Salesiani 2014 %28it%29


Salesiani 2014 %28it%29

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» VANGELO DELLA GIOIA
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» CRISTIANO
» UMANESIMO SALESIANO
» DIRITTI UMANI
http:/ /www.sdb.org
Editoria! team:
Don Filiberto Gonzalez Plasencia,
Consigliere per la Comunicazione Sociale
Membri del Dicastero della CS
e Don Julian Fox, Sig. Hilario Seo
Traduttori:
Sig.ra. Claudia Baresi (Italiano)
Sig.ra. Deborah Contratto (Italiano)
Don Julian Fox sdb (Inglese)
Don Francese Balauder sdb (Spagnolo)
Sig.ra. Marisol Villaseftor (Spagnolo)
Don Placide Carava sdb (Frencese)
Don Hilario Passero sdb (Portugalo)
Don Angelo Dante Biz sdb (Portugalo)
Sig. Zdzislaw Brz k sdb (Polacco)
Si ringraziano:
Tutti gli autori di articoli, fotografi ...
ANS, per lari-scrittura di alcune notizie di ANS
come articolo
rartista Don Sieger Koder
fartista Sig. Stefano Pachì
Stampa:
Escolas Profissionais Salesianas, Sà.o Paulo, Brazil
Poligrafia Salezjanska, Krakow, Polonia
SIGA (Salesian Institute Of Graphic Arts),
Chennai, India
Sociedad Salesiana Editoria! Don Bosco, La Paz,
Bolivia
GRAFISUR, S.L., Madrid, Spagna
Editrice SDB: Edizione extra commerciale
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Via della Pisana 1111, Casella Postale 18333,
00163 Roma-Bravetta, Italia
Per ulteriori informazioni:
redazionerivistesdb@sdb.org
www.sdb.org

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Don Filiberto Gonz61ez Plasencia, sdb
Consigliere Generale per la CS
Cari amici,
li secondo anno di preparazione al
bicenLenario della nasci La di Don
Bosco è incenLraLo sulla sua peda-
gogia. Nel primo anno abbiamo
focalizzalo latlenzione sulla sua
storia, cercando di capire le ragioni
della sua predilezione per i giovani,
e Salesiani 2013 haaffronLaLo
questo tema descrivendolo come
sognaLore, ispiralore, promotore,
educaLore, fondatore, comunica-
tore e, ovviamente, santo.
li nostro scopo di quest'anno è di
focalizzarci su un tema in parti-
colare. l'educazione. Quello che
Don Bosco voleva offrire ai
giovani e il meLodo che ha usalo
per aprire le porle dei loro cuori,
così da poter guadagnare la loro
stima e formare personaliLà farli
sia a livello umano che crisliano.
ln allre parole vogliamo dare un
profìlo più cleLLaglialo cli Don
Bosco come educatore e studiare
il suo sistema preventivo.
Formare "buoni cristiani e onesti
ciLLadini" era la !'rase che Don
Bosco ripeteva spesso per indi-
care quello di cui i giovani ave-
vano bisogno per speri men lare e
vivere appieno le proprie vile
come esseri umani e allo stesso
Lempo cristiani: casa, vestili, cibo,
lavoro, studio: tempo libero, gioia,
amicizia; una fede aLLiva, la grazia
VANGELO DELLA GIOIA
Rettor Maggiore, "Come Don Bosco, educatore, offriamo ai giovani. .."
Papa Francesco e i giovani
Educazione con la barca a vela
Benvenuti al Circo Giovanni
Gioia dietro le sbarre: scuole
professionali in prigione, e tanti
altri servizi
Lo Sport fa la differenza
Suore? Sì, ma in modo diverso!
Musica e teatro: sognare come
faceva Don Bosco
Il metodo di Don Bosco per altre
tradizioni religiose
Case Don Bosco
Presenza con una storia
Casa Savio: finestra salesiana sul
mondo
Da Lenin a Don Bosco
Una storia di riconciliazione
Il Cuore di Don Bosco, cuore del-
l'America
Per il bene di ogni giovane
La pedagogia aiuta a ricostruire
una nazione
Fumetti: pura pedagogia
salesiana
Imparare a leggere il mondo
UPS: passione per l'educazione
Dai bits ai bytes
Educazione, una cosa di cuore
La santità consiste nell'essere
felici
Nuovi bisogni, nuove risposte
2
SALESIANI 2014
Edizione italiana, 8 dicembre 2013. Roma

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di Dio, la via verso lasanlilà; parle-
cipazione, runamismo, w1 posto
ben preciso nella socieLà e nella
Chiesa. La sua esperienza educaliva
gli ha suggerilo un parlicolare ap-
proccio che poi si riassume nel sislema
preventivo, che si basa esclusiva-
menLe su ragione. religione e, in
parlicolar modo, sull'amorevolezza.
Un vero Salesiano non diserta mai i
giovani. li Salesiano è una persona che
ha una grande consapevolezza del
mondo giovanile: il suo cuore balle in-
sieme a quello di centinaia di giovani.
Abbiamo diviso questo giornale in
sei parli, che rappresentano le stesse
idee che il ReLLor Maggiore ci ha
offerlo con il suo arlicolo. Ogni parte
offre progeLli, esperienze, slruLLurc,
evenli per mezzo dei quali i Salesiani
parlano avanti l'idea di Don Bosco e
mettono in pralica il suo sislema
educalivo-prevent.ivo.
Insieme alla redazione e a un grande
gruppo di collaboralori. vogliamo
esprimere il nostro più sincero rin-
graziamenlo per l'approvazione
ogni anno sempre maggiore che
raccoglie questo giornale, con la
speranza che, al Lermine della leLLura,
vi unirete a noi nel motto che dice
"Come Don Bosco educalore,
offriamo ai giovani la gioia allra-
verso un'educazione che si basa
sullamorevolezza·.
In copertina:
"L'umanesimo salesiano significa
valorizzare tutto il positivo, cogliere
autentici valori presenti nel mondo,
specie se graditi ai giovani."
- Il Rettore Maggior e due ragazzi
dell'Oratorio Auxilium, Roma (Valeria
Sa pochetti e Marco Valerio Canto)
CITTADINI
UMANESIMO SALESIANO
DIRITTI UMANI
Attilio Giordani
Chacas e il paradiso
Una famiglia al servizio della
gioventù
Gesù al centro
L'.Oratorio San Luigi - secondo
oratorio di Don Bosco
Gli Ex-allievi: la consolazione di
Don Bosco
Al Sud del Sud: un docu-fiction
Un sogno che diventa realtà
Noi siamo gli altri: l'attenzione
alle missioni salesiane in Europa
Gangnam Style "prende piede"
Alcohol3, prevenzione in atto
Da ragazzi di strada ad aspiranti
chef
"Il volontariato, una parte di me"
Dove i diavoli diventano angeli
Nove giorni, nove temi, nove
verbi: novena online a Don
Bosco
Al Borgo, bottega della provvi-
denza
Una fonte viva di missione: le
comunicazioni sociali
Don Bosco - Expo 2015
Dio benedica i portatori di acqua
Riciclare la vita: i 'Cartoneros' di
Villa ltati
Niente droga il m a r t e d ì -
neanche gli altri giorni!
"Educatore a 360 gradi"
Sudan: quando scoppia
l'emergenza ...
Roshni: nuove luci di vita
Gioventù indigena: un sogno
che si avvera
Collaborare per costruire un
mondo migliore: Salesiani,
giovani, Nazioni Unite
Papa Francesco ci invita a conoscere, amare ed imitare Don Bosco
redazionerivistesdb@sdb.org, www.sdb.org, ©Direzione Generale Opere Don Bosco
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Come Don Bosco, educatore, offriamo
aigiovani ilvangelo dellagioiaattraverso
lapedagogia dell'amorevolezza
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educatore
don Pascual Ch6vez Villanueva, Rettor Maggiore
Cari amici,
il secondo anno di preparazione
al bicentenario della nascita di
Don Bosco è incentrato sulla sua
pedagogia. Nel primo ci siamo
concentrati sulla vita per capire la
ragione della sua totale dedizione ai
giovani. A loro dedicò tutte le sue
energie poiché riteneva che fosse
questa la missione che Dio gli aveva
destinato.
Il nostro scopo ora è quello di stu-
diare più approfonditamente il suo
approccio con l'educazione: che
cosa Don Bosco voleva offrire ai
giovani ed il metodo che usò per
aprire le porte dei loro cuori, così da
guadagnarsi la loro fiducia e poter
formare delle personalità forti, sia a
livello umano sia cristiano. In altre
parole vogliamo avvicinarci al
Don Bosco educatore. Èdunque
necessario uno studio approfondito
e un aggiornamento del
Sistema Preventivo.
In un mondo profondamente cam-
biato rispetto a quello dell'ottocento,
sarebbe una lacuna grave a livello
sociale e teologico operare la carità
secondo criteri angusti, locali,
pragmatici dimenticando le più
ampie dimensioni del bene comune,
nazionale e mondiale. Concepire la
carità solo come elemosina, aiuto
d'emergenza, significa rischiare di
muoversi nell'ambito di un "falso
samaritanesimo''.
Dovremo quindi procedere nella
direzione di una riconferma aggior-
nata della "scelta socio-politica-edu-
cativa" di Don Bosco. Questo
significa non promuovere un attivi-
smo ideologico, legato a particolari
scelte politiche di partito, ma formare
ad una sensibilità sociale e politica,
che porta comunque ad investire la
propria vita come missione per il
bene della comunità sociale, con un
riferimento costante agli inalienabili
valori umani e cristiani. Detto in altri
termini, la riconsiderazione della
qualità sociale dell'educazione
dovrebbe incentivare la creazione di
esplicite esperienze di impegno
sociale nel senso più ampio.
Ealtrettanto si dovrebbe dire del
rilancio del "buon cristiano''. Don Bosco,
"bruciato" dallo zelo per le anime, ha
compreso l'ambiguità e la pericolosità
della situazione, ne ha contestato i
presupposti, ha trovato forme nuove
di opporsi al male con le scarse risorse
(culturali, economiche ... ) di cui
disponeva. Si tratta di svelare e
aiutare a vivere consapevolmente la
vocazione di uomo, la verità della
persona. Eproprio in questo i credenti
possono dare il loro contributo più
pregiato.
Ètra i giovani che Don Bosco ha ela-
borato il suo stile di vita, il suo patri-
monio pastorale e pedagogico, il suo
sistema, la sua spiritualità. L'.unicità
della missione giovanile in Don Bosco
fu sempre e comunque reale, anche
quando per motivi particolari non era
materialmente a contatto con i
giovani, anche quando la sua azione
non era direttamente a servizio dei
giovani, anche quando difese tenace-
mente il suo carisma di fondatore per
tutti i giovani del mondo, di fronte a
pressione di ecclesiastici non sempre
ben illuminati. Missione salesiana è
consacrazione, è "predilezione" per i
giovani, e tale predilezione, al suo
stato iniziale, lo sappiamo, è un dono
di Dio, ma spetta alla nostra intelli-
genza ed al nostro cuore svilupparla e
perfezionarla.
Il vero salesiano non diserta il campo
giovanile. Salesiano è colui che dei
giovani ha una conoscenza vitale: il
suo cuore pulsa là dove pulsa quello
dei giovani. li Salesiano vive e lavora
per loro, si impegna per rispondere
alle loro necessità e ai loro problemi;
essi sono il senso della sua vita:
lavoro, scuola, affettività, tempo
libero. Salesiano è chi dei giovani ha
anche una conoscenza teorica ed
esistenziale, che gli permette di scoprire
i loro veri bisogni, di creare una
pastorale giovanile adeguata alle
necessità dei tempi.
La fedeltà alla nostra missione poi,
per essere incisiva, deve essere posta
a contatto con i "nodi" della cultura di
oggi, con le matrici della mentalità e
dei comportamenti attuali. Siamo di
fronte a sfide veramente grandi, che
esigono serietà di analisi, pertinenza
di osservazioni critiche, confronto
culturale approfondito, capacità di
condividere psicologicamente la
situazione.
In questi ultimi decenni forse le
nuove generazioni salesiane provano
un senso di smarrimento di fronte
alle antiche formulazioni del Sistema
Preventivo: o perché non sanno
come applicarlo oggi, oppure perché
inconsapevolmente lo immaginano
come un "rapporto paternalistico" con
i giovani? Al contrario, quando guar-
diamo a Don Bosco, visto nella sua
realtà vissuta, scopriamo in lui un
istintivo e geniale superamento del
paternalismo educativo inculcato da
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5

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_I
molta parte della pedagogia dei
secoli a lui precedenti ('500-700); in
quel tempo il discorso pedagogico
rifletteva infatti la società europea,
che, anche a livello politico, era
strutturata paternalisticamente.
La vita di Don Bosco risulta invece
tutta un tessuto di rapporti inter-
personali con giovani e adulti, da
cui nasce anche l'arricchimento
suo personale.
"L'amorevolezza di Don Bosco è,
senza dubbio, un tratto caratteri-
stico della sua metodologia
pedagogica ritenuto valido anche
oggi, sia nei contesti ancora cristiani
sia in quelli dove vivono giovani
appartenenti ad altre religioni.
Non è però riducibile solo a un
principio pedagogico, ma va
riconosciuta come elemento
essenziale della nostra spiritualità.
A partire dalla conoscenza della
pedagogia di Don Bosco, e alla
luce delle riflessioni sopra svilup-
pate, i grandi punti di riferimento
e gli impegni della Strenna del
2013 per la Famiglia Salesiana
sono i seguenti.
1.11"Vangelo della gioia"
li "vangelo della gioia" caratterizza
tutta la storia di Don Bosco ed è
l'anima delle sue molteplici opere.
Don Bosco ha intercettato il desi-
derio di felicità presente nei
giovani e ha declinato la loro
gioia di vivere nei linguaggi del-
l'allegria, del cortile e della festa;
ma non ha mai cessato di indi-
care Dio quale fonte della gioia
vera. Alcuni suoi scritti, quali Il
Giovane Proweduto, la biografia
di Domenico Savio, l'apologo
'il contenuto nella storia di Valen-
tino, sono la dimostrazione della
corrispondenza che egli stabiliva
tra grazia e felicità. E la sua insi-
stenza sul "premio del paradiso"
proiettava le gioie di quaggiù
nella prospettiva del compi-
mento e della pienezza.
Essa infatti è amore autentico
perché attinge da Dio; è amore
che si manifesta nei linguaggi
della semplicità, della cordialità e
della fedeltà; è amore che genera
desiderio di corrispondenza; è
amore che suscita fiducia,
aprendo la via alla confidenza e
alla comunicazione profonda
("l'educazione è cosa di cuore"); è
amore che si diffonde creando un
clima di famiglia, dove lo stare
insieme è bello ed arricchente.
"La pedagogia di Don Bosco"
scrive don Braido," s'identifica con
tutta la sua azione; e tutta l'azione
con la sua personalità; e tutto
Don Bosco è raccolto, in definitiva,
nel suo cuore''. Ecco la sua grandezza
e il segreto del suo successo
come educatore: Don Bosco ha
saputo armonizzare autorità e
dolcezza, amore di Dio e amore
dei giovani. L'amore di Don Bosco
per questi giovani era fatto di
gesti concreti e opportuni. Egli si
interessava di tutta la loro vita,
riconoscendone i bisogni più
urgenti e intuendo quelli più
nascosti. Affermare che il suo

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cuore era donato interamente ai
giovani, significa dire che tutta la sua
persona, intelligenza, cuore, volontà,
forza fisica, tutto il suo essere era
orientato a fare loro del bene, a
promuoverne la crescita integrale, a
desiderarne la salvezza eterna. Essere
uomo di cuore, per Don Bosco,
significava quindi essere tutto
consacrato al bene dei suoi giovani e
donare loro tutte le proprie energie,
fino all'ultimo respiro!"
4. La formazione dell'onesto
cristiano e del b u o n
cittadino
"Formare «buoni cristiani e onesti
cittadini» è intenzionalità più volte
espressa da Don Bosco per
indicare tutto ciò di cui i giovani
necessitano per vivere con pienezza
la loro esistenza umana e cristiana:
vestito, vitto, alloggio, lavoro, studio e
tempo libero; gioia, amicizia; fede
operosa, grazia di Dio, cammino di
santificazione; partecipazione,
dinamismo, inserimento sociale ed
ecclesiale. L'esperienza educativa gli
suggerì un progetto ed un particolare
stile di intervento, da lui stesso con-
densati nel Sistema preventivo, che
«si appoggia tutto sopra la ragione, la
religione, e sopra l'amorevolezza».
La presenza educativa nel sociale
comprende queste realtà: la sensibilità
educativa, le politiche educative, la
qualità educativa del vivere sociale, la
cultura.
-- 5. Umanesimo salesiano
Per Don Bosco significava valorizzare
tutto il positivo radicato nella vita
delle persone, nelle realtà create,
negli eventi della storia. Ciò lo portava a
cogliere gli autentici valori presenti
nel mondo, specie se graditi ai
giovani; a inserirsi nel flusso della
cultura e dello sviluppo umano del
proprio tempo, stimolando il bene e
rifiutandosi di gemere sui mali; a
ricercare con saggezza la cooperazione
di molti, convinto che ciascuno ha
dei doni che vanno scoperti,
riconosciuti e valorizzati; a credere
nella forza dell'educazione che
sostiene la crescita del giovane e lo
incoraggia a diventare onesto cittadino
e buon cristiano; ad affidarsi sempre
e comunque alla provvidenza di Dio,
percepito e amato come Padre
6. Sistema preventivo e
diritti umani
La Congregazione non ha motivo di
esistere se non per la salvezza inte-
grale dei giovani. Come Don Bosco
nel suo tempo, noi non possiamo
essere spettatori; dobbiamo essere
protagonisti della loro salvezza. La
lettera da Roma del 1884 ci chiede
anche oggi di mettere "il ragazzo al
centro" come impegno quotidiano
di ogni nostro gesto e come scelta
permanente di vita di ogni nostra
comunità. Per questo, per la salvezza
integrale dei giovani, il vangelo e il
nostro carisma oggi ci chiedono di
percorrere anche la strada dei diritti
umani; si tratta di una via e di un
linguaggio nuovi che non possiamo
trascurare. Non dobbiamo lasciare
nulla di intentato per la salvezza dei
giovani; oggi non ci sarebbe possibile
guardare negli occhi un bambino se
non ci facessimo promotori anche
dei suoi diritti.
Il sistema preventivo e i diritti umani
interagiscono, arricchendosi l'un l'altro.
li sistema preventivo offre ai diritti
umani un approccio educativo unico
ed innovativo rispetto al movimento
di promozione e protezione dei diritti
umani finora caratterizzato dalla
prospettiva della denuncia "ex post';
la denuncia di violazioni già com-
messe. Il sistema preventivo offre ai
diritti umani l'educazione preventiva,
ossia l'azione e la proposta "ex ante''.
Allo stesso modo i diritti umani offrono
al sistema preventivo nuove frontiere
ed opportunità di dialogo e di
collaborazione in rete con altri soggetti,
al fine di individuare e rimuovere le
cause di ingiustizia, iniquità e violenza.
Idiritti umani inoltre offrono al sistema
preventivo nuove frontiere ed
opportunità di impatto sociale e
culturale come risposta efficace al
"dramma dell'umanità moderna della
frattura tra educazione e società, del
divario tra scuola e cittadinanza''.rif.)
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7

1.10 Page 10

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VANGELO DELLA GIOIA
VANGELO
DELLA
GIOIA
Il cuore e l'anima del lavoro salesiano
Papa Francesco e igiovani (GMG)
Educazione con la barca a vela
(Polonia)
Benvenuti al Circo Giovanni
(Germania)
Gioia dietro le sbarre: scuole profes-
sionali in prigione,e tanti altriservizi
(India)
Lo sport fa la differenza (Samoa)
Suore? Sì,ma in modo diverso!
(Guatemala)
Musica e teatro:sognare come
faceva Don Bosco (Spagna)
8
SALESIANI 2014

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VANGELO DELLA GIOIA
Papa Francesco e i 1ovan1
di Donato Lacedonio
H o visto, nella cornice di una città
dalle forti tinte sociali, due cose: il
Papa e i giovani.
Cosa ho visto a Rio de Janeiro?
Prima di rispondere a questa
domanda, pero, è bene presentarsi.
Sono don Donato Lacedonia, un
Ho visto il Papa che, sin dalla sua elezione,
aveva cercato il contatto con la gente e
Rio de Janeiro ha cercato i giovani.
salesiano sacerdote, che ha avuto Innumerevoli gli episodi in cui ha stretto
/onere e Umore di partecipare alla
Giornata Mondiale della Gioventù
di Rio de Janerio in qualità di
giornalista. Eh sì, ruolo insolito,
la mano, abbracciato e guardato negli
occhi chi incontrava, incurante dei pro-
tocolli di sicurezza. Nel salutare i giovani
rappresentanti delle varie nazioni - o
coloro che avevano avuto un ruolo par-
ma interessante perché offre la ticolare nei vari incontri - li ha sempre
possibilità di partecipare allevento
da una prospettiva diversa. Non è
stata la mia prima GMG! Ho
partecipato in qualità di giovane,
trattati come se fossero le uniche
persone presenti in quel momento. Un
sorriso, una parola, un abbraccio ...
istanti che resteranno nella memoria di
quei giovani per tutta la vita!
nel lontano 1984 quando
Giovanni Paolo IIfece la prima
grande convocazione da cui partì il
treno delle GMG, ho
accompagnato gruppi a Parigi,
Il Papa ha cercato non di predicare, ma
di incontrare i giovani con parole e gesti
semplici, con un cuore aperto, con una
relazione autenticamente umana.
Roma, Colonia egià a Madrid ero Ha visto un Papa utilizzare il linguaggio
corrispondente.
dei giovani, fatto di corporeità, gesti -
'
Ora posso rispondere alla
domanda! Cosa ho visto a Rio de
Janeiro?
emblematico il saluto con il pollice in su
quasi a dire "tutto ok!?" - di immagini
tratte dalla vita quotidiana, piccole pa-
rabole contemporanee. Un esempio
per tutti: durante la veglia di sabato 27
-

2.3 Page 13

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luglio, Papa Francesco ha chiesto ai
giovani di curare la propria forma-
zione; come lo ha fatto? Utilizzando la
metafora-immagine del calcio: "Gesù
ci chiede di seguirlo per tutta la vita, ci
chiede di essere suoi discepoli, di 'gio-
care nella sua squadra'. La maggior
parte di voi ama lo sport. E qui in Bra-
sile, come in altri Paesi, il calcio è pas-
sione nazionale. Si o no7 Ebbene, che
cosa fa un giocatore quando è convo-
cato a far parte di una squadra? Deve
allenarsi, e allenarsi molto! Così è la
nostra vita di discepoli del Signore.
San Paolo descrivendo i cristiani ci
dice: «Ogni atleta è disciplinato in
tutto; essi lo fanno per ottenere una
corona che appassisce; noi invece una
che dura per sempre» (1 Cor 9,25)".
Ho visto il Papa awicinarsi al cuore dei
giovani, chiedendo con gentilezza di
stabilire un dialogo. L'espressione di
Don Bosco-"Non basta amare i giovani:
occorre che loro si accorgano di essere
amati" - sembra calzare perfettamente
a Papa Francesco e a quanto è acca-
duto a Rio de Janeiro: i giovani si sono
resi conto di essere amati da Papa Fran-
cesco e dalla Chiesa.
I giovani sono stati invitati a essere ri-
voluzionari, a fare "casino" (termine ori-
ginale spagnolo: Ifa). Una parola politi-
camente poco corretta, ma adatta ad
esprimere quanto il Pontefice ha chie-
sto ai giovani argentini. Ai giovani ha
chiesto di non subire la cultura dello
scarto, dell'eutanasia. Li ha invitati a
essere protagonisti, a saper dire "si" alla
proposta del vangelo, senza paura, con
la testa alta. Ha fatto comprendere che
essere discepoli di Cristo non è una
chiamata all'intimismo.
Ho visto a Rio de Janeiro la risposta dei
giovani. Posso attestare che la rela-
zione cercata da Papa Francesco ha
avuto buon esito!
Se Lui sorrideva, dall'altra parte c'erano
giovani che sorridevano; se alzava il
pollice, c'erano giovani che risponde-
vano con lo stesso gesto, se ha amato
i giovani ... i giovani lo hanno amato e
lo amano!
Le testimonianze di affetto e devo-
zione dei giovani a Rio de Janeiro
erano vere. Igiovani hanno compreso
il suo linguaggio 1 Soprattutto quando
è stato il primo ad "andare, senza paura,
per servire"! Ha passeggiato per le
strade e con la gente della comunità
(fave la) di Varginha, è entrato nella casa
di una famiglia, ha sostituito e indos-
sato lo zucchetto bianco lanciatogli da
un giovane, ha fatto fermare la papa-
mobile per scendere e salutare un
disabile, ...
Igiovani hanno capito quanto ha chie-
sto loro perché durante i momenti più
intensi di preghiera - l'adorazione e la
consacrazione eucaristica - hanno vis-
suto in silenzio il proprio dialogo con
quel Gesù che Papa Francesco ha indi-
cato loro con semplicità, in prima per-
sona e con amore.
Personalmente cosa mi sono portato
dietro dalla GMG di Rio de Janeiro?
La responsabili di una salesiano esor-
tato da quanto Papa Francesco ha
detto ai sacerdoti che avevano accom-
pagnato i gruppi: "Per favore, continuate
ad accompagnarli con generosità e
gioia, aiutateli ad impegnarsi attiva-
mente nella Chiesa; non si sentano mai
soli!',tff.
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2.4 Page 14

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VANGELO DELLA GIOIA
di Andrzej Kr61, yachtmaster
_I
la
la
Capita lo stesso con l'educazione. Ci si lamenta
di quanto sono strani i ragazzi, di quanto sono
difficili; si può dire che era diverso nel passato, che
i giovani in passato avevano più tatto e uno spirito
romantico; o, molto più semplicemente, lasciando
perdere questi preconcetti, si può dare inizio ad una
nuova awentura e vedere i giovani in modo più po-
sitivo. Ecco come in questi ultimi 20 anni si è lavo-
rato al Saltrom Yacht Club. Migliaia di miglia
nautiche, centinaia di viaggi, allenamenti, eventi,
una sorprendente atmosfera ... ecco cosa ci ha in-
coraggiato ... ci scrive Maxwell, ad ammainare le
vele e a "salpare''. Sono i giovani che spronano noi
più anziani a"indossare la maglia e la giacca avento"
e a iniziare una nuova awentura ogni stagione, con
l'insegnamento e l'educazione. Non ci sono dubbi
che la barca a vela sia un metodo educativo.
In questi anni di esperienza presso i laghi Masurian
e in mare, ho osservato come il semplice lavare i

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I commenti negativi sul vento.
La speranza che questo cambi.
il capo gruppo che riassetta le vele.
1on. C. Maxwell
piatti ogni giorno, pulire il pontile un
paio di volte al giorno, cucinare i pasti,
tenere pulita l'imbarcazione o anche
solo la propria cuccetta, siano attività
molto educative.
Don Bosco al suo tempo osservava i ra-
gazzi di Torino, stava in mezzo a giovani
che non erano certo tra i più ambiziosi
e cercava di influenzarli positivamente.
Ha scritto nel suo diario: "Gioco con
loro, anche a calcio, gli sono maestro e,
se riesco, li faccio pregare''. Era un prete
"sopra le righe" ma inesorabilmente
coerente sui fattori educativi. Aveva
cura dei piccoli dettagli di ogni giorno,
poiché questi con il passare del tempo
portano grandi frutti, fanno dei giovani
dei buoni lavoratori, padri, madri e
intere famiglie. Dunque la barca a vela,
considerata da molti solo un passa-
tempo e un divertimento, è stata per
noi del Saltrom Yacht Club un luogo
ideale per incontrare i giovani e influen-
zarli in modo positivo.
I giovani cercano dei modelli di vita e
vogliono che li si cerchi. Si abituano
bene quando trovano una persona che
si assuma questo incarico e quando
qualcuno ha queste doti in modo na-
turale, non conta l'età, il fisico o le lauree
che possiede. Con le burrasche, le vele
strappate, il mare a forza 12 e soprat-
tutto la consapevolezza di quello che
poteva accadere- con la calma e la ne-
cessaria esperienza (anche se a volte
può sembrare eccessiva), la nostra
équipe è sempre alla ricerca di nuovi
modi di approccio con i giovani, spesso
persi in un mare di influenze diverse, di
situazioni familiari e relazioni sociali.
Un po' misteriosamente, come se fa-
cesse capolino da una fitta coltre di
nebbia, ecco un'iniziativa, non solo per
passare un po' di tempo libero, ma che
è una scelta di vita - dotata di consa-
pevolezza e responsabilità. La vita può
dawero essere come un'uscita in barca
a vela: con coraggio si devono affron-
tare le nuove difficoltà, cercando di
leggere nuove "mappe di vita" per rag-
giungere nuovi lidi e sfuggire le tempe-
ste. Vivere vuol dire "osservare le luci"-
i consigli buoni e sicuri, ma sempre con
umiltà, perché è proprio in questo
m o d o c h e il mare ci insegna se
vogliamo conquistare dei "nuovi oriz-
zonti"
,m.

2.6 Page 16

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I numeri circensi erano parte delle tattiche
educative di Don Bosco,fin
dall'adolescenza. Da ragazzo camminava
sulla corda,faceva giochi con la bacchetta
o con le monetine, perpoter intrattenere
così gli abitanti dei Becchi. Prima del
numerofinale, però, invitava gli spettatori
alla recita del rosario, ripetendo inoltre
!omelia ascoltata alla mattina in chiesa.
Anche anni dopo, con i ragazzi di Torino,
/'insegnamento attraverso ilgioco era un
elementofondamentale del suo oratorio.
di Hannah-Magdalena Pink

2.7 Page 17

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2.8 Page 18

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A cura dell'ispettoria di Calcutta
Don Bosco, 160 annifa, credeva che
nessuno nascesse criminale, néfosse
un emarginato. Ha aiutato igiovani
carcerati, passando del tempo con
loro. I salesiani di Calcutta ne stanno
seguendo le orme. Il DBPM
(Ministero Don Bosco per i carcerati)
è nato nel 1998 per portare un po' di
gioia dietro le sbarre. La missione è di
riabilitare chi è andato contro la
-
legge, soprattutto i più giovani. Don
Scaria Nedumattathil era, ed è, il
cuore e il cervello dietro questo
servizio. Attualmente sono coinvolte
nelproggetto di La/gola,
Scuola professionale in prigione,
e molti altriservizi
Mindnapore, Dum Dum, Ranchi,
Hazaribagh, Dumka.
N o n esistono garanzie quando un
carcerato esce dal carcere. Dietro
le sbarre, infatti, la possibilità di impa-
rare il peggio del peggio dai migliori
criminali è molto alta.
Approvato dal Consiglio per l'educa-
zione industriale e tecnica, dal governo
del Bengala Occidentale, il DBPM offre
ai carcerati corsi di formazione di
guida, meccanica, elettronica, abbiglia-
mento e informatica. Il tasso di suc-
cesso dei corsi è del 100%: nulla distrae
i carcerati dai loro studi!!! I Salesiani
hanno una vera e propria scuola pro-
fessionale all'interno del carcere.
Assistenza legale e onsulenza
Prigionieri da qualsiasi istituto peniten-
ziario del Bengala occidentale possono
inviare la richiesta di ammissione ai
corsi attraverso l'Ispettorato Generale
delle Carceri. li periodo del corso è pari
a un anno.
16
SALESIANI 2014
Condividendo la visione e la missione
del NALSA (Autorità nazionale per i ser-
vizi legali), il DBPM assicura che "anche
il più debole tra i deboli non soffrirà
alcun tipo di ingiustizia che derivi da
azioni abrasive da parte dello stato o di
privati cittadini''. li DBPM offre a tutti in-
formazioni in campo giuridico e, allo
stesso tempo, educa le persone su cosa
fare quando si viene arrestati.
Sport e giochi: musica e divertimento,
'"Una casa saJesiana senza musica
è come un corpo senzanima"
(Don Bosco)
Sport, gioco, musica e intrattenimento
sono parte integrale di ogni attività sa-
lesiana, anche se ha luogo dietro le
sbarre! I Salesiani sono anche riusciti,
grazie alla collaborazione con il distretto
di polizia di Murshidabad, a creare un
corso per futuri musicisti di bande.
Micro progetti per le
generazioni future
I micro progetti creano una fonte di
reddito che i carcerati possono usare
come capitale una volta tornati a casa.
Un centro commerciale, un'agenzia di
trasporti rickshaw/bus, e tante altre
attività sono in piena espansione. Il
DBPM sta anche fornendo aiuto per la
creazione di una cooperativa, in colla-
borazione con la Direzione Generale
carceraria del Bengala Occidentale. Il
centro Don Bosco Chandradeep di
Hariharpara svolge le stesse attività,
ma per donne uscite di prigione o
abbandonate dai propri mariti. Impa-
rano a cucire, a ricamare e a realizzare
bambole.
Schema dei sussidi per le
famiglie
Il DBPM aiuta le famiglie dei carcerati a
sistemare le proprie case e a fornire una
dote per i matrimoni delle ragazze. Ot-
tengono aiuto per migliorare i propri
guadagni grazie all'acquisto di rickshaw
e apertura di negozi di sartoria.

2.9 Page 19

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Jeevan Asha: progett i per i
figli dei prigionieri che
tornano a casa
Jeevan Asha aiuta i figli dei carcerati,
occupandosi della loro educazione e
del benessere fisico e mentale: lo
scopo è di sconfiggere la vergogna e
la stigmatizzazione, dando nuove spe-
ranze di vita. La Holy Child House
ospita 125 ragazze, tutte figlie di
donne in carcere o prostitute. È una
joint venture con la Direzione Generale
carceraria, il governo del Bengala Occi-
dentale e delle Suore di Maria Bambina.
Il DBPM lavora anche per garan-
tire il necessario aiuto ai
giovani delle tribù e alle
donne attraverso una
riscoperta di se
stessi e un pro-
gresso eco-
nomico.-tfr.
La
parola
ai carcerati
"Dopo 7 anni in prigione, sono stato
scarcerato. Durante la mia permanenza
dietro le sbarre ho fatto un corso di mec-
cani ca e di manutenzione motrici.
Uscito dalla prigione, ho trovato lavoro
come autista e sono finalmente riuscito
a comprarmi, anche grazie a un prestito
della banca, un veicolo nuovo. Sono in
grado di mantenere la mia famiglia e
sarò sempre grato al DBPM per tutto
quello che ha fatto per me".
OududSK
"Vengo da Malda, Bengala Occi-
dentale e sono stato ben 20 anni
nella prigione di Berhampore. Ho
avuto quindi l'opportunità di
partecipare ai progetti del DBPM.
Ho fatto corsi di meccanica dauto,
e cablaggi domestici. Sono anche
un membro attivo della Banda
Don Bosco. Sono qui da quando
ho 18 anni. Avevo perso ormai
ogni speranza di un futuro
migliore ma la mia vita è cambiata,
sì, proprio quando ho iniziato a
frequentare le attività del DBPM.
Oggi sono felice e spero in un
futuro migliore. La mia situazione
è la stessa di tanti altri carcerati. Sì,
il DBPM ha trasformato la prigione
in una casa più accogliente. E
questo non è solo il pensiero di noi
carcerati, ma anche delle autorità'.'.
Philip Soren
(condannato al carcere a vita)
"Mi chiamo Raju Sharma. Non ho mai
conosciuto mio padre, mentre mia madre
Mira è malata mentale. Non era una crim-
inale, ma è stata comunque spedita in pri-
gione nel 2000 per quello che si chiama
"custodia cautelare". Io sono nato nel
2001, dietro le sbarre, e qui sono cresciuto.
Avevo appena 4 anni quando incontrai
don Scaria, direttore del DBPM e gli chiesi
aiuto. Grazie ad un'ordinanza riuscì a
scarcerare sia me sia mia madre, la quale
fu mandata nella casa di Shantidan (Cal-
cutta), gestita dalle suore di Madre Teresa
e dove risiede tuttora. Io fui ammesso a
scuola e ora parlo quattro lingue: inglese,
bengali, santali e hindi. Appena terminati
gli studi, cercherò un lavoro così da
potermi personalmente prendere cura di
mia madre. E tutto grazie al DBPM. Io
sono solo uno dei tanti ragazzi che sono
stati aiutati da don Scaria'.
RajuSharma

2.10 Page 20

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VANGELO DELLA GIOIA
FILA IIFEERENZ
di Chris Ford
Tutt i sanno che ai giovani piace lo
sport. I giovani qui al Centro Profes-
sionale Don Bosco non sono certo
un'eccezione: amano lo sport ... È un
eufemismo!
Fino a poco tempo fa, però, avevamo
poche opportunità sportive. Abbiamo
dunque deciso di comprare una palla
da rugby e di lasciare i ragazzi liberi di
giocare nei cortili. li Comitato Sportivo
e il Gruppo S.Vincenzo hanno poi
unito le rispettive forze e iniziato la co-
struzione di due campi da pallav •10. li
dipartimento per le costruzio · in
legno ha costruito tre postazioni er il
tennis-tavolo. All'inizio lo sport er "ri-
legato" solo all'intervallo del matti . È
stato poi allungato ai momenti di pre-
scuola del martedì e del gioveaì (i
giorni in cui non c'è assemblea). Ora
invece è esteso a tutte le mattine della
settimana scolastica.
L'.impatto di un così piccolo cambia-
mento nella vita del Centro è stato in-
credibile. La re-introduzione dello
sport ha improvvisamente rivoluzio-
nato la cultura scolastica. La nostra
scuola oggi è un posto più felice dove
ogni giorno ai giovani vengono offerte
attività sportive diverse. L'.impatto sco-
lastico, come già affermato, è stato
palese.
Il numero dei ragazzi che arrivavano in
ritardo in alcuni giorni precisi si è ri-
dotto, visto che è grande il desiderio di
arrivare presto, prima delle lezioni, per
giocare. La percentuale dei "ritardatari"
è dunque passata da un 20/25% al
giorno a un 0/5%.
I ragazzi arrivano a scuola prima per
poter giocare. Così facendo evitano il
"pericolo mercato'; attrazione qui a
pochi passi, che li faceva ciondolare at-
torno alle bancarelle quasi fino all'ul-
timo minuto, con l'alta possibilità di
arrivare poi a scuola in ritardo.
Anche il livello di violenza scolastica è
diminuito tantissimo, e questo perché
i ragazzi hanno qualcosa di positivo cui
pensare. Nell'ultimo anno
lf .
SALESIANI 2014

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Don Chris Ford SDB, preside del Centro tecnico Don Bosco di Alafua (isole Samoa),
si riconette al modo di vedere di Don Bosco e afferma l'importanza dello sport nel
progetto educativo:
Il maestro visto solo in cattedra è maestro e nulla più, ma se va in ricreazione coigiovani
diventa come unfratello. Se uno è visto solo predicare dalpulpito si dirà chef a né più né meno
del proprio dovere, ma se dice una parola in ricreazione è la parola di uno che ama. Quante
conversioni non cagionarono alcune sue parolefatte risuonare all'improvviso allorecchio di un
giovane nel mentre che si divertiva!" (Lettera da Roma, attribuita a Don Bosco).
abbiamo avuto solo due piccole risse:
un record.
Iragazzi sono visibilmente più felici ed
espansivi.
Anche il livello di energia è aumentato
tantissimo.
Anche per coloro che non si sentono
molto predisposti per lo sport, beh ...
per loro ora c'è uno spazio più sereno
o
e
a• nche
solo poter fare
chiere con gli
due chiac-
amici.
..,
lo,-;,>_ .,._ -
Gli insegnanti sono più felici perché gli
studenti sono più felici, si comportano
meglio e sono più predisposti a condi-
videre le cose buone che sono state
pianificate e create per loro.
Potevamo prevedere che questo sa-
rebbe avvenuto. Cosa che però non
prevedevo era il livello di gratitudine
che avrei poi trovato tra i ragazzi. Sono
stupefatto dal grande numero di ra-
gazzi che sono venuti a parlarmi di
persona, per esprimermi il loro sincero
grazie. E non parlo solo di un paio di
Almeno 20 o 25 che, in un modo o
nell'altro, si sono avvicinati e mi hanno
detto "grazie per il momento del gioco''.
Tutto questo mi ha fatto riflettere e tor-
nare alla mente che nella sua biografia
di Michele Magone, Don Bosco diceva
che uno spirito di gratitudine è uno dei
segni della grazia di Dio nella vita di un
giovane. Don Bosco lo dice riferito a
Michele, io ora posso dirlo dei miei ra-
gazzi. Se estrapolassimo tutto a livello
scolastico generale, allora lo spirito
di gratitudine che ho trovato tra i
giovani è un vero e proprio segno
della presenza di Dio in m:.,zzo a noi ,m.

3.2 Page 22

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Sono tutte dotate digrande allegria, di quell àlleg ria spontanea e che non è di certo uno
stereotipo. Pregano, non conformule vecchie e noiose, ma come se stessero colloquiando
direttamene con Dio. Le parole dei loro canti nascono dal profondo dei cuori e,
all'unisono, diventano un unico inno di lode. Salutano ogni persona che incontrano con
un semplice e radioso sorriso sul volto.
Lavorano con così tanto vigore che
è difficile spiegare quale sia la fonte
da cui traggono così tanta energia.
Vivono in comunità dove, più che una
gerarchia, c'è un sentimento di fratel-
lanza e unione.
Vivono come tutte le altre donne della
zona, senza mai dimenticare il back-
ground culturale in cui sono nate. Una
20
SALESIANI 2 0 1 4

3.3 Page 23

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di Heriberto Herrera
semplice croce che portano al
collo: questo è quello che le iden-
tifica come donne consacrate.
li loro campo di lavoro è costi-
tuito da un'amplissima area
rurale. Si spostano di missione
in missione utilizzando gli af-
follatissimi bus locali, o grazie
ai passaggi offerti da altre per-
sone ... proprio come fanno
tutti quelli che abitano da
queste parti. Sono anche solite
fare decine di chilometri a
piedi per poter raggiungere le
persone che devono aiutare.
Quasi come per magia, radu-
nano attorno a sè bambini,
giovani, donne, adulti. Hanno
una grande bravura sia nella
gestione sia nell'organizza-
zione di piccoli gruppi, come
anche di grandi masse. li ruolo
di essere guida è parte intrin-
senca, potremmo dire, del loro
DNA
Sono sempre bene accette
nelle comunità rurali dove pre-
stano il proprio aiuto; senza
alcun problema svolgono la
loro missione tanto con i più
piccoli come con gli adulti. È
assai evidente dunque che
hanno un'autorezzolezza inte-
riore, che le porta a essere
guida di altre persone e a farlo
in modo del tutto naturale,
mai autorevole.
In modo molto intelligente ed
efficace, diffondono il messag-
gio del Vangelo attraverso
canzoni, scenette, danze e im-
magini. I giovani e i bambini
piccoli sono entusiasmati da
queste loro attività che sono,
allo stesso tempo, preghiera,
divertimento, arte e un modo
per stare tutti insieme.
Queste suore sono sempre
animate da un grande desi-
derio di conoscenza di ciò
che può a loro essere utile
per la propria missione pa-
storale. Compongono testi
musicali al computer, creano
e diffondono programmi ra-
diofonici, sono sempre in
strettissimo contatto cellu-
lare con le persone che più
le aiutano, scrivono opusco-
letti con messaggi catechi-
stici.
Di recente, e con quell'entu-
siamo che solitamente carat-
terizza i bambini, si sono
anche lanciate alla scoperta
del mondo di Internet. Hanno
un proprio account sia su
Gmail che su Facebook. Senza
alcun tipo di problema hanno
imparato a fare foto con le
macchine digitali, a spedirle
via email e dunque ad utiliz-
zare tutto questo materiale
come risorsa per il proprio mi-
nistero.
Stiamo parlando delle Suore
della Resurrezione, una con-
gregazione i cui membri pro-
vengono dalla tribù indigena
Qeqchf, che vive principal-
mente nella regione di San
Pedro Carchà, nel nord del
Guatemala. L'.idea originale era
quella di offrire un carisma
religioso alle giovani donne
indigene, che non fosse però
caratterizzato dagli stereotipici
del mondo occidentale. l'.idea,
infatti, era sì quella di essere re-
ligiose, ma senza dover rinun-
ciare alle origini del proprio
popolo, della propria tribù in-
digena.
l'.esperimento funziona ... sì
che funziona ... 1!
.rif.

3.4 Page 24

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3.5 Page 25

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3.6 Page 26

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Amore autentico che viene da Dio
Ilmetodo di Don Bosco per altre
tradizioni re,igiose (India)
Case Don Bosco (lrlar,da)
Presenza con una storia (Marocco)
C a s a Savio finestra salesiana sul
mondo (UK)
Da Lenin a Don Bosco (Ucraina)
U n a storia di riconciliazione (Italia)
IlCuore di Don Bosco, cuore
dell'America (Bolivia)
24
SALESIANI 2014

3.7 Page 27

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SALESIANI 2014
25

3.8 Page 28

▲back to top
DBWAY è in inglese 'Don Bose<JS
Way" (il metodo di d. Bosco), su come
educare igiovani a vivere in allegria in
un contesto multi-religioso. In vista del
2015, bicentenario della nascita di
Don Bosco, i Salesiani della regione
Asia meridionale hanno sentito la
necessità di aumentare il
coinvolgimento dei propri insegnanti e
giovani collaboratori di tutte le équipes
educative delle loro case. Poichè la
maggiorparte degli insegnanti
proviene da tradizioni religiose diverse,
è stato dunque necessario adattare il
modello di Don Bosco in modo che
ognuno di loro potesse capirlo epoi
anche metterlo in pratica.
http//www.dbway.in
U n corso introduttivo di una gior-
nata presenta la novità e l'im-
portanza del DBWAY in ambito
educativo e salesiano. li corso conti-
nua poi con lo studio autodidatta
di un manuale che i partecipanti
devono memorizzare nell'arco di sei
settimane, per poi dover affrontare
un test. Chi supera il test ottiene un
certificato. Il corso introduttivo di un
giorno inizia con uno studio critico
dei tre sistemi che hanno dominato
la storia dell'educazione: il sistema
repressivo, preventivo e quello
espressivo. I partecipanti vengono in-
trodotti alla particolare abilità di Don
Bosco di mescolare la prevenzione e
l'espressione attraverso una presenza
attiva tra i giovani basata su ragione,
religione e amorevolezza.
Il DBWAY è nato soprattutto per gli
di Peter Gonsalves
staff educativi delle case gestite dalla
famiglia salesiana. I partecipanti che
hanno almeno tre anni di esperienza
nel mondo giovanile sono quelli
che ne beneficiano di più. li corso
può anche essere usato come
programma induttivo per i nuovi
membri degli staff.
Il DBWAY è formato da un gruppo
misto: personale cattolico e perso-
nale non cattolico del Centro Don
Bosco per l'insegnamento di Kurla
(Mumbai). Finito il corso, i parteci-
panti hanno acquisito una cono-
scenza dei valori, attitudini e abilità
richieste per una sua corretta attua-
zione. Sviluppano una maggiore
consapevolezza dell'importanza
dell'educazione salesiana nel mondo
in cui viviamo.
Il primo tentativo di elaborare un
manuale di studio autonomo sul si-
stema educativo è stato creato nel
luglio 2008 come risposta alla richie-
sta della direzione del centro Don
Bosco. I primi corsi hanno avuto
luogo nell'agosto 2011 in occasione
del pellegrinaggio dell'urna nel-
l'ispettoria di Mumbai. Da agosto
2011 a dicembre 2013 i corsi sono
stati tenuti in 8 ispettorie indiane,
per un totale di circa 4000 parteci-
panti m

3.9 Page 29

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"La mia passione di stare tra i giovani
è stata la mia voce guida per diven-
tare educatrice fin da bambina.
Come una chiamata, insegnare per
me è un modo efficace e appagante
per cambiare il mondo. Beh, il per-
corso non è certo sempre stato tutto
rose e fiori. Ci sono stati centinaia di
ostacoli che mi hanno fatto venire
dubbi sui miei metodi, le mie abilità
e il mio desiderio di diventare educa-
trice. In questo periodo di messa a
punto, mi sono stati di grande aiuto i
miei recettori emotivi e spirituali, a
ricordarmi perché ho scelto questa
professione; ed il DBWay è stato un
ottimo strumento.
I puntatori per gli insegnanti di come
comportarsi, basati non solo su un
ambiente psicologico, ma anche
forte fondamento spirituale combi-
nato con gli esempi della vita di Don
Bosco trovati nel DBWay, mi hanno
fornito i come ed i perché per essere
una buona educatrice, in grado di
cambiare il mondo. Mi ha aiutato a
capire ed apprezzare il metodo di
Don Bosco, ed è servito come prova
per mettere a fuoco e accentuare le
mie convinzioni, la mia fede e le mie
convinzioni sul fatto di essere educa-
trice salesiana''.
Valerie Mascarenhas
(Dominic Savio School, Andheri).
"L'educazione rende l'uomo e la
donna quello che sono. È il dono
più prezioso e lo strumento più effi-
cace che possa essere dato a dei
bambini per renderli capaci di so-
prawivere e avere fortuna in questo
mondo in continuo cambiamento''.
Don Bosco se ne era accorto molto
tempo fa. Amava la compagnia dei
giovani e diceva: "Quando sto con
voi, mi sento come a casa'. Ha por-
tato a termine ciò in cui credeva:
- Dalla "repressione"alla "prevenzione';
- Non con le botte, ma con la man-
suetudine e l'amore,
- Con la ragione e riconoscimento,
- Non pretendendo ma accettando.
Il sistema educativo di Don Bosco
viene applicato nel RTE (Right to edu-
cation- diritto all'educazione) che dà
ai bambini un'opportunità di impa-
rare, di aiutarli a trovare nuove sfide
per gestire le abilità del passato attra-
verso la comprensione e coordina-
mento con costanti cambiamenti
tramite la pratica delle 3G "gratitu-
dine, gentilezza, generosità" così da
poter dare ai giovani opportunità
per maturare il corpo, la mente e lo
spirito, diventando onesti cittadini,
contribuendo in modo positivo al
miglioramento della società.
Mrs. Soumya Khosla
Educare non è solo impartire della cono-
scenza o rafforzare abilità come la lettura,
la scrittura, il calcolo e la memorizzazione.
La vera educazione ha lo scopo di miglio-
rare la qualità di vita in qualsiasi tipo di so-
cietà.
Un'educazione olistica, ecco quello a cui
ero interessata, e il DBWay è stato quindi
importantissimo per comprendere meglio
quello che volevo mettere in pratica. Mi ha
fatto riflettere su due metodi molto diversi:
quello preventivo e quello repressivo, ma
anche sulle tre componenti della crescita
olistica: ragione, religione e amorevolezza.
Ho imparato che il primo passo per diven-
tare un ottimo educatore è stabilire un
buon rapporto con gli studenti, usare abi-
lità di ragionamento mentre li si corregge
e aiuta ad avere una sincera e fiduciosa re-
lazione con Dio, così da poter raggiungere
le mete che si erano fissati. Sò che il mio
lavoro non finisce in classe. Non devo in-
fatti insegnare ai miei allievi solo i testi, ma
devo toccare le loro vite ed aiutarli a cre-
scere come persone, a 360 gradi.
Il metodo di applicazione del DBWay
copre una grande gamma di età e quindi
mi è di grande aiuto per capire meglio
ogni mio allievo e poterlo così aiutare in
modo migliore.
Renilda Fernandes
(St.Dominic Savio High School, Andheri)
SALESIANI 2014
27

3.10 Page 30

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CASADONB
dare un'opportunità ai giovani
di Jennifer May
Don Val Collier è un uomo
che ha dedicato tutta la vita
non solo a cercare di
soddisfare le esigenze
materiali dei suoi giovani, a
dar loro una casa (a Dublino
conosciuta come 'casa Don
Bosco''), ma anche a dar loro
l'amore, il coraggio e laforza
per tornare ad averefiducia
in se stessi, a credere di poter
fare qualcosa di buono.
L'imprenditore irlandese Mark O'Cal-
laghan non ha che belle parole
quando racconta la sua esperienza
presso la "casa Don Bosco". "Vivevo in
un ostello ed ero stato espulso da
scuola quando mi sono trasferito alla
casa Don Bosco"afferma."Che posto ...
come una vera casa. Don Val lottò per
farmi tornare a scuola- il suo è un
grande lavoro, che va avanti da molti
anni. È un uomo straordinario".
Don Val attribuisce ogni suo successo a
Don Bosco, fondatore dei Salesiani in
Italia nel 1859. E'stata la dedizione tipica
dei Salesiani, il loro particolare approc-
cio ai ragazzi bisognosi e il loro interesse
ali educazione dei giovani sfortunati che
ha spinto don Val; è stato ordinato nel
settembre 1972, dopo aver vissuto sei
anni in Assam (India). "M'interessava
molto l'educazione giovanile, in partico-
lare verso quei ragazzi ai margini della
società, bisognosi e vulnerabili; loro sì
che avevano bisogno di aiuto per cre-
scere. Credo che ogni giovane, indiffe-
rentemente dal luogo e dalle circo-
stanze in cui nasce, debba avere un'op-
portunità di vita''.
Nel 1970 in Irlanda la legge Kennedy
obbligava alla chiusura di tutte le
scuole di tipo industriale. Nonostante
questo i Salesiani, compresa la neces-
sità di un modello di scuola alternativo,
nel 1978 fondarono la prima casa per
giovani a Dublino, in Gardiner Street.
"Le notizie di giovani senza casa e a ri-
schio, abbandonati nelle strade della
città, erano moltissime" dice don Val, "E
noi siamo stati tra i primi a creare pic-
coli gruppi-famiglia per portare aiuto a
questi giovani abbandonati a se stessi''.
All'inizio lo staff era formato da due
salesiani e tre laici, che si occupavano
di 14 giovani: il lavoro era tantissimo
perché era anche grande il desiderio di
far sentire lo stesso spirito dei tempi di
Don Bosco. "Don Bosco con le sue idee
era avanti di un secolo" dice don Val:
"Non credeva nelle punizioni corporali
e voleva un tipo di educazione che si
basasse di ragione, religione e amore-
volezza; noi lo abbiamo messo in pra-
tica fin dall'inizio''.
Oggi nella sola città di Dublino ci
sono 6 case: due dedicate ai giovani
dai 13 ai l 8anni, le altre invece sono
centri "di aiuto transitorio", il cui
scopo è di aiutare i giovani che,
dopo un periodo in un centro di as-
sistenza, possono imparare a vivere
di nuovo in modo autonomo e, in
questo, il Don Bosco Teenage Centre
è all'avanguardia.
28
SALESIANI 2014

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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tipo di case. "Quando abbiamo ini-
ziato, pensavo che il nostro lavoro
sarebbe durato al massimo una
decina di anni ... ebbene no ...
questo lavoro è più che duplicato".
"La droga è uno dei principali mali
della nostra opera; molti genitori
fanno uso di droghe e poi, di conse-
guenza, i loro figli. Credo che oggi il
nostro impatto sulle famiglie sia
maggiore di quello di 30 anni fa".
Molti giovani, per motivi diversi, non
sono in grado di lasciare questi centri.
Molti soffrono tanto e hanno perso
gran parte dell'autostima a causa di
anni di abusi emotivi e/o psicologici. E'
qui quindi che entra in azione il
metodo di Don Bosco. "Quando un
giovane arriva da noi, è importante
che si senta accolto e benvoluto in
tutto, da ognuno di noi''. spiega don
Val. "Le nostre case sono come delle
piccole comunità, famiglie, il nostro
principale desiderio è il rispetto della
persona, aiutarla a costruire la stima in
se stessa, e questo richiede molto
tempo''.
Vivere in una casa è come essere parte
di una famiglia. Volutamente i numeri
degli ospiti sono piccoli: nella Drom-
condra House in questo periodo ab-
biamo cinque ragazzi. Ogni ragazzo
ha la sua camera, c'è una stanza con
la tv, una con i giochi e un ampio
giardino. Ogni ragazzo è invogliato a
fare dei lavoretti, a tenere in ordine la
propria camera e le giornate sono or-
ganizzate come in ogni altra casa: co-
lazione, scuola, pranzo, compiti, cena
e momento libero; a letto a un'ora ac-
cettabile. La privacy e lo spazio per-
sonale sono sacrosanti e i ragazzi, così
come se fossero a casa loro, possono
anche invitare a volte degli amici.
Continuare a dare una
speranza
Negli ultimi anni gli aiuti economici del
governo sono stati drasticamente ri-
dotti, così è anche cambiato il profilo
del progetto. "Questo richiede un
grosso sforzo da parte nostra" ammette
don Val. "E' possibile tagliare sulle spese
generali, sì, ma non sui vestiti, scarpe,
cibo o staff educativo. E' più semplice
al giorno d'oggi trovare fondi per co-
struire una casa che trovarli per le
spese che ogni giorno questa ha'.
Don Val ha anche capito che, oggi
più che mai, c'è bisogno di questo
Dopo 28 anni alla direzione, don Val ha
passato il testimone a Martin Burke,
sulle cui spalle ci sono comunque
22anni di esperienza nell'organizza-
zione. Don Val continua con il suo
ruolo di supporto, e con orgoglio
guarda alle sue tre decadi di lavoro, sa-
pendo che molti giovani sono sboc-
ciati sotto la sua amorevole guida e
attenzione. Molti di loro hanno trovato
dei buoni posti di lavoro, si sono spo-
sati e hanno avuto figli; e questa è una
dimostrazione ampiamente positiva
che il metodo educativo di Don Bosco
funziona.
Molti giovani, una volta usciti dal
centro, mantengono i contatti con gli
educatori: mandano auguri a Natale,
scrivono lettere, etc. Epersino i giovani
che, una volta usciti, non hanno avuto
un "lieto fine" come nelle fiabe, hanno
parole ampiamente positive sulla loro
esperienza. "Capita, a volte, di incon-
trare alcuni di quei ragazzi con cui non
si riusciva a instaurare un rapporto, e
per cui eravamo tristi di non aver avuto
il risultato sperato con loro, e che ti
chiedono :"Come vanno le cose nella
casa Don Bosco?". Non c'è premio
migliore di questo-!Ìf
j
SALESIANI 2014
29

4.2 Page 32

▲back to top
I ESEN STORICA
L
L'intero anno scolastico e molte delle
attività sono state incentrate sul 75°
anniversario. Una settimana della
cultura nel mese di maggio è stato
l'evento centrale, alla presenza delle
autorità locali, dei genitori, degli ex-al-
lievi e degli amici, un evento che ha
portato tantissimi amici al "Don Bosco''.
A Kénitra questo nome evoca uno stile,
una qualità, una storia ammirevole. In
un ambiente completamente musul-
mano, non tutti sanno chi sia Don
Bosco, e nemmeno hanno idea di cosa
voglia dire «essere cristiani», ma sicura-
mente percepiscono cos'è l'amore, la
dedizione, e che si sta lavorando per i
giovani. Tra gli allievi, gli insegnanti e
gli ex-allievi, Don Bosco è conosciuto,
ammirato e spesso citato.
Salesiani in Marocco
per 75 anni
I Salesiani lavorano a Kénitra da 75 anni. Una
ricorrenza giubilare che è stata celebrata con grande
entusiasmo da tutti, viste le belle cose realizzate.
I Salesiani sono arrivati nel 1937, guidati da Don Léon
Beissière, sacerdote che aveva ricevuto la talare dalle stesse
mani di Don Bosco. Kénitra era un paesino, ma ora conta
360.000 abitanti e si trova a soli 40 km a nord di Rabat.
Ci sono persone che ci telefonano so-
lamente per dire che sono stati alunni
alcuni anni prima o anche 50 anni fa.
Voglio raccontarvi una storia: un
uomo, ex-allievo, ingegnere a Rabat,
venne a farci visita. Arrivò prima del-
l'intervallo delle 1O. Dopo aver passeg-
giato attorno al cortile, osservando
ogni singola cosa, ci ha chiesto di
poter vedere le aule e i corridoi. Un'ora
dopo, con le lacrime agli occhi, mi ha
detto:"Padre, è qui che ho trascorso gli
anni più belli della mia vita ... Quante
corse! ... Quanti giochi! ... Eravamo
tutti davvero molto felici. Beh, devo
dire che il direttore era un po' severo,
ma aveva il cuore d'oro ... Sono stato
allievo qui negli anni '70''.
30
SALESIANI 2014
di José Antonio Vega
Questa potrebbe essere la storia di
tanti altri ex-allievi a partire dal 1937. La
realtà all'inizio era molto piccola, tutto
si svolgeva nello scantinato della
chiesa, anch'essa più piccola di quella

4.3 Page 33

▲back to top
di oggi. Ogni decennio ha visto le sue
innovazioni, le sue trasformazioni,
nuove attività, tutto per i giovani di
Kénitra.
Più di 180 insegnanti stranieri (in parti-
colare dalla Francia, poiché in quel pe-
riodo eravamo parte del Protettorato
francese) o marocchini, hanno inse-
gnato qui con un senso di dovere e
competenza; e una cinquantina di
Salesiani si sono alternati in diversi set-
tori: parrocchia, scuola, JUK (Società
dell'Allegria di Kénitra), scuola profes-
sionale, JUK-SPEL (Sezione Professio-
nale di Elettricità).
La scuola ha vissuto momenti difficili:
la seconda Guerra Mondiale, l'Indipen-
denza del paese, la Nazionalizzazione
dei beni, l'Arabizzazione ... In ognuna
di queste situazioni "Don Bosco" ha
sempre dimostrato il proprio valore, ri-
manendo imparziale e avviando tante
iniziative. Il suo scopo è sempre stato
quello di aiutare i giovani, senza discri-
minazioni, con uno spirito di apertura,
senza dimenticarsi mai del Sistema
Preventivo di quel grande educatore
che è stato San Giovanni Bosco.
I suoi figli hanno continuato a coltivare
questi valori, e oggi non pochi sono gli
insegnanti che amano Don Bosco e
ammirano la sua pedagogia, incen-
trata sul giovane e sul rapporto di fidu-
cia con lui. Ogni ragazzo deve essere
amato e valorizzato. La scuola deve
avere un unico scopo: aiutare ogni
singolo allievo a crescere da "buon
cristiano e onesto cittadino''. Questo è
un valore per l'intera società.
"Don Bosco''. la nostra scuola, non è
una scuola in più a Kénitra: è fondata
su valori che vogliamo trasmettere alle
future generazioni.
In questo periodo, tra elementari e
medie, abbiamo 950 allievi; 160 inseriti
nella scuola professionale e 40 ragazzi
che hanno abbandonato la scuola. Ab-
biamo anche la gestione di un asilo
diocesano (240 bambini), e un gruppo
di formazione femminile di 30 membri.
Nelle città marocchine notiamo una
grande presenza di circa 25 000 stu-
denti provenienti dalle zone subsaha-
riane, in particolare da nazioni africane
di lingua francese, portoghese o spa-
gnola. A Kénitra sono un migliaio
(musulmani, cattolici, protestanti) e
vedendo l'Opera di Don Bosco come
luogo per le loro attività culturali, spor-
tive e festive, il sabato e la domenica.
Qui si radunano, giocano, celebrano le
proprie feste nazionali. Per le Autorità
marocchina, la nostra opera è un
ottimo luogo di aggregazione.
ISalesiani hanno anche gestito una fio-
rente parrocchia con una grande
chiesa. Ifedeli erano centinaia di euro-
pei della città ma anche della zona, che
poi, per motivi storici, sono rientrati nei
paesi d'origine. Nel 1974 si lasciò
quindi la grande chiesa per usare
invece una piccola cappella. Oggi ci
sono circa 120 cattolici, tutti stranieri,
più neri che bianchi, più giovani che
vecchi, più uomini che donne. Po-
trebbe sembrare un po' strano altrove,
ma questa è una comunità molto
attiva che testimonia la propria fede in
mezzo ad un popolo credente, però
dalla cultura totalmente diversa dalla
loro. Ovviamente non è facile, ma è un
segno importantissimo in un contesto
tipicamente musulmano.
Si p u ò visitare il nostro sito web:
(www.donbosco-kenitra.org) per vedere
la vitalità della nostra Opera e quello
che è possibile fare usando l'approccio
di Don Bosco anche tra i non cristiani•

4.4 Page 34

▲back to top
di Sam Legg
Nascosto nell'idilliaca campagna
inglese, nei pressi di Bollington,
dopo un lungo viaggio in
macchina in mezzo ai verdi prati
pieni di pecore e agnelli, ecco
comparire allòrizzonte il centro
per esercizi spirituali "Savio
House". Gestita per decenni dai
salesiani, oggi è uno dei due centri
dell'ispettoria dove salesiani e laici
volontari vivono e lavorano
insieme nella stessa comunità.
La Casa Savio è usata principalmente
come centro per esercizi spirituali
per studenti cattolici. Da tutto il Regno
Unito arrivano scuole per fare alcuni
giorni di ritiro ... è un modo per sfug-
gire dalla routine delle città, un'op-
portunità per conoscere tanti loro
coetanei, se stessi e Dio in modo mi-
gliore. Gli esercizi spirituali sono un'in-
carnazione della spiritualità salesiana,
che si basa su quattro "finestre sul
mondo": chiesa, scuola, cortile e casa.
Ogni volta il tema degli esercizi
cambia ... l'acqua, i viaggi, le scelte,
etc. .. i giovani sono incoraggiati a in-
teragire non solo con il team educa-
tivo, ma anche tra di loro, con una
metodologia che molto probabil-
mente non avrebbero modo di speri-
mentare quando sono a casa. Igiovani
sono accompagnati attraverso varie
sessioni che sempre hanno come base
le quattro finestre poco fa elencate,
sono accompagnati in uno speciale
viaggio fatto di giochi e attività, ma
non mancano certo momenti di con-
divisione in piccoli gruppi incentrati
su importanti esperienze delle loro
giovani vite. Hanno tempo per prepa-
rarsi bene ai sacramenti della Ricon-
ciliazione e dell'Eucaristia, per poi
partecipare a una speciale sessione
chiamata "Affermazione": qui ogni par-
tecipante è invitato a scrivere delle
lettere agli altri giovani che ha cono-
sciuto, lettere in cui si sottolineano
esclusivamente i lati positivi che il mit-
tente ha ... ma non dimentichiamo
che tutte queste cose hanno come
sfondo la campagna inglese, con un
clima confortevole e di grande relax.
Il team educativo è formato da
salesiani sacerdoti e coadiutori, che
vivono qui permanentemente, così
come da laici volontari, che solita-
mente donano un anno della loro vita
e conducono la stessa tipologia di vita
della comunità salesiana. Di solito
questi giovani volontari sono nel loro
"anno sabbatico''. quello cioè alla fine
del liceo. Il loro lavoro è supportato e
sostenuto dal clima positivo di comu-
nità e che definisce la Casa Savio come
un "luogo per essere". E' proprio così,
come dice il loro slogan, che incarna
perfettamente lo spirito del centro: un
luogo di pace e tranquillità per le per-
sone, per i gruppi, per chiunque voglia
essere ospite qui, sentirsi come a casa
propria ed essere ... assolutamente
quello che vuole essere! Un posto per
essere rumorosi, un posto per essere
silenziosi, un posto per essere riflessivi,
un posto per essere attivi nella pre-
ghiera, un posto per essere socievoli,
un posto per essere se stessi, un posto
per passare un po' di tempo con Dio.
Quello che rende la Casa Savio qual-
cosa di molto speciale nel contesto
dell'ispettoria del Regno Unito è che
non è solo un posto di esercizi spiri-
tuali, ma anche di riunioni, conferenze,
seminari, workshops. Il centro, infatti,
ospita tre volte l'anno gli incontri del
Movimento Giovanile Salesiano e, ogni
volta, partecipano almeno trenta
giovani volontari coinvolti nei vari pro-
getti a livello ispettoriale. Uno di questi
progetti ha il nome di "Phoenix Days":
una settimana di vacanza estiva dedi-
cata esclusivamente a giovani disagiati.
Nonostante questo progetto sia ini-
ziato pochi anni fa, si sta espandendo
a grande velocità e il numero massimo
delle iscrizioni viene sempre raggiunto
in un batter d'occhio.
Ecome dimenticarsi dei tanti incontri
del Don Bosco Youth-Net in questi
ultimi dieci anni, che hanno portato
qui giovani volontari dei centri
Salesiani da tutta Europa? Questi
giovani hanno avuto la possibilità di
32
SALESIANI 2 0 1 4

4.5 Page 35

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condividere le loro culture ed esperienze di lavoro
con i giovani e per i giovani. L'.ultimo di questi
grandi incontri ha avuto luogo nel mese di novem-
bre 2012 e aveva come titolo"Ritorno al futuro": lo
scopo era di far riAettere i volontari che avevano
passato un lungo periodo in missione su ciò che
avevano fatto, condividendo la propria esperienza
con altri, così come a incoraggiarli a pensare su
come fare tesoro di ciò che avevano fatto per met-
terlo in pratica anche nelle loro stesse organizza-
zioni nei paesi di origine.
Il team educativo della Casa Savio, in questo pe-
riodo, è alla ricerca di nuovi metodi di applicazione
del sistema preventivo che coinvolgano l'am-
biente di campagna in cui la casa si trova. Solo per
fare un esempio, citiamo quindi i corsi di orienta-
mento e di lavoretti con il legno, iniziative che
quindi hanno attratto molti gruppi scout, dimo-
strando così la Aessibilità degli insegnamenti di
Don Bosco. Ecco le parole di don David O'Malley,
salesiano e direttore della Casa Savio:
"Il sistema di Don Bosco basato su casa, scuola, cor-
tile e chiesa si adatta meravigliosamente alla nostra
realtà della Casa Savio. È un contribuito alla sag-
gezza di Don Bosco che la sua spiritualità sia in
grado di aprire e offrire nuovi modi d'incontro con
Dio attraverso l'esperienza sacramentale delle at-
tività a contatto con la natura''.
La Casa Savio è dunque parte integrante del lavoro
di pastorale giovanile cui i salesiani dell'ispettoria
del Regno Unito si dedicano. Lavorando con cen-
tinaia di giovani ogni anno, contando su un conti-
nuo coinvolgimento di giovani educatori salesiani
volontari, rappresenta il futuro della nostra ispet-
toria e un posto che è sempre della memoria di
tutti quelli che, in un modo o nell'altro, hanno
avuto la fortuna di essere ospitati qui.
La Casa Savio è un luogo per trovare un poco di 2
pace con se stessi e con Dio. Parlando dell'incontro a,
del'MGS per i giovani adulti, che si è tenuto qui ad
aprile 2013, un giovane ha sottolineato il clima di 8
salesianità che qui si respira con queste parole:"Mi
ha riscaldato il cuore ... ne ha fatto uscire felicità,-�
[!l.-. amore e... tutto"
-----
Non ci sono dubbi ... lo slogan è corretto "Casa g-
.,.-ni.,
Savio- una casa per essere'*
.r:. 1 - - - • - - . - . :;:...

4.6 Page 36

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Da Lenin a Don Bosco
di Giuseppe Casti
Le organizzazionigiovanili del PCUS, o movimento dei ''p;onieri" raggruppavano i ragazzi dai 1O
ai I 4 anni. A 15 anni i ragazzi confluivano in una successiva organizzazione
chiamata "Komsomol". li movimento vennefondato nel 1922, e denominato Spartacus. Nel 1924
prese nome ed assetto definitivo. Si ispirava nelleforme e nei motti allo scautismo, ma con una
forte base di indottrinamento ideologico marxista e materialista delpartito di cui erafiliazione.
Con la caduta del muro di Berlino l'Unione Sovietica si erafrantumata ed il sistema di educazione
comunista era andato in crisi. Così accadde anche in Ucraina e nellàntica Leopoli, oggi Lviv.
Anche per Olég Kuzik era un momento
difficile. Era nato il 25 Aprile 1969 in una
famiglia di operai. I suoi genitori lavoravano
in fabbrica anche di notte per guadagnare il
necessario per vivere. Sua mamma lo stimo-
lava all'impegno nello studio. Il piccolo Olég
a 7 anni cantava nel coro, seguiva corsi di
ballo e frequentava una scuola di musica. Il
regime comunista adocchiava questi giovani
promettenti obbligandoli ad entrare nel
movimento dei Pionieri e poi nel Comsomol.
A Olég non rimaneva altra scelta: chi non
partecipava a questi movimenti non poteva
accedere all'università. Ma la mamma accom-
pagnava il giovane Olég anche durante gli
studi universitari e cercava di tenere viva la
fede nel cuore di suo figlio. Per sfuggire al
controllo asfissiante della polizia andavano in
campagna dove non c'erano gli "agenti del si-
stema"e dove i"vertep"cantavano le melodie
tradizionali ricche di spiritualità. Nel 1987 Olég
si laurea e comincia a lavorare. L'.impegno
nello studio e nel lavoro però non riescono a

4.7 Page 37

▲back to top
Lenin aveva creato un Centro per strappare Dio dal cuore dei
giovani. In quel Centro, oggi, i giovani incontrano Dio e il suo amore.
Da Lenin a Don Bosco ...
soffocare le domande che affiorano
sempre più insistentemente. Il sistema
comunista è crollato. L'ideologia marxi-
sta non può rispondere alle domande
più profonde: "Chi sono io? Che senso
dare alla mia vita?''. Quella piccola fiam-
mella della fede che la mamma aveva
tenuto accesa comincia a rawivarsi. Nel
1990 un incontro casuale con un
salesiano in centro città accende una
luce nella sua vita. «Non importa, gli
disse, quale strada hai scelto per arrivare
a Dio. Quel che conta è che l'hai incon-
trato». Queste parole non le dimenticò
mai. Ma chi era quello strano prete che
stava sempre in mezzo ai giovani? Era
un salesiano di Don Bosco. Le fatiche di
Don Stefan Urban cominciavano a dare
i primi frutti con la formazione del primo
nucleo di salesiani Cooperatori.
Il carisma di Don Bosco si radicava e si al-
largava sempre di più. Insieme a lui Don
Andriy Platosh, con zelo instancabile e
passione educativa, diffondeva la cono-
scenza di Don Bosco e del suo Sistema
Preventivo. L'entusiasmo di questo sacer-
dote incantava la gente e faceva crescere
nei laici il desiderio di lavorare con i
salesiani che operavano nella chiesa di
Pokrova di Maria SS.ma a Lviv. Così si è
formato il primo Centro di salesiani Coo-
peratori e altri giovani si stanno prepa-
rando a fare la Promessa. Con il loro im-
pegno danno un prezioso contributo a
un popolo che sta rinascendo. Le perse-
cuzioni dello stato sovietico e la quasi
totale distruzione della Chiesa Greco-Cat-
tolica non sono riuscite a spegnere la
fede nel cuore della gente.
Salesiano cooperatore
Anche nel cuore di Olég la fede è rima-
sta viva. Dal 2002 è una persona di
spicco nelle strutture di governo del
settore della cultura. E' il direttore del
Centro di Cultura per ragazzi e giovani,
"Galychyna": quello che nel regime co-
munista era il palazzo dei"Pionieri''."Che
tristezza, esclama Olég, è un centro
senza anima!''. Infatti, soffiava ancora lo
spirito materialista del sistema e la
mentalità comunista degli insegnanti
non accettava cambiamenti. "Si è
sempre fatto così!'; dicevano rassegnati.
Olég si rese conto di avere una grande
responsabilità. Dirigeva un centro im-
portantissimo di giovani, ma il sistema
di educazione era senza anima e senza
amore. Cosa fare?
La risposta non si fece attendere. In-
contrò Don Platosh, salesiano, e le cose
cambiarono radicalmente. La profon-
dità spirituale delle sue parole, la capa-
cità di dialogo e soprattutto l'amore
immenso per i giovani aprì gli occhi e
conquistò il cuore di Olég: finalmente
aveva trovato la strada per continuare
il suo lavoro. Nel 2006 Olég Kuzyk di-
venta salesiano Cooperatore. Nel suo
Centro "Galychyna" organizza Incontri
giovanili Eparchiali e conferenze sulla
pedagogia cristiana per celebrare il
Giubileo del Battesimo dei popoli slavi.
La collaborazione con i salesiani dà un
volto nuovo al più grande Centro Gio-
vanile di Lviv. Pe i 2800 allievi si respira
aria nuova. La struttura è la stessa, ma
adesso c'è un'anima, c'è un cuore, il
cuore di Don Bosco che batte nel
petto di Olég. Gli insegnanti adesso co-
noscono il Sistema Preventivo e lo stile
educativo di Don Bosco. Lo mettono
in pratica mettendoci tutto l'amore per
accompagnare i giovani nella crescita
verso una pienezza di vita. Sono i mi-
racoli della storia. Lenin aveva creato
un Centro per strappare Dio dal cuore
dei giovani. In quel Centro,oggi, i
giovani incontrano Dio e il suo amore.
Da Lenin a Don Bosco... passando per
il cuore di Olég e dei salesiani Coope-
ratori di Lviv-tir-

4.8 Page 38

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UJ.ASTORIA
,,D, l)ICONCI
LIAZIO
diANS
Michele, un ragazzo problematico della
provincia di Napoli, 2 annif a ha messo a rischio la
vita di un suo coetaneo e compromesso la propria,
meritandosi una condanna penale e il soggiorno in un
carcere minorile. Oggi, grazie agli sforzi di molti
educatori e all'impegno della com unita alloggio dei
Salesiani di Torre Annunziata, la sua vita sta
cambiando. E riparte da un richiesta di perdono e
dalla riconciliazione.
E
r2a01la1,
notte
poco
tra il
dopo
3 e 4 agosto del
mezzanotte, nella
zona della "movida" di Portici, un
comune non molto distante da Napoli.
Uno sguardo, un complimento di
troppo, un tentativo di approccio a
delle ragazzine di un'altra comitiva. Ini-
ziano gli insulti, le provocazioni, gli
spintoni, le minacce. Michele tirò fuori
un coltello e colpì uno dei rivali feren-
dolo gravemente.
La rissa venne ripresa da alcune teleca-
mere, Michele fu riconosciuto da 3 te-
stimoni e la sua posizione venne
ulteriormente aggravata dalla perqui-
sizione che i Carabinieri fecero a casa

4.9 Page 39

▲back to top
sua e dalla presenza di pregiudicati nel
suo nucleo familiare.
Oggi, dopo quasi due anni, Michele
ha realizzato un sogno che ha matu-
rato negli ultimi mesi: poter incon-
trare il ragazzo al quale ha fatto del
male, rischiando di ucciderlo, e final-
mente chiedergli scusa. L'incontro è
avvenuto lo scorso 11 aprile presso
l'Ufficio Conciliazione. Una richiesta
di perdono che è stata frutto di due
anni passati tra il carcere e la comu-
nità; di notti insonni passate a riflet-
tere sul male commesso e su quello
che, in quella notte, poteva acca-
dere.
"Non pensavo che più il tempo pas-
sasse e più forte sarebbe stato il mio
desiderio di cambiare. - dice oggi Mi-
chele - Mi sono accorto del male fatto
quel giorno, di tante fesserie che
spesso facevo con gli amici. Crede-
temi! Ve lo giuro! Oggi sono un altro
Michele. Un ragazzo che ama stare con
gli altri, divertirsi facendo una partita a
calcio in oratorio, chiacchierare con gli
operatori in comunità, crescendo, an-
dando a scuola, con la speranza di
prendere il diploma''.
L'incontro è stato molto commovente
per lui: "Ero emozionatissimo, anche
perché non credevo che accettasse di
incontrarmi. Gli ho detto che non
porto rancore verso di lui per questi
due anni di misura cautelare, anche
perché ho sbagliato, lo so, e devo
pagare. Ma ho chiesto anche a lui di
riuscire a perdonarmi e se ha accettato
di incontrarmi è perché sono certo che
neanche lui porta rancore nel suo
cuore. E poi mi dispiace anche per le
sofferenze che la sua famiglia ha pas-
sato, in particolare la mamma''.
Michele oggi è ancora accolto in una
comunità per minori gestita dai
Salesiani dove deve scontare altri due
anni di misura cautelare. Ma già ogg�r;.,
... un ragazzo diverso ffl-}
J
SALESIANI 2 0 1 4

4.10 Page 40

▲back to top
Don Bosco,
ll'Ame i
di Ivan Marnami
Ciò che il Progetto Don Bosco (PDB
è il suo acronimo) offre ai giovani
a rischio a Santa Cruz de la Sierra, si
basa sul cuore di Don Bosco. È uno
stile di accompagnamento, uno stare
vicino a questi giovani. E che tipo di
esperienze possiamo fare venendo
qua? La risposta è allo stesso tempo
semplice e profonda. li PDB dà a questi
giovani la possibilità di sperimentare
due dei desideri più grandi che un
essere umano possa avere: amare ed
essere amato. Le parole di Don Bosco
continuano a essere di profonda ispi-
razione per gli insegnanti e gli educa-
tori del PDB: "Non è sufficiente amarli,
devi dimostrargli che sono amati''.
La pedagogia di Don Bosco, la peda-
gogia dell'amore, prende forma in tutti
quelli che sono coinvolti nel PDB.
Ognuno s'impegna a metter in pratica
i valori di Don Bosco e si arricchisce
attraverso la propria esperienza. E
quando questo avviene, allora
sì che la pedagogia salesiana
ha preso piede, come un
arcobaleno: amicizia, vicinanza,
pazienza, dialogo, familiarità,
fede... ogni educatore e
membro dello staff infatti offre
il proprio contributo ai valori
pedagogici del PDB, con le pro-

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

▲back to top
Chi potrebbe mai immaginare cosa avviene qui ogni giorno?
Ogni giorno al Progetto Don Bosco di Santa Cruz de la
Sierra, sogni come quelli di Don Bosco diventano realtà. È un
luogo dove insegnanti, volontari, ragazzi e ragazze si sentono
'à casa", in un luogo dove possono anche sognare.
prie caratteristiche e punti di vista. I
giovani sono molto influenzati da tutto
questo, poiché sono valori che non
avevano prima, ma che sono basici per
la soprawivenza nel mondo.
L'inizio della giornata in ognuna delle
case coinvolte nel progetto è fatta di
cose di cui i giovani hanno bisogno:
sveglia, doccia, breve momento di
preghiera di gruppo, una nutriente
colazione, seduti a tavola con loro con-
dividendo i primi pensieri della gior-
nata, vedere come stanno, mentre
chiacchierano e ridono, facendo atten-
zione ai loro volti: alcuni sorridono,
alcuni ancora un po' addormentati,
mentre altri sono diffidenti, arrab-
biati ... o molto più semplicemente af-
famati. I Salesiani e lo staff devono
quindi svegliarsi molto presto per
godere di questa condivisione con i
loro giovani. Edurante il giorno ascol-
tano le lamentele, o i problemi che
sono sorti durante la notte, a volte
anche i conflitti ... magari qualcuno
dello staff che non è venuto o che ha
dato le dimissioni; si vedono membri
dello staff che corrono a recuperare i
vestiti del proprio gruppo, bambini
che partono per la scuola, alcuni che
vanno a intagliare oggetti di legno o a
fare altri laboratori, altri che aiutano
nelle pulizie o nel giardino. Alcuni dei
più grandi, invece, vanno al lavoro. Si
vedono volti felici ovunque, di ogni
età, piccoli e grandi.
E questo è quello che capita ogni
giorno mentre ci prendiamo cura dei
nostri giovani e siamo coscienti che c'è
sempre tanto da fare e molto da mi-
gliorare ma, a parte questo, ciò che fac-
ciamo dona loro un sorriso e li rende
felici. .. e qual è il segreto? Non è diffi-
cile capire che, alla base di tutto, c'è il
nostro modo di stare in mezzo a loro ...
Ogni volta che incontriamo un gio-
vane, ci interessiamo dei suoi pro-
blemi, quando portiamo qualcuno
dal medico perché sta male, quando ci
accorgiamo che uno di loro fa uso di
droghe, quando condividiamo i loro
successi e i loro fallimenti ... Non c'è
dubbio che ognuna di queste occa-
sioni è preziosa e qualcosa che fa dav-
vero la differenza in un mondo dove
invece a regnare è l'indifferenza, la
competitività e, a volte, l'aggressività.
Ecco come cerchiamo di essere in ar-
monia con il carisma del nostro fon-
datore, con tutto il nostro essere,
dimostrando il nostro interesse e amore
per ogni giovane, non solo con le
parole, ma con il nostro atteggiamento.
Al PDB abbiamo scoperto che la peda-
gogia di Don Bosco non coinvolge
solo le necessità basiche dei ragazzi,
ma è anche qualcosa su cui si può co-
struire il loro futuro, qualcosa che
andrà avanti insieme con loro e li aiu-
terà a scoprire i propri diritti. Quello che
cerchiamo di fare è creare uno scam-
bio culturale, di rafforzare la solidarietà,
la condivisione, di crescere insieme,
così che ognuno di loro possa apprez-
zare anche quel poco che ha e di farlo
fruttifica re.
Con il passare degli anni, giorno dopo
giorno, il PDB di Santa Cruz, riesce a
fare raggiungere a questi giovani un
ruolo chiave. Ogni cosa qui è per loro,
tutte le energie dei salesiani e dei laici
sono per loro. Tutto quello che fac-
ciamo è per loro, quello che riusciamo
ad ottenere è per loro, e siamo felici di
vedere che il Piano Don Bosco si è al-
largato fino alle strade di Santa Cruz.
Don Bosco rispondeva ai bisogni di un
determinato periodo e luogo in Italia,
ma ora i suoi figli, qui in Bolivia, con lo
stesso coraggio, vogliono farLo in un
altro tipo di società, anch'essa comun-
que bisognosa di serenità e g i o · �
39

5.2 Page 42

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EDUCAZIONE
11È una cosa di cuore 11 (Don Bosco)
Per il bene di ogni giovane (Australia)
La pedagogia aiuta a ricostruire una
nazione (Albania)
Fumetti: pura pedagogia salesiana
(Brasile)
Imparare a leggere il mondo (Brasile)
UPS, Facoltà di scienze
dell'Educazione: passione per
l'educazione (Italia)
Dai bits ai bytes (isole Salomone)
Educazione, una cosa di cuore
(Polonia)
La santità consiste nello stare allegri
(Italia)
Nuovi bisogni, nuove risposte
(Dicastero per la Pastorale Giovar,ile)
40
SALESIANI 2014

5.3 Page 43

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J
===== ==
..
SALESIANI 2014
41

5.4 Page 44

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Per il bene di ogni giovane i
Salesiani, ancora oggi,
dedicano la propria vita
alla maggiorgloria di Dio
attraverso léducazione della
gioventu. Qualunque sia la
capacità e l'interesse del
giovane, léducatore
salesiano cammina al suo
fianco per aiutarlo a
raggiungere il suo
potenziale e a realizzare i
suoi sogni. Ogni giovane ha
necessità diverse, diversi
interessi e diversi modi dì
apprendimento. Alcuni
preferiscono lo studio, altri i
lavori pratici. Alcuni
preferiscono leggere e
scrivere, altri invecefare
esperienze pratiche e
manuali.
di Will Matthews
http//www.boystown.net.au
42
SALESIANI 2 0 1 4
di 1ovane
I
ndicAiuasstsraeltitae l'aonbnbil.igAol
scolastico è fino
decimo anno
ai
di
studi (N.d.T. secondo anno del biennio
della scuola secondaria di secondo
grado in Italia) viene chiesto ad ogni
studente di scegliere se terminare gli
ultimi due anni concentrandosi su studi
accademici o, al contrario, su qualcosa
di più manuale. La maggior parte dei
giovani sceglie di continuare con lo
studio di tipo accademico, in vista di un
inserimento nell'università. C'è però
anche un buon numero di studenti che
decide di affacciarsi al mondo del lavoro,
e sceglie così di imparare le tecniche di
base per diventare poi elettricisti, idrau-
lici, parrucchieri, esperti nel settore turi-
stico, giardinieri, animatori, etc.
IIVCAL
In Australia, nello Stato di regione di Vic-
toria, esiste un programma chiamato
VCAL (Victorian Certificate o f Applied
Learning), un certificato che riconosce
la frequentazione a due anni di studio
nell'ambito della formazione professio-
nale. Il VCAL offe ai giovani esperienze
pratiche, istruzione e capacità, così
come l'opportunità di acquisire delle
abilità personali che sono importantis-
sime sia in ambito personale sia lavora-
tivo.
Questo programma viene offerto a tutti
i giovani che frequentano le scuole sa-
lesiane nello stato di Victoria, appunto.
Proprio come ai tempi di Don Bosco a
Valdocco, ai giovani d'oggi piace impa-
rare delle cose pratiche che possano es-
sergli utili in futuro, sviluppando allo
stesso tempo i loro interessi e le loro
abilità.
Un esempio che possiamo fornire è
quello del collegio salesiano "Ruper-
tswood"dove gli studenti hanno deciso
di ristrutturare la propria classe, come
progetto scolastico. Equesto va ben al
di là di una semplice ristrutturazione e
ritinteggiatura dei muri. li gruppo, per
prima cosa, ha valutato la condizione
del muro, per poi calcolarne le varie
spese da affrontare per la sistemazione.
Gli studenti, in seguito, hanno organiz-
zato una raccolta fondi sia a scuola sia
all'esterno, per poter così coprire tutte
le spese che il progetto prevedeva.
Studenti come questi devono essere
sempre incoraggiati e supportati in
questo tipo di progetti. Viene dato loro
qualcosa di pratico su cui lavorare e, se
riescono a far gruppo, sfruttando le ca-
pacità di ogni singolo membro, porte-
ranno così a termine il progetto. Alla
fine saranno sicuramente orgogliosi di
quello che hanno fatto e felici dell'op-
portunità che a loro è stata data. E, per
un bel pò di tempo, altri studenti ed
insegnanti potranno avere la fortuna di
avere una classe appena "ritirata a
lucido'; nuova fiammante.
Il centro Dunlea
C'è sempre un numero di studenti a
cui viene chiesto di abbandonare
temporaneamente la scuola perché
non sono capaci di tenere un ade-
guato comportamento all'interno di
un gruppo-classe. Alcuni di loro pro-
vengono da famiglie già disagiate. A
Sydney, proprio nello spirito di San
Giovanni Bosco, il Centro Dunlea offre
un programma intensivo (dai 6 ai 12
mesi) di re-inserimento degli alunni
nel loro percorso scolastico. Il pro-
gramma è interamente basato sul Si-
stema Preventivo di Don Bosco. È un
programma che sì coinvolge gli stu-
denti, ma senza dimenticare le loro fa-
miglie, anch'esse importanti per questi
giovani.

5.5 Page 45

▲back to top
Il Centro Dunlea lavora con le famiglie
maggiormente a rischio, ed ha come
scopo primario il benessere personale,
l'educazione e la sicurezza dei giovani.
In questo centro si pone grande atten-
zione alla famiglia, aiutando dunque
sia i giovani sia i loro genitori a "ritor-
nare sulla giusta carreggiata''.
Il Centro Dunlea si basa su otto pilastri:
presenza, prevenzione, pianificazione,
coinvolgimento e ruolo della famiglia
a livello professionale, in maniera posi-
tiva e personale. Tutto questo si basa
sul principio e speranza che ogni gio-
vane ha delle capacità che, se ben
sfruttate, possono aiutarlo affinché
abbia una vita migliore.
Dopotutto, l'educazione è una specie
di gioco a tre tra famiglia, studenti e in-
segnanti, per il futuro della società.
Il programma Magone
Sono molti i programmi scolastici che
i Salesiani gestiscono in Australia e in
altri stati della zona dell'oceano Paci-
fico, tutti a favore dei giovani studenti
che hanno maggiori problemi in
classe. Al "Dominic College" in Tasma-
nia, c'è uno speciale programma per
studenti in difficoltà chiamato "Pro-
gramma Magone·: che si basa sullo spi-
rito di San Giovanni Bosco.
Scopo di questo programma è di aiu-
tare i ragazzi, individualmente, a re-in-
serirsi nel loro normale percorso di
studi.
Il programma è di tipo accademico e
vengono dunque affrontate tutte le
materie presenti a scuola. Agli studenti
viene offerto un costante supporto in-
dividuale, così che ognuno di loro
possa ottenere dei grandi migliora-
menti nel campo dell'apprendimento.
Vengono proposte tantissime attività
pratiche che coinvolgono le aree ma-
nuali e visive. Enon dobbiamo dimen-
ticare le attività ricreative con cadenza
settimanale, momenti sì di grande
divertimento, ma allo stesso tempo
anche positive esperienze di appren-
dimento.
L'.educazione salesiana aiuta ogni sin-
golo giovane nello sviluppo delle pro-
prie abilità, al fine di vivere come
buon cristiano ed onesto cittadino.
Ogni giovane è diverso dagli altri, è
unico. Ogni giovane ha dei propri in-
teressi personali e doti che devono
essere sviluppate al fine di vivere alla
meglio la propria vita. In ogni parte
del mondo ci sono giovani in attesa
di essere guidati e aiutati a sviluppare
le proprie potenzialità. Come educa-
tori salesiani, nello spirito di San
Giovanni Bosco, abbiamo dunque il
dovere di aiutare tutti i giovani che ci
sono affidati a realizzare i sogni che
già albergano nei loro cuori -lft.

5.6 Page 46

▲back to top
- LmlOO
bunker, immigrati ... e Don Bosco
"Miseria, povertà estrema, bambini scalzi e con abiti stracciati, case
distrutte,fattorie che sprofondano nella melma, complessi di case
desolate per lavoratori, uomini, donne e bambini che lavorano nei
campi, ovunquegente con il volto triste e curvi per il tanto lavoro -
queste sono le immagini che sifissano nella mente di tutti i turisti
che viaggiano nell'ultimo bastione del comunismo nei Balcani e in
Europa. (da un articolo del Los Angeles Tìmes del 18.02.1990).
Questo era il 1990.
Nel 1992 i comunisti sono stati sconfitti nelle elezioni ed è stato
eletto, per la prima volta dal 1924, un leader democratico. Nel 1992
papa Giovanni Paolo Il invitò le congregazioni maschili efemminili
a venire a salvare la sconcertata popolazione di questo stato
fieramente ateo: i Salesiani dunque arrivarono a Scutari nel 1992 e,
nel 1993, nella capitale Tirana. Arrivarono anche le suore, che
eranogià qui nel 1905, ma cuif u poi imposto di abbandonare il
paese. E che storia ci offrono questi 20anni... una storia di come la
pedagogia di Don Bosco abbia contribuito alla rinascita di un
intero paese,focalizzandosi sui suoi giovani...
L
di John BaptistTran Ton Huy
U n terreno aTirana, disseminato di
bunker militari; 20.000 rifugiati
che arrivano in Puglia (Italia) su una
sola barca mercantile- inizio degli anni
'90, ma anche alla fine di quegli anni.
1997 per essere precisi ... periodi diffi-
cilissimi per l'Albania e per i primi
Salesiani che volevano insediarsi qui.
Ma guardate quel campo ora ... ! I
bunker sono diventati un complesso
scolastico grandissimo, una combina-
zione di sforzi tra il VIS (Volontariato
Internazionale per lo Sviluppo), il
governo albanese, quello italiano e i
salesiani.
Il campo militare è ora anch'esso parte
del grande complesso che porta il
nome di "Centro Sociale Don Bosco''. li
complesso include un oratorio, la pri-
missima attività dei Salesiani che nel
1993 vivevano in poche e povere abi-
tazioni erette ai bordi del campo; un
centro di animazione vocazionale; una
scuola primaria e secondaria (medie e
liceo); un centro diurno destinato in
particolare a giovani Rom e zingari;
una casa per bambini disabili e una
fiorente parrocchia di 40.000 fedeli.
Don Bosco è sempre stato amante del
lavoro con un grande numero di per-
sone così da poter portare il maggiore
bene ai giovani, soprattutto a quelli
sfortunati. Ma il suo scopo era chiara-
mente l'educazione come una solu-
zione - non solo scuola, ma anche
qualsiasi altra via che avrebbe potuto
portare le giovani menti e le loro vite il
più in alto possibile così da poter rag-
giungere Dio, non dimenticando che
un buon cristiano deve essere un
onesto cittadino. Questo si nota molto
bene nella storia dei Salesiani in Alba-
nia, e va ben al di là delle città e delle
provincie, e, come indica la presenza in
Kosovo, una presenza che sembra
avere avuto le sue origini con la pre-
senza aTirana del 1999 e con l'apertura
del Centro Sociale Don Bosco in modo
particolare per i rifugiati kossovari.
Partenariato
Don Bosco lavora con Vodafone!
Sì, da più di dieci anni Vodafone Alba-
nia finanzia un programma di forma-
zione in studi commerciali presso il
Centro Don Bosco di Tirana. Il pro-
gramma offre un'opportunità ai
giovani abbandonati e disagiati, so-
prattutto di etnia rom, di continuare
gli studi e così di poter avere mag-
giori chance di una vita migliore. Il
programma ora è finanziato sia da
Vodafone sia dall'Unicef, ma all'inizio
44
SALESIANI 2 0 1 4

5.7 Page 47

▲back to top
era portato avanti dai soli salesiani.
Il centro, in collaborazione con l'ONU,
ha anche un progetto per le donne
contadine. Le attività economiche por-
tate avanti nell'anno 2012 da Drita,
Arjeta, Stela, Zina e Gjystina, donne
coinvolte nei programmi del VIS nell'Al-
bania settentrionale, hanno portato
alla vittoria del premio "Donne di suc-
cesso nel campo agricolo''. promosso
dal Ministero dell'Agricoltura Albanese
e dal Comitato per l'eliminazione della
discriminazione femminile dell'ONU.
Rispetto per i villaggi di montagna,
promozione di prodotti semplici e ge-
nuini, e la creazione di un senso di
commercio, questa è stata l'attività
svolta per tre anni da un numeroso
team di volontari del VIS. Il nome del
progetto era: Progetto per lo sviluppo
rurale nelle aree del Kelmend e del
Shkrel, nei distretti di Malesia e Madhe,
Albania settentrionale.
Shkoder
Non dobbiamo però dimenticare la
presenza e attività salesiana a Shkoder,
o Scutari, come oggi è conosciuta. È
stata la prima casa salesiana in tutta
l'Albania. li centro Don Bosco ha già fe-
steggiato i suoi primi venti anni ed
è in continua espansione. L'oratorio
è aperto tutti i giorni, con circa 600
presenze al giorno. In occasione delle
tre settimane di "Giochi d'Estate" si
sono visti più di 1000 giovani impe-
gnati in giochi, gare sportive, danze ...
tutte attività tipicamente salesiane. Il
tema dei giochi quest'anno è stato"ln
fuga verso Rio'. basato sì sul cartone
animato"Rio''. ma con molti spunti alla
Giornata Mondiale della Gioventù e...
sembrava che ... mancasse solo il
Santo Padre... !!!! Lo scopo era educare
attraverso il gioco e la parola chiave,
giustamente, era questa: Rio.
Don Bosco credeva che la generosità
fosse un importante e indelebile
segno del successo del suo approccio
educativo. 20 anni dopo il loro arrivo, i
Salesiani presenti in Albania sono 11, e
molti altri sono in prossimità di diven-
tarlo. Ma probabilmente uno dei segni
più notevoli della generosità è quando
una nazione"che riceve"si trasforma in
una nazione"che dona"o, in termini bi-
blici, diventa una nazione"missionaria''.
dove i suoi abitanti sono desiderosi di
donare tanto perché, a loro volta,
hanno ricevuto tanto. Nel 2013, infatti,
il giovane salesiano Odise Lazri, ha
deciso di diventare missionario e
andare in Sud Africa*
SALESIANI 2014
45

5.8 Page 48

▲back to top
I et
pura pedagogia salesiana
Educazione ed evangelizzazione
informato fumetto
diANS
Riuscite a immaginarvi la storia di Gesù in
versione Manga? O riuscite a immaginarvi un
cartone di un"piccolo prete"(che stranamente
assomiglia al cardinale Joseph Zeh Kiun Zen,
vescovo emerito di Hong Kong) mentre insegna il
vangelo di San Marco? O che ne pensate di
proporre alpiù bravofumettista del vostro paese di
rappresentare la pedagogia di Don Bosco in modo
attraente? Leggete qui sotto e scoprirete come tutto
questo diventa possibile perché, a quanto pare, i
fumetti sono pura pedagogia salesiana!
11Giappone e il Brasile hanno più cose in comune di quello
che pensiamo. Una visita a Hammamatsu (Giappone) ci
può far capire il perché, in particolare dopo una visita alla
parrocchia salesiana dedicata all'evangelizzazione degli
espatriati brasiliani, molti dei quali hanno nomi giapponesi,
interessante forma d'integrazione. Ma guardiamo anche
oltre, così da poter farci un'idea sull'impatto dei manga giap-
ponesi, andando ben oltre la Corea e la Francia ... sì. .. an-
diamo ... in Brasile!!!
Coscienti del sempre maggiore successo dei Manga giap-
ponesi tra i giovani brasiliani, la Rete Salesiana per l'Educa-
zione scolastica (abbreviata con RSE), formata da 120 istituti
tra Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, nel 2012 ha lanciato
sul mercato"Evangelis'; progetto poi ampliato in quest'anno
2013. Gli accattivanti disegni e il testo del libro sono utilizzati
per raccontare l'annuncio e la nascita di Giovanni Battista,
l'incontro tra l'angelo Gabriele e Maria, la ricerca dei Magi, la
nascita di Gesù, la cattiveria di Erode e il viaggio in Egitto. L'in-
tenzione del progetto Evangelis è quella di presentare la ric-
chezza della Bibbia in modo attraente, così da poter
coinvolgere tutti gli studenti delle scuole salesiane.
L'autore Herbert Barbosa, appassionato di manga fin da pic-
colo, ha intuito che c'era la possibilità di avvicinare I giovani
alla parola di Dio attraverso questo progetto. Nel 2006, dopo
aver disegnato un'icona di Gesù, gli è venuta l'idea di creare
un'intera pubblicazione che raccontasse tutta la vita di Gesù.
"Ho sempre amato i manga, come tanti altri giovani e adulti.
I manga sono divertenti, facili da leggere e da capire. li mes-
saggio che si esprime con i disegni e i brevi testi è sempre
nuovo e, allo stesso tempo, coinvolgente" afferma.
Torniamo nuovamente in Asia, non in Giappone, ma in Cina.
All'inizio dell'anno della Fede, i Salesiani dell'ispettoria cinese
hanno deciso non solo di rendere omaggio a un grande
46
SALESIANI 2014

5.9 Page 49

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salesiano missionario, don Dennis Martin,
morto nel 2006, ma allo stesso tempo di rispondere
alla richiesta del Santo Padre di trovare nuovi modi di an-
nunciare Cristo. Insieme a un gruppo di allievi entusiasti, don
Dennis aveva supervisionato la produzione di una nuova
versione, rieditando alcune pubblicazioni di Vox Amica Press
Hong Kong, cambiando le parole del Vangelo di Marco nella
Nuova Bibbia Americana. Tutto questo a fumetti e con un
linguaggio più moderno.
Idue volumi raccontano, in grassetto, la vita di Gesù, e sono
fedelissimi al Vangelo originale. Scorrendo le pagine s'incon-
tra un personaggio speciale, il "Piccolo Prete'; il cui compito
è quello di guidare i lettori in questo viaggio alla scoperta
della Buona Novella. Questo personaggio ha una certa qual
somiglianza con un personaggio reale, il cardinale Joseph
Zeh Kiun Zen. Non stupisce dunque che proprio lui sia un
grande ammiratore di questo lavoro e speri che"questo libro
possa fare crescere l'interesse delle persone verso una sco-
perta del Vangelo e del regno dei Cieli''.
Andiamo ora in un altro paese, nei Caraibi o, per essere più
precisi, a Santa Clara (Cuba). Una mostra curata dal fumetti-
sta Alfredo Martirena dal titolo"Siamo eredi della sua peda-
gogia" (in preparazione al bicentenario della nascita di Don
Bosco nel 2015) ha sorpreso i parrocchiani grazie alla vivace
rappresentazione di alcuni elementi fondamentali del Don
Bosco educatore.116 pannelli erano una risposta al progetto
coordinato da don Guillermo Garda Montano SDB, e il cui
scopo era quello di illustrare consigli e messaggi di Don
Bosco riguardanti la pedagogia salesiana. Le illustrazioni, a
fine mostra, sono state poi mano mano riprodotte sull'edi-
zione locale del Bollettino Salesiano.
Torniamo, cari lettori, di nuovo in Brasile. La già citata Rete
delle Scuole Salesiane, in questo periodo è impegnata nel
lancio di un nuovo sito web: Nossa Turma (la nostra classe).
Scopo del progetto è di presentare la vita degli allievi nelle
scuole salesiane, attraverso il fumetto. Chi entra nel sito può
trovare diverse pubblicazioni, cartoni animati, conoscere i
membri dello staff e proporre argomenti per le storie future.
li sito è già presente sui socia! network sul portale RSE. Al suo
interno ci sono storie sulla vita di ogni giorno ma viste in
chiave cristiana, cattolica e salesiana, protagonisti una trentina
di personaggi tra cui studenti, educatori, salesiani preti e suore.
Il sito è un rafforzamento del vivo desiderio dell'RSE di voler
formare buoni cristiani e onesti cittadini. Vedere delle buone
persone fa sì che il progetto focalizzi l'attenzione di un grande
pubblico sull'RSe e sui suoi scopi educativi e pastorali. In ogni
episodio ci sono spunti a valori della fede e situazioni classiche
che si possono trovare frequentando una scuola cattolica.
Non ci sono dubbi che al giorno d'oggi il fumetto sia un
ottimo approccio per l'educazione dei giovani ... e dunque
un ottimo mezzo per la pedagogia salesiana-rif.
SALESIANI 2014
47

5.10 Page 50

▲back to top
param a e il mood
.
'-'
Ad Ascurra, (stato di Santa
Caterina), il progetto
"Giorno della Letteratura",
gestito dal collegio salesiano,
ha mobilitato anche altre
scuole locali e motivato
tanti giovani a coltivare
l'hobby della lettura.
48
SALESIANI 2014
di Rafaello Furlani Destéfani
11ggioruSpàpoo"LPeatutloor,i
e narratori"del Colé-
membro della rete
in tutte le scuole della zona di Ascurra
e, chiaramente, al Colégio Sào Paulo.11
scuole salesiane, stanno motivando gli programma include attività di lettura,
allievi di altri istituti della zona di performance teatrali, momenti interat-
Ascurra a coltivare le proprie abitudini tivi di lettura e l'incoraggiamento al-
.'o;::, letterarie con il "Giorno della Lettera- l'abitudine di leggere così da poter
ou tura''. Con lo slogan "Imparare a leggere conoscere stili letterari diversi. Tra i vari
e soprattutto imparare a leggere il generi che vengono proposti, il pro-
:uV"5'l
"'Voel
mondo e capirne i contesti'; il progetto
è una partnership tra il Colégio Sào
Paulo, il MGS (Movimento Giovanile
getto vuole porre enfasi sulle leg-
gende, sui miti e sulle fiabe.
·.,;
Salesiano), il gruppo"Lettori e narratori" Partenariato
ed il Dipartimento per l'Educazione di
Ascurra.
Il progetto "Il giorno della Letteratura"
Q.
ha come coordinatore l'insegnante e
t::
..e
Il progetto è stato lanciato il 29 aprile coordinatrice del SYM del Sào Paulo,

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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Rose Mary do Nascimento Agostini.
Coordina anche il gruppo "Lettori e
narratori'; formato da un buon numero
di studenti delle classi elementari.
Sia il SYM sia il gruppo Lettori fanno
parte del progetto, ed hanno il pieno
supporto del Dipartimento per l'Edu-
cazione di Ascurra. Aiutano nella pre-
sentazione del progetto nelle varie
scuole e si occupano anche del tra-
sporto degli allievi.
Le attività si svolgono nelle varie scuole
pubbliche di Ascurra e sono dedicate
soprattutto ai bambini dai 4 ai 6 anni.
Gli allievi del SYM e il gruppo Lettori si
incontrano al Sao Paulo, preparano le
loro "fantasie" (abiti e trucco bimbi), per
poi mettere tutto in un mega baule in-
sieme ad altri oggetti e libri, che poi
viene portato a scuola. All'arrivo, uno
studente (spesso membro del SYM) fa
una piccola introduzione sul progetto
e a seguire racconta una storia. I bam-
bini vengono quindi invitati a scegliere
un libro a testa e li si invita, dopo averlo
letto, ad interpretarlo con libera fanta-
sia.
Un baule pieno di storie
Secondo il team organizzativo,"quando
si coinvolgono i bambini con attività
diverse, il significato delle storie sul loro
mondo interagisce con i vari significati
che il libro da loro scelto ha, riescono
a fare significativi miglioramenti nel
campo della lettura, a volte anche a
diventare lettori competenti''.
L'.idea è quindi che ogni partecipante
(racconta storie e bambini) può svilup-
pare le proprie doti di lettura per poi
apprezzare generi letterari diversi. li 20
maggio scorso, per esempio, c'è stato
il secondo livello del progetto "Giorno
della Letteratura": lettura di racconti in
chiave fiabesca di stampo religioso. Se-
condo Rose Mary, leggere le fiabe è
sempre, in primo luogo, un lavoro di
apprezzamento. "Il suggerimento è di
leggere e poi lasciar commentare il
pubblico, far dire ai bambini cosa pen-
sano e, con tutta libertà, fare raccon-
tare con le loro parole quello che
hanno appena sentito': ci spiega.
Entusiasmo
L'.altro scopo del raccontare fiabe a
degli alunni è che in esse ci sono valori
morali che possono essere insegnati, e
diventare in seguito spunti per una di-
scussione di gruppo. L'.aspettativa ge-
nerale del progetto è di voler far dei
bambini dei buoni cittadini, fare in
modo che l'allievo-lettore adotti una
visione attiva e positiva di se stesso,
con gli altri e con il mondo che lo cir-
conda. Così facendo diventano attivi
costruttori di un mondo migliore.
Dopo stage mensili, il "Giorno della
Letteratura" ha luogo nel tardo pome-
riggio, quindi dopo la fine delle ore di
lezione. Sia i membri del SYM sia del
Gruppo Lettori sono tutti volontari e
sono molto felici di essere parte di
un'attività che coinvolge anche il di-
partimento di educazione pubblica
locale.
"Quest'anno ho avuto la fortuna di
imparare tante cose nuove. Oltre a
migliorare il mio livello di lettura, ho
conosciuto nuovi generi letterari,
persone nuove e luoghi diversi. Tutti
dovrebbero partecipare a questo pro-
getto perché è bello fare volontariato"
dice André Gustavo Dalmolin, stu-
dente di prima media.
Anche per Igor Gustavo da Silva (primo
anno di Colégio Sao Paulo), l'esperienza
va ben al di là della semplice lettura dei
libri e il racconto delle fiabe: "L'.atto di
portare la letteratura ai bambini in
modo dinamico ci dà un qualcosa non
facile da descrivere, sapendo che qual-
cosa che tende ad essere trascurato da
molte persone viene ricordato e rivis-
suto. Quanti sorrisi sui volti di questi
bambini e quanta felicità. È proprio
questo lo spirito di ogni volontario"
Il progetto "Giorno della Letteratura" è
stato esteso a tutto l'anno scolastico
2013
.tft.
SALESIANI 2 0 1 4
49

6.2 Page 52

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Facoltà di scienze dell'Educazione
di Carlo Nanni
Il logo della Facoltà lo dice chiaramente: di profilo, dentro Don Bosco, cè un
giovane e una giovane. Ormai è diventato uno slogan: l'UPS, cioè, l'Università
Pontificia Salesiana, è "l'Università di Don Bosco per igiovani". E la Facoltà di
Scienze dell'Educazione (FSE) ne è come il cuore pulsante. Anche
numericamente. Su circa 2000 studenti, quasi mille appartengono alla Facoltà.
Nelle sue diverse specializzazioni: pedagogia e comunicazione, pedagogia della
scuola, pedagogia sociale, pedagogia sociale epsicologia (che èfrequentata da
oltre 500 studenti). Il curricolo di Psicologia siprolunga nella Scuola Superiore
di Specializzazione di Psicologia Clinica (=SSSPC) per arrivare ad essere
psicologi clinici e psicoterapeuti. La pedagogia vocazionale insieme con l'Istituto
di spiritualità della facoltà di Teologia coordinano la Licenza (laurea
specialistica) per laformazione deiformatori laici, consacrati/e, presbiteri. A
sua volta il baccalaureato in pedagogia religiosa dà làccesso alla licenza (laurea
specializzata) in pastorale giovanile e in catechetica, gestite da un dipartimento
in cui collaborano l'Istituto di Catechetica della FSE e l'Tstituto di Pastorale
giovanile della Facoltà di 1èologia.
L'ha detto Papa Benedetto: l'UPS,
«unica tra le Università Pontificie, ha
una Facoltà di Scienze dell'Educazione
ed un Dipartimento di Pastorale Giova-
nile e Catechetica». Ma il Rettor Mag-
giore ne rileva anche il senso profondo:
«Un elemento fondamentale della
identità salesiana dell'UPS è dato dalla
Facoltà di Scienze dell'Educazione. Il
campo pedagogico e pastorale deve
essere sentito non come il settore di un
gruppo che si affianca all'altro, ma
come il vertice di tutto, come l'ele-
mento trasversale che dà coesione al
tutto».
Del resto già papa Giovanni Paolo Il af-
fermava che se «la formazione del-
l'uomo integrale rientra nella missione
specifica della Pontificia Università
Salesiana», «in essa, la Facoltà di Scienze
dell'Educazione caratterizza l'intero
Ateneo». Essa «si potrebbe definire
come espressione del carisma proprio
dei figli e delle figlie di Don Bosco».
La facoltà è nata dall'espansione di
quello che nella facoltà di filosofia, fin
dagli inizi dell'allora Ateneo Salesiano
(1940), era l'istituto di pedagogia e ca-

6.3 Page 53

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techetica, poi diven-
tato Istituto Superiore
di Pedagogia (1956) e dal
1973, appunto Facoltà di
Scienze dell'Educazione: al plurale,
perché il metodo della ricerca e dell'in-
segnamento è decisamente interdisci-
plinare. Si ricerca, si insegna, si forma in
continuo spirito di collegamento tra
discipline, collaborando e interagendo
sistematicamente, producendo stili di
pensiero e di azione aperti al dialogo e
alla cooperazione. Basta leggere i libri
e gli articoli dei docenti nell'Editrice
LAS o sulle riviste della Facoltà.
Infatti, fin dal 1954, la FSE ha preso a
pubblicare una rivista, "Orientamenti
Pedagogici" che a tutt'oggi è di fama
internazionale e tra le prime in Italia
per la pedagogia e la ricerca educativa.
Qualcuno ha detto che se si pubblicas-
sero a parte gli articoli sulla ricerca
empirico-educativa e sulla linguistica
educativa si potrebbero fare altre due
riviste specializzate. Da alcuni anni l'Isti-
tuto di C atechetica ha dato inizio ad
una rivista on line di "Pedagogia Reli-
giosa''.
Ma quello che tutto
accomuna è la "passione"
per una scienza, una sag-
gezza, una tecnologia e una
metodologia, "a servizio dell'educa-
zione" (come si è intitolato l'ultimo
convegno del 15 marzo scorso, di cui
sono in corso di stampa gli Atti). L'.oriz-
zonte finalistico dell'apprendimento
universitario è la formazione di per-
sone che siano libere e responsabili,
professionisti competenti e operativi,
cittadini attivi e solidali, cristiani con-
vinti e impegnati nella chiesa e nella
società civile di appartenenza.
Una ex-allieva, inviando di corsa una
e-mail all'attuale rettore dell'UPS, prof.
d. Carlo Nanni, suo antico professore,
asseriva: «ci avete inoculato il senso
della persona». E lei da studentessa
non era molto devota!
Molti dei coordinatori diocesani o na-
zionali di pastorale giovanile e cate-
chetica, in Italia e nel mondo, hanno
studiato alla FSE dell'UPS. Senza nes-
suna propaganda speciale - facciamo
solo un "open day" annuale - il numero
delle "New entry'' è sempre in crescita.
La migliore nostra cassa di risonanza
sono gli ex-allievi e le ex-allieve.
Ma quello che li mantiene in corsa,
senza troppi ritardi o ritiri, come molti
dichiarano, è il fatto di non essere
pedine anonime, di non sentirsi gettati
in un mare in burrasca, di non essere
un numero per i docenti. Lo spirito
di famiglia salesiano, la ricerca di
una buona qualità della relazione
educativa, la integralità culturale
de 11a proposta, cristianamente ispi-
rata, il continuo collegamento tra co-
noscenze e competenze, tra teoria e
pratica: ne sono dei punti di forza ap-
prezzatissimi, che sopravanzano gli
inevitabili punti di debolezza (difficoltà
economiche, scarsità del personale do-
cente ed amministrativo, strutture da
aggiornare, cura dell'educazione per-
manente dei docenti da intensifi-
care ... ). La cultura della valutazione,
attuata con appositi interventi e stru-
menti ogni semestre, ne è certamente
una modalità interessante per la pro-
mozione della qualità formativa: ma
alla fin fine quello che conta più di
tutto è praticare efficacemente, a li-
vello e nelle forme universitarie, il si-
stema preventivo di Don Boscolm

6.4 Page 54

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Daibitsai
Dalla saldatura alla tecnologia digitale
"Sonofelice di essere carpentiere. Ora sto per iniziare un corso di saldatura- dice Miki Sada durante
un'intervista prima dell'inizio del corso. Miki è un allievo vivace, diplomato due annifa, è molto interessato
al suo lavoro e pieno di vita. Si interessa di danza e teatro e, insieme ai compagni, ha inscenato molti
spettacoli a scuola e, dopo una meravigliosa partecipazione in "Waddys bimbo prodigio", lui ed i compagni
sono stati chiamati dalla scuola internazionale di Woodford (Honiata) per poter migliorare le proprie doti
teatrali. Miki era al settimo cielo per lafelicità e sia lui sia i compagni hanno dato del loro meglio negli
studi. "Credo che /arte di saper saldare mi possa essere di grande aiuto" ha detto Mike Sada al momento
delle registrazione al corso.
Le isole Salomone sono popolate
da tantissimi giovani e più del
59% di loro sono disoccupati. Il 53%
però può trovare un lavoro se op-
portunamente aiutati. Come Miki, i
giovani sono desiderosi di imparare
un mestiere e poter poi trovare un
lavoro. L'istituto tecnico Don Bosco è
dunque il posto ideale.
Il corso di saldatura dura 10 setti-
mane e ha visto partecipi 14 giovani.
Hanno lavorato duro ogni giorno e
imparato molto. È stata data loro la
possibilità di imparare un poco di in-
glese, contabilità e matematica, e la
possibilità di partecipare a molte
attività extrascolastiche. 11 corso è
iniziato ... che bello vedere come
ognuno saldava insieme i pezzi di
metallo. Alla fine del corso ognuno
aveva realizzato un forno da cucina.
Alcuni hanno poi venduto i forni a
delle famiglie direttamente, altri si
sono messi a fare pane e venderlo. Il
secondo progetto è stato quello di
costruire dei letti per gli studenti in-
terni della scuola. Il corso in questo
momento è terminato e gli allievi si
stanno preparando per i loro esami
finali. Luke Houpere, uno degli inse-
gnanti, nonchè ex allievo, ricorda
sempre agli allievi che il duro lavoro,
la dedicazione e l'impegno sono i lati
più importanti per un lavoratore.
I corsi a breve termine sono i più ri-
chiesti e quindi sono stati già molti i
corsi informatici che abbiamo gestito.
Il più recente è stato un corso video
di Ambrose Pereira
di 2 settimane in cui i creatori di
pellicole erano persone dai 16 ai 60
anni. Venivano anche da diversi
background: insegnanti, studenti,
dipendenti nel campo delle rela-
zioni pubbliche, avvocati, religiosi e
titolari di imprese.
Ogni giornata inizia con la preghiera
e un esercizio di gruppo- è molto im-
portante infatti che gli allievi intera-
giscano tra di loro. C'è una parte di
teoria, ma solo perché serve per la
parte pratica. All'inizio agli studenti è
stato chiesto di catturare una gamma
di inquadrature tra cui grandangolo,
a tiro medio, primi piani e sono stati
spiegati i concetti della "legge dei
terzi". Gli studenti poi hanno prose-
guito il lavoro con iMac rielaborando
i vari esercizi pratici. Dopo una breve
ma esauriente panoramica sul soft-
ware, i ragazzi avevano tutti i mezzi
per il loro lavoro. La settimana succes-
siva è stata dedicata ai primi approcci
alle inquadrature e uso della teleca-
mera, un'introduzione al software
iMovie e la pianificazione degli story-
board. Quindi ecco il momento del
progetto finale. Ognuno doveva svi-
luppare le proprie idee in una storia,
pianificano le riprese e scrivendo la
storyboard. C'è stato un grande
lavoro di squadra sia all'interno dei
gruppi sia tra gruppo e gruppo.

6.5 Page 55

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Alcuni gruppi dovevano condividere
le attrezzature, altri le persone per i
ruoli di attori. La fase di rielaborazione
davanti i computer ha richiesto una
lunga giornata di lavoro affinché il
lavoro fosse pronto per lo schermo e
nessuno è venuto meno alla sfida ...
tutti in gara per la "Rappresentazione
del venerdì".
Il lavoro più apprezzato è stato
"Salva una vita''. a cura di Geor-
gianna, Regina e Linda: la storia di
una insegnante che voleva coinvol-
gere la gente a donare il sangue per
salvare delle vite umane. Nessuno vi
vuole partecipare finchè non arriva
un certo personaggio. "Fai la diffe-
renza, fai le cose in modo diverso":
ecco il messaggio conclusivo di
questo bellissimo filmato.
"Anche per un solo minuto di video il
lavoro è tanto" dice Dorothy Wic-
kham, direttrice dell'unica televisione
locale delle isole Salomone. "Disci-
plina, duro lavoro e impegno: questi
sono gli ingredienti per una buona
realizzazione di un filmato" afferma.
Lavoro di squadra, collaborazione e
spirito di iniziativa per il mondo digi-
tale sono state sottolineate come
fondamentali da AshleyWickham, di-
rettore generale di SIBC.
A nome anche degli altri partecipanti
al corso, Regina Lepping e Nathaniel
daWheya, hanno ringraziato chi
ha portato avanti il corso. Hanno
espresso la loro necessità di essere
formati e hanno condiviso tutti i
momenti positivi attraverso un
piccolo video.
Il centro tecnico Don Bosco di Hen-
derson offre un corso triennale di
meccanica, falegnameria, elettronica.
Vista la sempre maggior partecipa-
zione di persone adulte, abbiamo
dato avvio anche a dei corsi brevi,
come quelli d'informatica e di car-
penteria e corsi a medio termine.
La partecipazione è alta e ci sono
sempre domande per altri corsi. Ab-
biamo anche bisogno di volontari.
Oltre ad essere un'esperienza scola-
stica, è anche un'esperienza di vita
per ognuno, un'esperienza che po-
trebbe anche essere quella più signi-
ficativa di una vita intera
-rif.

6.6 Page 56

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cosa di cuore
Festival dei giovani
di Katarzyna Dumanska
È l'inizio di maggio. Di solito le giornate iniziano ad essere più calde, ma
questanno il clima ci gioca brutti scherzi. Sto camminando lungo il.fiume
Vistola nel Bulwary verso ilponte Zwierzyniecki. È ancora presto e il solef a
fatica a sbucare dalle nuvole. Ma almeno non piove, non come prima...
I a prima volta il festival Savionalia ha
Lavuto luogo a Cracovia, quindi a Blonia
nel 1991 sotto una pioggia torrenziale.
Tutto è iniziato con un concerto di sera a
D�bniki. Il giorno seguente, dopo la
Messa, un gruppo guidò coloro che ave-
vano partecipato alla Messa a D�bniki fino
a Blonia. "Quel giorno ci svegliammo alle
4 del mattino, il cielo era nuvoloso. E
appena i giovani arrivarono a Blonia, co-
minciò a piovere e non smise fino a sera!
Nonostante questo fu un successo. Ne
facemmo memoria e l'anno successivo
provammo a ripetere l'esperienza, ren-
dendola ancora migliore. Ècosì fu, a parte
che dal 1992 il festival della gioventù
Savionalia ha luogo qui, a Tynieca St".
ricorda don Bartocha, oggi Ispettore
Salesiano dell'lspettoria di Cracovia.
Eppure Savionalia è iniziata ben prima di
tutto questo. A partire dal 1984 a Craco-
via, quindi a Losi6wka, il gruppo si riuniva
all'inizio di Maggio. Nel 1990 i Salesiani
decisero di promuovere questo incon-
tro, aggiungendovi una serie delle loro
tipiche attività. Un gruppo di seminaristi
con il Delegato della Pastorale Giovanile
cominciarono a lavorarci: al programma,
al titolo, al logo. "Sin dal principio, deci-
demmo che Savionalia sarebbe stato il
punto di incontro di tutte le nostre attività
per i giovani - a partire dagli 8 anni - così
che anche i più piccoli potessero unirsi al
coro; volevamo tutti. Per cui se qualcuno
da fuori voleva venire poteva farlo se lari-
chiesta era abbastanza buona''. continuò
don Bartocha.
Come con ogni altra attività salesiana,
una chiara idea, o forse due, hanno ac-
compagnato Savionalia. Da un lato c'era
tutto ciò che i giovani avevano fatto, mo-
strando tutti gli obiettivi raggiunti nel
corso degli anni. Dall'altro lato c'era sem-
plicemente il fatto che i giovani stavano
insieme - e già questo era di gran valore.
Questo è il motivo per cui nel pro-
gramma del festival c'è un po'di tutto: re-
ligione, sport e cultura, alcuni proposti dai
più giovani, altri dagli ospiti. Così durante
Savionalia, si può assistere ad un con-

6.7 Page 57

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'I.:educazione è cosa di cuore'.
"Questo slogan è stato scelto
per il secondo anno di
preparazione al bicentenario
della nascita di Don Bosco
10-12 mala 2013
CHOWANIE
lllP
certo, andare a teatro o partecipare ad
un incontro.
Stare insieme rende tutti felici
I Salesiani hanno sempre creduto
molto nell'aspetto musicale dell'evento.
Oltre a gruppi provenienti dai nostri
centri, ci sono anche famosi gruppi
che suonano musica Cristiana in Polo-
nia, come Magda Aniol, New Day,
Tomek Kaminski, Maleo Reggae Roc-
kers, Chili My, Saruel, Propaganda Dei,
Love Story o New Life Music con
Mietek Szczesniak; tutti questi si sono
esibiti a Savionalia. Ci sono anche ospiti
speciali: attori famosi, sportivi, incluso
Robert Kubica, il più conosciuto pilota
di rally polacco con la sua brillante auto
blu. Èdifficile nominare tutti quelli che
sono saliti sul palco di Losi6wka.
Data la lunga storia di questo festival, ci
sono alcuni aneddoti divertenti che
non possono essere dimenticati e che
gli organizzatori oggi ricordano sempre
con un sorriso. "Un anno, qualcuno di
mia conoscenza propose'! due ragazzi
di Mil6wka che suonano la tromba'
come gruppo per il concerto della
serata principale. Era gennaio, credo.
Non ricordo quanto volessero; doveva
essere una cifra ragionevole, ma non
bassa. Così non furono invitati e solo un
mese prima di Savionalia, la Golec Or-
kiestra - uno dei più conosciuti gruppi
folk della Polonia - pubblicò il suo
primo album. Epensare che avrebbero
potuto suonare per noi, ma non lo
hanno mai fatto, almeno fino ad ora. In
un'altra occasione la radio seppe la data
sbagliata dell'evento e un veicolo giallo
di RMF FM venne un mese prima". ci
racconta don Bartocha.
È molto difficile anche dire quanti
giovani si sono divertiti a Savionalia
con i Salesiani. "A volte c'erano più di
1500 presenze; ricordo solo un gruppo
di ragazzi di Kielce arrivati su cinque
auto! E non era strano" ricorda don
Bartocha sorridendo.
Dopo 20 minuti a piedi arrivo a Lo-
si6wka. Di fronte all'ingresso vengo ac-
colto dai poster colorati. Quest'anno il
tema dell'incontro è 'L'educazione è
cosa di cuore'. Questo slogan è
stato scelto per il secondo anno di pre-
parazione al bicentenario della nascita
di Don Bosco; si sa che era un maestro
dell'educazione. Qual è il cuore di cui
parla Don Bosco? Il cuore di Dio, dei
giovani o degli insegnanti? O è lo
stesso cuore per tutti? Gli organizzatori
del festival di quest'anno se lo sono
chiesto e sono subito giunti alla con-
clusione che non si ritrovano solo per
rispondere a domande come questa,
ma anche per il semplice piacere di
stare insieme cercando le risposte.
Questa gioia, condivisa da giovani e
meno giovani, insegnanti e alunni,
dura da anni ed è caratteristica di Sa-
vionalia. Qualunque sia l'organizza-
zione, l'accordo o la condivisione delle
responsabilità, questa non cambia.
Così, quando sono entrato a Losi6wka
e ho visto i ragazzi giocare a pallone o
ho sentito le risate provenienti dall'uffi-
cio, e quando ho visto i preti più an-
ziani sorridere più del solito, è stato
allora che ho capito che questa gioia è
ciò che rimane e che questo non cam-
bierà mai
,m.
SALESIANI 2014
55

6.8 Page 58

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Ci accalcavamo, le domeniche
pomeriggio, alla porta di uno
stanzone chefungeva da teatro,
all'arrembaggio di un posto
soddisfacente. Nell'attesa che
cominciasse lo spettacolo dei
nostri compagni o dei nostri
Superiori, lo sguardo era
inevitabilmente calamitato sul
frontespizio del boccascena.
Campeggiava la scritta: "Servite
Domino in laetitia". Poi ho
scoperto che era quanto
Domenico Savio dichiarava a
Gavio Camilla "Te lo dirò in
poche parole: sappi che noi qui
facciamo consistere la santità nello
stare molto allegri...". "La gioia,
prima di essere artificio
metodologico, un 'mezzo'perfar
accettare ciò che è 'serio' in
educazione, è per Don Bosco
forma di vita, chégli deriva da
un'istintiva valutazione
psicologica delgiovane e dallo
spirito difamiglia. Il
convincimento parte da una
profonda esperienza difede: la
certezza di esserefratelli del
Risorto che inonda di gioia la vita
di ogni cristiano. Quindi allegria
come insostituibilefattore
educativo e crescita cristiana. Uno
dei sette segreti' del buon
andamento dell'Oratorio,
ricordati da Don Bosco, è:
ì\\llegria, canto, musica e libertà
grande nei divertimenti".

6.9 Page 59

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E dmaegccgoiocriminetnrotedocttoinntreibi umiseczozinochea
creare quello spirito di famiglia che
produce gioia: teatro e musica. Nel-
l'Oratorio di Don Bosco non poteva es-
serci festa che non fosse allietata dalla
musica e dal "Teatrino''. Così come nelle
famose passeggiate autunnali, musica
e teatro la facevano da protagoniste.
"Ne impedias musicam" fece scrivere
Don Bosco sulla porta della sala di
musica vocale, e ancor più famoso è il
detto: "Un Oratorio senza musica è un
corpo senz'anima''. Ed ecco, più di una
banda strumentale faceva echeggiare
note in ogni angolo dell'Oratorio; ecco
i suoi primi Salesiani (Cagliero, Costama-
gna, De Vecchi, Dogliani ... ) cimentarsi
in composizioni che nulla avevano da
invidiare ad altre composizioni contem-
poranee.
Lo stesso peso specifico ebbe, all'Ora-
torio, il "Teatrino" che si inserisce a
pieno diritto nel sistema educativo di
Don Bosco, praticamente e vitalmente,
come elemento integrante per la costi-
tuzione dell'ambiente dell'allegria e con
una funzione educativa e didattica. Don
Bosco, nei primi anni dell'Oratorio, seguì
attentamente ogni rappresentazione,
scrisse lui stesso per il teatro, arrivò a for-
mulare due stesure di un Regolamento
del Teatrino che stupisce, ancor oggi,
per il valore educativo che il Santo attri-
buiva a questo mezzo espressivo: "È
scuola di santità - arricchisce la cultura
intellettuale- contribuisce allo sviluppo
della mente - aiuta a comprendere gli
uomini e la società - crea allegria - affe-
ziona i giovani all'educatore - attrae
molti giovani ..." (dalla Cronichetta di
Don Giulio Barberis).
I Salesiani ne furono talmente convinti
che, nel corso dei decenni, in una ma-
niera più o meno fedele alla primigenia
ispirazione di Don Bosco, lo sviluppa-
rono e lo amplificarono, fino ad essere i
paladini di un teatro educativo che si
sviluppò per oltre un secolo. L'impegno
delle nostre case editrici (SEI, LDC, LAS)
ha un che di straordinario per l'intensità
e la qualità delle pubblicazioni. Riviste, a
cominciare dalle Letture Drammatiche,
edite dallo stesso Don Bosco, al Teatro
dei Giovani e delle Giovani, a Espres-
sione Giovani, sono state fiori all'oc-
chiello del Teatro Educativo Salesiano
ed hanno accompagnato intere gene-
razioni di giovani.
Ed oggi? Lasciamo la parola ad una ini-
ziativa che vuol recuperare e attualiz-
zare quell'immenso patrimonio.
AREOPAGO TES: moderno
veicolo della salesianità
É nostra intenzione perpetuare il
dono carismatico del Teatrino di Don
Bosco, con uno strumento operativo
moderno, quello di un sito-web. Si
chiama AREOPAGO TES (Teatro Edu-
cativo Salesiano) e risponde al domi-
www.teatrino on osco.it.
nio: www.teatrinodonbosco.it.
Il Sito Web si propone di:
a) Rieditare quanto di più valido è stato
pubblicato e non più ristampato, di-
gitarlo ed offrirlo gratuitamente agli
operatori teatrali.
b) Raccogliere una bibliografia partico-
lareggiata delle innumerevoli opere
del teatro educativo e giovanile e
metterlo a disposizione indican-
done la reperibilità.
c) Far confluire negli Studi sul Teatro
Educativo e Giovanile gli insegna-
menti ricevuti da Don Bosco e gli
approfondimenti successivi.
d) Mettere a disposizione delle nume-
rose Compagnie Teatrali di Giovani
che oggi operano, copioni teatrali,
opere musicali, manuali di allesti-
mento. Nello stesso tempo il Sito si
propone di offrire corsi, stage, labo-
ratori, interventi di esperti.
e) Mettere in rete i numerosi gruppi
teatrali che operano negli Oratori e
nelle scuole salesiane e non, in
modo da creare un circuito dico-
noscenze e di reciproche collabo-
razioni. In quest'ottica nasce una
palestra creativa in cui potranno
trovare spazio le produzioni
teatrali e musicali di quanti scrivono
e compongono per il Teatro Edu-
cativo dei Giovani. «Dare voce» ai
Giovani, alimentare il loro protago-
nismo, è sempre stato il sogno di
Don Bosco,m.
SALESIANI 2014
57

6.10 Page 60

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\\
_J
J
biso
n1,
_=J risposte
Scuole e centri di formazione professionale
di Miguel Angel Garda Morcuende
Un educatore salesiano con anni di esperienza, Francese Riu, ha detto: "Se Don Bosco
oggifosse qui e andasse in una scuola salesiana nel mondo, si prendesse l'impegno di
gestirla, ben presto questa si distinguerebbe da tutte le altre perché in grado di
rispondere nel miglior modo ai bisogni deigiovani dog g i''. Ecco dunque una
panoramica sulle scuole salesiane e professionali nel mondo.
=- - - - -
= ="'"'""- - - - - - - - = = I
Africa-Madagascar
lnteramerica e America Cono Sud
Formazione ufficiale, scuola e orientamento la-
vorativo sono molto importanti nella regione
Africa-Madagascar. Nonostante le differenze e
le difficoltà che esistono in Africa, i Salesiani
sono riusciti ad ottenere un approccio flessibile
con i giovani, a raggiungere i propri scopi nel-
l'ambito della scuola e della pastorale giovanile.
L'.educazione salesiana nell'America Latina e Caraibi
è diversificata e ha grandi numeri: 21 paesi e 24 ispet-
torie. Le scuole salesiane nel continente Americano
hanno sviluppato una grande offerta con il fine che
la proposta educativa e pastorale sia a 360 gradi per
i giovani, con il desiderio di dare speranza di vita a
tutte le nuove generazioni.
Attualmente le scuole salesiane in questa re-
gione sono un centinaio, senza contare l'im-
mensa rete di scuole rurali più piccole in zone
un po' sperdute e di missione. Il numero mag-
giore delle nostre scuole si trova nei centri
urbani e ha spesso un alto numero di allievi.
lspettorie con presenze della famiglia salesiana in tutta
l'America Latina hanno messo in movimento un pro-
cesso d'unione, che è in armonia con le linee guide del-
l'ESA (Scuola Salesiana Americana). Quattro sono le aree
in cui si lavora: guida, direzione e accompagnamento;
comunicazione, formazione e cultura della stima.
In alcuni casi i salesiani al loro arrivo hanno tro-
vato una tradizione di scuola cattolica già irra-
diata, come in Senegal; in altri hanno trovato
notevoli restrizioni sul coinvolgimento ecclesia-
stico nel mondo della scuola (come in Angola).
In entrambi i casi, comunque, i salesiani si sono
impegnati a fondo per offrire l'originale stile che
il sistema preventivo porta con sé.
Le scuole professionali e commerciali (90 centri)
hanno un ruolo importante nel lavoro salesiano
in Africa. Per coordinare e implementare questi
centri l'ispettoria Africa-Madagascar ha iniziato
a creare un gruppo a livello panafricano, in
modo da sviluppare e incrementare l'educa-
zione in questi campi. C'è speranza che in futuro
nasca un "Bosco Tech Africa" (BTA).
La situazione socio-politica ed educativa in molti stati
dell'America Latina richiede risposte di gruppo al fine
di trovare un'offerta educativa alternativa sia ai ragazzi
poveri sia a quelli normali. Èper questo che il processo
ESA è applicato a livello continentale, regionale, na-
zionale e provinciale, cercando dunque un'educa-
zione olistica e di qualità, fatto importante per la
politica salesiana. Molte ispettorie hanno organizzato
corsi di formazione per le proprie équipes, dove laici
e religiosi lavorano insieme sulla propria preparazione
e con la mente allo spirito di Don Bosco. Alcuni paesi
hanno creato una rete per lavorare in cooperazione
con i vari rami della famiglia salesiana, accettando così
le sfide che ci sono in campo sociale, culturale e di
evangelizzazione. La rete salesiana in Brasile, per
esempio, è formata da 120 scuole, non solo dei
Salesiani e delle suore, ,ma anche di altre istituzioni.
58
SA ESIANI 2014

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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Asia Sud
Asia Est-Oceania
I Europa, Medio Oriente I
Le scuole indiane salesiane sono coin-
volte nell'educazione tecnica e commer-
ciale. Il risultato del lavoro e dei sogni di
molti salesiani include la collaborazione
con istituti gestiti da altre famiglie reli-
giose, diocesi, così come quelle del go-
verno e private. Nel 2006 è stato creato un
gruppo per lo sviluppo dell'educazione
professionale. Lo sviluppo delle capacità
e dell'educazione è infatti un elemento
prioritario per il governo indiano.
Il DBTech, questo il nome del gruppo, è
formato da 123 istituti tecnici e commer-
ciali ed è la più grande associazione di
questo tipo esistente al mondo, e che si
occupa in particolare dei giovani poveri.
Ci sono anche molte attività salesiane a
livello nazionale e delle ispettorie. Ci sono
infatti scuole in ben 24 stati. La rete sale-
siana coinvolge 1O ispettorie, 8 diocesi, 13
istituti religiosi e 6 ONG: in comune c'è il
desiderio di sviluppare l'educazione tec-
nica e commerciale.
l.J\\sia Est-Oceania conta
di 90 scuole e 46 istituti
professionali in una zona
assai vasta, che va dalla
Mongolia alla Tasmania.
In quasi tutte le parti di
questa regione, le scuole
salesiane e professionali
hanno grande importanza.
Ad eccezione degli ultimi
20 anni, i salesiani hanno
aperto molti centri tec-
nici, e che s o n o tutt'ora
assai frequentati, tra
cui Ulaanbataar (Mon-
golia), Phuoc Loc (Viet-
nam, su richiesta del
governo), Cina, Filippine,
Giappone, Timor Est, ...
Anche l'Oceania ha centri
di grande livello, tra cui:
Australia, Papua Nuova
Guinea, Isole Salomone,
Samoa.
La situazione delle scuole cattoliche in Europa è
tutt'altro che uniforme: ogni paese ha la sua
gestione. li componente educativo è una carat-
teristica specifica dei CFP (Centri di Formazione
Professionale) e delle scuole in 23 paesi e 15
ispettorie. Una cosa simile awiene nel Medio
Oriente (Egitto, Israele e Turchia) e in altri paesi
come Capo Verde, Marocco e Tunisia. Oggi il
coinvolgimento educativo e pastorale dei
salesiani è trovabile in 412 centri in Europa e 8 in
paesi non europei (Medio Oriente). Per essere più
precisi: 254 scuole, 158 CFP e 7 scuole agrarie.
Il dicastero per la Pastorale Giovanile crede nella
continuità dei processi, nella risposta alle nuove
sfide della formazione ufficiale in Europa, nella
creazione di una nuova forma di cooperazione
attraverso la Commissione Europea Scuole
SDB-FMA. È stato inoltre creato un gruppo di
lavoro che ha come scopo il voler offrire perso-
nale specializzato nell'educazione professio-
nale. A questo si aggiunge la creazione di un
sito web dedicato alle scuole e ai CFP europei
www.salesians-europe.org.
E'da anni che DBTech s1mpegna al massimo
nel gestire questa rete di aiuto giovanile.
DBTech ha sviluppato contatti e pianifi-
cato, e ha posto una speciale attenzione
alle classi più basse della scala sociale,
dove infatti si trovano i più bisognosi e
vulnerabili.
In questi ultimi anni le équipes educative sale-
siane europee hanno lavorato e riflettuto su una
comune idea: le scuole salesiane e i CFP devono
offrire uno stile educativo e pastorale di educa-
zione cristiana e umana, che si contraddistingua
da quelle che altre scuole dello stesso tipo pos-
sano offrire,m.
SALESIANI 2014
59

7.2 Page 62

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CITTADINI
I
CITTADINI
11La formazione del buon cristiano e
dell'onesto cittadino11 (Don Bosco)
Q
AttilioGiordani: credente ed
educatore alla fede (Italia)
Chacas e ilparadiso (Perù)
Una famiglia al serviziodella
gioventù
Gesù al centro: con un po' di aiuto
di Don Bosco (Spagna)
L'OratorioSan Luigi,ilsecondo
oratorio di Don Bosco (Italia)
Gli Ex-allievi:la consolazione di Don
Bosco
Al Sud del Sud: un docu-fiction
(Argentina)
Un sogno che diventa realtà
(Colombia)
Noi siamo glialtri- L1a tte nzio ne alle
missioni salesiane in Europa
(Dicastero per la Missioni)
"
60
SALESIANI 2014

7.3 Page 63

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SALESIANI 2014
61

7.4 Page 64

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CITTADINI
I
AttilioG·
I
Credente ed educatore alla fede
di Pierluigi Cameroni
La sua vita di cristiano, apostolica-
mente impegnato, ha preso un
orientamento così deciso e personale
da scoprire, "la gioia di servire Cristo''.
di "non essere buoni alla buona", di
"andare controcorrente''. nella convin-
zione che "è necessario vivere ciò che
si vuol far vivere''.
Questa maturazione cresce nelle di-
verse fasi della sua vita: da adolescente,
da giovane militare, da soldato sul
fronte militare greco-albanese, come
risulta dal suo"Diario di guerra". Anche
la scelta della fidanzata, Noemi Da-
vanzo, è motivata da ragioni di fede
come le scrive in una lettera:"11 Signore,
avvicinandomi a te, mi pose innanzi
agli occhi il tuo amore e lo spirito di de-
dizione verso i prediletti del Salvatore;
fu questa la molla superiore, che mi
spinse a chiederti per compagna''.
In occasione del centenario della nascita di Attilio Giordani
(Milano, Italia 1913 - Campo Grande, Brasile I 972),
dichiarato Venerabile il 9ottobre2013, ricordiamo la sua
testimonianza di credente e di educatore allafede nella sua
realtà di marito, padre difamiglia, catechista e animatore
dell'oratorio, Salesiano Cooperatore.
La fede di Attilio è così grande da
essere davvero "segno" della presenza
di Dio: in famiglia, all'oratorio, nella
comunità parrocchiale e per quanti lo
incontrano. Una fede che più che pro-
clamata, traspare dalle sue azioni e dal
suo modo di essere. Ne sono testimo-
nianza la serenità e la gioia con cui
porta avanti le attività in cui è impe-
gnato, convinto di essere solo stru-
mento nelle mani di Dio, cercando
sempre di raggiungere tutti i ragazzi
che gli sono affidati, affinchè potesse
essere presentato loro il messaggio cri-
stiano. Questo lo porta ad essere molto
esigente riguardo alla fede. Sono state
conservate le sue ultime parole: "La
misura del nostro credere si manifesta
nel nostro essere'.
Attilio Giordani ha come finalità e apice

7.5 Page 65

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della sua vita di educatore l'impegno
per la fede verso i suoi famigliari e poi
verso i giovani sia come catechista, che
come delegato Aspiranti e dirigente di
Azione Cattolica.
In famiglia svolge un ruolo di primo
piano nel recupero alla fede del papà e
nell'awiarlo ad una solida spiritualità. Ciò
si verifica non solo per la testimonianza
e coerenza della sua vita, ma anche per
le convincenti argomentazioni che sa
sfoderare con fermezza ogniqualvolta
c'è da difendere la religione. I figli Pier-
giorgio, Maria Grazia e Paola ricordano il
costante riferimento del papà ai valori
cristiani e soprattutto la fiducia nella
Divina Prowidenza. Momento impor-
tante in casa Giordani sono le orazioni
alla sera che sempre si recitano assieme,
di solito a luci spente, poiché è sempre
acceso il lumino alla Madonna.
Nell'Azione Cattolica l'essere tra i suoi
ragazzi è considerato un onore e un
privilegio. Uno di quei giovani testi-
monia: "Ci indicava, richiamandoceli
spesso, alcuni modelli: D. Bosco, Do-
menico Savio, Michele Magone, S. Tar-
cisio, S. Pancrazio, Carlo Mattei, Aldo
Marcozzi ... Ci invitava ad imitarli nel-
l'amore a Cristo, alla Chiesa, nel corag-
gio apostolico, nelle virtù. Cercava di
assegnare degli incarichi a tutti. Voleva
tutti impegnati. Faceva leva sulla fidu-
cia ed era sempre ottimista. Ogni
giorno dava appuntamento a qual-
cuno all'oratorio quando immancabil-
mente e puntualmente vi arrivava al
termine dell'orario lavorativo, per rife-
rire sull'impegno affidato o condivi-
dere qualche problema. Invitava alla
visita al SS. Sacramento, sottolineando
qualche intenzione particolare e poi
accompagnava verso casa. Per formare
la volontà non esitava a richiedere sa-
crifici, motivandoli sempre ed offren-
done l'esempio. Offriva occasioni per
compiere la B A (buona azione) quoti-
diana, ricordata con un nodo al faz-
zoletto e segnata sull'agendina che
eravamo invitati a tenere aggiornata.
Cercava di evidenziare in ognuno i ta-
lenti e trovava le occasioni perché
fossero espressi a favore di tutti; di
ognuno conosceva il lato buono per
"essere preso e guadagnato a Cristo''.
Sa soprattutto interessare i ragazzi con
le sue iniziative di giochi, di concorsi a
premi, di accademiole; poi, con natu-
ralezza, li conduce alla preghiera, al ca-
techismo e alla Messa. Determinante
è il contatto personale, il colloquio
anche brevissimo con ciascun ragazzo,
con la diffusione del buon umore e
con la parolina buona, che a volte era
di lode e altre volte di incoraggia-
mento e di fiducia. Alla formazione
umana e cristiana accompagna
un'educazione alla pratica concreta
della carità. Volendo che i ragazzi co-
nascessero e amassero i più poveri e i
bisognosi, li porta a visitare gli anziani
e gli ammalati. Ai ricoverati vengono
offerti dolci, frutta e uno spettacolo
teatrale, durante il quale, ovviamente,
Attilio è assai applaudito.
Altro campo di apostolato è la diffu-
sione della buona stampa dove Attilio
stesso è in prima linea soprattutto d'in-
verno, quando bisogna stare alle porte
della chiesa con un grande freddo e il
gelo pungente. L'.importanza di una
stampa cristianamente ispirata forse
allora non era sufficientemente spie-
gata con il supporto di corrette statisti-
che e di eloquenti discorsi, ma quel
suo patir freddo in certe gelide dome-
niche, fornisce ai ragazzi e a chiunque
ne avesse avuto bisogno la spiega-
zione più convincente. Il gelo poi non
gli intorpidisce il buon umore, anzi lo
alimenta.
Attilio si ripromette, attraverso la vita
associativa e di gruppo, di contribuire
all'educazione integrale dei ragazzi,
aiutandoli a crescere come buoni cri-
stiani e onesti cittadini in famiglia, nel
rapporto con i compagni, nel tempo
libero, nella scuola. Ripete spesso"che
non c'è bisogno di parole, ma la nostra
vita deve essere la parola più grossa
che diciamo" e che "il vangelo non lo si
recita, lo si vive; la vita non la si rac-
J conta, la si dona"m
SALESIANI 2014
63

7.6 Page 66

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CITTADINI
Chacaseil radiso
di Mario Vargas Uosa
Chacas è più vicina al cielo di qualsiasi altro luogo su tutta la terra. Per
raggiungere questa citta è necessario scalare i nevai della cordigliera
delle Ande, attraversare abissi vertiginosi, alture che superano i 5000
metri e scendere di nuovo, lungo ripidi pendii che spesso sono sorvolati da
stormi di condor;fino alpaso di Conchucos, del dipartimento di Ancash. Li, tra burroni, torrenti, lagune,
campi seminati, pascoli e un panorama dove ci posso amminare tutte le tonalita del verde, ecco il paese
con i suoi 1500 abitanti che, allo stesso tempo, è il capoluogo di una provincia con più di 20000 persone.
La straordinaria bellezza di questo luogo non è solofisica, ma anche sociale e spirituale, grazie alla
persona di don Ugo de Censi, sacerdote italiano che arrivò qui con l'incarico di parroco del 1976.
Alto, elocuente, muscoloso ed agile
nonostante i suoi quasi 90 anni, ha
un'energia contagiosa e una volontà
capace di smuovere le montagne. Nei
37 anni della sua presenza è riuscito a
cambiare questa regione, una delle più
povere del Perù, in un'oasi di pace e di
lavoro, di solidarietà umana e di creati-
vità artistica.
Le idee di don Ugo sono molto parti-
colari e molte volte, ne sono sicuro,
devono aver fatto un poco innervosire
i superiori della sua congregazione (i
Salesiani) e ad altri vertici della Chiesa.
Per non parlare degli esperti di econo-
mia e sociologia ... Questo sacerdote
crede che il denaro e l'intelligenza sono
cose che provengono dal diavolo, che
i discorsi contorti e le teorie astratte
della teologia e della filosofia non avvi-
cinano l'uomo a Dio, al contrario lo al-
lontanano, e che nemmeno la ragione
è una fattore utile per giungere all'Es-
sere Supremo. Invece di spiegare chi è
l'Essere Supremo, bisogna invece desi-
derarlo, aver sete di lui e, se uno final-
mente lo trova, occorre solamente
lasciarsi allo stupore, a quell'esultanza
del cuore che produce poi un senti-
mento di amore. Odia profondamente
l'avidità ed il lusso, la burocrazia, il red-
ditisimo, le assicurazioni, le pensioni e
crede che, se è necessario fare una cri-
tica nei confronti della Chiesa Cattolica,
allora questa consiste nel fatto di essersi
troppo distaccata dai poveri e dagli
emarginati. Ha una pessima considera-
zione del concetto di proprietà privata.
La parola che più spesso fà capolino
sulla bocca, imbevuta di tenerezza e ac-
cento poetico, senza dubbio è carità.
Crede, e ha dedicato tutta la sua vita a
dimostrarlo, che la povertà deve essere
combattuta a cominciare dalla povertà
stessa, identificandosi con essa e viven-
dola accanto alle persone povere, e che
la chiave per attrarre i giovani alla reli-
gione e a Dio, da cui il mondo attuale
tende ad allontanarci, consiste nel pro-
porre loro di vivire la spiritualità come
un'avventura, donando il proprio tempo,
le braccia, le proprie conoscenze, la pro-
pria vita, nella lotta contro la sofferenza
umana e le grandi ingiustizie di cui sono
vittime milioni di esseri umani.
Gli utopisti ed i grandi sognatori sociali
sono solitamente vanitosi ed autorefe-
renziali, ma il don Ugo, al contrario, è la
persona più semplice che esista sulla
faccia della Terra e quando, con quella
vena di umore che sempre lo contraddi-
stingue, dice: "Mi piacerebbe essere un
bambino, ma credo di essere soprattutto
una persona ribelle e un poco stupidotta"
e... è esattamente ciò che pensa.
La cosa curiosa è che questo religioso,
un poco anarchico e sognatore è, allo
stesso tempo, un uomo di azione, un
realizzatore di grandi opere che, senza
chiedere un centesimo al Governo e
mettendo in pratica le proprie ideolo-
gie peregrine, è riuscito a realizzare a
Chacas e nei paesi limitrofi una vera e
propria rivoluzione economica e so-
ciale. Ha costruito due centrali elettri-
che, canali, depositi che forniscono
acqua e luce al paese e anche ad alcuni
distretti vicini, molte scuole, una clinica
con 60 camere e dotata dei più mo-
derni strumenti clinici e chirurgici, una
scuola per infermeri, laboratori di scul-
tura, falegnameria e design per mobili,
fattorie dove vengono applicati i più
moderni metodi di coltivazione e ven-
gono allo stesso tempo rispettate le
regole ecologiche, una scuola di guide
di montagna, una di scalpellini, di ri-
strutturazione di opere coloniali, una
fabbrica di vetro e laboratori, l'elabora-
zione di finestre, filature, negozi per la
vendita di vari tipi di latticini, rifugi di
montagna, case di accoglienza per
bambini diversamente abili, case di
riposo, cooperative di agricoltori e arti-
giani, chiese, canali di scolo e, que-
st'anno, nel mese di agosto, inaugurerà
proprio a Chacas un centro di forma-
zione professionale.
La lista appena scritta potrebbe sem-
brare una semplice e fredda enumera-
64
SALESIANI 2014

7.7 Page 67

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zione; bisognerebbe però vedere di
persona e toccare con mano tutte
queste opere, così come le molte altre
che sono in fase di realizzazione, così da
potervi davvero meravigliare e, allo
stesso tempo, anche commuoversi.
Com'è stato possibile tutto ciò? Grazie
a quella carità della quale il don Ugo
parla tanto e che da quasi 40anni a
questa parte porta a queste alture
decine e decine di volontari italiani:
medici, ingenieri, tecnici, maestri, arti-
giani, operai, artisti, studenti, ... a la-
vorare gratuitamente, vivendo con i
poveri e lavorando con loro spalla a
spalla, per far sì che la miseria abbia fine.
Ma, soprattutto, restituendo ai conta-
dini la propria dignità e la umanità
che lo sfruttamento, l'abbandono e le
inique condizioni di vita avevano loro
strappato. I volontari e le loro famiglie
si pagano le spese del viaggio, ricevono
vitto e alloggio ma nessun tipo di
stipendio, nemmeno assicurazione
medica o pensione, così che far parte
di questo progetto significa per loro
consegnare il proprio futuro e dei
propri cari all'incertezza più totale.
Con i volontari
Nonostante queste difficoltà, loro ci
sono, i volontari, vaccinano bambini,
scavano canali di irrigazione, costrui-
scono case per i poverissimi a San Luis,
disegnano mobili, vetrate, staue, mo-
saici che saranno poi portati a San
Diego e in Calabria, dando cibo e me-
dicine ai malati terminali nella casa di
Santa Teresita di Pomallucay, costrui-
scono una nuova centrale elettrica,
cucinano i 700 pasti giornalieri che
vengono distribuiti gratuitamente,
fanno formazion a tecnici, artigiani,
maestri, agricoltori, assicurando così un
futuro ai giovani della regione. Uno di
questi giovani volontari si chiamava
Giulio Rocca e lavorava a Jangos, dove
venne assassinato da un commando
del "Sentiero Luminoso·: perchè quello
che lui stava facendo era considerato
un vero e proprio ostacolo alla rivolu-
zione maoista.
Attualmente ci sono 50 volontari a
Chacas e circa 350 in tutta la regione.
Vivono modestissimamente, in comu-
nità quelli che non sono sposati, nelle
fattorie le coppie con figli, mescolati tra
i poveri e, lo ripeto, senza alcun tipo di
salario. I volontari vengono qui a lavo-
rare per 6 mesi, uno, due, tre, dieci
anni ... molti di loro si dedicano a re-
stare o di ritornare più volte; portano i
propri bambini e li tengono qui, in
questa modernissima struttura ospe-
daliera dove chiunque viene curato
paga ciò che può e, se non ha soldi,
viene curato gratuitamente. È diver-
tente vedere questa nube di bambini e
bambine con gli occhi chiari ed i capelli
biondi alla messa delle domenica, me-
scolati in mezzo ai bambini locali e che
cantano in quechua, spagnolo, italiano
e, addirittura, in latino. A molti di questi
volontari io stesso ho domandato se
non avevano paura di pensare al futuro,
al loro e a quello dei propri figli, un
futuro per il quale non hanno alcun
tipo di preoccupazione, a cui non
hanno destinato e messo da parte un
singolo centesimo. Perchè è solamente
a Chacas che ai poveri è sempre assicu-
rato un piatto, un letto dove dormire ed
un medico che possa curarli. In tutti gli
altri luoghi del mondo, dove regnano
quei valori diabolici come li definirebbe
il don Ugo, i poveri invece muoiono di
fame e la gente si gira dall'altro lato per
non guardarli. Qui, al contrario, i poveri
trovano i volontari che lavorano con
"olio di gomito': raccontano barzellette,
sono sempre pronti ad aiutarli, con la
ferma convinzione che ai problemi
economici "Tanto ci penserà la Ma-
donna''. La fiducia e l'allegria sono come
l'aria limpida che sempre si respira qui
a Chacas.
Sono fermamente convinto che, nono-
stante la grandezza morale di don Ugo
e dei suoi discepoli, dell'immenso
lavoro che stanno realizzando in quat-
tro differenti luoghi di missione (Perù,
Bolivia, Ecuador e Brasile), non è questo,
comunque, il modo migliore per arre-
stare del tutto la povertà nel mondo. E
non lo credo perché il mio scetticismo
mi dice che non ci sono in questo vasto
pianeta, sufficienti dosi di idealismo, di-
sinteresse e carità per poter mettere in
pratica delle vere e proprie trasforma-
zioni come, da molti anni ormai, avven-
gono qui. Però come è stimolante
vivere, anche solo per un paio di giorni,
l'esperienza di Chacas e scoprire che,
nonostante tutto, ci sono in questo
mondo egoista uomini e donne che s i �
impegnano ad aiutare gli altri, a fare
n quello che noi chiamiamo "il bene'; e <li
che trovano in questo sacrificio la vera -�
ragione della propria esistenza. Oh, ]
come sarebbe bello se ci fossero così
a tanti tontolotti anche in molti altri paesi m
del mondo ... mio carissimo ed ammi-
ratissimo don Ugo! -tff.j
SALESIANI 2014
65

7.8 Page 68

▲back to top
CITTADINI
ur
al servizio della gioventù
La Famiglia Salesiana è una comunità carismatica, è
una realtà ecclesiale estesa in tutto il mondo. La
Famiglia Salesiana, alla qualejànno capo trenta
gruppi di religiosi, consacrati e laici, è coordinata a
diversi livelli: mondiale, regionale, nazionale,
ispettoriale e locale. llmità e /animazione di ogni
gruppo è sostenuta ed incrementata dalla Consulta
della Famiglia Salesiana, che si incontra ogni anno e
propone leprincipali linee di animazione. Ilfattore che
garantisce l'unità di questa grandefamiglia è il Rettor
Maggiore, successore di Don Bosco. Egli è il padre
spirituale della Famiglia Salesiana; la sua è una
funzione animatrice epromotrice, che tesse l'unità e
assicura, nella varietà delle vocazioni specifiche, la
fedeltà allo spirito ed alle iniziative suggerite, attraverso
il loro coordinamento.
_I __
di José Pastor Ramfrez
D on Juan Vecchi, ottavo successore
di Don Bosco e Rettor Maggiore
dei Salesiani, un po' arditamente para-
frasava l'articolo 2 delle Costituzioni
Salesiane e diceva che la Famiglia
Salesiana è "un insieme di battezzati,
riuniti in gruppi distinti e collegati dalla
comune risposta allo Spirito del
Signore, per vivere nella Chiesa una
spiritualità originale e realizzare un pro-
getto apostolico per la salvezza dei
giovani a rischio''. "Nella mente e nel
cuore di Don Bosco dunque la Fami-
glia Salesiana è UNA! !.'.unità di questa
Famiglia ha dunque le sue radici nello
spirito comune e nella missione di ser-
vizio ai giovani.
La "Carta d'Identità della Famiglia Sale-
siana"- documento che contiene i tratti
identificativi dei gruppi che si ispirano
al carisma di Don Bosco - all'art.44 af-
ferma che uno dei criteri essenziali per
riconoscere un nuovo gruppo è:"la con-
divisione dello spirito, del metodo edu-

7.9 Page 69

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����
..
cativo e dello stile missionario, nonché
del patrimonio spirituale e pedagogico
di Don Bosco''. L'aspetto pedagogico
non è dunque un optional, ma è un ob-
bligo per la Famiglia Salesiana.
Nella Consulta Mondiale della Famiglia
Salesiana i gruppi condividono i pro-
getti e le attività che svolgono e si nota
come ciascuno di essi, pur avendo una
specifica missione, rispecchia allo
stesso tempo il "patrimonio spirituale e
pedagogico di Don Bosco''.
Per spiegare quanto affermato diamo
quindi alcuni esempi concreti di alcuni
gruppi della Famiglia Salesiana - uno in
Africa (Johannesburg) e due in America
(Brasile e Venezuela) - nei quali si con-
stata con molta chiarezza la vivacità e
la dinamicità del carisma salesiano.
A Ennerdale, vicino a Johannesburg, il
23 maggio 2013 è stata inaugurata la
scuola tecnica Laura Vicuria, gestita da
un'équipe della Famiglia Salesiana:
Salesiani di Don Bosco, Figlie di Maria
Ausiliatrice e Salesiani Cooperatori. Il
centro educativo è stato costruito e
sarà sostenuto per un triennio da di-
verse ONG Europee. L'amministra-
zione economica è portata avanti
dai Salesiani Cooperatori, la gestione
generale dai salesiani e dalle salesiane.
La direzione del centro educativo è as-
sunta a turno, per un sessennio, da una
Figlia di Maria Ausiliatrice e da un
Salesiano. La scuola, che ha tra gli inse-
gnanti molti Exallievi di Don Bosco ed
Exallieve delle Figlie di Maria Ausilia-
trice, accoglie circa settecento allievi e
allieve con un'ampia scelta di corsi: sal-
datura, falegnameria, elettricità, tap-
pezzeria, sartoria, cucina, arredamenti,
arte bianca, ristorazione.
In Venezuela l'Associazione delle Dame
Salesiane si dedica alla formazione so-
ciale dei giovani, all'educazione in ge-
nerale, alla salute e alla promozione
della donna. Portano avanti progetti
sanitari a favore dei più poveri. A Alta-
mira gestiscono il "Complesso Sociale
Don Bosco" con circa 600 pazienti e di-
versi servizi: medicina generale, cardio-
logia, laboratorio di analisi, farmacia,
gastroenterologia, neurologia, derma-
tologia, e altri. Le Dame Salesiane sono
un'organizzazione di donne cattoliche,
laiche, impegnate nella società civile e,
con i loro progetti, ogni anno raggiun-
gono più di cinquecentomila persone.
Cançào Nova è un movimento di laici,
nato in Brasile. Oggi conta circa 1.300
membri, tra cui 40 sacerdoti, 30 celibi e
laici consacrati. Il suo carisma è favorire
l'espressione personale nellincontro con
Gesù Cristo, con la forza ed efficacia
dello Spirito Santo; la missione è di "evan-
gelizzare, comunicare Gesù e la vita
nuova che Lui ci ha portato; la finalità è
la formazione di uomini e donne nuove,
capaci di adoperarsi per un mondo
nuovo mediante l'evangelizzazione della
società contemporanea, secondo le
prospettive indicate dalla esortazione
apostolica 'Evangelii Nuntiandi'. La co-
munità Cançào Nova è oggi estesa in
tutta lì\\merica del Sud e l'Europa.
La sua missione si realizza tramite la co-
municazione sociale: Radio, Televisione,
Internet, Web TV, Riviste. Isuoi membri
sono attivi anche nell'area sociale con
dispensari medici, accoglienza per i
pellegrini, il progetto "Generazione
Nuova" per giovani a rischio. Per offrire
ai giovani una formazione qualificata
hanno creato l'Università Cançào Nova
e per un cammino spirituale propon-
gono incontri e ritiri spirituali. Molti
sono i programmi d'intervento che
gestiscono: "Famiglie in piedi''. "Vieni
adesso·; "Rivoluzione Gesù''. "Abbatti il
peccato" e "YouCat School''.
La missione giovanile e popolare di Don
Bosco è la motivazione aggregante e la
ragion d'essere della Famiglia Salesiana.
Tutta la Famiglia Salesiana è correspon-
sabile del servizio ai giovani. Ciò
comporta la necessità di coinvol-
gere sempre di più, in un progetto, per-
sone e gruppi che lavorano sullo stesso
territorio con la loro relativa autonomia.
Ovunque sia un giovane a rischio, ecco,
lì c'è spazio per la Famiglia Salesiana ffl-J
SALESIANI 2014
67

7.10 Page 70

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Questa è una grande responsabilità,
spiegare al mondo come vivere"l'es-
sere salesiano" in famiglia, ma credo che
molte famiglie possano raccontare la
stessa storia, e credo inoltre che vada
fatto di più.
Questo sistema fa parte dell'ambiente della
casa, delle nostre relazioni. Non possiamo
farne a meno, è parte del nostro modo di
vivere.
Tre è poco
Un sistema, senza un sistema
Nella nostra casa l'amore, la ragione e la
fede si respirano in ogni singolo movi-
mento anche se non ci si è mai fermati ad
analizzarlo come si fa a scuola, ... è un "si-
stema senza sistema"perché"è stato mano
mano incorporato"fin dal momento che
Txemari e io ci siamo sposati, il 4 luglio
1998.
Siamo entrambi Salesiani Cooperatori, e lo
eravamo già prima di sposarci. Gesù è al
centro delle nostre vite e sono stati i
salesiani che, da giovani, ci hanno fatto co-
noscere la figura di Don Bosco e che ancora
oggi ci sono accanto, come una vera fami-
glia.
Il nostro appartamento non è molto
grande, e spesso ci veniamo solo per dor-
mire perché la nostra vita è fuori dalle quat-
tro pareti domestiche. Ci è impossibile
concepire la vita noi tre soli.
È importante il riferimento al gruppo dei
cooperatori, formato da altre famiglie
come la nostra, con altri bambini che
vivono e crescono come lo sta facendo la
nostra Marta, tutti insieme.
Non possiamo poi dimenticare le nostre fa-
miglie, i nostri genitori. Essi, grandi prota-
gonisti di quello che noi siamo ora,
responsabili della nostra fede perché sono
stati loro a mettere il seme ... senza di
questo oggi non vivremmo quello che

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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Abitiamo a Pamplona, una
delle città più piccole della
Spagna. Siamo in tre:
Txemari (papà), Marian
(mamma) e Marta (figlia). La
nostrafamiglia non è diversa
da tante altre che vivono
attorno a noi, in una società
occidentale e secolarizzata,
dove lafede è stata
ampiamente rilegata a un
ambito privato. Facciamo del
nostro meglio per vivere la
nostrafede e dimostrarla,
fermamente convinti che
l'abbiamo ricevuta in dono dai
nostrifamiliari e dai Salesiani.
di Marian Serrano
stiamo vivendo. Sono stati loro a "pre-
sentarci" Gesù. Poi, in seguito, sono ar-
rivati i Salesiani ... loro hanno trovato
un terreno fecondo e hanno coltivato
della buona terra. Non che ci sia biso-
gno di dirlo, ma ... ogni tanto qualche
modifica è stata sì necessaria.
Non va dimenticata la comunità sale-
siana della nostra città, i nostri fratelli
che ci hanno sempre fatto sentire esat-
tamente così: dei fratelli.
Altre famiglie che vivono come noi ma
in altri paesi, che conosciamo fin da
quando eravamo giovani e con le quali
siamo in continuo cammino per mi-
gliorarci.
Etante altre persone che la vita ci ha
dato la fortuna di conoscere, che ci
fanno crescere e poter portare a casa
la vita, la fede, ...
Siamo fortunati, i gruppi a cui parteci-
piamo sono numerosi, con profonde
relazioni che rendono la nostra vita
molto ricca, completa. Ciò fa in modo
che quando torniamo nelle "nostre
quattro mura" la casa diventi un luogo
di pace, d'incontro, di dialogo, di vita
comune, di progetti, un luogo per pre-
gare, per offrire ...
A partire dal giorno O
Abbiamo sempre avuto la convinzione
che Marta dovesse vivere quello che
per noi era importante, in tutti gli
ambiti della vita e ovviamente non ci è
possibile separare da questo la nostra
esperienza di fede.
Ogni cultura ha le sue caratteristiche: la
nostra, attualmente, ha caratteristiche
assai marcate di società secolarizzata, di
spazi riservati, nei quali i bambini deci-
dono quello che saranno da grandi,
oggi l'unica cosa che gli importa è gio-
care, divertirsi, non pensare ... sola-
mente consumare. In alcune occasioni
ci lasciamo trascinare, è difficile non
farlo ... in altre invece ci riveliamo...
Ed anche così, vivendo questa contrad-
dizione, ci è sempre stato chiaro il desi-
derio di voler mostrare a nostra figlia il
nostro modo di intendere la vita, come
ho già detto prima, non in maniera siste-
matica, ma piuttosto attraverso gesti,
azioni, esperienze... non esiste un pro-
gramma fisso come a scuola, è tutto
spontaneo, come la vita stessa.
E come?
» Pregando tutti i giorni, più volte
al giorno. In modo particolare ringra-
ziando e pregando per le persone
che ci stanno attorno, per quelle che
hanno bisogno. Eanche per i nostri
progetti, lavori ... preghiamo Maria
Ausiliatrice e Gesù.
» Con molti abbracci e tanto affetto.
Con molte attività da svolgere in-
sieme. Condividendo la nostra vita
con gli altri.
» Insegnando loro a sviluppare le pro-
prie capacità, dando spazio alla crea-
tività e mostrando l'importanza di un
lavoro ben fatto, di assumere le pro-
prie responsabilità ... in ogni mo-
mento e adeguato all'età.
» Parlando tanto, tanto ... offrendo di-
versi punti di vista, ascoltando gli
altri. Facendo domande e rispon-
dendo. Cercando di non lasciare
le domande senza risposta, evitando
le strade morte. Arrivando ad ac-
cordi, ragionando sulle decisioni.
Chiedendo scusa per i propri errori.
Insegnando a ringraziare, a chiedere
scusa, ad assumere le responsabilità,
a pensare agli altri, ai propri compa-
gni, insegnando a chiedere aiuto e a
offrirlo.
Marta ha già 12 anni, è nel pieno del-
l'adolescenza, e da qualche parte ho
letto che quello di cui ha bisogno lei e
i coetanei è "Più affetto, pazienza, ra-
gione, successi; meno difetti, scioc-
chezze, meno momenti di confusione,
più esempi e verità". Siamo convinti di
questo, del nostro metodo: è quello
che ha usato Don Bosco; sua madre
Margherita è la nostra colonna por-
tante; Gesù, il nostro abbraccio, in
Maria Ausiliatrice ffl')
SALESIANI 2014
69

8.2 Page 72

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CITTADINI
I _1 _____ :
L'Oratorio San Luigi
cffl®ili)
Casa per i giovani
J.:8 dicembre 1847 Don Bosco inizia la sua attività nella
zona chiamata Porta Nuova (ora San Sa/vario) aprendo
il secondo oratorio afavore deigiovani immigrati,
provenienti dalle campagne piemontesi, desiderosi di
trovare unfuturo nella Torino sabauda che si stava
ingrandendo. E' l'unico oratorio nella storia di Don
Bosco che non nasce su un invito specifico di unàutorità,
religiosa o civile che sia, ma direttamente dai ragazzi.
Sono igiovani che si recano da Porta Nuova a Valdocco
e da lì portano Don Bosco a conoscere la loro realtà di
miseria, di solitudine, di precarietà.
di Mauro Mergola
Da allora fino ad oggi il San Luigi ha
mantenuto la sua identità di una
casa per giovani, soprattutto immigrati,
in cerca di accoglienza, di formazione e
di futuro.
Si sono susseguiti nel tempo numerosi
santi che hanno seguito Don Bosco
come il beato don Michele Rua, San
Leonardo Murialdo, San Luigi Guanella,
il beato Faà di Bruno, il venerabile don
Cimatti, San Callisto Caravario, il beato
Filippo Rinaldi, il beato Piergiorgio Fras-
sati. E' interessante che per ciascuno il
passaggio al San Luigi abbia connotato
la propria vita vocazionale al seguito del
Signore e una dedizione più approfon-
dita ad un aspetto della condizione gio-
vanile.
Si sono susseguite anche numerose
ondate migratorie da quella regionale,
a quella nazionale, fino a quella mon-
diale, che tuttora coinvolge la vita del-
l'Oratorio.
70
SALESIANI 2014
Attualmente l'oratorio si sviluppa su
tre fronti principali:
a) l'attività educativa e sociale per i ra-
gazzi 6-20 anni. Provengono da 40 na-
zionalità diverse, di religioni diverse
(cattolici, evangelici, musulmani, indù,
ortodossi), molti ormai nati in Italia,
spesso figli di famiglie divise e allar-
gate o di madri sole, bisognosi di un
accompagnamento educativo, so-
ciale e formativo personalizzato. A
loro favore si awiano progetti di inter-
vento in rete con servizi sociali, scuole,
altre agenzie educative. Le principali
iniziative riguardano il sostegno sco-

8.3 Page 73

▲back to top
Lo scopo è aiutarli ad avere tutti i
requisiti per essere onesti cittadini,
aiutandoli allo sviluppo della loro
coscienza nella ricerca del bene
anche attraverso la loro
appartenenza religiosa islamica.
h t t p //sanluigitonno.wordpress.com/
lastico, la proposta sportiva, la forma- essere all'altezza di quanto chiede la della peer education, educazione tra
zione alla vita cristiana, servizi a soste- società torinese oggi;
pari, spesso utilizzata, anche da Don
gno della genitorialità;
e) terzo ambito è il servizio di educativa Bosco, tra coetanei della stessa terra
b) altro ambito è il centro di acco- di strada. Esiste dal 2007 ed è nato e religione, e che qui invece viene
glienza di minori stranieri non ac- nel momento in cui i Salesiani e gli proposta da giovani di religioni e na-
compagnati. E'un servizio educativo educatori hanno intercettato nume- zionalità diverse ai propri pari, speri-
e sociale avviato nel 2005 in conven- rosi minori stranieri presso i Murazzi mentando la gioia di dare ad altri
zione con il Comune di Torino me- del Po e il parco del Valentino facile quanto ricevuto dagli educatori
diante il quale l'oratorio accoglie 12 preda di bande criminali dedite allo dell'Oratorio stesso.
ragazzi minorenni presentati dall'Uf- spaccio o all'estorsione. Con l'aiuto di d) I principi fondamentali che animano
ficio minori stranieri del comune pro- un camper alla sera gli educatori cer- l'Oratorio in questo contesto varie-
venienti da varie nazioni, soprattutto cano di incontrare questi ragazzi col- gato e complesso si riassumono
dal nord Africa e dall'Africa nera, tivando la loro fiducia e stima per poi nella consapevolezza che nessun ra-
senza figure adulte di riferimento. eventualmente proporre percorsi di gazzo è straniero, è"straniero"chi non
Sono in affido al direttore dell'orato- inserimento sociali alternativi. Ogni condivide la mentalità dell'oratorio e
rio e per loro l'oratorio è la loro casa giorno gli educatori presidiano una ciascuno è accolto per quello che è;
fino al compimento dei 18 anni, il postazione fissa al parco del Valen- l'educazione è già evangelizzazione
don è il loro "padre': gli educatori i tino, in cui offrono l'esperienza del- in quanto dare opportunità di vita ad
loro "fratelli''. Lo scopo è aiutarli ad l'Oratorio che nasce dalla relazione, un giovane, dare senso alla vita è av-
avere tutti i requisiti per essere onesti dall'interessarsi alla loro vita, dal dare vicinare ogni persona a Cristo; a eia-
cittadini, aiutandoli allo sviluppo loro strumenti culturali, come l'ap- scun giovane va offerto ciò che
della loro coscienza nella ricerca del prendimento della lingua italiana, o realmente gli fa bene accettando
bene anche attraverso la loro appar- professionali, come l'accompagna- anche il limite di tirarsi indietro e di
tenenza religiosa islamica e soste- mento in percorsi pre-professionali o orientare verso altre realtà più com-
nendoli in un percorso di formazione di inserimento lavorativo. Uno dei petenti qualora non abbiamo le
all'orientamento al lavoro per poter frutti di questa realtà è l'applicazione competenze; l'intervento dell'orato-
rio è unitario come progetto, è diver-
sificato come itinerario, poiché molte
sono le tipologie di persone e di ne-
cessità.
In questi ambiti dell'Oratorio sono im-
pegnati i Salesiani, 8 educatori, volon-
tari a vario titolo e modalità. Questa
nostra esperienza costituisce per la fa-
coltà di scienze dell'educazione sede
di tirocinio per studenti universitari,
quindi occasione per chi è stato lon-
tano dalla realtà ecclesiale di avvicinarsi
e di scoprire una modalità particolare
di Oratorio -rif.
SALESIANI 2 0 1 4
71

8.4 Page 74

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CITTADINI
I
Gli Ex-allievi
La consolazione di Don Bosc
coinvolgimento pedagogico degli ex-allievidelle scuole salesianenel mondo
La Confederazione Ex Allievi di Don Bosco è uno dei rami della Famiglia
Salesiana, ma non ha un 1ondatore ufficiale". Come scrisse una volta don Ceria,
è nata "dallaforza delle cose che trovano leproprie origini e la vita in cause
naturali e spontanee", e scaturisce dallo spirito difamiglia del sistema preventivo,
nello stesso modo in cui si poteva sperimentare alloratorio di Valdocco.
di José Pastor Ramfrez
11sistema educativo di Don Bosco con-
sisteva nel "farsi amico" l'allievo, adot-
tare il linguaggio del cuore e fare del
ragazzo non sono un obiettivo, ma un
compagno.Tutto questo produce pro-
fondi cambiamenti nel comporta-
mento e può far raggiungere, come in
Domenico Savio, il top della santità e
una comunione d'ideali e sentimenti tra
giovane e educatori che dura per tutta
la vita. Il clima positivo di condivisione,
gioia, amicizia che i giovani "respirano"
da diversi tipi di culture e circostanze so-
ciali, ha in se stesso il potere di creare tra
insegnante e allievo un tipo di relazione
spirituale con legami di apprezzamento
comune, affetto, ideali che saranno
condivisi per sempre.
Gli ex allievi di Don Bosco si basano sull'
"educazione ricevuta" e si impegnano a
continuare su questa strada. Sono chia-
mati a mettere in pratica i valori cristiani
e umani che sono stati loro trasmessi.
Gli ex allievi si trovano in ogni parte del
mondo e in ogni tipo di ambiente; ovun-
que si trovino hanno due chiare idee"Sono
sicuro che seguirai questa strada per la
consolazione di Don Bosco'' e "agisci così
che la gente, chiedendoti chi sei, possa
meravigliarsi nel sentire la seguente rispo-
sta: è uno dei giovani di on Bosco'.
Gli ex allievi sentono il dovere morale di
"restituire" ciò che hanno sperimentato
e ricevuto all'interno di una casa sale-
siana; ciò significa che hanno capito che
sono chiamati a far sì che !"'educazione
ricevuta" porti buoni frutti. Sparsi per il
mondo, infatti, si possono trovare ex al-
lievi che lavorano nella società, nelle
case salesiane, nelle diocesi e in diversi
ambiti sociali come, per esempio, mini-
stero dell'educazione, dell1mmigrazione,
nei programmi per l'alfabetizzazione,
con i giovani di strada, nella promozione
del lavoro femminile, etc.
Se ci soffermiamo solamente all'area
pedagogica e della salute, gli ex allievi
in tutto il mondo hanno molte "meda-
glie d'oro''.
Spagna: "Piattaforma sportiva salesiana

8.5 Page 75

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di Malaga"e"Centro per l'attenzione e il
supporto sociale e educativo" di Puer-
tollano. li primo coinvolge 180 giovani
e le loro famiglie. Lo sport è una vera e
propria calamita per attrarre i giovani. li
numero dei partecipanti è cresciuto
molto con il passare degli anni, così
come il riconoscimento sociale del loro
lavoro. Da un semplice club sportivo è
diventato un vero e proprio punto di ri-
ferimento non solo per i giovani, ma per
tutti i cittadini di Malaga.
li "Centro per l'attenzione e il supporto
sociale e educativo" a Puertollano,
invece, offre un buon servizio di forma-
zione di personale per il tempo libero.
Le varie attività culturali hanno come
scopo l'integrazione giovanile nella so-
cietà. Il progetto, ideato da un gruppo
di ex allievi, è portato avanti già da 5
anni in cooperazione con i salesiani e
coinvolge preadolescenti e adolescenti
dai 6 ai 12 anni che hanno seri problemi
di adattamento a un tipo di educazione
formale.
Guatemala: il centro tecnico"Bartolomè
Ambrosio" conta più di 500 allievi. Sono
tutti ragazzi di strada cui sono offerti
corsi per tecnici di computer, elettrodo-
mestici, saldatori, carpentieri, lavoratori
di metalli. Aiutare i giovani svantaggiati
a inserirsi nel mondo del lavoro è una
priorità per questo gruppo di ex allievi
dell'America Centrale, che ha anche
dato vita alla "Fondazione Alberto Mar-
velli"che supporta questa e altre attività
per i più bisognosi.
Calcutta (India): progetti di solidarietà
nei campi dell'educazione e della salute.
Il St John Bosco College offre corsi di
scuola serale a più di 250 allievi. Uno dei
più significativi è destinato alle giovani
donne arrivate in città in cerca di lavoro
e che dunque non hanno modo di fre-
quentare le scuole durante il giorno. È
stata anche aperta una clinica per fami-
glie con problemi economici. Due volte
al mese, di sabato, vengono eseguiti
controlli ed esami gratuiti per diagnosti-
care osteoporosi, problemi cardiaci, pro-
blemi alla vista e conseguente dono di
occhiali. Sono circa 2600 le persone che
ogni anno godono di questo progetto,
portato avanti da un gruppo di 25
insegnanti e dottori, tutti ex alunni, che
vogliono offrire i propri servizi gratuita-
mente a persone meno fortunate di
loro. li gruppo di professionisti è coordi-
nato da un presidente, che è anche il de-
legato dell'Unione Ex Allievi del St John
Bosco College di Calcutta.
Gli ex allievi sono convinti di poter
essere"la consolazione di Don Bosco"e
"che le persone li riconosceranno come
figli di Don Bosco" solo quando i pro-
getti come quelli fin qui elencati di mol-
tiplicheranno, a centinaia, in tutto il
mondo. Sono convinti che è questo il
modo migliore affinché !'"educazione
ricevuta" nei centri salesiani porti tanti
buoni frutti -ri-

8.6 Page 76

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CITTADINI
Un docu-fiction
I I
storia dellèsperienza educativa di
popolazioni indigene e non solo digiovani - le
note reducciones salesiane dell'isola Dawson e della
Candelaria nella Terra del Fuoco sulfinire del secolo XIX - si
può raccontare in tanti modi: con rigorosi studi storici, attente
ricerche antropologiche, illuminanti documentari geografici, seri
reportagegiornalistici, intriganti romanzi davventura ecc... Una
modernaJòrma di racconto è invece la docu-.fiction. Ne
presentiamo una, A sud del sud, quella che un team di 5
persone (uno sceneggiatore, un regista, due attori, un
consulente) hanno realizzato e messo a
disposizione nelle diverse lingue.
di Francesco Motto
Ow iamente ci voleva un'occasione
per raccontare una storia passata.
E questa è stata trovata nella necessità
di non lasciar cadere in oblio un cen-
tenario ecclesiale e salesiano estre-
mamente significativo: il 21 dicembre
1913 i salesiani di Punta Arenas (Cile)
avevano posizionato una grande croce
sull'estrema punta meridionale del
continente americano: esattamente
sul promontorio di Capo Froward che,
lungo lo stretto di Magellano, separa i
due oceani. Quella croce lassù e laggiù
realizzava una catena di profezie bibli-
che: "E dominerà da mare a mare/ dal
fiume fino ai confini della terra''. Capo
Froward è stato il luogo di arrivo di un

8.7 Page 77

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ininterrotto fiume di parole scavato
come un tunnel sotterraneo attraverso
16 secoli di libertà religiosa dopo
l'editto di Costantino (313).
Trovata l'occasione, ci voleva il conte-
sto. Ed ecco allora che all'origine di
quella croce apposta proprio alla dolo-
rosa fine del "sacro esperimento" del-
l'isola Dawson, si scopre Don Bosco ed
i sogni missionari, che lo avevano por-
tato fino a quelle terre abitate da indios
rimasti isolati per millenni. I Salesiani,
giunti colà ancora vivente Don Bosco
(1887), si erano dati anima e corpo alla
loro educazione, che nella fattispecie
assumeva il nome di "civilizzazione ed
evangelizzazione''.
Ci voleva poi l'ambiente geografico, e
questo è stato recuperato con i 20
giorni di riprese sui desolati territori
magellanici e del canale di Beagle (non
lontano da capo Horn), sognati da Don
Bosco, percorsi da don Fagnano e dai
primi eroici missionari salesiani, ma vi-
sitati dal famoso antropologo Charles
Darwin nel suo viaggio intorno al
mondo nel 1832,
Ci voleva ancora il contesto socio-cui-
turale laico è questo è stato rinvenuto
negli scritti dello stesso padre dell'evo-
luzionismo, che negli indios di quelle
terre "maledette" aveva individuato
l'anello mancante nell'evoluzione fra
l'animale e l'uomo, giustificando in
qualche modo il loro lucido genocidio
da parte di avventurieri ed estancieros
senza scrupoli.
Infine ci voleva una storia avvincente
da raccontare, e questa è stata co-
struita attorno a due personaggi: un
adulto che, malato, vuole vedere la
Croce di Capo Froward, realizzando
così un ricordo infantile di quando era
allievo aValdocco, e un giovane attore
che, seguendo le orme di suo padre
"alla fine del mondo''. vuole realizzare
un film sui luoghi di Darwin.
I due personaggi s'incontrano quasi
alla fine del loro lungo e solitario viag-
gio in Patagonia, si raccontano la loro
storia e l'adulto convince il giovane a
proseguire il viaggio insieme fino alla
croce. Durante l'ultimo tratto l'amicizia
iniziale si fa scontro di idee: fra la
scienza (giovane) e la fede (adulto), fra
il primato di una visione idealistica
della vita, alimentata da una grande fì-
ducia nella ragione e nella scienza
capace di risolvere le contraddizioni
del mondo e dare un senso compiuto
all'esistenza umana e il primato di
una visione più realistica e dramma-
tica dell'uomo adulto che vede una
grande superficialità in questo modo
di ragionare.
La difficile amicizia fra i due protagoni-
sti del film si nutre poi anche di reci-
proche confidenze che essi si fanno
lungo il viaggio. Ognuno ha un se-
greto da rivelare all'altro. Lo lasciamo
scoprire agli spettatori, così come la
drammatica conclusione del film, da
leggere non tanto in chiave realistica,
quanto in chiave simbolica, alla stregua
della Croce, simbolo religioso per chi
ha fede, ma anche segno di un insop-
primibile contatto fra cielo e terra per
chi non l'avesse.
Storicamente resta il fatto che la pio-
nieristica esperienza salesiana di edu-
cazione collettiva di un popolo - che
la docu-fìction A sud del sud trasti-
gura e rielabora filmicamente in
immagini e parole - è portatrice di
una valenza: se l'entusiasmo iniziale
poteva suggerire il confronto con le
reducciones dei gesuiti nel Paraguay,
il suo triste epilogo dimostra invece
quanta generosa utopia albergava
nel cuore di quei missionari salesiani,
generosi all'inverosimile, ma ignari
dei danni che il progresso occiden-
tale, il loro, stava inesorabilmente in-
fliggendo alla civiltà degli indios, fino
alla loro completa estinzione. Un pa-
trimonio storico, questo, i cui segni
materiali sono destinati a sparire, se
non si provvede rapidamente alla
loro salvaguardia * J
SALESIANI 2014
75

8.8 Page 78

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'A casa mia non céra sempre la possibilità di mangiare, di avere dei bei
vestiti, nonostante /aiuto di mio padre che comunque non si assumeva
grandi responsabilità, e avevo poco rispetto di lui". Questa è la
testimonianza di Pablo Castaneda, dodicenne che partecipa al
progetto "Bambini e adolescenti della strada" e aggiunge: "Non ho
molto da dire di me stesso ma quel che so è che nel mio cuore cè un
gran senso digratitudine per la Ciudad Don Bosco, non solo per quello
chefanno ognigiorno per noi, ma perché da quando sono arrivato
qua, mi sento come se, oltre a mio padre e alla mia verafamiglia, qui
ne avessi unàltra,formata da centinaia di persone tra cui salesiani,
insegnanti, amici e, ovviamente, la mia mamma adottiva, la ''mia
mamma Vergine Maria".
dell'lspettoria San Luigi Beltrando
Estato
siano
stimato che in
11.000 bambini
Colombia ci
e adolescenti
in balia delle bande illegali armate. Fino
ad ora circa 5.000 sono riusciti a sfug-
gire a questa situazione in un modo o
nell'altro; di loro se ne sta occupando
il Governo o altre istituzioni specializ-
zate in quest'ambito, con il supporto
delle organizzazioni internazionali.
I Salesiani, che si trovano a Medellfn
(Colombia) dal 1915, hanno iniziato
la loro missione con i giovani di
strada nel 1930; dal 1970 l'ispettoria
ha focalizzato le proprie energie sui
diversi tipi di povertà che i bambini
di strada possono vivere, così come
sulla vulnerabilità dei loro diritti
umani: vita di strada, lavoro minorile,
negligenza, abusi fisici, sessuali e psi-
cologici, povertà estrema e recluta-
mento forzato.
Dal 2001 le varie attività dei salesiani,
sulle cui spalle c'erano già più di 50
anni di esperienza con i ragazzi di
strada, sono diventate un programma
unico con il governo colombiano ri-
volto ai giovani con meno di l 8anni
che avevano abbandonato i gruppi
armati, unità di guerriglia e bande cri-
minali. Se non lo avessero fatto, sareb-
bero di sicuro stati catturati in battaglia
e probabilmente imprigionati.
Come quella di Pablo, che partecipa a
questo programma, anche tutte le
altre storie portano in sé dolore e soffe-
renza; quello che, però, ora hanno in
comune è la speranza, l'amore e l'edu-
cazione ricevuta grazie al sistema pre-
ventivo di Don Bosco.
"Mi dispiace non essere stato con la
mia famiglia, di non aver avuto un'in-
fanzia come quella di tanti altri bam-
bini e che avrei dovuto avere: che
brutto aver perso tutto questo!".
Queste le parole di Hector Yurumf, ra-
gazzo di 1Oanni di una famiglia di con-
tadini, obbligato a fare il soldato con la
minaccia che altrimenti avrebbero
ucciso tutta la sua famiglia. Èstato con
76
SALESIANI 2014

8.9 Page 79

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una di queste bande per 6 anni, nella
giungla della regione di Putumayo,
anni in cui è stato costretto a uccidere
centinaia di persone, tra cui un bam-
bino che era stato suo compagno di
scuola e vicino di casa.
Hector, che ha sempre sognato di ritor-
nare da sua madre, a scuola e nella sua
famiglia, stava ormai seppellendo i
propri sogni nella giungla poiché, vista
la situazione, era sempre più chiaro
che"questo sogno non si sarebbe mai
realizzato''. la sua vita segnata e che
nessuno l'avrebbe mai cambiata; fino
a quel famoso giorno in cui, incon-
trando uno dei suoi amici al fronte, par-
lando dei propri sogni, che erano gli
stessi di Hector, entrambi hanno
deciso che era loro diritto avere una
vita normale e una famiglia. Entrambi,
insieme con un altro amico, hanno
quindi iniziato a pianificare la fuga. Il
giorno arrivò: c'era una battaglia con
l'esercito nazionale e, come avevano
pianificato, nel bel mezzo della confu-
sione, si sono staccati dalla loro unità,
si sono nascosti nella giungla per due
giorni e, trovato l'esercito, gli si sono
arresi.
Dopo alcuni processi legali e il ricono-
scimento di essere stato vittima delle
bande, Hector è arrivato al Centro de
Atenci6n Especializada (CAE) presso la
Città Don Bosco, che si occupa di ra-
gazzi dai 14 ai 18 anni che hanno ab-
bandonato i gruppi armati. Il centro li
aiuta a diventare autonomi e a reinte-
grarsi in famiglia, nel lavoro e nella so-
cietà grazie al sistema preventivo di
Don Bosco. Li prepara al lavoro e si
awale di un ruolo interdisciplinare che
si instaura tra di loro e le famiglie.Tutto
questo aiuta anche nella crescita per
un futuro migliore dell'intera nazione.
"Ho fatto un corso di falegnameria, poi
ho lavorato in molte ditte fino a un
anno fa, quando ho deciso di fondare
la mia personale azienda con il nome
di "Mobili di confort''. Non mi è mai
mancato il lavoro e le cose, grazie a
Dio, vanno molto bene. Spero che il
mio business cresca sempre più e che
la mia ditta diventi sempre più grande''.
E come Pablo e Hector, centinaia di
bambini, ragazzi e ragazze, hanno be-
neficiato di vari programmi realizzati
dall'ispettoria San Luigi Beltrando di
Medellfn (Colombia). !.'.impatto è di
tipo olistico, si dà attenzione ai bisogni
di base, si aiuta i giovani dando loro
educazione e preparandoli al lavoro,
tutto questo con attività educative,
ricreative e culturali e grazie a un ac-
compagnamento personalizzato, at-
tento sia alla salute fisica sia mentale,
alla pedagogia e alla nutrizione. Tutto
questo si basa sul sistema educativo
inventato da Don Bosco, sempre più
importante anche al giorno d'oggi e
che permette ai salesiani in tutto il
mondo di affermare che oggi, così
come ai tempi del loro padre fonda-
tore, è possibile che i giovani realizzino
i propri sogn!m

8.10 Page 80

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CITTADINI
I
Lattenzione alle missioni salesiane in Europa
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I
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La radice della mia vocazione missionaria è
stata l'oratorio
Sogno di essere un missionario salesiano soprattutto
perché son molto felice di lavorare qui con i giovani del-
l'oratorio; sono stati proprio loro, i giovani, a fare crescere
in me questa vocazione alla missione.
Mi chiamo Pedro Mario e sono un salesiano coadiutore
messicano. Sono qui nell'ispettoria Belgio Nord-Olanda
già da un anno e mezzo. Lavoro nella casa di Amsterdam.
Ho passato molto tempo a studiare l'olandese, a impa-
rare e a capire la cultura locale, cosa assai importante per
il mio lavoro missionario. Ci sono grandi sfide in una
società secolare che cerca di escludere Dio dalla propria
vita, ma credo che sia una buona opportunità per la
comunità salesiana quella di offrire ai giovani il Vangelo
della gioia e di portare tanti cuori a Gesù Cristo.
Quando parlavo ai confratelli della mia ispettoria della
vocazione a una missione "ad gentes': di solito la loro
prima reazione era:"Perché? Ma non sei felice qui?': e la
mia risposta di conseguenza: "Voglio essere un missio-

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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A partire dal 1988 un tema
missionario è proposto a tutta la
Congregazione salesiana. Nell'anno
2014 /'attenzione della GMS ritorna
in Europa con il tema de/l'impegno
salesiano per i migranti nelle 28
ispettorie del Progetto Europa.
li tema - "Gli altri siamo noi!
l'attenzione ai migranti e la missione
salesiana in Europa" riporta le storie
reali di sette diverse opere per i
migranti da Stoccolma in Sveziafino
a le6n in Spagna.
Qui ci sono due storie aggiuntive di
Salesiani che ora lavorano per i
migranti in Progetto Europa.
di Pedro Mario a n d Lukasz Nawrat
nario salesiano soprattutto perché son molto
felice di lavorare qui con i giovani dell'oratorio;
sono stati proprio loro, i giovani, a fare crescere
in me questa vocazione alla missione''.
La mia vocazione è iniziata con un mix di dubbio
e curiosità, ma è poi cresciuta e maturata gra-
dualmente per diventare poi una ferma convin-
zione:"Chiedo di essere mandato in missione per
condividere il dono del carisma salesiano con i
giovani di altre nazioni, culture e lingue''. Così
quegli altri verso cui Dio mi mandava hanno ini-
ziato a diventare parte della mia vita.
La nostra comunità di consacrati e un gruppo
di giovani volontari condividono la gioia di
essere coinvolti in uno stile di vita prettamente
salesiano. Abbiamo una comune passione e gli
stessi desideri. Tutto questo ci dà speranza e mi
motiva a donare la mia vita a Dio e ai giovani.
Igiovani sono come uno specchio
Mi chiamo Lukasz, e sono un novello sacerdote salesiano. La
mia esperienza missionaria è iniziata alcuni anni fa quando sono
stato inviato in Irlanda per fare esperienza di pastorale. Di qui in
poi ho pensato sempre più seriamente all'idea di andare in mis-
sione e l'inizio ufficiale è stato il mese di settembre 2012, dopo
la richiesta del Rettor Maggiore di fare parte del Progetto
Europa. Èstato in assoluto uno dei momenti più belli della mia
vita.
Quando rifletto sulla mia vita da salesiano, non solo ora come
missionario, devo dire che una delle più belle e profonde espe-
rienze è stata la vita di comunità. Credo che il lavoro di pastorale
per il bene e la salvezza dei giovani abbia inizio proprio qui.
Credo anche che Dio debba essere cercato in ogni essere
umano, e come salesiano credo che la nostra missione sia di
cercare Dio in ogni giovane, ecco perché sono felice quando
ogni giorno li incontro nei corridoi, in cortile, nelle strade, nel
campo da calcio, o in altri luoghi. La nostra presenza tra loro, un
semplice sorriso o una parola gentile, possono cambiare non
solo la loro intera giornata, ma anche la nostra, perché loro sono
come uno specchio, dovrei dire, di ciò che noi siamo e facciamo
per il prossimo. Èquando sto in mezzo che mi"ricarico le batterie''.
Ci sono stati tre incontri qui alla scuola di Pallaskenry che hanno
dato grande gioia alla mia idea di missionario: l'incontro con i
giovani, con i confratelli, e con Dio. Ecco come mi sento, come
salesiano missionario, felice di condividere la mia esperienza di
fede e amore a Dio. So che ogni battezzato e ogni salesiano
è missionario nel cuore, ma invito ognuno di voi a lasciare la
propria terra e andare in un atro luogo a portare il Vangelo.
Abbiamo bisogno di molte nuove vocazioni qui, quindi pregate
con me dicendo "Da mihi animas, caetera tolle''.
SALESIANI 2014
79

9.2 Page 82

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UMANESIMO SALESIANO
UMANESIMO
SALESIANO
Dare la giusta importanza alle cose
positive nella vita di ciascun individuo,
nella creazione e negli eventi della
storia
G a n g n a m Style "prende piede" (Corea)
Alcohol3, prevenzione in atto (Austria)
D a ragazzi di strada a d aspiranti chef
(Filippine)
"Ilvolontariato,una parte di me" (India)
D ove idiavoli diventano angeli (Messico)
Nove giorni,nove temi, nove verbi:
novena online a Don Bosco (Belgio)
Al Borgo, bottega della provvidenza
(Italia)
Una fonte viva di missione:
le comunicazioni sociali (Cuba)
Don Bosco - Expo 207 5 (Italia)
80
SALESIANI 2014
II

9.3 Page 83

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SALESIANI 2014
81

9.4 Page 84

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aa
S-Tr
--
Nuovo stile all'oratorio di Seoul, in cooper
ione con il governo locale
di Hilario Seo
'Gangnam ', che in coreano significa letteralmente "sud delfiume" (ilfiume Han in
questo caso e che divide la città) non è solo un simpatico hallo. È anche un'icona della
rapida crescita economica che ha avuto luogo a Seoul e in altri luoghi del paese negli
anni 1970-80. E' un luogo dove le persone vivono bene, ci sono ragazze carine e ogni
cosa è alla moda. Ma è così ancheper tanti altrigiovani che vivono a Seoul? Il consiglio
comunale di Seoul non ne era molto convinto e ha dunque invitato i salesiani a portare
ilproprio stile ed esperienzaper affrontare il crescente "problemagiovanile" in una
società secolare e consumista, chegli abitanti di Gangnam ben rappresentano.
" S p e r o che tutti i giovani di questo
centro si sentano amati più che
in altri luoghi e, con questa espe-
rienza, realizzino i sogni della loro
vita e possano diventare buoni cri-
stiani e onesti cittadini. E' sufficiente
che siate giovani perché vi ami". Con
queste parole l'ispettore della Corea,
don Stephen Nam, ha inaugurato
il Seoul Youth Dream Centre alla
presenza di 400 persone tra SDB,
membri della Famiglia Salesiana, del
consiglio municipale, animatori e
giovani.1113 giugno, alle ore 15 pre-
cise, e dopo una lunga e faticosa
preparazione, l'SYDC è diventato
realtà.
L'.SYDC si trova in una delle zone più
popolate di Seoul, Gangnam-gu, quar-
tiere ora famoso grazie al 'Gangnam
style'.
Nel febbraio 2012 il consiglio munici-
pale di Seoul ha affidato ai salesiani la
gestione del nascente SYDC.11 governo
locale non aveva però ancora definito
l'esatto scopo di questo centro né
come avrebbe dovuto operare in ter-
mini di servizio per i giovani. All'inizio
l'idea era di creare un centro per i
giovani differente da quelli che già esi-
stevano. Ma poco dopo che i salesiani
hanno iniziato a gestire il progetto,
sono stati scelti tre confratelli con qua-
litiche nel campo dell'educazione gio-
vanile e a cui sono stati affidati i ruoli di
direttore, segretario e responsabile del
programma. Impegnandosi a fondo
nelle nuove responsabilità, hanno sta-
bilito la nuova missione del centro e
creato un più ampio team di collabo-
ratori laici (20 persone), tutti ampia-
mente qualificati in ambito giovanile.
Dallo scorso settembre, infatti, sono
stati lanciati già molti progetti destinati
a ragazzi che, per un motivo o per un
altro, hanno abbandonato le proprie
case e famiglie. Il nuovo centro ha ini-
ziato a offrire loro un posto dove poter
dormire e mangiare. Il centro medico
che prima aveva qui la sua sede, vista la

9.5 Page 85

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ristrutturazione decisa dai salesiani, si è
spostato in un'altra zona di Seoul.
L'.SYDC, descritto come "centro giovanile
unificato'; è considerato dal Dipartimento
per le politiche giovanili di Seoul come
un'ottima risposta alle diverse neces-
sità dei giovani della città. Il nuovo
Dream Youth Centre occupa due piani
di un edificio di sette, per un totale di
6500m2 offre diverse attività come
doposcuola, programmi giovanili, di
ricerca attitudinale in ambito lavorativo,
lavori di gruppo, consulenza, un rifu-
gio, programmi scolastici alternativi,
così come un programma per giovani
sulla sessualità. Questa gamma di
servizi è offerta come un "sistema ope-
rativo a una fermata" o, in altre parole,
è concepito come una nuova tipologia
dell'oratorio di Valdocco, all'interno di
una città dove regnano un forte seco-
larismo e consumismo.
I Salesiani hanno più di 60 anni di espe-
rienza in campo giovanile, con diversi
progetti in varie parti della Corea, e
possono ben aiutare questi giovani di
città, poveri e bisognosi, che sono
scappati da casa e a cui mancano dei
solidi valori di base.
Questo non è solo il loro desiderio, ma
anche quello del governo locale. li sin-
daco di Seoul, Kim Sangbeom, durante
la cerimonia d'inaugurazione ha detto:
"Sappiamo molto bene che per lavo-
rare con i giovani servono persone che
vogliano loro bene e sappiamo inco-
raggiarli. Non è solo una questione di
politica o di un buon progetto, né se il
denaro sia sufficiente o no. Vogliamo
dunque ringraziare i salesiani che con
gioia hanno accettato la nostra richie-
sta di prendersi carico del SYDC. Sono
conosciuti per la loro bravura in que-
st'ambito, e l'hanno dimostrato nella
realizzazione e awio di questo centro.
Voglio chiedervi, a nome di tutti i citta-
dini di Seoul, di essere amici e maestri
per i giovani in difficoltà, così che si
possano avverare i loro sogni e così
possano anche superare le eventuali
barriere con il coraggio che deriva dal
vostro stargli accanto''.
Questa dunque la risposta di don
Joseph Na Hyengkuy, attuale direttore
del SYDC): "Vogliamo esprimere il
nostro più grande apprezzamento a
tutti quelli che ci hanno incoraggiato
a condividere le nostre vite con i
giovani bisognosi. Vi assicuriamo che,
con la nostra decennale esperienza e
la nostra rete educativa, lavoreremo
sempre accanto a voi, affinché tutti i
giovani coreani possano avverare i loro
sogni'*

9.6 Page 86

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UMANESIMO SALESIANO
Alcohol3
pr enz1one 1 a o . .
1
di Silvia Vrzak
Con la loro mostra interattiva Alcoho/3 i Salesiani del centro giovanile di
Siebenhugel, vicino a Klagenfurt (Austria), vogliono dare aigiovani (10-1Sanni)
unòpportunita di affrontare il problema del/assunzione di alcool in modo
interessante e divertente. Ddea è di coinvolgerli non solo a livello cognitivo, ma
anche emotivo. Esperienze personali, alternative alla/cool e informazione
sul/argomento, dovrebbero essere utili per !approccio e un diverso punto di vista.
c:/f!fu. r, Macht
:Bi, z fwfz[f
"Controllalo"
"Controllalo" è un'attività adatta per i centri-
città e per le feste. Quest'anno ha avuto
grande successo nel periodo di Carnevale.
Questa parte del nostro progetto sulla pre-
venzione ha vinto il "Premio Salute" a Kla-
genfurt ed è molto richiesto.
L'.idea di base del "Controllalo! Piano di pre-
venzione anti alcol" non è solo far capire
esattamente quello che capita di notte, ma
anche di offrire strumenti di prevenzione.
Ai giovani di Klagenfurt vengono offerti
servizi gratuiti, come
Test del livello dell'alcool
Kit"anti sbornia"
Quiz sull'alcool
Materiale informativo
Il test dell'alcool dà modo ai giovani di fare
una valutazione e poi usare appropriati
mezzi per controllarne il livello nel sangue.
Il contatto con i giovani qui offre opportu-
nità di dialogo. Allo stesso modo possono
mettere alla prova la loro abilità sui tassi
dell'alcool durante le feste e i rispettivi
rischi.
li "kit anti sbornia" contiene biscotti, gluco-
sio, thè e chewing gum, e fa riAettere i
giovani sull'importanza di prendersi cura
del proprio corpo anche quando si fa
baldoria. La distribuzione di questi
kit viene vista come un'ulteriore
componente per incoraggiare i
giovani a interagire con sempre maggiore
consapevolezza e a usare l'alcool in ma-
niera intelligente
Il quiz è un modo divertente di testare e
aumentare le conoscenze che i ragazzi
hanno sul m o n d o dell'alcool. Ci sono
anche interessanti premi, che motivano alla
partecipazione, come una fornitura di
succo per un anno.
L'.astinenza, cosa difficile da raggiungere in
una società tanto attaccata all'alcool, non
viene presentata come l'opzione numero
uno; ci si insiste piuttosto sulla promozione
del più basso consumo di sostanze alcoliche.
Stelle cadenti
Per fare pubblicità sulla prevenzione tra i
giovani abbiamo creato"Stelle cadenti''.
evento che ha luogo all'interno del festival
giovanile organizzato dalla città di Klagenfurt.
Le bevande alcoliche sono assai soggette
alla pubblicità. Molto spesso alcune be-
vande vengono presentate non perché
placano la sete o danno senso di piacere,
ma a causa di pensieri standardizzati come
"Se bevi alcool sei figa, sexy, una persona
comunicativa e divertente, etc. .."In parole
povere: la pubblicità manipola le idee!!!
Abbiamo cercato di usare quest'argomen-
tazione al contrario, chiedendo alle persone
di creare pubblicità contro gli eccessi dell'al-
cool. Li forniamo di oggetti di scena, co-
stumi: vogliamo che il messaggio sia

9.7 Page 87

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Incontrare i giovam net luoghi che frequentano e stare con
loro, è la caratteristica di tutti questi programmi e la base
del dialogo che si deve instaurare con loro.
comunicativo. Una semplice polaroid o
macchina fotografica hanno dato risul-
tati straordinari. Iragazzi hanno risposto
in modo creativo, parlando anche degli
effetti dell'alcool nelle feste.
E'stato divertentissimo. Iragazzi hanno
dato sfogo alla loro creatività e tutte le
foto sono state montate in un collage,
poi esposto al pubblico.
Shakeralo
l'.alcool non è essenziale per un buon
cocktail. I giovani ne posso fare espe-
rienza personale. Possono assaggiare
un cocktail senza alcool o crearne uno
loro stessi ... non c'è limite all'immagi-
nazione ... !!! I ragazzi possono poi
anche portarsi a casa la ricetta della
loro creazione e condividerla con gli
amici per il party successivo.
Una passeggiata con gli
"occhiali della sbornia"
Indossare gli "occhiali della sbornia"
simula molto bene gli effetti di uno
stato confusionale dovuto ad eccesso
di alcool (0.8-1.5/mil). Lo scopo è quello
di camminare per una certa distanza
con questi addosso. Iragazzi sperimen-
tanno dunque la sensazione di insicu-
rezza e controllo limitato del corpo e
delle sue funzioni. Capiscono così quali
sono i rischi ed i pericoli che un ec-
cesso di alcool comporta.
La mostra Alcohol 3 per le
scuole
essere utilizzati dai giovani nei momenti
di tempo libero. C'è anche la possibilità
che una classe visiti la mostra e che in
seguito si dedichi all'approfondimento
di una delle tematiche.
La mostra include.
Un quiz
Un quiz interattivo sull'alcool invita i
giovani ad affrontare l'argomento in
maniera divertente e creativa. Possono
fare il quiz al computer, singolarmente
o in gruppo. Nel rispondere alle do-
mande, ricevono informazioni non solo
sui rischi e sugli effetti collaterali del
consumo di alcool, ma assimiliano
anche informazioni sulla comunica-
zione e sulla cooperazione.
Statistica sul consumo tra gli
studenti
Attraverso un questionario anomino, si
chiede agli studenti di descrivere la loro
personale esperienza con l'alcool. I ri-
sultati vengono quindi raccolti, analiz-
zati e si crea un modello di consumo
tra gli studenti. I dati possono essere
forniti all'amministrazione della scuola,
dando dunque loro utili spunti per af-
frontare il problema.
Lo scopo della mostra è dare maggiore
sensibilità agli alunni, facendo in modo
che conoscano i rischi di un'eccessiva
indulgenza, dando loro chiare informa-
zioni sull'alcool, promuovere approcci
alternativi alle feste e riunioni giovanili,
promuovere abilità sociali per la vita, ri-
�ettere sul personale uso di sostanze
alcoliche e aumentare i fattori indivi-
duali coinvolti nella protezione contro
i rischi dell'alcool.
Incontrare i giovani nei luoghi che fre-
quentano e stare al loro fianco, è la ca-
ratteristica di tutti questi programmi e
la base del dialogo che si deve instau-
rare con loro. Questi programmi hanno
anche un valore pedagogicio, non solo
per le componenti individuali, ma per i
vari momenti di dialogo che, automa-
ticamente, finiscono per suscitare .lfl.
Ieri" 1,·, Òtf
1
n \\ k'o�-1
La mostra può essere allestita in qual-
siasi aula o spazio aperto di un com-
plesso scolastico. Gli unici requisiti sono:
una presa di corrernte, tavoli e muri per
i posters. La mostra e gli oggetti ad essa
collegati sono presentati 'in loco' da
uno staff specializzato e possono poi
85

9.8 Page 88

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Venti ragazzi dellòpera per il recupero dei ragazzi di strada "Tuloy Foundation" hanno recentemente
iniziato il loro corsoformativo in Arti Culinarie. Guidati da un autentico chej e accompagnati da don
Marciano "Rocky'' Evangelista.fondatore e direttore della Tuloy Foundation, i ragazzi proveranno ad
acquisire le professionalità necessarie per rendersi indipendenti e costruirsi unfuturo di successo.
Tra i vari corsi tecnico-professionali
attivi alla Tuloy Foundation, uno dei
più recenti è quello di Arti Culinarie,
aperto sul finire del 201 O - dopo la co-
struzione del centro culinario a due
piani - e giunto quest'anno alla terza
edizione. A tenerlo è uno chef di rico-
nosciuto valore, Jean-Pierre''.JP"Migné,
originario della Francia ma trapiantato
nelle Filippine da 25 anni, affiancato
dall'aiuto cuoco Jan Aranillo.
Normalmente gli allievi arrivano al corso
senza alcuna conoscenza culinaria utile.
Ammette il signor Migné:"I pasti e i vari
tipi di gusto sono concetti a loro alieni,
l'idea stessa di pasto è irrilevante. Loro
mangiano quando c'è cibo (e spesso
solo quando c'è) e vanno a dormire per
non pensare al cibo (quando non c'è)".
Quanto ai gusti, lo chef deve ripartite
dalle basi: dolce, amaro, salato.
Nei primi giorni di corso, inoltre, lo chef
86
SALESIANI 2014

9.9 Page 89

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Migné mostra sempre alcuni episodi
del celebre reality show inglese "Hell's
Kitchen" (Cucina d'inferno) - nel quale
lo chef Gordon Ramsey dirige la sua
cucina come fosse un sergente - allo
scopo di preparare gli allievi agli am-
bienti di lavoro più difficili e competitivi.
Gli allievi, però, sono volenterosi e lieti
d'imparare: "Siamo rimasti sorpresi
nello scoprire che avremmo dovuto
usare vari coltelli e taglierine, pentole
e padelle per diversi piatti" commenta
uno di loro. Per non parlare delle nu-
merose erbe, spezie e ingredienti vari:
"sono così tanti, e diversi ... e costosi!"
aggiungono.
li corso si sofferma in particolare sulla
cucina filippina e sulle altre asiatiche,
ma permette di conoscere anche le
caratteristiche culinarie di altre parti del
mondo; e prevede lezioni in tecnolo-
gia alimentare, nutrizione, conserva-
zione e stoccaggio del cibo, igiene. Per
rendere la formazione dei giovani la
più ampia possibile, inoltre, sono inse-
gnate anche le altre discipline correlate
alla cucina, così da aumentare le pos-
sibilità d'impiego degli allievi come ca-
merieri, baristi ...
Ai ragazzi viene anche insegnato che
in cucina servono carisma e doti
da leader, capacità matematiche per
la spesa e le proporzioni, oltre a cono-
scenze sulle proprietà dei cibi; che un
vero chef si occupa del cibo già dal
mercato e che non cerca i compli-
menti, ma semmai s'impegna ad evi-
tare le critiche; che se sbaglia non dice
"mi dispiace'; ma si corregge per non
sbagliare più; e ancor di più che in ogni
luogo di lavoro contano il lavoro di
squadra e il rispetto dei colleghi, "un in-
segnamento utile - sottolinea il signor
Migné - in qualsiasi ambito della vita,
non solo se sei uno chef''.
Durante la frequenza al corso i ragazzi
risiedono presso la fondazione, per
evitar loro assenze e i costi dei trasporti.
Una volta conclusa la formazione,
grazie ai contatti del signor Migné tutti
i giovani sono inviati a fare pratica nelle
cucine di prestigiosi ristoranti e hotel,
dove solitamente sono apprezzati per
le capacità e l'impegno. Gli allievi dei
cicli passati hanno trovato tutti un
lavoro, alcuni anche all'estero ffl-
)
SALESIANI 2014
87

9.10 Page 90

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''Ilvolontariato, una parte di me''
Sarah Wildbichler, originaria della località lmst in Tirolo, ha trascorso nel 2011-
2012 un anno di volontariato a Visakhapatnam, una città dell'india orientale,
con l'organizzazione partner di Don Bosco 'Jugend Eine Welt". La studentessa di
scienzepolitichepensa alla possibilità di lavorare anche infuturo nel settore della
cooperazione allo sviluppo. '1 suoi bambini" le sono rimasti così nel cuore chegià
adesso riparteper l'India per andare a trovarli. Ecco il breve racconto di
'Narisimha', e in seguito Sarah ci racconta i suoi compiti come volontaria e
descrive le molte esperienze vissute durante il volontariato in India.
" C o n o s c o la nuova sister, l'ho già vista.
Nella spiaggia di Rushikonda. Aveva
gli stessi vestiti:' "Sister", così i bambini
qui chiamano le volontarie, e in questo
caso si tratta di me. L:insegnante della
prima classe e io ci guardiamo e comin-
ciamo a ridere. Narasimha, il ragazzo re-
sponsabile di questa risata, continua a
scrivere imperturbabile il suo compito.
Si fa notare poco sia adesso, sia prima
quando ha parlato con noi. Come tutti
gli altri bambini, anche lui scrive seduto
sul pavimento con le gambe incrociate
e con il foglio fissato a una lavagnetta,
un leggero broncio sulla bocca ...
Ancora un paio di minuti ed è finita l'ora,
poi io e i bambini andiamo a casa.
Una settimana dopo, invece che la terza
e la quarta classe, mi vengono affidate la
prima e la seconda, la classe di Nara-
simha. La lezione comincia ufficialmente
alle 9, però molti alunni e alunne arrivano
in ritardo, alcuni addirittura per l'ora di
disegno dopo l'intervallo. Narashima si
trova davanti alla scuola già alle 9 meno
5 e aspetta che qualcuno gli apra. Dopo
la preghiera del mattino vado nell'aula
dei bambini della prima e seconda
classe, che durante la prima ora hanno
lezione in comune. Narasimha mi dà la
mano e mi racconta felice di Rushikonda,
il paese dal quale viene e nel quale suo
fratello va a scuola. Tra l'altro Narasimha
non ha vestiti normali come gli altri bam-
bini, no, lui porta l'uniforme scolastica di
Rushikonda. Inoltre quasi sempre ha un
quaderno e a volte anche un matita, due
tazze d'alluminio (una per sé e l'altra per
la sorella maggiore, che frequenta la
quarta) e una ciotola d'alluminio per il
pranzo, costituito da un panino, un uovo,
una banana e un po' di latte, che i bam-
bini ricevono dalla scuola. Nell'aula per
prima cosa si fa pulizia. Narasimha riesce
a evitare questo compito continuando a
raccontarmi eccitato qualche storia
finché gli altri compagni hanno finito di
mettere a posto.
Poi c'è tempo per giocare, per imparare
poesie e per cantare canzoni. Narasimha
partecipa con grande entusiasmo
quando si fanno cose nuove. Ma si di-
verte ancora di più quando arriva final-
mente l'ora della lezione. "Narasimha,
di Sarah Wildbichler
come bisogna tenere la matita7" lo am-
monisco. Quando scrive tiene la matita
incastrata tra l'indice e il medio. "Ho già
finito" mi risponde il ragazzo e mi porge il
foglio che ha appena terminato di scri-
vere. Poi riceve eccitato e felice il prossimo
compito: "Oh, ancora uno, ewiva!"
Dopo due ore lascio liberi i bambini con
le seguenti parole:"Allora, datemi i vostri
fogli e adesso facciamo l'intervallo".
Mentre i bambini saltano su felici e pra-
ticamente mi tirano adesso i fogli e le
matite prese a prestito, Narasimha
rimane seduto e mi chiede con occhi
grandi: "Posso avere ancora un foglio7
No, ancora meglio, dammene due o
tre!"m
88
SALESIANI 2 0 1 4

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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•• •
I
!!i , ;
Quali erano i tuoi compiti
principali durante il
volontariato?
Al mattino insegnavo in una
"scuola ponte" nella quale i
ragazzi dei quartieri poveri di
Visakhapatnam che hanno
lasciato la scuola vengono
preparati per il rientro in una
"vera" scuola. Al pomeriggio
e la domenica organizzavo
attività ricreative per i 16-28
ragazzi nei cosiddetti "shel-
ter''. degli orfanotrofi.
Cosa ci puoi dire del progetto nel quale hai
lavorato?
Secondo me Navajeevan Baia Bhavan Visakha-
patnam è un progetto che funziona bene e che
ha un ruolo importante per i bambini che rice-
vono aiuto. Ci sono anche alcuni problemi nel
progetto; ciò nonostante viene svolto un buon
lavoro e soprattutto Father Thomas Thottiyil
SDB è un ottimo coordinatore del progetto.
Trovo molto importante il ruolo delle volontarie
nel progetto perché portano con loro da una
parte la loro componente femminile e dall'altra
quella occidentale. Grazie a questo possono av-
vicinarsi di più ai bambini senza aver paura di
perdere la loro autorità.
l volontariato dovrebbe
essere un tassello
importante nella vita di
ognuno di noi - cosa ci
puoi dire a proposito?
Ho imparato molto e il mio
modo di vedere, il mio
punto di vista è anche un
po' cambiato. Mi è rimasto
impresso il fatto che esiste
un altro mondo, ci sono altre
persone che vivono le stesse
cose in modo ben diffe-
rente.
SALESIANI 2014
89

10.2 Page 92

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UMANESIMO SALESIANO
I
ANGELI EsP.erhl.nzadi frpnti ra in Messico
Dove Id1av diventano
di Juan Carlos Quirarte Méndez
lgnacio è un giovane che di solito chiamavano "il diavolo': un classico ragazzo
iperattivo di 22 anni. Quando sorride lafaccia si riempie digrinze egli occhi
quasi si chiudono. La sua è unafaccia segnata dal tempo atmosferico, dove
non mancano le rughe e un piccolo tatuaggio. Tutte cose che lofanno
sembrarepiù vecchio di quello che è, ma che cifanno anche capire le
complicate circostanzeper cui è dovuto vivere da solo, in una societa dove
spesso si è sentito escluso. Nonostante tutto Ignacio ora sorride, ed èfelice.
" 11diavolo"è arrivato all'oratorio perché è
stato l'oratorio ad arrivare da lui; giovani
volontari e salesiani giravano per le
strade, informando la gente dell'esi-
stenza di questo spazio, facendo quindi
pubblicità e invitandoli ad andare. lgna-
cio, come tanti altri, ha avuto la fortuna
di fare questa esperienza, di scoprire che
si chiamava Oratorio e che coloro che lo
gestiscono sono chiamati salesiani e
aiutati da volontari.
Prima di ogni partita di calcio, c'era un
piccolo momento di catechesi, cosa che
ha fatto aumentare sempre più l'inte-
resse per la fede in lgnacio, portandolo
poi a partecipare agli incontri di forma-
zione per adulti, insieme ai suoi cono-
scenti e, in seguito, a frequentare il
gruppo giovanile. Dopo un percorso di
catechesi, ha così ricevuto il battesimo e
la prima comunione. Non è più "il dia-
volo''. ma il gioioso e pieno di energia
lgnacio.
Come lui, migliaia di altri giovani hanno
cambiato le loro vite e ambiente, dopo
essere stati toccati da questa meravi-
gliosa esperienza. Per lgnacio lo sport è
stato quello che lo ha portato qui ma è
poi cresciuto anche in altre cose. Ci sono
--- anche altre attività, workshops, che negli
anni sono state adattate per diventare

10.3 Page 93

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programmi d'impiego, grazie al lavoro
in rete con altre organizzazioni a livello
sociale e governativo, così come
alcune imprese locali che assumono
questi giovanili alla fine dei corsi di for-
mazione.
Sono tantissimi i ragazzi che parteci-
pano ai laboratori artistici che sono of-
ferti: arti visive, plastiche, musica, teatro,
arti marziali, ... sempre in continuo
adattamento al tempo e alle tendenze
giovanili. Alcune zone sono state
dotate di rampe per sport estremi con
bici, skateboard, o per il parkour. L'ora-
torio è in continuo rimodellamento,
sempre dotato e aggiornato sulle
nuove tendenze e domande giovanili,
come nel caso di un oratorio ricavato
in una vecchia cava, le cui pareti roc-
ciose ora sono usate per corsi di arram-
picata e calata a corda doppia, una
vera e propria opportunità per awici-
narsi agli sport estremi.
Chiunque arriva in uno dei nostri ora-
tori nota subito le dimensioni, tutte le
diverse zone e offerte educative; sport
(calcio, basket, pallavolo e rugby). Ci
sono anche classi dedicate alle attività
artistiche, un misto di suoni, e l'atmo-
sfera generale diventa un collage di
sorrisi e facce concentrate. I cortili sono
pieni di giovani che praticano il par-
kour, gruppi di pon-pon girls che si al-
lenano, acrobazie di piramidi umane. I
più piccoli possono invece imparare
semplici numeri circensi, per poi esi-
birsi in strada o a gruppi in oratorio.
Come lgnacio, ci sono tanti gruppi di-
versi e adatti alle varie età ... bambini,
adolescenti, giovani, adulti, anche
anziani; ci sono gruppi impegnati in
momenti di catechesi, altri che chiac-
chierano tra loro, altri che cucinano,
altri che si preparano per aiutare chi ha
più bisognoso.
Chi entra qui all'oratorio non può che
stupirsi di vedere un prete che con-
fessa in corridoio, o qualcuno che va in
cappella a pregare di fronte al Santis-
simo o pronto per partecipare alla
Messa. Etutte queste attività trovano
un bellissimo sottofondo musicale,
una stazione radio vera e propria ge-
stita dagli stessi giovani dell'oratorio. La
radio invita gli ascoltatori a frequentare
le zone culturali del complesso, il cui
cuore è la caffetteria: cinema, club di-
gitale, tennis tavolo, centro conferenze,
danza, teatro, corsi di murales ... e
tutto questo capita 7 giorni su 7!!!
Quello che rende efficace il tutto è che
ogni singola attività è parte del grande
progetto educativo. Non si tratta
dunque si attività isolate, ma sono
parti di un grande tessuto e fili che
portano alla comunicazione e l'espe-
rienza di gruppo. È indifferente quale
attività si scelga, l'azione preventiva
c'è sempre, la missione di formare i
giovani dando loro possibilità e alter-
native così che possano costruirsi un
personale piano di fede e di vita;
queste ultime sono le cose alla base
di ogni singola attività educativa. E
per questo lavoro è necessaria una
grande équipe di persone che cre-
dano nella loro missione; la forza dei
laici, coadiuvati dai Salesiani è dunque
fondamentale.
Scene come queste, in luoghi periferici _g.
delle città, dove vive gente povera ed
emarginata, dimostrano come gli o r a - �
tori possano cambiare le condizioni di �
vita, e contribuire ad un'atmosfera di �
pace, di serenità e di speranza. Solo·§
per fare alcuni esempi ... Ciudad �
Juarez, Tijuana, Mexicali, Nogales, §'
Nuevo Laredo ... tutte case che si-�
sono totalmente dedicate alla mis-.§
sione di oratorio e dove ognuno d i �
noi potrà incontrare tanti altri "lgna- g_
cio" che,
trettanti
da "diavoli';
"angeli'*
sono
diventati
a
l
--g--]--
DULCERiA
PAL?MITAS
PELICULAS
FUENTE DE SOOAS

10.4 Page 94

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UMANESIMO SALESIANO
I
Nove giorni, nove temi, nove verbi
Novena onlinea Don Bosco
Immagini contemporanee per celebrareDon Bosco
di Gee Van den Berghe
Cf '
'=>
;fr,;-
Y1 Perché abbiamo preferito una novena virtuale? Una prima ragione è ilfatto che oggi
tanta gente sta cercando un senso alla vita, unfondamento più profondo. A
[:°
differenza dei tempi precedenti, questo crescente interesse o cammino di ricerca verso
una spiritualita è vissuto in maniera assai più individuale. Alcuni deplorano questo
sviluppo. Noi crediamo che tutto ciò ci offra anche nuove possibilita. E d è appunto
r-,i' quanto vogliamo raggiungere con la nostra novena virtuale: esplorarefino a che
punto una tradizione spirituale possa ancora interessare l'uomo di oggi.
Inpoelrtrlae
uno dei compiti principali del "Centro
formazione e l'animazione" è quello di
Don Bosco
animare e
formare i collaboratori laici (dell'ispettoria Belgio Nord)
nello spirito di Don Bosco. Siamo sempre alla ricerca di
nuove vie per raggiungere il maggior numero di colla-
boratori. Vedendo che i nuovi media occupano uno
spazio sempre maggiore nella nostra vita quotidiana, noi
abbiamo creato questo sito virtuale. In esso si trovano im-
pulsi che offrono la possibilità di fermarsi qualche istante a
riAettere sulle motivazioni e di come si è educatori salesiani.
E'nostro desiderio coinvolgere il maggior numero di per-
sone possibile perché, mediante un semplice clic del mouse,
si possa riAettere sul progetto educativo di Don Bosco.
progetto con un modestissimo preventivo e molta inventiva.
Il website lo abbiamo elaborato noi stessi. Abbiamo
mobilitato moltissime persone che, dietro un simbolico
compenso o a titolo gratuito, hanno elaborato l'uno o
l'altro episodio. Noi stessi abbiamo preso in mano la
telecamera. Il risultato non ha pretese propriamente
"professionali". Ci piace per così dire, "remare contro
corrente". Perciò, con una buona dose di passione e di
entusiasmo, ci è stato possibile coinvolgere gente del
nostro ambiente nella realizzazione del progetto. Sono
stati molti i volontari, insegnanti delle scuole ed educatori
dei giovani a rischio, che ci hanno dato spunti, idee,
testimonianze su cui lavorare.
Come nome olandese del sito abbiamo scelto"genegen.be" Per nove giorni di seguito, nove tematiche e
[= con affetto] perché nel titolo olandese è anche nascosto nove verbi.
il numero"negen"[=nove]: una novena è formata da nove
giorni di seguito. Ma soprattutto perché"genegen"[con Abbiamo cercato di dare un assaggio di come oggi Don
affetto] esprime esattamente quanto si vuole ottenere: Bosco sogna, cresce, crede, unisce, ride, ispira, stimola, e
un grande affetto per il progetto educativo di Don Bosco, celebra. E' quanto volevamo raggiungere con il nostro
per la sua figura e per il suo movimento che oggi è diffuso a sito web. Abbiamo trovato modi originali (brevi filmati,
livello mondiale.
massime significative, interrogativi stimolanti), per nove
giorni di seguito abbiamo messo a fuoco un tema
La nostra offerta online intende raggiungere anzitutto le particolarmente interessante. In questo modo originale
persone con atteggiamento positivo verso i nuovi mezzi di abbiamo sfidato la gente a riAettere sul proprio ruolo di
comunicazione (i così detti"early adopters"). Abbiamo
educatori: a riAettere sul modo di aiutare oggi i giovani a
comunque fatto il possibile per coinvolgere anche gli utenti realizzare i propri sogni; a scoprire quanto sia importante
ancora piuttosto scettici. Cerchiamo di fare quanto ha fatto credere nella forza dell'educazione; a comprendere che
Don Bosco: dare un messaggio positivo e raggiungere "dare fiducia" è una via efficace per"ricevere fiducia''.
persone che forse in altro modo sarebbero irraggiungibili.
l.'.itinerario di questa novena lascia comprendere che Don
Remare contro corrente
Bosco può ancora essere fonte di ispirazione. Nello stesso
tempo la nostra iniziativa ha voluto essere espressione
Normalmente si applicano una quantità di mezzi per svi- del nostro immenso apprezzamento per quanto tutti, gli
luppare ingegnose applicazioni interattive. Noi abbiamo educatori, giorno dopo giorno, fanno per i loro bambini e
scartato questo approccio. Lo scopo era di elaborare un giovani ffl-J
92
SALESIANI 2014
I

10.5 Page 95

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http//www.genegen.be
SALESIANI 2014
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10.6 Page 96

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UMANESIMO SALESIANO
LLA PROWIDENZA
di Cecilia Corrias
Ciao sono Stefania, stofrequentando il Centro
Accoglienza minori del Borgo Ragazzi Don Bosco.
Come corso sto imparando ristorazione, vorrei
diventare una brava barista e una brava
cameriera. Mi piace molto questa scuola. in questa
scuola ci si viene due ore algiorno, ti sembrano
poche ma ti insegnano tante cose, due volte alla
settimanafacciamo i laboratori sia in mensa e
anche al bar. Ho imparato afare i caffe e i
cappuccini. Qui al centro Don Bosco sono tutti
molto bravi, siamo come unafamiglia. Vieni
anche tu afrequentare un corso, è molto bello, a
ristorazione ci sono sia sala e sia cucina, sono
molto belli, a estetista ci sta anche parrucchiera. Ci
sono anche laboratori di teatro,fotografia e altri
laboratori molto belli. Sono cambiate molte cose
da quandofrequento questa scuola: la mattina mi
sveglio presto e vengo a scuola, poi il pomeriggio mi
metto a riposare perché sono stanca e la sera vado
a letto presto... prima tutte queste cose non le
facevo. i ragazzi del centro Don Bosco sembrano
maleducati, ma sono molto buoni e bravi,
abbiamo tutti problemi e difficoltà, ma ci aiutiamo
tra di noi; oltre che a studiaregli operatori ci
ascoltano per qualsiasiproblema che abbiamo.
e . . r:-,
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94
SALESIANI 2014

10.7 Page 97

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C'è un luogo in cui si incontrano le
vite di tante persone e nascono
storie come quella appena letta. Il
Centro Accoglienza Minori è situato
all'interno del Borgo Ragazzi Don
Bosco e fa parte dell'area educativa "Ri-
mettere le ali" che si occupa di minori
e famiglie in difficoltà. Ogni anno vi ar-
rivano decine di ragazzi provenienti da
diverse parti di Roma, in particolare dai
quartieri della periferia est. Diversi per
cultura, razza, colore ed esperienze
fatte, sono accomunati da un disagio
diffuso che si traduce nei fenomeni
della dispersione scolastica, dei com-
porta menti antisociali e in alcuni
casi manifestamente devianti. L'invio
avviene da parte dei servizi territoriali
(municipi e Asi), dai Centri per la giusti-
zia minorile, dalle scuole o semplice-
mente perché tra i ragazzi in difficoltà
il passaparola è un veicolo forte di coe-
sione. Tutti hanno superato l'età del-
l'obbligo scolastico e non sono riusciti
a portare a termine un percorso forma-
tivo regolare.
Ad accoglierli trovano un gruppo
di operatori accompagnato dal re-
sponsabile salesiano e composto da
un'équipe stabile di professionisti, psi-
cologi, educatori ed assistenti sociali,
da tirocinanti provenienti da diverse
università sul territorio, dai volontari in
servizio civile, da volontari semplici e
dalla preziosa presenza dei pre-novizi
e novizi salesiani che svolgono al
Centro una parte del loro apostolato.
Ricordando il "sai fischiare?" di Don
Bosco, a ciascun ragazzo viene riser-
vato un periodo di accoglienza di circa
due settimane, per scoprirne le risorse,
competenze, abilità, insieme a diffi-
coltà e limiti, che ha come fine la co-
struzione di una relazione educativa
significativa e per l'elaborazione di un
progetto personalizzato.
Servizio su misura
I ragazzi sono inseriti in percorsi forma-
tivi destrutturati, per il conseguimento
della licenza media o per imparare un
mestiere che permetta loro di affacciarsi
con più competenza nel modo del
lavoro. La fase dell'inserimento lavora-
tivo, che è poi quella dell'avvio di un
percorso di autonomia, è seguito da un
servizio che si chiama "sportello aperto"
e che media tra i ragazzi e il mondo del
lavoro, utilizzando gli strumenti dei tiro-
cini, delle borse lavoro e del tutoraggio
in azienda. Dal 2012 il centro stesso
gestisce alcune attività produttive che
servono all'autofinanziamento e all'av-
viamento al lavoro: una mensa per i
dipendenti del nostro municipio, un
servizio di catering solidale, laboratori
di bomboniere, ciclo-officina, parruc-
chiere e ricostruzione unghie. I ragazzi
lavorano e imparano allo stesso tempo.
Il Centro rimane per ciascun ragazzo e
operatore un punto di riferimento nel
tempo, il luogo dove ritrovarsi per riaf-
fermare un senso di appartenenza ri-
trovato nel nome di Don Bosco e dei
suoi principi, che grazie a momenti di
condivisione e superamento delle dif-
ficoltà si stampano nei nostri cuori e
nelle nostre vite.
Come nella bottega di un maestro ar-
tigiano, la diversità dei materiali unita
alla varietà degli strumenti crea pezzi
unici, così accade al Centro Acco-
glienza Minori del Borgo Ragazzi Don
Bosco. La Provvidenza gioca con la di-
versità dei ragazzi stimolandoci ad in-
ventare con essi percorsi su misura che
rispettano i tempi e le inclinazioni di
ciascuno. Per un lavoro che è sempre
individuale nel rapporto uno ad uno,
tra operatore e ragazzo, i tempi sono
quelli della relazione che non possono
che essere flessibili.
Per un sistema che è sempre lo stesso
da 150 anni e che ha nell'amorevo-
lezza, ragionevolezza e religione i suoi
cardini, le personalità degli "ospiti" rea-
lizzano storie che hanno nel loro essere
uniche la misura della preziosità.
All'interno di questa proposta educa-
tiva c'è poi un settore che si chiama
Skolè. La Skolè accoglie i ragazzi più
piccoli, che vanno regolarmente a
scuola, ma che per difficoltà varie
(sociali, familiari, di apprendimento)
stentano nello studio e nella socializ-
zazione. Si fa con loro un percorso di
sostegno scolastico, ma soprattutto di
socializzazione e condivisione intercul-
turale. Così nello studio, nel gioco, nella
preghiera si vuole offrire loro un ter-
reno sicuro in cui affondare con fiducia
le proprie radici.
E'curioso pensare come questa casa sa-
lesiana, nata con la specificità di occu-
parsi dei ragazzi in difficoltà, sia dedicata
a San Giuseppe Artigiano: le proposte
educative hanno il sapore dei processi
di costruzione di opere d'arte m )
SALESIANI 2014
95

10.8 Page 98

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Unafonte viva
dimissione
Comunicazione sociale
"li desiderio difare del bene cercando le strade più adeguate
per realizzarlo. Sono in gioco: la corretta lettura delle necessità
e della possibilità concrete, il discernimento spirituale alla luce
della Parola di Dio, il coraggio di prendere iniziative, la
creatività per trovare soluzioni inedite, lo spirito di
adattamente alle circostanze che possono man mano
cambiare, la capacità di collaborazione, la volontà di verifica."
(Art. 35. Carta di Identità Carismatica della Famiglia Salesiana)
di Alejandro Satorre Morales
96
SALESIANI 2014
I
salesiani arrivarono a Cuba nel 1917
lores Betancourt, donna originaria
per volontà di Do-
della provincia di
Camaguey. La chiesa cubana poteva dunque contare
sull'aiuto di una nuova forma di servizio di evangelizza-
zione, una forma di missione dedicata ai giovani e al
popolo. Fedeli al carisma ereditato da San Giovanni
Bosco, riflettendo la predilezione per i giovani e la de-
dizione ai più bisognosi, nacquero così le scuole"Dolo-
res Betancourt" a Camaguey (1932),"lnclan"a La Habana
(1945) e "Rosa Pérez Velasco" a Santa Clara (1958). Arri-
varono sull1sola, dove diedero vita all'lspettoria Salesiana
delle Antille, missionari di grande personalità come il
Beato José Calasanz, il servo di Dio José Vandor, Juan
Ballari, Raffaele Giordano, a cui presto si aggiunsero le
prime vocazioni locali; vennerò così a formarsi comunità
che, insieme ai laici, diedero vita a gruppi di insegnanti
qualificati e sensibili al contesto cubano.
La Rivoluzione Cubana negli anni seguenti portò ad un
processo di nazionalizzazione dell'insegnamento scola-
stico e questo non fece altro che accrescere progressi-
vamente il prestigio che la Società di San Francesco di
Sales stava già godendo da alcuni anni. Per molti altri
ordini, però, era l'inizio della fine. La maggior parte dei
religiosi, dopo aver dato i propri beni immobiliari e aver
chiuso le Opere, se ne andarono dal Paese, mentre un
numero molto ridotto rimase, lavorando più che altro
come parroci e vicari nelle diocesi. In questo difficile pe-
riodo i Salesiani si videro dunque impegnati a sostituire
le varie assenze del clero, celebrando le varie funzioni re-
ligiose e alla ricerca di nuove forme di apostolato.
Non si può parlare di assenza o rottura della presenza
salesiana a Cuba perchè fu proprio in quegli anni che la
devozione a San Giovanni Bosco iniziò a diffondersi nella
popolazione, col calore che caratterizza, fin da sempre,
le comunità parrocchiali. Anche il numero di laici coin-
volti nella varie associazioni che ruotavano attorno a

10.9 Page 99

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questa famiglia carismatica aumentava
sempre più. È molto probabile che le
cause principali di questo grande suc-
cesso furono il grande numero di inizia-
tive che avevano luogo e la duttilità.
Don Filippo Rinaldi ricorda ai suoi
Salesiani: "questa elasticità di adatta-
mento alle varie forme di bene che
vanno via via nascendo nel seno del-
l'umanità è il vero e proprio spirito delle
nostre Costituzioni, e il giorno in cui ve-
nisse introdotto un cambiamento con-
trario a questo spirito, non ho dubbi che
per la nostra Società sarebbe la fine''.
li lavoro apostolico dei Salesiani nell'isola
di Cuba è stato qualcosa di singolare. Da
decenni, ormai, l'educazione scolastica
è gestita delle istituzioni e si dichiara
laica, cosa che limita la congregazione,
non solo salesiana, ma anche quella di
altre famiglie religiose il cui carisma
punta sull1ntegrazione umana, creando
dunque difficoltà nell'esercitare in
modo ufficiale il proprio ruolo educa-
tivo. Nonostante questo, la piattaforma
parrocchiale è stata, ed è tutt'oggi, lo
scenario dove i vari membri della fami-
glia salesiana cercano di lavorare nella
pastorale, in particolar modo quella gio-
vanile. Questo è un laboratorio di inizia-
tive che, secondo quanto afferma don
Pascual Chavez nell'articolo 35 della
Carta di Identità Carismatica della Fami-
glia Salesiana:"non è solo un problema
di strategie, ma un fatto spirituale,
perchè presuppone un continuo rinno-
vamento in noi stessi e nella nostra
azione di obbedienza allo Spirito Santo
ed alla luce del segno dei tempi''.
Alla ricerca di nuove espressioni
Ai giorni nostri, la delegazione salesiana
a Cuba supera migliaia di scogli e, con
slancio evangelizzatore, esplora scenari
dove mai nessuno è giunto prima,
spesso incoraggiati da queste parole di
Don Bosco:"nelle cose che sono a van-
taggio dei giovani in pericolo o che ser-
vono a far sì che si guadagnino anime
per Dio, io stesso corro a più non posso
e con temerarietà''. È proprio così che i
salesiani hanno scoperto nel campo
della Comunicazione Sociale, un canale
di primaria importanza per la propria
opera di evangelizzazione. Coscienti dei
progressi in campo tecnologico ed in-
formatico, del11nvasione ipodermica dei
valori e delle proposte di vita attraverso
i mezzi di comunicazione di massa, i
Salesiani fanno uso proprio di questi
mezzi per aiutare le persone nella loro
crescita personale, nell'ambito delle co-
munità e delle chiese, cercando di pre-
servare e allo stesso tempo promuovere
i valori cristiani, in particolar modo nelle
classi sociali più abiette.
La tenacia a Cuba di due studi di registra-
zione, per l'esattezza uno a La Habana ed
uno a Santa Clara, ed un'ottima rete di
comunicazione che permettesse scambi
di informazioni tra le cinque Opere pre-
senti nell'isola, hanno fatto e fanno tut-
t'oggi ampliare le possibilità di sviluppare
una missione evangelizzatrice, sostenuta
sempre da un modesto e costante
lavoro. Possiamo quindi citare, come
esempio, la produzione di materiali a
cura dello studio "Don José Vandor" di
Santa Clara, che può contare su un cata-
logo di documentari, dischi, prodotti
mutimediali, pagine web, senza dimen-
ticare il coordiamento dell'équipe di
formazione nazionale. Il bollettino infor-
mativo "Cuba salesiana''. mensile, è la
voce cartacea che al meglio esprimere il
grande lavoro che si svolge in tutte le
opere salesiane. Un piccolo gruppo di
professionisti, in esso coniuga le capacità
acquisite e la creatività, lottando con de-
ficienze economiche e le limitazioni di
accesso ad Internet, volendo mantenere
viva l'attualità con un prodotto di qualità
che si distingua tra i tanti altri per i valori
evangelici in esso contenuti e che, da
secoli, caratterizzano il patrimonio cultu-
rale cubano.
La Nuova Evangelizzazione si lancia alla
ricerca di nuove espressioni, nuovo
ardore, un nuovo impegno ... la chiave
sarà quella di sapere leggere con molta
attenzione le opprtunità che la nostra
società ci offre, quell'intento purifica-
tore, apostolico e missionario ... proprio
come lo è in questo periodo l'impegno,
pieno di sacrifici, che i membri della Co-
municazione Sociale salesiana stanno
attuando nelle loro opere sull'isola di
Cuba, senza mai dimenticarsi che è ne-
cessario essere al passo coi tempi in cui
si vive e si lavora ffl-)
SALESIANI 2 0 1 4
97

10.10 Page 100

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UMANESIMO SALESIANO
I
Don Bosco --
MILANO
di Don Bosco Network
L'8 febbraio 2013 il Don Bosco Net-
work, il VIS e l'lspettoria Lombardo-
Emiliana hanno costituito il Comitato
"Don Bosco for Expo 2015'; presieduto
da don Jose Miguel Nunez, Consigliere
Regionale dei Salesiani di Don Bosco
per l'Europa Ovest. Il Comitato dovrà
coordinare la partecipazione della
Congregazione salesiana alla Esposi-
zione Universale che si terrà a Milano
dal 1 maggio al 31 ottobre 2015.
Sull'adesione salesiana, don Adriano
Bregolin, Vicario del Rettor Maggiore, si
è così espresso: "i.:Esposizione Univer-
sale di Milano del 2015 offre alla Con-
gregazione salesiana una grande
opportunità di sensibilizzazione edu-
cativa e di partecipazione dei giovani
su un tema chiave 'Nutrire il pianeta,
energia per la vita' di estrema attualità
ed importanza per tutti i Paesi del
Mondo. Nell'anno del bicentenario
della nascita di Don Bosco, la Congre-
gazione Salesiana, presente in 133
Paesi del Mondo, sarà contenta di
poter dare un contributo significativo
per la libertà dalla fame e il diritto ad
una alimentazione adeguata, coinvol-
gendo i giovani per un impegno indi-
viduale e sociale''.
In base all'art. 1 del BIE - Bureau lnter-
national des Expositions, organizza-
zione intergovernativa costituita a
Parigi nel 1928 dalla Convenzione sulle
Esposizioni Internazionali che fornisce
la definizione e gli obiettivi delle Expo,
così come le normative internazionali
per l'organizzazione e la partecipa-
zione - gli obiettivi di Expo2015 sono
Educazione e Edutainment (educa-
zione e intrattenimento).
A differenza delle precedenti Esposi-
zioni Universali, Expo Milano 2015 non
sarà ricordato per i lasciti architettonici,
ma per il suo contributo al tema: la-
scerà un'eredità immateriale.
i.:approccio del visitatore all'Expo sarà
un approccio esperienziale, volto a
stimolare interesse, apprendimento,
conoscenza e consapevolezza/sensibi-
lizzazione.
98
SALESIANI

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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Innanzitutto possiamo parlare di un
Expo di dialogo. Stimolare e guidare un
dialogo globale in un approccio mul-
tidisciplinare e multi stakeholders su
una sfida universale:"È possibile garan-
tire una quantità sufficiente di cibo,
buono, sano e sostenibile per tutta
l'umanità ?Tutti sappiamo che la rispo-
sta è Sì e che la sfida riguarda il come''.
Nel 1884 Don Bosco ha partecipato
alla Esposizione generale italiana di
scienza e arte tenutasi a Torino. Nel
2015 ricorre il bicentenario della na-
scita di Don Bosco. Expo Milano 2015
offre alcune opportunità di sinergia in
termini di:
- Visibilità e comunicazione per valo-
rizzare la missione salesiana, la vi-
sione e le opere salesiane. 20 milioni
di visitatori e 1 miliardo di cybervisi-
tatori costituiscono un target group
esterno privilegiato e probabilmente
sensibile al tema "Nutrire il Pianeta.
Energia per la vita''. Si potrebbe rea-
1izza re una campagna di comuni-
cazione che coinvolga t u t t e le
lspettorie.
- Promuovere il carisma salesiano at-
traverso temi educativi globali, quali
quelli evidenziati nella guida al tema.
Il cibo e le ineguaglianze della nutri-
zione, abbondanza e privazione:
• il paradosso contemporaneo;
• il futuro del cibo;
• scienza e tecnologia, compresa la
formazione professionale e 11struzione
tecnica nella produzione alimentare
per la sicurezza alimentare e la qua-
lità;
• cibo sostenibile = mondo equo e
solidale: l'educazione alla cittadi-
nanza mondiale, educazione am-
bientale, educazione ai e per i diritti
umani (libertà dalla fame, l'indivisi-
bilità e l'interdipendenza dei diritti
fondamentali);
• promuovere cambiamenti negli at-
teggiamenti e nei comportamenti;
• volontariato internazionale;
i bambini e la partecipazione dei
giovani;
• il dialogo interreligioso.
- Reti e Collaborazioni con altri enti
che lavorano in materia di educa-
zione e formazione nella produzione
alimentare e consumo di cibo, edu-
cazione globale, cooperazione allo
sviluppo.
- Possibilità di creare e/o rafforzare le
reti e i partenariati pubblici e privati
almeno con i Paesi aderenti (si spera
150 entro il 2015), le Organizzazioni
Internazionali, la Società Civile com-
prese le università e le imprese.
- Advocacy per:
1. un approccio basato sui diritti
umani alla sicurezza alimentare e
alla cooperazione allo sviluppo;
2. il diritto a una alimentazione
adeguata non solo come diritto
umano fondamentale in sé, ma
anche un mezzo per realizzare tutti
gli altri diritti fondamentali come
l'educazione e la formazione;
3. l'educazione e la formazione come
strategie fondamentali per nutrire
il pianeta;
4. centralità della persona, sviluppo
dal volto umano, visione olistica dei
poveri non come destinatari passivi
di "aiuto'; ma come soggetti attivi di
sviluppo umano; indivisibilità e in-
terdipendenza di tutti i diritti umani
civili, culturali, economici, politici e
sociali, dimensione spirituale;
5. partecipazione attiva e significa-
tiva dei bambini e dei giovani ai
principali eventi internazionali di
educazione come Expo Milano
2015.
Con l'accordo di partecipazione DBN
firmato 1'11 ottobre 2012 a Milano, ci
siamo impegnati ad organizzare un
minimo di trenta eventi sul tema:"Nu-
trire il pianeta, energia per la vita" du-
rante Expo Milano che si terrà dall'l
maggio al 31 ottobre 2015 .lff.
99

11.2 Page 102

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DIRITTI UMANI
DIRITTI
UMANI
Nuovi modi e nuovi linguaggi per
edificare i giovani
"
Dio benedica iportatoridiacqua
(Angola)
Riciclarelavita:i'Cartoneros'diVilla
ltatf(Argentina)
Niente droga ilmartedì - neanche gli
altrigiorni!(Spagna)
"Educatore a 360gradi" (Messico)
Sudan: quando scoppia l'emer-
genza ...(Sudan)
Roshni: nuove lucidivita(India)
Gioventù indigena: un sogno che si
awera (Brasile)
Collaborare per un mondo migliore:
" Salesiani,giovani,Nazioni Unite (USA)
Q
l 00
SALESIANI 2014

11.3 Page 103

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11.4 Page 104

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DIRITTI UMANI
Dio benedica i portatori di acqua
di Christian Carrizo
UA' - una parola cheper molte persone è solo un sogno e così è in Angola anche se qui vi è una grande
quanti ' del/acqua presente in tutta l'Africa! Negli anni '90, al/apice del conflitto armato, i Salesiani riuscirono
a posa dei tubi a 500 metri dalfiume Lwena, vicino al/omonima città. Questa opera aiutò la scuola di Don
vsco, l'Ospedale don latti e la nostra casa, così come 5 distretti dove riuscimmo ad installare pompe
pubbliche. Ma le difficoltà di manutenzione, la mancanza di carburante e alcuni problemi con ilgeneratore ci
impedirono di continuare il servizio. Fummo costretti afar ricorso allafornitura di acqua per mezzo di
camion, anche se era di scarsissima qualità. Nel 1992, il confratello Michelino (un missionario argentino)
iniziò a scavare un pozzo artesiano a mano, s o gnando di trovare /acqua. Ma Dio lo chiamò a se e il lavoro si
interruppe. Nel 2008, con làiuto di alcune 'trivelle' lasciate da una ONG, ricominciammo a scavare e
trovammo /acqua a 86 metri! Le richieste arrivarono da tutte le parti: istituti religiosi, gruppi governativi,
sobborghi della città, privati. Cosìformammo una uova squadra. In particolare ci contattarono due
ONG: l'UNfCEF e l'OXFAM. Furono stipulati dei contrattiper scavare nei villaggi e nelle scuole.
E così ebbe inizio il programma acqua e salute'. Sostanzialmente si trattava di identificare i
villaggi con la maggior carenza di acqua. Da alcuni di essi si doveva camminare da 3 a
1Ochilometri per trovare un secchio di acqua. Erano lontani daifiumi principali
presenti nella regione di Moxico in
storia tra le tante, a lietofine...
http//domboscQp-Qg,
SA(f:SfA

11.5 Page 105

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Lucocua è un paese a 112 chilometri
da Luean, la capitale della regione
di Moxico. Ha più di un migliaio di abi-
tanti. Il sig. Augusto, il suo 'soba' (capo
tradizionale), lo descrive come "un
luogo vibrante, pronto per il progresso''.
"Sin dall'arrivo nel 2008 del primo
pozzo e del primo f1usso di acqua,
tutto ha iniziato a cambiare nella co-
munità''. ci racconta l'anziano del villag-
gio, un nonno di 75 anni, sorridendo
ampiamente. Non è più alto di un
bonsai! Ècosì grato per questo pozzo.
Una donna di vent'anni con un sec-
chio appena riempito dal pozzo
tenuto in equilibrio sulla sua testa, ci
passa accanto ritmicamente. "Guarda,
senza mani!" dico sorpreso al sig. Au-
gusto. Sembra una modella sulla pas-
serella a parte il fatto che questa è una
strada polverosa di Lucocua durante la
stagione secca tra aprile e settembre.
"La donna doveva fare più di 2 chilo-
metri per andare al fiume a prendere
acqua da bere, per cucinare e per lavare
i vestiti. Non le piaceva''. mi spiega.
La popolazione di Lucocua è cre-
sciuta esponenzialmente negli ultimi
anni. Vista questa rapida crescita de-
mografica, decidemmo di scavare un
pozzo proprio qui. "Con questo nuovo
pozzo le famiglie appena arrivate non
devono stabilirsi subito vicino al fiume"
ci dice."L'.area si sta sviluppando. Prima
che l'acqua fosse disponibile, i nostri
bambini si ammalavano più spesso e
ora sappiamo che era dovuto al fatto
che bevevano acqua non trattata. Ora
vediamo la differenza dal bere questa
acqua" ci dice il nostro nonno con 14
nipoti.
La distanza è un fattore importante da
queste parti. La scuola "4 aprile" e
l'ospedale di Lucusse sono distanti ben
10km dalla nostra comunità di Luco-
cua. "Non abbiamo ancora una scuola.
I nostri bambini devono camminare
molti chilometri per andare a scuola
nel centro di Lucusse. E le loro madri
devono coprire la stessa distanza
quando devono portarli all'ospedale"
mi dice il capo del villaggio, puntando
all'orizzonte con una mano e salu-
tando un vicino con l'altra.
A dispetto della sua età, il
'buon vecchio'Augusto, come . �
mi ha chiesto di chiamarlo, è
attivo, carismatico e ospitale.
È pronto e desideroso di
farmi fare il giro del villaggio, ma in
realtà è un pretesto per mostrami il
progresso della comunità in materia di
igiene e la costruzione delle latrine. "I
nostri due gruppi GAS (il gruppo di
progetto che spiega il processo e ispe-
ziona i villaggi più bisognosi di acqua)
sono determinati a far crescere la con-
sapevolezza tra le famiglie. Sappiamo
che devono essere costruite ancora
molte latrine, ma ci stiamo lavorando''.
mi dice il vecchio furfante come se
condividesse i miei pensieri. Lucocua
ha 178 famiglie e dai nostri calcoli ci
sono ancora 97 latrine da costruire"ma
le malattie sono in diminuzione, come
ci avevano detto che sarebbe stato" ri-
badisce, riferendosi ad uno dei passi
del progetto relativi all'aumento della
consapevolezza.
Tra storie e scherzi, alla fine torniamo
al 'ondyango: il luogo di incontro della
comunità, fatto di legno e paglia, dove
eravamo stati ricevuti la prima volta.
Dimostrando la sua ospitalità ancora
una volta, ci invita a casa sua a provare
il 'funjii'. un intruglio fatto di manioca,
preparato dalla sua terza moglie. Enon
possiamo dire di no ... -lfr.
l

11.6 Page 106

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I "Cartoneros"
di Villa ltatì
di BollettinoSalesiano,Argentino
' C r e a r e spazi in cui vivere" basati sulla
prevenzione, la stabilità e il lavoro:
questa è la chiave che i Salesiani of-
frono ogni giorno agli abitanti di Villa
Ttatì, una delle bidonville di Buenos
Aires dove vivono 50.000 persone,
molte delle quali originarie dellf\\rgen-
tina settentrionale e del Paraguay. Tro-
vare un posto dove vivere, nel mezzo
di una piccola valle ricavata dagli scavi
della tangenziale sudoccidentale, non
è facile. E poiché si tratta di un bacino,
le alluvioni son all'ordine del giorno.
Villa è divisa in "Villa alta" e "Villa bassa'.
Appena l 4metri più in basso delle abi-
tazioni, fiumi di acqua e di rifiuti. La co-
munità salesiana (3 membri) più vicina
è quella di Quilmes, di cui fa parte
Daniel "Coco"Romanfn, coadiutore. Lui,
negli ultimi nove anni, è stato membro
dell'Associazione Cartoneros Villa ltatf:
un insieme di persone che frugano tra
l'immondizia alla ricerca di carta da ri-
ciclare. In un momento di pausa tra le
varie attività, ci concede un'intervista sul
lavoro della sua comunità.
Che cosa fa l ssociazione?
Villa ltatì si trova nella nostra parroc-
chia. I Salesiani sono qui da 54 anni e
l'associazione esisteva già al mio arrivo.
Sono semplicemente uno dei suoi
membri e tutte le decisioni che pren-
diamo lo facciamo come gruppo.
Dopo la crisi del 2001, i "cartoneros"
hanno deciso di unirsi ancora più soli-
damente e di formare una cooperativa,
dove la gestione dei beni è un vero
esempio per tutti i cristiani.

11.7 Page 107

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La prima cosa che abbiamo notato di
cui avevano bisogno era una forma-
zione amministrativa perché, se anche
avevano un lavoro, non avevano idee
della domanda del mercato. Dal centro
professionale di Avellaneda iniziammo
quindi un corso e, visti gli ottimi risul-
tati, ne abbiamo aggiunti sempre più.
La chiave è che ognuno di loro capisce
che può farcela da solo, noi diamo solo
un po' di aiuto. Sono stati infatti capaci
di creare una cooperativa e di portare
il prezzo della carta venduta da 12 a 28
centesimi il chilo. Non sono pochi
quindi i negozianti arrabbiati per
questo clima competitivo. E non ci
sono intermediari che se ne approfit-
tano della situazione.
li denaro guadagnato è diviso in modo
equo, a partire dal presidente fino al-
l'ultimo dei raccoglitori. Esiste anche
un fondo di solidarietà, basato sul
contributo di ogni singolo membro,
e che è poi usato per medicine, spese
funebri, cura degli animali malati, co-
struzioni di aule ...
Quali sono le altre attività?
Quando abbiamo capito che i pro-
blemi della "Villa bassa" erano comuni
a tutti, abbiamo dunque rafforzato i
corsi di formazione per adulti presso il
centro di Avellaneda. Sono nate anche
altre idee come il corso di assistente
sociale di comunità per aiutare i giovani
con problemi di tossicodipendenza.
In seguito abbiamo iniziato a inse-
gnare ai "cartoneros" il sistema preven-
tivo. Ci sono 160 bambini a scuola che
dipendono solamente dal lavoro dei
"cartoneros" e il 40% di loro abbandona
la scuola. Interagiamo quindi con loro
perché possano tornare a studiare e
imparare qualcosa.
Nel 2005 abbiamo avviato dei corsi
serali e altri centri giovanili dove gli stessi
insegnanti sono persone che vivono
nella bidonville. Igiovani mangiano qui,
riducendo così il pericolo della droga,
diventiamo loro amici e iniziamo il "pro-
cesso di riciclo delle loro vite"...
Come affrontate il problema
del pregiudizio di queste
persone?
C'è gente buona e gente cattiva, come
in ogni altra parte del mondo. Ve lo
giuro, ci sono molte buone persone,
con una grande voglia di fare, che fanno
tanto per gli altri e che cercano di mi-
gliorare le proprie condizioni di vita.
Con i soldi del fondo di solidarietà,
siamo riusciti a costruire una casa e a
farne un centro di prevenzione. Aiu-
tiamo i giovani dai 14anni in su così
che possano abbandonare il lavoro e
tornare a scuola. Non mancano poi i
programmi di alfabetizzazione per gli
adulti. L'Associazione Cartoneros ha
anche dato origine ad altri gruppi, spe-
cializzati in riciclo di metalli, giardinieri,
.... ora stiamo costruendo un im-
pianto di riciclaggio per la plastica.
Ha parlato anche di aiuto ai
tossicodipendenti. Avevate
già raggiunto dei buoni
risultati?
Il problema maggiore tra i giovani qui
è proprio la droga. Nella zona ci sono
molti posti dove i ragazzi fanno a
pugni e fumano. Sono posti orribili.
Non appena ti avvicini c'è una grande
puzza, i ragazzi sono totalmente allo
sbando ... non c'è la benché minima
dignità.
Noi aiutiamo quelli che hanno voglia
di uscire da questa situazione. Anche
gli stessi educatori che li aiutano
provengono da quest' ambiente.
Offriamo ai giovani alternative edu-
cative diverse ... ognuno può sce-
gliere quello che più gli piace e per
cui si sente portato. E non manca
certo il contatto con altre istituzioni
che affrontano lo stesso problema in
ambito professionale.
Cosa si può fare?
Ci sono decisioni che non dipendono
da noi e non ci è possibile fare di più.
Informiamo sempre le istituzioni del
nostro lavoro, ma vi è una mancanza
di aiuto da parte del governo. Pen-
siamo che dovrebbero innanzitutto
occuparsi di chi vende la droga, non
dei ragazzi che la consumano. Loro, in
fondo, non sono altro che vittime di un
mercato che ruota loro intorno.
Noi cerchiamo dunque di aiutare i
giovani e le loro famiglie. I ragazzi
spesso ci dicono "Voglio vivere·; o "che
senso ha la vita, che senso ha andare
avanti se tanto domani possono am-
mazzarmi in mezzo alla strada in una
retata ... ?"
Come riuscite a offrire una
parola di fede a persone
come loro?
Noi religiosi siamo fortunati: abbiamo
una comunità che ci supporta, messa,
preghiere, momenti di riflessione ... e
sono questi giovani a darci sempre la
speranza. Le suore francescane e i
salesiani fanno del loro meglio per aiu-
tare tante persone. C'è una speranza
per uscire da questa situazione ... e
questa speranza è la fede.
Potete parlare di Dio?
Ma certamente ... attraverso dialoghi
personali, le buone notti, riunioni, as-
semblee. In questo modo trasmet-
tiamo la spiritualità, la base per una vita
nuova. Riducendo le loro sofferenze,
facendo giustizia e promuovendo il
bene, ci identificano poi con il "Dio
della vita''. Quando vedono che sei lì in
mezzo a loro, li ascolti, lavori accanto a
loro, iniziano a chiedersi il perché, e
questo li porta a dare il meglio di sé.
Qui la cosa più importante è proprio la
vita ffl-
SALESIANI 2 0 1 4
105

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DIRITTI UMANI
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_dJDi) J jj jJJ Jj 1-8_dJ
- neanche gli altri giorni!
Storia di speranza per tossicodipendenti
grazie al"gruppo del martedì" di Valencia
di Alicia Davalillo
Nell'ispettoria di San Giuseppe- Valencia, esiste una piccola attività chiamata "gruppo
del martedì" il cui scopo è di aiutare nel recupero di persone ad alto rischio di essere
escluse dalla società e dal lavoro. Ilgruppo è nato nel 1989 grazie al lavoro del
salesiano Angel Tomas e di un team di professionisti in campo civile e umanitario.
Negli anni '80 hanno deciso di iniziare un progetto tuttora attivo, diretto e supervisionato
da Vicente Serrano, ex insegnante e psicologo presso il collegio Salesiano Sant'Antonio
Abate di Valencia. Don Angel ha notato come /arrivo di nuove e distruttive droghe ha
condizionato la vita quotidiana di tanti ex allievi e altri giovani della zona. All'inizio la
prevenzione e /'informazione erano praticamente inesistenti, e il loro uso non poteva che
portare a drammatiche conseguenze.

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http//www.salesianos.edu/grupo-martes/grupo-martes
11pipùroebvleidmeantep,resstooprinaitztiuòttaodiqvueanntadroe
s'iniziò a scoprire la terribile dipen-
denza che queste sostanze portano
con sé, in molti casi causando anche
l'abbandono della scuola da parte di
chi ne fa uso. Poiché non c'era nessun
tipo di preparazione e a causa della
crescente assuefazione, molti giovani
iniziarono a vagare per le strade, senza
meta e senza scopo di vita. Tanto
tempo passato per strada con poco o
niente da fare fa diventare questi
giovani ladri e futuri delinquenti. È
facile immaginare l'inquietudine dei
cittadini, la sofferenza delle famiglie, il
numero di quelli che finiscono in pri-
gione, i disordini psichiatrici, i risultati
di un sovradosaggio, e le malattie in-
fettive che questo flagello fa scaturire.
Era necessario trovare un modo di
combattere questo marchio che le cir-
costanze stavano generando; questo
gruppo di giovani aveva bisogno di
qualcuno che li aiutasse. li Gruppo del
Martedì ha fondato due rifugi, ognuno
con capacità di otto posti, il primo
dove i giovani si possono curare, il se-
condo dedicato al loro reinserimento
nel mondo del lavoro; entrambi sono
collegati con la "Fondazione Arcive-
scovo Miguel Roca" e il suo "Progetto
Uomo': basato su un progetto terapeu-
tico. Il Gruppo del Martedì lavora pro-
prio in quest'ambito. Questi centri,
insieme ad alcuni altri, sono aperti
24/7, 365 giorni l'anno. C'è un processo
ben definito per ogni giovane che
arriva qua: deve essere un suo deside-
rio quello di abbandonare il mondo
della droga e di fare un drastico cam-
biamento di vita. Si cerca di capire
quelli che tra loro hanno poche risorse
economiche, quelli che non hanno fa-
miglia, quelli che arrivano dagli ostelli,
quelli che sono già stati coinvolti con
la legge o che sono appena usciti dal
carcere.
Metti a parte il marchio
sociale- puoi contare su di noi
Il gruppo è riuscito a creare un luogo al-
l'interno della prigione di Valencia, con
lo scopo di incoraggiare i detenuti ad
abbandonare il mondo della droga. Il
gruppo è formato da venti persone, ci
sono workshop dove ognuno può par-
lare delle proprie necessità, condividere
i propri momenti positivi e negativi.
Ogni situazione è analizzata da un team
di volontari che, facendo forza sull'espe-
rienza e l'umiltà, trovano alternative co-
struttive appropriate a ogni giovane.
Oltre a questi workshop e a corsi speci-
fici, i detenuti sono a volte portati in
alcune strutture dove, attraverso speci-
fiche terapie, sono nuovamente inseriti
in un contesto di vita normale, si dà loro
l'opportunità di passare del tempo con
i famigliari, di adempiere al ruolo di ge-
nitori, di ristabilire i contatti con la fami-
glia magari interrotti a causa della droga
e della delinquenza.
Parte delle attività del Gruppo del
martedì è anche quello di aiutare le
famiglie che sono coinvolte. Ogni
Martedì- da cui il nome del gruppo-
un team di educatori volontari s'in-
contra per valutare e discutere l'or-
ganizzazione dei programmi delle
settimane successive, per poi conti-
nuare con una sessione di aiuto per-
sonale, aperta al pubblico, dove ogni
persona può offrire il suo contributo,
sempre con lo scopo di astenersi
dalla droga e di voler uscire dal
mondo di emarginazione sociale in
cui si trova.
Esiste un programma di formazione
che, secondo le necessità del mo-
mento, cambia; solitamente è incen-
trato sugli effetti e conseguenze che le
droghe possono avere sia a livello
fisico sia psicologico.
Parte molto importante del pro-
gramma è quella focalizzata sul lavoro:
quando i giovani ospiti dei centri
sono in grado di cercarsi un lavoro,
imparano anche a scrivere il proprio
curriculum con annessa lettera di pre-
sentazione, imparano le tecniche per
affrontare un colloquio, come usare il
computer, scrivere email, etc.
In tutto questo non ci si dimentica
certo della prevenzione, che viene
portata avanti con progetti nei centri
giovanili, nelle università, nei vari isti-
tuti.
Grazie a questa iniziativa molti giovani
hanno imparato a vivere in armonia, in
modo decoroso, a crearsi una famiglia
e a trovare un posto di lavoro. Nel 2006
il consiglio comunale di Valencia ha
donato un premio al fondatore del
gruppo per le tante energie spese in
molti anni di lavoro: la dedicazione di
una strada vicino al luogo dove, qua-
rant'anni fa, ha iniziato la sua missione
per i giovani ,m.
SALESIANI 2014
J 07

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DIRITTI UMANI
Lll C!J[!)@ ) [r@
(fil} ®Ql Cm!)
Quando Don Bosco lasciò il cuore in Messico - Leon
di Javier Prieto
Quando 120.000 persone hanno
sfilato davanti all'urna di Don
Bosco a Le6n (Messico), quel giorno
del 2010 alcuni degli anziani
avranno sicuramente pensato
all'evento di 60 anni prima
quando il Rettor Maggiore, vista
la grande devozione a San
Giovanni Bosco in un luogo
in cui i Salesiani non si erano
ancora insediati, disse al ve-
scovo Manuel Martin del
Campo che lo ospitava:
"E'certo che il corpo di Don
Bosco è a Torino, ma il suo
cuore è qui a Le6n"! La storia
dei salesiani a Le6n è tipica
di come il carisma salesiano
dell'oratorio, dell'attenzione ai
giovani, delle famiglie povere e biso-
gnose, si sia radicata negli abitanti di
queste terre prima che i suoi figli e le sue
figlie, i salesiani e le suore, arrivassero qua
fisicamente. Èanche tipico di come il ca-
risma ha preso forma attraverso attività
che hanno migliorato le condizioni di
vita delle persone e anche risposto alle
loro principali necessità.
22 anni prima dell'arrivo dei Salesiani, in
occasione della trionfale visita di don
Ziggiotti nel 1956, la città di Le6n, che
sorgeva sulle montagne rocciose, era già
centro di grande devozione a San Gio-
vanni Bosco. Un gruppo di laici, guidati
da un prete diocesano, avevano co-
struito una cappella in suo onore su un
terreno appena fuori dall'abitato e, prima

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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Il carisma di Don Bosco ha come scopo la totale salvezza
dei giovani. Attraverso i suoifigli efiglie, i salesiani e le
Figlie di Maria Ausiliatrice, religiosi e laici, oggi, è
diventato un "educatore a 360 gradi".
ancora, in un cortile dato a prestito da tate, un parco, un mercato ... Verso il dato ad attivarsi. È stata creata la "Casa
un gentile abitante del luogo, avevano 1960-1970, quando le famiglie inizia- Don Bosco" per giovani con difficoltà
creato un oratorio. Sia l'oratorio sia la vano a lasciare la campagna per venire economiche e, in stretto contatto con
cappella, dalle loro umilissime origini, a cercare lavoro in città, anch'esse una fondazione, a molti di loro sono
sono cresciuti tantissimo. Migliaia di quindi si sono stabilite nella zona occi- stati offerti aiuti economici e borse di
persone hanno iniziato a far visita alla dentale, dove c'erano le case salesiane. studio per far sì che non lasciassero la
cappella che, grazie a un benefattore, C'erano però anche altri problemi; uno scuola. Alle strutture già esistenti sono
si è poi trasformata in santuario: arriva- studio socio-economico del 1974 sul- stati aggiunti nuovi programmi e ser-
vano persone chiedendo grazie, per l'area rivelò l'esistenza di quattro grandi vizi: una mensa, assistenza alle famiglie
ringraziare Dio di favori ricevuti, o più problemi sociali: alcolismo, in partico- bisognose, una clinica, un consultorio
semplicemente per accostarsi al sacra- lare tra i giovani, la condizione femmi- con psicologi, dentisti, omeopati, nu-
mento della confessione. Centinaia di nile, alfabetizzazione, scarsa cultura trizionisti, consulenti legali, agenti d'im-
giovani iniziarono a frequentare l'ora- religiosa.
piego, un centro medico e un club per
torio, con le sue svariate attività, tra cui
le persone anziane.
il catechismo. La diocesi e la congrega- I salesiani entrano in azione
zione salesiana non possono quindi
Attualmente il santuario è una parroc-
non essere grati a questo sacerdote e Su questo incentrarono il loro lavoro i chia a sé, che offre opportunità per
a questi laici, che han portato anche salesiani. li luogo della diffusione della un'evangelizzazione di base ma che
molte vocazioni.
fede, il santuario di Don Bosco, c'era, guarda anche alla devozione popolare,
così come i servizi di cui le persone si occupa di visite a domicilio, fornisce
li lavoro iniziato da un gruppo di laici avevano bisogno. Gli oratori e i centri personale per l'insegnamento della
e un prete locale, è stato quindi poi giovanili iniziarono a crescere, con le religione in molte scuole e offre ai
portato avanti da noi salesiani, ma loro attività: sport, programmi di arte e giovani una speciale messa per la santa
sempre a stretto contatto con la po- cultura, festival che portavano centi- Pasqua. Poiché i bisogni della gente
polazione. Se consideriamo la pre- naia di giovani, attività teatrali nel fine sono cambiati, anche i servizi si sono
senza salesiana nel suo insieme, settimana, mini olimpiadi, squadre di adeguati: servizio di "baby parking" per
possiamo inoltre affermare che essa è basket, calcio e pallavolo. I programmi genitori che lavorano; il nuovo centro
diventata un'offerta educativa che ri- educativi dedicati agli adulti avevano giovanile" Maria Ausiliatrice"; lavoro in
sponde alle necessità di tutta la popo- un target prettamente femminile: corsi rete con organizzazioni civili e giunta
!azione, sia nel corpo sia nello spirito, per segretarie, corsi di cucito, di cucina; comunale nell'ambito di programmi
e questo a partire da un periodo sto- sono state aperte una scuola elemen- per i giovani e le loro famiglie. Per non
rico caratterizzato da non buone rela- tare e una media, aperte a tutti; i corsi dimenticare l'anfiteatro all'aperto co-
zioni tra Chiesa e Governo. Il governo di catechismo erano per tutte le età; i struito proprio davanti al santuario, che
della città, visti i positivi contatti con i centri giovanili erano diventati luoghi offre un vasto programma culturale e
salesiani, ha poi dedicato al santo una di aggregazione, dove i ragazzi si sen- artistico per tutte le età.
strada e fatto costruire un monu- tivano come a casa e potevano ere-
mento a lui dedicato all'ingresso della scere nella fede. I salesiani cooperatori, Eh sì, Don Bosco deve proprio aver la-
città.
col passare del tempo, hanno assunto sciato il cuore qui a Le6n, anche se
un ruolo importantissimo di assistenti oggi sembra che sia interamente qui,
Perché tutto questo? Perché il carisma nel momento del gioco in cortile.
corpo e anima, mani e piedi, cuore e
di Don Bosco rispondeva alle necessità
testa! Il suo carisma ha come scopo la
della popolazione. I Salesiani e i laici, Con la crescita della popolazione alla totale salvezza dei giovani. Attraverso
lavorando insieme, hanno visto le fine del XX secolo, ecco altri problemi i suoi figli e figlie, i salesiani e le Figlie
trasformazioni della zona, e quindi sociali: bande nelle strade e droga. Si di Maria Ausiliatrice, religiosi e laici,
la creazione di servizi di base come trattava dunque di un problema gio- oggi, è diventato un "educatore a 360
*J acqua, telefono, elettricità, strade asfal- vanile, per cui i salesiani non han tar- gradi"
.
SALESIANI 2014
109

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DIRITTI UMANI
SUDAN ando scoppia l'emergenz
Don Bosco tra
i(cosiddetti)indesiderati del campo profughi
Suor Teresa Roszkowska FMA ci racconta: Per quel che riguarda i
campi profughi non cè stato nessun miglioramento. Le persone sono
ancora in attesa. La situazione è triste, sembra che questepersone non le
voglia nessuno. Ci sono momenti, quando sono nella mia stanza, in cui
penso a loro e scoppierei a piangere. Quante persone disperate. Don
Ferrington, comè ingiusto questo mondo! Chi sarà responsabile di quello
che sono oggi e saranno domani?
di Ferrington Rayen
N ella struttura di Mayo abbiamo
corsi di cucina per le donne dei
campi; loro cucinano e poi possono
vendere ciò che hanno fatto. Tempo fa
ho visto una mamma con tanti figli
che è uscita completamente di testa. I
bambini ora sono abbandonati a sé
stessi. Mi chiedevo: come possiamo
aiutarli? Questa gente ormai non
piange più, non ha nemmeno più la-
crime da versare. Quanto ancora do-
vranno aspettare per uscire da questo
esodo inumano? Per la prossima setti-
mana ho già pianificato un'intera gior-
nata di ritiro dedicata solamente alle
donne che vivono in questo campo
profughi.
tando quindi il primo vagone disponi-
bile per poterci saltare dentro e iniziare
così un'estenuante viaggio di 20 giorni
verso il Sud. Sono tanti i centri come
quello di Azubab che raccolgono cen-
tinaia di persone bisognose nella peri-
feria di Khartoum e nei suoi desertici
dintorni. Non c'è modo migliore per al-
leviare le loro sofferenze che far loro un
poco di scuola, una messa domenicale
e un poco di catechesi, oltre a portare
avanti programmi di salute e nutri-
zione.11 governo del Sudan (nella parte
Nord) non si occupa affatto della po-
polazione, che qui invece ha la possi-
bilità di avere un poco di istruzione.
I nostri centri e i nostri volontari of-
frono a questi bambini un lume di spe-
ranza con regolari lezioni scolastiche. È
un tentativo di creare un'atmosfera di
apprendimento, con la speranza che
una volta tornati nel proprio paese
possano inserirsi nella scuola senza
Sono le 8 e la giornata si prevede calda
e soleggiata. I bambini riempiono il
nostro piccolo centro di Azuzab, che si
trova nei pressi della stazione e alla pe-
riferia della grande città di Khartoum
(Sudan). Vengono tutti da un piccolo
campo dove le case sono in gran parte
fatte di scatole di cartone e pezzi di
plastica. Sono tutti sfollati della guerra
e che stanno aspettando di ritornare
nella loro nuova casa: il Sud Sudan. L'at-
tesa si sta prolungando e la gente ha
dunque deciso di piantare le tende
vicino ai binari della stazione, aspet-
11 O
SALESIANI 2014

12.3 Page 113

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problemi. È uno dei tanti modi per ri-
spondere allo stato di emergenza che
si è venuto a creare. La Divina Provvi-
denza non è mai venuta meno in
questi momenti. Al Hamdu Lillah
("Grazie a Dio"in arabo). Recentemente
abbiamo aperto due scuole per aiutare
questi ragazzi nel loro cammino scola-
stico.
Solo nella nostra parrocchia ci sono
2.000 famiglie e il numero cresce espo-
nenzialmente se includiamo tutti gli
altri centri gestiti da religiosi. Don
Bosco è assolutamente vivo in mezzo
a questa gente abbandonata.
Don Bosco nel Darfur -
un'immagine di carità cristiana
Don Bosco e i suoi figli hanno iniziato
la missione tra i giovani del Darfur sette
anni fa. Mi trovavo in Uganda per un
ritiro e al vedere la mia maglietta con il
logo di Don Bosco, mi si avvicina un ra-
gazzo sorridente e mi dice "Ho parte-
cipato al progetto Ragazzi del Darfur al
centro salesiano di El Obeid''. Da questa
frase è nato un lungo ed arricchente
dialogo.
Sono già più di 2.000 i giovani che
hanno partecipato a questo pro-
gramma di riabilitazione e formazione
professione nella nostra struttura di El
Obeid. Un progetto concreto e molto
significativo che si basa sul dialogo
inter-religioso con i nostri fratelli del-
l'Islam! Puntando sull'importanza
della vita e dell'amore, ecco qual è
stata la risposta di Don Bosco alle inu-
mane condizioni in cui viveva la popo-
lazione sudanese; questo è stato il
modo di rilanciarla.
Integrazione, inserimento e immer-
sione - queste le parole magiche che
sono alla base dell'intervento salesiano
a El Obeid. La nostra presenza a El
Obeid è diventata un'icona di carità cri-
stiana e offre una nuova e riconciliante
immagine di cristianità e di Chiesa. Il
Governo e la popolazione civile ci ca-
piscono meglio e, oserei dire, questo
potrebbe essere un ottimo spunto per
un rinnovamento dello spirito di dia-
logo con la Chiesa e la propria mis-
sione. Questi ex combattenti e soldati
trovano nella nostra casa e nel nostro
ambiente educativo un'oasi perfetta in
cui riscoprire serenità, pace e dignità
umana. Dopo un anno di vita qui con
i Salesiani, sono in grado di reinserirsi,
reintegrasi e immergersi nel proprio
ambiente e essere buoni ed onesti cit-
tadini nella società in cui vivono.
Questa iniziativa è stata estesa anche
al gruppo di persone più misterioso
che esista al mondo: quello che vive
sui monti Nuba nel sud Kordofan.
Perché misterioso? Non si è mai par-
lato molto di loro, di questa gente,
ricca di tradizioni, di costumi e anche
di origini bibliche. Guerre, conflitti, pu-
lizia etnica sono state le caratteristiche
di questo popolo negli ultimi due
secoli. Equeste piaghe non sono state
ancora debellate. Il governo locale ha
affidato ai Salesiani il progetto di evan-
gelizzazione della zona orientale dei
monti Nuba. La nostra antifona è
sempre stata: "Ci dispiace, signor ve-
scovo, non ora, non abbiamo perso-
nale''. Ma abbiamo già spedito dei
buoni apostoli passati prima dal centro
Don Bosco di El Obeid: circa 300 fino
ad ora.
"Per favore, mandateci Don
Bosco sui monti Nuba"
La popolazione di questi monti conti-
nua a dirci:"perfavore, mandateci anche
a noi Don Bosco''. Lo so che un giorno
arriveremo anche qui e credo che po-
tremmo così creare la linea immaginaria
tracciata da Don Bosco tra Santiago e
Pechino, passante per l'Africai . .
.V'

12.4 Page 114

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DIRITTI UMANI
di Joaquim Fernandes
D urante l'estate del 2004, il Don
Bosco Makarpura ha organizzato
un"E-Andolan"della durata di un mese,
nelle sei bidonville nei pressi della città:
un programma educativo di campi
scuola della durata di un mese. Le
classi si svolgevano al mattino e nei
luoghi dove vivevano già i bambini. Gli
"assenti forzati" sono stati individuati e
motivati a tornare sui banchi. Poi si è
organizzato un campo di tre giorni con
diverse attività come programmi di
consapevolezza, lezioni di assistenza
sanitaria, corsi di arte e teatro, etc. e ab-
biamo visto non solo la partecipazione
dei bambini, ma anche di moltissimi
adulti.
Seguendo queste attività, che hanno
così riportato la presenza salesiana
nella bidonville, è stato lanciato il Pro-
getto Roshni. Questo progetto ha lo
scopo di dare un'educazione di qualità
ai ragazzi più poveri della città. C'è, in-
fatti, un grande numero di bambini
delle bidonville che non va a scuola,
ma anche quelli che ci vanno ricevono

12.5 Page 115

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Questa non è solo una storia sulfare scuola nelle bidonville; è la storia di un'istituzione che decide
di reinventarsi! I Salesiani dell'ispettoria di Bombay hanno iniziato il loro ministero per igiovani
nella città di Baroda (Gujarat occidentale) nel 1974. Hanno creato una parrocchia e una scuola a
Makarpura, perprovvedere ai bisogni della comunità cristiana, e in particolareper servire ipoveri
e igiovani emarginati della zona. Con ilpassare degli anni, la scuola è diventata una dellepiù
importanti della città, ricercata anche daifigli delle classi benestanti. Di conseguenza per i ragazzi
più poveri, in particolare quelli provenienti dalle bidonville, è diventato sempre più difficile
ottenere unàmmissione come allievi. 1Oannifa, però, nel 2004, la comunità salesiana di
Makarpura ha sentito il bisogno di "ritornare a Don Bosco e a dedicarsi ai giovani più poveri".
un livello di scolarizzazione molto
basso. Diventa dunque nostra priorità
dare ai ragazzi un'educazione di qua-
lità.
stato lanciato in altre 3 bidonville e ab-
biamo accettato altri 15 nuovi allievi;
il totale di allievi che quindi sono en-
trati nella Don Bosco School è di 60.
Nel primo anno (2004-2005) abbiamo
iniziato gruppi di studio in quattro di-
verse bidonville, nei pressi della casa
Don Bosco. Abbiamo radunato in-
sieme gli alunni per due ore il mattino,
usando il metodo del "gioca&impara''.
aiutati da alcuni volontari. Il loro con-
tributo è stato quello di trovare i luoghi
adatti per queste lezioni. Alcuni ci
hanno prestato le loro case, altri le
piazze dei templi o il centro raduno
della comunità. Ècerto che non solo i
bambini ma anche gli adulti hanno
amato questa metodologia del "gioca-
impara''. Grazie a queste classi, molti ra-
gazzi che avevano abbandonato la
scuola, hanno invece ripreso a fre-
quentarla.
Oltre alle classi nelle bidonville, i salesiani
erano anche coinvolti nel progetto di
selezionamento dei bambini per am-
metterli nelle proprie scuole. Nel solo
primo anno di lavoro ben 15 bambini
delle bidonville sono stati accettati
nella scuola materna Don Bosco.
Il progetto Roshni è cresciuto tantis-
simo negli ultimi anni. Nel secondo
anno (2005-2006) le attività sono state
allargate ad altre sei bidonville. Enello
stesso anno altri 30 alunni sono stati
ammessi nel nostro asilo. Nel terzo
anno (2006-2007) il programma è
In 10 anni di lavoro il progetto Roshni
ha coinvolto ben 25 bidonville. Più
di 100 giovani provenienti dalle bidon-
ville ora studiano nella scuola Don
Bosco di Baroda. Hanno grandi aiuti
economici che permettono di pagare
la retta scolastica, spesso grazie a
singole persone o organizzazioni. Il
progetto Roshni si è anche esteso
all'ingresso di ben 350 allievi in scuole
municipali della città.
Per poter assicurare la partecipazione
della comunità e sostenibilità del pro-
getto, in ogni bidonville è stato creato
anche il SHG (Gruppo di auto-aiuto
femminile). L'SHG ha come scopo
primario l'arricchimento femminile e
come secondario quello delle genera-
zioni future. L'SHG dà alle donne
l'opportunità di imparare a guada-
gnare soldi e così aiutare i propri figli e
le famiglie. L'.SHG, inoltre, ha la respon-
sabilità di controllare che i bambini
siano inseriti nella giusta classe e di
monitorizzare il livello d'insegnamento
dei professori.
La novità del progetto Roshni è nel
metodo sistematico con cui i Salesiani
hanno cercato l'arricchimento dei
poveri attraverso l'educazione, assicu-
rando che i benefici scolastici fossero
veramente destinati ai più disagiati.
Ancora oggi si continuano a fare inda-
gini per identificare i luoghi delle
bidonville di Baroda così che il progetto
possa espandersi e portare la luce
dell'educazione al maggior numero
di bambini svantaggiati. Un'altra
particolarità del progetto è il grande
coinvolgimento dei parenti (special-
mente le mamme) nell'educazione dei
bambini attraverso i vari gruppi SHG.
Non manca poi come aspetto impor-
tante l'integrazione dei bambini delle
bidonville che sono accettati come
allievi nella scuola Don Bosco, dove ci
sono allievi di classi sociali più agiate.
Nelle stesse aule scolastiche convi-
vono quindi alunni di caste diverse, ma
senza alcun tipo di problema.
Dopo un decennio di lavoro, il pro-
getto Roshni (che in Hindi significa
luce) ha certamente dato tanta luce al
nome che porta. La luce dell'educa-
zione è arrivata a tante comunità delle
bidonville nella città di Baroda, ha illu-
minato le vite di tanti bambini poveri,
assicurando loro un futuro felice e rag-
giante-lfl.J
SALESIANI 2014
113

12.6 Page 116

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DIRITTI UMANI
I
un sogno elle si avvera
Un gruppo di 12 studenti indigeni del Mato Grosso ha iniziato a
frequentare questanno l'Universidade Cat6lica Dom Bosco (Università
Cattolica Don Bosco). Qui a seguito i dettagli, le sfide e i risultati di un
progetto avviato dalla Missione Salesiana in Malo Grosso.
di Marcelo Arm6a
Quel p�imo giorno nella sala let-
tura e sicuramente un giorno
da ricordare per Bergamim Tsipta-
'awe Tsuwate. Quando, il 30 gennaio
di quest'anno è entrato nel campus
dell'Universidade Cat61ica Dom
Bosco (UCDB), come lui stesso
afferma, "è stato il passo più impor-
tante della mia vita''. "Stavo realiz-
zando un sogno-dice il ventitreenne
studente di etnia Xavante, uno dei
12 studenti indigeni arrivati grazie al
programma della Missione Salesiana
Mato Grosso. Nei prossimi anni alla
UCDB sarà estesa la partecipazione
di studenti indigeni ai corsi d'infer-
mieristica, legge, servizi sociali,
gestione aziendale, pedagogia, psi-
coterapia, nutrizionismo, veterinaria
e agronomia: per ora tutti gli stu-
denti presenti arrivano dal sud
del Mato Grosso, in particolare da
Terena.
Del gruppo arrivato il 29 gennaio, 8
giovani erano di etnia Xavantes e 4
Bororos : in tutto 8 maschi e 4 fem-
mine, tra i 18 e i 29 anni. Oltre ad una
borsa di studio offerta dall' UCDB,
agli studenti viene dato un alloggio
(due case vicine all'università), un
impiego e servizio di monitoraggio.
Per i primi due mesi del loro sog-
giorno il cibo è stato offerto dal go-
verno del Mato Grosso meridionale.
"Ora ha inizio una nuova fase, in cui
si pagheranno il cibo con i propri sti-

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pendi" afferma Antonio Teixeira, eco-
nomo provinciale. L'ispettore della pro-
vincia di Campo Grande, don Lauro
Takaki Shinohara coordina invece l'in-
tero progetto.
Il progetto è nato per aiutare i giovani
dei villaggi di Xavante e Bororo, di cui
si prendevano cura i salesiani in Mato
Grosso. "Ci sono problemi ancora più
grandi di alcool e droghe, e crediamo
che attraverso l'educazione gli indi-
geni, specialmente i giovani, possano
essere in grado di crescere come citta-
dini e a loro volta di essere poi di aiuto
alle rispettive comunità" afferma Tei-
xeira.
Adattarsi a un nuovo stile di
vita
Bergamim condivide questa idea. In
questo momento sta frequentando il
primo semestre del corso di servizi
sociali e l'ha scelto perché crede che
"ognuno debba conoscere i propri di-
ritti e doveri nel modo migliore". "Se
mi sarà possibile farò poi ingegneria
civile, ma credo che quello di cui la
mia comunità ha veramente bisogno
sia di conoscere i diritti e i doveri. C'è
bisogno di qualcuno che la aiuti.
Voglio imparare a conoscere i diritti
di tutti, non solo delle popolazioni in-
digene. È questa, a mio parere, la cosa
più importante" afferma il nostro ra-
gazzo.
Idue giovani di etnia Xavante e Bororo
sono supportati dalla procura missio-
naria in questo periodo di adatta-
mento agli orari e routines della vita
cittadina. Quando gli è stato fatto l'in-
vito di studiare alla UCDB, erano ben
coscienti che avrebbero avuto tutto il
supporto necessario, ma anche che
avrebbero dovuto lavorare per potersi
gradualmente pagare le spese da soli.
"E' un modo per cavarcela da soli" dice
Bergamin. Viste le sue doti nei lavori
con il legno, gli è stato dato un lavoro
nel negozio di falegnameria presso il
quartier generale dell'ispettoria. Agli
altri studenti, invece, sono stati affidati
compiti di "tuttofare" presso la casa St.
Vicent. Durante le prime settimane la-
voravano dal lunedì al sabato, alternan-
dosi a seconda dell'orario dei corsi
universitari. Poi, visto il carico di studio,
questo servizio è stato ridotto a tre
giorni alla settimana.
L'altra grande difficoltà è stata la com-
prensione del portoghese. Secondo
Bergamim questo è un ostacolo
comune per chiunque arrivi dal Mato
Grosso e anche per gli altri studenti in-
digeni. "Ci sono altri studenti indigeni
nel mio corso, di etnia Terena, che
hanno trovato e trovano le mie stesse
difficoltà. Mi aiutano e mi incorag-
giano, non mi lasciano abbattere''.
Come aiuto nei problemi linguistici e
con i vari libri di testo, esiste il Nucleo
di studi e ricerche delle Popolazioni In-
digene (NEPPI), che ha sede presso
l'Università Don Bosco. Le lezioni sono
tenute interamente in portoghese,
così che gli allievi possano avere risul-
tati migliori, capire i testi e superare poi
gli esami.
Un'altra grande sfida è dare a questi
studenti un alloggio. C'è un gruppo
maschile ed uno femminile, con coor-
dinatori che ruotano ogni mese, così
che ognuno possa avere un ruolo di
responsabilità, aiutando gli altri con le
varie spese che vanno affrontate.
Superare i problemi
Nonostante tutte le difficoltà che ci
sono, Bergamim afferma che"nessuno
pensa di mollare tutto''. Ricorda benis-
simo il giorno in cui l'hanno invitato a
Campo Grande. "Che cosa fantastica ...
erano anni che sognavo di andare al-
l'università. Ero felicissimo e ho ringra-
ziato Dio" ci dice. Ecco la lista degli altri
giovani partiti insieme a lui: Daniela
Kietaga, Felizardo Tsite Tserehite, Vera
Lina lwarare Eimejerago, Flaviana Ret-
siba Tserenhowamre, Carlos Orione Ra
Wariro Tsimroparidi, Cleciane Pedata
Tserehite, Gonçalo Marques Koetaro,
Honorio Tserenhiroto Rewe Tswe, Vir-
gilio Buruwaro Tserehite and Leosmar
Tsimi'udo Tseretsu and Milton Bokode-
regaru-lff.)
SALESIANI 2014
115

12.8 Page 118

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o@[( ®
D O@IT@
Date unocchiata al Chronicle delle Nazioni Unite online eguardate i 'nomi'presenti nellàrgomento
principale: acqua, donne, giustizia, dialogo, clima, diritti umani, dividendo digitale, stato di diritto... È
una lista impressionante di ciò che è sbagliato e di ciò che ègiusto al mondo, se consideriamo che la
Carta delle Nazioni Unite mira a riparare i mali del mondo di cui puo occuparsi, detto con le sue stesse
parole a 'conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di
carattere economico, sociale, culturale od umanitario e nelpromuovere ed incoraggiare il rispetto dei
diritti umani e delle libertàfondamentali per tutti senza distinzioni di razza, sesso, lingua o religione"
(Art. 3 Carta delle Nazioni Unite). ECOSOC, il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite,
consulta le Organizzazioni Non Governative a carattere internazionale con una "speciale competenza
e interesse specifico nel campo di attività del Consiglio e dei suoi corpi sussidiari e che sono conosciute
nel campo per il quale hanno o cercano uno status consultivo".
Sfogliate il giornale che state leg-
gendo e notate i 'nomi' nei titoli
principali: acqua, profughi, risorse digi-
tali, tossicodipendenti, educazione ...
E vedrete immediatamente il legame
e il perché nel gennaio del 2007 è stato
dato uno speciale status consultivo da
ECOSOC ai Salesiani di Don Bosco, con
il nome di Missioni Salesiane con sede
a New York. E perché, tra l'altro, l'orga-
nizzazione ad essa collegata, VIDES +
USA, sotto l'auspicio delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, è rappresentata e ap-
provata in maniera analoga.
Visitate il sito dei Salesiani alle Nazioni
Unite (http//salesians-un.org), inaugu-
rato nel 2010, e considerate l'insieme
116
SALESIANI 2014

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di aree e sotto aree di interesse. È im-
pressionante: HIV/AIDS, eliminazione
della povertà, traffico di persone, svi-
luppo sociale, migrazione, clima, diritti
umani, popoli indigeni. Sulla Rivista dei
Salesiani potete trovare ogni anno
storie su tutti questi argomenti.
Prendiamo un esempio di questa atti-
vità delle Nazioni Unite, con il titolo di
'inclusione sociale; appartenente ad
un'area che mostra realmente la colla-
borazione tra Salesiani e giovani per
costruire un mondo migliore. Il sito
web dice: "Società sane cercano di
includere piuttosto che escludere gli
individui e i gruppi. La buona cittadi-
nanza incoraggia tutti i membri di una
società a lavorare per il bene comune
e offre opportunità per realizzare il pro-
prio potenziale. In collaborazione con
i giovani, i Salesiani cercano di aiutare
a costruire società integrate''. Ora pre-
state attenzione ad alcuni dei titoli
elencati; tutte le attività sono state
completate o sono attualmente in
corso e un certo numero di esse
sono presenti in questa edizione dei
Salesiani o in edizioni precedenti:
•La casa del Bambino di Bombay ospita
un programma di assistenza per i
Giovani "in conflitto con la legge"
Mario Vargas Uosa, premio Nobel per
la letteratura, elogia don Ugo Censi
e il suo lavoro in Chacas
Un Ex Allievo Salesiano aiuta gli orfani
della Palestina
• Il Don Bosco Vocational Center di
Kep Citu risponde alle esigenze degli
emarginati
ISalesiani collaborano per ricostruire
tre villaggi persi per gli alluvioni
L'.integrazione sociale attraverso lo
sport
Oppure notate la lista di 52 nazioni
sulla sinistra della pagina, dall'Angola al
Vietnam, in ognuna di esse ci sono una
o più storie simili. Non c'è dubbio che
i figli e le figlie di Don Bosco, consacrati
e laici, fanno la loro parte per riparare i
mali del mondo.
Lunedì 24 settembre, al quartier gene-
rale delle Nazioni Unite a New York, i
Salesiani hanno facilitato un dibattito
intitolato "Responsabilizzare i giovani
per cambiare la società". Autorità
ecclesiastiche, rappresentanti dei go-
verni e salesiani hanno presentato l'ef-
ficacia e l'importanza del carisma
salesiano per trasformare gli individui
e le società. L'.evento si è svolto a mar-
gine della 67a Assemblea Generale
dell'ONU e della Riunione di Alto Li-
vello sullo Stato di Diritto, grazie alla
collaborazione della Missione dell'Os-
servatore Permanente della Santa
Sede e della Missione Permanente
dell'Honduras presso l'ONU.
Nel suo ruolo di Presidente di Caritas
lnternationalis, il cardinale salesiano
Oscar Rodrfguez Maradiaga, ha citato
esempi tratti dai progetti salesiani e
della Caritas che evidenziano la gene-
rosità dei giovani, sottolineando che
molti ragazzi e ragazze donano nel
volontariato tempo e talenti per mi-
gliorare la vita altrui. La trasformazione
delle società, ha sottolineato il cardi-
nale, spesso inizia con l'entusiasmo, lo
zelo e la creatività dei giovani, che
stimolano a vedere le cose in modo
nuovo e ad approcciarsi alla vita con
passione e dedizione.
Il salesiano coadiutore Jean-Paul Muller,
Economo Generale dei Salesiani,
dotato di una vasta esperienza nel
campo dei progetti di educazione e di
sviluppo, ha messo in evidenza una
serie di esempi concreti e di buone
pratiche sviluppate dai salesiani in
tutto il mondo che permettono ai
giovani di sfuggire alla trappola della
povertà. Egli ha sottolineato la peda-
gogia del lavoro e ha esortato ad
aiutare i giovani a guadagnarsi uno sti-
pendio e a gestire le risorse finanziarie
con attenzione, consapevolezza e
giustizia.
Sì, i figli e le figlie di Don Bosco stanno
lavorando su moltissimi fronti nel
mondo, "collaborando per costruire un
mondo migliore'; come dice la descri-
zione stessa dei Salesiani alle Nazioni
Unite. L'.Ambasciatore del Venezuela
Valero ha osservato come l'UNESCO
ritenga i Salesiani"la più grande agenzia
educativa attualmente esistente". È
l'educazione la "speciale competenza"
cui sono "specificamente interessati" i
Salesiani e il campo per cui sono cono-
sciuti in 130 o più paesi nel mondo ffi.)
SALESIANI 2 0 1 4
117

12.10 Page 120

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PAPA FRANCESCO Cl INVITA
I
ci invita
a conoscere, amare
Don Bosco
I gesti e la personalità di Papa Francesco stanno avendo
una grande risonanza in ogni paese e co11tinente, tra i
credenti e i non credenti. Per i Salesiani il ministero
petrina che ha assunto è un vero e proprio dono di Dio.
La famiglia del Santo Padre e la sua personale storia sono
caratterizzate da una forte dose di Salesianità, come
viene descritto da don Bruno Cayetano in due lettere inviate
da C6rdoba e datate 20 ottobre 1990, proprio circa la sua
esperienza con il mondo salesiano. Nella prima fà riferimento
a don Enrique Pozzoli, il sacerdote che lo battezzò e che fu
confessore negli anni dell'infanzia e della gioventù:
Oggi, se la m e m o r i a n o n m i inganna. sono 29 anni
di Alejandro Le6n
dalla m o r l c di don Enriquc Pozzoli. I lo appena
celebralo u n a messa p e r lui, che m i ha baLLezzaLo
n e l l a c h i e s a d i San Carlo il 25 d i c e m b r e 1936. O g n i
voi La che faccio visita a M a r i a Ausilialricc, rni ferrno
a n c h e a pregare presso il fon l e baLLesirnale. per rin-
graziare del d o n o del Battesimo. Il f at Lo d i pensare a
d o n Pozzoli quesla rnaltina, rni ha fatLo venire i n
mente una promessa da manlencre, di mellere nero
su bianco alcune delle mie ··memorie salesiane",

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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anche per archiviarle...D o n Pozzoli era sLreLLa-
mente collegalo alla famiglia Sivori,la famiglia di
mia madre, e viveva al numero 556 di via Quintino
Bocayuva. Era mollo amico dei fratellidi mia
madre, in parlicolare con Vincenl, ilpiù anziano e
con l"hobby della loLografìa.lmiei ziimalerni erano
Lutti membri assai allividel movimento dei lavora-
lori catLolici.Papà arrivò dall'[Laliail25 gennaio
1929. Era piemontese, originario della zona e.liAsti,
m a aveva abiLalo a T'orino (in Via Garibaldi e
Corso Valdocco) per molti anni. Poiché viveva
vicino alla chiesa dei salesiani,una volta divenlato
con Labile,era già a LuLLi glieffeLti,m e m b r o della
..famiglia salesiana"'.
una che Lenne nel paese e.liSan Severo dAsli: '"San
Giuseppe nella vita delle donne sole, vedove e spo-
sate".J\\!lisembra che nonna abbia detto cose che i
poliLici delrepoca non condividevano affallo...U n a
volla rimase chiusa fuori dalla sala dove doveva
tenere la conferenza e, non volendo rinunciare a
parlare...simise in piedi sopra a un Lavalo...Ebbe la
fortuna di conoscere ilbealo Piergiorgio FrassaLi e
di lavorarea lìanco dellapro1.ssaProspera G ianasso
(personaggiodi grande spiccoalrinternodel movimento
dellAzione Cattolica).
Padre Bergoglio pone l'accento sul proprio affetto per i
salesianicon semplici parole:
La Divina Provvidenza, che Don Bosco ci aveva insegnato
ad amare e invocare,può essere osservata nell'episodioche
riportiamoqui di seguito,che dimostra come le nostre vite
sono piene dei segni dell'amore paterno di Dio per noi:
Sono arrivalia bordo della nave Giulio Cesare, m a
prima ancora sulla Principessa Mafalda, che poi è
affondata. N o n potete immaginare quante volte ho
ringrazialo la Divina Provvidenza di questo!!! Mio
papà aveva lavoralo presso la banca c.fllaliasia a
Torino sia ad Asli. Mia nonna, la signora Rosa Mar-
gherita Vasallo in Bergoglio (la donna che in asso-
luto h a avulo la maggiore influenza nella mia vita)
ha lavorato con [Azione Callo Iica,che era appena
agli albori. Faceva conferenze ovunque; ne ho
recentemente [atta pubblicare una su un opuscolo,
...La mia famiglia è cresciuta nella fede grazie ai
Salesianipresso lachiesa di San Carlo. Fin da bambino
avevo !abitudine di partecipare alla processione di
Maria Ausiliatricee di andare a messa anche nella
parrocchia di SanLAntonio in calle México.
Q u a n d o ero ospite a casa della nonna, ero solito
frequenlare l'oraloriodi San Francesco di Sales
(l'incaricatoall"epoca era don Alberto Della Torre,
ora cappellano dellaviazione militare).Ovviamenle
sono un supporter della squadra del San Lorenzo e,
poco Lempo fa,sono riuscito ad ollenere una copia
della .S.toria del Club del San Lorenzo", a cura di
don Mazza (mi pare). L h o donala a H u g o Chan-
Ladda, giornalistacattolico cliLa Prensa, e grande
arnmiraLore cliquesLa squadra di calcio. L o ha
ancora. Q u a n d o ero piccolo conoscevo di persona
tutti isacerdoti che conJessavano nella parrocchia
di San Carlo: don Montalclo, don Punlo, d o n Carlo
Scandroglio e d o n Pozzoli. E, sempre da bambino,
avevo illibro di don Moret "lslruzioni Religiose"'.A
ognuno di noi era anche stato insegnalo a chiedere
la benedizione di Maria Ausiliatriceogni voiLa che,
Lornando a casa, sisalutava un prele salesiano.
La devozione a Maria Ausiliatricequindi nacque già nei primi
anni dellafanciullezzae più tardiebbe un ruolo importante
nel discernimento della vocazione sacerdotale,scelta che
avvenne proprio davanti al suo quadro nella Basilica di
Almagro a Buenos Aires.Quel quadro era stato benedetto
dallo stesso Don Bosco. L'esperienzapiù importante a livello
di salesianità,come luistesso afferma, è stata quando era
studente presso ilcollegio Don Bosco a Ramos Mejfa,
provinciadi Buenos Aires.Ci offreun breve e profondo rias-
sunto della pedagogia salesiana:
...l'esperienza più importanle fatla coi Salesiani fu
SALESIANI 2014
119

13.2 Page 122

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PAPA FRANCESCO Cl INVITA
nel 1949 q u a n d o frequentavo il collegio "Wilf'rid
Bar6n de los Santos Angeles. nella cillà di Ramos
Mejfa. ln quel periodo il diretlore era il d o n E m i l i o
C a n l a r u t t i , m e n t r e l'incaricalo degli studenti era il
don [sidro Fucyo. li coadiutore Fernandcz lavorava
negli uffici. Tra i chierici ricordo i coacliuLori Leonardo
(o forse Leandro) Cangiani e Raul Vciga. Tra i sacerdoti
più anziani c'era don Usher, don Lambruschini,
don Cigolani, etc. M i è assai difficile fare un resoconto
generico su queslo preciso a n n o di viLa nel collegio,
poichè nel corso della vila ci ho riCTeltulo Lanlissime
volle. È mio desiderio quindi riparlare una riCTcssionc
su quel che è avvenuto. Sono consapevole che
polrebbe traltarsi di qualcosa d'intellettuale, che
m a n c a della f resch ezza del semplice racconlo, m a
d a l l r o c a n l o questi pensieri si sono piano piano
sviluppali nella menle e fanno parte della mia
esperienza ... q u i n d i credo sia qualcosa di, assolula-
menle, oggellivo. La v i l a del collegio aveva · t u l l o..
Si era immersi in u n a rete di vita, così organizzata
che non vi erano m o m e n t i di t e m p o sprecati. li
l e m p o scorreva preciso, senza modo di potersi
annoiare. Nli senlivo l
m o n d o che, anche se
olalmcnLe
organizzal
oi m··marelirfsìcoiainlmucnnle.
(con l u l l e quelle chicche educalive), io percepivo
del tutto naturale. Era naturale andare a Messa
ogni mattina. così c o m e fare colazione, sLudiare,
fare lezione, giocare nell'intervallo, e ascoltare i
messaggi della "Buona Nouc·· del Rcllorc. rfulli
quesli singoli aspclli vennero poi, c o n il l c m p o . a
sommarsi, e a creare in m e una coscienza: non solo
a livello morale, m a anche a livello umano (sociale,
artistico, etc). In altre parole ... risvegliando la consa-
pevolezza sulla verilà delle cose, la scuola a veva
crealo in m c una cullura caLlolica per nienlc vaga,
anzi, era m o l l o completa. L o sluclio, il f a l l o cli vivere
insieme, il relazionarsi con i bisognosi (ricordo
perfettamente l'insegnamento di rinunciare a qualcosa
cli noi a favore cli chi è più povero cli noi), lo sport, le
allività, gli atti di pielà, ... l u l l o questo era reale e ha
poi crealo abiludini che, l u l l c insieme, hanno
crealo un m o d o c u l l u r a l c di essere. A b i t a v a m o in
un m o n d o che era aperto al trascendentale. Divenne
così ancora piC1 semplice negli anni scolastici
successivi 'lrasferire" tutto quanto (in senso educativo)
anche in altri ambiti. Era una cosa semplice perché
ne avevo già fallo esperienza c o m e s l u d e n l e al
Collegio: senza distorsioni, in m o d o rcalislico, con
un senso di responsabilitf1 e Lrascendenzacome
meta. Questa cullura cattolica che ho quindi
ricevuto a Ramos Mejfa è, senza dubbi, la cosa più
i m p o r l a n l e... c'era Lempo per gli hobbies,
i laboralori ... d o n L a m b r u s c h i n i ci insegnava a
cantare, mentre con don Avilés ho imparato a
costruire c d a usare una macchina per i gelati.
C e r a un saccrdolc ucraino, don Eslcban, che ha
insegnalo a me cd alcuni compagni a servire messa
secondo il r i l o bizantino ... e c'erano così lanLe
risorse ( teatro, c a m p i o n a t i sporlivi, accademie ... ),
t u l t i canali per sviluppare i nostri hobbies e la
noslra curiosità giovanile. Eh, sì, siamo stati educali
nella crcalivilà.
Nell'educazione salesiana c'è la tradizione del messaggio
della Buona Notte, che arriva dall'intuizione e pratica
educativa dello stesso Don Bosco, che lo riteneva un ottimo
strumento di trasmissione dei valori e di vedere le cose da
un punto di vista di una persona credente. Continua
dunque a raccontare padre Bergoglio:
Ogni cosa veniva falla per un ben preciso motivo.
N o n c·era nulla '·senza significato" (al m e n o in ler-
mini fondamentali; a volte un'insegnante poteva
sembrare un po' l r o p p o impaziente o esserci slale
delle piccole ingiustizie, elc). h o imparalo, anche se
spesso senza rendermene c o n lo, a cercare il valore
delle cose. U n a di queste occasioni è sicuramente il
messaggio della "Buona N o l t e. che il R.eltore era
solito dare. A volle, quando era in visila alla scuola.
al suo poslo, lo dava l'ispellore. Ne ricordo ancora
alla perfezione uno, c o m e se fosse ieri, del vescovo
Monsignor Miguel Raspanli che, in quel periodo,
era ispettore. Sto parlando dell'ottobre del 1949 e
lui si trovava a C 6 r d o b a perché la m a d r e era m o r t a
il 29 sellembre. AJ r i l o r n o dalla c e r i m o n i a funebre
120
SALESIANI 2014

13.3 Page 123

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venne in visita al collegio e ci parlò della morte.
Ed ora, a distanza di 54 anni, ho capito che
quella "Buona Nolle' è slala un vero e proprio
punto di riferimento nella mia vita per quel che
riguarda il problema della morte. Quella notte,
senza alcun Lipo e.li paura, realizzai che un giorno
sarei morto anche io ed ebbi la sensazione che
fosse la cosa più naLurale che esisla. Quando, un
anno o due dopo, venni a sapere che il don Isidoro
Il o l o w a t y era morto, e.li c o m e aveva sofferto di
dolori allo slomaco fino a che. un mercoledì,
quando don Pozzo li che era andalo lì a confes-
sare i confratelli, gli ordinò di vedere un medico,
ho pensato che tutto fosse qualcosa di naturale,
che un salesiano polesse essere m o r l o in quel
modo, pralicando la virtù. Unallra "Buona Notte'
che mi colpì m o lto fu quella del don Cantarutti
che parlava della necessità di chiedere aiuto alla
Vergine Maria amnchè la propria vocazione
parlasse buoni frulli. Ricordo ancora quanlo
pregai quella notte una volta rientrato nella
camerata (credo che il coadiutore Avilés se ne
accorse, anche se non so esallamenle come,
perché me ne parlò in p u n to di m o rte ... ) e non
riuscii a prender sonno. Era il m o m e n t o
migliore, psicologicamente parlando, per dare
un significalo alla giornala appena Lrascorsa. a
ogni singola cosa avvcnula.
Senza trionfalismo e con molti esempi che ci sono stati
forniti, possiamo dunque affermare che le riflessioni del
Papa ci chiamano a un forte impegno per l'eredità
pedagogica e pastorale che ci lega al nostro padre
Don Bosco
-lfl.

13.4 Page 124

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