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Don Bosco - Vita di S. Policarpo, vescovo di Smirne e martire
VITA DI S. POLICARPO VESCOVO DI SMIRNE E MARTIRE E DEL
SUO DISCEPOLO S. IRENEO VESCOVO DI LIONE E MARTIRE
TORINO
TIP. DI G. B. PARAVIA E COMP.
1857. {I [97]} {II [98]}
INDEX
Prefazione....................................................................................................................................2
Capo I. Memorie antichissime che si hanno di S. Policarpo.......................................................2
Capo II. Primi anni di S. Policarpo..............................................................................................3
Capo III.Progressi di S. Policarpo nella virtù e nella scienza......................................................3
Capo IV. È promosso al sacro ordine del Diaconato e del Sacerdozio.......................................4
Capo V. È fatto Vescovo di Smirne, suo zelo nell'episcopato.....................................................5
Capo VI. Martirio di s. Policarpo, quale è descritto nella lettera dei fedeli di Smirne................8
Capo VII. Osservazioni a farsi sulle cose sopraddette...............................................................12
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Don Bosco - Vita di S. Policarpo, vescovo di Smirne e martire
Prefazione
S. Policarpo illustrò la Chiesa di G. C. sulla fine del primo secolo e sul principio del
secondo, ed è annoverato fra i Padri che si chiamano Apostolici. Egli è da osservare che nella
Chiesa cattolica si onorano col titolo di Padri quegli scrittori i quali vissero nei tempi antichi, si
segnalarono per santità di vita, e scrissero libri per difendere o anche solo per ispiegare le
dottrine cattoliche. Si chiamano poi Padri Apostolici quelli, i quali ebbero per maestri o gli
Apostoli stessi o i loro primi discepoli. Ora S. Policarpo è riverito siccome uno {III [99]} de'
Padri Apostolici, perchè egli diede in luce varii scritti in favore delle verità della fede, e fu un
modello di virtù ed ebbe per maestro S. Giovanni l'Evangelista. Dopo gli Apostoli egli tiene uno
dei primi posti nella gerarchia dei vescovi e dei martiri. È vero che Dell'esporre le azioni dei Papi
abbiamo più volte avuto occasione di parlare di questo luminare della Chiesa; tuttavia ci sembrò
conveniente che di lui si parlasse più appositamente: che anzi giustizia voleva, che, per quanto
era in noi, procacciassimo di rendere ai meriti di questo gran martire tutto l'onore che si deve,
ravvivando la divozione dei fedeli verso di un santo il quale e colle sue fatiche episcopali e collo
spargimento del suo sangue tanto fece per quella Chiesa di cui siamo figli. {IV [100]}
Capo I. Memorie antichissime che si hanno di S. Policarpo.
S. Policarpo fu così celebre nella Chiesa, che si hanno di lui memorie antichissime. Non
appena questo santo vescovo ebbe finita la sua carriera episcopale col morire per Gesù Cristo,
che la chiesa di Smirne, di cui egli era stato pastore per tanti anni, scrisse una lettera a tutte le
altre chiese, nella quale descrive minutamente il suo martirio. Questa lettera essendo giunta sino
a noi, noi la riprodurremo alla fine, ove parleremo del martirio di questo santo vescovo. S.
Girolamo nel suo Catalogo degli scrittori ecclesiastici (cap. 47), ci dà un breve ragguaglio delle
gesta, degli scritti, del martirio del nostro santo. E prima di S. Girolamo, S. Policarpo era stato
lodato diffusamente e dal suo discepolo S. Ireneo nella lettera a Fiorino, e da Eusebio di Cesarea
nella sua storia ecclesiastica (anno VII dell'impero di Marco Aurelio) e dalla Cronaca di
Alessandria d'Egitto. Un certo Pionio {5 [101]} poi fa così zelante dell'onore di S. Policarpo, che
ne scrisse in lingua greca la vita, la quale giunse sino a noi.
Questo Pionio, a quel che pare, visse poco dopo il Concilio Niceno, epperò nella prima
parte del secolo quarto. Ma benchè tra esso e il nostro santo siavi la distanza di oltre a 150 anni,
pure egli attinse da fonti sicure quanto ci lasciò scritto di lui. Imperocchè in fine egli dichiara,
che tutte le cose narrate di San Policarpo, egli le ricavò dal libro di un certo Socrate di Corinto, il
quale Socrate assicura di averle estratte dagli scritti di un certo Cajo. Questi le aveva imparate da
S. Ireneo, che era stato, (come lo vediemo a suo tempo) discepolo di San Policarpo,
conciossiachè esso Cajo avesse conversato con S. Ireneo.
Pionio soggiugne, che S. Policarpo stesso gli era apparso e gli aveva rivelato, essere sua
intenzione, che la sua vita scritta da Socrate, e che era caduta in dimenticanza, fosse richiamata
in memoria; e che Pionio dalle cose rivelategli in quell' apparizione, potè esaminare la verità di
quanto Socrate aveva scritto. {6 [102]}
Possiamo quindi ragionevolmente dedurne, che ogni cosa scritta da Pionio intorno a S.
Policarpo è vera: conciossiachè egli la trovò scritta da Socrate, e la imparò da S. Policarpo stesso
per rivelazione (vedi i Bollandisti al mese di gennaio, tomo n).
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Capo II. Primi anni di S. Policarpo.
Smirne, città della Ionia nell'Asia minore, e situata sul mare mediterraneo, era a quei
tempi rinomatissima per bellezze e per commercio. Essa aveva avuto la sorte invidiabile di
ricevere assai di buon' ora la luce del Vangelo o dagli Apostoli stessi o da alcuno dei loro
discepoli mandato da essi medesimi a predicarvi la fede. Pionio dice, che l'apostolo S. Paolo
dopo essere stato nella Galazia, essendo venuto nell'Asia minore, si fermò qualche tempo a
Smirne prima di ritornare a Gerusalemme, e che mentre stette a Smirne prese albergo presso a un
certo Stratea, già discepolo di San Paolo in Pamfilia. Egli era figliuolo di Eunice, la cui {7
[103]} madre era quella Loide, che l'apostolo commenda nella sua prima lettera a Timoteo (cap.
5), quindi ne viene in conseguenza che questo Stratea era fratello di Timoteo. Ora a quei tempi
essendo vescovo di Smirne un certo Bucolo, in quella città viveva una donna assai pia, timorata
di Dio, e dedita ad opere buone, per nome Callista. Una notte essa videsi apparire innanzi un
angelo mandato a lei da Dio, che le disse: «levati su, Callista, e va alla porta che conduce verso
Efeso; là vedrai due uomini venirti incontro, conducendo per mano un figliuolino, per nome
Policarpo. Domanda se questi sia da vendere1, e udito che si, pagane il prezzo, e menalo con te a
casa; sappi che esso è nato nell'Oriente.» Ciò udito, Callista tutta piena di gioia immantinenti si
alzò, e venuta là ove l'angelo avevale indicato, trovò ogni cosa appuntino come erale stato detto.
Avendo poi sborsato il prezzo che le fu chiesto, tutta lieta si condusse {8 [104]} a casa
Policarpo. E siccome questi mostrava una grande inclinazione alla pietà, ed era docile assai e
modesto, così ella gli prese amore di madre: ed avendo dovuto assentarsi da casa per qualche
tempo, lo fece amministratore generale e dispensiere d'ogni suo avere.
Policarpo, come è l'uso di tutti i cristiani veramente pii, sentivasi in cuore una viva
compassione dei poveri, e cercava di alleviarne le miserie. Quindi è. che quando usciva di casa,
vedove, orfani e poveri d' ogni specie s'accostavano a lui, e lo pregavano di soccorrerli. Ed egli
lasciandosi vincere dalla pietà, loro distribuiva olio, vino, pane e danaro, confidando che la sua
padrona non lo avrebbe a male, veggendo che essa era di cuore assai pio e inclinato al bene. Ma
avendo continuato a largheggiare in queste elemosine senza porvi alcun limite, avvenne che tutte
le provvigioni ben tosto furono esauste, e non ne rimase più nulla nelle celle. Frattanto Callista
ritornò: ed ecco uno dei servi pieno di livore nell'animo avvicinarsi a lei, e avvertirla, che
Policarpo, in cui essa aveva messo cotanta fiducia, aveva dato fondo ad ogni {9 [105]} cosa. Le
quali infauste notizie commossero si fattamente Callista e accesero tale sdegno nell' animo di lei,
che pensando non fosse Policarpo avesse sprecato tutte le sue ampie provvigioni in stravizzi e
bagordi, appena entrata in casa, lo chiamò, e fattesi dare le chiavi entrò nelle celle a farne
diligente esame. Ma quale non fu il suo stupore, quando le vide ripiene come le aveva lasciate
alla sua partenza? Allora lo sdegno concepito contro il suo giovane servo convertissi in collera
sfrenata contro chi glielo aveva denunziato siccome scialacquatore, ed essa stava per punirvelo
severamente; ma Policarpo si intromise in favore del suo accusatore, dichiarando, che realmente
egli aveva distribuito ai poveri la roba di lei, ma che Iddio aveva mandato il suo angelo e per
mezzo di lui avevale restituito ogni cosa. Callista in udire ciò, rimase piena di maraviglia, e
imparando vie più a stimare Policarpo, lo adottò per figliuolo, e morendo gli lasciò in eredità
tutto il suo avere. {10 [106]}
Capo III.Progressi di S. Policarpo nella virtù e nella scienza.
Dopo la morte di Callista, Policarpo rimasto pienamente libero di se stesso, diedesi vie
maggiormente a Dio. Il gran pensiero dell'eterna vita gli stava sempre fisso nella mente; e non
1 A quei tempi la schiavitù era universale, e in assai luoghi i tre quarti degli abitanti erano schiavi, cioè venduti come
giumenti.
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cessava mai dal riflettere, che noi siamo fatti per l'eternità, e che siamo quaggiù solo per qualche
tempo, e come pellegrini, mentre la nostra patria è la Gerusalemme celeste. Quindi egli spendeva
ogni dì lunghe ore nella meditazione delle S. Scritture, e faceva molta orazione, e donava ai
poveri quanto più poteva, convertendo in loro soccorso non solo i suoi averi, ma anche il frutto
della sua industria. Anzi per potere essere liberale verso dei poveri egli scarseggiava verso di se
stesso; poichè si contentava di cibo semplice assai, e nelle vesti mirava solo a ripararsi dal
freddo, aborrendo da ogni vanità.
Quantunque giovane, aveva nell' aspetto la serietà di un uomo maturo, e {11 [107]} nel
camminare era grave, e come di persona avanzata in età, e il cuore aveva pienamente libero da
ogni affetto alle cose terrestri. Era così modesto, che se alcuno fissava in lui gli occhi, la sua
verecondia ne pativa: e si guardava attentamente da coloro che erano vani e ciarlieri; che se non
li poteva schivare, procurava di parlare solo quanto bastava alle regole della prudenza, e poi
taceva. Ma dalla gente malvagia tenevasi lontano come da cani rabbiosi. Che se conosceva
taluno, dalle cui parole od azioni sperasse trarre profitto, allora egli lo frequentava e procurava di
imitarne i buoni esempi.
Era cosi caritatevole, che quando fuori di città incontrava poveri, specialmente vecchi,
che portavano legna al mercato, egli sentendo compassione della loro fatica, loro dimandava se
speravano di vendere quella legna appena che fossero entrati in città. E avutone per risposta che
spesso non riusciva loro di venderla prima della sera, egli la comperava, e pagatone il prezzo,
faceva portare quella legna alle vedove che abitavano presso alle porte della città.
Come poi giunse all' età virile, fecesi {12 [108]} ad amare la virtù con ardore più intenso.
Imperocchè decise di rimanere celibe e consacrarsi a Dio colla castità perfetta, onde potere
liberamente servirlo e amarlo con tutto il suo cuore.
Capo IV. È promosso al sacro ordine del Diaconato e del Sacerdozio.
A quei tempi era vescovo di Smirne un certo Bucolo, il quale accortosi della pietà, della
modestia e purità e altre belle doti di Policarpo, e veduto come esso desiderasse ardentemente
d'istruirsi nelle scienze sacre, gli prese un amore singolare e lo guardava come suo figlio. Anche
Policarpo amava il suo vescovo con amore di figlio, e lo teneva in conto di padre, recandosi
spesso a udirne le prediche, e a riceverne le lezioni, e procurando di portargli ogni riverenza che
potesse2. Bucolo pertanto animato da {13 [109]} vivissimo desiderio di provvedere alla Chiesa
dei sacerdoti pieni di zelo, pose gli occhi su Policarpo; e pensò che i fedeli e la causa di Dio ne
guadagnerebbero assai ove Policarpo assumesse sopra di sè 1' esercizio del santo ministero.
Epperò chiamatolo a sè, alla presenza dei cattolici, che tutti di comune accordo diedero la loro
approvazione, gli conferì l'ordine sacro del Diaconato.
L'uffizio dei diaconi a quei tempi era assai {14 [110]} più importante, che non è al
presente. Imperocchè essi dovevano aiutare il vescovo nell'amministrazione della diocesi e nella
cura spirituale e anche temporale del gregge. Era loro dovere l'istruire non solo i fedeli, ma anche
gli idolatri, che mostravano inclinazione a farsi cristiani: epperò era necessario che conoscessero
a fondo tutte le dottrine del S. Vangelo, e sapessero esporle bene e con frutto di chi li ascoltava.
Era pure loro dovere lo assistere alla celebrazione dei santi misteri, lo invigilare che nei luoghi
2 S. Ireneo, S. Eusebio, S. Girolamo, e tutti gli antichi sono concordi nel dire, che S. Policarpo fu discepolo di S.
Giovanni l'evangelista, e che conversò con molti di coloro che avevano veduto il Signore. Adunque bisogna, che o
S. Giovanni venisse spesso a Smirne e Policarpo si facesse premora di recarsi immantinenti ad ascoltarlo, o che
Policarpo si recasse frequentemente là, ove abitava o trovavasi S. Giovanni, per riceverne gli ammaestramenti.
Probabilmente amendue queste supposizioni sono vere, essendo oltre modo probabile che S. Giovanni da Efeso sua
sede principale, venisse frequentemente a Smirne, e Policarpo si recasse sovente a Efeso. Parimenti bisogna dire,
che egli si facesse uno studio di conversare con quanti avevano veduto e udito Gesù Cristo, dei quali molti dovevano
ancora sopravvivere quando Policarpo era giovane, e che li interrogava e procurava di tenere bene a memoria quanto
essi narravano delle parole o dei fatti del nostro Divin Maestro.
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sacri ogni cosa procedesse con ordine, lo amministrare il santo Battesimo, il portare il SS.
Viatico agli infermi, visitare i cristiani che erano in carcere per causa della fede, e loro procurare
tutti i soccorsi spirituali e corporali che loro occorrevano. Era infine obbligo dei diaconi il
ricevere le oblazioni dei fedeli, e con queste sovvenire alle necessità dei poveri, specialmente
quando erano ammalati, e sovrattutto aiutare le vedove e gli orfani. Egli è chiaro che il diacono
allora non poteva riuscire bene nel suo santo ministero, senza, essere una persona gradita a tutti:
ed è per questo che i vescovi usavano allora chiedere {15 [111]} una buona testimonianza dei
fedeli prima di promnovere alcuno a un uffizio sì delicato. Egli è chiaro altresì, che a compiere
tutti gli obblighi di un tale ministero si richiedevano persone fornite di gran zelo, gran carità,
gran prudenza e pietà, e soprattutto ben fondate nella santa castità, acciocchè potessero star saldi
in mezzo a tutti i pericoli fra i quali dovevano trovarsi. Ora da ciò si può intendere quale grande
stima Bucolo e tutti i cattolici di Smirne facessero delle virtù di Policarpo, eleggendolo a un
uffizio sì importante. Ma non è da stupire che ed il vescovo e i fedeli concorressero in questa
scelta, mentre Pionio ci dice, che Iddio stesso aveva fatto palese la santità di Policarpo
coll'operare prodigi a intercessione di lui, e concedergli la grazia di risanare molti infermi e
cacciare lo spirito infernale da molti indemoniati.
Fatto diacono, confermò pienamente colla sua santa condotta le speranze concepite da
lui; e mostrandosi pieno dello stesso spirito, di cui era stato ripieno il diacono S. Stefano, con
gran libertà confatava i Giudei, i Gentili e gli Eretici, e arrendendoci alla persuasione del suo {16
[112]} vescovo, benchè per modestia vi sentisse gran ripugnanza, fecesi pure a predicare i santi
misteri agli stessi cattolici. Ad essi esponeva le cose sì chiaramente, che i suoi uditori attestavano
che loro pareva di vedere cogli occhi propri, non che udire, quanto il santo diacono loro
predicava.
Il sacerdozio a que' tempi si conferiva solo a un'età già avanzata, acciocchè coloro che ne
venivano insigniti potessero avere la maturità e prudenza necessaria, ed è per questo che i
sacerdoti erano chiamati preti, parola che significa persone attempate.3 Bucolo faceva tanta stima
di Policarpo, che avrebbe voluto ordinarlo sacerdote molti anni prima, se le leggi della Chiesa
non gliel' avessero proibito: ma subitochè questi arrivò all'età fissata, che a quei tempi era verso i
30 anni, e i capelli, che già incominciavano a imbianchire erano prova, ch'esso era uomo maturo,
Bucolo si fece premura di promuovere il suo caro discepolo alla dignità altissima e sovrumana di
sacerdote di Gesù Cristo. Tutti i fedeli di Smirne applaudivano {17 [113]} alla intenzione del
loro pastore; e tutti ardentemente desideravano di vedere il loro diletto Policarpo adorno del
carattere sacerdotale. V'era però un solo, che si opponeva, e che contrastava al desiderio comune;
e questi era Policarpo, che quanto più era realmente degno di quell'onore, altrettanto se ne
riputava indegno. Egli tremava al pensiero, che Iddio potesse punirlo, ove senza le disposizioni
richieste egli osasse avanzarsi a tanta dignità. Ma una visione celeste venne a confortarlo, e a
renderlo persuaso essere volere di Dio, che esso cedesse alle esortazioni dei buoni, e si lasciasse
ordinare sacerdote.
Poichè Policarpo si vide sollevato a tanto onore, si accese di zelo vie più fervente, e si
pose a predicare Gesù Cristo con tanta efficacia, che molti idolatri illuminati dalle sue istruzioni,
aprirono gli occhi della mente, e abbracciarono la fede cristiana.
Capo V. È fatto Vescovo di Smirne, suo zelo nell'episcopato.
Frattanto Bucolo. breve tempo appresso, dopo aver lungamente governato la chiesa {18
[114]} di Smirne, fu chiamato a ricevere il premio delle sue fatiche: ma prima che passasse da
questa all'altra vita, il Signore lo consolò col rivelargli che Policarpo gli succederebbe nella
carica. La qual còsa recò tanta gioia al buon vecchio, che quando era sul morire, si prese la mano
3 Presbita propriamente significa una persona, che per la sua età avanzata, ha già la vista indebolita.
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di Policarpo, e se la pose sul petto e poi sul volto, per mostrargli com'egli trasmettesse a lui il
potere di fare tuttociò ch'egli aveva fatto colle facoltà dell' anima e del corpo per la gloria di Dio.
Quei che erano presenti alla morte del loro pastore già cominciavano a tenere tra loro
ragionamenti sull'eleggergli per successore Policarpo, benchè questi non vi pensasse per nulla,
come quegli, la cui mente era del continuo assorbita dalle cose eterne. Ma venuta l' ora di rendere
gli ultimi uffizii al vescovo defunto, e portatone il cadavere al cimitero della Basilica detta
Efesiaca, tutti concordemente fecero istanza a Policarpo che celebrasse la messa in suffragio
dell'anima del loro pastore; il che era un dirgli che volevano lui per successore. Vennero poscia i
vescovi delle città vicine per fare la elezione; o insieme coi vescovi venne molta gente da varie
{19 [115]} parti, perocchè molti conoscevano già Policarpo, molti desideravano di vedere un
personaggio, di cui udivano magnificarsi i meriti; e tutti si aspettavano di vederlo promosso alla
dignità vescovile. I vescovi si radunarono nel luogo ove la elezione doveva farsi, e coi vescovi
erano tutti i preti e diaconi di Smirne insieme con gran numero di fedeli. Dicesi che uno
splendore insolito venisse dal cielo, e agli occhi degli astanti rendesse Policarpo radiante d'una
luce sovrumana, e il mostrasse come ammantato di ricca porpora, con una bianchissima colomba
sovra il capo. Si fece orazione, si lessero le Sante Scritture, e si tenne un sermone. I vescovi e gli
altri ecclesiastici quivi presenti, non poterono a meno di approvare tale elezione, veggendo che la
volontà di Dio erasi manifestata in modo cosi sensibile; epperò di comune consenso, Policarpo,
che probabilmente aveva poco più di 30 anni, fu chiamato ad essere vescovo di Smirne. Non è a
dire le lagrime che sparse Policarpo quando si vide innalzato a un posto che è formidabile agli
stessi angeli: ma benchè egli tremasse al pensiero di un {20 [116]} carico sì pesante, pure
dovette sottoporvi le spalle e lasciare che ì vescovi presenti lo consacrassero, imponendogli le
mani.
S. Girolamo, la cronaca delle chiese d'Alessandria in Egitto, Usuardo nel suo
martirologio, ed altri ci dicono che Policarpo fu ordinato vescovo di Smirne da s. Giovanni
l'evangelista. Bisogna perciò conchiudere che, o s. Giovanni mandò l'ordine di eleggere
Policarpo, o egli stesso intervenne a quella adunanza, od approvò la elezione fatta dai vescovi. È
cosa chiara, che siccome s. Giovanni aveva cura speciale delle chiese dell' Asia, così finchè egli
visse, nessuno fu ordinato vescovo di alcune di quelle chiese senza che egli in qualche modo
concorresse a quell' ordinazione o almeno vi desse il suo consenso.
Appena fu consacrato, incominciò ad esercitare il suo uffizio col predicare al popolo che
era accorso alla sua elezione, e nella predica, dopo avere parlato della difficoltà estrema che
incontrasi nel compiere esattamente gli obblighi di vescovo, si raccomandò caldamente alle
preghiere di tutti, ed esortò i sacerdoti e diaconi della sua diocesi ad aiutarlo col loro zelo nel
grave incarico. Nè Pionio, nè altri, non {21 [117]} ci lasciarono scritto minutamente le molte
cose che Policarpo deve avere fatto pel bene delle anime, mentre che esso fu vescovo;
nulladimeno egli è chiaro, che un uomo cosi zelante, cosi pio e casto, cosi umile e modesto, e
che aveva adempito gli obblighi di diacono e sacerdote con tanta edificazione e tanta
soddisfazione di tutti i fedeli, non poteva a meno di essere tutto fervore per la conversione degli
idolatri e dei peccatori. Infatti Pionio ci dice, che esso visitava tutte le chiese della sua diocesi, a
fine di provvedere, che il culto divino si esercitasse ovunque in regola e si amministrassero i
sacramenti. Stabilì varii diaconi, dando loro la cura delle chiese, e tra gli altri ordinò diacono un
certo Camerio, il quale gli succedette poi nel vescovato dopo un certo Papizio; e a questo
Camerio egli affidò la cura delle chiese della campagna. Il santo vescovo predicava spesso e
sempre con una eloquenza da apostolo, e si adoperava col massimo calore, perchè si mantenesse
viva la fede, e si osservassero i dì festivi, e si abbonisse il peccato.
Iddio accresceva la efficacia della predicazione del santo vescovo col dono dei {22
[118]} miracoli, tra i quali si annovera specialmente, l'avere fermato un incendio che minacciava
di recare guasti orribili; di avere fatto venire la pioggia in tempo di siccità, e di avere fatto
cessare la inondazione delle acque ed ottenuta la serenità del cielo.
E non è a stupire che Iddio si degnasse di onorare lo zelo e la santità di questo gran
vescovo col dargli il potere di operare cose al dissopra delle forze della natura, dacchè Esso,
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quando mandò gli apostoli a predicare il vangelo agli idolatri, aveva detto loro: guarite gli
infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni4.
Mentre era vescovo, ebbe la consolazione di dare ospitalità al suo caro condiscepolo s.
Ignazio, vescovo di Antiochia, quando questi essendo tratto a Roma, per essere esposto alle fiere,
ebbe da soffermarsi a Smirne. E chi può imaginare il trasporto d'affetto di questi due santi
vescovi e martiri, quando si abbracciarono a vicenda?
Tra le altre cure che s. Policarpo si {23 [119]} prese sommamente a cuore, una si fu
quella di allevarsi dei discepoli pieni di zelo, scienza e virtù, i quali propagassero l'evangelo,
convertendo idolatri e confutando gli eretici. E si dà per certo, che Policarpo mandò varii de' suoi
discepoli nelle Gallie (che sono la Francia attuale), i quali tutti dopo avere predicato in quei paesi
idolatri la fede cristiana, terminarono il loro apostolato col martirio. Fra questi discepoli di s
Policarpo, il più illustre fu s. Ireneo, vescovo di Lione. Questo Santo ci narra, che il suo maestro
fece un viaggio a Roma per ristabilire la pace della Chiesa, la quale era alquanto turbata da ciò,
che non tutti andavano d'accordo sul giorno in cui dovevasi celebrare la solennità della Pasqua:
mentre altri la celebravano il giorno 14 della luna di marzo, in qualunque dì della settimana esso
potesse cadere, e altri la celebravano la domenica seguente, secondo la pratica introdotta da s.
Pietro ed osservata costantemente a Roma. S. Policarpo, a cui nulla stava più a cuore che la pace,
la buona armonia e la carità, fece dal canto suo quanto potè per impedire, che i fedeli fossero
divisi tra di loro, e onde riuscirvi, {24 [120]} determinò di abboccarsi col Sommo Pontefice, s.
Aniceto, epperò di intraprendere il viaggio di Roma. A quei tempi simile viaggio era assai lungo
e faticoso per tutti, ma lo era assai più per Policarpo, che allora già toccava oltre i 90 anni dell'età
sua. Arrivato a Roma si portò dal Vicario di Gesù Cristo, e trattò con lui lungamente sul giorno,
che i cristiani avevano da celebrare la Pasqua: e quantunque la questione per allora non potesse
ricevere lo scioglimento che poi ricevette nell' anno 325, quando il Concilio di Nicea decretò che
la Pasqua aveva da essere solennizzata da tutti la prima domenica dopo il plenilunio di marzo;
tuttavia s. Policarpo ottenne da papa Aniceto, che non venissero scomunicati quei che
osservavano una pratica diversa; e che per questo punto di disciplina ecclesiastica, la Chiesa non
avesse ad essere turbata da scismi.
S. Policarpo, mentre si prendeva cura di questo affare, non cessava di esercitare il suo
zelo nella conversione degli eretici, epperò s. Ireneo ci assicura, che durante il suo soggiorno in
Roma, esso convertì molta gente che si erano lasciati ingannare dagli eretici Marcione e
Valentino, {25 [121]} i quali insegnavano non esservi un Dio solo, ma molti dei. Il suo
attaccamento alla fede cattolica, e il suo orrore per gli eretici era tale, che un dì mentre era in
Roma l'eretico Mansione, essendosi avvicinato al santo vescovo, e avendo osato domandargli:
«Mi conosci tu, e sai tu chi io sono?» S. Policarpo immantinenti risposegli: «si, ti conosco, e
bene assai, imperocchè io so che tu sei il primogenito di Satanasso».
Questo era uno dei punti essenzialissimi, sui quali s. Policarpo era pieno di attività e di
fuoco, cioè il procurare che i cattolici conservassero la fede illibata, e per conseguenza stessero
lontani dagli eretici. Per questo egli continuamente si adoperava per inspirare un grande orrore
all' eresia, e soleva raccontare, che l'apostolo s. Giovanni, un dì trovandosi ad Efeso, ed essendo
entrato in un bagno, vi trovò là l'eretico Cerinto. Tale incontro lo colpì di tal timore, che
immantinenti uscì, affermando, che siccome là entro era Cerinto, nemico della verità, così vi
correva gran pericolo che l'edifizio crollasse in un istante e cadesse a terra.
Non contento di propagare e difendere {26 [122]} la fede cristiana colla parola, si
adoperò di propagarla e difenderla cogli scritti: e per questo scrisse molte lettere sia a persone
private, sia alle chiese dell'Asia e di altri luoghi, in cui espose i dogmi della fede, con grande
erudizione e forza. Peccato che di tutti i suoi scritti non ci rimane che una lettera ai cristiani di
Filippi, detta da s. Girolamo utile assai.
Non è senza probabilità, che quando l'apostolo ed evangelista s. Giovanni scrisse il libro
dell'Apocalisse, s. Policarpo fosse vescovo di Smirne: epperò egli è a questo santo vescovo che
dovrebbe riferirsi il magnifico elogio, che Gesù Cristo stesso fa di lui in questo libro, al capo
4 Matt. cap. 10, v. 8.
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secondo, ove così comanda a s. Giovanni: «E all'angelo5 della chiesa di Smirne scrivi: queste
cose dice Quegli che è il Primo e l'Ultimo, era morto ed ora è vivo; io conosco la tua
tribolazione, e la tua povertà; ma tu sei ricco: e tu sei bestemmiato da coloro che chiamano se
stessi giudei6, ma non lo {27 [123]} sono, sibbene essi sono la sinagoga di Satanasso. Non
temere alcuna delle cose che avrai da soffrire. Ecco che il diavolo getterà alcuni di voi in
prigione, acciocchè voi siate provati; e voi avrete tribolazione per dieci giorni. Sii fedele sino alla
morte, ed io ti darò la corona della vita». Dalle quali parole del nostro Redentore vedesi chiaro
come s. Policarpo menava vita povera assai, mentre era ricco di meriti, ed era come nel crogiuolo
della tribolazione, per parte degli idolatri e degli eretici, che lo perseguitavano a morte. Ma egli
era fermo nel servizio di Dio, e pronto a tutto patire, e a morire mille volte piuttosto che tradire la
fede, o mancare al suo dovere. Quindi è che rincuorato da questa raccomandazione del suo divin
Salvatore, terminò la sua carriera mortale con un glorioso martìrio. Imperocchè Marco Aurelio,
imperatore dei Romani, avendo emanate leggi di sangue contro i cristiani, e specialmente contro
i loro sacerdoti e vescovi, gli idolatri e Giudei di Smirne ne presero occasione per chiedere la
morte di s. Policarpo al proconsole, e ottenere che esso fosse consegnato alle fiamme; in questa
maniera procurarono il martirio di molti seguaci di G. C. {28 [124]}
I fedeli di Smirne, come dicemmo sul principio, scrissero una lettera a quei di Filadelfia,
e ai cristiani di tutto il mondo, nella quale descrivono minutamente la santa morte del loro
pastore: la quale lettera è così bella e cosi edificante, che noi crediamo di far cosa gradita ai
nostri lettori col riprodurla quasi per intero.
Capo VI. Martirio di s. Policarpo, quale è descritto nella lettera dei
fedeli di Smirne.
«La chiesa di Dio, che abita a Smirne, alla chiesa di Dio che è a Filadelfia, e a tutte le
parrocchie di qualunque luogo della Chiesa santa e cattolica: si moltiplichi la pace e carita da
Dio Padre e da Gesù Cristo Signor nostro.
O Fratelli, vi abbiamo scritto intorno a coloro che subirono il martirio, e riguardo al beato
Policarpo, il quale in certo modo, con la sua confessione; pose il sigillo alla persecuzione, e la
estinse.
... Chi è che non ammiri la generosita dell'anima sua, la sua costanza, la {29 [125]} sua
carita verso Dio? Altri furono battuti si crudelmente da spietati colpi di sferza, che si poteva
vedere l'interna struttura delle vene, delle arterie e della carne: ma essi sopportarono questo
supplizio si fortemente, che gli astanti stessi ne sentivano compassione. Altri giunsero a tale
costanza, che nè una parola nè un gemito uscì loro di bocca: e tutti questi martiri di Cristo,
generosi oltre modo, ci mostrarono che, mentre la loro carne si trovava fra i tormenti, le loro
anime in certo modo erano lontane; o piuttosto Cristo era presente e conversava con loro; ed essi
obbedendo alla grazia divina, disprezzavano le torture di questo mondo, e col patire di un'ora, si
riscattavano dai tormenti eterni. Il fuoco era per essi quasi un ristoro della crudele carnificina che
avevano subito: imperocche la sola cosa che essi avevano in mente, era di schivare l'eterno
incendio che non si spegne mai; e cogli occhi della mente già vedevano i beni che sono riservati
a chi persevera. Beni, che nè occhio vide, nè orecchio udì, nè possono essere intesi dalla mente
dell uomo: ma Iddio li aveva fatti loro {30 [126]} capire, come se essi fossero stati angeli e non
uomini. Similmente, condannati ad essere esposti alle bestie feroci, essi sostennero dolori
acerbissimi; e furono pure esposti alle spade, e sottoposti ad altri crudeli supplizi, acciocchè, se
fosse stato possibile, il tiranno, colla lunghezza delle pene, li potesse costrignere a rinnegare la
fede».
5 La parola angelo significa ambasciatore, e qui significa vescovo, che è un ambasciatore di Dio.
6 Giudei significa lodatori di Dio.
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«Satanasso pose in opera molti artifizii contro di essi: ma dobbiamo ringraziare Iddio che
non potè prevalere contro alcuno di loro. Un certo Germanico, d'animo generosissimo,
combattendo da valoroso contro le bestie feroci, colla sua costanza infuse coraggio in chi era di
cuor pusillanime. Imperocchè il Proconsole volendo persuaderlo a rinnegare la fede con
suggerirgli che sentisse compassione della sua età, egli stesso con dei colpi provocò una bestia
feroce contro di sè per liberarsi più presto da questo mondo empio ed ingiusto. E fu allora che
tutta a moltitudine ammirando la pia e religiosa magnanimità dei cristiani, gridò ad alta voce:
distruggi gli empi, si cerchi di Policarpo.» {31 [127]}
«Ma un certo cristiano per nome Quinto, che era venato di fresco dalla Frigia, vedute le
fiere si sentì venir meno il coraggio; e questi di sua spontanea volontà aveva esposto se stesso ed
altri al martirio: e il Proconsole esortandolo con molte ragioni, lo indusse a giurare per gli Dei, e
a loro offrire sacrificio.»
«Perlochè noi non lodiamo coloro che si offrono da loro stessi al martirio; conciossiachè
questo non sia conforme all'insegnamento del Vangelo.»
«Come l'ammirabile Policarpo udì queste cose, non si turbò punto di cuore, e sulle prime
voleva rimanersi nella città. Molti però lo persuasero di allontanarsi; ed egli si ritirò in una casa
di campagna non lungi dalla città, ove fermossi con pochi, e dì e notte non fece altro che pregare
per le chiese di tutto il mondo, come era il suo costume. Or mentre attendeva all'orazione, tre
giorni prima ch' ei fosse catturato, fu rapito in estasi, e gli parve di vedere il suo capezzale in
fiamme: e voltosi agli astanti, disse, in tuono di profeta: io ho da essere abbruciato vivo.
Aspettandosi coloro, che lo cercavano, {32 [128]} Policarpo passò ad un' altra casuccia; e subito
si presentarono coloro che ne indagavano i pàssi; e non trovandolo, si impadronirono di due
giovanetti, dei quali uno costrettovi dai tormenti scopri il luogo ove era Policarpo. Adunque
avendo seco quel giovanetto, nel dì della Parasceve7, all'ora di pranzo, i persecutori uscirono
insieme con cavalieri muniti delle armi consuete, affrettandosi come se avessero da catturare un
ladro. E sul far della notte arrivati ad una certa casetta, il trovarono nascosto nel soppalco
superiore. Per certo egli avrebbe ancor potuto fuggirsene in altro luogo; ma non volle e disse:
facciasi la volontà di Dio.
Adunque udito ch'essi erano venuti, discese di suo spontaneo volere, e loro parlò, mentre
tutti erano maravigliati della sua età e costanza; e che essi avessero usate tante cautele per
catturare un vecchio. Immantinenti comandò che loro si apprestasse da mangiare e da bere
quanto loro piacesse, pregandoli a concedergli una sola ora da pregare {33 [129]} in libertà. E
quegli acconsentendo, esso pieno della grazia di Dio, pregò sì a lungo, che appena in due ore
pote metter fine all'orazione. Coloro che erano presenti ne facevano le maraviglie, e varii di loro
sentivansi pentiti d'essere venuti a prendere un vecchio cosi pio. Com'ebbe finita la preghiera. ...
ed ebbe raccomandata tutta la chiesa cattolica sparsa per tutto l'universo, ed essendo venuta l'ora
di partire, il posero sopra di un asino, e s' incamminarono verso la città il dì del sabbato.»
«Ma un Irenareo soprannominato Erode, e Nicete di lui padre gli vennero incontro dentro
un carro, e presolo in mezzo a loro, si sforzavano di indurlo a fare a loro modo, dicendogli: che
male vi ha mai a dire, signor Cesare, e poi offrire un sacrifìcio, e cosi salvare te stesso? Egli
sulle prime non diede loro risposta, ma essi instando vie più, disse: non sarò io mai per fare
quello che mi suggerite. Allora quegli delusi nella speranza che avevano di tirarlo nel loro
partito, prorompono in insulti contro di lui, e lo gettano giù del carro con tal violenza, che
cadendo si offese una {34 [130]} gamba e zoppicava non poco. Tuttavia per niente commosso, e
come se non avesse ricevuto alcun incomodo continuò il suo viaggio verso l'anfiteatro,
sforzandosi di camminare a passo spedito.
Nell'anfiteatro vi era un grandissimo tumulto, sicchè non era possibile udire alcuna cosa.
Or mentre Policarpo vi entrava, una voce udissi dal cielo: Policarpo, sta forte, combatti da
valoroso: e nessuno poteva vedere quello, da cui veniva quella voce; ma la voce stessa fu udita
da molti de' nostri che erano presenti. Del resto grande era il tumultuare della moltitudine per
aver udito che Policarpo era stato preso. Il Proconsole, fattoselo venire innanzi, lo interroga, se
7 Il Venerdì Santo.
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esso sia Policarpo: e questi avendo risposto che si, il Proconsole lo esorta a rinnegare Cristo,
dicendogli: rispetta la tua età, giura per la fortuna di Cesare, pentiti, di: distruggi gli empi, ed
altre simili cose secondo il costume di costoro. Ma Policarpo con volto grave e tranquillo,
fissando lo sguardo su tutta la moltitudine degli empi gentili, che erano nell'anfiteatro, stese {35
[131]} la mano verso di loro, e con gemiti alzando gli occhi al cielo, disse: disperdi gli empi. Il
Proconsole poi facendo istanza, e dicendogli: giura, ed io ti lascierò andar libero, insulta a Cristo;
Policarpo rispose: sono ottantasei anni che servo a lui, e non mi recò mai danno alcuno. E come
potrei io bestemmiare il mio re che mi ha salvato? Il proconsole continuando a stimolarlo con
dire: giura per la fortuna di Cesare; esso rispose: mi guardi Iddio dal giurare, come tu dici, per la
fortuna di Cesare. Tu fingi di ignorare chi io mi sia; ascolta, che io parlerò con libertà. Io sono
cristiano: e se ti aggrada: intendere la ragione della fede cristiana, dammi tempo a ciò, e
ascoltami. Il Proconsole ripigliò: va ad insegnare la tua religione al popolo. Policarpo soggiunse:
io stimo che si convenga di esporne la ragione a te; imperocchè ci fu insegnato che noi
dovessimo stare soggetti a' magistrati e alle podestà stabilite da Dio nelle cose oneste; e loro
rendere obbedienza in ciò che non rechi danno alcuno alla salvezza dell'anima nostra: ma io non
stimo questa moltitudine degna che le si renda ragione {36 [132]} della nostra fede. Il
Proconsole disse: io ho delle fiere e loro ti esporrò, se tu non cangi parere. Falle venir fuori,
rispose Policarpo, imperocchè si deve ricusare quel pentimento che da ciò che è meglio ci
conduce a ciò che è peggio. E il Proconsole: dacchè tu non fai caso delle fiere, se non mostri
pentimento, ti farò consumare dal fuoco. Al che Policarpo replicò: tu minacci a me un fuoco, che
arde solo per un'ora, e si spegne ben presto; imperocchè tu ignori i supplizii dell' altro mondo, e
il fuoco di eterna condanna, che là sta apparecchiato agli empi.»
«Policarpo dicendo queste ed altre cose simili, si riempì di fiducia e di gaudio, e tanta era
la grazia che gli compariva sul volto, che non solo non si perdeva d'animo, nè si turbava per le
cose che gli erano state dette; ma per contro lo stesso Proconsole ne era maravigliato.»
«Questi nullàdimeno mandò un banditore in mezzo all' anfiteatro e comandogli di gridare
ad alla voce per tre volte: Policarpo ha confessato d'essere cristiano. La qualcosa avendo quegli
proclamato, {37 [133]} tutta la turba de' gentili e giùdei, che abitavano a Smirne; con impeto di
animo sfrenato presero a gridare con quanta voce avevano in gola: questi è il maestro di empietà,
questi e il padre dei cristiani, questi è lo sterminatore de' nostri dei, il quale allontanò molti dai
sacrificii e dalla venerazione degli dei. Dicendo queste cose, facevano schiamazzi, e pregavano
Filippo governatore dell'Asia, che mandasse un leone contro di Policarpo; ma Filippo rispose che
ciò non gli era permesso, perchè i giuochi delle fiere erano già terminati. Allora tutto il popolo
domandava con alte grida, che Policarpo fosse abbruciato vivo ... e appena ciò detto, tutti dalle
officine e dai bagni si diedero a portar fuori legna e sermenta per farne una catasta: e coloro che
in cio mostravano più calore ed attività erano secondo il solito i Giudei. Quando il rogo fu
costrutto egli svestendosi da se stesso, deposto il cingolo, si adoperava a sciogliersi i calzari, il
che egli non aveva mai fatto per lo innanzi perchè tutti i fedeli andavano a gara chi di loro il
primo toccasse quel sacro corpo. {38 [134]} Imperocchè egli prima del martirio aveva operato
cose preclare e sante; e in tutta la sua condotta aveva imitato Iddio.
Immantinenti si adoprano gli instrumenti per quel supplizio: ma quando il vollero
configgere con chiodi, lasciate ciò per ora, egli disse, imperocchè chi mi diede grazia da
sopportare il fuoco, mi concederà pure di rimanere immobile nel fuoco senza alcun bisogno che
io sia tenuto con chiodi. Quelli poi, benchè non lo conficcassero con chiodi, pure lo legarono con
catene. Adunque avendo le mani legate dietro il dorso, quasi egli fosse qualche insigne montone
scelto tra un numeroso gregge, per essere offerto in olocausto accettevole, alzati gli occhi al
cielo, pregò cosi: Signore Iddio onnipotente, Padre del tuo diletto e benedetto figlio Gesù Cristo,
per mezzo di cui noi abbiamo ricevuto la cognizione di te, Dio degli angeli e delle podestà, e di
tutte le creature, e d'ogni classe di giùsti, i quali vivono nel tuo cospetto; io ti benedico, perchè
in questo giorno e in questa ora tu mi fai degno di avere parte nel numero de' tuoi martiri, nel
calice di Cristo, nella risurrezione della {39 [135]} vita eterna; del corpo e dell'anima, nell'
incorruzione dello Spirito Santo; tra i quali martiri fa che noi siamo oggi ricevuti al tuo cospetto
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quel ostia pingue ed accettevole, siccome tu, Dio pero, e scevro d' ogni menzogna, hai disposto,
hai predetto e adempito. Laonde per tutte queste cose io ti lodo, benedico e glorifico insieme
coll'eterno e celeste tuo figlio Gesù Cristo, col quale insieme collo Spirito Santo sia a te gloria
ora e per tutti i secoli. Amen.
«Avendo dello amen, e terminata la preghiera, i littori ai quali spettava la cura di
costrurre la catasta, vi appiccarono il fuoco. Venendo poi fuori una fiamma altissima, noi
vedemmo un gran miracolo, noi, ai quali fu concesso e i quali siamo riservati a narrare a tutti gli
altri fedeli le cose avvenute. Imperocchè il fuoco prendendo come la forma di una volta, o quasi
fosse la vela di una nave gonfiata dal vento, circondava tutto all' intorno il corpo del martire, ed
esso stava in mezzo, non già come carne abbruciata, ma come pane colto, oppure oro ed argento
purificato nel camino coll'ardorè {40 [136]} del fuoco. E noi sentivamo tanta fragranza di odore
soavissimo come se fosse venuto da incènso od altri preziosi aromi. Finalmente gli empi
vedendo che il corpo di lui non poteva essere consumato dal fuoco, taluno ordinò, che il
costruttore della catasta si avvicinasse di più, e vi conficcasse la sua spada. Ciò essendo stato
eseguito, videsi una colomba a volare, e uscirne fuori tanta abbondanza di sangue, che spense il
fuoco, e il popolo si maravigliò, che vi fosse tanta differenza tra gli infedeli e gli eletti, al numero
dei quali venne aggregato l'ammirabile martire Policarpo. A' nostri tempi egli fu vescovo della
Chiesa cattolica a Smirne, e anche dottore apostolico e profetico. Imperocchè quanto usciva dalla
bocca di lui, o era già stato adempito o certo doveva adempirsi.
Ma quell'invidioso, maligno e scellerato avversario, sempre nemico della classe dei
giusti, vedendo l'illustre
martirio di lui, che da' suoi primi anni aveva menata una vita irreprensibile, e lui già rimunerato
colla corona dell'immortalità, e in possessione d'una palma {41 [137]} certa e durevole, si
adoperò con ogni premura e sollecitudine perchè, noi non ne togliessimo le reliquie, benchè
molti avessero questa intenzione per rendersi in qualche modo partecipi della sacra corona di lui.
Imperocchè suggerì a Nicete padre di Erode e fratello di Alces, di pregare il prefetto di non
concederne loro il corpo, acciocchè non forse, egli diceva, abbandonando il crocifìsso, lui
prendano ad adorare. E queste cose disse egli, mentre i Giudei davano simili avvisi, e con calore
facevano simili istanze, i quali avevano pure guardato il corpo, quando noi volemmo trarlo dal
fuoco: non sapendo, che noi non possiamo giammai essere indotti ad abbandonare Cristo, il
quale patì per la salute di coloro che si salvano in tutto il mondo, il giusto per gli iniqui, o che
onoriamo alcun altro: poichè noi adoriamo lui che è il figlio di Dio: ma i martiri, che sono come i
discepoli ed imitatori del Signore, noi li amiamo giustamente a cagione della eccellente loro
carita verso il proprio Re e maestro, dei quali voglia Dio che noi possiamo essere e condiscepoli
e partecipi.» {42 [138]}
«Adunque il centurione, veduta l'ostinazione de Giudei, pose il corpo in mezzo al fuoco,
e l'abbruciò. Cosicchè noi raccogliendo poi le ossa di lui siccome oggetti più preziosi delle
gemme, le riponemmo in luogo conveniente, dove, quando ciò potrà farsi, Iddio ci concederà di
raunarci, e celebrare il dì del martirio di lui con gaudio ed esultanza a memoria di coloro che
terminarono la, loro battaglia, e ad eccitamento dei posteri, e per preparare lo spirito a cose
simili.
Tutti raccontano queste cose del beato Policarpo che insieme cogli altri dodici, che
vennero da Filadelfia, subì il martirio.
Voi certamente ci richiedeste di scrivervi a lungo le cose che accaddero: ma noi per ora
ve le abbiamo indicate solo per sommi capi, mandandovi questa lettera per mezzo del nostro
fratello Marco. Quando poi l'avrete letta, mandatela anche ai fratelli lontani, acciocchè essi pure
diano gloria al Signore, il quale tra' suoi servi fece una simile scelta, e che colla sua grazia e col
suo dono può introdurre tutti noi nel suo eterno regno per mezzo del suo unigenito Gesù {43
[139]} Cristo, a cui sia gloria, onore, imperio, maestà per tutti i secoli. Amen.
Salutate tutti i santi: tutti quelli che sono con noi vi salutano: anche Evaristo il quale
scrive la lettera, e tutta la sua famiglia.»
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Egli pare assai verisimile che il martirio di s Policarpo accadesse il 26 marzo, nel dì del
sabato santo, nell'anno 169 dell'era cristiana, essendo il santo vescovo in eta di anni 102.
Capo VII. Osservazioni a farsi sulle cose sopraddette.
La prima osservazione è, che dobbiamo sentire un vivissimo attaccamento alla fede
cattolica, e riguardare questa fede come il tesoro più prezioso, conciossiachè senza di essa non
siavi la salute eterna e per conservarci gelosamente questo tesoro, noi dobbiamo stare lontani
dagli eretici, perchè venendo in contatto con essi, noi correremmo pericolo di perdere un tesoro
di tanto valore. Anche s. Giovanni benchè fosse l'apostolo della carità, pure aveva gli eretici in
tanto orrore, che non volle {44 [140]} rimanersi nel bagno in cui era entrato, subitochè seppe che
dentro vi era l'eretico Cerinto, e s. Policaipo disse all'eretico Marcione, che esso conosceva in lui
il primogenito di Satanasso.
La seconda osservazione a farsi, è che nessuno deve mai presumere di fare cose grandi
senza che Iddio ve lo chiami; altrimenti si espone al pericolo di offendere gravemente Iddio
invece di onorarlo. Epperò quei cristiani, i quali da se stessi vollero esporsi al martirio,
presumendo di essere più coraggiosi che non erano; non stetterò saldi in mezzo ai tormenti, e
rinnegarono la fede.
La terza osservazione è che non è lecito di procurare a noi stessi la morte senza averne
licenza da Dio: epperò quel certo Germanico il quale provocò la fiera contro di se stesso, perchè
lo sbranasse, bisogna dire che avesse avuto qualche lume particolare del Cielo per fare ciò,
altrimenti la Chiesa non lo onorerebbe siccome martire.
La quarta osservazione e, quanto grande fosse la premura dei fedeli di quei tempi nel
raccogliere le reliquie dei martiri, e riporle in luogo conveniente: e quale riverenza {45 [141]}
portassero a queste reliquie. La qual cosa dimostra quanto giustamente la Chiesa anche a dì
nostri continui ad inculcare lo stesso rispetto; e quanto siano da lodare quei cristiani i quali fanno
stima delle sacre reliquie.
La quinta osservazione è, che fino da quei tempi, cioè dal principio del cristianesimo i
fedeli usavano festeggiare il dì anniversario della morte dei santi, come un giorno di trionfo, e in
tal giorno si radunavano intorno alle loro reliquie, e facevano memoria di essi, eccitandosi
vicendevolmente ad imitare le virtù. Il che dimostra quanto rettamente la Chiesa continui a
onorare i santi e a celebrarne le feste.
L'ultima osservazione è che tutti coloro i quali vogliono seguitare Gesù Cristo furono
sempre calunniati e perseguitati dal mondo, e che se vogliono salvare l'anima, non bisogna
temere il mondo, sibbene guardarci da esso, perchè non ci corrompa col suo veleno; e procurare
di imitare i santi, praticando le loro virtù, e domandando a Dio la grazia di perseverare sino alla
fine nell'osservanza de' suoi precetti a costo di qualunque sacrifizio. {46 [142]}
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