CG28|it|Quale tipo di Salesiano per i giovani di oggi?





PROFILO DEL SALESIANO OGGI

Quale tipo di Salesiano per i giovani di oggi?





RICONOSCERE

I loro occhi si aprirono ed essi lo riconobbero (Lc. 24:31)



UN MONDO IN FIAMME

"Oggi il mondo è in fiamme... che cosa stiamo facendo per questo?"i

Queste parole sono attuali oggi come quando furono pronunciate da santa Teresa d'Avila nel 1577. Vivendo al tempo della riforma, del cambiamento dei paesaggi politici e religiosi, come vi ha risposto lei? Accendendo un altro fuoco, raccogliendo intorno a sé donne che vissero una vita di contemplazione attraverso lo sviluppo dell'amicizia con Cristo.

Che tipo di Carmelitana stava cercando?

"Donne determinate, così determinate da spaventare gli uomini" - dopo tutto, ella scrive, "sono state le donne che sono rimaste fedeli ai piedi della croce quando la maggior parte degli uomini erano fuggiti"ii. Sapeva che avevano bisogno di questa perseveranza e resistenza per prendere sul serio il cammino interiore della preghiera contemplativa, intesa come amicizia con Cristo. Questa comprensione teresiana della preghiera, come amicizia con Cristo, è alla base di una comprensione salesiana della preghiera come cuore a cuore. San Francesco di Sales parla di Dio come "amico del nostro cuore"iii e Don Bosco vive gli Esercizi Spirituali come "una serie di meditazioni e istruzioni che ci portano nell'amicizia di Dio"iv. È questa amicizia con Cristo che siamo chiamati a coltivare e a condividere con i giovani.


Oggi il mondo è in fiamme - Anche noi viviamo in tempi difficili, dove nel mondo occidentale si è aperta una inquietante spaccatura tra la cultura contemporanea e la nostra tradizione di fede cristiana, descritta da San Paolo VI come "il dramma del nostro tempo"v. Questo è eminentemente vero nella rottura tra la visione e cultura religiosa che abbiamo ereditato e l'esperienza vissuta da molti giovani di oggi. Viviamo in un'epoca di rapidi cambiamenti, di secolarizzazione e incertezza. Molti paesi che erano antichi bastioni di valori cristiani hanno attraversato un cambiamento così rapido che "c'è un profondo ridisegno del nostro paesaggio morale"vi. I recenti incendi amazzonici catturano vividamente le minacce al nostro mondo di oggi: il cambiamento climatico, lo spostamento di popoli, i rifugiati, l'instabilità politica, la pulizia etnica, le guerre, le persecuzioni religiose.


Riconoscendo questo come il mondo dei giovani di oggi, ci chiediamo:


Che tipo di salesiani per i giovani di oggi?


GENTILEZZA E AMOREVOLEZZA

Se la "determinazione" era la qualità suprema richiesta alle Carmelitane affinché perseverassero sulla via della contemplazione, che cosa è fondamentale per noi Salesiani? Torniamo al sogno dei nove anni: "Non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici"vii. Il tratto distintivo della spiritualità salesiana è la dolcezza e l'amorevolezza. (Lavorando nella commissione precapitolare, ho fatto una ricerca di parole sui documenti ricevuti dalle ispettorie e ho trovato un solo riferimento alla dolcezza. L'ho trovato molto interessante). Come salesiani siamo radicati nella dolcezza e nell'amorevolezza o siamo stati sradicati? Non dimentichiamo i propositi di Don Bosco prima dell’ordinazione: "La carità e la dolcezza di san Francesco di Sales mi guidino in ogni cosaviii”. Egli sceglie specificatamente San Francesco di Sales come patrono "perché chi intende dedicarsi a questo tipo di lavoro dovrebbe adottare questo santo come modello di carità e affabilità"ix. Qui vediamo come esista un'affinità spirituale tra i due grandi santi, un'affinità che ruota intorno alla dolcezza e all'amorevolezza - Don Bosco è in risonanza con San Francesco di Sales, il che spiega perché non si tratta di una scelta arbitraria ma di un discernimento degli spiriti, rivelando quell'elemento carismatico che appartiene specificamente al carisma salesiano.


Come ci ricorda San Francesco di Sales: “Non c'è niente di così forte come la dolcezza e niente di così dolce come la vera forza”x. Così, più tardi, nel sogno, quando Maria consiglia il giovane Bosco, gli dice: “renditi umile, forte e robusto". Così facendo, ci insegna il legame tra dolcezza e umiltà. Si tratta semplicemente di un'elaborazione della dolcezza salesiana che si ispira a Gesù come "dolce e umile di cuore" (Mt 11,29). Dichiara San Francesco di Sales:

Nostro Signore aveva fondato la sua dottrina su queste parole: Siate miei discepoli perché sono mite e umile di cuore. Perché Dio ci attira? Perché è gentile: Lo spirito di dolcezza è lo Spirito di Dio".xi


La dolcezza salesiana (douceur) è lo spirito delle beatitudini, un dono dello Spirito che ci permette di vivere a imitazione dell'umiltà e della dolcezza di Gesù. Non è, come a volte frainteso, un modo di essere gentili! Tale dolcezza richiede padronanza di sé e disciplina perché esige che "sopprimiamo i movimenti di rabbia, che siamo gentili, cordiali e pieni di mitezza verso tutti, che perdoniamo i nostri nemici e soffriamo il disprezzo". È la dolcezza delle Beatitudini. Non sorprende, quindi, che San Francesco di Sales concluda che tale dolcezza "è difficile, specialmente per chi non è una persona di grande preghiera"xii. Se c'è una mancanza di dolcezza nelle nostre comunità, tra i giovani e i nostri collaboratori, non potrebbe essere questo un riflesso della mancanza di preghiera? Sollevo semplicemente la questione. Come salesiani, siamo chiamati ad essere gentili, umili e forti – questo è possibile senza preghiera? La dolcezza, insomma, è una sintonia della nostra volontà con Gesù che è mite e umile di cuore. Don Bosco ci scrive:

Figli miei, nella mia lunga esperienza molto spesso mi sono dovuto convincere di questa grande verità: [Che] è più facile arrabbiarsi che trattenersi, e minacciare un ragazzo che persuaderlo........ Dobbiamo essere fermi ma gentili e pazienti con loro...... Questo è il metodo che Gesù usava con gli apostoli. Ha sopportato la loro ignoranza, la loro ruvidità e persino la loro infedeltà. Trattava i peccatori con una gentilezza e un affetto che faceva sì che alcuni fossero scioccati, altri scandalizzati, e altri ancora a sperare nella misericordia di Dio. E così ci disse di essere gentili e umili di cuore.xiii


Come sarebbero le nostre comunità salesiane se la dolcezza regnasse sulla rabbia? Come sarebbe il nostro rapporto con i giovani se fosse caratterizzat da una dolcezza priva di abusi verbali o di una rabbia incontrollata e non elaborata? Come sarebbe la nostra cooperazione con i laici senza scoppi di rabbia o aggressioni passive? Facciamo nostra la preghiera di San Paolo per i Salesiani di oggi:

Siate sempre umili e gentili. Siate pazienti l'uno con l'altro, sopportandovi a vicenda con amore. (Ef. 4:2)







INTERPRETARE

Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo (Lc 9:35)


Che tipo di Salesiani per I giova ni di oggi?

Se vi aspettate una risposta alla domanda, sarete delusi! Come buoni irlandesi, rispondiamo alle domande facendo altre domande!!! Riflettendo sui dati ricevuti dalle ispettorie sul profilo dei salesiani di oggi, la commissione ha notato una duplice tendenza o tentazione:

  1. Presentare una visione idealizzata del salesiano come una sorta di superuomo, un ideale impossibile che nessuno potrebbe mai raggiungere;

  2. oppure, presentare un'immagine piuttosto negativa che sembrerebbe sottolineare i nostri fallimenti e l'incapacità di vivere all'altezza dell'ideale.

Come ci ricorda San Francesco di Sales, la verità non sta agli estremi – dobbiamo avere una prospettiva equilibrata che deriva dall'umiltà che cerca la verità – la verità è che noi abbiamo sia pregi che difetti, Dio ci ha benedetto con doni per il suo servizio, ma rimane sempre spazio per noi per sviluppare e utilizzare di più questi doni.


Non dimentichiamoci che la domanda:

Che tipo di salesiani per i giovani di oggi?

non è rivolta a noi come individui ma, soprattutto, come Salesiani a cui è affidata una missione comunitaria per i giovani. “Ciascuno di noi è chiamato da Dio a far parte della Società Salesiana... (ciascuno) mette se stesso e i propri doni al servizio della vita e dell’azione comune (Cost. 22)... L'amore fraterno, la nostra missione apostolica e la pratica dei consigli evangelici sono i legami che ci uniscono e rafforzano costantemente la nostra comunione. Così diventiamo un solo cuore e un'anima sola per amare e servire Dio e per aiutarci gli uni gli altri" (Cost. 3 e 50). La domanda ci interpella come salesiani che viviamo, lavoriamo e preghiamo insieme in comunità. Non è una domanda che cerca il salesiano ideale (che comunque non esiste); né un salesiano superuomo; né la domanda che ci chiede di prendere un selfie salesiano! La domanda non riguarda l'immagine, il modo in cui vediamo noi stessi o il modo in cui ci vedono gli altri. Questa domanda è una domanda sulla nostra identità di salesiani. Mi sembra che ci sia una triplice enfasi in questa domanda: Salesiani - giovani - oggi.


Torniamo ora alla domanda: Che tipo di salesiani per i giovani di oggi?

Lo stiamo chiedendo ai giovani? Lo stiamo chiedendo ai nostri collaboratori e ai membri della famiglia salesiana? Lo stiamo chiedendo a noi stessi? Ci sono molte risposte e aspettative diverse, ma che dire di Dio? Credo sinceramente che questa domanda cambi significativamente, quando la rivolgiamo a Dio e gli chiediamo:

Signore, che tipo di salesiani per i giovani di oggi?

All'inizio, può sembrare che io stia solo giocando con le parole, ma cambia notevolmente la nostra attenzione quando ci rivolgiamo al Signore con questa domanda. Perché? Perché l'attenzione non è più su noi stessi. Restituiamo il centro a Dio e noi siamo invitati ad ascoltare e a riflettere, come Maria, perché sia Lui ad insegnarci. Non ci viene chiesto di trovare la risposta, ci viene chiesto di ricevere la risposta da Lui. Ci mette, come Maria, nella posizione di ricettività dove cerchiamo e ci arrendiamo alla sua volontà. Proprio come Don Bosco, al quale per intercessione di Maria fu mostrata la risposta nel suo sogno dei nove anni - "questo è il tuo campo di lavoro, renditi umile, forte e robusto... ecc. Anche noi, come salesiani di oggi, abbiamo bisogno di ricevere la nostra missione dal Signore. Non c'è dubbio che molte opinioni verranno espresse durante il Capitolo, ma speriamo di portare questi punti di vista nella preghiera perché il Signore ci sorprenda con la sua prospettiva.




Signore, che tipo di salesiani vuoi per i giovani di oggi?


Cosa si aspetta Dio da noi? Sappiamo cosa Dio vuole che siamo? Lasciamo che Dio ci mostri il suo campo di lavoro come ha fatto per il giovane Bosco? Quando porto questa domanda nella preghiera, Signore, che tipo di salesiani per i giovani di oggi? Non riesco ad arrivare ad una risposta, ma, invece, sperimento un invito - Vieni a me. Questo ha senso perché se vogliamo imparare da Gesù, mite e umile di cuore, dobbiamo prima rispondere al suo invito: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò" (Mt 11, 28-30). Solo allora possiamo imparare da lui. Rispondere all'invito del Signore è il primo passo, non negoziabile, per scoprire che tipo di salesiani per i giovani di oggi? Quando rimango con questo invito - Vieni a me - segue un invito più profondo - Rimani in me - "Rimanete in me e io in voi" (Gv 15,4). Solo se saremo fedeli a questo invito, come Don Bosco, scopriremo che "in questo è glorificato ik Padre mio, che portiate frutto e diventiate miei discepoli" (Gv 15,8).


Biblicamente, mi sembra che ci sia sempre un passo da fare prima di poter vedere o riconoscere. Questo passo è ascoltare la Parola di Dio. Se prendiamo i due discepoli di Emmaus, che sono scoraggiati perché avevano sperato e le loro aspettative non si erano realizzate, essi non sono in grado di vedere o riconoscere il Signore. Solo quando entrano in conversazione con lui, ascoltando la Parola, lo sentono e poi "i loro occhi si aprono e lo riconoscono" (Lc 24,31). In breve, abbiamo bisogno di ascoltare prima di poter vedere; abbiamo bisogno di ascoltare la Parola, solo allora possiamo interpretare e capire.


IMPARARE AD ASCOLTARE


Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini,

non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3)


Per noi salesiani, seguendo le orme di Don Bosco, il mondo dei giovani è un luogo privilegiato dove incontriamo Dio. È il nostro 'roveto ardente' dove Dio si rivela a noi, ma come Mosè, dobbiamo toglierci i sandali, allontanarci dalle nostre cose per vedere Dio che fa qualcosa di nuovo, "Andrò a vedere questo spettacolo sorprendente”. Come Mosè, dobbiamo lasciarci attirare da Dio, avere un senso di stupore. Per questo è così importante per noi ascoltare i giovani, ma – cosa ancora più importante – dobbiamo ascoltare ciò che Dio ci dice attraverso di loro.


Sono i giovani, soprattutto i poveri e i più bisognosi, che ci insegnano a diventare come bambini. Se vogliamo "subire un cambiamento di cuore" e "diventare come bambini", allora dobbiamo imparare a ricevere da Dio. Il nostro Dio ama dare. Rivediamo ora la questione da una prospettiva completamente diversa. E se Dio ci rivolgesse la domanda:


Fratelli Salesiani, cosa volete che vi dia oggi?


Che cosa chiedereste? Questa è la stessa domanda che Dio rivolge a Salomone: "Chiedimi ciò che io devo concederti” (1Re 3,5). Mi chiedo quanti di noi risponderebbero come Salomone: "Signore, concedimi un cuore docile (un cuore che ascolta) ... perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene e il male " (1Re 3,9). Senza questo "cuore che ascolta" non potremo entrare nel regno dello Spirito; senza questo "cuore che ascolta" non potremo vedere il piano di Dio, perché se non ascoltiamo la Parola, non vedremo e i nostri occhi non potranno essere aperti.


Abbiamo già ascoltato varie voci durante i nostri capitoli ispettoriali, ma Dio ci invita ora ad ascoltare ancora più profondamente questo Capitolo Generale. È una "provocazione" per ciascuno di noi. È la voce dello Spirito che ci spinge a porci domande, a "esaminare le nostre opere", a "rivedere", a "pentirci e convertirci". "Chi ha orecchie, ascolti ciò che dice lo Spirito". È lo Spirito che parla anche a noi e ci invita ad ascoltare (cfr. Apocalisse 2, 1-29).xiv


Maria, Sposa dello Spirito Santo, che ci è stata data come madre e maestra, è il nostro esempio. Ci insegna a prepararci a ricevere un "cuore che ascolta", perché ha meditato tutte queste cose nel suo cuore. Preghiamo perché per intercessione di Maria riceviamo la saggezza dello Spirito Santo che ci guidi mentre estraiamo dal (nostro) tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52).


È interessante notare che Salomone riceve il suo "cuore che ascolta" quando dorme; San Giuseppe scopre la volontà di Dio e cambia i suoi piani quando un Angelo lo visita nel sonno. Abbiamo innumerevoli esempi di Dio che si rivela a Don Bosco nei suoi sogni mentre dorme. Forse dovremmo passare meno tempo a parlare e più tempo a dormire in questo Capitolo! Mi sembra che quando dormiamo, a Dio facciamo meno resistenza. A volte sono proprio le nostre parole e le discussioni che ostacolano ciò che Dio vuole dirci. Un "cuore che ascolta" ci permette di mettere da parte le nostre agende per ricevere la direzione di Dio. Se e quando ascoltiamo Dio, la sceneggiatura cambia. Non andiamo più secondo le nostre aspettative, ma scopriamo che Dio ci offre possibilità ancora maggiori di quanto avremmo potuto immaginare. Possibilità che non sono mai state nella nostra sceneggiatura originale.


Quando parliamo sappiamo già quello che vogliamo dire, ma quando ascoltiamo veramente, siamo cambiati, perché possiamo imparare qualcosa di nuovo. La spiritualità salesiana ci offre la seguente sfida: Ascolto per rispondere o per capire? Come ci ricorda Papa Francesco:

Solamente chi è disposto ad ascoltare ha la libertà di rinunciare al proprio punto di vista parziale e insufficiente... Così è certamente disponibile ad accogliere una chiamata che rompe le sue sicurezze ma che lo porta a una vita migliore, perché non basta che tutto vada bene, che tutto sia tranquillo. Può essere che Dio ci stia offrendo qualcosa di più, e nella nostra distrazione non lo ricosnosciamo”.xv



SCEGLIERE

La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2,5)


Maria è in grado di dirigere i servi grazie al suo "cuore che ascolta". Lei è in grado di riflettere sugli avvenimenti della vita, di vedere e rispondere con compassione agli sposi che ne hanno bisogno, e di indirizzare i servi al loro Signore e Maestro. È lo stesso schema del sogno di Don Bosco quando Lei gli mostra il suo campo di lavoro. Come Don Bosco, anche noi siamo invitati da Lei a coltivare un "cuore che ascolta" per discernere il progetto di Dio per noi. Questo periodo di attesa può essere difficile per noi salesiani che amiamo essere attivi. Tuttavia, è un passaggio essenziale nel processo di discernimento e attendere in questo luogo dove non sappiamo. In questo luogo "non desideriamo nulla, non chiediamo nulla, non rifiutiamo nulla" (San Francesco di Sales). Tuttavia, avendo ricevuto i suggerimenti dello Spirito Santo, il nostro cuore che ascolta, come Maria, comincia a vedere e noi siamo invitati a rispondere con compassione. La nostra attesa si trasforma in azione con lo stesso zelo dell'amante del Cantico dei Cantici che "percorrerà la via dell'amato" - l'attesa ansiosa è sostituita dal fare la volontà di Dio.


Torniamo a un episodio nella vita di Gesù. I discepoli vengono da lui e gli dicono: "Tutti ti cercano!” Come risponde? Non nel modo che si aspettano - "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là. Per questo infatti sono venuto”. Perché non rimane con coloro che hanno appena ricevuto la buona notizia? La risposta sta in quello che ha fatto prima di rispondere ai suoi discepoli - "Al mattino si alzò quando era ancora buio e uscito di casa si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Mc 1, 35) È la preghiera al Padre suo che permette a Gesù di avere "un cuore che ascolta", di discernere la volontà del Padre e di lasciarsi andare alla missione del Padre suo. Forse per noi salesiani non dovremmo mai usare la parola discernimento senza che essa sia preceduta dalla parola orante. Dopo tutto, il discernimento non è solo argomentazioni ragionate. Raccogliere informazioni, comprendere il contesto, ascoltare e analizzare la situazione dei giovani è importante, ma non basta. Non possiamo arrivare al progetto di Dio per noi su un livello puramente razionale di riflessione e discussione. Si richiede la preghiera. In particolare, la preghiera contemplativa da dove nasce la nostra missione. Il discernimento, per noi, è sempre un discernimento orante.


DISCERNIMENTO ORANTE


La fedeltà alla preghiera ha permesso a Don Bosco di ritornare al suo cuore e di discernere le ispirazioni che lo Spirito di Dio ha ispirato in lui. Il sogno ricorrente del Pastore fu una pietra miliare della sua spiritualità ma anche tre anni dopo l’ordinazione, nell'ultimo anno del Convitto, egli nutrì il desiderio di entrare negli Oblati di Maria Immacolata e di dedicare la sua vita alla predicazione degli Esercizi Ignaziani.xvi Giulio Barberis nota che egli presenta questo piano a don Cafasso per discernimento e questi rifiuta completamente la sua proposta. Egli lo vive come "un colpo terribile". Ma Don Cafasso, anch'egli uomo di preghiera, si è sintonizzato sull'ispirazione più profonda di Don Bosco, che si è manifestata nei suoi sogni.


Molto prima, nel suo primo anno di filosofia, Don Bosco aveva riferito a Don Cafasso un sogno che lo aveva lasciato perplesso. Si vedeva vestito da sacerdote in una sartoria, non per cucire abiti nuovi, ma per ripararne di vecchi strappati e pieni di toppe. xvii Don Bosco aveva comunicato a Don Cafasso la sua "inclinazione" a lavorare con i giovani come "uno stimolo interiore": Mi sento incline a lavorare per i ragazzi...". In questo momento mi sembra di trovarmi in mezzo a una folla di ragazzi che mi chiedono di aiutarli"xviii. È nell'ascolto di questo "impulso interiore" o "voce" che don Cafasso si rende conto che egli è chiamato da Dio ad una missione specifica (non dai francescani o dagli Oblati di Maria Immacolata). Il simbolismo del riparare abiti vecchi non si perde in Don Cafasso che vede chiaramente in esso la sua chiamata ai giovani poveri e abbandonati.


Non complichiamo le cose. È abbastanza semplice. È molto chiaro che Don Bosco partecipa alla missione del Buon Pastore "per cercare la pecora perduta e ricondurre all’ovile quella smarrita, per fasciare quella ferita e curare quella malata” (Ez 34, 16). È lo stesso Signore "che ci ha consacrato attraverso il dono del suo Spirito e ci manda ad essere apostoli dei giovani" (Cost. 2).


CONTEMPLATIVI NELL’AZIONE


Se me lo permettete, condividerò con voi una testimonianza personale. Dopo il mio primo anno come ispettore, ho intrapreso gli Esercizi Spirituali annuali “diretti”. (A proposito, raccomanderei vivamente degli Esercizi Spirituali diretti, oltre ai nostri Esercizi salesiani, come scelta che sarebbe estremamente utile per la formazione permanente). Non molto tempo dopo gli Esercizi Spirituali diretti, tuttavia, sono stato disturbato dalla seguente domanda:

Ero diventato più servitore che amico di Dio?


Dopo qualche giorno di ritiro, siccome facevo grande fatica a entrare in un modo più contemplativo, andai a fare una passeggiata lungo la riva del mare. Ho visto un cane sulla spiaggia, che veniva nella mia direzione e trascinava il suo sfortunato proprietario dietro di sé. Lui ha continuato il suo viaggio, ma a me era rimasto il pensiero: Ero forse stato come questo cane per gran parte del mio primo anno da ispettore? Ho continuato a nutrire questo pensiero durante il mio viaggio di ritorno a casa, che è stato molto più piacevole in quanto ora avevo il vento alle mie spalle che mi spingeva. Improvvisamente, un piccolo gruppo di gabbiani mi apparve scivolando senza sforzo appena sopra la testa. Li ammiravo e li invidiavo. Com'era facile per loro lasciarsi catturare dalla brezza e lasciarsi trasportare. Che differenza rispetto al cane ansimante al guinzaglio. Il contrasto non è fu senza effetto su di me. Avevo passato gran parte del mio primo anno a cercare di far accadere le cose, ma l'operosità non garantisce che tu stia facendo la volontà di Dio. Non ha senso sbattere le ali freneticamente o tirare il guinzaglio se si va nella direzione sbagliata. Questo fatto ha provocato le seguenti domande:

Sto veramente seguendo il Signore o sto correndo avanti, chiedendo al Signore di seguirmi?

Di chi si sta costruendo il regno? Di chi si stanno realizzando i piani?


Ho capito subito che dovevo scendere dal tapis-roulant dell'attivismo salesiano dove stavo cercando di far accadere le cose e, invece, imparare a prendere la brezza dello Spirito e lasciare che la volontà di Dio sia fatta. Perché questo accadesse, dovevo fare una scelta: dovevo scegliere di dare priorità a due periodi di meditazione ogni giorno, uno al mattino e l'altro alla sera.


Se abbiamo vissuto dei fumi dell'analisi, della pianificazione e dell'essere incentrati sugli obiettivi, sarà molto più difficile per noi catturare la brezza dello Spirito. Questa richiede un "cuore che ascolta", uno spirito contemplativo. Non possiamo far sì che questo accada, ma possiamo disporci attraverso la meditazione e la contemplazione a ricevere un "cuore che ascolta". Il passaggio dall'analisi alla consapevolezza richiede uno spazio interiore diverso. È un modo contemplativo che non si affretterà, ma che impara ad aspettare il ritmo di Dio e il tempo di Dio. Senza di esso, corriamo il rischio di elaborare progetti e obiettivi che sono nostri e non di Dio. Non facciamo discernimento al di fuori dei nostri obiettivi. Ci vuole uno spazio di ascolto dove, con nostra sorpresa, scopriamo che Dio ha i suoi piani per noi. Quando David disse che voleva costruire il tempio per il Signore, il suo profeta Nathan all’inizio era d'accordo. Tuttavia, dopo che ci ha dormito sopra (notate ancora come Dio irrompe quando siamo meno resistenti) ha trasmesso il messaggio di Dio – chi sei tu per costruirmi una casa, io ti costruirò una casa per te e per i tuoi antenati (cfr. 2Sam.7, 10-11).


LA SCELTA CONTEMPLATIVA


Come ho già detto, non possiamo creare un "cuore che ascolta" perché è un dono di Dio, il dono della contemplazione, ma possiamo preparare il nostro cuore a riceverlo attraverso la meditazione e la contemplazione. Solo così, come consiglia san Francesco di Sales, possiamo "appartenere a Dio in mezzo a tanta operosità". Se Gesù, stanco per la sua missione, ha sentito il bisogno di ritirarsi per comunicare con il Padre nella preghiera, allora, sicuramente, anche noi dobbiamo fare lo stesso. Se san Francesco di Sales fin dai suoi primi anni di studio ha sviluppato la pratica contemplativa del "sonno sacro" per ascoltare il battito del cuore di Dio, non dovremmo noi fare altrettanto? Quando gli fu chiesto quanta meditazione era necessaria se sei impegnato a lavorare per il Signore, egli rispose: "Ci vuole mezz'ora, ma se sei occupato, allora, un'ora".


LA TESTIMONIANZA DI DON BOSCO


E Don Bosco? Come ricorda beato Filippo Rinaldi: "Se vuoi vivere secondo lo spirito di Don Bosco non devi mai perdere di vista la sua vita interiore... continuamente unito a Dio nella preghiera". Don Bosco ha privilegiato i momenti di comunione solitaria con Dio, ha incoraggiato ritiri e periodi di silenzio tra i suoi ragazzi, e faceva annualmente gli Esercizi Spirituali presso il Santuario di Sant'Ignazio.xix Il cardinale Cagliero afferma eloquentemente: "L'amore di Dio brillava nel suo volto e da tutta la sua persona e da tutte le parole che venivano dal suo cuore quando parlava di Dio dal pulpito o nel confessionale, in conferenze pubbliche o private, o in conversazioni amichevoli. Questo amore è stato l'unico desiderio del suo cuore e il desiderio più ardente di tutta la sua vita"xx.


Quando parlava di Dio... questo amore era l'unico desiderio del suo cuore. È ovvio che Don Bosco comunicava con un Dio vivente perché in un rapporto vitale con Dio. Questo è possibile solo attraverso la preghiera come amicizia con Cristo che alimenta il fuoco tra noi. Senza questa intimità alimentata dalla preghiera, "… Dio sparisce in lontananza. Egli diventa lentamente una "idea" senza senso e senza vita.... Se smettiamo di pregare per un lungo periodo di tempo, Dio "muore"! ... non in se stesso, ma muore nei nostri cuori. Dio "muore" come una pianta appassita che abbiamo trascurato di innaffiare". xxi



L'alito interiore della preghiera e l'alito esteriore dell’attività hanno permesso a Don Bosco di svolgere il lavoro di Marta con il cuore di Mariaxxii. Con l'approfondimento dell'amicizia con Cristo attraverso la preghiera, la sua instancabile attività veniva accresciuta come espressione del suo amore per Dio. Credo che la nostra fondamentale eresia salesiana sia quella di guardare a Don Bosco nel tentativo di imitare il lavoro che lui ha fatto senza avere l'unione con Dio di cui lui ha goduto. Noi, spesso, siamo semplicemente attivi, mentre, per Don Bosco, la sua opera era il traboccare del suo rapporto con Dio (l’estasi dell'azione).


I SALESIANI OGGI

Comunichiamo il Dio vivente agli altri?


Come dichiara San Giovanni Paolo II:

Il futuro della missione dipende in gran parte dalla contemplazione. Se il missionario non è contemplativo, non può proclamare Cristo in modo credibile. Egli è testimone dell'esperienza di Dio e deve essere in grado di dire con gli apostoli: "ciò che noi abbiamo veduto... riguardo il Verbo della vita... noi lo annunziamo anche a voi” (1 Gv 1,1-3).xxiii


Perché è così importante per noi salesiani di oggi avere un "cuore che ascolta" o uno spirito contemplativo? Il nostro mondo oggi valorizza l'umano, ma perde di vista il trascendente. Anche la nostra tradizione salesiana ha a cuore l'uomo e crediamo che la grazia si fonda sulla natura. Per questo motivo, in molti dei feedback ricevuti, riconosciamo il valore e l'importanza della consulenza per rispondere alle difficoltà che i giovani vivono. Tuttavia, se rimaniamo a questo livello avremo fallito con i giovani di oggi. La sete e la fame più profonda è spirituale. Lo psicologico è importante, ma non può sostituire lo spirituale. Se non facciamo questo cammino dentro di noi verso lo spirituale attraverso la preghiera, la meditazione e la contemplazione non saremo in grado di accompagnare i giovani nel loro cammino. Se falliamo in questo senso, saremo giudicati dalle generazioni future per aver sbagliato il reale e lo spirituale, essendo in contatto con lo psicologico e che non è abbastanza profondo.


Questo ci riporta a noi stessi come salesiani di oggi. Siamo noi, come Don Bosco, guidati dallo Spirito e pieni di Spirito? È “da questa presenza attiva dello Spirito che attingiamo l’energia per la nostra fedeltà e il sostegno della nostra speranza" (Cost. 1). Ciò che è importante per noi salesiani “non è affrettarci in una moltitudine di opere esteriori, ma scoprire e praticare gli atteggiamenti e i comportamenti che ci aprono all'opera dello Spirito”. Tutto il resto scaturirà da questo, e noi saremo in grado di compiere "le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo" (Ef 2,10). La vita spirituale non consiste tanto nel fare, quanto nel lasciare che sia fatto, lasciando che Dio agisca in noi, operi attraverso di noi.xxiv È attraverso l'unione con Dio, arrivata attraverso la sua fedeltà alla pratica contemplativa, che "lo Spirito formò in Don Bosco un cuore di padre e di maestro, capace di una dedizione totale: "Ho promesso a Dio che fin l'ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani"" (Cost. 1).



Preghiamo


Padre Grazioso, donaci uno spirito di saggezza e di percezione per vedere e rispondere ai bisogni dei giovani di oggi, specialmente di quelli più bisognosi.


Signore Gesù, Pastore dei nostri cuori, rinnova in noi lo stesso spirito di dedizione che accese il cuore di San Giovanni Bosco, apostolo dei giovani.


Spirito d'Amore, coprici con la tua ombra. Da’ fuoco ai nostri cuori con il tuo amore e riempili di nuovo con la forza e lo zelo della Pentecoste.


Maria, Sposa dello Spirito Santo, ottieni per noi la grazia di fare la volontà di Dio e di diventare un'altra umanità per Gesù, dove egli possa rinnovare tutto il suo mistero.


Vivete Gesù.

Possa Gesù vivere in noi, lavorare con noi e amare attraverso di noi, affinché possiamo veramente diventare segni e portatori dell'amore di Dio ai giovani.


Che il Padre sia glorificato nell'opera che ci ha chiamato a compiere con la forza del suo Spirito e nel nome del Suo Figlio, Gesù.

Amen.



i The Way of Perfection, ch.1, par.5 in E. Allison Peers (trans), The Complete Works of St Teresa of Jesus Vol. 2 (London: Sheed & Ward, 1963), 5.

ii Ibid, 229

iii François de Sales, Oeuvres Éditions Annecy, Vol. IV: 189. Hereafter, OEA.

iv (Salesian Central Archives) ACS A 225.02.01. cited in Giuseppe Buccellato, The Roots of the Spirituality of Saint John Bosco (Bolton: Don Bosco Publications, 2019), 11.

v Evangelii Nuntiandi, n.20.

vi J. Sacks, The Persistence of Faith (London: Weidenfeld and Nicoloson, 1991), 50.

vii St John Bosco, Memoirs of the Oratory (New Rochelle: Don Bosco Publications, 1984), 18.

viii MB.1:518.

ix MB.3:91.

x The Spirit of St Francis de Sales, as cited by C. F. Kelley, in The Spiritual Maxims of St Francis de Sales (London & New York & Toronto: Longmans, Green & Co., 1954), 124.

xi Adrienne Fichet, Premier Proces Remissorial d’Annecy, 32, as cited by Lajeunie, in St Francis de Sales, 2:133.

xii OEA IV:303.

xiii Epistolario, Torino, 1959, 4, 201-203.

xiv CG28 outline of reflection on the theme, see 2.2.2. Preparation process for the GC28.

xv Christus Vivit, n.284.

xvi Memorie Biografiche, Vol.2, 203-207.

xvii B.M, Vol.1:285.

xviii EBM II, 177.

xix G. Buccellato (ed) San Giuseppe Cafasso: Il Direttore Spirituale di Don Bosco (Roma: LAS, 2007) 28.

xx Ibid, 220.

xxi Ignacio Larrañaga OFM Cap, Sensing Your Hidden Presence: Toward Intimacy with God (Quebec, Editions Paulines, 1992), 27-28.

xxii See Introduction to The Devout Life, Part III, n.10.

xxiii Redemptoris Missio, n.91

xxiv Jacques Philippe, Fire and Light: Learning to Receive the Gift of God (New York: Scepter, 2016), 3.



Traduzione: don Franco Pirisi, sdb

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