CAPITOLO TERZO |
CAPITOLO TERZO
LE DIMENSIONI DELLA FORMAZIONE:
VALORI E ATTEGGIAMENTI
54. “Ciascuno di noi è chiamato da Dio a far parte della Società salesiana. Per questo riceve da Lui doni personali e, rispondendo fedelmente, trova la via della sua piena realizzazione in Cristo”1.
La vocazione è una chiamata che giunge attraverso mediazioni e circostanze esterne, ma è in primo luogo la chiamata di Dio che si manifesta attraverso un insieme di doni personali (aspirazioni, attese, progetti, qualità), opera dello Spirito, che sono in sintonia con il progetto vocazionale salesiano e che rendono idonei a viverlo. Questa vocazione si riconosce nella persona, la coinvolge nella sua totalità, in tutte le sue dimensioni e durante tutta la vita.
È compito della formazione aiutare a riconoscere, interiorizzare e sviluppare i valori e gli atteggiamenti che costituiscono l’idoneità vocazionale, che è segno della chiamata e frutto della risposta.
Di conseguenza, la formazione deve essere integrale: comprende la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale2. Sono dimensioni che si integrano fra di loro, sono compresenti e si richiamano a vicenda3; non vanno pensate separatamente ma “devono essere armonizzate in una unità vitale”4.
D’altra parte, la formazione è permanente e dinamica. Le dimensioni di cui si parla e gli elementi che le costituiscono non vanno considerati in forma statica, quasi fossero condizioni che si adempiono o traguardi che si raggiungono una volta per sempre. Vanno visti nel dinamismo e secondo lo sviluppo di ogni persona, nella prospettiva di una risposta continua, stimolata e richiesta dall’evoluzione di ognuno, dalle esigenze della situazione e dalle circostanze che segnano l’esistenza.
L’ottica del carisma salesiano costituisce il punto di sintesi e la prospettiva peculiare da cui le dimensioni sono viste e in base alla quale si sottolineano in esse specifiche connotazioni e aspetti.
55.Le dimensioni indicate includono gli elementi da considerare nel discernere l’idoneità vocazionale. Evidenziano i criteri da assimilare, le attitudini da possedere, gli atteggiamenti da vivere, le attività da praticare per poter assumere e realizzare con gioia e maturità il progetto salesiano.
Quanto è stato detto circa la pluralità di realizzazioni dell’identità salesiana e circa la personalizzazione della vocazione fa capire che anche l’idoneità vocazionale deve essere vista in questa prospettiva e non può essere presa come un modello unico, statico e idealizzato o come la somma di un insieme di requisiti visti separatamente,
La presentazione offre un quadro di riferimento nel quale si trovano allo stesso tempo gli aspetti costitutivi dell’idoneità vocazionale, che si potrebbero chiamare fondanti e caratterizzanti, senza i quali non vi è idoneità per la vita salesiana (requisiti di base e requisiti specifici), e altri elementi da acquisire e da coltivare costantemente per un’esperienza vocazionale più autentica e piena.
Il quadro di riferimento è da assumere secondo il criterio della qualità vocazionale, e quindi un criterio di esigenza e di stimolo permanente, e tenendo presente che ogni salesiano vive in forma personale l’identità vocazionale secondo i doni ricevuti. La pedagogia formativa aiuterà a distinguere in una prospettiva graduale l’idoneità di base, l’idoneità richiesta dai diversi momenti di impegno vocazionale e specialmente la maturità necessaria per l’impegno definitivo.
L’individuazione dei valori e degli atteggiamenti richiesti per tradurre in esperienza personale l’identità salesiana e l’indicazione di linee pedagogiche e di attività per renderli reali offrono ai formatori una base per il loro compito di orientamento e di discernimento. Allo stesso tempo, stimolano ogni confratello a tradurre in impegno concreto il desiderio e la volontà di divenire salesiano con “tutta la sua persona”.
Le diverse fasi della formazione iniziale accentueranno alcuni valori e atteggiamenti più consoni con gli obiettivi specifici. Nelle differenti stagioni e situazioni della vita, nel mutare dei contesti e nel succedersi dei compiti, ogni confratello si sente responsabile di rinnovarsi nella mentalità, negli atteggiamenti e nelle competenze, per poter esprimere al meglio nella propria persona la vocazione salesiana e percorrere la via della santità.
3.1 LA DIMENSIONE UMANA
57.Solo una personalità equilibrata, forte e libera, che sa integrare i diversi aspetti della sua persona in un tutto armonico, può sostenere il cammino di identificazione vocazionale e rendersi capace di vivere con serenità e pienezza la consacrazione religiosa. Senza un’opportuna formazione umana l’intera formazione sarebbe priva del suo necessario fondamento non solo per una giusta e doverosa maturazione di sé, ma anche in vista della missione5.
D’altro canto, una esperienza consacrata che presti attenzione alla dimensione antropologica di tutti i suoi elementi e aiuti a vivere un’umanità ricca e profonda, diviene profezia di vera umanità e rappresenta la miglior risposta a chi vede la consacrazione come mortificazione della persona e della sua realizzazione6. Nel contesto attuale la maturazione umana acquista particolare importanza.
58.Per il salesiano chiamato ad essere per professione amico, educatore e pastore dei giovani, e servitore della loro crescita integrale, la qualità della dimensione umana è determinante. La sua vocazione richiede una personalità che sa amare e farsi amare con affetto, equilibrio e trasparenza, con capacità di comprensione e di fermezza. Egli si ispira in questo a Don Bosco, “profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente”7.
La maturità umana è compito permanente; comporta valori e atteggiamenti che si esprimono in modo diverso nelle differenti fasi della vita e nei diversi contesti culturali.
3.1.1Salute e capacità di lavoro
59. Lo stile salesiano di vita e di azione richiede abitualmente buona salute e resistenza fisica, con una grande capacità di lavoro.
Don Bosco, invitato sin da giovane a rendersi “forte e robusto”, sottolineava la necessità della salute per un intenso e prolungato servizio alla missione. Ai novizi diceva: “Io ho bisogno che voi cresciate e diveniate giovani robusti e che vi usiate i riguardi necessari per conservarvi in sanità, e per poter più tardi lavorare molto”8. “Lavoro, lavoro, lavoro!” ripeteva ai suoi salesiani. “Chi vuole entrare in Congregazione, bisogna che ami il lavoro”9. Le Costituzioni ricordano che “il lavoro assiduo e sacrificato è una caratteristica lasciataci da Don Bosco”10.
Don Bosco stesso fu esempio di una vita dedicata al lavoro e volle che i suoi salesiani si caratterizzassero per lo spirito di intraprendenza e laboriosità. Valdocco divenne scuola del lavoro dove si sviluppava una pedagogia del dovere, che non rifugge dalla fatica, diventa cammino di ascesi e forma di vivere la spiritualità11.
60.Perciò, il salesiano:
prende cura della propria salute, osserva le comuni norme d’igiene personale, assume una adeguata alimentazione e riserva il tempo necessario per il riposo e per una distensione semplice e sana. Mentre l’età e le condizioni fisiche lo consentono, mantiene il suo corpo in forma e disponibile al lavoro, aiutato dallo sport in mezzo ai giovani e dall’esercizio fisico;
ama il lavoro quotidiano, sia quello manuale che quello intellettuale, e lo compie con “operosità instancabile, curando di far bene ogni cosa con semplicità e misura”12;
- assume un ritmo di vita e di lavoro ordinato, metodico, sacrificato, evitando la saturazione che può provocare tensione e stress. La disciplina e il senso del dovere diventano il suo cammino di ascesi.13
La comunità da parte sua:
assicura e programma tutti quegli elementi che favoriscono l’equilibrio fisico: un lavoro adeguato e proporzionato, convenienti tempi di riposo, una sana alimentazione, la possibilità di fare dello sport e dell’esercizio fisico e i controlli medici necessari.
3.1.2 Equilibrio psichico
61.La particolare vocazione del salesiano e lo stile di rapporti nella vita comunitaria e nell’azione educativa richiedono il possesso di un adeguato equilibrio psichico; un’immagine adeguata di sé, che fa nascere sentimenti e atteggiamenti positivi di fronte alla vita; la serenità di chi si possiede, ha fiducia in sé ed è capace di fare scelte impegnative per l’unità che è riuscito a dare alla propria esperienza.
62.L’equilibrio psichico, particolarmente necessario in un contesto che può portare alla frammentazione e alla fragilità psicologica, si costruisce attraverso la progressiva integrazione di vari elementi che interagiscono positivamente fra di loro.
Pertanto, il salesiano:
cura la conoscenza e l’accettazione di sé: riflette sulla sua esperienza, sui suoi pregi e limiti; impara ad accettarsi; coltiva la fiducia in sé e nelle sue possibilità; è capace di conoscere e di valorizzare il tessuto della propria storia nell’ottica del piano della salvezza; sa che Dio ha un progetto su di lui, lo accoglie, se si affida a Lui con coraggio. La coscienza che Dio lo ama gli dona serenità e gioia e lo sostiene nei conflitti e oscurità;
coltiva la capacità di gestire il proprio mondo interiore: impara a capire se stesso, i suoi atteggiamenti e le motivazioni profonde del suo agire; a dominare i sentimenti, le emozioni, le paure e le reazioni di fronte alle persone e agli eventi.
Si sforza di potenziare gli aspetti positivi e di superare le difficoltà, in un graduale processo di maturazione. Sa prevenire i possibili conflitti.
È capace di vivere con moderazione il successo e di accettare con serenità l’insuccesso. È libero da rigidità e inibizioni e decide in base a motivazioni vere e autentiche;
valorizza l’ambiente e l’accompagnamento fraterno: si inserisce nella comunità, coltiva rapporti di vita e di lavoro, cura la condivisione fraterna e il confronto spirituale, evitando l’isolamento e l’incomunicazione.
3.1.3 Maturità affettiva e sessuale
63.La vocazione salesiana vissuta nella comunione fraterna e nel rapporto educativo-pastorale richiede una affettività matura. L’affetto del salesiano è quello di “un padre, fratello e amico, capace di creare amicizia”14, dicono le Costituzioni. Lo spirito di famiglia e l’amorevolezza danno nome concreto all’affettività matura del salesiano15. Egli ama la sua vocazione ed è chiamato ad amare secondo la sua vocazione16.
Dio ha dato all’uomo la capacità di amare attraverso la sua realtà corporea e spirituale. Attraverso il corpo egli può significare ed esprimere l’amore con l’intensità del sentimento e del cuore, accompagnata dalla purezza dello spirito.
La sessualità è un dono di Dio e una forza che rende l’uomo e la donna capaci di comunicazione, di incontro e di amore.
64.Il salesiano vede la sua vita come dono ricevuto e da trasmettere agli altri; trova la sua realizzazione nel donarsi. Si rende capace di amare con gratuità, di stabilire rapporti umani positivi, personalizzati, autentici, di dare e ricevere affetto con semplicità. Il suo è un amore profondo e personale fatto di sincerità, di fedeltà e di calore umano. Sa intessere vere e profonde amicizie17, senza atteggiamenti possessivi, vive con equilibrio la solitudine, ed è capace di misurare il suo coinvolgimento affettivo con le persone, particolarmente nella relazione educativa e pastorale.
Nel suo rapporto con le donne è accogliente, equilibrato e prudente; il suo atteggiamento è improntato a stima, rispetto e responsabilità.
Questa purezza di affetto e di amore non è possibile senza una disciplina dei sentimenti, dei desideri, dei pensieri e delle abitudini. L’“esercizio ascetico”, espressione della virtù eminentemente positiva della castità, convoglia le tendenze e le potenzialità sessuali dell’individuo nell’armonia dell’intera personalità, rendendo possibile il dono gioioso di sé, libero da ogni schiavitù egoistica, e facendo prevalere gli atteggiamenti razionali su quelli impulsivi.
65.Per vivere e crescere nella maturità affettiva e sessuale il salesiano:
è consapevole del valore del corpo e del suo significato; cura uno stile di vita improntato ad equilibrio, igiene mentale e corporale e temperanza;
riconosce il valore della sessualità umana maschile e femminile nelle sue connotazioni fisiche, psichiche e spirituali;
trova nella sua vocazione una ragione valida di vita e nella consacrazione una realtà che conferisce bellezza e bontà alla sua esistenza; cresce nel senso di fiducia in se stesso e nella sicurezza della propria identità; evita di cercare appoggi e compensazioni, anche di natura affettiva;
coltiva una amicizia profonda con Cristo dal quale è chiamato alla comunione fraterna e inviato ai giovani per amarli in suo nome; la sua vita e il suo tempo sono “riempiti” da Dio, dalla comunità e dai giovani;
- ama coloro con cui condivide la sua vocazione e nell’affetto donato e ricambiato si rende consapevole del suo valore come persona ed esprime le più profonde potenzialità del suo essere18. Ama la Congregazione salesiana e sente la comunità come vera famiglia;
si trova bene tra i giovani, cercando di essere per loro segno limpido dell’amore di Dio: non invade e non è possessivo, ma vuole il loro bene con la stessa benevolenza di Dio;
cura un rapporto maturo e coerente con i laici collaboratori, uomini e donne, consapevole che la maggiore integrazione della donna a livello educativo-pastorale ed istituzionale incorpora nuovi aspetti e valori propri del “femminile”, stimola una nuova comprensione dell’identità maschile e della reciprocità, coinvolge l’affettività, la capacità relazionale e l’ascesi19;
ama la propria famiglia: un rapporto affettivamente sereno e maturo con la famiglia ha risvolti molto positivi nella formazione. Entrando in Congregazione conserva integro l’affetto per i propri familiari, specialmente per i genitori. Lo esprime nella preghiera, nella corrispondenza e nelle visite;20
coltiva le amicizie che favoriscono l’interiorizzazione di valori, la ricerca della crescita umana e spirituale e la conferma della propria vocazione; tali amicizie rifuggono ogni egoismo e rimangono aperte allo sguardo del Signore e di altre persone;
mantiene la vigilanza nella propria vita: non si espone a situazioni o a rapporti non limpidi; pratica la mortificazione e la custodia dei sensi; fa uso discreto e prudente dei mezzi di comunicazione sociale21. In questo sente l’impegno di essere austero e pronto alla rinuncia.
3.1.4 Capacità relazionale
66.Le relazioni interpersonali stanno alla base della missione educativa e pastorale del salesiano. Egli deve essere capace di simpatia e di incontro con i giovani, disponibile ed abilitato per “vivere e lavorare insieme” e per l’animazione di persone, gruppi e comunità.
“La relazione sta al cuore di ogni approccio educativo, di ogni sforzo di collaborazione, della serenità familiare come dell’efficacia di una comunità educativa pastorale. “Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori, padri e maestri. Il clima del dialogo è l’amicizia. Anzi il servizio””22.
Don Bosco sapeva offrire ai suoi una relazione umana serena e accogliente, alla quale gradualmente dava un contenuto pastorale e sacramentale. La qualità dell’incontro educativo stava in cima ai suoi pensieri23. “Tutti quelli cui parli diventino tuoi amici”24, raccomandava.
67.Tale stile di relazioni interpersonali richiede che il salesiano ispiri i suoi rapporti ad alcune caratteristiche virtù umane:
il rispetto costante della giustizia, la fedeltà alla parola data, la gentilezza nel tratto, il senso di misura nelle relazioni e nei comportamenti, la premurosa sollecitudine verso gli altri;
l’accettazione degli altri, anche se diversi per ragione di formazione, età, cultura, ecc.;
le attitudini che facilitano il dialogo, come l’empatia, la fiducia, la capacità di ascolto, l’apertura d’animo, il saper valutare il punto di vista dell’altro, le buone maniere e la capacità di perdono;
la capacità di collaborare con altri, lo spirito di servizio, la corresponsabilità, e l’accoglienza dell’autorità.
3.1.5 Libertà responsabile
68.Il nucleo centrale della persona umana è la libertà.
L’esperienza vocazionale di chi ha fatto una scelta radicale di vita nella consacrazione richiede la formazione all’uso responsabile della libertà, specialmente in contesti nei quali sono particolarmente esaltate la soggettività e l’autonomia della persona, spingendo fino all’individualismo: si stimola la massificazione, si moltiplicano i condizionamenti, si promuove più l’immagine che l’operare per motivi veri e autentici, si è determinati più dalla risposta all’immediato che dalla coerenza con punti di riferimento o progetti che danno significato a tutta la vita.
È impegno costante il rendersi libero “da” ciò che nella vita frena e rende schiavo, essere libero da passioni e peccati, da egoismo e individualismo, “per” essere invece padrone di se stesso, aperto agli altri e generoso nel servizio a loro, per agire secondo verità e d’accordo con le motivazioni profonde della propria vocazione.
Questi due aspetti portano ad una reale autonomia e alla capacità di scelte veramente libere, che sorgono da una coscienza illuminata dalla verità e abituata a pensare in termini di responsabilità e disciplina di vita. Proprio per questo la coscienza ha bisogno di essere formata ai valori della vita cristiana e salesiana e dell’ascesi. È la coscienza che determina l’uso responsabile della libertà.
69. La formazione della coscienza comporta un paziente lavoro di ascolto e dialogo. Essa esige:
una seria formazione critica che renda capaci di giudizi rispettosi e obiettivi su persone ed eventi e porti a prendere posizione circa i modelli culturali e le norme della convivenza sociale. In questa prospettiva è importante saper leggere criticamente e usare responsabilmente i mezzi di comunicazione sociale;
un’educazione al senso del mistero che avvolge la vita come realtà segnata dal peccato e dall’infedeltà, ma afferrata e salvata da Cristo. Ciò porta alla convinzione che la libertà è frutto di obbedienza convinta e cordiale alla verità;
la capacità di confrontare la propria vita con il Vangelo e gli orientamenti della Chiesa, così da poter discernere il bene dal male, il peccato e le strutture di peccato, l’azione di Dio nella propria persona e nella storia;
la capacità di unificare le proprie aspirazioni, energie e valori in un progetto di vita personale, assumendo la responsabilità della propria crescita e vivendo con pienezza le motivazioni profonde della propria vocazione.
3.1.6 Apertura alla realtà
70.Don Bosco ha sviluppato la sua vocazione in dialogo con la realtà dei giovani e del popolo, in costante interazione con il contesto ecclesiale e sociale.
Tra gli aspetti che arricchiscono l’umanità del salesiano e la rendono più autentica vi sono la sua crescita nella sensibilità umana, frutto di un appassionato amore all’uomo, e la sua attenzione al movimento della storia, ai segni e alle urgenze che da essa provengono25.
Vivendo a contatto con i giovani e il loro mondo e con gli ambienti popolari, il salesiano comprende i loro bisogni, intuisce le loro domande inespresse, condivide le loro speranze e aspirazioni e partecipa alle loro sofferenze.
Egli sente compassione per le “pecore senza pastore”26, diventa solidale e cerca di prolungare il passaggio del Signore per le strade del mondo.
Nell’amore verso i giovani il salesiano trova sostegno per la propria fede, scopre valori che diventano per lui stimolo e ricchezza di vita.
La consapevolezza dei problemi e delle difficoltà che i giovani sperimentano accresce lo slancio per la missione e lo spinge ad acquistare le competenze necessarie per rispondere evangelicamente alle sfide che provengono dalle nuove frontiere dell’umanità. Condivide con altri e porta davanti a Dio in atteggiamento di riflessione e di preghiera le esperienze che compie.
La vicinanza e la condivisione con l’umanità indigente e sofferente lo aiuta a vivere pienamente la propria vocazione.
71.L’apertura del salesiano alla realtà richiede:
attenzione alle istanze dell’ambiente e possibilità di un contatto diretto con la realtà dei giovani, della povertà e del lavoro; disponibilità a vivere in sintonia con i grandi problemi del mondo;
sensibilità culturale e sociale, contatto con altri operatori nel campo dell’educazione e della promozione, attenzione alla comunicazione sociale;
sforzo di coltivare verso la realtà l’atteggiamento del Signore che si è fatto carne e “ha voluto conoscere la gioia e la sofferenza, sperimentare la fatica, spartire le emozioni, consolare la pena”27;
cura di valorizzare l’informazione salesiana, ecclesiale e culturale.
ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI
72.“Per favorire la salute, l’azione apostolica, la convivenza, il clima di raccoglimento e di preghiera, ogni confratello eviti il lavoro disordinato e la comunità assicuri un’equilibrata distribuzione degli impegni, momenti di riposo e di silenzio e un’opportuna distensione comunitaria”28. Si verifichi periodicamente lo stile della vita fraterna, lo spirito di famiglia e la qualità della vita.
73.Ogni salesiano sviluppi le sue capacità di comunicazione e di dialogo29, coltivi la fiducia nei confratelli, sia pronto ad accettare le diversità e a superare i pregiudizi; partecipi attivamente agli incontri comunitari, esegua con precisione i compiti a lui affidati e impari ad agire in corresponsabilità per contribuire alla convergenza fraterna e operativa30.
74.“Il salesiano conserva integro l’affetto per i suoi familiari, specialmente per i genitori” e la comunità mantiene “relazioni cordiali con la famiglia di ogni confratello”31.
Durante la formazione iniziale si educhi ad un giusto equilibrio tra il rapporto con la propria famiglia e il senso di appartenenza alla comunità e alla Congregazione secondo i criteri della vita consacrata e lo stile salesiano32.
3.2 LA DIMENSIONE SPIRITUALE
75.La dimensione spirituale, intesa come cammino di vita in Cristo e nello Spirito, è il cuore che unifica e vivifica l’esperienza vocazionale salesiana, che è in primo luogo esperienza spirituale, teologale, e come tale costituisce l’elemento centrale della formazione, l’aspetto che la fonda e la motiva.
Essa completa la dimensione umana, contribuendo a costruire quello “splendido accordo di natura e di grazia”33 che ammiriamo in Don Bosco e che sta alla base del suo progetto di vita nel servizio dei giovani34. Motiva la dimensione intellettuale, che da essa viene sostenuta e fortificata. Dinamizza la dimensione educativo-pastorale, mettendo Dio e il suo Regno al centro del lavoro apostolico, finalizzando tutto a Lui.
La dimensione spirituale comprende gli atteggiamenti necessari per coltivare l’esperienza di Dio, ed è una modalità particolare di vivere la forza della fede, il dinamismo della speranza e l’ardore della carità. Essa sta al centro del progetto salesiano, lo identifica, ne fonda le motivazioni e ne costituisce la spinta apostolica.
76. Per vivere la missione salesiana non sono sufficienti le sole doti di umanità, la preparazione culturale e la professionalità, la creatività apostolica e la passione per i giovani; tutto questo è necessario, ma non basta per sostenere con motivazioni adeguate l’esperienza vocazionale35. Il salesiano ha anzitutto bisogno di una forte esperienza di Dio e dello Spirito, che della missione è l’elemento fondante e motivante.
Il salesiano è chiamato a congiungere vita nello Spirito e pedagogia, vivendo l’educazione come luogo di spiritualità e cammino di santità. Dalla qualità spirituale della vita dipende la sua fecondità apostolica, la sua generosità nell’amore per i giovani poveri e l’attrattiva vocazionale sulle nuove generazioni36.
La necessità della spiritualità è ancora più sottolineata in un mondo e in una cultura che spingono verso l’attivismo e l’autosufficienza. La vita centrata sull’incontro e sull’esperienza con Dio si fa testimonianza attraente e profezia per le persone del nostro tempo assetate di valori assoluti. Il salesiano diventa così comunicatore di spiritualità37, animatore e guida di vita spirituale38 per i giovani, per i laici e nell’ambito della Famiglia Salesiana
77.Don Bosco è stato un grande credente, l’iniziatore di una scuola di spiritualità39.
La sua esperienza di Dio evidenzia quei lineamenti della figura del Signore40 a cui era sensibile ed è caratterizzata “da particolari accenti spirituali e scelte operative”41, che definiscono la peculiare spiritualità salesiana come spiritualità apostolica.
Riconoscendo la Congregazione, la Chiesa dichiara che questa spiritualità – trasmessa dal Fondatore ai suoi figli e figlie – ha “tutti i requisiti oggettivi per raggiungere la perfezione evangelica personale e comunitaria”42.
Essa costituisce dunque una “grande corrente spirituale” nella Chiesa, una “scuola vera e originale” di santificazione43. È il cammino per quella testimonianza di santità che costituisce “il dono più prezioso che possiamo offrire ai giovani”44.
Non mancano le sintesi e le espressioni che raccolgono e comunicano il volto spirituale del salesiano e i suoi tratti caratteristici. Nelle Costituzioni si trova la sua presentazione autentica, i valori che lo conformano e le condizioni che lo rendono possibile; in esse la spiritualità salesiana, “meditata da successive generazioni che l’hanno vissuta, viene magnificamente consegnata in formule originali che riflettono tale lungo vissuto”45. Alcuni tratti vengono qui sommariamente ripresi ed esplicitati.
3.2.1 Primato di Dio e del suo progetto di salvezza
78.Il salesiano è chiamato a scoprire Dio presente e familiare in ogni momento della vita. “Dio ti vede”, faceva scrivere Don Bosco sui muri dell’Oratorio.
Sperimenta Dio che gli è vicino e lo coinvolge nel suo progetto di salvezza per i giovani.
Questo senso della presenza operante del Signore, vissuta intensamente da Don Bosco e dai suoi, viene trasmessa al salesiano come una preziosa eredità.
79.È Gesù Buon Pastore il centro vivo ed esistenziale della sua vita consacrata. Se è vero che tutti i consacrati sono centrati su Cristo, questo per il salesiano si traduce in una specifica testimonianza caratterizzata dall’aspetto pedagogico-pastorale con cui egli guarda a Cristo come “Buon Pastore” che redime e salva46.
Il salesiano contempla Gesù Buon Pastore nella sua gratitudine al Padre per il suo piano di salvezza, nella capacità di predilezione per i piccoli e per i poveri, nella sollecitudine nel predicare, nel guarire e nel salvare sotto l’urgenza del Regno che viene. Ne imita la mitezza e il dono di sé, e condivide con lui il desiderio di radunare i suoi nell’unità di una sola famiglia.47
È un Gesù “vivo”, in azione e in cammino alla ricerca di chi è perduto e che ritorna portando sulle spalle la pecorella smarrita e sa fare festa grande.
È un Gesù che porta nella mente e nel cuore Dio suo Padre, lo prega incessantemente, lo ringrazia e compie la sua volontà, parla di lui ai suoi, indica se stesso come la via per vederlo e incontrarlo.
80.Attraverso Gesù il salesiano incontra il Padre e vive nello Spirito. Operando per la salvezza della gioventù e vivendo l’esperienza spirituale del Sistema Preventivo, fa esperienza della paternità di Dio48, ne scopre la presenza e azione provvidente e si sente chiamato ad essere rivelatore del Padre ai giovani.
Lo Spirito Santo, che ha suscitato Don Bosco, formando in lui un cuore di padre e di maestro e guidandolo nella sua missione49, chiama ogni discepolo di Don Bosco a continuare la medesima “esperienza dello Spirito”50 per il servizio dei giovani. Il salesiano è uomo spirituale, attento a discernere le vie attraverso le quali lo Spirito agisce nel cuore dei giovani. Sa cogliere la sua presenza nelle loro domande, nelle loro attese e invocazioni, e diviene strumento della sua azione che agisce nei cuori.
Donato a lui dal Padre nella consacrazione51, lo Spirito forma e plasma il suo animo, configurandolo a Cristo obbediente, povero e casto, e spingendolo a fare propria la sua missione.
81.Per coltivare l’esperienza di Dio il salesiano:
approfondisce la sua fede e fa esperienza del mistero cristiano, mettendosi alla scuola della Parola di Dio;
mette Dio al centro dell’esistenza, mantenendosi sempre “in dialogo semplice e cordiale con il Cristo vivo e con il Padre”, e coltivando un’attenzione permanente alla presenza dello Spirito. Compie “tutto per amore di Dio”, per diventare, come Don Bosco, “contemplativo nell’azione”52. Fa in modo che il suo operare sia espressione di interiorità e che tutta la sua esistenza diventi celebrazione della “liturgia della vita”;
sente una gioia profonda quando può rivelare specialmente ai giovani le insondabili ricchezze del mistero di Dio ed essere segno e portatore del suo amore53;
in unione con Cristo, fissa nel Padre lo sguardo e il cuore, coltivando atteggiamenti di fiducia e impegnandosi con zelo nella realizzazione del suo piano di salvezza; riconoscente per il dono della vocazione, si sente impegnato a viverla in pienezza;
afferrato da Cristo, cerca di imitarlo nella donazione di sé e nel servizio. Si sforza di assumere i suoi sentimenti e di immedesimarsi in Lui. La sua opzione fondamentale per Cristo lo porta a fare di Lui il parametro di tutte le sue scelte. Nel suo cuore non si dà nessuna opzione che sia anteriore e indipendente da Cristo; abbraccia i consigli evangelici per condividere la forma di vita di Gesù e prendere parte in modo più intimo e fecondo alla sua missione54;
cresce nell’attenzione allo Spirito, riconoscendo e accogliendo la sua azione santificatrice e rinnovatrice. È costantemente attento alla sua presenza nella sua vita, nelle persone e nella storia. Sotto la sua azione vive in atteggiamento di discernimento e disponibilità alla volontà di Dio. Assume l’esperienza della formazione come esperienza di apertura, di docilità e di collaborazione con lui55, “fonte permanente di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano per crescere nell’amore perfetto di Dio e degli uomini”56.
3.2.2 Senso di Chiesa
82. La missione di Don Bosco è inserita nel mistero stesso della Chiesa nel suo divenire storico: in essa e per essa egli è stato suscitato57. L’amore alla Chiesa è per Don Bosco una delle espressioni caratteristiche della sua vita e santità.
L’esperienza spirituale del salesiano è perciò un’esperienza ecclesiale.
“La vocazione salesiana ci situa nel cuore della Chiesa”, dicono le Costituzioni58. Essa comporta un forte senso di Chiesa, una identificazione con essa, una comunione cordiale e profonda con il Papa e con tutti quelli che operano per il Regno.
83.Per crescere nel senso di appartenenza alla Chiesa il salesiano:
cura in se stesso una sensibilità spirituale che vede nella Chiesa il “centro di unità e comunione di tutte le forze che lavorano per il Regno”59 e s’impegna in essa secondo la sua vocazione specifica affinché “si manifesti al mondo come sacramento universale di salvezza”60;
si sente coinvolto nelle ansie e nei problemi della Chiesa universale, nel suo slancio missionario; si inserisce nella pastorale della Chiesa particolare; educa i giovani cristiani ad un autentico senso di Chiesa61;
manifesta il suo senso ecclesiale “nella filiale fedeltà al successore di Pietro e al suo magistero e nella volontà di vivere in comunione e collaborazione con i vescovi, il clero, i religiosi e i laici”62;
vive una “spiritualità di comunione” che diventa “un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo”63.
3.2.3 Presenza di Maria Immacolata Ausiliatrice
84.In strettissimo rapporto con l’esperienza spirituale è la particolare presenza di Maria nella vocazione e nella missione salesiana. Maria Immacolata Ausiliatrice appare come icona della spiritualità del salesiano, che stimola alla carità pastorale e all’interiorità apostolica. Nell’esperienza carismatica di Don Bosco Fondatore, dal primo sogno sino ai vasti orizzonti missionari, Ella è stata presenza permanente e determinante.
In Lei come Immacolata il salesiano vede la fecondità dello Spirito, la disponibilità al progetto di Dio, la rottura con il male e con tutte le forze che lo sostengono, la totalità della consacrazione. Maria gli ispira l’apertura al soprannaturale, la pedagogia della grazia, la delicatezza di coscienza, e gli aspetti materni dell’accompagnamento educativo64.
In Maria Ausiliatrice il salesiano contempla la maternità riguardo a Cristo e alla Chiesa, il sostegno al Popolo di Dio nelle vicende storiche più difficili, la collaborazione nell’opera di salvezza e nell’incarnazione del Vangelo tra i popoli, la mediazione di grazia per ogni cristiano e comunità. Ella sostiene il senso di Chiesa, l’entusiasmo per la missione, l’audacia apostolica e la capacità di congregare forze per il Regno.65
85.Per vivere la presenza di Maria nella sua vocazione e per crescere in una “devozione filiale e forte”66 verso di Lei il salesiano:
coltiva una relazione personale con Lei, fondandola sulla contemplazione del suo posto nel piano di salvezza e nel mistero di Cristo, ed esprimendola in un atteggiamento filiale attraverso le diverse pratiche mariane;
la sente attivamente vicina come stimolo e sostegno della sua consacrazione apostolica, come Colei che lo “educa alla pienezza della donazione al Signore”67;
trova in Lei ispirazione e coraggio per il suo impegno educativo: da Lei impara ad essere vicino ai giovani e sollecito nel loro servizio.
3.2.4 I giovani, luogo dell’incontro con Dio
86.“Noi crediamo che Dio ci sta attendendo nei giovani per offrirci la grazia dell’incontro con lui e per disporci a servirlo in loro”68.
Questa professione di fede del CG23 indica il crocevia della vita spirituale del salesiano. Dio gli dà un appuntamento e si fa trovare nell’incontro educativo con i giovani.
Per questo il primo Oratorio è stato esperienza spirituale ed educativa, pedagogia realistica di santità per l’educatore e l’educando. La vocazione salesiana porta a vivere “la tensione alla santità nell’impegno pedagogico”, a realizzare “la perfezione della carità educando”69. L’interscambio tra educazione e santità è l’aspetto caratteristico della figura di Don Bosco. Egli realizza la sua personale santità mediante l’impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico70.
Anche oggi il salesiano, rivivendo l’esperienza spirituale di Don Bosco, nella spiritualità del quotidiano e del cortile, diventa uomo spirituale che possiede il senso di Dio.
87.La missione del salesiano non si identifica semplicemente con l’attività o l’azione esterna, ma è una vera esperienza spirituale. Non è lui che va verso i giovani. È il Padre che lo consacra e lo invia come suo collaboratore e apostolo dei giovani, nei quali Egli è già al lavoro mediante lo Spirito, e lo impegna nel suo progetto su di essi.
La finalità della missione – portare l’amore di Dio ai giovani – fa sì che in tutta la sua persona e in tutta la sua azione, distaccandosi da sé con l’umiltà del servitore, egli si concentri sui due poli di riferimento, Cristo vivo e la gioventù, perché possano incontrarsi71.
Proprio perché si tratta di una esperienza spirituale che nasce, vive e si nutre nell’azione apostolica, il salesiano sa operare in sé e nella sua azione educativa una vera sintesi fra educazione ed evangelizzazione, tra promozione umana e impegno evangelico, tra fede e cultura, tra lavoro e preghiera.
88.Di qui alcuni atteggiamenti che il salesiano incessantemente coltiva:
lavora tra i giovani con vere motivazioni soprannaturali, superando il livello delle inclinazioni e delle preferenze naturali;
ravviva l’esperienza teologale e spirituale della missione: si sente inviato dal Padre per compiere il suo piano di salvezza; coltiva la disponibilità del Figlio del cui amore è segno e portatore; rimane aperto allo Spirito Santo che riempie il suo cuore con la carità pastorale e anima tutti i suoi sforzi;
vive con entusiasmo l’esperienza della missione della Congregazione, cioè il servizio ai giovani con il metodo di Don Bosco, partecipando in questo modo alla missione della Chiesa;
si abitua a guardare la realtà giovanile con l’atteggiamento del Buon Pastore; percepisce nei bisogni dei giovani l’urgenza della salvezza e la richiesta di intervento; fa un cammino spirituale con essi, aiutandoli mediante i sacramenti, la direzione spirituale e il discernimento;
sottomette il suo lavoro a leggi che chiamiamo “apostoliche”. Sa che deve lavorare con competenza, ma fa conto primariamente sulla forza di Dio. Prega molto e rimane modesto nei successi. Non chiede di vedere i risultati, affidandosi alla fecondità che Dio dà;
accetta le rinunce che accompagnano il suo lavoro e crede al valore misterioso della sofferenza. Valorizza positivamente le mediazioni e le strutture della vita apostolica. Sa obbedire di vero cuore. È capace di collaborazione e di condivisione del lavoro apostolico. Pratica la temperanza e rifugge dalle comodità e dalle agiatezze.
3.2.5 Esperienza di Dio nella vita comunitaria
89.Il salesiano trova nel suo vivere e lavorare insieme una esigenza fondamentale e una via sicura per realizzare la sua vocazione72. L’esperienza comunitaria è per lui esperienza teologale e profondamente umana. Con e attraverso i fratelli, i giovani e i collaboratori egli incontra il Signore e sperimenta la sua presenza.
Partecipando alla missione comune, il salesiano discerne con la comunità le situazioni alla luce del Vangelo, e si sente corresponsabile degli interventi educativi e pastorali e della loro realizzazione.
Aiuta la comunità a diventare centro di comunione e di partecipazione, aggregando e animando altre forze apostoliche.
Di fronte ad un mondo che ha tanto bisogno di comunione, il “vivere e lavorare insieme” del salesiano tra confratelli diversi per età, lingua e cultura, diventa un segno della possibilità del dialogo e profezia di una comunione che sa armonizzare le differenze; proclama con l’eloquenza dei fatti la forza trasformatrice della Buona Novella73 In tal modo la comunione si fa missione74 e diventa sorgente di spiritualità.
90.Per vivere l’esperienza di Dio nella vita comunitaria, il salesiano coltiva in sé questi atteggiamenti:
considera la comunità “un mistero che va contemplato e accolto con cuore riconoscente in una limpida dimensione di fede”75. Accoglie i fratelli come dono di Dio, li ama come Cristo ci ha insegnato e fa della condivisione dell’esperienza di fede nell’ascolto della Parola e nella celebrazione dell’Eucaristia la base della vita comunitaria. Fa in modo che nella vita quotidiana emerga la scelta radicale di Gesù e la comunità diventi “segno”, “scuola” e ambiente di fede76;
consapevole dei propri limiti, il salesiano ama la sua comunità così com’è, con i suoi slanci e le sue mediocrità, con la sua ricerca di autenticità e con le sue povertà;
vive lo spirito di famiglia che è affetto ricambiato, rete di rapporti fraterni e amicali, condivisione dei beni, stile fraterno di esercizio dell’autorità e dell’obbedienza, dialogo e corresponsabilità nell’azione; mantiene con il Direttore una relazione viva, ad imitazione dei primi salesiani verso Don Bosco;
perfeziona la sua capacità di comunicazione interpersonale fino ad arrivare alla condivisione dei sentimenti, della preghiera e delle esperienze spirituali e apostoliche;
vive secondo un progetto comunitario e partecipa attivamente a momenti significativi quali la “giornata della comunità”, gli incontri comunitari, le assemblee e i consigli;
sente e vive concretamente la sua appartenenza alla comunità ispettoriale e mondiale;
approfondisce il senso della missione come l’esperienza più stimolante di comunione che lo aiuta costantemente a superare ogni forma di egoismo e di individualismo. Legge e valuta insieme le situazioni, collabora con gli operatori pastorali, vive la corresponsabilità e la coesione di fronte al progetto comune, assumendo il suo ruolo e rispettando gli altri ruoli;
vive inserito nella Chiesa particolare con senso di comunione ed è disponibile a collaborare con tutte le forze che nel territorio si impegnano per la gioventù.
3.2.6 Al seguito di Cristo obbediente, povero e casto
91.La vita spirituale salesiana è una forte esperienza di Dio che è sostenuta e a sua volta sostiene uno stile di vita fondato interamente sui valori del Vangelo77.
Per questo, il salesiano assume la forma di vita obbediente, povera e verginale che Gesù scelse per sé sulla terra. È per lui un modo radicale di vivere il Vangelo e via sicura per donarsi totalmente ai giovani per amore di Dio. È il suo modo di cercare la carità perfetta78.
Crescendo nella radicalità evangelica con intensa tonalità apostolica, egli fa della sua vita un messaggio educativo, rivolto specialmente ai giovani, proclamando con la sua esistenza “che Dio esiste e che il suo amore può colmare una vita; e che il bisogno di amare, la spinta a possedere e la libertà di decidere della propria esistenza acquistano il loro senso supremo in Cristo salvatore”79.
3.2.6.1 Seguire Cristo obbediente
92.L’obbedienza al Padre è per Gesù la sintesi della sua vita, che si esprime nel mistero pasquale. Rivela la sua identità di Figlio e insieme di Servo, mostrandolo unito in modo assolutamente unico al Padre e totalmente docile a lui. Alla consacrazione da parte del Padre corrisponde la sua totale disponibilità per la missione di salvezza.
Per il salesiano, una delle ragioni principali della priorità dell’obbedienza – Don Bosco diceva: “in una Congregazione l’obbedienza è tutto”80 – va cercata nell’importanza peculiare che ha la “missione” nella sua vita81, e specificamente nella sua forma comunitaria.82 L’obbedienza lo rende pienamente disponibile per il servizio dei giovani.
Nell’attuale contesto culturale, che mette in evidenza l’autorealizzazione e il protagonismo individuale, il discepolo di Cristo obbediente perfeziona la propria libertà di consacrato, mettendo tutta la sua persona al servizio della missione comune con intraprendenza, responsabilità e docilità, ed evitando ogni forma di individualismo.
93.Per vivere l’esperienza di obbedienza il salesiano presta attenzione ad alcuni atteggiamenti:
si sforza di operare in se stesso il difficile passaggio da ciò che gli piace a ciò che “piace al Padre”, immedesimandosi nei sentimenti di Cristo;
ricerca la volontà del Padre attraverso la preghiera e le legittime mediazioni – il dialogo comunitario, il discernimento pastorale, l’attenzione alle situazioni concrete e ai segni dei tempi, il colloquio fraterno con il superiore – e la compie con piena dedizione;
accoglie in piena libertà le Costituzioni come suo progetto di vita e di santità e accetta con docilità le indicazioni della Chiesa e dei Pastori, gli orientamenti della Congregazione attraverso i Capitoli Generali, gli interventi del Rettor Maggiore e degli altri superiori;
assolve i suoi compiti con generosità e creatività, investendo tutti i suoi doni al servizio della missione;
assume in prima persona la missione dell’opera a cui è inviato, è aperto al dialogo e alla corresponsabilità nella comunità, opera in sintonia con il progetto comune, e lo serve secondo il proprio ruolo e nel rispetto del contributo degli altri;
vive l’obbedienza nell’esercizio dei ruoli di autorità e governo, compiendoli con lo stile dell’animazione, favorendo la collaborazione e la convergenza operativa, stimolando il senso della comune missione, sapendo intervenire con bontà e coraggio;
quando l’obbedienza esige difficili prove d’amore, fa riferimento a Gesù, figlio obbediente del Padre83. Ricorda le parole di Don Bosco: “Vi sarà qualche regola che dispiace, qualche ufficio o altra cosa che ci ripugna; non lasciamoci scoraggiare, vinciamo quella disposizione contraria dell’animo nostro per amore di N. S. Gesù Cristo e del premio che ci è preparato... Così facendo ne viene poi la vera obbedienza”84.
3.2.6.2 Seguire Cristo povero
94.Gesù ha assunto la povertà come forma di vita, come espressione di totale appartenenza alla missione, di solidarietà con noi e di rinuncia al proprio interesse, come sguardo pastorale e preferenza per i poveri. In Gesù il salesiano trova la vera ricchezza; in Lui egli vuole amare i giovani poveri e sentirsi solidale con loro.
La povertà è un atteggiamento del cuore85, e una caratteristica della missione. È uno stile personale e comunitario di vita che rende liberi per una dedizione generosa al servizio del Vangelo.
Il salesiano e la comunità diventano così profezia di una società alternativa che punti sul bene comune, rispetti il valore di ogni persona, si costruisca su criteri di giustizia ed equità e sia solidale con quelli che sono deboli e svantaggiati.86
95.In un cammino progressivo e costante, il salesiano coltiva in sé questi atteggiamenti:
assume Gesù povero come modello di vita e trova in Lui il vero tesoro: “Ho lasciato perdere queste cose al fine di guadagnare Cristo... e questo perché possa conoscere lui e la potenza della sua risurrezione”87;
cerca di vivere con gioia una vita semplice e laboriosa, ama il lavoro apostolico e il servizio alla sua comunità, è disponibile al lavoro manuale88, accetta con semplicità gli inevitabili inconvenienti e le necessarie rinunce;
nutre fiducia nel progetto di Dio sulla propria esistenza; si sente responsabile dei beni che usa ed è sensibile alla testimonianza comunitaria di povertà; cerca di condividere fraternamente tutto: i beni materiali, i frutti del lavoro, i doni ricevuti, le energie, i talenti, le esperienze; sa dipendere dalla comunità e dal superiore89;
manifesta la povertà nella fedeltà ai destinatari, nell’impostazione dell’azione educativa e pastorale nelle diverse opere, nella peculiare prospettiva con cui guarda la realtà e gli avvenimenti, nella sensibilità per le situazioni sociali e per le nuove povertà, sollecitato anche dalla dottrina sociale della Chiesa; si sente spinto per vocazione ad interessarsi dei poveri e dei loro problemi, ad “amarli in Cristo”90 con amore solidale e intraprendente e a partecipare alla loro condizione di vita. È lieto di lavorare con i giovani poveri, con i giovani lavoratori e con il ceto popolare. Sviluppa in sé e negli altri l’amore per le missioni e il coinvolgimento nell’animazione missionaria;
vive l’azione educativa e di promozione come il miglior servizio ai poveri, valorizzando i mezzi e le strutture più adeguate, unendo capacità amministrativa e fiducia nella Provvidenza, ricorso ai “benefattori” e piena dedizione personale.
3.2.6.3 Seguire Cristo casto
96.“Unione con Dio”, “predilezione per i giovani”, “amorevolezza”, “spirito di famiglia”, sono caratteristiche dello spirito salesiano che parlano della forma salesiana di amare.
Il salesiano fa quotidianamente esperienza dell’amore di Dio che colma la sua vita91 e vive una castità gioiosa come segno che indica Cristo vivo, risorto, presente nella sua Chiesa, capace di innamorare i cuori92.
Egli è convinto che la castità consacrata imprime un originale stile alla sua capacità di amare e lo rende generoso e lieto nel donarsi senza risparmio, libero nel cuore per amare Dio solo e sopra ogni cosa e capace di vivere l’amorevolezza.
Egli impara a diventare testimone della predilezione di Dio per i giovani, educatore capace di incarnare la paternità di Dio verso di loro, in modo che essi “conoscano di essere amati”. Attraverso la carità che sa farsi amare li educa all’amore vero e alla purezza.
Nel contesto di una cultura che sottolinea l’importanza del corpo e non poche volte esaspera la sessualità, l’impegno per la castità e la testimonianza di una umanità equilibrata e felice sono segno della potenza della grazia di Dio nella fragilità della condizione umana. Il salesiano dice con la vita che con l’aiuto del Signore è possibile un orientamento del cuore, una educazione degli affetti e una padronanza di sé che portano ad un’esperienza autenticamente umana di amore a Dio e al prossimo.
97.La formazione alla castità richiede alcune condizioni particolari:
educarsi ed educare alla maturità affettiva e all’amore, partendo dal riconoscimento che l’amore occupa il posto centrale nella vita, non si riduce ad una sola dimensione, quella fisica, ma coinvolge la persona in tutti i suoi aspetti, lo psichico e lo spirituale compresi; maturare nella convinzione che il vero amore è sempre orientato all’altro, è oblativo, rende capaci di rinuncia93;
amare Dio con tutte le forze e in Lui specialmente i giovani a cui è inviato: per questo il salesiano accetta una forma di vita e uno stile di amore educativo e pastorale, che comportano la rinuncia alla vita matrimoniale e a tutto ciò che le è proprio;
integrare il bisogno di amare e di essere amato nella capacità di amicizia e di condivisione fraterna, nello spirito di famiglia, nell’amorevolezza del Sistema Preventivo che è capacità di amare e farsi amare;
educarsi a un amore verso gli altri fatto di rispetto, di sincerità, di calore umano, di fedeltà e di comprensione, superando le barriere che isolano e gli atteggiamenti che portano a strumentalizzare le persone;
rendersi consapevole della propria fragilità e coltivare l’ascesi e la temperanza, mantenendo un equilibrio di fronte alle proprie emozioni e un dominio delle pulsioni sessuali; essere prudente nei contatti interpersonali, nel linguaggio abituale, e nell’uso dei mezzi della comunicazione sociale;
invocare l’aiuto di Dio e vivere alla sua presenza; coltivare l’amicizia con Cristo, valorizzare il sacramento della Riconciliazione come fonte di purificazione; affidarsi con semplicità a una guida spirituale; ricorrere con filiale fiducia a Maria Immacolata che aiuta ad amare come Don Bosco amava94.
3.2.7 In dialogo con il Signore
98.Nella preghiera il salesiano coltiva, alimenta e celebra la capacità di incontrare Dio nella vita e nel lavoro educativo con i giovani e la gioia nel contemplare Gesù Buon Pastore, Dio Padre come padre dei suoi giovani, e lo Spirito che agisce in loro.
Egli sa che la preghiera è anzitutto docilità allo Spirito e poi esperienza umile, fiduciosa e apostolica di chi congiunge spontaneamente l’orazione e la vita95, raggiungendo “quell'operosità instancabile, santificata dalla preghiera e dall'unione con Dio, che dev’essere la caratteristica dei figli di Don Bosco”96.
99.Imita Don Bosco che ha vissuto e ha educato i salesiani ad un rapporto semplice, concreto e profondo con Dio. Ha testimoniato un atteggiamento permanente di preghiera e la capacità di orientare ogni cosa alla gloria di Dio, di vivere e operare alla sua presenza, di avere come unica preoccupazione il suo Regno. Seguendo il suo esempio, il salesiano “coltiva l’unione con Dio, avvertendo l’esigenza di pregare senza sosta”97.
Il rapporto con Dio e l’interiorità apostolica costituiscono il cuore della sua esperienza e permeano tutto il suo essere, prima ancora di tradursi in attività o in pratiche di pietà. La sua è la preghiera del Da mihi animas, cetera tolle, che trova la sorgente nell’Eucaristia e si esprime nella piena dedizione all’impegno apostolico98.
100.Non c’è nulla di speciale e di eccezionale nella forma di preghiera del salesiano. Egli segue l’itinerario di preghiera che la Chiesa offre al buon cristiano. Fa sua la pedagogia della Chiesa che lo conduce a rivivere in sé i misteri della redenzione attraverso le tappe dell’anno liturgico e si lascia evangelizzare dalla Parola.
Come Don Bosco, vive con intensità di fede le pratiche di pietà ordinarie: esse sono per lui “oltre che mezzi di santificazione personale, momenti di allenamento per collaborare sempre più intensamente alla trasformazione del mondo secondo il piano di Dio”99.
Prega con la sua comunità, che nell’orazione “ravviva la coscienza della sua intima e vitale relazione con Dio e della sua missione di salvezza”100 e condivide questo atteggiamento di preghiera con la comunità educativa e con la Famiglia salesiana, particolarmente nella celebrazione delle feste.
La sua preghiera porta l’impronta di apostolo ed educatore dedicato al bene dei giovani. Si congiunge con la vita: precede, accompagna e segue l’azione apostolica, è legata ai giovani, per cui e con cui prega.
Proprio per questo la preghiera del salesiano ha uno stile giovanile fatto di semplicità, vivacità, e sincerità101. È una preghiera “gioiosa e creativa, semplice e profonda [che] si apre alla partecipazione comunitaria, è aderente alla vita e si prolunga in essa”102.
101.Nel dialogo personale e comunitario del salesiano con il Signore devono essere sottolineate alcune espressioni ed eventi di particolare importanza:
“La Parola di Dio è la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un rapporto personale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e santificante”103.
“È per noi fonte di vita spirituale, alimento per la preghiera, luce per conoscere la volontà di Dio negli avvenimenti, e forza per vivere in fedeltà la nostra vocazione”104. Proprio per questo il salesiano l’ascolta con fede e umiltà, l’accoglie nel cuore come guida ai suoi passi, la fa fruttificare nella sua vita, e la proclama con gioia105.
“L’ascolto della Parola di Dio è il momento quotidiano più efficace di formazione permanente”106. Esso si attua in modo particolare nella celebrazione dell’Eucaristia e attraverso la pratica della meditazione. La meditazione quotidiana è momento privilegiato di intimità con il Signore, occasione concreta per rendere familiare la Parola di Dio e incarnarla nella vita.
102.La celebrazione dell’Eucaristia è l’atto centrale della giornata del salesiano. In essa egli rende grazie al Padre, fa memoria del progetto di salvezza compiuto dal Figlio, comunica al Corpo e al Sangue di Cristo e riceve lo Spirito che lo rende capace di comunione fraterna e lo rinnova nel suo impegno apostolico.
La presenza dell’Eucarestia nella casa salesiana è per un figlio di Don Bosco motivo di frequenti incontri con Cristo da cui attingere dinamismo e costanza nell’azione per i giovani107.
La grazia dell’Eucarestia si estende alle diverse ore del giorno con la celebrazione della Liturgia delle Ore108.
103.La celebrazione del sacramento della Riconciliazione costituisce l’espressione più significativa ed efficace del cammino quotidiano di conversione. Esso dona la gioia del perdono del Padre, ricostruisce la comunione fraterna e purifica le intenzioni apostoliche109.
Don Bosco ha sottolineato la rilevanza pedagogica del sacramento della Riconciliazione e ha presentato la celebrazione regolare e frequente del sacramento come chiave del progresso spirituale personale e del cammino educativo dei giovani.
Il salesiano ama e fa amare il sacramento della Riconciliazione.
104.La devozione a Maria costituisce per il salesiano un gioioso e forte richiamo a riconoscere e invocare Maria come “modello di preghiera e carità pastorale, maestra di sapienza e guida della nostra Famiglia”; e a contemplare e imitare “la sua fede, la sollecitudine per i bisognosi, la fedeltà nell'ora della croce e la gioia per le meraviglie operate dal Padre”. Sull’esempio di Don Bosco egli si sente impegnato a diffondere una “devozione filiale e forte” per Lei, Immacolata e Ausiliatrice110.
105. Alcune attenzioni sostengono ed esprimono l’esperienza orante del salesiano e costituiscono una pedagogia di vita:
si esercita a celebrare nel tempo il mistero di Cristo vivendo i vari periodi dell’anno liturgico come momenti che scandiscono le tappe della sua esperienza cristiana e dando rilievo spirituale alla domenica;
coltiva la sua fede, approfondisce la conoscenza del mistero cristiano, aggiorna la sua visione teologica e spirituale come motivazione della sua esperienza di preghiera;
fa della partecipazione alla liturgia una scuola permanente di preghiera, impara ad ascoltare la voce di Dio e ad accogliere la sua grazia; persevera nella preghiera anche quando attraversa momenti di aridità;
celebra la Liturgia delle Ore come prolungamento nella giornata del mistero eucaristico, condividendo con la comunità – nei tempi previsti – la lode del Signore;
sviluppa la coscienza della missione apostolica: va ai giovani come inviato dal Signore per agire nel suo nome e non solo per scelta personale; sa che il Signore lo precede; è convinto che il lavoro che compie è un’opera di redenzione, come liberazione dalle diverse forme del male o evangelizzazione delle diverse realtà umane;
ama pregare con la sua comunità ed è fedele ai momenti in cui la sua comunità si incontra per la preghiera. Scopre la bellezza di condividere con la comunità le proprie esperienze di fede e le preoccupazioni apostoliche. Praticata con spontaneità e con il comune consenso, questa condivisione “nutre la fede e la speranza, così come la stima e la fiducia reciproca, favorisce la riconciliazione e alimenta la solidarietà fraterna nella preghiera”111;
trae profitto dall’incontro fraterno e dalla direzione spirituale per il suo cammino di preghiera;
valorizza le opportunità e gli stimoli che favoriscono una preghiera comune e personale viva e rinnovata, che superi i rischi di formalismo, di logorio e di passività che spesso minacciano le forme comuni e obbligatorie di preghiera.
106.L’esperienza spirituale del salesiano trova nell’azione apostolica forti stimoli ed è soggetta, allo stesso tempo, ad alcuni rischi. Il salesiano è chiamato a vivere la grazia di unità, evitando “ogni dicotomia tra interiorità e impegno pastorale, tra spirito religioso e compito educativo o qualunque fuga verso forme di vita che non rispondano al consiglio di Don Bosco: lavoro, preghiera, temperanza”112.
Il salesiano vigila affinché il suo dinamismo spirituale non subisca rallentamenti o arresti, la sua vita spirituale non sia minacciata dalla superficialità o dalla dispersione. A questo scopo si impegna a camminare nello Spirito, ad operare mosso dall’interiorità apostolica e a coltivare una vita unificata.
ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI
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