COELHO%2C Lettera sul tirocinio%2C 15.10.2019 ITA


COELHO%2C Lettera sul tirocinio%2C 15.10.2019 ITA

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SOCIETA’ DI SAN FRANCESCO DI
SALES
SEDE CENTRALE SALESIANA
Via Marsala 42 - 00185 Roma
Consigliere generale per la formazione
formazione@sdb.org
Sacro Cuore, Roma, 15 ottobre 2019
Prot. 19/0430
Oggetto: Esperienza educativa pastorale del tirocinio
Carissimi Ispettori e membri del Consiglio ispettoriale,
Delegati ispettoriali e membri della commissioni ispettoriali per la formazione,
Direttori e confratelli delle comunità con salesiani in tirocinio,
Confratelli che vivono l’esperienza del tirocinio,
Saluti dalla Basilica del Sacro Cuore in Roma.
Sto scrivendo questa lettera a pochi passi dalla stanza dove don Bosco ha scritto la lettera
del 10 maggio 1884, dove ci ha comunicato il suo cuore e il suo pensiero sulla pedagogia e
spiritualità che ci ha trasmesso come preziosa eredità, e ci dice che tipo di salesiano vuole che
noi diventiamo per i giovani di ogni epoca.
Ciò che intendo comunicarvi in questa lettera riguarda l’ESPERIENZA FORMATIVA NEL
TIROCINIO e il modo di accompagnare i confratelli che vivono questo periodo della loro vita, che
la nostra Ratio dice di essere “dal punto di vista salesiano, la fase più caratteristica della
formazione iniziale” (FSDB 428).
Vorrei riflettere con voi su ciò che le Costituzioni, i Regolamenti e la Ratio dicono sul
tirocinio, tenendo conto anche di quanto è emerso dalla ricerca sul sull’Accompagnamento
Personale Salesiano - in cui 554 tirocinanti hanno inviato il loro contributo (78% del totale) -, e
della condivisione circa l’esperienza di tirocinio di molti giovani confratelli incontrati negli
ultimi cinque anni (in particolare quelli del primo anno di formazione specifica, sia coadiutori
che aspiranti al sacerdozio).
1. Costituzioni art. 115 sul tirocinio
C 115. Il tirocinio
Nel corso di tutta la formazione iniziale, insieme allo studio, si dà importanza alle attività
pastorali della nostra missione.
Una fase di confronto vitale e intenso con l'azione salesiana in un’esperienza
educativa pastorale è il tirocinio. In questo tempo il giovane confratello si esercita
nella pratica del Sistema Preventivo e in particolare nell’assistenza salesiana.
Accompagnato dal direttore e dalla comunità, realizza la sintesi personale tra la
sua attività e i valori della vocazione. [Vedi anche R 86 e 96]
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Un primo punto da notare è che C 115 non si concentra sull’azione educativa e pastorale
in quanto tale, ma sull’ESPERIENZA VITALE E INTENSA che il confratello fa di tale
azione. È la qualità DELLA ESPERIENZA VISSUTA che fa sì che il tirocinio diventi “la fase più
caratteristica della formazione iniziale” (FSDB 428).
L’integrazione delle attività e dei valori fondamentali della nostra vocazione qui menzionata
è un eco, infatti, del “fare esperienza” dei valori della vocazione salesiana di C 98. E sia C 98 che
C 115 sono ripresi in una nuova sintesi in C 119, che è l’articolo finale della terza sezione delle
Costituzioni sulla formazione, dove si coglie in sintesi l’essenza della formazione dei salesiani di
Don Bosco:
Vivendo in mezzo ai giovani e in costante rapporto con gli ambienti popolari, il salesiano
si sforza di discernere negli eventi la voce dello Spirito, acquistando così la
capacità d’imparare dalla vita. Attribuisce efficacia formativa alle sue attività
ordinarie e usufruisce anche dei mezzi di formazione che gli vengono offerti... (C 119).
C 119, come C 98, non parla del tirocinio in quanto tale, ma della “formazione permanente”,
che descrive come “un’attitudine permanente”. Tale attitudine o disposizione del cuore è la
capacità di apprendere dell’esperienza che a sua volta è discernimento della voce dello Spirito. A
maggior ragione possiamo dire che il tirocinio non è questione di lavorare, lavorare e lavorare
sempre di più, ma l’apprendere l’attitudine e l’arte di quella formazione che dura per tutta la
vita. Questa, che è la fase più caratteristica della nostra formazione, prima full immersion come
religiosi nell’attività educativa e pastorale salesiana, è quindi tutta da giocare
sull’apprendimento dall’esperienza e sul discernimento della voce dello
Spirito nel contatto vivo e costante con i giovani.
L’ASSISTENZA SALESIANA è il segno distintivo del tirocinio. L’ “assistenza salesiana” è
la nostra presenza educativa quotidiana tra i giovani, come mirabilmente descritta in C 39, con
un commento molto significativo nel Progetto di vita dei salesiani di Don Bosco (pag. 338-341),
che invito tutti a leggere, cominciando dai nostri giovani confratelli tirocinanti.
L’assistenza è il sistema preventivo messo in pratica. Richiede “la simpatia e la volontà di
contatto con i giovani” (C 39). È una presenza fraterna piuttosto che istituzionale o autoritaria. È
una presenza attiva e proattiva. È anche una presenza animatrice, che sa che i giovani non sono
oggetti, ma soggetti attivi e responsabili della nostra pastorale. È una presenza di testimoni
credibili, che sanno ascoltare, apprezzare e dialogare.
Tutto ciò significa che ci sono grandi attese sui giovani confratelli! Devono essere sempre
fisicamente presenti, e insieme molto creativi. Devono comprendere i giovani e il “nuovo mondo”
a cui appartengono, ma anche far sì che si comportino come i salesiani più adulti da loro esigono.
D’altro canto, i nostri giovani in tirocinio sono precisamente questo: “tirocinanti” che,
ovviamente non ancora esperti, sono nuovi nel loro lavoro. Se hanno incontrato salesiani che
erano sempre presenti tra i giovani, e se sono vissuti in comunità “in grado di comunicare
vitalmente l’ideale salesiano” (C 104), sono stati fortunati e avranno già un’idea di cosa fare e
come muoversi. Se invece le loro esperienze precedenti sono state negative, come talvolta
accade, arrivano in tirocinio con gravi lacune. Sarà per loro una vera benedizione se trovano
comunità accoglienti “in grado di comunicare vitalmente” il valore e il significato del sistema
preventivo e dell’assistenza salesiana.
“La capacità d’imparare dalla vita” avviene anche grazie al fatto che il confratello in
tirocinio è “ACCOMPAGNATO DAL DIRETTORE E DALLA COMUNITÀ”. Se tale sostegno e
accompagnamento è sempre importante in ogni momento della nostra storia personale, ancora
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di più lo è durante la prima full immersion di un confratello nella vita salesiana di una comunità
in piena attività educativo-pastorale.
Una comunità con tirocinanti è, a tutti gli effetti, una “casa di formazione”, che avrà in
ogni caso un forte impatto sulla vita del giovane confratello che è stato inviato come membro di
quella comunità. Il direttore di quella casa è prima di tutto un formatore, non solo dei più
giovani affidati alle sue cure, ma anche degli altri salesiani, affinché insieme possano vivere con
“efficacia formativa” le loro “attività ordinarie” (C 119), guidando i più giovani prima di tutto
con il loro esempio.
L’accompagnamento dei confratelli durante il tirocinio è la chiave per far sì che l’esperienza
sia davvero formativa. Questo è ciò che Cafasso ha fatto con Giovanni Bosco, quando a 26 anni
era appena arrivato a Torino. Attraverso l’accompagnamento di Cafasso, quello che Giovanni ha
visto nelle carceri minorili e nei miserabili quartieri periferici di Torino è diventata
un’esperienza trasformante, della cui fecondità continuiamo ad essere testimoni oggi.
Molto presto saranno disponibili gli Orientamenti e linee guida su Giovani salesiani
e accompagnamento, frutto di uno studio che ha coinvolto l’intera Congregazione negli ultimi
anni. Questo studio ha confermato con abbondanza di dati empirici ciò di cui già avevamo
consapevolezza: che cioè la fase di formazione iniziale che richiede più attenzione e
accompagnamento è precisamente il tirocinio.
Quando c’è un buon accompagnamento e quando il giovane confratello si sente compreso e
incoraggiato, ecco che cresce e beneficia dell’esperienza che sta facendo, anche quando è molto
impegnativa ed esigente. L’accompagnamento dell’esperienza aiuta a chiarire e rafforzare le
proprie motivazioni e quella “retta intenzione” che è l’energia di base del cammino vocazionale
salesiano, aprendo al confratello nuove opportunità di crescita per far fiorire i suoi doni e il
potenziale di carisma salesiano che si porta dentro.
Purtroppo, per un numero grande di confratelli in tirocinio la situazione in cui si vengono a
trovare non è questa, o non è stata questa. I dati della ricerca e la condivisione con giovani
salesiani in numerose ispettorie mettono in evidenza la grave mancanza di accompagnamento,
laddove il principale e quasi unico focus è il lavoro da svolgere, con una grande quantità di
compiti e attività caricate sulle spalle del nuovo arrivato, senza sufficiente introduzione o
orientamento per potersi inserire bene nel nuovo contesto, e senza prendersi cura di come si
sente e se è effettivamente in grado di farcela.
La situazione peggiore si verifica quando c’è un marcato settorialismo e gli ambiti di lavoro
sono strettamente delimitati; ogni ‘incaricato’ (preside, responsabile dell’internato...) si aspetta
che il confratello in tirocinio sia a sua disposizione, con lo stesso direttore che si pone come uno
in più nella lista di queste autorità da assecondare. Immaginate cosa succede s quando non solo
il lavoro è a compartimenti stagni, ma ci sono anche rivalità i tra i settori. Il tirocinante può
trovarsi al centro di riprovevoli competizioni del tipo ‘tiro alla fune’, con alcuni dei più adulti
che possono fare pesare come minacce più o meno velate possibili conseguenze negative al
momento delle ammissioni.
Come dunque posizionarci difronte all’accompagnamento dei confratelli in tirocinio?
La presa di posizione più importante è a livello di governo ispettoriale,
come gli Orientamenti e direttive già menzionati asseriscono: la scelta di comunità idonee per
l’esperienza formativa del tirocinio, la disponibilità di buoni accompagnatori, ecc.
Per quanto riguarda il direttore di una comunità con tirocinanti, la sua prima responsabilità
è verso i confratelli, a partire dai più giovani: egli ha “responsabilità diretta anche verso ogni
confratello: lo aiuta a realizzare la sua personale vocazione e lo sostiene nel lavoro che gli è
affidato” (C 55). È il guardiano del carisma e la guida spirituale della comunità. Incontra
“frequentemente” i suoi confratelli per il colloquio (C 70, R 49). Gli Orientamenti e
direttive chiedono al direttore di distinguere con chiarezza il colloquio e l’accompagnamento
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spirituale personale (“direzione spirituale”), e di rispettare la libertà di ciascuno nel scegliere la
sua guida spirituale. Farà del suo meglio per creare un clima di famiglia e un’atmosfera di
reciproca fiducia e confidenza, dando ogni mese il tempo e l’opportunità ai confratelli in
tirocinio per incontrarlo. Inoltre, se è benedetto dalla presenza di più di un tirocinante, potrebbe
essere utile avere cono loro anche almeno un incontro mensile congiunto, al fine di condividere
e imparare insieme dall’esperienza.
2. Regolamenti art. 86 e 96
R 86. Le esperienze pastorali si attuino in attività proprie della nostra missione e abbiano
per scopo lo sviluppo dello spirito apostolico e delle capacità educative pastorali
del salesiano in formazione. Siano differenziate e graduate, tenendo conto della
maturazione personale e religiosa del confratello e della fase formativa in cui si
trova.
R 96. Il tirocinio dura ordinariamente due anni e viene fatto prima della professione
perpetua in una comunità che presenti i requisiti richiesti per la validità di questa
esperienza.
L’articolo 86 dei Regolamenti ci ricorda che l’obiettivo delle esperienze pastorali durante la
formazione iniziale non è il lavoro da svolgere, ma piuttosto lo SPIRITO APOSTOLICO da
sviluppare attraverso “le attività proprie della nostra missione”. Ecco nuovamente l’invito a un
adeguato accompagnamento nel quale il giovane confratello viene aiutato a imparare
dall’esperienza.
Ciò significa che non possiamo assegnare qualsivoglia occupazione ai giovani confratelli in
tirocinio. Essere generosi e disponibili da parte loro fa sicuramente parte del nostro spirito, ma
le energie dei giovani devono essere investite in modo tale che l’esperienza porti allo “sviluppo
dello spirito apostolico e delle capacità educative pastorali del salesiano in formazione”. Tale
obiettivo richiede un discernimento di qualità al momento della programmazione fatta come
comunità, come anche al momento della valutazione, e non solo sul tirocinante e sul lavoro che
gli è stato assegnato, ma anche sulla comunità nel suo insieme e il modo in cui lo
accompagna. Quando ciò che è richiesto al giovane confratello e l’accompagnamento che gli
viene dato non è in linea con questi obiettivi, il direttore ha il dovere morale di intervenire e
riorientare la comunità e i confratelli.
R 86 chiede anche che le esperienze che vengono proposte “SIANO DIFFERENZIATE E
GRADUATE, tenendo conto della maturazione personale e religiosa del confratello e della fase
formativa in cui si trova” (vedi anche CG27 71,4). Il riferimento principale qui è l’insieme di
esperienze apostoliche vissute nell’intero arco della formazione iniziale, ma ovviamente questo
include anche la fase del tirocinio. Il criterio principale non è tanto la diversità e la gradualità,
quanto lo sviluppo personale, religioso e pastorale del giovane confratello. Don Bosco era un
artista nella capacità di trovare per ciascuno dei suoi giovani salesiani ciò che era più adatto alla
sua personalità e ai suoi doni. Avremo anche noi i nostri Michele Rua e anche i nostri Cagliero;
lasciamoci ispirare e guidare dal nostro fondatore e dalle Costituzioni che prendono il suo posto.
R 96 si prende la cura di dare specifiche indicazioni circa le comunità alle quali i confratelli
vengono inviati per il tirocinio: “UNA COMUNITÀ CHE PRESENTI I REQUISITI RICHIESTI per
la validità di questa esperienza”. Qui il governo a livello ispettoriale svolge un ruolo
fondamentale. L’ispettore, ovviamente, non agisce mai da solo: ha il suo Consiglio, i suoi delegati
per la formazione e per la pastorale giovanile; ha la possibilità di animare e dare indicazioni
durante le riunioni dei direttori e in altri incontri con altri confratelli o collaboratori. Tutto ciò
contribuisce alla animazione e al governo della ispettoria, anche per quanto riguarda questo
delicato atto di discernimento: inviare giovani confratelli in comunità che “che presenti(no) i
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requisiti richiesti per la validità di questa esperienza”. Siamo molto chiari su questo punto:
l’unico criterio da seguire è la formazione, non c’è n’è altro. I tirocinanti non sono manodopera a
basso costo, non hanno lo scopo di riempire i buchi, non possono essere inviati semplicemente
per soddisfare le esigenze dei confratelli che sanno come far sentire forte la loro voce. Ogni
ispettoria ha bisogno di una solida formazione, e R 96 ci ricorda un elemento importante e
indispensabile all’interno di quella formazione ha luogo nel tirocinio.
Ove possibile, è utile, come afferma la nostra Ratio (441 FSDB), assegnare più di un
tirocinante alla stessa comunità. Ancora una volta, l’idea non è tanto quella di soddisfare i
“bisogni” di una comunità e il suo lavoro, ma di garantire qualità alla esperienza formativa.
Che dire delle comunità che hanno veramente bisogno di aiuto, ma non possono fornire ciò
che è necessario per la validità dell’esperienza formativa del tirocinio? Qui gli ispettori devono
essere fermi. Non possono mai sacrificare o mettere a rischio la crescita vocazionale di un
confratello sotto la pressione delle emergenze.
Per quanto riguarda le comunità che ricevono tirocinanti ma non soddisfano i requisiti
formativi, ugualmente sta agli ispettori prendere decisioni chiare: nessun tirocinante per quelle
comunità.
3. FSDB 428 e 429
FSDB 428. “Nel corso di tutta la formazione iniziale, insieme allo studio, si dà importanza
alle attività pastorali della nostra missione. Una fase di confronto vitale e intenso con
l’azione salesiana in un’esperienza educativo-pastorale è il tirocinio. In questo tempo il
giovane confratello si esercita nella pratica del Sistema Preventivo e in particolare
dell’assistenza salesiana. Accompagnato dal Direttore e dalla comunità, realizza la sintesi
personale tra la sua attività e i valori della vocazione” (C 115). È questa, dal punto di
vista salesiano, la fase più caratteristica della formazione iniziale; il modello a cui fa
riferimento è l’esperienza che Don Bosco ha vissuto con i giovani del primo
Oratorio.
429. L’intenzione e la prospettiva formativa sono prioritarie nel tirocinio, che ha come
primo scopo la formazione del confratello. Due sono gli obiettivi del tirocinio:
- la maturazione nella vocazione salesiana: il confratello, esercitandosi nella
missione e nello spirito del Sistema Preventivo, sviluppa le sue attitudini
e la sua responsabilità e mira a realizzare una “sintesi personale tra la sua
attività ed i valori della vocazione” (C 115);
- la verifica dell’idoneità vocazionale attraverso l’esperienza personale e
comunitaria della missione salesiana, in vista della professione perpetua.
FSDB 428 e 429 riprendono e sviluppano ulteriormente temi che abbiamo già incontrato nelle
Costituzioni e Regolamenti:
- fin dall’inizio abbiamo prestato attenzione a quell’affermazione di grande peso:
salesianamente parlando il tirocinio è la fase più caratteristica della formazione iniziale;
- ripetutamente si è insistito sul fatto che la il fine principale del tirocinio è
la formazione del confratello;
- abbiamo parlato dell’assistenza come segno distintivo del tirocinio: il confratello si
esercita nello spirito e nella missione del sistema preventivo;
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- abbiamo visto che la sintesi personale tra la sua attività e i valori della vocazione (C 115)
fa eco a C 98 e viene riassunta da C 119 nel discernimento come dimensione chiave della
formazione permanente per il salesiano.
Due elementi nuovi che la Ratio evidenzia sono il riferimento al primo Oratorio come
modello e a due obiettivi del tirocinio.
Il riferimento all’ESPERIENZA DI DON BOSCO NEL PRIMO ORATORIO è assai più che un
ricordo storico. È un modo per dare enfasi alla natura carismatica salesiana di questa fase della
formazione, in cui la nostra missione, che “dà a tutta la nostra esistenza il suo tono concreto” (C
3), può essere vissuta così intensamente da modellare il cuore, la mente, le energie di un figlio di
Don Bosco. L’esperienza è arricchita dalla solida riflessione e dal riferimento alle fonti salesiane.
La fase di formazione pratica richiede una formazione intellettuale non inferiore alle altre fasi,
anche se ovviamente la percentuale di tempo dedicata allo studio sarà diversa. Con l’aiuto del
direttore e di altre guide, in costante contatto con i giovani e insieme ai laici che condividono la
nostra missione, il giovane confratello può essere aiutato a integrare vita e riflessione. Molto
dipende, ancora una volta, dalla qualità dell’accompagnamento offerto in questa fase.
I due obiettivi qui indicati sono (1) la maturazione nella vocazione salesiana e (2) la verifica
dell’idoneità vocazionale in vista della professione perpetua.
La “MATURAZIONE NELLA VOCAZIONE SALESIANA” comprende esercitarsi nello spirito e
nella missione del sistema preventivo, sviluppando le corrispondenti attitudini e senso di
responsabilità, e l’integrazione tra attività e valori fondamentali della nostra vocazione,
attraverso un processo di attento discernimento sull’esperienza, così da imparare da essa.
La “VERIFICA DELL’IDONEITÀ VOCAZIONALE” avviene in modo formale e informale: i
modi formali sono le valutazioni periodiche (scrutini) e le ammissioni ai rinnovi dei voti e alla
professione perpetua. La ricerca del 2017 mostra che ci sono difficoltà presenti in tutte le
regioni sul modo in cui queste valutazioni vengono condotte e comunicate. Ciò
che dovrebbe essere un aiuto per la crescita personale spesso non raggiunge questo obiettivo. Il
nostro nuovo documento Giovani salesiani e accompagnamento: orientamenti e
direttive (2019) ha questo da dire al riguardo:
L’équipe di formazione è invitata a riflettere attentamente sullo scopo e sulle modalità della
valutazione periodica, al fine di garantire un processo sano, che davvero favorisca
la formazione e la crescita dei giovani nelle loro comunità. È importante sottolineare che
la valutazione non è di per sé un processo di discernimento legato all’ammissione di un
candidato alla fase successiva. Le ammissioni sono atti giuridici che coinvolgono
l’ispettoria e non solo il consiglio della casa, mentre lo scopo principale delle valutazioni
periodiche è quello di favorire la crescita vocazionale di chi le riceve, attraverso i contributi
qualificati offerti dai membri del consiglio locale. Lo scrutinio formativo è una valutazione del
cammino del formando. Utilizzato nella formazione iniziale per personalizzare il cammino
formativo, è un mezzo da valorizzare da parte del direttore e della guida spirituale per
l’accompagnamento personale del formando. Poiché ogni fase formativa ha i suoi traguardi
specifici che riguardano la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale, i formatori – e
più precisamente il direttore con il consiglio della comunità – valutano il progresso del formando
secondo tali obiettivi. Lo scrutinio tiene conto del progresso fatto rispetto alle valutazioni
precedenti.
Un suggerimento della Ratio può essere utile: coinvolgere attivamente il giovane in
formazione nel processo di valutazione. “Nel periodo della formazione iniziale, per valutare
e stimolare il processo formativo personale si compiano gli scrutini ogni tre mesi. Si mettano
a confronto gli obiettivi della fase e il cammino del confratello, verificando la maturazione
vocazionale in continuità con le valutazioni precedenti. Il confratello sia coinvolto nella
verifica con diverse modalità” (FSDB 296).
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Ciò che comunque rimane come principio fondamentale è che le valutazioni devono fare
costante riferimento alla “via evangelica tracciata nelle Costituzioni Salesiane” (C 24). Fanno
parte infatti di quell’assistenza dei nostri fratelli salesiani, che invochiamo nella formula di
professione, come aiuto per essere fedeli giorno per giorno. I nostri fratelli in formazione
iniziale devono essere aiutati a ricordare che tale assistenza nel vivere il nostro stile di vita
evangelico è parte essenziale della nostra crescita e fedeltà. (Giovani salesiani e
accompagnamento: orientamenti e direttive 169-170)
Guardando più in particolare nella fase del tirocinio, c’è un interessante suggerimento della
Ratio sulle valutazioni nel tirocinio che non è ancora sufficientemente conosciuto e praticato:
È opportuno che alla conclusione del tirocinio ci sia una valutazione globale di tutta
l’esperienza e del cammino vocazionale fatto, sia da parte dell’Ispettore e della comunità sia
da parte dell’interessato (FSDB 439).
Vale la pena prendere sul serio questo invito.
Lo scrutinio è una valutazione della crescita nella vocazione salesiana; comporta uno sforzo
di integrazione; coinvolge non solo l’ispettoria e la comunità locale - sia religiosa che educativo-
pastorale, siamo portati a pensare - ma anche il confratello stesso. Se portati avanti
regolarmente, gli scrutini possono fornire dati preziosi sulla qualità del tirocinio nella
ispettoria e diventare un aiuto importante per il discernimento circa le comunità in grado di
fornire buone esperienze formative (vedi sopra il commento a R 96).
4. La lettera del 2010 di don Cereda
Ho cercato di riflettere su ciò che dicono le nostre Costituzioni, i Regolamenti e la Ratio sulla
fase formativa del tirocinio. I nostri documenti hanno cose importanti da dire non solo
ai tirocinanti, ma anche agli ispettori e ai loro consigli, ai delegati per la formazione e le loro
commissioni, ai direttori e alla comunità dove il tirocinio ha luogo. La ricerca
sull’accompagnamento personale salesiano evidenzia sia le opportunità che le sfide nel modo in
cui questa fase oggi viene vissuta.
Prima di concludere, permettetemi di citare un punto fondamentale ben illustrato in una
lettera del 2010 di don Francesco Cereda, allora Consigliere per la Formazione, rivolta
principalmente ai confratelli in tirocinio: che cioè ogni confratello in tirocinio rimane il primo
formatore di se stesso, dal momento che “ogni formazione… è ultimamente un’autoformazione”
e “nessuno può sostituirci nella libertà responsabile che abbiamo come singole persone” (PDV
69). Le situazioni di vita reale si presentano sempre come un miscuglio di doni e di sfide. L’apice
della nostra capacità formativa è quando si impara a “vivere con impegno formativo qualunque
situazione, considerandola un tempo favorevole per la crescita della sua vocazione” (C 119).
Possa Maria essere nostra Madre e Maestra mentre diventiamo, e aiutiamo i nostri
confratelli a diventare, educatori e pastori dei giovani nella forma laicale o sacerdotale
dell’unica vocazione salesiana che hanno abbracciato (C 98).
Affettuosamente in Don Bosco,
Ivo Coelho, SDB
Consigliere per la formazione
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DIREZIONE GENERALE OPERE DON
BOSCO
Via della Pisana 1111 - 00163 Roma
Il Consigliere generale per la formazione
Ai Confratelli Tirocinanti
della Congregazione
Loro Sedi
Roma, 17 febbraio 2010
Inizio della Quaresima
Oggetto: Esperienza formativa del tirocinio
Carissimo confratello tirocinante,
tu rappresenti il volto entusiasta e dinamico della nostra Congregazione salesiana in
mezzo ai giovani e sei la speranza del suo presente e del suo futuro nella società e nella
Chiesa. Ti rivolgo questa lettera proprio per l’affetto che ho per te, perché a te principalmente
tocca assumere la responsabilità di rendere formativa l’esperienza del tirocinio che stai
facendo e possa quindi realizzare un vero cammino di crescita vocazionale.
Molteplici sono i motivi che mi inducono a scriverti. Innanzitutto nell’anno centenario della
morte di Don Rua desidero ricordare con te la scelta, che la Congregazione ha fatto durante il
suo rettorato, di porre il tirocinio come momento qualificante del cammino formativo. Inoltre
con questa lettera intendo aiutare te, la tua comunità e l’Ispettoria a porre maggiore
attenzione al tirocinio, che è una fase talvolta trascurata e non adeguatamente compresa.
Infine, rivolgendomi a te personalmente, desidero incoraggiarti a vivere il “tuo” tirocinio in
modo gioioso ed esigente.
Facendo memoria di Don Rua
Durante il rettorato di Don Rua il Capitolo Generale IX del 1901 istituì in tutta la
Congregazione il tirocinio, come fase formativa da svolgersi nelle comunità e opere salesiane
dopo il postnoviziato. Prima di tale decisione capitolare l’assistenza e la pratica del sistema
preventivo venivano svolte insieme agli studi di teologia, rimanendo nelle case. Ciò
rispondeva all’esigenza di essere fedeli alla visione originale di Don Bosco che voleva che i
suoi salesiani si formassero tra i giovani, Questa scelta formativa di Don Bosco, che all’inizio
della Congregazione era pure dettata da scarsità di personale salesiano, risultava però
insoddisfacente e spesso tornava a scapito degli studi teologici.
Per questo Don Rua, attento alla buona preparazione intellettuale dei giovani salesiani,
sollecitò il Capitolo generale che decise di far seguire al corso di filosofia dopo il noviziato
un triennio pratico in una comunità apostolica e poi di erigere comunità formatrici in tutta la
Congregazione in cui attendere seriamente allo studio della teologia. Comunicando la
decisione del Capitolo Generale nella sua lettera circolare del 19 marzo 1902 e riferendosi al
tirocinio, Don Rua scrisse che è in questo tempo specialmente che i salesiani si formano alla
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“vera vita pratica salesiana” e chiese ai Direttori delle comunità di fare da padri e prendersi
una cura speciale dei loro tirocinanti.
Tempo di ricca esperienza vocazionale
Molti salesiani ricordano con gioia i giorni trascorsi tra i giovani nel tirocinio. Certamente la
dedizione ai giovani domandava loro lavoro e sacrificio, ma offriva un’esperienza viva e
gioiosa del carisma salesiano. Penso che questa sia anche la tua esperienza. Sei vicino alle
nuove generazioni, senti “la simpatia e la volontà di contatto con i giovani” (Cost. 39), sei
sensibile ai loro interessi e alla loro mentalità. Sei aperto e flessibile, sperimenti la freschezza
creativa della tua età, sei pieno di energia ed entusiasmo, sai portare l’allegria tra i giovani e
nella comunità, senti la gioia di donarti. In questi ultimi anni vediamo prove di questa
generosità nel numero considerevole di tirocinanti che ogni anno partono per le missioni e si
adattano a diversi climi, culture e lingue.
Stai facendo un’esperienza forte della vocazione salesiana e vivendo un tempo importante di
formazione nelle varie dimensioni : maturazione umana, vita spirituale, crescita culturale e
soprattutto impegno educativo pastorale. E’ una opportunità e una sfida grande di questa fase
formativa l’imparare a vivere la “grazia di unità”, facendo spazio a tutte le dimensioni; in
caso contrario ti trovi frammentato, disperso, svuotato. Tale grazia è dono, ma richiede anche
impegno.
Con i giovani stai facendo il tuo primo vero esercizio di assistenza e insegnamento,
educazione ed evangelizzazione, animazione e autorevolezza. Stai valutando la tua idoneità
alla vita consacrata salesiana, stai preparandoti per la professione perpetua e stai pure
rafforzando la tua identità nella vocazione salesiana presbiterale o laicale. Ti stai
confrontando con te stesso, diventando più consapevole dei tuoi pregi e delle tue limitazioni e
vivendo la spiritualità apostolica salesiana.
La vita e la relazione con i confratelli ti offre l’esperienza viva di una comunità salesiana
apostolica, in cui partecipi come membro responsabile, condividendo la preghiera e il lavoro,
prestando servizi e comunicando idee, rallegrando le conversazioni e ricevendo consigli.
Nella comunità sperimenti l’accompagnamento. Attraverso la comunità ti stai aprendo
sempre più alla realtà dell’Ispettoria e della Congregazione. Mediante i tuoi contatti con i
laici e i vari gruppi impegnati con noi, stai imparando cosa vuol dire far parte della Famiglia
salesiana e del vasto Movimento salesiano e stai apprezzando la grandezza del cuore di Don
Bosco e la ricchezza del suo carisma.
Come vedi, il tirocinio è un tempo forte di crescita vocazionale, non tanto mediante la teoria
quanto mediante l’esperienza vissuta. Ti stai confrontando vitalmente con la realtà salesiana.
Stai scoprendo la gioia di essere salesiano. Nel tirocinio impari ad apprendere
dall’esperienza. Questo tempo è una grande grazia di Dio. Chiediti quale è effettivamente
l’esperienza che stai facendo e se stai valorizzando tutte le potenzialità che essa ti offre per la
tua crescita.
Non privo di difficoltà
Dicendo questo, non intendo trascurare le difficoltà che puoi incontrare nel tirocinio. Talvolta
ti puoi trovare in una comunità con pochi confratelli e con una grande mole di lavoro e
responsabilità, senza troppo tempo per le relazioni fraterne. La tua vita in comunità potrebbe
risultare difficile per le differenze di età, carattere, mentalità o formazione, ma anche per
disattenzioni, malintesi o poca comunicazione; alle volte potresti sentirti solo o senza
l’appoggio che avresti aspettato.
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Trattare con i giovani non è sempre facile. Essi cercano pienezza di vita, spazi di libertà e
autenticità di amore, ma spesso tali valori sono minacciati e compromessi. Il sistema
preventivo ieri si confrontava con il sistema repressivo; oggi la sua sfida è nei confronti del
sistema permissivo, che conduce progressivamente al relativismo e al nichilismo. In questa
cultura è arduo aiutare i giovani a porsi domande, a trovare risposte di senso, ad essere
autorevoli nei loro confronti.
E poi, nella tua vita personale potresti trovarti a sperimentare l’attivismo, che sacrifica la tua
vita spirituale ad un lavoro eccessivo. L’attivismo è la nostra eresia attuale, un nuovo
pelagianesimo che trascura la parola di Gesù “Senza di me non potete far nulla” e che
dimentica la parola del Salmo “Se il costruttore non costruisce la casa, invano faticate”.
L’attivismo rischia di inaridire il tuo cuore e brucia anche le tue migliori energie e risorse,
senza rigenerarle.
Puoi anche sperimentare le dipendenze dalla cultura della comunicazione sociale,
specialmente nell’uso dei personal media. Magari stai prolungando il tirocinio concludendo
gli studi universitari e in questa situazione puoi correre il rischio di non lasciarti coinvolgere
nella vita comunitaria e negli impegni apostolici e quindi di sentirti estraneo in comunità. Ci
possono essere anche altre difficoltà, che è interessante riconoscere per superarle; anche il
confronto con altri tirocinanti ti aiuterà a metterle a fuoco e a cercare insieme come
affrontarle.
Accompagnato dalla comunità e dall’Ispettoria
La Ratio offre orientamenti molto validi, talvolta poco conosciuti, sul tirocinio. Oltre che per
l’Ispettoria e la comunità, è importante anche per te leggere e approfondire queste
indicazioni, al fine di fare il tuo progetto personale di vita annuale come tirocinante e di
valutare la tua crescita. In questi ultimi due anni tutte le commissioni regionali di formazione
si sono soffermate a riflettere sul tema del tirocinio con lo scopo di renderlo un’esperienza
veramente formativa. Ogni Ispettoria è invitata ad avere il proprio progetto formativo per il
tirocinio, che dovrebbe indicare alcune linee d’azione a tre livelli: ispettoriale, comunitario,
personale.
L’Ispettoria potrebbe prefiggersi di creare maggiore sensibilità per le finalità formative del
tirocinio; stabilire di inviare i tirocinanti solo alle comunità con le necessarie condizioni
formative e di scegliere tali comunità; di mandare i tirocinanti almeno in due per ogni
comunità; di incontrare e formare i direttori che hanno tirocinanti; di avere almeno un
incontro annuale dei tirocinanti; …
Il progetto sul tirocinio potrebbe chiedere alla comunità di favorire l’accoglienza dei
tirocinanti con simpatia e comprensione; avere interesse nella loro formazione; assicurare
l’impegno del direttore nell’accompagnamento mediante incontri regolari per il colloquio e la
direzione spirituale; fare regolarmente gli scrutini come aiuto al tirocinante; garantire
l’accompagnamento educativo pastorale; essere vicina ai tirocinanti che prolungano tale fase
con gli studi universitari; …
Nel tirocinante si dovrebbe favorire l’assunzione di responsabilità per la propria formazione;
la fedeltà alla vita di preghiera; la pratica mensile del colloquio e della direzione spirituale; la
partecipazione attiva alla vita comunitaria; la preparazione annuale del proprio progetto
personale di vita; l’autodisciplina e la vigilanza nell’uso del tempo e dei mezzi di
comunicazione sociale; …
Tu puoi notare in tutto questo la sollecitudine e la cura della comunità, dell’Ispettoria e della
Congregazione per te; ma ciò che è importante è il processo di maturazione personale delle
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convinzioni, di rafforzamento delle motivazioni, di trasformazione della mentalità e del
cuore, di costruzione dei legami e affetti duraturi e consistenti. Anche in questo caso chiediti
se stai prendendo parte attiva al tuo processo formativo e se stai costruendo in profondità la
tua identità.
Per una vera esperienza formativa
Tu sei pienamente inserito nel mondo dei giovani; il tirocinio infatti è “una fase di confronto
vitale e intenso con l’azione salesiana in un’esperienza educativa pastorale” (FSDB 428). Sei
impegnato in tante attività e iniziative; stai imparando dalle tue esperienze, quelle positive e
quelle meno riuscite. Ciò che dà senso alla tua vita è la pienezza dell’amore; un amore
ardente e appassionato ti potrà aiutare a rafforzare la tua vocazione, a passare dalla fragilità
alla fedeltà vocazionale.
Amore al Signore Gesù
In mezzo all’affanno delle tante attività di ogni giorno è necessario vivere la “grazia di unità”,
che ti faccia evitare la dispersione, che dia un senso a tutte le tue fatiche, che ti ispiri forza e
coraggio nei momenti difficili, così da arrivare alla fine della giornata stanco, ma anche pieno
di gioia. Ciò che unifica la tua vita è il Signore Gesù e l’amore per Lui. Tu sei un consacrato;
ciò significa che Gesù è il centro della tua vita. Tu Lo ami con tutto il cuore e cerchi di
imitarlo, per essere suo discepolo autentico e apostolo appassionato. Egli ti invia ai giovani e
ti accompagna. Sua è la missione di educare ed evangelizzare; essa libera i giovani dal male,
dalla povertà, dall’ignoranza, dalle cattive abitudini, dalla mancanza di un senso della vita. È
Lui che tu incontri nei giovani a cui sei mandato e a cui vai incontro. Ti ricordi l’esempio del
Beato Artemide Zatti? All’apparire di un povero ragazzo alla porta, chiese alla suora: “Suora,
hai un vestito per un povero Cristo?”.
Non basta lavorare molto. Bisogna avere una forte motivazione per cui si lavora tanto. Allora
il lavoro, anche se duro, ti riempie di gioia. Senza un grande amore e una forte motivazione,
ti può capitare di scoraggiarti, specialmente di fronte a difficoltà, ingratitudini, indifferenza.
L’amore per il Signore Gesù viene dall’incontro con Lui nella “lectio divina” quotidiana,
nell’Eucaristia, nella Confessione frequente, nella preghiera personale. Per poter riconoscere
il Signore Gesù nei giovani, è necessario averlo conosciuto prima; allora essi ti chiederanno
di vederlo e incontrarlo.
Con Gesù vi è la sua e nostra Madre: Maria. Lei è la Maestra promessa a Giovannino Bosco
nel sogno dei 9 anni. Ella ci porta a Gesù, come ha fatto alle nozze di Cana quando ha detto ai
servitori: “Fate tutto ciò che vi dirà”. Maria ti aiuta a dare il primo posto nella tua vita a suo
Figlio, come Lei stessa ha fatto dichiarandosi “serva del Signore”. Immacolata, ti dà
l’ispirazione per l’amore preveniente che ti spinge ai giovani; Ausiliatrice, ti è di sostegno nel
compiere il tuo impegno tra loro. Non tralasciare per questo il Rosario, che è preghiera di
contemplazione e di intercessione.
Amore a Don Bosco e ai giovani
Allo stesso tempo per noi salesiani la strada concreta per seguire Gesù è Don Bosco. Con
l’intervento materno di Maria, egli è stato suscitato da Dio per lavorare tra i giovani. Pensa
per un momento alla grande necessità e importanza della sua, e ora anche della tua, missione
tra i giovani; essi non sono mai un problema; essi sono una risorsa della società e della
Chiesa, non solo per il futuro, ma anche per il presente. “Veramente con c’è niente di più
bello che incontrare e comunicare Cristo” ai giovani (Benedetto XVI, Sacramentum caritatis,
n. 84).
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Abbi dunque fiducia nella tua vocazione e amala: tu sei stato amato dal Signore Gesù ed ora
sei chiamato a fare sì che i giovani si sentano amati da Lui e rispondano al Suo amore
diventando e vivendo come figli di Dio. Questa è l’opera di educazione ed evangelizzazione
che ti è affidata attraverso la pratica del sistema preventivo.
Mantenendo viva in te la predilezione per i giovani, sii contento di stare con loro e di creare
un ambiente di spontaneità, gioia ed amicizia, sapendo essere esigente nella proposta e buono
e paziente nei confronti della loro risposta. Con la tua giovane età e mentalità, e soprattutto
con la tua generosità ed entusiasmo per il Signore, sei in una posizione privilegiata per
rendere testimonianza alla tua vocazione di consacrato e di attrarre qualche giovane a seguire
la vita salesiana. Per te, che sei vicino ai giovani, è importante imparare da subito a fare loro
la proposta vocazionale.
Per amare i giovani e saper lavorare con loro, guarda a Don Bosco. Il tuo compito non è solo
quello di essere amico dei giovani, ma anche di essere loro educatore e pastore. Don Bosco ti
insegnerà come fare. Sii devoto a Don Bosco: studialo, imitalo, pregalo e soprattutto amalo!
Amore alla comunità
Il luogo in cui troverai Gesù, Don Bosco e i giovani è la tua comunità. Dice infatti l’articolo
52 delle Costituzioni: “il confratello s’impegna a costruire la comunità in cui vive e la ama,
anche se imperfetta; sa di trovare in essa la presenza di Cristo”. Dio ti ha messo nella
comunità, “dandoti dei fratelli da amare” (Cost. 50). Accettali dunque dalle mani di Dio e
cerca di coltivare buoni rapporti.
Vivendo con loro, scoprirai non solo i pregi e la ricca esperienza, ma anche i loro difetti,
dovuti anche alla differenza di età, cultura e formazione. È possibile che sperimenti la
difficoltà di vivere insieme. Non cercare la comunità perfetta; non la troverai! Possiamo
invece desiderare una comunità che è in continua conversione, rinnovamento, formazione.
Partecipa alla vita della comunità, collaborando con tutti, portando la tua carica di entusiasmo
ed allegria, abituandoti a riflettere, progettare, organizzare, valutare. Sii aperto a chiedere
consigli e imparare dagli altri.
Tra le persone significative che ti sono poste accanto nella tua comunità cercherai il
confessore; c’è poi il direttore che ti è vicino per accompagnarti. Apri il tuo cuore a loro e
lascia a loro di guidarti. È presunzione pensare che tu sei capace di discernere la tua vita
senza la guida di nessuno. Essi sono i “mediatori dell’azione del Signore” (Cost. 104). Con il
loro accompagnamento maturerai nella tua vita da consacrato salesiano, assumendo gli
impegni della missione con responsabilità, vivendo una vita semplice senza cercare le
comodità, mantenendo rapporti sereni con tutti e usando i mezzi di comunicazione sociale
con prudenza e ascesi. Il colloquio mensile e la direzione spirituale vissuti con semplicità e
umiltà sono una benedizione di Dio. E’ importante avere il progetto personale di vita,
preparato con l’aiuto del direttore, con cui verifichi ogni mese il progresso che stai facendo: è
un modo di assumere la responsabilità per la tua formazione.
Conclusione
Ecco quanto avevo in cuore di dirti perché tu possa fare un’esperienza della vita salesiana in
gioia e pienezza. “L’amore è tutto, nulla è più grande dell’amore”. La centralità di Gesù nella
tua vita, l’amore a Don Bosco e ai giovani, la vita vissuta con apertura ai tuoi confratelli e
specialmente al direttore e al confessore assicureranno la tua fedeltà vocazionale. Tocca a te
assumerti il compito di rendere formativa questa esperienza e di individuare condizioni e
mezzi per renderla tale.
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Ti affido all’intercessione del Beato Michele Rua e ti assicuro la mia vicinanza e preghiera.
Aff. mo in Don Bosco
Don Francesco Cereda
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