare s. Giacomo il maggiore e mettere
s. Pietro in prigione, ma ne è liberato da un angelo - Morte di
Erode
Capo XXII. Il nome cristiano - S. Pietro trasferisce la cattedra
Apostolica a Roma - Progresso del Vangelo
Capo XXIII. S. Pietro al Concilio di Gerusalemme definisce una
questione - S. Giacomo conferma il suo giudizio
Capo XXIV. S. Pietro conferisce a s. Paolo ed a s. Barnaba la
pienezza dell'Apostolato - E' avvisato da s. Paolo - Ritorna a
Roma
Capo XXV. S Pietro fa risuscitare un morto
Capo XXVI. Volo - Caduta - Disperata morte di Simon Mago
Capo XXVII. Pietro è cercato a morte; Gesù gli appare e gli
predice imminente il martirio - Testamento del santo Apostolo
Capo XXVIII. S. Pietro in prigione converte Processo e
Martiniano - Suo martirio
Capo XXIX. Sepolcro di s. Pietro - Attentato contro al suo corpo
Capo XXX. Tomba e Basilica di s. Pietro in Vaticano
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pag. 177
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Appendice sulla venuta di s. Pietro a Roma
Triduo in onore di s. Pietro e di s. Paolo
Giorno 26 di giugno. Considerazione sulla Chiesa di Gesù Cristo
Giorno 27. Considerazione sul Capo della Chiesa
Giorno 28. Considerazione sui Pastori della Chiesa
Giorno 29 giugno. Festa dei santi Pietro e Paolo. Considerazione
sulla Fede
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