CG23|it|Seconda Parte

Capitolo Generale 23

dei Salesiani di Don Bosco



EDUCARE I GIOVANI ALLA FEDE


Documenti Capitolari

Roma, 4 marzo - 5 maggio 1990



Seconda Parte

Il cammino di fede



1. La comunità dl fronte alle sfide


Due di loro erano in cammino... Gesù in persona si accostò e camminava con loro (Lc 24,13.15.)


[89] La comunità interpellata

La comunità salesiana si sente interpellata dalle sfide. Le coglie con umiltà e con passione pastorale, e si lascia sfidare. E' convinta che non si tratta soltanto di semplici problemi giovanili, ma di "segni dei tempi". Per mezzo di essi il Signore si manifesta e la interpella.

La comunità risponde verificando la propria vita, le prospettive e i progetti che l'hanno guidata finora nel suo impegno pastorale ed è convinta di poter andare incontro ai giovani. Nella tradizione salesiana, infatti, si manifesta una felice coincidenza tra ciò che i giovani chiedono e ciò che la nostra consacrazione apostolica è sospinta a dare.


[90] ripensa la missione ricevuta

Alla radice di questa speranza stanno alcune convinzioni.

La missione giovanile, dove ogni confratello e ogni comunità sperimentano la gioia del proprio servizio, ci consente di camminare al passo con i tempi. Noi collaboriamo all'opera di Dio ed a questo fine Egli ci dà la sua grazia e la sua luce.

Con le loro sollecitazioni i giovani ci impediscono di fermarci sul passato, ci educano e ci spingono a trovare risposte nuove e coraggiose.

L'aurora di una "nuova evangelizzazione"1 ci convoca ad un impegno per la costruzione di una società più umana e ci chiede, soprattutto, di rinnovare in contesti nuovi, quasi con un salto di qualità, la nostra fede nella Buona Novella portata all'uomo dal Signore Gesù.


[91] si impegna a dare una risposta

Siamo convinti che Dio opera nella storia, che lo Spirito del Signore risorto è presente dovunque c'è del bene e chiama la comunità a confessare Cristo e a risvegliare la sua propria fede.

Non abbiamo risposte puntuali e di sicura efficacia per l'insieme delle sfide o per alcune di esse in particolare. Esse non sono difficoltà passeggere, ma indicazioni di un "cambio di epoca" che dobbiamo imparare a vagliare alla luce della fede.


[92] ispirandosi all'esperienza di don Bosco

A questa convinzione ci porta anche la nostra esperienza spirituale vissuta al seguito di Don Bosco.

Lo Spirito, presente nel suo cuore, attirava i giovani oltre la sua persona, verso Dio. Nella complessità delle situazioni e nella precarietà delle risorse, egli "viveva come se vedesse l'Invisibile"2. Seminava con fiducia stimoli di fede, gesti di bontà e formava persone che ne fossero portatori.

E' l'esperienza che noi pure vogliamo comunicare oggi ai giovani: la vita, per questa presenza misteriosa dello Spirito, anche nella povertà, porta in sé la forza del riscatto e il seme della felicità.

Questo è in sostanza "educare alla fede".

Perciò proponiamo di lasciarci convertire dalle loro provocazioni e li aiutiamo a scommettere sulla fede. Nutriamo la fiducia di poter loro offrire un cammino che li porti dal desiderio di vita alla pienezza di essa, a maturare cioè uno stile di esistenza che riproduca quello di Gesù di Nazareth così com'è stato rivissuto da Don Bosco.

Questo è in sostanza la "spiritualità giovanile salesiana".


[93] sull'esempio del Signore

Facciamo tutto ciò sull'esempio del Signore e seguendo il metodo della sua carità di buon Pastore3 sulla via di Emmaus4. Ripetiamo i suoi atteggiamenti: prendiamo l'iniziativa dell’incontro e ci mettiamo accanto ai giovani; con loro percorriamo la strada ascoltando, condividendo le loro ansie ed aspirazioni; a loro spieghiamo con pazienza il messaggio esigente del Vangelo; e con loro ci fermiamo, per ripetere il gesto di spezzare il pane e suscitare in essi l'ardore della fede che li trasforma in testimoni e annunciatori credibili.



2. Il cammino di educazione alla fede


Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52).



All'incontro di Dio nel giovane


[94] L'opera di Dio

Educare i giovani alla fede è per il salesiano "lavoro e preghiera". Egli è consapevole che impegnandosi per la salvezza della gioventù fa esperienza della paternità di Dio5 "che previene ogni creatura, l'accompagna con la sua presenza e la salva donando la vita"6.

Don Bosco ci ha insegnato a riconoscere la presenza operante di Dio nel nostro impegno educativo, a sperimentarla come vita e amore.


[95] riconosciuta

Noi crediamo che Dio ama i giovani. Questa è la fede che sta all'origine della nostra vocazione, e che motiva la nostra vita e tutte le nostre attività pastorali.

Noi crediamo che Gesù vuole condividere la "sua vita" con i giovani: essi sono la speranza di un futuro nuovo e portano in sé, nascosti nelle loro attese, i semi del Regno.

Noi crediamo che lo Spirito si fa presente nei giovani e che per mezzo loro vuole edificare una più autentica comunità umana e cristiana. Egli è già all'opera, nei singoli e nei gruppi. Ha affidato loro un compito profetico da svolgere nel mondo che è anche il mondo di tutti noi.

Noi crediamo che Dio ci sta attendendo nei giovani per offrirci la grazia dell’incontro con Lui e per disporci a servirlo in loro, riconoscendone la dignità ed educandoli alla pienezza della vita.

Il momento educativo diviene, così, il luogo privilegiato del nostro incontro con Lui.


[96] in ogni situazione giovanile

In forza di questa grazia nessun giovane può essere escluso dalla nostra speranza e dalla nostra azione, soprattutto se soffre l'esperienza della povertà, della sconfitta e del peccato. Noi siamo certi che in ciascuno di essi Dio ha posto il germe della sua "vita nuova".

Questo ci spinge a renderli coscienti di tale dono e a faticare con loro, perché sviluppino la vita in pienezza. Quando la dedizione sembra non raggiungere il suo scopo, noi continuiamo a credere che Dio precede la nostra sofferenza come il Dio della speranza e della salvezza.



Punto di partenza


[97] Andare verso i giovani

Il nostro impegno di educazione dei giovani alla fede si imbatte sovente in un ostacolo: molti giovani non sono raggiunti né dal nostro messaggio né dalla nostra testimonianza. Rimane tra noi e la maggior parte di loro una distanza che spesso è fisica, ma che è soprattutto psicologica e culturale.

Eliminare la distanze tra noi e loro, farsi prossimi, accostarsi a loro è dunque per noi il primo passo. E anche in questo Don Bosco ci fu maestro. "Sento, o miei cari - egli scriveva da Roma nel 1884 il peso della mia lontananza da voi e il non vedervi e il non sentirvi mi cagiona pena quale voi non potete immaginare"7.

Egli si metteva alla ricerca dei giovani: usciva per le strade, sulle piazze; entrava nei cantieri e nei posti di lavoro. Li incontrava a uno a uno e li invitava nel suo Oratorio.

Questo amore e i gesti che lo accompagnavano non appartenevano soltanto a un metodo pedagogico, ma erano l'originale espressione della sua fede nel Signore e della sua volontà di annunciare Cristo ai giovani.


[98] incontearli dove si trovano

Andare ed incontrare i giovani dove si trovano, accoglierli disinteressatamente e con premura nei nostri ambienti, metterci in attento ascolto delle loro domande e aspirazioni sono per noi scelte fondamentali che precedono qualsiasi altro passo di educazione alla fede.


[99] valorizzando quanto già hanno

Il cammino di educazione alla fede inizia col valorizzare il patrimonio che ogni giovane ha in sé, e che un vero educatore con intelligenza e pazienza saprà scoprire. Egli utilizzerà opportunamente la ragione e la sua sensibilità pastorale per scoprire il desiderio di Dio a volte sepolto, ma non del tutto scomparso dal cuore del giovane. Metterà in gioco la sua carica di comprensione e di affetto, studiando di "farsi amare".

L'accoglienza genera, poi, una circolazione di reciproca amicizia, stima e responsabilità, al punto da suscitare nel giovane la consapevolezza che la sua persona ha un valore ed un significato che oltrepassa quanto egli stesso aveva immaginato. E questo mette in azione ogni sua migliore energia.


[100] in un ambiente educativo

L'accoglienza tocca più profondamente quando a coinvolgere il giovane non sarà solo una persona, ma tutto un ambiente carico di vita e ricco di proposte. Paradigma di ogni nostro ambiente è l'Oratorio: "casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi da amici e vivere in allegria"8.

L'ambiente "oratoriano" non è primariamente una specifica struttura educativa, ma un clima che caratterizza ogni opera salesiana. I rapporti improntati alla confidenza e allo spirito di famiglia, la gioia e la festa che s'accompagnano alla laboriosità e al compimento del proprio dovere, le espressioni libere e molteplici del protagonismo giovanile, la presenza amicale di educatori che sanno fare proposte per rispondere agli interessi dei giovani e suggeriscono nel contempo scelte di valori e di fede, ne costituiscono le caratteristiche principali.

A questo clima ritorna con nostalgia Don Bosco nella lettera dell’84 da Roma, quando chiede che si rinnovino "i giorni dell’affetto e della confidenza cristiana" fra giovani e salesiani, "i giorni dei cuori aperti con tutta semplicità..., della carità e della vera allegrezza..."9.

Don Bosco fu inventivo nel creare ambienti in cui fondeva educazione e fede e dove i suoi giovani diventavano missionari dei giovani.

Per questo fu sempre esigente circa la qualità educativa dei suoi ambienti, tanto da non esitare a prendere decisioni anche dolorose nei confronti di quei giovani e di quei collaboratori che in qualche modo rifiutassero apertamente o compromettessero il clima educativo.

Così, nello stretto rapporto fra l'incontro personale con ogni giovane da parte dell’educatore e la ricca sollecitazione dell’ambiente, maturarono nella storia salesiana esperienze esemplari di santità giovanile.



La proposta di vita cristiana


[101]

Un incontro significativo o l'accoglienza cordiale in un ambiente divengono momenti di inizio di un cammino "verso" la fede o di un ulteriore itinerario "di" fede. Si mette allora alla prova il cuore oratoriano del salesiano, la sua personale esperienza di fede in Gesù Cristo e la sua capacità pedagogica.

Nell’orientare verso la fede, lo stile salesiano si muove secondo alcuni criteri.


[102] Una proposta di fede all'interno del processo educativo

Il processo educativo, in cui ci si impegna per la promozione totale della persona, è lo spazio privilegiato dove la fede viene proposta ai giovani. Questo orientamento è decisivo per definire le caratteristiche e i contenuti del cammino. In esso si valorizzano non solo i momenti "religiosi", ma anche quanto si riferisce alla crescita della persona fino alla sua maturità.


[103] I giovani e Cristo

Il cammino deve essere tracciato dunque tenendo ben presenti due riferimenti: il travaglio che i giovani devono affrontare nel formare la loro personalità, da una parte; e dall'altra il preciso richiamo di Cristo, che li sollecita a costruirla secondo la rivelazione che si è manifestata in Lui.

La vita dei giovani è insieme punto obbligato da cui partire per un cammino di fede, continuo riferimento nel suo svilupparsi e punto di arrivo del cammino stesso, una volta che essa sia stata trasformata e avviata alla pienezza in Gesù Cristo.

L'annuncio di Gesù Cristo, sempre rinnovato, è l'aspetto fondamentale di tutto il cammino; non rimane qualcosa di estraneo, di giustapposto all'esperienza del giovane. Diviene in essa via, verità e pienezza di vita.

Si ha allora un vero cammino "verso" la fede e un preciso cammino "di" fede che parte da questo riconoscimento: Gesù Cristo si è manifestato come il vero uomo e solo in Lui l'uomo entra totalmente nella vita. Il cammino tende definitivamente ad assicurare e a consolidare l'incontro con Lui, vissuto nella comunità ecclesiale e in una intensa vita cristiana.


[104] Un cammino educativo

Occorre tener presente che si tratta di un cammino "educativo", che prende i giovani nella situazione in cui si trovano e si impegna a sostenerli e orientarli a compiere i passi verso la pienezza di umanità a loro possibile.

E' dunque percorribile anche in quelle situazioni in cui l'annuncio esplicito di Cristo risulta difficile, impraticabile, o dove sono ancora da creare le condizioni minime perché sia ascoltato. In simile stato di precarietà il riferimento al Vangelo fa da ispiratore, indicando valori umani autentici, e dando fiducia alla sofferta e silenziosa testimonianza degli educatori.

Proprio in forza di questa logica il cammino pone al centro dell’attenzione alcuni aspetti.


[105] che privilegia gli ultimi e ui più poveri

1. Il cammino si adegua a coloro che devono incominciare la scelta salesiana di privilegiare i più poveri è la condizione previa per dialogare con tutti, anche con quelli che sono meno informati sull'"evento" cristiano.

Il linguaggio facile e immediato, un ambiente accogliente e lo stile di rapporto familiare rendono accessibile il mistero salvifico e si trasformano in buona notizia e invito per quanti sono lontani.

Il collocarsi dalla parte degli ultimi e dei più poveri determinerà non solo l'inizio del cammino, ma ogni ulteriore tappa, fino a quelle conclusive.

A colui che ha già percorso un tratto di strada non si può certamente chiedere di partire da capo, ma lo si può invitare a ritornare sempre alle realtà, alle parole e ai segni più semplici e fondamentali, per sostenere con la propria testimonianza ed azione il passo di quanti stanno iniziando.


[106] che non finisce mai

2. Il cammino procede sempre verso ulteriori traguardi. Si apre fino a quegli orizzonti di donazione e di santità che lo Spirito sa svelare ai giovani. L'esemplare avventura di Domenico Savio e di Laura Vicuña è paradigma della nostra esperienza educativa, e ci fa riconoscere i frutti straordinari che la vita di fede produce nei giovani.

La nostra missione educativo-pastorale risulterà quindi carente tutte le volte che non saremo capaci di scorgere nei nostri ambienti questo dono posto da Dio, o non ci troveremo preparati a sostenere una risposta generosa.


[107] che si adegua al passo di ogni giovane

3. Oltre a privilegiare i poveri-ultimi-lontani e ad essere propositivo per i più progrediti, il cammino richiede una terza sensibilità: prendere atto che ogni giovane ha un suo passo, diverso dal passo degli altri, che gli esiti delle tappe non sono uguali per tutti e che, quindi, il percorso va adeguato ad ogni singolo caso. Se la fede è dialogo d’amore di Dio e con Dio; se è un’alleanza da Dio proposta nella concretezza della vita, allora non esistono "clichés" che si possano ripetere.

Costituiti dalla iniziativa dello Spirito amici di Dio e dei giovani, ci impegniamo a prevenire, favorire, seguire le loro parole e i loro gesti.


[108]

Anche i fallimenti educativi possono essere esperienza di ogni cammino. Non li consideriamo fatti accidentali o dimensioni estranee al processo educativo. Ne sono parte integrante e vanno assunti con atteggiamento di comprensione. Sono, in alcuni casi, conseguenza delle gravi condizioni in cui si trovano a vivere certi giovani.


[109]

Da tutto questo risulta evidente che il cammino deve essere pensato come unico, perché unica è la meta cui è orientato, uniche le indicazioni legate alla natura della fede, e sono costanti alcune caratteristiche dell'esperienza giovanile.

Ma non è difficile comprendere che il cammino deve progressivamente determinarsi in itinerari particolari, commisurati sui giovani che lo percorrono.

Gli itinerari si presentano appunto come determinazioni più dettagliate di esperienze, contenuti e traguardi, a seconda dei giovani e delle situazioni particolari.


[110] Che si realizza in comunità

4. Vi è un aspetto da non trascurare. E' la comunità educativa, composta di giovani e adulti insieme. Essa è il soggetto che percorre il cammino "verso" la fede e "di" fede. Non si possono fare distinzioni del tipo: i giovani sono i "destinatari" della proposta, mentre gli adulti sono da ritenere solo elaboratori tecnici e autorevoli della medesima. Una simile prospettiva riporterebbe tutto il discorso nell’ambito dei servizi professionali, staccati dalla vita. San Paolo ci ricorda come alla fede noi veniamo generati10.

Il cammino è unico e coinvolgente, sempre. Anche se esso interpella ogni singola persona in ordine alle sue specifiche responsabilità di fronte a Dio, la proposta però è sostenuta da tutti coloro che riconoscono in Gesù il fondamento e il senso della vita.


[111]

Nella comunità educativo-pastorale tutte le persone, siano esse impegnate in compiti di educazione e sviluppo umano o più esplicitamente sul versante del discorso di fede, sono "educatori dei giovani alla fede".

La loro gioia più grande è comunicare ad essi le incommensurabili ricchezze di Cristo11. Tutte le risorse e le attività devono concorrere per servire la stessa persona, aiutandola a crescere verso la vita e verso l'incontro con il Signore risorto.



Aree di attenzione



La meta globale


"Perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20,31).


[112] L'uomo orientato a Cristo

Ogni tracciato di cammino è sempre definito da si vuol giungere, dalla meta. Dobbiamo aver chiaro quale sia il tipo di uomo e di credente che deve essere promosso nelle concrete circostanze della nostra vita e della nostra società, consapevoli anche che lo Spirito di Gesù Cristo lo va plasmando a partire da una "nuova creazione".


[113]

In questa direzione ci orientano le nostre Costituzioni: "Educhiamo ed evangelizziamo secondo un progetto di promozione integrale dell’uomo, orientato a Cristo, l'uomo perfetto. Fedeli alle intenzioni del nostro Fondatore, miriamo a formare onesti cittadini e buoni cristiani"12.

Il primo riferimento di questo testo costituzionale mette a fuoco la sostanziale configurazione a Cristo, Figlio e Fratello, che dona la sua vita per tutti ed è dal Padre risuscitato. Il secondo riferimento invece ("onesti cittadini e buoni cristiani") si rivolge alla realizzazione storica di questo "tipo di cristiano", chiamato a vivere nella Chiesa e nella società in un preciso tempo e in uno spazio determinato.


[114] che sa integrare fede e vita

Per dire tutto questo, in molti contesti si preferisce utilizzare una formula densa ed espressiva: si parla di "integrazione tra fede e vita". Questa integrazione è la risposta alla sfida più drammatica e provocatrice che abbiamo più sopra evidenziato: l'irrilevanza e la separazione tra la fede, la vita e la cultura che si manifestano contemporaneamente a livello sociale e personale.

La meta che il cammino propone al giovane è, allora, quella di costruire la propria personalità avendo Cristo come riferimento sul piano della mentalità e della vita. E' un riferimento che, facendosi progressivamente esplicito e interiorizzato, lo aiuterà a vedere la storia come Cristo, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo.

Per la fecondità misteriosa di questo riferimento la persona si costruisce in unità esistenziale: assume le proprie responsabilità e ricerca il significato ultimo della propria vita. Posta all'interno di un popolo di credenti, riesce con libertà a vivere intensamente la sua fede, ad annunciarla, e nella vita quotidiana a celebrarla con gioia.


[115]

Per conseguenza maturano e diventano connaturali quegli atteggiamenti umani che portano ad aprirsi sinceramente alla verità, a rispettare ed amare le persone, ad esprimere la propria libertà nella donazione e nel servizio. E' l'esercizio della fede, della speranza e della carità come stile di vita.

Mentalità, vita quotidiana, presenza nella comunità: sono indicati in questo modo i tre campi in cui si misura la veridicità del "buon cristiano" e dell’"onesto cittadino".

Il binomio salesiano sottolinea il valore della dimensione comunitaria, sociale e politica della fede e della carità, che porta ad assumere precise responsabilità nella costruzione di una società rinnovata.



Le aree


[116] Quattro grandi aspetti della maturazione cristiana

Il cammino è pensato come progressiva crescita verso questa meta. Ci impegniamo perciò su quattro grandi grandi aspetti della maturazione cristiana che chiameremo "aree".

Le possiamo schematicamente indicare come:

- a crescita umana verso una vita da assumere come "esperienza religiosa";

-l'incontro con Gesù Cristo, uomo perfetto, che porterà a scoprire in Lui il senso dell’esistenza umana individuale e sociale: il "Salvatore dell’uomo";

-l'inserimento progressivo nella comunità dei credenti, colta come "segno e strumento" della salvezza dell’umanità;

-l'impegno e la vocazione nella linea della trasformazione del mondo.

All'interno di queste aree dovremo:

-coltivare alcuni atteggiamenti da sottoporre a frequente verifica;

-individuare alcuni nuclei di conoscenze indispensabili per comprendere adeguatamente la vita cristiana;

-scegliere esperienze capaci di mediare e proporre atteggiamenti e conoscenze.


[117] che rispondono alle sfide

Questi quattro aspetti partono dalle sfide poste alla fede dei giovani e alla nostra missione di educatori da parte dell’attuale situazione culturale e giovanile. Dalle sfide emerge infatti la domanda di vita e la significatività della fede nella maturazione della propria identità e nella storia umana. Il rischio che la fede corre è di restare irrilevante sia per l'esistenza che per il processo storico.

Le aree vogliono assumere quello che l'uomo stima come vero valore e deporvi il seme della fede come compimento e senso ultimo. Vogliono, nell’insieme, presentare il Regno inserito nel cuore della storia (la grande storia del mondo o la piccola storia personale) e i veri credenti quali chiamati dall'amore di Dio ad impegnarsi nella lievitazione della storia umana.

Così la fede non è disgiunta o giustapposta a ciò che è umano, storico, temporale, secolare, ma, germinando all'interno di tutto questo, lo risignifica, lo illumina, e anche lo trascende allargando i nostri orizzonti al di là della storia.


[118] da comprendere bene nel loro significato

Le aree non sono e non debbono essere pensate, nella persona o nell’azione educativa, come settori separati.

Sono compresenti e si richiamano continuamente a vicenda.

Non è accettabile che si consideri prima solo il versante della crescita umana e poi quello della fede. Bisogna riconoscere alla fede una sua peculiare energia in tutta la crescita umana della persona. Il riferimento a Gesù Cristo e alla Chiesa è costante e attraversa tutte le aree, pur sapendo che si esplicita e si concentra in determinati momenti.

Quando la Parola di Dio ha riempito la vita, la crescita umana non si arresta, anzi continua e si manifesta con nuove espressioni.

Noi abbiamo bisogno di presentare questi contenuti in successione logica, ma ciò non significa che vogliamo indurre a considerarli successivi nel tempo.


[119]

Qualunque progresso è però impensabile, se la proposta non viene assunta dal soggetto. I contenuti che in ogni singola area vogliamo accentuare non sono "lezioni" offerte dall'esterno, o materiali da lavorare. Sono invece maturazioni che avvengono nella persona in forza delle sue scelte. Va allora prestata molta attenzione perché ogni proposta sia debitamente interiorizzata.

L'educazione alla fede viene dunque pensata come umanizzazione, senso della vita, scelta di valori e impegno ecclesiale e sociale.



Verso la maturità umana


Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri (Fil 4,8).


[120] Vita e fede si richiamano

I giovani ai quali pensiamo per primi sono "poveri".

La loro povertà si presenta sotto molte forme: povertà di condizioni di vita, di senso, di prospettive, di possibilità, di consapevolezza, di risorse. E' la vita stessa che si trova depauperata delle sue risorse principali. Non affiora alcuna esperienza religiosa finché non si scopre la vita nel suo vero senso. E, viceversa, ogni esperienza di vera vita libera una tensione religiosa.

A partire dall'ammirevole armonia di grazia e di natura così significativamente manifestata nella persona di Don Bosco educatore, è facile per il salesiano comprendere che la fede richiama la vita, e la vita, riconosciuta nel suo valore, sente in certa maniera il bisogno della fede. In forza della grazia non c'è frattura ma continuità tra creazione e redenzione.


[121]

Il cammino di fede incomincia con il "renditi umile, forte e robusto"13 sotto la guida materna di Maria e con il sostegno degli educatori.

Una prima indicazione per sostenere lo sviluppo di quest'area è l'attenzione alle esigenze caratteristiche di ciascuna fase della crescita:

-la fase dell’infanzia che scopre il mondo circostante con meraviglia;

-la fanciullezza che si apre a quanto esiste attorno e al rapporto positivo con le altre persone;

-l'adolescenza con il desiderio di conoscere se stessi, di accettarsi, di esplorare e sperimentare la propria identità;

-la ricerca di orientamento, lo sforzo di raggiungere una sintesi soddisfacente e il desiderio di partecipare e offrire contributi alla vita sociale che è proprio del giovane.


[122] i primi passi verso i giovani

Per questo non possiamo trascurare, ma dobbiamo prendere in considerazione la particolare situazione di bisogno in cui molti giovani si trovano.

La prassi salesiana vuole aiutare a superare quelle carenze radicali, economiche o affettive, che di fatto condizionano la successiva apertura ai valori.

In questo impegno la fede viene già proclamata nella testimonianza della carità. Contemporaneamente la persona si scioglie da pesanti condizionamenti e si rende libera. Su questa linea si muove ogni iniziativa che intenda offrire ai giovani condizioni degne di vita, luoghi di distensione, o li prepari ad inserirsi nel mondo del lavoro e ad acquistare una cultura sufficiente. Sono così create le condizioni favorevoli perché i giovani si aprano a ricercare e ad accogliere la verità e il gusto di quegli autentici valori che li conducono alla piena maturità umana e li rendono protagonisti della loro vita14.


[123] chiedono all'educatore scienza e sapienza

Per meglio decifrare problemi ed elaborare proposte giuste in questa prima area, l’educatore alla fede si serve anche delle scienze dell’educazione, utilizzandole con quella sapienza che lo sguardo della fede stessa gli suggerisce.

Il panorama dei modelli educativi si presenta intricato. L'educatore alla fede sceglie e organizza i suoi interventi con lo sguardo fisso all'immagine di uomo di cui percepisce il riflesso contemplando il mistero di Dio presente in Gesù di Nazareth.

L'uomo maturo è quello che ascolta con attenzione gli interrogativi che la propria vita e il mondo propongono; quello che coglie il mistero che li avvolge e ne ricerca il significato mediante la riflessione e l'impegno. E' questo il modello che la solida tradizione salesiana ci riconsegna, quando fa della religione il punto di riferimento per l'educazione. Ben lo sottolinea "Iuvenum Patris" là dove dice: religione "indica che la pedagogia di Don Bosco è costitutivamente trascendente"15.


[124] portano ad accogliere la vita

In questa prospettiva presentiamo alcune mete da raggiungere e qualche esperienza da proporre.


1. In primo luogo il giovane deve accogliere la vita.

Ciò significa anzitutto che deve accettare se stesso.

Per alcuni giovani questo avviene in maniera spontanea. Il trovarsi in un mondo di persone che li amano, che dialogano con loro e lavorano nel costruire la storia, piccola o grande, è per essi di grande aiuto.

Per altri, invece, è questa la prima e grande scommessa. Pensano - e lo soffrono internamente - che la loro vita non meriti di essere vissuta. Esperienze negative o carenze fondamentali li portano a lasciarla correre o a cederla a basso prezzo. L'educatore della fede deve allora accompagnarli con intelligenza e con cuore, affinché riconoscano il valore inestimabile della vita.

Essi ne scoprono così il duplice carattere di dono e di compito. E' un passo indispensabile perché divengano "soggetto" della propria storia, e responsabili della propria crescita. Se vengono offerte loro esperienze positive, se si aiutano a decifrare i condizionamenti culturali e strutturali, personali e collettivi dentro i quali si è svolta finora la loro storia, percepiscono che il cambiamento è possibile, che c'è futuro, che vale la pena sperare.

Quando queste prime "chiusure" alla vita vengono superate, è possibile far emergere altri interrogativi, suscitare altri atteggiamenti, mettere in attività altre energie.


[125] ad aprirsi agli altri

L'idea positiva di sé porta verso una progressiva apertura alle relazioni interpersonali e dà la capacità di comunicarsi agli altri, riconoscendo il loro valore, accogliendo la loro diversità e accettando i loro limiti.

Predispone anche a mettersi in rapporto positivo con l'ambiente, con la realtà e il mondo.

La pedagogia salesiana affida lo sviluppo di questa dimensione alle attività che i giovani svolgono insieme in un clima di allegria e collaborazione. Lì essi incontrano adulti, capaci di amare le cause più nobili e di trasmetterne l'entusiasmo.


[126] a far emergere le aspirazioni profonde

2. Accoglienza della vita, esplorazione, brama di gustarla fino in fondo svelano e fanno toccare con mano la profondità delle aspirazioni umane e i loro limiti. Sta qui un altro passo da compiere e un grappolo di esperienze da proporre, in linea con l'incontro tra vita e fede. L'adulto è ormai capace di esprimere con proprietà questa percezione, mentre l'adolescente e il giovane la vivono ancora confusamente e la soffrono nella propria carne.

E' compito dell’educatore mettersi al loro fianco e aiutarli a rendersene conto, vivendo esperienze arricchenti.

Tali sono quelle esperienze che chiamiamo di "pienezza", cioè quelle realizzazioni di ideali sognati intensamente come donazione, protagonismo, rinuncia al proprio comodo per servire i più bisognosi, contemplazione della natura o della verità, momenti di realizzazione.

Anche le esperienze "del limite e della miseria" sono capaci di far crescere e maturare interiormente: così le personali insoddisfazioni, la coscienza della propria povertà, le situazioni umane di dolore e di miseria.

Ma come può un giovane comprendere questo?

Ponendosi in ascolto della sua propria voce interiore, e imparando a leggere i fenomeni della convivenza umana. Seguito dall'educatore, egli si apre alla dimensione etica e matura in due direzioni: coglie l'incidenza dei suoi atteggiamenti e delle sue azioni sulla propria vita, e comprende la sua responsabilità verso gli altri con i quali condivide di fatto i beni principali. Separare questi due aspetti o subordinarli l'uno all'altro è far nascere e dar forza alla radice dell’individualismo. Sono due versanti su cui corre la maturazione della persona.


[127] a scoprire il senso della vita

[3.] Prende così corpo la domanda sul senso della vita e la ricerca del suo significato ultimo. Non si tratta di un problema "intellettuale". Al di là del come riescono ad esprimerlo, molti giovani fanno ricerca di senso, specialmente quando sperimentano nella propria vita una profonda insoddisfazione, a volte radicale, e pensano al futuro. L'insoddisfazione può avere origini e motivazioni diverse: la frustrazione di fronte all'impossibilità di raggiungere un modello di felicità che hanno desiderato, o l'esperienza del vuoto, dopo aver vissuto proposte che promettevano l'appagamento dei propri bisogni.

In questo processo di maturazione, gli educatori hanno un ruolo insostituibile. Sono chiamati ad offrire il loro aiuto nella riflessione, rendendo accessibile ai giovani la ricchezza della propria esperienza di adulti.

Ci sono alcuni ambienti che offrono per loro natura una riflessione sistematica sui problemi dell’uomo. La prassi salesiana sa mettere a disposizione anche modalità meno formali come valutazioni rapide, ma non superficiali, su eventi e situazioni, o conversazioni spontanee in contesto di distensione e di gioco, o confronti personali opportunamente predisposti.


[128] ad anelare al trascendente

4. Nel giovane la domanda e la ricerca di senso diviene "invocazione", desiderio cioè di una risposta, di un orizzonte o di una prospettiva che faciliti la soluzione dell’interrogativo, posto dalla vita, sulla sua origine e il suo termine, sul compito proprio della persona perché essa giunga a pienezza.

Ogni processo di educazione dovrebbe avere in questo il suo traguardo. Si compie un’esperienza umana matura, che è anche un’esperienza "religiosa" perché la persona arriva ad immergersi nel progetto di Dio.


[129] Risposta alle sfide

Questo percorso cerca di venire incontro alle sfide lanciate dalla cultura attuale. Alla logica dell’autosufficienza e del secolarismo propone, infatti, un modo alternativo di essere pienamente uomo.

In molti contesti si afferma che il primo passo che i giovani devono fare è quello di percepire il vuoto degli idoli che incombono sulla loro vita e cogliere il manifestarsi di Dio nel creato e nella persona umana. Nasce allora la proposta di ricostruire una identità personale, in un tempo in cui questa sembra spesso in crisi o frantumata.

La prassi salesiana sostiene non solo idealmente il valore fondamentale "dell’esperienza religiosa" nella formazione della personalità, ma privilegia nel concreto alcune modalità per farla maturare. Esse sono: la valorizzazione della vitalità e dell’espressione giovanile; la partecipazione ad attività in cui si può sperimentare il proprio valore e la gioia della condivisione; il coinvolgimento in situazioni di bisogno; i tempi di riflessione.

Quando il giovane ha raggiunto livelli più profondi e ha scelto la fede come chiave per interpretare la propria esistenza, viene accompagnato e stimolato ad elaborare una visione cristiana organica della vita e della storia.



Verso l'incontro autentico con Gesù Cristo


lo sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Gv 8,12).


[130] Pienezza di vita in Cristo

Il nostro servizio di educatori alla fede non può certo arrestarsi al livello della crescita umana, anche se cristianamente ispirata.

L'educazione alla fede chiede di proseguire verso il confronto e l'accettazione di un evento rivelato: la vita dell’uomo raggiunge la sua pienezza solo in Gesù Cristo.

"Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza"16: sta qui la definitiva risposta al grido che sale dall'esistenza in forma di "invocazione".


[131] L'incontro con Lui

Ma l'incontro con Gesù non è un incontro "qualunque". L'educazione alla fede cerca questo: di prepararlo, di offrirlo, di approfondirlo perché sia un incontro personale nella fede.

E' infatti assai frequente riscontrare tra i giovani una vaga simpatia verso la persona di Gesù. Molti sono i messaggi e le immagini di Lui immesse sul mercato dai mass-media, e molti i giovani che conservano tracce di un’esperienza religiosa infantile ed hanno impressioni esterne e generiche sulla vita della comunità cristiana. L'incontro con Cristo resta spesso superficiale e fugace. D’altra parte, un’esposizione sistematica della fede può risultare per questi giovani soltanto una bella teoria, o l'ideologia articolata di un gruppo religioso, non "annuncio e promessa" di salvezza.

Attraverso quale cammino mettere il giovane in contatto profondo con Cristo? quali aspetti del suo mistero è meglio sottolineare?


[132] tramite la testimonianza

Quest'area è fortemente centrata sulla testimonianza dei cristiani. A sollecitare e a sostenere l'incontro di fede con Gesù Cristo si esige la vita vissuta di una comunità credente e la sua interpretazione mediante la parola della fede.

Nelle strutture in cui lavoriamo si verificano a volte degli insuccessi, perché ci affatichiamo a trasmettere in maniera impersonale formule di fede che, sganciate dalla loro efficacia per la vita, risultano del tutto incomprensibili.

La fede è ricercata e desiderata, quando i giovani si incontrano con un’autentica esperienza evangelica.


[133]

Ecco alcuni traguardi a cui tendere progressivamente, perché l'incontro con Gesù Cristo superi la sola curiosità e si trasformi in un incontro nella fede.


[134] Dai segni

1. Un traguardo, che richiede il suo corrispondente nucleo di contenuti e di esperienze, è percepire i segni di Cristo Salvatore, la sua presenza nella comunità credente e la sua incidenza nella storia umana.

Questi segni si trovano:

-nelle persone che appartengono alla comunità;

-negli atteggiamenti che la memoria di Cristo suscita in loro;

-nel culto cristiano celebrato degnamente.

E' un traguardo, questo, alla portata di tutti, anche di quelli che sono meno vicini all'evento cristiano.

I segni hanno un linguaggio e trasmettono messaggi. La pedagogia li sceglie, li prepara e li presenta perché parlino con forza alla sensibilità dei giovani.

Ma ci sono segni e messaggi che sfuggono alle nostre intenzioni. Vengono prodotti dallo stile dell’istituzione educativa o pastorale, dai rapporti delle persone fra loro, dal buon gusto e dal senso religioso che appare nei segni stessi della fede: oggetti, luoghi, gesti.


[135] alla testimonianza

La percezione dei segni può predisporre a capire la testimonianza dei discepoli di Cristo. I gesti umani e di fede delle persone che stanno vicine ai giovani costituiscono il primo richiamo alla fede. Non ci si riferisce solo ai gesti religiosi, ma anche alla disponibilità per un dialogo con i giovani e alla capacità di impegnarsi nella salvezza dei poveri.

La testimonianza rivela ai giovani il valore universale della fede, quando essi vengono a conoscenza di modelli eminenti di carità o di impegno che traggono la loro motivazione e la loro forza dall'amore di Cristo.


[136] Dalla testimonianza all'annuncio

2. La testimonianza viene esplicitata dall'annuncio di Gesù, della sua vicenda umano-divina e degli insegnamenti da Lui proclamati. E' un annuncio che da parte degli educatori è una chiara confessione di fede.

Le circostanze consiglieranno la via da preferire: la conversazione personale, la catechesi, un sereno dialogo interreligioso. Si deve garantire, comunque, il carattere di "buona notizia". Gesù va presentato come verità che illumina la ricerca del giovane; come vita che stimola le energie di bene; come via che conduce al proprio compimento.

In questa stessa prospettiva la Parola di Dio deve apparire ad ognuno come apertura ai propri problemi, risposta alla proprie domande, allargamento ai propri valori, e insieme soddisfazione alle proprie aspirazioni.


[137] Dall'annuncio alla scoperta della Persona di Cristo

3. L'annuncio porta a scoprire la presenza di Cristo nella propria vita come chiave di felicità e di senso. Si avvia allora il processo di conversione che, trasformando l'esistenza, conduce all'età adulta quella forma di Cristo che il Battesimo ha impresso in noi.

L'annuncio e la scoperta implicano, poi, l'adesione alla Persona di Cristo. Dal Cristo annunciato il cammino di fede procede verso il Cristo amato, contemplato e, finalmente, seguito con l'atteggiamento del discepolo.

Non tutto è graduale. Il Maestro propone percorsi nuovi, chiede precise rotture, indica esodi e rilancia nella direzione delle forti esigenze evangeliche.

A questo punto del cammino è possibile che avvenga il primo grande cedimento da parte di quanti lo hanno iniziato, non solo per le difficoltà che la fede pone, ma anche per le sviste degli educatori, più preoccupati delle cose che di accompagnare fraternamente il dialogo tra il giovane e Dio.


[138] La trasformazione della vita

4. La perseveranza nella conversione e nel seguire Cristo porta, di conseguenza, a rielaborare la propria visione della vita, a viverla in modo nuovo, a rompere con l'alienante atteggiamento di peccato e con i modelli di vita che ne derivano. Si esige una ricomprensione della realtà e una condivisione di quella che fu la passione di Gesù: il Regno di Dio.

Per coloro che continuano, alla catechesi deve seguire il confronto della fede con i grandi problemi culturali. Sono i problemi intensamente sentiti, fondamentali per una vera maturazione della mentalità di fede. Questa richiede una precisa coerenza di pensiero e di vita. Tralasciare tale aspetto significa preparare la tante volte deprecata rottura tra fede e cultura personale, tra pratica religiosa individuale ed etica sociale. Ci si impegni dunque nell’accompagnare coloro che prendono in seria considerazione il confronto della propria vita con la fede.


[139] Una fede robusta e dinamica

5. La pratica della fede, infine, implica il radicamento di atteggiamenti e comportamenti sostenuti dalle corrispondenti convinzioni. L'educazione alla fede abilita il credente a rendere ragione della propria speranza17.

La fede che riconosce la presenza e l'amore del Padre fiorisce nell’atteggiamento filiale verso di Lui (la "pietà"). La preghiera è il linguaggio datoci dallo Spirito per rivolgerci al Padre e va sviluppata secondo le diverse forme che la tradizione cristiana ha maturato.

La cura della "pietà" ebbe nei tempi passati forme pedagogiche adeguate alla condizione dei giovani di allora. Per noi è oggi urgente ripensare momenti e forme convenienti di iniziazione a partire dalla famiglia stessa.



Verso una intensa appartenenza ecclesiale


Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere (At 2,42).


[140] L'incontro con Cristo nella Chiesa

L'incontro con Gesù Cristo nella fede ha nella Chiesa il suo luogo privilegiato. Mosso dalla testimonianza viva della comunità cristiana o di qualche credente, il giovane matura attraverso una condivisione piena nel "popolo di Dio".

Senza la fede della Chiesa la nostra fede e quella dei giovani sarebbe molto povera. Mancherebbe il riferimento indispensabile per vivere da credenti. Se non si partecipa alla vita della Chiesa, si è lontani dal luogo in cui si sperimenta, in modo privilegiato, il dono della salvezza.

L'obiettivo finale di questo percorso si propone di aiutare i giovani a vivere l'esperienza della Chiesa, maturando così il senso di appartenenza alla comunità cristiana.


[141] Un'appartenenza che matura progressivamente

L'appartenenza dei giovani alla Chiesa non giunge immediatamente a maturità. Se non viene intesa bene dagli educatori-pastori e non viene curata saggiamente, rimane allo stato di simpatia generica, di adesione esterna, di prudente distanza e autonomia.

I giovani si muovono oggi con realismo tra appartenenze molteplici e limitate. L'appartenenza ecclesiale può maturare come adesione del cuore e della mente, soltanto se la Chiesa viene percepita come comunione con Dio e con gli uomini nella fede e nella carità, come segno e strumento del Regno.

Le istituzioni infatti, civili o religiose che siano raccolgono solamente un consenso parziale ed esterno. Si è capito che la persona è superiore ad esse come valore e come finalità. Soltanto se si percepisce la Chiesa centrata sulle persone la persona di Gesù Cristo, quelle dei credenti e quelle degli uomini da salvare più che sull'organizzazione o sulla legislazione, essa potrà provocare una decisione di fede.


[142]

Anche sotto questo aspetto vi sono atteggiamenti, contenuti ed esperienze che definiscono un cammino. Essi possono essere descritti partendo sempre dai più poveri rispetto alla fede.


[143] Il bisogno di amicizia e di rapporti interpersonali

1. Il primo aspetto è prendere atto del bisogno che i giovani hanno di amicizia e di rapporti interpersonali profondi, di partecipazione e solidarietà; far emergere il loro senso della festa, il gusto dello stare assieme.

Gli educatori accolgono questi valori, li approfondiscono, li condividono, partecipando ai momenti in cui i giovani li esprimono e curando di portarli ad un’ulteriore profondità.

In pieno accordo con la tradizione salesiana, tutto questo si carica già di significato ecclesiale, se si realizza in un ambiente di ampia accoglienza in cui sia possibile entrare in contatto con i credenti, con i segni ecclesiali e con le comunità cristiane.


[144] La "voglia" di gruppo

2. Un altro insieme di atteggiamenti e di contenuti ecclesiali matura nell’esperienza del gruppo giovanile, dove il giovane si sente personalmente accolto e valorizzato. Egli stesso sperimenta la gioia del condividere, si apre alla comunicazione e alla responsabilità in un clima di reciproca fiducia. Impara cosi anche la comprensione e il perdono.


[145] Il gruppo come luogo di scoperta della Chiesa

3. Quando questi gruppi sono inseriti in ampie comunità educative o cristiane, impegnate in un progetto comune, costituiscono già un’esperienza concreta di Chiesa. Matura allora una maggiore consapevolezza. Si arriva alla scoperta della Chiesa come comunione più profonda e come servizio universale.

Questo avviene, però, quando nella comunità sono vivi i segni della realtà ecclesiale: lo sforzo di comunione tra le persone, la presenza complementare di vocazioni diverse, il giudizio evangelico sugli eventi, la celebrazione della fede.

E' utile anche l'incontro con altri credenti, il contatto con altri gruppi e comunità cristiane, con cui sia possibile comunicare esperienze, condividere progetti comuni di impegno sociale e apostolico.

Giova anche una conoscenza sufficiente della storia della Chiesa, che faccia scoprire la presenza e l'azione di Gesù che suscita sempre in essa nuove energie di rinnovamento e santità.


[146] L'atto di fede nella Chiesa

4. Si ha una fase importante nello sviluppo del senso ecclesiale quando esso diventa atto di fede nella Chiesa.

Accompagniamo persone e gruppi verso questo traguardo, aiutandoli a porre la Parola di Dio al centro della propria esistenza. Alla sua luce questa viene riletta, e si impara a condividerla e a celebrarla con altri credenti.

Si partecipa alla pastorale organica della Chiesa locale, si valorizzano gli insegnamenti del Papa e dei Vescovi, riconoscendo la loro missione di unità e di guida.


[147] Esperienze di partecipazione nella comunità ecclesiale

5. L'esperienza positiva di partecipazione giovanile alla vita della comunità cristiana fa crescere il senso di appartenenza alla Chiesa. Quando le comunità cristiane accolgono e valorizzano il loro contributo di vitalità, i giovani assumono le proprie responsabilità, assimilano i valori e le esigenze della comunità e si sentono stimolati alla creatività e all’impegno.


[148] La celebrazione della salvezza

6. La partecipazione più intensa al mistero della Chiesa si realizza attraverso la preghiera, l'ascolto della Parola, la celebrazione della salvezza. Nella fede si comprende che la Chiesa è "mediazione" dell’incontro con Dio. Si vive questa mediazione con gratitudine per conformarsi a Cristo nel pensiero e nella vita.

Promuovendo la tradizione che viene da Don Bosco, proponiamo questo incontro soprattutto, ma non soltanto, nei sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione. In essi viviamo, insieme con i giovani, il rapporto personale con Cristo che riconcilia e perdona, che si dona e crea comunione, che chiama e invia, e spinge a diventare artefici di una nuova società.

La partecipazione frequente a questi sacramenti sembra attraversare un momento di stasi. Il segreto per superarla è educare agli atteggiamenti che stanno alla base della celebrazione cristiana: il silenzio, l'ascolto, la lode, l'adorazione; è formare al linguaggio simbolico, concretamente ai simboli fondamentali dei sacramenti; è offrire esperienze di celebrazioni graduali e ben curate; è accompagnare il tutto con una catechesi sacramentale progressiva che faccia vedere il rapporto tra la celebrazione e la vita giovanile illuminata dalla fede in Gesù.

In tutto ciò va colta la profondità del mistero e la sensibilità giovanile. Sono necessarie infatti sia l'educazione alla celebrazione che l'educazione nella celebrazione.

La catechesi della Confermazione acquista una funzione importante come mezzo privilegiato per suscitare nel ragazzo e nel giovane il senso della presenza dello Spirito e la volontà di impegnarsi per il Regno.

La catechesi del Matrimonio prepara a vivere l'amore da persone mature, ad aprirsi generosamente alla vita e ad esprimere la Chiesa nella propria famiglia.



Verso un impegno per il Regno


Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito... a ciascuno è data una manifestazione particolare detto Spirito per l’utilità comune... (1 Cor 12,4.7).


[149] La vita come vocazione

Nella pedagogia salesiana della fede la scelta vocazionale è l'esito maturo e indispensabile di ogni crescita umana e cristiana. "Educhiamo i giovani a sviluppare la loro vocazione umana e battesimale con una vita quotidiana progressivamente ispirata e unificata dal Vangelo"18.

La fede non può essere ridotta a un puro assenso intellettuale. Il credente confessa la verità impegnando la propria vita per la causa di Dio, Salvatore dell'uomo .

La vocazione cristiana si comprende soltanto facendo riferimento al Regno, che è insieme dono di Dio e fatica dell’uomo. Dio ne è il protagonista. Egli vuole la vita e la felicità dell’uomo e realizza questa sua volontà in molti modi differenti. L'uomo è invitato ad accogliere questo dono con disponibilità totale e a scommettere la propria vita per il progetto di Dio.

Il cristiano allora vive la sua vocazione riconoscendo la signoria e l'amore di Dio e impegnando le proprie forze fino alla radicalità. Accetta che tutto è dono di Dio e che noi siamo "soltanto servi". Ma constata anche la necessità del duro sforzo quotidiano per vincere la potenza della morte e per consolidare la vita. Si è allora veri discepoli e amici di Gesù, perché disponibili con Lui a fare la volontà del Padre servendo l'uomo fino alla croce.

L'impegno vocazionale diventerà in tutti responsabilità familiare, professionale, sociale e politica. Per alcuni fiorirà in una consacrazione di particolare significato: il ministero sacerdotale, la vita religiosa, l'impegno secolare.


[150] Alla scoperta del proprio posto nella costruzione del Regno

L'obiettivo di quest'area è aiutare i giovani a scoprire il proprio posto nella costruzione del Regno e ad assumerlo con gioia e decisione. Per giungere a questo traguardo, si possono immaginare alcuni passi a mo' di tappe di un cammino.


[151] Far emergere il positivo di ogni giovane

1. Ogni giovane ha dentro di sé del positivo, facendo leva sul quale si possono ottenere grandi risultati19.

Occorre in primo luogo far emergere questo positivo, attraverso il paziente lavoro di attenzione a se stessi, di confronto con gli altri, di ascolto e di riflessione.

Da questa scoperta gioiosa delle proprie risorse, pur con limiti e ostacoli, nasce il desiderio di far fruttificare i doni ricevuti. Essi sono: al primo posto la vita, filo conduttore di tutto il cammino di fede, che bisogna imparare a gestire; la salute; l'intelligenza e il cuore; il patrimonio umano e religioso della famiglia; l'amicizia; i beni materiali; le difficoltà che aiutano a superare se stessi...

Il giovane apre gli occhi su di sé e su quanto lo circonda e scopre il legame di solidarietà che unisce le persone tra di loro.


[152] La gioia di comunicare i propri doni

2. Avere doni e possibilità non basta. Occorre con questi doni essere veramente felici. Si inseriscono qui le prime e diverse esperienze di condivisione. Il giovane si allena alla generosità e alla disponibilità. Sono questi i due atteggiamenti che generano la gioia: per avere più vita bisogna donarla.

Si collocano intanto le basi di un’esperienza cristiana solida, com'è stata descritta nelle due aree precedenti, fondata sull'incontro con Cristo capace di far risuonare un "invito e una chiamata" e sulla percezione della Chiesa come "missione" nel mondo, compiuta attraverso modi e mezzi molteplici.

Per qualunque discorso sulla vocazione tutto ciò è indispensabile.


[153] L'esplicita proposta vocazionale

3. Siamo al momento dell’annuncio vocazionale. C'è una catechesi che avvia i giovani, attraverso la parola e il contatto con modelli, alla riflessione vocazionale. Fa loro vedere qual è la vocazione di tutti e quali sono le diverse forme di servizio del Regno.

A questo annuncio il giovane risponde con l'attenzione e l'ascolto: "Signore, che cosa vuoi che io faccia?"20. Egli si interroga attraverso quali vie realizzerà la chiamata ad offrire la propria vita. Si avvia così un dialogo interiore in cui ciascuno deve personalmente ascoltare e rispondere.


[154]

La proposta esplicita di chi accompagna il giovane lo aiuterà a intravedere possibilità nuove per la propria esistenza. Infatti per alcuni l'appello viene dalla presenza di modelli ricchi di senso e di qualità evangeliche. Altri invece assicurano che non avrebbero mai interpretato la chiamata se non fosse stato loro rivolto l'invito esplicito a impegnarsi in un tipo di vita come cristiani laici, religiosi, presbiteri.

La proposta viene a volte da una comunità che, mentre coinvolge e testimonia, è capace di animare e "raccontare" la propria storia. La presentazione del Fondatore e l'aggancio affettuoso alle origini si rivelano determinanti per il nascere di alcune decisioni. Tale è pure la conoscenza degli impegni attuali della comunità, in particolare di quelli più difficili e significativi.


[155] Il discernimento vocazionale

4. L'annuncio vocazionale accolto spinge al discernimento. Il giovane valuta se stesso e i doni ricevuti in rapporto agli inviti fattigli e ai servizi e ai ministeri che ormai fondamentalmente conosce. Egli non fa ciò soltanto mediante un’analisi razionale. Si apre alla generosità e vive la "chiamata" come una iniziativa del Signore, cercando di dare il suo "sì" dal profondo della propria coscienza. Sa che la vocazione coinvolgerà tutta la sua persona: le sue preferenze, i suoi rapporti, le sue energie, i suoi dinamismi.

E' un processo delicato.

Si tratta di tutto l'universo personale in movimento, che va organizzandosi attorno ad una scelta. Questa non dipende soltanto da interessi e attitudini naturali, ma dalla disponibilità a riconoscere la presenza di Dio nella propria vita e dalla libertà capace di assumere l'invito della "grazia".

Tutti gli elementi della vita spirituale concorrono allora all'esito favorevole del discernimento. Alcuni però sono da privilegiare:

-la preghiera-meditazione che fa passare dalla superficie della vita all'interno di essa: la persona vi incontra se stessa e sente con più facilità l'appello che Dio le rivolge;

-l'orientamento personale o direzione spirituale capace di proporre contenuti motivanti, di abilitare il giovane a leggere i segni nella propria vita, di illuminare i momenti di snodo vocazionale, di verificare il cammino di crescita, di aiutare a superare la dipendenza dagli stimoli esterni e dallo stesso educatore;

-l'impegno apostolico che aiuta a maturare quell'amore che si fa dono nella comunità cristiana e nella società.


[156] La scelta vocazionale

5. Il discernimento orienta verso una prima scelta vocazionale.

Molti fattori concorrono ad individuarla: dalle inclinazioni spontanee all'immagine che la comunità cristiana offre come luogo dove impegnarsi. Il punto determinante però è che il giovane riesca a vedere tutto questo come "appello personale" e sia disposto a rispondere, con Maria: "Eccomi, Signore!".

Piuttosto che su un lavoro da fare, religioso o profano, egli si concentrerà su un senso singolare da dare all'esistenza: fare di essa una confessione del valore assoluto di Dio e una risposta al suo amore.


[157] La presenza di Maria nel cammino

La presenza materna di Maria ispira intensamente tutto il percorso nel suo insieme e in ciascuna area. Per ogni giovane si potrà ripetere: "Lei ha fatto tutto"21.

Maria è la prima fra i credenti e la più perfetta discepola di Cristo22. La parola di Dio si è fatta carne e storia nella sua anima e nella sua persona, prima che nel suo seno.

Perciò Essa rappresenta al vivo il cammino faticoso e felice dell’uomo singolo e dell’umanità verso il proprio compimento. In Lei le strade dell’uomo si incrociano con quelle di Dio. E' dunque una chiave interpretativa, un modello, un tipo e un cammino.

Maria si è sentita ed è stata proclamata "beata", felice nella sua povertà, per il dono di Dio, per la sua disponibilità.

Maria ha accompagnato la Chiesa nascente e partecipa oggi con la ricchezza della sua maternità alla maturazione storica della comunità cristiana e alla sua missione nel mondo.



3. La spiritualità giovanile salesiana


Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare (Fil 4,9).



Premessa


[158] Una spiritualità "salesiana"

Il cammino di educazione alla fede rivela progressivamente ai giovani un progetto originale di vita cristiana e li aiuta a prenderne consapevolezza. Il giovane impara ad esprimere un modo nuovo di essere credente nel mondo, e organizza la vita attorno ad alcune percezioni di fede, scelte di valori e atteggiamenti evangelici: vive una spiritualità.

La ricerca sulla "spiritualità giovanile salesiana", adatta ai tempi nuovi, ha avuto nel CGS e nel CG21 momenti storici di approfondimento. Ora il CG23 la rilancia nelle comunità e tra i giovani. La ricerca continua ancora; la realtà, però, viene da lontano.

Una prima formulazione è nel sogno dei nove anni. "Renditi umile, forte e robusto"23. Per questo Giovannino Bosco riceverà in Maria una madre e una maestra che lo accompagnerà nella missione giovanile.

Nell’ambito di Valdocco, poi, ispirate da Don Bosco, fioriscono espressioni diverse di santità e di vita nello Spirito. Le biografie di Domenico Savio, Francesco Besucco e Michele Magone descrivono la santità giovanile del primo Oratorio, quella che, ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa, sarà offerta a tutta la gioventù con la canonizzazione di Domenico Savio e la beatificazione di Laura Vicuña.

D’altra parte, sempre la nostra tradizione ha parlato del Sistema Preventivo come di un progetto di spiritualità. Nel trinomio "ragione religione e amorevolezza", fusi in un’unica esperienza per la "grazia di unità", si ritrovano i contenuti e il metodo dell’accompagnamento spirituale.

Il "Giovane Provveduto" e i vari "Regolamenti" scritti per gli allievi delle case salesiane riportano, nel contesto semplice della vita ordinaria, l'impegno della spiritualità salesiana.

"Salesiana" non è, quindi, il distintivo particolare di un gruppo; indica, invece, la fonte carismatica collegata alla corrente spirituale dell’umanesimo di san Francesco di Sales, ritradotto da Don Bosco nell’esperienza dell’Oratorio.


[159] è una spiritualità "giovanile"

Il protagonismo giovanile trovò a Valdocco un ampio spazio in tutti i settori della vita, fino al punto che i giovani furono chiamati da Don Bosco ad essere con lui "confondatori" di una nuova Congregazione.

Da parte loro i giovani lo aiutarono ad iniziare, nell’esperienza giornaliera, uno stile di santità nuova, sulla misura delle esigenze tipiche dello sviluppo del ragazzo.

Furono così, in qualche modo, contemporaneamente discepoli e maestri.

In tutte le comunità salesiane oggi, come già accadeva ieri nell’Oratorio di Don Bosco, l'impegno spirituale nasce da un incontro che fa scoccare l'amicizia. Da questa scaturiscono il riferimento continuo e la compagnia ricercata per l'approfondimento della vocazione battesimale, e il cammino verso la maturità di fede.

"Io voglio restare con Don Bosco"24 esprime la scelta di un modo particolare di crescere nella vita dello Spirito: l'esperienza di vita cristiana precede la riflessione sistematica.


[160] perciò è una spiritualità "educativa"


Il collocare il giovane, con i suoi dinamismi interiori, al centro dell’attenzione dell’educatore e quale criterio pratico per la scelta degli itinerari da percorrere, manifesta la caratteristica fondamentale della spiritualità giovanile: è una spiritualità educativa.

Si rivolge a tutti i giovani indistintamente e privilegia i più poveri.

L'assumere la sfida della lontananza-estraneità e dell’irrilevanza della fede nella vita chiede agli educatori di accompagnare e condividere l'esperienza dei giovani. "Amate le cose che amano i giovani" ripete Don Bosco ai salesiani nell’attuale situazione, "perché i giovani amino ciò che amate voi"25.

Far crescere i giovani in pienezza "secondo la misura di Cristo, uomo perfetto" è la meta del lavoro del salesiano.

Presentazione sintetica



[161] I nuclei fondamentali

Per aiutare le comunità ad una lettura rapida della proposta e per sollecitarle ad un ulteriore approfondimento, si offre una descrizione dei nuclei della spiritualità giovanile salesiana.


1. Spiritualità del quotidiano.

Il quotidiano ispirato a Gesù di Nazareth (cf. Cost. 12) è il luogo in cui il giovane riconosce la presenza operosa di Dio e vive la sua realizzazione personale.


2. Spiritualità della gioia e dell’ottimismo.

Il quotidiano va vissuto nella gioia e nell’ottimismo, senza rinunciare per questo all'impegno e alla responsabilità (cf. Cost. 17 e 18).


3. Spiritualità dell’amicizia con il Signore Gesù.

Il quotidiano è ricreato dal Cristo della Pasqua (cf. Cost. 34) che dà le ragioni della speranza e introduce in una vita che trova in Lui la pienezza di senso.


4. Spiritualità di comunione ecclesiale.

Il quotidiano si sperimenta nella Chiesa (cf. Cost. 13 e 35), ambiente naturale per la crescita nella fede attraverso i sacramenti. Nella Chiesa troviamo Maria (cf. Cost. 20 e 34), prima credente, che precede, accompagna e ispira.


5. Spiritualità di servizio responsabile.

Il quotidiano viene consegnato ai giovani in un servizio (cf. Cost. 31) generoso, ordinario e straordinario.



1. Spiritualità del quotidiano


[162] E' sintesi tra fede e vita

La sfida fondamentale per un credente e per una comunità è trasformare l'esperienza di vita, in forza della fede, in esperienza evangelica.

E' facile proclamarsi cristiani in modo generico. Difficile è vivere da cristiani, sciogliendo i nodi che rendono problematica l'esistenza e aprendosi alle esigenze pratiche delle beatitudini. L'armonia interiore di un giovane e la gioia di vivere esigono la "grazia di unità".

Nell’esperienza salesiana questa è un’intuizione, gioiosa e fondamentale insieme: non c'è bisogno di staccarsi dalla vita ordinaria per cercare il Signore.

Le prime pagine del GIOVANE PROVVEDUTO proclamano questa esigenza giovanile: "Voglio che siate felici"26. Quando i salesiani, prolungando il Don Bosco di Valdocco, vivono la carità pastorale e danno origine ad un ambiente di famiglia in cui "si prova il bisogno e la gioia di condividere tutto"27, facilitano l'armonia e suscitano nei giovani la domanda sulla felicità.


[163] è riscoperta dell'Incarnazione

Alla base della valutazione positiva della vita quotidiana c'è la continua scoperta dell’evento dell’Incarnazione.

La condizione umana di Gesù rivela che Dio è presente nella vita, e di questo Dio afferma la trascendenza. Gesù-Uomo è il sacramento del Padre, la grande e definitiva mediazione che rende Dio vicino e presente. Egli ci insegna che il luogo per incontrare Dio è la realtà umana: la nostra e quella degli altri, l'odierna e quella storica. "Tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei miei fratelli, lo avete fatto a me"28. E' la vita umana, quindi, che ci immette nell’evento dell’Incarnazione.

La vita, allora, è primariamente "dono" offerto a tutti; dono "misterioso" per le attese che suscita. E' come uno scrigno che racchiude significati e orizzonti imprevisti.


[164] è amore alla vita

Assumere con coerenza l'aspetto ordinario dell’esistenza; accettare le sfide, gli interrogativi, le tensioni della crescita; cercare la ricomposizione dei frammenti nell’unità realizzata dallo Spirito nel Battesimo; operare per il superamento delle ambiguità presenti nell’esperienza giornaliera; fermentare con l'amore ogni scelta: tutto ciò è il passaggio obbligato per scoprire e amare il quotidiano come una realtà nuova in cui Dio opera da padre.

Nell’amorevolezza del salesiano che con "bontà, rispetto e pazienza"29 accompagna la costruzione della loro personalità; nell’accoglienza incondizionata della comunità che esprime la sua predilezione per loro30, i giovani scoprono un segno di Dio che ama e previene. Nonostante le esperienze negative della paternità o dei rapporti familiari che possono aver vissuto, il cuore nuovo, che si stanno costruendo, li aiuta a guardare il mondo in maniera diversa.

Questo sguardo farà percepire che all'origine della nostra vita, così com'è, con le sue pulsioni e aspirazioni, c'è una chiamata di Dio.

"Amare la vita non frammentata, ma progettata come vocazione, vuol dire ricevere l'appello ad impegnarsi come costruttori di umanità, di giustizia, di pace [...] Amare la vita a grande respiro, aperta alla cultura come agli ideali, alla condivisione e alla solidarietà, capaci di aver coraggio di sognare come Don Bosco mondi nuovi, uomini nuovi"31.



2. Spiritualità della gioia e dell’ottimismo


[165] la gioia della bontà

Ciò che appare evidente a Valdocco è la gioia, l'ottimismo la speranza.

Don Bosco è il santo della gioia di vivere suoi ragazzi hanno imparato così bene la lezione da dire con linguaggio tipicamente "oratoriano" che "la santità consiste nello stare molto allegri"32.

Ai giovani emarginati del suo tempo Don Bosco presentò la possibilità di sperimentare la vita come festa e la fede come felicità.

La musica, il teatro, le gite, lo sport, la quotidiana letizia di un cortile sono stati sempre valorizzati dalla pedagogia salesiana come elementi educativi di primaria importanza. Suscitano numerose energie di bene, che saranno orientate verso un impegno di servizio e di carità.

La festa salesiana non è mai manifestazione di un vuoto interiore alla ricerca di compensazioni; né l'occasione di distrarre dalla realtà spesso dura e perciò da rifuggire.

E' invece occasione per costruire amicizia, e sviluppare quanto di positivo c'è nei giovani.

Questo stile di santità potrebbe meravigliare certi esperti di spiritualità e di pedagogia, preoccupati che vengano sminuite le esigenze evangeliche e gli impegni educativi.

Per Don Bosco, però, la fonte della gioia è la vita di grazia, che impegna il giovane in un difficile tirocinio di ascesi e di bontà.


[166] e l'impegno della crescita

Don Bosco per tutta la vita indirizzò i giovani sulla strada della santità semplice serena e allegra, congiungendo in un’unica esperienza vitale il "cortile", lo "studio" serio e un costante senso del dovere.

Egli offre oggi, come risposta fedele all'amore gratuito di Dio, una preziosa rilettura del Vangelo, nello spirito delle beatitudini.

Esse manifestano, innanzitutto, chi è Dio per noi e quale dev'essere il nostro impegno di credenti per la costruzione del Regno. Stimolando, poi, a vivere nell’unità la gioia e il dovere, ci insegnano ad assumere, alla sequela di Cristo, la croce, come dimensione pasquale della scelta evangelica e perciò dello sviluppo in umanità seconda la statura di Cristo, morto e risorto.

Al di fuori di un cammino seriamente impegnato, la crescita diventa sempre più difficile. Il salesiano lo ricorderà spesso ai giovani, quando essi avranno l'impressione che ristrutturare la propria vita alla luce del Vangelo richieda il distacco da beni irrinunciabili.

Libertà, giustizia, solidarietà, corporeità molte volte porranno il giovane credente davanti ad un bivio: o stare con il Signore Gesù, accettando il travaglio della fede, oppure scegliere di realizzare la vita al di fuori del suo influsso. E' questo un momento cruciale, un passaggio arduo ma necessario, per giungere alla sintesi in cui si sperimenta la fortuna di vivere insieme al Signore della vita e della storia.

Giovanni Paolo II, con felice intuizione, ha definito il luogo della fanciullezza e adolescenza di Don Bosco, il COLLE DELLE BEATITUDINI GIOVANILI: perché da lì parte un messaggio di gioia e di responsabilità per i giovani che guardano a Don Bosco come a padre e maestro.



3. Spiritualità dell’amicizia con il Signore Gesù


[167] Incontro con Gesù Cristo Risorto

Vivere lo spirito delle beatitudini nello stile di Valdocco è realizzare legami di stretta amicizia tra Gesù e il giovane.

Non ci si contenta più del primo incontro e della simpatia verso il Signore. Si vogliono approfondire la conoscenza e l'adesione alla sua Persona e alla sua causa. Si cerca una risposta concreta al suo amore, ricambiato con impegno e generosità.

I giovani, quando sono giunti a questa relazione con il Cristo Signore, si aprono alla radicalità evangelica.

L'esperienza dell’Oratorio, con la storia personale e comunitaria di Domenico Savio, Francesco Besucco e Michele Magone dice come tutti i giovani possono percorrere la via di questa amicizia con Cristo.

Amico, Maestro e Salvatore sono i termini che descrivono la centralità della persona di Gesù nell’esperienza spirituale dei giovani che vivono lo stile salesiano. La dimensione personale del rapporto "Gesù è mio amico e compagno"33 dice Francesco Besucco spinge a conoscere la totalità del mistero di Cristo, morto e risorto.


[168] per un cuore nuovo

Preoccupazione costante di Don Bosco fu di educare alla fede, camminando "con i giovani per condurli alla nuovo persona del Signore risorto" affinché... crescessero "come uomini nuovi"34.

Don Bosco amava ripetere che "l'educazione è cosa di cuore"35. Anche il cammino della spiritualità richiede un cuore nuovo. Se non si raggiunge questo centro che muove la vita umana, non si realizzerà alcuna conversione profonda e duratura.

A contatto con il Signore Risorto i giovani rinnovano un amore più intenso per la vita. In amicizia con il Signore Risorto si plasmano un "cuore oratoriano", che vibra con la irrequieta sensibilità giovanile e con la forza silenziosa ma efficace dello Spirito Santo.



4. Spiritualità di comunione ecclesiale


[169] Il desiderio di vivere insieme

Sorretti da una spiritualità che nasce dal rapporto tra persone che trovano in Cristo un amico comune, i giovani degli ambienti salesiani sentono un grande bisogno di stare insieme. Da amici condividono e celebrano la gioia di vivere, per aiutarsi vicendevolmente. Fanno così l'esperienza di divenire lievito in mezzo agli altri ragazzi e giovani.

Per esigenza naturale, inoltre, organizzano e, in qualche misura, istituzionalizzano l'amicizia creando gruppi collegati ai più vari interessi della loro esistenza: dal gioco alla cultura e all'impegno religioso.

Tra i gruppi, spesso, sviluppano un collegamento, perché si ritrovano a partecipare agli stessi ideali e valori. Si orientano così verso un movimento giovanile ispirato ai tratti spirituali di Don Bosco.


[170] per una comunione nella responsabilità

La relazione personale con il Cristo risorto e l'esperienza di gruppo sfociano in un rapporto filiale con la Chiesa.

Don Bosco fu un uomo di comunione. Insegnò ai giovani a vivere il mistero della Chiesa, che racchiude, nella debolezza dell’umano, la grazia invisibile della presenza di Dio.

La sua personale testimonianza quotidiana e l'ambiente di famiglia che creò all'Oratorio, suscitarono nei giovani il senso della collaborazione e della corresponsabilità.

Anche oggi la diversità di interessi, di doni e di valori che convivono nella comunità educativa sono una testimonianza della presenza del Signore che unisce tutti in un cuor solo e in un’anima sola. Questo spirito di famiglia è segno efficace della Chiesa che si vuole costruire insieme, per un servizio fraterno verso coloro che hanno maggior bisogno.


[171] verso la Chiesa particolare

La storia dei giovani all'Oratorio, vivente Don Bosco, è ricca di espressioni concrete di amore alla Chiesa.

Infatti, la comunione cerca continuamente di collegarsi con tutte le forze impegnate per la salvezza e per la costruzione del Regno di Dio.

Questa comunione, poi, si esprime nella stima e nella fraternità operativa verso i Pastori e verso quanti cooperano per il bene di tutti, dei giovani in particolare.

Cerca, inoltre, il dialogo e l'intesa con coloro che sono responsabili della pastorale locale, lasciandosi guidare da una matura visione di fede, capace di comprendere e accettare gli aspetti umani della Chiesa, i suoi limiti e le sue carenze.

Si apre, infine, ai problemi dell’uomo e dei giovani che sorgono nei diversi contesti.

La spiritualità si misura e cresce nel confronto con la storia delle persone.


[172] verso la Chiesa universale

Sentire come propri i grandi interessi della Chiesa universale, intervenendo in maniera proporzionata alla capacità di ciascuno, rappresenta un impegno costante nella storia salesiana.

Ha il sapore di "grande avventura religiosa" la preparazione della prima spedizione missionaria nella Congregazione. Tutto l'Oratorio, infatti, venne coinvolto, e ciascuno si sentì parte attiva. Fu un’esperienza che sviluppò tra i giovani una viva sensibilità verso la mondialità dell’impegno apostolico.

Tra le componenti di una spiritualità giovanile salesiana ci sono l'amore esplicito al Papa e l'adesione convinta al suo magistero.

La persona del Sommo Pontefice è segno visibile di unità per tutta la Chiesa. E' una presenza provvidenziale per il servizio che svolge nel nome di Cristo Signore a favore di tutta l'umanità.


[173] Cristo incontrato nei sacramenti

L'incontro e la relazione con il Cristo risorto si vivono in maniera particolare nella celebrazione dei sacramenti.

La tradizione salesiana riconosce ed afferma la loro importanza nella crescita cristiana dei giovani.

Oggi, poi, seguendo il rinnovamento conciliare, le comunità rivalorizzano i sacramenti dell’iniziazione.

Così il Battesimo, inizio del cammino di educazione alla fede, impegna gli stessi giovani in una catechesi rinnovata e in una testimonianza di vita coerente con la configurazione a Cristo Signore.

Così la Confermazione, sacramento che porta a realizzare la maturità della fede attraverso i doni dello Spirito, assume particolare importanza nell’età giovanile.

La pedagogia della santità in Don Bosco ha evidenziato, però, in modo privilegiato, l'influsso educativo della Riconciliazione e dell’Eucarestia.


[174] nel sacramento del perdono

Il sacramento della Riconciliazione, che celebra l'amore di Dio più forte del peccato, fu da Don Bosco presentato ai giovani come una delle colonne fondamentali dell’edificio educativo.

Per questo a Valdocco veniva celebrato frequentemente ed era circondato di particolari attenzioni.

Se ne curava, innanzitutto, la preparazione attraverso un ambiente accogliente, ricco di amicizia e di fraternità. Ciò aiutava i giovani a superare la naturale riluttanza a manifestare i segreti del proprio cuore.

Lo si voleva, poi, orientato alla vita: doveva, cioè, migliorare i rapporti interpersonali; creare le condizioni per un impegno più manifesto nel compimento dei propri doveri; sostenere la conversione e il rinnovamento del cuore, perché il giovane potesse "darsi a Dio" con un proposito efficace.

Infine, si prolungava nella direzione spirituale, per rinforzare l'adesione al Signore, e nell’incontro fraterno con l'educatore attraverso la condivisione gioiosa della vita.

I frutti educativi del sacramento della Riconciliazione sono molti.

I giovani sostenuti dall'amore che comprende e perdona trovano la forza per riconoscere il proprio peccato e la propria debolezza, bisognosa di sostegno e di accompagnamento. Imparano a resistere alla tentazione dell’autosufficienza. Offrono il perdono come ricambio della riconciliazione ricevuta. Si educano al rispetto delle persone. Si formano una coscienza retta e coerente.

Il regolare ricorso al sacramento della Riconciliazione dà efficacia al processo di conversione e di rinnovamento.


[175] nel sacramento della Eucaristia

La celebrazione dell’Eucarestia preparata attraverso un clima di solidarietà e di amicizia è vissuta come un incontro festivo, pieno di simboli ed espressioni giovanili.

E' celebrazione gioiosa della vita.

Diventa così per i giovani un significativo momento di crescita religiosa.

La si chiama seconda colonna dell’edificio educativo nel sistema salesiano. Dall'Eucarestia, infatti, il giovane apprende a riorganizzare la sua vita alla luce del mistero di Cristo che si dona per amore.

Impara a sottometterla, prima di tutto, alle esigenze della comunione, vincendo egoismi e chiusure.

E' portato a ricercare, poi, la donazione generosa di sé, aprendosi alle necessità dei compagni e impegnandosi nelle attività apostoliche, adeguate alla sua età e maturazione cristiana.

L'Eucaristia diventa, così, per lui una fonte di energie nuove per crescere nella grazia. "L'educazione al vero amore passa attraverso l'Eucarestia"36.

La tradizione salesiana ricorda un’altra espressione tipica di rapporto con la persona del Signore Gesù: la visita e la preghiera davanti al SS. Sacramento. Nella parola di Don Bosco spesso ritorna il richiamo alla "visita" come mezzo per esprimere a Dio il "grazie" per i doni dell’esistenza.


[176] nella preghiera

La preghiera, fatta con stile salesiano, presenta alcune caratteristiche particolari.

E' la preghiera del buon cristiano, semplice e popolare: affonda le sue radici nella vita. Ama il clima festoso degli incontri tra giovani, ma sa trovare anche il momento per un dialogo personale con il Signore. Si esprime con formule brevi e spontanee, ricavate dalla Parola di Dio e dalla liturgia.

Ogni generazione è chiamata ad inventare la sua preghiera, in fedeltà alla tradizione e nel coraggioso confronto con la cultura e i suoi problemi.

Per questo, la preghiera salesiana sa accettare le nuove modalità che aiutano i giovani a incontrare il Signore nella vita quotidiana. E', cioè, flessibile e creativa, attenta agli orientamenti rinnovatori della Chiesa.

Don Bosco usava più spesso il termine "pietà" che non quello di "preghiera".

La pietà esprime la coscienza di essere immersi nella "paternità di Dio" e guarda, più che alle parole, ai gesti dell’amore di chi cerca di piacere in tutto al Signore.


[177] Maria Madre ed Aiuto della Chiesa

La spiritualità giovanile salesiana dà un posto privilegiato alla persona di Maria.

Don Bosco fin dall'inizio della sua vocazione, nel sogno dei 9 anni, la ricevette come guida e sostegno37. Con il suo materno aiuto compì il disegno che il Signore aveva sulla sua vita. Al termine della sua fatica potè affermare con verità: "Tutto ha fatto Maria"38.

A contatto con la comunità salesiana i giovani imparano a guardare a Maria come a colei che "infonde speranza"39 e suggerisce loro alcuni atteggiamenti tipicamente evangelici: l'ascolto, la fedeltà, la purezza, la donazione, il servizio.

I giovani vivono tutti certi tempi difficili di trasformazione ma anche di entusiasmo, per la novità che li attende e che desiderano con tutte le loro forze.

Maria, invocata e onorata con il titolo di "Ausiliatrice", è per loro "segno di certa speranza e di consolazione"40.

Quando giungono ad una devozione mariana motivata, i giovani che vivono nell’ambiente salesiano scoprono gli orizzonti verso cui li sospinge l'Ausiliatrice: un ardente zelo apostolico nella lotta contro il peccato e contro una visione del mondo e dell’uomo contraria alle beatitudini e al "comandamento nuovo".



5. Spiritualità del servizio responsabile


[178] Divenire onesti cittadini e buoni cristiani

Il giovane credente, spinto dallo Spirito, è a servizio dell’uomo, come la Chiesa, esperta in umanità.

Il servizio misura il cammino della spiritualità.

Don Bosco, padre e maestro della gioventù, richiedeva ai suoi giovani di diventare "onesti cittadini e buoni cristiani". La sintesi dei due elementi è il frutto più maturo della spiritualità giovanile. La semplicità della formula nasconde la fatica da compiere e l'impegno mai completamente realizzato.

Essere onesto cittadino comporta oggi per un giovane promuovere la dignità della persona e i suoi diritti, in tutti i contesti; vivere con generosità nella famiglia e prepararsi a formarla su basi di reciproca donazione; favorire la solidarietà, specialmente verso i più poveri; sviluppare il proprio lavoro con onestà e competenza professionale; promuovere la giustizia, la pace e il bene comune nella politica; rispettare la creazione; favorire la cultura41.


[179] con la creatività dell'amore

La storia dei giovani all'Oratorio, vivente Don Bosco, è ricca di questo apprendistato della vita cristiana: essere al servizio degli altri, in maniera ordinaria e in forme talvolta straordinarie.

Oggi si aprono al giovane nuovi campi di servizi. C'è l'animazione educativa e culturale nel territorio, per vincere l'emarginazione e diffondere una cultura di partecipazione; c'è il volontariato civile e missionario, per collaborare con altri organismi alla promozione umana e all'evangelizzazione.

L'amore alla vita, nel segno dello Spirito, e nello stile di Don Bosco, sa trovare strade adeguate per venire incontro alle migliori energie del mondo giovanile.


[180] fino ad impegnare tutta la vita come e con don Bosaco

Molti giovani sono ricchi di risorse spirituali, presentano germi di vocazione apostolica e giungono fino a far maturare l'incontro e la simpatia iniziale per don Bosco in volontà di donarsi per continuare la sua missione.

La conoscenza dei problemi quotidiani che i propri compagni vivono, trova in molti giovani una prima risposta d’intervento educativo.

Molte vocazioni nascono, di fatto, da una felice esperienza di servizio in un quartiere, in rioni poveri, in una catechesi all'Oratorio, nella visita agli infermi, negli impegni di volontariato e di educazione. I giovani si domandano: "In quali spazi sociali ed ecclesiali mi inserirò per esprimere il mio amore alla vita e al Signore della vita?"

E' certa per alcuni la chiamata alla famiglia e a una professione, vissute come servizio responsabile alla Chiesa e agli uomini. Per altri è sempre più evidente la scelta del sacerdozio e della vita religiosa.

Tutti, in ogni caso, guidati dallo Spirito del Signore e animati dai valori della spiritualità salesiana, accolgono e vivono la propria esistenza come vocazione.



4. Alcuni nodi dell’educazione alla fede


Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri (Gal 5,13).


[181]

Il cammino di fede e la spiritualità giovanile salesiana assumono con serietà il travaglio del giovane che tenta di costruirsi una identità componendo dinamicamente le spinte delle sue energie interiori, i numerosi e svariati messaggi o proposte che sorgono dal contesto, e gli orizzonti che l'ora attuale fa intravedere.

La fede in Cristo viene collocata al centro di questo travaglio come sorgente di senso, speranza di vita futura, dono di Dio, energia trasformatrice della storia.

L'incidenza della fede sulla vita, o la sua irrilevanza pratica, si manifesta oggi in alcuni aspetti dell’esistenza individuale e della cultura, che diventano perciò suo banco di prova.

Non si tratta di punti particolari ma di "spazi" dove si concentra il significato, la forza e la conflittualità della fede.

Ne metteremo a fuoco tre.



La formazione della coscienza


[182] Vivo senso di libertà

Uno sguardo al mondo moderno mette in evidenza, immediatamente, alcuni criteri di comportamento che costituiscono per noi un occasione o una difficoltà, nell’impegno di educare i giovani alla fede.

Vivo è il senso, innanzitutto, della libertà individuale.

In campo politico come in quello religioso, a livello di mentalità o di modi di vivere, la libertà rappresenta per tutti un bene inviolabile. Si è disposti a rinunciare a tante cose, non alla propria autonomia di determinazione.

Ogni norma che non viene interiorizzata non solo perde di significato all'interno del quadro organico dei valori personali, ma resta formalmente ignorata. E si giunge fino ad atteggiamenti di relativismo, che chiudono alla verità morale oggettiva.


[183] Il riflesso sui giovani

I giovani risentono di questa situazione generale, mentre sono già sotto l'influsso di altri elementi caratteristici della loro età che rendono più difficili gli interventi per formare la loro coscienza.

La forte carica emotiva, legata allo sviluppo della persona e alla fragilità volitiva, li pone di fronte alle norme della coscienza in una condizione di debolezza: ne avvertono la voce, ma in maniera debole; intravedono l'orientamento da seguire, ma senza la lucidità necessaria.

Spesso rischiano di assumere atteggiamenti ambigui, sostenuti dalle sollecitazioni che ricevono dai mass-media, e per effetto di ciò che è comunemente chiamato "moda".

Le possibilità di accesso e di scelta, che ovunque vengono loro offerte, sono eccessive e impediscono una coerente selezione di valori armonizzati tra loro. Sono infatti portati più a sovrapporre criteri e riferimenti provenienti da diverse fonti, che ad elaborare un codice coerente di vita.


[184]

Ma, al di là dei limiti, la coscienza giovanile recepisce, in forma spontanea, il "nuovo umanesimo"42 e i suoi valori: il senso della libertà, l'assoluta dignità della persona, il senso del proprio progetto di vita, il bisogno di autenticità e di autonomia. Sono istanze queste che si aprono al Vangelo.


[185]

Sarà possibile, in una situazione come quella appena accennata, formare alla coscienza morale?

L'educatore si rende conto che il cammino di educazione alla fede trova nella formazione della coscienza il suo punto obbligato di passaggio. L'educatore sa che la coscienza rappresenta il luogo dell’incontro personale tra l'uomo e Dio. E' sacrario di Dio, nella cui inviolabile interiorità l'uomo sente la parola-chiamata di Dio, e le risponde.

Una coscienza distorta è nello stesso tempo causa ed effetto di una visione falsata di Dio, della sua Parola e della Salvezza. Preclude, per conseguenza, ogni progetto di fede che voglia impostarsi su Dio Padre, sul Cristo Salvatore, sulla costruzione del suo Regno, sulla spiritualità.


[186] L'intervento educativo

Da un punto di vista globale, occorre educare ad una mentalità di fede che non tema il confronto con i valori, ma li orienti in contesti normati dalla legge umana e dal Vangelo.

Per riuscire nel compito, sarà opportuno tener conto di alcune indicazioni.

La prima è quella di aiutare il giovane ad acquisire una sufficiente capacità di giudizio e di discernimento etico. Egli dev’essere in grado di discernere il bene dal male, il peccato e le strutture di peccato, l'azione di Dio nella sua persona e nella storia. Puntare su un tale discernimento come asse della formazione della coscienza significa anche mettere in chiaro lo scopo di tutta la formazione morale: diventare capaci di esercitare moralmente la propria autonomia e responsabilità.

Ma non va dimenticato che si forma una coscienza cristiana solo quando si aiuta il giovane a confrontare la propria vita con il Vangelo e il magistero ecclesiale.

Nel processo educativo l'apertura alla verità oggettiva è una condizione previa per l'accettazione della Parola di Dio. Questa è una sfida che impegna l'educatore ad essere fedele nel presentare integralmente i principi morali, pur comprendendo la situazione concreta dei giovani.


[187]

E' necessaria, anche, una seria formazione critica circa i modelli culturali e certe norme della convivenza sociale in contrasto con valori fondamentali. Nei loro riguardi occorrerà saper prendere posizione, facendo "obiezione" sulla base della propria coscienza, ispirata a Cristo e al suo Vangelo. Ciò difende dalle ambiguità giustificate razionalmente, dalle ideologie ricorrenti, dalla superficialità di giudizio sugli avvenimenti, di cui svela la natura più profonda.

Molti abbandoni dell’impegno religioso sono stati causati da una fede non inserita nella cultura, o da una mancata crescita culturale in campo religioso, che non ha adeguatamente affiancato il progresso tecnico.


[188] Una lettura evangelica della realtà

D’altra parte, per poter esprimere giudizi sui movimenti culturali del proprio tempo e sui valori che continuamente emergono dalla storia, è indispensabile saperli leggere evangelicamente. La Parola del Signore ha dentro di sé criteri insostituibili che permettono di esprimere un giudizio di valore sugli atti dell’uomo.

Il Vangelo, con l'annuncio della Buona Novella, vuole entrare nella vita delle persone e offrire ad ognuna una visione della realtà che pone al centro il rapporto con Dio Padre e con il Figlio Salvatore. Per compiere un intervento educativo, perciò, non basta esprimere una rapida condanna su quanto sa di nuovo e non corrisponde a ciò che si è fatto fino al presente.

In ordine all'educazione alla/della fede è indispensabile collocarsi positivamente negli spazi significativi della vita odierna, e affrontarli con competenza.


[189] Catechesi specifica

Non è sempre agevole, soprattutto per i giovani, passare dai principi evangelici alla concretezza della vita quotidiana.

E' necessaria una catechesi per valutare la moralità dei gesti e dei comportamenti, per motivare la coscienza che è l'ultimo criterio soggettivo dell’agire, e per cogliere il rapporto tra norma e fede, tra cultura e fede.

L'ambiente e la testimonianza ne sono elementi determinanti.


[190] Senso del mistero, del peccato, del limite

C'è infine un ulteriore aspetto importante da richiamare: il senso del mistero che avvolge la vita di ogni uomo.

Accanto al mistero luminoso che ci lega al Signore e che si è realizzato con l'Incarnazione del Figlio di Dio e con il dono dello Spirito che abita i nostri cuori, c'è pure, e lo sentiamo operante in tutti noi, il mistero dell’iniquità e del peccato.

Nessuna conquista potrà nascondere la debolezza che ci portiamo dentro fin dall'inizio della vita e che con gesti, parole, intenzioni, durezze di cuore radichiamo sempre più in noi, rendendo ciechi i nostri occhi di fronte al bene, e vacillanti i nostri passi sulla strada della santità.

Siamo creature; e perciò siamo limitati e finiti. E' la base costitutiva della nostra identità personale e della morale naturale.

Siamo peccatori; e perciò bisognosi di luce e di forza. Educare al mistero dell’uomo è educare al senso della misura di sé e delle proprie reali possibilità.


[191] L'esigenza di confrontarsi con una norma

Da questa situazione nasce l'esigenza di confrontarci con la norma, la cui funzione è quella di illuminare e sostenere lo sviluppo dell’esperienza.

C'è, innanzitutto, una norma umana di cui tener conto negli orientamenti e nelle scelte personali.

C'è poi l'esperienza della Chiesa, che raccoglie dalla vita dei credenti, illuminati dalla Parola di Dio, dall'attenzione intelligente ai segni dei tempi, dalla storia della santità riconosciuta e nascosta, le linee fondamentali per un’esistenza cristiana.

Il cammino non è facile.

Esige un contatto quotidiano con la vita del giovane, una larga disponibilità ad incontrarlo nel dialogo e nella direzione spirituale, una grande stima ed esperienza vitale del sacramento della Riconciliazione.



L'educazione all'amore


[192] La situazione

Il contesto socio-culturale di oggi stimola e facilita la comunicazione e gli scambi affettivi.

I giovani, poi, con molta intraprendenza, sfidando pregiudizi e censure culturali, stimolati dall'età e desiderosi di superare le carenze affettivo-familiari, sensibili al valore dell’incontro-scambio come espressione di donazione e fiducia, scommettono sull'amore.

Sono desiderosi di "vivere" questo dono. Spesso però, per una serie di condizionamenti interni ed esterni, riescono solo a farne un uso consumistico.

L'amore è certamente una dimensione fondamentale della persona. E' la molla che fa scattare la vita. E' ciò che dà senso all'esistenza, aprendola alla comprensione e all'oblatività.

Esso è vissuto dai giovani con totalità ed esclusività, al punto che gli pospongono ogni altro valore ed impegno.

La radicalità con cui si donano non corrisponde, però, alla durata dell’offerta. Vivono l'esperienza nella sua fugacità. E, anche se l'incontro tenderebbe a realizzare un desiderio di autenticità, frequentemente la forza del sentimento viene travolta dalla carica sessuale.

La ricerca della persona da amare, poi, isola necessariamente dagli altri e dal gruppo, da cui presto ci si allontana.


[193] I riflessi del cammino di fede

Tutto ciò ha dei riflessi sul piano della costruzione della personalità e su quello più specifico della maturazione nella vita cristiana.

Quando l’amore è vissuto in maniera conflittuale, e il contenuto sessuale viene ad occupare il posto preminente, frena la crescita globale. Realizzato egoisticamente, il gesto dell’amore non apre al futuro, perché concentra solo sul sentimento presente e tende a prescindere dall'evoluzione delle persone.

Effetti simili produce, in alcuni contesti, la situazione di tanti giovani che accusano l'assenza della figura paterna, o la mancanza dei genitori. Non hanno alcuna esperienza di una relazione equilibrata con genitori e fratelli. Portano in sé carenze difficilmente colmabili e rimangono indifesi di fronte alle provocazioni della società.

Nel loro processo di sviluppo sostituiscono i valori con i gusti, poiché confondono felicità e piacere. Manca loro un progetto che definisca il senso della propria realizzazione personale.

Anche l'ambiente, costituito da persone che vivono un’esperienza analoga, costituisce una forma di cultura generalizzata che, lungi dal correggere queste tendenze, di fatto le stabilizza e le sancisce.


[194]

In situazioni simili, l'autentica comprensione dell’amore non può avvenire, per il cristiano, che nell’orizzonte di Dio.

E' Dio che ha voluto la persona nella reciprocità uomo-donna, chiamandoli ad una profonda comunione, capace di significare la realtà stessa di Dio.


[195] Intervento educativo

Il salesiano, attento nella sua azione educativa a favorire e a promuovere la maturazione dei giovani, sente oggi uno speciale impegno nell’educare all'amore. E' convinto che il mistero di Cristo, la sua vita e i suoi eventi, sono propriamente la rivelazione piena e normativa del vero amore.

L'esperienza tipica di Don Bosco e il contenuto

educativo e spirituale del Sistema Preventivo lo orientano ad alcune scelte semplici ma efficaci.


[196]

Per prima cosa, è fondamentale creare attorno ai giovani, in ogni ambiente, un clima educativo ricco di scambi comunicativo-affettivi. Il sentirsi accolto, riconosciuto, stimato e amato è la migliore lezione sull'amore.

Quando vengono meno i segni e i gesti della "famiglia", i giovani facilmente si allontanano, non solo materialmente ma anche e soprattutto affettivamente.


[197]

L'educazione integrale della persona e il sostegno della grazia porteranno ragazzi e ragazze ad apprezzare i valori autentici della purezza (il rispetto di sé e degli altri, la dignità della persona, la trasparenza nelle relazioni...) come annuncio del Regno e come denuncia di ogni forma di strumentalizzazione e di schiavitù.


[198]

Gli incontri tra ragazzi e ragazze, quando sono vissuti come momenti di arricchimento vicendevole, aprono al dialogo e all'attenzione verso l'altro.

Fanno scoprire la ricchezza della reciprocità, che investe il livello del sentimento e dell’intelligenza, del pensiero e dell’azione. Nasce così la scoperta dell’altro, accolto nel suo essere e rispettato nella sua dignità di persona.


[199]

Un’adeguata educazione, quindi, fa cogliere la sessualità come valore che matura la persona e come dono da scambiarsi in un rapporto definitivo, esclusivo e totale, aperto alla procreazione responsabile.


[200]

Il confronto con persone che vivono questo amore ha la forza della testimonianza. Certi atteggiamenti legati alla donazione e alla gratuità vengono fortemente intuiti ed assimilati.

La gioia di una vocazione vissuta con convinzione si riverbera nei giovani, e facilita in loro un’apertura all'amore seria e serena, che sa accettare le esigenze che essa comporta.


[201]

La testimonianza del salesiano che vive in modo limpido e lieto la sua donazione nella castità fa percepire al giovane la possibilità di vivere una simile esperienza d’amore.

Il giovane che gli vive accanto si interrogherà sul Signore della vita, che riempie il cuore di una creatura in maniera così totale.

Prenderà coscienza che l'amore diventa a pieno titolo un progetto di vita, che si può esprimere in mille forme diverse.

Anche il servizio fraterno ai "piccoli" e ai "poveri" e il contatto graduale e guidato con situazioni di sofferenza educherà ad amare gratuitamente.


[202]

Un’attenta catechesi farà comprendere al giovane la realtà e le dimensioni di questo amore; lo guiderà all'accettazione del progetto di Dio, Amore fonte di ogni amore; e lo preparerà a realizzarlo nel matrimonio cristiano.



La dimensione sociale della carità


[203] la situazione

Il Capitolo Generale ha vissuto il senso mondiale della La vocazione salesiana. E quello che più colpisce la mente e il cuore è il racconto vivo e quotidiano della storia di migliaia di salesiani che ogni giorno sono sollecitati dalla tragedia dei poveri, con essa si confrontano e per i poveri danno la vita. La sfida è continua, sia perché la povertà materiale sembra dilatarsi a dismisura in molti paesi, sia perché nei contesti di benessere economico nascono ed esplodono nuove e tragiche forme di povertà: devianza, emarginazione, sfruttamento di persone e droga.


[204] Componente essenziale dell'etica cristiana

Ma la povertà è solo la spia di un dissesto sociale in un momento di trasformazione globale. Altri motivi di preoccupazione si addensano all'orizzonte, pur insieme a evidenti segni di speranza. Emergono nuovi problemi che richiedono la partecipazione attiva dei singoli: la pace, l'ambiente e l'uso dei beni, la questione morale in ogni singola nazione, i rapporti internazionali, i diritti delle persone indifese.

La sfida è grande. Si tratta di preparare una generazione capace di costruire un ordine sociale più umano per tutti. La dimensione sociale della carità si presenta allora come la "manifestazione di una fede credibile"43. Essa è infatti una "dimensione costitutiva della predicazione del Vangelo"44 .In altre parole, è un aspetto fondamentale dell’azione della Chiesa per la redenzione della stirpe umana e la liberazione da ogni forma di oppressione.45. Ne segue che la dimensione sociale della carità è una componente essenziale dell'etica cristiana.


[205] Necessità di formarsi una mentalità

Si tratta perciò di abbattere una sorta di diffusa indifferenza, di andare contro corrente, e di educare al valore della solidarietà contro la prassi della concorrenza esasperata e del profitto individuale.

Per i giovani è molto forte la tentazione di rifugiarsi nel privato e in una gestione consumistica della vita. Nei più c'è la sfiducia che sia possibile fare qualcosa di valido e di duraturo.

A questo si aggiunge la diffidenza che nasce dalla grave frattura fra etica e politica, che si traduce in ricorrenti notizie di corruzione, puntualmente riferite e amplificate ad arte dai mezzi di comunicazione sociale.


[206]

La sfida tocca tutti gli educatori dei giovani, di quelli specialmente che vivono in situazione di povertà e di sottosviluppo. Qui la speranza è delusa ogni giorno di più dalla consapevolezza dell’esistenza di meccanismi perversi di sfruttamento. La corruzione a tutti i livelli genera nuove e tragiche situazioni di povertà. Alcuni giovani vorrebbero cambiare, trasformare... Ma l'impazienza tipicamente giovanile e l'impossibilità sperimentata di operare cambiamenti li portano, di fatto, ad atteggiamenti di violenza e a stati d’animo di permanente frustrazione.

Eppure molti di questi giovani sentono di essere responsabili del futuro del loro paese. Come aiutarli a trasformare in progetti concreti questo nobile sentimento, senza che essi cadano nella tentazione della violenza, dell’utopismo, o in forme di religiosità intimista che le sette offrono in abbondanza e a buon mercato? Come, soprattutto, fare in modo che essi stessi non soccombano alle tentazioni consumistiche e allo sfruttamento dei loro fratelli?


[207] La risposta storica di don Bosco

Per rispondere a questa sfida, ci viene incontro l'esperienza esemplare di Don Bosco.

Pur nelle mutate situazioni sociali e politiche, la realtà che colpì il giovane Giovanni Bosco nel suo primo impatto con la Torino dell’immigrazione e dello sfruttamento giovanile era, per certi aspetti, simile a questa.

Per affrontarla egli scelse la via dell’educazione integrale, rispondente ai bisogni dei giovani di allora. La sua scuola di santità si faceva progetto di vita calata in impegni concreti: una spiritualità non privata, ma impegnata nell’azione.


[208]

La comunità salesiana è dunque consapevole che la lotta contro la povertà, l'ingiustizia e il sottosviluppo è parte della sua missione46. Si sente pertanto coinvolta profondamente in essa secondo il proprio carisma e lo stile di Don Bosco: con intelligenza e realismo e, sempre, con carità47.

Convinta, poi, che un’efficace educazione alla dimensione sociale della carità costituisce la verifica della sua capacità di comunicare la fede, la comunità salesiana cerca innanzitutto di testimoniare la giustizia e la pace di fronte ai giovani e di promuoverle ovunque. Vive perciò in profonda sintonia con i grandi problemi del mondo ed è attenta alle sofferenze dell’ambiente in cui è inserita.

In contesti di benessere economico, saprà orientare i giovani a porsi criticamente di fronte alla società, aiutandoli soprattutto a scoprire il mondo nascosto, ma non per questo meno tragico, delle nuove povertà e delle loro cause strutturali.

Ma la sfida tocca intensamente quelle comunità che lavorano in contesti di povertà. Qui spetta ai salesiani motivare, attraverso l'educazione, i giovani e la gente del popolo, perché siano protagonisti della propria liberazione.


[209] Educare al valore della persona

A questo punto, nasce l'urgenza di individuare atteggiamenti e progettare iniziative che aiutino i giovani d’oggi ad esprimere con la vita la vera dimensione sociale della carità.

L'indicazione più generale è di lavorare, nel cammino di fede, per far risaltare il valore assoluto della persona e la sua inviolabilità: essa è al di sopra dei beni materiali e di ogni organizzazione. Questa è la chiave critica, che permette di valutare situazioni eticamente anormali (corruzione, privilegio, irresponsabilità, sfruttamento, inganno) e di fare scelte personali di fronte ai pesanti meccanismi di manipolazione.

Sarà possibile "giocarsi la vita" nel sociale, quando sarà maturata questa "personalizzazione". E' necessario favorirla, valorizzando l'originalità di ciascun giovane e la sua dimensione intersoggettiva. Egli deve realmente comprendere che nella vita il suo destino si compie insieme con altre persone e nella capacità di donarsi ad esse.

Quando questa prospettiva viene interiorizzata con profonde motivazioni cristiane, allora essa diventa criterio di rapporti con gli altri e fonte di tenace impegno storico.


[210] Avviare a conoscere la complessità della realtà sociopolitica

1. Una prima attenzione va posta nell’accompagnare i giovani alla conoscenza adeguata della complessa realtà sociopolitica.

Parliamo di studio serio, sistematico, documentato. A due livelli. Anzitutto a livello della realtà del proprio quartiere, della propria città, del proprio paese: le situazioni di bisogno, le istituzioni, le modalità di gestione del potere politico ed economico, i modelli culturali che influiscono sul bene comune.

Allo stesso tempo lo sguardo dev'essere rivolto al mondo, ai suoi problemi, ai suoi drammi e ai meccanismi perversi che in tanti paesi amplificano le situazioni di sofferenza e d’ingiustizia. Questa serietà di approccio deve aiutare i giovani a valutare criticamente e serenamente i diversi sistemi e i molteplici fatti sociopolitici.

L'informazione ovviamente non basta. E' necessario ricondurre tutte le conoscenze parziali all'unità di una sintesi operativa, ad una fede-passione che animi un’azione efficace, nella verità e nella pace, per la costruzione di una "civiltà dell’amore". L'insegnamento sociale della Chiesa si presenta allora come chiave di lettura della realtà e come indicazione delle mete ideali a cui tendere.


[211] Introdurre i giovani in situazioni che chiedono solidarietà

2. E' possibile e desiderabile andare oltre. Fare soltanto analisi della realtà non giova.

Le comunità che operano in contesti di povertà e di miseria lavoreranno perché i giovani e il popolo diventino responsabili del proprio sviluppo, superando la rassegnazione con coscienza viva della propria dignità e facendosi carico non soltanto della propria miseria, ma anche di quella di chi sta loro accanto.

Per le comunità che lavorano in contesti di benessere si tratterà invece di introdurre fisicamente i giovani nel mondo di quegli uomini e donne che chiedono solidarietà e aiuto.

E' il momento più delicato. L'impatto con questo mondo deve essere purificato da false curiosità ed emotività. Non si tratta solo di fare esperienza di un contesto, di una situazione, di un mondo problematico. L'obiettivo è quello di incontrare le persone, di farsi carico del loro dramma umano. Ciò permetterà di superare una certa mentalità di chi è disposto a servire i poveri, ma non a condividere la vita con loro.

L'atteggiamento spirituale allora è definito dalla stima e dalla ricerca dei valori che ognuno porta in sé, anche in situazioni di personale degrado.

E' questa la fase dell’ascolto, della conversione e della condivisione.


[212] Rispondere con progetti concreti di solidarietà

3. L'impatto personale con i problemi e gli appelli del Rispondere mondo esige che si impari da giovani ad elaborare precisi e concreti progetti di solidarietà, e a maturare forme di intervento sociale.

L'educazione sociopolitica non tollera ingenuità, e richiede alcune attenzioni di fondo:

-il superamento, nei giovani, di atteggiamenti superficiali, carenti di quella coscienza sociale su cui tanto insiste l'insegnamento della Chiesa;

-il giusto rapporto tra "opere caritative" e "obblighi di giustizia"48;

-l'analisi paziente per trasformare le strutture che hanno e mantengono il loro peso sulle situazioni;

-l'elaborazione di progetti fatti non solo "per" i poveri, ma "con" essi perché, assumendoli, diventino capaci di gestire la propria vita.

Sempre e ovunque - sull'esempio di Don Bosco che rivendicava con forza la portata sociale della sua opera - è necessario educare i giovani perché si impegnino a coinvolgere i responsabili a livello sociale, politico e religioso. Solo così i progetti potranno diventare esemplari, ed essere eventualmente imitati e moltiplicati.


[213] Una solidarietà fondata sul vangelo e sulla fede

Ogni fase sopra descritta esige che aiutiamo i giovani a rafforzare le motivazioni di fede.

Educare alla solidarietà è far comprendere che la carità deve essere espressione del proprio incontro con Cristo. Da qui l'importanza dell’ascolto e dell’adesione profonda alla Parola di Dio e della preghiera, attraverso cui i giovani si avviano alla costruzione di sé, prima che degli altri, ed evitano il pericolo dell’attivismo e dell’efficientismo. E la forte radicazione nell’insegnamento sociale della Chiesa darà loro luce per orientare la propria azione verso mete e secondo modalità ispirate dall'amore cristiano.


[214] anche in esigenze di partecipazione politica

Le iniziative con cui maturare queste sensibilità e questa formazione dei giovani possono riferirsi a spazi diversi: al territorio in cui si vive, ai paesi in via di sviluppo in cui si possono spendere energie e tempo, all'animazione di ambienti giovanili.

Ma c'è un aspetto per il quale noi salesiani siamo chiamati ad operare con convinzione: è quello di avviare i giovani all'impegno e alla "partecipazione alla politica", ossia alla "complessa e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune"49.

Quest'ambito da noi è un po' trascurato e disconosciuto. Si teme forse di incappare in forme di collateralismo o di cadere nei complicati meccanismi della concorrenza elettorale o di essere infedeli alle modalità che ci sono proprie nel partecipare all'impegno della Chiesa per la giustizia e la pace50.

Ma questa resta una sfida da raccogliere e un rischio da correre.

Le comunità giovanili più vive sapranno chiedere ai migliori anche questo servizio, in nome della dimensione sociale della carità. Sarà all'inizio un impegno limitato, ristretto al proprio quartiere, alla propria città. Altre strade si apriranno successivamente, e questo obiettivo servirà anche a favorire nei giovani un atteggiamento positivo verso la realtà politica e ad aprirsi alla fiducia che, anche a questo livello, si possono cambiare cose e situazioni.

La carità evangelica, fatta progetto concreto, continuerà così a tracciare nella storia le nuove strade della giustizia.



1 ChL 34

2 2 Eb 11,27; cf. Cost. 21

3 Cf. Cost. 11

4 Cf. Lc 24, 13-36

5 Cf. Cost. 12

6 Cost. 20

7 MB 17, 107

8 Cost. 40

9 MB 17, 114

10 Cf. Gal 4,19

11 Cf. Cost. 34

12 Cost. 31

13 MB 1, 125

14 Cf. Cost. 32

15 IP 11

16 Gv 10,10

17 Cf. 1 Pt 3,15

18 Cost. 37

19 Cf. MB 5, 367: “In ogni giovane... avvi un punto accessibile al bene e dovere primo dell'educatore è di cercar questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarne profitto”

20 At 22,10

21 Cf. Mons. G. Costamagna, Conferenze ai figli di Dorl Bosco, Santiago del Cile 1900, p. 165

22 Cf. MC 35

23 MB 1, 125

24 Cf. MB 5, 526: “Non voglio abbandonare Don Bosco; voglio restare sempre con lui”. Cf. anche MB 6, 334-335

25 Cf. MB 17, 111

26 Cf. MB 3, 9: “Voglio insegnarvi un metodo di vita che vi possa... rendere allegri e contenti”

27 Cost. 16

28 Cf. Mt 25,40

29 Cost. 15

30 Cf. Cost. 14

31 Il Rettor Maggiore al Confronto DB 88

32 MB 5, 356

33 Cf. G. BOSCO, Il pastorello delle Alpi, Torino 1864, p. 158, in G. BOSCO, Opere edite, vol. XV, [400]

34 Cf. Cost. 34

35 MB 16, 447

36 E. Viganò, ACG n. 327, p. 13

37 Cf. Cost. 8

38 Cf. nota 21

39 Cf. Cost. 34

40 LG 68

41 Cf. ChL 37 e 44

42 GS 55

43 Giovanni Paolo II

44 Sinodo 1971, “De iustitia in mundo”, in Enchiridium Vaticanum, vol. 4, p. 803

45 Cf. EN, 25-39

46 Cf. Cost. 33

47 Cf. CGS 72

48 Cf. AA 8

49ChL 42

50Cf. Cost. 33

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