CG20|it|Lettera di RM Vecchi


CAPITOLO GENERALE XX della Congregazione Salesiana



A cura di don Juan E. Vecchi e CSPG - Roma


Roma, 31 gennaio 1972


Carissimi,


Nel giorno dedicato dalla Chiesa a celebrare il «Dies Natalis» del nostro Santo Fondatore, a meno di un mese dalla conclusione del nostro Capitolo Generale Speciale, ho la gioia di presentarvo i Documenti che ne sono il frutto, se non unico, certo il più sostanzioso e concreto. Sono Raccolti in due volumi, dei quali uno, che vi presento, contiene gli Orientamenti dottrinali-pastorali oltre a quelli operativi, l'altro le Costituzioni e Regolamenti che, come è ovvio, hanno il valore normativo e direttivo universale tutto loro proprio.


In apertura a questo volume degli ORIENTAMENTI desidero farvi alcune considerazioni che mi sembrano importanti per la valutazione ed attuazione di essi, come di tutto il lavoro realizzato nel nostro Capitolo Generale Speciale. Nel volume delle Costituzioni e Regolamenti troverete pure una mia breve presentazione; mi pare che giovi per introdursi alla loro lettura.


1. SENSO DEL CAPITOLO GENERALE SPECIALE.


Il Capitolo XX è stato senz'altro il più lungo della nostra storia, ma dobbiamo anche riconoscere che ad esso era stato affidato dalla Chiesa e quindi dalla Congregazione un mandato straordinario e delicatissimo. Pensando quindi alla mole e novità del lavoro che si è dovuto affrontare, alla serietà e profondità con cui lo si è affrontato, sette mesi non parranno lunghi. Del resto tante altre Congregazioni hanno dedicato al loro Capitolo Speciale ancora maggior tempo, anche se lo hanno dovuto dividere in due sessioni.


Riscoperta della nostra identità


Il Capitolo, proprio per dare sostanza e fondamento non superficiale ma sicuro al Rinnovamento richiesto dalla Chiesa e per tanti aspetti imposto dalla profonda evoluzione avvenuta nella società fra i giovani destinatari della nostra missione, ha voluto rivedere in profondità la nostra identità alla luce delle realtà di oggi, secondo le direttive della Chiesa Conciliare, in risposta alle istanze provenienti dalla stessa Congregazione. Il Capitolo Generale Speciale è stato, come dissi a conclusione delle sessioni Capitolari, un grande evento spirituale ecclesiale e salesiano di straordinaria importanza nella storia della nostra famiglia, un fatto di larghissima collaborazione responsabile, accompagnato e illuminato continuamente dalla preghiera corale di migliaia e migliaia di anime interessate spiritualmente ad una presenza efficace dello Spirito Santo in tutti i lavori del nostro Capitolo. Guardando indietro, mi pare di poter dire che, malgrado le deficienze, le debolezze e gli errori, frutti dei limiti dell'uomo, il nostro Capitolo è stato permeato di Spirito Santo. Non era certamente un compito semplice da affrontare: se ne ebbe sempre chiara la coscienza lungo tutto lo svolgimento.


Fedeltà a Don Bosco


Per questo il leit motiv che ha accompagnato in ogni passo il nostro Capitolo è stato: «guardare a Don Bosco oggi» Come deve operare lo spirito di Don Bosco nelle circostanze e situazioni, nelle difficoltà di oggi e di domani, di fronte alle trasformazioni profonde e celeri della società secolarizzata del nostro tempo? Il Capitolo si è sforzato di comprendere sia il compito che la Provvidenza ci propone oggi, sia il cuore, il genio, il carisma soprannaturale con cui Don Bosco rispose alla missione che la Provvidenza gli affidava per la Società del suo tempo. Ma anche nei momenti di particolare difficoltà e tensioni, guardando sempre a Don Bosco, abbiamo avuto la chiara consapevolezza che la vitalità della Congregazione e il successo del suo apostolato negli anni venturi dipenderanno in maniera determinante dall'indirizzo che il Capitolo avrebbe impresso alla sua attività, e ancor più dal volto con cui la nostra Congregazione si presenterà nella Chiesa, ai giovani di oggi, al mondo e, prima ancora, a Dio. Tutti questi interrogativi e queste inquietudini, che ci hanno accompagnato senza sosta e spesso hanno portato a stati di profonda sofferenza, anche per la naturale diversa valutazione dei problemi e delle relative soluzioni, trovano una risposta, non dico completa e perfetta in assoluto (le cose umane non possono avere tale pretesa), ma, a mio parere, molto chiara ed esauriente negli Orientamenti che vi presento. Essi, pur senza avere un valore normativo, sono tuttavia di fondamentale importanza in quanto contengono le idee»: sono esse che in definitiva conducono la vita. Le stesse Costituzioni e i Regolamenti hanno nelle pagine di questo volume le loro motivazioni, i principi da cui promanano; gli orientamenti operativi poi ne sono i corollari concreti. Come vedete, si tratta di documenti della massima importanza per ogni Salesiano.


Superare le tentazioni


1) I preconcetti della sfiducia e della delusione.


Il celebre fisico Einstein soleva dire che è più facile rompere l'atomo che non un preconcetto. Ci può essere forse un preconcetto (non saprei in che misura diffuso) che, per motivi diversi e forse anche opposti, porta a svalutare a priori il valore intrinseco di tutto il lavoro del Capitolo Speciale. Non sto ad enumerare gli pseudomotivi - o meglio - le apparenti ragioni che si vorrebbero mettere avanti a giustificazione di simili atteggiamenti: dico solo che un simile comportamento, comunque motivato, sarebbe di gravissimo danno alle Comunità, perchè comprometterebbe l'efficacia dell'immenso lavoro compiuto e degli indicibili sacrifici di ogni genere a cui la Congregazione ai vari livelli si è sottoposta; sarebbe un atto di sfiducia e di poca docilità verso la Chiesa che ha voluto il Capitolo Generale Speciale proprio per il Rinnovamento della Congregazione; sarebbe infine un atto di orgogliosa presunzione individuale di fronte al pronunciamento dell' Organo Supremo della Congregazione. E' da aggiungere che chi ragionasse e agisse così non si potrebbe riconoscere come figlio di quel Don Bosco che fu sempre pronto ad attuare con filiale generosità ogni disposizione della Chiesa e del Papa, né amante della Congregazione, la quale ha bisogno in questo momento di vedere tutte le forze dei suoi figli tese unitariamente verso il Rinnovamento.


2) La strumentalizzazione dei Documenti.


E' avvenuto, purtroppo con grave danno nella Chiesa, per i Documenti Conciliari che spesso, estrapolati dal contesto, siano stati interpretati arbitrariamente in appoggio a idee e a linee di azione del tutto soggettive, in assoluto contrasto con il contesto e con la mens degli stessi Documenti Conciliari. Invito tutti ad evitare un simile comportamento nei confronti del nostro Capitolo Generale Speciale. Esso con l'insieme dei suoi Documenti è un corpus armonico inscindibile, anche se non tutti hanno lo stesso valore normativo, e se per forza di cose i Documenti e gli Orientamenti hanno spesso una stesura stilistica diversa, un'angolazione dei problemi ed una presentazione redazionale varia l'una dall'altra: ma, anche se talvolta può mancare l' omogeneità, c'è sempre l' organicità globale tra i singoli Documenti. Non vien meno per questo la loro validità. Non sarebbe ammissibile che del Capitolo Generale Speciale si volesse accettare solo ciò che serve ad appoggiare la propria tesi personale o i propri orientamenti di vita e di pensiero. Per motivi, che chiamerei di onestà e di rispetto alla verità, il Capitolo Generale va accettato per tutto quello e in tutto ciò che nei suoi documenti oggettivamente insegna, senza parentesi e senza forzature, evitando sottolineature o silenzi di comodo o comunque interpretazioni che non si possono onestamente desumere dal contesto e da tutta la mens del Capitolo, quale risulta dall'insieme dei Documenti stessi.


Il nostro dovere


Ma io, carissimi, amo sempre pensare che il vostro atteggiamento, giovani o anziani che siate, Coadiutori o Sacerdoti, da veri figli di Don Bosco e della Congregazione, è quello che ci chiedeva Paolo VI nella cordialissima udienza concessaci il 20 dicembre scorso. Sappiamo - Egli diceva - che nelle lunghe e laboriose discussioni del vostro Capitolo avete elaborato i canoni del vostro aggiornamento. Sappiamo con quanta ampiezza e competenza avete trattato i diversi problemi; a noi non resta che raccomandare di far tesoro di tanto studio e di dare volenterosa applicazione alle prescrizioni a cui vi siete impegnati. In pratica: perché la paterna e chiara parola del Papa diventi per ciascuno feconda realtà, portandoci a quella volenterosa applicazione delle prescrizioni a cui Egli ci invita, occorre tenere presenti alcune considerazioni che in realtà ne sono condizioni e premesse. E' vero: come non sono i Documenti ma le persone che fanno la storia, così sono e saranno i Salesiani e non uno o più volumi di documenti che rinnoveranno la Congregazione. Ma è anche vero che per divenire persone atte a realizzare questo impegno storico del Rinnovamento è condizione indispensabile anzitutto conoscere seriamente tutti i Documenti per assimilarne i contenuti e quindi calarli nella realtà esistenziale dei singoli e delle comunità ai vari livelli.


a) Leggere, anzi, studiare i Documenti Capitolari non è solo un'esigenza di docilità allo Spirito e di gratitudine per la sua presenza feconda nel Capitolo, ma è anche un vero dovere intimamente legato alla nostra professione religiosa. Oggi, infatti, il Salesiano non potrebbe essere fedele alla sua vocazione se in qualsiasi modo rifiutasse di passare attraverso il Capitolo Generale Speciale XX. Chi volesse prescindere da questi Orientamenti e più ancora dalle Costituzioni e Regolamenti rinnovati, lasciatemelo dire, verrebbe meno a quella fedeltà viva e dinamica a Don Bosco che ci chiede la Chiesa oggi. Ecco allora la parola d' ordine per tutti. Ognuno trovi il tempo per leggere personalmente questi Documenti, ma con una lettura pacata, sistematica, approfondita, che consenta di assorbire i molti valori dei vari contenuti; si leggano in comunità, soffermandosi a commentare, a dibattere, a confrontare anche certi punti per poterne puntualizzare la portata e gli impegni che derivano: siano letti specialmente con completezza e serietà nei Consigli Ispettoriali e nelle Commissioni preparatorie ai Capitoli Ispettoriali. Una tale lettura servirà a dare la chiara percezione dello spirito che permea tutti i Documenti e in pari tempo mostrerà senza equivoci i motivi, le dimensioni e i limiti di tutti quei poteri demandati, in virtù del decentramento e della sussidiarietà, a vari organi nelle Ispettorie. Si eviteranno così errori di impostazione, eventuali omissioni e vuoti nello studio e nelle soluzioni dei vari problemi che Ispettorie o Conferenze Ispettoriali dovranno affrontare. Ho accennato ai Capitoli Ispettoriali: essi avranno una funzione di notevole importanza per l'attuazione di tutto il Capitolo Generale Speciale nella Ispettoria. E' questo lo scopo per cui saranno indetti e organizzati, è questo l'ambito dentro cui ogni Capitolo Ispettoriale dovrà agire: non altro. Non ha dunque il compito di proporsi nuovi problemi, ma solo di studiare e trovare i modi più atti per attuare il Capitolo Generale: così, se ben preparato e condotto, offrirà un efficacissimo apporto al Rinnovamento della Ispettoria.


b) Assimilare profondamente. Ho insistito sulla lettura dei Documenti, ma è evidente che essa non può essere fine a se stessa. Come ho accennato, dovrà servire primariamente a fare assorbire e assimilare tutta la ricchezza dei Documenti, affinché dalla convinta accettazione intellettuale, i contenuti e lo spirito dei Documenti si trasformino e vengano calati nella vita: infatti lo scopo ultimo di tutto l'immane lavoro del Capitolo è appunto questo: portare i Salesiani ad essere i realizzatori e gli operatori convinti ed entusiasti del Rinnovamento sia personale che comunitario, così come è uscito dal travaglio fecondo dello stesso Capitolo. Carissimi, ricordiamolo bene: non saranno le impazienze o le intemperanze dei contestatori, né le profezie di sventura dei nostalgici di cose passate ma non più valide, a rinnovare la Congregazione, ma il lavoro paziente e generoso di quanti con animo umile ma aperto e disponibile avranno saputo riascoltare la voce di Don Bosco attraverso tutti i Documenti Capitolari, specialmente in quelle che risultano come le grandi strutture portanti del Rinnovamento.


LE STRUTTURE PORTANTI DEL RINNOVAMENTO POST-CONCILIARE.


Sinora ho parlato del Rinnovamento in termini ampi e conseguentemente piuttosto generici. Ma gli impegni del post-Capitolo esigono scelte operative ben determinate ed una concretezza e gradualità nella azione che, delimitando l'ampiezza dei temi globali del Capitolo rispondono al bisogno di convogliare e concentrare, almeno per i prossimi anni, su poche linee essenziali tutto lo sforzo del nostro Rinnovamento. Secondo una promessa fatta ai Capitolari nella fase conclusiva dei lavori, perché si evitino dispersioni di energie e l'impegno di tutti in Congregazione sia omogeneo, irrobustendo nella Congregazione l'unità nello sviluppo, desidero indicarvi cinque grandi linee su cui dovremo concentrare nei prossimi anni tutta la nostra attenzione e indirizzare gli sforzi concreti. Indicherò assai brevemente il senso di ognuna di queste linee. I Documenti Capitolari ne illustrano largamente i contenuti. Qui si vuole solo mettere in evidenza quali dovranno essere i centri di convergenza del concreto lavoro post-Capitolare.


1. Senso vivo della presenza attiva di Dio.


Nel 1° art. delle nuove Costituzioni proclamiamo la nostra convinzione che la nostra Società è nata non da solo progetto umano ma per iniziativa di Dio e che la presenza attiva dello Spirito è il sostegno della nostra speranza e l'energia per la nostra fedeltà. In queste parole dobbiamo vedere sintetizzato il primo centro di convergenza del nostro impegno postCapitolare di rinnovamento: partire dalla intensificazione personale e quindi comunitaria del senso vivo della presenza di Dio tra noi. E' riposta qui la base insostituibile di un'autentica vocazione salesiana. Sarebbe un gravissimo e irreparabile errore spostare su altri elementi il punto basilare del nostro Rinnovamento. Lo stesso Capitolo Generale Speciale, mentre tiene conto di tutte le risorse umane della Congregazione e del concetto sociologico della sua azione, pone sempre in evidenza che i Salesiani sono mossi dall'alto attraverso i vari strumenti con cui Dio agisce ordinariamente per i suoi piani. Contro il pericolo di guardare solo agli elementi ed agli strumenti umani lo stesso Capitolo Generale Speciale, specialmente attraverso le nuove Costituzioni, fa un richiamo vivo e stimolante, più frequente che nelle antiche Costituzioni, all'aspetto sovrannaturale della presenza di Dio nella Congregazione. Essa infatti non è una qualsiasi associazione benefica o sociale, ma una grande comunità di anime consacrate, unite nella carità per una Missione del tutto sovrannaturale.

Vengono qui opportune le parole rivolteci da Paolo VI: «Se il desiderato aggiornamento non riconducesse il dinamismo apostolico ad un più intimo contatto con Dio, ma portasse a cedere alla mentalità secolaresca, ad assecondare mode ed atteggiamenti effimeri e mutevoli o mondani, a mimetizzarsi col mondo nelle sue forme e senza discernimento, allora sarebbe il caso di riflettere seriamente sulle severe parole del Vangelo: Se il sale diventa scipito, non vale più a nulla, serve solo per essere buttato via e calpestato dagli uomini. Lo spirito del vostro Santo Fondatore, che in vita fu così aperto ai bisogni delle anime giovanili ma sempre così unito con Dio, sembra a noi che oggi vi chieda soprattutto questo particolare impegno: e siamo certi che voi, come sempre, più di sempre, ne asseconderete l'impulso.»(Discorso di Paolo VI ai membri del Capitolo Generale Speciale). Tutto questo importa in concreto per noi uno sforzo energico per ridonare di fatto il primato assoluto alla vita di fede (Cfr Cost. 52). Tale primato si ottiene attraverso un duplice costante esercizio, quello di una preghiera rinnovata e quella di una vita quotidiana di testimonianza (Cost. 2; 54).


2. Missione Giovanile e Popolare


L'art. 3° delle nuove Costituzioni ci ricorda che con la missione si specifica il compito che abbiamo nella Chiesa e il posto che occupiamo tra le famiglie religiose: essa dà il suo tono concreto a tutta la nostra vita (Cost. 3). Nei lunghi mesi di lavoro capitolare ci si è preoccupati di ridefinire, con la maggior precisione possibile, la Missione che Iddio ha affidato a Don Bosco ed ai suoi figli nella Chiesa. Essa appare come il punto focale di tutta la nostra vocazione. Da essa parte l'iniziativa e la creatività per una vera crescita della fedeltà ella nostra vocazione. Dobbiamo pensarci seriamente: il Rinnovamento della nostra missione giovanile e popolare condiziona la totalità di un vero aggiornamento della Congregazione. Se ci sono quindi degli anacronismi, se riscontriamo umilmente delle infedeltà da correggere, se ci sono delle sfide della storia a cui oggi siamo chiamati a rispondere, se c'è bisogno di crescere e di progredire, dovremo concentrare l'attenzione della nostra fede e della nostra ricerca sulla missione specifica di noi Salesiani nella Chiesa. E' qui che troviamo il parametro sicuro e definitivo della nostra identità. II Capitolo Generale Speciale, oltre a darcene le ragioni, ci indica anche tre grandi strade da percorrere per rinnovare la nostra Missione giovanile e popolare. Queste strade noi dovremo decisamente percorrerle superando difficoltà, abitudini, pregiudizi. Esse sono: - La strada dei poveri (Cost. 10; specie 87-88-89). - La strada della catechesi (Cost. 20; Regol. 12). - La strada delle Missioni (Cost. 20; 24).


Ma per raggiungere con amore la gioventù povera, e per renderci ad essa credibili, per lo stesso risveglio in Congregazione dello spirito missionario e di evangelizzazione, per esser sensibili all'urgenza della nostra fondamentale missione di catechizzare, dobbiamo farci anzitutto un cuore povero che viva ed ami quella povertà vera che, rendendoci liberi, ci fa disponibili per le anime sotto tanti aspetti povere. Perciò la lotta contro il borghesismo, sia personale che comunitario, in tutte le sue multiformi espressioni, deve essere condotta in questo postCapitolo senza alcuna falsa indulgenza. Tante grandi e meravigliose conquiste spirituali del nostro domani, crediamolo, dipendono da qui: sento che è Don Bosco a ripetercelo. Leggiamo dunque attentamente gli articoli delle Costituzioni corrispondenti a queste strade, illuminandoli con gli orientamenti e vedremo aprirci un panorama concreto di avvincente lavoro: sarà appunto questo coraggioso ritorno a Don Bosco, a quello dei prati di Valdocco, che ridarà fiducia ed entusiasmo alla nostra vocazione. La sincerità poi e la efficacia degli impegni postCapitolari ognuno di noi - secondo le sue peculiari responsabilità - potrà misurarle verificando il suo cammino per queste strade maestre della Missione Salesiana.



3. Costruzione della comunità


Un terzo centro di vigoroso e fattivo interesse indicatoci dal Capitolo Generale Speciale ai fini del nostro Rinnovamento è certamente la dimensione comunitaria della nostra vita salesiana, affermata come esigenza fondamentale e via sicura (Cost. 67) nella realizzazione della nostra vocazione. La comunità di cui parla il Capitolo Generale Speciale è quella Religiosa, cioè quella i cui membri vivono uniti anzitutto dal vincolo della carità e della comune consacrazione e missione. Già il Capitolo XIX se ne era occupato e aveva dato nuovo e largo spazio alla vita comunitaria. Nella costruzione della comunità religiosa il Capitolo Generale Speciale sottolinea l'aspetto della Comunione di fraternità, da ottenersi nelle singole case (Cost. 58-59-60) e la speciale importanza che viene ad acquistare in Congregazione la Comunità Ispettoriale (Cost. 64-106-187-180-196 Regol. 1-4-7-44-47-52-62-64-90-95-172-177). In questo campo bisognerà concretare gli sforzi su due piani: quello della corresponsabilità e partecipazione dei soci nelle attività della Congregazione (Cost. 25), e quello della sussidiarietà e decentramento che faccia sviluppare e crescere l'unità viva della Congregazione nella variante pluralità delle situazioni (Cost. 126). Tutto questo importerà un accresciuto e vigile senso del significato profondo di questi principi a cui si è ispirato il Capitolo alla luce del Vaticano II. Sarebbe grave danno appigliarsi a qualche frase staccata dal suo contesto, per dedurne illazioni ben lontane dai principi del Capitolo XX. Esso, ad esempio, valorizzando la Comunità, non ha mai inteso annullare il valore e la funzione dell'autorità. Il Capitolo Generale XX mette in evidenza la realtà della comunione tra i confratelli per cui essi partecipano di tutti i beni spirituali della comunità e di tutte le responsabilità apostoliche. Il Salesiano, cioè, non è un isolato che persegue una finalità individuale con la sua personale iniziativa, ma vive insieme agli altri nella carità, agisce con gli altri in attività comuni, porta il suo contributo alla vita spirituale della comunità e ne riceve aiuto e conforto, condivide le responsabilità della comunità nella ricerca, nel prendere le decisioni, nella attuazione delle attività. Mentre il Salesiano compie il proprio ruolo nella vita della Comunità, egli rispetta quello degli altri, in primo luogo quello dell'autorità. Questa concezione della Comunità è, di fatto, quella che corrisponde alla concezione propria di Don Bosco, che ha sempre pensato alla Comunità Salesiana come ad una famiglia. Ma per attuare la famiglia di Don Bosco non bisogna procedere con spirito di rivendicazione dei propri diritti, mortificando quelli degli altri o esasperando il contrasto tra autorità ed ubbidienza. La famiglia salesiana (e cioè la nuova Comunità voluta dal Capitolo Generale XX) si attua se si parte dal principio di voler valorizzare tutte le forze spirituali dei confratelli, di volerle unite dal vincolo soprannaturale dell'amore per il Padre celeste e dalla comune missione. Nella Comunità Salesiana, giova ancora ricordarlo, l'elemento fondamentale è la carità: solo quando ci sia la presenza operante della carità si attuano serenamente le altre forme di partecipazione.


4. Valorizzazione e rilancio della «Famiglia Salesiana».


I Salesiani - dice il documento 1 (N. 151) - non possono ripensare integralmente la loro vocazione nella Chiesa senza riferirsi a quelli che con loro sono i portatori della volontà del Fondatore. Per questo ricercano una migliore unità di tutti, pur nell'autentica diversità di ciascuno. Sono vari i gruppi che vivono dello stesso spirito di Don Bosco. L'art. 5 delle Costituzioni rinnovate ci dice che tali gruppi insieme a noi formano la Famiglia Salesiana. In essa abbiamo particolari responsabilità (Cost. 5). Ed eccoci di fronte a un'altra grande direttrice di marcia del nostro rinnovamento per questi prossimi anni, un altro indispensabile punto di convergenza del lavoro postCapitolare. E' urgente ridonare alle nostre comunità la dimensione di nucleo animatore di altre forze spirituali e apostoliche: ne trarranno esse stesse grandi vantaggi spirituali e apostolici. Questa è stata una delle caratteristiche della carità pastorale di Don Bosco. Non mi soffermo qui sugli impegni e rapporti nostri con i singoli e diversi gruppi della nostra famiglia. Ma sento di dover richiamare la vostra attenzione su una nostra precisa responsabilità fattasi oggi più grave, anche perché è una delle esigenze del rinnovamento ecclesiologico del Vaticano II: l' ora dei laici nella Chiesa, Popolo di Dio. Non possiamo continuare ad ignorare o far languire, svuotandolo, questo preciso impegno che poi si traduce, come accennavo sopra, in nostro prezioso interesse. Parlando di nostri laici, intendo riferirmi in particolare ai COOPERATORI SALESIANI. La duplice dichiarazione del Capitolo Generale Speciale ai Cooperatori ed ai confratelli deve servire di piattaforma concreta per l'attualizzazione del progetto originario di Don Bosco sul Cooperatore Salesiano. Appunto nel progetto di deliberazioni preparato personalmente da Don Bosco per il I Capitolo Generale della Congregazione si leggono parole come queste: Un'associazione per noi importantissima, che è l'anima della nostra Congregazione, è l' Opera dei Cooperatori Salesiani. Sono parole profondamente impegnative. In quest' ora della nostra storia in cui fra l'altro sentiamo il bisogno di essere affiancati e integrati da laici formati e imbevuti del nostro spirito, non possiamo permettere che la parola del nostro Padre resti ancora una volta vana retorica: l'unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche traendo dalle profetiche affermazioni di Don Bosco tutte le feconde e rinnovatrici conseguenze.


5. Cura dell'unità nel decentramento


La nostra Comunità non è solo quella locale o quella ispettoriale: l'una e l'altra sono cellule vive del grande organismo che forma la grande Comunità mondiale: la Congregazione tutta (Cost. 6-63-123-130-131-132-135-152-160-161). Una Comunità che nei prossimi sei anni deve essere costruita con particolare impegno. Il motivo che ci chiede di concentrare qui sforzi ed attenzione del nostro Rinnovamento lo si trova appunto nella fase di decentramento in cui entra la Congregazione con il Capitolo Generale Speciale: fase assai delicata. Rileggiamo gli articoli costituzionali e regolamentari che demandano ai Capitoli e alle Conferenze Ispettoriali dei nuovi importanti compiti. Come si può constatare, il decentramento implica, pur nei limiti segnati dalle Costituzioni, forme e impegni pluralistici che, se non sono equilibrati da più profonde esigenze di unità, potrebbero portare irreparabili danni, vera disgregazione, un processo di dissolvimento alla Comunità mondiale, cioè alla Congregazione. Questo, certamente, come è stato ripetuto in Capitolo, nessuno io vuole, ma non bastano i buoni desideri: in questo campo specialmente, bisogna operare con vigile saggezza per evitare passi che possano compromettere quell'unità che è conditio sine qua non per la vita e l'avvenire della Congregazione. C'è bisogno dunque che, mentre si costruiscono le comunità ai vari livelli, ci si preoccupi direttamente e con fatti concreti di tutto quanto serve a costruire e mantenere l'unità vitale della Congregazione a livello mondiale contro eventuali tendenze centrifughe da non confondersi col vero decentramento. E' una gravissima responsabilità da tenere ben presente nei prossimi anni soprattutto da parte di Ispettori e relativi Consigli, ma non solo da essi. Lo sforzo comune dovrà concentrarsi su due piani complementari: L'identità dello spirito nella stessa Missione (Cost. Cap. 6°), la vincolazione permanente e viva con il Rettor Maggiore e il suo Consiglio (Cost. 130-131-132-135-145). Se è vero, come si afferma nelle Costituzioni che riecheggiano l'insegnamento del nostro Padre in fedeltà alla nostra costante tradizione, che il Rettor Maggiore è il Centro di Unità e che Egli, in comunione col Consiglio Superiore, promuoverà una costante e rinnovata fedeltà dei soci alla vocazione salesiana (Cost. art. 1303, si comprende facilmente come sia essenziale che in ogni parte della Congregazione ci sia e si alimenti in tutti i modi questa concreta vincolazione. Qui sarà la nostra forza, di qui verrà la sicurezza di camminare e progredire con Don Bosco.


CONCLUSIONE


Carissimi, ho voluto indicarvi quelle che mi sembravano le strutture portanti del nostro Capitolo Generale Speciale, e questo non tanto per spiegarvene i contenuti quanto perché vediate l'importanza e quindi l'urgenza delle scelte operative su cui si dovranno concentrare tutti i nostri sforzi nei prossimi sei anni. Esaminando bene, si può dire che su queste cinque grandi linee confluisce e da esse promana l'insieme di principi, di norme e direttive contenute nei Documenti Capitolari. Avete dunque nelle vostre mani un materiale ricchissimo e quanto mai interessante per farvi operatori del Rinnovamento della Congregazione. Avanti, dunque: il tempo della ricerca, delle discussioni e dei confronti è finito. La Congregazione, nel suo Organo Supremo, ha concluso tutta una fase faticosa ma feconda, e ci presenta ora il frutto di tutto questo immane comune lavoro. Da oggi comincia in Congregazione il tempo di operare, attuare, eseguire; ognuno, nell'ambito delle sue mansioni e responsabilità senta il dovere e la gioia di dare a tal fine i suo personale contributo. Ma ricordiamo ancora una volta che il Rinnovamento non avverrà attraverso programmi anche i più elaborati a attraverso rotture puramente esteriori e non facilmente assimilate, ma attraverso gli atteggiamenti interiori: sono essi che animano e determinano le espressioni di vita. Il Rinnovamento sarà vero e autentico quando avremo la sicurezza di aver ritrovato e riprodotto Don Bosco in noi. Amo pensare che Don Rua, alla cui beatificazione ci andiamo preparando e al quale affidiamo tutta l' opera del nostro postCapitolo, non ci parlerebbe diversamente. La Vergine Ausiliatrice, sempre maternamente presente a tutte le svolte decisive della Congregazione, sia in questo nuovo cammino della nostra storia la stella che dà sicurezza e conforto.


Sono per tutti affezionatissimo

D. LUIGI RICCERI

Rettor Maggiore


Parte Prima


SEZIONE PRIMA

La nostra missione apostolica


Documento 1

I SALESIANI DI DON BOSCO NELLA CHIESA

Identità e vocazione attuale della Società Salesiana


«La vita religiosa, per rinnovarsi, deve adattare le sue forme accidentali ad alcuni cambiamenti che toccano, con rapidità ed ampiezza crescenti, le condizioni di ogni esistenza umana. Ma come giungervi mantenendo quelle forme stabili di vita (1) riconosciute dalla Chiesa, se non mediante un rinnovamento dell'autentica ed integrale vocazione dei vostri Istituti. Per un essere che vive, l'adattamento al suo ambiente non consiste nell'abbandonare la sua vera identità, ma nell'affermarsi, piuttosto, nella vitalità che gli è propria. La profonda comprensione delle tendenze attuali e delle istanze del mondo moderno deve far zampillare le vostre sorgenti con rinnovato vigore e freschezza. Tale impegno è esaltante, in proporzione delle difficoltà.(2)


INTRODUZIONE


IL NOSTRO RINNOVAMENTO

RIATTUALIZZARE IL DONO SPIRITUALE

DELLO SPIRITO SANTO

A DON BOSCO E AI SUOI FIGLI


A) LA CHIESA SI RINNOVA SOTTO L'INFLUSSO DELLA SPIRITO SANTO


1

1. Lo Spirito Santo rinnova la Chiesa


a) Giovanni XXIII ha raccontato che l'idea e la decisione di riunire un concilio gli sono venute improvvisamente il 25 gennaio 1959 come una esplosione di primavera: sentiva il fatto come un'audace docilità a un impulso dello Spirito.(3)

Lo Spirito Santo che guida, unifica, istruisce e dirige la Chiesa(4) è difatti 1'ispiratore di tutti i suoi rinnovamenti soprannaturali: Manda il tuo Spirito e tutto è creato e rinnoverai la faccia della terra.(5) Il Concilio, radunato nello Spirito Santo(6) ha approvato, decretato e stabilito il contenuto di tutti i documenti nello Spirito Santo. Ha ricordato con precisione nei suoi testi che lo Spirito spinge la Chiesa a ringiovanirsi e a non cessare di rinnovarsi.(7)


2

b) In che cosa consiste essenzialmente questa opera rinnovatrice? Già Paolo VI l'indicava nell'enciclica Ecclesiam Suam (6 agosto 1964): lo Spirito aiuta la Chiesa da una parte a conoscersi meglio e a rinnovarsi interiormente, dall'altra a rivolgersi più decisamente al mondo per meglio adempiere a suo riguardo la propria missione di salvezza. Questa duplice intenzione ha segnato tutti i lavori del Concilio.(8)più chiaramente la Chiesa si presenta d' ora in poi come un sacramento o segno e strumento della presenza salvatrice e riconciliatrice di Cristo nel mondo,(9) e vuole presentare l'autentico messaggio del Vangelo in un linguaggio accessibile all'uomo d' oggi.(10)


3

2. Lo Spirito Santo rinnova gli istituti religiosi


a) Gli Istituti religiosi, prima di essere oggetto di autentificazione dall'autorità gerarchica, sono nella Chiesa il frutto speciale del'impulso carismatico dello Spirito, sia nei loro Fondatori, sia nella loro realtà di Istituti, sia in ciascuno dei loro membri.(11) E' dunque naturale che il rinnovamento della Chiesa trovi negli Istituti religiosi un luogo privilegiato di applicazione: Questo rinnovamento della vita religiosa deve attuarsi sotto l'influsso dello Spirito Santo e la guida della Chiesa.(12)



4

b) Sulla linea di quanto ha affermato per la Chiesa, il Concilio indica con la massima chiarezza in che cosa consiste il rinnovamento della vita religiosa: Comporta il continuo ritorno alle fonti di ogni forma di vita cristiana e all'ispirazione primitiva degli Istituti, e nello stesso tempo l'adattamento degli Istituti stessi alle mutate condizioni dei tempi(13) E' fondamentale comprendere bene questa definizione. Secondo il pensiero dei Padri conciliari, questi due elementi non sono da considerare come separati e successivi, ma costituiscono piuttosto un unico movimento vitale che ha come due poli: un ritorno alle fonti e l'adattamento alle mutate condizioni dei tempi. Si tratta di incarnare più realisticamente nel mondo attuale una vita religiosa che si vuole più autentica. Si chiariscono così il senso dei quattro principi del rinnovamento indicati in PC 2: nel ritorno alle sorgenti si deve curare la fedeltà allo spirito del Vangelo e all'intenzione del Fondatore; nell'adattamento all'attualità occorre mantenersi sensibili al moto di rinnovamento della Chiesa e all'appello del mondo.


5

c) A questi principi se ne aggiunge un quinto, che si rivolge direttamente ai singoli religiosi e al quale spetta sempre il primo posto, perché condiziona e unifica la realizzazione degli altri quattro: è il rinnovamento spirituale. Esso consiste fondamentalmente nell'attitudine di ascolto e di docilità allo Spirito Santo: Il carisma della vita religiosa... è il frutto dello Spirito Santo che sempre agisce nella Chiesa. E' precisamente qui che trova la sua risorsa il dinamismo proprio di ciascuna famiglia religiosa.(14) Lo Spirito vivente conduce i religiosi a riscoprire Cristo e il suo Vangelo, perché Lui è il Maestro interiore; aiuta a ritrovare lo spirito del Fondatore, perché è Lui che tale Fondatore ha chiamato e arricchito di doni; fa partecipare vivamente alla vita della Chiesa, perché Egli ne è la Pentecoste permanente; e, infine, abilita a cogliere gli appelli del mondo, perché Egli ne è il fermento nascosto, che lavora misteriosamente nel cuore di tutti gli uomini.(15)


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3. Lo Spirito Santo ispiratore del nostro rinnovamento


Partiamo da questo atto di fede: lo Spirito che ha suscitato san Giovanni Bosco come padre e maestro degli adolescenti e che per mezzo di lui ha fatto fiorire nella Chiesa nuove famiglie religiose(16) vuole ancora oggi ispirare i membri di queste famiglie e aiutarli a realizzare meglio la loro missione nella Chiesa. Sotto il suo impulso, devono approfondire la conoscenza genuina del loro spirito primitivo(17) e percepire di nuovo i valori evangelici che Don Bosco perseguì come ideale della sua vocazione, ma proprio affinché possano riattualizzarli nel mondo di oggi, secondo tutti gli adattamenti necessari.

L'importanza e la complessità di questo compito richiedono qualche chiarimento.


B) DON BOSCO, DOCILE ALLO SPIRITO SANTO, HA REALIZZATO LA SUA VOCAZIONE NEL CONTESTO DEL SUO TEMPO.


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1. Don Bosco, «uomo di Dio»


Don Bosco è stato senza dubbio un grande uomo carismatico che Dio ha suscitato nella Chiesa. L'intensità della iniziativa divina in lui si manifesta non soltanto nella sua santità personale, solennemente riconosciuta dalla Chiesa, ma anche nella sua opera di fondatore, essa pure riconosciuta dalla Chiesa nella approvazione ufficiale delle Costituzioni dei Salesiani e delle FMA e dell'associazione dei Cooperatori Salesiani.


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Per riconoscerlo come strumento di Dio, la Chiesa ha usato prima di tutto il criterio fondamentale della saggezza cristiana: l'autenticità evangelica delle virtù e opere del nostro Padre. Ma è anche legittimo per noi osservare come lui stesso, nello sviluppo della esperienza) acquistò la certezza di essere condotto dalla Provvidenza Anzi volle che i suoi figli non perdessero mai di vista l'intensità di questo intervento divino. A questo scopo scrisse il documento Memorie dell' Oratorio: A che potrà servire questa cosa? ... A far conoscere come Dio abbia Egli stesso guidato ogni cosa in ogni tempo.(18)


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2. La vocazione di Don Bosco: suo ruolo nella Chiesa


Nel corso della sua vita tanto complessa, Don Bosco svolse un certo numero di attività legate a situazioni transitorie, come quella per esempio di servire da intermediario tra la Santa Sede e il governo italiano dopo il 1870. Ma ciò che qui ci interessa sono le linee fondamentali della sua vocazione di fondatore, cioè l' opera che lo Spirito di Dio gli ha ispirato di fondare non solamente per il presente, ma anche per il futuro della Chiesa:


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a) chiamato per una missione permanente: un servizio di carità pastorale per i giovani, soprattutto poveri, e la classe popolare. A Giovanni Bosco, giovane prete torinese nel 1841, lo Spirito Santo diede una sensibilità speciale per percepire, attraverso diverse esperienze, la sventura e i pericoli nei quali si trovavano i giovani, che sradicati dalle loro campagne, accorrevano in una città in pieno rinnovamento sociale, politico e religioso. Fu chiamato così a consacrare la sua vita per aiutarli a divenire onesti cittadini e buoni cristiani, e per creare, a tale scopo, una serie di opere di carità corporale e spirituale rispondenti alle loro necessita. Il suo zelo si volse pure verso quegli adulti del basso popolo, specialmente dei paesi di campagna,(19) insidiati da una corrente di anticlericalismo, e senza una cultura, specialmente religiosa. più tardi, infine, la sua carità fu stimolata dalla miseria materiale e spirituale delle lontane regioni pagane. Lo Spirito gli fece scoprire gradualmente che questa missione complessa si doveva dilatare nello spazio e nel tempo, a beneficio di popoli diversi e di numerose generazioni;


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b) chiamato a realizzare questa missione secondo un particolare stile di vita e di azione. Lo stesso Spirito gli donò lo zelo apostolico e la bontà di cuore di San Francesco di Sales, così da poter personificare in Sé, attraverso l'apporto delle sue ammirevoli qualità umane, un particolare stile di vita, di azione, di preghiera, di rapporti pastorali, che egli avrebbe inculcato a tutti i suoi figli e ai suoi collaboratori. In particolare diede vita ad un sistema di educazione tutto penetrato della carità di Cristo;


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c) chiamato a fondare la Congregazione salesiana ed altre Istituzioni religiose. Una tale missione da realizzarsi con un tale spirito, come duraturo servizio ecclesiale, esigeva uomini capaci di lavorare con Don Bosco e istituzioni atte ad assicurarne la continuità nella fedeltà dinamica. Sotto l'impulso dello Spirito, Don Bosco comprese ben presto che questo pesante compito poteva poggiare solo su uomini che vi si consacrassero interamente; lo Spirito stesso fece nascere nel cuore dei suoi primi discepoli la chiamata alla consacrazione totale nella vita religiosa. La vita di Don Bosco si identifica in parte (soprattutto dal 1859 al 1874) con la fondazione paziente della Società Salesiana. più tardi, avendo avuto la certezza essere volontà di Dio che si occupasse anche delle fanciulle.(20) fondò la Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA). Infine era sua ferma convinzione che il più grande numero possibile di cristiani dovessero unire le loro forze per il bene delle anime, soprattutto dei giovani poveri. Comprese allora che la Società salesiana doveva essere come il lievito animatore di un vasto movimento di carità, in cui uomini e donne sarebbero stati partecipi della sua missione, e del suo spirito, ognuno secondo il proprio stato di vita: così nacque l'associazione dei Cooperatori, terza istituzione portatrice del suo carisma. Veramente a Don Bosco Dio ha dato un cuore vasto come l'arena del mare... Sperò contro ogni speranza, e divenne padre di molte nazioni.(21).


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3. Aspetti permanenti e contingenti nelle realizzazioni di Don Bosco.


a) Sottolineare, come noi abbiamo fatto, l'ispirazione divina nella vita di Don Bosco, non significa, in alcun modo, che la sua opera e le sue realizzazioni si debbano divinizzare e siano intoccabili. L'azione o i doni dello Spirito non sono cose, perfette in sé e trasmissibili. Essi sono nelle persone: da una parte lo Spirito che agisce liberamente, dall'altra creature sempre limitate e sempre storicamente situate, che ricevono questo influsso e vi rispondono nei limiti della loro libertà e delle contingenze storiche. Un carisma è sempre concretamente a incarnato, e quindi le sue manifestazioni esteriori sono sottomesse al movimento delle realtà umane.


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b) Don Bosco seguì l'ispirazione del Signore facendo sempre coincidere la sua azione e le sue opere con le esigenze del tempo e del luogo.(22) L'azione divina non impedì che egli si nutrisse della teologia e della spiritualità del suo tempo.(23) Partecipe della coscienza che la Chiesa aveva di se stessa sotto il pontificato di Pio IX, sensibile al tipo di società preindustriale e politicamente liberale dell'italia tra il 1848 e il 1880, la sua opera si rivolse ai giovani di un ben definito contesto socioeconomico e religioso, ed assunse le forme allora più opportune. Le stesse istituzioni religiose che egli fondò seguirono le esigenze canoniche dell'epoca... Tutto ciò è più che naturale.


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c) Da tutto questo nasce una costatazione importante: nella vita, pensieri e opere concrete di Don Bosco, e a maggior ragione nelle opere, tradizioni e strutture della Congregazione del passato, è anche necessario operare un discernimento:

- tra ciò che corrisponde alle intenzioni permanenti di Dio sulla Congregazione, colte attraverso il Fondatore, la realtà vitale ed essenziale della sua missione, del suo spirito e della sua istituzione: tutto questo non solo non deve cambiare, ma deve incessantemente essere riscoperto, purificato e migliorato;

- e ciò che è espressione dei condizionamenti variabili e delle forme storiche concrete nelle quali si è incarnata questa realtà vitale-essenziale. Alcune di queste forme contingenti, ancora pienamente valide, devono essere conservate; altre, decadute o inadeguate, devono essere sostituite o rinnovate sotto la spinta dello sviluppo dogmatico-ascetico, pastorale e canonico della Chiesa, e del nuovo contesto socioculturale del mondo, e in particolare dei giovani.

Così la missione, lo spirito, la vita religiosa, e l'istituzione salesiana, sempre identiche nella loro realtà profonda, potranno esprimersi nelle forme nuove che permetteranno loro di raggiungere il loro SCOPO OGGI, al servizio della Chiesa e degli uomini del nostro tempo.(24)


C) I SALESIANI DOCILI ALLO SPIRITO SANTO DEVONO REALIZZARE LA LORO VOCAZIONE NEL CONTESTO DI OGGI


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1. Difficoltà del compito


Questo compito di discernimento e di rinnovamento è difficile, delicato e urgente. Difficile soggettivamente perché il suo processo mette psicologicamente alla prova e non si fa senza una dose di coraggio e di spirito di sacrificio (è più facile fermarsi ai modi abituali di pensare o di fare). Delicato oggettivamente, perché non si vede sempre di colpo, né sempre con chiarezza, quali sono gli aspetti permanenti e gli aspetti contingenti di una realtà tanto complessa come la nostra Congregazione. La posta in gioco è importante: sopprimere o cambiare un aspetto essenziale porterebbe a sopprimere la vera Congregazione salesiana per formarne un'altra; non cambiare e non rinnovare quanto si deve, sarebbe impedirle di essere la Congregazione salesiana oggi. Bisogna dunque essere fedeli nel progresso vitale. E infine questo compito è urgente e grave, perché quella attuale è un'epoca di una straordinaria evoluzione: il mondo subisce mutamenti rapidi e profondi;(25) la Chiesa opera svolte decisive ... e essa stessa ci comanda di rinnovarci per aiutarla nella sua missione. Cosa fonda la nostra speranza di poter superare le difficoltà per raggiungere questo discernimento e questo rinnovamento? Il primo luogo la presenza attiva dello Spirito Santo nella comunità di quelli che Lui ha chiamati al seguito di Don Bosco.


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2. Colui che ha ispirato Don Bosco è presente per aiutarci ancora


L'affermazione d'una specie di permanenza della presenza attiva dello Spirito nella Congregazione si fonda nel fatto che questo stesso Spirito ha manifestato, nel carisma di fondazione, la sua volontà di dotare la Chiesa di un corpo specializzato per il servizio dei giovani poveri. Essendo logico con se stesso, fedele, generoso, si è in qualche modo impegnato a dare figli e discepoli al nostro Fondatore: lungo il tempo, non cessa quindi di chiamare altri cristiani per continuare la sua missione. L'esperienza secolare della Congregazione (e segnatamente la presenza in essa di molti uomini di Dio) ci invita a pensarlo, e la Chiesa ce ne dà assicurazione.

Ora è questa presenza dello Spirito che fonda oggi la nostra speranza di essere fedeli a Don Bosco e alla sua missione: tra di noi è attivamente presente Colui stesso che ha suscitato e guidato Don Bosco. Al livello più profondo realizza la nostra unione con Don Bosco, e quindi la nostra comunione di salesiani. E come ha condotto Don Bosco a realizzare la sua missione in profonda coerenza con la Chiesa e il mondo del suo tempo, così oggi conduce anche noi a realizzarla in coerenza col mondo odierno. Egli vuole aiutarci, con un unico movimento, ad essere con Don Bosco e coi tempi (Don Albera), meglio ancora a essere Don Bosco oggi.


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3. Quest'azione dello Spirito richiede da noi attenzione e collaborazione continua.


Tutto questo lavoro dello Spirito è un invito alla nostra libertà. Un dono dello Spirito non può mai essere un deposito statico, né un insieme di costumi o di regole, pur certo rispettabili; non può trasmettersi automaticamente attraverso qualche rito, dottrina o abitudine che sia, neanche attraverso l'appartenenza materiale alla Congregazione. Non possiamo neppure riposarci in modo imprudente e temerario sulle meraviglie passate. Il dono dello Spirito alle persone diventa efficace nella misura in cui esse sono docili e generose nelle risposte e nella vita, ogni giorno. Si può benissimo resistere allo Spirito,(26) spegnere lo Spirito,(27) che allora potrebbe affidare ad altri la missione salesiana... Il nostro primo compito è, dunque, la conversione spirituale: riconoscere la nostra insufficienza per rivolgerci verso lo Spirito senza cui non possiamo far NIENTE di valido per il Regno di Dio, e metterci in un atteggiamento di supplica, di ascolto e di docilità. Per operare il discernimento e il rinnovamento necessari, gli storici non bastano, né i teologi, né i politici, né gli organizzatori: sono necessari gli uomini chiamati spirituali,(28) uomini di fede, sensibili alle cose di Dio e pronti all' obbedienza coraggiosa, come lo fu il nostro Fondatore. La vera fedeltà a Don Bosco consiste non nel copiarlo esteriormente, ma nell'entrare nella fedeltà di Don Bosco allo Spirito Santo. Tutto questo deve essere fatto comunitariamente, perché io Spirito di verità è anche lo Spirito di carità: si manifesta alla comunità radunata in suo nome nell'amore. Appare allora un secondo compito, incluso nel precedente: i diversi membri insieme, ciascuno secondo il proprio dono e la propria responsabilità, devono ricorrere con umiltà e lealtà ai criteri della presenza autentica dello Spirito: persone, opere, esperienze sono da giudicare secondo la loro coerenza al Vangelo,(29) al senso comune del Popolo di Dio,(30) al magistero, ai valori profondi della tradizione salesiana, alle urgenze del momento. La certezza prudente, ma relativa, a cui si giunge è sufficiente per andare avanti con pace e speranza, ma obbliga anche a restare sempre attenti insieme all'azione misteriosa di Dio.


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4. La docilità allo Spirito legge fondamentale PERMANENTE della Congregazione.


Quest'atto di fede primordiale nella presenza . dello Spirito ci fornisce allora il massimo criterio del nostro rinnovamento: non si tratta di rinforzare una istituzione ecclesiastica, sia pure molto venerabile, ma di riattualizzare un dono di Dio alla sua Chiesa. Ci fornisce anche il principio di base permanente di tutta la vita della Congregazione: alza il suo sguardo al livello del mistero dell'azione divina che si serve di poveri uomini; e le permette d'acquistare lo stile di vita e di azione che assicuri ad un tempo la più grande santità dei suoi membri e la più grande fecondità del suo apostolato. Tale stile caratteristico potrebbe esprimersi così: gli elementi istituzionali, le strutture, le forme organizzative, le leggi scritte e anche gli interventi dell'autorità non sono fini ma mezzi necessari per il servizio della vocazione e della missione date dallo Spirito, e d'altra parte non esauriscono mai le esigenze concrete suggerite dallo Spirito. Egli è il grande Vivente: nella misura in cui Lo si ascolta, Egli ispira il riadattamento incessante dei mezzi, impedisce la routine, ispira fini e modi concreti d'azione che non sono mai totalmente indicati in anticipo nei programmi ufficiali. Indichiamo alcuni aspetti di questa vita in riferimento allo Spirito, ma molto brevemente, perché saranno ripresi in altri documenti.


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a) Stile di mutue relazioni. Prima di essere una istituzione, la Congregazione e, ai suoi diversi livelli, una comunione di cristiani che hanno ricevuto il dono di una identica vocazione. L'azione dello Spirito ispira, dall'interno, il loro stile di vita fraterna e di esercizio dell'autorità; li fa entrare insieme in uno stesso movimento di dedizione apostolica; fa anche l'unità e il dinamismo di tutti i membri della famiglia salesiana.


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b) Stile di lavoro apostolico. Dinamismo e entusiasmo: ci sentiamo immessi e corresponsabili in una iniziativa di vina; lo Spirito è questo soffio della Pentecoste che infonde coraggio, audacia, fortezza d'animo nella sofferenza. Realismo e creatività: lo Spirito ci invita a mantenere flessibili ed adeguati i mezzi di azione per la salvezza concreta degli uomini. Attualità ecclesiale: ci fa percepire il senso della nostra vocazione originale nella Chiesa e ci ispira il modo più concreto di renderle il servizio che essa attende da noi.


22

c) Stile di vita personale. Sul piano interiore: esigenza di ascolto dello Spirito, di docilità ai suoi impulsi, quindi di continua conversione fino alla santità intesa come la realizzazione del piano di Dio sul singolo consacrato. Sul piano degli impegni: il salesiano mette in azione tutte le sue risorse personali; ma sa anche agire come membro della comunità, ricordando che lo Spirito dona i suoi carismi non per l'individuo, ma per la comunità, in vista dell'incremento della carità.(31) Infine la gioia di appartenere a Dio per sempre è un incomparabile frutto dello Spirito Santo, che voi avete già assaporato. Animati da questa gioia... sappiate guardare con fiducia all'avvenire.(32)


CAPO PRIMO

LA MISSIONE

E I SUOI DESTINATARI(33)


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PREMESSA

Perché la parola missione, piuttosto che fine?

La Chiesa adopera questo termine trattando del suo mistero;(34) ciò significa che, nel prolungamento della missione del Figlio e dello Spirito Santo, essa (e ogni organismo autentico in essa) non pone da Sé il fine da raggiungere, ma lo riceve da Dio Padre e quindi si sente obbligata a ricercarlo con maggiore urgenza e zelo.(35) Inoltre questo termine richiama anche coloro verso i quali la Chiesa è mandata per realizzare un tale scopo: gli uomini da salvare. Parlare della missione dei Salesiani significa dunque evidenziare fin dall'inizio il senso della loro vocazione e della loro presenza nella Chiesa; Dio li chiama e li invia per rendere un servizio specifico nella Chiesa: cooperare direttamente alla salvezza integrale dei giovani, soprattutto poveri. Di qui l'importanza del tema che tenta di stabilire con chiarezza la carta d'identità dei salesiani oggi.


A) ALCUNI RICHIAMI DOTTRINALI SULLA MISSIONE


La nostra missione partecipa alla missione del popolo di Dio, che è, a sua volta, partecipazione alla missione del Figlio: Come il Padre mi ha mandato così anch'io mando voi.(36)


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1. Dimensione teologale di ogni missione nella Chiesa.


a) Situazione della missione. - Nella missione ci sono due poli in continua e viva tensione: Dio e il mondo. Il centro di gravitazione è Dio. perché la missione dipende tutta dalla sua iniziativa e ha come scopo finale condurre il mondo fino alla pienezza della vita divina. L'unità di questa tensione è infrangibile perché Dio ama il mondo in un modo così definitivo che ha inviato suo Figlio a salvarlo.(37)

Il Cristo sintetizza in sé questa tensione: con il suo essere di Figlio divino, diventato vero uomo, non può esistere né agire se non in relazione simultanea con entrambi i poli.

La Chiesa intera, Corpo di Cristo, unita vitalmente al suo mistero pasquale, partecipa anche necessariamente del suo mandato di Servo del Padre e di Buon Pastore degli uomini. Nel Vaticano II la Chiesa ha ripreso viva coscienza che il suo essere mistico si identifica concretamente con la sua missione dinamica.


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b) Obiettivi della missione. - L' obiettivo specifico di questa missione, la Chiesa lo ha espresso, nel Concilio, in questi termini: La Chiesa è, in Cristo, un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano.(38) E' in primo luogo il segno visibile e la testimone del Cristo vivente e del suo amore redentore; perciò deve rinnovarsi sempre perché il segno di Cristo risplenda più chiaramente sul volto della Chiesa.(39) E' , in secondo luogo, lo strumento dell'azione di Cristo che per mezzo di essa realizza il regno del Padre. La Chiesa stessa è il germe reale e crescente di questa doppia comunione degli uomini con Dio e tra loro; essa compie la funzione di segno e di strumento sotto due forme complementari e indissolubili: propagare direttamente la fede e la salvezza, e ordinare tutto l'universo a Cristo:(40) La missione della Chiesa non è soltanto portare agli uomini il messaggio e la grazia di Cristo, ma anche impregnare e perfezionare tutto l' ordine temporale collo spirito evangelico.(41) La missione autentica supera quindi ogni dualismo che scinderebbe l'evangelizzazione dalla promozione umana. Infine notiamo che questo compito a favore degli uomini torna a gloria del Padre: la missione suprema della Chiesa è quella liturgica. L'apostolato stesso è concepito da San Paolo come una liturgia,(42)che viene direttamente espressa nell'azione eucaristica.


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c) Spiritualità della missione. - Questa situazione mediatrice di ogni apostolo e questi suoi compiti suppongono in lui una consacrazione da parte di Dio e richiedono da lui atteggiamenti interiori precisi: una intensa presenza a Colui che chiama e la disponibilità per essere il suo strumento e, nello stesso tempo, un'intensa presenza di servizio per coloro a cui è mandato.(43) L'uno e l'altro sono resi possibili ed armonizzati solo dall'energia della carità che lo Spirito Santo diffonde nel cuore.(44) Carità unica ma con la interna subordinazione dei suoi aspetti, ossia con la dipendenza della carità verso Dio. così l'apostolo, preservato da ogni pericolo di secolarismo, può vivere un'autentica mistica di partecipazione alla missione e al cuore stesso di Cristo apostolo del Padre.(45)


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2. Dimensione ecclesiale della nostra missione


a) Triplice senso ecclesiale della nostra missione.

1. La nostra missione non è diversa dalla missione della Chiesa, ne è soltanto una partecipazione, un aspetto determinato, un ministero particolare; riceve quindi tutta la autenticità e la forza della sua inserzione nella missione globale della Chiesa. La dottrina conciliare al riguardo è chiara: un Istituto religioso è un dono carismatico con cui lo Spirito Santo arricchisce la Chiesa perché compia la sua opera.


2. A proposito degli Istituti attivi, il Concilio aggiunge che il loro sacro ministero e le loro opere di carità sono stati loro affidati dalla Chiesa e devono essere esercitati in suo nome.(46) E' vero che l' origine primaria della missione della nostra Società è la libera iniziativa dello Spirito Santo, ma questa missione interiore e invisibile deve essere riconosciuta ufficialmente dalla Gerarchia, e inserita visibilmente nella missione concreta della Chiesa.(47) Perciò mentre manteniamo l' originalità del nostro carisma, lavoriamo con il senso dell' obbedienza e dell'unità della Chiesa.


3. Infine è chiaro che lavoriamo per la Chiesa: i giovani e gli adulti, a cui siamo mandati, dobbiamo formarli membri della Chiesa, coscienti della loro responsabilità. Va così respinto ogni atteggiamento che rinchiudesse attorno a noi i nostri giovani, gli exallievi, i cooperatori, ecc...


28

b) Compito di servizio alla Chiesa locale e universale. Il Concilio indica tra i criteri di rinnovamento degli Istituti religiosi una partecipazione più impegnata a tutto l'attuale movimento pastorale della Chiesa.(48) Una caratteristica di questo movimento è il risalto dato alla Chiesa locale come prima responsabile e organizzatrice della missione per un determinato gruppo di uomini. Una più concreta inserzione nella pastorale d'insieme del luogo richiede da noi decentramento e pluralismo. Questo va fatto alla luce di una ecclesiologia di collegialità in cui il senso della nostra esenzione viene rinnovato e approfondito.(49) L'esenzione assicura una particolare disponibilità di servizio a favore degli impegni della Chiesa ai vari livelli (diocesano, nazionale o regionale e universale); inoltre contribuisce a mantenere l'unità della Congregazione, tanto più necessaria quanto più diversificato diventa il pluralismo delle situazioni.(50)


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c) La comunità, primo titolare della missione. - Cristo ha affidato la sua missione alla Chiesa globalmente presa e in essa in modo speciale, al collegio apostolico guidato dal primato di Pietro. Nella Chiesa, la missione salesiana, a partire dal Fondatore, vien affidata non al singolo, ma alla Congregazione intera e alle sue comunità ispettoriali e locali. Ne consegue che ogni salesiano riceve una parte della missione salesiana da compiere a titolo di membro, e quindi in stretta solidarietà con i suoi confratelli;(51) perciò ogni servizio nella comunità, anche se non è apostolato diretto, partecipa di detta missione ed è un servizio e una testimonianza dalle dimensioni ecclesiali.


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3. Compimento concreto della missione: unità di missione pluralismo di pastorali


Una missione non si compie fuori della Chiesa e del mondo, ma viene incarnata e compiuta nella pastorale concreta. All'articolo 6 dell'aD GENTES il Concilio afferma che questo compito (di tutta la Chiesa) è uno e immutabile in ogni luogo e in ogni situazione, anche se in base al variare delle circostanze non si applica allo stesso modo. Le differenze non nascono dalla natura intrinseca della sua missione, ma solo dalle circostanze in cui la missione stessa si esplica. Tali condizioni dipendono sia dalla Chiesa (dal suo grado di presenza) sia dai popoli, dai gruppi o dagli uomini, a cui la missione è indirizzata.(52) Tale affermazione è preziosa per aiutarci a risolvere il nostro problema dell'unità e del pluralismo: unità della nostra specifica missione, ma anche differenziazione pastorale e creatività apostolica.


La pastorale è la concretizzazione operativa della missione sotto la guida dei pastori. Questo suppone sensibilità ai segni dei tempi e senso di adattamento al determinato momento storico e alla situazione locale. Ne deriva necessariamente un pluralismo di pastorali, ossia di scelte concrete della Chiesa (universale e locale) nel triplice servizio profetico, liturgico e di guida della comunità.(53) così si spiegano le pastorali diverse secondo l'età, il sesso, il contesto socioculturale, il grado di fede, la pastorale d'insieme del paese.

L'apostolato, nel senso usato nel decreto AA, è più ampio della pastorale. E' ogni attività cristiana vincolata con la missione salvifica della Chiesa, ma che si realizza a un livello che può stare anche più in là della coordinazione dei pastori e dell'impegno specifico della comunità ecclesiale (ad es. l'azione sociale di un cristiano). In un' ora di rinnovamento la fedeltà stessa alla missione richiede che si risvegli nel cuore degli apostoli la creatività dell'invenzione pastorale e dell'iniziativa apostolica affinché essa sia riattualizzata, sotto l'impulso dello Spirito, con apertura e con coraggiosa audacia.(54) La fedeltà alla nostra missione richiede una vera comprensione delle realtà concrete che circondano la comunità salesiana, una valutazione evangelica e salesiana di tali realtà ed infine un impegno personale e responsabile nell'apostolato.


B) IL NUOVO CONTESTO DELLA NOSTRA MISSIONE OGGI


Non è nostro compito fare qui un trattato sociologico e dottrinale sul mondo e sulla Chiesa di oggi; vogliamo richiamare soltanto alcuni aspetti fondamentali che bisogna tenere presenti nel rinnovamento della nostra missione. Questi aspetti certo non si riscontrano ugualmente nei diversi paesi dove lavoriamo, ma sono fatti dinamici, che a scadenza più o meno lunga, interessano tutti.


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1. Il mondo oggi.


Ricordiamo solo, tra gli altri, tre fatti decisivi.


a) Mondo in via di secolarizzazione(56)


Se si ha cura di distinguere tra secolarizzazione (processo storico) secolarità (qualificazione obiettiva) e secolarismo (dottrina erronea), si può dire che la Chiesa conciliare stessa ha riconosciuto conforme al disegno di Dio il processo di secolarizzazione, cioè l'aspirazione dell'uomo a prendere in mano la propria storia e tutto il creato; ha visto legittima la secolarità, cioè l'autonomia dell' ordine temporale quale la spiega il Concilio,(57) che è autonomia reale, ma aperta al riconoscimento del Dio-Amore, Principio e Fine; ed ha respinto invece il secolarismo che nega o misconosce una tale dottrina. Questo fa sì che sempre più la Chiesa si astenga dall'intervenire in modo categorico e ufficiale non soltanto nella cultura e nella scienza, ma anche nell' organizzazione sociale-politica della vita. D'altra parte, numerosi servizi di ordine culturale e sociale, assunti una volta dalla Chiesa, sono ora garantiti dalla società civile.


Quali le conseguenze per la Chiesa di oggi?


Un fatto decisivo per il compimento della sua missione: un nuovo tipo di presenza e di azione. La Chiesa si rivolge verso il mondo per amarlo con la carità di Dio e per camminare con lui condividendo la sua sorte.(58) Non vuole né sostituirsi al mondo nel compimento delle sue responsabilità, né usare il potere temporale, né apparire con strutture esteriori potenti. La sua presenza si fa discreta, più direttamente spirituale come il fermento e quasi l'anima della società umana (ivi); e soprattutto non è mossa da alcuna ambizione terrena; essa mira a questo solo: a continuare l' opera stessa di Cristo, il quale è venuto... a servire e non ad essere servito.(59)

Questa sua presenza umile la Chiesa la giudica più necessaria che mai, e la vuole intensa, per poter rendere al mondo il doppio servizio compreso nella sua missione: penetrare con lo Spirito evangelico(60) tutti i problemi concreti di questo mondo secolarizzato, soprattutto per mezzo dei laici, e portare esplicitamente il messaggio e la grazia di Cristo.(61) così fa fronte al pericolo attuale del secolarismo e dell'ateismo, e aiuta gli uomini ad aprirsi ad una fede diventata più personale e più difficile, perché non più preservata e trasmessa da un contesto sociologico di tipo sacrale. Tutto questo incide anche direttamente sulla missione salesiana.


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b) Mondo in situazione d'ingiustizia (62)


Uno dei problemi più scottanti del nostro mondo sia per i suoi aspetti quantitativi e qualitativi, sia per le gravissime tensioni sociali che ne emergono è quello del sottosviluppo e della disuguaglianza fra gli uomini. Il sottosviluppo non è soltanto uno stadio di arretramento generale; è fondamentalmente il frutto di strutture economiche, sociali e politiche di dominazione, e l' oppressione e lo sfruttamento dei poveri sono il risultato di decisioni deliberate dei gruppi che hanno la ricchezza e il potere. Congiungendosi all'esplosione demografica e allo sviluppo delle scienze e delle tecniche, l'accrescimento disordinato della produzione fa sì che la società moderna sia una macchina per la fabbricazione di poveri. Esiste così lo scandalo di una crescente opposizione tra paesi e classi dell'abbondanza e paesi e classi della miseria. Folle immense mancano dello stretto necessario... Molti mancano quasi totalmente della possibilità di agire di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità.(63) I popoli attanagliati dalla fame chiamano in causa i popoli ricchi.(64) I poveri stanno prendendo coscienza della loro situazione(65) e lo sforzo per la loro promozione umana viene fatto collettivamente.


Quali le conseguenze per la Chiesa di oggi?


Un più deciso atteggiamento evangelico a favore dei poveri: il rifiuto di tutto ciò che sarebbe un compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia sociale;(66) il dovere positivo di destare le coscienze di fronte al dramma della miseria e alle esigenze della giustizia sociale del Vangelo e della Chiesa (ivi); un amore concreto e privilegiato per i poveri stessi, con l'aiuto diretto e soprattutto con una educazione al senso della loro dignità; infine la testimonianza del proprio distacco dai beni terreni. Tutto questo deve far vibrare intensamente una Congregazione che si indirizza con priorità ai giovani più poveri (e agli adulti del ceto popolare) in vista di un aiuto spirituale e corporale, e i cui membri consacrati a Dio con la povertà evangelica, sono invitati a sentire il grido dei poveri(67) come un appello urgente all'azione.


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c) Mondo alla ricerca della sua unità nel pluralismo


L'altro problema scottante, legato al precedente, è quello della promozione della pace e della costruzione della comunità dei popoli.(68) L'intera società umana è giunta a un momento sommamente decisivo nel progresso della sua maturazione. Mentre a poco a poco va unificandosi e in ogni luogo diventa ormai meglio consapevole della propria unità(69) e della mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria solidarietà, violentemente viene spinta in direzioni opposte a causa di forze tra loro contrastanti.(70) C'è, insomma, l'anelito a costruire una vera comunità internazionale(71) in cui ogni nazione sarà riconosciuta coi suoi originali valori e ricchezze materiali e culturali, di modo che fra tutte si instauri una vera cooperazione in spirito fraterno. In tale contesto la continuazione di guerre diventa un altro scandalo nel nostro mondo.


Quali le conseguenze per la Chiesa di oggi?


Una più viva coscienza e attualizzazione della propria cattolicità. La Chiesa può e deve aiutare molto questo movimento dei popoli verso la loro unità nell'espressione delle legittime diversità, perché è consono con il suo mistero e la sua missione. Il Vaticano II ha restituito il loro valore alle Chiese particolari: la loro varietà non impedisce l'unità del popolo di Dio; la realizza piuttosto con una comunione di carità e di servizio mutuo, sotto la presidenza del Successore di Pietro. così nasce il consenso universale della fede, viene realizzata la missione universale e consolidata la fratellanza di tutto il genere umano.(72) Lo spirito di cattolicità anima le Chiese locali e la Chiesa universale nel dialogo ritrovato coi fratelli separati e con le religioni non cristiane.(73)


Tutto questo tocca direttamente una congregazione esente e internazionale, e le impone di ricercare l'accordo tra pluralismo legittimo e unità.


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2. I giovani oggi in questo mondo e in questa Chiesa.


I giovani in astratto non esistono. Esistono soltanto giovani inseriti e impegnati nel loro ambiente di origine, e dipendenti da esso. E' una semplice costatazione che aiuta a capire due cose:


- Dai tempi di Don Bosco ad oggi il mondo ha sperimentato profondi e rapidi mutamenti...; una vera trasformazione sociale e culturale.(75) I giovani sono cambiati nella stessa misura. E l'esperienza, oggi, ci fa scoprire una gioventù in continua evoluzione.


- E' quasi impossibile parlare della gioventù: ci sono mille gioventù concrete il cui volto riflette la situazione del paese a cui appartengono. Ma è forse possibile delineare alcuni tratti piuttosto comuni, nella misura in cui l'umanità stessa incomincia ad unificarsi. I mezzi di comunicazione sociale permettono un'informazione universale e immediata; c'è un'aumentata e progressiva partecipazione di tutti a valori comuni.


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a) «L'enorme peso che ha preso nel mondo il problema dei giovani»


Il fatto più notevole è l'importanza che i giovani hanno assunto nella società moderna:


1. Demograficamente, il numero dei fanciulli, degli adolescenti e dei giovani è cresciuto in modo straordinario per la diminuzione della mortalità infantile. Si è calcolato che i giovani dai 15 ai 24 anni che nel 1960 erano 520.000.000 saranno 1.120.000.000 nel 2000. Accanto all'importanza quantitativa della gioventù, bisogna sottolineare la sua significazione qualitativa. La gioventù costituisce il costante rinnovamento della vita dell'umanità anche nel senso culturale e spirituale. L'aumento e l'ascesa dei giovani è impressionante soprattutto nei paesi del terzo mondo. La speranza di poter studiare e lavorare più facilmente provoca un'emigrazione in massa verso le grandi città con conseguenze di inadattamento e di emarginazione sociale. Il problema della gioventù urbana, già avvertito da Don Bosco, ha oggi dimensioni nuove: più le città sono popolate, più fanno per noi, scriveva Don Bosco al vescovo di Frejus.(77)


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2. Socialmente i giovani hanno preso coscienza di Sé come di un gruppo originale e consistente. Hanno i loro valori, il loro senso di autonomia, linguaggio, ideali e costumi loro. Si distaccano più rapidamente dalle loro famiglie; vivono accompagnandosi volentieri tra loro in gruppi spontanei di ragazzi e di ragazze; per natura non sono razzisti. Pur avendo, a secondo del popolo a cui appartengono, un loro proprio volto psicologico-sociale, a poco a poco si costituiscono in una specie di Internazionale Giovanile, con interessi, ideali comuni e anche con tendenze regressive (per es., concilio dei giovani a Taizè, cantieri di lavoro internazionale, protesta giovanile che unanimemente contesta il sistema sociale stesso, convegno di musica pop...). C'è dunque un problema attuale per gli educatori, quello di avvicinare e di conoscere i giovani. Forse è l' ora di concepire un modo nuovo di convivenza: come farsi accettare nel loro mondo?


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3. Politicamente la gioventù è sempre più oggetto di cura da parte dei governi La scuola con i suoi gradi diversi, l'apprendistato e la formazione professionale, lo sport e gli svaghi diventano dappertutto settori importanti dell' organizzazione nazionale (alcuni paesi hanno un ministero della gioventù e non soltanto dell'insegnamento). Il patrimonio di forza e di speranza costituito dai giovani provoca in molti paesi il loro indottrinamento, l'allestimento politico e anche quello partitico. I giovani stessi prendono coscienza di questo fatto. In alcuni paesi il diritto di voto è già concesso a 18 anni. D'altronde, nei paesi sviluppati sono divenuti anche un potere d'acquisto e c'è un settore economico che si indirizza ad essi per sfruttarli. Nasce dunque un problema grave di responsabilità collettiva degli adulti a riguardo della formazione dei giovani e del senso che essa deve avere: sono utilizzati, messi dentro modelli prefabbricati o sono educati in modo disinteressato e liberatore?


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4. Ecclesialmente essi sono per lunga tradizione soggetti d'interesse e di cure da parte della Chiesa. La Storia della pedagogia conta molti grandi cristiani, anche santi, tra cui Don Bosco. La nostra epoca ha visto nascere i movimenti apostolici giovanili fortemente incoraggiati dal Concilio: I giovani debbono divenire i primi e immediati apostoli dei giovani, esercitando da loro stessi e fra di loro l'apostolato, tenendo conto dell'ambiente sociale in cui vivono.(78) Il Concilio si è occupato anche direttamente del problema dell'educazione cristiana e della scuola.(79) L' 8 dicembre 1965, il suo ottavo e ultimo messaggio fu indirizzato ai giovani: E' per voi, giovani, per voi soprattutto, che la Chiesa con il suo Concilio ha acceso una luce, quella luce che rischiara l'avvenire, il vostro avvenire. Nello stesso messaggio, la Chiesa trova nei giovani un segno di se stessa, un segno della novità racchiusa nel Vangelo che annuncia il nuovo senso di tutte le cose, rinnova e ringiovanisce l'umanità. però, nei paesi di tradizione cristiana, il problema di fondo è quello della fede stessa. La gioventù è il luogo privilegiato dell'incontro difficile tra la Chiesa e il mondo, il punto più sensibile del processo di secolarizzazione. Sorge, quindi, il problema decisivo di formare giovani che vengono da un mondo e che dovranno vivere in un mondo in cui la fede non è più quasi naturale, ma diventa oggetto di una scelta personale: come favorire questa scelta? Don Bosco si è interessato concretamente ai giovani e ha saputo adattarsi a loro come erano nel suo ambiente. Anche noi, spinti dallo stesso amore e dalla stessa volontà di servizio, dobbiamo scoprire il cuore della gioventù che incontriamo. Uno sguardo veramente salesiano saprà indovinare tutte le ricche possibilità dei giovani e poggiando su questo fondo come fece Don Bosco potremmo condurre a buon termine il nostro lavoro educativo.


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b) La situazione critica dei giovani della società agiata


Nei paesi sviluppati è bene in vista la crisi di questa gioventù diventata forza nuova e decisiva. Questa crisi sorge, almeno in parte, dal fatto che i giovani si sentono sprovvisti di un appoggio sufficiente della famiglia e di ferme norme morali sia per difetto di religione sia per assenza di tradizione familiare. Viene originata anche dal tipo di società in cui i giovani entrano e che crea in loro desideri immensi che poi non permette di soddisfare. La critica dei giovani verso gli adulti scava e allarga il divario tra le generazioni, rendendo difficile il dialogo. Gli adulti reagiscono spesso con la sfiducia, l'incomprensione e l'autoritarismo, oppure, al contrario, con la paura, la debolezza, la rinuncia. In questo contesto l'educazione è opera molto ardua.


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1. L'impulso vitale che sentono. - Lo sviluppo materiale e culturale ha creato nei giovani di oggi una straordinaria e ambigua volontà di vivere e di sperimentare le possibilità offerte alle loro energie. Vogliono vivere personalmente, al di là delle forme tradizionali, dei modelli ufficiali che sono loro presentati, come responsabili di una esperienza nuova che sia tutta loro. Vogliono vivere interamente, al di là delle leggi, considerate banali costrizioni. Vogliono provare tutte le esperienze offerte e ricercarne sempre di nuove (la straordinaria seduzione della droga). Vogliono provare l'efficacia della loro azione, sensibili alle grandi cause per la costruzione di un mondo migliore. Un problema attuale molto grave: un educatore che abbia atteggiamento di paura di fronte alla vita, che non è entusiasta, non sarà mai accettato da questa gioventù. Ma essa, forse, è anche pronta per ascoltare Colui che ha detto: sono venuto affinché abbiano la vita, in abbondanza.(80)


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2. Le forze alienatrici che subiscono. - La società dei consumi offre loro un contesto di sollecitazioni tanto vario e contrastante che raddoppia l'ambiguità del loro impulso vitale e, tragicamente, impedisce di acquistare la vera libertà e la vera identità. Sono tuffati in un clima tecnicista, che li chiude alla dimensione umana e spirituale delle cose e dei problemi, e al senso della gratuità (a l'uomo unidimensionale); in un clima relativista che destruttura in loro i sistemi tradizionali di verità e di valori per farli dubitare di tutto; in un clima edonista che li rende schiavi del denaro, del conforto, di una sessualità disordinata, di svaghi troppo facili; in un clima di propaganda molestante, in cui la massificazione dei mezzi di comunicazione sociale, l' opinione pubblica, gli slogans, la moda, i divi e le dive del giorno... li rendono passivi impedendo loro di realizzarsi; infine in un clima che tende al secolarismo e all'ateismo, che rende loro difficile la fede e la fedeltà alla fede. Il problema che si pone all'educatore è l'esigenza di trovare e di far accettare alla loro vita la presenza di forze liberatrici.


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3. Il disagio che sentono, fino alla contestazione. Tutto questo impedisce ai giovani di entrare nella società con la sicurezza di cui hanno bisogno e con l'iniziativa che desiderano avere. Spesso si trovano davanti a degli adulti che li trattano come oggetti, passivamente, piuttosto che riconoscerli nella loro personalità; che parlano in modo moralistico, piuttosto che dar loro l'esempio di una vita diritta; che li sfruttano, piuttosto che infondere loro fiducia e renderli corresponsabili. La conseguenza più grave è che molti di questi giovani 51 ritrovano senza punti di appoggio; non li trovano negli adulti, né in se stessi, sganciati, come sono, da una adesione ferma a principi e valori di pensiero e di condotta. Isolati, disorientati, deboli, inquieti davanti all'avvenire, pieni di contraddizioni si uniscono tra loro per rivolgersi contro gli adulti, con la critica amara, con l'evasione, con comportamenti strani, a volte con la contestazione violenta: manifestano ad un tempo il loro rifiuto del tipo di società che è loro imposto e la loro propria insicurezza. Raramente ci sono stati tra noi tanti giovani spiritualmente poveri e pericolanti e tanto profondamente poveri. Si impongono all'educatore due gravi problemi: essere vicini a questi giovani e comportarsi in maniera che abbiano fiducia in lui e trovino in lui un appoggio sicuro; capire il fondo della ribellione giovanile e contestare con loro, pacificamente ma con forza, la società attuale in tutto ciò che in essa non è umano né cristiano.


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4. Le risorse e le esigenze di cui dispongono per la loro liberazione. L'educatore deve aiutare questi giovani a sviluppare in essi alcune risorse, prima che esse vengano svuotate dal male: il gusto della grandezza e dell'autenticità, il senso della solidarietà e della fratellanza; la sensibilità ai valori sociali di giustizia, di concordia universale, di aiuto ai più miseri. Col maturare della coscienza della propria personalità, spinti dall'ardore della vita e dalla loro esuberanza, assumono le proprie responsabilità e desiderano prendere il loro posto nella vita sociale e culturale.(81) Facendo questo, hanno coscienza di essere responsabili e creatori del loro proprio destino, Poiché agiscono sulla società e sulla Chiesa in cui sono chiamati a vivere e ad operare domani. La forza liberatrice più potente è senza dubbio la fiducia degli adulti, specialmente dei genitori e degli educatori, e la fortuna di trovare in loro i testimoni e le guide, che insegnano i valori, e soprattutto la fede, con la loro vita più ancora che con le parole; educatori saldi, sicuri, lieti di aver ricevutola verità, ma che non cessano mai di ricercarla. Molti giovani di oggi sono come gli oziosi della parabola evangelica: aspettano la voce di qualcuno che faccia loro sentire i grandi appelli umani e cristiani: Andate anche voi nella mia vigna.(82)


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c) La situazione tragica dei giovani degli ambienti più poveri


Ma ci sono altre masse di giovani che non contestano, non perché non ne hanno i motivi, ma perché non ne hanno la forza. Si trovano nei paesi del Terzo Mondo. Si è calcolato che tre quarti dei giovani del mondo abitano in paesi sottosviluppati; però si trovano anche in alcune zone dei paesi più sviluppati, specialmente alla periferia delle grandi città, nelle città di emergenza e negli ambienti del proletariato e del sottoproletariato (chiamato talvolta Quarto Mondo).(83) Sono essi i sacrificati all'espansione, perché lo stesso sviluppo genera disuguaglianza sociale e povertà. In questa povertà potremmo distinguere due gradi. La povertà-emarginazione: è il processo secondo il quale individui e gruppi, già vulnerati nella loro esistenza materiale e sociale, sono a poco a poco scartati dai circuiti economici e politici, fino ad essere emarginati dalla società alla quale sembrano appartenere. Giunta al suo termine, questa emarginazione diventa povertà-esclusione, miseria fatta dal cumulo infernale dei fattori della povertà. E questo, che esiste per alcuni gruppi nel mondo occidentale, si ritrova analogamente, però su scala nazionale, nella società del Terzo Mondo. Qual è questo cumulo di fattori di povertà, di cui milioni di fanciulli e di giovani sono vittime? Il povero-abbandonato è colui al quale è capitato, riguardo all'istruzione, di rimanere analfabeta; colui che non essendo qualificato per un lavoro professionale, non trova da impiegarsi ed ha quindi i redditi più bassi; colui che ha scarsa possibilità di avere un alloggio decente; colui nel quale la mancanza di beni materiali e culturali, i ripetuti smacchi e le continue umiliazioni hanno ucciso ogni responsabilità creatrice e ogni interesse di valori; colui che si sente escluso dalla società viva, e quasi non rappresentato nelle istituzioni pubbliche. Nei fanciulli e giovani di tali ambienti si verificano ritardi nello sviluppo psichico e mentale, con inevitabili disturbi della personalità; la più tragica povertà di questi giovani sarà, in una parola, l'impossibilità di diventare un uomo. Oggi immensi gruppi di giovani non possono vivere la loro giovinezza, perché sono immediatamente integrati nel sistema di produzione o sfruttati da es so: passano direttamente dalla fanciullezza all'età adulta. Si può affermare che la maggior parte di queste persone fra i 14 e i 25 anni non sono mai stati giovani e non lo saranno mai.(84) Il problema qui è di sapere se i figli di Don Bosco hanno qualche provvidenziale missione verso questa categoria di giovani poveri che aspettano dei liberatori attraverso i quali potranno riconoscere il Salvatore. In sintesi. Possiamo costatare che l'insieme della gioventù, soprattutto povera, è oggi un vasto settore degno dello sforzo dei Salesiani: la nostra Congregazione ha oggi più che mai un servizio specifico opportuno da rendere alla Chiesa e al mondo.


C) I DESTINATARI CONCRETI DELLA NOSTRA MISSIONE


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1. Priorità assoluta ai «giovani», e tra loro, priorità assoluta ai giovani «poveri e abbandonati».(85)


Questa doppia priorità appare chiaramente nella vita, nelle parole e nei sogni di Don Bosco, nelle nostre Costituzioni,(86) nella nostra tradizione,(87) nella coscienza dei confratelli di oggi.(88) Cinque punti sono da chiarire:


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a) «giovani»


La Chiesa chiama Don Bosco adolescentium pater et magister. La nostra Società pensa di essere mandata proprio ai preadolescenti, agli adolescenti, ai giovani, secondo l'età che nei diversi paesi e nelle diverse culture corrisponde a questa tappa decisiva della vita umana. Non si esclude che ci si debba occupare dei fanciulli; questo impegno resta però occasionale, e come preparazione alla tappa seguente.


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b) «poveri, abbandonati e pericolanti»(89)


1. Quali poveri? Quelli che sono colpiti da qualunque forma di povertà: - dalla povertà economica, fonte di tante altre privazioni e che perciò occupa il primo posto delle nostre preoccupazioni; - dalla povertà sociale e culturale, sentita come frustrazione (Non sono riconosciuto, accettato; non ho ciò che ho diritto di avere) e come alienazione (Dipendo dall'altro, non posso esprimermi secondo le mie iniziative); - dalla povertà affettiva (orfano, non bene accettato dai suoi), morale e spirituale (senza conoscenza dei valori e soprattutto del vero Dio; fortemente esposto al peccato).


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2. I più poveri e abbandonati. Don Bosco stesso usa frequentemente l'espressione, in particolare nell'articolo 1 delle Costituzioni.(90) C'è quindi anche una priorità nella priorità: l'aiuto ai più bisognosi. ciò si verifica: - quando l'una o l'altra delle povertà sopra accennate è sperimentata a un grado speciale di gravità: i giovani che, nella miseria, hanno fame, sono analfabeti, non hanno quasi possibilità di vita normale, se non sono aiutati; i giovani tormentati da problemi religiosi e morali, i giovani disadattati sulla via della delinquenza, usciti di prigione, disperati, non credenti o atei, drogati. - quando vi è accumulazione di queste forme di povertà: ciò si verifica spesso nei paesi del Terzo Mondo e nelle grandi città dei paesi sviluppati (gioventù proletaria e sottoproletaria delle bidonvilles, gioventù emigrata; Quarto Mondo).(91) Molti confratelli pensano che anche in un contesto in cui lo Stato interviene in forme generali per attuare la giustizia sociale, rimane sempre un margine di giovani e di poveri non raggiunti da queste riforme. Il compito dei figli di Don Bosco è proprio quello di andare verso coloro che nessuno aiuta e di testimoniare che Dio ama e vuole salvare i più perduti. Il mondo ci riceverà sempre con piacere fino a tanto che le nostre sollecitudini saranno dirette ai fanciulli più poveri, più pericolanti della società. Questa è per noi la vera agiatezza che niuno verrà a rapirci.(92)


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3. I giovani del ceto popolare che si avviano al lavoro(93) L'esempio di Don Bosco e una lunga tradizione indirizzano la nostra missione verso quei giovani che, anche se non vivono in condizioni di miseria, appartengono ai ceti popolari meno fortunati: gli apprendisti e i giovani operai delle città e delle campagne. Spesso sono pieni di risorse umane e cristiane da sviluppare a vantaggio loro e del loro ambiente.


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c) Le vocazioni


Il CG XIX ha ricordato chiaramente, tra gli scopi della Società, la cura speciale dei giovani che danno segni di vocazione sacerdotale o religiosa.(94) Il Concilio stesso ha richiamato l'urgenza di questo impegno.(95) La preoccupazione di Don Bosco al riguardo fu quella di suscitare vocazioni in ambienti organizzati con questo scopo. Egli pure aiutò giovani anche più maturi (Figli di Maria) che, presentando speranza di vocazione, per la loro povertà non potevano fare gli studi necessari in un ambiente adatto. Sotto la sua cura sorsero vocazioni per le sue opere, per le diocesi e per altre congregazioni. Questa nostra caratteristica deve rimanere. Tuttavia l'evoluzione della Chiesa verso una diversificazione delle vocazioni, in coerenza con la promozione del laicato, e la nostra tradizione ci spingono anche verso quei giovani capaci di diventare apostoli laici.(96) Bisogna notare che la Congregazione non si rifiuta per qualsiasi ceto di persone, ma preferisce di occuparsi del ceto medio e della classe povera come quelli che maggiormente abbisognano di soccorso e di assistenza (97)


Così i giovani delle classi benestanti, in situazioni normali, non sono esclusi dalla nostra missione. Ma, potendo essi trovare educatori in altre Congregazioni, se vengono da noi li dobbiamo accettare solo con lo scopo manifesto di coltivare in essi il senso del servizio e dell'apostolato, da esercitare poi nel loro ambiente e a favore dei poveri.


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d) Le giovani


Qui ci chiediamo soltanto se la nostra missione è indirizzata anche alle giovani. Una risposta opportuna sembra richiedere due affermazioni complementari. La nostra missione è diretta senza dubbio ai ragazzi: le nostre opere e le nostre attività sono concepite per loro. D'altra parte dobbiamo tener conto di una doppia serie di fatti. Siamo condotti ad occuparci delle ragazze nei diversi tipi di responsabilità pastorale che noi stiamo accettando sempre più (parrocchie, missioni, cappellanie di gruppi misti, ad es. nelle scuole statali, o quelle delle opere delle FMA). Inoltre, la vita sociale di oggi (diversa nei vari paesi) mette i giovani in contatto quasi permanente con le loro compagne. La convivenza mista sta diventando un'esperienza di cui bisogna prendere atto.(98) Sorge dunque l'esigenza pedagogica di un'educazione integrale dei nostri giovani. In essa tutti i valori della vita (amore, bellezza, ecc.), visti alla luce del disegno divino, saranno elementi preziosi per maturare la personalità del giovane. In determinati ambienti sorgerà l'esigenza di un impegno specifico per un'educazione mista. ciò comporta per noi la responsabilità di una cura più diretta anche delle giovani. Il problema del come (discrezione, senso soprannaturale, stretta collaborazione con le educatrici, ecc.) è importante ma va trattato altrove.(99)


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e) Cosa significa «priorità»?


Abbiamo preferito usare questa parola per tradurre specialmente usato da Don Bosco. L'importanza e l'urgenza dei bisogni dei giovani e l'apostolato che vi corrisponde è la ragione stessa della nostra scelta prioritaria. Tra le esigenze pastorali della Chiesa la priorità per i giovani qualifica oggettivamente la nostra missione e la specifica in modo più preciso. Abbiamo detto che vi sono dei gradi nella priorità (giovani, giovani poveri, giovani più poveri), per cui le urgenze concrete sono senza dubbio da prendere in considerazione. La preferenza si situa al livello psicologico di quelli che sono mandati: è nello stesso tempo un motivo della missione e una conseguenza. E' possibile affermare la priorità dei giovani in tutti i casi perché anche nei salesiani che sono direttamente consacrati agli adulti, si suppone una preferenza cordiale per i giovani, una mentalità sensibile ai loro problemi e una cura speciale per loro ogni volta che se ne presenta l' occasione.


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2. Gli adulti destinatati complementari della nostra missione


Che gli adulti sono destinatari complementari della nostra missione ce lo assicurano Don Bosco e le nostre tradizioni, che prendono forma di legge nelle Costituzioni e che si ritrovano, largamente, negli Atti del CG XIX(101) e nelle risposte dei confratelli.(102) Il problema è complesso: a quali adulti e qual è il senso di questa missione? E' vista per se stessa e in se stessa, aggiunta parallelamente a quella verso i giovani o si articola con essa, in funzione e come integrazione dell'apostolato giovanile? Anche la risposta è complessa. Le ragioni per cui andiamo verso gli adulti possono chiarire in parte questa complessità:


1. Lo zelo di Don Bosco, tanto ardente e vasto, lo ha spinto a lavorare direttamente per l'elevazione del livello culturale, umano e religioso degli adulti del basso popolo.(103)


2. La Chiesa ha insistito spesso per farci accettare alcune responsabilità apostoliche verso gli adulti, soprattutto quando si è trattato di parrocchie in zone povere. Vengono poi ragioni più direttamente legate alla nostra missione salesiana.


3. In molti casi l'educazione dei giovani è tanto legata alle condizioni concrete dell'ambiente familiare, sociale, anche politico, che non si può far qualcosa di utile per loro senza lavorare anche al progresso collettivo di questo ambiente, e quindi per gli adulti.


4. L'ampiezza e la complessità della promozione integrale della gioventù e le esigenze della pastorale d'insieme ci inducono a compiere la missione anche con un'azione indiretta, agendo cioè sul più gran numero possibile di adulti e di organismi che hanno influsso sulla gioventù.(104) In questa prospettiva si pongono il nostro interesse e la nostra responsabilità a riguardo dei laici, nostri collaboratori diretti, e dei cooperatori salesiani. Alla domanda: Ci occupiamo degli adulti per se stessi o in funzione dei giovani?, rispondiamo quindi SI a tutte e due le alternative. E possiamo distinguere questi adulti in due grandi gruppi:


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a) Gli adulti dei ceti popolari


Non siamo mandati per un'azione diretta a qualsiasi categoria di adulti, ma chiaramente a quelli del basso popolo.(105) In questo settore quindi, come già in quello dei giovani, la preferenza di Don Bosco va ai poveri, che hanno bisogno di essere aiutati in modo speciale per la loro promozione umana e religiosa. Di modo che questa missione educatrice si congiunge a quella operata a favore dei giovani: c'è un'unità interna tra la nostra missione giovanile e quella popolare. Questo spiega il fatto che, là dove abbiamo una missione direttamente rivolta agli adulti, troviamo spontaneamente lavoro educativo da svolgere anche a favore dei giovani poveri dell'ambiente. Capita specialmente nelle parrocchie, che dobbiamo preferire nelle zone popolari e povere. Il problema attuale è quello di prendere coscienza del nuovo contesto in cui vive questa gente e del senso nuovo attuale del termine popolo (o ceto popolare). Sulla bocca di Don Bosco voleva significare quasi solamente quella categoria socioculturale e socio-religiosa di gente semplice, a cui si doveva insegnare un po' di cultura, il catechismo e le buone devozioni. Oggi designa anche una categoria socioeconomica e sociopolitica, che possiede la coscienza di classe (e talvolta di lotta di classe). Designa infine ambienti specifici, diversi gli uni dagli altri: rurali, emigrati, ecc... ciò comporta da parte nostra una vera conversione di mentalità e un adattamento conveniente della pastorale se vogliamo portare efficacemente la luce del Vangelo. Inoltre tra gli adulti oggetto delle nostre cure poniamo gli Exallievi.


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b) Gli adulti responsabili dei giovani


Siccome la prima educazione è data dalla famiglia e in molti casi proprio dalla prima educazione dipende la promozione umana del giovane, i salesiani aiuteranno il meglio possibile, anche con scritti e conferenze, i genitori, specialmente giovani, nell'educazione cristiana e umana dei loro figli. I laici responsabili diretti dei giovani hanno anche loro un influsso determinante sulla evoluzione dei giovani. Per questa ragione, moltiplicheremo con essi contatti e incontri. Possiamo anche essere mandati a numerose altre persone di livello socioculturale più elevato, le cui responsabilità sociali e politiche, e le diverse competenze scientifiche e pastorali possono influire molto sulla situazione sull'educazione dei giovani.(106)


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3 I nostri destinatari nei paesi di missione


Merita un accenno a parte, perché ha occupato nella mente di Don Bosco e nelle nostre tradizioni un posto tutto speciale, solennemente ricordato dal Capitolo Generale XIX (107) e riaffermato dai confratelli.(108) Senza essere annoverata tra le Congregazioni esclusivamente missionarie, la nostra Società, nel pensiero del suo Fondatore, è autenticamente e a essenzialmente missionaria. Si potrebbe dire che questo aspetto costituisce un'applicazione privilegiata e una posizione avanzata della nostra missione verso il ceto popolare e verso i giovani poveri, perché, nella maggioranza dei casi, il servizio missionario è indirizzato a popoli ancora non cristiani con preferenza a zone materialmente e spiritualmente povere, in cui s'incontra una gioventù numerosa e un campo apostolico dagli orizzonti immensi.


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4. Conseguenzee psicologiche e pratiche per il salesiano


La specificazione dei diversi destinatari della nostra missione manifesta nel salesiano un'esigenza di speciale aderenza ai giovani poveri ed anche agli adulti del ceto popolare. Il salesiano è in simpatia spontanea con queste due categorie. Presente e solidale con esse, ne apprezza le qualità, i gusti, gli interessi, le iniziative legittime. Dà alla sua vita uno stile giovanile e sa adattarsi all'ambiente popolare. Sono alcuni tratti del suo spirito originale.(109) Ma, aver affermato la priorità della missione giovanile, non significa che gli altri settori diventino marginali e meno salesiani. Quelli di noi che si consacrano all'apostolato tra gli adulti sono tanto salesiani quanto quelli che si dedicano ai giovani: tutti sono mandati dallo stesso Cristo e mettono in opera lo stesso dono dello Spirito.


CAPO SECONDO

IL SERVIZIO

RESO DALLA NOSTRA MISSIONE


A) PROSPETTIVA GENERALE


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1. Dio ci chiama e ci invia come «segni-testimoni» del Suo Amore salvatore


In coerenza con la missione della Chiesa, cui partecipiamo,(110) possiamo così descrivere la nostra missione: i Salesiani sono nella Chiesa come segni-testimoni dell'amore privilegiato di Cristo per i giovani, soprattutto poveri; amore che in definitiva mira ad operare il loro incontro (comunione) con Dio Padre e tra di loro, figli dello stesso Padre.(111) Mediante la dedizione, la gioia, la fiducia, il dinamismo, devono far percepire ai giovani soprattutto poveri che questo Cristo non è soltanto un personaggio del passato, ma il Risorto vivente e presente, che li raggiunge e li chiama per amarli, aiutarli, perfezionarli, salvarli ed unirli; così danno la prova che la salvezza agisce oggi per ognuno di loro L'amore di Cristo è un amore che propone se stesso alla libera risposta di ogni uomo, e invita ad una risposta sempre più completa. L'intensità della liberazione è proprio misurata dalla qualità di questa risposta di amore. I Salesiani, quindi, non possono compiere la loro missione se non partecipando alla carità salvatrice di Cristo per i giovani; e la loro carità, divenuta pastorale educativa, mira a suscitare una risposta di libera fedeltà all'amore ricevuto: Io conosco le mie pecore ed esse conoscono me;(112) è questo il nucleo centrale dello spirito salesiano e del sistema preventivo di Don Bosco.


2. Come testimoni del Cristo, i Salesiani educano i giovani e gli adulti del ceto popolare alla loro promozione integrale cristiana


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a) Ampiezza e integralità del servizio salesiano


La nostra missione partecipa dell'ampiezza del servizio reso da Cristo e dalla Chiesa all'uomo visto nella sua vocazione integrale.(113) Cristo è venuto a salvare l'uomo intero: nel Vangelo rivela la sua carità attiva non soltanto insegnando la Parola e perdonando i peccati, ma guarendo gli ammalati e nutrendo le folle. La Chiesa ha ripreso coscienza nel Vaticano II della sua ampia responsabilità di lavorare per il Regno di Cristo, in una missione che comprende due aspetti inseparabili: evangelizzare e santificare gli uomini nella loro realtà penetrando l' ordine temporale con lo spirito evangelico per orientarlo verso il Cristo-Re.(114) Don Bosco, lo sappiamo, ha voluto il bene totale dei suoi giovani. Ha stabilito che scopo della sua azione è ogni opera di carità spirituale e corporale;(115) e il frutto atteso da queste opere è fare dei giovani onesti cittadini e buoni cristiani, renderli felici in questa vita e nella vita eterna.


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b) Unità (soprannaturale) della missione salvatrice salesiana, nella distinzione dei due tipi di servizi resi.


La nostra complessa missione partecipa dell'azione di Cristo e della Chiesa, che è unitaria. Certo, dal punto di vista del risultato oggettivo, guarire e nutrire il corpo, e illuminare o guarire l'anima sono azioni di ordine diverso, che toccano la felicità umana e terrena dell'uomo, e quella sovrumana ed eterna. Il Concilio afferma chiaramente l'unica vocazione dell'uomo alla comunione con Dio in Cristo,(116) ma riconosce la legittima autonomia delle realtà terrene.(117) Concretamente, un salesiano sa benissimo distinguere tra il servizio di dare ricovero, vitto e vestito(118) agli orfani, e quello di donare il perdono di Dio con la Penitenza sacramentale. però questa distinzione è assunta in una reale unità superiore. Non ci sono due missioni, l'una naturale, l'altra soprannaturale. C'è un'unica missione di natura religiosa (cristiana, ecclesiale, apostolica, salvifica) che tende a realizzare la compenetrazione della città celeste e quella terrestre;(119) si tratta di comunicare la vita divina, e rendere più umana la famiglia e la storia degli uomini.(120)questa unità la si può percepire da diversi punti di vista:


a) Unità del Regno di Cristo e del disegno del Padre che richiedono la diversità di questi servizi. Il progresso terreno è ordinato all'avvento del Regno di Dio. L' ordine spirituale e l' ordine temporale, sebbene siano distinti, tuttavia nell'unico disegno divino sono così legati che Dio stesso intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo,(121) Tutti i valori terrestri, l'amore, la dignità dell'uomo, la fraternità e la libertà resteranno anche nel Regno, ma trasformati e purificati.(122)


b) Unità del giovane da amare nella sua unica vocazione integrale (= diventare un vero uomo, un uomo completo adottato come figlio di Dio), e da servire concretamente, in tutti i suoi bisogni, per promuovere la sua salvezza totale.


c) Unità del salesiano che ama i giovani con la coscienza di essere mandato da Cristo, e che vive la sua carità e il suo spirito evangelico nella diversità delle mansioni. Se la promozione umana e l'evangelizzazione sono compiute in un unico movimento di carità (= la missione integrale salesiana che realizza le opere di carità spirituale e corporale), si eviterà tanto lo spiritualismo angelista quanto il sociologismo orizzontalista. Crediamo che il Da mihi animas di Don Bosco legava indissolubilmente i due aspetti, con un punto di insistenza sull'aspetto religioso. Questo legame intrinseco viene ribadito oggi dal Concilio: La Chiesa ha il dovere di occuparsi dell'intera vita dell'uomo, anche di quella terrena in quanto connessa con la vocazione celeste,(123) Scopriamo inoltre che il livello umano e il tipo di vita terrestre condizionano parzialmente la fede; infatti occorre un po' di felicità terrena per scoprire l'amore che vuole la salvezza integrale dell'uomo, un minimo di libertà e di cultura per accettare la fede. A sua volta la fede trova nella vita terrestre il suo contesto concreto di applicazione. Ad Gentes dice che la presenza di servizio disinteressato tra gli uomini è la prima tappa e, in un certo senso, una tappa permanente dell' opera missionaria stessa. L'annuncio del Dio di amore va sempre accompagnato dai segni della sua autenticità: l'amore in atto. La nostra missione si fonda sulla visione pienamente umana e pienamente cristiana dell'uomo; e il nostro rinnovamento consiste nel dedicarsi specialmente ai giovani, per aiutarli ad essere se stessi, a vivere autenticamente la propria esperienza umana e cristiana, facendo loro trovare nell'amicizia col Redentore il fulcro animatore della loro completa formazione (124)


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c) Come esprimere questa unica e complessa missione


Si potrebbe scegliere la parola evangelizzazione, ma il linguaggio abituale (in senso stretto) la riserva all'annuncio che si propone di suscitare quel primo atto di fede,(125) con cui gli uomini aderiscono alla parola di Dio(126) e credono al Cristo. Abbiamo scelto due espressioni complementari. 1) Promozione integrale cristiana: promozione indica il processo di sviluppo della persona; integrale indica tutto l'arco di questo processo, fino alla figliolanza divina e alla santità; cristiana indica che la fonte e l'energia che animerà tutto il processo è la stessa carità di Cristo. 2) Educazione liberatrice cristiana: esprime l' opera da fare e lo stesso processo dal punto di vista del salesiano educatore; liberatrice sottolinea l'aspetto dinamico del processo storico di crescita dell'uomo a partire dalla situazione di schiavitù in cui si trova: schiavitù multiforme di ordine materiale, psicologico, intellettuale, sociale, e soprattutto etico-religioso (con il riferimento alla schiavitù del peccato, come lo descrivono il Vangelo e San Paolo; da questa schiavitù Cristo ci ha liberati). Parliamo di educazione liberatrice cristiana perché si tratta di un'attività apostolica che viene realizzata secondo lo spirito del Vangelo riletto alla luce del Vaticano II. Don Ricceri nella sua lettera sul sottosviluppo afferma che quest' opera liberatrice deve giungere a far maturare uomini con una personalità integrale, capaci di liberarsi, ma anche di essere liberatori dei loro fratelli; uomini capaci di farsi portatori della speranza cristiana, anche quando l' orizzonte umano offre pochi motivi di speranza.(127) Inoltre l'espressione indica che l'educazione deve essere liberatrice non soltanto negli obiettivi, ma anche nei metodi, coll'appello continuo alla responsabilità e alla partecipazione personale dell'educando.(128)


B) IL COMPITO DI EVANGELIZZAZIONE


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1. Come testimoni di Cristo i Salesiani educano i giovani e gli altri destinatari della loro missione a ricevere e a vivere la fede cristiana fino alla santità.


Il Concilio insegna che la missione della Chiesa per tutti gli uomini mira a condurli con l'esempio della vita, con la predicazione, con i Sacramenti e con i mezzi della grazia, alla fede, alla libertà ed alla pace di Cristo, rendendo loro facile e sicura la possibilità di partecipare in pieno al mistero di Cristo(129) 20 Sinteticamente tutta l' opera si riduce a manifestare il messaggio di Cristo (evangelizzare) e a comunicare la sua grazia (santificare).(130) L'esempio e le direttive di Don Bosco e la nostra tradizione hanno visto i Salesiani dedicarsi a tale opera con uno zelo entusiasta e instancabile, coscienti della grandezza divina del servizio reso sia ai giovani che agli adulti. La fedeltà dinamica alla missione ricevuta esige da noi di continuare tenendo conto del contesto attuale della Chiesa e del mondo.


I punti essenziali sono:(131)


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a) Destare e coltivare la fede


Accogliendo i giovani e gli adulti secondo il loro grado di vita spirituale, dobbiamo preparare il terreno per farli incontrare con Cristo; presentare quindi esplicitamente il disegno di Dio e il mistero del suo Figlio Salvatore, fino a che le menti e i cuori si schiudano a Lui con una fede sincera. Viene, in seguito, la cultura di questa fede coll'insegnamento adeguato della dottrina del Vangelo e della Chiesa, di modo che il cristiano sappia rendere ragione a chiunque della sua speranza (132) Questo è il momento o l'aspetto particolare della pastorale della Parola, in cui i salesiani devono avere una particolare competenza.


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b) Iniziare all'incontro con Dio e alla vita liturgico-sacramentale


La prima espressione della fede è l'adorazione del Padre in spirito e verità. Il Salesiano educa alla preghiera come incontro amoroso e intimo con Gesù Salvatore e col Padre. In questa strada la Vergine Maria è un' ottima guida. La vita cristiana giunge poi alle sue espressioni più significative nei Sacramenti e nella partecipazione liturgica. Il salesiano sovente deve preparare giovani e adulti al Battesimo e alla Cresima (talvolta al Matrimonio). Ma alla Penitenza e soprattutto all'eucaristia, centro della vita liturgica, dedicherà una cura particolare a causa delle loro ricchezze di grazia e delle loro risorse di eccezionale valore per l'educazione umana e cristiana. Questo è l'aspetto della pastorale liturgica e sacramentale, altro settore in cui i Salesiani devono impegnarsi a fondo.


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c) Aprire al senso della Chiesa e del servizio umano


Questa educazione integrale che si fa in un contesto ecclesiale, tende a sviluppare l'amore alla Chiesa, della quale ognuno si sentirà membro attivo. Il frutto supremo della formazione è ottenuto quando i giovani o gli adulti, trovando ognuno il proprio posto nella Chiesa e nella società, danno il loro apporto all'aumento del Corpo mistico: promuovono l'elevazione in senso cristiano del mondo(133) e si impegnano per la giustizia e la pace, evitando quello che la GS annovera tra i più gravi errori: Il distacco tra fede professata e vita quotidiana.(134) Questo è l'aspetto della pastorale ecclesiale dei gruppi e dei movimenti di formazione e d'azione apostolica, e la pastorale delle vocazioni, altro settore privilegiato dell'azione salesiana. In sintesi. Ogni intervento educativo pastorale esige la compresenza di questi tre aspetti della pastorale in reciproca integrazione. L'armonico svilupparsi di queste tre dimensioni maturerà delle autentiche personalità cristiane. Quindi la nostra missione non mira che a formare dei santi. La figura di Domenico Savio, sorta proprio all'inizio dell' opera salesiana, ci ricorda questo con forza e con speranza. Non è inutile rilevare che Domenico Savio è uno dei frutti migliori del sistema preventivo. Questo metodo pastorale salesiano è in coerenza perfetta con lo scopo dell'educazione cristiana: appoggiandosi ragione, religione e amorevolezza, fa appello alle forze interiori più profonde dell'uomo, di modo che l'educando possa diventare un uomo libero e un cristiano cosciente, ridestando in se stesso, con la grazia di Dio, le energie necessarie per costruire ]a sua personalità e dedicarsi al servizio di Dio e degli altri.


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2. Come testimoni di Cristo i Salesiani cooperano a piantare la Chiesa in gruppi umani non cristiani


L' originalità del compito missionario richiede che sia indicato a parte questo aspetto importantissimo della missione salesiana. Si tratta infatti di incarnarsi in un gruppo umano determinato che non crede ancora o non crede più in Cristo, e di realizzarvi l'evangelizzazione e la fondazione della Chiesa (135) In questo vasto contesto trovano totale applicazione tutti i compiti precedenti. Questo è l'aspetto della pastorale missionaria.(136)


C) L'IMPEGNO DEI SALESIANI PER LA GIUSTIZIA NEL MONDO


Nella spirito delle beatitudini evangeliche i Salesiani si impegnano in una azione intensamente educativa che testimoni e promuova la giustizia nel mondo.


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Premessa: l'urgenza attuale per l'avvento della giustizia nel mondo


L'agire per la giustizia e il partecipare alla trasformazione del mondo ci appaiono chiaramente come la dimensione costitutiva della predicazione del Vangelo, cioè della missione della Chiesa per la redenzione del genere umano e la liberazione da ogni stato di cose oppressivo.(137) Uno dei segni dei tempi è la presa di coscienza, soprattutto da parte dei giovani, dell'ingiustizia che impedisce l'equilibrio della società e la realizzazione di una totale liberazione dell'uomo. Il sottosviluppo, l'analfabetismo, la miseria e la fame nel mondo sono oggi di tale ampiezza e gravità che non è sufficiente un soccorso immediato, ma occorre agire sulle cause profonde di tale situazione. Si tratta infatti di strutture che spesso ostacolano gravemente o addirittura impediscono l'essenza del Vangelo predicato e vissuto: non permettono ai poveri e agli oppressi di scoprire in loro l'immagine di Dio, né di credere che il Regno sia arrivato in questo mondo, né di avviarsi verso il cammino della salvezza integrale. Sono dunque strutture di peccato.(138) D'altra parte la promozione umana dei poveri, per essere tale, richiede che siano loro a prendere coscienza della situazione, e che i cambiamenti siano fatti da loro stessi, collettivamente uniti. Tutto ciò significa che vengono aiutati da persone e da istituzioni che lavorano per la giustizia. Qui un ruolo di primaria importanza spetta alle comunità cristiane.(139) In tale situazione, qual' è il compito dei salesiani(140) che il Cristo manda tra i giovani soprattutto i più poveri, e a quali condizioni la loro azione rimarrà apostolica e salesiana? Don Bosco distingueva un doppio impegno possibile sulle strutture sociali:


a) un impegno dall' orizzonte ampio, dove la Politica (con la P maiuscola) è la politica del Pater Noster: questa è inerente all'evangelizzazione cristiana intimamente connessa con la promozione integrale della persona umana; qui i salesiani operano principalmente con il loro compito educativo;


b) una visione più ristretta, limitata entro le prospettive dei partiti politici, dalla quale Don Bosco volle assolutamente l'astensione sua e dei suoi figli. Se vogliamo andare avanti - diceva Don Bosco - bisogna che non si parli mai di politica, né pro né contro.(141) La nostra risposta oggi nella linea dell'impegno per la giustizia nel mondo si pone in un contesto culturale nuovo: non viene sollecitata da motivi contingenti di fazioni politiche e di ideologie del momento, ma dalle esigenze che pone oggi all'educatore cristiano la formazione integrale del perfetto cristiano e dell' onesto cittadino: sono la Chiesa e il mondo che ci chiedono di formare uomini capaci di portare la giustizia nel nostro mondo denso di gravi problemi.(142)


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a) Azione intensamente educativa verso i giovani e verso gli adulti responsabili della liberazione di poveri.


1) Verso i giovani ai quali siamo mandati. La nostra collaborazione per lo sviluppo è principalmente l'educazione, la qualificazione e la formazione degli uomini che sono i fattori principali dello sviluppo.(144) La nostra prima responsabilità concerne la massa dei giovani che hanno bisogno di un'educazione aperta e completa: comprensione dell'attualità sociale, conoscenza della dottrina della Chiesa, formazione alla responsabilità civica, sociale e politica, iniziazione ad un impegno progressivo di servizio concreto. La nostra azione educativa si innesterà così nella realtà circostante suscitando cristiani impegnati per la liberazione dei loro fratelli. Come Don Bosco, siamo particolarmente sensibili ai bisogni di coloro che rimangono emarginati dalla società perché analfabeti: Un analfabeta è uno spirito sottoalimentato,(145) Collaboriamo con gli organismi nazionali e internazionali che promuovono tra i poveri l'educazione di base e l'alfabetizzazione, affinché questi nostri fratelli emarginati possano liberarsi dalla schiavitù dell'ignoranza e partecipare alla vita socioculturale.


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2) Verso gli adulti impegnati per la giustizia. Come pastori dobbiamo illuminare e stimolare i laici all'impegno per la giustizia (i parrocchiani, i movimenti cristiani, gli exallievi, i cooperatori, i laici nostri collaboratori...). E' compito dei pastori enunciare con chiarezza i principi evangelici e magistrali e alimentare la vita spirituale e il senso apostolico di questi adulti o dei loro gruppi.(146) Perciò è nostro urgente dovere approfondire la dottrina sociale per renderci capaci di un compito così delicato.(147)


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b) L'impegno per una testimonianza di giustizia nel mondo, riflesso nel nostro impegno educativo.


Il nostro impegno educativo per la giustizia nel mondo, quindi, diventa credibile nella misura in cui ogni salesiano, singolarmente, ed ogni comunità, a tutti i livelli, sono autentici testimoni della giustizia. Il Sinodo dei Vescovi ricorda che nell'uso delle cose temporali non si deve mai giungere a rendere ambigua la testimonianza evangelica che la Chiesa deve rendere. E benché in generale sia difficile stabilire un limite tra ciò che è necessario per il retto uso e ciò che è richiesto dalla testimonianza profetica, non c'è dubbio, però, che si debba ritenere fermamente il principio: la nostra fede esige da noi una certa parsimonia nell'uso delle cose, e la Chiesa è tenuta a vivere e ad amministrare i propri beni in modo da annunciare il Vangelo ai poveri. Se al contrario la Chiesa si presenta come uno dei ricchi o dei potenti di questo mondo, risulta diminuita la sua credibilità.(148) La testimonianza esterna dei valori evangelici che sostengono la nostra vita religiosa è una dimensione permanente del nostro essere, ed è essa stessa una forma efficacissima di educazione: si educa più per quello che si è che non con quello che si dice. La nostra missione per i giovani, soprattutto i più poveri, richiede alle nostre comunità un tipo di presenza e di atteggiamento globale verso i poveri stessi e verso il movimento (più o meno organizzato) con cui essi tentano di conquistare i loro diritti ad una vita più umana. Come religiosi dobbiamo testimoniare lo spirito delle beatitudini: il Signore ci ha dato questa speciale vocazione, e gli uomini esigono da noi questo servizio. Perciò l'impegno nostro per la giustizia nel mondo non deve offuscare mai la chiarezza di questa testimonianza, che ognuno realizzerà secondo il dono ricevuto dallo Spirito. La nostra testimonianza-servizio per la giustizia sorge dalla carità e mira ad una più profonda comunione tra gli uomini.


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c) Un'azione efficace per l'avvento della giustizia in coerenza con gli orientamenti della Chiesa locale e della nostra Congregazione.


Precisiamo subito che il nostro impegno per la giustizia nel mondo non significa affatto un impegno di partito, che compete ai laici e non ai religiosi o ai sacerdoti.(149) In questo campo sorgono necessariamente divergenze e contrasti, e gli educatori e i pastori non possono compromettere la Chiesa in tali opzioni, anzi hanno il dovere di curare l'unità del popolo di Dio.(150) ciò impedisce (anzi esige) che come Gesù Cristo e la Chiesa, anche noi ci dedichiamo di preferenza a servire con predilezione coloro che soffrono, i poveri e gli oppressi, i quali per tanto tempo son vissuti in situazioni apertamente contrarie alla loro condizione e dignità di figli di Dio.(151) L'anelito ad una giustizia nel mondo non scaturisce in noi dall' odio di classe, né propugna un'azione violenta, ma rimane espressione di carità attinta dalle sorgenti evangeliche. L'azione specificamente cristiana dei fedeli per la giustizia è nel loro modo di vivere il Vangelo (nelle famiglie, sul lavoro, nelle scuole, nella vita sociale, culturale e politica). E' evidente che l'educazione, ossia la formazione dei cristiani, rappresenta il prioritario contributo della Chiesa. Ma un'autentica educazione rifiuta qualsiasi dicotomia tra fede e vita, non è: un'informazione, ma cambiamento del cuore verso la giustizia e verso l'amore di Dio e dell'uomo; e non ammette compromessi con istituzioni che non sono al servizio della giustizia e lo sviluppo integrale. Essa deve rendere gli uomini capaci di analizzare e criticare le situazioni ingiuste che esistono nella loro società, cercando nuove forme di vita collettiva. Deve, altresì, consentire una liberazione degli uomini dalla manipolazione tramata ai loro danni e rendere gli stessi davvero padroni del proprio destino.(152) Mettiamo in risalto alcuni aspetti che interessano particolarmente noi salesiani ora a livello della Congregazione come tale, ora a livello di comunità ispettoriale locale, ora a livello individuale.


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1) Scegliamo la linea del progresso dei popoli. La lotta contro il sottosviluppo appartiene all'essenza stessa della Congregazione salesiana. Essa si sente quindi impegnata a fondo in questa lotta. Ma lo deve fare secondo il suo carisma, cioè nella linea, nello stile, nello spirito di Don Bosco, e quindi con coraggio, con intelligenza, con realismo, e sempre con carità... E' e deve essere un principio vitale saturo di implicanze che si deve tradurre in linea di azione.(153)


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2) Rifiutiamo ogni compromesso con qualsiasi forma di ingiustizia sociale(154) e ogni collusione con la ricchezza e la potenza,(155) E' la forma più elementare di testimonianza evangelica per una società più giusta. Nella predicazione, nella catechesi orale e scritta, nelle relazioni pastorali, dobbiamo avere il coraggio di denunciare le ingiustizie e di ricordare tutte le esigenze di un Vangelo che impegna la vita personale e collettiva.(156)


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3) Collaboriamo per la promozione del mondo operaio e degli emigranti. La nostra missione giovanile e popolare implica: un'attenzione per la realtà sociale e storica del mondo operaio; lo sforzo di scoprire i suoi valori educativi, umani ed evangelici; la preoccupazione di collaborare coi movimenti dediti all'evangelizzazione di questo ambiente, non trascurando che il valore principale a cui dobbiamo tendere è che i poveri stessi prendano responsabilmente in mano la loro promozione umana e cristiana. Analogamente collaboriamo con gli incaricati della pastorale degli emigrati. La nostra vocazione salesiana reclama la nostra presenza presso questi fratelli che aspirano ad una vita più umana in situazioni molto disagiate. Non sarà difficile a noi, Congregazione internazionale, di prestare un servizio qualificato soprattutto per l'assistenza e l'educazione dei figli degli emigrati.(157)


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4) Adottiamo uno stile di vita povera: liberarsi da una mentalità borghese.(158) Questo aspetto viene trattato ampiamente nel documento sulla povertà salesiana. Qui ricordiamo soltanto che la nostra povertà religiosa esige uno stile di vita austera che ci permetta di inserirci tra i giovani poveri sull'esempio di Cristo incarnato.


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5) Poniamo alcuni gesti profetici, che manifestino più chiaramente il nostro amore privilegiato per i poveri con modalità aderenti alla realtà di oggi. Paolo VI dice ai religiosi: Il grido dei poveri... induce certuni tra voi a raggiungere i poveri nella loro condizione, a condividere le loro ansie lancinanti.(159) Anche noi abbiamo molto bisogno di ciò che lo spirito vuol dirci attraverso la voce dei poveri. E' in accordo col nostro spirito e con la nostra missione oggi che alcuni di noi vadano a vivere tra i più poveri, se l'analisi comunitaria della situazione dimostra che questo è il modo più vero di lavorare, dal di dentro, alla loro formazione umana e alla loro evangelizzazione. Parimenti può essere opportuna l'esperienza di alcuni salesiani operai che vogliono raggiungere meglio gli operai, adulti e giovani, se questo modo di fare è richiesto dalle esigenze della missione locale> in coerenza con la pastorale d'insieme e in pieno accordo con la gerarchia. Tutto questo sia lasciato all'approvazione, e, meglio, alla iniziativa degli Ispettori e del Consiglio Ispettoriale, sempre in accordo con l'episcopato della Chiesa locale.


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d) Lo spirito apostolico del nostro impegno per la giustizia nel mondo


Il nostro impegno per la giustizia è un elemento della nostra missione, compiuta da gente consacrata a Dio, e in riferimento permanente al Vangelo. Quindi deve essere realizzato sempre in spirito autenticamente religioso e apostolico in stretta unione con l'evangelizzazione; infatti:


1) ha come sorgente e anima viva la carità del Cristo Salvatore;


2) ha come motivazione le esigenze del Vangelo e la volontà di soccorrere Cristo stesso nei poveri: avevo fame, mi avete nutrito;(160)


3) ha come SCOPO di cooperare alla missione della Chiesa che tende ad animare l' ordine temporale con lo spirito evangelico;


4) ha come effetto immediato cooperare alla manifestazione di un aspetto particolare dell'amore di Cristo e della sua opera di salvezza;


5) ha come stile quello di Don Bosco: una bontà dialogante fatta di ragione, religione, amorevolezza, per cui l'impegno per la giustizia nel mondo si pone nel contesto più ampio di una promozione integrale e di un'educazione liberatrice cristiana. Per questo l'annuncio esplicito del Regno viene fatto ad ogni uomo qualunque sia il suo livello di sviluppo umano.


In sintesi. La nostra vera missione richiede un doppio legame: non separare mai l'assistenza immediata ai poveri dall' opposizione alle cause esterne della povertà collettiva; e non separare questo sforzo di promozione umana dall'autentica evangelizzazione dei poveri e dei ricchi. In altre parole: non evangelizzare gli individui senza mirare all'evangelizzazione collettiva del loro ambiente.


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D) LAVORO INSERITO NELLA PASTORALE DELLA CHIESA LOCALE


La natura, L'ampiezza e la complessità della nostra missione richiedono che essa venga compiuta come un' opera d'insieme, in cui le diverse responsabilità sono esercitate in spirito di col laborazione. I confratelli chiedono con insistenza una inserzione più completa della nostra azione in quella della Chiesa locale,(161) e, all'interno delle nostre comunità, si augurano una cura più viva della corresponsabilità apostolica nel rispetto della figura e del compito particolare di ognuno, compresi i nostri collaboratori laici.


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1. La nostra missione è compiuta al servizio della Chiesa locale


a) Natura ecclesiale e missionaria della Chiesa locale


1) I singoli Vescovi sono il visibile principio e fondamento dell'unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale, e in essa e da esse è costituita l'una e l'unica Chiesa cattolica.(163) Ogni Chiesa particolare o locale concretizza per una porzione di credenti il mistero intero e la missione della Chiesa stessa. Ne consegue che la Chiesa locale è la prima e diretta responsabile e organizzatrice della missione per tale gruppo di uomini. Perciò il Vaticano II raccomanda ai religiosi di collaborare nei vari ministeri pastorali, tenute tuttavia presenti le caratteristiche di ciascun Istituto. Ed i Superiori religiosi, per quanto possono, stimolino i loro dipendenti a prestare tale collaborazione....(164) La esenzione permette ai religiosi di essere più disponibili per un gruppo di Chiese particolari con una presenza carismaticamente differenziata. Questo vuol dire che il nostro servizio salesiano si deve inserire nella pastorale della Chiesa locale. I giovani e gli adulti a cui siamo mandati sono membri del popolo di Dio: noi andiamo loro incontro e li accogliamo per educarli come membri della Chiesa locale.


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2) D'altra parte, una Chiesa locale non esiste soltanto per ragioni di praticità nell' organizzazione dell'annuncio evangelico e della vita cristiana, ma anzitutto per realizzare la cattolicità della Chiesa. Ha la funzione originale di ordinare a Dio le ricchezze umane di tale popolo e di farle servire a un'espressione particolare della grazia redentrice. Perciò occorre adattare la pastorale generale della Chiesa al carattere concreto e ai bisogni speciali di questo popolo, organizzandolo in una pastorale locale. Quindi la nostra pastorale giovanile aperta al ceto popolare, pur restando autenticamente salesiana, deve inserirsi nella pastorale d'insieme; deve prestare un servizio originale, ma anche deve ispirarsi, coordinarsi e realizzarsi in stretta collaborazione con tutti i responsabili della regione. L'unità della nostra missione qui si articola in un pluralismo di pastorali. L'equilibrio tra la fedeltà al nostro carisma e la disponibilità alla pastorale della Chiesa locale(165) darà ad ogni Ispettoria salesiana (o gruppo di Ispettorie) una fisionomia originale e una particolare unità pastorale.


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b) Inserzione del nostro servizio della missione della Chiesa locale


Il nostro lavoro è sempre servizio reso alla Chiesa locale, ma questo servizio può essere fatto sotto due forme principali.


1) Servizio pastorale nelle istituzioni pastorali stesse della Chiesa locale.


La Chiesa locale ha un livello più o meno alto di organizzazione nei diversi settori della pastorale (catechetica, liturgia, associazionismo, cura delle vocazioni, scuole, movimento ecumenico...).


Gruppi di Salesiani possono rendere alla Chiesa locale servizi validi mettendosi direttamente a sua disposizione nei settori che corrispondono alla loro missione: evangelizzazione dei giovani e degli adulti del ceto popolare. In alcuni ambienti sarà un gruppo che riceverà la responsabilità integrale di un servizio pastorale (come avviene per le parrocchie); altrove, invece, saranno singoli confratelli che, d'accordo con la comunità, porteranno il loro contributo in un servizio complesso.


La Chiesa locale inoltre deve garantire l'animazione evangelica delle realtà temporali. Ordinariamente questo compito è realizzato dai laici; ma può accadere che la presenza di religiosi o di sacerdoti venga riconosciuta opportuna o necessaria. Perciò alcuni salesiani possono essere chiamati sia per il servizio religioso dei movimenti apostolici di laici responsabili, sia per una presenza in istituzioni civili di educazione, di cultura, di servizio sociale..., soprattutto per la promozione dei più poveri.


Tutto questo viene indicato qui non per descrivere diverse forme possibili di apostolato salesiano, ma per sottolineare il modo corresponsabile e cooperante con cui compiamo la nostra missione nella Chiesa. In tali casi i salesiani saranno in collaborazione più diretta e permanente con i responsabili diocesani, dove spesso potranno trovarsi nella posizione più umile di servitori.


2) Servizio salesiano alle nostre istituzioni rispondenti alle necessità locali.


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Questo è il caso comune delle nostre opere attuali Qui basta ricordare che la nostra relativa autonomia (che ha i suoi vantaggi) non può mai significare autosufficienza pastorale, ma deve apparire come forma valida di servizio e partecipazione alla missione della diocesi o della religione. ciò è richiesto sia per la natura stessa dell' opera, che deve corrispondere a veri bisogni locali, sia per il modo di condurla, in coerenza, cioè, con la pastorale d'insieme. Di fatto capita spesso che una casa salesiana abbia confratelli che rendono queste due forme di servizio ecclesiale.


Perché il nostro inserimento nella pastorale d'insieme avvenga in forma di vera corresponsabilità, c'è da augurarsi che molti salesiani vengano scelti come membri dei Consigli presbiterali e pastorali.


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c) Coerenza del nostro servizio con quello delle altre forze salesiane nella Chiesa locale


E' un altro aspetto della corresponsabilità e della collaborazione, e una forma originale di lavoro nello stesso tempo salesiano e diocesano. Le FMA e le VDB sono al servizio della diocesi come noi. Per i Cooperatori Don Bosco dice: L'associazione avrà assoluta dipendenza dal Sommo Pontefice, dai Vescovi, dai Parroci, in tutte le cose che si riferiscono alla religione.(166)


Occorre formare i Cooperatori a prendere coscienza delle loro responsabilità salesiane e ecclesiali, perché compiano la missione salesiana in forme più ampie e più efficaci. Si pone il problema di un più organico collegamento tra le diverse forze salesiane di una zona nel contesto della pastorale d'insieme.


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2. La comunità salesiana è il primo titolare della missione


Ogni salesiano deve agire avendo coscienza di essere membro solidale coi suoi fratelli nel compimento della missione. Il nostro servizio pastorale si innesta sempre nella Chiesa locale; la comunità ispettoriale ha un particolare rilievo nella responsabilità del nostro lavoro apostolico; infatti costituisce l'unità istituzionale salesiana che corrisponde meglio a una Chiesa locale. In parecchi casi il raggruppamento delle Ispettorie di uno stesso paese o regione in Conferenze Ispettoriali riveste, dal punto di vista della missione da compiere, una speciale importanza; perciò, a questi livelli, si richiedono delle strutture valide di collaborazione, e, più ancora, una coerenza nelle prospettive e nel dinamismo pastorale. La comunità locale esprime la sua profonda unità attuando la comune missione con lo stesso spirito salesiano. Tuttavia i diversi tipi di servizio che ci vengono richiesti, e l'apporto personale di ogni confratello ci manifestano che questa unità della comunità è proprio il contrario della uniformità: è l'unità di un corpo organico, in cui ogni membro, solidale con gli altri, compie una sua funzione originale. La ricchezza e la varietà del servizio apostolico è fatta dall'incontro di funzioni complementari.(167) E' anche chiaro che l'appartenenza prioritaria alla comunità religiosa non impedisce l'appartenenza (con modalità diverse) ad altre comunità apostoliche, cosa che accade soprattutto nel caso di salesiani al servizio diretto di istituzioni pastorali della Chiesa locale.


CAPO TERZO

LO SPIRITO SALESIANO


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Cosa significa «spirito salesiano»


Nel Capo I sulla spiritualità della missione abbiamo notato che essa è costituita da un atteggiamento interiore di presenza a Dio e agli uomini, reso possibile soltanto dall'energia della carità diffusa dallo Spirito nel cuore dell'apostolo. E' a livello di questa carità pastorale, così come fu vissuta da Don Bosco in tutta la sua vita, che si pone questa presentazione dello spirito salesiano.


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1. Ogni istituto religioso ha un proprio spirito


Proponendo i principi generali del rinnovamento della vita religiosa, il PC 2 afferma: Torna a vantaggio della Chiesa stessa che gli Istituti abbiano una loro propria fisionomia ed una loro propria funzione. Perciò fedelmente si interpretino e si osservino lo spirito e le finalità proprie dei fondatori.... Il presente documento adopera la parola spirito nel senso globale incluso nelle espressioni di uso comune: spirito dei fondatori, lo spirito delle regole, ecc.(168) Sommariamente si può definire lo spirito salesiano il nostro proprio stile di pensiero e di sentimento, di vita e di azione, nel mettere in opera la vocazione specifica e la missione che lo Spirito non cessa di darci. Oppure, più dettagliatamente, lo spirito salesiano è il complesso degli aspetti e dei valori del mondo umano e del mistero cristiano (Vangelo anzitutto, Chiesa, Regno di Dio...) ai quali i figli di Don Bosco, accogliendo l'ispirazione dello Spirito Santo e in forza della loro missione, sono particolarmente sensibili, tanto nell'atteggiamento interiore quanto nel comportamento esteriore.


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2. Spirito «salesiano» oggi


Parlando di spirito salesiano, ci riferiamo prima di tutto al suo fondamento e alla sua origine che è lo spirito di Don Bosco (la sua vocazione, vita, opera e insegnamenti), poi allo spirito partecipato e vissuto storicamente nella sua famiglia (la vita e le sane tradizioni(169) dei salesiani), ed infine alla coscienza espressa dai Salesiani di oggi attraverso i CIS. E' difficile determinare lo spirito, realtà vivente incarnata necessariamente in un involucro storico e locale; però è possibile comprenderlo nella sua essenziale vitalità a partire dalla riflessione dei salesiani sulla loro esistenza: oggi lo spirito vive! In questa linea la consultazione generale fatta tramite i CIS è di una importanza difficilmente sottovalutabile.(170) Un'analisi frammentaria delle varie fonti potrebbe far pensare che gli elementi componenti lo spirito salesiano non siano originali e si ritrovino anche altrove; però, visti nel loro insieme e nelle modalità di incidenza di ognuno sugli altri, ce ne rivelano tutta l' originalità. La peculiarità dello spirito salesiano, mentre fonda la nostra unità, costituisce l'anima del rinnovamento postconciliare; non solo dei salesiani, ma anche di tutti i membri della famiglia salesiana.


N.B. Precisiamo che questo documento non intende dare una presentazione assoluta né definitiva dello spirito salesiano. Solo costituisce un tentativo di risposta ad una richiesta sentita oggi nell'insieme della Congregazione. L'esperienza e lo studio ci aiuteranno a completare il nostro sforzo.


A) LO SPIRITO SALESIANO NEL SUO ELEMENTO CENTRALE E NELLA SUA ISPIRAZIONE EVANGELICA


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1. Alla ricerca della ispirazione unificatrice


Capire uno spirito è comprendere una ispirazione organizzatrice, questa è come l'anima che pervade tutto il corpo e ne costituisce la complessa unità. Don Bosco è il santo in cui il tratto forse più stupendo è l'unità della persona, della vita e dell' opera. La sua personalità si costruiva armonicamente e progressivamente a partire dal nucleo dinamico. in cui lo Spirito del Cristo risorto Si incontrava con un cuore ricco e generoso. Tentiamo il delicatissimo sforzo di entrare nell'anima di Don Bosco per coglierne l'elemento più atto a spiegare l'uomo, l' opera e lo stile di vita.


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2. Il centro della personalità del salesiano e la fonte più profonda della sua unità


Al centro c'è il DA MIHI ANIMAS CAETERA TOLLE, cioè la carità, pervasa da. un fervore che .la porta a dedicarsi al bene degli altri, e in particolare della gioventù, per la gloria di Dio: proprio la passione apostolica tutta animata da ardore giovanile. Ora i Salesiani di oggi, come Don Bosco nella prima stesura del 1° articolo delle Costituzioni,(171) riferiscono questo zelo, come a sua fonte, al Vangelo, alla persona e al cuore di Cristo, apostolo del Padre, il cui riflesso di luce appare in Don Bosco.(172) In questo ritorno al Vangelo, i confratelli sono stati ispirati segretamente dallo Spirito Santo, esplicitamente dalla Chiesa Conciliare. Difatti i Salesiani ricevono dallo Spirito Santo il dono di una riscoperta delle stesse percezioni evangeliche di Don Bosco, cioè di un certo modo salesiano di intuire il volto e la missione di Cristo; il nostro patrimonio spirituale è prima di tutto in questa lettura del Vangelo. D'altra pare, lo slancio di rinnovamento che pervade la Chiesa ci permette di conoscere più profondamente il Cristo del Vangelo e il modo con cui Don Bosco l' ha compreso e imitato; questo ci rende capaci di riattualizzare le intuizioni evangeliche dello spirito salesiano e di potenziarle secondo le nuove possibilità e gli immensi bisogni del mondo odierno.(173) Queste realtà giustificano il nostro modo di esporre adesso le nostre maggiori percezioni evangeliche, partendo dalla nostra esperienza salesiana di fede e di carità.


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3. Filiale gratitudine al Padre per il suo disegno di salvezza.


Nello sua risposta di fede all'azione dello Spirito che vuole assimilarlo a Cristo Figlio, il salesiano scopre la paternità infinita di Dio e la sua generosità nel dare all'uomo una vocazione divina.(174) Vive quindi davanti al Padre celeste con un cuore ripieno di gioiosa gratitudine e di fiducia. Si sente anche chiamato ad essere il rivelatore di questo Padre, padre lui stesso dei suoi giovani, che vuole promuovere secondo tutta la loro dignità di figli di Dio. così il salesiano comprende più a fondo Don Bosco nella sua unione con Dio e nel suo senso straordinario di paternità.(175) Capisce anche il modello supremo di Don Bosco, il Cristo, nell'elemento più profondo della sua anima, la figliolanza, che lo spingeva a vivere sempre nell'intimità del Padre, a esultare di gioia davanti al suo disegno,(176) a vedere tutti gli uomini come figli del Padre. Il mondo attuale ha bisogno urgente di scoprire questo vero volto di Dio e questa vocazione filiale di ogni uomo.


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4. Amore privilegiato per i «piccoli» e i «poveri»


Docile all'azione dello Spirito che lo conduce a Cristo Salvatore e povero dei poveri, il salesiano sceglie oggi di nuovo di andare, con amore liberatore, ai giovani soprattutto poveri e alla gente umile, perché si è fatto sensibile tanto al valore decisivo dell'adolescenza, quanto agli appelli dei poveri. Guidato da questa esperienza, egli penetra nel cuore di Don Bosco totalmente dedito ai giovani poveri, nei quali vedeva la persona di Cristo. Penetra nel cuore di Cristo stesso, attirato in modo particolare dai piccoli e dai poveri, cioè da quelli che sentono i loro limiti e sono pronti a ricevere il Regno e la sua salvezza.(177) In un mondo in cui aumenta il numero dei giovani poveri, il salesiano capisce meglio l'importanza rinnovata della sua vocazione: render loro presente l'amore di Cristo.(178)


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5. Zelo per salvare l'uomo, sotto l'urgenza del Regno


Sotto l'influsso dello Spirito che vuole configurarlo a Cristo Servo zelante del Padre, il salesiano scopre con meraviglia di essere nelle mani di Dio uno strumento liberamente efficace per la salvezza dei bisognosi. Spinto dalla imminenza del Regno che ogni giorno viene, si dedica con ardore alla loro salvezza integrale ed accetta di essere consumato da questo lavoro. Scopre così, attraverso il cuore di Don Bosco, immenso come l'arena del mare, lo zelo struggente di Cristo, e percepisce il sentimento di urgenza con cui compiva le sue opere doppiamente salvatrici: Percorreva tutta la Galilea insegnando e guarendo,(179) Il mondo attuale ha molto acuito il senso di una storia che si costruisce con il lavoro febbrile di tutti in una città secolare; ciò rende urgente allo zelo apostolico l'annuncio del Regno.(180)


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6. Metodo del «Buon Pastore»


Spinto dallo spirito che vuole conformarlo al Cristo dolce e umile di cuore, il salesiano sceglie la carità come mezzo e metodo fondamentale del suo apostolato, conscio delle sue esigenze di contatto cordiale, di pazienza e di morte a se stesso, ma anche della forza vittoriosa del Risorto. In questa luce percepisce più chiaramente il metodo pastorale di San Francesco di Sales, a cui si è ispirato Don Bosco, promotore dell'amorevolezza instancabile e della familiarità, nomi salesiani della carità applicata ai giovani.(181) Scorge quanto questo metodo dei due Santi si ispiri direttamente al Cristo del Vangelo apparso in mezzo a noi come la bontà e la benignità umanizzata di Dio.(182) E' la figura di Cristo Buon Pastore (183) a cui i Salesiani di oggi sono particolarmente sensibili. Il movimento del dialogo cordiale con tutti, inaugurato dalla Chiesa di oggi, spinge il Salesiano a una più forte adesione al suo metodo proprio. In questo contesto ecclesiale e salesiano è da collocare la nostra fedeltà a uno stile educativo che Don Bosco stesso ha chiamato sistema preventivo.


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7. Desiderio di radunare i suoi nell'unità


Infine, illuminato ed animato dallo Spirito che lo unisce al Cristo Maestro dei discepoli, il salesiano sceglie di vivere in comunità fraterna in profonda amicizia coi suoi fratelli, e contribuisce con tutte le forze a costruire l'unità a tutti i livelli, specialmente raccogliendo i giovani abbandonati in una nuova famiglia. In questa luce e attraverso Don Bosco preoccupato dell'unità dei suoi figli nell'amore fraterno e nell'azione pastorale, raggiunge le intenzioni di Cristo Fratello ed Amico dei suoi apostoli, e allo stesso tempo Capo e Maestro.(184) Il Salesiano trova nell'ambiente attuale ragioni e appelli nuovi per impegnarsi di più nella ricerca di una fraternità apostolica. Il Concilio ha ridefinito la Chiesa come comunità di amore, a cui tutti sono chiamati. Le comunità religiose devono essere la manifestazione più credibile.(185)


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Sintesi. Queste cinque vive percezioni evangeliche non sono senza legami tra di loro. Paternità di Dio, preferenza per i poveri e i piccoli, mistero dell'apostolato, onnipotenza della carità pastorale, valore unico della comunità: tutto questo partendo da Cristo si riferisce all'amore salvatore di Dio visto nella sua sorgente, nei suoi destinatari privilegiati, nel suo strumento, nel suo metodo e nei suoi frutti.


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B) LO SPIRITO SALESIANO IN AZIONE


Alla luce di queste percezioni evangeliche che ispirano la carità pastorale del salesiano, vorremmo tentare di determinare i principali comportamenti nei quali essa si manifesta e si incarna ogni giorno. Questi atteggiamenti sorgono, maturano e si integrano vicendevolmente soprattutto nel contesto vitale di una comunità permeata di spirito di famiglia. Volendo percepire oggi lo spirito che vive tenteremo di descriverlo organicamente partendo da ciò che è più esterno fino a raggiungere il nucleo intimo. La carità pastorale ed evangelica ispira: 1) il nostro stile di azione; 2) il nostro stile di mutua relazione; 3) il nostro stile di preghiera o di relazione con Dio, che anima le due precedenti componenti. Questa presentazione coincide con il trittico della tradizione salesiana viva: lavoro, spirito di famiglia, preghiera.


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1. La carità evangelica ispira il nostro stile di azione


a) Operosità instancabile e rinuncie («Lavoro e temperanza»)


Lavoro e temperanza faranno fiorire la Congregazione(186) Il primo elemento dominante dello spirito salesiano è la prodigiosa attività sia collettiva che individuale.(187) Il salesiano si dà in un dono totale al suo compito apostolico. Per lui, religioso in maniche rimboccate, questo lavoro è, ad un tempo, mistica (lavoro di Dio), ascesi (accettazione di ogni sacrificio), e esigenza di consacrazione nella libertà gioiosa che nasce dalla castità, dalla povertà e dalla ubbidienza. Questo atteggiamento mette il salesiano in sintonia con l'uomo di oggi che ha coscienza di essere homo faber, trasformatore del mondo e attore della storia. Con la sua fatica di lavoratore del Regno, si impegna a dare il suo contributo per animare cristianamente questo movimento.


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b) Creatività e flessibilità di fronte alle urgenze


Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano,(188) Come Don Bosco, il salesiano comincia la sua azione partendo dall'attenzione al reale. Vuole che le sue opere siano risposte adeguate e tempestive ai bisogni del momento e del luogo. Di qui il suo spirito di iniziativa e di inventiva; il suo impegno nell'affrontare i problemi e ricercare le soluzioni, la sua costanza nel voler superare le difficoltà; di qui ancora l'audacia di opere e di metodi che lo spinge ad usare i mezzi più efficaci e moderni. Comprende che l'adattamento è sempre da rifarsi secondo il ritmo dell'evoluzione storica, oggi rapida, soprattutto nel mondo giovanile. Anche qui il salesiano si trova d'accordo con l'uomo contemporaneo, preso nel movimento accelerato della storia e attento a rispondere agli appelli che lo lanciano verso l'avvenire.


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c) Senso della crescita e dell'unità della Chiesa


Qualunque fatica è poca quando si tratta della Chiesa e del papato,(189) Don Bosco viveva immerso nella realtà ecclesiale del suo tempo. Il Salesiano, cosciente che la Chiesa è il sacramento di salvezza, partecipa attivamente alla pastorale della Chiesa locale; è aperto ai problemi della Chiesa universale; manifesta sincera venerazione ai vescovi e particolarmente al Papa, segno vivo dell'unità della Chiesa. Nel desiderio ardente di far crescere il Corpo di Cristo, egli sente più urgenti i problemi riguardanti le vocazioni sacerdotali e religiose, l'animazione dei laici all'apostolato ed al lavoro per le missioni; e nel desiderio che si risponda meglio agli immensi bisogni della gioventù, cerca una comunione viva e una collaborazione attiva cogli altri gruppi della Famiglia Salesiana.


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2. La carità evangelica ispira il nostro stile di mutue relazioni


a) Amorevolezza casta e virile


Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati,(190) L'azione apostolica mette il salesiano in contatto con molte persone: confratelli, giovani, adulti; perciò egli chiede allo Spirito Santo il dono della simpatia, modellata sulla mitezza del cuore di Cristo. Coltiva il senso del contatto concreto con ciascuna persona (fosse anche il più timido dei ragazzi), disposto sempre a fare il primo passo, ad avvicinare tutti con rispetto, con il desiderio di comprendere e di aiutare, con la gioia di essere presente (in questo contesto si capisce il vero senso della assistenza salesiana) tra i giovani poveri e abbandonati. E' questa la amorevolezza salesiana: un vero affetto fatto ad un tempo di calore umano e di delicatezza soprannaturale.(191) può superare la ricerca egoistica di Sé, perché ha promesso una castità totale, generosa, senza nessun compromesso. Essa si irradia nel metodo educativo salesiano in modo da poter diventare per i giovani esempio trascinante. Nell'atmosfera odierna impregnata di erotismo, l'impegno del salesiano è un contributo per una azione liberatrice mediante il suo messaggio e la sua mistica di purezza che orienti e promuova tutte le forze dei giovani verso un amore autentico.(192)


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b) Spirito di famiglia


Quando l'affetto ottiene la reciprocità si crea una vera comunità (sia religiosa tra i confratelli, sia educativa con i giovani) di carattere familiare. La mutua confidenza si esprime in una intensa intercomunicazione nel bisogno e nella gioia di condividere tutto, e in relazioni regolate più dall'appello alle capacità interiori di ognuno (affetto, ragione, libertà, fede) che dal ricorso alla legge e alla autorità.(193) Di qui uno stile familiare di autorità e di obbedienza, e una coesione fraterna nell'azione. A Dio non piacciono le cose fatte per forza. Egli, essendo Dio d'amore, vuole che tutto si faccia per amore (194) Il nostro spirito di famiglia offre una valida risposta a due appelli del mondo moderno, soprattutto giovanile: il riconoscimento del valore della propria personalità, e l'ansia di vivere una esperienza di vela fraternità.


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c) Ottimismo e gioia


Niente ti turbi! Sii allegro, diceva spesso Don Bosco. Il vero salesiano non si lascia mai scoraggiare dalle difficoltà che incontra: Tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (195) Il suo umanesimo ottimista, ispirato a San Francesco di Sales, lo porta ad apprezzare tutto ciò che è umano e ad avere fiducia nelle risorse naturali e soprannaturali dell'uomo, pur non ignorando le sue debolezze (soprattutto quelle dei giovani). Sa cogliere ed apprezzare tutti i valori presenti nel mondo e nella storia; rifiuta di gemere sul proprio tempo, ritiene tutto quello che è buono,(196) soprattutto se piace ai giovani. In uno stile di vita semplice nello sguardo e nei contatti, egli nutre una gioia permanente, dote necessaria all'educatore dei giovani, ed esprime, nei limiti del possibile, un temperamento felice, ma più ancora una fede radiosa: il frutto dello Spirito è carità, gioia, pace.(197) Nel contesto odierno, nel quale i giovani son diventati spesso scettici, tristi e talvolta disperati, oppure ingenuamente ottimisti di fronte al futuro, la gioia del salesiano, con tutto il suo realismo, serve a dare incoraggiamento agli uni e a ricondurre alla realtà gli altri.


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3. La carità evangelica ispira il nostro stile di relazione con Dio


a) Preghiera semplice e vitale


Noi lavoriamo contemplando. Noi siamo attivi e contemplativi. Don Bosco era così.(198) Il salesiano percepisce Dio molto vicino, presente in tutti gli avvenimenti, e quindi intrattiene con Lui un dialogo col cuore, quasi continuo, semplice e filiale. Le sue pratiche di pietà sono poche, quelle proprie di un religioso di vita attiva; ma coltiva soprattutto lo spirito di pietà e l'unione con Dio. E' un contemplativo nell'azione, dove percepisce il senso profondo del mistero incluso nel suo apostolato. Il Concilio ha rilanciato il messaggio di San Paolo riguardo al culto spirituale che comprende l'intera vita del fedele: il lavoro salesiano, lavoro santificato, trova in questo messaggio un motivo di approfondimento illuminato.(199)


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b) Apertura viva al mondo sacramentale


L'eucaristia è centro e culmine della vita del cristiano, come pure forza di coesione e nucleo dinamico della comunità. E' incontro con la pienezza di quello stesso mistero di salvezza al cui servizio spende la vita. Su questa verità è particolarmente fondata la vita del salesiano. Dal mistero eucaristico traggono origine lo slancio e la ricchezza di ogni sua attività. Per questo il salesiano coltiva il senso della celebrazione liturgica e delle sue esigenze tanto di interiorità quanto di bellezza esteriore, consapevole che i giovani sono attratti dallo splendore e dalla verità delle celebrazioni.(200) Nel sacramento della Penitenza, il salesiano incontra il Cristo che gli perdona e gli infonde il senso della permanente necessità dello spirito penitenziale, non soltanto per i suoi peccati, ma anche per i peccati dei giovani, nell'espiazione dei quali vuole prendere solidariamente la sua parte. La frequente confessione e la frequente comunione... sono le colonne che devono reggere un edificio educativo.(201)


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c) Fiducia speciale in Maria


Maria Santissima è la fondatrice e sarà la sostenitrice delle nostre opere.(202) Il salesiano è convinto del ruolo indiscutibilmente speciale che Maria, sempre serva di Dio e cooperatrice del suo Figlio, ha avuto nella vita di Don Bosco e della Congregazione. E' la Madre vigilante dei suoi giovani e la loro educatrice interiore. E' inoltre la sua Madre; ha quindi per Essa, in quanto Immacolata e Ausiliatrice, una devozione tenera e virile, semplice e vera, illuminata e dinamicamente pratica. La prospettiva mariologica aperta dal Vaticano II, che inserisce il mistero di Maria in quello di Cristo e della Chiesa, offre al salesiano una solida base teologica per rinnovare e intensificare la sua tradizionale devozione mariana, in quanto mostra Maria Immacolata assunta alla pienezza escatologica del Cristo, e con Lui Ausiliatrice realmente impegnata nella storia per la salvezza dell'uomo. - Non possiamo infine dimenticare il contenuto pedagogico di questi elementi dello spirito salesiano. La sua ricchezza, dono dell'unico Spirito, deve diffondersi con attiva fecondità tra i destinatari della nostra missione apostolica.


CAPO QUARTO

LA NOSTRA CONSACRAZIONE RELIGIOSA


PREMESSA


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La missione salesiana è vivificata dalla consacrazione religiosa


La missione che ci è stata assegnata dal Signore ha un obiettivo che supera le nostre forze. Sappiamo però che Iddio, dandoci una missione, ci abilita a compierla con efficacia. E' in questo ambito dell'iniziativa generosa di Dio che dobbiamo ripensare oggi la nostra consacrazione religiosa. Chiamandoci alla missione salesiana nella vita religiosa, il Signore attua il suo patto di alleanza con noi attraverso un legame peculiare di consacrazione che pervade tutto il nostro modo cristiano di essere e di agire. Tale consacrazione comporta uno stile di totalità nel Cristo per cui la maniera di essere suoi discepoli e la capacità di essere suoi collaboratori si arricchisce di un valore speciale di segno e di efficacia. Questo però non è qualcosa di estraneo alla consacrazione battesimale, ma un modo di vivere l'impegno del battesimo, in una delle diverse e complementari vocazioni cristiane, tutte suscitate dallo Spirito. Non ci sono due piani di tale vocazione: quello della vita religiosa un po' più alto, e quello della vita cristiana un po' più basso. Per chi è religioso, testimoniare lo spirito delle beatitudini colla professione dei voti è la sua unica maniera di vivere il battesimo e di essere discepolo del Signore, compiendo così un servizio differenziato nella missione globale della Chiesa. In tale vocazione, consacrazione religiosa e missione apostolica si compenetrano in forma inseparabile. Sono elementi essenziali della nostra identità nella Chiesa; e per questo ritrovare il senso vivo di tutti e due e della loro unità vivente interessa direttamente il nostro rinnovamento. Concepire la missione salesiana prescindendo dalla nostra consacrazione religiosa, o questa consacrazione prescindendo dalla missione sarebbe una irreparabile perdita di identità. Vogliamo quindi approfondire l'intimo legame di questi due aspetti, considerando:

A) la consacrazione religiosa nel mistero della Chiesa;

B) la consacrazione religiosa dei Salesiani di Don Bosco nell'esercizio della loro missione.


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A) LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA NEL MISTERO DELLA CHIESA


E' il mistero di Cristo e della sua Chiesa che dà alla nostra consacrazione il suo senso e il suo valore.


1. Senso fondamentale della consacrazione in contesto cristiano


Essa è insieme un atto della libera iniziativa di Dio e un atto della libera risposta dell'uomo. Due atti correlativi quindi, che però non possono essere messi sullo stesso piano né ricevere la stessa forza. Consacrare è proprio un atto di Dio. Non è un gesto magico o un semplice rito che tenta di superare il dualismo tra sacro e profano: si tratta di una relazione personale. Il Dio tre volte santo, a per il beneplacito della sua volontà (203) e secondo il suo piano di salvezza del mondo, prende l'iniziativa di entrare in dialogo con l'uomo per farne un suo interlocutore e un suo collaboratore: la consacrazione è proprio questo legame originale che Dio propone all'uomo, aspettando la sua libera risposta. Sotto l'impulso dello Spirito, L'uomo accetta questo legame che lo trasforma: dona a Dio la totalità del suo essere e del suo agire, per collaborare alla salvezza di tutti In senso largo, si può dire che si consacra a Dio; però l'impegno spirituale e morale della sua risposta non ha lo stesso carattere dell'atto divino. E' quindi meglio dire che a si dona a Dio, in un impegno che non è mai realizzato automaticamente, ma che esige una volontà di donazione continuamente rinnovata: infatti potrebbe essere infedele, anche rimanendo sempre consacrato dalla fedeltà di Dio. così la consacrazione si presenta legata al mistero dell'alleanza. In essa convergono in modo meraviglioso due atti di amore, correlativi, ma in una subordinazione: Dio consacra a Sé, l'uomo si dona a Dio.


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2. Gesù è il «Cristo»


Gesù presenta in Sé la pienezza della consacrazione, perché realizza nel suo essere di Figlio incarnato la Nuova Alleanza stessa. La rivelazione ci dice che a il Verbo si è fatto carne: la Persona divina del Verbo ha pienamente assunto la natura umana. Ma Colui che si è incarnato è e rimane il Figlio del Padre: la Sacra Scrittura presenta Gesù come Colui che il Padre ha consacrato a Sé, unto e sigillato come suo Figlio nello Spirito, in un modo così radicale e completo che Gesù riceve il nome di Consacrato-Unto: è il Messia, il Cristo. Il fatto più significativo è che questa consacrazione di Gesù è intimamente ordinata alla sua missione di Salvatore. Riceve l'unzione dello Spirito per essere il Servo di Jahve;(204) questa unzione arricchisce la sua natura umana di ogni capacità, anzi della stessa energia divina, di cui il Cristo avrà bisogno per realizzare nella storia la salvezza degli uomini. Questo compito è così legato al suo essere che viene espresso nel suo stesso nome: Gesù, perché è Lui che salverà il suo popolo dai suoi peccati (Mt 1,21). Con profonda intuizione, la tradizione ha unito indissolubilmente i due termini in un solo nome proprio: Gesù Cristo. Il Vangelo ci attesta che nel cuore di Gesù non c'è nessun dualismo tra a essere Figlio di Dio e a agire per gli uomini. Al contrario: vive con la coscienza permanente di essere il Figlio mandato come Servo: Lo Spirito del Signore è sopra di me, giacché Egli mi ha consacrato attraverso l'unzione e mi ha inviato per portare la buona novella ai poveri.(205) La stessa compenetrazione dei due aspetti si verifica nella risposta perfetta che Egli dà al Padre: vive da Figlio nell'intimità con Lui, ma sempre da Figlio obbediente, che anela arrivare alla sua ora pasquale, in cui il dono di Sé sarà supremo e totale. Il suo amore per il Padre è la sorgente stessa del suo amore salvatore per gli uomini. Insomma c'è una mutua e intrinseca funzionalità tra la consacrazione realizzata nell'incarnazione e la missione compiuta nella redenzione; la missione motiva la consacrazione, le conferisce la sua storicità e dinamicità (e in questo senso ha una priorità), mentre la consacrazione risolve le richieste e le angustie che emergono dalla missione e le apporta l'energia salvatrice di Dio (e in questo senso appare come principale).


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3. La consacrazione battesimale e le diverse vocazioni cristiane.


La Chiesa, Corpo di Gesù, partecipa della sua consacrazione e missione. Essa è simultaneamente la Sposa che il Cristo ha consacrato e unito a Sé(206) e la Sposa resa feconda, la Madre dei discepoli, inviata a tutti gli uomini. Unita a Cristo, anch'essa viene consacrata e mandata dal Padre: Popolo della nuova Alleanza, acquistato da Dio, Nazione consacrata, votata alla sua gloria.(207) così la presenta il Concilio, mettendo in rilievo la sua unione col Cristo risorto e il suo compito di essere il segno e lo strumento (sacramento) universale del Regno. A sua volta, ogni membro della Chiesa partecipa necessariamente alla sua consacrazione e missione. E' questo il senso dei due fondamentali sacramenti del battesimo e della confermazione, e del loro carattere: ogni battezzato e cresimato diventa cristiano e riceve la sua missione di contribuire alla funzione sacramentale della Chiesa, cioè di testimoniare, in quanto segno del mistero di Cristo, e di servire, in quanto strumento della sua comunicazione agli uomini. E' chiamato a realizzare questa vocazione battesimale colla carità evangelica, ispirata alle beatitudini: un unico comandamento, l'amore filiale per il Padre e fraterno per il prossimo, sull'esempio di Cristo, è per tutti i battezzati l'unica strada verso la stessa santità. però tutto questo non si esplica in modo uniforme, ma secondo una varietà di vocazioni concrete. La Chiesa difatti è una realtà organica, le cui funzioni sono complesse, ed è animata dallo Spirito Santo, che vuole sempre arricchirla e rinnovarla. così si può parlare di forme subordinate di consacrazione, distinte da quella battesimale, anche se innestate su di essa, e di espressioni diverse della santità cristiana: qui si colloca la nostra consacrazione religiosa.


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4. La consacrazione religiosa


a) Una forma eminente di carità evangelica, mediante la pratica dei consigli.


Il Concilio caratterizza la consacrazione religiosa dicendo che essa opera un radicamento interiore più profondo (Intimius consacratur, intime radicatur) e una espressione esteriore più ricca (plenius exprimit) della consacrazione battesimale.(208) Il religioso è colui che, spinto dallo Spirito Santo, vuole intensificare al massimo la sequela del Cristo secondo il Vangelo, nella ricerca dell'amore. In questo slancio dell'anima che prende tutta la persona per metterla a disposizione di Dio, egli sceglie un progetto di vita originale: fare dei consigli evangelici la sua professione, il suo impegno principale nella Chiesa. Delle tre realtà del celibato, della povertà e dell' obbedienza, egli fa tre mezzi convergenti per entrare più profondamente nel mistero della Pasqua del Signore, e così amare più direttamente e più intensamente Dio e il prossimo, e partecipare di più alla missione del Regno. Esprime questo impegno con voti o altri legami simili(209) che la Chiesa accoglie nel nome di Dio.(210)


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b) Un modo di praticare i consigli che suscita una forma di vita nuova e una missione speciale nella Chiesa.


Il membro di un Istituto secolare professa i consigli evangelici in un modo discreto, quasi invisibile, come un fermento nascosto immesso nella pasta del mondo.(211) Il religioso invece li professa in maniera visibile, rinunciando alla forma di vita abituale e ai valori che essa include, per instaurare in piena libertà una forma nuova di vita in cui i valori trascendenti del Regno prendono un rilievo nuovo, in qualche modo istituzionale, e dove la carità trova condizioni privilegiate per svilupparsi. così questa novità sbocca necessariamente nella formazione di un gruppo sociale particolare: la comunità fraterna fondata sulla comune sequela del Cristo secondo il Vangelo. Insomma la vita religiosa è un nuovo tipo di esistenza in cui tutto lo spirito del Vangelo si esprime in strutture di vita anche dettate da esso. Raggiunge proprio il genere di vita verginale e povero che Cristo Signore si scelse per Sé.(212) La Chiesa accoglie con gioia questo tipo di esistenza cristiana consacrata: dichiara che appartiene fermamente alla sua vita e alla sua santità(213) e gli riconosce una funzione unica e insostituibile nella sua missione di segno e strumento della salvezza universale. La comunità religiosa invero, per la sua stessa originalità, esprime visibilmente il mistero ecclesiale della salvezza: mostra la realtà e la potenza della grazia del Cristo risorto, capace di riunire gli uomini attorno a Lui, in una umanità nuova, secondo gli stessi principi che reggeranno la comunità eterna. Questa funzione di essere i segni escatologici del Regno, i testimoni della Città di Dio, il Concilio l' ha espressa fortemente;(214) e Paolo VI la sottolinea anche nella sua esortazione,(215) Poiché è diventata più urgente nella nuova città secolare che rischia di dimenticare il suo ultimo destino e il bisogno che ha del Cristo per la rettitudine dei suoi impegni temporali. Questa testimonianza eccezionale (Paolo VI) è dunque il servizio fondamentale che tutti attendono dai religiosi. Le verità precedenti fanno vedere quanto la vita religiosa ha la capacità di mettere in rilievo le dimensioni stesse dell'esistenza battesimale: 1) cristologico-teologale: è attraversata da uno slancio potente di amore verso il Cristo e il Padre; 2) ecclesiale: è per gli uomini un segno del mistero della Chiesa e prende viva parte alla sua missione; 3) escatologica: afferma che il dinamismo della pasqua di Cristo opera nella storia umana.


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c) Valore sempre valido dell'impegno definitivo


E' importante sottolineare oggi una caratteristica della consacrazione religiosa: il suo aspetto di scelta definitiva tradotta in uno stato di vita. L' opzione vocazionale fatta dal religioso nella professione perpetua dei voti è messa in crisi dall'attuale processo di secolarizzazione. Le scienze antropologiche hanno fatto non poche critiche, talvolta utili e oggettive, alla vita religiosa. però qualcuno è andato oltre, fino ad affermare che la consacrazione religiosa non può essere, di per Sé, che temporanea. Senza dubbio ci possono essere degli impegni religiosi temporanei degni di ogni lode; ma in tali casi, non si tratta di una opzione fondamentale propria della essenza stessa della consacrazione religiosa. Nella professione dei voti perpetui, non si realizza soltanto un atto; bensì si assume un progetto di tutta la vita per amore del Regno di Dio, i cui valori trascendono per se stessi ogni situazione transitoria. E' espressione di forte personalità sapersi impegnare per tutta la vita. Per questo precisamente tali vocazioni suppongono un dono particolare del Signore. E' vero che la libertà umana può distruggere oggi ciò che ha edificato ieri, e a sono dei casi in cui un religioso può e deve cambiare il suo stato di vita. La grandezza della libertà personale non è la sua indifferenza o la possibilità di cambiare, ma l' opzione dei grandi valori e la fedeltà nel viverli; e la fedeltà ha la sua piena espressione nel donare se stesso fino alla morte. Essere persona è essere fedele. Come si spiegherebbe altrimenti la vita di Cristo, dei suoi apostoli, dei santi? Se Don Bosco avesse pensato che la sua vocazione era momentanea e da riconsiderare alla luce di altri valori scoperti più tardi, non avrebbe approfondito il contenuto dei valori supremi già scelti e non avrebbe trovato mai l'energia eroica per superare tante difficoltà nella vita.


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5. I religiosi di vita attiva


La vita religiosa, modo speciale di vivere la consacrazione battesimale, comporta una diversità di realizzazioni concrete, secondo la diversità dei carismi. Nulla di più equivoco oggi che questi studi di carattere generale sui diversi aspetti della vita consacrata che non sottolineano la varietà di applicazione che suppone la vita monastica o la vita degli Istituti votati all'apostolato.(216) Ora la nostra Congregazione è un autentico istituto religioso, ma di vita attiva: accoglie quindi pienamente le caratteristiche della consacrazione religiosa, ma le vive secondo la propria vocazione di servizio della gioventù povera. E' chiaro che questo comporta aspetti nuovi di particolare importanza per il rinnovamento.


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a) L'aspetto particolare degli istituti «di vita attiva»


Il Concilio ha espresso con formule felici l' originalità degli Istituti di vita attiva: sono votati alle diverse opere di apostolato.(217) All'interno della vocazione generale di tutti gli Istituti, questi hanno una loro missione più specifica: compiere nella Chiesa un servizio pastorale o caritativo preciso, secondo il carisma proprio ricevuto dallo Spirito. L'attività apostolica non costituisce per loro un fatto diffuso o marginale: è riconosciuta nella sua nobiltà e utilità speciale: Rientra nella natura stessa della vita religiosa in quanto costituisce un ministero sacro e un' opera di carità che sono stati loro affidati dalla Chiesa.(218) Difatti essa concentra l'interesse di questi religiosi, riempie le loro giornate, detta loro un determinato stile di vita attiva, in una parola realizza l'unità concreta di questo genere di esistenza cristiana. Questo fatto introduce una novità nelle relazioni tra i due aspetti di testimonianza e di servizio che la vita religiosa compie in partecipazione alla missione ecclesiale di segno e di strumento della salvezza. Mentre la pura testimonianza brilla negli Ordini contemplativi o monacali, nelle Congregazioni di vita attiva l'accento viene messo sul servizio effettivo; presso queste ultime la stessa testimonianza si esprime attraverso il servizio più ancora che attraverso uno stile religioso della vita.


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b) La vita «religiosa» viene vissuta nel servizio apostolico


L'azione apostolica attira a Sé non solo una parte della funzione di testimonianza, ma la vita religiosa stessa. Gli Istituti di vita attiva rimangono autentici istituti religiosi; però le esigenze evangeliche, la ricerca dell'amore perfetto, la pratica dei consigli, la comunione fraterna, ecc. sono vissute nel contesto e secondo le esigenze dell' opera apostolica da compiere e che apportano ad essa il loro eminente valore. Se l'azione pastorale o caritativa diviene l'anima, la vita religiosa diventa apostolica, e l'apostolato diventa religioso in quanto impegnato ad accentuare lo spirito di trascendenza e di ricerca di Dio. C'è insomma integrazione vitale tra i due elementi, influsso dell'uno sull'altro, osmosi e arricchimento mutuo, come l'afferma la famosa formula conciliare: tutta la vita religiosa dei membri sia compenetrata di spirito apostolico, e tutta l'azione apostolica sia animata di spirito religioso.(219)


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Ne consegue che i religiosi attivi, purché siano fedeli al loro carisma e alla loro vera identità nella Chiesa, sono capaci di realizzare la loro unità vitale nel movimento di un solo dinamismo: raggiungono la loro santità personale e compiono la loro testimonianza religiosa nell'esercizio soprannaturale del loro apostolato. Nella ricca sintesi della loro vocazione, la loro dedicazione a Dio è religiosa-apostolica; e con la loro professione, si impegnano a seguire Cristo nel suo esercizio attivo del Padre come nella piena libertà di questo servizio mediante la verginità e la povertà. Nello slancio di un unico amore, Dio è riconosciuto e servito come Principio e Fine tanto nell'azione apostolica quanto nelle osservanze religiose che la sostengono. Tutto questo vale per 12 vita attiva dei Salesiani di Don Bosco.


B) LA CONSACRAZIONE RELIGIOSA DEI SALESIANI NELL'ESERCIZIO DELLA LORO MISSIONE


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1. Don Bosco, fondatore di un istituto religioso di vita attiva.


Don Bosco è stato chiamato da Dio per realizzare nella Chiesa un servizio apostolico giovanile e popolare. In questo clima ha vissuto i vari doni ricevuti dal Signore: la sua consacrazione sacerdotale, il suo carisma di fondatore, ma anche una donazione di Sé a Dio secondo il più autentico spirito evangelico. Illuminato dallo Spirito e seguendo i consigli di persone competenti,(220) egli volle chiaramente che i suoi più intimi collaboratori fossero impegnati nell'attuazione della loro missione con la consacrazione religiosa.(221) fondando la Società di San Francesco di Sales (18 dic. 1859), non ebbe altro scopo che dare alla Chiesa apostoli totalmente consacrati nel loro servizio ai giovani.(222)


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L'impegno del nostro rinnovamento richiede che siano chiarite le ragioni per cui Don Bosco ha legato al servizio dei giovani poveri la vita evangelica religiosa. Di per Sé, infatti, non c'è legame assoluto: ci si può dedicare alla gioventù abbandonata, anche ispirandosi allo stile salesiano, senza essere religiosi, ed è in particolare il caso dei nostri collaboratori laici e di molti cooperatori.


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Le ragioni del legame assoluto, per noi, sul piano dell'esistenza concreta, sembrano venire da due punti di vista. In primo luogo, bisogna affermare che si tratta di un problema vocazionale: non è una ideologia, ma l'iniziativa gratuita dello Spirito Santo che ha spinto Don Bosco a fondare una società di educatori evangelici, in cui lo stile della vita attiva veniva animato dalla più autentica consacrazione religiosa. E questo fatto si ripete per la vocazione di ognuno di noi: un'autentica chiamata ci impegna all'unico e ricco progetto di vita religiosa attiva salesiana, senza che un aspetto venga esaltato a scapito dell'altro.


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Ma c'è anche un'altra ragione, in qualche modo inclusa nella precedente. Nel suo zelo, Don Bosco voleva che i suoi salesiani fossero pronti ad impegnarsi a fondo per salvare effettivamente migliaia di giovani, in un' opera stabile e destinata a durare. Ora lo Spirito Santo gli ha fatto percepire, attraverso l'esperienza, tutte le risorse obiettive e le promesse di fecondità della vita evangelica consacrata a questa missione. Difatti la vita religiosa sia nella sua realtà istituzionale, sia più ancora nel suo dinamismo interiore tende a rafforzare la qualità e l'efficacia della nostra azione apostolica e dello spirito che la caratterizza. Tra questi due aspetti, ci sono affinità profonde, molteplici convenienze,(223) una coerenza interna, uno stesso orientamento dinamico di fondo verso Dio, che spiegano l'unità concreta della vita salesiana.


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2. Come la consacrazione evangelica, coi suoi valori propri, anima la nostra missione


Un testo conciliare può appoggiare la nostra riflessione; parlando della professione dei consigli evangelici, vi si spiega come essi contribuiscono allo sviluppo della persona: I consigli ... 1) giovano non poco alla purificazione del cuore e alla libertà spirituale; 2) tengono continuamente acceso il fervore della carità; ... 3) hanno soprattutto la forza di maggiormente conformare il cristiano al genere di vita verginale e povera che Cristo Signore si scelse per Sé.(224) Un altro testo interessante(225) indica quattro benefici apportati ai membri dell'istituzione religiosa: stabilità, dottrina, comunione fraterna, libertà.... Nel caso della vita attiva, tutti questi apporti positivi si riversano sull'esercizio della missione. Raggruppiamoli attorno alle tre serie di valori riconosciuti, sopra, alla consacrazione religiosa.


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a) La consacrazione evangelica anima con i suoi valori cristologicila nostra missione


La missione che compiamo verso i giovani e gli adulti è ben altra cosa che un' opera filantropica. E' una impresa divina, che suppone in noi un senso radicale di Cristo-Dio e del suo Regno. Tutto viene da Lui che ci manda come semplici servitori e ci anima colla sua propria carità per il Padre e per le anime. E tutto va verso di Lui, perché lo scopo specifico del nostro lavoro educativo è di condurre i giovani al Cristo e al suo Padre. Non è certamente necessario essere religiosi per avere tale senso e amore di Dio e della sua gloria. Il Concilio afferma per esempio che il prete secolare trova nella sua consacrazione e nel ministero le sue proprie risorse spirituali.(226)Ma è significativo che, subito dopo, lo inviti a intensificare tale amore apostolico mediante la pratica dell' obbedienza, del celibato e di una certa povertà, secondo lo spirito del Vangelo.(227) Questo è ciò che opera per noi la consacrazione religiosa, secondo le sue forme proprie. Di fatto essa è caratterizzata dalla radicalità del suo dinamismo: è liberazione per compiere una sequela Christi integralmente evangelica; è risposta e dono totale di Sé a Dio che ci consacra a Sé. Nella misura in cui accettiamo e viviamo questa realtà, il nostro impegno pastorale rivela tutta la sua garanzia di autenticità e di efficacia soprannaturale. Siamo aiutati ad annunciare Cristo come Verbo di vita che noi abbiamo toccato(228) in una intimità speciale, a riconoscerlo e servirlo nei suoi membri,(229) a condurre al Padre i giovani che il battesimo ha fatto rinascere come figli di Dio. La crescita della nostra interiorità impedisce che la nostra azione degradi in umana iniziativa. Animata dallo spirito religioso,(230) la nostra vita riceve uno slancio filiale e sacerdotale: diventa liturgia vivificata dallo zelo ardente per la gloria di Dio che tanto brillò nel nostro Fondatore.


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b) La consacrazione evangelica anima con i suoi valori ecclesiali la nostra missione.


La nostra missione è opera ecclesiale in quanto la Chiesa manda la comunità salesiana per lavorare in suo nome,(231) e in quanto esprimiamo verso i giovani l'amore salvatore della Chiesa per essi. Il nostro compito richiede quipes ben amalgamate, coerenti nel metodo e nell'azione; richiede anche uno spirito di famiglia particolarmente cordiale, tutto ciò viene sostenuto dai valori evangelici della vita religiosa. Don Bosco è stato estremamente sensibile alle conseguenze fraterne dei nostri voti, vincoli di amore:(232) nella misura in cui li pratichiamo, contribuiscono non poco ad approfondire e a stabilire i legami della nostra comunione, a rinforzare la coesione e il dinamismo apostolico delle nostre comunità, ad irradiare insieme lo spirito salesiano. Anche a livello ispettoriale e mondiale, la comunità religiosa permette di costituire e di accrescere incessantemente, nel tempo e nello spazio, un prezioso capitale di tradizione spirituali, pastorali e dottrinali che assicurano l'unità e l'incremento del nostro carisma, a vantaggio della Chiesa nel suo servizio al mondo. I valori evangelici della vita religiosa favoriscono altrettanto il nostro servizio di salvezza integrale dei giovani e del ceto popolare, e lo spirito di zelo e di bontà affettuosa con cui dobbiamo compierlo. Ci permettono di realizzare il caetera tolle che condiziona la pienezza del da mihi animas: di fatti ci rendono disponibili nella nostra vita esteriore come nel profondo del cuore. Il salesiano rinuncia ad avere figli attraverso il matrimonio, per amare come suoi i giovani tra i quali vive e lavora. Rinuncia a possedere beni di fortuna per mettere se stesso e i beni che riceve al servizio dei poveri. Rinuncia a disporre della vita a suo piacere per essere mandato là dove il servizio è più necessario. Il suo spirito religioso lo aiuta a rendersi pronto a sopportare... tutti i sacrifici (233) richiesti da questo servizio.


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La vita evangelica rende il salesiano non soltanto disponibile, ma abile nel suo compito. La sua castità dona alle sue relazioni di paternità spirituale trasparenza e forza di simpatia. La sua vita di libera dedizione lo pone in con naturalità col suo impegno di educazione liberatrice: puro e amorevole, saprà formare i giovani alla purezza e all'amore; povero, saprà educarli al senso cristiano dell'uso dei beni; obbediente, saprà iniziare alla vera libertà negli impegni della vita.


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c) La consacrazione evangelica anima con i suoi valori escatologici la nostra missione.


Ogni missione apostolica e particolarmente ogni annuncio della Parola, ha bisogno, per essere efficace, di essere confermata da segni che l'accompagnano.(234) Il segno più eloquente è la testimonianza stessa della vita del messaggero (cfr Gesù, Giovanni Battista...). Ora la nostra consacrazione religiosa apporta a questa testimonianza un particolare vigore, perché ci impegna a vivere proprio i valori evangeliche che dobbiamo insegnare ai nostri giovani. Ci diventa più facile annunciare il Vangelo nella misura in cui la nostra vita, comunitaria e individuale, lo irradia in permanenza. Le realtà decisive a cui diamo questa testimonianza vitale sono molteplici: Dio esiste, il suo amore è sufficiente per riempire una vita, ecc... Ma la pratica generosa dei tre consigli ha una particolare potenza educativa, perché è in relazione ai tre beni fondamentali verso cui i giovani sono più sensibili: a le forze di amore, il bisogno di possedere e la libertà di regolare la propria vita.(235) L'apostolo religioso stima molto questi valori, ma la sua vita consacrata ne contesta le deviazioni (erotismo, ricchezza ingiusta, potere oppressivo), ne manifesta i limiti, ne annuncia il superamento nella pasqua di Cristo Liberatore.


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3. Contributi della nostra consacrazione religiosa alla vita dell'intera Famiglia Salesiana.


La consacrazione religiosa salesiana è vissuta in un contesto nel quale essa deve apparire non come un privilegio di maggior perfezione a riguardo degli altri, ma come una vocazione di maggior servizio, o, per così dire, come un diritto degli altri in favore dei quali il Signore ci ha chiamati e consacrati. Ogni carisma nella Chiesa è dato per il bene della comunità. Sotto questa angolatura, appare che la consacrazione religiosa dei Salesiani è indispensabile nell'insieme dei gruppi della Famiglia Salesiana, anche se la loro missione e il loro spirito sono vissuti e partecipati da gruppi importanti che non sono religiosi. Di questa Famiglia invero, la Congregazione secondo le richieste e le esigenze costituisce il nucleo animatore, con ragione quindi, gli altri gruppi ci richiedono di essere autenticamente noi stessi; questo è un appello a riscoprire il dinamismo arricchente della nostra consacrazione religiosa nella sintesi concreta della nostra vita. In un' ora di profondo rinnovamento per la Famiglia salesiana nella ricerca promettente della sua vera identità, e nella visione del bene immenso che essa è chiamata a compiere a favore di tanti ambienti giovanili e popolari, è importante sentire quest'appello all'autenticità. In particolare una più viva coscienza dell'aspetto religioso della nostra vocazione ci renderà capaci di aiutare i Cooperatori ed altri gruppi laici a vivere la loro vocazione con un più vivo senso del Vangelo e delle beatitudini.


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4. Urgenza di sintesi nell'attività


Il progetto di vita che ci ha lasciato Don Bosco ci spinge a meditare su due affermazioni complementari: - più il salesiano è apostolo, più è autenticamente religioso, perché la sua concreta vocazione apostolica gli fa comprendere l'indispensabilità della sua consacrazione religiosa per Sé e per gli altri. - più il salesiano è religioso, più è autentico apostolo, perché il suo concreto spirito religioso lo spinge a esprimere la sua donazione totale a Dio in una generosa azione apostolica. Il buon apostolo salesiano vuol vivere, come Don Bosco, in unione con Dio; e il buon religioso salesiano è colui che perde la vita per i giovani. Lo Spirito Santo chiama il salesiano ad una opzione di esistenza cristiana che è simultaneamente apostolica e religiosa. Gli dona perciò la grazia di unità per vivere il dinamismo dell'azione apostolica e la pienezza della vita religiosa in un unico movimento di carità verso Dio e verso il prossimo. Questo tipo di vita non è qualcosa di fisso e prefabbricato, ma è un progetto in permanente costruzione. La sua unità non è statica, ma è una unità in tensione, e nella continua necessità di equilibrio, di revisione, di conversione e di adattamento. Il rinnovamento della nostra vocazione presenta, dunque, una doppia urgenza; occorre ravvivare due grandi valori correlativi: a) il senso apostolico della nostra consacrazione religiosa, con la riattualizzazione dei suoi valori specifici; b) il senso religioso della nostra missione giovanile e popolare. Dalla riscoperta di questa unità vocazionale scaturirà la luce della nostra identità salesiana e la possibilità di quel tipo di salesiano richiesto oggi dai segni dei tempi.


CAPO QUINTO

LA FORMA

DELLA CONGREGAZIONE SALESIANA


INTRODUZIONE


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IL RINNOVAMENTO DELLA FORMA DELLA CONGREGAZIONE


1. La forma


Chiamiamo forma storica concreta della Congregazione quella secondo la quale essa esiste nella Chiesa come istituto religioso di vita attiva che incarna il suo spirito, la sua vita e la sua azione in un insieme di strutture istituzionalizzate: la forma della comunità ai diversi livelli, i modi concreti di praticare i voti, la vita fraterna, la preghiera, i rapporti con la Chiesa e il mondo, la formazione, gli organi di governo e i modi di esercitare l'autorità, i vari tipi di attività e di funzioni che richiedono leggi o che si appellano a tradizioni e a usi diversi. Chiamiamo poi forma canonica della Congregazione quella che, tra i diversi tipi di Istituti religiosi, la cataloga come congregazione clericale esente.


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2. Il rinnovamento della forma


Il problema che ci si presenta è questo: come vivere, coll'aiuto dello Spirito Santo, la nostra forma di vita di religiosi attivi nella Chiesa, oggi?


a) I testi del Magistero


Richiamiamo le indicazioni date dal Concilio nel Perfectae Caritatis:

1. Per tutti gli Istituti il modo di vivere, di pregare e di agire (e di governare) deve convenientemente adattarsi alle condizioni fisiche e psichiche attuali dei religiosi; alle condizioni economiche, sociologiche e culturali del momento e del luogo; alle esigenze dell'apostolato.(236) A questi criteri bisogna aggiungere quelli dedotti dal rinnovamento dell'ecclesiologia e dalle iniziative della Chiesa.(237)

2. Per gli istituti di vita attiva, la vita religiosa dedita ad opere apostoliche riveste molteplici forme.(238) Questi istituti adattino convenientemente le loro osservanze e i loro usi alle esigenze dell'apostolato cui si dedicano, ciascuno tenendo conto del suo carattere originale, di modo che la vita dei membri a servizio di Cristo sia sostentata con mezzi propri e rispondenti allo scopo.(239)


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b) I criteri del rinnovamento


Alla luce di questi testi possiamo ridurre a tre i criteri del rinnovamento istituzionale:

1. I cambiamenti del mondo che toccano le persone e i gruppi sociali nel loro essere, nei loro modi di vivere e nella loro attività di relazione;

2. I rinnovamenti operati dalla Chiesa stessa, a partire dalla ecclesiologia e dalla costatazione del processo di secolarizzazione: la Chiesa, popolo di Dio e corpo di Cristo incaricato di significare e di portare la salvezza al mondo, sente il bisogno di rinnovare il suo apparato istituzionale perché esprima meglio il suo mistero e serva più efficacemente alla sua missione;

3. La natura originale della nostra Società, che è un istituto religioso di vita attiva: questo fatto ci rende particolarmente sensibili alle urgenze apostoliche attuali secondo quello spirito di flessibilità e di creatività che Don Bosco ci ha trasmesso. Gli elementi permanenti sono quelli di cui si è detto nei capitoli precedenti: missione e spirito propri, e consacrazione in una forma stabile di vita fraterna con la professione dei consigli evangelici Ai tempi di Don Bosco e nei cento anni di vita della Congregazione questi elementi si sono incarnati in forme istituzionali che non sono sfuggite al processo storico e alle imperfezioni di cui essa è normalmente portatrice. Queste imperfezioni, per loro natura, portano con Sé il rischio della sclerosi e del formalismo(240) che imprigiona lo spirito. In un periodo di ripensamento e di mutazioni come il nostro è dunque normale che i Salesiani verifichino le forme esteriori che custodiscono lo slancio vitale della loro vocazione.


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GLI ARGOMENTI CHE TRATTIAMO


Rimandando ad altri schemi la trattazione diffusa della maggior parte dei contenuti della Forma della Congregazione, ci sembra necessario chiarire in questo documento, per la natura che gli è propria, questi quattro punti:

A) L'azione esige strutture flessibili: il nostro modo di essere e di vivere ha bisogno, senza che si corrano rischi per la consacrazione, di accettare pienamente lo stile di vita dei religiosi attivi;

B) La Congregazione, senza che vi siano pericoli per l'unità, ha bisogno di essere decentralizzata;

C) L'efficacia della nostra azione richiede che le funzioni originali dei membri siano rivalorizzate.(241)


A) IN QUANTO ISTITUTO DI VITA APOSTOLICA DOBBIAMO ACCETTARE PIENAMENTE LO STILE DI VITA DEI RELIGIOSI ATTIVI


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1. Don Bosco fonda una vera Congregazione religiosa ma con caratteristiche sue proprie


a) Don Bosco fonda la sua Congregazione


Un fondatore ha sicuramente, sotto l'impulso carismatico dello Spirito, l'idea e la forza di tracciare vie nuove, anche se si ispira a situazioni a lui contemporanee e in qualche misura simili a quelle che egli intende creare. ciò si verifica circa lo stile di vita religiosa attiva che Don Bosco vuole per i suoi figli. Fonda la sua congregazione in un momento in cui, in Italia, veniva messa in discussione la reputazione dei religiosi e il senso stesso della loro esistenza. La fonda e la vuole caratterizzata da uno straordinario dinamismo pastorale appunto per dare una risposta ad alcune urgenze molto concrete, sociali ed ecclesiali.


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1. E' una Congregazione di religiosi vicini a tutti gli uomini, loro fratelli


Esteriormente e socialmente i suoi religiosi salesiani non conservano nessuna di quelle esteriorità che potevano indurre a rappresentarseli in modi sfavorevoli e scostanti. Allora infatti sentimenti di avversione verso i religiosi frati erano favoriti da esperienze negative e decadenti della vita religiosa degli ultimi secoli. Don Bosco vuole che non esista nessun diaframma tra i salesiani, religiosi nuovi, e gli uomini del loro tempo: nessun abito speciale li distingue, sono inseriti nel popolo, restano autentici cittadini. Questa cura si rispecchia persino nei termini che preferisce: dà alla Congregazione l'appellativo di società; chiama i superiori con termini propri del linguaggio corrente: direttore, ispettore; i membri conservano il diritto di proprietà: il Signore si è servito di noi per proporre un nuovo modello riguardo al voto di povertà secondo i bisogni dei tempi.(242)


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2. E' una Congregazione di religiosi al servizio degli uomini loro fratelli


Non senza fondamento, ma senza dubbio anche con illazioni ingiuste, nell' ottocento si accusavano i religiosi di essere inutili parassiti della società. Don Bosco ai suoi religiosi, grandi lavoratori, domanda lo spirito di preghiera più che lunghe preghiere: La vita attiva cui tende principalmente la Società fa sì che i soci non possano fare molte pratiche di pietà in comune (243) Il loro lavoro è un servizio esplicito e permanente alla società e particolarmente a coloro che hanno bisogno di essere più aiutati. Per Don Bosco ogni vita spirituale fiorisce nella carità concreta e ogni apostolato ha una portata sociale. Il salesiano civilizza evangelizzando ed evangelizza civilizzando.


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b) Don Bosco e il suo spirito creativo


Già prima e circa non pochi contenuti importanti Don Bosco aveva mostrato questo caratteristico suo spirito: non fisso o inerte, non chiuso, non attaccato all'una o all'altra delle sue esperienze. Bada piuttosto alla loro validità, al rapporto ch'esse hanno con lo sviluppo degli avvenimenti. Ha l'occhio attento alle iniziative che sorgono attorno, è pronto ad assimilare quanto, con singolarissimo intuito, trova assimilabile e utile per realizzare la sua multiforme opera di carità. Ma tutto pensa e ricompone man mano che i tempi, con i loro segni e le loro urgenze, suggeriscono cambiamenti. Quando si frappone un ostacolo e non può rimuoverlo, lo aggira e va avanti. Per promuovere l'educazione dei giovani artigiani adotta prima contratti di lavoro, poi organizza lui stesso i laboratori. Fonda nel 1850 la Società di mutuo soccorso per i giovani della compagnia di san Luigi, ma poi aderisce a iniziative delle società operaie. Programma i membri esterni alla società salesiana tra il 1864 e il 1874, ma è pronto a riprendere l'idea nella Unione dei Cooperatori salesiani. La stessa condizione di congregazione clericale esente in tanto aveva un senso per Don Bosco in quanto rispondeva alla sua vocazione educativa universale, in sintonia con la mobilità di vita del mondo moderno, al di là dei confini locali e libera da tendenze troppo ristrette e centripete. Don Rinaldi espresse bene questa novità: Lo spirito nuovo cui Don Bosco aveva improntato le Costituzioni, spirito precursore dei tempi, sollevò molti ostacoli all'approvazione; ma egli lavorò, insistette, pregò... e attese per ben quindici anni, ammettendo nelle sue Costituzioni solo quei mutamenti che potevano conciliarsi con la loro indole moderna, agile, facilmente adattabile a tutti i tempi e luoghi. Egli aveva ideato una pia società che, pur essendo vera congregazione religiosa, non ne avesse l'aspetto esteriore tradizionale: gli bastava che vi fosse lo spirito religioso, unico fattore della perfezione dei consigli evangelici; nel resto credeva di poter benissimo piegarsi alle esigenze dei tempi. Questa elasticità di adattamento a tutte le forme di bene che vanno di continuo sorgendo in seno all'umanità è lo spirito proprio delle nostre costituzioni.(244) Questa apertura ai tempi, questa agilità mentale, questa speciale creatività che consiste nel saper ripensare le proprie iniziative e le altrui, devono oggi più che mai penetrare nel cuore dei Salesiani e indurli a riscoprire la vitalità che proviene dalla simpatia e dalla consonanza con questo spirito di Don Bosco.


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2. Aspetti del nostro rinnovamento di Istituto di vita attiva


a) Un ambiente di vita che assicuri la nostra autenticità spirituale di educatori «religiosi»


Il Concilio ha anche parlato di adattamento alle condizioni fisiche e psichiche dei religiosi di oggi. Esso deve andare di pari passo con l'adattamento alle urgenze apostoliche nel mondo. Il salesiano non può compiere la sua azione con efficacia che nella misura in cui è un uomo interiore,(245) capace di mantenere la sua libertà spirituale e di resistere alla forza di usura dell'azione svariata e alle tentazioni molto reali del mondo. Una vera vita spirituale non è possibile all'apostolo e alla comunità di apostoli se non ci sono ritmi e luoghi di riposo, di raccoglimento e di spirituale ristoro che permettono loro di rispettare le leggi della psicologia e salvare il loro equilibrio umano e religioso minacciato continuamente dal regime di tensione del mondo moderno.(246) così le nostre strutture di vita devono assolutamente provvedere a questo bisogno. Abbiamo, come guida su questo punto, la parte forse più nuova e più originale della esortazione di Paolo VI: i numeri 32-38 della ET. Il papa ci invita ad adattare la nostra forma di vita ordinandola alla costruzione dell'uomo interiore: a Un eccessivo desiderio di flessibilità e di spontaneità creativa può far tacciare in effetti di rigidezza il minimum di regolarità nelle consuetudini che la vita delle comunità e la maturazione delle persone ordinariamente richiedono (247) La comunità religiosa deve restare in un ambiente di vita, che offrendo il contesto fraterno di una esistenza regolare con le sue discipline liberamente accettate, permette a ciascuno di diventare uomo unificato e aperto,(248) in cui l'essere poco a poco è cristianizzato fin nelle sue profondità secondo le beatitudini evangeliche (249) Soltanto a questa condizione, il salesiano potrà assicurare in mezzo ai giovani immersi nel mondo una presenza qualificata.


b) Uno stile di vita e una presenza «adattati alle necessità dell'apostolato» salesiano di oggi.(250)


Ma nelle stesse strutture societarie date da Don Bosco alla Congregazione (il modo concreto di praticare i voti, quello di vivere insieme, le nostre forme di preghiera ecc...) devono apparire nella loro radicale funzionalità e relativa contingenza. La nostra presenza infatti, soprattutto al mondo dei giovani, deve essere un'attitudine di attenzione e di volontà d'incontro. Deve indicare la ricerca di vivere con loro per partecipare ai loro ideali e alle loro imprese, alle gioie e alle pene che incontrano. E' il desiderio di evitare tutto ciò che nei modi di pensare, di parlare e di vivere ci rende estranei o poco accoglienti. Questa presenza così qualificata è una funzione della Chiesa: è partecipazione, secondo il carisma dell'istituto(251) alla missione che la Chiesa ha riaffermato di se stessa: «essere nel mondo di oggi» per purificarlo, animarlo e salvarlo.


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B) IN QUANTO ISTITUTO DI SERVIZIO APOSTOLICO VERAMENTE ADATTATO DOBBIAMO ACCETTARE IL PLURALISMO NELL'UNITA'


1. Necessità delle strutture di unità


Proprio a partire dall'unità, dal fatto cioè di essere se stessi e dalla volontà di adottare i mezzi efficaci per esserlo, i Salesiani potranno realizzare la loro missione in una diversità di pastorali adattate. L'unità nella missione, nello spirito vissuto in tutta la sua ricchezza, nei valori della consacrazione apostolico-religiosa, l'unità nella realtà di una comunione di tutti i gruppi i membri in una istituzione giuridica riconosciuta dalla Chiesa dev'essere fortemente mantenuta e cercata attraverso strutture di corresponsabilità, di formazione, di comunicazione, di scambio e di governo molto adatte ed efficienti. Proprio perché l'unità, oggi, si intende sempre più come un fatto dello spirito corresponsabile, capace di dialogo e irradiante salesianità che non un frutto della legge.


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2. Ragioni attuali del decentramento


a) La Chiesa


Arricchita la visione gerarchica del Vaticano I con la sottolineatura degli aspetti di comunione del popolo di Dio fatta dal Vaticano II, la Chiesa universale, oggi, si percepisce come una comunione di Chiese particolari unite in Cristo e nel suo Vicario che presiede la carità. A partire da questa unità e da questa comunione essa può farsi serva del mondo che vuole animare ed evangelizzare e che si presenta col pluralismo dei suoi popoli e delle sue culture.


b) I religiosi di vita attiva


I religiosi di vita attiva, perché sono Chiesa e perché nella Chiesa si presentano come un organismo per sua natura più disponibile alla flessibilità e più aderente alla vita, devono realizzare la loro missione apostolica in una diversità di pastorali adattate.(252)


c) I Salesiani


La ragione d'essere dei salesiani nella Chiesa è la salvezza dei giovani degli ambienti popolari in contesti socioculturali diversissimi. La nostra azione è azione ecclesiale, inserita perciò nella pastorale d'insieme della Chiesa locale. Per questo la pastorale adattata ed efficace di una Congregazione mondiale suppone necessariamente il pluralismo.(253)


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3. Punti di applicazoine del pluralismo e della flessibilità


L'applicazione concreta di questo pluralismo consiste nel riconoscere la relativa autonomia di ogni Ispettoria (o gruppi di Ispettorie secondo le unità nazionali o culturali). Ciascuna di esse è una comunità vitale e una unità istituzionale che ha il compito di realizzare la missione di Don Bosco nella Chiesa locale. L'ispettoria deve curare le strutture di unità col centro e all'interno di se stessa, ma insieme quelle che le permettano di realizzare la missione salesiana in maniera conforme alle esigenze locali.

Bisogna dunque accettare lealmente, come esigenza della missione, il decentramento e il pluralismo che ne deriva:

- nel tipo di pastorale salesiana dei giovani e degli adulti: scelta di attività, di opere, di esperienze;

- nella formazione che prepara a questi modi di azione;

- nella legittima colorazione dei modi di espressione della salesianità attraverso le caratteristiche culturali e religiose di ciascuna regione. Un tale pluralismo che, proporzionatamente, deve estendersi fino alle comunità locali permetterà ai salesiani di esprimere la ricchezza del loro carisma per un migliore servizio alla Chiesa.


C) IN QUANTO ISTITUTO DI VITA FRATERNA APOSTOLICA NOI DOBBIAMO RIVALORIZZARE LA FIGURA DEI SOCI AFFERMANDONE L'UGUAGLIANZA FONDAMENTALE E SPECIFICANDONE LE FUNZIONI


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Premessa


Una delle caratteristiche che i biografi attenti di Don Bosco credono di dover sottolineare in lui è la tendenza all'azione, anzi la tendenza all' operosità spesso tesa sotto lo stimolo dell'urgenza e nella coscienza di una missione celeste. Questo atteggiamento pone Don Bosco su una linea di una spiritualità di vita attiva che fa sì che egli si distingua dallo stesso Francesco di Sales e da quanti, nonostante una vita di operosità intensa, nella propria coscienza spirituale danno largo posto all'impegno psicologico e anche psicosensorio per portarsi a uno stato di unione con Dio nella preghiera.(254)

Molte creazioni di Don Bosco manifestano questa sua nativa praticità, e la figura dei suoi salesiani, sacerdoti e coadiutori, si colloca nel contesto di questa sua iniziativa spirituale.


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1. IL SALESIANO SACERDOTE


a) La «crisi di identità» del salesiano sacerdote oggi


Il salesiano sacerdote può risentire oggi dei profondi interrogativi e delle inquietudini che assillano il sacerdote in genere. I laici sostituiscono il sacerdote come figura centrale nell'insegnamento, nell'educazione popolare, nell'assistenza sociale, nell'aiuto ai paesi in via di sviluppo, come animatore culturale e consigliere matrimoniale e, a volte, anche come specialista in catechesi ed evangelizzazione creativa. Che cosa gli resta?


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b) La «sua identità»


Questo mondo che si configura secondo determinate caratteristiche(255) e che ridimensiona, per così dire, i molteplici ruoli ch'egli svolgeva prima in forme sussidiarie, è l' oggetto di una sua azione specifica e insostituibile. Il sacerdote è l'uomo spirituale che deve avere sempre dinnanzi agli occhi l'immagine di Cristo, servo e pastore. Il suo ministero è un servizio di virtù attiva, propriamente escatologica, i suoi segni visibili sono, benché a titolo diverso, la predicazione evangelica e le azioni sacramentali.(256) Egli, per ufficio e pubblicamente, annuncia il Cristo salvatore di questo mondo, raccoglie insieme la fraternità cristiana, la raduna nel sacrificio di Cristo e, come guida, attraverso Cristo, nello Spirito, la conduce al Padre.(257) Questo mistero pasquale è il principio di identità del sacerdote.


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c) Il Salesiano sacerdote


Il salesiano sacerdote è chiamato a esercitare questo medesimo ministero specialmente verso i giovani particolarmente bisognosi e secondo lo spirito di Don Bosco. Lavora in una molteplicità di impegni e di servizi diversi, a seconda dei luoghi e delle circostanze, preferendo sempre quello che più direttamente i giovani stimano, amano e vogliono da lui per dare ad essi ciò di cui egli solo, per dono di Dio, è portatore.


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d) Il contesto della sua missione di educatore della fede


Il salesiano sacerdote deve riproporre a se stesso come ideale e come criterio della sua attività educativa la grandissima capacità di adattamento ai tempi che Don Bosco possedeva. Se oggi, per esempio, si notano, tra gli altri, come tratti distintivi dei rapporti tra gli uomini il senso della responsabilità comune nelle cose che riguardano tutti; una nuova concezione dell'autorità e delle relazioni interpersonali; e la coscienza della dimensione globale che ha la giustizia nel mondo, in una società che si evolve, dev'essere sua cura acquistare questa nuova sensibilità che gli darà modo di esercitare il suo proprio ministero pastorale nel mondo dei giovani che vivono in quel contesto. Non solo; ma tutta la comunità salesiana di cui è parte viva deve svolgere la sua azione pastorale nella coscienza di queste situazioni nuove. E dovrà trovare nella sua carità pastorale, consacrata dall' ordine, l'elemento base di coesione, di educazione e di guida.


2. IL SALESIANO COADIUTORE


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1. L'idea di Don Bosco


Don Bosco trova il tipo del confratello laico già in altri istituti, tra i Pavoniani di Brescia per esempio. In questo senso il suo religioso laico non è originale. Ma con il senso pratico che lo contraddistingueva, assimila l'idea e la ripensa per il suo complesso di iniziative: mette il coadiutore nella sua organizzazione, lo fa tipografo, calzolaio, fabbro, factotum (sul tipo del coadiutore Rossi), e lo lancia anche nella misura massima possibile (Dogliani, apprezzato maestro e discreto compositore).


2. Le caratteristiche fondamentali


Le caratteristiche fondamentali del salesiano coadiutore e i rapporti d'integrazione ch'egli ha con il ministero del salesiano sacerdote potrebbero essere delineate brevemente così:


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a) Una fondamentale uguaglianza


Don Rinaldi scrisse nel 1927: Quando Don Bosco cominciò a pensare alla fondazione di una nuova Società religiosa, volle che tutti i membri, sacerdoti, chierici e laici, godessero degli stessi diritti e privilegi... I coadiutori non costituiscono un secondo ordine, ma sono veri salesiani obbligati alla medesima perfezione e ad esercitare l'identico apostolato che forma l'essenza della Società salesiana (258) Una fondamentale uguaglianza dunque: l'unica consacrazione religiosa e l'identica missione apostolica fondano l'uguaglianza tra coadiutore e sacerdote: ove questa non ci sia non vi può essere nemmeno una autentica vita comunitaria.


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b) Una integrazione dei compiti


Se l'identica missione apostolica è una realtà complessa, i compiti distinti, esercitati da ciascun membro, dovranno corrispondere alla vocazione di ognuno. Al di là dei diritti e degli obblighi... che scaturiscono dall' ordine sacro, al di là del servizio che il salesiano sacerdote, all'interno della comunità ideata da Don Bosco, deve rendere ad essa attraverso la carità pastorale consacrata dall' ordine, si apre al coadiutore una grande varietà di ministeri, alcuni dei quali si addicono più alla sua vocazione laicale che non a quella sacerdotale.


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c) Una profonda unità


Si dovrà comprendere come, piuttosto che stabilire rigidi confini e netta separazione, sia meglio creare nel campo della educazione dei giovani una profonda unità di intenti e di opere. Proprio la diversità delle funzioni è motivo di unità e di efficacia apostolica, non di dispersione: esse infatti sono giudicate e vissute come elemento di solidarietà nella convergenza delle ricchezze proprie a ciascuno e come elemento di complementarietà per una maggiore efficacia apostolica.

I figli di san Giovanni Bosco hanno bisogno di affiancarsi, di completarsi, di procedere fraternamente uniti nella attuazione delle identiche finalità della loro missione... Essi non sono elementi separati o divergenti, ma gli eredi, gli strumenti, gli esecutori di uno stesso divino programma,(259) Se questa verità della mutua indigenza e del mutuo servizio sarà intimamente assimilata, si scorgerà da tutti come nella Congregazione esiste solo Gesù Cristo che sta sopra a tutti e che si completa nel ministero dei singoli per la salvezza dei giovani.


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d) La dimensione laicale della vocazione del coadiutore


La dimensione laicale della vocazione del coadiutore presenta questi tratti particolari: - Egli vive con le caratteristiche proprie della vita religiosa la sua vocazione di laico che cerca il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio; - esercita il sacerdozio battesimale, la sua funzione cultuale, profetica e di testimonianza e il suo servizio regale, in modo da partecipare veramente alla vita e alla missione di Cristo nella Chiesa; - realizza con l'intensità che deriva dalla sua specifica consacrazione e per mandato della Chiesa, non in persona propria come semplice secolare, la missione di evangelizzazione e di santificazione non sacramentale; - svolge la sua azione di carità con maggior dedizione all'interno di una Congregazione che si dedica alla educazione integrale dei giovani particolarmente bisognosi; - infine, come religioso, anima cristianamente l' ordine temporale, avendo egli rinunciato alla secolarità, con un apostolato efficacissimo, educando i giovani all'animazione cristiana del lavoro e degli altri valori umani. In molti settori potrà avere un ruolo insostituibile: Vi sono cose che i preti e i chierici non possono fare e lo farete voi, diceva Don Bosco.(260) E' dunque necessario che si prepari a fare esperienze più importanti di quelle tentate finora; il tempo attuale e la promozione della vocazione originale del coadiutore lo domandano.


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3) IL SALESIANO DIACONO


Don Bosco non ha mai rifiutato di inserire come forze capaci e complementari per la sua missione, quelle figure ecclesiastiche o laiche che il suo tempo gli presentava. Il Concilio ha rivalutato nella ecclesiologia della LG(261) la figura e le funzioni del diacono. E' opportuno, dunque, che la Congregazione tenga in conto questa possibilità, là dove necessità particolari della Chiesa locale specialmente quelle proprie dei territori di missione, lo suggeriscono. Poiché il diacono permanente ha una vocazione specifica e diversa da quella del coadiutore e del sacerdote, la Congregazione è cosciente del fatto che egli non porta mutamenti alla sua natura, che anzi può essere, come si è detto, particolarmente utile al compimento della sua missione; dovrà però curarne l'adeguata preparazione al ministero che gli è proprio e prospettarsi con concretezza le condizioni della sua vita nei luoghi dove lavora o in quelli ove venisse trasferito. Infatti una Congregazione come la nostra, che opera a raggio universale, può assicurare ai confratelli diaconi il loro inserimento dove le esigenze della Chiesa sono più urgenti. Gli esperimenti al riguardo dovranno dunque nascere sotto la spinta di necessità ben individuate e procedere secondo la gradualità e le direttive del magistero della Chiesa.


CAPO SESTO

LE PROSPETTIVE

DELLA «FAMIGLIA» SALESIANA OGGI


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1. Necessità del tema «Famiglia» nel rinnovamento salesiano.


I Salesiani non possono ripensare integralmente la loro vocazione nella Chiesa senza riferirsi a quelli che con loro sono i portatori della volontà del Fondatore. Per questo ricercano una migliore unità di tutti, pur nella autentica diversità di ciascuno.



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2. Il termine «Famiglia»


La parola evoca il fatto di relazioni interpersonali e anche un certo stile proprio a queste relazioni in coloro che hanno lo spirito salesiano, che è appunto spirito di famiglia. Il termine è continuamente adoperato nella tradizione salesiana per indicare, in forma generica, i legami che intercorrono tra i Salesiani, le FMA, i Cooperatori, gli allievi e gli Exallievi. Da un esame attento si arriva alla conclusione che il concetto di famiglia si applica in modo diverso ai vari gruppi a seconda della natura del loro rapporto. I Cooperatori, per es., appartengono alla Famiglia salesiana perché come associazione e personalmente assumono l'impegno di attuare nel mondo la missione che il Fondatore ha loro affidato, in unione con la Congregazione e secondo il suo spirito. Gli allievi e gli exallievi invece appartengono alla Famiglia salesiana ad altro titolo, soprattutto in quanto sono stati o continuano ad essere i destinatari dell'educazione salesiana che può suggerire loro vari tipi di impegno apostolico.


A) IL FATTO E IL PROBLEMA DELLA FAMIGLIA DA DON BOSCO FINO AD OGGI


Il problema sorge a partire da un dato storico complesso. Don Bosco per attuare la sua vocazione di salvezza della gioventù povera e abbandonata, cercò un'ampia unione di forze apostoliche nell'unità articolata e varia di una Famiglia.


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1. Don Bosco fondatore carismatico


Nel fondare i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori che lavorassero nella missione secondo il suo spirito, Don Bosco diede alla Congregazione salesiana un ruolo speciale. Dal 1841 al 1888 manifestò, pur nella complessità delle scelte diverse, una omogeneità d'intenzione: quella di riunire, in qualche modo, in un vasto insieme tutti coloro che accettavano di lavorare con lui. ...Dobbiamo unirci in questi difficili tempi... (262) Unirci tra noi e tutti con la Congregazione... Uniamoci (dunque) col mirare allo stesso fine e con l'usare gli stessi mezzi per conseguirlo... Uniamoci come in una sola famiglia coi vincoli della carità fraterna che ci sproni ad aiutarci e sostenerci vicendevolmente a favore del nostro prossimo (263) Questo sforzo di riunione e di comunione prese, ancora vivente il Fondatore, forme diverse a seconda del grado di partecipazione e dei servizi a cui si impegnavano i membri. Ricordiamo per titoli: servizio dell' Oratorio di San Francesco di Sales; dopo il 1850 partecipazione in forme diverse alla Società Salesiana fin dalle sue prime origini (1855-1858); partecipazione giuridicamente possibile, ma non chiaramente definita né attuata di fatto, di membri esterni affiliati a questa Società tra il 1864 e il 1874; unione spirituale con le Figlie di Maria Ausiliatrice, attraverso la persona del Rettor Maggiore, fino agli inizi del ventesimo secolo, e già dal 1872 circa; partecipazione, infine, come Cooperatori, laici o ecclesiastici, a partire dal 1874. Esiste una celebre pagina di Don Bosco che esprime questo disegno: Ma un'associazione per noi importantissima, che è l'anima della nostra congregazione e che ci serve di legame ad operare il bene d'accordo e con l'aiuto dei buoni fedeli che vivono nel secolo, è l' opera dei Cooperatori Salesiani. Abbiamo la pia Società Salesiana per coloro che vogliono vivere ritirati e consacrati a Dio con la professione religiosa. Abbiamo l'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per le giovani che vogliono imitare i Salesiani, per le persone di altro sesso. Ora è necessario che noi abbiamo nel secolo degli amici, dei benefattori, della gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle proprie famiglie, come appunto fanno i Cooperatori Salesiani; sono essi il nostro aiuto nel bisogno, il nostro appoggio nelle difficoltà; i nostri collaboratori in quello che si presenta da farsi per la maggior gloria di Dio, ma che a noi manca nei mezzi personali o materiali. Questi cooperatori devono moltiplicarsi quanto è possibile....(264) Il pensiero di Don Bosco sui Cooperatori è da completare con un'altra visione: quella che li colloca nell'insieme della Chiesa locale, rimanendo fedeli allo spirito salesiano. Ho studiato molto - avrebbe detto a Don Lemoyne il 16 febbraio 1884 - sul modo di fondare i Cooperatori Salesiani, ma di prestare aiuto alla Chiesa, ai Vescovi, ai Parroci sotto l'alta direzione dei Salesiani nelle opere di beneficienza, come i catechismi, educazione di fanciulli poveri e simili. Soccorrere i Salesiani non è altro che aiutare una delle tante opere che si trovano nella Chiesa Cattolica. E' vero che ad essi si farà appello nelle urgenze nostre, ma essi sono strumento nelle mani del Vescovo... non si deve aver gelosia dei Cooperatori Salesiani, Poiché sono cosa della diocesi, e che tutti i parroci dovrebbero con i loro parrocchiani essere Cooperatori.(265)


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2. I diversi gruppi e la loro storia: coscienza di un bene comune salesiano e di una reale unità


a) Appartenenti «in senso stretto» alla Famiglia Salesiana


1) I Cooperatori. Nella storia trascorsa, a parte un certo travaglio per assestare entro regole giuridiche l'appartenenza dei Cooperatori alla famiglia salesiana, non è mai venuta meno sostanzialmente la coscienza del fatto dell'appartenenza: i Cooperatori sono illuminati e chiamati, per grazia divina, a partecipare della missione del Fondatore, secondo differenti stati di vita, e richiamandosi al suo spirito. Questa coscienza vive nel Regolamento della loro Associazione: Associazione che ha per fine principale la vita attiva nell'esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante.(266) Ai Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di San Francesco di Sales cui intendono associarsi.(267) I membri della Congregazione salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo e a loro s'indirizzano... Colla medesima libertà, i Cooperatori si rivolgeranno ai membri della Congregazione Salesiana.(268) Pio XII nel discorso del 12 settembre 1952 indirizzato ai Cooperatori in occasione del loro 75° di fondazione afferma una loro identità salesiana: Cooperatori Salesiani, ausiliari efficacissimi dell'azione Cattolica... nuovo provvidenziale movimento del laicato cattolico... Intimamente impregnati dello spirito salesiano... Uomini e donne che attuino appieno l'ideale salesiano... L'urgenza stessa del vostro molteplice lavoro... vi obbliga alla più gelosa cura della vostra vita interiore, di quella vita a cui ben provvide la sapienza del Santo dell'azione, dettando a voi non meno che alla sua duplice famiglia dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice una regola di vita spirituale, ordinata a formarvi, pur senza la vita comune, alla religiosità interna ed esterna di chi seriamente fa sua l' opera della perfezione cristiana (269) I Cooperatori oggi manifestano questa loro chiara coscienza di vera appartenenza alla famiglia salesiana persino nel loro Messaggio ai membri del Capitolo Salesiano Speciale: Consapevoli di appartenere per il comune Fondatore, per il fine a cui tendiamo, per l' oggetto precipuo dell'apostolato, per la comunione dei beni spirituali e per gli stessi superiori all'unica famiglia salesiana.


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2) Le Figlie di Maria Ausiliatrice. Anche le vicende che coprono l'arco di tempo 1872-1969 vedono da una parte variare le forme giuridiche del rapporto con le FMA dalla dipendenza dal Rettor Maggiore alla loro autonomia, ma insieme rivelano la preoccupazione di Don Bosco, dei suoi successori e delle stesse FMA, che pur con queste variazioni, fosse sempre possibile salvaguardare e alimentare uno spirito evangelico particolare, quello salesiano, per la missione a cui erano chiamate.


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3) Altri membri. Anche altri Istituti religiosi e secolari (ad es. le VDB), o gruppi organizzati che, in linea con la ispirazione di Don Bosco, sono chiamati a realizzare la sua missione secondo il suo spirito, appartengono in senso stretto a questa Famiglia.


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b) Appartenenti «a titoli diversi» e «in senso largo» alla Famiglia Salesiana


1) Gli Allievi e gli Exallievi. Il modo di appartenenza degli Allievi e del Movimento degli Exallievi alla Famiglia salesiana sorge, ordinariamente, come si è accennato, soprattutto dal fatto che essi sono o sono stati i a destinatari della nostra educazione nel clima tutto particolare dello spirito di famiglia. Gli educatori dovranno curare la permanenza di questi legami; in tal senso si esprime la Dichiarazione sulla Educazione cristiana: continuino una volta terminati i corsi scolastici ad assistere gli alunni con il loro consiglio, con la loro amicizia e anche promuovendo associazioni di exalunni in cui aleggi il vero spirito ecclesiale(270). E' quanto ci chiedono i nostri exallievi ed è quanto si prefigge l'attuale Confederazione mondiale degli Exallievi di Don Bosco.(271) E' auspicabile, comunque, che all'interno del Movimento Exallievi per l'educazione salesiana che essi hanno ricevuto, quelli che ne abbiano il dono e la volontà si impegnino o come Cooperatori o in gruppi apostolici per una più intima partecipazione allo spirito e all'azione della Famiglia salesiana nelle opere che le sono proprie e nella Chiesa locale.

2) Si può parlare poi di appartenenza in senso largo alla Famiglia di quanti, simpatizzanti e benefattori, mantengono qualche legame con l' Opera salesiana.


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3. Le urgenze attuali pongono i termini nuovi il problema dell'unità e della comunione


a) La posizione dei CIS


I CIS in genere hanno auspicato un rinnovato impegno dei Salesiani nel promuovere maggiore unione e più stretta collaborazione tra quanti partecipano allo spirito di Don Bosco e condividono la stessa missione.(272)


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b) La realtà ecclesiale della Famiglia Salesiana


Il contesto infatti in cui si muove oggi la realtà della Famiglia salesiana e di cui devono avere coscienza i membri che la compongono è che: - la Famiglia salesiana è una realtà ecclesiale che diventa segno e testimonianza della vocazione dei suoi membri per una missione particolare, secondo lo spirito di Don Bosco; - la Famiglia salesiana esprime - sulla linea di quanto la Chiesa ha detto di se stessa - la comunione tra i diversi ministeri al servizio del popolo di Dio; e integra le vocazioni particolari perché sia manifesta la ricchezza del carisma del Fondatore; - la Famiglia salesiana sviluppa una spiritualità originale di natura carismatica che arricchisce tutto il Corpo della Chiesa e diviene un modello pedagogico cristiano tutto particolare. La Famiglia salesiana dunque, vista nel mistero della Chiesa, dovrà definire la sua identità, la sua missione e le sue forme alla luce delle dimensioni essenziali della Chiesa; ciò richiede che si parli di vocazione, missione, servizio, testimonianza, comunione, storicità e rinnovamento permanente come di altrettante componenti essenziali di questa famiglia.


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c) I segni dei tempi


L'ampiezza straordinaria e la complessità dei problemi giovanili odierni sprona il nostro zelo ad accentuare le forme di ripartizione delle forze operanti in questo settore e la loro mutua collaborazione. Non si tratta soltanto di una semplice strategia dell'azione a livello umano, ma di costruire insieme un futuro alla luce del Vangelo, con il dinamismo della speranza cristiana(273) e sotto la spinta dell'azione di Dio che realizza nella storia umana il suo Regno.(274)


B) L'UNITA' E LA COMUNIONE DELLA FAMIGLIA (in senso stetto) NELLA SUA DIVERSITA' (Un solo corpo con diversi membri complementari).


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1. Gli elementi comuni


Volendo rintracciare gli elementi che sono comuni tra i vari gruppi della famiglia salesiana, bisogna ricordare che essi fondamentalmente si riducono al fatto di essere chiamati per l'unica missione salvatrice propria di Don Bosco da realizzare secondo il suo spirito. Si può dire che la missione sia unica, quella ispirata a Don Bosco, ma anche che si realizza in una grande diversità di pastorale e di iniziative apostoliche. Vediamo brevemente prima gli elementi comuni:


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a) La consacrazione battesimale (e cresimale) è l'elemento base comune a tutti i membri della Famiglia salesiana. In forza di questa consacrazione essi sono chiamati da Dio alla santità cristiana: Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità.(275) In questo senso tutti i cristiani sono chiamati a condividere lo spirito dei consigli evangelici,(276) traducendolo ed incarnandolo nel proprio stato di vita. Per i Salesiani e le FMA ciò è evidente professando essi i voti religiosi, ma questo spirito anima pure la vita dei Cooperatori. Nel loro Regolamento Don Bosco richiama una certa similarità e reciproca attrazione tra la vita dei religiosi salesiani e quella dei Cooperatori: Ai Cooperatori salesiani non è prescritta alcuna opera esteriore, ma affinché la loro vita si possa in qualche modo assimilare a quella di chi vive in comunità religiosa, loro si raccomanda la modestia negli abiti, la frugalità nella mensa, la semplicità nel suppellettile domestico, la castigatezza dei discorsi, l'esattezza nei doveri del proprio stato.... In altre parole facendosi Cooperatori salesiani, possono continuare a stare in mezzo alle loro ordinarie occupazioni, in seno alle proprie famiglie, e vivere come se di fatto fossero in Congregazione,(277)


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b) La comune vocazione e missione. Tutti i membri della Famiglia salesiana ricevono dallo Spirito Santo una grazia speciale di illuminazione e di decisione di fronte alle urgenze concrete della gioventù povera e abbandonata. Questi due movimenti della vocazione e della missione sono correlativi e sostengono la decisione concreta di chi risponde positivamente a questa grazia. Va subito notato che questa risposta si articola diversamente a seconda dello stato di vita del singolo (religioso, religiosa, membro di Istituto secolare, o semplice battezzato). Questa comune vocazione si indirizza (in tutti i gruppi suddetti) agli stessi destinatari. Basti riportare poche parole del Regolamento per i Cooperatori: Ai Cooperatori Salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di S. Francesco di Sales, cui intendono associarsi,(278)


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c) Il comune spirito salesiano. E' l'aspetto tipico e lo stile speciale con cui, nella Chiesa di Dio, i Salesiani portano ai giovani di oggi l'amore pienamente salvatore di Cristo. Era questa la volontà del nostro santo Fondatore che scriveva: Ora è necessario che noi abbiamo nel secolo degli amici, dei benefattori, della gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle proprie famiglie, come appunto fanno i Cooperatori Salesiani... (279)


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d) Secondo una forma di fraternità apostolica che parte dal comune zelo per la salvezza dei giovani e che si differenzia nelle sue espressioni. L'azione di tutti i membri della Famiglia salesiana (intesa come promozione integrale ed educazione alla fede dei giovani poveri) assume un indirizzo comunitario fraterno e si muove in una linea di corresponsabilità comune; però le espressioni di questa complessa azione apostolica saranno diverse a seconda dei tempi, delle persone e dei luoghi. Questa varietà è richiesta considerando, all'interno del movimento stesso, la diversità dei gruppi che lo compongono e quella delle loro mutue relazioni, all'esterno, L'inserimento dell'azione salesiana nella pastorale d'insieme a livello parrocchiale, diocesano e regionale. Pur in tanta varietà di espressioni lo stile familiare, caratteristico di Don Bosco, sarà elemento di unità nei rapporti fra i membri della Famiglia salesiana e nota tipica del loro apostolato.


1662. Le differenze



Il tipo di consacrazione e la forma di vita concreta propria di ogni singolo membro della Famiglia salesiana danno origine ai modi diversi secondo cui si realizza la missione salesiana e si vive lo spirito salesiano. Fa parte, infatti, della cattolicità della Chiesa una pluralità di grazie, di ministeri e di operazioni(280) in vista della missione comune; così è all'interno della Famiglia salesiana. Alla sorgente ritroviamo sempre una differente vocazione concreta.


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a) I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, avendo ricevuto da Dio il dono della vocazione religiosa sono tenuti ad un impegno maggiore, corrispondente al loro tipo di consacrazione, nella realizzazione della missione salesiana. La loro castità, abbracciata per il Regno dei cieli e segno palese di un amore indiviso al Cristo, diventa stimolo della carità e speciale sorgente di spirituale fecondità (281) nel mondo giovanile di oggi. L'appello di Dio alla povertà, che ricorda agli uomini come il loro ultimo progresso consiste nel partecipare come figli alla vita del Dio vivente,(282) li rende anche grati e sensibili all'appello dei giovani poveri. Finalmente con la professione dell' obbedienza sull'esempio del Cristo, venuto ad adempiere la volontà del Padre e in comunione con Lui, ... sono vincolati più strettamente al servizio della Chiesa e dei fratelli,(283) realizzato nella vita in comune. All'interno della Congregazione salesiana e rispetto alle FMA l'unica vocazione religiosa riceve un'ulteriore diversificazione dal fatto che essa è vissuta in base alla consacrazione battesimale-cresimale e sacerdotale oppure battesimale e cresimale soltanto.


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b) così è anche per gli altri Istituti religiosi femminili, mentre gli Istituti secolari, le Volontarie di Don Bosco per es., portano a maturità la loro consacrazione battesimale-cresimale con la professione dei consigli evangelici, unite, nella particolare esperienza di carità a cui si dedicano, dallo spirito salesiano. E realizzano ciò non a partire dalla vita in comune, ma come dall'interno delle strutture del mondo, immerse in esse come il fermento che anima e incrementa il Corpo di Cristo: Nell'attuazione di questa consacrazione secolare, le Volontarie si ispirano al messaggio spirituale di Don Bosco, al quale si ricollegano idealmente attraverso il Servo di Dio Don Filippo Rinaldi,(284)


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c) I Cooperatori Salesiani. Gli impegni cristiani che scaturiscono dalla consacrazione battesimale-cresimale, orientati dalla vocazione a far parte dell'associazione dei Cooperatori Salesiani, vedranno questi ultimi, immersi nelle attività temporali,(285) orientati alla promozione integrale dei giovani poveri e abbandonati, pur senza l'impegno specifico di una consacrazione religiosa e secolare.


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d) Altri gruppi possibili che si organizzino in linea con la ispirazione di Don Bosco, a seconda della fisionomia che si danno e che è loro riconosciuta dalla Congregazione, potranno essere efficacemente presenti in questa Famiglia coi loro valori e i loro preziosi ministeri.


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3. La comunione nella stessa vocazione di base e il minimo di unità istituzionale


a) Lo Spirito Santo tiene uniti questi convocati. Alla base della nostra salesianità c'è la chiamata dello Spirito Santo per la realizzazione organica, pur nella sua complessità, della salvezza dei giovani poveri e abbandonati secondo lo spirito di Don Bosco. In questo senso tutti i membri della Famiglia salesiana sentono autentici i loro legami reciproci. Don Bosco esprimeva ciò nel Regolamento dei Cooperatori: I membri della Congregazione Salesiana considerano tutti i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo....(286) I Cooperatori Salesiani sono coscienti di questa vocazione comune e la esprimono nel Messaggio ai membri del Capitolo Generale Speciale: Crediamo... che i tempi siano maturi perché tra i Salesiani religiosi e i Salesiani Cooperatori si instauri, ad ogni livello, un rapporto vicendevole di vera fraternità, che costituisca, d' ora in poi, il nuovo stile di vita salesiana all'interno delle comunità educative, opportunamente aperte ai Cooperatori, e al di fuori di esse.


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b) L'unità istituzionale. I diversi elementi che compongono la Famiglia Salesiana richiedono tutti qualche espressione esterna ed istituzionalizzata. Sappiamo con quale insistenza Don Bosco voleva riunire pubblicamente (anche se con molta flessibilità) le forze dei suoi diversi collaboratori. Non è qui il luogo di determinare i modi concreti di questa unità visibile e di questa organizzazione. Basta affermarne il principio indiscutibile. Va garantita l'autonomia di ogni gruppo della Famiglia, perché ogni gruppo possa esprimere integralmente le proprie ricchezze; ma va parimenti riaffermato il legame esterno e funzionale dei gruppi, espressione di una comune vocazione salesiana.


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c) Il ruolo particolare della Società Salesiana. A partire dalla iniziativa dello Spirito Santo che ha ispirato a Don Bosco di compiere una determinata missione con un determinato spirito, vediamo il ruolo dei Salesiani nella Famiglia Salesiana. Essi hanno innanzitutto una funzione di stabilità: vivono la missione e lo spirito salesiano nella consacrazione religiosa, secondo la pienezza desiderata da Don Bosco. La loro professione dei consigli evangelici fornisce gli aiuti necessari per la stabilità e la coerente creatività (nei confronti della missione e dello spirito salesiano) all'esterno nella Chiesa, e all'interno nei confronti dei gruppi che compongono la Famiglia. Essi hanno inoltre una funzione di animazione. I Salesiani realizzando in se stessi la pienezza della consacrazione (battesimale, cresimale e per alcuni anche sacerdotale), sono i portatori e gli animatori, nella Chiesa e nella stessa Famiglia salesiana, della missione vista nella sua integralità: dalla promozione umana fino alla pienezza della vita cristiana. Infine essi svolgono una funzione di unione, sia all'interno dei vari gruppi in virtù dell'animazione di cui sopra, sia all'esterno perché in spirito di servizio propongono i legami con i singoli gruppi e con i gruppi fra loro.


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C) L'INTERCOMUNICAZIONE E LA COLLABORAZIONE


1. Ragioni profonde e scopi da perseguire


Le riflessioni precedenti devono necessariamente portare a comunicare le ricchezze di ciascun gruppo perché possano diventare le ricchezze di tutti. E' fedeltà dinamica allo Spirito e ai suoi doni, perché il modo originale ed inventivo di ciascun gruppo realizzi la causa comune della Famiglia salesiana. Per tale intercomunicazione saremo tutti più illuminati sulla verità attuale e sulla autenticità del dono fatto a Don Bosco e dei doni che, in linea con quello, lo Spirito elargisce anche a noi; percepiremo meglio la forza e la fecondità apostolica della nostra missione e del metodo da adottare; giungeremo a vivere l'esperienza evangelica che comunicando tra noi e collaborando nell'azione, ci arricchiamo reciprocamente. La fedeltà dinamica a Don Bosco nell'intercomunicazione e nella collaborazione farà dilatare lo spazio della sua intuizione pastorale e della paternità, che splenderà più luminosa perché ogni aumento di sentimenti fraterni, di unione e di impegno, tra coloro che si riconoscono suoi figli ne esalterà la dimensione. Questa paternità acquisterà dimensioni ecclesiali: Don Bosco infatti è sorgente di religiosi, religiose, laici impegnati e consacrati secolari che sono diretta emanazione del suo lavoro o scaturiti dalla santità dei suoi figli. Attraverso la corresponsabilità e il dialogo le insopprimibili doti dei singoli e le indispensabili varietà dei ministeri, da un lato faranno superare l'uniformità, dall'altro realizzeranno e rafforzeranno l'unità. Coloro che hanno il servizio dell'autorità hanno il dovere di stimolare tale contributo utile all'edificazione del Corpo di Cristo.(287)


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2. Contenuti e modi dell'intercomunicazione e della collaborazione


a) I contenuti. La mutua collaborazione e l'intercomunicazione tra i vari gruppi salesiani potranno avere per oggetto: 1) la situazione concreta nel settore della evangelizzazione giovanile e popolare secondo le modalità della nostra missione;(288) 2) i rapporti con le organizzazioni esterne nella visione di una pastorale d'insieme della Chiesa locale; 3) i mezzi utili per una informazione e una formazione comune in ordine alla missione da compiere.


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b) I modi L'intercomunicazione e la collaborazione non sono da identificarsi con la dipendenza dei vari gruppi dalla Congregazione salesiana. Riaffermiamo, invece, la loro autonomia, sia pure in forme diverse, nella conduzione interna, come anche nel settore amministrativo. L'intercomunicazione e la collaborazione deve avvenire nel settore dell'apostolato salesiano inserito nella Chiesa locale. Le modalità di questo interscambio (rapporti) saranno quindi dettate, di mutuo accordo, dalla realtà della pastorale della Chiesa locale e dalla natura specifica dell'apostolato salesiano.


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3. Conclusioni


La capacità di evidenziare l'unità della missione e dello spirito salesiano nella pluralità delle forme e delle espressioni, la creatività e l'inventiva proprie di ogni gruppo a vantaggio degli altri, ci renderanno più credibili nella Chiesa, comunione di salvezza, più efficaci nel concreto lavoro apostolico, più ricchi nelle realizzazioni personali. L'apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso mostra come segno della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo che disse: Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro (289)


CAPO SETTIMO

ORIENTAMENTI OPERATIVI


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Il Capitolo Generale Speciale affida alle Conferenze Ispettoriali, ai Capitoli Ispettoriali, ai Consigli Ispettoriali l'applicazione pratica degli ORIENTAMENTI che propone ai Confratelli per l'auspicato rinnovamento. Sarà preoccupazione di tali organismi studiare iniziative e determinare interventi atti ad assicurare la graduale realizzazione sia a livello personale che comunitario.


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1. Riscoperta del vero senso della missione


Essendo la MISSIONE un elemento specificante l'identità del salesiano, gli orientamenti operativi al riguardo si considerino decisivi per il rinnovamento.


E' urgente presentare ai confratelli il senso soprannaturale della nostra missione, nei suoi aspetti teologici ed ecclesiali, come partecipazione alla missione del Cristo e partecipazione alla missione del Popolo di Dio.


E' urgente presentare ai confratelli le risorse spirituali racchiuse nella nostra missione, che aiuta a vivere pienamente la consacrazione religiosa e lo spirito di Don Bosco.


Con i mezzi più adeguati (quali l'approfondimento della teologia della vita religiosa attiva, incontri vari di categoria, convegni ed esercizi spirituali organizzati attorno al tema della missione, revisioni comunitarie circa l'ideale della missione e la pratica delle attività pastorali, ecc...) sia a livello individuale, sia a livello di comunità locale che ispettoriale si aiutino i confratelli a vivere generosamente la loro missione salesiana.


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2. Priorità assoluta della pastorale giovanile


Riconoscendo che la nostra missione è a vantaggio innanzitutto della gioventù e che questa ha oggi nella società moderna enorme peso, urge per noi un triplice impegno:


a) conoscenza diretta e riflessa della gioventù attuale e dei suoi problemi;


b) disponibilità piena alla pastorale giovanile sia a livello ispettoriale sia a livello diocesano;


c) ridimensionamento delle nostre opere ed attività nel senso di un servizio adeguato in questa pastorale, per ridestare in tutti i confratelli la carità apostolica di Don Bosco verso i giovani.


Conseguentemente, priorità assoluta alla pastorale giovanile vorrà significare:

-da una parte che le attività e le opere a favore della gioventù impiegheranno la maggior parte del nostro tempo, del nostro sforzo, del nostro personale;

- dall'altra che le attività e le opere a favore degli adulti, compiute secondo le loro esigenze, conserveranno la preoccupazione attenta per i giovani.


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3. Priorità assoluta ai «poveri»


Approfondendo la missione lasciataci da Don Bosco a vantaggio dei giovani, specialmente più poveri(290) e degli adulti più bisogno si del ceto popolare, minacciati nella fede oltre che nella sopravvivenza umana, e notando come il mondo moderno abbia aumentato, spesso tragicamente, il numero e la condizione miserevole degli uni e degli altri, si ricordano gli impegni apostolici verso i giovani specialmente più poveri e gli adulti più bisognosi, con l'intenzione di aiutarli per la loro integrale liberazione materiale, sociale, culturale e religiosa. Questo implica scelte precise: a) orientare gradualmente le nostre forze verso i giovani più poveri e gli adulti più bisognosi, cioè verso quelli che sia nei paesi del sottosviluppo sia nei paesi dell' opulenza hanno meno possibilità di realizzare nella loro vita il disegno di Dio; b) correggere certe ipertrofie di opere orientate in un senso che non testimonia chiaramente il carisma salesiano (per i poveri) e una atrofia propria di quelle opere congeniali e caratterizzanti del carisma salesiano;(291) c) sensibilizzare di fronte al fenomeno della povertà e illuminati dalla dottrina del Concilio e delle encicliche sociali capire il valore evangelico e apostolico dell'impegno per la giustizia nel mondo, in vista dell'avvento di un mondo più umano; d) accettare chiaramente, in tale spirito, questo impegno con le dovute precisazioni e delimitazioni, e senza mai separarlo dall'impegno direttamente evangelizzatore; e) orientare più nettamente il nostro sforzo verso il servizio del terzo mondo, pur senza detrimento del nostro impegno in altri settori ugualmente bisognosi.(292)


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4. Il nostro servizio per la alfabetizzazione


La nostra missione educativa verso i giovani, specialmente i più poveri, viene oggi richiesta in modo urgente nei paesi in via di sviluppo, Poiché il primo obiettivo di un piano organico di sviluppo sociale è l'educazione di base.(293) Pertanto la Congregazione salesiana, attraverso il suo Capitolo Generale, si impegna a collaborare validamente con gli organismi sociali che promuovono l'avvento della giustizia nel mondo con l'educazione di base, a cominciare dall'alfabetizzazione.


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5. Il salesiano diacono permanente


Il nostro CGS si inserisce secondo lo spirito di Don Bosco nel moto di rinnovamento della Chiesa postconciliare che, tra l'altro, ha rivalutato la figura e le funzioni del diacono. L'eventuale diacono salesiano si pone tra i responsabili della missione salesiana, senza alterare la natura della Congregazione, anzi completandola nella articolazione del suo ministero salvifico, in stretta collaborazione col sacerdote (missioni, parrocchie, animazione di gruppi giovanili). affinché nel prossimo sessennio si possa sperimentarne la validità, sarà opportuno che, dove le necessità particolari della Chiesa locale, lo richiedano, i Capitoli Ispettoriali (e i rispettivi Consigli): a) studino le modalità di una sua eventuale istituzione; b) curino l'adeguata preparazione dei candidati al ministero diaconale; c) d'accordo con la pastorale locale, seguano attentamente questa sperimentazione anche in vista di una futura istituzionalizzazione.


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6. Il coadiutore salesiano


Nell'intento di realizzare una sempre più intensa comunione, anche di corresponsabilità direttiva, il CGS, dopo aver ampiamente dibattuto sul coadiutore salesiano nel contesto dell'attuale nostro rinnovamento, dispone che i confratelli coadiutori possano essere immessi nei Consigli ai vari livelli (locale, ispettoriale, mondiale). E' indispensabile, quindi, provvedere adeguatamente e gradualmente per rendere operativa questa decisione.

Perciò:

1) ogni ispettoria si impegni ad offrire un'adeguata preparazione religiosa e teologica e una qualificazione tecnico-professionale ai confratelli coadiutori, anche in vista delle nuove possibili responsabilità;

2) dovunque è possibile, si affidino ai coadiutori responsabilità direttive nei diversi settori di cui si compone l' opera, e in cui si esprime la presenza salesiana, così: scuole, oratori, editrici, ecc.;

3) il lavoro più importante e decisivo da compiere rimane, però, la sensibilizzazione o mentalizzazione, come si dice, dell'intera Congregazione di fronte al Coadiutore salesiano;

4) si prevedano e si organizzino possibilmente:

a) durante il primo biennio dopo la conclusione del CGS un Convegno di confratelli coadiutori in ogni gruppo regionale (o almeno interispettoriale) per chiarire i loro problemi e per orientare pratiche applicazioni alla luce delle deliberazioni del CGS;

b) durante il secondo biennio dopo la conclusione del CGS un Convegno dei confratelli coadiutori a scala mondiale, con rappresentanti di ogni regione.(294)


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7. La pastorale di ogni ispettoria nel contesto della Chiesa locale


Il servizio ecclesiale reso da Don Bosco al Papa e ai Vescovi, il valore conferito alle Chiese locali nel rinnovamento attuale, ci inducono a considerare la consistenza pastorale originale di ogni Ispettoria. Un inserimento più adeguato del servizio pastorale salesiano nella pastorale d' ogni Chiesa locale esige che ogni ispettoria e, ancor più, ogni gruppo di ispettorie studino il modo di presenza originale richiesto. Ne conseguono, per le comunità ispettoriali, l'impegno di un accordo più organico con gli altri organismi locali, soprattutto con quelli che concorrono all'evangelizzazione dei giovani, e un'attenzione speciale agli orientamenti dei Vescovi e delle Conferenze Episcopali interessate. Si rendono indispensabili organi tecnici, come ad esempio, un'équipe di intercomunicazione e di informazione, con ruolo di animazione e di scambio. Questo legittimo pluralismo richiede maggiore impegno per coltivare l'unita, quali il senso della missione e dello spirito comuni, scambi fraterni e frequenti fra le varie comunità ispettoriali e con il Rettor Maggiore, segno sensibile della nostra unità.


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8. Centro di salesianità


Consapevoli quanto la conoscenza approfondita dello spirito salesiano sia di aiuto per il rinnovamento nella Congregazione, auspichiamo la creazione di un Centro di Salesianità, dove vengano studiati i vari aspetti dello spirito salesiano (storico, pedagogico, spirituale, ascetico...). L'attività scientifico-pastorale del Centro tenderà ad offrire ai confratelli, particolarmente ai confratelli in formazione, una dottrina che alimenti e consolidi la loro vocazione e ispiri la loro azione apostolica.


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9. Conoscenza di alcuni scritti importanti di Don Bosco


L'auspicato ritorno alle origini richiede che venga riattualizzato lo spirito del Fondatore.

E' indispensabile conoscere perciò gli scritti più significativi di Don Bosco. Conseguentemente si dia a tutti i confratelli la possibilità di accostare personalmente le fonti salesiane nella lingua nazionale o più familiare.

Sarà preoccupazione dei responsabili provvedere opportunamente alle varie traduzioni di quanto si ritiene più importante per la conoscenza di Don Bosco e del suo spirito, quali le Memorie dell' Oratorio, il Testamento spirituale, il Sistema Preventivo, la Lettera del 1884, l'epistolario.


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10. Presenza educativa tra i giovani


Poiché Don Bosco è stato Padre e Maestro dei giovani facendo sue le loro angosce, le loro speranze e le loro gioie, la fedeltà al sistema preventivo ci domanda di continuare lo stile di vita iniziato da lui: vivere con i giovani, in mezzo a loro e per loro; è un impegno di presenza tra i giovani. Nei cambiamenti attuali si sappia restare fedeli al Sistema Preventivo, che esige una presenza costante. Nelle situazioni dei giovani d' oggi il sistema preventivo esige che si ricerchi una presenza nuova. L'efficacia nostra educativa è legata alla fedeltà rinnovata al sistema preventivo di Don Bosco.


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11. I Salesiani per la Famiglia Salesiana


Essendo i Salesiani, per volontà e desiderio di Don Bosco come il vincolo, la stabilità e l'elemento propulsore della Famiglia, ci impegniamo a promuovere in spirito di servizio scambi fraterni, nei modi e nei tempi ritenuti più opportuni, per un reciproco arricchimento e per una maggiore collaborazione e fecondità apostolica. Ci impegniamo a studiare insieme, nell'accettazione corresponsabile della pastorale della Chiesa locale, le condizioni concrete per un'efficace evangelizzazione e catechesi; di studiare insieme le strutture di informazione e di formazione che ci rendono abili per questo servizio ecclesiale e i mezzi più idonei a realizzarlo.


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12. I Salesiani per i Cooperatori


Accogliendo fraternamente il Messaggio dei Cooperatori ai membri del Capitolo Generale Speciale, proponiamo un lavoro d'insieme per la redazione di un programma di formazione laicale salesiana e per la compilazione di un volume di letteratura salesiana pertinente. Proponiamo che un gruppo di esperti, Salesiani e Cooperatori, rediga il loro nuovo Regolamento, dove si precisino, alla luce della dottrina conciliare e del pensiero di Don Bosco, i rapporti ai vari livelli tra l'associazione e la Congregazione Salesiana.


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13. I Salesiani per gli Ex-allievi


Considerato che gli Exallievi sono il frutto della nostra missione educativa e che essa non si esaurisce al momento in cui lasciano le nostre opere, che anzi esige che sia prolungata e sviluppata nel tempo; e tenuto conto anche delle istanze sorte nel loro Congresso Mondiale:

proponiamo che la cura degli Exallievi sia considerata una delle attività specifiche e preferenziali della Congregazione;

proponiamo che ogni comunità programmi e realizzi questa educazione permanente senza ridurre i nostri contatti con loro solamente ai ricordi del passato;

proponiamo che ogni comunità sia aperta e pronta a ricevere gli aiuti di collaborazione, di consiglio e di sana critica ai metodi educativi che gli Exallievi sono in grado di portare.


(1)LG 43.

(2)ET 51.

(3)Cfr AAS 51 (1959) p 68; 52 (1960) p 183; 54 (1962) p 787 (discorso di apertura del Concilio).

(4)LG 4.

(5)Ps 104, 30.

(6)LG 1.

(7)LG 4; 8 c; cfr LG 8 a; 9 d; GS 21 c.

(8)Questo emerge in particolare dai quattro documenti fondamentali: la Chiesa (LG) ritorna alle sue sorgenti (DV; SC) e si apre al mondo (GS).

(9)LG 1.

(10)LG 44 b.

(11)Cfr AA.VV., Linee di rinnovamento, Torino - LDC 1971, p 112 e Paolo VI, ET 11; 32.

(12)PC 2 a.

(13)PC 2.

(14)ET 11-12.

(15)Cfr per questi quattro aspetti: Gio 14, 26; 16, 13-15; ET 11; LG 4; AG 4; GS 22; 38.

(16)Orazione della festa di S. Giovanni Bosco.

(17)ES 16, 3.

(18)MO, (1873) inizio. E il 2 febbraio 1876, dice ai direttori: Non diede un passo la Congregazione senza che qualche fatto soprannaturale lo consigliasse, non mutamento o perfezionamento o ingrandimento che non sia stato preceduto da un ordine del Signore (MB XII, 69; citato da Don Ceria nell' Introduzione alle MO, p 3). Cfr anche la Messa del 16 maggio 1887 al Sacro Cuore di Roma, in cui capisce, piangendo, tutta la sua vita (MB XVII, 340).

(19)Manoscritto Costituzioni 1859, ACS 022 (1), p 5-7.

(20)MB X, 597.

(21)Canti di introito e di comunione della liturgia del 31 gennaio.

(22)Possiamo trovare espresso questo fatto nella risposta di Don Bosco alla domanda del rettore del seminario di Montpellier sul sistema preventivo: Sono sempre andato avanti come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano (luglio 1886; MB XVIII, 127). Cfr anche Don B. FASCIE, Il metodo educativo di D. Bosco, SEI, pp 20-22.

(23)Cfr studi di Don P. Stella e Don F. Desramaut.

(24)Per chiarire questa visuale tanto importante, ci si potrà riferire alle seguenti fonti: 1. PC 2-3; la parola di Paolo VI ai Capitolari salesiani del 1965 riguardo a questo discernimento (ACG XIX). 2. La spiegazione del rinnovamento degli Istituti religiosi data dal P. Tillard O.P. nel grande Commento al PC: Il rinnovamento della vita religiosa, Vallecchi, pp 92-92. 3. AA.VV., Linee di rinnovamento LDC 1971, i nn 22-27, intitolati: Lo Spirito aiuta gli Istituti religiosi a incarnare il loro carisma in forme concrete sempre aggiornate.

(25)GS 4.

(26)Atti 7, 51.

(27)1 Tess 5, 19.

(28)Cfr ET 38.

(29)Li riconoscerete dai loro frutti (Mt 7, 15-20), questi frutti dello Spirito bene indicati da San Paolo in Gal 5, 22-24.

(30)LG 12 a.

(31)Cfr 1 Cor 12, 32.

(32)ET 55.

(33)Si ` invitati a prendere conoscenza del pensiero della Congregazione su questo tema fondamentale: 1. Radiografia I CIS Ecco ciò ... vol I, pp 68-133; 156-157. 2. Problemi e Prospettive, II, p 23-44; 45-49. 3. Radiografia II CIS, 2 fasc, Istanze 22-48.

(34)Cfr LG 1.

(35)Cfr AA.VV., Linee di rinnovamento, Torino-LDC 1971, II nn 18-26 pp 63, 64, 71-76.

(36)Gio 20, 21; cfr AG 1.

(37)Cfr Gio 3, 16.

(38)LG 1.

(39)LG 15.

(40)Cfr AA 2; AG 5.

(41)AA 5; cfr GS 40 c.

(42)Cfr Rom 15, 16; Fil 2, 17.

(43)AG 5.

(44)Cfr Rom 5, 8.

(45)Cfr PO 10-12.

(46)PC 8.

(47)così si spiega la missione canonica (cfr LG 45).

(48)PC 2 d indica diversi aspetti.

(49)Cfr LG 45; CD 35; ES 1 parte n 22 ss; cfr Linee di rinnovamento, Torino LDC 1971, II n 34 pp 81-82.

(50)CD 35, 2; ET 50.

(51)Cfr PO 7-8.

(52)Cfr AA 2.

(53)Ciò importa evidentemente una concezione chiara della missione da applicare hic et nunc.

(54)Questo appare soprattutto negli schemi dell' azione salesiana. A noi tocca determinare costituzionalmente i contenuti permanenti della missione salesiana ma anche dimostrare l' effetto che subisce questa missione nell' incontro con la situazione globale della Chiesa, del mondo e della gioventù nell' attuale svolta storica.

(55)Cfr GS 1-39; Linee di rinnovamento I pp 15-37.

(56)Cfr Linee di rinnovamento I nn 22-27 pp 30-33.

(57)Cfr GS 36; 41 bc; AA 7.

(58)GS 40 b.

(59)GS 3; cfr 40.

(60)AA 5.

(61)AA 5.

(62)Cfr GS e PP.

(63)GS 63 c.

(64)GS 9 b; cfr 66 a-b; 69 a; 71 f; f; 63-68.

(65)Cfr GS 9 b.

(66)ET 18.

(67)ET 17 ss.

(68)GS 77.

(69)GS 77.

(70)GS 4.

(71)GS 83-90; 75.

(72)Cfr LG 13 bc; 23 d; 28 bcd; AG 1920, 22, 35; Linee di rinnovamento, LDC, II nn 31-55 pp 79-83.

(73)LG 15-17; NAE 1-2; ES.

(74) Questa parte ha per scopo di indicare non i modi né i mezzi della nostra pastorale giovanile (ciò che compete ai documenti sulla azione salesiana), ma l' impostazione in parte nuova della nostra missione come tale e la sua rinnovata opportunità e urgenza.

(75)GS 4.

(76)Card. Villot, Lettera a don Ricceri, 26 aprile 1971.

(77)Lettera 1620.

(78)AA 12.

(79)GE.

(80)Gio 10, 10.

(81)AA 12 b.

(82)Mt 20, 3-7; cfr sul tema "Il servizio salesiano ai giovani", LDC 1970, studi di don Perez e di don Gambino.

(83)cfr Il Servizio salesiano ai giovani, LDC 1970, studio di H. Lecomte pp 85-96.

(84)Juventud y Cristianismo en America Latina, Bogotà 1969 p. 29.

(85)Cfr Costituzioni 1.

(86)art 1; poi 3-7.

(87)CG XIX, doc IX.

(88)Cfr PeP pp 26-27; 36-37 e le risposte alle istanze 33-35.

(89)Cfr PeP istanze 37-41 e le risposte alle istanze 36-44.

(90)Cfr Commento Fr. Desramaut.

(91)Cfr risposte a PeP, Istanze 4344, RICCERI, Lettera sul sottosviluppo, ACS luglio 1970.

(92)MB XVII, 272; Cfr XVII, 207.

(93)Cfr Cost art 5.

(94)ACG XIX doc II, terzo paragrafo; cfr MB V, 411; XII, 87; Cost art 6-7 col commento Fr. DESRAMAUT; Annali della Congregazione, I cap 20 pp 207-215.

(95)PC 24-25; OT 2; PO 11.

(96)Cfr PeP istanze 67-68, formazione dei leaders.

(97)Regolamento per le Case, 1877 parte II capo I p 59.

(98)ACG XIX p 196.

(99)Cfr Documento della CISI, maggio 1969.

(100)Cost art 7 b-10.

(101)ACG XIX doc XII, XVI, XVII.

(102)Cfr risposta all' Istanza 35 di PeP.

(103)Cfr Testo primitivo delle Costituzioni: Scopo di questa Società, art 6, redazione edita in MB V, 933.

(104)Cfr i 41 Contributi di studio all' istanza 4 di PeP, sintetizzati alle pp 43-54 della Radiografia II CIS.

(105)Riferendosi all' azione del suo tempo, don Bosco diceva: i rozzi e gli ignoranti.

(106)Cfr la lista suggestiva in PeP p 42. Da un certo punto di vista qui rientra il problema dei Cooperatori salesiani.

(107)Doc XVIII.

(108)Cfr PeP p 54-55, risposte alle istanze 77-80.

(109)Cfr P. Stella, vol II p 369.

(110)Cfr n 25.

(111)Cfr LG 1.

(112)Gio 10, 14.

(113)GS 11.

(114)Cfr LG 31-36; AA 2-5-7; GE Proemio; AG 5-12; GS 40-43.

(115)Cost 1.

(116)GS 22.

(117)GS 36; cfr sopra n 31.

(118)Cost 5.

(119)GS 40.

(120)GS 40 c.

(121)AA 5.

(122)Cfr GS 39; GS 41 dice che nello stesso ordine divino si identificano il Signore della storia umana e il Signore della storia della salvezza; Cfr GE 1 c; 9.

(123)GS Proemio.

(124)Card Villot, Lettera a don Ricceri.

(125)CD 11; 13; AG 6-13-14.

(126)DCG 17.

(127)ACS n 261 p 38-39.

(128) Cfr GE 1 b; Linee di rinnovamento, LDC 1971, II nn 45/2 e 47/2 pp 97-99-102.

(129)AG 5 a; cfr GE 2.

(130)AA 6 a.

(131)Rimandiamo, per uno sviluppo più ampio, al documento sulla Evangelizzazione e catechesi.

(132)1 Pt 3, 15.

(133)GE 2.

(134)GS 43.

(135)AG 6 c.

(136)AG II; Il Capitolo Generale speciale tratta diffusamente di ciò nel documento 7 su L' azione missionaria salesiana.

(137)Sinodo dei Vescovi La giustizia nel mondo, Città del Vaticano 1971.

(138)Cfr Rom 8, 20 seg.

(139)Cfr OA 4.

(140)Non affrontiamo qui il problema del come andrà realizzato questo impegno. Responsabile ` la comunità salesiana a tutti i livelli (mondiale, ispettoriale, locale); essa studia programma realizza e rivede questo settore del nostro apostolato. Si tratterà, in concreto, di articolare responsabilmente un servizio pastorale che tenga conto delle persone, delle possibilità, delle situazioni, dei luoghi etc.

(141)Ep Vol III, 167.

(142)Cfr OA 2.

(143)La dottrina conciliare dà soltanto i principi (Cfr AA 13-14; 24 GS 63-72, 83-86; cfr pure PP; OA; ET. Il Sinodo dei Vescovi (Doc. Cat. pp 19-21) espone con chiarezza i contenuti e i modi con cui realizzare questa educazione alla giustizia.

(144)Lettera di don Ricceri, ACS n 261 p 36.

(145)PP 35.

(146)AA 7 d; 25 b; cfr pure LG 37 C; GS 43 b; PO 9.

(147)Cfr OA 42 s.

(148)Sinodo dei Vescovi La giustizia nel mondo, Città del Vaticano 1971 p 18.

(149)Cfr Sinodo dei Vescovi Il sacerdozio ministeriale, Città del Vaticano 1971 pp 20-21.

(150)Cfr GS 43; AA 25; PO 9c.

(151)Cfr OA 23; ET 17-18.

(152)Mons. T. ALBERTO Y VALDERIAN Una sintesi del documento sulla giustizia nel mondo (Osserv. rom. 4-11-1971, pp. 1-2).

(153)Don Ricceri, l.c. pp 22-23.

(154)ET 18.

(155)Don Ricceri, l.c. p 25.

(156)Cfr GS 76 e.

(157)Problemi delle migrazioni oggi - Un documento della Commissione Episc. italiana per le migrazioni (Osserv. rom. 19 novembre 1971, p 2).

(158)Don Ricceri, l.c. p 1; cfr ET 18-19-22.

(159)ET 25, 35.

(160)Mt 25, 35.

(161)Cfr Radiografia I CIS, tutto il capo 5 soprattutto pp 97-109, in cui si parla di volontà plebiscitaria della Congregazione; risposte a PeP 54; 62-64.

(162)Per la dimensione ecclesiale della nostra missione cfr sopra nn 27-29-33. Per Chiesa locale intendiamo la diocesi (chiamata dal Concilio Chiesa particolare CD 11), ma più ancora il raggruppamento delle diocesi in Conferenza Episcopale, in vista di promuovere le forze e i metodi di apostolato che sono appropriati alle circostanze.

(163)LG 23 a; cfr 26 a; CD 11.

(164)CD 35, 1.

(165)ET 50.

(166)Regolamento 1876, III.

(167)Per i principi e le modalità con cui si eserciterà nelle nostre comunità salesiane il servizio dell' autorità, cfr i documenti 12, 14, 15, 16.

(168)Cfr LG 45 a; PC 2 b; ET 11; poi PC 20, 21, 22; ET 32. L' espressione ricorre in Conferenze, in lettere, in altri manoscritti di don Bosco, e la tradizione viva l' ha resa familiare a noi Salesiani (cfr anche DON RICCERI, Introduzione alle Costituzioni, 1966 p 58 c).

(169)Sane tradizioni: lo spirito di un Istituto religioso non nasce, né si trova o si conserva allo stato puro, ma si incarna in forme concrete di esistenza, di struttura, in metodi che in qualche modo lo esprimono e servono come veicoli di trasmissione dello spirito nel tempo. L' insieme di tali forme, strutture, metodi sono le sane tradizioni che, secondo il Concilio Vaticano II (PC 2 b), assieme allo spirito ed alle finalità del Fondatore, di cui sono espressione, costituiscono il patrimonio di ciascun Istituto.

Se rinnovarsi ` ritornare alle fonti vive del Vangelo e del carisma del Fondatore, non ` tuttavia un ricominciare da capo. Se alcune di queste tradizioni, in quanto legate al tempo in cui sono sorte, devono essere superate o, meglio, sostituite da altre che dian modo alla vitalità dello spirito di esprimersi in forme nuove, meglio adeguate alla sensibilità degli uomini ed ai segni dei tempi, altre sono così intimamente legate allo spirito del Fondatore, che il loro abbandono sarebbe un impoverimento del patrimonio spirituale ereditato dall' Istituto, una colpa di infedeltà al suo spirito, una alterazione della fisionomia che il Signore gli ha impresso.

Da ciò nasce l' obbligo grave per ogni Congregazione o Istituto religioso di osservare e fedelmente interpretare tali tradizioni. Fedeltà che non ` una monotona ripetizione del passato, ma ` un continuo attingere alle fonti vive da cui si alimenta la sua stessa vita: uno svilupparsi ed un espandersi a partire dalla radice e dal tronco da cui giunge la linfa.

(170)a) FONTI: - Scritti di don Bosco: Memorie dell' Oratorio; Biografia di Domenico Savio; Francesco Besucco; Sistema Preventivo; Sogno di San Benigno 1881; Lettera da Roma 1884; Testamento spirituale 1884-86; Epistolario; Ricordi ai Missionari 1886, Conferenze (manoscritte) ai Salesiani; Ricordi confidenziali ai Direttori 1875; - Atti Ufficiali della Congregazione; - Documentazione dei I e II CIS. b) STUDI: Memorie Biografiche; Studi di E. CERIA, A. CAVIGLIA, P. BRAIDO, F. DESRAMAUT, P. STELLA. Merita particolare attenzione lo studio sulla formazione spirituale di don Bosco (gli influssi di Mamma Margherita, di San Francesco di Sales, di don Cafasso e della Teologia del tempo).

(171)Lo scopo di questa Congregazione si ` di riunire insieme i suoi membri ... a fine di perfezionare se medesimi imitando le virtµ del nostro divin Salvatore, specialmente nella carità verso i giovani poveri.

(172)Ecco ciò che pensano i Salesiani della loro Congregazione oggi, vol I p 44.

(173)Linee di rinnovamento, LDC 1971, p 52-54.

(174)Cfr Ef 1, 5.

(175)Cfr P. BRAIDO, Scritti sul Sistema Preventivo, p 28-29.

(176)Lc 10, 22.

(177)La parola i piccoli ` usata spesso nel Vangelo in senso metaforico. Ad es. in Mt 18, 1-6 il Signore accoglie i fanciulli e li presenta come modelli di ogni discepolo che deve divenire piccolo-semplice. In Mt 11, 25 Dio nasconde i suoi misteri ai dotti e sapienti e li rivela ai piccoli cio` alle anime rette e semplici, e quindi accoglienti, a quelle cui la Sapienza rivolge il suo invito (Pr 1, 4; 9, 4). Questi testi toccano gli adolescenti nella misura in cui la loro età e la loro situazione sociale favoriscono quest' atteggiamento interiore di semplicità accogliente.

(178)Cfr Linee di rinnovamento, LDC 1971, II 45, p 96-100.

(179)Mt 4, 23.

(180)Cfr Linee di rinnovamento, LDC 1971, II 21-22 e 45, p. 66-69 e 96.

(181)Ricordiamo le due ragioni profonde per cui don Bosco ha scelto come Patrono della Congregazione san Francesco di Sales, santo allora venerato in Piemonte (per es. dalla Marchesa Barolo): il Vescovo di Ginevra gli apparve come un modello di zelo per le anime, per la difesa della verità, per la fedeltà alla Chiesa Cattolica, e soprattutto come modello di un metodo tutto evangelico di esercitare questo zelo: carità e dolcezza, buone maniere, grande calma, straordinaria mansuetudine dice don Bosco stesso. (MO p 141; Regolam. dell' Oratorio, 1877 p 4).

(182)Tito 3, 4.

(183)Gio 10, 34.

(184)Lc 22, 24-27

(185)MB XII, 143.

(186)MB XII, 143.

(187)DON CERIA, Annali I, p 722.

(188)MB XVIII, 36.

(189)MB V, 577.

(190)MB XVII, 11.

(191)Sistema Preventivo in Regolamenti art 86-88.

(192)MB XII, 224; IX, 705.

(193)Cfr Sistema Preventivo in Regolamenti art 86.

(194)MB VI, 15.

(195)1 Cor 13, 7.

(196)1 Tess 5, 21.

(197)Gal 5, 22.

(198)Da una Conferenza di don RINALDI nel 1927.

(199)Cfr Linee di rinnovamento, LDC 1971, III 60-63, p 145-148.

(200)E. CERIA, Annali I, p 728.

(201)Sistema Preventivo in Regolamenti art 92.

(202)MB VII, 334.

(203)Ef 1, 5.

(204)Cfr Is 11, 1-5; 42, 1-4; 61, 1-2.

(205)Lc 4, 18; Cfr Gio 10, 36.

(206)Cfr Ef 5, 26-27.

(207)1 Pt 2, 9-10; Cfr LG 10.

(208)Importanti LG 44 a, PC 5 a.

(209)LG 44 a.

(210)Cfr LG 45 c.

(211)Cfr PC 1.

(212)LG 44 b.

(213)LG 44 d.

(214)LG 44 c; 46 b; 38 a.

(215)Cfr ET 1, 3, 13, 31, 34, 42, 50, 53.

(216)J. BEYER SJ, prefazione al libro di P. OLPHE-GAILLARD, Chr tiens consacr s, Paris Lethielleux 1971 p 6.

(217)PC 8.

(218)PC 8.

(219)PC 8.

(220)Ad es. Pio IX: cfr Proemio alle Costituzioni p 24.

(221)Michele Rua, chierico, fu il primo ad emettere i voti privatamente, il 25 marzo 1855.

(222)Cfr prima redazione dell' art 1 delle Costituzioni del 1858 sullo scopo della Congregazione: perfezionare se stesso imitando le virtµ del Salvatore, specialmente nella carità verso i giovani poveri (Archivio salesiano 022).

(223)Espressione di cui fa uso il Concilio a tradurre il rapporto tra ministero sacerdotale e celibato: PO 16 b.

(224)LG 46 b.

(225)LG 43 a.

(226)Cfr PO 12-14.

(227)PO 15-17.

(228)1 Gio 1, 1.

(229)Cfr PC 8.

(230)PC 8.

(231)PC 8.

(232)Cfr Proemio alle Costituzioni p 24.

(233)Cfr Costituzioni art 188 e Sistema Preventivo in Regolamenti art 97.

(234)Mc 16, 17-20.

(235)ET 7.

(236)PC 3 ab, cfr 20 a.

(237)Cfr PC 2 c.

(238)PC 8 b.

(239)PC 8 b. Questi testi fondamentali sono da completare con la Ecclesiae sanctae II, 16-18, 25-27.

(240)ET 12.

(241)Cfr P. STELLA, La società salesiana in don Bosco, vol I cap 6 pp 129-165; M. MIDALI, Carisma salesiano e istituzione salesiana, in Il carisma permanente di don Bosco, LDC 1970, pp 123-155.

(242)MB IX, 502.

(243)Costituzioni 152.

(244)ACS 1923 p 41.

(245)ET 32.

(246)ET 33.

(247)ET 32.

(248)ET 34.

(249)ET 36.

(250)PC 8.

(251)ET 32.

(252)Cfr nn 30-33.

(253)Cfr più diffusamente i nn 28, 30, 33, 78-84.

(254)P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, PAS Verlag, II p 15.

(255)Cfr nn 31-33.

(256)PO 12.

(257)PO 6.

(258)ACS 24 luglio 1927 p 574.

(259)Don RICALDONE, ACS 1939 p 180.

(260)MB XVI, 312.

(261)LG 29 e Lettera Apostolica - Motu Proprio Sacrum Diaconatus Ordinem.

(262)Dal Regolamento dei Cooperatori, Introduzione anno 1876.

(263)Bollettino Salesiano, genn. 1878 pp 1-3.

(264)Progetto di deliberato per il Capitolo Generale, 1, 1877; Manoscritto di don Bosco.

(265)MB XVII, 25, citato in P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, PAS Verlag, I pp 220-221.

(266)Regolamenti I, 1963 p 8.

(267)Ivi p. 9.

(268)Ivi p. 13.

(269)Regolamento I, 1963 p. 28.

(270)GE 8.

(271) Statuto art. 7.

(272)Cfr I e II CIS.

(273)LG 10 a; 35 a; 48 b; UR 2 e; 12 a; GS 93 a.

(274)LG 5; 9 b; 35 h; 36 a; AG 42 b; GS 38 a; 39 b.

(275)LG 41.

(276)LG 42.

(277)Regolamento VI p 16.

(278)Ivi p. 13.

(279)Manoscritto citato.

(280)Cfr LG 32 c.

(281)LG 42 c.

(282)PC 13.

(283)ET 23.

(284)Costituzioni delle VDB (Volontarie don Bosco) art 5.

(285)Cfr GS 43.

(286)Regolamento IV p 13.

(287)Cfr AA 3 d: PO 9 b.

(288)Cfr cap II nn 58-84.

(289)Mt 18, 20; AA 18.

(290)Art 1 Costituzioni.

(291)DON RICCERI, Lettera... p 20.

(292)n.b.: per gli orientamenti operativi sulla Evangelizzazione e Catechesi cfr Documento 3.

(293)Cfr p 35.

(294)Per la elezione e la rappresentatività dei singoli coadiutori, si potrà studiare una formula analoga alla elezione e rappresentatività dei Delegati al Capitolo Generale Speciale.