CAPITOLO TERZO


CAPITOLO TERZO


CAPITOLO TERZO



LE DIMENSIONI DELLA FORMAZIONE:

VALORI E ATTEGGIAMENTI




54. “Ciascuno di noi è chiamato da Dio a far parte della Società salesiana. Per questo riceve da Lui doni personali e, rispondendo fedelmente, trova la via della sua piena realizzazione in Cristo”1.

La vocazione è una chiamata che giunge attraverso mediazioni e circostanze esterne, ma è in primo luogo la chiamata di Dio che si manifesta attraverso un insieme di doni personali (aspirazioni, attese, progetti, qualità), opera dello Spirito, che sono in sintonia con il progetto vocazionale salesiano e che rendono idonei a viverlo. Questa vocazione si riconosce nella persona, la coinvolge nella sua totalità, in tutte le sue dimensioni e durante tutta la vita.


È compito della formazione aiutare a riconoscere, interiorizzare e sviluppare i valori e gli atteggiamenti che costituiscono l’idoneità vocazionale, che è segno della chiamata e frutto della risposta.

Di conseguenza, la formazione deve essere integrale: comprende la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale2. Sono dimensioni che si integrano fra di loro, sono compresenti e si richiamano a vicenda3; non vanno pensate separatamente ma “devono essere armonizzate in una unità vitale”4.

D’altra parte, la formazione è permanente e dinamica. Le dimensioni di cui si parla e gli elementi che le costituiscono non vanno considerati in forma statica, quasi fossero condizioni che si adempiono o traguardi che si raggiungono una volta per sempre. Vanno visti nel dinamismo e secondo lo sviluppo di ogni persona, nella prospettiva di una risposta continua, stimolata e richiesta dall’evoluzione di ognuno, dalle esigenze della situazione e dalle circostanze che segnano l’esistenza.

L’ottica del carisma salesiano costituisce il punto di sintesi e la prospettiva peculiare da cui le dimensioni sono viste e in base alla quale si sottolineano in esse specifiche connotazioni e aspetti.

55.Le dimensioni indicate includono gli elementi da considerare nel discernere l’idoneità vocazionale. Evidenziano i criteri da assimilare, le attitudini da possedere, gli atteggiamenti da vivere, le attività da praticare per poter assumere e realizzare con gioia e maturità il progetto salesiano.

Quanto è stato detto circa la pluralità di realizzazioni dell’identità salesiana e circa la personalizzazione della vocazione fa capire che anche l’idoneità vocazionale deve essere vista in questa prospettiva e non può essere presa come un modello unico, statico e idealizzato o come la somma di un insieme di requisiti visti separatamente,

La presentazione offre un quadro di riferimento nel quale si trovano allo stesso tempo gli aspetti costitutivi dell’idoneità vocazionale, che si potrebbero chiamare fondanti e caratterizzanti, senza i quali non vi è idoneità per la vita salesiana (requisiti di base e requisiti specifici), e altri elementi da acquisire e da coltivare costantemente per un’esperienza vocazionale più autentica e piena.

Il quadro di riferimento è da assumere secondo il criterio della qualità vocazionale, e quindi un criterio di esigenza e di stimolo permanente, e tenendo presente che ogni salesiano vive in forma personale l’identità vocazionale secondo i doni ricevuti. La pedagogia formativa aiuterà a distinguere in una prospettiva graduale l’idoneità di base, l’idoneità richiesta dai diversi momenti di impegno vocazionale e specialmente la maturità necessaria per l’impegno definitivo.



  1. L’individuazione dei valori e degli atteggiamenti richiesti per tradurre in esperienza personale l’identità salesiana e l’indicazione di linee pedagogiche e di attività per renderli reali offrono ai formatori una base per il loro compito di orientamento e di discernimento. Allo stesso tempo, stimolano ogni confratello a tradurre in impegno concreto il desiderio e la volontà di divenire salesiano con “tutta la sua persona”.

Le diverse fasi della formazione iniziale accentueranno alcuni valori e atteggiamenti più consoni con gli obiettivi specifici. Nelle differenti stagioni e situazioni della vita, nel mutare dei contesti e nel succedersi dei compiti, ogni confratello si sente responsabile di rinnovarsi nella mentalità, negli atteggiamenti e nelle competenze, per poter esprimere al meglio nella propria persona la vocazione salesiana e percorrere la via della santità.




3.1 LA DIMENSIONE UMANA


57.Solo una personalità equilibrata, forte e libera, che sa integrare i diversi aspetti della sua persona in un tutto armonico, può sostenere il cammino di identificazione vocazionale e rendersi capace di vivere con serenità e pienezza la consacrazione religiosa. Senza un’opportuna formazione umana l’intera formazione sarebbe priva del suo necessario fondamento non solo per una giusta e doverosa maturazione di sé, ma anche in vista della missione5.

D’altro canto, una esperienza consacrata che presti attenzione alla dimensione antropologica di tutti i suoi elementi e aiuti a vivere un’umanità ricca e profonda, diviene profezia di vera umanità e rappresenta la miglior risposta a chi vede la consacrazione come mortificazione della persona e della sua realizzazione6. Nel contesto attuale la maturazione umana acquista particolare importanza.


58.Per il salesiano chiamato ad essere per professione amico, educatore e pastore dei giovani, e servitore della loro crescita integrale, la qualità della dimensione umana è determinante. La sua vocazione richiede una personalità che sa amare e farsi amare con affetto, equilibrio e trasparenza, con capacità di comprensione e di fermezza. Egli si ispira in questo a Don Bosco, “profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente”7.


La maturità umana è compito permanente; comporta valori e atteggiamenti che si esprimono in modo diverso nelle differenti fasi della vita e nei diversi contesti culturali.


3.1.1Salute e capacità di lavoro


59. Lo stile salesiano di vita e di azione richiede abitualmente buona salute e resistenza fisica, con una grande capacità di lavoro.

Don Bosco, invitato sin da giovane a rendersi “forte e robusto”, sottolineava la necessità della salute per un intenso e prolungato servizio alla missione. Ai novizi diceva: “Io ho bisogno che voi cresciate e diveniate giovani robusti e che vi usiate i riguardi necessari per conservarvi in sanità, e per poter più tardi lavorare molto”8. “Lavoro, lavoro, lavoro!” ripeteva ai suoi salesiani. “Chi vuole entrare in Congregazione, bisogna che ami il lavoro”9. Le Costituzioni ricordano che “il lavoro assiduo e sacrificato è una caratteristica lasciataci da Don Bosco”10.


Don Bosco stesso fu esempio di una vita dedicata al lavoro e volle che i suoi salesiani si caratterizzassero per lo spirito di intraprendenza e laboriosità. Valdocco divenne scuola del lavoro dove si sviluppava una pedagogia del dovere, che non rifugge dalla fatica, diventa cammino di ascesi e forma di vivere la spiritualità11.


60.Perciò, il salesiano:

  • prende cura della propria salute, osserva le comuni norme d’igiene personale, assume una adeguata alimentazione e riserva il tempo necessario per il riposo e per una distensione semplice e sana. Mentre l’età e le condizioni fisiche lo consentono, mantiene il suo corpo in forma e disponibile al lavoro, aiutato dallo sport in mezzo ai giovani e dall’esercizio fisico;


  • ama il lavoro quotidiano, sia quello manuale che quello intellettuale, e lo compie con “operosità instancabile, curando di far bene ogni cosa con semplicità e misura”12;

- assume un ritmo di vita e di lavoro ordinato, metodico, sacrificato, evitando la saturazione che può provocare tensione e stress. La disciplina e il senso del dovere diventano il suo cammino di ascesi.13


La comunità da parte sua:

  • assicura e programma tutti quegli elementi che favoriscono l’equilibrio fisico: un lavoro adeguato e proporzionato, convenienti tempi di riposo, una sana alimentazione, la possibilità di fare dello sport e dell’esercizio fisico e i controlli medici necessari.


3.1.2 Equilibrio psichico


61.La particolare vocazione del salesiano e lo stile di rapporti nella vita comunitaria e nell’azione educativa richiedono il possesso di un adeguato equilibrio psichico; un’immagine adeguata di sé, che fa nascere sentimenti e atteggiamenti positivi di fronte alla vita; la serenità di chi si possiede, ha fiducia in sé ed è capace di fare scelte impegnative per l’unità che è riuscito a dare alla propria esperienza.


62.L’equilibrio psichico, particolarmente necessario in un contesto che può portare alla frammentazione e alla fragilità psicologica, si costruisce attraverso la progressiva integrazione di vari elementi che interagiscono positivamente fra di loro.


Pertanto, il salesiano:

  • cura la conoscenza e l’accettazione di sé: riflette sulla sua esperienza, sui suoi pregi e limiti; impara ad accettarsi; coltiva la fiducia in sé e nelle sue possibilità; è capace di conoscere e di valorizzare il tessuto della propria storia nell’ottica del piano della salvezza; sa che Dio ha un progetto su di lui, lo accoglie, se si affida a Lui con coraggio. La coscienza che Dio lo ama gli dona serenità e gioia e lo sostiene nei conflitti e oscurità;


  • coltiva la capacità di gestire il proprio mondo interiore: impara a capire se stesso, i suoi atteggiamenti e le motivazioni profonde del suo agire; a dominare i sentimenti, le emozioni, le paure e le reazioni di fronte alle persone e agli eventi.

Si sforza di potenziare gli aspetti positivi e di superare le difficoltà, in un graduale processo di maturazione. Sa prevenire i possibili conflitti.

È capace di vivere con moderazione il successo e di accettare con serenità l’insuccesso. È libero da rigidità e inibizioni e decide in base a motivazioni vere e autentiche;


  • valorizza l’ambiente e l’accompagnamento fraterno: si inserisce nella comunità, coltiva rapporti di vita e di lavoro, cura la condivisione fraterna e il confronto spirituale, evitando l’isolamento e l’incomunicazione.





3.1.3 Maturità affettiva e sessuale


63.La vocazione salesiana vissuta nella comunione fraterna e nel rapporto educativo-pastorale richiede una affettività matura. L’affetto del salesiano è quello di “un padre, fratello e amico, capace di creare amicizia”14, dicono le Costituzioni. Lo spirito di famiglia e l’amorevolezza danno nome concreto all’affettività matura del salesiano15. Egli ama la sua vocazione ed è chiamato ad amare secondo la sua vocazione16.

Dio ha dato all’uomo la capacità di amare attraverso la sua realtà corporea e spirituale. Attraverso il corpo egli può significare ed esprimere l’amore con l’intensità del sentimento e del cuore, accompagnata dalla purezza dello spirito.

La sessualità è un dono di Dio e una forza che rende l’uomo e la donna capaci di comunicazione, di incontro e di amore.


64.Il salesiano vede la sua vita come dono ricevuto e da trasmettere agli altri; trova la sua realizzazione nel donarsi. Si rende capace di amare con gratuità, di stabilire rapporti umani positivi, personalizzati, autentici, di dare e ricevere affetto con semplicità. Il suo è un amore profondo e personale fatto di sincerità, di fedeltà e di calore umano. Sa intessere vere e profonde amicizie17, senza atteggiamenti possessivi, vive con equilibrio la solitudine, ed è capace di misurare il suo coinvolgimento affettivo con le persone, particolarmente nella relazione educativa e pastorale.

Nel suo rapporto con le donne è accogliente, equilibrato e prudente; il suo atteggiamento è improntato a stima, rispetto e responsabilità.


Questa purezza di affetto e di amore non è possibile senza una disciplina dei sentimenti, dei desideri, dei pensieri e delle abitudini. L’“esercizio ascetico”, espressione della virtù eminentemente positiva della castità, convoglia le tendenze e le potenzialità sessuali dell’individuo nell’armonia dell’intera personalità, rendendo possibile il dono gioioso di sé, libero da ogni schiavitù egoistica, e facendo prevalere gli atteggiamenti razionali su quelli impulsivi.


65.Per vivere e crescere nella maturità affettiva e sessuale il salesiano:


  • è consapevole del valore del corpo e del suo significato; cura uno stile di vita improntato ad equilibrio, igiene mentale e corporale e temperanza;


  • riconosce il valore della sessualità umana maschile e femminile nelle sue connotazioni fisiche, psichiche e spirituali;


  • trova nella sua vocazione una ragione valida di vita e nella consacrazione una realtà che conferisce bellezza e bontà alla sua esistenza; cresce nel senso di fiducia in se stesso e nella sicurezza della propria identità; evita di cercare appoggi e compensazioni, anche di natura affettiva;


  • coltiva una amicizia profonda con Cristo dal quale è chiamato alla comunione fraterna e inviato ai giovani per amarli in suo nome; la sua vita e il suo tempo sono “riempiti” da Dio, dalla comunità e dai giovani;


- ama coloro con cui condivide la sua vocazione e nell’affetto donato e ricambiato si rende consapevole del suo valore come persona ed esprime le più profonde potenzialità del suo essere18. Ama la Congregazione salesiana e sente la comunità come vera famiglia;


  • si trova bene tra i giovani, cercando di essere per loro segno limpido dell’amore di Dio: non invade e non è possessivo, ma vuole il loro bene con la stessa benevolenza di Dio;


  • cura un rapporto maturo e coerente con i laici collaboratori, uomini e donne, consapevole che la maggiore integrazione della donna a livello educativo-pastorale ed istituzionale incorpora nuovi aspetti e valori propri del “femminile”, stimola una nuova comprensione dell’identità maschile e della reciprocità, coinvolge l’affettività, la capacità relazionale e l’ascesi19;


  • ama la propria famiglia: un rapporto affettivamente sereno e maturo con la famiglia ha risvolti molto positivi nella formazione. Entrando in Congregazione conserva integro l’affetto per i propri familiari, specialmente per i genitori. Lo esprime nella preghiera, nella corrispondenza e nelle visite;20


  • coltiva le amicizie che favoriscono l’interiorizzazione di valori, la ricerca della crescita umana e spirituale e la conferma della propria vocazione; tali amicizie rifuggono ogni egoismo e rimangono aperte allo sguardo del Signore e di altre persone;


  • mantiene la vigilanza nella propria vita: non si espone a situazioni o a rapporti non limpidi; pratica la mortificazione e la custodia dei sensi; fa uso discreto e prudente dei mezzi di comunicazione sociale21. In questo sente l’impegno di essere austero e pronto alla rinuncia.



3.1.4 Capacità relazionale


66.Le relazioni interpersonali stanno alla base della missione educativa e pastorale del salesiano. Egli deve essere capace di simpatia e di incontro con i giovani, disponibile ed abilitato per “vivere e lavorare insieme” e per l’animazione di persone, gruppi e comunità.

La relazione sta al cuore di ogni approccio educativo, di ogni sforzo di collaborazione, della serenità familiare come dell’efficacia di una comunità educativa pastorale. “Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori, padri e maestri. Il clima del dialogo è l’amicizia. Anzi il servizio””22.

Don Bosco sapeva offrire ai suoi una relazione umana serena e accogliente, alla quale gradualmente dava un contenuto pastorale e sacramentale. La qualità dell’incontro educativo stava in cima ai suoi pensieri23. “Tutti quelli cui parli diventino tuoi amici”24, raccomandava.


67.Tale stile di relazioni interpersonali richiede che il salesiano ispiri i suoi rapporti ad alcune caratteristiche virtù umane:


  • il rispetto costante della giustizia, la fedeltà alla parola data, la gentilezza nel tratto, il senso di misura nelle relazioni e nei comportamenti, la premurosa sollecitudine verso gli altri;


  • l’accettazione degli altri, anche se diversi per ragione di formazione, età, cultura, ecc.;


  • le attitudini che facilitano il dialogo, come l’empatia, la fiducia, la capacità di ascolto, l’apertura d’animo, il saper valutare il punto di vista dell’altro, le buone maniere e la capacità di perdono;


  • la capacità di collaborare con altri, lo spirito di servizio, la corresponsabilità, e l’accoglienza dell’autorità.


3.1.5 Libertà responsabile


68.Il nucleo centrale della persona umana è la libertà.

L’esperienza vocazionale di chi ha fatto una scelta radicale di vita nella consacrazione richiede la formazione all’uso responsabile della libertà, specialmente in contesti nei quali sono particolarmente esaltate la soggettività e l’autonomia della persona, spingendo fino all’individualismo: si stimola la massificazione, si moltiplicano i condizionamenti, si promuove più l’immagine che l’operare per motivi veri e autentici, si è determinati più dalla risposta all’immediato che dalla coerenza con punti di riferimento o progetti che danno significato a tutta la vita.

È impegno costante il rendersi libero “da” ciò che nella vita frena e rende schiavo, essere libero da passioni e peccati, da egoismo e individualismo, “per” essere invece padrone di se stesso, aperto agli altri e generoso nel servizio a loro, per agire secondo verità e d’accordo con le motivazioni profonde della propria vocazione.


Questi due aspetti portano ad una reale autonomia e alla capacità di scelte veramente libere, che sorgono da una coscienza illuminata dalla verità e abituata a pensare in termini di responsabilità e disciplina di vita. Proprio per questo la coscienza ha bisogno di essere formata ai valori della vita cristiana e salesiana e dell’ascesi. È la coscienza che determina l’uso responsabile della libertà.


69. La formazione della coscienza comporta un paziente lavoro di ascolto e dialogo. Essa esige:

  • una seria formazione critica che renda capaci di giudizi rispettosi e obiettivi su persone ed eventi e porti a prendere posizione circa i modelli culturali e le norme della convivenza sociale. In questa prospettiva è importante saper leggere criticamente e usare responsabilmente i mezzi di comunicazione sociale;


  • un’educazione al senso del mistero che avvolge la vita come realtà segnata dal peccato e dall’infedeltà, ma afferrata e salvata da Cristo. Ciò porta alla convinzione che la libertà è frutto di obbedienza convinta e cordiale alla verità;


  • la capacità di confrontare la propria vita con il Vangelo e gli orientamenti della Chiesa, così da poter discernere il bene dal male, il peccato e le strutture di peccato, l’azione di Dio nella propria persona e nella storia;


  • la capacità di unificare le proprie aspirazioni, energie e valori in un progetto di vita personale, assumendo la responsabilità della propria crescita e vivendo con pienezza le motivazioni profonde della propria vocazione.



3.1.6 Apertura alla realtà


70.Don Bosco ha sviluppato la sua vocazione in dialogo con la realtà dei giovani e del popolo, in costante interazione con il contesto ecclesiale e sociale.

Tra gli aspetti che arricchiscono l’umanità del salesiano e la rendono più autentica vi sono la sua crescita nella sensibilità umana, frutto di un appassionato amore all’uomo, e la sua attenzione al movimento della storia, ai segni e alle urgenze che da essa provengono25.

Vivendo a contatto con i giovani e il loro mondo e con gli ambienti popolari, il salesiano comprende i loro bisogni, intuisce le loro domande inespresse, condivide le loro speranze e aspirazioni e partecipa alle loro sofferenze.

Egli sente compassione per le “pecore senza pastore”26, diventa solidale e cerca di prolungare il passaggio del Signore per le strade del mondo.


Nell’amore verso i giovani il salesiano trova sostegno per la propria fede, scopre valori che diventano per lui stimolo e ricchezza di vita.

La consapevolezza dei problemi e delle difficoltà che i giovani sperimentano accresce lo slancio per la missione e lo spinge ad acquistare le competenze necessarie per rispondere evangelicamente alle sfide che provengono dalle nuove frontiere dell’umanità. Condivide con altri e porta davanti a Dio in atteggiamento di riflessione e di preghiera le esperienze che compie.

La vicinanza e la condivisione con l’umanità indigente e sofferente lo aiuta a vivere pienamente la propria vocazione.




71.L’apertura del salesiano alla realtà richiede:


  • attenzione alle istanze dell’ambiente e possibilità di un contatto diretto con la realtà dei giovani, della povertà e del lavoro; disponibilità a vivere in sintonia con i grandi problemi del mondo;


  • sensibilità culturale e sociale, contatto con altri operatori nel campo dell’educazione e della promozione, attenzione alla comunicazione sociale;


  • sforzo di coltivare verso la realtà l’atteggiamento del Signore che si è fatto carne e “ha voluto conoscere la gioia e la sofferenza, sperimentare la fatica, spartire le emozioni, consolare la pena”27;


  • cura di valorizzare l’informazione salesiana, ecclesiale e culturale.




ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


72.“Per favorire la salute, l’azione apostolica, la convivenza, il clima di raccoglimento e di preghiera, ogni confratello eviti il lavoro disordinato e la comunità assicuri un’equilibrata distribuzione degli impegni, momenti di riposo e di silenzio e un’opportuna distensione comunitaria”28. Si verifichi periodicamente lo stile della vita fraterna, lo spirito di famiglia e la qualità della vita.


73.Ogni salesiano sviluppi le sue capacità di comunicazione e di dialogo29, coltivi la fiducia nei confratelli, sia pronto ad accettare le diversità e a superare i pregiudizi; partecipi attivamente agli incontri comunitari, esegua con precisione i compiti a lui affidati e impari ad agire in corresponsabilità per contribuire alla convergenza fraterna e operativa30.


74.Il salesiano conserva integro l’affetto per i suoi familiari, specialmente per i genitori” e la comunità mantiene “relazioni cordiali con la famiglia di ogni confratello”31.

Durante la formazione iniziale si educhi ad un giusto equilibrio tra il rapporto con la propria famiglia e il senso di appartenenza alla comunità e alla Congregazione secondo i criteri della vita consacrata e lo stile salesiano32.






3.2 LA DIMENSIONE SPIRITUALE

75.La dimensione spirituale, intesa come cammino di vita in Cristo e nello Spirito, è il cuore che unifica e vivifica l’esperienza vocazionale salesiana, che è in primo luogo esperienza spirituale, teologale, e come tale costituisce l’elemento centrale della formazione, l’aspetto che la fonda e la motiva.

Essa completa la dimensione umana, contribuendo a costruire quello “splendido accordo di natura e di grazia”33 che ammiriamo in Don Bosco e che sta alla base del suo progetto di vita nel servizio dei giovani34. Motiva la dimensione intellettuale, che da essa viene sostenuta e fortificata. Dinamizza la dimensione educativo-pastorale, mettendo Dio e il suo Regno al centro del lavoro apostolico, finalizzando tutto a Lui.

La dimensione spirituale comprende gli atteggiamenti necessari per coltivare l’esperienza di Dio, ed è una modalità particolare di vivere la forza della fede, il dinamismo della speranza e l’ardore della carità. Essa sta al centro del progetto salesiano, lo identifica, ne fonda le motivazioni e ne costituisce la spinta apostolica.


76. Per vivere la missione salesiana non sono sufficienti le sole doti di umanità, la preparazione culturale e la professionalità, la creatività apostolica e la passione per i giovani; tutto questo è necessario, ma non basta per sostenere con motivazioni adeguate l’esperienza vocazionale35. Il salesiano ha anzitutto bisogno di una forte esperienza di Dio e dello Spirito, che della missione è l’elemento fondante e motivante.

Il salesiano è chiamato a congiungere vita nello Spirito e pedagogia, vivendo l’educazione come luogo di spiritualità e cammino di santità. Dalla qualità spirituale della vita dipende la sua fecondità apostolica, la sua generosità nell’amore per i giovani poveri e l’attrattiva vocazionale sulle nuove generazioni36.


La necessità della spiritualità è ancora più sottolineata in un mondo e in una cultura che spingono verso l’attivismo e l’autosufficienza. La vita centrata sull’incontro e sull’esperienza con Dio si fa testimonianza attraente e profezia per le persone del nostro tempo assetate di valori assoluti. Il salesiano diventa così comunicatore di spiritualità37, animatore e guida di vita spirituale38 per i giovani, per i laici e nell’ambito della Famiglia Salesiana


77.Don Bosco è stato un grande credente, l’iniziatore di una scuola di spiritualità39.

La sua esperienza di Dio evidenzia quei lineamenti della figura del Signore40 a cui era sensibile ed è caratterizzata “da particolari accenti spirituali e scelte operative”41, che definiscono la peculiare spiritualità salesiana come spiritualità apostolica.

Riconoscendo la Congregazione, la Chiesa dichiara che questa spiritualità – trasmessa dal Fondatore ai suoi figli e figlie – ha “tutti i requisiti oggettivi per raggiungere la perfezione evangelica personale e comunitaria”42.

Essa costituisce dunque una “grande corrente spirituale” nella Chiesa, una “scuola vera e originale” di santificazione43. È il cammino per quella testimonianza di santità che costituisce “il dono più prezioso che possiamo offrire ai giovani”44.

Non mancano le sintesi e le espressioni che raccolgono e comunicano il volto spirituale del salesiano e i suoi tratti caratteristici. Nelle Costituzioni si trova la sua presentazione autentica, i valori che lo conformano e le condizioni che lo rendono possibile; in esse la spiritualità salesiana, “meditata da successive generazioni che l’hanno vissuta, viene magnificamente consegnata in formule originali che riflettono tale lungo vissuto”45. Alcuni tratti vengono qui sommariamente ripresi ed esplicitati.



3.2.1 Primato di Dio e del suo progetto di salvezza


78.Il salesiano è chiamato a scoprire Dio presente e familiare in ogni momento della vita. “Dio ti vede”, faceva scrivere Don Bosco sui muri dell’Oratorio.

Sperimenta Dio che gli è vicino e lo coinvolge nel suo progetto di salvezza per i giovani.

Questo senso della presenza operante del Signore, vissuta intensamente da Don Bosco e dai suoi, viene trasmessa al salesiano come una preziosa eredità.


79.È Gesù Buon Pastore il centro vivo ed esistenziale della sua vita consacrata. Se è vero che tutti i consacrati sono centrati su Cristo, questo per il salesiano si traduce in una specifica testimonianza caratterizzata dall’aspetto pedagogico-pastorale con cui egli guarda a Cristo come “Buon Pastore” che redime e salva46.

Il salesiano contempla Gesù Buon Pastore nella sua gratitudine al Padre per il suo piano di salvezza, nella capacità di predilezione per i piccoli e per i poveri, nella sollecitudine nel predicare, nel guarire e nel salvare sotto l’urgenza del Regno che viene. Ne imita la mitezza e il dono di sé, e condivide con lui il desiderio di radunare i suoi nell’unità di una sola famiglia.47

È un Gesù “vivo”, in azione e in cammino alla ricerca di chi è perduto e che ritorna portando sulle spalle la pecorella smarrita e sa fare festa grande.

È un Gesù che porta nella mente e nel cuore Dio suo Padre, lo prega incessantemente, lo ringrazia e compie la sua volontà, parla di lui ai suoi, indica se stesso come la via per vederlo e incontrarlo.

80.Attraverso Gesù il salesiano incontra il Padre e vive nello Spirito. Operando per la salvezza della gioventù e vivendo l’esperienza spirituale del Sistema Preventivo, fa esperienza della paternità di Dio48, ne scopre la presenza e azione provvidente e si sente chiamato ad essere rivelatore del Padre ai giovani.

Lo Spirito Santo, che ha suscitato Don Bosco, formando in lui un cuore di padre e di maestro e guidandolo nella sua missione49, chiama ogni discepolo di Don Bosco a continuare la medesima “esperienza dello Spirito50 per il servizio dei giovani. Il salesiano è uomo spirituale, attento a discernere le vie attraverso le quali lo Spirito agisce nel cuore dei giovani. Sa cogliere la sua presenza nelle loro domande, nelle loro attese e invocazioni, e diviene strumento della sua azione che agisce nei cuori.

Donato a lui dal Padre nella consacrazione51, lo Spirito forma e plasma il suo animo, configurandolo a Cristo obbediente, povero e casto, e spingendolo a fare propria la sua missione.

81.Per coltivare l’esperienza di Dio il salesiano:


  • approfondisce la sua fede e fa esperienza del mistero cristiano, mettendosi alla scuola della Parola di Dio;

  • mette Dio al centro dell’esistenza, mantenendosi sempre “in dialogo semplice e cordiale con il Cristo vivo e con il Padre”, e coltivando un’attenzione permanente alla presenza dello Spirito. Compie “tutto per amore di Dio”, per diventare, come Don Bosco, “contemplativo nell’azione”52. Fa in modo che il suo operare sia espressione di interiorità e che tutta la sua esistenza diventi celebrazione della “liturgia della vita”;


  • sente una gioia profonda quando può rivelare specialmente ai giovani le insondabili ricchezze del mistero di Dio ed essere segno e portatore del suo amore53;


  • in unione con Cristo, fissa nel Padre lo sguardo e il cuore, coltivando atteggiamenti di fiducia e impegnandosi con zelo nella realizzazione del suo piano di salvezza; riconoscente per il dono della vocazione, si sente impegnato a viverla in pienezza;


  • afferrato da Cristo, cerca di imitarlo nella donazione di sé e nel servizio. Si sforza di assumere i suoi sentimenti e di immedesimarsi in Lui. La sua opzione fondamentale per Cristo lo porta a fare di Lui il parametro di tutte le sue scelte. Nel suo cuore non si dà nessuna opzione che sia anteriore e indipendente da Cristo; abbraccia i consigli evangelici per condividere la forma di vita di Gesù e prendere parte in modo più intimo e fecondo alla sua missione54;


  • cresce nell’attenzione allo Spirito, riconoscendo e accogliendo la sua azione santificatrice e rinnovatrice. È costantemente attento alla sua presenza nella sua vita, nelle persone e nella storia. Sotto la sua azione vive in atteggiamento di discernimento e disponibilità alla volontà di Dio. Assume l’esperienza della formazione come esperienza di apertura, di docilità e di collaborazione con lui55, “fonte permanente di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano per crescere nell’amore perfetto di Dio e degli uomini”56.





3.2.2 Senso di Chiesa


82. La missione di Don Bosco è inserita nel mistero stesso della Chiesa nel suo divenire storico: in essa e per essa egli è stato suscitato57. L’amore alla Chiesa è per Don Bosco una delle espressioni caratteristiche della sua vita e santità.

L’esperienza spirituale del salesiano è perciò un’esperienza ecclesiale.

La vocazione salesiana ci situa nel cuore della Chiesa”, dicono le Costituzioni58. Essa comporta un forte senso di Chiesa, una identificazione con essa, una comunione cordiale e profonda con il Papa e con tutti quelli che operano per il Regno.


83.Per crescere nel senso di appartenenza alla Chiesa il salesiano:


  • cura in se stesso una sensibilità spirituale che vede nella Chiesa il “centro di unità e comunione di tutte le forze che lavorano per il Regno”59 e s’impegna in essa secondo la sua vocazione specifica affinché “si manifesti al mondo come sacramento universale di salvezza”60;


  • si sente coinvolto nelle ansie e nei problemi della Chiesa universale, nel suo slancio missionario; si inserisce nella pastorale della Chiesa particolare; educa i giovani cristiani ad un autentico senso di Chiesa61;


  • manifesta il suo senso ecclesiale “nella filiale fedeltà al successore di Pietro e al suo magistero e nella volontà di vivere in comunione e collaborazione con i vescovi, il clero, i religiosi e i laici”62;


  • vive una “spiritualità di comunione” che diventa “un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo”63.



3.2.3 Presenza di Maria Immacolata Ausiliatrice

84.In strettissimo rapporto con l’esperienza spirituale è la particolare presenza di Maria nella vocazione e nella missione salesiana. Maria Immacolata Ausiliatrice appare come icona della spiritualità del salesiano, che stimola alla carità pastorale e all’interiorità apostolica. Nell’esperienza carismatica di Don Bosco Fondatore, dal primo sogno sino ai vasti orizzonti missionari, Ella è stata presenza permanente e determinante.

In Lei come Immacolata il salesiano vede la fecondità dello Spirito, la disponibilità al progetto di Dio, la rottura con il male e con tutte le forze che lo sostengono, la totalità della consacrazione. Maria gli ispira l’apertura al soprannaturale, la pedagogia della grazia, la delicatezza di coscienza, e gli aspetti materni dell’accompagnamento educativo64.

In Maria Ausiliatrice il salesiano contempla la maternità riguardo a Cristo e alla Chiesa, il sostegno al Popolo di Dio nelle vicende storiche più difficili, la collaborazione nell’opera di salvezza e nell’incarnazione del Vangelo tra i popoli, la mediazione di grazia per ogni cristiano e comunità. Ella sostiene il senso di Chiesa, l’entusiasmo per la missione, l’audacia apostolica e la capacità di congregare forze per il Regno.65


85.Per vivere la presenza di Maria nella sua vocazione e per crescere in una “devozione filiale e forte”66 verso di Lei il salesiano:


  • coltiva una relazione personale con Lei, fondandola sulla contemplazione del suo posto nel piano di salvezza e nel mistero di Cristo, ed esprimendola in un atteggiamento filiale attraverso le diverse pratiche mariane;


  • la sente attivamente vicina come stimolo e sostegno della sua consacrazione apostolica, come Colei che lo “educa alla pienezza della donazione al Signore”67;


  • trova in Lei ispirazione e coraggio per il suo impegno educativo: da Lei impara ad essere vicino ai giovani e sollecito nel loro servizio.



3.2.4 I giovani, luogo dell’incontro con Dio


86.“Noi crediamo che Dio ci sta attendendo nei giovani per offrirci la grazia dell’incontro con lui e per disporci a servirlo in loro”68.

Questa professione di fede del CG23 indica il crocevia della vita spirituale del salesiano. Dio gli dà un appuntamento e si fa trovare nell’incontro educativo con i giovani.

Per questo il primo Oratorio è stato esperienza spirituale ed educativa, pedagogia realistica di santità per l’educatore e l’educando. La vocazione salesiana porta a vivere “la tensione alla santità nell’impegno pedagogico”, a realizzare “la perfezione della carità educando”69. L’interscambio tra educazione e santità è l’aspetto caratteristico della figura di Don Bosco. Egli realizza la sua personale santità mediante l’impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico70.

Anche oggi il salesiano, rivivendo l’esperienza spirituale di Don Bosco, nella spiritualità del quotidiano e del cortile, diventa uomo spirituale che possiede il senso di Dio.


87.La missione del salesiano non si identifica semplicemente con l’attività o l’azione esterna, ma è una vera esperienza spirituale. Non è lui che va verso i giovani. È il Padre che lo consacra e lo invia come suo collaboratore e apostolo dei giovani, nei quali Egli è già al lavoro mediante lo Spirito, e lo impegna nel suo progetto su di essi.

La finalità della missione – portare l’amore di Dio ai giovani – fa sì che in tutta la sua persona e in tutta la sua azione, distaccandosi da sé con l’umiltà del servitore, egli si concentri sui due poli di riferimento, Cristo vivo e la gioventù, perché possano incontrarsi71.

Proprio perché si tratta di una esperienza spirituale che nasce, vive e si nutre nell’azione apostolica, il salesiano sa operare in sé e nella sua azione educativa una vera sintesi fra educazione ed evangelizzazione, tra promozione umana e impegno evangelico, tra fede e cultura, tra lavoro e preghiera.


88.Di qui alcuni atteggiamenti che il salesiano incessantemente coltiva:


  • lavora tra i giovani con vere motivazioni soprannaturali, superando il livello delle inclinazioni e delle preferenze naturali;


  • ravviva l’esperienza teologale e spirituale della missione: si sente inviato dal Padre per compiere il suo piano di salvezza; coltiva la disponibilità del Figlio del cui amore è segno e portatore; rimane aperto allo Spirito Santo che riempie il suo cuore con la carità pastorale e anima tutti i suoi sforzi;


  • vive con entusiasmo l’esperienza della missione della Congregazione, cioè il servizio ai giovani con il metodo di Don Bosco, partecipando in questo modo alla missione della Chiesa;


  • si abitua a guardare la realtà giovanile con l’atteggiamento del Buon Pastore; percepisce nei bisogni dei giovani l’urgenza della salvezza e la richiesta di intervento; fa un cammino spirituale con essi, aiutandoli mediante i sacramenti, la direzione spirituale e il discernimento;

  • sottomette il suo lavoro a leggi che chiamiamo “apostoliche”. Sa che deve lavorare con competenza, ma fa conto primariamente sulla forza di Dio. Prega molto e rimane modesto nei successi. Non chiede di vedere i risultati, affidandosi alla fecondità che Dio dà;


  • accetta le rinunce che accompagnano il suo lavoro e crede al valore misterioso della sofferenza. Valorizza positivamente le mediazioni e le strutture della vita apostolica. Sa obbedire di vero cuore. È capace di collaborazione e di condivisione del lavoro apostolico. Pratica la temperanza e rifugge dalle comodità e dalle agiatezze.



3.2.5 Esperienza di Dio nella vita comunitaria


89.Il salesiano trova nel suo vivere e lavorare insieme una esigenza fondamentale e una via sicura per realizzare la sua vocazione72. L’esperienza comunitaria è per lui esperienza teologale e profondamente umana. Con e attraverso i fratelli, i giovani e i collaboratori egli incontra il Signore e sperimenta la sua presenza.

Partecipando alla missione comune, il salesiano discerne con la comunità le situazioni alla luce del Vangelo, e si sente corresponsabile degli interventi educativi e pastorali e della loro realizzazione.

Aiuta la comunità a diventare centro di comunione e di partecipazione, aggregando e animando altre forze apostoliche.

Di fronte ad un mondo che ha tanto bisogno di comunione, il “vivere e lavorare insieme” del salesiano tra confratelli diversi per età, lingua e cultura, diventa un segno della possibilità del dialogo e profezia di una comunione che sa armonizzare le differenze; proclama con l’eloquenza dei fatti la forza trasformatrice della Buona Novella73 In tal modo la comunione si fa missione74 e diventa sorgente di spiritualità.


90.Per vivere l’esperienza di Dio nella vita comunitaria, il salesiano coltiva in sé questi atteggiamenti:


  • considera la comunità “un mistero che va contemplato e accolto con cuore riconoscente in una limpida dimensione di fede”75. Accoglie i fratelli come dono di Dio, li ama come Cristo ci ha insegnato e fa della condivisione dell’esperienza di fede nell’ascolto della Parola e nella celebrazione dell’Eucaristia la base della vita comunitaria. Fa in modo che nella vita quotidiana emerga la scelta radicale di Gesù e la comunità diventi “segno”, “scuola” e ambiente di fede76;


  • consapevole dei propri limiti, il salesiano ama la sua comunità così com’è, con i suoi slanci e le sue mediocrità, con la sua ricerca di autenticità e con le sue povertà;


  • vive lo spirito di famiglia che è affetto ricambiato, rete di rapporti fraterni e amicali, condivisione dei beni, stile fraterno di esercizio dell’autorità e dell’obbedienza, dialogo e corresponsabilità nell’azione; mantiene con il Direttore una relazione viva, ad imitazione dei primi salesiani verso Don Bosco;


  • perfeziona la sua capacità di comunicazione interpersonale fino ad arrivare alla condivisione dei sentimenti, della preghiera e delle esperienze spirituali e apostoliche;


  • vive secondo un progetto comunitario e partecipa attivamente a momenti significativi quali la “giornata della comunità”, gli incontri comunitari, le assemblee e i consigli;


  • sente e vive concretamente la sua appartenenza alla comunità ispettoriale e mondiale;


  • approfondisce il senso della missione come l’esperienza più stimolante di comunione che lo aiuta costantemente a superare ogni forma di egoismo e di individualismo. Legge e valuta insieme le situazioni, collabora con gli operatori pastorali, vive la corresponsabilità e la coesione di fronte al progetto comune, assumendo il suo ruolo e rispettando gli altri ruoli;


  • vive inserito nella Chiesa particolare con senso di comunione ed è disponibile a collaborare con tutte le forze che nel territorio si impegnano per la gioventù.


3.2.6 Al seguito di Cristo obbediente, povero e casto


91.La vita spirituale salesiana è una forte esperienza di Dio che è sostenuta e a sua volta sostiene uno stile di vita fondato interamente sui valori del Vangelo77.

Per questo, il salesiano assume la forma di vita obbediente, povera e verginale che Gesù scelse per sé sulla terra. È per lui un modo radicale di vivere il Vangelo e via sicura per donarsi totalmente ai giovani per amore di Dio. È il suo modo di cercare la carità perfetta78.


Crescendo nella radicalità evangelica con intensa tonalità apostolica, egli fa della sua vita un messaggio educativo, rivolto specialmente ai giovani, proclamando con la sua esistenza “che Dio esiste e che il suo amore può colmare una vita; e che il bisogno di amare, la spinta a possedere e la libertà di decidere della propria esistenza acquistano il loro senso supremo in Cristo salvatore”79.



3.2.6.1 Seguire Cristo obbediente


92.L’obbedienza al Padre è per Gesù la sintesi della sua vita, che si esprime nel mistero pasquale. Rivela la sua identità di Figlio e insieme di Servo, mostrandolo unito in modo assolutamente unico al Padre e totalmente docile a lui. Alla consacrazione da parte del Padre corrisponde la sua totale disponibilità per la missione di salvezza.

Per il salesiano, una delle ragioni principali della priorità dell’obbedienza – Don Bosco diceva: “in una Congregazione l’obbedienza è tutto”80 – va cercata nell’importanza peculiare che ha la “missione” nella sua vita81, e specificamente nella sua forma comunitaria.82 L’obbedienza lo rende pienamente disponibile per il servizio dei giovani.

Nell’attuale contesto culturale, che mette in evidenza l’autorealizzazione e il protagonismo individuale, il discepolo di Cristo obbediente perfeziona la propria libertà di consacrato, mettendo tutta la sua persona al servizio della missione comune con intraprendenza, responsabilità e docilità, ed evitando ogni forma di individualismo.


93.Per vivere l’esperienza di obbedienza il salesiano presta attenzione ad alcuni atteggiamenti:


  • si sforza di operare in se stesso il difficile passaggio da ciò che gli piace a ciò che “piace al Padre”, immedesimandosi nei sentimenti di Cristo;


  • ricerca la volontà del Padre attraverso la preghiera e le legittime mediazioni – il dialogo comunitario, il discernimento pastorale, l’attenzione alle situazioni concrete e ai segni dei tempi, il colloquio fraterno con il superiore – e la compie con piena dedizione;


  • accoglie in piena libertà le Costituzioni come suo progetto di vita e di santità e accetta con docilità le indicazioni della Chiesa e dei Pastori, gli orientamenti della Congregazione attraverso i Capitoli Generali, gli interventi del Rettor Maggiore e degli altri superiori;


  • assolve i suoi compiti con generosità e creatività, investendo tutti i suoi doni al servizio della missione;

  • assume in prima persona la missione dell’opera a cui è inviato, è aperto al dialogo e alla corresponsabilità nella comunità, opera in sintonia con il progetto comune, e lo serve secondo il proprio ruolo e nel rispetto del contributo degli altri;


  • vive l’obbedienza nell’esercizio dei ruoli di autorità e governo, compiendoli con lo stile dell’animazione, favorendo la collaborazione e la convergenza operativa, stimolando il senso della comune missione, sapendo intervenire con bontà e coraggio;

  • quando l’obbedienza esige difficili prove d’amore, fa riferimento a Gesù, figlio obbediente del Padre83. Ricorda le parole di Don Bosco: “Vi sarà qualche regola che dispiace, qualche ufficio o altra cosa che ci ripugna; non lasciamoci scoraggiare, vinciamo quella disposizione contraria dell’animo nostro per amore di N. S. Gesù Cristo e del premio che ci è preparato... Così facendo ne viene poi la vera obbedienza”84.



3.2.6.2 Seguire Cristo povero


94.Gesù ha assunto la povertà come forma di vita, come espressione di totale appartenenza alla missione, di solidarietà con noi e di rinuncia al proprio interesse, come sguardo pastorale e preferenza per i poveri. In Gesù il salesiano trova la vera ricchezza; in Lui egli vuole amare i giovani poveri e sentirsi solidale con loro.


La povertà è un atteggiamento del cuore85, e una caratteristica della missione. È uno stile personale e comunitario di vita che rende liberi per una dedizione generosa al servizio del Vangelo.


Il salesiano e la comunità diventano così profezia di una società alternativa che punti sul bene comune, rispetti il valore di ogni persona, si costruisca su criteri di giustizia ed equità e sia solidale con quelli che sono deboli e svantaggiati.86




95.In un cammino progressivo e costante, il salesiano coltiva in sé questi atteggiamenti:


  • assume Gesù povero come modello di vita e trova in Lui il vero tesoro: “Ho lasciato perdere queste cose al fine di guadagnare Cristo... e questo perché possa conoscere lui e la potenza della sua risurrezione”87;


  • cerca di vivere con gioia una vita semplice e laboriosa, ama il lavoro apostolico e il servizio alla sua comunità, è disponibile al lavoro manuale88, accetta con semplicità gli inevitabili inconvenienti e le necessarie rinunce;


  • nutre fiducia nel progetto di Dio sulla propria esistenza; si sente responsabile dei beni che usa ed è sensibile alla testimonianza comunitaria di povertà; cerca di condividere fraternamente tutto: i beni materiali, i frutti del lavoro, i doni ricevuti, le energie, i talenti, le esperienze; sa dipendere dalla comunità e dal superiore89;


  • manifesta la povertà nella fedeltà ai destinatari, nell’impostazione dell’azione educativa e pastorale nelle diverse opere, nella peculiare prospettiva con cui guarda la realtà e gli avvenimenti, nella sensibilità per le situazioni sociali e per le nuove povertà, sollecitato anche dalla dottrina sociale della Chiesa; si sente spinto per vocazione ad interessarsi dei poveri e dei loro problemi, ad “amarli in Cristo”90 con amore solidale e intraprendente e a partecipare alla loro condizione di vita. È lieto di lavorare con i giovani poveri, con i giovani lavoratori e con il ceto popolare. Sviluppa in sé e negli altri l’amore per le missioni e il coinvolgimento nell’animazione missionaria;


  • vive l’azione educativa e di promozione come il miglior servizio ai poveri, valorizzando i mezzi e le strutture più adeguate, unendo capacità amministrativa e fiducia nella Provvidenza, ricorso ai “benefattori” e piena dedizione personale.


3.2.6.3 Seguire Cristo casto


96.“Unione con Dio”, “predilezione per i giovani”, “amorevolezza”, “spirito di famiglia”, sono caratteristiche dello spirito salesiano che parlano della forma salesiana di amare.

Il salesiano fa quotidianamente esperienza dell’amore di Dio che colma la sua vita91 e vive una castità gioiosa come segno che indica Cristo vivo, risorto, presente nella sua Chiesa, capace di innamorare i cuori92.

Egli è convinto che la castità consacrata imprime un originale stile alla sua capacità di amare e lo rende generoso e lieto nel donarsi senza risparmio, libero nel cuore per amare Dio solo e sopra ogni cosa e capace di vivere l’amorevolezza.

Egli impara a diventare testimone della predilezione di Dio per i giovani, educatore capace di incarnare la paternità di Dio verso di loro, in modo che essi “conoscano di essere amati”. Attraverso la carità che sa farsi amare li educa all’amore vero e alla purezza.


Nel contesto di una cultura che sottolinea l’importanza del corpo e non poche volte esaspera la sessualità, l’impegno per la castità e la testimonianza di una umanità equilibrata e felice sono segno della potenza della grazia di Dio nella fragilità della condizione umana. Il salesiano dice con la vita che con l’aiuto del Signore è possibile un orientamento del cuore, una educazione degli affetti e una padronanza di sé che portano ad un’esperienza autenticamente umana di amore a Dio e al prossimo.


97.La formazione alla castità richiede alcune condizioni particolari:


  • educarsi ed educare alla maturità affettiva e all’amore, partendo dal riconoscimento che l’amore occupa il posto centrale nella vita, non si riduce ad una sola dimensione, quella fisica, ma coinvolge la persona in tutti i suoi aspetti, lo psichico e lo spirituale compresi; maturare nella convinzione che il vero amore è sempre orientato all’altro, è oblativo, rende capaci di rinuncia93;


  • amare Dio con tutte le forze e in Lui specialmente i giovani a cui è inviato: per questo il salesiano accetta una forma di vita e uno stile di amore educativo e pastorale, che comportano la rinuncia alla vita matrimoniale e a tutto ciò che le è proprio;


  • integrare il bisogno di amare e di essere amato nella capacità di amicizia e di condivisione fraterna, nello spirito di famiglia, nell’amorevolezza del Sistema Preventivo che è capacità di amare e farsi amare;


  • educarsi a un amore verso gli altri fatto di rispetto, di sincerità, di calore umano, di fedeltà e di comprensione, superando le barriere che isolano e gli atteggiamenti che portano a strumentalizzare le persone;


  • rendersi consapevole della propria fragilità e coltivare l’ascesi e la temperanza, mantenendo un equilibrio di fronte alle proprie emozioni e un dominio delle pulsioni sessuali; essere prudente nei contatti interpersonali, nel linguaggio abituale, e nell’uso dei mezzi della comunicazione sociale;


  • invocare l’aiuto di Dio e vivere alla sua presenza; coltivare l’amicizia con Cristo, valorizzare il sacramento della Riconciliazione come fonte di purificazione; affidarsi con semplicità a una guida spirituale; ricorrere con filiale fiducia a Maria Immacolata che aiuta ad amare come Don Bosco amava94.





3.2.7 In dialogo con il Signore


98.Nella preghiera il salesiano coltiva, alimenta e celebra la capacità di incontrare Dio nella vita e nel lavoro educativo con i giovani e la gioia nel contemplare Gesù Buon Pastore, Dio Padre come padre dei suoi giovani, e lo Spirito che agisce in loro.

Egli sa che la preghiera è anzitutto docilità allo Spirito e poi esperienza umile, fiduciosa e apostolica di chi congiunge spontaneamente l’orazione e la vita95, raggiungendo “quell'operosità instancabile, santificata dalla preghiera e dall'unione con Dio, che dev’essere la caratteristica dei figli di Don Bosco”96.


99.Imita Don Bosco che ha vissuto e ha educato i salesiani ad un rapporto semplice, concreto e profondo con Dio. Ha testimoniato un atteggiamento permanente di preghiera e la capacità di orientare ogni cosa alla gloria di Dio, di vivere e operare alla sua presenza, di avere come unica preoccupazione il suo Regno. Seguendo il suo esempio, il salesiano “coltiva l’unione con Dio, avvertendo l’esigenza di pregare senza sosta”97.

Il rapporto con Dio e l’interiorità apostolica costituiscono il cuore della sua esperienza e permeano tutto il suo essere, prima ancora di tradursi in attività o in pratiche di pietà. La sua è la preghiera del Da mihi animas, cetera tolle, che trova la sorgente nell’Eucaristia e si esprime nella piena dedizione all’impegno apostolico98.


100.Non c’è nulla di speciale e di eccezionale nella forma di preghiera del salesiano. Egli segue l’itinerario di preghiera che la Chiesa offre al buon cristiano. Fa sua la pedagogia della Chiesa che lo conduce a rivivere in sé i misteri della redenzione attraverso le tappe dell’anno liturgico e si lascia evangelizzare dalla Parola.

Come Don Bosco, vive con intensità di fede le pratiche di pietà ordinarie: esse sono per lui “oltre che mezzi di santificazione personale, momenti di allenamento per collaborare sempre più intensamente alla trasformazione del mondo secondo il piano di Dio”99.

Prega con la sua comunità, che nell’orazione “ravviva la coscienza della sua intima e vitale relazione con Dio e della sua missione di salvezza”100 e condivide questo atteggiamento di preghiera con la comunità educativa e con la Famiglia salesiana, particolarmente nella celebrazione delle feste.

La sua preghiera porta l’impronta di apostolo ed educatore dedicato al bene dei giovani. Si congiunge con la vita: precede, accompagna e segue l’azione apostolica, è legata ai giovani, per cui e con cui prega.

Proprio per questo la preghiera del salesiano ha uno stile giovanile fatto di semplicità, vivacità, e sincerità101. È una preghiera “gioiosa e creativa, semplice e profonda [che] si apre alla partecipazione comunitaria, è aderente alla vita e si prolunga in essa”102.


101.Nel dialogo personale e comunitario del salesiano con il Signore devono essere sottolineate alcune espressioni ed eventi di particolare importanza:

La Parola di Dio è la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un rapporto personale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e santificante”103.

È per noi fonte di vita spirituale, alimento per la preghiera, luce per conoscere la volontà di Dio negli avvenimenti, e forza per vivere in fedeltà la nostra vocazione”104. Proprio per questo il salesiano l’ascolta con fede e umiltà, l’accoglie nel cuore come guida ai suoi passi, la fa fruttificare nella sua vita, e la proclama con gioia105.

L’ascolto della Parola di Dio è il momento quotidiano più efficace di formazione permanente”106. Esso si attua in modo particolare nella celebrazione dell’Eucaristia e attraverso la pratica della meditazione. La meditazione quotidiana è momento privilegiato di intimità con il Signore, occasione concreta per rendere familiare la Parola di Dio e incarnarla nella vita.


102.La celebrazione dell’Eucaristia è l’atto centrale della giornata del salesiano. In essa egli rende grazie al Padre, fa memoria del progetto di salvezza compiuto dal Figlio, comunica al Corpo e al Sangue di Cristo e riceve lo Spirito che lo rende capace di comunione fraterna e lo rinnova nel suo impegno apostolico.

La presenza dell’Eucarestia nella casa salesiana è per un figlio di Don Bosco motivo di frequenti incontri con Cristo da cui attingere dinamismo e costanza nell’azione per i giovani107.

La grazia dell’Eucarestia si estende alle diverse ore del giorno con la celebrazione della Liturgia delle Ore108.


103.La celebrazione del sacramento della Riconciliazione costituisce l’espressione più significativa ed efficace del cammino quotidiano di conversione. Esso dona la gioia del perdono del Padre, ricostruisce la comunione fraterna e purifica le intenzioni apostoliche109.

Don Bosco ha sottolineato la rilevanza pedagogica del sacramento della Riconciliazione e ha presentato la celebrazione regolare e frequente del sacramento come chiave del progresso spirituale personale e del cammino educativo dei giovani.

Il salesiano ama e fa amare il sacramento della Riconciliazione.


104.La devozione a Maria costituisce per il salesiano un gioioso e forte richiamo a riconoscere e invocare Maria come “modello di preghiera e carità pastorale, maestra di sapienza e guida della nostra Famiglia”; e a contemplare e imitare “la sua fede, la sollecitudine per i bisognosi, la fedeltà nell'ora della croce e la gioia per le meraviglie operate dal Padre”. Sull’esempio di Don Bosco egli si sente impegnato a diffondere una “devozione filiale e forte” per Lei, Immacolata e Ausiliatrice110.


105. Alcune attenzioni sostengono ed esprimono l’esperienza orante del salesiano e costituiscono una pedagogia di vita:


  • si esercita a celebrare nel tempo il mistero di Cristo vivendo i vari periodi dell’anno liturgico come momenti che scandiscono le tappe della sua esperienza cristiana e dando rilievo spirituale alla domenica;


  • coltiva la sua fede, approfondisce la conoscenza del mistero cristiano, aggiorna la sua visione teologica e spirituale come motivazione della sua esperienza di preghiera;

  • fa della partecipazione alla liturgia una scuola permanente di preghiera, impara ad ascoltare la voce di Dio e ad accogliere la sua grazia; persevera nella preghiera anche quando attraversa momenti di aridità;


  • celebra la Liturgia delle Ore come prolungamento nella giornata del mistero eucaristico, condividendo con la comunità – nei tempi previsti – la lode del Signore;


  • sviluppa la coscienza della missione apostolica: va ai giovani come inviato dal Signore per agire nel suo nome e non solo per scelta personale; sa che il Signore lo precede; è convinto che il lavoro che compie è un’opera di redenzione, come liberazione dalle diverse forme del male o evangelizzazione delle diverse realtà umane;


  • ama pregare con la sua comunità ed è fedele ai momenti in cui la sua comunità si incontra per la preghiera. Scopre la bellezza di condividere con la comunità le proprie esperienze di fede e le preoccupazioni apostoliche. Praticata con spontaneità e con il comune consenso, questa condivisione “nutre la fede e la speranza, così come la stima e la fiducia reciproca, favorisce la riconciliazione e alimenta la solidarietà fraterna nella preghiera”111;


  • trae profitto dall’incontro fraterno e dalla direzione spirituale per il suo cammino di preghiera;


  • valorizza le opportunità e gli stimoli che favoriscono una preghiera comune e personale viva e rinnovata, che superi i rischi di formalismo, di logorio e di passività che spesso minacciano le forme comuni e obbligatorie di preghiera.


106.L’esperienza spirituale del salesiano trova nell’azione apostolica forti stimoli ed è soggetta, allo stesso tempo, ad alcuni rischi. Il salesiano è chiamato a vivere la grazia di unità, evitando “ogni dicotomia tra interiorità e impegno pastorale, tra spirito religioso e compito educativo o qualunque fuga verso forme di vita che non rispondano al consiglio di Don Bosco: lavoro, preghiera, temperanza”112.

Il salesiano vigila affinché il suo dinamismo spirituale non subisca rallentamenti o arresti, la sua vita spirituale non sia minacciata dalla superficialità o dalla dispersione. A questo scopo si impegna a camminare nello Spirito, ad operare mosso dall’interiorità apostolica e a coltivare una vita unificata.






ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


1

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1.1 La vita comunitaria

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107.La comunità coltivi uno stile di comunicazione fraterna e di condivisione dell’esperienza vocazionale che stimoli lo spirito di famiglia, l’aiuto vicendevole e la capacità di correzione fraterna113. Si dia qualità alle diverse modalità d’incontro e condivisione: il dialogo sulla missione, il discernimento comunitario, la preghiera in comune, il “giorno della comunità”114, l’elaborazione del progetto educativo-pastorale, la programmazione, la revisione di vita, lo studio degli orientamenti della Chiesa e della Congregazione, i momenti di verifica della fraternità, della povertà115, della preghiera116, dei valori della spiritualità salesiana, ecc.


1.2 La vita secondo i consigli

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L’obbedienza salesiana


108.Ogni confratello partecipi all’elaborazione del progetto educativo-pastorale salesiano locale e ispettoriale e si renda idoneo al lavoro d’insieme117.


109.“Fedele alla raccomandazione di Don Bosco, ogni confratello si incontra frequentemente con il proprio superiore in un colloquio fraterno118. “I confratelli in formazione iniziale faranno una volta al mese il colloquio con il superiore previsto dall'articolo 70 delle Costituzioni”119.


La povertà salesiana


110.Tutti i confratelli vivano la povertà “come distacco del cuore e generoso servizio ai fratelli, con uno stile austero, industrioso e ricco di iniziative”120; coltivino la solidarietà con i poveri121, operando per la giustizia e la pace, specialmente con l’educazione dei bisognosi122.

La comunità locale e ispettoriale verifichi con la frequenza che riterrà opportuna, il proprio stato di povertà circa la testimonianza comunitaria e i servizi resi. Studi i mezzi per un continuo rinnovamento”123.


111.Durante la formazione iniziale si faccia in modo che il confratello:

– compia con responsabilità i suoi doveri, si impegni seriamente nello studio e si renda disponibile per il disbrigo dei lavori manuali richiesti dalla comunità;

assuma un atteggiamento solidale con il mondo dei giovani e dei poveri, anche con esperienze concrete;

– cresca nella responsabilità nell'uso del denaro, si abitui a dar conto delle sue spese e sia reso opportunamente partecipe dell’amministrazione della comunità124;

sia introdotto nella conoscenza degli aspetti economici e si abiliti a utilizzare responsabilmente gli strumenti di gestione amministrativa necessari alla missione.


La castità salesiana


112.Fin dai primi anni della formazione si assicuri, attraverso il dialogo personale e l’accompagnamento di tutta l’esperienza formativa, un’educazione personalizzata della sessualità, che aiuti a conoscerne la natura veramente umana e cristiana nonché il fine nel matrimonio e nella vita consacrata125; che porti alla stima e all’amore per la consacrazione e faccia “crescere in un atteggiamento sereno e maturo nei confronti della femminilità”126.


113.I confratelli, opportunamente aiutati, assumano consapevolmente l’ascesi che la castità consacrata comporta127. In particolare:

verifichino se gli atteggiamenti e i comportamenti verso gli altri, donne e uomini, e verso i giovani sono coerenti con le scelte della vita religiosa salesiana e la testimonianza che le è propria128;

accolgano le eventuali correzioni fraterne129;

sappiano fare un uso equilibrato del tempo libero, dei mezzi di comunicazione sociale e delle letture130; e siano prudenti nel fare visite e nel partecipare a spettacoli131.

Per favorire il dono della castità salesiana la comunità coltivi un clima di fraternità e di famiglia tra i confratelli e nei rapporti con i giovani132.


1.3 In dialogo con il Signore

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114.La vita spirituale del salesiano è sostenuta dalla pedagogia liturgica della Chiesa, dalla partecipazione “piena, consapevole e attiva”133 alle celebrazioni e da una permanente educazione liturgica comunitaria. Ogni confratello abbia a cuore la dignità del culto divino, il rispetto degli orientamenti liturgici, la sensibilità per il canto, i gesti i simboli134.


115.L’Eucaristia occupa un posto centrale nella vita quotidiana del salesiano e della comunità135. Attraverso di essa si esprime e si consolida il significato della consacrazione apostolica nella conformazione a Cristo, nella comunione fraterna e in un rinnovato slancio apostolico.

“Tutti i confratelli saranno fedeli alla celebrazione quotidiana dell’Eucaristia”136.


116. Si coltivi la familiarità con la Parola di Dio, vera scuola di formazione permanente, attraverso il contatto continuo, la lettura orante, lo studio e la condivisione comunitaria.


117.Nella vita personale e comunitaria si sottolinei il valore educativo e formativo del Sacramento della Riconciliazione secondo la nostra spiritualità. La frequenza della sua celebrazione “deve essere determinata d'accordo con il proprio confessore, secondo la tradizione dei maestri di spirito e le leggi della Chiesa”137 Normalmente, i religiosi “solleciti della propria unione con Dio, si sforzino di accostarsi al sacramento della [Riconciliazione] frequentemente, cioè due volte al mese”138. Durante la formazione iniziale, data l’incidenza che può avere l’accompagnamento del confessore sul discernimento vocazionale e sull’intera esperienza formativa, i confratelli abbiano un confessore stabile e ordinariamente salesiano.


118.La celebrazione della Liturgia delle Ore, adeguatamente curata, contribuisce a consolidare l’atteggiamento di preghiera e l’unione con Dio139. “I soci celebreranno ogni giorno, possibilmente in comune, le Lodi e il Vespro”140. I confratelli diaconi e presbiteri siano fedeli agli “obblighi assunti con la loro ordinazione”141, partecipando – con la celebrazione delle diverse Ore – alla lode incessante che la Chiesa eleva al suo Signore.


119.Si curi con particolare attenzione l’educazione alla preghiera personale e all’orazione mentale, la partecipazione e l’animazione dei ritiri e degli esercizi spirituali annuali, momenti fondamentali della pedagogia spirituale del salesiano, che stimolano l’atteggiamento di rinnovamento e consolidano l’unità di vita142.La comunità destinerà almeno tre ore al ritiro mensile e una giornata intera, convenientemente preparata, al ritiro trimestrale. Ogni anno i soci faranno sei giorni di esercizi spirituali, secondo le modalità stabilite dal Capitolo ispettoriale”143.


120.La Commissione ispettoriale per la formazione e i Direttori aiutino i confratelli a curare la qualità della preghiera personale, in modo speciale la meditazione, fatta in comune almeno per mezz’ora144, favorendo la conoscenza e la pratica di metodi adeguati alle caratteristiche della nostra spiritualità.


121.Lungo l’anno siano messe nel dovuto rilievo le feste mariane secondo lo spirito della liturgia e si valorizzino le espressioni devozionali mariane tipiche della Famiglia Salesiana, specialmente il santo Rosario.145

Si celebrino con gioiosa partecipazione le feste e le memorie dei Santi e Beati della Famiglia Salesiana, lodando il Signore per il dono della santità diffuso nella nostra Famiglia spirituale e ricevendone stimolo alla imitazione.


122.Si curino momenti di condivisione della preghiera con i giovani e con i laici.


123.Metodi e stili di preghiera, testi e altri sussidi conservino la caratteristica salesiana della preghiera intimamente congiunta all'azione; aprano “a una equilibrata spontaneità e creatività sia personale che comunitaria”146 ed educhino a una particolare sensibilità verso le forme giovanili, popolari e festive147. Contribuiscano a ravvivare lo spirito delle diverse celebrazioni e ad evitare gli effetti della routine.






3.3 LA DIMENSIONE INTELLETTUALE



3.3.1 Motivi e urgenza


124.Una formazione intellettuale robusta e costantemente aggiornata, fondata su studi seri, che maturi e coltivi la capacità di riflessione, di giudizio e di confronto critico con la realtà, è indispensabile per vivere in forma adeguata la vocazione salesiana.

La società in continuo mutamento richiede persone con una mentalità aperta e critica, in atteggiamento di ricerca, disposte ad imparare e ad affrontare il nuovo, abili nel distinguere il permanente dal mutevole, inclini al dialogo e capaci di discernimento.


Solo un approccio intelligente della realtà e una visione aperta alla cultura, ancorata nella Parola di Dio, nel sentire ecclesiale e negli orientamenti della Congregazione, conduce il salesiano ad una scelta e ad un’esperienza vocazionale solidamente motivata e lo aiuta a vivere con consapevolezza e maturità, senza riduzionismi né complessi, la propria identità e il suo significato umano e religioso. Diversamente c’è il pericolo di smarrirsi di fronte alle correnti di pensiero o di rifugiarsi in modelli di comportamento e forme di espressione superati o non coerenti con la propria vocazione148.


125.Nella società odierna, sotto la spinta della nuova evangelizzazione, il salesiano avverte il bisogno di contribuire secondo il suo carisma al dialogo fra cultura e fede, di individuare metodi più appropriati di annuncio della Parola di Dio. Ora questa penetrazione del Vangelo nella cultura e nella società presuppone che si sia approfondito il mistero di Dio, la vocazione dell’uomo e le condizioni attuali in cui si sta svolgendo la vita.

In particolare il salesiano, chiamato a operare nel campo giovanile, sente il bisogno di conoscerlo e di abilitarsi per un intervento educativo e pastorale adeguato ed efficace. Ciò richiede attenzione e riflessione costante e la capacità di tradurre in progetti concreti la missione educativa. È indispensabile una acquisire illuminata mentalità pastorale, competenza pedagogica e professionalità.


126. Inoltre, nella realizzazione della missione, attuata insieme a laici competenti, al salesiano è affidato il ruolo di orientatore pastorale, primo responsabile dell’identità salesiana delle iniziative e delle opere, animatore e formatore di adulti corresponsabili nel lavoro educativo.

Questo compito, che può avere espressioni diverse secondo le opere e i ruoli, richiede da lui una conoscenza maggiore, teorica e pratica dei problemi giovanili e delle vie dell’educazione, la capacità di interagire con gli adulti su problemi di vita e di fede, di comunicare e orientare, di proporre autorevolmente mete e itinerari educativi.

Suppone anche un vissuto più convinto dello spirito salesiano, una conoscenza riflessa e organica del Sistema Preventivo e una maggior consapevolezza della propria identità.149


127.Nel trapasso culturale in cui viviamo, è quanto mai necessario vincolare la testimonianza religiosa con i valori dell’uomo e con le sfide che provengono dalla cultura. “All’interno della vita consacrata c’è bisogno di rinnovato amore per l’impegno culturale, di dedizione allo studio come mezzo per la formazione integrale e come percorso ascetico, straordinariamente attuale, di fronte alla diversità delle culture”150.



3.3.2 Natura della formazione intellettuale


128.La dimensione intellettuale è quindi una componente fondamentale della formazione, sia iniziale che permanente. Si tratta di una formazione intellettuale strettamente collegata con le altre dimensioni della formazione: formazione religiosa e professionale, carità pastorale e competenza pedagogica si richiamano a vicenda; lo sforzo di qualificazione e di professionalità è integrato nell’esperienza vocazionale.151

Lo studio e la pietà – scrisse Don Bosco ad un confratello – ti faranno un vero salesiano”152, quasi a dire, in altre parole: “Cultura e spiritualità faranno di te un autentico e competente educatore pastore dei giovani”153.


129.La capacità intellettuale e, in particolare, la capacità di riflessione, di discernimento, di giudizio sono attitudini il cui sviluppo va continuamente curato.

Va sottolineato che la formazione intellettuale è anzitutto una maniera di vivere e di lavorare imparando dalla vita, mantenendosi aperti alle sfide e agli stimoli della situazione (cultura, Chiesa, Congregazione), dedicando tempo alla riflessione e allo studio e valorizzando i mezzi e le proposte; è operare nel quotidiano con capacità di attenzione e di discernimento, abilitandosi a svolgere con competenza il proprio lavoro; è curare un ambiente comunitario che stimola il confronto e l’approfondimento e favorisce un operare pensato, programmato, verificato.

La convinzione di Don Bosco, un tempo, e della Congregazione, oggi, è che una seria preparazione intellettuale aiuta in modo insostituibile a vivere coerentemente l’indole propria della vocazione salesiana e la sua missione.


130.La formazione intellettuale del salesiano comprende la formazione di base, cioè gli studi che fanno parte delle diverse fasi della formazione iniziale, la specializzazione o professionalizzazione, e la formazione permanente.

Un posto speciale occupa la formazione intellettuale durante la formazione iniziale, specialmente in alcuni periodi. Essa tende ad assicurare una preparazione e una qualificazione di base, una mentalità pedagogica pastorale aperta e critica, una visione salesiana intelligente e fondata, un atteggiamento permanente di riflessione e di studio.


Ogni salesiano, coadiutore o presbitero, acquista e coltiva una solida base culturale. D’altra parte, la vocazione specifica incide sull’ordinamento degli studi, precisandone le scelte, l’orientamento e la pianificazione. Per i salesiani candidati al presbiterato il curriculum specifico è determinato dalla Chiesa secondo le esigenze del proprio contesto culturale.


La formazione di base tiene presente la situazione di partenza dei candidati, una situazione diversificata, qualche volta fragile nei contenuti, nella prospettiva e nel metodo di studio, altre volte già professionalmente qualificata.



3.3.3 Scelte che qualificano la formazione intellettuale del salesiano


131.La formazione intellettuale del salesiano è orientata da alcune scelte qualificanti, che sono da assumere già nell’impostazione della formazione iniziale (curriculum, programmi, metodo, ecc.).



3.3.3.1 Caratterizzazione salesiana


I Regolamenti evidenziano in modo esplicito il rapporto tra identità e formazione intellettuale del salesiano quando affermano: “La missione salesiana orienta e caratterizza in modo proprio e originale la formazione intellettuale dei soci a tutti i livelli. Quindi l’ordinamento degli studi armonizzi le esigenze della serietà scientifica con quelle della dimensione religiosa apostolica del nostro progetto di vita”154. Perciò, non è indifferente la scelta dell’impostazione, del curriculum e del centro di studi per la formazione dei confratelli, se si vuol assicurare la qualificazione pedagogico-pastorale richiesta dalla vocazione salesiana, e non si può delegare ad istanze non salesiane l’orientamento degli studi.



3.3.3.2 Interazione di teoria e prassi e sintonia con la congiuntura storica


132.La formazione intellettuale abilita al confronto con le situazioni storiche, specialmente con la condizione giovanile, viste in chiave educativa e pastorale; essa qualifica per il discernimento pastorale, e rende capaci di orientare persone, progetti e processi in coerenza con gli obiettivi della missione.

Richiede per sua natura una vera iniziazione alla metodologia dell’azione apostolica. La si può sinteticamente indicare con l’espressione “riflessione sulla prassi”, interazione di teoria e prassi; lo studio e la riflessione sono motivati e stimolati dalla vita reale e la prassi è illuminata e guidata dalla riflessione e dallo studio.



3.3.3.3 Impostazione organica e unitaria


133. L’unità e l’organicità che caratterizzano tutto il processo formativo qualificano anche la dimensione intellettuale al servizio di un’esperienza personale unificata e di una adeguata comprensione della missione.

In un contesto culturale che non sembra privilegiare il riferimento ad alcuni criteri fondamentali e appare segnato dal pluralismo e dalla complessità, è indispensabile la proposta di un sapere unificato che renda possibile una visione fondata, critica e aperta. Tale sapere unificato e organico nasce dalla sintesi attiva dei contenuti propri alle diverse discipline e ai diversi approcci e da un metodo di insegnamento e di studio che stimola l’interiorizzazione e la sintesi.

Esso porta il salesiano a comprendere l’originalità della sua vocazione, che suppone costantemente il delicato riferimento della natura alla grazia, della scienza alla fede, dell’ordine temporale al Regno di Dio.



3.3.3.4 Continuità


134.Anche la formazione intellettuale va impostata in prospettiva di formazione permanente, affinché maturi l’abito della riflessione e dello studio, l’apertura al confronto, l’attenzione agli orientamenti ecclesiali e salesiani, l’impegno di qualificazione.

La continuità della formazione intellettuale aiuta il salesiano a conoscere e vivere con una certa connaturalità i nuovi sviluppi della storia e ad impegnarsi apostolicamente in essa. La costante promozione dell’intelligenza abilita ad imparare in forma progressiva, rende capaci di valorizzare i momenti e le occasioni di aggiornamento senza limitarsi a ciò che è previsto istituzionalmente, e condiziona decisamente la missione del salesiano educatore pastore dei giovani.



3.3.3.5 Inculturazione155


135.L’attenzione all’inculturazione deve essere presente in tutte le dimensioni della formazione. L’inculturazione infatti tocca il rapporto tra la persona, le sue radici e la sua caratterizzazione culturale, e la vocazione; interessa l’incarnazione del carisma e la realizzazione della missione educativa pastorale nei diversi contesti. In questa prospettiva e di fronte a questo compito deve collocarsi anche la formazione intellettuale e la programmazione degli studi.

Fondata sui principi indicati dalla Chiesa, che si collegano con il mistero dell’incarnazione e con l’antropologia cristiana, e basata su di una solida piattaforma filosofica e teologica, una formazione intellettuale inculturata e al servizio dell’inculturazione non si riduce ad un semplice adattamento ai contesti, ma raggiunge la persona nelle sue radici e nel quadro di riferimento che porta in sé, abilita ad un confronto intelligente e critico con la realtà, mentre sottolinea contenuti particolari di riflessione e di studio.


136. Nello “stabilire il modo di attuare la formazione secondo il proprio contesto culturale”156 si curerà perciò che nell’impostazione degli studi sia presente la prospettiva dell’inculturazione. Essa interessa, in particolare, la formazione filosofica, l’impostazione teologica e pastorale, la dimensione dell’evangelizzazione, l’azione missionaria e il dialogo ecumenico, i rapporti inter-religiosi, il metodo e la spiritualità salesiana.

Negli studi del postnoviziato, nei quali si dà ampio spazio alle scienze dell’uomo, la formazione filosofica, stabilito il nucleo fondamentale di affermazioni che sono connesse con la rivelazione cristiana, è aperta ad un sano pluralismo in relazione alle varie culture. Evitando presentazioni giustapposte e sincretistiche, offre una sintesi originale inculturata.

La formazione teologica (teologico-pastorale, morale, spirituale, liturgica, ecc.), attenta alle sfide che presenta la nuova evangelizzazione nei diversi contesti e alle diverse forme di incarnazione del ministero pastorale, domanda di assumere l’inculturazione come criterio e strumento di ogni riflessione e metodologia pastorale, per preparare educatori ed evangelizzatori abilitati ad essere mediatori del rapporto tra Vangelo e cultura in sintonia con la Chiesa.

La riflessione e lo studio devono accompagnare anche l’inculturazione dei valori del carisma e della spiritualità salesiana, aiutando ad incarnarne i contenuti e le modalità caratteristiche nelle varie culture e indicando “i modi diversi di vivere l’unica vocazione salesiana”157.



3.3.4 Ambiti culturali


137.L’esperienza vocazionale e la missione salesiana, nella sua unità e negli elementi che la costituiscono, si fa criterio privilegiato anche per la scelta degli ambiti culturali, la loro interna strutturazione e i loro rapporti. Oltre ad una solida cultura di base, essa richiede un adeguato approccio teologico, filosofico e pedagogico, particolare attenzione ad alcuni aspetti della realtà e lo studio della “salesianità”.



3.3.4.1 Una solida cultura di base


138.Per essere in grado di confrontarsi ed entrare in dialogo con persone di diverse esperienze e competenze, è necessario che ogni salesiano abbia come base minima il livello di studi che si richiede da chiunque abbia compiuto un ciclo di istruzione normale nel paese e sia capace di organizzare il suo sapere in una sintesi significativa e comunicabile.

È la stessa situazione contemporanea ad esigere sempre più dei maestri che siano veramente all’altezza della complessità dei tempi e siano in grado di affrontare, con competenza e con chiarezza e profondità di argomentazioni, le domande di senso degli uomini d’oggi, alle quali solo il Vangelo di Gesù Cristo dà la piena e definitiva risposta”158.

Occorre dunque che il salesiano abbia una cultura, cioè un insieme di conoscenze, significati e valori, ampia, aperta e allo stesso tempo critica, e che sia qualificato il più possibile in ciò che ha riferimento con la missione salesiana. Come educatore-pastore dei giovani, si richiede da lui che sia in grado di animare effettivamente altri educatori e i collaboratori laici.


Considerando l’universalità della Congregazione, la composizione delle Regioni e dei gruppi di Ispettorie e le tendenze odierne del mondo, si vede oggi anche la convenienza di includere nel bagaglio culturale l’apprendimento a livelli utili di una o più lingue, oltre la propria, per superare le barriere linguistiche e per creare spazi di maggiore comunicazione e collaborazione.




3.3.4.2 L’approfondimento della fede attraverso la teologia


139.Una qualificazione di base nelle scienze teologiche e un costante aggiornamento in esse porta il credente ad una comprensione adeguata del mistero cristiano, a vivere con consapevolezza il rapporto tra Vangelo e cultura, e lo abilita a rispondere alle domande che ad essa rivolgono le mutevoli situazioni e l’evoluzione culturale.

La teologia è al servizio della fede, della sua dimensione ecclesiale e della sua inculturazione. È indissolubilmente connessa con la vita e storia del Popolo di Dio e con il Magistero che orienta il suo cammino; ha uno spiccato carattere vitale e una rilevante incidenza sulla missione della Chiesa e in particolare sulla vita spirituale e sul ministero pastorale dei suoi membri.159

Conseguentemente la riflessione teologica aiuta il salesiano a sviluppare l’amore a Gesù Cristo e alla sua Chiesa, dà solido fondamento alla vita spirituale, qualifica per la missione educativo-pastorale. L’attuale situazione richiede che già nelle fasi iniziali della formazione – ma non solo in esse – ci sia un buon radicamento della fede sia in termini di una conoscenza intellettuale delle verità, sia in termini di una esperienza di vita basata sul Vangelo. Speciale attenzione si deve prestare anche alla teologia della vita consacrata.



3.3.4.3 Una coerente visione dell’uomo, del mondo e di Dio attraverso la filosofia


140.Lo studio della filosofia è indispensabile per giungere ad una valida comprensione e interpretazione della persona, della sua libertà, e delle sue relazioni con il mondo e con Dio,160 indispensabile per avere una adeguata capacità di riflessione e di valutazione critica della realtà.

Aiuta infatti a maturare una visione coerente in cui trovano composizione e armonia i dati molteplici dell’esperienza, a cogliere la dimensione di verità e a garantirne la certezza in un contesto in cui spesso si esalta il soggettivismo come criterio e misura della verità. Si presenta come base necessaria per il dialogo tra scienze teologiche e scienze dell’uomo, per una comprensione critica delle diverse culture, per garantire i presupposti razionali del mistero cristiano, e per permettere un discernimento delle forme culturali attraverso cui si propone l’annuncio evangelico.



3.3.4.4 Le scienze dell’uomo e dell’educazione


141.Le scienze dell’uomo, come la sociologia, la psicologia, la pedagogia, le scienze dell’economia e della politica, le scienze della comunicazione sociale offrono una più profonda comprensione dell’uomo, dei fenomeni e delle linee evolutive della società161. Sono indispensabili per chi è chiamato per vocazione a inculturare il Vangelo nella realtà giovanile.

Per il salesiano, che durante la formazione assimila la prassi educativa e la saggezza pedagogica della Congregazione, le scienze dell’educazione risultano elemento insostituibile di qualificazione vocazionale e professionale e hanno un posto privilegiato per il loro collegamento con il campo e gli obiettivi specifici della missione salesiana. E la catechesi, che integra profondamente la preoccupazione pastorale e la sensibilità pedagogica, gode di una sua centralità, perché l’annuncio di Cristo ai giovani è la nostra ragion d’essere come salesiani.


L’influsso sempre più vasto e profondo della comunicazione sociale in quasi tutti gli aspetti della vita, i settori di attività e i rapporti nella società rende necessaria la formazione del salesiano nel campo della comunicazione, che lo abilita alla conoscenza degli strumenti, dei loro linguaggi e del loro uso, acquisendo senso critico e capacità metodologica ed educativa, per una più efficace comunicazione del messaggio.


Per assicurare una efficace azione educativa e pastorale è pure importante che il salesiano abbia una conoscenza della realtà socio-politico-economica in cui vive e opera e si confronti con le attuali complesse problematiche del mondo del lavoro, i problemi sociali, le nuove povertà, la dottrina sociale della Chiesa.



3.3.4.5 La “salesianità”


142.Coltivare l’identità vocazionale, approfondire la ricchezza carismatica del Fondatore, vivere in sintonia con la coscienza della Congregazione e con gli orientamenti che essa si dà per camminare in fedeltà al progetto vocazionale ed esprimerlo in modo adeguato ai tempi e alle circostanze, comporta una comprensione e perciò uno studio intelligente, aggiornato e costante della spiritualità, della pedagogia, della pastorale e della storia della Congregazione.

È compito permanente di ogni salesiano coltivare l’intelligenza della propria vocazione e assumere la mens della Congregazione, consolidando la propria identità e rendendosi capace di comunicare e proporre i valori del carisma salesiano.



3.3.5 Specializzazione e professionalità


143.Oltre alla solida qualificazione di base, la nostra vocazione richiede un’adeguata competenza professionale, che comporta spesso una specializzazione. D’altra parte, il contesto e i campi in cui operiamo e i ruoli che assumiamo esigono con frequenza il riconoscimento ufficiale delle qualifiche. Assicurata quindi la formazione di base, si rende necessaria un’ulteriore qualificazione e specializzazione162.

Se è vero che si può acquistare una competenza in un determinato settore attraverso la vita e il lavoro, oggi è particolarmente necessaria una conoscenza adeguata e una preparazione specifica per dare qualità alla prassi quotidiana ed evitare l’improvvisazione e la superficialità operativa.

La specializzazione valorizza i doni personali in vista dell’azione apostolica e ha lo scopo di abilitare il salesiano ad un servizio contrassegnato da professionalità e competenza.

Ogni salesiano si qualifica per i compiti educativo-pastorali e per il ruolo che gli è affidato, specialmente quando si tratta di responsabilità di animazione, di governo e di formazione nella comunità locale e ispettoriale.


144.Nella scelta della specializzazione vengono considerate le attitudini e propensioni del confratello, ma criterio fondamentale e prioritario rimane la missione concreta della Congregazione. In tal senso la specializzazione non viene programmata per raggiungere finalità individuali, ma per rispondere alle esigenze dei progetti apostolici163.

È l’Ispettoria che, nella sua programmazione e più specificamente nel Piano ispettoriale di qualificazione e specializzazione dei confratelli, stabilisce le aree e le priorità di specializzazione e ne indica le modalità di attuazione.

Essa offre poi al confratello specializzato continuità e stabilità nell’attività per cui è stato preparato e anche la possibilità di aggiornamento. Dal canto suo, il confratello valorizza la sua preparazione al servizio della comune missione.



3.3.6 Centri di studio per la formazione


145.L’impostazione e le caratteristiche degli studi richiesti per la formazione intellettuale del salesiano trovano una risposta istituzionale nei centri di studio. La scelta del centro di studi risponde ai criteri della formazione salesiana. Per questa ragione i Regolamenti generali invitano le Ispettorie che sono in grado di farlo ad avere un proprio centro di studi164.


Esiste di fatto in Congregazione una diversità di strutture per gli studi del postnoviziato e della teologia: il centro salesiano, integrato con una comunità formatrice (“studentato”) o funzionante indipendentemente, il centro non salesiano o il centro gestito in corresponsabilità con altri.

Molti centri salesiani sono aperti a studenti non appartenenti alla Congregazione.

Tra i diversi tipi di centri di studio è da preferire il centro salesiano che offre una impostazione degli studi con prospettiva salesiana, evidenziando il carattere pastorale e pedagogico, favorisce l’integrazione tra progetto formativo globale e formazione intellettuale e il rapporto tra salesiani studenti e docenti; si dovrà assicurare il rapporto tra centro studi e comunità.


146.È compito degli Ispettori attendere con cura ai centri di studio, preoccuparsi della loro finalità salesiana e della qualità del servizio accademico, e fornire i mezzi necessari. La consistenza qualitativa e l’adeguato funzionamento di un centro di studi esige soprattutto la cura del suo corpo docente e quindi che si programmi il quadro degli organici e si preveda la preparazione, la stabilità, l’impiego razionale e il necessario ricambio del personale; che si sottolinei la salesianità come punto di convergenza e si qualifichino docenti per quei settori culturali che caratterizzano salesianamente il centro; che si favoriscano il contatto e il coinvolgimento dei docenti nell’azione e nella riflessione della Congregazione e dell’Ispettoria.

È da tener presente anche che i centri salesiani possono offrire all’Ispettoria e alla Chiesa locale un servizio qualificato di animazione spirituale, pastorale e culturale: iniziative per l’aggiornamento dei confratelli, dei membri della Famiglia Salesiana e dei laici; prestazioni di consulenza per organismi ispettoriali e inter-ispettoriali; ricerche, pubblicazioni, elaborazione di sussidi; iniziative varie in collaborazione con organismi ecclesiali e religiosi.

Un centro di studi costituisce per una Ispettoria un’esigenza talvolta gravosa. È consigliabile dunque e spesso necessaria la collaborazione tra diverse Ispettorie.

Quando non sia possibile la frequenza ad un centro salesiano di studi, né al livello ispettoriale né al livello inter-ispettoriale, la scelta del centro viene fatta in base ai criteri formativi, assicurando le condizioni e seguendo il procedimento indicati dalla Ratio. In ogni caso, per tale scelta si dovrà prendere in considerazione le situazione dell’Ispettoria, il numero dei salesiani studenti, la vicinanza o meno di centri salesiani e il contesto ecclesiale.


147.Tra i vari centri di studio salesiani, occupa un posto di privilegio l’Università Pontificia Salesiana che ha una missione particolare al servizio della Chiesa e della Congregazione per la qualificazione del personale. “L’attuale sviluppo della Congregazione e la sua espansione mondiale, le sfide della missione e l’esigenza di qualità nella sua espressione pedagogico-pastorale, la prospettiva della nuova evangelizzazione e dell’inculturazione, la cura della comunione e l’attenzione alle diverse espressioni del nostro carisma rendono di grande importanza e attualità la funzione dell’UPS nel quadro della realtà salesiana”165.

L’UPS ha un rapporto particolare con alcuni centri salesiani di studio sotto la forma della affiliazione e della aggregazione. Si tratta di un’esperienza costruttiva e utile al servizio della qualità accademica, del confronto e della collaborazione, del ruolo dei docenti.



3.3.7 Alcune indicazioni per promuovere la formazione intellettuale


148.L’impegno per la formazione intellettuale deve essere una costante nella vita del salesiano. Tale impegno trova stimolo ed espressione concreta in alcuni atteggiamenti che egli deve coltivare:

  • il salesiano fa sì che l’entusiasmo per la sua vocazione, generato dalla carità pastorale, diventi una forte motivazione per la sua formazione intellettuale. Nutre amore per lo studio, vi dedica tempo e valorizza le opportunità che gli sono offerte, vedendo in esso uno strumento efficace per la missione;


  • cura una visione di sintesi tra fede, cultura e vita, tra educazione ed evangelizzazione, tra valori secolari e pastorale;


  • vive la formazione intellettuale come autoformazione, specie nella prospettiva della formazione permanente, cioè come atteggiamento e impegno personale, valorizzando la riflessione, la condivisione e il confronto in gruppo;


  • consapevole delle esigenze della missione, si impegna a sviluppare autentici interessi culturali; a mantenere l’identità vocazionale salesiana come criterio di orientamento dei propri sforzi per aggiornarsi e maturare intellettualmente; ad acquisire una mentalità di riflessione e di discernimento di fronte ai segni dei tempi e ai nuovi fenomeni emergenti nelle culture giovanili;


  • trova nella comunità, sia al livello ispettoriale che al livello locale, stimolo e aiuto per la sua formazione intellettuale; essa infatti si proietta come ambiente ricco di valori salesiani, aperto alla vita e alla cultura. Di particolare aiuto è la riflessione sulla prassi nell’ambito del Progetto Educativo-Pastorale Salesiano, fatta insieme con la CEP;


  • nella formazione iniziale, assume la responsabilità per la propria formazione intellettuale. Affronta con generosità e senso apostolico l’ascesi richiesta dalla serietà degli studi, la fatica del lavoro scientifico, la diligenza e la concentrazione. Prende parte attiva alla scuola, nei gruppi e nelle diverse iniziative accademiche e culturali e valorizza l’incontro con i docenti. Interiorizza le motivazioni e le finalità di ogni disciplina e attività scolastica in cui è impegnato;


  • è introdotto nella metodologia dell’azione apostolica, e sa collegare l'esercitazione pastorale con la formazione intellettuale, al servizio di una esperienza integrale che evita i rischi dell'astrattezza e dell'immediatismo.




ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


Obiettivi e caratterizzazione


149.La missione salesiana orienta e caratterizza in modo proprio e originale la formazione intellettuale dei soci a tutti i livelli. Quindi l’ordinamento degli studi armonizzi le esigenze della serietà scientifica con quelle della dimensione religiosa apostolica del nostro progetto di vita”166.

Sia offerta ad ogni confratello una solida formazione intellettuale teologica, pedagogica e professionale, attenta alle diverse forme vocazionali e secondo le norme stabilite dalla Chiesa.


150.Attraverso una costante riflessione sulla prassi, l’apporto complementare delle varie discipline di studio e l’acquisizione delle necessarie competenze, il salesiano si formi una mentalità pedagogica pastorale e si abiliti ad affrontare adeguatamente i compiti e le sfide proprie della missione.


151. La preparazione intellettuale deve formare nel salesiano una mentalità “aperta e critica”167 che lo renda capace di comprendere la situazione, specialmente quella dei giovani e dei poveri; sviluppi in lui lo spirito di iniziativa,168 lo induca “a seguire il movimento della storia e ad assumerlo con la creatività e l'equilibrio del Fondatore”169.


Impegno personale per la formazione intellettuale


152.Ogni salesiano coltivi la riflessione personale e comunitaria sulla prassi e l’abito della lettura; approfitti delle opportunità di aggiornamento offerte dalla comunità locale, dall’Ispettoria e dalla Chiesa; curi la qualificazione culturale richiesta dal suo compito di educatore dei giovani, dal suo ruolo di animatore e dalle sfide del contesto, rendendosi sempre più atto al compimento della missione comune.

Ogni confratello ricerchi con i superiori il campo di qualificazione più confacente alle sue capacità personali e alle necessità dell'Ispettoria, preferendo quanto concerne la nostra missione. Conservi la disponibilità caratteristica del nostro spirito e sia pronto a periodiche riqualificazioni”170.


A livello di Congregazione


153. Gli studi in Congregazione vengono regolati:

dai documenti della Chiesa, riguardanti sia direttamente che indirettamente la formazione intellettuale dei religiosi e gli studi ecclesiastici;

dalle Costituzioni e dai Regolamenti generali, dai Capitoli Generali, dal Rettor Maggiore col suo Consiglio, da questa Ratio e dai Direttorî ispettoriali approvati.


154. In Congregazione la formazione intellettuale è sotto la diretta competenza del Rettor Maggiore col suo Consiglio. Viene curata specificamente dal Consigliere Generale per la formazione171 al quale competono i seguenti servizi:

la promozione degli studi esigiti dall'indole propria della Congregazione;

– l’attenzione alla preparazione del personale e la verifica del Piano ispettoriale di qualificazione e riqualificazione dei confratelli;

– la cura dei centri salesiani di studi per la formazione e del personale che opera in essi;

– la valutazione della scelta di centri studi non salesiani per la formazione e delle affiliazioni dei centri salesiani di studi a istituzioni salesiane e non salesiane.


155. I centri superiori di studio, come accademie o facoltà di teologia, di filosofia e di pedagogia, dipendenti dalla nostra Congregazione, devono ispirarsi, per quanto si riferisce agli studenti salesiani, ai criteri e alle direttive di questa Ratio.


156.Si favorisca lo studio dell’italiano come strumento per la conoscenza delle fonti, la lettura dei documenti e come elemento di comunicazione in Congregazione, specie nei contatti o incontri di livello internazionale.

Si stimoli anche lo studio di altre lingue che possono servire alla comunicazione pastorale e salesiana172.


A livello ispettoriale


157. Ai fini dell’unità della formazione intellettuale il Direttorio ispettoriale - sezione formazione contenga gli orientamenti e le scelte fondamentali per gli studi, tenendo presenti le norme della Congregazione, le esigenze della missione e del contesto ispettoriale; contenga anche le indicazioni relative ai centri di studio frequentati dai confratelli nelle diverse fasi della formazione e la loro caratterizzazione. Il Progetto ispettoriale di formazione indichi in modo più concreto quanto si riferisce al curriculum di studi.


158. L’Ispettoria elabori il Piano ispettoriale di qualificazione e specializzazione dei confratelli in base ai criteri indicati dal Direttorio e come parte del Progetto ispettoriale di formazione. Lo verifichi e riveda periodicamente attraverso la CIF. Il Piano sia presentato al Consigliere Generale per la formazione.


Nella formazione iniziale


159. La preparazione intellettuale costituisce un elemento integrante della formazione iniziale in tutte le fasi. Essa ha un particolare rilievo nella programmazione generale e nell’investimento del tempo durante l’immediato postnoviziato (almeno due anni) e nella formazione specifica sia dei salesiani avviati al presbiterato (quattro anni), sia analogamente nella formazione specifica dei salesiani coadiutori (almeno un anno)173.


160. Durante la formazione iniziale si deve sottolineare l’impostazione salesiana degli studi e si deve coltivare lo studio graduale e sistematico delle discipline specificamente salesiane.174


Riguardo all’impostazione salesiana degli studi si curi:

– la prospettiva fondamentale e unificante della formazione dell’educatore pastore salesiano;

– la rispondenza effettiva dei piani di studio alle esigenze della vita e della missione salesiana;

– la presenza di confratelli adeguatamente preparati che, a partire dal proprio ambito di qualificazione, aiutino i confratelli studenti a cogliere il taglio salesiano degli studi e siano in grado di sensibilizzare i responsabili dei centri non salesiani in questa linea.

Riguardo allo studio delle materie specificamente salesiane:

– si promuova uno studio graduale e sistematico delle discipline salesiane (storiche, pedagogiche, spirituali e le linee fondamentali della Pastorale Giovanile Salesiana) attuando quanto stabilito nel Direttorio ispettoriale - settore formazione e nel Progetto ispettoriale di formazione;

– quando si frequenta un centro salesiano ordinariamente la responsabilità è condivisa tra le autorità accademiche e quelle della comunità formatrice;

- quando si frequenta un centro non salesiano, questo compito è assunto dalla comunità formatrice, a meno che non sia assolto dallo stesso centro.


I responsabili della formazione intellettuale


161.Il confratello in formazione deve ritenersi il primo responsabile della sua preparazione intellettuale. Perciò:

– frequenti regolarmente le lezioni e prepari diligentemente colloqui, dissertazioni scritte ed esami175;

sia aperto al confronto e alla condivisione in gruppo e partecipi attivamente alle iniziative accademiche e culturali del proprio centro di studi;

– si sforzi, con l’aiuto dei docenti, di maturare nella riflessione e imparare un metodo di studio secondo lo spirito della formazione permanente.


162. Il Direttore e gli altri formatori s’impegnino nell’accompagnare la formazione intellettuale del confratello, si mantengano informati, dialoghino con i responsabili degli studi, compiano periodiche verifiche.

Sia garantita nella comunità formatrice la presenza di confratelli qualificati, possibilmente docenti, che aiutino ad unificare studi ed esperienza formativa.


163. Il confratello docente, consapevole della sua specifica funzione formativa, mostri interesse per il cammino intellettuale degli studenti, promuova lo sviluppo delle loro capacità, tenendo presenti gli obiettivi e le esigenze pastorali e pedagogiche dell’azione salesiana.

Subordini gli eventuali servizi culturali e apostolici a livello di Ispettoria o di Chiesa locale a quelli che è chiamato ad offrire ai confratelli studenti. Si impegni in un sistematico sforzo di aggiornamento della propria qualificazione.


164. I docenti non salesiani, ecclesiastici, religiosi o laici, chiamati a prestare il loro servizio in centri salesiani, siano scelti tenendo presenti la loro idoneità scientifica e pedagogica, i criteri e le condizioni indicate dalla Chiesa e dalla Congregazione, in particolare la sintonia con gli orientamenti ecclesiali e la testimonianza di vita176.


La metodologia


165. La metodologia degli studi e dell’insegnamento dia spazio a una valida impostazione antropologica e ad istanze di interdisciplinarità, a metodi che favoriscono la capacità di riflessione, di dialogo e di confronto, la maturità critica e l’atteggiamento di formazione intellettuale permanente. Professori e studenti attendano con serietà al lavoro intellettuale e procedano secondo prospettive di sintesi in funzione di una mentalità pastorale pedagogica.


166. Nell’impostazione del lavoro accademico:

– si preveda un numero sufficiente di ore di lezione nei corsi istituzionali per lo svolgimento della materia in programma e le indicazioni generali per lo studio personale;

– si istituiscano “seminari” ed esercitazioni per stimolare l'attiva partecipazione degli alunni;

– i professori comunichino un metodo serio di lavoro scientifico177;

si favorisca in diversi modi lo studio personale.


Centri di studio per la formazione


167. Esiste di fatto in Congregazione una diversità di strutture per gli studi del postnoviziato (frequentati in alcuni casi anche dai prenovizi) e della teologia:

– il centro salesiano di studi integrato con una comunità formatrice (“studentato”) o funzionante indipendentemente dalla comunità formatrice; in entrambi i casi il centro può essere frequentato da studenti salesiani e da altri religiosi, diocesani o laici;

– il centro non salesiano, ecclesiastico o civile, frequentato da confratelli membri di una comunità formatrice; in alcuni casi il centro è gestito dai salesiani in collaborazione con altri Istituti o con la Diocesi.


168. Tra i due tipi di centri di studi sopra indicati – centro salesiano e centro non salesiano – si scelga ordinariamente il centro salesiano178. Questa scelta sottolinea l’importanza di una impostazione che favorisce l’integrazione e la convergenza tra la formazione intellettuale e la formazione globale nella prospettiva salesiana.

Tale convergenza può verificarsi sia nella forma della comunità formatrice con un proprio centro studi (“studentato”), sia nella forma della separazione tra comunità formatrice e centro salesiano di studi, sempre che vi sia stretta collaborazione tra le due istanze per il raggiungimento del comune obiettivo formativo.

Il centro salesiano offre anche il vantaggio formativo della condivisione di riflessione e di vita tra confratelli docenti e confratelli studenti, e di un servizio qualificato alla formazione permanente nell’Ispettoria.


169. La preferenza per il centro salesiano non significa che esso debba essere riservato solo ai salesiani. Gli stessi Regolamenti invitano ad aprire i nostri centri “nella misura del possibile anche agli esterni, religiosi e laici, per un servizio alla Chiesa particolare”179.

Questa apertura, che deve salvaguardare l’identità e le condizioni di qualità del centro, comporta anche vantaggi formativi quali la condivisione, la collaborazione e una maggior presenza di studenti.


170. “Le Ispettorie in grado di farlo abbiano il proprio centro di studi per la formazione dei confratelli e per servizi qualificati di animazione spirituale, pastorale e culturale”180.

Si sostengano i centri salesiani di studi, se ne assicuri la qualità accademica e formativa, la consistenza delle équipes e la continuità del personale qualificato. Per il cambio di confratelli che formano parte del corpo docente stabile di un centro salesiano di studi l’Ispettore proceda d’intesa con il Consigliere per la formazione.

Si pianifichino, secondo la consistenza e la struttura del centro, i vari ruoli e organismi accademici (preside, consiglio, collegio dei professori, assemblea degli studenti...) e se ne curi il retto funzionamento. Ogni centro studi salesiano abbia i propri statuti e regolamenti ispirati alla Ratio.


171. Vi sia una decisa e seria collaborazione a livello inter-ispettoriale per costituire centri salesiani di studio per la formazione e assicurarne le condizioni, soprattutto quando non sia possibile farlo a livello ispettoriale.


172. Si favoriscano forme e iniziative di comunicazione fra centro di studi e comunità salesiana: incontri delle autorità accademiche con quelle religiose, dei professori con gli studenti, ecc.

Nel caso dello “studentato”, tenendo presente la situazione concreta, siano sempre adeguatamente distinte e armonicamente collegate le competenze del centro studi (regolamento, organi accademici, ambienti, finanziamento) e quelle proprie della comunità formatrice, secondo le norme delle Costituzioni e Regolamenti generali.

Si assicuri pure un collegamento istituzionalizzato tra il centro di studi, la comunità formatrice e l’Ispettoria in cui è inserito. Questo collegamento può essere concepito sotto forma di:

– “incontri periodici” tra le autorità del centro studi e la comunità formatrice (Preside e Direttore) con l'Ispettore ed eventualmente il suo Consiglio, per affrontare problemi di rilievo attinenti alla formazione intellettuale, al corpo docente, alla programmazione ed esecuzione dei piani di studio, alla biblioteca, al settore amministrativo e alla stessa vita del centro studi o dello studentato;

– costituzione di un “organismo direttivo” composto dai responsabili a livello ispettoriale, a livello della comunità formatrice e del centro studi, avente come compito di trattare i problemi di maggior rilievo.


173.“Quando il centro di studi è inter-ispettoriale, le Ispettorie collaborino corresponsabilmente perché raggiunga le sue finalità”181.

La collaborazione inter-ispettoriale per lo studentato o il centro di studi suppone la creazione e l’adeguato funzionamento di un organismo di corresponsabilità (ad esempio il “curatorium”) composto dagli Ispettori direttamente interessati, dal Preside, dal Direttore della/e comunità formatrice/i e dall’amministratore e da altri membri stabiliti dallo statuto. Saranno suoi compiti:

– precisare i diritti e i doveri delle Ispettorie partecipanti, il ruolo che spetta all'Ispettore locale e agli altri Ispettori interessati;

– stabilire concretamente gli ambiti e le forme di collaborazione tra il centro studi e le Ispettorie che lo sostengono;

– seguire la programmazione degli studi e dell'attività accademica;

– studiare e dare indicazioni ai superiori competenti in merito al personale insegnante e agli studenti;

– curare che si seguano gli orientamenti e le norme della S. Sede circa i centri di studio ecclesiastici;

– mantenere i collegamenti col Consigliere Generale per la formazione.

174. L’assunzione da parte di una Ispettoria dell’impegno di corresponsabilità nella direzione e gestione di centri di studi portati avanti insieme con altre istituzioni ecclesiastiche o civili deve essere approvata dal Rettor Maggiore. Si faccia in modo che i confratelli ivi impegnati siano adeguatamente qualificati e possano prestare un servizio valido e significativo.


175. È vivamente raccomandato che i centri di studi teologici sia delle diocesi sia degli Istituti religiosi, frequentati dai nostri confratelli, siano affiliati a una Facoltà di teologia182.


176. Si richiede l’approvazione del Rettor Maggiore per l’affiliazione di un centro salesiano ad istituzioni non salesiane.


177. L’affiliazione o altre forme di unione dei centri salesiani di studio alle Facoltà dell’Università Pontificia Salesiana sono da favorire. Se adeguatamente curate dal centro stesso e dall’Università, esse vanno oltre l’aspetto amministrativo accademico e contribuiscono a consolidare la qualità degli studi, la qualificazione del personale, il dialogo tra i diversi centri della Congregazione, la comunione di intenti, la collaborazione.

Spetta al Rettor Maggiore, in quanto Gran Cancelliere dell’UPS, dare l’autorizzazione per l’avvio della pratica dell’affiliazione ed elevare la richiesta ufficiale alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dopo che le autorità accademiche competenti hanno compiuto le verifiche necessarie e hanno dato il loro consenso.

I decani delle Facoltà dell’UPS e i responsabili dei centri affiliati informeranno periodicamente il Consigliere Generale per la formazione riguardo all’andamento della affiliazione o di altre forme di unione.


178. Quando non sia possibile la frequenza a un centro salesiano di studi neppure a livello inter-ispettoriale, si scelga quel centro di studi non salesiano che risponde agli orientamenti ecclesiali e che tiene maggiormente in conto le esigenze e le accentuazioni183 che caratterizzano le singole fasi.

In particolare, per l’immediato postnoviziato si privilegi quel centro studi non salesiano che meglio vincola la filosofia con le scienze dell’uomo; e per la fase della formazione specifica al presbiterato quel centro studi in grado di contribuire maggiormente alla formazione di un prete educatore pastore. Si verifichino periodicamente le condizioni formative dell’esperienza.

La scelta di un centro studi non salesiano richiede un dialogo previo con il Consigliere Generale per la formazione e l’approvazione del Rettor Maggiore.


179. Ogni Ispettoria stabilisca nel Direttorio qual è il centro studi scelto per la formazione dei confratelli, motivandolo in base alla propria situazione.


180. Quando i confratelli frequentano un centro di studi non salesiano, per assicurare il raggiungimento degli obiettivi formativi, si curi secondo le possibilità e le circostanze concrete:

che i confratelli studenti si impegnino individualmente e in gruppo ad assumere in una visione di sintesi e secondo la prospettiva della vocazione salesiana i contenuti culturali proposti dal centro studi ;

che vi sia un rapporto tra i responsabili della comunità formatrice e i responsabili accademici;

che un salesiano competente accompagni la formazione intellettuale dei confratelli che frequentano il centro e, se possibile, vi sia qualche confratello che insegna nel centro studi o che abbia in esso una partecipazione significativa;

che i contenuti di storia, pedagogia, pastorale e spiritualità salesiana siano oggetto di corsi specifici e sistematici, o come parte del curricolo del centro o come proposta interna della comunità formatrice.


Riconoscimento del curriculum di base e altri studi


181. Si faccia in modo che gli studi previsti dal curriculum comune durante la formazione iniziale “siano strutturati in modo da rendere possibile, dove le condizioni lo permettono, il conseguimento di titoli di studio con valore legale”184. Il Piano ispettoriale di qualificazione terrà presente questa esigenza.


182. Riguardo alla possibilità di impegnarsi durante la formazione iniziale in altri studi, oltre a quelli previsti dal curricolo comune, anche in vista del conseguimento di titoli, si tenga presente il dovere di assicurare in primo luogo le condizioni richieste dalla fase formativa che si sta vivendo e la priorità della dedizione al curriculum di base. In caso di reale incompatibilità si dia precedenza assoluta all’esperienza formativa.

Quando sia possibile conciliare il rispetto delle esigenze formative e l’impegno per altri studi, il confratello vi si dedichi con responsabilità e sacrificio e l’Ispettore e il Direttore assicurino il necessario accompagnamento e la periodica verifica.


183. Si tenga presente la norma della Congregazione per l’Educazione Cattolica che proibisce la frequenza simultanea come allievi ordinari a più Università o centri di studi superiori durante gli studi filosofici e teologici185. Quindi, nelle diverse fasi formative, i formandi siano iscritti come allievi ordinari in un solo istituto di livello universitario.


184. Le Ispettorie che durante la formazione iniziale, prima o dopo il tirocinio, stabiliscono un periodo particolare di anni, non coincidenti con altre fasi formative, affinché confratelli coadiutori o chierici compiano studi di qualificazione, valutino attentamente la situazione formativa del confratello, scelgano con attenzione il centro studi, assicurino al confratello un ambiente comunitario adatto e non lascino mancare un adeguato accompagnamento formativo.




3.4 LA DIMENSIONE EDUCATIVO-PASTORALE


185.Il salesiano si forma per vivere nella Chiesa il progetto di Don Bosco: essere segno e portatore dell’amore di Dio ai giovani, specialmente ai più poveri186.

Tutta la formazione è orientata da questa missione e abilita a viverla; perciò la dimensione educativo-pastorale ne costituisce una caratteristica originale. Essa è la destinazione finale e il punto di convergenza delle altre dimensioni formative; ne determina in unità vitale i contenuti, le scelte e i percorsi, e dà a ciascuna di esse un carattere educativo-pastorale.

Così il servizio dei giovani, che è parte integrante della consacrazione apostolica, richiede necessariamente dal salesiano qualità umane, preparazione culturale, competenza professionale e profondità spirituale.

La missione salesiana si ispira al Sistema Preventivo e si realizza nella Pastorale Giovanile Salesiana. Sulla base di questi due elementi – Sistema Preventivo e Pastorale Giovanile Salesiana – si articola la dimensione educativo-pastorale della formazione187.



3.4.1 Formare al Sistema Preventivo, incarnazione della missione salesiana


186.Il salesiano educatore e pastore dei giovani si abilita a vivere lo stile di vita e di azione di Don Bosco e dei suoi primi discepoli, lo spirito salesiano, che s’incarna nella esperienza spirituale ed educativa di Don Bosco nell’Oratorio di Valdocco, e che egli chiamò Sistema Preventivo. Esso appartiene alla essenza stessa della nostra missione; può considerarsi quasi la sintesi di quanto Don Bosco ha voluto essere e vivere per i giovani. Per questo costituisce un riferimento essenziale per la formazione salesiana.

La formazione e la realizzazione della missione secondo il Sistema Preventivo comporta:

abilitare ad un’esperienza spirituale che trova la sua sorgente e il suo centro nella carità di Dio, dispone ad accogliere e servire Dio nei giovani, e crea un rapporto educativo con loro per avviarli verso la pienezza della vita;

rendere capace di fare una proposta di evangelizzazione che valorizza il patrimonio naturale e soprannaturale che ogni giovane ha ricevuto da Dio, e in un ambiente accogliente e carico di vita propone un cammino educativo che orienta verso una forma originale di vita cristiana e di santità giovanile, la Spiritualità Giovanile Salesiana;

assumere una metodologia pedagogica caratterizzata da:

  • la presenza amorevole e solidale tra i giovani;

  • l’accettazione incondizionata di ogni giovane e l’incontro personale;

  • l’uso del criterio preventivo per cui si cerca di sviluppare le risorse del giovane mediante esperienze positive di bene;

  • l’appello alle risorse della ragione come ragionevolezza delle proposte e ricchezza di umanità;

  • la religione come proposta a coltivare il senso di Dio insito in ogni persona e sforzo di evangelizzazione cristiana;

  • l’amorevolezza come amore educativo che fa crescere e crea corrispondenza;

  • un ambiente positivo, vivificato dall’animazione degli educatori che operano in corresponsabilità e dal protagonismo degli stessi giovani188;

saper esprimere il modello operativo nelle diverse opere e servizi e nelle “nuove forme di presenza salesiana tra i giovani”, in particolare nel Movimento Giovanile Salesiano, in ciascuna secondo la sua peculiarità189.



3.4.2 Formare alla Pastorale Giovanile Salesiana, realizzazione del Sistema Preventivo

187.Nello svolgere la missione con fedeltà dinamica, l’esperienza della Congregazione ha maturato una modalità concreta di attuare l’azione educativo-pastorale in mezzo ai giovani secondo il Sistema Preventivo: è la Pastorale Giovanile Salesiana.


La formazione e la realizzazione della missione comportano di assumere gli elementi che definiscono la Pastorale Giovanile Salesiana:

la scelta determinante dei giovani, specialmente dei poveri, che permea tutto il modo di pensare e di agire;

il processo unitario di educazione ed evangelizzazione giovanile, che mira alla salvezza integrale dei giovani nella realtà umana e nella vocazione di figli di Dio (“onesti cittadini e buoni cristiani”), e si articola in quattro dimensioni caratteristiche: la dimensione educativo-culturale, la dimensione dell’evangelizzazione e catechesi, la dimensione dell’esperienza associativa e la dimensione vocazionale190;

lo stile specifico dell’animazione e il criterio oratoriano applicato nelle diverse opere e servizi;

– il processo vissuto nella Comunità Educativo-Pastorale (CEP) di cui la comunità salesiana è nucleo animatore, promovendo la corresponsabilità di tutti nel rispetto e nell’integrazione dei diversi ruoli e nell’attenzione al proprio ruolo specifico;

la Pastorale Giovanile realizzata secondo un Progetto (Progetto Educativo-Pastorale Salesiano: PEPS), che è il modo concreto in cui la comunità educativa intende vivere il carisma di Don Bosco, incarnandolo nella propria realtà sociale ed ecclesiale e scegliendo appropriate priorità, obiettivi, strategie e interventi, forme di partecipazione e di verifica.



3.4.3 I valori e gli atteggiamenti propri della dimensione educativo-pastorale


188.Formare l’educatore-pastore salesiano nella prospettiva indicata richiede di maturare e coltivare con particolare attenzione alcuni elementi:



3.4.3.1 La predilezione e la presenza tra i giovani, soprattutto i più poveri


Essere salesiano vuol dire avere un cuore per i giovani, specialmente per quelli che sono più poveri e in pericolo e si trovano ai margini della Chiesa. Coltivare il dono della predilezione per i giovani che spinge a:

andare verso di loro in atteggiamento di amicizia e con capacità di condivisione;

accoglierli senza preclusioni e pregiudizi, riconoscendo e valorizzando quanto essi portano dentro;

camminare insieme con loro, adeguandosi al loro passo e ai loro ritmi di vita;

aiutarli a cogliere la ricchezza della vita e dei suoi valori, attrezzandoli ad affrontare la realtà, e rendendoli consapevoli dei valori permanenti.191


La predilezione per i giovani muove il salesiano ad interessarsi degli ambienti popolari in cui essi vivono, a leggere la realtà cogliendola dal loro punto di vista e a reagire ad essa con risposte e progetti significativi per la Chiesa e per il territorio.



3.4.3.2 L’integrazione tra educazione ed evangelizzazione


189.Il servizio che rendiamo ai giovani è l’educazione e l’evangelizzazione “secondo un progetto di promozione integrale dell’uomo, orientato a Cristo, uomo perfetto”, come dicono le Costituzioni.192 Perciò l’azione educativa e l’azione evangelizzatrice non sono due cammini successivi, ma la preoccupazione pastorale si situa sempre all’interno del processo di umanizzazione, e quest’ultimo è aperto e orientato all’orizzonte del Vangelo.


Questo significa:

partire da una visuale di fede: la vita è un dono in cui Dio si fa presente;

orientare positivamente tutto il processo educativo dei giovani verso l’incontro con Cristo e il suo Vangelo;

promuovere lo sviluppo umano della persona e la promozione sociale dell’ambiente;

fare in modo che i valori evangelici e i dinamismi cristiani animino il processo di maturazione dei giovani (formazione alla libertà responsabile, formazione della coscienza, formazione della dimensione sociale);

promuovere una fede operativa che permei la crescita della persona e della sua cultura così da poter formare in essa una sintesi vitale di fede e di cultura.



3.4.3.3 Il senso comunitario della Pastorale Salesiana


190. L’azione del salesiano a favore dei giovani è sempre un’azione comunitaria, vissuta in corresponsabilità e condivisa nella comunità religiosa e nella comunità educativa pastorale (CEP), nell’ambito della Famiglia Salesiana e del Movimento Salesiano.

Perciò il salesiano matura il senso del “lavorare insieme” secondo la diversità dei compiti e dei ruoli, la consapevolezza di essere parte di un nucleo animatore, la responsabilità di contribuire a “mantenere l’unità dello spirito e stimolare il dialogo e la collaborazione fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica”193.



3.4.3.4 Lo stile di animazione


191.Il nostro stile di operare è quello dell’animazione che richiede di:

porre la fiducia nella persona e nelle sue risorse di bene, così da renderla protagonista e agente principale di tutto ciò che la riguarda;

partire dal punto in cui si trova la persona e aprirla a nuovi orizzonti mediante proposte adeguate, con un rapporto segnato dall’amorevolezza, che crea un clima di libertà e facilita lo sviluppo delle energie;

mantenere profondi rapporti interpersonali in un ambiente sereno e accogliente in cui la persona si sente a suo agio, sa esprimersi e assumere la responsabilità della propria crescita, facendo scelte libere fondate su motivi e valori;

suscitare il coinvolgimento, la partecipazione, la corresponsabilità.



3.4.3.5 La prospettiva di una pastorale organica e la mentalità progettuale


192.La pastorale giovanile salesiana è una pastorale organica perché in essa le diverse attività e gli interventi puntano alla promozione integrale dei giovani e perché nella CEP si condividono le finalità e le linee operative, e si integrano in complementarità gli apporti di tutti.

Essa domanda un modo di pensare e di operare che promuova il collegamento e la convergenza tra tutte le persone e fra tutti gli elementi che intervengono nell’azione educativo-pastorale.

Ciò esige:

una mentalità progettuale, che si esprime nel PEPS;

l’idoneità a operare secondo le diverse dimensioni del Progetto;

  • la capacità di organizzare l’animazione pastorale, in modo che promuova la comunicazione, il coordinamento e il lavoro di équipe194.



3.4.4 Alcune linee di formazione educativo-pastorale



3.4.4.1 La qualificazione educativo-pastorale


1.4 3.4.4.1.1 L’ascolto del Signore nei bisogni dei giovani

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193.Ispirato dall’esempio di amore e donazione con cui Dio è venuto incontro ai bisogni degli uomini, e imitando Don Bosco che percorreva le strade per raggiungere i giovani nella loro realtà, il salesiano sente nel cuore gli appelli che vengono dai giovani, particolarmente da quelli che si trovano in condizioni di povertà e sofferenza.

Mediante il discernimento, operato con l’aiuto dello Spirito, egli coglie il senso teologico delle sfide che vengono dal mondo dei giovani. Nei loro appelli egli impara a riconoscere la voce di Dio salvatore che lo interpella. Entra così in dialogo con il Signore, porta i giovani dentro questo dialogo e mette tutta la sua vita a loro servizio.

La consapevolezza di essere chiamato e mandato da Dio per incontrarlo nei giovani e impegnarsi per la loro liberazione ed evangelizzazione lo aiuta a formarsi una mentalità di apostolo che dà unità a tutta la sua vita.



3.4.4.1.2 Attenzione al mondo dell’educazione


194.Davanti alle sfide della nuova evangelizzazione, il salesiano sente la necessità di una solida qualificazione e di un forte impegno culturale. Non poche volte sono le stesse istanze civili e legali, le esigenze del mondo dell’educazione e i fenomeni educativi nei campi in cui lavora a richiedere al salesiano di qualificarsi.

Così, la riflessione, lo studio e l’aggiornamento costante costituiscono per lui una responsabilità vocazionale e professionale, in particolare negli ambiti più vicini alla missione salesiana specifica, come la pedagogia e la catechesi.



3.4.4.1.3 La riflessione teologico-pastorale e gli orientamenti della Chiesa


195.Tutta la formazione intellettuale del salesiano è caratterizzata dalla prospettiva pastorale. Egli studia specificamente la teologia pastorale, e nello studio delle altre discipline trova la connessione con l’azione pastorale. Riceve stimolo e illuminazione dagli orientamenti della Chiesa universale e particolare, soprattutto quelli che riguardano il campo della sua missione giovanile.



3.4.4.1.4 L’assunzione degli orientamenti pastorali salesiani


196.Occorre che il salesiano si radichi nel carisma, approfondendo il Sistema Preventivo e la sua traduzione nella Pastorale Giovanile Salesiana, in particolare la Spiritualità Giovanile Salesiana.

È importante che abbia una buona conoscenza degli orientamenti dei Capitoli Generali recenti, e delle linee pastorali indicate dal Rettor Maggiore e dal suo Consiglio, dal Dicastero della Pastorale Giovanile, e dalla sua Ispettoria.

Necessari e utili sono anche gli studi professionali e le specializzazioni nei vari campi della Pastorale Giovanile Salesiana, come pure l’acquisto di competenze e abilità in altri ambiti (l’animazione, la leadership, la dinamica di gruppo).



3.4.4.1.5 La formazione nell’esperienza quotidiana della missione


197.Pur attribuendo il giusto valore e il posto indispensabile alla formazione di base e alle iniziative straordinarie, si deve rilevare che è l’esperienza quotidiana della missione vissuta nella comunità locale e ispettoriale ad offrire al salesiano l’ambiente e il cammino più efficace per la formazione come educatore apostolo salesiano. Nel quotidiano egli fa esperienza di discernimento pastorale, di progettazione e verifica, di corresponsabilità e collaborazione, di preghiera e spiritualità della missione195.

È nella stessa comunità educativo-pastorale che impara e si sente spinto a dare una gioiosa testimonianza della sua vita religiosa, comunitaria e apostolica; si impegna a vivere gli elementi fondamentali della sua identità salesiana; collabora lealmente con i diversi organi di corresponsabilità; partecipa attivamente ai processi di formazione in atto nella CEP; e si preoccupa per lo sviluppo della vocazione salesiana nei giovani e nei collaboratori.



3.4.4.2 Le attività pastorali durante la formazione iniziale


198.In linea con la tradizione salesiana, “nel corso di tutta la formazione iniziale – leggiamo nelle Costituzioni – insieme allo studio si dà importanza alle attività pastorali della nostra missione”196, anche se, metodologicamente, in alcune fasi prevalgono le attività teoretiche e abilitanti al servizio di specifici obiettivi formativi. Espressione salesiana tipica e qualificata di esperienza formativa pastorale è il tirocinio.


Le attività pastorali hanno lo scopo di sviluppare la dimensione educativo-pastorale. Attraverso di esse, ben programmate ed accompagnate, ci si orienta e si raggiungono alcune specifiche finalità formative:

crescere nella sensibilità verso la situazione dei giovani e acquistare l’abito di percepire la loro realtà dal punto di vista della salvezza;

coltivare le capacità educativo-pastorali, come in particolare l’assistenza salesiana, l’animazione di gruppo;

maturare nella vocazione, misurando le possibilità e le difficoltà che si incontrano nel cammino di identificazione con gli ideali apostolici salesiani. Vivendo concretamente la missione s’impara a verificare gli atteggiamenti, le motivazioni e le capacità e ci si sforza di metterle in sintonia con le esigenze della missione;

integrare nella propria vita i diversi aspetti spirituali, intellettuali, emotivi e operativi dell’esperienza, mirando ad un equilibrio tra lavoro e preghiera, tra azione e contemplazione, tra teoria e prassi, tra attenzione all’individuo e attenzione all’insieme, tra consacrazione e missione;

fare esperienza personale della missione salesiana nelle diverse opere e attività, aprirsi agli orizzonti della Famiglia Salesiana e del Movimento Salesiano e progredire nel senso di corresponsabilità nel lavoro secondo le esigenze della “pastorale organica” e del lavoro di équipe.

199.L’interazione tra teoria e prassi è un elemento metodologico costante del percorso formativo. Da una parte è importante che la prassi abbia una finalità formativa, cioè sia pensata, compiuta e valutata secondo l’intenzione formativa che si propone; allo stesso tempo, la riflessione sull’insieme dei principi e delle idee deve incidere sulla visione e sull’esperienza della persona, sulla sua mentalità e sui suoi criteri di azione, sulle motivazioni che sostengono il suo progetto di vita e il suo approccio alla realtà.

Per assicurare la qualità formativa delle attività pastorali sono da curare alcune condizioni:

che le attività facciano parte del Progetto ispettoriale di formazione, che specifica le responsabilità e le attività educativo-pastorali per le diverse fasi secondo un itinerario diversificato e graduale. Sono da sconsigliare dunque attività individuali o troppo autonome;

che siano in rapporto con la missione salesiana e siano svolte ordinariamente in opere salesiane e in ambienti giovanili dove si può imparare a lavorare con mentalità progettuale, a vivere l’unità organica della Pastorale Giovanile Salesiana, ad operare in comunità e con i laici, ad essere animatore;

che abbiano un carattere formativo; siano commisurate all’età, alla maturità e al bisogno formativo del salesiano e differenziate secondo le diverse forme vocazionali. La programmazione, fatta insieme con i confratelli in formazione, presti attenzione ai vari elementi: l'analisi della situazione, gli obiettivi, i metodi, le strategie, le scadenze e le verifiche;

che vi sia la presenza di una guida qualificata che abbia la competenza sufficiente per valutare le situazioni e l’autorevolezza riconosciuta per stimolare in coloro che accompagna il processo di crescita nei valori;

che si curi una verifica seria e sistematica sia da parte dei confratelli in formazione che da parte dei formatori.




2 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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200. Ogni comunità si confronti ed approfondisca i contenuti della Pastorale Giovanile Salesiana e si mantenga aggiornata sugli orientamenti della Chiesa e la Congregazione.


201. Ogni confratello trova particolari opportunità di formazione permanente:

nella partecipazione responsabile all’animazione della propria comunità educativa pastorale,

nel “lavorare insieme” con i confratelli e con i laici,

nell’impegno per l’elaborazione, la realizzazione e la verifica del progetto educativo- pastorale ispettoriale e locale,

nell’attenzione alle indicazioni pastorali dell’Ispettoria, della Congregazione e della Chiesa.


202.L’Ispettoria preveda per la formazione iniziale un itinerario di attività educativo-pastorali in linea con il Progetto educativo-pastorale ispettoriale e il Progetto ispettoriale di formazione.

L’itinerario prospetti proposte graduali e progressive, con obiettivi formativi precisi, nei diversi settori della pastorale giovanile salesiana. La Commissione ispettoriale per la formazione verifichi periodicamente questo itinerario, in dialogo con la Commissione per la pastorale giovanile.

203. L’itinerario può prevedere attività educativo-pastorali ordinarie, che generalmente si svolgono con frequenza settimanale, e altre attività che hanno un carattere straordinario per il tempo che vi si dedica e per il contesto e le condizioni in cui si svolgono.

Siano indicati gli obiettivi, i metodi, le strategie, la modalità di accompagnamento, di tali attività.197 Si compiano sistematiche verifiche a livello personale e comunitario.


204. Si faccia in modo che le attività educativo-pastorali rispondano alle seguenti condizioni:

attenzione alla vocazione specifica e alla situazione formativa dell’interessato e coerenza con la fase formativa che sta vivendo e con le esigenze che essa comporta nel campo della vita comunitaria e dello studio198;

opportunità di una conoscenza diretta della situazione della pastorale giovanile ispettoriale nei diversi ambienti e secondo le diverse dimensioni del PEPS, e di un contatto con i destinatari propri della missione;

– possibilità di provare le proprie motivazioni e qualità nella realizzazione della missione salesiana;

opportunità di condividere lo spirito e l’azione educativo-pastorale con i laici e i membri della Famiglia Salesiana;

lo stile comunitario della programmazione, attenta al PEPS, della realizzazione e della verifica;

l’accompagnamento della comunità dove si realizzano e di una guida qualificata che aiuti a impostare e valutare l’esperienza e a vivere i valori apostolici che le sono propri;

una verifica formativa secondo i criteri di cui sopra.


1 C 22

2 Cfr VC 65

3 Cfr CG23 118

4 Cfr. C 102

5 Cfr PDV 43

6 Cfr La vita fraterna in comunità, 35

7 C 21

8 MB XIII, pag. 89

9 MB XIII, pag. 424

10 C 78

11 Cfr CG24 98

12 C 18

13 Cfr CG24 98

14 Cfr C 15

15 Cfr C 15. 16

16 Cfr La vita fraterna in comunità, 37

17 Cfr C 83

18 Cfr vecchi j., Un amore senza limiti a Dio e ai giovani, ACG 366 (1999), pag.39

19 Cfr CG24 33

20 Cfr R 46

21 Cfr C 84

22 CG24 92

23 Cfr CG24 91

24 MB X, pag. 1039

25 Cfr C 19. 79. 119

26 Mt 9, 36

27 PDV 72

28 R 43

29 Cfr R 99

30 Cfr vecchi j., Esperti, testimoni e artefici di comunione, ACG 363 (1998), pag. 32-33

31 R 46

32 Cfr ibid

33 C 21

34 Cfr ibid

35 Cfr CG24, 240; ACG 365, pag. 10

36 Cfr VC 93

37 Cfr GC24 239

38 Cfr VC 55

39 Cfr giovanni paolo ii, Iuvenum Patris, 5

40 Cfr C 11

41 VC 93

42 Ibid

43 Cfr viganò e., Riscoprire lo spirito di Mornese, ACS 301, pag. 23

44 C 25

45 vecchi j., Il Padre ci consacra e ci invia, ACG 365 (1998), pag. 23

46 Cfr viganò e., Spiritualità salesiana per la nuova evangelizzazione, ACG 334, pag. 33-34

47 Cfr C 11

48 Cfr C 12. 20

49 Cfr C 1

50 MuR 11

51 Cfr C 3

52 C 12

53 Cfr C 34. 2

54 Cfr VC 18

55 Cfr C 99

56 C 25

57 Cfr viganò e., La Famiglia Salesiana, ACS 304, pag. 9

58 C 6

59 C 13

60 C 6

61 Cfr C 13

62 C 13

63 VC 46

64 Cfr vecchi j., Indicazioni per un cammino di spiritualità salesiana, ACG 354 (1995), pag. 47

65 Ibid

66 C 92

67 Ibid

68 CG23, 95

69 VC 96

70 Cfr giovanni paolo ii, Iuvenum Patris, 5

71 Cfr Il progetto di vita dei Salesiani di Don Bosco, pag. 92

72 Cfr C 49

73 Cfr La vita fraterna in comunità, 56

74 Cfr VC 46

75 La vita fraterna in comunità, 12

76 Cfr CG23 216-218

77 Cfr C 60

78 Cfr PC 1

79 C 62

80 MB X, pag. 1059

81 Cfr C 3

82 Cfr C 50

83 Cfr C 71

84 MB VI, pag. 933

85 “La povertà bisogna averla nel cuore per praticarla”, soleva dire Don Bosco. Cfr MB V, pag. 670

86 Cfr vecchi j., Mandati ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, ACG 367 (1999), pag. 9

87 Fil 3, 8-10

88 Cfr R 64

89 Cfr C 76

90 C 79

91 Cfr C 62

92 vecchi j., Un amore senza limiti a Dio e ai giovani, ACG 366 (1999), pag. 12

93 Cfr R 66. 68

94 Cfr C 84

95 Cfr C 86

96 C 95

97 C 12

98 Cfr vecchi j., Questo è il mio corpo offerto per voi, ACG 371 (2000), pag. 37-40

99 CGS 535

100 C 85

101 Cfr C 86; Il progetto di vita dei Salesiani di Don Bosco, pag. 621-623

102 C 86

103 VC 94

104 C 87

105 Cfr ibid

106 vecchi j., Questo è il mio corpo, offerto per voi, ACG 371, pag. 21

107 Cfr C 88

108 Cfr C 89

109 Cfr C 90

110 Cfr C 92

111 La vita fraterna in comunità, 16

112 vecchi j., Il Padre ci consacra e ci invia, ACG 365 (1998), pag. 28

113 Cfr CG21 59b; CGS 494.540

114 CG23 222

115 Cfr R 65

116 Cfr R 174

117 Cfr CG24 152

118 C 70

119 R 79

120 C 73

121 Cfr C 79

122 Cfr C 73

123 R 65

124 Cfr CGS 613; ACS 253 (1968), pag. 55; ACS 276 (1974), pag. 85

125 Cfr PDV 50

126 CG24 178

127 Cfr PO 16; CG21 39. 59

128 Cfr R 68; CGS 675

129 Cfr CG21 59

130 Cfr R 44

131 Cfr R 50. 66

132 Cfr CG21 39.58; PC 12; C 15

133 Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 14

134 Cfr vecchi j., Questo è il mio corpo offerto per voi, ACG 371 (2000), pag. 48-49

135 Cfr C 88

136 R 70

137 CEC, Istruzione La formazione liturgica nei seminari, 1979, 36; CRIS, Decreto Dum canonicarum legum, 1971

138 CRIS, Decreto Dum canonicarum legum, 1971, art. 3

139 Cfr C 89

140 R 70

141 C 89

142 Cfr C 91; R 72

143 R 72

144 Cfr R 71

145 Cfr C 92; R 74

146 CG21 45

147 Cfr CG21 44

148 Cfr vecchi j., Io per voi studio, ACG 361 (1997), pag. 36

149 Ibid pag. 17-18

150 VC 98

151 CG23 220-221

152 MB XV, pag. 28

153 Cfr VECCHI J., Io per voi studio, ACG 361 (1997), pag. 11; La formazione intellettuale nell’ambito della formazione salesiana, incontro promosso dal Dicastero per la formazione con la collaborazione della Facoltà di s. Teologia dell’UPS, Roma 1981

154 R 82

155 Cfr PDV 55; VC 79-80; Inculturazione e formazione salesiana, a cura del Dicastero per la formazione e della Facoltà di teologia dell’UPS, Roma 1984

156 C 101

157 C 100

158 PDV 56

159 Cfr CEC, La formazione teologica dei futuri sacerdoti, 1976, passim

160 Cfr giovanni paolo ii, Fides et Ratio, 60

161 Cfr PDV 52

162 Per altri studi oltre a quelli previsti dal curriculum comune, da realizzarsi durante la formazione iniziale in funzione di un’ulteriore qualificazione o specializzazione, si tengono presenti i criteri e le norme indicate dalla Ratio.

163 Cfr MuR 26

164 Cfr R 84

165 Vecchi Juan, Relazione del Vicario del Rettor Maggiore al CG24, n. 229

166 R 82

167 R 99

168 Cfr ibid

169 C 19

170 R 100

171 Cfr C 135

172 Cfr ACS 276, p. 85; CG21 153d; vecchi j., Io per voi studio, ACG 361, pag. 39

173 Cfr Il Salesiano Coadiutore, pag. 204-205

174 Cfr R 85; Gli studi di “Salesianità” durante la formazione iniziale, seminario organizzato dal Dicastero per la formazione, Roma 1993

175 Cfr RFIS 93

176 Cfr CIC, can. 809. 810. 812; CG24 164

177 Cfr RFIS 91

178 Cfr CG21 282. 283. 441

179 R 84

180 Ibid

181 Ibid

182 GIOVANNI PAOLO II, Costituzione Apostolica sulle università e facoltà ecclesiastiche, Sapientia christiana 1979 art. 62,2; si citerà Sapientia christiana

183 Cfr CG21 262

184 R 83

185 CEC, Norme applicative per la fedele esecuzione della Costituzione Apostolica Sapientia christiana, 1979, art. 25

186 Cfr C 2

187 Cfr dicastero per la pastorale giovanile salesiana, La Pastorale Giovanile Salesiana. Quadro di riferimento fondamentale. Seconda edizione, Roma 2000; si citerà La Pastorale Giovanile Salesiana

188 Cfr La Pastorale Giovanile Salesiana, pag. 18-19

189 Cfr La Pastorale Giovanile Salesiana, Parte II

190 Cfr La Pastorale Giovanile Salesiana, pag. 31

191 Cfr La Pastorale Giovanile Salesiana, pag. 17

192 C 31

193 C 5

194 Cfr La Pastorale Giovanile Salesiana, pag. 20-25

195 Cfr CG24 237

196 C 115

197 Cfr CG21 284. 289. 296

198 Cfr RFIS 98b

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