DECRETO DI PROMULGAZIONE


DECRETO DI PROMULGAZIONE

RATIO FUNDAMENTALIS


Edizione online

Direzione Generale Opere Don Bosco

Via della Pisana, 1111

Casella Postale 18333

00163 Roma Bravetta



SOMMARIO

Sommario 5

Abbreviazioni e sigle 15

Decreto di promulgazione 17

Parte Prima

LA FORMAZIONE SALESIANA IN GENERALE

Capitolo 1

LA FORMAZIONE SALESIANA

NELLE CIRCOSTANZE ATTUALI. LA RATIO 21

1.1 Vocazione e formazione: un dono da accogliere e coltivare21

1.2 Con lo sguardo a Don Bosco Fondatore e formatore e alla realtà della Congregazione 22

1.3 Punti di riferimento per la formazione oggi 25

1.3.1 Attenzione al contesto: stimoli e sfide 25

1.3.2 resperienza e gli orientamenti della Chiesa 28

1.3.3 ljesperienza e gli orientamenti della Congregazione 30

1.4 La Ratio: scopo, contenuti e destinatari 32

1.4.1 Lo scopo della Ratio 32

1.4.2 La struttura e il contenuto della Ratio 33

1.4.3 I destinatari della Ratio 34

Orientamenti e norme per la prassi 36

Capitolo 2

L'IDENTITÀ VOCAZIONALE SALESIANA:

PRINCIPIO E FINE DELLA FORMAZIONE 39

2.1 L'identità vocazionale salesiana 39

2.1.1 Un progetto di consacrazione apostolica 40

2.1.1.1 Educatore pastore dei giovani animato dalla carità

pastorale 42

2.1.1.2 Membro responsabile di una comunità 44

2.1.1.3 Testimone della radicalità evangelica 45

2.1.1.4 Animatore di comunione nello spirito e nella mis‑

sione di Don Bosco 46

2.1.1.5 Inserito nella Chiesa, aperto alla storia e in dialogo

con la realtà 47

2.1.2 Le diverse forme dell'identità vocazionale 48

2.1.2.1 1.1 salesiano presbitero 48

2.1.2.2 Il salesiano coadiutore 49

2.2 La formazione al servizio dell'identità salesiana 50

2.2.1 La formazione è determinata dall'identità salesiana 50

2.2.2 La formazione coltiva in forma permanente l'identità51

2.2.3 La formazione rapporta l'identità al contesto culturale52

2.2.4 La formazione promuove la crescita nell'identità secondo i doni personali 52

2.2.5 La formazione aiuta a vivere l'identità in una comunione di vocazioni 53

Orientamenti e norme per la prassi 54

Capitolo 3

LE DIMENSIONI DELLA FORMAZIONE:

VALORI E ATTEGGIAMENTI 57

3.1 La dimensione umana 59

3.1.1 Salute e capacità di lavoro 60

3.1.2 Equilibrio psichico 61

3.1.3 Maturità affettiva e sessuale 63

3.1.4 Capacità relazionale 65

3.1.5 Libertà responsabile 66

3.1.6 Apertura alla realtà 68

Orientamenti e norme per la prassi 69

3.2 La dimensione spirituale 70

3.2.1 Primato di Dio e del suo progetto di salvezza 72

3.2.2 Senso di Chiesa 75

3.2.3 Presenza di Maria Immacolata Ausiliatrice 76

3.2.4 I giovani, luogo dell'incontro con Dio 78

3.2.5 Esperienza di Dio nella vita comunitaria 80

3.2.6 Al seguito di Cristo obbediente, povero e casto 82

3.2.6.1 Seguire Cristo obbediente 82

3.2.6.2 Seguire Cristo povero 84

3.2.6.3 Seguire Cristo casto 86

3.2.7 In dialogo con il Signore 88

Orientamenti e norme per la prassi 93

3.3 La dimensione intellettuale 98

3.3.1 Motivi e urgenza 98

3.3.2 Natura della formazione intellettuale 100

3.3.3 Scelte che qualificano la formazione intellettuale del salesiano 101

3.3.3.1 Caratterizzazione salesiana 102

3.3.3.2 Interazione di teoria e prassi e sintonia con la congiuntura storica 102

3.3.3.3 Impostazione organica e unitaria 102

3.3.3.4 Continuità 103

3.3.3.5 Inculturazione 103

3.3.4 Ambiti culturali 105

3.3.4.1 Una solida cultura di base 105

3.3.4.2 L'approfondimento della fede attraverso la Teologia 106

3.3.4.3 Una coerente visione dell'uomo, del mondo e di

Dio attraverso la Filosofia 107

3.3.4.4 Le scienze dell'uomo e dell'educazione 107

3.3.4.5 La "salesianità" 108

3.3.5 Specializzazione e professionalità 109

3.3.6 Centri di studio per la formazione 110

3.3.7 Alcune indicazioni per promuovere la formazione intellettuale 112

Orientamenti e norme per la prassi 113

3.4 La dimensione educativo-pastorale 125

3.4.1 Formare al Sistema Preventivo, incarnazione della missione salesiana 126

3.4.2 Formare alla Pastorale Giovanile Salesiana, realizzazione del Sistema Preventivo 127

3.4.3 I valori e gli atteggiamenti propri della dimensione educativo-pastorale 128

3.4.3.1 La predilezione e la presenza tra i giovani soprattutto i più poveri 129

3.4.3.2 L'integrazione tra educazione ed evangelizzazione 129

3.4.3.3 Il senso comunitario della pastorale salesiana 130

3.4.3.4 Lo stile di animazione 130

3.4.3.5 La prospettiva di una pastorale organica e la mentalità progettuale 131

3.4.4 Alcune linee di formazione educativo-pastorale 132

3.4.4.1 La qualificazione educativo-pastorale 132

3.4.4.1.1 l'ascolto del Signore nei bisogni dei giovani 132

3.4.4.1.2 Attenzione al mondo dell'educazione 132

3.4.4.1.3 La riflessione teologico-pastorale e gli orientamenti della Chiesa 133

3.4.4.1.4 L'assunzione degli orientamenti pastorali salesiani 133

3.4.4.1.5 La formazione nell'esperienza quotidiana della missione 133

3.4.4.2 Le attività pastorali durante la formazione iniziale 134

Orientamenti e norme per la prassi 136

Capitolo 4

LINEE DI METODOLOGIA FORMATIVA 138

4.1 Raggiungere la persona in profondità 139

4.2 Animare una esperienza formativa unitaria secondo un

progetto organico 140

4.3 Assicurare l'ambiente formativo e il coinvolgimento di

tutti i corresponsabili 143

4.3.1 La persona del salesiano 144

4.3.2 La comunità ambiente della formazione 145

4.3.2.1 La comunità locale 146

4.3.2.2 La comunità formatrice 148

4.3.2.3 Il centro di studi 150

4.3.2.4 La comunità ispettoriale 151

4.3.2.5 La comunità mondiale 152

4.3.3 I corresponsabili della formazione 153

4.3.3.1 I corresponsabili a livello locale 153

4.3.3.1.1 Il Direttore 153

4.3.3.1.2 L'équipe dei formatori 155

4.3.3.1.3 I docenti e gli esperti 158

4.3.3.1.4 Il contributo dei laici 160

4.3.3.2 I corresponsabili a livello ispettoriale 161

4.3.3.2.1 L'Ispettore con il suo Consiglio 161

4.3.3.2.2 Il Delegato e la Commissione ispettoriale per la formazione 163

4.3.3.3 Collegamento e collaborazione a livello interispettoriale 166

4.3.3.4 I corresponsabili a livello mondiale 168

4.4 Dare qualità formativa all'esperienza quotidiana 169

4.4.1 La presenza tra i giovani 169

4.4.2 Il lavorare insieme 170

4.4.3 La comunicazione 171

4.4.4 I rapporti interpersonali 171

4.4.5 Il contesto socio-culturale 172

4.5 Qualificare l'accompagnamento formativo 173

4.5.1 L'accompagnamento comunitario 174

4.5.2 L'accompagnamento personale 175

4.6 Prestare attenzione al discernimento 181

4.6.1 Il discernimento dimensione permanente dell' esperienza salesiana 181

4.6.2 Il discernimento durante la formazione iniziale 181

4.6.3 Il discernimento in alcune circostanze particolari 185

Orientamenti e norme per la prassi 186

Parte Seconda

IL CAMMINO FORMATIVO SALESIANO

Capitolo 5

IL PROCESSO FORMATIVO SALESIANO 197

5.1 Un processo formativo che dura tutta la vita 197

5.2 Le caratteristiche del processo formativo 200

5.2.1 Processo personalizzato 200

5.2.2 Processo comunitario 201

5.2.3 Processo unitario e diversificato 201

5.2.4 Processo continuo e graduale 202

5.2.5 Processo inculturato 202

Orientamenti e nonne per la prassi 203

Capitolo 6

IL PRENOVIZIATO 207

6.1 Natura e scopo 207

6.2 L'esperienza formativa 208

6.2.1 La dimensione umana 209

6.2.1.1 Le condizioni fisiche e la salute 209

6.2.1.2 Conoscersi e farsi conoscere 209

6.2.1.3 Un'affettività serena 210

6.2.1.4 La capacità relazionale 210

6.2.1.5 Il senso di responsabilità 211

6.2.1.6 La rettitudine di coscienza e l'apertura alla realtà211

6.2.2 La dimensione spirituale 211

6.2.3 La dimensione intellettuale 213

6.2.4 La dimensione educativo-pastorale 213

6.3 Alcune condizioni formative 214

6.3.1 Una esperienza comunitaria 214

6.3.2 I formatori: una guida 214

6.4 1.1 discernimento e l'ammissione al noviziato 215

Orientamenti e norme per la prassi 216

Capitolo 7

IL NOVIZIATO 220

7.1 Natura e scopo 220

7.2 L'esperienza formativa 221

7.2.1 La dimensione umana 221

7.2.2 La dimensione spirituale 221

7.2.2.1 La configurazione a Cristo nella prospettiva del da mihi animas 221

7.2.2.2 L'assimilazione del carisma salesiano e l'identificazione con il Fondatore 222

7.2.2.3 L'esperienza di vita fraterna 223

7.2.2.4 L'iniziazione alla preghiera che abbraccia tutta la vita 223

7.2.3 La dimensione intellettuale 224

7.2.4 La dimensione educativo-pastorale 225

7.3, Alcune condizioni formative 226

7.3.1 La comunità e l'ambiente 226

7.3.2 11 maestro dei novizi e i formatori 227

7.4 Discernimento e ammissione alla prima professione 228

7.4.1 Tempo di discernimento 228

7.4.2 La professione temporanea 229

Orientamenti e nonne per la prassi 230

Capitolo 8

IL POSTNOVIZIATO 237

8.1 Natura e scopo 237

8.2 L'esperienza formativa 238

8.2.1 La dimensione umana 238

8.2.2 La dimensione spirituale 239

8.2.3 La dimensione intellettuale 240

8.2.3.1 Gli studi 240

8.2.3.1.1 Le scienze filosofiche 241

8.2.3.1.2 Le scienze dell'uomo e dell'educazione 241

8.2.3.1.3 Il mistero cristiano e l'educazione della fede 241

8.2.3.1.4 Gli studi salesiani 242

8.2.3.2 Altri studi 242

8.2.3.3 Il curricolo dei salesiani coadiutori 243

8.2.4 La dimensione educativo-pastorale 244

8.3 Alcune condizioni formative 245

8.3.1 L'ambiente 245

8.3.1.1 La comunità formatrice 245

8.3.1.2 Il collegamento con altre comunità 247

8.3.2 I formatori 247

8.3.3 La collaborazione inter-ispettoriale 248

Orientamenti e norme per la prassi 249

Capitolo 9

IL TIROCINIO 251

9.1 Natura e scopo 251

9.2 L'esperienza formativa 252

9.2.1 La dimensione umana 252

9.2.2 La dimensione spirituale 252

9.2.3 La dimensione intellettuale 253

9.2.4 La dimensione educativo-pastorale 254

9.3 Alcune condizioni formative 255

9.3.1 La comunità 255

9.3.2 La guida formativa e l'impegno personale del tirocinante 256

9.3.3 L'Ispettore 257

Orientamenti e norme per la prassi 258

Capitolo 10

LA FORMAZIONE SPECIFICA 260

LA FORMAZIONE SPECIFICA DEL SALESIANO COADIUTORE 260

10.1 Natura e scopo 260

10.2 L'esperienza formativa 261

10.2.1 La dimensione umana 262

10.2.2 La dimensione spirituale 262

10.2.3 La dimensione intellettuale 263

10.2.3.1 Lo studio della Teologia 263

10.2.3.2 Gli studi salesiani 263

10.2.3.3 L'educazione in campo sociale 264

10.2.3.4 La preparazione professionale 264

10.2.4 La dimensione educativo-pastorale 264

10.3 Alcune condizioni formative 265

LA FORMAZIONE SPECIFICA DEL SALESIANO PRESBITERO 266

10.4 Natura e scopo 266

10.5 L'esperienza formativa 267

10.5.1 La dimensione umana 268

10.5.2 La dimensione spirituale 269

10.5.3 La dimensione intellettuale 271

10.5.3.1 Lo studio della Teologia 272

10.5.3.2 Prospettiva salesiana e discipline salesiane 273

10.5.4 La dimensione educativo-pastorale 274

10.5.4.1 Gli aspetti da coltivare 274

10.5.4.2 L'esercizio dei ministeri e del diaconato 275

10.5.4.2.1 Il lettorato e l'accolitato 276

10.5.4.2.2 Il diaconato 276

10.6 Alcune condizioni formative 277

Orientamenti e nonne per la prassi 279

Capitolo 11

LA PREPARAZIONE PER LA PROFESSIONE PERPETUA 286

11.1 Natura e scopo 286

11.2 L'esperienza formativa 289

11.3 Alcune condizioni formative 289

Orientamenti e norme per la prassi 291

Capitolo 12

LA FORMAZIONE PERMANENTE 293

12.1 Natura e scopo 294

12.2 L'esperienza formativa 295

12.2.1 La dimensione umana 296

12.2.2 La dimensione spirituale 297

12.2.3 La dimensione intellettuale 297

12.2.4 La dimensione educativo-pastorale 298

12.3 L'attenzione ad alcune situazioni di vita 299

12.3.1 Le stagioni della vita 300

12.3.1.1 I primi anni di pieno inserimento nel lavoro educativo e pastorale 300

12.3.1.2 Gli anni della piena maturità 301

12.3.1.3 L'età avanzata 303

12.3.2 Alcune circostanze particolari 304

12.4 L'animazione della formazione permanente 305

12.4.1 A livello personale 305

12.4.2 A livello locale 307

12.4.3 A livello ispettoriale 309

12.4.4 A livello inter-ispettoriale 313

Orientamenti e norme per la prassi 314

ALLEGATI

  1. Il Direttorio ispettoriale - sezione formazione 321

  2. Il progetto ispettoriale di formazione 326

  3. Linee orientative circa l'ordinamento degli studi 331

  4. Documenti ecclesiali e salesiani sulla formazione 345

INDICE ANALITICO 351




ABBREVIAZIONI E SIGLE

ABBREVIAZIONI E SIGLE



ACGAtti del Consiglio Generale

ACSAtti del Consiglio/Capitolo Superiore

CCostituzioni

cancanone del Codice di Diritto canonico, 1983

CECCongregazione per l’Educazione Cattolica

Cfr Confronta

CG Capitolo Generale

CGSCapitolo Generale Speciale XX

CICCodex Iuris Canonici

CIVCSVACongregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita

Apostolica

CRISCongregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari

DSM Il Direttore Salesiano. Un ministero per l’animazione e il governo della

comunità locale, Roma 1986

Ibid Ibidem

ISM L’Ispettore Salesiano. Un ministero per l’animazione e il governo della

comunità ispettoriale, Roma 1987

MB Memorie Biografiche di S. Giovanni Bosco

MuR Mutuae Relationes. Criteri direttivi sui rapporti tra i Vescovi e i Religiosi nella

Chiesa, Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari e Congregazione

per i Vescovi, 1978

OT Optatam Totius – Concilio Vaticano II

PC Perfectae Caritatis – Concilio Vaticano II

PDVPastores Dabo Vobis. Esortazione Apostolica post sinodale, Giovanni

Paolo II, 1992

PIPotissimum institutioni. Direttive sulla formazione negli Istituti Religiosi,

Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica,

1990

PO Presbyterorum Ordinis – Concilio Vaticano II

R Regolamenti generali

RFIS Ratio Fundamentalis Institutionis et Studiorum, Congregazione per l’Educazione Cattolica, 1985

SaC Sacerdotalis coelibatus. Lettera Enciclica, Paolo VI, 1967

SC Sacrosanctum Concilium – Concilio Vaticano II

VCVita Consecrata. Esortazione Apostolica post sinodale, Giovanni Polo II, 1996




Siamo chiamati ad essere discepoli del Signore Gesù, testimoni del Regno e missionari dei giovani, vivendo l’esperienza carismatica che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa attraverso Don Bosco.

La formazione alla vita religiosa apostolica salesiana trova nel documento normativo “La formazione dei Salesiani di Don Bosco. Principi e norme” e in “Criteri e norme di discernimento vocazionale salesiano. Le ammissioni”, che ne sono un complemento, una sicura linea direttiva. La Ratio infatti “espone e sviluppa in maniera organica e didattica l’insieme dei principi e norme della formazione che si trovano nelle Costituzioni, nei Regolamenti generali e in altri documenti della Chiesa e della Congregazione” (R 87).


Il CG24 ha chiesto una revisione e un aggiornamento della Ratio promulgata nel 1985 (cfr CG24 147). Nel chiedere tale revisione il Capitolo ha preso in considerazione gli orientamenti ecclesiali sulla vita consacrata e sul ministero sacerdotale apparsi dopo la pubblicazione dell’edizione precedente, in particolare le esortazioni apostoliche Vita Consecrata e Pastores Dabo Vobis, le sfide dell’evangelizzazione e dell’inculturazione, di grande incidenza per una vocazione che si sviluppa a livello mondiale in contesti diversi, i nuovi accenti dell’esperienza vocazionale salesiana sottolineati dai Capitoli Generali recenti, la necessità di dare una risposta adeguata alle esigenze odierne e ai problemi della formazione. Allo stesso tempo i Capitolari hanno riconosciuto la sostanziale validità dell’impostazione, dei criteri e delle direttive della Ratio 1985 e hanno sottolineato la necessità di maggior coerenza operativa nel tradurre la Ratio in prassi formativa concreta.


Nel compiere la revisione si è assunto fedelmente l’impegno operativo stabilito dal CG24 e sono stati considerati con attenzione i rilievi e i suggerimenti pervenuti sia dalle Ispettorie, che erano state sollecitate in merito, sia dagli esperti consultati.


Pertanto, avuta l’approvazione del Consiglio generale a norma dell'art 132 § 4 delle nostre Costituzioni, con l’autorità che mi è propria, per mezzo del presente Decreto, promulgo in data odierna, 8 dicembre 2000, solennità della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, “LA FORMAZIONE DEI SALESIANI DI DON BOSCO. PRINCIPI E NORME”, “Ratio Fundamentalis Institutionis et Studiorum”, terza edizione, che dovrà essere fedelmente osservata in tutta la Congregazione salesiana. Essa entrerà in vigore a norma del diritto universale. Questo stesso atto di promulgazione si estende anche al testo di “CRITERI E NORME DI DISCERNIMENTO VOCAZIONALE SALESIANO. LE AMMISSIONI”, riveduto in consonanza con la Ratio.


La Ratio, che ora vi consegno, è espressione della cura della Congregazione per il dono ricevuto e per la vocazione di ogni suo membro; costituisce per ogni salesiano un invito a rispondere quotidianamente all’appello del Signore con l’impegno di “una adeguata e continua formazione” (C 96); sollecita la responsabilità carismatica di ogni Ispettoria chiamata ad accompagnare la vocazione di ciascun confratello nelle diverse situazioni e stagioni della vita e a sostenere l’esperienza salesiana delle comunità locali.







Affido a Maria Immacolata Ausiliatrice questo Documento fondamentale perché la “Maestra di Don Bosco” sia l’ispiratrice, il sostegno, la guida della nostra formazione e ci aiuti a percorrere con gioia e con rinnovata fedeltà nella consacrazione apostolica per i giovani “la via della nostra santificazione” (C 2) e della nostra piena realizzazione in Cristo (Cfr C 22).


Roma, 8 dicembre 2000.

Don Juan Edmundo Vecchi

Rettor Maggiore



CAPITOLO PRIMO



LA FORMAZIONE SALESIANA

NELLE CIRCOSTANZE ATTUALI. LA RATIO



1.1 VOCAZIONE E FORMAZIONE: UN DONO DA ACCOGLIERE E COLTIVARE


1. La vocazione salesiana è un dono di Dio radicato nel Battesimo. È la chiamata a divenire, come Don Bosco, discepoli di Cristo e a formare comunità che testimoniano ai giovani il suo amore di Buon Pastore. “A questo appello rispondiamo con l’impegno di una adeguata e continua formazione per la quale il Signore dona ogni giorno la sua grazia”. Nel rispondere fedelmente alla vocazione ogni salesiano trova la via della sua piena realizzazione in Cristo e il suo cammino di santificazione.

Gesù chiamò personalmente i suoi Apostoli perché stessero con Lui e per mandarli a proclamare il Vangelo. Li preparò con amore paziente e diede loro lo Spirito Santo che li guidasse alla pienezza della Verità. Egli chiama anche noi a vivere nella Chiesa il progetto del nostro Fondatore come apostoli dei giovani”.

L’esperienza che fecero i primi discepoli nell’incontro con Gesù, il cammino che percorsero condividendo la sua vita, accogliendo il suo mistero, facendo propria la causa del Regno e assumendo lo stile evangelico da lui proposto costituiscono anche l’esperienza e il cammino di ogni salesiano.

Formazione è accogliere con gioia il dono della vocazione e renderlo reale in ogni momento e situazione dell’esistenza. Formazione è grazia dello Spirito, atteggiamento personale, pedagogia di vita.



1.2CON LO SGUARDO A DON BOSCO FONDATORE E FORMATORE

E ALLA REALTÀ DELLA CONGREGAZIONE


2.Don Bosco è stato un vero discepolo di Cristo, “profondamente uomo di Dio, ricolmo dei doni dello Spirito, viveva come se vedesse l’invisibile”. L’ardore per il Regno, il servizio alla Chiesa, la risposta alle urgenze dei tempi hanno segnato la sua esistenza, nella quale ha avvertito la presenza e il sostegno di Maria Immacolata Ausiliatrice.

I giovani e la loro salvezza sono stati la sua vocazione, la sua missione e il suo orizzonte permanente. Per dono dello Spirito ebbe per loro un cuore di padre e di maestro capace di donazione totale: “Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani”. La predilezione per la gioventù, specialmente la più povera, l’attenzione ai ceti popolari e l’impegno missionario hanno dato identità alla sua vita.


Don Bosco ha vissuto con gioia questa vocazione, consapevole di aver ricevuto un dono da comunicare e partecipare ad altri. In ogni momento ha saputo coinvolgere e suscitare corresponsabilità. Molti ne hanno condiviso lo spirito e la missione, esprimendoli e realizzandoli in progetti vocazionali diversi. Così, sin dall’inizio il carisma salesiano è divenuto comunità, famiglia, movimento.

Don Bosco Fondatore ha voluto al centro della sua opera una comunità di consacrati, che dedicassero tutta la loro vita come educatori e missionari dei giovani, specialmente i più poveri, in comunità fraterne e apostoliche, al seguito di Gesù obbediente, povero e casto. Ispirandosi alla bontà e allo zelo di San Francesco di Sales, Don Bosco diede loro il nome di Salesiani.


3. Consapevole della responsabilità carismatica che il Signore gli aveva affidato, Don Bosco si dedicò con priorità alla formazione dei suoi primi figli. “È impossibile pensare a Don Bosco fondatore senza pensarlo formatore”.

La formazione fu la sua “preoccupazione permanente e la sua fatica più grande dai tempi dell’Oratorio, quando sceglieva fra i suoi ragazzi quelli che davano speranze di poter rimanere con lui, agli ultimi anni della vita quando raccomandava con insistenza ai Direttori, agli Ispettori e ai missionari l’impegno per le vocazioni e la formazione”. Non si limitò a cercare dei collaboratori: li chiamò ad essere, in qualche modo, contemporaneamente discepoli e maestri, a divenire con lui “cofondatori”.


4.“I primi salesiani – affermano le Costituzioni – trovarono in Don Bosco la loro guida sicura. Inseriti nel vivo della sua comunità in azione, impararono a modellare la propria vita sulla sua”.

La “paternità carismatica”, vissuta con lo stile del Sistema Preventivo, portò Don Bosco:

a condividere con i suoi figli spirituali il fuoco del “da mihi animas”, l’entusiasmo per la missione giovanile, e la gioia interiore di una dedizione totale alla causa del Regno nel lavoro e nel sacrificio;

ad offrire loro un ambiente ricco di valori e di rapporti, fondato sulla fiducia reciproca e sulla libertà interiore;

ad accompagnarli uno a uno, educandoli ad una esperienza semplice e profonda di Dio, proponendo loro una pedagogia incarnata nel quotidiano, aprendo grandi orizzonti, rendendoli responsabili del suo progetto apostolico.

Nel coltivare le vocazioni e nella lunga fatica della formazione dei suoi, egli fu al tempo stesso esigente e paziente, fermo e flessibile.


Formazione salesiana è identificarsi con la vocazione che lo Spirito ha suscitato attraverso Don Bosco, avere la sua capacità di condividerla, ispirarsi al suo atteggiamento e al suo metodo formativo.


5.La Congregazione salesiana è portatrice nella Chiesa della originale esperienza di Spirito Santo, vissuta da Don Bosco; prolunga con creatività nella storia il suo progetto e il suo spirito. Dalle origini sino ad oggi essa l’ha vissuta e coltivata con affettuosa e costante fedeltà, impegnandosi a comunicarla in diverse forme, soprattutto attraverso la cura per le vocazioni e l’azione formativa. Lo sforzo di fedeltà e l’impegno di rinnovamento si sono espressi con speciale intensità nel periodo postconciliare, come dimostrano il processo di riformulazione delle Costituzioni e la riflessione e gli orientamenti dei Capitoli Generali.


Oggi il volto e le radici della Congregazione sono universali. Lo Spirito Santo ha reso fecondo il carisma per il bene dei giovani e continua a suscitare persone che scelgono di “restare con Don Bosco”, vivendo nella consacrazione religiosa la missione salesiana. La Congregazione è presente in tutto il mondo, inserita nei contesti umani, culturali, religiosi e pastorali più svariati. In essi vive situazioni differenti: situazioni di inizio o di rifondazione, di consolidamento o di espansione, di ridimensionamento e nuova collocazione. Diversi sono anche i contesti da cui sorgono e in cui si sviluppano le vocazioni, e disuguali il loro numero, la loro condizione e la loro consistenza.

Riferirsi alla formazione salesiana comporta di tener presente la realtà di un’unica vocazione vissuta a raggio mondiale in modi diversi; pensare con gratitudine, con responsabilità e realismo a questo “Don Bosco nel mondo”.


La vocazione salesiana si presenta così come una identità in movimento che, pur rimanendo se stessa, è chiamata a rinnovarsi con fedeltà creativa e a incarnarsi costantemente. Come per Don Bosco nei primi tempi, così oggi per la Congregazione e per ogni salesiano l’identificazione con il carisma e l’impegno di fedeltà ad esso, cioè la formazione, costituiscono una priorità assolutamente vitale.




1.3 PUNTI DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE OGGI


6.Perché risponda agli obiettivi, si richiede oggi che la formazione abbia attenzione ad alcuni punti di riferimento: il confronto con il contesto in cui si sviluppa la vocazione, la capacità di camminare con la Chiesa e docilità ai suoi orientamenti, la sintonia con l’esperienza carismatica della Congregazione e coerenza con la prassi formativa da essa proposta.



1.3.1 Attenzione al contesto: stimoli e sfide


L’esperienza vocazionale e formativa è un’esperienza connotata dal contesto umano e storico di cui ognuno forma parte e in cui è chiamato ad operare; è un’esperienza “contestualizzata”. L’ambiente e le esigenze dell’inculturazione e della evangelizzazione toccano profondamente ogni progetto di vita religiosa e di missione pastorale. I diversi contesti culturali comportano stimoli e sfide che incidono sulla visione e sullo sviluppo della persona e sulla sua formazione.


Di fronte a questa realtà coinvolgente e ambivalente è indispensabile lo sforzo di discernimento e la capacità di dare una risposta pedagogica adeguata. Comprendere i contesti, coglierne gli interrogativi, capire le condizioni che presentano a chi vuol vivere la vocazione è responsabilità di ogni confratello ed è compito specifico di chi opera nell’animazione vocazionale e nella formazione. Se si vuol impostare un’esperienza formativa adeguata si deve prendere in attenta considerazione il proprio contesto.

Questo è tanto più vero in una situazione complessa, frammentata e in costante evoluzione e per una Congregazione che sta diventando sempre più universale e pluriculturale.


7.Non mancano a livello ecclesiale e di Congregazione visioni d’insieme della realtà e letture appropriate di alcuni contesti particolari. Il farvi cenno ha lo scopo di sottolineare un atteggiamento formativo permanente che deve impegnare la Congregazione a livello mondiale, le Ispettorie e i formatori nei diversi contesti: l’attenzione e il discernimento delle situazioni nel loro rapporto con la formazione permanente e iniziale.

Gli obiettivi e la pedagogia della formazione devono essere costantemente attenti al riferimento culturale e alla valutazione pastorale e i formatori devono rendersi capaci di un dialogo che metta a confronto entrambi.


Tenendo presente la varietà delle situazioni, che rende impossibile una presentazione unitaria, si possono evidenziare alcune sfide, che provengono dai differenti contesti e toccano da vicino l’esperienza vocazionale.

Si riconosce oggi universalmente il valore originale e inviolabile della persona umana, ma si danno situazioni dove un’esagerata esaltazione dell’individuo porta al soggettivismo e individualismo.

Cresce la coscienza della dignità della donna e del suo ruolo nella costruzione di una nuova società, ma sono ancora molti gli ambienti dove essa viene manipolata e sfruttata in varie forme, creando ambiguità nei suoi confronti.

C’è una forte sottolineatura della dimensione della sessualità, ma spesso in forma ambigua o distorta, con il conseguente bisogno di personalità mature e solide.

Il pluralismo è un fatto ormai diffuso in molti contesti, che può costituire una ricchezza, ma esso sottolinea la necessità di identità forti e scelte maturate per non cadere nel relativismo e debolezza di pensiero.

Anche il valore della libertà è fortemente sottolineato, e cresce la consapevolezza che la libertà viene salvaguardata mediante una coscienza ben formata.

L’attuale complessità del mondo e della vita tende alla frammentazione e rende difficile vivere una vita unificata.

Il costante flusso di cambiamenti e l’accentuazione della globalizzazione e dei particolarismi richiedono un atteggiamento critico e di equilibrio, con un radicamento nella propria cultura, insieme alla dovuta apertura.

In campo religioso, si avverte un maggior desiderio di spiritualità e di Dio, mentre – d’altra parte – in vaste aree si constata la crescente irrilevanza o marginalità dei valori religiosi nel progetto di vita degli uomini.


8.Questo quadro di elementi, positivi e problematici insieme, trova una forte risonanza nell’animo di tutti, e ha una particolare incidenza sulla formazione di coloro che optano per la vocazione consacrata, i giovani e anche quelli che non sono tanto giovani. È doveroso chiedersi da quale “condizione giovanile” provengono oggi le vocazioni e quale rapporto vi è tra i criteri e le forme di vita che essa propone e il progetto di vita consacrata salesiana. La risposta non può essere univoca, perché le “condizioni giovanili” sono molteplici, e coloro che iniziano la prima formazione portano con sé esperienze familiari, culturali, religiose, di lavoro, di studio e di contatto salesiano molto diverse e hanno fatto percorsi vocazionali differenti.

Si possono richiamare alcuni tratti che interessano in particolare la prospettiva formativa:

– I giovani vogliono essere i protagonisti della propria vita, ma spesso mancano di grandi orizzonti o trovano difficoltà nel fare scelte definitive, a lunga scadenza o per la vita, scelte che richiedono costanza e sacrificio.

Sono sensibili ai valori della persona umana, e allo stesso tempo sono affascinati dalla società consumista.

Tendono a difendere la loro libertà; d’altra parte la mancanza di solidi punti di riferimento e i rapidi mutamenti possono creare personalità disorientate, non sufficientemente strutturate, mancanti di consistenza psicologica.

Particolarmente nel campo della sessualità sono influenzati dai comportamenti degli ambienti in cui vivono; anche l’aspetto emotivo ha un forte peso.

Derivano spesso le loro conoscenze, le loro percezioni della realtà e i loro valori dal mondo della comunicazione sociale. Non hanno molto senso della storia, per cui sono portati a sottolineare l’immediato.

Nei rapporti quotidiani sanno essere accoglienti, sinceri e comunicativi. Sono flessibili, adattabili alle nuove situazioni e tolleranti. In genere sono capaci di generosità e servizio ai bisognosi, e parecchi si offrono per il volontariato; occorre però che queste esperienze positive siano integrate con la loro vita e non rimangano una parentesi.

Mentre l’impatto educativo ed evangelizzatore della famiglia e della scuola diminuisce, l’odierna complessità della vita rende difficile l’unificazione personale e prolunga i processi di maturazione e di auto-definizione.

I giovani sono sensibili al fatto religioso, alla ricerca di Dio e di quei valori che possono dare senso alla loro vita. Sentono il bisogno di spiritualità e di preghiera, anche se non è sempre facile per loro mettere insieme il seguire la moda e l’interiorizzazione del proprio rapporto con Dio.



1.3.2L’esperienza e gli orientamenti della Chiesa


9. Consapevole delle sfide del tempo presente e continuando il rinnovamento conciliare, la Chiesa si è impegnata decisamente nell’approfondire le diverse espressioni della vocazione battesimale, e ha mostrato come le diverse vocazioni specifiche si integrano e si arricchiscono a vicenda in una ecclesiologia di comunione.

In questa prospettiva:

ha stimolato una rinnovata coscienza della vocazione dei laici, invitando tutti ad una vita cristiana di maggior qualità, più solida, personalizzata, capace di confrontarsi con la cultura;

ha approfondito l’identità della vita consacrata e la sua collocazione nella Chiesa, spingendo a viverla con autenticità e fedeltà al proprio carisma, proponendo una testimonianza profetica tanto necessaria al mondo d’oggi;

ha ripensato il ministero dei presbiteri, mettendo in evidenza il loro servizio nel Popolo di Dio e la necessità di rinnovare i rapporti e qualificare la comunicazione nel lavoro pastorale.


Ha evidenziato la dimensione testimoniale e apostolica della vocazione cristiana, coinvolgendo tutti nell’impegno per la nuova evangelizzazione, in un rinnovato slancio missionario e nel confronto tra fede e cultura. Attivamente inserita in situazioni di pluralismo culturale e religioso nei diversi contesti sociali, ha approfondito le ragioni e le modalità dell’inculturazione della fede e dell’apertura al dialogo ecumenico e interreligioso, la sua solidarietà con il mondo, in particolare per la promozione della giustizia e della pace.


10. La Chiesa vede in una formazione di qualità e adeguata ai tempi la chiave del rinnovamento e della vitalità vocazionale e la propone come priorità strategica e impegno costante, accentuando alcune attenzioni: l’importanza di una chiara identità vocazionale e carismatica, di una formazione personale e allo stesso tempo condivisa, di un itinerario formativo che si metta in confronto con le caratteristiche dei nuovi candidati e con il contesto umano e culturale in rapida evoluzione, e della necessità della formazione permanente che tenga vivo lo slancio e la fedeltà vocazionale.

Non pochi documenti recenti offrono criteri, orientamenti e disposizioni al servizio della formazione; tra essi: Vita consecrata, Potissimum institutioni, La collaborazione inter-Istituti per la formazione, Pastores dabo vobis, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, Direttive sulla preparazione degli educatori nei seminari.



1.3.3L’esperienza e gli orientamenti della Congregazione


11.La Congregazione si sente interpellata dal rapido mutamento culturale, dal mondo dei giovani, dalle sollecitazioni della Chiesa e dalla sua stessa realtà a livello mondiale. Il cammino di questi decenni testimonia l’impegno per la ricomprensione dell’identità carismatica e per il rilancio della missione, la disponibilità al rinnovamento.

Alcuni aspetti della vocazione sono stati oggetto di nuovi accenti: dal significato della consacrazione apostolica alla ricomprensione del Sistema preventivo, dalla esigenza di spiritualità all’esperienza comunitaria, dalla qualificazione di base alla formazione permanente, dalla consapevolezza della specificità vocazionale alla complementarità e reciprocità di vocazioni nella Famiglia salesiana, dalla capacità di coinvolgimento dei laici al ruolo animatore dei salesiani nella comunità educativo-pastorale.

Nuove sfide provengono dalla situazione delle comunità, dal nuovo modello operativo e dal nuovo rapporto con i laici, da un più forte senso dell’insieme nella Famiglia salesiana, dalle nuove frontiere della missione e dalle nuove situazioni di povertà, dall’esigenza di significatività.

12.La risposta a queste sfide impegna ogni salesiano e chiede con forza alla Congregazione di curare un’esperienza salesiana autentica e rinnovata e di assicurare una formazione che aiuti i confratelli e le comunità ad essere:

portatori di una chiara identità salesiana e di un’esperienza spirituale ed apostolica di qualità;

fortemente marcati dalla grazia di unità, a imitazione di Don Bosco, che realizzò in sé “uno splendido accordo di natura e di grazia”;

capaci di discernimento della realtà e di reazione positiva, che si traduce in creatività pastorale e in progetti giovanili significativi;

coscienti del loro ruolo come nucleo animatore all’interno della rete di corresponsabilità con i laici che è la Comunità Educativo-Pastorale;

consapevoli che la vocazione salesiana è vocazione aperta alla condivisione della missione e del carisma con una Famiglia spirituale e un Movimento che si ispirano a Don Bosco Padre e Maestro.

Tutto questo richiede l’elaborazione di una prassi che porti alla formazione di salesiani per l’oggi della Chiesa e del mondo.


13. Il testo delle Costituzioni, ufficialmente approvato dalla Chiesa, costituisce la base sicura sulla quale fondare il cammino di fedeltà vocazionale e l’impostazione della formazione.


Il Capitolo Generale e il Rettor Maggiore sono chiamati ad assicurare l’unità di spirito, con responsabilità e competenza, offrendo i mezzi adeguati per la cura, la custodia e lo sviluppo del carisma, e proponendo particolari orientamenti normativi sulla formazione dei soci in vista delle esigenze della comune vocazione.


Sulla scia delle indicazioni delle Costituzioni, dei Capitoli Generali e dei Rettori Maggiori, la Congregazione ha elaborato altri documenti che approfondiscono l’esperienza salesiana e indicano il modo di coltivarla: tali sono, ad esempio, il commento alle Costituzioni, i testi che si riferiscono alla prassi educativo-pastorale, alla condivisione nella Famiglia Salesiana, e all’esercizio dell’autorità dell’Ispettore e del Direttore.

Fra tutti i testi ufficiali riveste una singolare importanza la Ratio (“La formazione dei Salesiani di Don Bosco”). Essa traccia il modo di trasmettere il carisma di Don Bosco perché “sia vissuto nella sua genuinità dalle nuove generazioni, nella diversità delle culture e delle situazioni geografiche” e insieme illustra ai salesiani “i mezzi per vivere il medesimo spirito nelle varie fasi dell’esistenza progredendo verso la piena maturità della fede in Cristo Gesù”.




1.4 LA RATIO: SCOPO, CONTENUTI E DESTINATARI


1.4.1 Lo scopo della Ratio


14.“Il carisma del Fondatore – dicono le Costituzioni – è principio di unità della Congregazione e, per la sua fecondità, è all’origine dei modi diversi di vivere l’unica vocazione salesiana. La formazione è dunque nello stesso tempo unitaria nei contenuti essenziali e diversificata nelle espressioni concrete: accoglie e sviluppa tutto ciò che di vero, di nobile, di giusto le varie culture contengono”.

In questa prospettiva si pone la Ratio Fundamentalis Institutionis et Studiorum come strumento di identità vocazionale e peculiare servizio all’unità e al decentramento della formazione. Essa “espone e sviluppa in maniera organica e didattica l’insieme dei principi e norme della formazione che si trovano nelle Costituzioni, nei Regolamenti generali e in altri documenti della Chiesa e della Congregazione”; contiene gli orientamenti e le direttive comuni che devono guidare le Ispettorie nello stabilire il modo di attuare la formazione secondo le esigenze del proprio contesto culturale.

La Ratio è una guida pratica e sicura, che intende esprimere gli ideali che Don Bosco ci ha lasciato in eredità. Stabilisce disposizioni operative di carattere normativo e presenta in sintesi le condizioni, le scelte pedagogiche e i processi che devono caratterizzare la formazione a livello mondiale. Ogni legittimo pluralismo nel modo di attuare la formazione e l’ordinamento degli studi trova in essa la sua base di unità.


15.L’elaborazione della Ratio salesiana fu stabilita dal CG21. La prima edizione fu pubblicata nel 1981; la seconda, del 1985, fu preparata dopo la pubblicazione del Codice di Diritto Canonico e l’approvazione definitiva del testo rinnovato delle Costituzioni salesiane. L’attuale revisione è stata voluta dal CG24 in attenzione alle nuove sfide dell’evangelizzazione e dell’inculturazione, e come risposta all’esigenza di un rinnovato impegno per la formazione, emersa fortemente dall’analisi della situazione della Congregazione e dall’approfondimento del tema capitolare.



1.4.2 La struttura e il contenuto della Ratio


16.La Ratio è strutturata in due parti, seguite da quattro Allegati.


La prima parte si apre con un capitolo che evidenzia alcuni aspetti della formazione salesiana nelle circostanze attuali e lo scopo della Ratio (cap. 1°). Segue la presentazione dell’identità vocazionale salesiana: principio e fine della formazione (2°), delle dimensioni della formazione, con l’indicazione di alcuni valori e atteggiamenti richiesti dalla vocazione salesiana (3°), e di alcune linee strategiche di metodologia formativa (4°).


La seconda parte si concentra sul processo formativo visto in una prospettiva di formazione permanente. Dopo una introduzione che delinea le caratteristiche del processo formativo (5°), segue la presentazione dei diversi periodi o fasi della formazione iniziale fino alla professione perpetua: di ognuna si indicano la natura e lo scopo, le caratteristiche particolari e alcune condizioni necessarie (6° - 11°). L’ultimo capitolo tratta della formazione permanente (12°).


Quattro Allegati completano il documento. Due offrono indicazioni per l’elaborazione del Direttorio ispettoriale – Sezione Formazione e del Progetto ispettoriale di formazione. Un terzo contiene le linee orientative circa l’ordinamento degli studi. Il quarto presenta alcuni documenti significativi per la formazione.



1.4.3 I destinatari della Ratio


17.La Ratio è un testo consegnato a tutti i salesiani. Essi vi trovano la sollecitudine della Congregazione per la santità e la qualificazione dei suoi membri. I confratelli in formazione vi trovano, in particolare, un invito motivato ad una personale identificazione con la vocazione salesiana e ad assumere in piena coscienza i loro impegni.


In modo speciale la Ratio è consegnata alle Ispettorie ed impegna direttamente l’Ispettore e il suo Consiglio, i Direttori delle comunità, il Delegato ispettoriale e la Commissione ispettoriale per la formazione, i formatori e tutti coloro che hanno incarichi nell’animazione vocazionale e nella formazione iniziale e permanente.

Tenendo conto dei principi e dei criteri generali della Ratio, ad ogni Ispettoria viene demandato il compito di stabilire, tramite i diversi organi di animazione e governo, “il modo di attuare la formazione secondo le esigenze del proprio contesto culturale, in conformità con le direttive della Chiesa e della Congregazione”. Questa responsabilità richiede un atteggiamento permanente di riflessione e di confronto tra l’identità salesiana e il contesto culturale. È da favorire in questo campo la collaborazione tra Ispettorie dello stesso contesto.


18.L’accoglienza dello spirito e dell’intenzione che animano la Ratio da parte dell’Ispettoria, comunità responsabile dell’inculturazione del carisma, esige che si stabiliscano un clima e una mentalità formativa a livello ispettoriale, un servizio di animazione e di governo che dia reale priorità alla cura della vocazione e l’esistenza di un gruppo di confratelli - normalmente il Delegato ispettoriale per la formazione e la Commissione ispettoriale di formazione - con reale capacità di riflessione, di verifica e di proposta, che si senta responsabile, in dipendenza dall’Ispettore e il suo Consiglio, e sia in condizioni di animare e di coordinare l’azione formativa ai diversi livelli.


Espressione della responsabilità della Ispettoria nei confronti della Ratio è l’elaborazione:

del Direttorio ispettoriale - sezione formazione, che traduce le modalità e le esigenze della Ratio in norme precise, applicate alle realtà locali;

del Progetto ispettoriale di formazione, piano di formazione iniziale e permanente che contiene obiettivi, urgenze e priorità, linee operative concrete fissate – in sintonia con la Ratio – dopo una lettura attenta e aggiornata della situazione della formazione e in base ad essa. Il progetto assicura gradualità e organicità nell’operare, permette una verifica e un costante adattamento alle situazioni, e aiuta a superare i rischi dell’improvvisazione e dell’immediatismo.



1 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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19. Il carisma di Don Bosco Fondatore “è principio di unità della Congregazione e, per la sua fecondità, è all’origine dei modi diversi di vivere l’unica vocazione salesiana. La formazione è dunque allo stesso tempo unitaria nei suoi contenuti essenziali e diversificata nelle espressioni concrete: accoglie e sviluppa tutto ciò che di vero, di nobile, di giusto le varie culture contengono”.

Il pluralismo nel modo di attuare la formazione salesiana secondo le esigenze del proprio contesto culturale suppone questa base carismatica di unità.


20.La formazione dei salesiani “ha come guida pratica a livello mondiale una “Ratio Fundamentalis Institutionis et Studiorum” e a livello ispettoriale un Direttorio approvato dal Rettor Maggiore con il consenso del suo Consiglio”.

La Ratio “espone e sviluppa in maniera organica e didattica l’insieme di principi e norme della formazione che si trovano nelle Costituzioni, nei Regolamenti generali e in altri documenti della Chiesa e della Congregazione” .

La Ratio è al servizio dell’unità e del decentramento della formazione in Congregazione. È dunque un documento direttivo e, nelle disposizioni operative, dovunque esse si trovino, normativo. Deve servire di base al Direttorio ispettoriale – sezione formazione, all’ordinamento degli studi e al Progetto ispettoriale di formazione.


21.L’Ispettore e il Delegato ispettoriale per la formazione curino che la Ratio e il fascicolo “Criteri e norme di discernimento vocazionale salesiano” siano conosciuti da tutti i confratelli e costituiscano punto costante di riferimento per coloro che, a diverso titolo, hanno responsabilità nel campo formativo e vocazionale (Consiglio e animatori ispettoriali, Direttori, formatori, confessori, ecc.).


22.L’animazione della formazione è prima responsabilità dell’Ispettore con il suo Consiglio. Ogni Ispettoria assicuri un’azione organica, programmata e coordinata nel campo formativo, attraverso un servizio con capacità di attenzione alle diverse situazioni, di riflessione, di progettazione e verifica.

In via ordinaria, questo servizio sarà assunto dal Delegato ispettoriale e dalla Commissione ispettoriale per la formazione, in accordo e sotto la responsabilità dell’Ispettore e del suo Consiglio.


23.È compito della comunità ispettoriale, “tramite i diversi organi di animazione e di governo, stabilire il modo di attuare la formazione secondo le esigenze del proprio contesto culturale, in conformità con le direttive della Chiesa e della Congregazione”.

Il Direttorio ispettoriale - sezione formazione, elaborato dal Capitolo ispettoriale e approvato dal Rettor Maggiore con il consenso del suo Consiglio, “applica alle realtà locali i principi e le norme della formazione salesiana” esposti dalla Ratio.

Ogni Ispettoria verifichi regolarmente – di solito attraverso la Commissione ispettoriale per la formazione o, quando lo ritiene opportuno, secondo la funzione che gli compete, attraverso il Capitolo ispettoriale – l’applicazione concreta del Direttorio ispettoriale - Sezione Formazione. L’Ispettore ne informerà il Consigliere per la Formazione.


24.In armonia con il Direttorio ispettoriale, l’Ispettore promuova l’elaborazione del Progetto ispettoriale di formazione, come piano generale di intervento a livello di formazione iniziale e permanente. Esso raccolga i criteri, gli obiettivi, le strategie, le linee operative; assicuri la corresponsabilità e gradualità dell’operare e stabilisca le modalità per la verifica. Sia frutto di una riflessione comunitaria sugli orientamenti ecclesiali e salesiani che riguardano la formazione.



CAPITOLO SECONDO



L’IDENTITÀ VOCAZIONALE SALESIANA:

PRINCIPIO E FINE DELLA FORMAZIONE



25.“La nostra regola vivente è Gesù Cristo… che noi scopriamo presente in Don Bosco che donò la sua vita ai giovani”. Questa affermazione delle Costituzioni esprime in sintesi la vocazione del salesiano: conformarsi a Gesù Cristo e dare la vita per i giovani, come Don Bosco.Tutta la formazione, iniziale e permanente, consiste nell’assumere e rendere reale nelle persone e nella comunità questa identità. Al suo sviluppo vengono indirizzati l’impegno di ogni candidato e di ogni confratello, l’azione degli animatori, l’intero progetto di formazione.

Pertanto, l’identità salesiana è fondamento di unità e di appartenenza alla Congregazione nella sua estensione mondiale. È il cuore di tutta la formazione; da essa il processo formativo prende l’avvio e ad essa si riferisce costantemente. Ed é criterio determinante di discernimento vocazionale.



2.1 L’IDENTITÀ VOCAZIONALE SALESIANA


26.Don Bosco Fondatore, “uomo di Dio e uomo dei giovani”, uomo della Chiesa e del suo tempo, animatore di un progetto di spiritualità apostolica, è per il salesiano non solo punto di riferimento costante, ma anche norma di vita. Nella sua esperienza vocazionale e in quella della prima comunità di Valdocco si trova la realizzazione originale dell’identità salesiana. Nelle Costituzioni, espressione della coscienza carismatica della Congregazione, approvate dalla Chiesa, è contenuta la sua formulazione più autorevole.

In Don Bosco e nel progetto costituzionale salesiano emergono gli elementi che definiscono quello “stile originale di vita e di azione”, che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa, quella “specifica forma di vita religiosa” nella quale “troviamo la via della nostra santificazione”. Dando ai suoi il nome di Salesiani, Don Bosco ha voluto sottolineare la sintonia spirituale e pastorale con San Francesco di Sales, del quale ammirava soprattutto la bontà e lo zelo pastorale.

Come per Don Bosco così per ogni salesiano, nell’esperienza vocazionale che si fa percorso storico e biografico concreto, si incontrano l’iniziativa di Dio e il progetto umano. Come per Don Bosco così per ogni salesiano, la vocazione personale si congiunge con la vocazione della comunità portatrice del carisma e responsabile della missione.



2.1.1 Un progetto di consacrazione apostolica


27.La vocazione salesiana – ci dicono le Costituzioni – è una particolare realizzazione della vocazione battesimale, che la professione religiosa riprende e riconferma “per una sua espressione più intima e piena”.

La vita del salesiano come discepolo del Signore è segnata dalla consacrazione apostolica: una grazia del Padre che lo consacra con il dono del suo Spirito, lo radica in Cristo e lo invia ad essere nella Chiesa costruttore del Regno come segno e portatore del suo amore ai giovani, specialmente i più poveri.

Nell’atto della professione religiosa la nostra consacrazione apostolica trova la sua espressione più significativa. Essa è “segno dell’incontro di amore tra il Signore che chiama e il discepolo che risponde donandosi totalmente a Lui e ai fratelli”.


28. Questo dono dello Spirito, che è il carisma salesiano, mentre opera una particolare conformazione a Cristo comporta una peculiare sensibilità evangelica che ispira l’intera esistenza del salesiano, il suo stile di santità e la realizzazione della missione:

caratterizza la sua esperienza teologale: il rapporto con il Padre, della cui paternità e misericordia fa quotidiana esperienza; con il Figlio, Apostolo del Padre e Buon Pastore, con cui cerca di identificarsi sempre più; e con lo Spirito Santo, da cui attinge la grazia per la sua santificazione e l’energia per la sua fedeltà;

segna il suo rapporto con la Chiesa, il Corpo di Cristo, che ama, di cui si sente parte viva, e per la cui crescita lavora instancabilmente;

evidenzia alcuni aspetti peculiari nell’ambito dell’ascesi, che possono essere definiti con queste parole-chiave: lavoro, temperanza, amorevolezza e competenza nel compito educativo, rapporto fraterno

dà alla sua vita un peculiare tono mariano nel rapporto con Maria Immacolata e Ausiliatrice, icona della sua spiritualità e sostegno della sua vocazione. Egli la contempla come la discepola del Signore che ha detto il suo sì al disegno divino dell’Incarnazione, e la segue come cooperatrice nell’opera della redenzione e immagine della Chiesa.

determina la sua visione della realtà e il suo impegno nella storia.

29.Per il salesiano, la sequela Christi si compie nel vivere il progetto apostolico di Don Bosco.

Con un’unica chiamata Cristo ci invita a seguirlo nella sua opera salvifica e nel genere di vita verginale e povera che scelse per sé; e noi, con un’unica risposta di amore, con la grazia dello Spirito e sull’esempio degli Apostoli, accettiamo di lasciare ogni cosa e ci riuniamo in comunità per meglio lavorare con lui per il Regno. Unica quindi è la nostra consacrazione di salesiani: inseparabilmente apostolica e religiosa”.

Il salesiano dunque aderisce in modo totale a Dio, amato sopra ogni cosa, e al suo progetto di salvezza. La sua vita parte da una profonda esperienza di Dio e dalle sfide della missione. È consacrato per la missione che dà alla sua esistenza il suo tono concreto. L’appello di Dio gli giunge attraverso l’esperienza della missione giovanile; non poche volte di lì inizia la sequela. Nella missione si impegnano, si manifestano e crescono in lui i doni della consacrazione. Un unico movimento di carità lo attira verso Dio e lo spinge verso i giovani. Egli vive il lavoro educativo con i giovani come un atto di culto e una possibilità di incontro con Dio.

Nella “grazia di unità” si fondono gli aspetti costitutivi del progetto salesiano di vita consacrata apostolica.



2.1.1.1 Educatore pastore dei giovani animato dalla carità pastorale


30.La vita del salesiano, come quella di Don Bosco, è caratterizzata dalla predilezione per i giovani, e tra essi, la sua preferenza è per “la gioventù povera, abbandonata, pericolante”. Il servizio a loro dà unità a tutta la sua vita: “Basta che siate giovani perché vi ami assai”, “Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita”.


La predilezione di Don Bosco e di ogni salesiano per i giovani e la donazione di se stesso a loro sono frutto della carità pastorale, cioè di una “speciale comunione di amore con Cristo”, e non solo frutto della preoccupazione di educatore o della generosità di un cuore sensibile ai loro bisogni.

La carità pastorale, l’amore per Cristo contemplato come Buon Pastore e per i giovani, diviene per il salesiano progetto di vita, cammino di santità, espressione dell’alleanza con Dio e della volontà di conformarsi a Cristo. Attraverso i giovani il Signore entra nell’esistenza del salesiano e vi prende il posto principale; e l’ansia di Cristo Redentore trova eco nel motto Da mihi animas, cetera tolle, che costituisce il punto unificatore di tutta la sua esistenza.


31. La carità pastorale assume in Don Bosco un’ulteriore determinazione come carità educativa. Essa si esprime in un amore concreto, personalizzato, che coinvolge e cerca la salvezza integrale dei giovani; ad alcuni offre il pane, ad altri la competenza professionale e la formazione culturale; a tutti traccia un cammino che li apre alla verità, li spinge a costruirsi una libertà responsabile, e li conduce all'incontro con Gesù risorto.

Operando secondo il criterio oratoriano, il salesiano risponde ai bisogni dei giovani dando origine ad una vasta gamma di attività e opere, ciascuna delle quali è “casa”, “scuola”, “parrocchia” e “cortile”. Il suo slancio generoso e innovatore in nome del Vangelo è la sua maniera di essere Chiesa e si traduce in progetti giovanili significativi sia per la Chiesa che per la società.


32.Inoltre, la “passione apostolica tutta animata da ardore giovanile” dà al servizio dei giovani un tono particolare: si chiama “cuore oratoriano” e si esprime attraverso un metodo che Don Bosco chiamò Sistema preventivo, fondato sulla ragione, la religione e l’amorevolezza. Ispirandosi all’esempio e agli insegnamenti di Don Bosco, il salesiano vive l’esperienza spirituale, pedagogica e pastorale del Sistema Preventivo. I suoi rapporti con i giovani sono caratterizzati dalla cordialità e da una presenza attiva e amichevole, che favorisce il loro protagonismo. Assume con gioia le fatiche e i sacrifici che il suo incontro con i giovani comporta, convinto di trovare in esso il suo cammino di santità.


Questo impegno prioritario per i giovani si armonizza con l’azione pastorale verso i ceti popolari (l’educazione della fede negli ambienti popolari, in particolare con la comunicazione sociale) e l’azione missionaria mediante l’annuncio del Vangelo ai popoli che non lo conoscono.



2.1.1.2 Membro responsabile di una comunità


33. Il salesiano è per vocazione parte viva di una comunità (locale, ispettoriale, mondiale) e coltiva un profondo senso di appartenenza ad essa. La vocazione salesiana è allo stesso tempo personale e comunitaria, e lo è nella fraternità, nella missione, nella spiritualità.


Don Bosco non è mai stato un operatore solitario; ha voluto la condivisione e ha promosso la collaborazione e la corresponsabilità. Ebbe chiara coscienza che la sua vocazione doveva essere condivisa e trasmessa.

L’aspetto comunitario è perciò uno dei tratti più fortemente caratterizzanti l’identità salesiana. Il salesiano è convocato a vivere con altri fratelli consacrati per condividere il servizio del Regno di Dio tra i giovani. “Vivere e lavorare insieme – affermano le Costituzioni – è per noi salesiani un’esigenza fondamentale e una via sicura per realizzare la nostra vocazione”.


Con spirito di fede e sorretto dall’amicizia il salesiano vive lo spirito di famiglia nella comunità e contribuisce giorno per giorno alla costruzione della comunione tra tutti i membri.

Convinto che la missione è affidata alla comunità, egli si impegna a operare con i suoi confratelli secondo una visione d’insieme e un progetto condiviso.

Nella preghiera comunitaria sente la gioia della presenza del Signore e condivide l’esperienza spirituale.



2.1.1.3 Testimone della radicalità evangelica


34.Spinto dalla carità pastorale e dal senso della missione, Don Bosco ha proposto ai suoi collaboratori una forma di vita che, in uno stile interamente fondato sui valori del Vangelo, rendesse testimonianza della solidarietà effettiva verso i giovani e dell’Assoluto di Dio, immettendo nell’orizzonte educativo la testimonianza radicale dei beni del Regno. Egli “fa spesso notare quanto la pratica sincera dei voti rinsaldi i vincoli dell’amore fraterno e la coesione nell’azione apostolica”.

Lo stile di vita secondo i consigli di obbedienza, povertà e castità, fondato sull’amore a Cristo e ai giovani, cresciuto sulle basi di una solida maturità umana, e sostenuto dalla vita comunitaria e dall’ascesi personale, testimonia che il bisogno di amare, la spinta a possedere e la libertà di decidere della propria esistenza, aspetti che toccano inclinazioni profonde della natura umana, acquistano il loro senso supremo in Cristo Salvatore. È un’esperienza ricca di valori evangelici e umani.

La pratica dei consigli evangelici manifesta in modo particolare il “Da mihi animas, cetera tolle” che caratterizza la mistica e l’ascesi apostolica del salesiano; costituisce un principio di identità e un criterio formativo.



2.1.1.4 Animatore di comunione nello spirito e nella missione di Don Bosco


35. “Ogni salesiano è animatore e si abilita sempre più ad esserlo”.

La vocazione di Don Bosco si sviluppò in maniera tale da diventare vocazione condivisa, missione vissuta insieme, esperienza di santità nella comunione dei doni. Fin dall’inizio dell’Oratorio vi furono preti secolari e laici, uomini e donne, coinvolti in clima di famiglia nel suo apostolato con il medesimo spirito e con le medesime finalità. Altri ancora si sentivano partecipi e collaboravano in diverse forme per il bene della gioventù.

Così lo slancio apostolico di Don Bosco diventò impegno comune di coloro che si associavano alle sue imprese. Il suo zelo per le anime, il suo stile di approccio alla gioventù, il suo metodo educativo, la sua spiritualità diventarono patrimonio di una Famiglia e di un vasto Movimento.

Il salesiano non può pensare integralmente la sua vocazione nella Chiesa senza riferirsi a quelli che con lui sono i portatori della volontà del Fondatore. Con la professione egli entra nella Congregazione Salesiana e viene inserito nella Famiglia Salesiana nella quale condivide con gli altri membri, chiamati a vivere progetti vocazionali diversi, lo spirito e la missione propri del carisma di Don Bosco, e l’impegno di fedeltà attraverso la formazione insieme. Assume la responsabilità di “mantenere l’unità dello spirito e stimolare il dialogo e la collaborazione fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica”.


36. Nella comunità educativo-pastorale (CEP) il salesiano trova l’espressione quotidiana e concreta della comunione salesiana. In essa condivide lo spirito, vive la complementarità delle vocazioni e dei ruoli, compie la formazione insieme. Con la comunità salesiana egli svolge il compito di animazione, promuovendo la collaborazione e la corresponsabilità di tutti.

Ma il cerchio della comunione si allarga oltre le opere salesiane nel territorio e nella Chiesa locale e soprattutto nel rapporto con il vasto movimento di persone che sono attratte dal carisma e dalla spiritualità di Don Bosco o che lavorano per la gioventù.



2.1.1.5 Inserito nella Chiesa, aperto alla storia e in dialogo con la realtà


37. Aperto all’azione dello Spirito, Don Bosco ha saputo interpretare i segni dei tempi e rispondere in modo illuminato, creativo e concreto alle esigenze via via emergenti. Il rapporto con la realtà è entrato nel tessuto della sua vocazione. Ha vissuto in prima persona la storia della Chiesa e la storia della Patria. Ha saputo coglierne la complessità e inserirsi come protagonista. Il contesto storico divenne per lui una sfida e un invito pressante al discernimento e all’azione. “Sono sempre andato avanti […] come il Signore mi ispirava e le circostanze esigevano”.

Aperto di fronte alla realtà, il salesiano nutre una sensibilità preferenziale per la situazione giovanile, popolare e missionaria, verso la quale si sente investito di una responsabilità carismatica.

Si sforza di comprendere i fenomeni culturali che oggi segnano la vita, opera una riflessione attenta e impegnata su di essi, li percepisce nella prospettiva della Redenzione, sotto l’urgenza del “da mihi animas” e del “Regno che viene”, e vi scorge una sfida permanente che domanda risposte concrete, creative e audaci.

Il confronto con la realtà stimola la crescita nell’identità vocazionale in fedeltà dinamica a Don Bosco e ai tempi.



2.1.2Le diverse forme dell’identità vocazionale


38.Don Bosco ha voluto che l’unico progetto della consacrazione apostolica salesiana si esprimesse nella sua interezza nelle due forme che le sono proprie: quella del salesiano presbitero [o diacono] e quella del salesiano coadiutore. Essi vivono la stessa professione e partecipano alla stessa comunità di vita e di azione.

La vocazione del salesiano presbitero [o diacono] e del salesiano coadiutore sono due forme complementari che arricchiscono la vita fraterna e apostolica, apportando il loro contributo specifico.



2.1.2.1Il salesiano presbitero


39.Il salesiano sacerdote [o diacono] congiunge in sé i doni della consacrazione salesiana e quelli del ministero pastorale, ma in modo tale che è la consacrazione salesiana a determinare le modalità originali del suo essere sacerdote e dell’esercizio del suo ministero. Come segno sacramentale di Cristo Buon Pastore da cui attinge la sua carità pastorale, cerca di “salvare” i giovani, lavorando nel contesto della sua comunità.


Il suo apporto specifico all’azione apostolica della comunità sta nel suo triplice ministero.

Attraverso il ministero della Parola, egli porta la parola di Cristo nelle più svariate situazioni e nelle diverse forme di predicazione, di aiuto e di consiglio, d’illuminazione dell’esperienza dei giovani, di orientamento dei progetti e delle opere, e di trasformazione della loro vita.

Il suo servizio di santificazione ha diverse espressioni di realizzazione, ma il momento più significativo e fecondo consiste nel servizio di iniziazione alla vita in Cristo, nella preghiera liturgica e nella celebrazione dei Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione.

La sua azione di “animazione della comunità cristiana” è tutta protesa al servizio di unità nelle diverse comunità, quella salesiana e quelle altre a raggio più ampio: la Comunità Educativo-Pastorale, la Famiglia Salesiana, e il Movimento Salesiano. Sa animare i diversi ambienti pastorali salesiani.



2.1.2.2Il salesiano coadiutore


40.Il salesiano coadiutore “congiunge in sé i doni della consacrazione e quelli della laicità”, vivendo la sua laicità da consacrato.

Opera prevalentemente in campi di lavoro secolare, testimoniando un amore radicale a Cristo e distinguendosi per la sua competenza professionale.

La presenza del salesiano laico arricchisce l’azione apostolica della comunità: rende presenti ai salesiani presbiteri i valori della vita religiosa laicale e li richiama in permanenza alla viva collaborazione con i laici, ricorda al salesiano prete una visione e un impegno apostolico assai concreto e complesso, che va più in là dell’attività presbiterale e catechetica in senso stretto”.

La sua figura è particolarmente significativa in certi contesti dove il prete viene visto come figura sacrale o cultuale. Attraverso la sua consacrazione egli dimostra la presenza di Dio nel quotidiano, l’importanza di farsi discepoli prima di essere maestri e testimonia una fede convinta che non è legata agli impegni funzionali o di ministero.

La figura del salesiano coadiutore è pure figura-cerniera fra consacrati e laici all’interno della medesima CEP.

Ai fratelli consacrati richiama i valori della creazione e delle realtà secolari; ai fratelli laici richiama i valori della totale dedizione a Dio per la causa del Regno. A tutti offre una particolare sensibilità per il mondo del lavoro, l’attenzione al territorio, le esigenze della professionalità attraverso cui passa la sua azione educativa e pastorale”.




2.2 LA FORMAZIONE AL SERVIZIO DELL’IDENTITÀ SALESIANA


41.L’identificazione con la vocazione determina la prospettiva della formazione. In altre parole: l’identità salesiana caratterizza la nostra formazione, che non può essere generica, e ne specifica i compiti e le esigenze fondamentali.



2.2.1 La formazione è determinata dall’identità salesiana


La natura religiosa apostolica della vocazione salesiana – affermano le Costituzioni – determina l’orientamento specifico della nostra formazione”. L’identità di consacrato apostolo, come lo fu Don Bosco, costituisce la linea guida del processo formativo.

Attraverso la formazione infatti si realizza l’identificazione carismatica e si acquista la maturità necessaria per vivere e operare in conformità con il carisma fondazionale: dal primo stato di entusiasmo emotivo per Don Bosco e per la sua missione giovanile si giunge ad una vera conformazione con Cristo, ad un profondo identificarsi con il Fondatore, all’assunzione delle Costituzioni come Regola di vita e criterio di identità, e ad un forte senso di appartenenza alla Congregazione e alla comunità ispettoriale.

Lo stretto rapporto fra formazione e identità “comporta per ciascun membro uno studio assiduo dello spirito dell’Istituto d’appartenenza, della sua storia e della sua missione, per migliorarne l’assimilazione personale e comunitaria”. Evidenzia l’importanza della “salesianità”, cioè del patrimonio spirituale e della “mens” della Congregazione, che devono essere progressivamente studiati, assimilati, e coltivati.

E, poiché la forma presbiterale e quella laicale costituiscono parte integrante dell’identità vocazionale salesiana, è necessario che ci sia una formazione appropriata per l’identità specifica fin dall’inizio del processo.



2.2.2 La formazione coltiva in forma permanente l’identità


42.La vocazione del salesiano è una realtà sempre in movimento. È un cammino di permanente risposta al Padre nella sequela di Cristo, secondo l’esempio di Don Bosco. Esige la costante apertura e il discernimento davanti alle trasformazioni in atto nella vita della Chiesa e del mondo, specialmente dei giovani e degli ambienti popolari.

La formazione dunque – come processo di assimilazione dell’identità – è un impegno che dura tutta la vita, una formazione permanente per essere e divenire salesiani in ogni stagione, per vivere salesianamente ogni situazione. È infatti risposta ad una vocazione che ci interpella costantemente. È il compito della Congregazione e di ogni confratello.

È nella realtà di ogni giorno che il salesiano traduce in esperienza di vita la sua identità di apostolo dei giovani.



2.2.3 La formazione rapporta l’identità al contesto culturale


43.La vocazione salesiana attraversa gli spazi e i tempi e si realizza sotto tutte le latitudini assumendo espressioni di fedeltà sempre nuove e ricche. Chiamato ad incarnarsi tra i giovani di un determinato luogo e cultura, il salesiano ha bisogno di una formazione inculturata.

Mediante il discernimento e il dialogo con il proprio contesto, egli si sforza di permeare di valori evangelici e salesiani i propri criteri di vita, e di radicare l’esperienza salesiana nel proprio contesto. Da questo fecondo rapporto emergono stili di vita e metodi pastorali più efficaci perché coerenti con il carisma di fondazione e con l’azione unificante dello Spirito Santo.


2.2.4 La formazione promuove la crescita nell’identità secondo i doni personali


44.La vocazione salesiana ha trovato la realizzazione paradigmatica in Don Bosco e la sua forma storica più originale nella prima comunità di Valdocco.

Certamente le realizzazioni personali dell’unica identità salesiana hanno volti e storie diverse secondo i doni che ciascuno ha ricevuto da Dio. La storia della “santità salesiana” e la lettura intelligente dell’esperienza di confratelli che hanno vissuto in pienezza il progetto evangelico salesiano mette in evidenza la comunione nella fedeltà e la varietà di risonanze personali del carisma.

Questo sottolinea la necessità di una formazione che sappia comunicare lo stesso nucleo identificante, gli stessi valori portanti, le stesse caratteristiche fondamentali, la stessa “cultura” salesiana, e che allo stesso tempo spinga ogni confratello ad esprimere nella vocazione salesiana i doni ricevuti e a trovare in essa la via della sua piena realizzazione in Cristo.

Identificazione salesiana di ogni confratello e personalizzazione dell’identità salesiana costituiscono un compito permanente della formazione come atteggiamento personale e responsabilità comunitaria.


2.2.5 La formazione aiuta a vivere l’identità in una comunione di vocazioni


45.La formazione dà al salesiano un forte senso della sua identità specifica, apre alla comunione nello spirito salesiano e nella missione con i membri della Famiglia salesiana che vivono progetti vocazionali diversi, e introduce nell’ampia comunione delle molteplici espressioni della vocazione cristiana. La comunione sarà tanto più salda “quanto più chiara sarà l’identità vocazionale di ciascuno e quanto maggiori saranno la comprensione, il rispetto e la valorizzazione delle diverse vocazioni”.

Di conseguenza, iniziative di collaborazione con i gruppi della Famiglia salesiana e con altri Istituti nel campo della formazione o di formazione insieme tra salesiani e laici collaboratori, se ben condotte, contribuiscono ad “un maggiore apprezzamento del proprio e dell’altrui carisma...” e offrono “una eloquente testimonianza della comunione a cui la Chiesa è chiamata per vocazione divina”.

La formazione alla comunione nei valori salesiani fa crescere la consapevolezza del compito di animazione carismatica e qualifica ad esso.




ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


46. L’identità salesiana è punto fondamentale di riferimento della formazione iniziale e permanente. “La natura religiosa apostolica della vocazione salesiana determina l'orientamento specifico della nostra formazione, necessario alla vita e all'unità della Congregazione”.


47.Ogni salesiano, chiamato ad identificarsi con Cristo come fece Don Bosco, coltivi il rapporto con il Fondatore, assuma le Costituzioni come “libro di vita”, si mantenga in sintonia con la coscienza carismatica della Congregazione, conosca e assuma i suoi orientamenti in particolare quelli dei Capitoli Generali, del Rettor Maggiore e del suo Consiglio, e consolidi il senso di appartenenza alla sua Ispettoria.


48.Particolare attenzione si deve prestare al confronto personale e comunitario con le Costituzioni, che “contengono le ricchezze spirituali della tradizione dei Salesiani di Don Bosco e definiscono il progetto apostolico della nostra Società”.


49.Ogni salesiano, chierico o coadiutore, assuma durante il cammino formativo le caratteristiche della sua specifica forma vocazionale.

Gli animatori della pastorale vocazionale e della formazione facciano conoscere e apprezzare le diverse forme dell’identità salesiana - del salesiano coadiutore, del salesiano presbitero e del salesiano diacono permanente.

I programmi della formazione iniziale assicurino a tutti i confratelli “un curricolo di livello paritario con le stesse fasi e con obiettivi e contenuti simili” e siano attenti alle distinzioni determinate dalla vocazione specifica di ognuno, dalle doti e attitudini personali e dai compiti del nostro apostolato.


50.Tutti i confratelli approfondiscano lo spirito salesiano e coltivino una conoscenza seria e aggiornata della storia, della spiritualità e del patrimonio pedagogico e pastorale proprio del nostro carisma. I responsabili ispettoriali assicurino le condizioni e promuovano le iniziative per tale studio durante la formazione iniziale e permanente.


51.Il Direttorio ispettoriale contenga le indicazioni generali per lo studio della “salesianità” durante la formazione iniziale richieste dalla Ratio. Il Progetto ispettoriale di formazione specifichi il programma graduale e sistematico dei contenuti.

Ciascuna Ispettoria o Gruppo di Ispettorie provveda a preparare esperti in “salesianità” approfittando del servizio dell'UPS o di altri centri salesiani qualificati.

Ogni Ispettoria garantisca l’aggiornamento costante dei mezzi necessari per la conoscenza, lo studio e l’insegnamento della “salesianità”; crei e/o sostenga una “biblioteca di salesianità” sufficientemente completa e aggiornata.


52.Ogni confratello coltivi la conoscenza e il senso di appartenenza alla Famiglia salesiana, si mantenga disponibile alla formazione reciproca e insieme, e si abiliti al compito di animatore nell’ambito della Famiglia salesiana.


53.L’apprezzamento e l’incontro tra i diversi carismi e le diverse forme di spiritualità può favorire la comunione dei doni e l’approfondimento della propria identità vocazionale.

Durante la formazione iniziale, mentre si matura l’identificazione salesiana e il senso di appartenenza alla Congregazione, si prevedano e si valorizzino occasioni di condivisione con membri di altre forme di vita consacrata o di impegno cristiano. Non è consigliabile, però, una partecipazione sistematica ed abituale a manifestazioni di altre spiritualità.

Un’esperienza particolare di comunione è offerta dalle iniziative (momenti, programmi, centri) di collaborazione inter-Istituti per la formazione, mantenendo il giusto rapporto tra l’identità di ogni Istituto e la comunione nella diversità e assicurando la comunicazione vitale del proprio carisma.

Dopo la formazione iniziale la partecipazione o il servizio di assistenza spirituale a movimenti ecclesiali sia concordato con il proprio superiore.



CAPITOLO TERZO



LE DIMENSIONI DELLA FORMAZIONE:

VALORI E ATTEGGIAMENTI




54. “Ciascuno di noi è chiamato da Dio a far parte della Società salesiana. Per questo riceve da Lui doni personali e, rispondendo fedelmente, trova la via della sua piena realizzazione in Cristo”.

La vocazione è una chiamata che giunge attraverso mediazioni e circostanze esterne, ma è in primo luogo la chiamata di Dio che si manifesta attraverso un insieme di doni personali (aspirazioni, attese, progetti, qualità), opera dello Spirito, che sono in sintonia con il progetto vocazionale salesiano e che rendono idonei a viverlo. Questa vocazione si riconosce nella persona, la coinvolge nella sua totalità, in tutte le sue dimensioni e durante tutta la vita.


È compito della formazione aiutare a riconoscere, interiorizzare e sviluppare i valori e gli atteggiamenti che costituiscono l’idoneità vocazionale, che è segno della chiamata e frutto della risposta.

Di conseguenza, la formazione deve essere integrale: comprende la dimensione umana, spirituale, intellettuale e pastorale. Sono dimensioni che si integrano fra di loro, sono compresenti e si richiamano a vicenda; non vanno pensate separatamente ma “devono essere armonizzate in una unità vitale”.

D’altra parte, la formazione è permanente e dinamica. Le dimensioni di cui si parla e gli elementi che le costituiscono non vanno considerati in forma statica, quasi fossero condizioni che si adempiono o traguardi che si raggiungono una volta per sempre. Vanno visti nel dinamismo e secondo lo sviluppo di ogni persona, nella prospettiva di una risposta continua, stimolata e richiesta dall’evoluzione di ognuno, dalle esigenze della situazione e dalle circostanze che segnano l’esistenza.

L’ottica del carisma salesiano costituisce il punto di sintesi e la prospettiva peculiare da cui le dimensioni sono viste e in base alla quale si sottolineano in esse specifiche connotazioni e aspetti.

55.Le dimensioni indicate includono gli elementi da considerare nel discernere l’idoneità vocazionale. Evidenziano i criteri da assimilare, le attitudini da possedere, gli atteggiamenti da vivere, le attività da praticare per poter assumere e realizzare con gioia e maturità il progetto salesiano.

Quanto è stato detto circa la pluralità di realizzazioni dell’identità salesiana e circa la personalizzazione della vocazione fa capire che anche l’idoneità vocazionale deve essere vista in questa prospettiva e non può essere presa come un modello unico, statico e idealizzato o come la somma di un insieme di requisiti visti separatamente,

La presentazione offre un quadro di riferimento nel quale si trovano allo stesso tempo gli aspetti costitutivi dell’idoneità vocazionale, che si potrebbero chiamare fondanti e caratterizzanti, senza i quali non vi è idoneità per la vita salesiana (requisiti di base e requisiti specifici), e altri elementi da acquisire e da coltivare costantemente per un’esperienza vocazionale più autentica e piena.

Il quadro di riferimento è da assumere secondo il criterio della qualità vocazionale, e quindi un criterio di esigenza e di stimolo permanente, e tenendo presente che ogni salesiano vive in forma personale l’identità vocazionale secondo i doni ricevuti. La pedagogia formativa aiuterà a distinguere in una prospettiva graduale l’idoneità di base, l’idoneità richiesta dai diversi momenti di impegno vocazionale e specialmente la maturità necessaria per l’impegno definitivo.



  1. L’individuazione dei valori e degli atteggiamenti richiesti per tradurre in esperienza personale l’identità salesiana e l’indicazione di linee pedagogiche e di attività per renderli reali offrono ai formatori una base per il loro compito di orientamento e di discernimento. Allo stesso tempo, stimolano ogni confratello a tradurre in impegno concreto il desiderio e la volontà di divenire salesiano con “tutta la sua persona”.

Le diverse fasi della formazione iniziale accentueranno alcuni valori e atteggiamenti più consoni con gli obiettivi specifici. Nelle differenti stagioni e situazioni della vita, nel mutare dei contesti e nel succedersi dei compiti, ogni confratello si sente responsabile di rinnovarsi nella mentalità, negli atteggiamenti e nelle competenze, per poter esprimere al meglio nella propria persona la vocazione salesiana e percorrere la via della santità.




3.1 LA DIMENSIONE UMANA


57.Solo una personalità equilibrata, forte e libera, che sa integrare i diversi aspetti della sua persona in un tutto armonico, può sostenere il cammino di identificazione vocazionale e rendersi capace di vivere con serenità e pienezza la consacrazione religiosa. Senza un’opportuna formazione umana l’intera formazione sarebbe priva del suo necessario fondamento non solo per una giusta e doverosa maturazione di sé, ma anche in vista della missione.

D’altro canto, una esperienza consacrata che presti attenzione alla dimensione antropologica di tutti i suoi elementi e aiuti a vivere un’umanità ricca e profonda, diviene profezia di vera umanità e rappresenta la miglior risposta a chi vede la consacrazione come mortificazione della persona e della sua realizzazione. Nel contesto attuale la maturazione umana acquista particolare importanza.


58.Per il salesiano chiamato ad essere per professione amico, educatore e pastore dei giovani, e servitore della loro crescita integrale, la qualità della dimensione umana è determinante. La sua vocazione richiede una personalità che sa amare e farsi amare con affetto, equilibrio e trasparenza, con capacità di comprensione e di fermezza. Egli si ispira in questo a Don Bosco, “profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente”.


La maturità umana è compito permanente; comporta valori e atteggiamenti che si esprimono in modo diverso nelle differenti fasi della vita e nei diversi contesti culturali.


3.1.1Salute e capacità di lavoro


59. Lo stile salesiano di vita e di azione richiede abitualmente buona salute e resistenza fisica, con una grande capacità di lavoro.

Don Bosco, invitato sin da giovane a rendersi “forte e robusto”, sottolineava la necessità della salute per un intenso e prolungato servizio alla missione. Ai novizi diceva: “Io ho bisogno che voi cresciate e diveniate giovani robusti e che vi usiate i riguardi necessari per conservarvi in sanità, e per poter più tardi lavorare molto”. “Lavoro, lavoro, lavoro!” ripeteva ai suoi salesiani. “Chi vuole entrare in Congregazione, bisogna che ami il lavoro”. Le Costituzioni ricordano che “il lavoro assiduo e sacrificato è una caratteristica lasciataci da Don Bosco”.


Don Bosco stesso fu esempio di una vita dedicata al lavoro e volle che i suoi salesiani si caratterizzassero per lo spirito di intraprendenza e laboriosità. Valdocco divenne scuola del lavoro dove si sviluppava una pedagogia del dovere, che non rifugge dalla fatica, diventa cammino di ascesi e forma di vivere la spiritualità.


60.Perciò, il salesiano:

  • prende cura della propria salute, osserva le comuni norme d’igiene personale, assume una adeguata alimentazione e riserva il tempo necessario per il riposo e per una distensione semplice e sana. Mentre l’età e le condizioni fisiche lo consentono, mantiene il suo corpo in forma e disponibile al lavoro, aiutato dallo sport in mezzo ai giovani e dall’esercizio fisico;


  • ama il lavoro quotidiano, sia quello manuale che quello intellettuale, e lo compie con “operosità instancabile, curando di far bene ogni cosa con semplicità e misura”;

- assume un ritmo di vita e di lavoro ordinato, metodico, sacrificato, evitando la saturazione che può provocare tensione e stress. La disciplina e il senso del dovere diventano il suo cammino di ascesi.


La comunità da parte sua:

  • assicura e programma tutti quegli elementi che favoriscono l’equilibrio fisico: un lavoro adeguato e proporzionato, convenienti tempi di riposo, una sana alimentazione, la possibilità di fare dello sport e dell’esercizio fisico e i controlli medici necessari.


3.1.2 Equilibrio psichico


61.La particolare vocazione del salesiano e lo stile di rapporti nella vita comunitaria e nell’azione educativa richiedono il possesso di un adeguato equilibrio psichico; un’immagine adeguata di sé, che fa nascere sentimenti e atteggiamenti positivi di fronte alla vita; la serenità di chi si possiede, ha fiducia in sé ed è capace di fare scelte impegnative per l’unità che è riuscito a dare alla propria esperienza.


62.L’equilibrio psichico, particolarmente necessario in un contesto che può portare alla frammentazione e alla fragilità psicologica, si costruisce attraverso la progressiva integrazione di vari elementi che interagiscono positivamente fra di loro.


Pertanto, il salesiano:

  • cura la conoscenza e l’accettazione di sé: riflette sulla sua esperienza, sui suoi pregi e limiti; impara ad accettarsi; coltiva la fiducia in sé e nelle sue possibilità; è capace di conoscere e di valorizzare il tessuto della propria storia nell’ottica del piano della salvezza; sa che Dio ha un progetto su di lui, lo accoglie, se si affida a Lui con coraggio. La coscienza che Dio lo ama gli dona serenità e gioia e lo sostiene nei conflitti e oscurità;


  • coltiva la capacità di gestire il proprio mondo interiore: impara a capire se stesso, i suoi atteggiamenti e le motivazioni profonde del suo agire; a dominare i sentimenti, le emozioni, le paure e le reazioni di fronte alle persone e agli eventi.

Si sforza di potenziare gli aspetti positivi e di superare le difficoltà, in un graduale processo di maturazione. Sa prevenire i possibili conflitti.

È capace di vivere con moderazione il successo e di accettare con serenità l’insuccesso. È libero da rigidità e inibizioni e decide in base a motivazioni vere e autentiche;


  • valorizza l’ambiente e l’accompagnamento fraterno: si inserisce nella comunità, coltiva rapporti di vita e di lavoro, cura la condivisione fraterna e il confronto spirituale, evitando l’isolamento e l’incomunicazione.





3.1.3 Maturità affettiva e sessuale


63.La vocazione salesiana vissuta nella comunione fraterna e nel rapporto educativo-pastorale richiede una affettività matura. L’affetto del salesiano è quello di “un padre, fratello e amico, capace di creare amicizia”, dicono le Costituzioni. Lo spirito di famiglia e l’amorevolezza danno nome concreto all’affettività matura del salesiano. Egli ama la sua vocazione ed è chiamato ad amare secondo la sua vocazione.

Dio ha dato all’uomo la capacità di amare attraverso la sua realtà corporea e spirituale. Attraverso il corpo egli può significare ed esprimere l’amore con l’intensità del sentimento e del cuore, accompagnata dalla purezza dello spirito.

La sessualità è un dono di Dio e una forza che rende l’uomo e la donna capaci di comunicazione, di incontro e di amore.


64.Il salesiano vede la sua vita come dono ricevuto e da trasmettere agli altri; trova la sua realizzazione nel donarsi. Si rende capace di amare con gratuità, di stabilire rapporti umani positivi, personalizzati, autentici, di dare e ricevere affetto con semplicità. Il suo è un amore profondo e personale fatto di sincerità, di fedeltà e di calore umano. Sa intessere vere e profonde amicizie, senza atteggiamenti possessivi, vive con equilibrio la solitudine, ed è capace di misurare il suo coinvolgimento affettivo con le persone, particolarmente nella relazione educativa e pastorale.

Nel suo rapporto con le donne è accogliente, equilibrato e prudente; il suo atteggiamento è improntato a stima, rispetto e responsabilità.


Questa purezza di affetto e di amore non è possibile senza una disciplina dei sentimenti, dei desideri, dei pensieri e delle abitudini. L’“esercizio ascetico”, espressione della virtù eminentemente positiva della castità, convoglia le tendenze e le potenzialità sessuali dell’individuo nell’armonia dell’intera personalità, rendendo possibile il dono gioioso di sé, libero da ogni schiavitù egoistica, e facendo prevalere gli atteggiamenti razionali su quelli impulsivi.


65.Per vivere e crescere nella maturità affettiva e sessuale il salesiano:


  • è consapevole del valore del corpo e del suo significato; cura uno stile di vita improntato ad equilibrio, igiene mentale e corporale e temperanza;


  • riconosce il valore della sessualità umana maschile e femminile nelle sue connotazioni fisiche, psichiche e spirituali;


  • trova nella sua vocazione una ragione valida di vita e nella consacrazione una realtà che conferisce bellezza e bontà alla sua esistenza; cresce nel senso di fiducia in se stesso e nella sicurezza della propria identità; evita di cercare appoggi e compensazioni, anche di natura affettiva;


  • coltiva una amicizia profonda con Cristo dal quale è chiamato alla comunione fraterna e inviato ai giovani per amarli in suo nome; la sua vita e il suo tempo sono “riempiti” da Dio, dalla comunità e dai giovani;


- ama coloro con cui condivide la sua vocazione e nell’affetto donato e ricambiato si rende consapevole del suo valore come persona ed esprime le più profonde potenzialità del suo essere. Ama la Congregazione salesiana e sente la comunità come vera famiglia;


  • si trova bene tra i giovani, cercando di essere per loro segno limpido dell’amore di Dio: non invade e non è possessivo, ma vuole il loro bene con la stessa benevolenza di Dio;


  • cura un rapporto maturo e coerente con i laici collaboratori, uomini e donne, consapevole che la maggiore integrazione della donna a livello educativo-pastorale ed istituzionale incorpora nuovi aspetti e valori propri del “femminile”, stimola una nuova comprensione dell’identità maschile e della reciprocità, coinvolge l’affettività, la capacità relazionale e l’ascesi;


  • ama la propria famiglia: un rapporto affettivamente sereno e maturo con la famiglia ha risvolti molto positivi nella formazione. Entrando in Congregazione conserva integro l’affetto per i propri familiari, specialmente per i genitori. Lo esprime nella preghiera, nella corrispondenza e nelle visite;


  • coltiva le amicizie che favoriscono l’interiorizzazione di valori, la ricerca della crescita umana e spirituale e la conferma della propria vocazione; tali amicizie rifuggono ogni egoismo e rimangono aperte allo sguardo del Signore e di altre persone;


  • mantiene la vigilanza nella propria vita: non si espone a situazioni o a rapporti non limpidi; pratica la mortificazione e la custodia dei sensi; fa uso discreto e prudente dei mezzi di comunicazione sociale. In questo sente l’impegno di essere austero e pronto alla rinuncia.



3.1.4 Capacità relazionale


66.Le relazioni interpersonali stanno alla base della missione educativa e pastorale del salesiano. Egli deve essere capace di simpatia e di incontro con i giovani, disponibile ed abilitato per “vivere e lavorare insieme” e per l’animazione di persone, gruppi e comunità.

La relazione sta al cuore di ogni approccio educativo, di ogni sforzo di collaborazione, della serenità familiare come dell’efficacia di una comunità educativa pastorale. “Bisogna farsi fratelli degli uomini nell’atto stesso che vogliamo essere loro pastori, padri e maestri. Il clima del dialogo è l’amicizia. Anzi il servizio””.

Don Bosco sapeva offrire ai suoi una relazione umana serena e accogliente, alla quale gradualmente dava un contenuto pastorale e sacramentale. La qualità dell’incontro educativo stava in cima ai suoi pensieri. “Tutti quelli cui parli diventino tuoi amici”, raccomandava.


67.Tale stile di relazioni interpersonali richiede che il salesiano ispiri i suoi rapporti ad alcune caratteristiche virtù umane:


  • il rispetto costante della giustizia, la fedeltà alla parola data, la gentilezza nel tratto, il senso di misura nelle relazioni e nei comportamenti, la premurosa sollecitudine verso gli altri;


  • l’accettazione degli altri, anche se diversi per ragione di formazione, età, cultura, ecc.;


  • le attitudini che facilitano il dialogo, come l’empatia, la fiducia, la capacità di ascolto, l’apertura d’animo, il saper valutare il punto di vista dell’altro, le buone maniere e la capacità di perdono;


  • la capacità di collaborare con altri, lo spirito di servizio, la corresponsabilità, e l’accoglienza dell’autorità.


3.1.5 Libertà responsabile


68.Il nucleo centrale della persona umana è la libertà.

L’esperienza vocazionale di chi ha fatto una scelta radicale di vita nella consacrazione richiede la formazione all’uso responsabile della libertà, specialmente in contesti nei quali sono particolarmente esaltate la soggettività e l’autonomia della persona, spingendo fino all’individualismo: si stimola la massificazione, si moltiplicano i condizionamenti, si promuove più l’immagine che l’operare per motivi veri e autentici, si è determinati più dalla risposta all’immediato che dalla coerenza con punti di riferimento o progetti che danno significato a tutta la vita.

È impegno costante il rendersi libero “da” ciò che nella vita frena e rende schiavo, essere libero da passioni e peccati, da egoismo e individualismo, “per” essere invece padrone di se stesso, aperto agli altri e generoso nel servizio a loro, per agire secondo verità e d’accordo con le motivazioni profonde della propria vocazione.


Questi due aspetti portano ad una reale autonomia e alla capacità di scelte veramente libere, che sorgono da una coscienza illuminata dalla verità e abituata a pensare in termini di responsabilità e disciplina di vita. Proprio per questo la coscienza ha bisogno di essere formata ai valori della vita cristiana e salesiana e dell’ascesi. È la coscienza che determina l’uso responsabile della libertà.


69. La formazione della coscienza comporta un paziente lavoro di ascolto e dialogo. Essa esige:

  • una seria formazione critica che renda capaci di giudizi rispettosi e obiettivi su persone ed eventi e porti a prendere posizione circa i modelli culturali e le norme della convivenza sociale. In questa prospettiva è importante saper leggere criticamente e usare responsabilmente i mezzi di comunicazione sociale;


  • un’educazione al senso del mistero che avvolge la vita come realtà segnata dal peccato e dall’infedeltà, ma afferrata e salvata da Cristo. Ciò porta alla convinzione che la libertà è frutto di obbedienza convinta e cordiale alla verità;


  • la capacità di confrontare la propria vita con il Vangelo e gli orientamenti della Chiesa, così da poter discernere il bene dal male, il peccato e le strutture di peccato, l’azione di Dio nella propria persona e nella storia;


  • la capacità di unificare le proprie aspirazioni, energie e valori in un progetto di vita personale, assumendo la responsabilità della propria crescita e vivendo con pienezza le motivazioni profonde della propria vocazione.



3.1.6 Apertura alla realtà


70.Don Bosco ha sviluppato la sua vocazione in dialogo con la realtà dei giovani e del popolo, in costante interazione con il contesto ecclesiale e sociale.

Tra gli aspetti che arricchiscono l’umanità del salesiano e la rendono più autentica vi sono la sua crescita nella sensibilità umana, frutto di un appassionato amore all’uomo, e la sua attenzione al movimento della storia, ai segni e alle urgenze che da essa provengono.

Vivendo a contatto con i giovani e il loro mondo e con gli ambienti popolari, il salesiano comprende i loro bisogni, intuisce le loro domande inespresse, condivide le loro speranze e aspirazioni e partecipa alle loro sofferenze.

Egli sente compassione per le “pecore senza pastore”, diventa solidale e cerca di prolungare il passaggio del Signore per le strade del mondo.


Nell’amore verso i giovani il salesiano trova sostegno per la propria fede, scopre valori che diventano per lui stimolo e ricchezza di vita.

La consapevolezza dei problemi e delle difficoltà che i giovani sperimentano accresce lo slancio per la missione e lo spinge ad acquistare le competenze necessarie per rispondere evangelicamente alle sfide che provengono dalle nuove frontiere dell’umanità. Condivide con altri e porta davanti a Dio in atteggiamento di riflessione e di preghiera le esperienze che compie.

La vicinanza e la condivisione con l’umanità indigente e sofferente lo aiuta a vivere pienamente la propria vocazione.




71.L’apertura del salesiano alla realtà richiede:


  • attenzione alle istanze dell’ambiente e possibilità di un contatto diretto con la realtà dei giovani, della povertà e del lavoro; disponibilità a vivere in sintonia con i grandi problemi del mondo;


  • sensibilità culturale e sociale, contatto con altri operatori nel campo dell’educazione e della promozione, attenzione alla comunicazione sociale;


  • sforzo di coltivare verso la realtà l’atteggiamento del Signore che si è fatto carne e “ha voluto conoscere la gioia e la sofferenza, sperimentare la fatica, spartire le emozioni, consolare la pena”;


  • cura di valorizzare l’informazione salesiana, ecclesiale e culturale.




ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


72.“Per favorire la salute, l’azione apostolica, la convivenza, il clima di raccoglimento e di preghiera, ogni confratello eviti il lavoro disordinato e la comunità assicuri un’equilibrata distribuzione degli impegni, momenti di riposo e di silenzio e un’opportuna distensione comunitaria”. Si verifichi periodicamente lo stile della vita fraterna, lo spirito di famiglia e la qualità della vita.


73.Ogni salesiano sviluppi le sue capacità di comunicazione e di dialogo, coltivi la fiducia nei confratelli, sia pronto ad accettare le diversità e a superare i pregiudizi; partecipi attivamente agli incontri comunitari, esegua con precisione i compiti a lui affidati e impari ad agire in corresponsabilità per contribuire alla convergenza fraterna e operativa.


74.Il salesiano conserva integro l’affetto per i suoi familiari, specialmente per i genitori” e la comunità mantiene “relazioni cordiali con la famiglia di ogni confratello”.

Durante la formazione iniziale si educhi ad un giusto equilibrio tra il rapporto con la propria famiglia e il senso di appartenenza alla comunità e alla Congregazione secondo i criteri della vita consacrata e lo stile salesiano.






3.2 LA DIMENSIONE SPIRITUALE

75.La dimensione spirituale, intesa come cammino di vita in Cristo e nello Spirito, è il cuore che unifica e vivifica l’esperienza vocazionale salesiana, che è in primo luogo esperienza spirituale, teologale, e come tale costituisce l’elemento centrale della formazione, l’aspetto che la fonda e la motiva.

Essa completa la dimensione umana, contribuendo a costruire quello “splendido accordo di natura e di grazia” che ammiriamo in Don Bosco e che sta alla base del suo progetto di vita nel servizio dei giovani. Motiva la dimensione intellettuale, che da essa viene sostenuta e fortificata. Dinamizza la dimensione educativo-pastorale, mettendo Dio e il suo Regno al centro del lavoro apostolico, finalizzando tutto a Lui.

La dimensione spirituale comprende gli atteggiamenti necessari per coltivare l’esperienza di Dio, ed è una modalità particolare di vivere la forza della fede, il dinamismo della speranza e l’ardore della carità. Essa sta al centro del progetto salesiano, lo identifica, ne fonda le motivazioni e ne costituisce la spinta apostolica.


76. Per vivere la missione salesiana non sono sufficienti le sole doti di umanità, la preparazione culturale e la professionalità, la creatività apostolica e la passione per i giovani; tutto questo è necessario, ma non basta per sostenere con motivazioni adeguate l’esperienza vocazionale. Il salesiano ha anzitutto bisogno di una forte esperienza di Dio e dello Spirito, che della missione è l’elemento fondante e motivante.

Il salesiano è chiamato a congiungere vita nello Spirito e pedagogia, vivendo l’educazione come luogo di spiritualità e cammino di santità. Dalla qualità spirituale della vita dipende la sua fecondità apostolica, la sua generosità nell’amore per i giovani poveri e l’attrattiva vocazionale sulle nuove generazioni.


La necessità della spiritualità è ancora più sottolineata in un mondo e in una cultura che spingono verso l’attivismo e l’autosufficienza. La vita centrata sull’incontro e sull’esperienza con Dio si fa testimonianza attraente e profezia per le persone del nostro tempo assetate di valori assoluti. Il salesiano diventa così comunicatore di spiritualità, animatore e guida di vita spirituale per i giovani, per i laici e nell’ambito della Famiglia Salesiana


77.Don Bosco è stato un grande credente, l’iniziatore di una scuola di spiritualità.

La sua esperienza di Dio evidenzia quei lineamenti della figura del Signore a cui era sensibile ed è caratterizzata “da particolari accenti spirituali e scelte operative”, che definiscono la peculiare spiritualità salesiana come spiritualità apostolica.

Riconoscendo la Congregazione, la Chiesa dichiara che questa spiritualità – trasmessa dal Fondatore ai suoi figli e figlie – ha “tutti i requisiti oggettivi per raggiungere la perfezione evangelica personale e comunitaria”.

Essa costituisce dunque una “grande corrente spirituale” nella Chiesa, una “scuola vera e originale” di santificazione. È il cammino per quella testimonianza di santità che costituisce “il dono più prezioso che possiamo offrire ai giovani”.

Non mancano le sintesi e le espressioni che raccolgono e comunicano il volto spirituale del salesiano e i suoi tratti caratteristici. Nelle Costituzioni si trova la sua presentazione autentica, i valori che lo conformano e le condizioni che lo rendono possibile; in esse la spiritualità salesiana, “meditata da successive generazioni che l’hanno vissuta, viene magnificamente consegnata in formule originali che riflettono tale lungo vissuto”. Alcuni tratti vengono qui sommariamente ripresi ed esplicitati.



3.2.1 Primato di Dio e del suo progetto di salvezza


78.Il salesiano è chiamato a scoprire Dio presente e familiare in ogni momento della vita. “Dio ti vede”, faceva scrivere Don Bosco sui muri dell’Oratorio.

Sperimenta Dio che gli è vicino e lo coinvolge nel suo progetto di salvezza per i giovani.

Questo senso della presenza operante del Signore, vissuta intensamente da Don Bosco e dai suoi, viene trasmessa al salesiano come una preziosa eredità.


79.È Gesù Buon Pastore il centro vivo ed esistenziale della sua vita consacrata. Se è vero che tutti i consacrati sono centrati su Cristo, questo per il salesiano si traduce in una specifica testimonianza caratterizzata dall’aspetto pedagogico-pastorale con cui egli guarda a Cristo come “Buon Pastore” che redime e salva.

Il salesiano contempla Gesù Buon Pastore nella sua gratitudine al Padre per il suo piano di salvezza, nella capacità di predilezione per i piccoli e per i poveri, nella sollecitudine nel predicare, nel guarire e nel salvare sotto l’urgenza del Regno che viene. Ne imita la mitezza e il dono di sé, e condivide con lui il desiderio di radunare i suoi nell’unità di una sola famiglia.

È un Gesù “vivo”, in azione e in cammino alla ricerca di chi è perduto e che ritorna portando sulle spalle la pecorella smarrita e sa fare festa grande.

È un Gesù che porta nella mente e nel cuore Dio suo Padre, lo prega incessantemente, lo ringrazia e compie la sua volontà, parla di lui ai suoi, indica se stesso come la via per vederlo e incontrarlo.

80.Attraverso Gesù il salesiano incontra il Padre e vive nello Spirito. Operando per la salvezza della gioventù e vivendo l’esperienza spirituale del Sistema Preventivo, fa esperienza della paternità di Dio, ne scopre la presenza e azione provvidente e si sente chiamato ad essere rivelatore del Padre ai giovani.

Lo Spirito Santo, che ha suscitato Don Bosco, formando in lui un cuore di padre e di maestro e guidandolo nella sua missione, chiama ogni discepolo di Don Bosco a continuare la medesima “esperienza dello Spirito” per il servizio dei giovani. Il salesiano è uomo spirituale, attento a discernere le vie attraverso le quali lo Spirito agisce nel cuore dei giovani. Sa cogliere la sua presenza nelle loro domande, nelle loro attese e invocazioni, e diviene strumento della sua azione che agisce nei cuori.

Donato a lui dal Padre nella consacrazione, lo Spirito forma e plasma il suo animo, configurandolo a Cristo obbediente, povero e casto, e spingendolo a fare propria la sua missione.

81.Per coltivare l’esperienza di Dio il salesiano:


  • approfondisce la sua fede e fa esperienza del mistero cristiano, mettendosi alla scuola della Parola di Dio;

  • mette Dio al centro dell’esistenza, mantenendosi sempre “in dialogo semplice e cordiale con il Cristo vivo e con il Padre”, e coltivando un’attenzione permanente alla presenza dello Spirito. Compie “tutto per amore di Dio”, per diventare, come Don Bosco, “contemplativo nell’azione”. Fa in modo che il suo operare sia espressione di interiorità e che tutta la sua esistenza diventi celebrazione della “liturgia della vita”;


  • sente una gioia profonda quando può rivelare specialmente ai giovani le insondabili ricchezze del mistero di Dio ed essere segno e portatore del suo amore;


  • in unione con Cristo, fissa nel Padre lo sguardo e il cuore, coltivando atteggiamenti di fiducia e impegnandosi con zelo nella realizzazione del suo piano di salvezza; riconoscente per il dono della vocazione, si sente impegnato a viverla in pienezza;


  • afferrato da Cristo, cerca di imitarlo nella donazione di sé e nel servizio. Si sforza di assumere i suoi sentimenti e di immedesimarsi in Lui. La sua opzione fondamentale per Cristo lo porta a fare di Lui il parametro di tutte le sue scelte. Nel suo cuore non si dà nessuna opzione che sia anteriore e indipendente da Cristo; abbraccia i consigli evangelici per condividere la forma di vita di Gesù e prendere parte in modo più intimo e fecondo alla sua missione;


  • cresce nell’attenzione allo Spirito, riconoscendo e accogliendo la sua azione santificatrice e rinnovatrice. È costantemente attento alla sua presenza nella sua vita, nelle persone e nella storia. Sotto la sua azione vive in atteggiamento di discernimento e disponibilità alla volontà di Dio. Assume l’esperienza della formazione come esperienza di apertura, di docilità e di collaborazione con lui, “fonte permanente di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano per crescere nell’amore perfetto di Dio e degli uomini”.





3.2.2 Senso di Chiesa


82. La missione di Don Bosco è inserita nel mistero stesso della Chiesa nel suo divenire storico: in essa e per essa egli è stato suscitato. L’amore alla Chiesa è per Don Bosco una delle espressioni caratteristiche della sua vita e santità.

L’esperienza spirituale del salesiano è perciò un’esperienza ecclesiale.

La vocazione salesiana ci situa nel cuore della Chiesa”, dicono le Costituzioni. Essa comporta un forte senso di Chiesa, una identificazione con essa, una comunione cordiale e profonda con il Papa e con tutti quelli che operano per il Regno.


83.Per crescere nel senso di appartenenza alla Chiesa il salesiano:


  • cura in se stesso una sensibilità spirituale che vede nella Chiesa il “centro di unità e comunione di tutte le forze che lavorano per il Regno” e s’impegna in essa secondo la sua vocazione specifica affinché “si manifesti al mondo come sacramento universale di salvezza”;


  • si sente coinvolto nelle ansie e nei problemi della Chiesa universale, nel suo slancio missionario; si inserisce nella pastorale della Chiesa particolare; educa i giovani cristiani ad un autentico senso di Chiesa;


  • manifesta il suo senso ecclesiale “nella filiale fedeltà al successore di Pietro e al suo magistero e nella volontà di vivere in comunione e collaborazione con i vescovi, il clero, i religiosi e i laici”;


  • vive una “spiritualità di comunione” che diventa “un segno per il mondo e una forza attrattiva che conduce a credere in Cristo”.



3.2.3 Presenza di Maria Immacolata Ausiliatrice

84.In strettissimo rapporto con l’esperienza spirituale è la particolare presenza di Maria nella vocazione e nella missione salesiana. Maria Immacolata Ausiliatrice appare come icona della spiritualità del salesiano, che stimola alla carità pastorale e all’interiorità apostolica. Nell’esperienza carismatica di Don Bosco Fondatore, dal primo sogno sino ai vasti orizzonti missionari, Ella è stata presenza permanente e determinante.

In Lei come Immacolata il salesiano vede la fecondità dello Spirito, la disponibilità al progetto di Dio, la rottura con il male e con tutte le forze che lo sostengono, la totalità della consacrazione. Maria gli ispira l’apertura al soprannaturale, la pedagogia della grazia, la delicatezza di coscienza, e gli aspetti materni dell’accompagnamento educativo.

In Maria Ausiliatrice il salesiano contempla la maternità riguardo a Cristo e alla Chiesa, il sostegno al Popolo di Dio nelle vicende storiche più difficili, la collaborazione nell’opera di salvezza e nell’incarnazione del Vangelo tra i popoli, la mediazione di grazia per ogni cristiano e comunità. Ella sostiene il senso di Chiesa, l’entusiasmo per la missione, l’audacia apostolica e la capacità di congregare forze per il Regno.


85.Per vivere la presenza di Maria nella sua vocazione e per crescere in una “devozione filiale e forte” verso di Lei il salesiano:


  • coltiva una relazione personale con Lei, fondandola sulla contemplazione del suo posto nel piano di salvezza e nel mistero di Cristo, ed esprimendola in un atteggiamento filiale attraverso le diverse pratiche mariane;


  • la sente attivamente vicina come stimolo e sostegno della sua consacrazione apostolica, come Colei che lo “educa alla pienezza della donazione al Signore”;


  • trova in Lei ispirazione e coraggio per il suo impegno educativo: da Lei impara ad essere vicino ai giovani e sollecito nel loro servizio.



3.2.4 I giovani, luogo dell’incontro con Dio


86.“Noi crediamo che Dio ci sta attendendo nei giovani per offrirci la grazia dell’incontro con lui e per disporci a servirlo in loro”.

Questa professione di fede del CG23 indica il crocevia della vita spirituale del salesiano. Dio gli dà un appuntamento e si fa trovare nell’incontro educativo con i giovani.

Per questo il primo Oratorio è stato esperienza spirituale ed educativa, pedagogia realistica di santità per l’educatore e l’educando. La vocazione salesiana porta a vivere “la tensione alla santità nell’impegno pedagogico”, a realizzare “la perfezione della carità educando”. L’interscambio tra educazione e santità è l’aspetto caratteristico della figura di Don Bosco. Egli realizza la sua personale santità mediante l’impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico.

Anche oggi il salesiano, rivivendo l’esperienza spirituale di Don Bosco, nella spiritualità del quotidiano e del cortile, diventa uomo spirituale che possiede il senso di Dio.


87.La missione del salesiano non si identifica semplicemente con l’attività o l’azione esterna, ma è una vera esperienza spirituale. Non è lui che va verso i giovani. È il Padre che lo consacra e lo invia come suo collaboratore e apostolo dei giovani, nei quali Egli è già al lavoro mediante lo Spirito, e lo impegna nel suo progetto su di essi.

La finalità della missione – portare l’amore di Dio ai giovani – fa sì che in tutta la sua persona e in tutta la sua azione, distaccandosi da sé con l’umiltà del servitore, egli si concentri sui due poli di riferimento, Cristo vivo e la gioventù, perché possano incontrarsi.

Proprio perché si tratta di una esperienza spirituale che nasce, vive e si nutre nell’azione apostolica, il salesiano sa operare in sé e nella sua azione educativa una vera sintesi fra educazione ed evangelizzazione, tra promozione umana e impegno evangelico, tra fede e cultura, tra lavoro e preghiera.


88.Di qui alcuni atteggiamenti che il salesiano incessantemente coltiva:


  • lavora tra i giovani con vere motivazioni soprannaturali, superando il livello delle inclinazioni e delle preferenze naturali;


  • ravviva l’esperienza teologale e spirituale della missione: si sente inviato dal Padre per compiere il suo piano di salvezza; coltiva la disponibilità del Figlio del cui amore è segno e portatore; rimane aperto allo Spirito Santo che riempie il suo cuore con la carità pastorale e anima tutti i suoi sforzi;


  • vive con entusiasmo l’esperienza della missione della Congregazione, cioè il servizio ai giovani con il metodo di Don Bosco, partecipando in questo modo alla missione della Chiesa;


  • si abitua a guardare la realtà giovanile con l’atteggiamento del Buon Pastore; percepisce nei bisogni dei giovani l’urgenza della salvezza e la richiesta di intervento; fa un cammino spirituale con essi, aiutandoli mediante i sacramenti, la direzione spirituale e il discernimento;

  • sottomette il suo lavoro a leggi che chiamiamo “apostoliche”. Sa che deve lavorare con competenza, ma fa conto primariamente sulla forza di Dio. Prega molto e rimane modesto nei successi. Non chiede di vedere i risultati, affidandosi alla fecondità che Dio dà;


  • accetta le rinunce che accompagnano il suo lavoro e crede al valore misterioso della sofferenza. Valorizza positivamente le mediazioni e le strutture della vita apostolica. Sa obbedire di vero cuore. È capace di collaborazione e di condivisione del lavoro apostolico. Pratica la temperanza e rifugge dalle comodità e dalle agiatezze.



3.2.5 Esperienza di Dio nella vita comunitaria


89.Il salesiano trova nel suo vivere e lavorare insieme una esigenza fondamentale e una via sicura per realizzare la sua vocazione. L’esperienza comunitaria è per lui esperienza teologale e profondamente umana. Con e attraverso i fratelli, i giovani e i collaboratori egli incontra il Signore e sperimenta la sua presenza.

Partecipando alla missione comune, il salesiano discerne con la comunità le situazioni alla luce del Vangelo, e si sente corresponsabile degli interventi educativi e pastorali e della loro realizzazione.

Aiuta la comunità a diventare centro di comunione e di partecipazione, aggregando e animando altre forze apostoliche.

Di fronte ad un mondo che ha tanto bisogno di comunione, il “vivere e lavorare insieme” del salesiano tra confratelli diversi per età, lingua e cultura, diventa un segno della possibilità del dialogo e profezia di una comunione che sa armonizzare le differenze; proclama con l’eloquenza dei fatti la forza trasformatrice della Buona Novella In tal modo la comunione si fa missione e diventa sorgente di spiritualità.


90.Per vivere l’esperienza di Dio nella vita comunitaria, il salesiano coltiva in sé questi atteggiamenti:


  • considera la comunità “un mistero che va contemplato e accolto con cuore riconoscente in una limpida dimensione di fede”. Accoglie i fratelli come dono di Dio, li ama come Cristo ci ha insegnato e fa della condivisione dell’esperienza di fede nell’ascolto della Parola e nella celebrazione dell’Eucaristia la base della vita comunitaria. Fa in modo che nella vita quotidiana emerga la scelta radicale di Gesù e la comunità diventi “segno”, “scuola” e ambiente di fede;


  • consapevole dei propri limiti, il salesiano ama la sua comunità così com’è, con i suoi slanci e le sue mediocrità, con la sua ricerca di autenticità e con le sue povertà;


  • vive lo spirito di famiglia che è affetto ricambiato, rete di rapporti fraterni e amicali, condivisione dei beni, stile fraterno di esercizio dell’autorità e dell’obbedienza, dialogo e corresponsabilità nell’azione; mantiene con il Direttore una relazione viva, ad imitazione dei primi salesiani verso Don Bosco;


  • perfeziona la sua capacità di comunicazione interpersonale fino ad arrivare alla condivisione dei sentimenti, della preghiera e delle esperienze spirituali e apostoliche;


  • vive secondo un progetto comunitario e partecipa attivamente a momenti significativi quali la “giornata della comunità”, gli incontri comunitari, le assemblee e i consigli;


  • sente e vive concretamente la sua appartenenza alla comunità ispettoriale e mondiale;


  • approfondisce il senso della missione come l’esperienza più stimolante di comunione che lo aiuta costantemente a superare ogni forma di egoismo e di individualismo. Legge e valuta insieme le situazioni, collabora con gli operatori pastorali, vive la corresponsabilità e la coesione di fronte al progetto comune, assumendo il suo ruolo e rispettando gli altri ruoli;


  • vive inserito nella Chiesa particolare con senso di comunione ed è disponibile a collaborare con tutte le forze che nel territorio si impegnano per la gioventù.


3.2.6 Al seguito di Cristo obbediente, povero e casto


91.La vita spirituale salesiana è una forte esperienza di Dio che è sostenuta e a sua volta sostiene uno stile di vita fondato interamente sui valori del Vangelo.

Per questo, il salesiano assume la forma di vita obbediente, povera e verginale che Gesù scelse per sé sulla terra. È per lui un modo radicale di vivere il Vangelo e via sicura per donarsi totalmente ai giovani per amore di Dio. È il suo modo di cercare la carità perfetta.


Crescendo nella radicalità evangelica con intensa tonalità apostolica, egli fa della sua vita un messaggio educativo, rivolto specialmente ai giovani, proclamando con la sua esistenza “che Dio esiste e che il suo amore può colmare una vita; e che il bisogno di amare, la spinta a possedere e la libertà di decidere della propria esistenza acquistano il loro senso supremo in Cristo salvatore”.



3.2.6.1 Seguire Cristo obbediente


92.L’obbedienza al Padre è per Gesù la sintesi della sua vita, che si esprime nel mistero pasquale. Rivela la sua identità di Figlio e insieme di Servo, mostrandolo unito in modo assolutamente unico al Padre e totalmente docile a lui. Alla consacrazione da parte del Padre corrisponde la sua totale disponibilità per la missione di salvezza.

Per il salesiano, una delle ragioni principali della priorità dell’obbedienza – Don Bosco diceva: “in una Congregazione l’obbedienza è tutto” – va cercata nell’importanza peculiare che ha la “missione” nella sua vita, e specificamente nella sua forma comunitaria. L’obbedienza lo rende pienamente disponibile per il servizio dei giovani.

Nell’attuale contesto culturale, che mette in evidenza l’autorealizzazione e il protagonismo individuale, il discepolo di Cristo obbediente perfeziona la propria libertà di consacrato, mettendo tutta la sua persona al servizio della missione comune con intraprendenza, responsabilità e docilità, ed evitando ogni forma di individualismo.


93.Per vivere l’esperienza di obbedienza il salesiano presta attenzione ad alcuni atteggiamenti:


  • si sforza di operare in se stesso il difficile passaggio da ciò che gli piace a ciò che “piace al Padre”, immedesimandosi nei sentimenti di Cristo;


  • ricerca la volontà del Padre attraverso la preghiera e le legittime mediazioni – il dialogo comunitario, il discernimento pastorale, l’attenzione alle situazioni concrete e ai segni dei tempi, il colloquio fraterno con il superiore – e la compie con piena dedizione;


  • accoglie in piena libertà le Costituzioni come suo progetto di vita e di santità e accetta con docilità le indicazioni della Chiesa e dei Pastori, gli orientamenti della Congregazione attraverso i Capitoli Generali, gli interventi del Rettor Maggiore e degli altri superiori;


  • assolve i suoi compiti con generosità e creatività, investendo tutti i suoi doni al servizio della missione;

  • assume in prima persona la missione dell’opera a cui è inviato, è aperto al dialogo e alla corresponsabilità nella comunità, opera in sintonia con il progetto comune, e lo serve secondo il proprio ruolo e nel rispetto del contributo degli altri;


  • vive l’obbedienza nell’esercizio dei ruoli di autorità e governo, compiendoli con lo stile dell’animazione, favorendo la collaborazione e la convergenza operativa, stimolando il senso della comune missione, sapendo intervenire con bontà e coraggio;

  • quando l’obbedienza esige difficili prove d’amore, fa riferimento a Gesù, figlio obbediente del Padre. Ricorda le parole di Don Bosco: “Vi sarà qualche regola che dispiace, qualche ufficio o altra cosa che ci ripugna; non lasciamoci scoraggiare, vinciamo quella disposizione contraria dell’animo nostro per amore di N. S. Gesù Cristo e del premio che ci è preparato... Così facendo ne viene poi la vera obbedienza”.



3.2.6.2 Seguire Cristo povero


94.Gesù ha assunto la povertà come forma di vita, come espressione di totale appartenenza alla missione, di solidarietà con noi e di rinuncia al proprio interesse, come sguardo pastorale e preferenza per i poveri. In Gesù il salesiano trova la vera ricchezza; in Lui egli vuole amare i giovani poveri e sentirsi solidale con loro.


La povertà è un atteggiamento del cuore, e una caratteristica della missione. È uno stile personale e comunitario di vita che rende liberi per una dedizione generosa al servizio del Vangelo.


Il salesiano e la comunità diventano così profezia di una società alternativa che punti sul bene comune, rispetti il valore di ogni persona, si costruisca su criteri di giustizia ed equità e sia solidale con quelli che sono deboli e svantaggiati.




95.In un cammino progressivo e costante, il salesiano coltiva in sé questi atteggiamenti:


  • assume Gesù povero come modello di vita e trova in Lui il vero tesoro: “Ho lasciato perdere queste cose al fine di guadagnare Cristo... e questo perché possa conoscere lui e la potenza della sua risurrezione”;


  • cerca di vivere con gioia una vita semplice e laboriosa, ama il lavoro apostolico e il servizio alla sua comunità, è disponibile al lavoro manuale, accetta con semplicità gli inevitabili inconvenienti e le necessarie rinunce;


  • nutre fiducia nel progetto di Dio sulla propria esistenza; si sente responsabile dei beni che usa ed è sensibile alla testimonianza comunitaria di povertà; cerca di condividere fraternamente tutto: i beni materiali, i frutti del lavoro, i doni ricevuti, le energie, i talenti, le esperienze; sa dipendere dalla comunità e dal superiore;


  • manifesta la povertà nella fedeltà ai destinatari, nell’impostazione dell’azione educativa e pastorale nelle diverse opere, nella peculiare prospettiva con cui guarda la realtà e gli avvenimenti, nella sensibilità per le situazioni sociali e per le nuove povertà, sollecitato anche dalla dottrina sociale della Chiesa; si sente spinto per vocazione ad interessarsi dei poveri e dei loro problemi, ad “amarli in Cristo” con amore solidale e intraprendente e a partecipare alla loro condizione di vita. È lieto di lavorare con i giovani poveri, con i giovani lavoratori e con il ceto popolare. Sviluppa in sé e negli altri l’amore per le missioni e il coinvolgimento nell’animazione missionaria;


  • vive l’azione educativa e di promozione come il miglior servizio ai poveri, valorizzando i mezzi e le strutture più adeguate, unendo capacità amministrativa e fiducia nella Provvidenza, ricorso ai “benefattori” e piena dedizione personale.


3.2.6.3 Seguire Cristo casto


96.“Unione con Dio”, “predilezione per i giovani”, “amorevolezza”, “spirito di famiglia”, sono caratteristiche dello spirito salesiano che parlano della forma salesiana di amare.

Il salesiano fa quotidianamente esperienza dell’amore di Dio che colma la sua vita e vive una castità gioiosa come segno che indica Cristo vivo, risorto, presente nella sua Chiesa, capace di innamorare i cuori.

Egli è convinto che la castità consacrata imprime un originale stile alla sua capacità di amare e lo rende generoso e lieto nel donarsi senza risparmio, libero nel cuore per amare Dio solo e sopra ogni cosa e capace di vivere l’amorevolezza.

Egli impara a diventare testimone della predilezione di Dio per i giovani, educatore capace di incarnare la paternità di Dio verso di loro, in modo che essi “conoscano di essere amati”. Attraverso la carità che sa farsi amare li educa all’amore vero e alla purezza.


Nel contesto di una cultura che sottolinea l’importanza del corpo e non poche volte esaspera la sessualità, l’impegno per la castità e la testimonianza di una umanità equilibrata e felice sono segno della potenza della grazia di Dio nella fragilità della condizione umana. Il salesiano dice con la vita che con l’aiuto del Signore è possibile un orientamento del cuore, una educazione degli affetti e una padronanza di sé che portano ad un’esperienza autenticamente umana di amore a Dio e al prossimo.


97.La formazione alla castità richiede alcune condizioni particolari:


  • educarsi ed educare alla maturità affettiva e all’amore, partendo dal riconoscimento che l’amore occupa il posto centrale nella vita, non si riduce ad una sola dimensione, quella fisica, ma coinvolge la persona in tutti i suoi aspetti, lo psichico e lo spirituale compresi; maturare nella convinzione che il vero amore è sempre orientato all’altro, è oblativo, rende capaci di rinuncia;


  • amare Dio con tutte le forze e in Lui specialmente i giovani a cui è inviato: per questo il salesiano accetta una forma di vita e uno stile di amore educativo e pastorale, che comportano la rinuncia alla vita matrimoniale e a tutto ciò che le è proprio;


  • integrare il bisogno di amare e di essere amato nella capacità di amicizia e di condivisione fraterna, nello spirito di famiglia, nell’amorevolezza del Sistema Preventivo che è capacità di amare e farsi amare;


  • educarsi a un amore verso gli altri fatto di rispetto, di sincerità, di calore umano, di fedeltà e di comprensione, superando le barriere che isolano e gli atteggiamenti che portano a strumentalizzare le persone;


  • rendersi consapevole della propria fragilità e coltivare l’ascesi e la temperanza, mantenendo un equilibrio di fronte alle proprie emozioni e un dominio delle pulsioni sessuali; essere prudente nei contatti interpersonali, nel linguaggio abituale, e nell’uso dei mezzi della comunicazione sociale;


  • invocare l’aiuto di Dio e vivere alla sua presenza; coltivare l’amicizia con Cristo, valorizzare il sacramento della Riconciliazione come fonte di purificazione; affidarsi con semplicità a una guida spirituale; ricorrere con filiale fiducia a Maria Immacolata che aiuta ad amare come Don Bosco amava.





3.2.7 In dialogo con il Signore


98.Nella preghiera il salesiano coltiva, alimenta e celebra la capacità di incontrare Dio nella vita e nel lavoro educativo con i giovani e la gioia nel contemplare Gesù Buon Pastore, Dio Padre come padre dei suoi giovani, e lo Spirito che agisce in loro.

Egli sa che la preghiera è anzitutto docilità allo Spirito e poi esperienza umile, fiduciosa e apostolica di chi congiunge spontaneamente l’orazione e la vita, raggiungendo “quell'operosità instancabile, santificata dalla preghiera e dall'unione con Dio, che dev’essere la caratteristica dei figli di Don Bosco”.


99.Imita Don Bosco che ha vissuto e ha educato i salesiani ad un rapporto semplice, concreto e profondo con Dio. Ha testimoniato un atteggiamento permanente di preghiera e la capacità di orientare ogni cosa alla gloria di Dio, di vivere e operare alla sua presenza, di avere come unica preoccupazione il suo Regno. Seguendo il suo esempio, il salesiano “coltiva l’unione con Dio, avvertendo l’esigenza di pregare senza sosta”.

Il rapporto con Dio e l’interiorità apostolica costituiscono il cuore della sua esperienza e permeano tutto il suo essere, prima ancora di tradursi in attività o in pratiche di pietà. La sua è la preghiera del Da mihi animas, cetera tolle, che trova la sorgente nell’Eucaristia e si esprime nella piena dedizione all’impegno apostolico.


100.Non c’è nulla di speciale e di eccezionale nella forma di preghiera del salesiano. Egli segue l’itinerario di preghiera che la Chiesa offre al buon cristiano. Fa sua la pedagogia della Chiesa che lo conduce a rivivere in sé i misteri della redenzione attraverso le tappe dell’anno liturgico e si lascia evangelizzare dalla Parola.

Come Don Bosco, vive con intensità di fede le pratiche di pietà ordinarie: esse sono per lui “oltre che mezzi di santificazione personale, momenti di allenamento per collaborare sempre più intensamente alla trasformazione del mondo secondo il piano di Dio”.

Prega con la sua comunità, che nell’orazione “ravviva la coscienza della sua intima e vitale relazione con Dio e della sua missione di salvezza” e condivide questo atteggiamento di preghiera con la comunità educativa e con la Famiglia salesiana, particolarmente nella celebrazione delle feste.

La sua preghiera porta l’impronta di apostolo ed educatore dedicato al bene dei giovani. Si congiunge con la vita: precede, accompagna e segue l’azione apostolica, è legata ai giovani, per cui e con cui prega.

Proprio per questo la preghiera del salesiano ha uno stile giovanile fatto di semplicità, vivacità, e sincerità. È una preghiera “gioiosa e creativa, semplice e profonda [che] si apre alla partecipazione comunitaria, è aderente alla vita e si prolunga in essa”.


101.Nel dialogo personale e comunitario del salesiano con il Signore devono essere sottolineate alcune espressioni ed eventi di particolare importanza:

La Parola di Dio è la prima sorgente di ogni spiritualità cristiana. Essa alimenta un rapporto personale con il Dio vivente e con la sua volontà salvifica e santificante”.

È per noi fonte di vita spirituale, alimento per la preghiera, luce per conoscere la volontà di Dio negli avvenimenti, e forza per vivere in fedeltà la nostra vocazione”. Proprio per questo il salesiano l’ascolta con fede e umiltà, l’accoglie nel cuore come guida ai suoi passi, la fa fruttificare nella sua vita, e la proclama con gioia.

L’ascolto della Parola di Dio è il momento quotidiano più efficace di formazione permanente”. Esso si attua in modo particolare nella celebrazione dell’Eucaristia e attraverso la pratica della meditazione. La meditazione quotidiana è momento privilegiato di intimità con il Signore, occasione concreta per rendere familiare la Parola di Dio e incarnarla nella vita.


102.La celebrazione dell’Eucaristia è l’atto centrale della giornata del salesiano. In essa egli rende grazie al Padre, fa memoria del progetto di salvezza compiuto dal Figlio, comunica al Corpo e al Sangue di Cristo e riceve lo Spirito che lo rende capace di comunione fraterna e lo rinnova nel suo impegno apostolico.

La presenza dell’Eucarestia nella casa salesiana è per un figlio di Don Bosco motivo di frequenti incontri con Cristo da cui attingere dinamismo e costanza nell’azione per i giovani.

La grazia dell’Eucarestia si estende alle diverse ore del giorno con la celebrazione della Liturgia delle Ore.


103.La celebrazione del sacramento della Riconciliazione costituisce l’espressione più significativa ed efficace del cammino quotidiano di conversione. Esso dona la gioia del perdono del Padre, ricostruisce la comunione fraterna e purifica le intenzioni apostoliche.

Don Bosco ha sottolineato la rilevanza pedagogica del sacramento della Riconciliazione e ha presentato la celebrazione regolare e frequente del sacramento come chiave del progresso spirituale personale e del cammino educativo dei giovani.

Il salesiano ama e fa amare il sacramento della Riconciliazione.


104.La devozione a Maria costituisce per il salesiano un gioioso e forte richiamo a riconoscere e invocare Maria come “modello di preghiera e carità pastorale, maestra di sapienza e guida della nostra Famiglia”; e a contemplare e imitare “la sua fede, la sollecitudine per i bisognosi, la fedeltà nell'ora della croce e la gioia per le meraviglie operate dal Padre”. Sull’esempio di Don Bosco egli si sente impegnato a diffondere una “devozione filiale e forte” per Lei, Immacolata e Ausiliatrice.


105. Alcune attenzioni sostengono ed esprimono l’esperienza orante del salesiano e costituiscono una pedagogia di vita:


  • si esercita a celebrare nel tempo il mistero di Cristo vivendo i vari periodi dell’anno liturgico come momenti che scandiscono le tappe della sua esperienza cristiana e dando rilievo spirituale alla domenica;


  • coltiva la sua fede, approfondisce la conoscenza del mistero cristiano, aggiorna la sua visione teologica e spirituale come motivazione della sua esperienza di preghiera;

  • fa della partecipazione alla liturgia una scuola permanente di preghiera, impara ad ascoltare la voce di Dio e ad accogliere la sua grazia; persevera nella preghiera anche quando attraversa momenti di aridità;


  • celebra la Liturgia delle Ore come prolungamento nella giornata del mistero eucaristico, condividendo con la comunità – nei tempi previsti – la lode del Signore;


  • sviluppa la coscienza della missione apostolica: va ai giovani come inviato dal Signore per agire nel suo nome e non solo per scelta personale; sa che il Signore lo precede; è convinto che il lavoro che compie è un’opera di redenzione, come liberazione dalle diverse forme del male o evangelizzazione delle diverse realtà umane;


  • ama pregare con la sua comunità ed è fedele ai momenti in cui la sua comunità si incontra per la preghiera. Scopre la bellezza di condividere con la comunità le proprie esperienze di fede e le preoccupazioni apostoliche. Praticata con spontaneità e con il comune consenso, questa condivisione “nutre la fede e la speranza, così come la stima e la fiducia reciproca, favorisce la riconciliazione e alimenta la solidarietà fraterna nella preghiera”;


  • trae profitto dall’incontro fraterno e dalla direzione spirituale per il suo cammino di preghiera;


  • valorizza le opportunità e gli stimoli che favoriscono una preghiera comune e personale viva e rinnovata, che superi i rischi di formalismo, di logorio e di passività che spesso minacciano le forme comuni e obbligatorie di preghiera.


106.L’esperienza spirituale del salesiano trova nell’azione apostolica forti stimoli ed è soggetta, allo stesso tempo, ad alcuni rischi. Il salesiano è chiamato a vivere la grazia di unità, evitando “ogni dicotomia tra interiorità e impegno pastorale, tra spirito religioso e compito educativo o qualunque fuga verso forme di vita che non rispondano al consiglio di Don Bosco: lavoro, preghiera, temperanza”.

Il salesiano vigila affinché il suo dinamismo spirituale non subisca rallentamenti o arresti, la sua vita spirituale non sia minacciata dalla superficialità o dalla dispersione. A questo scopo si impegna a camminare nello Spirito, ad operare mosso dall’interiorità apostolica e a coltivare una vita unificata.






ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


1.1

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1.1.1 La vita comunitaria

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107.La comunità coltivi uno stile di comunicazione fraterna e di condivisione dell’esperienza vocazionale che stimoli lo spirito di famiglia, l’aiuto vicendevole e la capacità di correzione fraterna. Si dia qualità alle diverse modalità d’incontro e condivisione: il dialogo sulla missione, il discernimento comunitario, la preghiera in comune, il “giorno della comunità”, l’elaborazione del progetto educativo-pastorale, la programmazione, la revisione di vita, lo studio degli orientamenti della Chiesa e della Congregazione, i momenti di verifica della fraternità, della povertà, della preghiera, dei valori della spiritualità salesiana, ecc.


1.1.2 La vita secondo i consigli

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L’obbedienza salesiana


108.Ogni confratello partecipi all’elaborazione del progetto educativo-pastorale salesiano locale e ispettoriale e si renda idoneo al lavoro d’insieme.


109.“Fedele alla raccomandazione di Don Bosco, ogni confratello si incontra frequentemente con il proprio superiore in un colloquio fraterno”. “I confratelli in formazione iniziale faranno una volta al mese il colloquio con il superiore previsto dall'articolo 70 delle Costituzioni”.


La povertà salesiana


110.Tutti i confratelli vivano la povertà “come distacco del cuore e generoso servizio ai fratelli, con uno stile austero, industrioso e ricco di iniziative”; coltivino la solidarietà con i poveri, operando per la giustizia e la pace, specialmente con l’educazione dei bisognosi.

La comunità locale e ispettoriale verifichi con la frequenza che riterrà opportuna, il proprio stato di povertà circa la testimonianza comunitaria e i servizi resi. Studi i mezzi per un continuo rinnovamento”.


111.Durante la formazione iniziale si faccia in modo che il confratello:

– compia con responsabilità i suoi doveri, si impegni seriamente nello studio e si renda disponibile per il disbrigo dei lavori manuali richiesti dalla comunità;

assuma un atteggiamento solidale con il mondo dei giovani e dei poveri, anche con esperienze concrete;

– cresca nella responsabilità nell'uso del denaro, si abitui a dar conto delle sue spese e sia reso opportunamente partecipe dell’amministrazione della comunità;

sia introdotto nella conoscenza degli aspetti economici e si abiliti a utilizzare responsabilmente gli strumenti di gestione amministrativa necessari alla missione.


La castità salesiana


112.Fin dai primi anni della formazione si assicuri, attraverso il dialogo personale e l’accompagnamento di tutta l’esperienza formativa, un’educazione personalizzata della sessualità, che aiuti a conoscerne la natura veramente umana e cristiana nonché il fine nel matrimonio e nella vita consacrata; che porti alla stima e all’amore per la consacrazione e faccia “crescere in un atteggiamento sereno e maturo nei confronti della femminilità”.


113.I confratelli, opportunamente aiutati, assumano consapevolmente l’ascesi che la castità consacrata comporta. In particolare:

verifichino se gli atteggiamenti e i comportamenti verso gli altri, donne e uomini, e verso i giovani sono coerenti con le scelte della vita religiosa salesiana e la testimonianza che le è propria;

accolgano le eventuali correzioni fraterne;

sappiano fare un uso equilibrato del tempo libero, dei mezzi di comunicazione sociale e delle letture; e siano prudenti nel fare visite e nel partecipare a spettacoli.

Per favorire il dono della castità salesiana la comunità coltivi un clima di fraternità e di famiglia tra i confratelli e nei rapporti con i giovani.


1.1.3 In dialogo con il Signore

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114.La vita spirituale del salesiano è sostenuta dalla pedagogia liturgica della Chiesa, dalla partecipazione “piena, consapevole e attiva” alle celebrazioni e da una permanente educazione liturgica comunitaria. Ogni confratello abbia a cuore la dignità del culto divino, il rispetto degli orientamenti liturgici, la sensibilità per il canto, i gesti i simboli.


115.L’Eucaristia occupa un posto centrale nella vita quotidiana del salesiano e della comunità. Attraverso di essa si esprime e si consolida il significato della consacrazione apostolica nella conformazione a Cristo, nella comunione fraterna e in un rinnovato slancio apostolico.

“Tutti i confratelli saranno fedeli alla celebrazione quotidiana dell’Eucaristia”.


116. Si coltivi la familiarità con la Parola di Dio, vera scuola di formazione permanente, attraverso il contatto continuo, la lettura orante, lo studio e la condivisione comunitaria.


117.Nella vita personale e comunitaria si sottolinei il valore educativo e formativo del Sacramento della Riconciliazione secondo la nostra spiritualità. La frequenza della sua celebrazione “deve essere determinata d'accordo con il proprio confessore, secondo la tradizione dei maestri di spirito e le leggi della Chiesa” Normalmente, i religiosi “solleciti della propria unione con Dio, si sforzino di accostarsi al sacramento della [Riconciliazione] frequentemente, cioè due volte al mese”. Durante la formazione iniziale, data l’incidenza che può avere l’accompagnamento del confessore sul discernimento vocazionale e sull’intera esperienza formativa, i confratelli abbiano un confessore stabile e ordinariamente salesiano.


118.La celebrazione della Liturgia delle Ore, adeguatamente curata, contribuisce a consolidare l’atteggiamento di preghiera e l’unione con Dio. “I soci celebreranno ogni giorno, possibilmente in comune, le Lodi e il Vespro”. I confratelli diaconi e presbiteri siano fedeli agli “obblighi assunti con la loro ordinazione”, partecipando – con la celebrazione delle diverse Ore – alla lode incessante che la Chiesa eleva al suo Signore.


119.Si curi con particolare attenzione l’educazione alla preghiera personale e all’orazione mentale, la partecipazione e l’animazione dei ritiri e degli esercizi spirituali annuali, momenti fondamentali della pedagogia spirituale del salesiano, che stimolano l’atteggiamento di rinnovamento e consolidano l’unità di vita.La comunità destinerà almeno tre ore al ritiro mensile e una giornata intera, convenientemente preparata, al ritiro trimestrale. Ogni anno i soci faranno sei giorni di esercizi spirituali, secondo le modalità stabilite dal Capitolo ispettoriale”.


120.La Commissione ispettoriale per la formazione e i Direttori aiutino i confratelli a curare la qualità della preghiera personale, in modo speciale la meditazione, fatta in comune almeno per mezz’ora, favorendo la conoscenza e la pratica di metodi adeguati alle caratteristiche della nostra spiritualità.


121.Lungo l’anno siano messe nel dovuto rilievo le feste mariane secondo lo spirito della liturgia e si valorizzino le espressioni devozionali mariane tipiche della Famiglia Salesiana, specialmente il santo Rosario.

Si celebrino con gioiosa partecipazione le feste e le memorie dei Santi e Beati della Famiglia Salesiana, lodando il Signore per il dono della santità diffuso nella nostra Famiglia spirituale e ricevendone stimolo alla imitazione.


122.Si curino momenti di condivisione della preghiera con i giovani e con i laici.


123.Metodi e stili di preghiera, testi e altri sussidi conservino la caratteristica salesiana della preghiera intimamente congiunta all'azione; aprano “a una equilibrata spontaneità e creatività sia personale che comunitaria” ed educhino a una particolare sensibilità verso le forme giovanili, popolari e festive. Contribuiscano a ravvivare lo spirito delle diverse celebrazioni e ad evitare gli effetti della routine.






3.3 LA DIMENSIONE INTELLETTUALE



3.3.1 Motivi e urgenza


124.Una formazione intellettuale robusta e costantemente aggiornata, fondata su studi seri, che maturi e coltivi la capacità di riflessione, di giudizio e di confronto critico con la realtà, è indispensabile per vivere in forma adeguata la vocazione salesiana.

La società in continuo mutamento richiede persone con una mentalità aperta e critica, in atteggiamento di ricerca, disposte ad imparare e ad affrontare il nuovo, abili nel distinguere il permanente dal mutevole, inclini al dialogo e capaci di discernimento.


Solo un approccio intelligente della realtà e una visione aperta alla cultura, ancorata nella Parola di Dio, nel sentire ecclesiale e negli orientamenti della Congregazione, conduce il salesiano ad una scelta e ad un’esperienza vocazionale solidamente motivata e lo aiuta a vivere con consapevolezza e maturità, senza riduzionismi né complessi, la propria identità e il suo significato umano e religioso. Diversamente c’è il pericolo di smarrirsi di fronte alle correnti di pensiero o di rifugiarsi in modelli di comportamento e forme di espressione superati o non coerenti con la propria vocazione.


125.Nella società odierna, sotto la spinta della nuova evangelizzazione, il salesiano avverte il bisogno di contribuire secondo il suo carisma al dialogo fra cultura e fede, di individuare metodi più appropriati di annuncio della Parola di Dio. Ora questa penetrazione del Vangelo nella cultura e nella società presuppone che si sia approfondito il mistero di Dio, la vocazione dell’uomo e le condizioni attuali in cui si sta svolgendo la vita.

In particolare il salesiano, chiamato a operare nel campo giovanile, sente il bisogno di conoscerlo e di abilitarsi per un intervento educativo e pastorale adeguato ed efficace. Ciò richiede attenzione e riflessione costante e la capacità di tradurre in progetti concreti la missione educativa. È indispensabile una acquisire illuminata mentalità pastorale, competenza pedagogica e professionalità.


126. Inoltre, nella realizzazione della missione, attuata insieme a laici competenti, al salesiano è affidato il ruolo di orientatore pastorale, primo responsabile dell’identità salesiana delle iniziative e delle opere, animatore e formatore di adulti corresponsabili nel lavoro educativo.

Questo compito, che può avere espressioni diverse secondo le opere e i ruoli, richiede da lui una conoscenza maggiore, teorica e pratica dei problemi giovanili e delle vie dell’educazione, la capacità di interagire con gli adulti su problemi di vita e di fede, di comunicare e orientare, di proporre autorevolmente mete e itinerari educativi.

Suppone anche un vissuto più convinto dello spirito salesiano, una conoscenza riflessa e organica del Sistema Preventivo e una maggior consapevolezza della propria identità.


127.Nel trapasso culturale in cui viviamo, è quanto mai necessario vincolare la testimonianza religiosa con i valori dell’uomo e con le sfide che provengono dalla cultura. “All’interno della vita consacrata c’è bisogno di rinnovato amore per l’impegno culturale, di dedizione allo studio come mezzo per la formazione integrale e come percorso ascetico, straordinariamente attuale, di fronte alla diversità delle culture”.



3.3.2 Natura della formazione intellettuale


128.La dimensione intellettuale è quindi una componente fondamentale della formazione, sia iniziale che permanente. Si tratta di una formazione intellettuale strettamente collegata con le altre dimensioni della formazione: formazione religiosa e professionale, carità pastorale e competenza pedagogica si richiamano a vicenda; lo sforzo di qualificazione e di professionalità è integrato nell’esperienza vocazionale.

Lo studio e la pietà – scrisse Don Bosco ad un confratello – ti faranno un vero salesiano”, quasi a dire, in altre parole: “Cultura e spiritualità faranno di te un autentico e competente educatore pastore dei giovani”.


129.La capacità intellettuale e, in particolare, la capacità di riflessione, di discernimento, di giudizio sono attitudini il cui sviluppo va continuamente curato.

Va sottolineato che la formazione intellettuale è anzitutto una maniera di vivere e di lavorare imparando dalla vita, mantenendosi aperti alle sfide e agli stimoli della situazione (cultura, Chiesa, Congregazione), dedicando tempo alla riflessione e allo studio e valorizzando i mezzi e le proposte; è operare nel quotidiano con capacità di attenzione e di discernimento, abilitandosi a svolgere con competenza il proprio lavoro; è curare un ambiente comunitario che stimola il confronto e l’approfondimento e favorisce un operare pensato, programmato, verificato.

La convinzione di Don Bosco, un tempo, e della Congregazione, oggi, è che una seria preparazione intellettuale aiuta in modo insostituibile a vivere coerentemente l’indole propria della vocazione salesiana e la sua missione.


130.La formazione intellettuale del salesiano comprende la formazione di base, cioè gli studi che fanno parte delle diverse fasi della formazione iniziale, la specializzazione o professionalizzazione, e la formazione permanente.

Un posto speciale occupa la formazione intellettuale durante la formazione iniziale, specialmente in alcuni periodi. Essa tende ad assicurare una preparazione e una qualificazione di base, una mentalità pedagogica pastorale aperta e critica, una visione salesiana intelligente e fondata, un atteggiamento permanente di riflessione e di studio.


Ogni salesiano, coadiutore o presbitero, acquista e coltiva una solida base culturale. D’altra parte, la vocazione specifica incide sull’ordinamento degli studi, precisandone le scelte, l’orientamento e la pianificazione. Per i salesiani candidati al presbiterato il curriculum specifico è determinato dalla Chiesa secondo le esigenze del proprio contesto culturale.


La formazione di base tiene presente la situazione di partenza dei candidati, una situazione diversificata, qualche volta fragile nei contenuti, nella prospettiva e nel metodo di studio, altre volte già professionalmente qualificata.



3.3.3 Scelte che qualificano la formazione intellettuale del salesiano


131.La formazione intellettuale del salesiano è orientata da alcune scelte qualificanti, che sono da assumere già nell’impostazione della formazione iniziale (curriculum, programmi, metodo, ecc.).



3.3.3.1 Caratterizzazione salesiana


I Regolamenti evidenziano in modo esplicito il rapporto tra identità e formazione intellettuale del salesiano quando affermano: “La missione salesiana orienta e caratterizza in modo proprio e originale la formazione intellettuale dei soci a tutti i livelli. Quindi l’ordinamento degli studi armonizzi le esigenze della serietà scientifica con quelle della dimensione religiosa apostolica del nostro progetto di vita”. Perciò, non è indifferente la scelta dell’impostazione, del curriculum e del centro di studi per la formazione dei confratelli, se si vuol assicurare la qualificazione pedagogico-pastorale richiesta dalla vocazione salesiana, e non si può delegare ad istanze non salesiane l’orientamento degli studi.



3.3.3.2 Interazione di teoria e prassi e sintonia con la congiuntura storica


132.La formazione intellettuale abilita al confronto con le situazioni storiche, specialmente con la condizione giovanile, viste in chiave educativa e pastorale; essa qualifica per il discernimento pastorale, e rende capaci di orientare persone, progetti e processi in coerenza con gli obiettivi della missione.

Richiede per sua natura una vera iniziazione alla metodologia dell’azione apostolica. La si può sinteticamente indicare con l’espressione “riflessione sulla prassi”, interazione di teoria e prassi; lo studio e la riflessione sono motivati e stimolati dalla vita reale e la prassi è illuminata e guidata dalla riflessione e dallo studio.



3.3.3.3 Impostazione organica e unitaria


133. L’unità e l’organicità che caratterizzano tutto il processo formativo qualificano anche la dimensione intellettuale al servizio di un’esperienza personale unificata e di una adeguata comprensione della missione.

In un contesto culturale che non sembra privilegiare il riferimento ad alcuni criteri fondamentali e appare segnato dal pluralismo e dalla complessità, è indispensabile la proposta di un sapere unificato che renda possibile una visione fondata, critica e aperta. Tale sapere unificato e organico nasce dalla sintesi attiva dei contenuti propri alle diverse discipline e ai diversi approcci e da un metodo di insegnamento e di studio che stimola l’interiorizzazione e la sintesi.

Esso porta il salesiano a comprendere l’originalità della sua vocazione, che suppone costantemente il delicato riferimento della natura alla grazia, della scienza alla fede, dell’ordine temporale al Regno di Dio.



3.3.3.4 Continuità


134.Anche la formazione intellettuale va impostata in prospettiva di formazione permanente, affinché maturi l’abito della riflessione e dello studio, l’apertura al confronto, l’attenzione agli orientamenti ecclesiali e salesiani, l’impegno di qualificazione.

La continuità della formazione intellettuale aiuta il salesiano a conoscere e vivere con una certa connaturalità i nuovi sviluppi della storia e ad impegnarsi apostolicamente in essa. La costante promozione dell’intelligenza abilita ad imparare in forma progressiva, rende capaci di valorizzare i momenti e le occasioni di aggiornamento senza limitarsi a ciò che è previsto istituzionalmente, e condiziona decisamente la missione del salesiano educatore pastore dei giovani.



3.3.3.5 Inculturazione


135.L’attenzione all’inculturazione deve essere presente in tutte le dimensioni della formazione. L’inculturazione infatti tocca il rapporto tra la persona, le sue radici e la sua caratterizzazione culturale, e la vocazione; interessa l’incarnazione del carisma e la realizzazione della missione educativa pastorale nei diversi contesti. In questa prospettiva e di fronte a questo compito deve collocarsi anche la formazione intellettuale e la programmazione degli studi.

Fondata sui principi indicati dalla Chiesa, che si collegano con il mistero dell’incarnazione e con l’antropologia cristiana, e basata su di una solida piattaforma filosofica e teologica, una formazione intellettuale inculturata e al servizio dell’inculturazione non si riduce ad un semplice adattamento ai contesti, ma raggiunge la persona nelle sue radici e nel quadro di riferimento che porta in sé, abilita ad un confronto intelligente e critico con la realtà, mentre sottolinea contenuti particolari di riflessione e di studio.


136. Nello “stabilire il modo di attuare la formazione secondo il proprio contesto culturale” si curerà perciò che nell’impostazione degli studi sia presente la prospettiva dell’inculturazione. Essa interessa, in particolare, la formazione filosofica, l’impostazione teologica e pastorale, la dimensione dell’evangelizzazione, l’azione missionaria e il dialogo ecumenico, i rapporti inter-religiosi, il metodo e la spiritualità salesiana.

Negli studi del postnoviziato, nei quali si dà ampio spazio alle scienze dell’uomo, la formazione filosofica, stabilito il nucleo fondamentale di affermazioni che sono connesse con la rivelazione cristiana, è aperta ad un sano pluralismo in relazione alle varie culture. Evitando presentazioni giustapposte e sincretistiche, offre una sintesi originale inculturata.

La formazione teologica (teologico-pastorale, morale, spirituale, liturgica, ecc.), attenta alle sfide che presenta la nuova evangelizzazione nei diversi contesti e alle diverse forme di incarnazione del ministero pastorale, domanda di assumere l’inculturazione come criterio e strumento di ogni riflessione e metodologia pastorale, per preparare educatori ed evangelizzatori abilitati ad essere mediatori del rapporto tra Vangelo e cultura in sintonia con la Chiesa.

La riflessione e lo studio devono accompagnare anche l’inculturazione dei valori del carisma e della spiritualità salesiana, aiutando ad incarnarne i contenuti e le modalità caratteristiche nelle varie culture e indicando “i modi diversi di vivere l’unica vocazione salesiana”.



3.3.4 Ambiti culturali


137.L’esperienza vocazionale e la missione salesiana, nella sua unità e negli elementi che la costituiscono, si fa criterio privilegiato anche per la scelta degli ambiti culturali, la loro interna strutturazione e i loro rapporti. Oltre ad una solida cultura di base, essa richiede un adeguato approccio teologico, filosofico e pedagogico, particolare attenzione ad alcuni aspetti della realtà e lo studio della “salesianità”.



3.3.4.1 Una solida cultura di base


138.Per essere in grado di confrontarsi ed entrare in dialogo con persone di diverse esperienze e competenze, è necessario che ogni salesiano abbia come base minima il livello di studi che si richiede da chiunque abbia compiuto un ciclo di istruzione normale nel paese e sia capace di organizzare il suo sapere in una sintesi significativa e comunicabile.

È la stessa situazione contemporanea ad esigere sempre più dei maestri che siano veramente all’altezza della complessità dei tempi e siano in grado di affrontare, con competenza e con chiarezza e profondità di argomentazioni, le domande di senso degli uomini d’oggi, alle quali solo il Vangelo di Gesù Cristo dà la piena e definitiva risposta”.

Occorre dunque che il salesiano abbia una cultura, cioè un insieme di conoscenze, significati e valori, ampia, aperta e allo stesso tempo critica, e che sia qualificato il più possibile in ciò che ha riferimento con la missione salesiana. Come educatore-pastore dei giovani, si richiede da lui che sia in grado di animare effettivamente altri educatori e i collaboratori laici.


Considerando l’universalità della Congregazione, la composizione delle Regioni e dei gruppi di Ispettorie e le tendenze odierne del mondo, si vede oggi anche la convenienza di includere nel bagaglio culturale l’apprendimento a livelli utili di una o più lingue, oltre la propria, per superare le barriere linguistiche e per creare spazi di maggiore comunicazione e collaborazione.




3.3.4.2 L’approfondimento della fede attraverso la teologia


139.Una qualificazione di base nelle scienze teologiche e un costante aggiornamento in esse porta il credente ad una comprensione adeguata del mistero cristiano, a vivere con consapevolezza il rapporto tra Vangelo e cultura, e lo abilita a rispondere alle domande che ad essa rivolgono le mutevoli situazioni e l’evoluzione culturale.

La teologia è al servizio della fede, della sua dimensione ecclesiale e della sua inculturazione. È indissolubilmente connessa con la vita e storia del Popolo di Dio e con il Magistero che orienta il suo cammino; ha uno spiccato carattere vitale e una rilevante incidenza sulla missione della Chiesa e in particolare sulla vita spirituale e sul ministero pastorale dei suoi membri.

Conseguentemente la riflessione teologica aiuta il salesiano a sviluppare l’amore a Gesù Cristo e alla sua Chiesa, dà solido fondamento alla vita spirituale, qualifica per la missione educativo-pastorale. L’attuale situazione richiede che già nelle fasi iniziali della formazione – ma non solo in esse – ci sia un buon radicamento della fede sia in termini di una conoscenza intellettuale delle verità, sia in termini di una esperienza di vita basata sul Vangelo. Speciale attenzione si deve prestare anche alla teologia della vita consacrata.



3.3.4.3 Una coerente visione dell’uomo, del mondo e di Dio attraverso la filosofia


140.Lo studio della filosofia è indispensabile per giungere ad una valida comprensione e interpretazione della persona, della sua libertà, e delle sue relazioni con il mondo e con Dio, indispensabile per avere una adeguata capacità di riflessione e di valutazione critica della realtà.

Aiuta infatti a maturare una visione coerente in cui trovano composizione e armonia i dati molteplici dell’esperienza, a cogliere la dimensione di verità e a garantirne la certezza in un contesto in cui spesso si esalta il soggettivismo come criterio e misura della verità. Si presenta come base necessaria per il dialogo tra scienze teologiche e scienze dell’uomo, per una comprensione critica delle diverse culture, per garantire i presupposti razionali del mistero cristiano, e per permettere un discernimento delle forme culturali attraverso cui si propone l’annuncio evangelico.



3.3.4.4 Le scienze dell’uomo e dell’educazione


141.Le scienze dell’uomo, come la sociologia, la psicologia, la pedagogia, le scienze dell’economia e della politica, le scienze della comunicazione sociale offrono una più profonda comprensione dell’uomo, dei fenomeni e delle linee evolutive della società. Sono indispensabili per chi è chiamato per vocazione a inculturare il Vangelo nella realtà giovanile.

Per il salesiano, che durante la formazione assimila la prassi educativa e la saggezza pedagogica della Congregazione, le scienze dell’educazione risultano elemento insostituibile di qualificazione vocazionale e professionale e hanno un posto privilegiato per il loro collegamento con il campo e gli obiettivi specifici della missione salesiana. E la catechesi, che integra profondamente la preoccupazione pastorale e la sensibilità pedagogica, gode di una sua centralità, perché l’annuncio di Cristo ai giovani è la nostra ragion d’essere come salesiani.


L’influsso sempre più vasto e profondo della comunicazione sociale in quasi tutti gli aspetti della vita, i settori di attività e i rapporti nella società rende necessaria la formazione del salesiano nel campo della comunicazione, che lo abilita alla conoscenza degli strumenti, dei loro linguaggi e del loro uso, acquisendo senso critico e capacità metodologica ed educativa, per una più efficace comunicazione del messaggio.


Per assicurare una efficace azione educativa e pastorale è pure importante che il salesiano abbia una conoscenza della realtà socio-politico-economica in cui vive e opera e si confronti con le attuali complesse problematiche del mondo del lavoro, i problemi sociali, le nuove povertà, la dottrina sociale della Chiesa.



3.3.4.5 La “salesianità”


142.Coltivare l’identità vocazionale, approfondire la ricchezza carismatica del Fondatore, vivere in sintonia con la coscienza della Congregazione e con gli orientamenti che essa si dà per camminare in fedeltà al progetto vocazionale ed esprimerlo in modo adeguato ai tempi e alle circostanze, comporta una comprensione e perciò uno studio intelligente, aggiornato e costante della spiritualità, della pedagogia, della pastorale e della storia della Congregazione.

È compito permanente di ogni salesiano coltivare l’intelligenza della propria vocazione e assumere la mens della Congregazione, consolidando la propria identità e rendendosi capace di comunicare e proporre i valori del carisma salesiano.



3.3.5 Specializzazione e professionalità


143.Oltre alla solida qualificazione di base, la nostra vocazione richiede un’adeguata competenza professionale, che comporta spesso una specializzazione. D’altra parte, il contesto e i campi in cui operiamo e i ruoli che assumiamo esigono con frequenza il riconoscimento ufficiale delle qualifiche. Assicurata quindi la formazione di base, si rende necessaria un’ulteriore qualificazione e specializzazione.

Se è vero che si può acquistare una competenza in un determinato settore attraverso la vita e il lavoro, oggi è particolarmente necessaria una conoscenza adeguata e una preparazione specifica per dare qualità alla prassi quotidiana ed evitare l’improvvisazione e la superficialità operativa.

La specializzazione valorizza i doni personali in vista dell’azione apostolica e ha lo scopo di abilitare il salesiano ad un servizio contrassegnato da professionalità e competenza.

Ogni salesiano si qualifica per i compiti educativo-pastorali e per il ruolo che gli è affidato, specialmente quando si tratta di responsabilità di animazione, di governo e di formazione nella comunità locale e ispettoriale.


144.Nella scelta della specializzazione vengono considerate le attitudini e propensioni del confratello, ma criterio fondamentale e prioritario rimane la missione concreta della Congregazione. In tal senso la specializzazione non viene programmata per raggiungere finalità individuali, ma per rispondere alle esigenze dei progetti apostolici.

È l’Ispettoria che, nella sua programmazione e più specificamente nel Piano ispettoriale di qualificazione e specializzazione dei confratelli, stabilisce le aree e le priorità di specializzazione e ne indica le modalità di attuazione.

Essa offre poi al confratello specializzato continuità e stabilità nell’attività per cui è stato preparato e anche la possibilità di aggiornamento. Dal canto suo, il confratello valorizza la sua preparazione al servizio della comune missione.



3.3.6 Centri di studio per la formazione


145.L’impostazione e le caratteristiche degli studi richiesti per la formazione intellettuale del salesiano trovano una risposta istituzionale nei centri di studio. La scelta del centro di studi risponde ai criteri della formazione salesiana. Per questa ragione i Regolamenti generali invitano le Ispettorie che sono in grado di farlo ad avere un proprio centro di studi.


Esiste di fatto in Congregazione una diversità di strutture per gli studi del postnoviziato e della teologia: il centro salesiano, integrato con una comunità formatrice (“studentato”) o funzionante indipendentemente, il centro non salesiano o il centro gestito in corresponsabilità con altri.

Molti centri salesiani sono aperti a studenti non appartenenti alla Congregazione.

Tra i diversi tipi di centri di studio è da preferire il centro salesiano che offre una impostazione degli studi con prospettiva salesiana, evidenziando il carattere pastorale e pedagogico, favorisce l’integrazione tra progetto formativo globale e formazione intellettuale e il rapporto tra salesiani studenti e docenti; si dovrà assicurare il rapporto tra centro studi e comunità.


146.È compito degli Ispettori attendere con cura ai centri di studio, preoccuparsi della loro finalità salesiana e della qualità del servizio accademico, e fornire i mezzi necessari. La consistenza qualitativa e l’adeguato funzionamento di un centro di studi esige soprattutto la cura del suo corpo docente e quindi che si programmi il quadro degli organici e si preveda la preparazione, la stabilità, l’impiego razionale e il necessario ricambio del personale; che si sottolinei la salesianità come punto di convergenza e si qualifichino docenti per quei settori culturali che caratterizzano salesianamente il centro; che si favoriscano il contatto e il coinvolgimento dei docenti nell’azione e nella riflessione della Congregazione e dell’Ispettoria.

È da tener presente anche che i centri salesiani possono offrire all’Ispettoria e alla Chiesa locale un servizio qualificato di animazione spirituale, pastorale e culturale: iniziative per l’aggiornamento dei confratelli, dei membri della Famiglia Salesiana e dei laici; prestazioni di consulenza per organismi ispettoriali e inter-ispettoriali; ricerche, pubblicazioni, elaborazione di sussidi; iniziative varie in collaborazione con organismi ecclesiali e religiosi.

Un centro di studi costituisce per una Ispettoria un’esigenza talvolta gravosa. È consigliabile dunque e spesso necessaria la collaborazione tra diverse Ispettorie.

Quando non sia possibile la frequenza ad un centro salesiano di studi, né al livello ispettoriale né al livello inter-ispettoriale, la scelta del centro viene fatta in base ai criteri formativi, assicurando le condizioni e seguendo il procedimento indicati dalla Ratio. In ogni caso, per tale scelta si dovrà prendere in considerazione le situazione dell’Ispettoria, il numero dei salesiani studenti, la vicinanza o meno di centri salesiani e il contesto ecclesiale.


147.Tra i vari centri di studio salesiani, occupa un posto di privilegio l’Università Pontificia Salesiana che ha una missione particolare al servizio della Chiesa e della Congregazione per la qualificazione del personale. “L’attuale sviluppo della Congregazione e la sua espansione mondiale, le sfide della missione e l’esigenza di qualità nella sua espressione pedagogico-pastorale, la prospettiva della nuova evangelizzazione e dell’inculturazione, la cura della comunione e l’attenzione alle diverse espressioni del nostro carisma rendono di grande importanza e attualità la funzione dell’UPS nel quadro della realtà salesiana”.

L’UPS ha un rapporto particolare con alcuni centri salesiani di studio sotto la forma della affiliazione e della aggregazione. Si tratta di un’esperienza costruttiva e utile al servizio della qualità accademica, del confronto e della collaborazione, del ruolo dei docenti.



3.3.7 Alcune indicazioni per promuovere la formazione intellettuale


148.L’impegno per la formazione intellettuale deve essere una costante nella vita del salesiano. Tale impegno trova stimolo ed espressione concreta in alcuni atteggiamenti che egli deve coltivare:

  • il salesiano fa sì che l’entusiasmo per la sua vocazione, generato dalla carità pastorale, diventi una forte motivazione per la sua formazione intellettuale. Nutre amore per lo studio, vi dedica tempo e valorizza le opportunità che gli sono offerte, vedendo in esso uno strumento efficace per la missione;


  • cura una visione di sintesi tra fede, cultura e vita, tra educazione ed evangelizzazione, tra valori secolari e pastorale;


  • vive la formazione intellettuale come autoformazione, specie nella prospettiva della formazione permanente, cioè come atteggiamento e impegno personale, valorizzando la riflessione, la condivisione e il confronto in gruppo;


  • consapevole delle esigenze della missione, si impegna a sviluppare autentici interessi culturali; a mantenere l’identità vocazionale salesiana come criterio di orientamento dei propri sforzi per aggiornarsi e maturare intellettualmente; ad acquisire una mentalità di riflessione e di discernimento di fronte ai segni dei tempi e ai nuovi fenomeni emergenti nelle culture giovanili;


  • trova nella comunità, sia al livello ispettoriale che al livello locale, stimolo e aiuto per la sua formazione intellettuale; essa infatti si proietta come ambiente ricco di valori salesiani, aperto alla vita e alla cultura. Di particolare aiuto è la riflessione sulla prassi nell’ambito del Progetto Educativo-Pastorale Salesiano, fatta insieme con la CEP;


  • nella formazione iniziale, assume la responsabilità per la propria formazione intellettuale. Affronta con generosità e senso apostolico l’ascesi richiesta dalla serietà degli studi, la fatica del lavoro scientifico, la diligenza e la concentrazione. Prende parte attiva alla scuola, nei gruppi e nelle diverse iniziative accademiche e culturali e valorizza l’incontro con i docenti. Interiorizza le motivazioni e le finalità di ogni disciplina e attività scolastica in cui è impegnato;


  • è introdotto nella metodologia dell’azione apostolica, e sa collegare l'esercitazione pastorale con la formazione intellettuale, al servizio di una esperienza integrale che evita i rischi dell'astrattezza e dell'immediatismo.




ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


Obiettivi e caratterizzazione


149.La missione salesiana orienta e caratterizza in modo proprio e originale la formazione intellettuale dei soci a tutti i livelli. Quindi l’ordinamento degli studi armonizzi le esigenze della serietà scientifica con quelle della dimensione religiosa apostolica del nostro progetto di vita”.

Sia offerta ad ogni confratello una solida formazione intellettuale teologica, pedagogica e professionale, attenta alle diverse forme vocazionali e secondo le norme stabilite dalla Chiesa.


150.Attraverso una costante riflessione sulla prassi, l’apporto complementare delle varie discipline di studio e l’acquisizione delle necessarie competenze, il salesiano si formi una mentalità pedagogica pastorale e si abiliti ad affrontare adeguatamente i compiti e le sfide proprie della missione.


151. La preparazione intellettuale deve formare nel salesiano una mentalità “aperta e critica” che lo renda capace di comprendere la situazione, specialmente quella dei giovani e dei poveri; sviluppi in lui lo spirito di iniziativa, lo induca “a seguire il movimento della storia e ad assumerlo con la creatività e l'equilibrio del Fondatore”.


Impegno personale per la formazione intellettuale


152.Ogni salesiano coltivi la riflessione personale e comunitaria sulla prassi e l’abito della lettura; approfitti delle opportunità di aggiornamento offerte dalla comunità locale, dall’Ispettoria e dalla Chiesa; curi la qualificazione culturale richiesta dal suo compito di educatore dei giovani, dal suo ruolo di animatore e dalle sfide del contesto, rendendosi sempre più atto al compimento della missione comune.

Ogni confratello ricerchi con i superiori il campo di qualificazione più confacente alle sue capacità personali e alle necessità dell'Ispettoria, preferendo quanto concerne la nostra missione. Conservi la disponibilità caratteristica del nostro spirito e sia pronto a periodiche riqualificazioni”.

A livello di Congregazione


153. Gli studi in Congregazione vengono regolati:

dai documenti della Chiesa, riguardanti sia direttamente che indirettamente la formazione intellettuale dei religiosi e gli studi ecclesiastici;

dalle Costituzioni e dai Regolamenti generali, dai Capitoli Generali, dal Rettor Maggiore col suo Consiglio, da questa Ratio e dai Direttorî ispettoriali approvati.


154. In Congregazione la formazione intellettuale è sotto la diretta competenza del Rettor Maggiore col suo Consiglio. Viene curata specificamente dal Consigliere Generale per la formazione al quale competono i seguenti servizi:

la promozione degli studi esigiti dall'indole propria della Congregazione;

– l’attenzione alla preparazione del personale e la verifica del Piano ispettoriale di qualificazione e riqualificazione dei confratelli;

– la cura dei centri salesiani di studi per la formazione e del personale che opera in essi;

– la valutazione della scelta di centri studi non salesiani per la formazione e delle affiliazioni dei centri salesiani di studi a istituzioni salesiane e non salesiane.


155. I centri superiori di studio, come accademie o facoltà di teologia, di filosofia e di pedagogia, dipendenti dalla nostra Congregazione, devono ispirarsi, per quanto si riferisce agli studenti salesiani, ai criteri e alle direttive di questa Ratio.


156.Si favorisca lo studio dell’italiano come strumento per la conoscenza delle fonti, la lettura dei documenti e come elemento di comunicazione in Congregazione, specie nei contatti o incontri di livello internazionale.

Si stimoli anche lo studio di altre lingue che possono servire alla comunicazione pastorale e salesiana.


A livello ispettoriale


157. Ai fini dell’unità della formazione intellettuale il Direttorio ispettoriale - sezione formazione contenga gli orientamenti e le scelte fondamentali per gli studi, tenendo presenti le norme della Congregazione, le esigenze della missione e del contesto ispettoriale; contenga anche le indicazioni relative ai centri di studio frequentati dai confratelli nelle diverse fasi della formazione e la loro caratterizzazione. Il Progetto ispettoriale di formazione indichi in modo più concreto quanto si riferisce al curriculum di studi.


158. L’Ispettoria elabori il Piano ispettoriale di qualificazione e specializzazione dei confratelli in base ai criteri indicati dal Direttorio e come parte del Progetto ispettoriale di formazione. Lo verifichi e riveda periodicamente attraverso la CIF. Il Piano sia presentato al Consigliere Generale per la formazione.


Nella formazione iniziale


159. La preparazione intellettuale costituisce un elemento integrante della formazione iniziale in tutte le fasi. Essa ha un particolare rilievo nella programmazione generale e nell’investimento del tempo durante l’immediato postnoviziato (almeno due anni) e nella formazione specifica sia dei salesiani avviati al presbiterato (quattro anni), sia analogamente nella formazione specifica dei salesiani coadiutori (almeno un anno).


160. Durante la formazione iniziale si deve sottolineare l’impostazione salesiana degli studi e si deve coltivare lo studio graduale e sistematico delle discipline specificamente salesiane.


Riguardo all’impostazione salesiana degli studi si curi:

– la prospettiva fondamentale e unificante della formazione dell’educatore pastore salesiano;

– la rispondenza effettiva dei piani di studio alle esigenze della vita e della missione salesiana;

– la presenza di confratelli adeguatamente preparati che, a partire dal proprio ambito di qualificazione, aiutino i confratelli studenti a cogliere il taglio salesiano degli studi e siano in grado di sensibilizzare i responsabili dei centri non salesiani in questa linea.

Riguardo allo studio delle materie specificamente salesiane:

– si promuova uno studio graduale e sistematico delle discipline salesiane (storiche, pedagogiche, spirituali e le linee fondamentali della Pastorale Giovanile Salesiana) attuando quanto stabilito nel Direttorio ispettoriale - settore formazione e nel Progetto ispettoriale di formazione;

– quando si frequenta un centro salesiano ordinariamente la responsabilità è condivisa tra le autorità accademiche e quelle della comunità formatrice;

- quando si frequenta un centro non salesiano, questo compito è assunto dalla comunità formatrice, a meno che non sia assolto dallo stesso centro.


I responsabili della formazione intellettuale


161.Il confratello in formazione deve ritenersi il primo responsabile della sua preparazione intellettuale. Perciò:

– frequenti regolarmente le lezioni e prepari diligentemente colloqui, dissertazioni scritte ed esami;

sia aperto al confronto e alla condivisione in gruppo e partecipi attivamente alle iniziative accademiche e culturali del proprio centro di studi;

– si sforzi, con l’aiuto dei docenti, di maturare nella riflessione e imparare un metodo di studio secondo lo spirito della formazione permanente.


162. Il Direttore e gli altri formatori s’impegnino nell’accompagnare la formazione intellettuale del confratello, si mantengano informati, dialoghino con i responsabili degli studi, compiano periodiche verifiche.

Sia garantita nella comunità formatrice la presenza di confratelli qualificati, possibilmente docenti, che aiutino ad unificare studi ed esperienza formativa.


163. Il confratello docente, consapevole della sua specifica funzione formativa, mostri interesse per il cammino intellettuale degli studenti, promuova lo sviluppo delle loro capacità, tenendo presenti gli obiettivi e le esigenze pastorali e pedagogiche dell’azione salesiana.

Subordini gli eventuali servizi culturali e apostolici a livello di Ispettoria o di Chiesa locale a quelli che è chiamato ad offrire ai confratelli studenti. Si impegni in un sistematico sforzo di aggiornamento della propria qualificazione.


164. I docenti non salesiani, ecclesiastici, religiosi o laici, chiamati a prestare il loro servizio in centri salesiani, siano scelti tenendo presenti la loro idoneità scientifica e pedagogica, i criteri e le condizioni indicate dalla Chiesa e dalla Congregazione, in particolare la sintonia con gli orientamenti ecclesiali e la testimonianza di vita.


La metodologia


165. La metodologia degli studi e dell’insegnamento dia spazio a una valida impostazione antropologica e ad istanze di interdisciplinarità, a metodi che favoriscono la capacità di riflessione, di dialogo e di confronto, la maturità critica e l’atteggiamento di formazione intellettuale permanente. Professori e studenti attendano con serietà al lavoro intellettuale e procedano secondo prospettive di sintesi in funzione di una mentalità pastorale pedagogica.


166. Nell’impostazione del lavoro accademico:

– si preveda un numero sufficiente di ore di lezione nei corsi istituzionali per lo svolgimento della materia in programma e le indicazioni generali per lo studio personale;

– si istituiscano “seminari” ed esercitazioni per stimolare l'attiva partecipazione degli alunni;

– i professori comunichino un metodo serio di lavoro scientifico;

si favorisca in diversi modi lo studio personale.


Centri di studio per la formazione


167. Esiste di fatto in Congregazione una diversità di strutture per gli studi del postnoviziato (frequentati in alcuni casi anche dai prenovizi) e della teologia:

– il centro salesiano di studi integrato con una comunità formatrice (“studentato”) o funzionante indipendentemente dalla comunità formatrice; in entrambi i casi il centro può essere frequentato da studenti salesiani e da altri religiosi, diocesani o laici;

– il centro non salesiano, ecclesiastico o civile, frequentato da confratelli membri di una comunità formatrice; in alcuni casi il centro è gestito dai salesiani in collaborazione con altri Istituti o con la Diocesi.


168. Tra i due tipi di centri di studi sopra indicati – centro salesiano e centro non salesiano – si scelga ordinariamente il centro salesiano. Questa scelta sottolinea l’importanza di una impostazione che favorisce l’integrazione e la convergenza tra la formazione intellettuale e la formazione globale nella prospettiva salesiana.

Tale convergenza può verificarsi sia nella forma della comunità formatrice con un proprio centro studi (“studentato”), sia nella forma della separazione tra comunità formatrice e centro salesiano di studi, sempre che vi sia stretta collaborazione tra le due istanze per il raggiungimento del comune obiettivo formativo.

Il centro salesiano offre anche il vantaggio formativo della condivisione di riflessione e di vita tra confratelli docenti e confratelli studenti, e di un servizio qualificato alla formazione permanente nell’Ispettoria.


169. La preferenza per il centro salesiano non significa che esso debba essere riservato solo ai salesiani. Gli stessi Regolamenti invitano ad aprire i nostri centri “nella misura del possibile anche agli esterni, religiosi e laici, per un servizio alla Chiesa particolare”.

Questa apertura, che deve salvaguardare l’identità e le condizioni di qualità del centro, comporta anche vantaggi formativi quali la condivisione, la collaborazione e una maggior presenza di studenti.


170. “Le Ispettorie in grado di farlo abbiano il proprio centro di studi per la formazione dei confratelli e per servizi qualificati di animazione spirituale, pastorale e culturale”.

Si sostengano i centri salesiani di studi, se ne assicuri la qualità accademica e formativa, la consistenza delle équipes e la continuità del personale qualificato. Per il cambio di confratelli che formano parte del corpo docente stabile di un centro salesiano di studi l’Ispettore proceda d’intesa con il Consigliere per la formazione.

Si pianifichino, secondo la consistenza e la struttura del centro, i vari ruoli e organismi accademici (preside, consiglio, collegio dei professori, assemblea degli studenti...) e se ne curi il retto funzionamento. Ogni centro studi salesiano abbia i propri statuti e regolamenti ispirati alla Ratio.


171. Vi sia una decisa e seria collaborazione a livello inter-ispettoriale per costituire centri salesiani di studio per la formazione e assicurarne le condizioni, soprattutto quando non sia possibile farlo a livello ispettoriale.


172. Si favoriscano forme e iniziative di comunicazione fra centro di studi e comunità salesiana: incontri delle autorità accademiche con quelle religiose, dei professori con gli studenti, ecc.

Nel caso dello “studentato”, tenendo presente la situazione concreta, siano sempre adeguatamente distinte e armonicamente collegate le competenze del centro studi (regolamento, organi accademici, ambienti, finanziamento) e quelle proprie della comunità formatrice, secondo le norme delle Costituzioni e Regolamenti generali.

Si assicuri pure un collegamento istituzionalizzato tra il centro di studi, la comunità formatrice e l’Ispettoria in cui è inserito. Questo collegamento può essere concepito sotto forma di:

– “incontri periodici” tra le autorità del centro studi e la comunità formatrice (Preside e Direttore) con l'Ispettore ed eventualmente il suo Consiglio, per affrontare problemi di rilievo attinenti alla formazione intellettuale, al corpo docente, alla programmazione ed esecuzione dei piani di studio, alla biblioteca, al settore amministrativo e alla stessa vita del centro studi o dello studentato;

– costituzione di un “organismo direttivo” composto dai responsabili a livello ispettoriale, a livello della comunità formatrice e del centro studi, avente come compito di trattare i problemi di maggior rilievo.


173.“Quando il centro di studi è inter-ispettoriale, le Ispettorie collaborino corresponsabilmente perché raggiunga le sue finalità”.

La collaborazione inter-ispettoriale per lo studentato o il centro di studi suppone la creazione e l’adeguato funzionamento di un organismo di corresponsabilità (ad esempio il “curatorium”) composto dagli Ispettori direttamente interessati, dal Preside, dal Direttore della/e comunità formatrice/i e dall’amministratore e da altri membri stabiliti dallo statuto. Saranno suoi compiti:

– precisare i diritti e i doveri delle Ispettorie partecipanti, il ruolo che spetta all'Ispettore locale e agli altri Ispettori interessati;

– stabilire concretamente gli ambiti e le forme di collaborazione tra il centro studi e le Ispettorie che lo sostengono;

– seguire la programmazione degli studi e dell'attività accademica;

– studiare e dare indicazioni ai superiori competenti in merito al personale insegnante e agli studenti;

– curare che si seguano gli orientamenti e le norme della S. Sede circa i centri di studio ecclesiastici;

– mantenere i collegamenti col Consigliere Generale per la formazione.

174. L’assunzione da parte di una Ispettoria dell’impegno di corresponsabilità nella direzione e gestione di centri di studi portati avanti insieme con altre istituzioni ecclesiastiche o civili deve essere approvata dal Rettor Maggiore. Si faccia in modo che i confratelli ivi impegnati siano adeguatamente qualificati e possano prestare un servizio valido e significativo.


175. È vivamente raccomandato che i centri di studi teologici sia delle diocesi sia degli Istituti religiosi, frequentati dai nostri confratelli, siano affiliati a una Facoltà di teologia.


176. Si richiede l’approvazione del Rettor Maggiore per l’affiliazione di un centro salesiano ad istituzioni non salesiane.


177. L’affiliazione o altre forme di unione dei centri salesiani di studio alle Facoltà dell’Università Pontificia Salesiana sono da favorire. Se adeguatamente curate dal centro stesso e dall’Università, esse vanno oltre l’aspetto amministrativo accademico e contribuiscono a consolidare la qualità degli studi, la qualificazione del personale, il dialogo tra i diversi centri della Congregazione, la comunione di intenti, la collaborazione.

Spetta al Rettor Maggiore, in quanto Gran Cancelliere dell’UPS, dare l’autorizzazione per l’avvio della pratica dell’affiliazione ed elevare la richiesta ufficiale alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dopo che le autorità accademiche competenti hanno compiuto le verifiche necessarie e hanno dato il loro consenso.

I decani delle Facoltà dell’UPS e i responsabili dei centri affiliati informeranno periodicamente il Consigliere Generale per la formazione riguardo all’andamento della affiliazione o di altre forme di unione.


178. Quando non sia possibile la frequenza a un centro salesiano di studi neppure a livello inter-ispettoriale, si scelga quel centro di studi non salesiano che risponde agli orientamenti ecclesiali e che tiene maggiormente in conto le esigenze e le accentuazioni che caratterizzano le singole fasi.

In particolare, per l’immediato postnoviziato si privilegi quel centro studi non salesiano che meglio vincola la filosofia con le scienze dell’uomo; e per la fase della formazione specifica al presbiterato quel centro studi in grado di contribuire maggiormente alla formazione di un prete educatore pastore. Si verifichino periodicamente le condizioni formative dell’esperienza.

La scelta di un centro studi non salesiano richiede un dialogo previo con il Consigliere Generale per la formazione e l’approvazione del Rettor Maggiore.


179. Ogni Ispettoria stabilisca nel Direttorio qual è il centro studi scelto per la formazione dei confratelli, motivandolo in base alla propria situazione.


180. Quando i confratelli frequentano un centro di studi non salesiano, per assicurare il raggiungimento degli obiettivi formativi, si curi secondo le possibilità e le circostanze concrete:

che i confratelli studenti si impegnino individualmente e in gruppo ad assumere in una visione di sintesi e secondo la prospettiva della vocazione salesiana i contenuti culturali proposti dal centro studi ;

che vi sia un rapporto tra i responsabili della comunità formatrice e i responsabili accademici;

che un salesiano competente accompagni la formazione intellettuale dei confratelli che frequentano il centro e, se possibile, vi sia qualche confratello che insegna nel centro studi o che abbia in esso una partecipazione significativa;

che i contenuti di storia, pedagogia, pastorale e spiritualità salesiana siano oggetto di corsi specifici e sistematici, o come parte del curricolo del centro o come proposta interna della comunità formatrice.


Riconoscimento del curriculum di base e altri studi


181. Si faccia in modo che gli studi previsti dal curriculum comune durante la formazione iniziale “siano strutturati in modo da rendere possibile, dove le condizioni lo permettono, il conseguimento di titoli di studio con valore legale”. Il Piano ispettoriale di qualificazione terrà presente questa esigenza.


182. Riguardo alla possibilità di impegnarsi durante la formazione iniziale in altri studi, oltre a quelli previsti dal curricolo comune, anche in vista del conseguimento di titoli, si tenga presente il dovere di assicurare in primo luogo le condizioni richieste dalla fase formativa che si sta vivendo e la priorità della dedizione al curriculum di base. In caso di reale incompatibilità si dia precedenza assoluta all’esperienza formativa.

Quando sia possibile conciliare il rispetto delle esigenze formative e l’impegno per altri studi, il confratello vi si dedichi con responsabilità e sacrificio e l’Ispettore e il Direttore assicurino il necessario accompagnamento e la periodica verifica.


183. Si tenga presente la norma della Congregazione per l’Educazione Cattolica che proibisce la frequenza simultanea come allievi ordinari a più Università o centri di studi superiori durante gli studi filosofici e teologici. Quindi, nelle diverse fasi formative, i formandi siano iscritti come allievi ordinari in un solo istituto di livello universitario.


184. Le Ispettorie che durante la formazione iniziale, prima o dopo il tirocinio, stabiliscono un periodo particolare di anni, non coincidenti con altre fasi formative, affinché confratelli coadiutori o chierici compiano studi di qualificazione, valutino attentamente la situazione formativa del confratello, scelgano con attenzione il centro studi, assicurino al confratello un ambiente comunitario adatto e non lascino mancare un adeguato accompagnamento formativo.




3.4 LA DIMENSIONE EDUCATIVO-PASTORALE


185.Il salesiano si forma per vivere nella Chiesa il progetto di Don Bosco: essere segno e portatore dell’amore di Dio ai giovani, specialmente ai più poveri.

Tutta la formazione è orientata da questa missione e abilita a viverla; perciò la dimensione educativo-pastorale ne costituisce una caratteristica originale. Essa è la destinazione finale e il punto di convergenza delle altre dimensioni formative; ne determina in unità vitale i contenuti, le scelte e i percorsi, e dà a ciascuna di esse un carattere educativo-pastorale.

Così il servizio dei giovani, che è parte integrante della consacrazione apostolica, richiede necessariamente dal salesiano qualità umane, preparazione culturale, competenza professionale e profondità spirituale.

La missione salesiana si ispira al Sistema Preventivo e si realizza nella Pastorale Giovanile Salesiana. Sulla base di questi due elementi – Sistema Preventivo e Pastorale Giovanile Salesiana – si articola la dimensione educativo-pastorale della formazione.



3.4.1 Formare al Sistema Preventivo, incarnazione della missione salesiana


186.Il salesiano educatore e pastore dei giovani si abilita a vivere lo stile di vita e di azione di Don Bosco e dei suoi primi discepoli, lo spirito salesiano, che s’incarna nella esperienza spirituale ed educativa di Don Bosco nell’Oratorio di Valdocco, e che egli chiamò Sistema Preventivo. Esso appartiene alla essenza stessa della nostra missione; può considerarsi quasi la sintesi di quanto Don Bosco ha voluto essere e vivere per i giovani. Per questo costituisce un riferimento essenziale per la formazione salesiana.

La formazione e la realizzazione della missione secondo il Sistema Preventivo comporta:

abilitare ad un’esperienza spirituale che trova la sua sorgente e il suo centro nella carità di Dio, dispone ad accogliere e servire Dio nei giovani, e crea un rapporto educativo con loro per avviarli verso la pienezza della vita;

rendere capace di fare una proposta di evangelizzazione che valorizza il patrimonio naturale e soprannaturale che ogni giovane ha ricevuto da Dio, e in un ambiente accogliente e carico di vita propone un cammino educativo che orienta verso una forma originale di vita cristiana e di santità giovanile, la Spiritualità Giovanile Salesiana;

assumere una metodologia pedagogica caratterizzata da:

  • la presenza amorevole e solidale tra i giovani;

  • l’accettazione incondizionata di ogni giovane e l’incontro personale;

  • l’uso del criterio preventivo per cui si cerca di sviluppare le risorse del giovane mediante esperienze positive di bene;

  • l’appello alle risorse della ragione come ragionevolezza delle proposte e ricchezza di umanità;

  • la religione come proposta a coltivare il senso di Dio insito in ogni persona e sforzo di evangelizzazione cristiana;

  • l’amorevolezza come amore educativo che fa crescere e crea corrispondenza;

  • un ambiente positivo, vivificato dall’animazione degli educatori che operano in corresponsabilità e dal protagonismo degli stessi giovani;

saper esprimere il modello operativo nelle diverse opere e servizi e nelle “nuove forme di presenza salesiana tra i giovani”, in particolare nel Movimento Giovanile Salesiano, in ciascuna secondo la sua peculiarità.



3.4.2 Formare alla Pastorale Giovanile Salesiana, realizzazione del Sistema Preventivo

187.Nello svolgere la missione con fedeltà dinamica, l’esperienza della Congregazione ha maturato una modalità concreta di attuare l’azione educativo-pastorale in mezzo ai giovani secondo il Sistema Preventivo: è la Pastorale Giovanile Salesiana.


La formazione e la realizzazione della missione comportano di assumere gli elementi che definiscono la Pastorale Giovanile Salesiana:

la scelta determinante dei giovani, specialmente dei poveri, che permea tutto il modo di pensare e di agire;

il processo unitario di educazione ed evangelizzazione giovanile, che mira alla salvezza integrale dei giovani nella realtà umana e nella vocazione di figli di Dio (“onesti cittadini e buoni cristiani”), e si articola in quattro dimensioni caratteristiche: la dimensione educativo-culturale, la dimensione dell’evangelizzazione e catechesi, la dimensione dell’esperienza associativa e la dimensione vocazionale;

lo stile specifico dell’animazione e il criterio oratoriano applicato nelle diverse opere e servizi;

– il processo vissuto nella Comunità Educativo-Pastorale (CEP) di cui la comunità salesiana è nucleo animatore, promovendo la corresponsabilità di tutti nel rispetto e nell’integrazione dei diversi ruoli e nell’attenzione al proprio ruolo specifico;

la Pastorale Giovanile realizzata secondo un Progetto (Progetto Educativo-Pastorale Salesiano: PEPS), che è il modo concreto in cui la comunità educativa intende vivere il carisma di Don Bosco, incarnandolo nella propria realtà sociale ed ecclesiale e scegliendo appropriate priorità, obiettivi, strategie e interventi, forme di partecipazione e di verifica.



3.4.3 I valori e gli atteggiamenti propri della dimensione educativo-pastorale


188.Formare l’educatore-pastore salesiano nella prospettiva indicata richiede di maturare e coltivare con particolare attenzione alcuni elementi:



3.4.3.1 La predilezione e la presenza tra i giovani, soprattutto i più poveri


Essere salesiano vuol dire avere un cuore per i giovani, specialmente per quelli che sono più poveri e in pericolo e si trovano ai margini della Chiesa. Coltivare il dono della predilezione per i giovani che spinge a:

andare verso di loro in atteggiamento di amicizia e con capacità di condivisione;

accoglierli senza preclusioni e pregiudizi, riconoscendo e valorizzando quanto essi portano dentro;

camminare insieme con loro, adeguandosi al loro passo e ai loro ritmi di vita;

aiutarli a cogliere la ricchezza della vita e dei suoi valori, attrezzandoli ad affrontare la realtà, e rendendoli consapevoli dei valori permanenti.


La predilezione per i giovani muove il salesiano ad interessarsi degli ambienti popolari in cui essi vivono, a leggere la realtà cogliendola dal loro punto di vista e a reagire ad essa con risposte e progetti significativi per la Chiesa e per il territorio.



3.4.3.2 L’integrazione tra educazione ed evangelizzazione


189.Il servizio che rendiamo ai giovani è l’educazione e l’evangelizzazione “secondo un progetto di promozione integrale dell’uomo, orientato a Cristo, uomo perfetto”, come dicono le Costituzioni. Perciò l’azione educativa e l’azione evangelizzatrice non sono due cammini successivi, ma la preoccupazione pastorale si situa sempre all’interno del processo di umanizzazione, e quest’ultimo è aperto e orientato all’orizzonte del Vangelo.


Questo significa:

partire da una visuale di fede: la vita è un dono in cui Dio si fa presente;

orientare positivamente tutto il processo educativo dei giovani verso l’incontro con Cristo e il suo Vangelo;

promuovere lo sviluppo umano della persona e la promozione sociale dell’ambiente;

fare in modo che i valori evangelici e i dinamismi cristiani animino il processo di maturazione dei giovani (formazione alla libertà responsabile, formazione della coscienza, formazione della dimensione sociale);

promuovere una fede operativa che permei la crescita della persona e della sua cultura così da poter formare in essa una sintesi vitale di fede e di cultura.



3.4.3.3 Il senso comunitario della Pastorale Salesiana


190. L’azione del salesiano a favore dei giovani è sempre un’azione comunitaria, vissuta in corresponsabilità e condivisa nella comunità religiosa e nella comunità educativa pastorale (CEP), nell’ambito della Famiglia Salesiana e del Movimento Salesiano.

Perciò il salesiano matura il senso del “lavorare insieme” secondo la diversità dei compiti e dei ruoli, la consapevolezza di essere parte di un nucleo animatore, la responsabilità di contribuire a “mantenere l’unità dello spirito e stimolare il dialogo e la collaborazione fraterna per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica”.



3.4.3.4 Lo stile di animazione


191.Il nostro stile di operare è quello dell’animazione che richiede di:

porre la fiducia nella persona e nelle sue risorse di bene, così da renderla protagonista e agente principale di tutto ciò che la riguarda;

partire dal punto in cui si trova la persona e aprirla a nuovi orizzonti mediante proposte adeguate, con un rapporto segnato dall’amorevolezza, che crea un clima di libertà e facilita lo sviluppo delle energie;

mantenere profondi rapporti interpersonali in un ambiente sereno e accogliente in cui la persona si sente a suo agio, sa esprimersi e assumere la responsabilità della propria crescita, facendo scelte libere fondate su motivi e valori;

suscitare il coinvolgimento, la partecipazione, la corresponsabilità.



3.4.3.5 La prospettiva di una pastorale organica e la mentalità progettuale


192.La pastorale giovanile salesiana è una pastorale organica perché in essa le diverse attività e gli interventi puntano alla promozione integrale dei giovani e perché nella CEP si condividono le finalità e le linee operative, e si integrano in complementarità gli apporti di tutti.

Essa domanda un modo di pensare e di operare che promuova il collegamento e la convergenza tra tutte le persone e fra tutti gli elementi che intervengono nell’azione educativo-pastorale.

Ciò esige:

una mentalità progettuale, che si esprime nel PEPS;

l’idoneità a operare secondo le diverse dimensioni del Progetto;

  • la capacità di organizzare l’animazione pastorale, in modo che promuova la comunicazione, il coordinamento e il lavoro di équipe.



3.4.4 Alcune linee di formazione educativo-pastorale



3.4.4.1 La qualificazione educativo-pastorale


1.1.4 3.4.4.1.1 L’ascolto del Signore nei bisogni dei giovani

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193.Ispirato dall’esempio di amore e donazione con cui Dio è venuto incontro ai bisogni degli uomini, e imitando Don Bosco che percorreva le strade per raggiungere i giovani nella loro realtà, il salesiano sente nel cuore gli appelli che vengono dai giovani, particolarmente da quelli che si trovano in condizioni di povertà e sofferenza.

Mediante il discernimento, operato con l’aiuto dello Spirito, egli coglie il senso teologico delle sfide che vengono dal mondo dei giovani. Nei loro appelli egli impara a riconoscere la voce di Dio salvatore che lo interpella. Entra così in dialogo con il Signore, porta i giovani dentro questo dialogo e mette tutta la sua vita a loro servizio.

La consapevolezza di essere chiamato e mandato da Dio per incontrarlo nei giovani e impegnarsi per la loro liberazione ed evangelizzazione lo aiuta a formarsi una mentalità di apostolo che dà unità a tutta la sua vita.



3.4.4.1.2 Attenzione al mondo dell’educazione


194.Davanti alle sfide della nuova evangelizzazione, il salesiano sente la necessità di una solida qualificazione e di un forte impegno culturale. Non poche volte sono le stesse istanze civili e legali, le esigenze del mondo dell’educazione e i fenomeni educativi nei campi in cui lavora a richiedere al salesiano di qualificarsi.

Così, la riflessione, lo studio e l’aggiornamento costante costituiscono per lui una responsabilità vocazionale e professionale, in particolare negli ambiti più vicini alla missione salesiana specifica, come la pedagogia e la catechesi.



3.4.4.1.3 La riflessione teologico-pastorale e gli orientamenti della Chiesa


195.Tutta la formazione intellettuale del salesiano è caratterizzata dalla prospettiva pastorale. Egli studia specificamente la teologia pastorale, e nello studio delle altre discipline trova la connessione con l’azione pastorale. Riceve stimolo e illuminazione dagli orientamenti della Chiesa universale e particolare, soprattutto quelli che riguardano il campo della sua missione giovanile.



3.4.4.1.4 L’assunzione degli orientamenti pastorali salesiani


196.Occorre che il salesiano si radichi nel carisma, approfondendo il Sistema Preventivo e la sua traduzione nella Pastorale Giovanile Salesiana, in particolare la Spiritualità Giovanile Salesiana.

È importante che abbia una buona conoscenza degli orientamenti dei Capitoli Generali recenti, e delle linee pastorali indicate dal Rettor Maggiore e dal suo Consiglio, dal Dicastero della Pastorale Giovanile, e dalla sua Ispettoria.

Necessari e utili sono anche gli studi professionali e le specializzazioni nei vari campi della Pastorale Giovanile Salesiana, come pure l’acquisto di competenze e abilità in altri ambiti (l’animazione, la leadership, la dinamica di gruppo).



3.4.4.1.5 La formazione nell’esperienza quotidiana della missione


197.Pur attribuendo il giusto valore e il posto indispensabile alla formazione di base e alle iniziative straordinarie, si deve rilevare che è l’esperienza quotidiana della missione vissuta nella comunità locale e ispettoriale ad offrire al salesiano l’ambiente e il cammino più efficace per la formazione come educatore apostolo salesiano. Nel quotidiano egli fa esperienza di discernimento pastorale, di progettazione e verifica, di corresponsabilità e collaborazione, di preghiera e spiritualità della missione.

È nella stessa comunità educativo-pastorale che impara e si sente spinto a dare una gioiosa testimonianza della sua vita religiosa, comunitaria e apostolica; si impegna a vivere gli elementi fondamentali della sua identità salesiana; collabora lealmente con i diversi organi di corresponsabilità; partecipa attivamente ai processi di formazione in atto nella CEP; e si preoccupa per lo sviluppo della vocazione salesiana nei giovani e nei collaboratori.



3.4.4.2 Le attività pastorali durante la formazione iniziale


198.In linea con la tradizione salesiana, “nel corso di tutta la formazione iniziale – leggiamo nelle Costituzioni – insieme allo studio si dà importanza alle attività pastorali della nostra missione”, anche se, metodologicamente, in alcune fasi prevalgono le attività teoretiche e abilitanti al servizio di specifici obiettivi formativi. Espressione salesiana tipica e qualificata di esperienza formativa pastorale è il tirocinio.


Le attività pastorali hanno lo scopo di sviluppare la dimensione educativo-pastorale. Attraverso di esse, ben programmate ed accompagnate, ci si orienta e si raggiungono alcune specifiche finalità formative:

crescere nella sensibilità verso la situazione dei giovani e acquistare l’abito di percepire la loro realtà dal punto di vista della salvezza;

coltivare le capacità educativo-pastorali, come in particolare l’assistenza salesiana, l’animazione di gruppo;

maturare nella vocazione, misurando le possibilità e le difficoltà che si incontrano nel cammino di identificazione con gli ideali apostolici salesiani. Vivendo concretamente la missione s’impara a verificare gli atteggiamenti, le motivazioni e le capacità e ci si sforza di metterle in sintonia con le esigenze della missione;

integrare nella propria vita i diversi aspetti spirituali, intellettuali, emotivi e operativi dell’esperienza, mirando ad un equilibrio tra lavoro e preghiera, tra azione e contemplazione, tra teoria e prassi, tra attenzione all’individuo e attenzione all’insieme, tra consacrazione e missione;

fare esperienza personale della missione salesiana nelle diverse opere e attività, aprirsi agli orizzonti della Famiglia Salesiana e del Movimento Salesiano e progredire nel senso di corresponsabilità nel lavoro secondo le esigenze della “pastorale organica” e del lavoro di équipe.

199.L’interazione tra teoria e prassi è un elemento metodologico costante del percorso formativo. Da una parte è importante che la prassi abbia una finalità formativa, cioè sia pensata, compiuta e valutata secondo l’intenzione formativa che si propone; allo stesso tempo, la riflessione sull’insieme dei principi e delle idee deve incidere sulla visione e sull’esperienza della persona, sulla sua mentalità e sui suoi criteri di azione, sulle motivazioni che sostengono il suo progetto di vita e il suo approccio alla realtà.

Per assicurare la qualità formativa delle attività pastorali sono da curare alcune condizioni:

che le attività facciano parte del Progetto ispettoriale di formazione, che specifica le responsabilità e le attività educativo-pastorali per le diverse fasi secondo un itinerario diversificato e graduale. Sono da sconsigliare dunque attività individuali o troppo autonome;

che siano in rapporto con la missione salesiana e siano svolte ordinariamente in opere salesiane e in ambienti giovanili dove si può imparare a lavorare con mentalità progettuale, a vivere l’unità organica della Pastorale Giovanile Salesiana, ad operare in comunità e con i laici, ad essere animatore;

che abbiano un carattere formativo; siano commisurate all’età, alla maturità e al bisogno formativo del salesiano e differenziate secondo le diverse forme vocazionali. La programmazione, fatta insieme con i confratelli in formazione, presti attenzione ai vari elementi: l'analisi della situazione, gli obiettivi, i metodi, le strategie, le scadenze e le verifiche;

che vi sia la presenza di una guida qualificata che abbia la competenza sufficiente per valutare le situazioni e l’autorevolezza riconosciuta per stimolare in coloro che accompagna il processo di crescita nei valori;

che si curi una verifica seria e sistematica sia da parte dei confratelli in formazione che da parte dei formatori.




2 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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200. Ogni comunità si confronti ed approfondisca i contenuti della Pastorale Giovanile Salesiana e si mantenga aggiornata sugli orientamenti della Chiesa e la Congregazione.


201. Ogni confratello trova particolari opportunità di formazione permanente:

nella partecipazione responsabile all’animazione della propria comunità educativa pastorale,

nel “lavorare insieme” con i confratelli e con i laici,

nell’impegno per l’elaborazione, la realizzazione e la verifica del progetto educativo- pastorale ispettoriale e locale,

nell’attenzione alle indicazioni pastorali dell’Ispettoria, della Congregazione e della Chiesa.


202.L’Ispettoria preveda per la formazione iniziale un itinerario di attività educativo-pastorali in linea con il Progetto educativo-pastorale ispettoriale e il Progetto ispettoriale di formazione.

L’itinerario prospetti proposte graduali e progressive, con obiettivi formativi precisi, nei diversi settori della pastorale giovanile salesiana. La Commissione ispettoriale per la formazione verifichi periodicamente questo itinerario, in dialogo con la Commissione per la pastorale giovanile.

203. L’itinerario può prevedere attività educativo-pastorali ordinarie, che generalmente si svolgono con frequenza settimanale, e altre attività che hanno un carattere straordinario per il tempo che vi si dedica e per il contesto e le condizioni in cui si svolgono.

Siano indicati gli obiettivi, i metodi, le strategie, la modalità di accompagnamento, di tali attività. Si compiano sistematiche verifiche a livello personale e comunitario.


204. Si faccia in modo che le attività educativo-pastorali rispondano alle seguenti condizioni:

attenzione alla vocazione specifica e alla situazione formativa dell’interessato e coerenza con la fase formativa che sta vivendo e con le esigenze che essa comporta nel campo della vita comunitaria e dello studio;

opportunità di una conoscenza diretta della situazione della pastorale giovanile ispettoriale nei diversi ambienti e secondo le diverse dimensioni del PEPS, e di un contatto con i destinatari propri della missione;

– possibilità di provare le proprie motivazioni e qualità nella realizzazione della missione salesiana;

opportunità di condividere lo spirito e l’azione educativo-pastorale con i laici e i membri della Famiglia Salesiana;

lo stile comunitario della programmazione, attenta al PEPS, della realizzazione e della verifica;

l’accompagnamento della comunità dove si realizzano e di una guida qualificata che aiuti a impostare e valutare l’esperienza e a vivere i valori apostolici che le sono propri;

una verifica formativa secondo i criteri di cui sopra.



3 CAPITOLO QUARTO

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4 LINEE DI METODOLOGIA FORMATIVA

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205.L’identificazione vocazionale salesiana (cap. 2°) è in primo luogo dono dello Spirito, ma è anche compito che coinvolge ogni confratello e ogni comunità in un processo di discernimento e di costante maturazione.

La presentazione della vocazione salesiana ha evidenziato i contenuti da assimilare, le attitudini da possedere e gli atteggiamenti da vivere (cap. 3°). Si tratta di farli passare da proposta a progetto, da valori conosciuti a valori vissuti. Rispondere all’appello di Cristo che chiama personalmente significa rendere reali i valori vocazionali.


206. Dall’esperienza educativa salesiana fin dai tempi di Don Bosco e dagli orientamenti della Chiesa e della Congregazione emergono indicazioni di metodologia formativa; si tratta di convinzioni, criteri e condizioni che appaiono indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi del processo formativo e per coltivare in forma continua la vocazione.

Sono indicazioni da calare nelle diverse situazioni e da rendere attuabili in esse. Diverse sono infatti le situazioni vocazionali e formative nelle Ispettorie, diverse le possibilità e le sfide, diversa quindi - per certi aspetti - l’impostazione della formazione iniziale e l’animazione della formazione permanente.

Sono indicazioni che impegnano ogni salesiano e sollecitano la responsabilità delle Ispettorie e dei più diretti responsabili dell’animazione della formazione.

Alcune linee metodologiche si riferiscono in modo particolare alla formazione iniziale che ha una impostazione specifica stabilita dalle Costituzioni con mete, momenti, contenuti, interventi e responsabilità previste.


207. Pur tenendo presente la diversità di situazioni, sono strategicamente importanti le seguenti linee e attenzioni metodologiche: una formazione che raggiunga la persona in profondità attraverso un’esperienza tutta vissuta in chiave formativa secondo un progetto organico e un cammino graduale; la cura dell’ambiente formativo e il coinvolgimento attivo e corresponsabile di tutti i protagonisti; la qualità formativa di alcuni aspetti dell’esperienza; l’attenzione all’accompagnamento e al discernimento.



4.1 RAGGIUNGERE LA PERSONA IN PROFONDITÀ


208.La formazione, come atteggiamento personale e responsabilità comunitaria, come progetto educativo e pedagogia di vita, ha per scopo l’assimilazione personale dell’identità salesiana per una sua espressione fedele e creativa in ogni momento dell’esistenza.

Diventare o essere salesiano non comporta semplicemente un’identificazione operativa, cioè il voler lavorare per i giovani come Don Bosco; è, più ancora, un’identificazione interiore, la sequela Christi secondo la grazia propria del carisma di Don Bosco. Dalla configurazione con Cristo scaturisce la missione e nella missione si realizza la configurazione con Cristo.

L’identificazione vocazionale avviene nel cuore della persona, al livello più intimo di affetti, sentimenti, convinzioni, motivazioni, e non si limita alla assunzione o trasmissione di contenuti e comportamenti. Pertanto, “la formazione dovrà raggiungere in profondità la persona stessa, così che ogni suo atteggiamento o gesto, nei momenti importanti e nelle circostanze ordinarie della vita, abbia a rivelarne la piena e gioiosa appartenenza a Dio”. Non si tratta di adattamento o adeguamento, ma di interiorizzazione.

Il testo costituzionale fa consistere il metodo formativo nel fare esperienza dei valori della vocazione e i Regolamenti generali affermano che “l’assimilazione dello spirito salesiano è fondamentalmente un fatto di comunicazione di vita”.


209.Raggiungere la persona in profondità implica anzitutto di partire dalla realtà della persona; una realtà comunicata, conosciuta e interpretata dal punto di vista della vocazione salesiana. È indispensabile costruire sulla base di una conoscenza vera e adeguata della persona nel suo presente e nel suo passato, evitando pregiudizi o supposizioni ingenue e illusioni, e aiutare ognuno a dirsi tutta la verità su se stesso e ad individuare ciò che ha bisogno di purificazione e di crescita.

Raggiungere la persona in profondità nella prospettiva formativa salesiana significa poi confrontare la persona con l’identità vocazionale, con i suoi elementi integranti e con le motivazioni che la sostengono, con l’identità espressa nel progetto costituzionale e incarnata nella realtà della Congregazione; significa costruire un profondo senso di appartenenza.

Solo quando il salesiano si lascia interpellare da Dio nel profondo del cuore, si identifica dal di dentro con i criteri e i valori vocazionali e sa rinunciare agli atteggiamenti che vi si oppongono, fonda il proprio progetto e unifica la propria vita attorno a motivazioni vere e autentiche, la formazione ha raggiunto il suo scopo fondamentale.

Questa formazione dal di dentro è certamente dono dello Spirito ma viene favorita da un’adeguata pedagogia. È un compito e un criterio valido sia per ogni salesiano, che deve curare il cuore della propria esperienza, sia per coloro che animano e accompagnano l’esperienza vocazionale.




4.2. ANIMARE UNA ESPERIENZA FORMATIVA UNITARIA SECONDO UN PROGETTO ORGANICO

210.Le Costituzioni invitano il salesiano ad attribuire efficacia formativa alle attività ordinarie e a “vivere con impegno formativo qualunque situazione”; allo stesso tempo indicano un cammino che va dal primo orientamento verso la vita salesiana all’impegno definitivo da vivere in un dinamismo di fedeltà e perseveranza.


La formazione parte dalla realtà della persona del salesiano, una realtà in continuo sviluppo, e ha come meta la sua identificazione con la vocazione salesiana, così da poterla vivere con gioia e in pienezza. Il percorso attraverso cui si svolge quest’esperienza formativa è molteplice e diversificato nei soggetti e negli operatori, nei momenti, negli interventi, nei contenuti, nelle espressioni. In particolare la formazione iniziale è segnata da fasi diverse, è vissuta in comunità e con responsabili differenti; prevede esperienze, verifiche, impegni successivi.

L’efficacia della formazione richiede che i diversi aspetti e momenti, le situazioni, i compiti, i rapporti, le valutazioni, che configurano l’esperienza formativa, vengano visti e vissuti come elementi di un unico processo, di un’unica proposta, di un’azione coordinata e convergente. Evitando il rischio di fare della formazione una somma di interventi disorganici e discontinui, affidati all’azione individuale di persone o gruppi.


211.Emerge così l’importanza del progetto - una visione d’insieme e una convergenza attorno a punti chiave - tutto centrato sulla formazione integrale del salesiano. Esso abbraccia armonicamente la responsabilità della persona, gli atteggiamenti da assimilare, la pluralità degli ambienti, la diversità degli interventi, l’azione complementare dei responsabili, e sa concatenare in una continuità progressiva le varie fasi della formazione iniziale e le varie stagioni della vita del salesiano.

In ogni livello la formazione deve essere perciò impostata secondo un progetto organico e unitario, vissuta con mentalità di progetto, portata avanti da un soggetto unitario e dalla convergenza dei diversi agenti. A livello ispettoriale, in particolare, è necessario che esista un progetto, come piano generale di intervento.

Tutti i membri della comunità ispettoriale, specialmente gli animatori e formatori, partecipano in questo processo di riflessione e condivisione sulla formazione, basandosi sugli orientamenti ecclesiali e salesiani e dando attenzione alle sfide della propria situazione socio-culturale e alla condizione delle persone. L’incarnazione dell’identità salesiana nel contesto richiede una buona conoscenza dei valori da incarnare e una lettura continua e aggiornata della situazione, cosi’ da poter arrivare ad un prudente discernimento.


212.Il progetto non si limita a segnalare le grandi mete e le linee generali di formazione. Include anche l’elaborazione specifica di ogni fase, in termini di obiettivi, strategie, programmazione di interventi e processo di verifica.

I contenuti, le esperienze, gli atteggiamenti, le attività, i momenti forti vengono pensati, programmati e indirizzati secondo lo scopo di ogni fase e di tutta la formazione, attraverso una pedagogia che supera il pericolo della frammentazione e dell’improvvisazione o di un agire non finalizzato e convergente.


Questa impostazione fa sì che il passaggio da una fase ad un’altra venga segnato dal raggiungimento degli obiettivi più che dal trascorrere del tempo o dal curriculum di studi, e che una fase prepari la seguente e questa si costruisca sulla base della precedente. Il ritmo di crescita vocazionale viene mantenuto senza cadute di tensione ed è sostenuto da impegni crescenti e da verifiche tempestive.

L’attenzione alla persona e alla sua maturazione richiede che al processo formativo si assicuri il tempo necessario. “Si deve quindi trovare un giusto equilibrio tra la formazione di gruppo e quella di ciascuna persona, tra il rispetto dei tempi previsti per ciascuna fase della formazione e il loro adattamento al ritmo di ciascuno”.


213.È compito del salesiano assumere sin dall’inizio un chiaro atteggiamento formativo, capire le finalità dell’intero processo e dei singoli momenti, vivere il passaggio da una fase all’altra facendo propri responsabilmente gli scopi del nuovo momento formativo, tracciarsi mete e percorsi concreti, verificare e condividere l’attuazione del progetto formativo personale.

È compito dei formatori assumere e tradurre le indicazioni del progetto ispettoriale e far sì che la proposta formativa sia fatta propria dal candidato, che la vive in comunità con responsabilità.


È in questa ottica che i diversi aspetti e i diversi momenti, le situazioni, i compiti, i rapporti, le valutazioni, che configurano il processo formativo lungo gli anni, vengono visti e vissuti come elementi di un’unica esperienza integrale personalizzata, di una proposta accolta e interiorizzata, di una sfida condivisa da tutti gli agenti, di un itinerario pedagogico animato dall’amore alla vocazione e dalla docilità allo Spirito.


Più che un testo da attuare, il progetto è l’espressione e lo strumento di una comunità che vuole operare insieme al servizio del cammino formativo di ogni confratello.




4.3ASSICURARE L’AMBIENTE FORMATIVO E IL COINVOLGIMENTO DI TUTTI I CORRESPONSABILI


214.L’esperienza vocazionale e formativa è esperienza dialogale, esperienza accompagnata e guidata, che impegna personalmente il candidato e coinvolge la comunità.

Essa parte da un presupposto fondamentale, cioè dalla volontà di compiere insieme un processo di discernimento, di opzione e di fedeltà vocazionale con un atteggiamento di comunicazione aperta e di sincera corresponsabilità, attenti alla voce dello Spirito e alle mediazioni concrete. È necessario quindi che vi sia un dialogo vocazionale permanente tra il confratello e la comunità a vari livelli, e che entrambi assumano la propria responsabilità e mettano in atto le strategie necessarie.



4.3.1 La persona del salesiano


215.Ogni confratello riconosce di essere personalmente chiamato da Dio alla vita consacrata salesiana. È una chiamata ad amare Dio con tutto il cuore e ad amare i giovani con carità pastorale, cercando la loro salvezza.

La carità pastorale è quindi la motivazione che fonda l’impegno della formazione e dà significato alle rinunce, agli sforzi, all’ascesi e alla disciplina che la formazione comporta. E non è solamente il punto di partenza; è anche la meta della formazione. La carità non è mai sviluppata nella sua pienezza: si è sempre in formazione!


216.Spinto dalla carità, ognuno diventa “protagonista necessario e insostituibile della sua formazione che è sempre un’auto-formazione. Infatti nessuno può sostituire la persona nella sua libertà e responsabilità”.

Il salesiano assume questo compito, prendendo come punto di riferimento la Regola di vita e coinvolgendosi nell’esperienza quotidiana e nel cammino formativo della comunità. Acquista una conoscenza sempre più profonda di sé, coltiva i diversi aspetti della sua persona e si impegna ad essere strumento duttile nelle mani del Signore per il compimento della missione. Assume l’ascesi e affronta le lotte che comporta la fedeltà alla vocazione.

Una delle forme concrete per esprimere la propria responsabilità nella formazione è avere il progetto personale di vita. In esso ciascun confratello delinea il tipo di salesiano che si sente chiamato ad essere e il cammino per diventarlo, sempre in sintonia con i valori salesiani; periodicamente verifica – in dialogo con il suo Direttore – il progresso nel raggiungimento del suo obiettivo.


217.Il salesiano non è solo di fronte a questa responsabilità formativa. Anzitutto vive in atteggiamento di dialogo con Dio. Riconosce che l’iniziativa della sua consacrazione apostolica risiede nella chiamata di Dio. Si lascia guidare dallo Spirito di Gesù che è il primo e principale agente della sua formazione e plasma nel suo cuore i sentimenti del Figlio. “Docile allo Spirito Santo, sviluppa le sue attitudini e i doni della grazia in uno sforzo costante di conversione e di rinnovamento”.

218.Guarda a Don Bosco Fondatore come padre, maestro e guida nella sua esperienza formativa, anzi come suo modello. Scopre in lui il nucleo originario del carisma salesiano, e nutre per lui una “simpatia”, un “sentire comune”, una consonanza intima di valori e di ideali.

Segue con amore e fedeltà gli orientamenti della Chiesa, “generatrice ed educatrice di vocazioni”, e trova la via sicura nella sua fedeltà al successore di Pietro e al suo magistero.

Accoglie le indicazioni e gli stimoli della Congregazione, comunità carismatica, che cura costantemente la fedeltà a Cristo, alla Chiesa e al genuino pensiero di Don Bosco.

Si mantiene in dialogo costante con la comunità locale ed ispettoriale, anch’esse mediazioni dell’azione formativa del Signore e responsabili del progetto vocazionale salesiano in un territorio. Partecipando attivamente al cammino comunitario, che è un farsi discepoli insieme, accoglie il ruolo di coloro che hanno la missione di accompagnarlo, orientarlo e guidarlo.


Allo stesso tempo, nella misura del suo impegno di formazione, egli è anche agente di crescita per i suoi fratelli e la sua comunità.



4.1

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4.1.1 4.3.2 La comunità ambiente della formazione

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219.“L’assimilazione dello spirito salesiano – leggiamo nei Regolamenti – è fondamentalmente un fatto di comunicazione di vita” e questa comunicazione ha come contesto naturale la comunità, locale e ispettoriale. Don Bosco educatore ha curato il rapporto personale, ma appare soprattutto come formatore di un ambiente ricco di rapporti e di figure educative, di proposte e di stimoli (momenti, interventi, ritmi, celebrazioni, ecc.), creatore di uno stile e di una pedagogia di vita, comunicatore di un progetto da vivere insieme, animatore di una comunità con una chiara fisionomia e con punti di riferimento stabiliti. La comunità di Valdocco, improntata al Sistema Preventivo, offre un ambiente che accoglie, orienta, accompagna, stimola ed esige.

La consistenza comunitaria e la qualità della comunità come ambiente di formazione salesiana costituiscono una esigenza metodologica determinante al servizio della personalizzazione della formazione. Non si tratta evidentemente di una formazione vista come adattamento o adeguamento ad un luogo, ma di un ambiente che presenta le condizioni per incidere qualitativamente sul cammino vocazionale e formativo della persona.


4.3.2.1 La comunità locale


220.La comunità locale è “il naturale ambiente di crescita vocazionale… dove il confratello si inserisce con fiducia e collabora con responsabilità. La vita stessa della comunità, unita in Cristo e aperta alle esigenze dei tempi, è formatrice”.

Come ambiente e soggetto collettivo di formazione, la comunità:

promuove una rete di autentici rapporti personali e di lavoro e crea un clima che accompagna la crescita di ciascuno;

offre una pedagogia di vita, fatta di condivisione fraterna, slancio apostolico corresponsabile, preghiera comune, e stile autentico di vita evangelica, che diventa stimolo vocazionale;

dimostra un’attenzione particolare per la crescita vocazionale di ciascun confratello;

favorisce la sintonia con la vita della Chiesa e della Congregazione e l’apertura al coinvolgimento con la Famiglia Salesiana e i laici;

formula il proprio progetto formativo in linea con il progetto ispettoriale.


221.La comunità locale è il nucleo animatore di un ambiente più ampio e diversificato di vita salesiana e di formazione a livello locale, che è la comunità educativo-pastorale, orizzonte di condivisione della missione e dello spirito salesiano tra confratelli, laici e giovani.

La stessa comunità educativo-pastorale è formativa in quanto:

nello scambio vicendevole tra i diversi membri, il salesiano si apre a tutta la ricchezza dell’esperienza vissuta, particolarmente del contesto e della cultura giovanile;

nell’atto stesso di comunicare la sua esperienza di consacrato e di accogliere la ricca testimonianza di vita e di fede dei laici, egli diventa più consapevole della sua vocazione e si sente sfidato a vivere con maggiore fedeltà, maturità e gioia.

Oltre ai programmi di formazione reciproca e insieme, la comunità prende coscienza che l’impegno quotidiano nella comunità educativo-pastorale, con la rete di rapporti tra le persone e la sinergia operativa nell’elaborazione, nell’esecuzione e nella verifica del PEPS, è uno spazio privilegiato di autentica crescita e intensa formazione permanente. Naturalmente tale formazione reciproca richiede dal salesiano un atteggiamento di apertura e di rispetto e la capacità di dare fiducia.



4.3.2.2 La comunità formatrice


222.Ogni comunità salesiana è ambiente di formazione, ma vi sono comunità pensate appositamente per la formazione iniziale: sono le comunità chiamate specificamente “formatrici”.

Seguendo gli orientamenti ecclesiali, i candidati durante il periodo di formazione risiedono “in comunità dove non deve mancare nessuna delle condizioni richieste per una formazione completa: spirituale, intellettuale, culturale, liturgica, comunitaria e pastorale”.

La comunità formatrice, “prima che essere un luogo, uno spazio materiale, rappresenta uno spazio spirituale, un itinerario di vita, un’atmosfera che favorisce ed assicura un processo formativo”. È una famiglia unita, nella quale formatori e formandi uniti nella fede in Cristo e nell’amore per Don Bosco, nella carità, la mutua stima e la convergenza degli sforzi, cercano di rivivere “l’esperienza del gruppo dei Dodici uniti a Gesù”.

In quanto “comunità educativa in cammino”, essa si caratterizza per un progetto che fa convergere tutto verso un’unica finalità: la formazione del salesiano. In un clima di corresponsabilità, tutti si impegnano a vivere insieme valori, obiettivi, esperienze e metodi formativi, programmando, verificando e adeguando periodicamente la propria vita, il proprio lavoro e le esperienze apostoliche alle esigenze della vocazione.

Condizione indispensabile e punto strategico determinante per costruire un’atmosfera formativa, per tradurre in prassi il progetto comunitario e per operare con una pedagogia adeguata è l’esistenza di équipes formatrici consistenti, integrate da educatori preparati, che offrono contributi diversi secondo le loro qualità, la loro esperienza e competenza. I formatori, infatti, occupano una posizione chiave, che determina lo spirito e l’intera efficacia dell’opera formativa.


223.La comunità formatrice assicura le condizioni per la personalizzazione dell’esperienza, la varietà e la pluralità di espressioni, l’integrazione e il confronto di sensibilità e valori – in particolare quando è interispettoriale o internazionale. Per stimolare l’apporto di tutti, essa favorisce il coinvolgimento nell’elaborazione del progetto comunitario e della programmazione, il lavoro di gruppo, la revisione di vita e altre forme articolate di incontro e di partecipazione. Ogni membro assume qualche servizio utile alla vita della comunità e alla crescita della comunione.


Nella comunità formatrice ci si aiuta a vicenda con l’amicizia, la testimonianza, il consiglio e il servizio. Dall’esempio dei formatori, i formandi comprendono che alla comunione di spirito si arriva soltanto attraverso un paziente lavoro di rinuncia a se stessi e di apertura agli altri.

La vita comunitaria è strutturata con una ragionevole flessibilità nell’orario e nella distribuzione delle attività della giornata per educare all’uso personale e alla valorizzazione del tempo e per favorire lo spirito di iniziativa.


Tenendo come criterio determinante la prospettiva vocazionale e formativa, la comunità formatrice mantiene contatti significativi con le famiglie dei formandi, coltiva atteggiamenti di apertura verso i membri della Famiglia Salesiana, si inserisce nel contesto ecclesiale e sociale.


224.Per poter compiere adeguatamente la sua missione la comunità formatrice ha bisogno di consistenza quantitativa e qualitativa. Comunità troppo esigue o troppo numerose costituiscono una sfida per la pedagogia formativa. La consistenza numerica può favorire la convivenza e il confronto, moltiplicare i rapporti, rendere possibile la molteplicità di espressioni nei diversi ambiti della vita comunitaria. D’altra parte, un numero troppo elevato di presenze, se non si danno le condizioni formative richieste, può rendere difficile la partecipazione e la responsabilizzazione dei singoli, il rapporto formativo personale, la conoscenza e l’accompagnamento dell’esperienza, e può favorire l’adeguamento esteriore non interiorizzato, una certa massificazione. La consistenza qualitativa richiede persone capaci di presenza, di animazione, di accompagnamento e orientamento formativo, di attenzione a orizzonti più ampi.

La responsabilità di assicurare un ambiente formativo adeguato, non solo per il numero dei membri ma anche per la consistenza delle équipes, consiglia e richiede in alcuni casi che si uniscano le forze fra le Ispettorie e si costituiscano comunità di carattere inter-ispettoriale.

Nelle comunità che fanno capo a più Ispettorie deve essere assicurata la corresponsabilità formativa in modo stabile, attraverso il “curatorium” o altre istanze e strumenti, e attraverso la presenza di formatori delle diverse Ispettorie. Deve pure essere curato il senso di appartenenza alla propria Ispettoria mediante le visite frequenti dell’Ispettore o di altri confratelli, lo scambio di notizie e ogni altro mezzo e occasione di comunicazione e altre forme possibili di contatto.



4.3.2.3 IL CENTRO DI STUDI


225. Il centro di studi forma parte integrante dell’ambiente formativo. In esso tutti sono coinvolti in un unico progetto che ha come fine la formazione, anche se il contributo del centro è prevalentemente intellettuale.

I rapporti tra i vari componenti del centro sono ispirati al dialogo e alla comprensione, amicizia e corresponsabilità.


È importante attenersi ai criteri indicati dalla Ratio per la scelta del centro di studi e assicurare le condizioni che ne determinano la qualità e l’indole formativa.



4.3.2.4 La comunità ispettoriale


226.Incaricata di “promuovere la vita e la missione della Congregazione” in un determinato territorio, l’Ispettoria è comunità formatrice ma anche comunità in formazione.

È costituita da confratelli che vivono momenti e situazioni formative diverse; è composta di comunità che non hanno la stessa storia né vivono un’identica esperienza, e si confrontano con l’evoluzione delle situazioni e le sfide dei tempi.

Per questo, l’Ispettoria s’impegna in un processo continuo di riflessione sulla situazione dei confratelli e delle comunità e sulla loro formazione, e diventa un ambiente animatore, stimolante ed esigente, di fedeltà vocazionale.

Questo compito formativo non è un puro stato d’animo né solo un fatto di buona volontà; è un principio che organizza la vita dell’Ispettoria e coinvolge tutta la sua realtà; partendo dalle esigenze della coscienza vocazionale e della corresponsabilità di tutti per la missione, si traduce in un progetto ispettoriale formativo organico.


227.È responsabilità prima della comunità ispettoriale nell’ambito formativo promuovere l’identificazione dei confratelli, specialmente di quanti sono in formazione iniziale, con la vocazione salesiana, comunicandola vitalmente. Non è indifferente dunque che essa si mostri carica di forti motivazioni o demotivata, fervorosa nell’azione o stanca.

Il clima di preghiera e di testimonianza, il senso di comune responsabilità e l’apertura al contesto e ai segni dei tempi, il vivere con slancio spirituale e competenza i vari impegni della missione salesiana, l’offerta di un ambiente che consegna quotidianamente criteri e stimoli di fedeltà, la rete di rapporti cordiali e di collaborazione tra le comunità, tra i singoli confratelli, tra i gruppi della Famiglia Salesiana e con i laici impegnati nella comunità: tutti questi aspetti costituiscono l’ambiente ispettoriale per la formazione dei confratelli.

Questo clima permette ai confratelli in formazione di fare esperienza viva dell’identità salesiana e di sentirsi sostenuti nel cammino vocazionale. È prezioso anche per gli altri confratelli che vengono stimolati nel processo di fedeltà.


228. Il Capitolo ispettoriale, in particolare, in quanto “riunione fraterna nella quale le comunità locali rafforzano il senso della loro appartenenza alla comunità ispettoriale, attraverso la comune sollecitudine per i problemi generali” ha una speciale responsabilità per la crescita vocazionale nell’Ispettoria. Con il suo ritmo triennale di celebrazione, con la preparazione che lo precede e il movimento di idee e di progetti che lo segue, mantiene praticamente l’Ispettoria in stato di continua riflessione, di ricerca e di tensione in ordine alla attualizzazione dell’identità salesiana.

Espressione concreta della responsabilità del Capitolo ispettoriale nell’ambito formativo è l’elaborazione e revisione del Direttorio ispettoriale.



4.3.2.5 La comunità mondiale


229.La comunità mondiale rende partecipe il salesiano della comunione di spirito, di testimonianza e di servizio che essa vive nella Chiesa universale. La vitalità della Congregazione, l’attualità del suo lavoro, le esigenze e le sfide che le vengono dalla storia incidono fortemente sui confratelli e sono una spinta provvidenziale per la loro formazione.

Il senso di comunione vocazionale ha la massima espressione nel Capitolo Generale. Esso manifesta l’impegno di tutta la Congregazione per vivere in fedeltà al Vangelo e al carisma del Fondatore e sensibile ai bisogni dei tempi e dei luoghi, e per rispondere alle sfide e alle urgenze che emergono dalla situazione giovanile, dalla Chiesa e dalla società. Con gli orientamenti che offre e le strade che indica mantiene la Congregazione in tensione formativa e in atteggiamento permanente di rinnovamento.


4.3.3I corresponsabili della formazione


230.Tra i molteplici elementi che l’Ispettoria deve assicurare nella formazione (programmi, contenuti, istituzioni, metodologie) quello dei formatori appare certamente come il più determinante e necessario.

Quando si parla di corresponsabili della formazione non ci si riferisce in primo luogo a persone singole o a formatori isolati, ma a formatori che operano nel contesto della comunità formativa e come membri di una équipe di formazione, sia a livello ispettoriale sia a livello locale.

La consistenza qualitativa delle comunità di formazione si fonda anzitutto sulla consistenza effettiva dell’équipe e sulla possibilità reale di assicurare l’azione dei corresponsabili del processo formativo ispettoriale. È questo uno dei criteri da cui dipende la costituzione di una comunità di formazione. Per evitare situazioni di inconsistenza sarà necessario in alcune situazioni operare scelte coraggiose e decise di collaborazione inter-ispettoriale.





4.3.3.1 Corresponsabili a livello locale


4.3.3.1.1 Il Direttore


231.Il Direttore è al centro della comunità salesiana, e ha il “compito essenziale di animatore spirituale della comunità, formatore, e presidente della carità”. Il suo servizio di autorità tende alla crescita vocazionale dei suoi confratelli.


Convinto del valore formativo dell’ambiente, egli si sforza di creare un clima ricco di valori salesiani. Tiene unita la comunità in spirito di famiglia e di condivisione e diffonde in essa uno spirito di dinamismo e di zelo pastorale.

Mantiene la comunità in atteggiamento di risposta alla chiamata di Dio e di sintonia con la Chiesa e la Congregazione.

Accompagna la crescita della comunità svolgendo con stile paterno il servizio dell’autorità, valorizzando le istanze di programmazione e di verifica, le riunioni, le conferenze, la preghiera, le occasioni quotidiane.

Coinvolge gli altri ruoli nell’animazione comunitaria, responsabilizzando in modo particolare il Consiglio locale.


232.Stimola e orienta ciascun confratello nella sua esperienza vocazionale.

Momento privilegiato di dialogo è il colloquio con i confratelli. In esso realizza in modo speciale il suo essere “padre, maestro e guida spirituale”. È consapevole che l’efficacia del colloquio frequente e regolare dipende soprattutto dal suo atteggiamento umano e spirituale, dalla sua disponibilità e bontà e dalla sua competenza.

Il Direttore è richiesto dai confratelli anche per il servizio della direzione spirituale. È un compito delicato e una offerta squisita di aiuto nel cammino vocazionale di coscienza. Il Direttore è cordialmente disponibile a questo servizio.


In quanto Direttore della comunità salesiana, animatrice della comunità educativo-pastorale, egli ha precise responsabilità nel creare all’interno della CEP un clima umano e apostolico che favorisca la crescita dei salesiani, dei giovani e dei laici collaboratori.


233.Oltre ai compiti assegnati ad ogni Direttore di comunità locale, il Direttore di una comunità formatrice ha un ruolo ancora più impegnativo nel campo della formazione. Anima la comunità costituendo un’équipe unita con i formatori e facendo convergere l’impegno di tutti in un progetto comune in sintonia con il progetto ispettoriale.


Egli è responsabile del processo formativo personale di ogni confratello. È anche il direttore spirituale proposto, non imposto, ai confratelli in formazione. È suo compito specifico accompagnare ogni confratello, aiutarlo a comprendere e ad assumere la fase formativa che sta vivendo. Mantiene con lui un dialogo frequente e cordiale, si sforza di conoscerne le qualità, sa fare proposte chiare ed esigenti e indicare mete adeguate, sostiene e orienta nei momenti di difficoltà, verifica insieme il cammino formativo.


A questo compito che l’Ispettoria affida al Direttore deve corrispondere nel confratello la consapevolezza e l’impegno ad entrare in un rapporto personale di apertura, di fiducia e di condivisione formativa.


Con il Consiglio della comunità il Direttore opera il dovuto discernimento vocazionale, particolarmente in occasione delle ammissioni e delle verifiche.


4.1.2 4.3.3.1.2 L’équipe dei formatori

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234.Compongono l’équipe formatrice e sono corresponsabili dell’ambiente e del progetto formativo tutti coloro che collaborano con ruoli, funzioni e contributi diversi e complementari, assicurando insieme un’impostazione integrale e unitaria al servizio della comune esperienza formativa. Curano l’animazione della preghiera, l’ambito degli studi o della pastorale, l’aspetto economico e amministrativo o l’accompagnamento spirituale.

Tra di essi un posto di rilievo spetta al confessore per l’importanza che ha il suo servizio nell’orientamento vocazionale dei confratelli.

Significativo è nella comunità formatrice, e possibilmente con compiti di animazione comunitaria o di insegnamento, l’apporto di confratelli coadiutori.


235.Chiamati ad accompagnare i propri fratelli nella crescita vocazionale, i formatori operano in sintonia con la “mens” e la prassi formativa della Congregazione e dell’Ispettoria, come essa viene descritta nella presente Ratio e nel progetto ispettoriale. Fanno propria una visione d’insieme di tutta la formazione come processo graduale, continuo, organico e unitario da compiersi in stile salesiano.

Il loro è un vero lavoro d’insieme, che comporta: comunicazione, coesione, unità e lealtà nello svolgimento dei diversi compiti e dei diversi ruoli. Essi costituiscono con il Direttore una équipe, da lui animata, convinta della propria comune responsabilità. Si impegnano a unificare i criteri di formazione e di valutazione e programmano insieme la vita della comunità. Si collegano abitualmente con tutti coloro che a diverso titolo e nei diversi momenti sono coinvolti nel processo formativo.


236.Nel compimento della loro missione i formatori sono consapevoli di essere mediatori dell’azione di Dio e della responsabilità della Ispettoria, si sforzano di vivere il loro particolare servizio con lo slancio del Da mihi animas e secondo lo stile del Sistema Preventivo.

Sostenuti da una solida spiritualità salesiana e da una sufficiente esperienza nel lavoro educativo e pastorale, essi comunicano vitalmente l’amore e l’entusiasmo per Don Bosco e per la vocazione salesiana. Mantengono l’ambiente fedele alla pratica delle Costituzioni e valorizzano la complementarità delle forme dell’unica vocazione.

Sono uomini di preghiera e di saggezza spirituale, che sanno aiutare i loro fratelli a discernere l’azione e i segni della volontà di Dio. Guidano nelle vie del Signore, sia con le parole che con la testimonianza coerente della loro vita consacrata.

Prestano una attenzione positiva e critica alla cultura e ai problemi sociali per una adeguata contestualizzazione del processo formativo.


237.Sanno mettere in atto una pedagogia “dinamica, attiva, aperta alla realtà di vita e attenta ai processi evolutivi della persona” e al passo del gruppo.

Rivolgono una particolare attenzione alla persona del formando, al quale forniscono gli elementi spirituali, dottrinali e pastorali necessari alla interiorizzazione della proposta formativa. Accompagnano, consigliano, sostengono, correggono e stimolano secondo le esigenze della situazione personale del confratello in formazione.

Seguono il cammino di ciascuno, valutano a nome della Chiesa e della Congregazione l’idoneità vocazionale e offrono elementi di informazione e di discernimento anche in vista delle diverse ammissioni.

Per svolgere questo servizio è richiesto ai formatori “uno sguardo attento ed affinato da una buona conoscenza delle scienze umane per andare al di là delle apparenze e del livello superficiale delle motivazioni e dei comportamenti ed aiutare [il candidato] a conoscersi in profondità, ad accettarsi con serenità, a correggersi e a maturare partendo dalle radici reali, non illusorie, e dal ‘cuore’ stesso della sua persona”.


238.I formatori sono animatori del processo formativo e lo conducono indicando le mete, facendo le debite verifiche e prendendo le decisioni opportune.

Posseggono “capacità e volontà di incidere, di entrare in dialogo con i candidati, di interagire in forma evangelicamente autentica con le sfide che essi presentano, senza chiusure né rinunzie. Insomma non formatori che ‘vedono’ impotenti come i [candidati] elaborano le proprie convinzioni e atteggiamenti. Non sono ‘esempi’ silenziosi e imparziali, ma educatori propositivi e convincenti”.


239.Per svolgere questo servizio si richiedono doni personali uniti ad una soda preparazione dottrinale, spirituale, pastorale e pedagogica di base e, ordinariamente, anche ad una qualificazione specifica.

La formazione nel quotidiano, la capacità di lavoro condiviso, programmato e verificato, la disponibilità a incontrarsi periodicamente per riflettere sull’andamento del processo formativo, per l’interscambio e l’aggiornamento, le periodiche occasioni di rinnovamento costituiscono per i formatori dell’Ispettoria una vera scuola di formazione permanente. A tale scopo è importante una certa stabilità nel compito formativo ed è indispensabile l’azione animatrice del Delegato e della Commissione ispettoriale per la formazione .



4.3.3.1.3 I docenti e gli esperti


240.I docenti – in primo luogo i docenti salesiani – sono veri formatori, anche quando sono impegnati solo nell’ambito accademico. Mantengono una stretta collaborazione con gli altri formatori e operano nella prospettiva integrale dell’esperienza e del progetto formativo. Il loro compito va oltre l’aspetto puramente intellettuale e il loro insegnamento è accompagnato dalla testimonianza di una fede convinta. Essi sono formatori con la loro presenza amichevole ed educativa in mezzo ai candidati salesiani, partecipando con loro quando è possibile ai momenti di preghiera, di ricreazione e di attività apostoliche.

Consapevoli di svolgere un servizio ecclesiale e salesiano in virtù dell’obbedienza, essi sono mediatori dell’esperienza e della dottrina della Chiesa e della Congregazione. Offrono con generosità e rigore scientifico il loro apporto originale e qualificato nelle diverse discipline, affinché gli studenti giungano ad un’assimilazione profonda del mistero cristiano. Guidano lo studio personale, in modo che gli alunni apprendano un metodo di lavoro scientifico, assimilino i contenuti culturali, li approfondiscano e li attualizzino.


241.Per svolgere la loro funzione i docenti hanno una buona preparazione di base a livello umanistico-filosofico e teologico e sono qualificati nel proprio settore di insegnamento.

Sono dotati di capacità pedagogiche, e a questo fine ricevono una preparazione conveniente, per aiutare gli alunni a coltivare una visione critica e una mentalità di formazione permanente. Sono inoltre formati ai metodi didattici attivi per stimolare la partecipazione degli alunni, e si mantengono aggiornati nel campo scientifico e metodologico.


242.Coltivano l’esperienza della vita salesiana seguendo con interesse e partecipando alla vita della Congregazione e dell’Ispettoria, mantenendo una viva sensibilità per il mondo giovanile e popolare, per poter collegare efficacemente i temi dell’insegnamento ai contenuti e alle esigenze dell’azione apostolica salesiana.

Esercitano il ministero educativo-pastorale che può offrire a loro occasioni e stimoli di confronto, ma vi si dedicano senza trascurare le esigenze del compito accademico.


243.Un particolare contributo, in forma sistematica od occasionale e in ambiti diversi, sono chiamati a dare salesiani o altri che possiedono una competenza specifica (esperti). Il loro apporto all’esperienza formativa e al cammino dei candidati o dei confratelli può situarsi in linea preventiva, pedagogica o integrativa. Quando questi esperti non sono salesiani, è importante fare in modo che il loro servizio presti attenzione alle caratteristiche proprie della vocazione e sia visto nella prospettiva globale della formazione salesiana. Quando l’intervento dell’esperto fosse a scopo terapeutico, è doveroso che sia proposto con opportune motivazioni, mai imposto.



4.3.3.1.4 Il contributo dei laici


244.L’ecclesiologia di comunione ha portato alla valorizzazione dei laici, mettendo in evidenza il loro apporto non solo nell’ambito della missione salesiana ma anche nel terreno specifico dell’esperienza formativa.

Dalla prospettiva della loro vocazione specifica, i laici possono essere di aiuto al salesiano per percepire con più profondità la sua identità e per maturare un più forte senso di Chiesa nella complementarità e reciprocità delle diverse vocazioni.


In questa prospettiva si colloca la sensibilità e l’atteggiamento di accoglienza della donna, con la sua capacità di umanizzare e di personalizzare relazioni e ambienti, e la valorizzazione del suo contributo nell’ambito dell’educazione e della formazione salesiana, in modi coerenti con i valori della consacrazione e attenti ai vari contesti culturali.


Riconoscendo “l’utilità di un sano influsso della spiritualità laicale e del carisma della femminilità su ogni itinerario educativo”, il CG24 propone programmi di formazione insieme per salesiani e laici, sia uomini che donne, in cui ognuno apporta la propria specificità.


245.Per quanto riguarda il coinvolgimento dei laici, uomini e donne, nella formazione iniziale dei salesiani, è auspicabile che essi possano svolgere ruoli di diretta incidenza formativa. Il CG24 dichiara che i confratelli in formazione “ricevono più efficace aiuto quando dalla formazione iniziale sono avviati ad esperienze di collaborazione con i laici sia sul piano pratico, sia sul terreno dell’elaborazione del PEPS”. Per questo chiede che, “tenendo presente la diversa natura delle vocazioni degli SDB e dei Laici e i tempi di maturazione umana, affettiva e apostolica, le tappe della formazione iniziale prevedano contenuti ed esperienze di formazione reciproca e complementare per la crescita comune”.


Ci sono inoltre dei settori in cui i laici possono dare un contributo specifico in virtù delle loro particolari competenze e della loro esperienza, come la spiritualità familiare, alcuni ambiti pastorali, il campo politico, economico e sociale, la comunicazione sociale. In questi casi essi “sono da scegliersi con cura, nel quadro delle leggi della Chiesa e secondo i loro particolari carismi e le loro provate competenze” e la loro collaborazione deve essere opportunamente coordinata e integrata con le responsabilità educative primarie dei formatori .



4.3.3.2Corresponsabili a livello ispettoriale


4.3.3.2.1 L’Ispettore con il suo Consiglio


246.Nella comunità ispettoriale è l’Ispettore con il Consiglio il primo responsabile della formazione sia iniziale che permanente.

Il suo servizio si manifesta in forme molteplici:

assume in prima persona la responsabilità della formazione, assicurando il raggiungimento dei suoi obiettivi e curando l’identità salesiana nel contesto culturale; stimola la convergenza di tutti nell’ambito formativo e guida l’Ispettoria nell’elaborazione del progetto formativo;

agisce come animatore spirituale dell’Ispettoria, sensibilizzando i confratelli alla conoscenza e docilità verso il Magistero ecclesiale e offrendo loro il patrimonio spirituale del carisma di Don Bosco, in sintonia con gli orientamenti della Congregazione;

promuove la corresponsabilità del Consiglio ispettoriale e della Commissione ispettoriale per la formazione, coordinata dal Delegato ispettoriale;

accompagna e sostiene le comunità locali come ambienti e soggetti di formazione; cura che esse vengano animate in modo da essere ambienti vocazionalmente stimolanti, ricchi di valori salesiani; presta speciale attenzione alla preparazione dei direttori e al loro accompagnamento, dedicandovisi personalmente e promuovendo iniziative periodiche e sistematiche (incontri, corsi…);

assicura alle strutture di formazione quell’insieme di condizioni che permettono la realizzazione di un’autentica esperienza formativa nelle sue diverse dimensioni, il raggiungimento degli obiettivi delle singole fasi e dell’intero processo formativo;

assicura alle comunità formatrici un Direttore e una équipe adeguatamente preparati per svolgere una valida azione formativa; provvede con scelte tempestive e oculate alla qualificazione e riqualificazione dei formatori; visita frequentemente le comunità formatrici e i confratelli in formazione iniziale; si informa sulle loro qualità e inclinazioni e li incoraggia a perfezionarsi in vista delle esigenze del bene comune;

cura la crescita di tutti nella vocazione salesiana, incoraggiando in diverso modo i confratelli a viverla nel lavoro apostolico con lo slancio del “da mihi animas”, a maturarla attraverso rapporti veri, a esprimerla in un particolare stile di vita evangelica, a fondarla su un permanente e attivo dialogo con il Signore e a rinnovarla nella fedeltà a Don Bosco;

cura che siano offerti a chi si orienta verso la vita salesiana l’ambiente e le condizioni adatte per il primo discernimento vocazionale; accompagna nei delicati periodi della formazione iniziale e assume la propria responsabilità nel discernimento e nelle ammissioni;

prende come impegno prioritario la qualificazione dei confratelli, individua le aree in cui la preparazione culturale e la competenza professionale appaiono più urgenti in prospettiva di presente e di futuro per una migliore realizzazione della missione, elabora e mette in atto un Piano ispettoriale di qualificazione del personale e lo verifica periodicamente; impegna i confratelli qualificati in compiti specifici al servizio dell’Ispettoria e della Congregazione e fa il possibile perché permangano nell’ambito della propria qualificazione;

promuove iniziative ordinarie e straordinarie che favoriscono i processi di formazione permanente;

offre una collaborazione aperta e generosa per la formazione a livello inter-ispettoriale e della Congregazione e nell’ambito della Famiglia Salesiana; valorizza le proposte e le occasioni offerte a livello ecclesiale e di vita consacrata.



4.3.3.2.2 Il Delegato e la Commissione ispettoriale per la formazione


247. Al Delegato ispettoriale per la formazione e alla Commissione ispettoriale per la formazione (CIF), da lui coordinata, sono attribuiti compiti di riflessione, progettazione, programmazione, coordinamento, attuazione e verifica stabiliti dal Direttorio.


Il Delegato per la formazione è delegato dell’Ispettore e opera in dipendenza e in accordo con lui e con il suo Consiglio. Diversa può essere, di fatto, la sua figura, a seconda delle attribuzioni che gli sono assegnate, del tempo di cui dispone, degli altri ruoli a lui affidati.

Conviene che sia membro del Consiglio ispettoriale per poter fare presenti abitualmente la prospettiva e le preoccupazioni formative.

Nell’impegno di animazione, che svolge in collaborazione con i membri della Commissione, è attento ai confratelli e alle comunità, in modo particolare alle comunità formatrici, cura la comunicazione e la collaborazione nell’ambito formativo con altri gruppi della Famiglia Salesiana e a livello interispettoriale.


La situazione dell’Ispettoria e le scelte ispettoriali possono portare a diverse articolazioni e a diverse forme di composizione della Commissione. L’animazione dei vari ambiti può suggerire o richiedere la costituzione di diversi gruppi: per la formazione iniziale, per la formazione permanente, per la formazione di salesiani e laici, per il collegamento con la Famiglia Salesiana. È importante però assicurare una impostazione convergente ed evitare un agire parallelo o settoriale.

La composizione della Commissione è determinata dalla sua natura e dai suoi compiti e richiede che i membri, oltre a poter dare un contributo valido e complementare per la loro esperienza, la loro competenza o il loro ruolo, dispongano del tempo richiesto per gli incontri, la riflessione e il confronto, l’attenzione agli orientamenti riguardanti la formazione, la collaborazione nei servizi concreti.


Tra i compiti del Delegato – in collaborazione con la CIF – si segnalano i seguenti:


riflettere – insieme con l’Ispettore e il suo Consiglio – sulla situazione della formazione nell’Ispettoria;

assistere l’Ispettore nell’elaborazione, attuazione e revisione del Progetto ispettoriale per la formazione;

collaborare all’elaborazione e alla verifica del Piano ispettoriale di qualificazione e specializzazione dei confratelli;

compiere in via ordinaria la verifica dell’attuazione del Direttorio ispettoriale - sezione formazione;

curare che la Ratio e il fascicolo Criteri e norme di discernimento vocazionale salesiano siano conosciuti e costituiscano un costante punto di riferimento;

assicurare un’azione organica, programmata e coordinata nel campo formativo, in modo tale che le diverse aree della formazione, gli interventi, le iniziative, il lavoro dei responsabili tendano alla realizzazione dell’identità vocazionale salesiana e contribuiscano a fare dell’Ispettoria una comunità formatrice;

curare l’unità e la continuità del processo di formazione iniziale, con speciale attenzione ai criteri di discernimento e alla pedagogia formativa;

accompagnare le comunità formatrici e, là dove occorre, anche i centri studi per la formazione, nella impostazione e verifica dell’azione formativa;

verificare periodicamente l’itinerario delle attività educativo-pastorali, in dialogo con la Commissione ispettoriale per la Pastorale Giovanile;

assicurare iniziative di animazione e accompagnamento dei tirocinanti e di sostegno delle loro comunità;

collaborare con l’Ispettore e il suo Consiglio nella realizzazione del Piano organico di formazione permanente, nell’animazione del processo di formazione permanente delle comunità e dei confratelli, e nel programma di formazione assieme ai laici;

prevedere un programma annuale di formazione permanente in linea con il Progetto ispettoriale di formazione, che risponda alle diverse situazioni dei confratelli (età, vocazione specifica, ruoli), che preveda l’organizzazione di servizi specifici, l’elaborazione di contenuti e sussidi;

assicurare le condizioni e promuovere iniziative per favorire nei confratelli la conoscenza degli orientamenti della Congregazione, l’approfondimento dello spirito salesiano e un approccio serio e aggiornato della storia, della spiritualità e del patrimonio pedagogico proprio del nostro carisma;

prevedere incontri sistematici per il dialogo e l’interscambio con i delegati e le équipes ispettoriali della Pastorale Giovanile, della Famiglia Salesiana e degli altri settori, per effettuare un maggior adeguamento della formazione alla realtà ispettoriale e per un miglior coordinamento dell’animazione;

curare e valorizzare i contatti e le iniziative a livello interispettoriale o regionale e con la Famiglia Salesiana nel campo della formazione;

mantenere il contatto con il Consigliere per la formazione.



4.3.3.3 Collegamento e collaborazione a livello interispettoriale


248. L’azione formativa delle Ispettorie trova sostegno e stimolo grazie a diverse modalità di comunicazione, collegamento e collaborazione interispettoriale nel campo della formazione iniziale e permanente.

Si è già fatto riferimento alle comunità di formazione iniziale e ai centri di studio interispettoriali, sottolineando l’importanza di unire le forze al servizio della qualità della formazione e indicando le forme concrete.

Altre iniziative si riferiscono ai delegati ispettoriali, ai formatori, ai confratelli in formazione, o toccano tutto l’ambito della formazione permanente.

Le forme e le strutture di collegamento, il tipo e i livelli di servizio e i destinatari sono diversi, dipendendo anche dal rapporto esistente tra le Ispettorie. Si va dal coordinamento occasionale, alle “delegazioni” (o delegati) ed équipes stabili, interispettoriali o di Conferenza, ai centri nazionali o regionali; da incontri sporadici, a iniziative periodiche, a programmazioni organiche; dalla condivisione dell’esperienza, alla riflessione e allo studio realizzati insieme, all’organizzazione di incontri, seminari, esperienze formative, alla preparazione di punti di riferimento comuni e di sussidi di appoggio; da una prima attenzione ai delegati ispettoriali e ai formatori, al servizio offerto ai diversi gruppi di confratelli (direttori, sacerdoti e coadiutori del “quinquennio”, confratelli che si preparano alla professione perpetua, esperienze di formazione permanente, ecc.).


Nella diversità delle situazioni e dei contesti il collegamento tra i delegati di formazione, le commissioni ispettoriali e i formatori aiuta le Ispettorie a:

riflettere insieme sulla formazione salesiana e sulle sfide che essa presenta nell’ambito interispettoriale;

promuovere l’interscambio di esperienze e tutto ciò che qualifica il cammino formativo salesiano nelle singole Ispettorie;

elaborare criteri, linee di riferimento, sussidi per il lavoro formativo;

dare risposta ai bisogni della formazione con una visione aperta e condivisa e con reale capacità di collaborazione;

appoggiare l’azione formativa delle singole Ispettorie attraverso iniziative comuni;

stimolare e valorizzare il contributo dei Salesiani dei centri di studio e dei centri di formazione permanente.


L’incidenza delle forme di coordinamento e di collaborazione, che si svolgono in dipendenza e in stretto rapporto con gli Ispettori e con i responsabili a livello di Conferenza o di Regione, dipende in gran parte dalla dedizione dei coordinatori, da una programmazione sistematica e attenta alle reali necessità, dall’impegno dei Delegati ispettoriali e dalla corresponsabilità degli Ispettori.



4.3.3.4 Corresponsabili a livello mondiale


249.Il governo a livello mondiale assicura l’unità di vita e di azione nella diversità di ambienti e situazioni, promovendo la costante fedeltà dei soci al carisma salesiano.

Il Rettor Maggiore, come padre e centro di unità, promuove con l’assistenza del suo Consiglio, una costante e rinnovata fedeltà alla vocazione salesiana, anima i confratelli con il governo ordinario, con i suoi autorevoli orientamenti dottrinali, con le prese di contatto, le visite e gli incontri.


250.Tutti i membri del Consiglio Generale, sia i Consiglieri incaricati di settori specifici sia i Consiglieri regionali incaricati di gruppi di Ispettorie, nell’esercizio del loro servizio prestano particolare attenzione alla formazione.

Il Consigliere Generale per la formazione ha il compito di “promuovere la formazione integrale e permanente dei soci. Segue con particolare sollecitudine la formazione iniziale nelle sue varie fasi perché in esse i contenuti, l’ordinamento degli studi, i metodi formativi e le strutture garantiscano le condizioni per la crescita della vocazione salesiana”.

D’accordo con i Consiglieri regionali, richiede alle Ispettorie la programmazione e l’attuazione di iniziative e orientamenti di formazione permanente e ha una cura speciale dell’andamento dei centri che la promuovono.




4.4 DARE QUALITÀ FORMATIVA ALL’ESPERIENZA QUOTIDIANA


251.Dare qualità formativa all’impegno quotidiano è una linea strategica della metodologia salesiana. Don Bosco attribuiva valore educativo agli impegni di ogni giorno, nel cortile e nella scuola, nella comunità e nella chiesa, alla maniera di vedere e di leggere gli avvenimenti, di rispondere alla situazione dei giovani, della Chiesa e della società..

Far sì che l’esperienza quotidiana sia formativa per la persona, e non indifferente o deformante, comporta di assicurare alcune condizioni (atteggiamenti, mentalità, impostazione, verifiche) e di aiutare ciascuno ad assumerla, a viverla ed a valutarla come cammino concreto che manifesta, coinvolge e favorisce l’esperienza di se stesso, i criteri di azione, la maniera di rapportarsi agli altri e con la realtà, l’identificazione vitale con i valori vocazionali.

L’esperienza quotidiana vissuta in chiave formativa ci avvicina alla verità di noi stessi e ci offre occasioni e stimoli per rendere reale il nostro progetto di vita.

Il salesiano, che “attribuisce efficacia formativa alle sue attività ordinarie”, è chiamato a vivere come momento formativo l’incontro con i giovani, il “lavorare insieme”, la comunicazione e i rapporti interpersonali, l’apertura e il confronto con il contesto pastorale, culturale e sociale.



4.4.1La presenza tra i giovani


252.L’incontro con i giovani è per il salesiano cammino e scuola di formazione.

Diventando compagno di viaggio dei giovani il salesiano fa “esperienza diretta del loro mondo”, ascolta le “loro domande ed esperienze”, entra nella “loro cultura e nel loro linguaggio”. Impara ad accettarli e ad amarli come sono e a vivere con loro il Sistema Preventivo.

Il contatto con il mondo dei giovani in costante evoluzione lo rende consapevole della necessità di competenza educativa e professionale, di qualificazione pastorale, e di un aggiornamento costante.

Conoscendo il ruolo determinante che ha la comunicazione nella vita dei giovani, fa ogni sforzo per diventare un buon comunicatore, capace di trasmettere loro messaggi significativi.

E siccome “la testimonianza è l’unico linguaggio capace di convincere i giovani che “Dio esiste e il suo amore può colmare una vita””, si sente sfidato a vivere e rendere trasparente la sua fede in Gesù Cristo.



4.4.2 Il lavorare insieme


253.La realizzazione della missione giovanile richiede comunione operativa e capacità di convergenza.

Lavorando insieme”, il salesiano impara a operare con senso di corresponsabilità, rispettando e integrando i diversi ruoli, attraverso una pedagogia di vita che lo aiuta a superare l’individualismo, l’attivismo e l’immediatismo.


Il lavorare insieme diventa veramente formativo quando viene accompagnato dalla riflessione e, più ancora, quando questa è permeata da un atteggiamento di preghiera.

Perciò, la comunità crea momenti e spazi che favoriscono uno sguardo attento, una lettura più profonda, una condivisione serena. E il salesiano è chiamato a confrontarsi con le proprie motivazioni di fondo, con il proprio senso pastorale, con la coscienza della propria identità.

La riflessione porta ad “imparare dalla vita” (avvenimenti, situazioni, esperienze) e matura una mentalità e una capacità di scoperta comunitaria e personale; è la base della formazione continua.



4.4.3 La comunicazione


254.La comunicazione reciproca è formativa in quanto è vero scambio di doni e di esperienze per il mutuo arricchimento delle persone e della comunità. Essa richiede intelligenza, apertura di spirito e abilitazione pratica al dialogo, e da essa si riceve illuminazione, stimolo e incoraggiamento per la crescita personale.

Più ancora, la comunicazione s’impara; ad essa ci si abilita. Da parte di chi comunica, occorre superare una certa paura o timidezza nell’esprimere i propri pensieri e sentimenti e avere il coraggio della fiducia nell’altro. Da parte di chi riceve la comunicazione, ci vuole la capacità di accoglierla con stima per la persona, senza giudicarla, e di apprezzare la differenza di vedute. Da entrambe le parti, è necessaria la disponibilità a modificare giudizi e posizioni e a cercare la convergenza.


4.4.4 I rapporti interpersonali


255.I rapporti interpersonali favoriscono e rivelano il livello di maturazione di una persona, indicando fino a che punto l’amore ha preso possesso della sua vita e fino a che punto ha imparato ad esprimerlo. Al contrario, “i rapporti disagevoli, le situazioni di conflitto non risanate opportunamente attraverso la riconciliazione agiscono all’interno della persona bloccando il processo di maturazione e creando delle difficoltà alla stessa donazione serena e gioiosa alla missione e a Dio”.

I rapporti interpersonali si costruiscono sulla base delle qualità “richieste in tutte le relazioni umane: educazione, gentilezza, sincerità, controllo di sé, delicatezza, senso dell'umorismo e spirito di condivisione”. Sono “ispirati all’oblatività e donazione e non centrati sulla propria persona o sui propri fini”; dove si vive il perdono e l’amore, è possibile costruire buoni rapporti interpersonali.



4.4.5 Il contesto socio-culturale


256.Anche il rapporto con il proprio contesto socio-culturale è un’istanza che incide quotidianamente sulla maniera di essere, di sentire e di valutare; esso interpella la propria identità.

Il primo passo consiste nel conoscere la situazione e nel formarsi un quadro del contesto socio-culturale in cui si è avvolti, degli stimoli e dei condizionamenti che da esso giungono.

Ma, ancora più importante della conoscenza è l’interpretazione della situazione, compito difficile a causa dell’ambivalenza dei vari elementi presenti. “Non si tratta solo e semplicemente di accogliere i fattori positivi e di contrastare frontalmente quelli negativi. Si tratta di sottoporre gli stessi fattori positivi ad attento discernimento, perché non si isolino l’uno dall’altro e non vengano in contrasto tra loro, assolutizzandosi e combattendosi a vicenda. Altrettanto si dica dei fattori negativi: non sono da respingere in blocco e senza distinzioni, perché in ciascuno di essi può nascondersi un qualche valore, che attende di essere liberato e ricondotto alla sua verità piena”.


257.Tale interpretazione, elaborata alla luce del Vangelo, fa emergere dalla situazione non semplicemente dei “dati” di fatto che non coinvolgono, ma la “voce” di Dio che sfida attraverso la percezione del “compito” da fare. È un vero discernimento spirituale, “l’arte di cercare i segni di Dio nelle realtà del mondo”.

Con coraggio e sapienza si cercano risposte adeguate e nuovi approcci, si creano nuove forme di vita e di pedagogia man mano che si selezionano, modificano e assumono i valori culturali che possono essere armoniosamente fusi con il Vangelo, e con le richieste della propria consacrazione e dello spirito e missione salesiana.

La capacità di “vedere” Dio nel mondo e di cogliere il suo richiamo attraverso le urgenze dei momenti e dei luoghi è una legge fondamentale del cammino di crescita salesiana. Come dice l’art. 119 delle Costituzioni, “vivendo in mezzo ai giovani e in costante rapporto con gli ambienti popolari, il salesiano si sforza di discernere negli eventi la voce dello Spirito, acquistando così la capacità d’imparare dalla vita”. Cioè: diventa discepolo intelligente della vita, arriva alla sapienza attraverso l’esperienza.




4.5 QUALIFICARE L’ACCOMPAGNAMENTO FORMATIVO


258.L’esperienza formativa è esperienza personale, accompagnata e guidata. L’accompagnamento è condizione indispensabile per la personalizzazione dell’esperienza formativa e per il discernimento vocazionale.


L’accompagnamento comunitario e personale è caratteristica fondamentale della pedagogia salesiana. Don Bosco è stato maestro nell’avviare e accompagnare i giovani attraverso la direzione di comunità o di ambiente, la direzione occasionale e la direzione di coscienza abitualmente nella confessione.


Dare qualità all’accompagnamento significa assicurare al confratello la vicinanza, il confronto, l’orientamento e il sostegno adeguati in ogni momento del percorso formativo e far in modo che egli sia disponibile e attivamente responsabile nel cercare, accogliere e trarre vantaggio da questo servizio, tenendo presente che esso può assumere molteplici forme e vari gradi di intensità. Non si limita al dialogo individuale, ma è un insieme di relazioni, un ambiente e una pedagogia, propri del Sistema preventivo: va dalla presenza vicina e fraterna che suscita fiducia e familiarità, al cammino fatto a livello di gruppo, all’esperienza comunitaria; dagli incontri brevi e occasionali al dialogo personale cercato frequente e sistematico; dal confronto su aspetti esterni alla direzione spirituale e alla confessione sacramentale.


L’attuale situazione dei candidati e il fatto che l’esperienza formativa venga vissuta successivamente in diverse comunità rende ancora più determinante l’incidenza dell’accompagnamento formativo. D’altra parte, l’esperienza insegna che l’assenza di accompagnamento o un accompagnamento che non va in profondità o è discontinuo possono mettere un’ipoteca seria su tutta l’azione formativa.



4.5.1 L’accompagnamento comunitario.

259.Della comunità come ambiente di formazione e delle condizioni da assicurare affinché lo sia realmente si è già detto, come pure del ruolo del direttore in essa.

Nello stile salesiano l’accompagnamento delle persone è dato anzitutto dall’ambiente educativo, da ciò che nella comunità si ascolta e si comunica, dall’ispirazione che muove tutto e tutti, guida il lavoro e propone quell’esperienza vissuta, che diviene criterio costante di identificazione e di orientamento.

L’ambiente, il clima, i rapporti interpersonali, di gruppo e con gli educatori, l’orientamento da parte dei responsabili fatto con uno stile che rende partecipi, il procedere secondo un progetto comune e con obiettivi definiti, tutto questo orienta e accompagna ogni membro della comunità nel suo cammino personale, in quanto sottolinea l’attenzione alla persona e la prospettiva vocazionale, propone delle mete, suggerisce criteri, segnala un itinerario, stabilisce momenti di confronto e di verifica. Comunità di basso profilo formativo, con debole capacità di proposta e scarso orientamento, con poca interazione e limitata partecipazione nel progetto comune, sono di poco sostegno ai singoli confratelli.


Curare l’accompagnamento comunitario al servizio della formazione dei confratelli significa assicurare la qualità pedagogica e spirituale dell’esperienza comunitaria e la qualità dell’animazione e dell’orientamento della comunità. È quella che viene detta “direzione spirituale comunitaria”, e tende a costruire una comunità orientata con chiarezza d’identità e pedagogicamente animata e un’esperienza comunitaria che attraverso le molteplici quotidiane espressioni dello stile salesiano orienta, stimola e sostiene. Costituisce un impegno per ogni ambiente formativo e specialmente per le comunità troppo esigue o troppo numerose.



4.5.2 L’accompagnamento personale


260.Se l’esperienza comunitaria è determinante per la formazione salesiana, altrettanto necessario è un accompagnamento personalizzato, che aiuti ognuno ad assumere e interiorizzare i contenuti dell’identità vocazionale.

Sono diverse le forme che assume questo accompagnamento e le persone che intervengono: il direttore della comunità, il direttore spirituale, che può essere lo stesso direttore, il confessore, i formatori cui sono affidati diversi aspetti dell’esperienza formativa , i confratelli più vicini che sanno aiutare in nome di una vera amicizia spirituale, l’Ispettore. La Ratio esplicita i diversi contributi, le responsabilità e le forme di intervento in quest’opera comune.


Qualificare l’accompagnamento personale significa assicurare la presenza, la competenza, la dedizione, l’unità di criteri e la convergenza di interventi delle persone chiamate a prestare questo servizio con apporti diversi.


261. Nella tradizione salesiana occupa un ruolo particolare il Direttore che ha responsabilità diretta verso ogni confratello e lo aiuta a realizzare la sua personale vocazione. Durante la formazione iniziale il direttore è responsabile del processo formativo personale. “È suo compito specifico accompagnare ogni confratello, aiutarlo a comprendere e ad assumere la fase formativa che sta vivendo. Mantiene con lui un dialogo frequente e cordiale, si sforza di conoscerne le qualità, sa fare proposte chiare ed esigenti e indicare mete adeguate, sostiene e orienta nei momenti di difficoltà, verifica insieme il cammino formativo”.

Espressione tipica di questo servizio del direttore è il colloquio, elemento integrante della prassi formativa salesiana, segno concreto di attenzione e cura della persona e della sua esperienza, di condivisione fraterna e di confronto. Don Bosco vedeva nel colloquio con il Direttore un momento privilegiato di dialogo per il bene del confratello. Con questa attenzione al cammino di ognuno e alla sua crescita, le Costituzioni stabiliscono che ogni confratello “fedele alla raccomandazione di Don Bosco, si incontri frequentemente con il proprio superiore in un colloquio fraterno”.

Nella formazione iniziale il colloquio, vissuto secondo lo spirito delle Costituzioni, deve essere autentico momento di accompagnamento formativo. “Un incontro che chiama in causa i valori della vita salesiana, la storia personale del confratello: virtù, attitudini e limiti, successi e insuccessi, gioie e speranze, bisogni profondi”. Una forma di orientamento spirituale che aiuta a personalizzare il percorso formativo e a interiorizzarne i contenuti.

Per i confratelli in formazione, seguendo la nostra tradizione, la frequenza del colloquio resta fissata “una volta al mese”. Se il confratello lo desidera, può manifestare anche la sua situazione di coscienza.


Una forma di accompagnamento esplicitamente prevista dalla pedagogia formativa salesiana è costituita dai momenti periodici di verifica personale (“scrutini”), attraverso i quali il Consiglio della comunità aiuta il confratello a valutare la sua situazione formativa personale, lo orienta e lo stimola concretamente nel processo di maturazione.

262.Qualificare l’accompagnamento significa assicurare la qualità del servizio della direzione spirituale fatta dal direttore o da altri confratelli disponibili e preparati.


La direzione spirituale di coscienza è un aiuto offerto a chi è alla ricerca della pienezza della sua vocazione cristiana e religiosa. È un ministero di illuminazione, di sostegno e di guida nel discernere la volontà di Dio per raggiungere la santità; motiva e suscita l’impegno della persona, la stimola a serie opzioni in sintonia con il Vangelo e la confronta con il progetto vocazionale salesiano.

La direzione spirituale è un ministero ecclesiale di qualità, che domanda al direttore spirituale equilibrio umano e saggezza, paternità vera, capacità di amore gratuito, grande disponibilità e rapporti che ispirano fiducia e ottimismo. Al direttore spirituale giova l’autorevolezza che viene dall’esperienza vissuta, in particolare – per noi – dall’esperienza salesiana, una certa competenza nelle scienze psico-pedagogiche, la capacità di leggere i movimenti dello Spirito nella persona, di comunicazione, di ascolto e di empatia. Egli mette in gioco la qualità stessa della sua persona come uomo, credente, consacrato e salesiano. Oltre alle qualità personali e all’esperienza, è indispensabile la dovuta preparazione e l’aggiornamento.


Secondo la tradizione salesiana il Direttore della comunità di formazione, “maestro e guida spirituale”, “guida della comunità e maestro di spirito”, è il direttore spirituale proposto ai confratelli, pur rimanendo loro la libertà di scegliere un altro direttore spirituale.


263.Di grande importanza nell’accompagnamento formativo è il ruolo del Confessore, il cui intervento si colloca nell’ambito sacramentale. Don Bosco sottolineava la sua rilevanza pedagogica e la sua efficacia nel cammino di crescita dei giovani. Non è da dimenticare che nel sacramento della Riconciliazione viene offerta a ciascun confratello una direzione spirituale molto pratica e personalizzata, arricchita dalla efficacia propria del sacramento. Il Confessore non solo assolve dai peccati ma, riconciliando il penitente, lo incoraggia e stimola sulla via della fedeltà a Dio e quindi anche nella prospettiva vocazionale specifica. Proprio per questa ragione è bene che durante la formazione iniziale i confratelli abbiano un confessore stabile e ordinariamente salesiano.


Sono da curare anche altre forme di accompagnamento personale che aiutano il confratello a integrare nella sua esperienza formativa l’esercizio educativo pastorale e l’impegno degli studi.

Qualificare l’accompagnamento significa assicurare un servizio prestato con sensibilità formativa da chi accompagna in ambiti specifici dell’esperienza formativa, ad esempio nel campo pastorale e nel settore degli studi.


264.L’accompagnamento formativo nei suoi diversi livelli esige da coloro che prestano questo servizio in primo luogo disponibilità e dedizione; la consapevolezza di essere mediatori dell’azione del Signore, del ministero della Chiesa, della mens della Congregazione. Inoltre sono indispensabili alcuni convincimenti, atteggiamenti e condizioni: un atteggiamento spirituale e una prospettiva di fede, l’ottica della vocazione salesiana e quindi la conoscenza dei criteri per discernerla e delle condizioni per viverla, una sensibilità pedagogica che favorisca un clima di libertà e l’attenzione alla persona e al suo ritmo di maturazione, alcune competenze specifiche riguardanti sia la dimensione umana sia la pedagogia spirituale. Ognuno è chiamato a vedere il suo contributo in complementarità con gli altri interventi e ad attenersi ai criteri di prudenza e di giustizia che, secondo i casi, richiedono discrezione o assoluto rispetto del segreto professionale e del segreto sacramentale.


Per dare qualità all’accompagnamento formativo è indispensabile che i responsabili ispettoriali si preoccupino della preparazione e dell’aggiornamento dei direttori, dei confessori, dei formatori e della loro reale dedizione a questo compito. Curino la convergenza dei criteri e la continuità del processo di accompagnamento lungo il percorso formativo e nei passaggi da una comunità all’altra.


265. Condizione chiave per l’accompagnamento è l’atteggiamento formativo del confratello in formazione iniziale. Sin dal prenoviziato egli è consapevole che il cammino vocazionale è in primo luogo opera di Dio, che “si serve della mediazione umana”; che la formazione salesiana è dialogo sincero e corresponsabile con la comunità portatrice del carisma; che l’autoformazione non vuol dire auto-sufficienza o cammino individuale.

Per questo prende l’iniziativa e si sente responsabile di avere un direttore spirituale e un confessore, di mantenere con loro e con il proprio direttore un rapporto improntato a fiducia, apertura e ricettività, di valorizzare in forma stabile il loro servizio e quello di altri che possono accompagnarlo nel suo cammino, di accogliere in prima persona le espressioni dell’accompagnamento comunitario.


266.L’accompagnamento formativo si colloca nell’ambito dell’animazione. Evita due atteggiamenti estremi: quello di forzare chi va crescendo, imponendogli dall’esterno, in certo modo, un’esperienza altrui, con una direttività che deresponsabilizza, e l’atteggiamento dell’indifferenza, che lascia tutto allo spontaneismo e al soggettivismo e rinuncia a consigliare, a proporre e a correggere. Sottolinea la capacità di accoglienza e di attenzione alla persona, stimola la comunicazione, impegna la responsabilità personale.


Attento alla meta, cioè allo scopo della formazione salesiana, e tenendo presente la realtà della persona e il suo ritmo di crescita, l’accompagnamento formativo: introduce il salesiano alla conoscenza di sé, alla percezione della sua realtà e dei suoi valori; lo aiuta ad accettarsi e a possedersi; lo muove a “staccarsi da sé” in ciò che lo allontana da Dio e dai valori vocazionali; lo orienta costantemente a ricercare la volontà del Signore nelle circostanze concrete e a vedere la sua vita in questa prospettiva; lo stimola ad organizzare progressivamente la sua esistenza secondo il progetto vocazionale..


267. Il salesiano adulto, che cammina secondo la Regola di vita e assimila vitalmente quanto gli offre l’animazione comunitaria, si sente sostenuto nell’esperienza vocazionale e stimolato ad una permanente fedeltà. Anche se vi possono essere momenti e situazioni che richiedono un confronto personale e un discernimento più attento, ordinariamente nell’età adulta non è necessaria la direzione metodica richiesta dal primo periodo della formazione. È stato questo l’intendimento di Don Bosco, confermato dalla sua prassi abituale e dalla tradizione salesiana.






4.6 PRESTARE ATTENZIONE AL DISCERNIMENTO


4.6.1 Il discernimento dimensione permanente dell’esperienza salesiana.


268.L’atteggiamento di discernimento spirituale e pastorale è indispensabile ad ogni salesiano per vivere la vocazione con fedeltà creativa e come risposta permanente.

Il discernimento comunitario, vissuto come esperienza di fede e di carità, rafforza la convergenza e la comunione, sostiene l’unità spirituale, approfondisce il senso della vocazione, stimola la ricerca di autenticità e il rinnovamento. Per questo ogni comunità attenta ai segni dello Spirito, aperta agli stimoli della Chiesa e della Congregazione, coltiva uno sguardo evangelico sulla realtà e cerca la volontà del Signore in fraterno e paziente dialogo e con vivo senso di responsabilità. Lo fa in un clima di verità e di fiducia reciproca, alla luce della Parola, nella preghiera e mediante la riflessione e la condivisione.


4.6.2 Il discernimento durante la formazione iniziale.


269. Il discernimento vocazionale, come servizio al candidato e al carisma, riveste una importanza determinante nella formazione iniziale, che è pedagogicamente impostata a questo fine. I diversi periodi formativi “sono necessari sia al candidato che alla comunità per discernere, in mutua collaborazione, la volontà di Dio e per corrispondervi. Il candidato conosce progressivamente la Società ed essa, a sua volta, può valutarne le attitudini alla vita salesiana”. Le ammissioni sono momenti di sintesi lungo questo processo.

Il discernimento si compie in intima collaborazione tra il candidato e la comunità locale e ispettoriale. L’esperienza formativa parte da un presupposto fondamentale: la volontà di compiere insieme un processo di discernimento con un atteggiamento di comunicazione aperta e di sincera corresponsabilità, attenti alla voce dello Spirito e alle mediazioni concrete.

Oggetto del discernimento vocazionale sono i valori e gli atteggiamenti richiesti per vivere con maturità, gioia e fedeltà la vocazione salesiana: le condizioni di idoneità, le motivazioni e la retta intenzione.

270. Il discernimento costituisce un punto chiave della metodologia formativa. È quindi indispensabile curarne le condizioni a livello ispettoriale e locale e in tutti coloro che intervengono in esso, assicurando la conoscenza della sua natura e delle sue caratteristiche, l’uso dei mezzi suggeriti e l’attenzione ai momenti specifici, e soprattutto l’impegno costante e qualificato di tutti.


Prestare attenzione al discernimento vuol dire in primo luogo rendere effettivo l’impegno e la collaborazione dei responsabili.

Si deve preparare il candidato sin dall’inizio del processo formativo ad assumere attivamente la responsabilità del discernimento personale e condiviso, come componente necessaria dell’atteggiamento formativo. Il candidato è il primo interessato a scoprire il progetto di Dio nei suoi riguardi, perciò coltiva un’apertura costante alla voce di Dio e all’azione dei formatori, orienta la sua vita secondo una prospettiva di fede, si confronta con i criteri vocazionali salesiani. Cerca di conoscersi in verità, di farsi conoscere e di accettarsi, si avvale di tutte le mediazioni e dei mezzi che l’esperienza formativa gli offre, in particolare dell’accompagnamento formativo e del confronto fraterno, del colloquio con il Direttore, della direzione spirituale, del sacramento della Penitenza, delle verifiche e del discernimento comunitario.

La responsabilità della comunità ispettoriale e locale nel discernimento si manifesta in vari modi. L’Ispettore cura l’unità dei criteri di discernimento e promuove una adeguata conoscenza dei candidati sia da parte dei membri del Consiglio ispettoriale sia da parte dei responsabili delle diverse fasi, “favorendo lungo il processo formativo l’atteggiamento di discernimento e la comunicazione di adeguate informazioni con le modalità più opportune”. I membri del Consiglio ispettoriale, dal canto loro, sono responsabili di farsi un giudizio quanto più possibile personale e informato del candidato.

A livello locale deve essere assicurato il ruolo del Direttore e del Consiglio, che compiono un discernimento periodico sui confratelli in formazione mediante le verifiche trimestrali; valutano il progresso fatto dal candidato nel suo cammino vocazionale e offrono i suggerimenti e le indicazioni opportune, ed esprimono un parere in occasione delle domande di ammissione.

Fondamentale è per il candidato coinvolgere nel discernimento il direttore spirituale e il confessore.

In occasione delle ammissioni la comunità è invitata ad esprimere un proprio parere nella forma più consona.


271. – Chi interviene nel discernimento deve assumere una prospettiva vocazionale e un atteggiamento di fede, avere sensibilità pedagogica e curare alcune competenze specifiche. Il discernimento vocazionale infatti è scoperta del dono di Dio, riconosciuto attraverso i segni quotidiani nella realtà stessa della persona, mediante una prudente ed illuminata interpretazione, è collaborazione con lo Spirito. Ciò comporta consapevolezza delle mediazioni spirituali e quella sensibilità umana, che rendono capaci di una conoscenza profonda della realtà umana e dei suoi processi, e di un atteggiamento che sa unire fiducia ed esigenza, attenzione ai ritmi individuali e ai requisiti vocazionali.


272. – Il discernimento ha come punto di riferimento l’identità salesiana, i suoi elementi costitutivi, i requisiti e le condizioni per viverla; non è discernimento generico. Richiede quindi conoscenza e consonanza con i criteri indicati dalla Congregazione, in primo luogo con il criterio di qualità carismatica, che mira a porre le basi di un’esperienza vocazionale autentica e fedele, superando preoccupazioni quantitative o funzionali, entusiasmi non fondati o impegni costruiti su idoneità fragili e non provate. Chi interviene nel discernimento lo fa a nome della Congregazione, responsabile del carisma.


273. – La durata del cammino di discernimento, la successione e la diversità di comunità in cui si svolge, la molteplicità dei responsabili che in esso intervengono richiede unità di criteri e convergenza di interventi, consapevolezza della gradualità del processo e della specificità dei momenti. Il discernimento va compiuto nella prospettiva dell’unità e dell’evoluzione della persona, nella continuità della conoscenza di essa e di valutazione del suo percorso.

D’altra parte, la gradualità del processo comporta che vi siano, in certo modo, criteri per una valutazione iniziale (idoneità di base), per le valutazioni intermedie (criteri di crescita), per gli impegni definitivi. L’attenzione alla gradualità implica il darsi tempo per la conoscenza e la valutazione, e il saper intervenire per prendere le decisioni nel momento opportuno, evitando di “protrarre situazioni problematiche o di indecisione, che non offrono prospettive serie di miglioramento”.

Chi interviene nel discernimento deve essere consapevole che collabora in un lavoro d’insieme e si inserisce in un processo coerente e aperto.


274. – Le ammissioni ai diversi impegni del cammino vocazionale costituiscono momenti importanti di discernimento per il candidato che presenta la domanda e per chi è chiamato a valutarla; raccolgono il frutto di un atteggiamento permanente e lo esprimono in un parere o in un consenso nel quale confluiscono la conoscenza, il confronto e la valutazione. La serietà del processo di ammissione, da parte del candidato, della comunità e dei responsabili diretti a livello locale e ispettoriale, è prova della qualità del discernimento. Speciale incidenza hanno sull’esperienza formativa e sulla perseveranza vocazionale l’ammissione e quindi il discernimento per l’inizio del processo formativo e per la professione perpetua.


275. – Il discernimento si fonda sulla conoscenza degli elementi necessari per la valutazione richiesta, elementi che si riferiscono alla persona, alla sua esperienza, alle sue attitudini e alle sue motivazioni. Un discernimento informato e fondato comporta che ognuno, secondo la sua situazione e il suo ruolo, valorizzi i mezzi e i procedimenti necessari per raggiungerlo: la condivisione nel quotidiano vissuto con lo stile del Sistema preventivo, le diverse forme di rapporto personale, il confronto formativo con il candidato stimolato all’auto-osservazione, le verifiche, la raccolta sistematica e la valutazione delle informazioni fatte con prudenza e rispetto, il ricorso al contributo di esperti nei diversi ambiti.



4.6.3 Il discernimento in alcune circostanze particolari


276. Vi possono essere nella vita del salesiano momenti in cui si sperimenta il bisogno di uno sguardo più profondo, di una verifica più attenta del proprio cammino, di una revisione delle proprie scelte per una riaffermazione di esse o per una nuova opzione vocazionale. Possono presentarsi situazioni nuove o nuove sfide, momenti di difficoltà o di dubbio, situazioni di forte demotivazione o gravemente compromesse.

È quanto mai necessario che il confratello si ponga in un vero atteggiamento di discernimento spirituale, libero da pressioni interne ed esterne, aperto al confronto ed evitando l’isolamento o le decisioni prese in solitudine, dandosi il tempo necessario, accettando le opportunità e i mezzi che gli vengono offerti. Alla comunità, attraverso i responsabili, corrisponde riconoscere, comprendere e accompagnare il confratello con rispetto e stile fraterno, e sostenerlo opportunamente con interventi ordinari e straordinari .

Una occasione concreta di verifica della qualità del discernimento, che si compie durante la formazione iniziale, è data dalla valutazione della perseveranza dei confratelli e dall’analisi dei casi di uscita durante la formazione iniziale e nei primi anni di impegno definitivo. La lettura del cammino vocazionale permetterà di comprendere se i diversi momenti di discernimento e di ammissione, i criteri applicati e la metodologia seguita, l’intervento dei responsabili, l’atteggiamento del candidato o del confratello, la maniera di percepire e accompagnare le eventuali crisi sono stati adeguati o se mettono in rilievo aspetti ai quali si deve prestare responsabilmente maggior attenzione.





4.2 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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277. Ogni salesiano assume la responsabilità della propria formazione e s’impegna in uno sforzo costante di conversione e di rinnovamento. Elabora il proprio progetto personale di vita a partire dalla sua esperienza e dal progetto vocazionale dei Salesiani di Don Bosco e lo verifica nei momenti forti.


278. L’azione formativa intende raggiungere il salesiano in profondità aiutandolo a far esperienza dei valori vocazionali in un itinerario che egli assume in prima persona e coinvolge tutti i protagonisti.


279. Ogni comunità salesiana è per i confratelli il naturale ambiente di crescita vocazionale.


280. L’Ispettoria assicuri le condizioni per un’autentica esperienza formativa e in particolare: il clima formativo in tutte le comunità, lo stile di vita e di azione pastorale, il servizio di animazione dei Direttori e di altri responsabili, la consistenza qualitativa e quantitativa delle comunità formatrici, specialmente attraverso équipes formatrici consistenti e sufficientemente stabili, il progetto formativo e la continuità del processo formativo.


281.La Commissione ispettoriale per la formazione curi l’unità del processo formativo ispettoriale, l’atteggiamento di discernimento, la convergenza dei criteri e la continuità metodologica.


Comunità formatrici e formatori


282. “La formazione iniziale si realizza ordinariamente in comunità strutturate appositamente a tale scopo”. Solo in casi speciali il Rettor Maggiore può permettere che i formandi siano integrati in altre comunità.

I responsabili assicurino la consistenza qualitativa della comunità formatrice con l’attenta cura delle condizioni richieste dal processo.


283. La comunità formatrice sia costituita da un numero di membri sufficiente allo sviluppo dell’esperienza formativa, evitando numeri troppo esigui, che non consentono le condizioni minime per alcuni aspetti formativi, come pure un numero eccessivo che non favorisce la personalizzazione e l’accompagnamento del processo.


284. I formatori siano uomini di fede, capaci di dialogo, con sufficiente esperienza pastorale e in grado di comunicare vitalmente l'ideale salesiano. L’Ispettore scelga un Direttore e un’équipe particolarmente preparati, soprattutto per la direzione spirituale comunitaria e personale.

I formatori, consapevoli del loro compito, costituiscano insieme con il direttore un gruppo convinto della comune responsabilità e assicurino ai confratelli in formazione le condizioni per una valida esperienza, l’accompagnamento e il discernimento.

Si faccia in modo che le équipes formatrici includano salesiani coadiutori. Si curi la loro preparazione specifica per questo compito.


285. Si includa nel Piano ispettoriale di qualificazione e specializzazione dei confratelli la programmazione per la qualificazione in pedagogia e metodologia formativa e in spiritualità salesiana dei confratelli che vengono scelti per il servizio formativo: Direttori, maestri di novizi, formatori.

L’Ispettoria preveda per i Direttori delle comunità formatrici un periodico e specifico aggiornamento che sia loro di aiuto nell'assolvere il compito dell’accompagnamento formativo, della direzione spirituale comunitaria e personale.

In analoga misura si offrano opportunità di perfezionamento e riqualificazione agli altri formatori.


286. I responsabili della formazione ai diversi livelli (Ispettori, Consigliere regionale, Consigliere per la formazione) promuovano iniziative e forme di collaborazione per la qualificazione dei formatori.


287. La comunità formatrice, vero laboratorio di maturazione personale, si distingua per il clima di famiglia e la condivisione fraterna, la convergenza degli intenti e la corresponsabilità nella realizzazione degli ideali salesiani, la partecipazione di tutti ai momenti di elaborazione e di verifica del progetto comunitario e della programmazione.


288. Si curino le condizioni ambientali della comunità: locali, spazi e strumenti, che favoriscono la vita comunitaria e religiosa (cappella, biblioteca, sala audiovisivi, spazi per la ricreazione...).


289. La comunità formatrice sia comunità aperta, secondo lo stile educativo di Don Bosco, e inserita nel contesto sociale ed ecclesiale di cui forma parte.

Si tenga informata sulla situazione e sugli orientamenti pastorali della Chiesa particolare e sviluppi forme concrete di partecipazione; mantenga scambi vicendevoli e momenti d’incontro con le comunità formatrici di altri Istituti religiosi; sia attenta alla realtà giovanile e culturale.


290. Durante la formazione iniziale va coltivato il senso di appartenenza alla propria Ispettoria. Per i confratelli inviati a comunità formatrici che appartengono ad altre Ispettorie, sono utili a questo scopo – oltre alla presenza nella équipe formativa di formatori della propria Ispettoria – le visite dell’Ispettore o di altri confratelli membri del Consiglio, lo scambio di notizie, gli incontri d’informazione e comunione con i confratelli della propria Ispettoria, la programmazione del periodo delle vacanze accademiche fatta in accordo tra il Direttore della propria comunità e l’Ispettoria d’origine, e altre forme di comunicazione.


291. Nella comunità formatrice l’animazione spirituale e l’accompagnamento personale sono compito primario del Direttore.

È suo dovere attuare l’animazione formativa e pastorale e la direzione spirituale attraverso l'esercizio paterno dell'autorità, le riunioni del Consiglio e dell'Assemblea dei confratelli, le conferenze e gli incontri, l’elaborazione del progetto formativo locale, la programmazione annuale, il giorno della comunità, le esortazioni pubbliche e private, la ‘buona notte’ quotidiana, il colloquio mensile, la direzione spirituale personale, la valorizzazione delle opportunità offerte nel territorio e a livello ispettoriale.


292. Il Direttore della comunità è sempre anche il direttore spirituale proposto, non imposto, ai singoli confratelli. I confratelli in formazione possono rivolgersi, oltre che al Direttore, anche ai confessori e ad altri confratelli capaci e preparati.

Anche quando il Direttore della comunità non fosse il direttore spirituale del confratello, egli rimane il responsabile del processo formativo personale; ciò richiede che vi sia verso di lui un rapporto di apertura e di fiducia, che gli assicuri la conoscenza necessaria per orientare, discernere e decidere.

Se un confratello domandasse uno speciale confessore o direttore spirituale, il superiore glielo conceda, ma ricordando la massima convenienza che, nei periodi della formazione iniziale, sia salesiano e stabile.

Nei noviziati la guida spirituale è il maestro.


293. Su richiesta del confratello in formazione, anche il Direttore e il Maestro possono offrire il loro ministero nel sacramento della Riconciliazione, ma soltanto in forma straordinaria, e purché al momento delle ammissioni si sentano capaci di una serena distinzione fra foro interno conosciuto in ambito sacramentale, e foro esterno unicamente riferibile in quella sede.


Verifiche


294. “Formatori e confratelli in formazione attuino in corresponsabilità una periodica programmazione e revisione”.


295. Il Direttore e il suo Consiglio verifichino periodicamente la qualità delle istanze di animazione e di accompagnamento comunitario e personale.


296. Nel periodo della formazione iniziale, per valutare e stimolare il processo formativo personale si compiano gli scrutini ogni tre mesi. Si mettano a confronto gli obiettivi della fase e il cammino del confratello, verificando la maturazione vocazionale in continuità con le valutazioni precedenti. Il confratello sia coinvolto nella verifica con diverse modalità.


297. All’interno della comunità (Direttore, Consiglio, formatori, confessori) e fra le comunità di formazione (prenoviziato, noviziato, postnoviziato, tirocinio, formazione specifica) si favorisca l’unità dei criteri di discernimento vocazionale e di ammissione, seguendo quanto è indicato in “Criteri e norme per il discernimento vocazionale. Le ammissioni”.

Allo stesso scopo si tengano incontri tra i responsabili locali e il Consiglio ispettoriale.


298. L’Ispettore promuova, soprattutto all’inizio di una fase formativa, la conoscenza dei formandi da parte dei responsabili della fase, e favorisca lungo tutto il processo formativo la comunicazione di adeguate informazioni con le modalità più opportune.


299. “Si utilizzino in forma stabile e sistematica (e non solo per alcuni casi difficili) le risorse delle scienze psicologiche e pedagogiche”, sia per i momenti di discernimento, sia per l’accompagnamento formativo ordinario.

Si assicuri che gli interventi professionali nel discernimento iniziale e nell’accompagnamento successivo siano coerenti con la vocazione salesiana. Perciò è conveniente che si scelgano esperti la cui impostazione sia attenta alla vocazione religiosa, e, nel possibile, che abbiano una conoscenza sufficiente della vita salesiana.

La decisione finale sull’idoneità dei candidati è compito dei responsabili salesiani.


Collaborazione inter-ispettoriale


300.In più di una situazione le condizioni indicate per assicurare la consistenza qualitativa e quantitativa dei centri formativi sono tali che non possono essere facilmente assicurate da ogni singola Ispettoria. È conveniente, in tali casi, che più Ispettorie, specialmente se dello stesso contesto culturale, collaborino per dare vita a strutture formative inter-ispettoriali.

La collaborazione inter-ispettoriale deve tradursi in una reale corresponsabilità e deve esprimersi anche attraverso l’implementazione e il funzionamento di quegli organismi intermedi (ad esempio, il “curatorium”, commissioni, ecc.), che rendono possibile un'efficace partecipazione delle Ispettorie nello stabilire l'orientamento della formazione (progetto formativo), nell’assicurare le condizioni e i mezzi per attuarla (personale, strutture, economia, ecc.) e nel fare le opportune verifiche.

Discernimento vocazionale


301. Nelle modalità di ammissione alla professione, ai ministeri e agli ordini si seguano queste tappe, tenendo conto della diversità di situazioni:

- colloquio dell’interessato col Direttore e presentazione della domanda;

- parere della comunità ed eventualmente di quei membri della CEP che siano in grado di dare un contributo significativo, rispettando le norme della prudenza;

- parere del Consiglio ispettoriale d'origine (quando il confratelli è fuori della sua Ispettoria);

- voto del Consiglio locale;

- voto del Consiglio ispettoriale e decisione dell’Ispettore.


302. La comunità locale, in quanto corresponsabile della maturazione di ogni confratello, è invitata a esprimere il proprio parere quando uno dei suoi membri chiede di essere ammesso alla professione o agli ordini sacri. Lo farà nelle forme più consone alla carità”. Si tenga presente che spetta al Direttore col suo Consiglio la responsabilità giuridica del parere da trasmettere all’Ispettore.


303. Si faccia il possibile affinché i membri del Consiglio ispettoriale, che hanno il compito di dare il proprio consenso per l’ammissione alla professione, ai ministeri e agli ordini, conoscano i candidati, ne seguano la preparazione, attuando quelle forme di contatto e di accertamento, che permettono di dare un voto motivato e consapevole.


304. Quando un confratello o un novizio si trovano in difficoltà nel cammino vocazionale, i Superiori e i formatori procurino di seguirlo con particolare cura nel suo discernimento, per aiutarlo a chiarire le proprie motivazioni e scoprire qual è il disegno di Dio nella sua vita. Questo cammino di discernimento risulti anche nella eventuale domanda di mutare la propria opzione vocazionale.

L’Ispettore o il Direttore della comunità formatrice, valendosi di opportune collaborazioni aiutino con prudenza e discrezione quanti lasciano la Congregazione a inserirsi nel loro ambiente sia dal punto di vista professionale che apostolico.


305. Allo scopo di consentire una valutazione dal punto di vista formativo delle uscite di confratelli con voti temporanei, l’Ispettore solleciti chi lascia la Congregazione alla scadenza dei voti a formulare per iscritto i motivi della sua decisione. Questa informazione sia comunicata con la dovuta prudenza alla Segreteria Generale.


306. L’Ispettoria faccia periodicamente una valutazione della perseveranza vocazionale per una miglior comprensione della situazione e allo scopo di adeguare la pedagogia formativa. Comunichi i risultati al Consigliere Generale per la formazione, che indicherà criteri per tale valutazione.



CAPITOLO QUINTO



IL PROCESSO FORMATIVO SALESIANO




5.1 “UN PROCESSO FORMATIVO CHE DURA TUTTA LA VITA”


307.Vivere la vocazione è entrare in una storia dove si intrecciano l’iniziativa di Dio e il progetto umano. È prendere parte a un dialogo di vita nel quale chiamata e risposta non sono episodi di un momento, ma esperienza permanente della “sequela” di Gesù. Quanto è stato detto nei capitoli precedenti, riguardo alla formazione salesiana e alle condizioni per assumerla personalmente, si compie attraverso un cammino formativo che dura tutta la vita.


L’esperienza vocazionale di Don Bosco – esperienza carismatica e fondazionale - testimonia un atteggiamento costante di attenzione alle sollecitazioni dello Spirito e di coraggiosa e sempre rinnovata risposta. Egli si è lasciato formare dallo Spirito e ne ha seguito con docilità gli impulsi. Si è sentito chiamato e sfidato dalla realtà, soprattutto quella dei giovani, e ha dato tutto se stesso rispondendo ogni momento con creatività.


Le Costituzioni presentano l’esperienza del salesiano come “risposta sempre rinnovata”: “illuminato dalla persona di Cristo e dal suo Vangelo, vissuto secondo lo spirito di Don Bosco, il salesiano si impegna in un processo formativo che dura tutta la vita e ne rispetta i ritmi di maturazione”.


308.L’esperienza vocazionale si snoda lungo un unico percorso formativo nel quale si possono distinguere due momenti diversamente caratterizzati: la formazione iniziale e la formazione permanente.


La formazione iniziale, vissuta già in prospettiva di formazione permanente, va dal primo orientamento verso la vita salesiana all’approfondimento delle motivazioni, all’identificazione con il progetto salesiano da vivere in una Ispettoria concreta. Essa giunge fino all’incorporazione piena e all’appartenenza definitiva alla Congregazione salesiana con la professione perpetua e, per i soci chiamati alla vocazione salesiana nel presbiterato, fino all’ordinazione sacerdotale.

La formazione iniziale si sviluppa attraverso periodi con obiettivi formativi ben definiti; “più che attesa, è già tempo di lavoro e di santità. È un tempo di dialogo tra l’iniziativa di Dio che chiama e conduce e la libertà del salesiano che assume progressivamente gli impegni della propria formazione”. È tempo di decisioni sempre più esigenti, di dialogo e interazione con la comunità fatto di momenti di verifica, sintesi e rinnovato impegno, cioè di tensione spirituale verso la meta.


309. Con la professione perpetua – e nel caso dei presbiteri con l’ordinazione sacerdotale – il salesiano entra pienamente nell’esperienza di vita salesiana da vivere con fedeltà, sostenuta dalla grazia della formazione permanente.

Infatti, proprio perché si tratta di una trasformazione di tutta la persona, il processo formativo non può ridursi alla sua fase iniziale. “La persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di quell’uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Gesù Cristo. La formazione iniziale deve pertanto saldarsi con quella permanente, creando nel soggetto la disponibilità a lasciarsi formare ogni giorno della vita”.

La formazione permanente consiste “in uno sforzo costante di conversione e di rinnovamento”: è crescita nella maturità umana, è conformazione a Cristo, è fedeltà a Don Bosco per rispondere alle esigenze sempre nuove della condizione giovanile e popolare. È un cammino che si realizza secondo la condizione di vita di ciascuno.


310.In tutto questo cammino l’esperienza formativa salesiana domanda allo stesso tempo un’uguaglianza di base e una differenziazione che rispetta e promuove la specificità vocazionale: “La formazione iniziale dei salesiani laici, dei futuri sacerdoti e dei diaconi permanenti – dicono le Costituzioni – ha ordinariamente un curricolo di livello paritario con le stesse fasi e con obiettivi e contenuti simili. Le distinzioni sono determinate dalla vocazione specifica di ognuno, dalle doti e attitudini personali e dai compiti del nostro apostolato”.

Ciò suppone che ogni novizio chiarisca il proprio orientamento di massima (futuro sacerdote o diacono o coadiutore) durante il noviziato, per poter programmare e integrare nel modo migliore la formazione del postnoviziato e del tirocinio con le varie discipline e attività corrispondenti. L'orientamento dovrà diventare definitivo, per tutti, prima della formazione specifica dopo il tirocinio.


311.Le Costituzioni descrivono il cammino vocazionale e formativo del salesiano che si realizza in fasi o momenti successivi:

il prenoviziato, per approfondire l’opzione vocazionale iniziale e prepararsi per il noviziato;

il noviziato, come inizio dell’esperienza di vita religiosa;

il periodo della professione temporanea nelle sue diverse fasi:

. l’immediato postnoviziato, che aiuta a crescere nell’integrazione di fede, cultura e vita;

. il tirocinio, che mira alla sintesi personale nel confronto vitale e intenso con l’azione salesiana;

. la formazione specifica, che completa la formazione iniziale e che per i seminaristi si prolunga sino all’ordinazione presbiterale;

il periodo di preparazione alla professione perpetua, che verifica la maturità spirituale da essa richiesta e conduce all’impegno definitivo; e

la formazione permanente, che continua il processo di maturazione fino al termine della vita.




5.2 LE CARATTERISTICHE DEL PROCESSO FORMATIVO


312.Il processo formativo si compie attraverso un’esperienza vitale determinata dall’identità salesiana, che integra diversi elementi e presenta caratteristiche peculiari.

Nella formazione si unisce l’impegno della comunità, che dimostra premura per la crescita di ognuno dei suoi membri, e la responsabilità personale di ogni confratello.



5.2.1 Processo personalizzato


Il processo formativo si centra sul candidato o confratello considerato nella sua concreta realtà secondo l’età, il carattere, le doti di intelligenza e di cuore, la famiglia di provenienza, l’educazione ricevuta, il cammino di fede e l’itinerario vocazionale compiuto, le esperienze vissute.

Ogni candidato e confratello ha un suo modo di porsi di fronte all’unico progetto salesiano e al cammino da compiere; ha ritmi e modalità proprie. Chi accompagna il processo di formazione tiene conto di queste variabili e aiuta la persona a integrarle armonicamente, portandola a vivere l’identità salesiana in modo sereno, fedele e originale.

Nel processo si fa attenzione ai tratti caratteristici della psicologia e alle situazioni socio-culturali che in qualche modo incidono sulla disponibilità alla formazione e sul suo ritmo.

Chi conduce il processo, attento a queste caratteristiche, aiuta il candidato e il confratello a maturare progressivamente le scelte e a prendere le decisioni nel momento opportuno secondo il grado di maturità richiesto, senza fretta ma anche senza ritardi ingiustificati e nocivi. Giova molto a questo riguardo procedere secondo un progetto personale adeguato alle mete formative specifiche.



5.2.2 Processo comunitario


313.Attraverso le diverse mediazioni, la comunità accoglie e accompagna il candidato e il confratello in formazione, lo sostiene con il suo aiuto, gli dà la possibilità di un confronto serio nella ricerca della volontà di Dio e opera il necessario discernimento. Gli assicura una vita comunitaria formativa, offrendo ambiente e mezzi che promuovano la crescita.

La comunità ispettoriale, poi, lo coinvolge nel suo progetto di formazione e costituisce un nucleo animatore che lo accompagna e che favorisce la convergenza di tutto e di tutti verso gli obiettivi da raggiungere.

A sua volta, progredendo nel suo cammino, il salesiano diventa per la comunità portatore della ricchezza dei suoi doni di natura e di grazia.



5.2.3 Processo unitario e diversificato


314.Il processo formativo si snoda attraverso fasi ed esperienze diversificate che fanno progredire in un unico movimento armonico tutte le dimensioni della formazione – umana, spirituale, intellettuale ed educativo-pastorale. Allo stesso tempo, nei diversi momenti, secondo lo scopo proprio di ogni fase, viene accentuata una dimensione specifica che arricchisce le altre di nuovi contenuti, sensibilità e motivazioni.

L’Ispettoria, in quanto soggetto responsabile della formazione in un determinato contesto, assicura l’unità dell’esperienza formativa di tutto il processo nel suo svolgersi secondo diverse fasi, in diverse comunità formatrici e in iniziative di formazione permanente.


5.2.4 Processo continuo e graduale


315.Il candidato e il confratello approfondisce l’identificazione con il progetto salesiano, matura l’idoneità e consolida le motivazioni mediante un’azione progressiva e continua: ogni fase è continuazione della precedente e preparazione alla seguente. Il passaggio da una fase all’altra è delicato e merita un attento accompagnamento.

Il principio della gradualità implica che si faccia attenzione allo stesso tempo alla qualità come meta, come pedagogia e come criterio di discernimento e che si imposti il processo con realismo e con flessibilità formativa.


Tale processo continuo e graduale non finisce mai. La configurazione a Cristo seguendo Don Bosco è un impegno costante per tutta la vita.



5.2.5 Processo inculturato


316.Le Costituzioni impegnano le Ispettorie ad attuare il processo formativo secondo le esigenze del proprio contesto culturale: le esigenze che provengono dal candidato e dalla sua cultura e quelle che derivano dal contesto in cui il carisma deve esprimersi.

Il carisma è fondamentalmente un fatto interiore – la sequela di Gesù Cristo più da vicino come ha fatto Don Bosco – e deve tradursi in vita vissuta, permeando l’intera esistenza del salesiano in tutte le sue espressioni individuali e comunitarie. È tutta la sua persona che deve essere presa e trasformata dal carisma.

Questo comporta che i valori carismatici assumano e trasformino ogni aspetto della sua cultura, incarnandosi in essa, nel contesto concreto in cui vive. Ne consegue che il processo formativo, attento alla realtà del candidato, dovrà portare ad una assimilazione profonda del carisma nella persona che lo accoglie e ad un cambio di mentalità. L’identificazione progressiva con la vocazione trasforma le abitudini personali e i rapporti con gli altri, con Dio e la stessa vita della comunità salesiana, finché la lievitazione carismatica di tutto l’umano gli dà un volto originale.


Questo processo, che richiede il dialogo e il discernimento, viene fatto nella comunione con la comunità, con quella locale, ispettoriale e mondiale.





5 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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317. Per assicurare l’unità e la continuità dell’esperienza formativa iniziale, che si svolge in periodi successivi, in diverse comunità e a volte in diverse Ispettorie, è necessario che essa si compia secondo un progetto unitario e che si favorisca il collegamento tra le fasi e la convergenza degli interventi.


318. Le fasi formative che preparano alla piena incorporazione nella Congregazione con la professione perpetua sono necessarie sia al candidato che alla comunità per discernere, in mutua collaborazione, la volontà di Dio e per corrispondervi. Gli obiettivi formativi di questi periodi devono essere raggiunti anche da chi entrasse nella Società avendo già compiuto gli studi previsti dal curricolo formativo.


319. Durante la formazione iniziale i confratelli siano aiutati ad approfondire l’identità della consacrazione, a maturare solide convinzioni sul suo valore educativo e ad assumere un atteggiamento di formazione permanente.


320.L’ammissione alle diverse fasi formative, alla professione, ai ministeri e alle ordinazioni e la valutazione del compimento degli obiettivi dei singoli periodi formativi si fonda sull’effettiva constatazione degli elementi positivi comprovanti l’idoneità e la maturità richieste dall’impegno che si assume e la capacità per affrontare adeguatamente la fase formativa successiva. Non basta l’assenza di controindicazioni e non è sufficiente il raggiungimento degli obiettivi accademici.


321. Si ponga particolare attenzione ai momenti di passaggio da una fase all’altra, curando una pedagogia che aiuti il confratello ad assumere con piena consapevolezza e responsabilità la nuova situazione formativa.

Non si consenta l’inizio di fasi formative o l’assunzione d’impegni (professioni, ministeri, ordini) per i quali l’interessato non è idoneo .

In questo caso si collochi il confratello formando nella situazione che meglio consenta il raggiungimento dell’idoneità richiesta.

Pur tenendo presente la gradualità dell’esperienza formativa, si eviti di protrarre situazioni problematiche o di indecisione che non offrono prospettive serie di miglioramento.


322. L’impostazione del processo formativo tenga presenti le diverse forme dell’unica vocazione salesiana:

salesiani chierici e coadiutori siano consapevoli delle caratteristiche della loro specifica forma vocazionale e crescano nella mutua integrazione, evitando il genericismo e la chiusura alla complementarità;

i formatori conoscano, presentino e facciano apprezzare l’identità salesiana nelle sue forme proprie: laicale, presbiterale e diaconale.


323. Si cerchi di chiarire l’orientamento vocazionale specifico, coadiutore o futuro presbitero, durante il noviziato, prima della professione, per poter caratterizzare la formazione durante il periodo dei voti temporanei e programmare le attività e gli studi corrispondenti. L’orientamento vocazionale dovrà diventare definitivo, per tutti, prima della formazione specifica dopo il tirocinio.


324.Le possibilità concrete di vivere in Congregazione la laicità consacrata sono molteplici e varie. Questa pluriformità esige che i Direttori ispettoriali prevedano un curricolo formativo serio, ma flessibile e adattabile sia alla natura propria dei diversi compiti, sia alle possibilità concrete dei candidati”.


325. La formazione iniziale maturi il senso di appartenenza alla Famiglia Salesiana e al Movimento salesiano nei quali consacrati e laici, vivendo progetti vocazionali diversi, condividono lo spirito e la missione. In particolare:

si facciano conoscere l’identità e gli aspetti caratteristici della Famiglia Salesiana e dei diversi gruppi;

– “siano presentati i contenuti e i valori della laicità; si abilitino i giovani confratelli a saper crescere e maturare insieme, ad acquisire la capacità di essere formatori e animatori dei laici, a promuovere le vocazioni laicali”;

si sottolinei nei salesiani la capacità di operare con mentalità progettuale nell’ambito della comunità educativo-pastorale;

– il Progetto ispettoriale di formazione preveda contenuti ed esperienze diversificate e graduali di formazione reciproca e complementare tra salesiani e laici per la formazione iniziale e permanente; la programmazione tenga presente la diversa natura delle loro vocazioni e i tempi di maturazione umana, affettiva e apostolica.


326. Durante la formazione iniziale si tengano presenti i riti di provenienza o di appartenenza dei confratelli e la necessaria preparazione per svolgere la missione in contesti di riti diversi.


327.I criteri e le norme che si riferiscono alle attitudini del candidato, alle condizioni, agli impedimenti e ai requisiti giuridici per l’ammissione al prenoviziato e al noviziato, per la prima professione, per il rinnovamento di quella temporanea, per la professione perpetua, e per i ministeri e gli ordini sono più ampiamente indicati e commentati in “Criteri e norme di discernimento vocazionale salesiano. Le ammissioni”.


CAPITOLO SESTO



IL PRENOVIZIATO




6.1 NATURA E SCOPO


328.“A chi si orienta verso la vita salesiana vengono offerti l’ambiente e le condizioni adatte per conoscere la propria vocazione e maturare come uomo e come cristiano… Immediatamente prima del noviziato è richiesta una speciale preparazione per approfondire l’opzione vocazionale e verificare l’idoneità necessaria ad iniziare il noviziato. Tale preparazione si compie attraverso un’esperienza di vita comunitaria e apostolica salesiana”.

Nel prenoviziato incomincia la formazione iniziale del candidato che chiede di entrare nella Congregazione Salesiana per dedicare la sua vita al Signore nel servizio della gioventù.


329.I candidati, in genere, giungono da ambienti molto eterogenei, con situazioni di età e di maturazione personale, esperienze di vita, di fede e di cultura assai diverse. Alcuni sono cresciuti nel contatto vivo e prolungato con la realtà salesiana, altri conoscono da poco il progetto di vita di Don Bosco.

Per questo l’Ispettoria, assicurato un serio cammino di pastorale vocazionale, e in sintonia con esso, si impegna decisamente nell’impostare il prenoviziato come una fase specifica che tiene conto della situazione familiare, dei condizionamenti sociali, e del livello di educazione e di fede dei candidati. Si sforza di curare la personalizzazione e inculturazione della formazione, dandosi un progetto chiaro e definito e mantenendo la dovuta flessibilità e creatività nella struttura e programmazione.


330.Il candidato viene ammesso al prenoviziato solo quando “ha fatto l’opzione per la vita salesiana” e presenta, a giudizio dei responsabili, le condizioni di idoneità umana, cristiana e salesiana corrispondenti.

Anche se “non si esige che il candidato sia in condizione di assumere immediatamente tutti gli obblighi dei religiosi, deve essere ritenuto capace di giungervi progressivamente. Il poter giudicare su tale capacità giustifica che si diano il tempo e i mezzi per giungervi. Questo è lo scopo della tappa preparatoria al noviziato...”.

Al prenovizio quindi viene dato tutto il tempo necessario affinché arrivi al livello di maturità richiesta per l’ingresso nel noviziato.

331.Il prenoviziato viene impostato in modo tale che il candidato raggiunga i seguenti obiettivi specifici:

  • maturare come uomo e come cristiano;

  • conoscere la propria vocazione e approfondire l’opzione vocazionale mediante l’accompagnamento dei formatori;

  • fare esperienza comunitaria e riflettere seriamente sulla vita salesiana;

  • verificare l’idoneità necessaria ad iniziare il noviziato;

  • decidere in modo cosciente e libero da pressioni esterne e interne;

  • assumere un chiaro atteggiamento formativo.

Ugualmente il tempo del prenoviziato consente alla Congregazione di valutare l’idoneità e la maturità del candidato a entrare in noviziato.




6.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


332.La natura del prenoviziato richiede che si curino alcuni atteggiamenti fondamentali dando una speciale attenzione a quelli umani e cristiani, in modo da garantire la maturità sufficiente per fare un’opzione responsabile.



6.2.1 La dimensione umana


La prima esigenza della formazione è il poter incontrare nel candidato un presupposto umano, cioè una base umana adeguatamente preparata.



6 6.2.1.1 Le condizioni fisiche e di salute

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333.Durante il prenoviziato devono essere verificate le condizioni fisiche e il buono stato di salute necessario per affrontare la vita e la missione salesiana. Gli accertamenti medici opportuni si compiono anche prima dell’ammissione alla fase.

Il candidato viene educato a gestire con cura l’equilibrio fisico e la salute.



6.2.1.2 Conoscersi e farsi conoscere


334.Aiutato dalla comunità e dalla guida spirituale, il prenovizio studia di conoscersi nei suoi vari aspetti e prende in mano consapevolmente il percorso della propria esistenza. Facendo leva sul positivo di sé, impara ad affrontare anche gli aspetti e i nodi problematici. Diventa consapevole delle sue qualità e dei suoi limiti ed è sereno e riconoscente per ciò che è.

Con apertura e coraggio affronta il proprio passato e non ha paura di parlare di sé e della propria famiglia. Impara a riflettere sulla propria condotta, sulle esperienze, sulle ragioni delle scelte e sul proprio modo di pensare. E’ aiutato a scoprire le motivazioni inconsce e a distinguere tra i desideri e le vere motivazioni.

Quest’approccio sincero e profondo di sé costituisce una prima base per il discernimento.


7 6.2.1.3 Un’affettività serena

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335.Il prenovizio prende coscienza del valore umano della propria sessualità e scopre le forze della propria affettività.

Si identifica con la propria condizione maschile e matura l’“accettazione dell'altro, uomo o donna, nel rispetto della sua differenza”.

Impara a valutare con sincerità i propri sentimenti, gli impulsi e le motivazioni e a viverli in sintonia con i valori di una vocazione celibataria.

Viene aiutato a raggiungere una sufficiente certezza di essere amato e di essere capace di amare.

Mantiene i vincoli affettivi con la sua famiglia attraverso un rapporto di gratitudine e di sincero affetto, e al contempo matura il senso di appartenenza alla comunità. Impara a distaccarsi da quei vincoli che riducono la sua autonomia e rallentano o disturbano la realizzazione del proprio progetto vocazionale.



6.2.1.4 La capacità relazionale


336.Avendo compreso che una relazione interpersonale serena è fondamentale per la vocazione salesiana, il prenovizio cerca di sviluppare buoni rapporti con i propri compagni e con i formatori della comunità, con i laici della comunità educativa e con altre persone che incontra nelle esperienze pastorali. Sa accogliere e ascoltare; pratica le buone maniere e la giovialità; tratta tutti con simpatia, amicizia e molta apertura.

Il prenoviziato gli offre l’esperienza di una vita di comunità con gli altri prenovizi e con i confratelli. Vi prende parte attivamente e dà il suo apporto personale per creare un ambiente ricco di valori formativi. In esso egli matura il modo di esprimersi, la capacità di comunicazione, la corresponsabilità nella realizzazione delle decisioni prese, e il senso del lavorare insieme.



8 6.2.1.5 Il senso di responsabilità

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337.Il prenovizio è fedele ai suoi doveri quotidiani e impara a lavorare con dedizione. Ama il lavoro, è assiduo nello studio, compie i servizi comunitari con disponibilità, sacrificio e costanza, vedendo in essi delle occasioni concrete per esprimere il suo amore alla vocazione. Impara ad usare bene il suo tempo, ad utilizzare le qualità ricevute da Dio e a fare ogni giorno delle scelte motivate nella direzione del dono gratuito di sé.



6.2.1.6 La rettitudine di coscienza e l’apertura alla realtà


338.Si educa all’autenticità e alla rettitudine di coscienza, acquistando l’abito di leggere le situazioni alla luce del Vangelo, consolidando le sue convinzioni morali e costruendo un atteggiamento intelligente e critico di fronte ai modelli culturali proposti dalla società.


Aperto alle realtà sociali e culturali dell’ambiente e del mondo della comunicazione sociale, è particolarmente sensibile ai problemi dei giovani poveri ed emarginati e alle situazioni di povertà, di ingiustizia e di esclusione. Cresce nel senso di compassione e di solidarietà e lo manifesta in una vita semplice. Fa di queste esperienze occasioni concrete per maturare nel realismo della vita.



6.2.2 La dimensione spirituale


339.Chiamato ad abbracciare una vita radicalmente centrata sulla persona di Cristo, il prenovizio è guidato a vivere una relazione personale con Lui e a dare un solido fondamento alla sua vita cristiana, concentrandosi su alcuni aspetti ed esperienze tipici di essa, con le sottolineature proprie della Spiritualità Giovanile Salesiana. Cura perciò:

una solida catechesi, che include i fondamenti di una formazione biblica, morale, spirituale e liturgica necessari ad approfondire la sua fede e a scoprire la persona di Gesù Cristo, la missione della Chiesa, il piano divino di salvezza;

un’iniziazione alla vita sacramentale e alla devozione mariana: si mette in atteggiamento di ascolto e di risposta alla Parola di Dio, si nutre alla mensa dell’Eucaristia, si accosta regolarmente al Sacramento della Riconciliazione e scopre la presenza materna di Maria nella sua vita e nella storia della sua vocazione;

un’iniziazione alla vita di preghiera: egli prega in gruppo e in comunità, si esercita nella preghiera personale e impara a condividere le sue esperienze di fede. Apprende a poco a poco la capacità di leggere gli avvenimenti della sua vita alla luce del Vangelo e ad ascoltare la voce interiore dello Spirito.


340.Il candidato, ponendosi di fronte al progetto di vita dei SDB, comprende che la missione salesiana comporta la vocazione alla comunità.

Quindi si allena alla vita comunitaria, acquistando una capacità sufficiente per la comunicazione interpersonale, accettando gli altri e integrando la propria azione nel progetto comunitario, perdonando e superando le antipatie e i pregiudizi. Coltiva il senso dell’amicizia, assimila i tratti dello spirito di famiglia e contribuisce ad esso, e mostra un atteggiamento premuroso di servizio verso gli altri.

Fa un’esperienza di Chiesa, man mano che si inserisce nella sua comunità e nella comunità educativa, e si apre alle comunità più grandi dell’Ispettoria, della Congregazione e della Famiglia Salesiana.


341.Il prenovizio cerca di ispirare la sua vita alle esigenze dei consigli evangelici e di acquisire alcuni atteggiamenti concreti, come la semplicità che non cerca il superfluo o la comodità, la gratuità nei rapporti e nelle motivazioni, il distacco da compromessi affettivi, l’esercizio nella padronanza di sé e la fedeltà agli impegni affidati.


6.2.3 La dimensione intellettuale


342.La vocazione salesiana e la missione giovanile richiedono una solida preparazione intellettuale. Durante il prenoviziato si deve accertare l’idoneità ad affrontare gli studi richiesti dal curriculum formativo.

Al prenovizio è richiesta una “cultura generale di base che deve corrispondere a quella che generalmente ci si attende da un giovane che ha ultimato la preparazione scolastica normale nel suo paese”.

La formazione intellettuale durante questa fase può essere impostata in forma molto diversa, secondo la preparazione dei candidati e la situazione concreta. In ogni caso, essa deve assicurare l’acquisto di un metodo di studio adeguato e soprattutto di un abito allo studio e alla riflessione e, dove è necessario, la padronanza della lingua in uso al noviziato; curerà il completamento o il consolidamento del bagaglio culturale necessario per il noviziato e per gli studi del postnoviziato, l’inizio di una presentazione sistematica del mistero cristiano, una conoscenza generale della vita di Don Bosco e della Congregazione ad un livello di primo approccio in riferimento all’esperienza salesiana del candidato.

L’impegno degli studi che si fanno deve armonizzarsi con i compiti segnalati per il prenoviziato. La somma di obblighi accademici non dovrebbe distogliere dagli obiettivi fondamentali di questa fase.



6.2.4 La dimensione educativo-pastorale


343.Mentre arricchisce in diverse forme la conoscenza e l’amore verso la missione salesiana nelle sue molteplici espressioni, il prenovizio viene impegnato in esperienze proporzionate alla sua preparazione.

Sono esperienze educative e pastorali significative, di netto taglio salesiano, come la presenza-assistenza in mezzo ai giovani, la collaborazione nell’animazione di gruppi giovanili, e le attività di catechesi e di lavoro missionario.

Attraverso queste esperienze il prenovizio sperimenta il Sistema Preventivo e la collaborazione con i laici e con altri membri della Famiglia Salesiana.




6.3 ALCUNE CONDIZIONI FORMATIVE


344.Per realizzare un tale programma, sono necessarie alcune condizioni:



6.3.1 Una esperienza comunitaria


Il prenoviziato viene compiuto secondo un progetto chiaramente stabilito, che offre l’esperienza reale di una comunità salesiana che vive intensamente i valori del carisma.

Può trattarsi di una comunità autonoma di prenoviziato, oppure di un gruppo all’interno di una comunità salesiana con uno o più confratelli responsabili.

Anche nel caso di un numero ridotto di prenovizi è necessario assicurare le condizioni per una effettiva esperienza comunitaria.



6.3.2 I formatori: una guida


345.In questa fase è determinante una qualificata e sistematica esperienza di accompagnamento formativo personale e comunitario e di direzione spirituale.

L’Ispettore designa espressamente il Direttore e l’équipe della comunità del prenoviziato, oppure uno o più salesiani che abbiano il compito di guidare i prenovizi.

Essi li seguono personalmente con incontri frequenti, condividono con loro il ritmo di vita giornaliero e le diverse esperienze e li aiutano ad arrivare alla maturità richiesta per prendere le decisioni opportune. Fanno in modo che il prenovizio assuma un atteggiamento formativo attivo, cioè che sia aperto e comunicativo, e che si renda responsabile del proprio processo formativo.

I formatori si mantengono in contatto e operano in accordo con il maestro dei novizi, per assicurare l’indispensabile continuità della formazione.



6.4 IL DISCERNIMENTO E L’AMMISSIONE AL NOVIZIATO


346.La fase formativa del prenoviziato raggiunge i suoi obiettivi quando:

il prenovizio conclude la sua ricerca vocazionale e con l’aiuto dei formatori giunge alla convinzione che il Signore lo chiama alla vita salesiana, è pronto ad abbracciarla e chiede di essere ammesso al noviziato; oppure, alternativamente, arriva alla conclusione di non essere chiamato alla vita salesiana;

la Congregazione Salesiana, attraverso la comunità locale ed ispettoriale, fa il suo processo di discernimento e arriva alla fondata certezza che il prenovizio mostra segni autentici di vocazione salesiana e presenta i requisiti di base per iniziare il noviziato.


347.L’ammissione al noviziato viene fatta dall’Ispettore sulla base di segni positivi che comprovano l'attitudine del prenovizio alla vita salesiana:

salute sufficiente e cultura generale di base;

esistenza di un vero atteggiamento formativo assunto dal prenovizio;

capacità di scelta per motivi autentici e senso di responsabilità

retta intenzione;

capacità di vivere in comunità, in obbedienza e in spirito di fede;

affettività serena ed equilibrata e adeguato sviluppo della capacità di relazione;

buona esperienza vissuta di vita cristiana e di apostolato;

amore per Don Bosco e per la missione salesiana, buon rapporto con i giovani, e preferenza per i giovani poveri.





8.1 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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348. “Immediatamente prima del noviziato è richiesta una speciale preparazione per approfondire l'opzione vocazionale e verificare l'idoneità necessaria ad iniziare il noviziato. Tale preparazione si compie attraverso un’esperienza di vita comunitaria e apostolica salesiana”.

La si faccia normalmente fuori dalla casa di noviziato e presso una comunità salesiana adatta, approvata dall’Ispettore con il suo Consiglio. Se il numero dei candidati lo permette e le circostanze lo consigliano, si svolgerà in una comunità appositamente formata a questo scopo.


349.“La preparazione immediata al noviziato in via ordinaria non sia inferiore a sei mesi”. L’importanza di questo periodo, che spesso condiziona le fasi seguenti e in particolare il noviziato, richiede, in ogni caso, che ci si dia il tempo sufficiente per raggiungerne gli obiettivi, prolungando se è necessario l’esperienza ad un anno e più e facendola precedere da un serio cammino di pastorale vocazionale.


350. Il Direttorio ispettoriale – sezione formazione determini le modalità concrete della preparazione immediata al noviziato, tenendo presenti le indicazioni generali di questo documento.


351. Per l’ammissione alla preparazione immediata al noviziato (“prenoviziato”), che è fatta dall’Ispettore, al quale il candidato rivolge la sua domanda, si raccolgano, in collaborazione con il candidato stesso, quei dati e quelle informazioni utili a far emergere i segni di una vera vocazione salesiana e le sue eventuali controindicazioni.

Soltanto quando il candidato ha fatto l’opzione per la vita salesiana” e presenta, a giudizio dei responsabili, le condizioni di idoneità umana, cristiana e salesiana corrispondenti, può essere ammesso a iniziare questa esperienza. Sia l’opzione che l'idoneità vanno valutate con riferimento a “Criteri e norme” e tenendo conto del momento di maturazione della persona e delle sue possibilità di sviluppo.

L’inizio del prenoviziato sia fissato considerando che il Codice determina l'età minima di ammissione al noviziato a 17 anni compiuti.


352. Prima o durante il prenoviziato è opportuno che vi sia un controllo medico e un esame psicologico che verifichi l’esistenza della base umana per l’inizio dell’itinerario formativo salesiano, fermo restando il disposto del can 220.


353. Riguardo alla formazione intellettuale durante il prenoviziato, il Direttorio stabilisca i criteri e le linee fondamentali, il Progetto ispettoriale di formazione ne indichi i contenuti generali. Si assicuri il raggiungimento del livello di studi civili richiesti, il consolidamento della base culturale e la verifica delle capacità per gli studi posteriori, la conoscenza della lingua, una seria introduzione alla dottrina cristiana, una conoscenza generale di Don Bosco, della vocazione salesiana e della Congregazione.

L’impegno per gli studi, specialmente quando si completa il curricolo civile o si affronta il primo anno del programma che proseguirà durante il postnoviziato, deve armonizzarsi con gli obiettivi specificamente formativi di questa fase e non comprometterli.


Ammissione al noviziato


354.“Il candidato, quando si sente sufficientemente preparato e disposto, fa la domanda di iniziare il noviziato. Perché sia ammesso, deve essere immune dagli impedimenti previsti dai canoni 643-645 § 1, dimostrare le attitudini e la maturità necessarie per intraprendere la vita salesiana e avere sufficiente salute per poter osservare le Costituzioni della Società”.

Gli impedimenti, da cui essere immuni sono riferiti in “Criteri e norme”. Lo stesso si dica per ciò che riguarda i requisiti giuridici.


355. L’ammissione al noviziato è fatta dall'Ispettore col consenso del suo Consiglio, avuto il parere del Direttore della comunità con il suo Consiglio. I superiori, se lo ritengono opportuno, possono richiedere informazioni, anche sotto segreto.

La valutazione dell’idoneità va fatta in base ai criteri e agli orientamenti dati dalla Congregazione (cfr. “Criteri e norme”), tenendo presenti le esigenze dell’esperienza del noviziato e la situazione di chi sta iniziando il cammino formativo. È importante che ci sia un chiaro atteggiamento formativo, cioè la piena disponibilità ad impegnarsi per maturare la propria vocazione nella comunità salesiana.

I criteri o elementi positivi comprovanti l'attitudine del prenovizio alla vita salesiana sono:

una salute sufficiente e disponibilità al servizio e al lavoro;

una capacità intellettuale e una base culturale adeguate;

una normale capacità di scelta per motivi autentici;

un’affettività ricca ed equilibrata e buona capacità di relazione;

la conoscenza e l’esperienza di vita cristiana richiesta a chi inizia il noviziato;

una sufficiente assimilazione dello spirito salesiano;

la presenza della retta intenzione e di un atteggiamento formativo.


356.Per l’eventuale accettazione di candidati ritiratisi volontariamente oppure dimessi da un seminario o da altro Istituto religioso, è d’obbligo richiedere un’informazione previa adeguata. In particolare, oltre ai documenti menzionati nel can 241 § 2, bisogna chiedere “sotto grave obbligo”, anche “la dichiarazione del rispettivo superiore, soprattutto circa la causa della dimissione o dell’uscita”.

Da parte nostra, abbiamo l’obbligo di fornire analoghe informazioni ad altri Istituti o seminari. Tali informazioni devono rispettare la riservatezza del foro interno, il diritto dei soggetti alla buona reputazione e alla tutela della loro intimità, ma nel contempo non devono nascondere o dissimulare il vero stato delle cose per il bene delle persone e della Chiesa.



CAPITOLO SETTIMO



IL NOVIZIATO




7.1 NATURA E SCOPO


357.Il noviziato è l’inizio dell’esperienza religiosa salesiana come sequela di Cristo.

Esso “è ordinato a far sì che i novizi possano prendere meglio conoscenza della vocazione divina qual è propria dell'Istituto, sperimentarne lo stile di vita, formarsi mente e cuore secondo il suo spirito; e al tempo stesso siano verificate le loro intenzioni e la loro idoneità”.


In questa fase, con l’aiuto del maestro e della comunità, il novizio:

impara a vivere la vita consacrata apostolica salesiana più direttamente sotto l'aspetto di esperienza religiosa: approfondisce le motivazioni della sua scelta, acquista una mentalità di fede e interiorizza i valori salesiani;

verifica la sua idoneità alla vita salesiana in modo da dare a se stesso e alla comunità la possibilità di giungere a una certezza morale positivamente provata;

orienta costantemente la sua vita al dono di sé a Dio nel servizio dei giovani, secondo lo spirito di Don Bosco e si impegna a tendere a quella grazia di unità che associa contemplazione e azione apostolica;

si prepara a darsi completamente a Dio in modo cosciente e libero con la prima professione, entrando in un processo formativo che dura tutta la vita.



7.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


358.La formazione offerta nel noviziato congiunge progressivamente la conoscenza con l’esercizio pratico e la proposta comunitaria con l’accompagnamento personale, cosicché i contenuti comunicati diventino “esperienza” e vengano assimilati in modo personalizzato. In questa maniera il novizio si identifica gradualmente con la vocazione salesiana.


La proposta formativa del noviziato abbraccia le diverse dimensioni della formazione salesiana, ma presta particolare attenzione alla dimensione spirituale e all’approfondimento del carisma.



7.2.1 La dimensione umana


359.Il novizio approfondisce la conoscenza e l’accettazione di sé, coltiva il dominio di sé e la temperanza, consolida la capacità di scelte motivate e si rende disponibile al lavoro.

Egli cura il suo inserimento nella vita comunitaria, perfezionando la capacità di adattamento e di relazioni interpersonali improntate a cordialità e gratuità.

Coltiva la buona educazione, la capacità di dialogo, di accettazione della diversità, di vivere con ottimismo e di mettere le proprie qualità al servizio della comunità.

È importante che il maestro e l’équipe formativa favoriscano degli ”spazi” di responsabilità e di libertà affinché il novizio misuri se stesso, la sua autonomia personale e la sua capacità di collaborazione e abbia la possibilità di riflettere sulle scelte operate.



7.2.2 La dimensione spirituale


7.2.2.1 La configurazione a Cristo nella prospettiva del da mihi animas


360.È la dimensione che caratterizza il noviziato.

Il novizio viene accompagnato nel cammino di configurazione a Cristo, apostolo del Padre e Buon Pastore, che scopre presente in Don Bosco che ha donato la sua vita ai giovani. Entra in un processo di sequela di Gesù obbediente, povero e casto e cresce nell'unione con lui in sintonia con il carisma salesiano.

Con la grazia dello Spirito, è alla ricerca di una vera e propria identificazione con Cristo: “Non dimenticate che voi, in modo particolarissimo, potete e dovete dire non solo che siete di Cristo, ma che ‘siete divenuti Cristo’”. Ciò vuol dire che la persona del novizio viene assunta nella sua totalità in un processo di conversione e di trasformazione evangelica.

Nello sforzo ascetico che compie il novizio sperimenta la gioia di mettere Cristo al centro della sua vita e di condividere sempre più i suoi sentimenti. Si tratta di un’auto-trascendenza, per cui egli raggiunge la sua vera realizzazione personale in Cristo.


Questo approfondimento del Battesimo e configurazione con Cristo nella prospettiva del “da mihi animas” si esprimerà pienamente nella professione religiosa e nella vita consacrata.



7.2.2.2 L’assimilazione del carisma salesiano e l’identificazione con il Fondatore


361.La formazione tende a purificare e consolidare l’iniziale attrazione per Don Bosco e per la vita salesiana e a renderla reale attraverso un processo di assimilazione del carisma salesiano espresso nelle Costituzioni.

Il novizio è guidato a una esperienza spirituale che si concentra in un modo originale di essere e di operare e si esprime in atteggiamenti caratteristici: una forte sensibilità verso la missione salesiana tra i giovani poveri, un particolare stile di preghiera e di vita fraterna in comunità, in una parola, un modo peculiare di vivere la consacrazione.


362.Il novizio approfondisce la particolare esperienza di Dio fatta da Don Bosco, verifica le motivazioni che lo spingono ad abbracciare la vita consacrata salesiana e impara a mantenere l’equilibrio tra la tensione ideale e la situazione concreta della comunità. Entra in contatto profondo e serio con le fonti dell’esperienza carismatica.


Si prepara a far parte della Congregazione, coltiva la comunione con la sua Ispettoria e si apre alla realtà della Famiglia Salesiana. Tramite la conoscenza della loro storia e l’informazione sugli avvenimenti più significativi, egli prende coscienza della diversità delle vocazioni nella Famiglia Salesiana e cresce così nell’appartenenza ad essa.



7.2.2.3 L’esperienza di vita fraterna


363.È nella comunità che il novizio apprende lo spirito salesiano, che è fondamentalmente un fatto di comunicazione di vita.

Accoglie i suoi fratelli con spirito di fede e si apre alla comunicazione e al servizio. La vita quotidiana gli offre molteplici occasioni per crescere nella carità fraterna, nella pazienza e nel superamento delle difficoltà nei rapporti interpersonali. Cresce nell’amore concreto alla comunità e sa che, al di là delle differenze e dei difetti dei fratelli, essa è convocata da un’iniziativa di Dio. Si inserisce in essa con vero senso di partecipazione e di gioia familiare, scoprendovi la presenza del Signore.



7.2.2.4 Iniziazione alla preghiera che abbraccia tutta la vita


364.Il noviziato offre un clima e un ambiente di raccoglimento che favorisce il dialogo con Dio. Assicura pure orientamenti appropriati, regolarità di tempi e conoscenza delle differenti modalità di preghiera. Si configura così come una vera scuola di iniziazione alla preghiera. Il novizio trova grande aiuto quando la comunità del noviziato ha un programma ben condotto di preghiera, fatta con semplicità, dinamismo e gioia, e quando gli offre pure differenti possibilità di pregare anche in piccoli gruppi, con i giovani e con i laici.


Durante il noviziato il novizio viene educato :

ad amare la Parola di Dio e a mettersi in ascolto di essa;

a capire e ad amare la liturgia come preghiera di Cristo e della Chiesa, e come cammino di vita spirituale;

a vivere l’Eucaristia come atto centrale quotidiano della sua vita e della comunità salesiana, “vissuto come una festa in una liturgia viva”, a celebrare con regolarità e profondità il Sacramento della Riconciliazione, a scoprire la ricchezza della Liturgia delle Ore e a pregare con i salmi della Chiesa;

a esercitarsi nella preghiera personale e a sentirne il bisogno come un autentico respiro dell’anima; è importante che il novizio acquisti l’abito della meditazione che dovrà accompagnarlo per tutta la vita;

a imparare a camminare personalmente nella vita spirituale.


Questo cammino di preghiera lo aiuta a vivere in “unione con Dio” e a santificare le attività di ogni giorno. Il novizio passa così da un ritmo di preghiera allo spirito di preghiera che congloba tutta l’esistenza e la fa diventare vita nello Spirito.




7.2.3 La dimensione intellettuale


365.“Gli studi durante il noviziato siano fatti con serietà, secondo un programma definito nell’ordinamento generale degli studi; abbiano come obiettivo preminente l’iniziazione al mistero di Cristo affinché il novizio, attraverso il contatto con la Parola di Dio, sviluppi una più profonda vita di fede e una conoscenza amorosa di Dio. Si approfondisca anche la teologia della vita religiosa e vengano studiate le Costituzioni, la vita di Don Bosco e la nostra tradizione”. Si presenteranno gli aspetti significativi della storia della Congregazione, una visione della Famiglia Salesiana e del Movimento Salesiano.

Lo studio aiuta il novizio ad illuminare la sua fede, a comprendere la vocazione salesiana, a fondare le convinzioni, a crescere verso il completo dono di sé e a sostenere i comportamenti e le opzioni. Il programma di studi previsto tende a rafforzare questo cammino di maturazione spirituale e ha al suo centro lo studio delle Costituzioni.

Durante il noviziato è incoraggiata la lettura di autori di spiritualità ed è favorito lo studio delle lingue, in particolare di quelle richieste dalla situazione dell’Ispettoria e della lingua italiana. Questa rimane elemento di comunicazione per la Congregazione, per la conoscenza delle fonti e la lettura dei documenti, per i contatti con i superiori e nei convegni internazionali.



7.2.4 La dimensione educativo-pastorale


366.Tutto il noviziato è vissuto nella prospettiva della vocazione apostolica, nell’ardore del “da mihi animas”, nella disponibilità per il servizio ai giovani, nell’assunzione della missione della Congregazione. Il servizio del Regno, la testimonianza del Vangelo, il senso di Chiesa, lo slancio missionario caratterizzano l’esperienza del noviziato. Non deve mancare l’informazione e la riflessione sulla condizione dei giovani, specialmente dei poveri, sulla pastorale dell’Ispettoria, e sull’esperienza e gli orientamenti della Congregazione, sulle frontiere della missione e delle missioni.

La sensibilità per i bisogni del mondo, particolarmente dei giovani, costituisce uno stimolo vocazionale, alimenta la preghiera, diventa condivisione. E proprio in vista della missione, il novizio coltiva le sue doti e sviluppa le sue potenzialità.


367.“Inserita nella realtà sociale e apostolica”, la comunità del noviziato esprime la sua carità pastorale al servizio del Regno mediante diverse esperienze educative e pastorali che danno al novizio la possibilità di:

maturare come persona e conoscere le proprie qualità per la vita e missione salesiana;

imparare la pratica del Sistema Preventivo;

abilitarsi a unire azione e contemplazione nella “grazia di unità”;

conoscere e sperimentare la realtà del mondo dei giovani, specialmente i più poveri.


Attraverso le attività educative e pastorali il novizio impara a fare tutto per amore di Cristo, incarnandosi tra i destinatari, condividendo con i laici, scoprendo la gioia di donarsi gratuitamente.

Queste esperienze si caratterizzano per la loro semplicità e qualità, la buona progettazione e preparazione, lo stile comunitario, la presenza di una guida che accompagna, la riflessione sull’attività fatta.



7.3 ALCUNE CONDIZIONI FORMATIVE


7.3.1 La comunità e l’ambiente


368.La comunità del noviziato facilita l’osmosi dei valori religiosi e salesiani quando essa è “un esempio di vita fondata sulla fede e alimentata dalla preghiera, dove la semplicità evangelica, l'allegria, l’amicizia e il rispetto reciproco creano un clima di fiducia e di docilità”. In essa i rapporti dei novizi con i professi si svolgono in un clima di naturalezza, e la loro formazione è la risultante del lavoro concorde di una comunità formatrice in grado di comunicare, mediante la vita vissuta, i valori del carisma.


L’Ispettoria, cosciente della sua responsabilità, s’impegna a fornire il personale e i mezzi necessari per realizzare le finalità formative del noviziato.


L’organizzazione del noviziato è governata da un unico e fondamentale criterio: l’ambiente e le strutture devono essere in grado di favorire la trasmissione dell’autentica formazione salesiana, di condurre i novizi ad assumere le finalità del noviziato e a interiorizzarne i contenuti.

Tenendo presente la finalità del noviziato, è auspicabile che la sua collocazione sia in una realtà pastoralmente significativa.

Sono utili anche tutte le occasioni di contatto, di condivisione spirituale e di collaborazione fra Istituti religiosi, nel rispetto della specificità della vita comunitaria e del cammino formativo di ciascun Istituto.


7.3.2 Il maestro dei novizi e i formatori


369.“Il maestro dei novizi è la guida spirituale che coordina e anima tutta l'azione formativa nel noviziato”. Il novizio sin dall’inizio del noviziato “si pone sotto la guida del maestro”, gli apre il suo cuore con fiducia e schiettezza, assume un chiaro atteggiamento formativo e collabora con responsabilità.

Compito principale del maestro dei novizi, assistito dagli altri formatori, è fare del noviziato una vera comunità educante, che accompagna ogni novizio in una esperienza formativa personalizzata e salesianamente identificata, e vive nello stile e nello spirito del Sistema Preventivo, aperta alla realtà salesiana ispettoriale.

Le conferenze, le buone notti, il colloquio personale regolare, gli incontri di programmazione, verifica e condivisione sono alcuni mezzi a sua disposizione.


370.Il maestro possiede capacità di dialogo e bontà nei contatti, così da ispirare confidenza; dimostra attaccamento a Don Bosco e alla Congregazione, zelo apostolico, capacità di lavorare in équipe e di creare un clima di famiglia.

Favorisce la corresponsabilità tra i formatori, che danno un contributo particolare secondo il loro ruolo e sono coinvolti nel discernimento e nelle decisioni. Cura i rapporti con i responsabili del prenoviziato e del postnoviziato.


Si adatta alla situazione di ogni novizio, facendo il possibile per conoscere il suo ambiente, l’educazione ricevuta in famiglia e l’esperienza di vita precedente. Lascia spazio sufficiente perché i novizi si esprimano con spontaneità e sa discernere in profondità.




7.4 DISCERNIMENTO E AMMISSIONE ALLA PRIMA PROFESSIONE


7.4.1 Tempo di discernimento


371.L’anno di noviziato è un tempo di intenso discernimento vocazionale compiuto in un clima di fede, di sincera apertura e di sistematico accompagnamento.

Man mano che fa esperienza della vita consacrata salesiana, il novizio valuta la sua situazione davanti a Dio: il posto che Gesù occupa nella sua vita, l’assimilazione dei valori vocazionali, le motivazioni, il cammino formativo e, con l’accompagnamento del maestro e l’aiuto della comunità, arriva ad un grado di serenità e chiarezza riguardo alla volontà di Dio su di lui.


Momenti significativi di questo processo sono anche le verifiche periodiche, e soprattutto il discernimento finale, che coinvolgono in prima persona il novizio.

Sono momenti di confronto tra la persona del novizio e la sua esperienza concreta di ogni giorno, da una parte, e l'identità salesiana, i requisiti e le motivazioni per viverla, dall’altra.



7.4.2 La professione temporanea


372.Il novizio viene ammesso alla prima professione dall’Ispettore con il consenso del suo Consiglio, avuto il parere del Direttore della comunità con il suo Consiglio.


La professione religiosa sancisce pubblicamente l’inizio del patto di alleanza che Dio, la Chiesa e la comunità stabiliscono con il nuovo consacrato.

È Dio che consacra e il novizio risponde offrendo tutto se stesso a Dio nella vita salesiana. La comunità lo riconosce capace di vivere questa vocazione e lo accoglie come fratello.

La Chiesa, nella sua esperienza, ha stabilito un periodo di professione temporanea durante il quale il religioso approfondisce la maturazione e la verifica delle sue concrete capacità sulla base del carisma vissuto per poter arrivare ad una scelta libera, responsabile e definitiva.

Il candidato accogliendo di tutto cuore le disposizioni della Chiesa emette la professione temporanea ma con la volontà di donarsi completamente per tutta la vita, perché sa che “non si dà la propria vita a Cristo “in prova””.




9 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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373. “Il noviziato per essere valido dev'essere compiuto in una casa regolarmente designata allo scopo”. Spetta al Rettor Maggiore con il consenso del suo Consiglio erigere o sopprimere la casa di noviziato, approvarne il trasferimento o la collocazione presso altra comunità adatta. Questi atti vanno fatti canonicamente, cioè con decreto scritto.


374. “La casa destinata al noviziato sia inserita nella realtà sociale e apostolica. Se le circostanze lo consigliano, il noviziato può essere collocato presso un’altra comunità adatta”. L’inserimento nel contesto, fatto tenendo presenti le finalità formative di questo periodo, può arricchire l’esperienza, mantiene la formazione in contatto con la realtà e dà spazio alla realizzazione delle attività pastorali richieste.


375.L’Ispettore sotto la cui giurisdizione è posta la casa di noviziato “può permettere che il gruppo dei novizi, per determinati periodi di tempo dimori in un’altra casa dell’Istituto, da lui stesso designata”. Se la casa scelta fosse di un’altra Ispettoria, deve esserci l’accordo con l’Ispettore competente. Si precisa:

che la designazione della casa va fatta con decreto scritto;

che insieme ai novizi devono esserci anche il maestro e i formatori;

che il periodo di tempo va chiaramente determinato nel decreto;

che la casa religiosa deve essere unicamente salesiana e canonicamente eretta.


376. Un candidato può fare il noviziato in altra casa a queste condizioni:

in casi del tutto particolari e a modo di eccezione, solo su concessione del Rettor Maggiore con il consenso del suo Consiglio;

sotto la guida di un salesiano esperto che faccia le veci del maestro, nominato dall’Ispettore con il consenso del suo Consiglio e approvato di volta in volta dallo stesso Rettor Maggiore;

in una casa salesiana canonicamente eretta.


377.Il maestro “è professo perpetuo e viene nominato dall'Ispettore con il consenso del suo Consiglio e l'approvazione del Rettor Maggiore. Rimane in carica tre anni e può essere riconfermato”. L'approvazione del Rettor Maggiore è necessaria sia per il primo triennio che per i successivi.


378. Nelle case di noviziato destinate esclusivamente a tale scopo è opportuno che il maestro sia anche Direttore. Negli altri casi, l'Ispettore assicurerà che le condizioni in cui il maestro opera – sia egli Direttore o no – siano le più adatte per realizzare gli scopi del noviziato.

L’équipe dei formatori sia consistente in numero e qualità. Si curi la diversità dei ruoli e delle figure; in particolare, si faccia il possibile perché tra i confratelli formatori vi siano anche coadiutori.


379. Il noviziato dura dodici mesi a norma del diritto. Comincia quando il candidato, ammesso dall’Ispettore, entra nella casa di noviziato, canonicamente eretta, e si pone sotto la guida del maestro. Un’assenza che superi i tre mesi continui o discontinui rende invalido il noviziato. L’assenza che supera i quindici giorni deve essere ricuperata”. Per il computo del tempo occorre fare riferimento a quanto è stabilito nel CIC.


380.“In casi speciali, l’Ispettore può prolungare il noviziato, non però oltre i sei mesi, a norma del canone 653”.


381.“I novizi facciano gli esercizi spirituali all’inizio del noviziato, nel tempo che si giudica più opportuno, e prima di emettere i voti”.


382.Le “esperienze pastorali” si ispirino alla normativa sopra indicata. Siano realizzate con gradualità e secondo il carattere d’iniziazione del noviziato; siano preparate, seguite e opportunamente revisionate in seno alla comunità del noviziato. Il maestro ne è il primo responsabile.


383.Durante il noviziato si interrompe il curricolo ufficiale degli studi (compresi quelli filosofici e teologici), anche se fossero in corso per il conseguimento di titoli accademici o per la preparazione diretta ad un lavoro professionale o apostolico.

Gli studi durante il noviziato siano fatti con serietà, secondo un programma definito nell’ordinamento generale; abbiano come obiettivo preminente l’iniziazione al mistero di Cristo […]; si approfondisca anche la teologia della vita religiosa, vengano studiate le Costituzioni, la vita di Don Bosco e la nostra tradizione”.


384.Ogni tre mesi, il maestro con il Consiglio della comunità, faccia un’attenta verifica della maturazione vocazionale di ogni novizio. I novizi siano educati a fare un costante discernimento, al fine di comprendere la volontà di Dio e purificare le proprie motivazioni.


385.“Durante il noviziato il novizio può lasciare liberamente l’Istituto”.

L’eventuale dimissione di un novizio, durante il noviziato o alla sua conclusione, spetta all’Ispettore dell’Ispettoria in cui si trova la casa di noviziato; se il novizio appartiene ad un’altra Ispettoria conviene informare previamente l’Ispettore di origine.


La professione


386.La domanda per la prima professione, pur rispettando la forma personale propria di ciascuno, contenga questi elementi comuni:

conoscenza dell’atto pubblico che si intende porre;

intenzione di impegnarsi per tutta la vita;

libertà di porre tale atto;

cenno al discernimento fatto e alla richiesta di parere al direttore spirituale e al confessore;

indicazione dell’orientamento verso la vocazione specifica di salesiano presbitero o salesiano coadiutore.


387.Il candidato viene ammesso alla professione temporanea dopo averne fatto domanda e se ne è giudicato idoneo.

I superiori fondano il loro giudizio su elementi positivi comprovanti l’idoneità del candidato, tenendo conto in primo luogo dei requisiti canonici”. Non basta la sola assenza di elementi negativi o problematici. Si distingua nettamente il processo di maturazione dalla non attitudine alla vita religiosa salesiana. Quelli che non danno speranza di potere in futuro essere ammessi ai voti perpetui non siano ammessi neppure ai voti temporanei.


388.Le condizioni per la validità della professione temporanea sono espresse nel can 656:

diciotto anni compiuti;

noviziato valido;

ammissione fatta liberamente;

professione espressa pubblicamente in tutta libertà; il carattere pubblico esige la presenza del superiore legittimo o di un suo delegato, che riceve la professione a nome della Chiesa, a norma del can. 1192 § 1, e di due testimoni per la prova giuridica della sua emissione;

ricezione personale da parte del legittimo superiore o di un suo delegato.

Si osservino con cura tutte le disposizioni di diritto concernenti le condizioni di validità e le scadenze della professione”.


389.Il periodo della professione temporanea è ordinato al raggiungimento della maturità spirituale salesiana richiesta dalla professione perpetua. Ordinariamente questo periodo dura sei anni.

L’Ispettore, attento alla maturità personale e ad altri criteri formativi, può prolungarlo. ma non oltre i nove anni.


390.“La professione nel primo triennio sarà triennale o annuale; nel secondo triennio sarà ordinariamente triennale”. Nulla vieta che possa essere biennale. La scelta tra le diverse possibilità deve essere basata su motivi formativi, considerando la gradualità e la serietà dell’impegno. La decisione dipende dalla domanda del novizio o del professo temporaneo e dall’Ispettore che lo ammette.


391.La celebrazione della prima professione, subordinata alla solennità con cui si celebra la professione perpetua, mantenga un tono di sobrietà.


392.La rinnovazione della professione temporanea avviene allo scadere del tempo per il quale fu emessa.. La data precisa dello scadere del tempo è il giorno dopo quello in cui fu emessa.

La rinnovazione deve essere celebrata “senza alcuna solennità particolare”, pur nella consapevolezza dell’impegno che comporta.


393.L’abito che i futuri sacerdoti portano è quello conforme alle disposizioni delle Chiese particolari dei paesi in cui dimorano. Queste disposizioni valgono anche per il tempo in cui dovranno iniziare a indossarlo.

I salesiani coadiutori e i candidati agli ordini sacri, quando non hanno ancora vestito l’abito clericale, cureranno il vestire semplice e dignitoso che Don Bosco consigliava.


394.La riammissione in Congregazione di chi fosse uscito legittimamente dalla Società al termine del noviziato o dopo la professione compete all’Ispettore con il suo Consiglio. Chi è riammesso deve ripetere il noviziato e compiere il periodo dei voti temporanei.

A norma del can. 690, il Rettor Maggiore con il consenso del suo Consiglio può dispensare dall’onere di ripetere il noviziato, dando allo stesso tempo all’Ispettore con il suo Consiglio facoltà di riammettere.

Spetta al Rettor Maggiore stabilire – in questi casi – un conveniente periodo di prova prima della professione temporanea e la durata dei voti temporanei prima della professione perpetua.

L’Ispettore, valutate insieme col suo Consiglio le motivazioni della domanda di riammissione, presenterà la richiesta al Rettor Maggiore, con una relazione circostanziata del caso (curricolo dettagliato del richiedente, motivi per cui non fece la professione o decise di uscire dopo la professione e ora chiede di essere accettato, ecc.).


395.Non si conceda, in via ordinaria, l’assenza dalla casa religiosa (“absentia a domo”) per eventuali crisi vocazionali ai confratelli in formazione iniziale e ai confratelli coadiutori. Queste situazioni siano affrontate con un serio discernimento, in dialogo sincero e fiducioso con l’Ispettore, il Direttore e i formatori, restando il professo nella vita comunitaria.



CAPITOLO OTTAVO



IL POSTNOVIZIATO



8.1 NATURA E SCOPO


396.“La prima professione apre un periodo di vita consacrata durante il quale il confratello, sostenuto dalla comunità e da una guida spirituale, completa il processo di maturazione in vista della professione perpetua e sviluppa, come salesiano laico o aspirante al sacerdozio, i diversi aspetti della sua vocazione”.

Come primo tempo di questo periodo della professione temporanea, il postnoviziato è “una fase di maturazione religiosa che continua l’esperienza formativa del noviziato”, evitando un brusco cambiamento di stile di vita e una caduta di tensione nella crescita vocazionale, “e prepara il tirocinio”.

È un momento delicato e importante. Il confratello, vivendo con gioia e fedeltà gli impegni presi con la prima professione, si radica nella identità salesiana mediante l’interiorizzazione e l’approfondimento dei suoi diversi aspetti.

Le Costituzioni stabiliscono che egli sia aiutato ad “integrare progressivamente fede, cultura e vita” attraverso “l’approfondimento della vita di fede e dello spirito di Don Bosco e un’adeguata preparazione filosofica, pedagogica e catechistica in dialogo con la cultura”.


397.In questa fase il confratello è chiamato a maturare:

nell’identità personale, integrando la sua crescita umana con la sequela di Cristo;

nella fede, mediante una progressiva comprensione di essa, soprattutto attraverso la riflessione e lo studio;

nella vocazione salesiana, attraverso un’adeguata preparazione pedagogica e catechistica, teorica e pratica, centrata su Don Bosco educatore e sul Sistema Preventivo;

nella competenza intellettuale-culturale-professionale, ricevendo una introduzione fondamentale nell’ambito della conoscenza dell’uomo, del mondo, e di Dio, attraverso le scienze filosofichee le scienze dell’educazione;

nella progressiva partecipazione alla missione salesiana, prendendo parte ad alcune esperienze apostoliche significative e venendo in contatto con la realtà dei giovani e della società.




8.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


398.L’impegno assunto con la professione religiosa si traduce nel vivere autenticamente i valori della vocazione, nell’aderirvi quotidianamente, approfondendone la comprensione e scoprendo la loro unità e organicità.

Le dimensioni della formazione vengono integrate e armonizzate in una sintesi, ispirata dal principio unificatore del carisma salesiano.


Poiché salesiani chierici e laici partecipano dell’unica vocazione, la formazione del postnoviziato prevede “un curricolo di livello paritario”, anche se può essere diverso il programma di studi, dato che i chierici devono ottemperare alle disposizioni della Chiesa in vista della preparazione al presbiterato.


8.2.1 La dimensione umana


399.Il postnoviziato è un tempo in cui il confratello cura nel concreto l’integrazione della sua personalità con gli elementi della vita consacrata salesiana.

Egli colloca il processo della sua maturazione personale nel flusso quotidiano di vita della comunità, integrando il senso di libertà e di responsabilità personale con il senso di appartenenza alla comunità e al progetto comune. Quindi coltiva la serenità d’animo, si presta per i servizi domestici, accetta tutti incondizionatamente e dà il suo contributo per l’animazione.

Nella comunità vive con regolarità nel compimento del proprio dovere, nell’impegno di studio, coltivando il senso della disciplina, la comunicazione, il dialogo e il confronto, la programmazione del proprio tempo, l’uso saggio dei mezzi di comunicazione sociale.



8.2.2 La dimensione spirituale


400.Il postnovizio, sostenuto dalla direzione spirituale, frequente e sistematica, mira ad approfondire la propria vocazione mediante l’esperienza vissuta, la riflessione e l’assimilazione dei valori salesiani.

Allo stesso tempo, cresce nella comprensione delle diverse espressioni della vocazione salesiana e della vocazione laicale.


Si impegna in una pratica personalizzata e convinta della preghiera, approfondendo e interiorizzando la metodologia imparata nel noviziato. Partecipa attivamente alle celebrazioni e ai ritmi di preghiera della comunità. Cura i tempi privilegiati di rinnovamento interiore: Avvento e Natale, Quaresima e Pasqua, ritiri mensili ed esercizi spirituali.


Coltiva la presenza di Dio nella vita ed esperienza giornaliera, sviluppando uno spirito di laboriosità e di fortezza attraverso l’ascesi del lavoro intellettuale serio e costante, del lavoro manuale eseguito con dedizione e sacrificio, dell’esercizio della missione umile e senza ricerca di comodità, e del servizio costante in comunità.


Impara ad integrare fede e cultura, spiritualità e visione critica, sperimentando concretamente come la pratica gioiosa della fede e dei consigli evangelici aiuti a sviluppare a fondo la sua umanità.



8.2.3 La dimensione intellettuale


401.La formazione intellettuale, vista nell’unità del processo formativo, è l’aspetto che caratterizza questa fase, con l’obiettivo di un’integrazione culturale e religiosa che risponda alle esigenze fondamentali dell’identità salesiana.

Perciò, di fronte alle domande della cultura odierna e della missione salesiana, il postnoviziato offre un programma originale che armonizza le discipline filosofiche con le scienze dell’uomo e dell’educazione in una sintesi aperta alle proposte della fede.

Nell’impostazione degli studi viene curata in modo speciale l’inculturazione nella prospettiva e nei contenuti, prestando particolare attenzione allo studio degli scritti, delle tradizioni, dell’antropologia, e della storia del popolo e scoprendo in esse autentici valori culturali come la religiosità, il senso di Dio, l’ospitalità, l’amore alla vita, e la solidarietà.


Attraverso questo cammino intellettuale il confratello acquista un quadro mentale chiaro e coerente con le sue scelte, che gli permette di avere una visione di vita personale, solida e aperta. Si abilita a un serio rapporto con la cultura, con il mondo giovanile, coi problemi educativi, con la visione cristiana. Coglie il gusto per un serio lavoro intellettuale, consolida il metodo di studio e acquista capacità di riflessione, oggettività nel giudizio e senso critico.



8.2.3.1 Gli studi


402.L’impostazione degli studi del postnoviziato – secondo il nostro diritto – prevede “un’adeguata preparazione filosofica, pedagogica e catechistica in dialogo con la cultura” e una “iniziazione teologica”. “Si può anche incominciare o continuare la formazione tecnico-scientifica o professionale in vista di una qualificazione specifica”.



8.2.3.1.1Le scienze filosofiche


403.Lo studio della filosofia deve condurre il salesiano ad una solida e coerente conoscenza dell’uomo, del mondo e di Dio.

Essa è indispensabile per educare la capacità di giudizio nei confronti dei problemi più acuti, sia teoretici che esistenziali, della persona umana, per capire la cultura attuale e per avviare un dialogo con l’uomo contemporaneo in vista di un efficace annuncio del Vangelo.

Data dunque l’importanza di un serio e specifico approccio alla filosofia, non sembra conveniente optare per un ordinamento di studi che privilegi l’integrazione delle discipline filosofiche e teologiche.

Di grande aiuto per la comprensione della cultura è anche l’approfondimento del pensiero della letteratura universale e locale.



8.2.3.1.2 Le scienze dell’uomo e dell’educazione


404.Strettamente vincolate con la filosofia sono le scienze dell’uomo e le scienze dell’educazione (l’antropologia culturale, la psicologia, la pedagogia, la sociologia, la comunicazione sociale, ecc.) che favoriscono una migliore comprensione dell’uomo e dell’evoluzione della società. Nella loro specifica funzione esse offrono apporti indispensabili e prospettive caratterizzanti.


8.2.3.1.3 Il mistero cristiano e l’educazione della fede


405.La fede, che sta alla base della sintesi vitale a cui si intende educare durante questa fase, richiede di essere consolidata mediante l’approfondimento del mistero cristiano e della sua comunicazione nella catechesi.

Tali studi però non vanno identificati con il curricolo istituzionale di teologia, proprio della formazione specifica del presbitero. La loro impostazione è piuttosto di iniziazione sintetica e sapienziale, vincolata ad una visione positiva della storia della salvezza, indirizzata ad una abilitazione catechistica e preoccupata direttamente di irrobustire e illuminare la crescita personale nell’esperienza della fede.



8.2.3.1.4 Gli studi salesiani


406.In vista di una più matura conoscenza e assimilazione del carisma, durante il postnoviziato, gli studi cureranno l’aspetto specifico di pastorale e di pedagogia salesiana, tendendo a consolidare la visione educativa e il valore dell’assistenza.

Perciò, sono previsti corsi su Don Bosco educatore, utilizzando gli strumenti critici adeguati e sulla storia della Congregazione, lo studio sistematico del Sistema Preventivo e delle linee fondamentali della Pastorale Giovanile Salesiana. Si studieranno anche i tratti principali dei gruppi della Famiglia Salesiana presenti nella propria Ispettoria.

Accanto agli studi è indispensabile anche la riflessione sull’esperienza salesiana personale, ispettoriale e della Congregazione.


8.2.3.2 Altri studi


407.“Durante gli anni della formazione iniziale gli studi siano strutturati in modo da rendere possibile, dove le condizioni lo permettono, il conseguimento di titoli di studio con valore legale”, dicono i nostri Regolamenti.

In non poche Ispettorie il programma di studi del postnoviziato, opportunamente integrato e prolungato, gode di riconoscimento ufficiale e porta al conseguimento di titoli accademici ufficialmente riconosciuti. È un passo positivo, quando si può unire la fedeltà agli scopi formativi e alla impostazione della formazione intellettuale salesiana con una preparazione professionale riconosciuta.

Bisogna però salvaguardare in ogni caso l’originalità salesiana degli studi di questa fase.

Il far coincidere anche parzialmente il programma comune di studi del postnoviziato con l’impegno per altri studi domanda attenta valutazione e rispetto delle esigenze formative.



8.2.3.3 Il curricolo dei salesiani coadiutori


408.Gli studi del postnoviziato tengono presenti le caratteristiche proprie della vocazione del salesiano coadiutore.

Data l’importanza della filosofia per la formazione alla vita religiosa e per la preparazione di un educatore dei giovani, anche il salesiano coadiutore ne affronta lo studio nella forma e misura più confacente alla sua specifica vocazione.

Il programma di studi include anche la preparazione pedagogica, gli elementi pastorali e catechistici e un’educazione sociale-politica che tiene primariamente conto dell’insegnamento sociale della Chiesa e prepara per una specifica azione educativa nel mondo.

Perciò occorre che a livello ispettoriale, oppure inter-ispettoriale, ci sia per i coadiutori un “curriculum formativo serio, ma flessibile e adattabile sia alla natura propria dei diversi compiti, sia alle [loro] possibilità concrete ”.


409.Senza compromettere il fondamentale valore della formazione filosofica, pedagogica, pastorale e sociale di base, durante il postnoviziato il salesiano coadiutore può iniziare o continuare altri studi di natura tecnico-scientifica o professionale.

Bisogna fare il possibile perché gli studi assicurino una competenza almeno pari a quella di un laico che esercita nella società civile la medesima professione.


Per quei confratelli coadiutori per cui si prevedono studi civili fuori dalle strutture salesiane, le Ispettorie garantiscano solide condizioni di accompagnamento e di verifica formativa e la realizzazione della formazione di base di cui sopra.



8.2.4 La dimensione educativo-pastorale


410.Il salesiano acquista gli atteggiamenti richiesti dalla sua vocazione di educatore-pastore, anzitutto attraverso il progressivo sforzo di integrazione tra fede e vita, tra fede e cultura.

Lo studio, la riflessione comunitaria e la direzione spirituale lo abilitano a una lettura cristiana della storia e della cultura, a una visione intelligente degli avvenimenti della Chiesa e del mondo, dei contenuti e linguaggi giovanili e della comunicazione sociale.

Egli si educa così al “senso apostolico” come anima dell’attività quotidiana, coltivando la conoscenza e la comprensione del mondo dei giovani.

Vive il suo impegno nello studio come amore ai giovani, il cui servizio richiede competenza e professionalità.


411.S’impegna anche in attività educativo-pastorali opportunamente programmate e verificate, fatte per quanto possibile in gruppo nell’ambito delle opere salesiane, o anche in esperienze di lavoro missionario, allo scopo di:

acquisire sensibilità educativa e mentalità pastorale, attraverso la riflessione, i contatti personali e lo studio degli orientamenti della Congregazione;

fare esperienza della missione salesiana mediante esperienze concrete di servizio educativo-pastorale collocate nel contesto del PEPS e nell’ambito di partecipazione alla comunità educativa;

esercitarsi nell’animazione giovanile e soprattutto nell’assistenza salesiana;

imparare a lavorare in équipe, riconoscendo i diversi ruoli e rispettandoli con senso di corresponsabilità;

abituarsi all’accompagnamento e alla verifica pastorale;

approfondire la conoscenza e il contatto con la vita pastorale dell’Ispettoria.



8.3 ALCUNE CONDIZIONI FORMATIVE


8.3.1 L’ambiente


412.Il postnoviziato ha bisogno di un ambiente che sia esplicitamente formativo e salesianamente valido, capace di rispecchiare i valori e gli atteggiamenti che i confratelli in formazione sono chiamati ad assimilare.



8.3.1.1 La comunità formatrice


La comunità formatrice del postnoviziato accoglie il confratello e lo inserisce in una rete di relazioni fraterne, permeate da rispetto e fiducia. È sempre una comunità omogenea e specifica, ordinariamente distinta dalle comunità di confratelli che si trovano in altre fasi di formazione.

È auspicabile che salesiani che si preparano al sacerdozio e salesiani coadiutori facciano vita comune nella stessa comunità formatrice, dove vedono valorizzate le due forme dell'unica vocazione salesiana, curando le sottolineature specifiche.


413.La comunità del postnoviziato offre un clima propizio allo sviluppo della libertà responsabile, un ambiente e uno stile pedagogico che aiutano ad assumere e personalizzare la disciplina. Lo spirito che regna è di zelo ed entusiasmo per la missione salesiana e si basa più sulle motivazioni di fede e di amore per Cristo che su fattori esterni.

I tempi di preghiera e di riflessione comunitaria portano a guardare la realtà con capacità critica, a vederla nella luce di Dio e ad impegnarsi nella sua trasformazione.


La costruzione della comunità viene affidata alla partecipazione e corresponsabilità di tutti i suoi membri e si estende a tutti gli aspetti della sua vita e azione.

Formatori e confratelli in formazione, pur nella diversità dei ruoli, danno vita a un clima di corresponsabilità e attuano con chiarezza le mete formative”.


414.La comunità formatrice può avere un proprio centro di studi, come nel caso dello studentato, o può anche frequentare un centro studi esterno, salesiano o non salesiano.


Il delicato processo di sintesi culturale e religiosa di questa fase richiede l’accurata organizzazione o scelta di un centro di studi che programmi contenuti atti allo sviluppo vocazionale. Per questo sono da privilegiare i centri di studio salesiani, spesso a livello inter-ispettoriale, che si pongono come obiettivo di meglio sottolineare il rapporto tra filosofia e scienze dell’educazione e di integrare questi contenuti con quelli tipicamente salesiani in vista dell’unità vocazionale.


Diverse ragioni, come le esigenze di una particolare situazione ecclesiale, l’esiguo numero di confratelli, la scarsità di formatori o altre difficoltà – come la lontananza di un centro salesiano – possono consigliare l’opzione per un centro studi non salesiano.

Permane però l’impegno di assicurare il tempo, i programmi, gli insegnanti e i formatori che curino gli aspetti essenziali e originali di questa fase, come, per esempio, l’integrazione e il completamento degli studi dal punto di vista salesiano: le scienze dell’educazione, la pedagogia, la catechetica, le discipline salesiane.



8.3.1.2 Il collegamento con altre comunità


415.In una visione unitaria di tutto il processo formativo ispettoriale, i formatori coltivano il collegamento tra il postnoviziato, il noviziato e il tirocinio. Essi operano in corresponsabilità, assicurando la continuità dell’esperienza, pur nella peculiarità delle diverse sottolineature formative.

La comunità formatrice locale favorisce l’integrazione attiva dei confratelli “con la comunità ispettoriale, anch’essa formatrice”.

Il collegamento con la Chiesa locale e l’inserimento nel contesto culturale mantengono la formazione in contatto vivo con la realtà e le sue molteplici istanze.



8.3.2 I formatori


416.I formatori sono chiamati ad essere uomini spirituali, di profondo senso salesiano, capaci di dialogo perché competenti e informati sui problemi che i confratelli studiano.

La delicatezza e l’importanza di questa fase richiedono dall’Ispettoria uno sforzo assiduo per integrare l’équipe con confratelli culturalmente aperti e qualificati, specialmente per la direzione spirituale, l’insegnamento, l’organizzazione della vita comunitaria, il lavoro pastorale, l’animazione liturgica e musicale dei tempi di preghiera.

Si ritiene particolarmente importante la presenza di salesiani coadiutori nell'équipe del postnoviziato, “non soltanto con compiti di formazione culturale tecnica, ma soprattutto con impegni di formazione alla vita religiosa e salesiana”.


417.Il Direttore continua l’azione del maestro di noviziato. Con sapienza e saggezza egli anima l’ambiente e il cammino della comunità, segue e aiuta i postnovizi particolarmente attraverso l’accompagnamento personale e il colloquio, la direzione spirituale di coscienza e le conferenze periodiche. Favorisce in ciascuno la consapevolezza vocazionale, la partecipazione e la responsabilità formativa.


Attraverso periodiche verifiche, comunitarie e personali, i formatori valutano, stimolano e orientano il processo formativo.


I docenti in questa fase hanno un grande influsso. Essi sono chiamati ad offrire un quadro di riferimento solido e convincente, a sviluppare la conoscenza “sapienziale”, la formazione dello spirito critico nella lettura della realtà e la capacità di sintesi.


È importante valorizzare il contributo dei laici e dei membri della Famiglia Salesiana per la formazione dei postnovizi. Si faccia in modo che il loro apporto sia qualificato.




8.3.3 LA COLLABORAZIONE INTER-ISPETTORIALE


418.La delicatezza e l’importanza di questa fase e la sua originalità richiedono un insieme di condizioni che non sempre possono essere assicurate da ogni singola Ispettoria, sia per quel che si riferisce alla comunità che per quel che riguarda il centro studi.

In alcune situazioni è necessario che le Ispettorie, specialmente se dello stesso ambiente culturale, collaborino per dare vita a strutture formative e accademiche inter-ispettoriali.







ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


419.“Subito dopo il noviziato, tutti i confratelli devono continuare, almeno per un biennio, la loro formazione in comunità formatrici”.


420.I postnovizi siano riuniti in una comunità omogenea e specifica, distinta da comunità di confratelli che si trovano in fasi diverse di formazione. Abbiano una guida spirituale, che ordinariamente è il Direttore stesso.


421. È auspicabile che durante il postnoviziato i confratelli che si preparano al sacerdozio e i confratelli coadiutori facciano vita comune nella stessa comunità formatrice, dove vedono valorizzate le due forme dell’unica vocazione salesiana.


422.Durante questa fase non si affidino ai confratelli in formazione compiti che ne distolgano l'impegno e ostacolino il raggiungimento degli obiettivi.


423.Il nucleo di discipline umanistico-filosofiche, vincolate con le scienze dell’educazione in vista di una capacità pedagogica è, dal punto di vista intellettuale, l'elemento essenziale, originale e prioritario di questa fase.

Assicurati lo svolgimento e l'assimilazione di questo nucleo e le altre condizioni formative, “si può anche incominciare o continuare la formazione tecnico-scientifica o professionale, in vista di una qualificazione specifica”.


424.L’Ispettore con il suo Consiglio, attraverso la Commissione ispettoriale per la formazione, programmi con particolare cura i diversi elementi del curricolo formativo del salesiano coadiutore, inserendoli nel Progetto ispettoriale di formazione.


425.Il salesiano coadiutore può accompagnare la preparazione filosofica, pedagogica e catechistica con gli studi tecnico-professionali o pastorali.


426.La peculiare impostazione della formazione intellettuale e il delicato processo di “sintesi culturale religiosa” di questo periodo richiedono l’accurata scelta di un centro di studi con una programmazione atta allo sviluppo vocazionale. Si privilegino i centri salesiani di studio, anche a livello inter-ispettoriale.

Se si dovesse scegliere un centro studi non salesiano, si privilegi quello che meglio vincola la filosofia con le scienze dell'uomo e la comunità assicuri le altre condizioni richieste.


427. Gli studi siano strutturati in modo da rendere possibile il loro riconoscimento ufficiale e il conseguimento di titoli di studio con valore legale, “dove le condizioni lo permettono” e ciò risulti compatibile con le esigenze formative della fase. In caso di reale incompatibilità, anche se si trattasse di qualificare giovani confratelli in vista delle loro prestazioni nel tirocinio, si deve dare la precedenza assoluta alle esigenze dell’esperienza formativa e agli studi propri del postnoviziato.




CAPITOLO NONO



IL TIROCINIO



9.1 NATURA E SCOPO


428.“Nel corso di tutta la formazione iniziale, insieme allo studio, si dà importanza alle attività pastorali della nostra missione.

Una fase di confronto vitale e intenso con l’azione salesiana in un’esperienza educativo-pastorale è il tirocinio. In questo tempo il giovane confratello si esercita nella pratica del Sistema Preventivo e in particolare dell’assistenza salesiana.

Accompagnato dal Direttore e dalla comunità, realizza la sintesi personale tra la sua attività e i valori della vocazione”.

È questa, dal punto di vista salesiano, la fase più caratteristica della formazione iniziale; il modello a cui fa riferimento è l’esperienza che Don Bosco ha vissuto con i giovani del primo Oratorio.

429. L’intenzione e la prospettiva formativa sono prioritarie nel tirocinio, che ha come primo scopo la formazione del confratello. Due sono gli obiettivi del tirocinio:

la maturazione nella vocazione salesiana: il confratello, esercitandosi nella missione e nello spirito del Sistema Preventivo, sviluppa le sue attitudini e la sua responsabilità e mira a realizzare una “sintesi personale tra la sua attività ed i valori della vocazione”;

la verifica dell’idoneità vocazionale attraverso l’esperienza personale e comunitaria della missione salesiana, in vista della professione perpetua.



9.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


430.Nel tirocinio viene privilegiata la dimensione educativo-pastorale, che a sua volta stimola e arricchisce di nuovi contenuti le altre dimensioni.



9.2.1 La dimensione umana


Il tirocinante matura la propria personalità, facendo esperienza diretta della missione educativo-pastorale salesiana:

attraverso il rapporto comunitario ed educativo (assistenza) e nella condivisione con i laici diventa più consapevole dei suoi atteggiamenti personali, delle sue ricchezze e carenze, delle difficoltà e degli aspetti da correggere e da migliorare;

impara a vivere la propria autonomia, a prendere decisioni e ad assumere responsabilità;

sperimenta la gioia del donarsi agli altri nella generosità del lavoro e nella comunicazione, con lo stile di bontà tipico del sistema preventivo;

apprende la disciplina della vita, lo spirito d’iniziativa e la pazienza;

coltiva buoni rapporti con tutti i confratelli di differente età, cultura e formazione; sa ascoltarli e dialogare con loro nel rispetto e apprezzamento della loro esperienza;

si impegna nella comunità con spirito di collaborazione e di corresponsabilità; impara a riflettere, a pianificare, a organizzare e a verificare, acquistando una mentalità progettuale; apporta alla comunità il contributo specifico del suo dinamismo giovanile.



9.2.2 La dimensione spirituale

431.È in modo speciale nel tirocinio che il confratello fa esperienza della spiritualità apostolica salesiana: pratica e rafforza la sua unione con Gesù Cristo, che sa incontrare nel lavoro e nei giovani.

Si esercita ad essere contemplativo nell’azione, cercando la sintesi tipicamente salesiana tra attività e preghiera, tra educazione e spiritualità.


Attinge la carità pastorale dal cuore di Cristo, Buon Pastore, curando il ritmo e la qualità della preghiera, sia comunitaria che personale, senza lasciarsi travolgere dal lavoro.

È fedele alla meditazione quotidiana e alla celebrazione frequente del sacramento della Riconciliazione.


432.Matura una mentalità di consacrato, approfondendo le motivazioni della missione e testimoniando la sua vocazione tra i giovani.

Vive l’obbedienza nella piena disponibilità alla volontà di Dio e nell’accettazione delle mediazioni umane, attraverso cui Dio guida la sua vita. È disposto ad attuare la missione nella espressione concreta delle diverse opere, crescendo nell’ottica del progetto comune e della complementarità dei ruoli. Ama la vita semplice e sacrificata, non ricerca la comodità e si spende nella missione che gli è affidata. Esprime la sua affettività in un rapporto sereno ed equilibrato, vissuto con prudenza e ascesi, particolarmente nel rapporto educativo con i giovani, con i collaboratori laici, con il mondo femminile.


Nel suo rapporto con Cristo e nel suo amore per i giovani il tirocinante trova forza e sostegno, mentre la condivisione fraterna nella comunità e l’accompagnamento nella direzione spirituale gli offrono luce e orientamento.


E se, nel confronto con la realtà comunitaria e pastorale, incontra delle difficoltà o affronta momenti di insuccesso, non si scoraggia, non si isola, ma si sente spinto a maturare le motivazioni che sostengono la sua vocazione.



9.2.3 La dimensione intellettuale


433.La riflessione nella prassi e sulla prassi è il primo cammino di crescita intellettuale per il tirocinante.

Non si tratta di un curricolo di studi, ma di un atteggiamento permanente nel lavoro educativo-pastorale, sostenuto dai momenti ordinari di riflessione e di confronto e da iniziative particolari.


Il tirocinante partecipa attivamente al processo di riflessione e di programmazione della comunità e della CEP: in questo modo sviluppa una mentalità educativo-pastorale, rendendosi capace di analizzare la realtà del mondo giovanile o del contesto.

Usufruisce anche delle possibilità offertegli da programmi brevi di carattere pedagogico, metodologico, catechetico, o specificamente salesiano (letture, incontri, momenti di condivisione a livello locale e ispettoriale).

Altri impegni di studio sono possibili, se compatibili con le finalità specifiche di questa fase.



9.2.4 La dimensione educativo-pastorale


434.Il tirocinante, inviato ad una comunità, ne assume la missione e il progetto secondo la realtà specifica dell’opera, e si inserisce in essa secondo il ruolo e i compiti che gli sono attribuiti.

Impara ad operare insieme come membro della comunità, con una visione integrale della Pastorale Giovanile Salesiana, in sintonia con il progetto ispettoriale.

Nei diversi ambienti in cui si trova, egli sviluppa la sua capacità di assistenza, di animazione e di educazione, e si esercita nella comunicazione e nell’insegnamento.


435.Mosso dalla predilezione per i giovani, specialmente per i più poveri, egli si sente contento di stare con loro e di animarli sia individualmente che in gruppo. Si sforza di creare un ambiente di gioia, di spontaneità e di amicizia, unendo fermezza e bontà. Essendo vicino alle nuove generazioni, sa entusiasmarle testimoniando i valori della sua vocazione di consacrato e gode di quest’esperienza.

Avendo sempre presente l’orizzonte del suo essere chierico o laico, vive lo slancio apostolico nello spirito del “da mihi animas”. Cerca la crescita integrale dei suoi giovani, dando una dinamica educativa ed evangelizzatrice alla sua presenza tra loro. Diventa educatore alla fede in tutti gli ambienti: la scuola, il cortile, il laboratorio.

Collabora nell'animazione della preghiera della comunità e dei giovani.


Valorizza i contatti con i membri della Famiglia aalesiana e con i laici collaboratori. Con essi lavora in équipe e con spirito di servizio e di animazione. Cresce nel senso di appartenenza alla Congregazione e alla Famiglia Salesiana. Apprezza le diverse forme di partecipazione al carisma salesiano e acquista maggior consapevolezza riguardo alla propria vocazione di salesiano consacrato.




9.3 ALCUNE CONDIZIONI FORMATIVE


9.3.1 La comunità


436.È importante anzitutto che il tirocinante sia inviato a una comunità che sia in grado di offrirgli le condizioni per una esperienza valida e fruttuosa.

Essa lo accoglie cordialmente, lo coinvolge nella sua vita e missione, e si sente corresponsabile dell’impegno formativo di questa fase.

In particolare, la comunità assicura al tirocinante “un lavoro pastorale proporzionato alla sua preparazione e alle sue forze” dentro il progetto comunitario. Allo stesso tempo, fa in modo che il lavoro del tirocinante non venga limitato a un solo tipo di attività, affinché egli possa rendersi conto delle diverse espressioni della missione. Gli dà un reale spazio decisionale.

Lo accompagna fraternamente, con comprensione e incoraggiamento, particolarmente quando l’anno del tirocinio coincide con la preparazione per la professione perpetua.

Lo assiste nella valutazione delle proprie esperienze e nella realizzazione della “sintesi personale tra la sua attività e i valori della vocazione”, sempre attenta al suo ritmo di crescita. Gli offre suggerimenti e correzioni quando sono necessari, e attraverso il Consiglio esprime il suo giudizio, in modo speciale nel momento degli scrutini trimestrali e delle eventuali ammissioni.


9.3.2 La guida formativa e l’impegno personale del tirocinante


437.L’esperienza del tirocinio, per il cambio di situazioni, per la realtà comunitaria e per l’immersione nel lavoro educativo-pastorale, richiede una particolare attenzione per garantire un valido accompagnamento.

È indispensabile che il tirocinante abbia una guida formativa illuminata e competente, che la Congregazione gli offre, ordinariamente, nella persona del Direttore.

Chi accompagna è consapevole che il tirocinante sta facendo la prima esperienza di pieno inserimento nella missione della comunità e che l’ambiente della comunità apostolica è alquanto diverso, per composizione, ritmo di vita e tipo di impegni, da quello della comunità formatrice da cui egli proviene.

438.Il Direttore si incontra frequentemente e personalmente con il tirocinante.

Raduna regolarmente i tirocinanti della casa per un incontro formativo di scambio di esperienze. Egli è convinto che questo è un momento importante di formazione affidato alla sua responsabilità. Si assicura che i tirocinanti possano partecipare alla preghiera comunitaria ed abbiano l’opportunità di celebrare il sacramento della Riconciliazione.

Attraverso il colloquio mensile e la direzione spirituale, alla quale il tirocinante si mostra sempre disponibile, il Direttore stimola e sostiene l’impegno formativo, il discernimento e la crescita vocazionale.


Da parte sua, il tirocinante si apre alla condivisione, manifesta con fiducia la sua situazione formativa al Direttore, e traccia con lui le mete da raggiungere e le condizioni da assicurare.

Valorizza tutte le possibilità di dialogo che gli offre la comunità e il rapporto con il Direttore e con il confessore, e aggiorna il suo progetto personale, verificandolo periodicamente e raggiungendo un ritmo e una pedagogia personale che gli permettano di dare qualità all’esperienza e di viverla in forma unificata.



9.3.3 L’Ispettore


439.L’Ispettore è consapevole della sua responsabilità, in primo luogo nella scelta della comunità cui inviare il tirocinante, una comunità che possa garantire le condizioni per la qualità formativa di questa fase. Indica al Direttore gli aspetti da curare nell’accompagnamento formativo.

Si preoccupa di avere un contatto personale con il tirocinante e lo accompagna con interesse. In questo suo compito può anche farsi aiutare da qualche confratello qualificato.

Segue, con il suo Consiglio, la valutazione periodica che si fa del tirocinante.


Con l’aiuto della Commissione ispettoriale per la formazione, assicura adeguate iniziative di animazione e accompagnamento per i tirocinanti e di sostegno alle comunità, secondo un programma opportunamente pensato. Queste iniziative sono occasioni per un confronto diretto tra confratelli che fanno lo stesso cammino, la comunicazione di esperienze, la riflessione condivisa e il sostegno vicendevole. Aiutano a qualificare il percorso formativo individuale.


È opportuno che alla conclusione del tirocinio ci sia una valutazione globale di tutta l’esperienza e del cammino vocazionale fatto, sia da parte dell’Ispettore e della comunità sia da parte dell’interessato.





ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI


440.“Il tirocinio dura ordinariamente due anni e viene fatto prima della professione perpetua in una comunità che presenti i requisiti richiesti per la validità di questa esperienza”. L’avverbio “ordinariamente” indica che una durata inferiore o superiore ai due anni è da considerarsi straordinaria e per casi singoli.

Lo scopo formativo proprio del tirocinio deve essere il primo criterio per la scelta della comunità; essa deve assicurare le condizioni formative richieste, in particolare l’adeguato accompagnamento, di cui il Direttore è il primo responsabile.


441. Per assicurare migliori condizioni formative, l'esperienza del tirocinio, quando è possibile, si faccia riunendo più tirocinanti nella stessa comunità.


442. Per la scelta e la pratica delle attività educative pastorali:

si tenga conto della situazione vocazionale e formativa del confratello e delle sue capacità;

si preveda un programma diversificato di attività, tenendo presenti anzitutto le esigenze del lavoro educativo pastorale quotidiano;

si faccia in modo che il tirocinante agisca in corresponsabilità e sotto la guida di qualche confratello sperimentato, e abbia un reale spazio decisionale.


443.L'Ispettore procuri di avere un contatto personale con i tirocinanti. Può farsi aiutare in questo compito da qualche confratello qualificato.


444.Gli scrutini trimestrali dei tirocinanti siano fatti dal Consiglio della casa. Essi sono un aiuto per il tirocinante ed esprimono la responsabilità formativa del Consiglio, che valuta l’esperienza educativa pastorale e la progressiva maturazione del confratello. Il risultato degli scrutini deve essere messo per iscritto, con prudenza e chiarezza, allo scopo di favorire la continuità del discernimento e dell’accompagnamento formativo.

Al termine del tirocinio si faccia una valutazione globale dell’esperienza da parte dell’Ispettore, della comunità e del confratello.


445.Durante il tirocinio si curi anche la formazione intellettuale:

si aiuti il confratello a riflettere sulla prassi, coinvolgendolo nella riflessione quotidiana della comunità salesiana e nelle occasioni di programmazione, di verifica e di formazione della comunità educativo pastorale;

si organizzino “riunioni formative periodiche a livello locale e ispettoriale”;

si elabori una proposta di studi o di letture compatibile con la natura di questa fase;

l’impegno del tirocinante in studi universitari o di altro tipo è consentito quando risulta compatibile con la finalità prioritaria di questa fase.




CAPITOLO DECIMO


LA FORMAZIONE SPECIFICA



446.“Dopo il tirocinio il salesiano completa la formazione iniziale” – dicono le Costituzioni – con la formazione specifica.

La vocazione salesiana è sempre specifica e le diverse forme dell’unica vocazione – laicale, presbiterale e diaconale – costituiscono una prospettiva permanente della formazione. In questo senso, in nessun momento esiste il salesiano generico, e quindi neppure una formazione generica.

Tuttavia si dà un periodo proprio di “formazione specifica”, collocato attorno alla professione perpetua, che completa la formazione di base dell’educatore-pastore salesiano fatta nel tirocinio. Non è da identificarsi con la qualificazione professionale.

Per i salesiani chiamati al presbiterato o al diaconato, la formazione specifica segue il curricolo richiesto dagli orientamenti della Chiesa.


Data la situazione concreta dei diaconi permanenti in Congregazione, in numero esiguo, la somiglianza della loro formazione con quella dei futuri presbiteri e il fatto che essa dipende dalla norme della Chiesa, non se ne fa qui una presentazione separata.


9.1

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9.1.1 LA FORMAZIONE SPECIFICA DEL SALESIANO COADIUTORE

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10.1 NATURA E SCOPO


447.Secondo le Costituzioni, “la formazione specifica offre al salesiano coadiutore, con l’approfondimento del patrimonio spirituale della Congregazione, un’adeguata preparazione teologica nella linea della laicità consacrata e completa la sua formazione in vista del lavoro educativo apostolico”.

Le Costituzioni non esprimono solo un desiderio, ma presentano una disposizione che corrisponde ad una responsabilità vocazionale del confratello e della comunità e agli orientamenti della Chiesa.


448. Il momento della formazione specifica, visto nel contesto della opzione definitiva per la vita salesiana, si offre al salesiano coadiutore come opportunità di:

un tempo di verifica e integrazione del cammino vocazionale e formativo percorso;

un tempo di riaffermazione della propria identità, vissuta nella complementarità con il sacerdote, e delle proprie motivazioni;

un tempo di riflessione, di studio e di qualificazione nell’ambito cristiano-teologico-pastorale e della vita consacrata salesiana;

un tempo di consolidamento di un atteggiamento e di una pedagogia di formazione permanente.



10.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


449.Data la situazione concreta, e in particolare il numero generalmente ridotto di confratelli per questa fase nelle singole Ispettorie, diverse sono le modalità della sua realizzazione. In ogni caso, bisogna assicurare che sia un’esperienza integrale e comunitaria. Essa deve durare almeno un anno.


Allo scopo di favorire la verifica, l’approfondimento e il completamento della formazione si sottolineano alcuni valori e atteggiamenti specifici in ognuna delle quattro dimensioni, da avere presenti in questo periodo.



10.2.1 La dimensione umana


450.Il confratello coadiutore presta attenzione:

ad uno stile di relazioni segnato dalla semplicità, dalla delicatezza e dalla serenità;

alle virtù sociali che sono tenute in gran conto tra gli uomini e lo rendono accetto, e alla capacità di ascolto degli altri e di comunicazione;

alla esperienza affettiva e alla capacità di contatto nel rapporto educativo con persone di diverse condizioni;

– alle relazioni quotidiane nella comunità e al rapporto con il salesiano sacerdote nella complementarità dei doni;

– ad una sensibilità profonda per il mondo del lavoro e della cultura, con capacità di valutare oggettivamente le situazioni e di assumere le esigenze di professionalità.



10.2.2 La dimensione spirituale


451.Il salesiano coadiutore verifica la sua esperienza di consacrazione e la sua maniera di camminare nello Spirito, in sintonia con le linee portanti della spiritualità salesiana.

Egli partecipa alla carità pastorale di Cristo Buon Pastore, e cerca di approfondire nella sua vita e azione il riferimento alla persona, allo stile e allo spirito di Don Bosco come suo Fondatore e modello. Consolida i suoi atteggiamenti e le sue motivazioni mediante la riflessione, la preghiera e la condivisione fraterna.

Sa unire il carattere della laicità con il senso pastorale, e coltiva quegli aspetti che gli permettono di accompagnare i giovani nella loro crescita spirituale.

Matura un atteggiamento di offerta totale a Dio di se stesso, delle iniziative apostoliche, del lavoro giornaliero, e delle stesse difficoltà della vita. Così la sua vita riceve uno slancio filiale e sacerdotale: diventa liturgia alla sola gloria del Padre.



10.2.3 La dimensione intellettuale


452. La formazione specifica offre al salesiano coadiutore una formazione intellettuale soda e aggiornata. Essa comprende “una seria formazione teologica, pedagogica e salesiana” al servizio dell’esperienza vocazionale e della missione, e rafforza l’abitudine di congiungere la riflessione con il proprio lavoro. Questa formazione viene specificata nel progetto ispettoriale di formazione.



10.2.3.1 Lo studio della Teologia


453.La “adeguata preparazione teologica nella linea della laicità consacrata”, di cui parlano le Costituzioni, comprende gli aspetti della teologia che servono a rafforzare e illuminare la fede cristiana e la vita consacrata per viverle con gioia e impegno, e che rendono possibile un lavoro efficace di evangelizzazione e catechesi tra la gioventù, specialmente quella operaia, e nel rapporto con i laici.

Tra le diverse materie che fanno parte di questo programma teologico non dovrebbero mancare i temi attuali di morale cristiana, la teologia della vita consacrata, approfondimenti biblici e liturgici, elementi di teologia pastorale e catechesi e la dottrina sociale della Chiesa.

Per quanto riguarda il grado di conoscenza teologica nei coadiutori, esso deve essere “proporzionato al grado di cultura da loro raggiunto negli altri settori di studio e di qualifica”.



10.2.3.2 Gli studi salesiani


454.“L’approfondimento del patrimonio spirituale della Congregazione” comporta, tra le altre cose, la storia del salesiano coadiutore, la sua spiritualità e la presentazione di alcune figure significative in cui si è incarnata l’eredità salesiana, il quadro teorico e pratico della Pastorale Giovanile Salesiana e della pedagogia salesiana, gli orientamenti della Congregazione e la realtà della Famiglia Salesiana.


10.2.3.3 L’educazione in campo sociale


455.In linea con la dimensione laicale della sua vocazione, il salesiano coadiutore viene dovutamente preparato, attraverso lo studio e la riflessione, per il suo inserimento nel complesso mondo del lavoro, della tecnica e dell’economia e per l’approccio alle situazioni sociali e politiche.



10.2.3.4 La preparazione professionale


456.Distinta dal periodo della formazione specifica è la qualificazione professionale. È compito dell’Ispettoria fare in modo che il salesiano coadiutore attenda “secondo le attitudini, agli studi per la preparazione professionale in vista del lavoro apostolico”.

Il confratello si qualifica nel suo campo professionale specifico e nelle competenze necessarie per l’espletamento dei diversi compiti o ruoli che gli saranno affidati, per esempio, il vasto campo della scuola e della tecnica, la comunicazione sociale, le tecniche di animazione e i vari aspetti dell’amministrazione e della gestione.



10.2.4 La dimensione educativo-pastorale


457.Il salesiano coadiutore:

coltiva una particolare sensibilità per i giovani poveri e si mantiene vicino al mondo del lavoro e ai problemi concreti della vita;

approfondisce la visione della Pastorale e della Spiritualità Giovanile Salesiana, fondamento della sua azione educativa tra i giovani;

presta attenzione agli aspetti che riguardano la missione della Chiesa nel mondo, l’evangelizzazione della cultura e il ruolo dei laici;

si radica sempre di più nella missione di educatore ed evangelizzatore dei giovani, secondo la prospettiva della sua vocazione specifica, in complementarità con il salesiano presbitero;

sviluppa la capacità di animazione, di progettazione e di lavoro in équipe, nell’ambito della CEP, in condivisione con i laici e curando il rapporto con la Famiglia Salesiana, e offre il proprio contributo peculiare nel nucleo animatore, consapevole del valore singolare della sua consacrazione apostolica.




10.3 ALCUNE CONDIZIONI FORMATIVE


458.Pur strutturandosi in forme diverse, l’esperienza formativa non può limitarsi ad offrire al salesiano coadiutore la possibilità di frequentare alcuni corsi di indole teologico-pastorale. Deve trattarsi di una proposta formativa organica e adeguata allo scopo che le è proprio.


La qualità di questa esperienza formativa richiede che si assicurino alcune condizioni concrete anche dove, a causa del numero esiguo o per altre ragioni, non è possibile offrire una soluzione strutturale stabile (casa, comunità, centro e programma di studi).

È importante che siano curati:

il contesto salesiano;

l’ambiente comunitario;

la programmazione, l’animazione e l’accompagnamento dell’esperienza;

un programma specifico di studi e di riflessione;

la verifica dell’esperienza salesiana vissuta;

il servizio dei formatori responsabili.


Per assicurare queste condizioni è indispensabile la collaborazione responsabile e perseverante delle Ispettorie in questo campo, in cui già si danno delle esperienze positive.



9.2 LA FORMAZIONE SPECIFICA DEL SALESIANO PRESBITERO

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10.4 NATURA E SCOPO


459.“La formazione specifica del candidato al ministero presbiterale segue gli orientamenti e le norme stabilite dalla Chiesa e dalla Congregazione e mira a preparare il sacerdote pastore educatore nella prospettiva salesiana”.

La formazione specifica del salesiano sacerdote o diacono permanente tende alla preparazione di un salesiano chiamato ad attuare la missione giovanile attraverso il ministero presbiterale o diaconale, a viverlo nella comunità salesiana in corresponsabilità fraterna con il salesiano coadiutore, e ad esprimerlo nel contesto della Famiglia Salesiana e nel più vasto orizzonte della Chiesa e del mondo.


L’identità del salesiano prete è data dalla fusione dei due elementi che lo connotano (la consacrazione religiosa e quella presbiterale) in un'esperienza unica e originale: “da una parte, la consacrazione presbiterale viene assunta, qualificata e vivificata dallo spirito e dalla missione propri della professione salesiana e, dall’altra, essa assicura, arricchisce e rende feconda l'identità pastorale della sua vocazione e di quella di tutta la comunità”.


460.Tenendo presente la specificità salesiana, si possono evidenziare i seguenti obiettivi della formazione specifica del presbitero:

assimilare i sentimenti di Cristo Sacerdote, di cui il salesiano, come Don Bosco, è testimone per i giovani bisognosi, e vivere il ministero come esperienza spirituale;

sentire con la Chiesa: assumere l’identità del sacerdote come è presentata dalla Chiesa e nel rapporto con la comunità cristiana (laici, altre vocazioni…); collaborare alla realizzazione della missione secondo il carisma salesiano; agire in comunione con il Papa e i Vescovi;

crescere nella coscienza che il ministero presbiterale è una dimensione specifica della sua vocazione salesiana ed è caratterizzato da essa: dall’aspetto giovanile ed educativo, dall’indole comunitaria, e dall’impegno ad essere prete sempre e dovunque nella diversità di attività, opere e ruoli;

sviluppare una sensibilità propria dello spirito salesiano per la dimensione catechistica, vocazionale e mariana nell’esercizio del ministero sacerdotale;

maturare un atteggiamento di discernimento spirituale e pastorale di fronte a persone ed eventi, per poter orientare e accompagnare i singoli e le comunità;

acquistare una formazione teologica e pastorale solida e aggiornata, in sintonia con gli orientamenti della Chiesa e della Congregazione;

fare esperienza del ministero proprio del lettorato e dell’accolitato, del diaconato e del presbiterato, nel contesto della comunità locale e ispettoriale;

educarsi ad una pedagogia di vita che prepari a vivere in atteggiamento di formazione permanente.



10.5 L’ESPERIENZA FORMATIVA


461.L’esperienza formativa sacerdotale, che deve conservare tutta l’ampiezza di sguardo del sacerdozio universale e l’unità con il presbiterio locale, viene fatta nella prospettiva salesiana e avviene per gradi e tappe progressive, che comprendono il conferimento e l’esercizio dei ministeri del lettorato e dell'accolitato e il conferimento e l’esercizio dell'ordine del diaconato.

In alcune Ispettorie essa coincide in parte con il periodo di preparazione per la professione perpetua.

Chiamato ad essere, come Don Bosco, segno-strumento di Cristo Pastore al servizio dei giovani, il futuro presbitero o diacono coltiva una fede forte e viva, centrata sulla persona di Gesù Cristo, Capo della Chiesa, sommo sacerdote e mediatore.

Da Cristo impara ed attinge la carità pastorale che sta alla base di tutta la sua vita e della sua formazione, e che si esprime in quella compassione e quell’amore che lo spinge a dedicarsi pienamente alla missione.

Vive ed esprime questa carità come ministro della Parola, dei sacramenti e nel servizio della carità.

Mosso dal “da mihi animas”, guarda ogni persona e ogni avvenimento con ottica pastorale e si impegna con senso comunitario “in molteplici servizi pedagogico-pastorali con il fine di far raggiungere ai destinatari la capacità di vivere la liturgia della propria vita incorporandola all’Eucaristia di Cristo”.



10.5.1 La dimensione umana


462.Consapevole che l'efficacia del ministero presbiterale dipende non poco dalla maturità personale e dai buoni rapporti con gli altri, il futuro sacerdote si sforza di riflettere, nella misura del possibile, la perfezione umana che vede risplendere in Gesù Cristo e che ammira in Don Bosco.


Egli dimostra quindi grande senso di responsabilità, affettività matura e serena, equilibrio e prudenza nel valutare e giudicare, sincerità di cuore e rispetto per la giustizia.

Coltiva in sé le qualità umane che lo rendono amabile e quindi più credibile, come la simpatia, l’affabilità, la lealtà, la fedeltà alla parola data, il rispetto per le persone e l'apertura alle idee altrui, la riservatezza e la discrezione.

Sviluppa quelle doti che facilitano l’incontro con le persone come l’umiltà, la gentilezza del tratto, la fiducia, l’ascolto, l’empatia, la comprensione e la carità nella conversazione.

Matura un rapporto fraterno di complementarità nella missione con il salesiano coadiutore.

Impara a riconoscere i limiti che deve avere nelle relazioni pastorali e nel suo coinvolgimento nella vita delle persone. Coltiva un rapporto pastorale positivo, equilibrato e prudente con la donna.

Matura una profonda sensibilità per i più poveri e per chi soffre.



10.5.2 La dimensione spirituale


463.La dimensione spirituale è il punto centrale e identificante della chiamata ad essere mediatore dell’azione e della presenza del Signore. Si tratta di creare in sé l’unità tra vita interiore e apostolato, tra annuncio e testimonianza, attenzione a Dio e attenzione ai giovani, liturgia e vita.

Nel cuore dell’esperienza vi è sì la disponibilità al servizio, ma prima ancora la disponibilità ad una comunione di vita con Cristo, ad un cammino di santità nel ministero.


Conscio del fatto che l’ordinazione presbiterale o diaconale stabilisce un nuovo e profondo legame personale con Cristo, per cui viene configurato a Cristo Capo della Chiesa, il candidato si prepara ad essa e comincia a viverla, sapendo che tutto dipende da quel legame. Legarsi a Cristo con sentimenti di profonda amicizia è il cuore di tutta la sua preparazione all’ordinazione e di tutto il suo ministero.

La totale configurazione con Cristo caratterizza la sua vita spirituale che viene “improntata, plasmata, connotata da quegli atteggiamenti e comportamenti che sono propri di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa”. Identificandosi con “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”, egli cresce nell’amore verso il Padre e verso gli uomini, imita Cristo nella donazione totale di se stesso e nel servizio.

Egli cresce nella conoscenza e nell’amore verso di Lui, lo incontra spesso nella sua Parola e nella preghiera e vive unito e in amicizia con Lui mediante l’attiva partecipazione nei sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Riconciliazione, nella Liturgia delle Ore e nel servizio della carità ai fratelli.


464.La sua configurazione a Cristo si esprime anche con l’identificazione con la Chiesa. Egli è chiamato ad essere “uomo della Chiesa”.

Ama la Chiesa, contemplando la sua realtà nella fede e vivendo in comunione di mente e di cuore con i pastori. Coltiva l’ardore pastorale e missionario e dà il suo apporto personale per l’edificazione della Chiesa. La santifica attraverso la propria vita santa. Fa della Liturgia della Ore, alla cui celebrazione si è impegnato solennemente, il nutrimento della preghiera personale e l’espressione del senso ecclesiale.

Questo amore per la Chiesa diventa effettivo nell’impegno di vivere il rapporto con la Chiesa locale, con il vescovo, con i sacerdoti, con i religiosi e i laici, apprezzando e promuovendo “l’unità della comunità ecclesiale nell’armonia delle diverse vocazioni, carismi e servizi”.


465.La configurazione a Cristo e l’identificazione con la Chiesa sfociano in modo naturale nell’umile e disinteressato servizio ai fratelli attraverso il ministero.

La formazione al dono generoso e gratuito di sé... rappresenta una condizione irrinunciabile per chi è chiamato a farsi epifania e trasparenza del Buon Pastore che dà la vita…”.

Il presbitero o diacono si qualifica come “uomo della carità”. Egli sa che lo scopo principale della sua vita sacerdotale non è la realizzazione di se stesso e neppure il successo di tutti i suoi sforzi – questo lo lascia al Signore – ma è lo spendere la propria vita per gli altri, con tutto l’amore e l’ascesi che esso comporta, consapevole che in questo modo sta lavorando per colui che veramente e solamente importa.

Il salesiano vive questo atteggiamento nella prospettiva specifica della sua vocazione, un atteggiamento di servizio gioioso e gratuito ai confratelli e ai giovani, con cuore indiviso e grande libertà interiore anche a costo di molto sacrificio personale. Così egli sviluppa quella “costante disponibilità a lasciarsi afferrare, quasi ‘mangiare’” dalle esigenze della missione.




10.5.3 La dimensione intellettuale


466.La formazione intellettuale del salesiano presbitero ha come fine l’acquisizione da parte del candidato di un’ampia e soda preparazione nelle scienze sacre, di un solido radicamento nella “salesianità” e di una cultura generale proporzionata alle necessità dei nostri tempi, in modo da abilitarsi al dialogo e discernimento pastorale ed essere in grado di annunziare convenientemente il messaggio evangelico ai giovani d’oggi, di inserirlo nella loro cultura, di orientare e costruire la comunità cristiana.


Gli studi vengono integrati in un cammino spirituale segnato dall’esperienza personale di Dio. Così il candidato al sacerdozio va al di là di una pura scienza nozionistica; dà solido fondamento e nutre la propria fede, arriva alla sapienza o intelligenza del cuore, e si abitua alla riflessione, allo studio e alla condivisione come atteggiamento di formazione permanente.


467.La formazione intellettuale in questo periodo richiede tempo e grande dedizione, amore e spirito di sacrificio. È frutto di un contributo interdisciplinare e di una metodologia che coinvolge attivamente.

Il rigore scientifico degli studi sarà equilibrato con la loro destinazione pastorale, confrontandosi con i problemi pastorali di oggi, specialmente con le sfide dell’evangelizzazione delle culture e dell’inculturazione del Vangelo. Tale compito, ispirato agli orientamenti ecclesiali, comporta una intelligente e responsabile contestualizzazione della riflessione.

Gli studi devono abilitare a comunicare la fede ai giovani nella loro situazione socio-culturale e ad illuminare e guidare la loro vita spirituale. Allo stesso tempo, rimane molto vero che solo uno studio serio contribuisce ad una solida formazione del pastore d’anime come maestro della fede e lo abilita ad annunciare il messaggio evangelico con efficacia secondo modi più confacenti alla cultura odierna.



9.3 10.5.3.1 Lo studio della Teologia

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468.Lo studio della teologia tende a far sì che il candidato al presbiterato acquisti una visione organica delle verità rivelate da Dio in Gesù Cristo e dell'esperienza di fede della Chiesa.

Da una parte, la teologia ha come punto di riferimento la Parola di Dio, celebrata e vissuta nella Tradizione viva della Chiesa: di qui lo studio della Scrittura, dei Padri della Chiesa, della liturgia e della storia della Chiesa.

D’altra parte, essa si indirizza al sacerdote, chiamato a credere, a vivere e a comunicare la fede e l’ethos cristiani: di qui lo studio della dogmatica, della teologia morale, della teologia spirituale, del diritto canonico e della teologia pastorale.

Il riferimento all’uomo credente domanda di affrontare la questione del rapporto fede-ragione – di qui lo studio della teologia fondamentale – trattando della rivelazione cristiana e della sua trasmissione nella Chiesa. E cerca di dare risposte ai problemi connessi con la situazione sociale e culturale: di qui lo studio della dottrina sociale della Chiesa, della missiologia, dell’ecumenismo, delle religioni non-cristiane e delle espressioni della religiosità.


Non va trascurata la formazione nel campo della comunicazione sociale, che offre un quadro di riferimento teorico circa la teologia della comunicazione, il magistero della Chiesa, i valori etici e le problematiche pastorali connesse con le culture giovanili, e abilita il futuro sacerdote o diacono alla comunicatività nell’omiletica, nella prassi liturgica, nella pastorale, nella catechesi e nel servizio ministeriale in genere. La conoscenza degli strumenti, e contestualmente degli stili, dei codici e dei linguaggi dei moderni mezzi di comunicazione, lo aiuteranno ad annunciare il Vangelo, rendendo il messaggio più comprensibile all’uomo contemporaneo.


L’importante è che tutti questi aspetti della teologia convergano armonicamente nella visione della storia della salvezza che si attua nella vita della Chiesa e nelle vicende del mondo.



9.4 10.5.3.2 Prospettiva salesiana e discipline salesiane

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469.Nel contesto del piano fondamentale di formazione sacerdotale promulgato dalla Chiesa, la vocazione specifica salesiana porta a sottolineare la prospettiva della missione giovanile e altri ambiti connessi con essa. Questo comporta che:

all'interno delle stesse discipline teologiche ci sia una sensibilità salesiana nel modo di affrontare i temi e di sottolineare la loro incidenza pastorale;

si coltivino ambiti specificamente salesiani nella linea del presbiterato o ambiti che hanno attinenza diretta con esso, come l’esperienza sacerdotale di Don Bosco, la pastorale giovanile, la catechesi (specie dei giovani) e la spiritualità salesiana, l’animazione spirituale di persone, gruppi e comunità, la comprensione e l’animazione delle diverse vocazioni all’interno della Famiglia salesiana, la fisionomia pastorale delle diverse opere salesiane e la figura del prete o diacono in esse.



10.5.4 La dimensione educativo-pastorale


470. La formazione specifica del salesiano presbitero nella dimensione educativo-pastorale riguarda la mentalità e i criteri pastorali, gli atteggiamenti, la metodologia e le abilità, la maniera di porsi come presbitero salesiano nella realtà pastorale della comunità ecclesiale e di fronte alle sfide della missione. In particolare, in questa fase la dimensione educativo-pastorale intende qualificare il confratello per le espressioni fondamentali del ministero, secondo le specificazioni della vocazione salesiana, continuando l’esperienza vissuta durante gli anni della formazione precedente, specialmente nel tirocinio.



9.5 10.5.4.1 Gli aspetti da coltivare

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471.Per essere servitore della Parola, nel contesto della nuova evangelizzazione e di fronte alle sfide culturali, il futuro presbitero o diacono:

si qualifica, attraverso lo studio e la meditazione, per annunziare e testimoniare la Parola di Dio, in sintonia con la “mens” della Chiesa e avendo sempre presente il rapporto tra fede e cultura;

impara l’arte della predicazione, in particolare l’omiletica, e l’arte della comunicazione sociale in funzione della evangelizzazione, con speciale attenzione ad alcuni ambiti come il primo annuncio, l’educazione della fede nella catechesi, il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso;

si rende più idoneo per l’accompagnamento e la crescita spirituale delle persone, specialmente nel campo giovanile e nell’ambito della Famiglia Salesiana.


472.In vista del suo servizio nella liturgia e nei sacramenti:

si qualifica per i diversi compiti liturgici del sacerdote o diacono, e in particolare per la presidenza degli atti di culto del popolo cristiano;

mette in sintonia ogni espressione cultuale con l’insieme dell’evangelizzazione e dell’azione pastorale della Chiesa e con le scelte fondanti della Pastorale Giovanile Salesiana;

si abilita ad iniziare i giovani e i fedeli alla celebrazione dei sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione.


473.Per rendersi capace del servizio della carità proprio del presbitero o diacono:

si dispone a mettere al primo posto la logica del servizio e si fa testimone della carità di Cristo Buon Pastore nella comunità, superando ogni egoismo e individualismo;

si prepara ad assumere le forme differenti di vivere il sacerdozio o il diaconato, secondo i diversi ruoli e nei diversi ambienti in cui si realizza la missione salesiana;

cresce nell’attenzione alla pastorale d’insieme, seguendo le indicazioni della Chiesa e della Congregazione e in sintonia con il PEPS locale, imparando a lavorare in équipe con una metodologia di progettazione pastorale e a dare il suo contributo specifico alla CEP come sacerdote o diacono;

si rende atto all’animazione spirituale dei gruppi e movimenti giovanili, e delle comunità ecclesiali.



9.6 10.5.4.2 L’esercizio dei ministeri e del diaconato

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474.Nel cammino verso il presbiterato hanno un particolare significato pedagogico i ministeri del lettorato e dell’accolitato e il diaconato, che aiutano a maturare e a fare esperienza dei valori ed assumere gli atteggiamenti caratteristici della dimensione educativo-pastorale e ad acquisire le competenze e le abilità richieste.


10.5.4.2.1 Il lettorato e l’accolitato


Il ruolo del lettore è di proclamare la Parola di Dio nell’assemblea liturgica e svolgere altri compiti connessi, come, per esempio, dirigere il canto, guidare la partecipazione dei fedeli e istruirli a ricevere degnamente i sacramenti.

L’esercizio del lettorato quindi sottolinea in modo particolare l’amore e la conoscenza della Sacra Scrittura, e l’abilitazione per la sua proclamazione.


Come accolito il confratello assume il compito di curare il servizio dell’altare, aiutare il diacono e il sacerdote nelle azioni liturgiche, specialmente nella celebrazione della Messa, distribuire la Santa Comunione in certe circostanze, esporre pubblicamente all’adorazione dei fedeli il Santissimo Sacramento.

L’esercizio dell’accolitato dunque sottolinea la partecipazione alla celebrazione dell’Eucaristia e il servizio liturgico nei suoi diversi aspetti.


Per i candidati agli ordini sacri l’esercizio graduale del ministero della Parola e dell’altare ha una finalità prevalentemente pedagogica, in quanto li rende più consapevoli della loro vocazione e li aiuta ad essere ferventi nello spirito e pronti nel servire il Signore nei fedeli.


10.5.4.2.2 Il diaconato


475.Anche il diaconato – per coloro che sono incamminati al sacerdozio – è pedagogicamente orientato al ministero presbiterale. È un tempo di iniziazione, ma anche di approfondimento e di sintesi. L’esercizio di questo ordine infatti favorisce la maturazione di alcuni aspetti specificamente sacerdotali, anche se è limitato nella durata e nelle possibilità concrete di applicazione.


Tra le aree da privilegiare nella preparazione e nell’esercizio del diaconato, si possono segnalare le seguenti:

l’annuncio della Parola di Dio: il diacono salesiano si qualifica e fa esperienza nella predicazione della Parola di Dio e nell’educazione della fede dei giovani;

l’animazione liturgica: egli approfondisce i contenuti teologico-pastorali del Lezionario, del Messale e della Liturgia della Ore. S’impegna nell’esercizio del ministero diaconale nel campo liturgico (organizzando e presiedendo le varie celebrazioni, curando la preparazione di quelli che partecipano in esse) sia all’interno della propria comunità, sia in altre attività pastorali;

la pastorale dei sacramenti e la preparazione per l’esercizio del sacramento della Riconciliazione: il salesiano che riceve il diaconato in preparazione alla ordinazione sacerdotale viene introdotto gradualmente al ministero dei sacramenti e già si orienta per il futuro compito di confessore e guida delle anime. Con l’aiuto di confratelli esperti nel campo morale e nella confessione, egli si abilita all’accompagnamento delle persone nel sacramento, congiungendo l’attenzione alle situazioni, la chiarezza dei criteri e l’abilità educativa e tenendo conto della gradualità dell’itinerario personale. Si prepara per l’accompagnamento, l'orientamento e la direzione spirituale delle persone anche nell’ambito non sacramentale. Tutto ciò suppone sensibilità e capacità di lettura delle realtà umane e una loro valutazione secondo i criteri della fede.

Con il diaconato inizia l’impegno ufficiale di celebrazione della Liturgia delle Ore a nome della Chiesa.




10.6 ALCUNE CONDIZIONI FORMATIVE


476.Gli anni di formazione specifica del salesiano presbitero trovano un ideale a cui ispirarsi nel tempo d'attesa degli apostoli nel cenacolo dopo la risurrezione: assidui in preghiera con la Vergine Maria, essi attendono la venuta dello Spirito Santo.

La carità pastorale e l’ardore per la missione nella prospettiva di apertura al servizio pastorale danno il tono a tutta l’esperienza formativa.


477. La comunità di formazione presbiterale è composta da confratelli che hanno fatto esperienza di vita salesiana e stanno per assumere in pienezza i compiti della missione. È importante introdurli ad assumere la piena responsabilità per la propria formazione fin dall’inizio di questa fase molto diversa dalla precedente.

L’ambiente formativo deve essere caratterizzato da:

il coinvolgimento di tutti nell’impegno formativo, superando atteggiamenti reattivi o di individualismo, agendo in forma motivata con libertà matura, accettando serenamente il servizio dell’autorità e le diverse mediazioni;

lo studio assunto con serietà e l’importanza data alla riflessione personale e partecipata;

l’impostazione della vita di preghiera con stile salesiano e con qualità, sottolineando la spiritualità presbiterale e coltivando un atteggiamento e un ritmo personale di preghiera;

il senso di fraternità attraverso la condivisione della propria esperienza, il discernimento comunitario alla luce della Parola, il camminare insieme nella conversione e nella correzione fraterna, il confronto sincero e comprensivo;

l’offerta e la pratica dell’accompagnamento personale e della direzione spirituale;

una forte spinta pastorale, espressa secondo le caratteristiche di questa fase, evitando due rischi: che lo stile di vita della comunità sia troppo lontano dagli interessi pastorali salesiani o che sia talmente inserito in una azione concreta da non offrire più ai candidati tempo sufficiente per lo studio, la vita comunitaria e la preghiera;

il senso di unione con l’Ispettoria, la Congregazione e la Famiglia Salesiana, e la sintonia con la Chiesa e con gli orientamenti dei Pastori.


Si darà serietà alle ammissioni al diaconato e al presbiterato, curando un attento processo di discernimento e di corresponsabilità di tutti quelli che intervengono, incominciando dal candidato.


478.Costituisce parte dell’ambiente formativo di questa fase il “centro studi” – sia salesiano che non salesiano – che contribuisce a maturare la mentalità, i criteri e la qualificazione pastorale, comunicando di fatto una immagine del sacerdote e del ministero che incide sull’identità vocazionale, sulla visione della missione e sulla spiritualità. La sua impostazione deve essere coerente con il progetto formativo globale.

Il centro salesiano – che è da preferirsi – rende possibile un’impostazione degli studi attenta alla prospettiva salesiana e ai contenuti specifici che da essa derivano.

Non basta che la comunità formatrice assicuri la dimensione salesiana per il suo stile di vita spirituale e fraterna, di impegno apostolico e di studi, ma è necessario completare il programma delle materie “salesiane”, proprio per offrire una base solida alla vocazione e al ministero del futuro sacerdote o diacono.




10 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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479. Dopo il tirocinio il salesiano coadiutore e il candidato al ministero presbiterale o al diaconato permanente completano la formazione iniziale con la formazione specifica.

10.1 Il salesiano coadiutore

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480.È responsabilità delle Ispettorie assicurare ai confratelli coadiutori dopo il tirocinio la formazione specifica e la preparazione professionale previste dalle Costituzioni e dai Regolamenti generali:

La formazione specifica nell’ambito intellettuale consiste in un’adeguata preparazione teologica, pedagogica e salesiana nella linea della propria vocazione specifica.

– Inoltre, i salesiani coadiutori “attendano, secondo le attitudini, agli studi per una preparazione professionale in vista del lavoro apostolico”.


481.La vocazione del salesiano coadiutore è un dono del Signore che va curato e coltivato dal confratello e da tutta la comunità. In questa prospettiva la domanda di un coadiutore professo perpetuo che chieda di iniziare un curricolo formativo in vista del diaconato permanente o del presbiterato va trattata con particolare discernimento, con la considerazione e le riserve che merita un cambio di opzione vocazionale; la domanda deve essere indirizzata al Rettor Maggiore, previa approvazione dell’Ispettore col suo Consiglio.



10.2 Il salesiano presbitero o diacono permanente

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482.La formazione specifica del confratello chierico esige da ogni candidato l’orientamento chiaro verso la vita sacerdotale. Perciò, al momento della sua accettazione per questa fase formativa, si richiede dal confratello una dichiarazione di intenzione nel senso suddetto. Le modalità per tale dichiarazione possono essere varie: ad esempio, attraverso la domanda all’Ispettore di intraprendere gli studi teologici o la domanda di iniziare la preparazione della professione perpetua nella linea del presbiterato salesiano.


483.“La formazione specifica del candidato al ministero presbiterale segue gli orientamenti e le norme stabilite dalla Chiesa e dalla Congregazione”. “I soci che si preparano al ministero dell’ordine devono attendere, almeno per quattro anni, a una intensa formazione specifica in comunità formatrici”. Durante questo periodo si dia priorità all’impegno proprio della fase formativa; altri studi e attività sono permessi solo se compatibili con questo obiettivo.


484.Gli studi teologici devono durare quattro anni. Nelle facoltà dove al triennio istituzionale segue l’iscrizione ad un biennio di licenza in scienze ecclesiastiche, il quarto anno di teologia è sostituito da tale biennio.


485.“Ci sia una seria formazione teologica pastorale mediante gli studi prescritti dalla Chiesa”. Essi siano “ordinati e svolti secondo la nostra specifica intenzionalità vocazionale. Si curino in particolare gli studi di salesianità con esplicito riferimento alla figura di Don Bosco prete”.


486.Gli studi teologici si compiano con serietà, di preferenza in centri salesiani. Quando non sia possibile la frequenza di un centro salesiano, si privilegi quel centro non salesiano in grado di contribuire maggiormente alla formazione di un prete o diacono educatore pastore. Per la scelta del centro si tengano presenti i criteri precedentemente indicati.

487.I confratelli affrontino gli studi teologici con la “necessaria preparazione sia letteraria che filosofica”. Essi siano in grado di accedere alle fonti della riflessione teologica (la Sacra Scrittura, i documenti del Magistero, le opere dei Padri della Chiesa e i grandi Teologi).

È da favorire a questo scopo una sufficiente conoscenza del latino e, almeno per coloro che si orientano verso i gradi accademici, delle lingue bibliche.


488.Al termine degli studi teologici e, per i futuri presbiteri ordinariamente prima dell'ordinazione sacerdotale, vi sia un esame di “sintesi” o di baccalaureato.


489.Quanto si esige in genere circa le qualità umane e spirituali, la preparazione dottrinale, psico-pedagogica, salesiana, pastorale, la conveniente previa esperienza apostolica e l'impegno di aggiornamento, sia norma e criterio per destinare un confratello al compito di formatore in comunità di formazione sacerdotale e/o diaconale.


490.Il Direttore, nello svolgimento del suo compito, abbia coscienza della sua particolare responsabilità nella formazione dei futuri sacerdoti. Curi l'animazione spirituale comunitaria e personale: le conferenze periodiche, le buone notti, il colloquio mensile, i momenti di discernimento per le ammissioni, la preparazione ai ministeri e alle ordinazioni, i ritiri mensili e trimestrali, gli esercizi spirituali annuali.


491.I ministeri del lettorato e accolitato, previsti per i chierici con finalità pedagogica, siano conferiti durante la formazione specifica del salesiano presbitero.


492.Nell’istituzione dei ministeri e nel conferimento del diaconato e del presbiterato ci si attenga alle norme della Chiesa e della Congregazione. In particolare:

il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato ai candidati al diaconato e al presbiterato è un obbligo dal quale solo la Santa Sede può dispensare;

tali ministeri devono essere esercitati per un conveniente periodo di tempo in vista di una più adeguata e specifica abilitazione al servizio della Parola e dell'altare;

l'esercizio di tali ministeri per un “tempo conveniente” implica che tra il conferimento del lettorato e quello dell'accolitato siano rispettati gli interstizi stabiliti dalla Santa Sede e dalle Conferenze Episcopali. Tra l’accolitato e il diaconato l’interstizio di tempo è di almeno sei mesi;

il conferimento del lettorato e dell’accolitato senza che tra di essi intercorra almeno lo spazio di qualche mese è illecito e irregolare e fa perdere il senso pedagogico dei ministeri stessi. Così pure una vicinanza troppo stretta tra l'accolitato e il diaconato.


493.Per i criteri e le modalità di ammissione ai ministeri e agli ordini si tenga presente quanto è stato detto sul discernimento vocazionale. L'ammissione al diaconato e al presbiterato deve essere fatta con speciale diligenza e serietà sulla base di una valutazione dell’intera esperienza formativa.


494.L’ordinazione diaconale può avvenire ordinariamente soltanto dopo aver concluso il terzo anno degli studi teologici.

Dopo l’ordinazione diaconale, senza interrompere gli studi regolari, ogni diacono esercita il ministero secondo le funzioni liturgico-pastorali ad esso specificamente inerenti. È importante che questo esercizio avvenga in maniera sistematica e guidata e con le opportune verifiche da parte dei formatori.

Il “tempus congruum”, di cui parla il can. 1032 §2, sarà valutato sia in rapporto alla persona del candidato che all’indole della Congregazione, che già cura anteriormente una consistente preparazione pastorale.


495.I futuri presbiteri ordinariamente devono completare i quattro anni di permanenza in comunità formatrici prima dell’ordinazione. Questo vale anche per coloro che, ultimato il triennio istituzionale in una facoltà, si iscrivono al biennio di licenza in teologia. “Terminato il quarto anno di teologia o il primo anno di licenza, si può accedere all’ordinazione presbiterale”.

Quando serie ragioni consiglino di anticipare l’ordinazione presbiterale durante l’ultimo semestre del quarto anno degli studi teologici, la decisione sia presa dall’Ispettore con il consenso del suo Consiglio, assicurando in ogni caso che si concludano gli studi di teologia secondo le norme ecclesiastiche. Dicasi lo stesso di una eventuale anticipazione dell’ordinazione diaconale.

L’Ispettore informi opportunamente il Rettor Maggiore attraverso il Consigliere generale per la formazione.


496.Se qualche diacono, terminato il normale curricolo formativo, domandasse un tempo più prolungato prima di far domanda per essere ordinato presbitero, si chiariscano i motivi della richiesta e si stabiliscano gli obiettivi, la durata e le condizioni formative dell’esperienza.


497.In caso di interruzione della formazione specifica o di non ammissione alla professione, al diaconato o al presbiterato per motivi seri, se il candidato facesse in seguito domanda di continuare la fase interrotta o di essere ammesso l’Ispettore col suo Consiglio assicurino un congruo periodo di tempo per verificare positivamente il compimento delle condizioni stabilite e il raggiungimento degli obiettivi indicati, prima di esaminare la richiesta. Il periodo di tempo ordinariamente non sia inferiore a un anno.


498.La preparazione dei diaconi permanenti, in linea di principio, si attenga alle disposizioni della Chiesa locale dove essi eserciteranno il loro ministero. Essi faranno riferimento eventualmente alle comunità formatrici e ai centri salesiani di studio del posto.


499.“Il diacono religioso, stabilmente o temporaneamente dimorante in un territorio in cui non sia in vigore la disciplina del diaconato permanente, non eserciti le funzioni diaconali se non con il consenso dell'Ordinario del luogo”.


500.Data l’importanza della scelta vocazionale, l’eventuale domanda di un salesiano diacono permanente in vista del presbiterato va presentata al Rettor Maggiore, previa approvazione dell’Ispettore col suo Consiglio, e va trattata con particolare discernimento e con la considerazione e le riserve opportune.



CAPITOLO UNDICESIMO


11 LA PREPARAZIONE

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12 PER LA PROFESSIONE PERPETUA

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501.Il cammino che va dalla prima professione alla definitiva incorporazione nella Società è necessario “sia al candidato che alla comunità per discernere, in mutua collaborazione, la volontà di Dio e per corrispondervi”. È tempo di vicendevole conoscenza e di decisioni prese in corresponsabilità. Il confratello “sostenuto dalla comunità e da una guida spirituale, completa il processo di maturazione in vista della professione perpetua


502. La professione temporanea è già grazia di alleanza e mistero di consacrazione di Dio e di offerta totale a Lui.

Tuttavia, senza nulla togliere al valore della professione temporanea, anch’essa fatta con l’intenzione di offrirsi a Dio per tutta la vita, è la professione perpetua, con il suo carattere di totalità (“totalmente”) e di definitività (“per sempre”), che esprime da una parte l’opzione fondamentale e definitiva della libertà del salesiano, e dall’altra parte la consacrazione totalizzante di Dio, che si compie mediante il ministero della Chiesa.

Un atto di tale importanza, che segna tutta la vita del salesiano e che stabilisce un legame nuovo e definitivo tra lui e la Congregazione richiede un adeguato periodo di preparazione prossima.




11.1 NATURA E SCOPO


503.“Il socio – dicono le Costituzioni – fa la professione perpetua quando ha raggiunto la maturità spirituale salesiana richiesta dall’importanza di tale scelta. La celebrazione di questo atto è preceduta da un tempo conveniente di preparazione immediata”.


Di fatto, l’espressione “preparazione alla professione perpetua” ha assunto finora significati diversi e si è tradotta in proposte differenziate.

Ci si riferisce, a volte, alla preparazione immediata per la celebrazione dopo che è stato compiuto il discernimento, è stata inoltrata la domanda e il confratello è stato accettato.

Altre volte, si pensa al cammino di discernimento in vista della domanda, impostato come tempo di valutazione e di sintesi del percorso formativo, che va dal prenoviziato alla fine della professione temporanea.

Per “preparazione alla professione perpetua” noi intendiamo il periodo che comprende il processo di discernimento e la verifica che precede l’opzione definitiva, la domanda, l’ammissione, e la preparazione immediata all’atto della professione; non si limita quindi a preparare il momento della celebrazione, una volta avvenuta l’ammissione.



504.Questo periodo di preparazione ha come scopo:


la verifica della vocazione alla luce dell’esperienza vissuta:

Il confratello rivisita il cammino percorso, valuta la sua storia vocazionale alla luce di Dio, e verifica la solidità delle motivazioni.

Da parte sua, la comunità locale e ispettoriale lo accompagna in questo cammino, verifica l’idoneità del confratello all’impegno definitivo nella vita consacrata salesiana, la consistenza delle sue motivazioni e l’esistenza della maturità spirituale richiesta.

Il discernimento e l’ammissione alla professione perpetua, che comportano una responsabilità particolare, si fanno in base ad una valutazione globale dell’esperienza formativa e si fondano su elementi positivi.

Segno fondamentale della maturità richiesta per la professione perpetua è la retta intenzione, cioè la volontà chiara e decisa di offrirsi interamente al Signore, di appartenere a Lui e di servirlo nel prossimo secondo la vocazione salesiana. Più in là di un generoso desiderio di servizio e di una inclinazione per il lavoro nel campo giovanile ed educativo o dell’attrazione per lo stile di vita salesiano – aspetti certamente importanti ma che non bastano, da soli, per sostenere un progetto di vita consacrata – occorre l’intenzione soprannaturale, che è impegno di tutta la persona illuminata dalla fede, offerta di sé a una missione chiaramente accettata dalla mano di Dio per mezzo della Chiesa. È il segno vocazionale più caratteristico che conferisce solido fondamento agli altri elementi di idoneità vocazionale.


la maturazione di una nuova sintesi personale:

Il confratello prende coscienza del carattere peculiare della professione perpetua, approfondisce le sue motivazioni e cresce nel senso di appartenenza alla Congregazione. Rielabora il suo progetto di vita nella prospettiva dei valori del carisma, proiettandolo verso il futuro con un atteggiamento di formazione permanente.

l’opzione definitiva motivata e fondata sulla grazia di Dio:

Il confratello conclude il suo discernimento con la decisione di assumere definitivamente il progetto di Don Bosco come vita nello Spirito a servizio dei giovani, secondo il cammino di santità tracciato dalle Costituzioni salesiane, e di viverlo in una comunità ispettoriale concreta. Consapevole della portata degli impegni che sta per prendere, appoggia la sua fedeltà su Dio che lo ha amato per primo e ha stabilito una speciale alleanza con lui. Trova pure sostegno nell’aiuto dei suoi confratelli e nel suo amore ai giovani.

Vi potrà essere chi durante questo periodo di preparazione, in dialogo con il direttore spirituale e l’Ispettore, giudica opportuno di prolungare il periodo dei voti temporanei o chi giunge alla conclusione di non continuare nella vita salesiana.




11.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


505.Il tempo di preparazione alla professione perpetua porta a compimento il cammino di comprensione e di assimilazione del progetto vocazionale di Don Bosco.

È tempo di grande impegno spirituale, di confronto fraterno, di valutazione sincera della propria situazione, di consapevolezza del dono ricevuto e di concreta e profonda identificazione con esso, di riaffermazione delle motivazioni fondamentali, di formulazione di una pedagogia di vita che aiuti a camminare in fedeltà.


506.La programmazione del periodo di preparazione tende a dar qualità ai contenuti dell’esperienza e privilegia un metodo che coinvolga la persona in profondità. Nel suo insieme, essa sottolinea il confronto vitale con il progetto salesiano e con lo spirito della Congregazione. È tempo di rimeditazione delle Costituzioni e, attraverso di esse, di approfondimento dei temi fondamentali della vita consacrata, che orientano l’esistenza del salesiano. Si riflette pure sul senso della professione, sul suo carattere unico e definitivo, sulle sue implicanze ecclesiali, sul rito della professione.

Assumono molta importanza in questo periodo i tempi di raccoglimento, il confronto vitale con Gesù Cristo “nostra regola vivente” e con Don Bosco, attraverso la riflessione, la preghiera e la direzione spirituale.




11.3 ALCUNE CONDIZIONI FORMATIVE


507.Essendo questa preparazione uno dei tempi forti di tutto il processo formativo, la Chiesa richiede che sia un periodo di particolare intensità spirituale.

La preparazione si traduce a volte in un itinerario di un anno o di vari mesi, vissuto nell’impegno ordinario di tirocinio o di formazione specifica, orientato da proposte concrete, segnato da momenti particolari, personali o di gruppo, opportunamente accompagnato dalla comunità locale e sostenuto dalla comunità ispettoriale. Può essere disposto e completato in tempi scaglionati lungo l’anno (per es. all’inizio del periodo, durante il percorso e in prossimità della professione), ma in modo che non si perdano la continuità e l’efficacia della preparazione medesima.


508.Questa esperienza coinvolge il confratello, la comunità e l’Ispettoria.

È di grande importanza quindi assicurare l’accompagnamento, anche attraverso la presenza di una guida competente e sperimentata che segue la persona e il gruppo.

Essa aiuta il confratello a rileggere spiritualmente la propria vita dal noviziato in poi, cogliendo il livello di conformazione dei suoi sentimenti a quelli di Cristo, della sua maturità affettiva e vocazionale e della identificazione personale con i valori della vita salesiana.

Aiuta inoltre a valutare la disponibilità ad immergersi nel mistero pasquale, la chiarezza e la robustezza delle motivazioni e la capacità di impegnarsi totalmente con fedeltà.


In questo compito il dialogo e la preghiera con i propri fratelli e il clima comunitario assumono un’importanza notevole, anche se il momento personale prende più rilevanza del momento comunitario.


509.È questa una delle situazioni in cui la collaborazione tra diverse Ispettorie può esprimersi nell’organizzazione di iniziative e tempi particolari e può assicurare all’esperienza formativa maggior qualità per la consistenza comunitaria e numerica, per la possibilità di scegliere accompagnatori validi e per la condivisione di esperienze e di metodi.




12.1 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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510.“La professione perpetua è fatta ordinariamente sei anni dopo la prima professione. Se tuttavia lo ritiene opportuno, l'Ispettore può prolungare questo tempo, ma non oltre i nove anni”. L’opportunità di prolungare la professione temporanea deve risultare da un giudizio prudenziale fondato su motivi ragionevoli e adeguati.


511.La professione perpetua può essere emessa allo scadere del tempo della professione temporanea o fino a tre mesi prima di questa scadenza.

Quest'ultima possibilità esige la presenza di una giusta causa, valutata dall'Ispettore e dal suo Consiglio.


512.La preparazione alla professione perpetua comprende il periodo di verifica e di discernimento in vista della domanda, il processo di ammissione e la preparazione alla celebrazione dell’atto della professione; non si limita a preparare la celebrazione, una volta avvenuta l’ammissione.


513.L’Ispettoria stabilisca un programma di preparazione alla professione perpetua indicando modalità, contenuti, durata e responsabili e includendo gli esercizi spirituali che precedono la celebrazione.


514.La preparazione alla professione perpetua coinvolge la responsabilità del confratello, dell’Ispettoria e della comunità locale. Può risultare proficuo che alcuni momenti della preparazione si realizzino con la partecipazione e la collaborazione di più Ispettorie.


515.Il professo temporaneo, circa un anno prima della scadenza del periodo di professione, manifesti esplicitamente all’Ispettore, nella forma che si ritenga più opportuna, la sua volontà di iniziare la preparazione alla professione perpetua.


516.Nella preparazione alla professione perpetua si presti particolare attenzione alla dimensione liturgica della consacrazione religiosa, valorizzando i diversi elementi offerti dal Rito.

La celebrazione liturgica della professione perpetua abbia una solennità che la distingua chiaramente dalla prima professione e dalle successive rinnovazioni. Si attuino gli elementi propri del Rituale con gli adattamenti in esso previsti.


517.“Il socio fa la professione perpetua quando ha raggiunto la maturità spirituale e salesiana richiesta dall’importanza di tale scelta”. Nella sua domanda egli deve manifestare:

la piena coscienza dell’atto definitivo che compie;

la totale libertà nel compierlo;

la volontà espressa di continuare nella vita salesiana già intrapresa;

cenno al discernimento fatto e alla richiesta di parere al direttore spirituale e al confessore.


518.L’ammissione alla professione perpetua si faccia in base ad una valutazione di tutto il processo formativo, verificando le motivazioni del soggetto e la sua identificazione con il progetto vocazionale salesiano.


519.“Quando un religioso di voti perpetui chiede di passare dal suo Istituto alla nostra Società, trascorra un periodo di prova di almeno tre anni in una delle nostre comunità per assimilare il nostro spirito. Terminata la prova, può presentare la domanda e, se viene ammesso, fa la professione perpetua a norma del diritto”.




CAPITOLO DODICESIMO



LA FORMAZIONE PERMANENTE




520.Tutta la vita è vocazione, tutta la vita è formazione.

La formazione iniziale porta all’identificazione con un progetto di vita consacrata che deve essere tradotto in esperienza di vita lungo tutta l’esistenza. La formazione permanente è la grazia e l’impegno che portano a vivere quel progetto “in un dinamismo di fedeltà”. Essa è la continuazione naturale e assolutamente necessaria del processo vissuto nella formazione iniziale.


521.La formazione permanente è una necessità insita nella realtà personale del salesiano e nel cuore della sua vocazione cristiana e salesiana. Per diverse ragioni:

il carattere evolutivo e dinamico della persona umana domanda una costante apertura al rinnovamento in tutte le dimensioni e momenti dell’esistenza;

la vita cristiana è vocazione permanente, sviluppo della grazia battesimale; richiede capacità di discernimento e risposta di fede di fronte alle sfide che la situazione culturale le pone. La Chiesa stessa è in stato di continuo rinnovamento e lo stimola nei suoi membri;

la missione giovanile salesiana, che si rivolge a quella parte di umanità che è sempre nuova e imprevedibile, esige creatività e dinamismo sempre rinnovati: “con le loro sollecitazioni i giovani ci impediscono di fermarci sul passato, ci educano e ci spingono a trovare risposte nuove e coraggiose”;

i ritmi accelerati delle trasformazioni del mondo provocano in modo inquietante e pongono interrogativi che esigono a livello personale e comunitario risposte adeguate (per esempio, le sfide della nuova cultura, della secolarizzazione, dell’evangelizzazione);

l’odierna aspettativa e domanda universale di qualità in tutti i campi esige dalla vita consacrata che sappia mantenere leggibile la sua testimonianza ed efficiente il suo servizio apostolico;

il ruolo animatore della comunità salesiana come nucleo trainante, orientatore e formatore dell’azione pastorale nel nuovo contesto di condivisione con i laici, sottolinea l’urgenza di una ricarica spirituale e apostolica, di un aggiornamento dottrinale e di competenze adeguate e riconosciute.




12.1 NATURA E SCOPO


522.La formazione permanente è un atteggiamento di vita e un “processo globale di rinnovamento” che avvolge persona e comunità nelle diverse situazioni della vita quotidiana.

Essa avviene primariamente nel “quotidiano”, nel compimento stesso della missione: “vivendo in mezzo ai giovani e in costante rapporto con gli ambienti popolari, il salesiano si sforza di discernere negli eventi la voce dello Spirito, acquistando così la capacità d’imparare dalla vita”.

Si dà come esperienza comunitaria, frutto della condivisione fraterna, di rapporti vicendevoli e di una comunicazione di qualità, dello slancio apostolico incarnato in un progetto comune, della centralità di Cristo vissuta e celebrata, e dell’autenticità dello stile di vita evangelica: tutto questo inquadrato nel contesto della Chiesa e della Congregazione.

A un livello più ampio – ispettoriale, interispettoriale o ecclesiale – riceve stimolo e sostegno mediante proposte e iniziative ordinarie e straordinarie di rinnovamento spirituale e pastorale o di aggiornamento.


523.Soggetto di formazione permanente è prima di tutto la persona del salesiano. Nulla può sostituirsi al suo impegno libero e convinto. Nessuno può percorrere per lui l’itinerario del rinnovamento. “Ogni salesiano – dicono le Costituzioni – assume la responsabilità della propria formazione”.

Scopo della formazione permanente è fare in modo che il salesiano viva la vocazione con maturità e gioia, con fedeltà creativa e con capacità di rinnovamento, come risposta permanente al Signore e alle sfide della missione. Tale atteggiamento si esprime nella capacità di discernimento e di riflessione, nell’impegno per un cammino spirituale costantemente coltivato e per uno stile di vita che sostenga la qualità dell’esperienza, e nella ricerca di qualificazione per adempiere la missione con competenza professionale e per animare numerose forze apostoliche.


524.Soggetto della formazione permanente è anche la comunità salesiana, in quanto portatrice e testimone nella Chiesa di un dono dello Spirito, educatrice dei suoi membri, ma anche in quanto bisognosa essa stessa di continuo rinnovamento nella fedeltà a Don Bosco e di discernimento nello Spirito. La comunità è soggetto di formazione permanente nel suo essenziale rapporto educativo con giovani e laici, con coloro con cui condivide lo spirito e la missione; ed è questo rapporto che stimola al rinnovamento anche spirituale e offre motivazioni, criteri di verifica e indicazioni di aggiornamento.

Per questo la comunità, soggetto di un’esperienza spirituale e apostolica, vive secondo un progetto e risponde insieme alla vocazione salesiana.




12.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


525.La formazione permanente mantiene vivo “un generale e integrale processo di continua maturazione, mediante l’approfondimento di ciascuna delle dimensioni della formazione... a partire dalla carità pastorale e in riferimento ad essa”. Essa si avvale di metodi adeguati per persone adulte, metodi che partono dalla loro esperienza e dalle situazioni di vita vissuta.



12.2.1 La dimensione umana


526.La formazione permanente è attenta alla crescita della persona. Stimola e sostiene il cammino di ciascun confratello verso la sua piena maturazione, tenendo conto dell’insieme della propria realtà e dei propri limiti, per lo sviluppo di una personalità equilibrata ed adulta, consapevole della propria identità e fedele ad essa. Promuove in lui l’attenzione alla libertà interiore, all’integrazione affettiva, alla serenità dello spirito, all’amore per la verità e alla coerenza tra il dire e il fare.


Il salesiano maturo sviluppa quella sensibilità che gli permette di aprirsi alla realtà umana circostante e gli dà la capacità di relazionarsi come adulto con altri adulti di tutte le età, specialmente nella propria comunità e con i giovani.

Si sente stimolato dai giovani, che hanno bisogno di trovare in lui un uomo “nuovo”, capace di suscitare emulazione e di risvegliare in loro le ricchezze che portano dentro, le loro risorse umane e i valori evangelici. L’amicizia attenta, il clima di famiglia, la semplicità e la bontà, la promozione della dignità di ogni persona diventano per loro un’esperienza davvero originale, una valida “testimonianza”.

La realtà evolutiva della persona esige attenzione, nelle diverse stagioni della vita, agli aspetti biofisici e psicologici, attraverso l’illuminazione e l’accompagnamento personale e comunitario.


12.2.2 La dimensione spirituale


527.Il salesiano coltiva la vita spirituale come esperienza di Dio nel rapporto con i giovani, nello sguardo credente sugli avvenimenti e nel discernimento; consapevole di essere mediatore della sua presenza e del suo intervento, sperimenta la gioia di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo.

Approfondisce la sua vita spirituale attraverso la condivisione comunitaria dell’esperienza di fede e della missione. Insieme alla sua comunità vive la presenza dello Spirito come “fonte permanente di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano per crescere nell’amore di Dio e degli uomini”.

Cammina secondo l’itinerario spirituale che gli offre la Chiesa e secondo il progetto di vita consacrata che le Costituzioni propongono come pedagogia concreta di santità. Valorizza i momenti forti, come gli Esercizi spirituali, e le occasioni straordinarie di rinnovamento che gli vengono offerte.

Coltiva la radicalità della donazione a Dio e l’unità di vita in Lui, evitando di cadere nella dispersione e nella superficialità. Il filiale dialogo con il Padre lo porta a congiungere lavoro e preghiera e a vivere l’unione con Dio nelle attività ordinarie e in qualunque situazione.


12.2.3 La dimensione intellettuale


528.La dimensione intellettuale della formazione permanente non si limita ad accumulare conoscenze o ad aggiornare competenze, aspetti certamente necessari; aiuta soprattutto a crescere in saggezza per poter vivere con maggior profondità la propria vita consacrata e per abilitarsi a compiere con la competenza richiesta la missione nelle diverse circostanze e situazioni e nei diversi ruoli.


Si manifesta anzitutto in un atteggiamento e in una capacità di unire lavoro e riflessione, in modo tale che si possa vivere con apertura e intelligenza il confronto con le diverse realtà e si possiedano solidi criteri di discernimento coerenti con la visione cristiana, con gli orientamenti ecclesiali e il carisma salesiano.

È da curare anche l’aggiornamento dottrinale e professionale, la conoscenza delle culture dei luoghi in cui si vive e si agisce, la riqualificazione professionale e tecnica per poter affrontare in modo adeguato il servizio educativo pastorale con capacità di animazione e di orientamento di persone, progetti e opere.

Cammino e spinta di formazione permanente è l’apertura agli stimoli che provengono dalla Chiesa universale e particolare, dall’esperienza e dagli orientamenti della Congregazione, specialmente attraverso i Capitoli Generali e gli insegnamenti del Rettor Maggiore, dai programmi e dalle iniziative ispettoriali o inter-ispettoriali.


L’aggiornamento va commisurato all’età, tenendo presente che ogni stagione della vita porta con sé delle sensibilità spirituali, delle preoccupazioni pastorali e degli interessi culturali che, se ben coltivati attraverso lo studio e la riflessione, nutrono la persona del confratello, danno qualità alla sua esperienza e aumentano l’efficacia della sua vita apostolica.



12.2.4 La dimensione educativo-pastorale


529.Il salesiano è chiamato a ravvivare il dono della carità pastorale ricevuto nella sua professione religiosa, così da poter vivere l’impegno educativo e di evangelizzazione, la mistica e l’ascesi della sua piena donazione a Dio e ai giovani, lo slancio del Da mihi animas.


Scuola di formazione è anzitutto il lavoro educativo-pastorale assunto e realizzato come progetto comunitario: esso viene pensato, programmato e verificato insieme, condiviso in una collaborazione ampia e corresponsabile nella CEP, vissuto come esperienza spirituale ed ecclesiale.

La rete di rapporti messi in atto da una CEP viva e operante – scrive il CG24 – è luogo di intensa formazione permanente e tocca gli aspetti umani, pedagogici e salesiani. Questi rapporti veicolano messaggi, abilitano a nuovi linguaggi, favoriscono un ascolto più attento del mondo e della cultura giovanile, specialmente quando la CEP promuove il protagonismo giovanile”.

Attraverso il mutuo dare e ricevere, il salesiano acquista una rinnovata comprensione della sua identità vocazionale, condivide la spiritualità salesiana, aggiorna le sue competenze, diventa capace di animare un ampio ambiente educativo, di accompagnare gruppi e orientare persone.


530.I diversi tipi di ambienti e opere in cui il salesiano è chiamato a operare e i diversi ruoli che gli sono affidati richiedono preparazione specifica e costante impegno di riqualificazione; costituiscono una esigenza e una opportunità di rinnovamento e di valorizzazione delle qualità al servizio della missione, alle quali egli rimane aperto.


Scuola permanente di fede è la sintonia con la missione della Chiesa, le sue urgenze, la comunione pastorale con la Chiesa universale e locale, il rapporto con il mondo giovanile e dell’educazione.



12.3 L’ATTENZIONE AD ALCUNE SITUAZIONI DI VITA


531.Il salesiano è “chiamato a vivere con impegno formativo qualunque situazione, considerandola un tempo favorevole per la crescita della sua vocazione”, sapendo cercare e trovare “ad ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un modo specifico di essere, di servire e di amare”.

Alcune situazioni e circostanze particolari segnano l’arco della vita; se affrontate adeguatamente, possono rappresentare tempi e momenti particolarmente adatti per nuovi approfondimenti ed espressioni diverse dell’esperienza vocazionale.

Le stagioni della vita, più o meno prevedibili, sono segnate anche da circostanze personali e da situazioni sociali, culturali o pastorali non prevedibili, ma che incidono su tutta l’esperienza della persona.



12.3.1 Le stagioni della vita


12.2 12.3.1.1 I primi anni di pieno inserimento nel lavoro educativo e pastorale

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532.I primi anni di inserimento pieno nel lavoro pastorale assumono per il salesiano sacerdote e coadiutore un’importanza particolare: essi offrono nuovi stimoli, ma possono anche presentare problemi.

Il passaggio da una vita orientata e accompagnata – qual è quella vissuta nelle comunità formatrici – alla piena responsabilità personale nel lavoro apostolico comporta generalmente un cambiamento di impostazione dell’esistenza, l’adeguamento ad un ritmo diverso di vita e di lavoro, e domanda una sintesi vitale nuova.

Affiorano con maggior forza alcuni bisogni, come l’affermazione di sé, la ricerca di fecondità, la spinta all’iniziativa personale e alla creatività. Nel confronto con la realtà salesiana può farsi strada nel salesiano la tensione, la distanza e la sproporzione tra ciò che ha appreso e ciò che trova nel concreto della vita di ogni giorno. Si può sentire inadeguato di fronte a nuovi ruoli e responsabilità.


533.Il salesiano si impegna perciò ad approfondire le proprie motivazioni e a coltivare l’unità di vita, combattendo la dispersione ed evitando l’isolamento, la solitudine e la caduta di tensione spirituale. Assume con consapevolezza il compito impegnativo di vivere il progetto di Dio nel nuovo contesto di vita ed esprime con modalità nuove la sua fedeltà a Lui.

In questa fase il confratello consolida il senso comunitario, l’atteggiamento di corresponsabilità, la disponibilità alla condivisione; coltiva l’incontro con confratelli di esperienza, capaci di condividere e di accompagnare con amicizia, pazienza e senso spirituale; valorizza le opportunità che lo aiutano ad accrescere l’entusiasmo per Cristo, il rinnovamento spirituale, l’aggiornamento e la riflessione.


534.La comunità cerca di offrirgli un ambiente di famiglia, di dargli fiducia e ampio spazio per svolgere la missione, di aiutarlo a sviluppare le competenze e continuare la sua formazione, e soprattutto lo coinvolge nel cammino spirituale comunitario. Il Direttore è consapevole di avere una particolare responsabilità nell’attenzione fraterna e nell’accompagnamento.


L’Ispettoria segue in maniera speciale i sacerdoti e i coadiutori che si trovano nei primi anni dell’esercizio del loro apostolato. Oltre ad assicurare il sostegno a livello locale, essa offre una forma stabile di appoggio attraverso la quale i confratelli possano trovare gli aiuti necessari per vivere positivamente il loro servizio. Organizza incontri con una certa frequenza per prolungare l’impegno spirituale vissuto durante la formazione iniziale e per offrire opportunità per uno scambio di esperienze e di riflessioni sulla vita comunitaria e sul lavoro apostolico.



12.3 12.3.1.2 Gli anni della piena maturità

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535.La piena dedizione che il confratello dimostra e i ruoli e le responsabilità che assume maturano in lui un senso di sicurezza e di fiducia in se stesso. Questa stabilità lo rende più adatto per un servizio competente nel suo campo, più sereno nell’esercizio dell’autorità, più capace di comporre conflitti e più aperto agli altri, ai loro bisogni e aspirazioni.

Col passare degli anni, tuttavia, possono verificarsi situazioni in cui si sperimenta l’inadeguatezza di fronte alla situazione giovanile, nel confrontarsi con i nuovi contesti culturali e pastorali. Possono sorgere domande riguardanti la propria esperienza nella vita comunitaria, il campo dell’affettività, il cammino spirituale, la fecondità della donazione.

Si richiede da parte del confratello vigilanza per non cadere nel pericolo di una vita “abitudinaria”, di una perdita dello slancio e dell’entusiasmo iniziale, di un attivismo esagerato o di un “individualismo, accompagnato sia dal timore di non essere adeguati ai tempi che da fenomeni di irrigidimento, di chiusura, di rilassamento”.


536.L’Ispettoria sostiene il confratello, offrendogli stimoli di animazione spirituale, opportunità di preparazione per i ruoli affidatigli e anche incontri e iniziative per sostenerlo nei compiti che sta svolgendo e nelle situazioni che deve affrontare.


I Regolamenti chiedono che “sia offerto periodicamente a tutti i salesiani un tempo conveniente per il loro rinnovamento”. Può costituire un momento forte vocazionale, per esempio, in occasione di qualche giubileo di professione o di ordinazione sacerdotale, un periodo prolungato in cui prendere le distanze dalla vita ordinaria per ”rileggerla” alla luce del Vangelo e per confrontarsi con il senso profondo del proprio progetto di vita e consolidare l’unità interiore. L’attivismo cede il passo ad un incontro profondo con se stesso e alla ricerca di interiorità.

In tali occasioni, il salesiano ridefinisce la visione cristiana e salesiana della propria vocazione consacrata e riafferma le motivazioni delle proprie scelte di vita. Assume la propria esistenza con maggior serenità e realismo, con motivazioni più trasparenti, senso di oblatività, nella prospettiva della maturità umana e della paternità spirituale.



12.4 12.3.1.3 L’età avanzata

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537.Il prolungarsi della vita costituisce un dono da accogliere e da valorizzare, una opportunità da vivere salesianamente, secondo le caratteristiche della consacrazione apostolica e dello spirito che dà il tono a tutta la nostra esistenza. Anche per questo momento vocazionale abbiamo davanti come modello e stimolo il nostro padre e fondatore Don Bosco nella sua anzianità e nella malattia; egli non si ripiegò su se stesso, ma si mantenne in perenne contatto con i giovani, pieno di ardore per la missione e le missioni, animatore dei confratelli, totalmente affidato a Dio, preoccupato per gli altri, consapevole del valore apostolico della pazienza e della sofferenza.

Le condizioni personali in cui si giunge e si vive questa stagione sono molto diverse, quanto alla salute, alla possibilità di attività e di servizio e di coinvolgimento nella comunità.


538.È una stagione che presenta doni da valorizzare, rischi da affrontare e ricchezze da condividere. Possono emergere in questo periodo dei limiti da assumere e delle manifestazioni meno positive da superare. C’è chi, dopo anni di forte identificazione con un ruolo o con l’attività professionale, dovendo diminuire i suoi impegni o lasciare certi compiti, si sente quasi emarginato e accetta con difficoltà il processo di invecchiamento. C’è chi, sperimentando l’inadeguatezza di fronte alle situazioni, è meno disponibile al cambiamento e tende a chiudersi.

Per chi si rende disponibile, questo tempo apre la porta a nuove manifestazioni di equilibrio personale, di fraternità e di servizio. Il confratello impara ad invecchiare serenamente, costruendo una presenza preziosa ma diversa nella comunità, alla quale continua ad offrire i grandi valori di cui è portatore, come, ad esempio, la capacità di riflessione, la saggezza, lo sguardo su ciò che è fondamentale e altre caratteristiche proprie di questa età.


539.Il salesiano anziano viene aiutato ad assumere la nuova situazione e ad incarnare in essa il senso profondo della sua vocazione, consapevole che la vita consacrata conserva il suo pieno significato in tutte le circostanze, come disponibilità radicale e continua alla volontà di Dio. Si sforza di vivere pienamente integrato nella comunità fraterna e apostolica, offre le sue risorse di testimonianza e di preghiera, di esperienza, di saggezza e consiglio. Ricerca un alimento spirituale e pastorale adatto e la possibilità di compiere quelle forme di servizio e di apostolato di cui è ancora capace.


Quando poi giunge l’ora della malattia, della sofferenza o della dipendenza anche fisica o l’ora suprema dell’incontro con Cristo, il salesiano è aiutato a vivere fino all’ultimo momento la fedeltà alla consacrazione e a fare della sua vita un dono totale che sbocca nell’unione piena e definitiva con il suo Signore.



12.3.2 Alcune circostanze particolari


540.Non solo le stagioni della vita, abbastanza prevedibili, ma anche le circostanze previste ed impreviste formano il contenuto concreto dell’esperienza vocazionale e della formazione permanente. In qualsiasi età possono sopraggiungere situazioni particolari o momenti che richiedono un nuovo riferimento ai valori e alle motivazioni della nostra esistenza; possono sorgere per cause esterne (cambiamento di comunità o di lavoro, affidamento di nuovi incarichi, insuccessi, difficoltà di comunità) o per cause interne (malattia, problemi di rapporti interpersonali, demotivazioni, nuovi stimoli spirituali, aridità, crisi di fede o di identità, o anche approfondimenti vocazionali, nuovi stimoli spirituali, ecc.).

La carità attenta dei confratelli e del Direttore intuisce questi momenti prima che sia tardi, e offre il sostegno di una maggior fiducia e del necessario accompagnamento.

Il confratello cerca ed è aiutato a cercare l’appoggio qualificato di persone prudenti, che lo illuminano a comprendere la situazione e lo sostengono nel discernerne il significato vocazionale di ciò che sta vivendo. Il Direttore e i confratelli, attenti alla situazione, esprimono con delicatezza e tempestività, nelle forme più adeguate, la loro comprensione, il loro sostegno e l’accompagnamento opportuno.

Questi momenti, vissuti in atteggiamento formativo, possono trasformarsi in occasioni di rinnovato affidamento al Signore, di verità interiore e di vicinanza al mistero della Pasqua.




12.4 L’ANIMAZIONE DELLA FORMAZIONE PERMANENTE


541.L’impegno della formazione permanente come atteggiamento e mentalità, ambiente e pedagogia di vita, itinerario, programma e servizio organizzato è affidato non solo alla responsabilità di ogni confratello ma anche alla comunità ai suoi vari livelli e agli animatori e formatori. Le espressioni di questa risposta permanente in una vita vissuta costantemente come vocazione sono molteplici e differenziate.



12.4.1 A livello personale


542.Come primo responsabile della propria formazione, il salesiano cerca di rispondere alle esigenze sempre nuove della vocazione. Sa che l’identificazione con la vocazione, che lo porta a confrontarsi nel profondo, è il cammino più fecondo di formazione permanente. L’aggiornamento e la qualificazione sono componenti della formazione, ma essa deve raggiungere l’interiorità, la mentalità e il cuore della vita. In questo senso è trasformazione e rinnovamento profondo.

Perciò, docile allo Spirito Santo, il confratello sviluppa le sue attitudini in uno sforzo costante di conversione e di rinnovamento. Impegnandosi in “un processo formativo che dura tutta la vita”, il salesiano valorizza alcune espressioni concrete di questo impegno:


coltiva “la capacità d’imparare dalla vita”, curando la comunicazione, il dialogo e la revisione di vita, specialmente nella comunità e con i giovani, e mantenendo una mentalità aperta e critica, pronta ad ascoltare, ad accogliere, a dialogare;

cura un atteggiamento di discernimento pastorale di fronte alla realtà, usufruendo dei mezzi della vita quotidiana (missione ed esperienza condivise, confronto con gli orientamenti della Chiesa e della Congregazione, attenzione alle situazioni, letture, studio);

si preoccupa per il proprio cammino spirituale o progetto di vita, segue con fedeltà le indicazioni delle Costituzioni, cura la qualità della preghiera, della meditazione e della vita sacramentale, valorizza l’accompagnamento e la riflessione personale, sa darsi tempo per coltivare le sorgenti della consacrazione ed evitare il logorio e la superficialità;

valorizza gli aspetti formativi del cammino quotidiano della sua comunità e approfitta dei momenti straordinari di formazione permanente che gli sono proposti; nella CEP e nei contatti con la Famiglia Salesiana si mantiene aperto alle opportunità di formazione insieme;

cerca di svolgere il proprio lavoro con la competenza richiesta dalle situazioni e dai tempi: è consapevole che animare, educare e guidare nel contesto attuale culturale e religioso significa rendersi capace di affrontare i problemi della vita, del rapporto fede-cultura, del campo etico-morale, della pedagogia spirituale e sacramentale e della dimensione sociale;

ricerca con i superiori il campo di qualificazione più confacente alle sue capacità personali e alle necessità dell’Ispettoria. È sempre disponibile a periodiche riqualificazioni, sia a livello dottrinale che professionale, e coglie le opportunità che gli sono offerte attraverso giornate di studio, conferenze, corsi, incontri pastorali e altre iniziative formative.



12.4.2 A livello locale


543.“Il naturale ambiente di crescita vocazionale – dicono le Costituzioni – è la comunità, dove il salesiano si inserisce con fiducia e collabora con corresponsabilità. La vita stessa della comunità, unita in Cristo e aperta alle esigenze dei tempi, è formatrice: essa per questo deve continuamente progredire e rinnovarsi”.


Ecco alcune attenzioni che contribuiscono a fare realmente della comunità il luogo della formazione permanente:

creare nella comunità un ambiente e uno stile di vita e di lavoro che favoriscano la crescita come persone e come comunità:

  • lo spirito di famiglia dispone all’incontro, pone in atteggiamento di ascolto e di dialogo, crea una mentalità di comune ricerca e discernimento che valorizza l’esperienza di tutti e porta ad imparare nell’esperienza di ogni giorno;

  • un clima di fede e di preghiera rafforza le motivazioni interiori e dispone a viverle con radicalità evangelica e donazione apostolica;

  • una buona impostazione del lavorare insieme, del progetto comunitario e pastorale e delle verifiche favorisce nel salesiano un processo di revisione dei suoi atteggiamenti di vita religiosa e dei suoi metodi di lavoro e il rilancio della qualità della vita e della missione.


valorizzare tutti i tempi, i mezzi e gli aspetti che la vita comunitaria offre per favorire la formazione permanente:

  • i tempi di preghiera comunitaria come la meditazione, la lettura spirituale, la buona notte, i ritiri mensili e trimestrali; i momenti di verifica, partecipazione e corresponsabilità (tra i quali, in particolare, la giornata comunitaria);

  • la comunicazione con la comunità ispettoriale e con la Congregazione e l’accoglienza degli stimoli e degli orientamenti che giungono da esse;

  • l’informazione, le letture, una biblioteca aggiornata;

stabilire un programma annuale di formazione permanente;


assicurare la formazione insieme nella comunità educativo-pastorale mediante incontri di riflessione, programmazione e verifica e le iniziative condivise con altri membri della Famiglia Salesiana.


offrire a chi ne ha bisogno la possibilità di momenti o programmi specifici di rinnovamento e aggiornamento (iniziative, esperienze, corsi, ecc.)


544.Il Direttore è il primo animatore dell’esperienza di formazione permanente nella comunità. Opportunamente preparato, egli:

favorisce un clima e una forma di rapporti interni ed esterni, che danno qualità alla vita quotidiana della comunità (la “direzione spirituale comunitaria, le conferenze, le buone notti, gli incontri”);

comunica ai confratelli il criterio salesiano di vita e di azione; a questo scopo fa conoscere e valorizza come stimoli privilegiati i documenti ecclesiali e salesiani, e coltiva la comunione con l’Ispettoria e la Congregazione;

anima la missione salesiana, corresponsabilizzando l’Assemblea dei confratelli e il Consiglio locale, e promuovendo gli incontri che favoriscono la fraternità, l’aggiornamento e la distensione;

promuove processi relazionali e formativi con la Famiglia Salesiana e con la CEP, curando l’identità carismatica del PEPS, stimolando la comunità salesiana al ruolo specifico di animazione, e approfitta con intelligenza dei mezzi di animazione come l’informazione salesiana ed esperienze concrete di partecipazione.



12.4.3 A livello ispettoriale


545.L’Ispettoria è una comunità formatrice e in formazione.

Essa realizza la missione traducendo in esperienza di vita, in opere ed attività in un contesto storico e geografico ben definito il “Da mihi animas” e il Sistema Preventivo.

Il progetto dell’Ispettoria, l’identità salesiana vissuta e i criteri che orientano il cammino spirituale, la condivisione della missione e dello spirito salesiano con la Famiglia Salesiana e con i laici, e tanti altri aspetti della vita ispettoriale costituiscono la prima forma di animazione della formazione permanente perché offrono un ideale di vita e un modello di riferimento che stimolano a vivere salesianamente.

Non poca incidenza ha in questa prospettiva il rapporto di equilibrio che l’Ispettoria sa conservare tra i fronti di impegno, la qualificazione delle persone, la consistenza qualitativa delle comunità e la significatività della vita salesiana e della missione. In alcune situazioni la formazione permanente dei confratelli e delle comunità riceverà impulso da un nuovo slancio e da nuove aperture apostoliche, in altre si richiederà piuttosto un riadeguamento e una concentrazione in vista della qualità dell’esperienza e del servizio.


546.Vi sono in ogni Ispettoria momenti, strumenti, servizi, e strutture che rendono concreta, in diverse maniere, l’animazione della formazione permanente nella comunità ispettoriale, nelle comunità locali e in ogni confratello.

Sono anzitutto i processi che coinvolgono i confratelli nella verifica e ridefinizione della presenza salesiana ispettoriale, come per esempio i Capitoli e le Assemblee ispettoriali, l’elaborazione e la revisione del Progetto ispettoriale e del Direttorio.

Sono gli incontri dei Direttori, delle varie équipes ispettoriali e dei gruppi di confratelli.

Sono infine tutte quelle iniziative che educano alla capacità di discernimento, stimolano al rinnovamento metodologico, accompagnano gli animatori, qualificano sistematicamente il personale, promuovono l’impegno per la costituzione e la qualità delle équipes e dei centri che possono dare un contributo significativo alla comunità ispettoriale.


547.Alcune condizioni concrete possono incidere sull’esperienza di formazione permanente in Ispettoria, quali:


curare il buon funzionamento del governo e dell’animazione, in particolare la visita ispettoriale annuale, gli esercizi spirituali, il Capitolo ispettoriale (iter di preparazione, celebrazione e realizzazione), l’azione del Consiglio ispettoriale, del Delegato e della Commissione per la formazione;


progettare un’azione programmata, che comporta, in particolare:

  • elaborare “un piano organico di formazione permanente dei confratelli in ordine al loro rinnovamento spirituale, alla loro qualificazione pastorale e alla loro competenza educativa e professionale”;

  • tradurre il suddetto piano in un programma annuale di formazione permanente in Ispettoria;

  • predisporre un piano di qualificazione del personale e impegnarsi, anche con sforzo economico e di personale, a realizzarlo con perseveranza. Fare particolare attenzione alla preparazione di esperti in salesianità e impegnarli nel servizio a favore dei confratelli e delle comunità; assicurare che i confratelli qualificati siano occupati in compiti specifici dentro il progetto dell’Ispettoria e che continuino nell’ambito della loro qualificazione;

  • avere un programma di formazione SDB-laici nel quale si prevedano “contenuti, esperienze e tempi dedicati alla formazione; definizione dei ruoli, dei rapporti e delle modalità di collaborazione tra SDB e laici; coordinamento fra i vari settori e strutture di animazione; ruolo e interventi dell’Ispettore e dei membri del Consiglio ispettoriale nelle attività di formazione; e disponibilità di centri, gruppi e strutture di animazione ispettoriale”;


promuovere incontri:

  • delle équipes ispettoriali, per creare convergenze e preparare le persone per i ruoli che devono assolvere;

  • dei Direttori, dei formatori, degli animatori pastorali, degli economi e di altri confratelli, come occasioni per approfondire l’identità salesiana nelle sue dimensioni educative pastorali. In questi incontri, mentre si trattano aspetti specifici anche di carattere amministrativo e organizzativo, è presente la preoccupazione per la vita religiosa e il progresso spirituale e dottrinale dei salesiani;


offrire e organizzare iniziative particolari:

  • preparare iniziative ordinarie e straordinarie di formazione spirituale e pastorale per tutti i confratelli secondo un programma pluriennale, che tenga presente il progresso della dottrina teologica e le nuove questioni pastorali;

  • fare in modo che gli esercizi spirituali abbiano “una particolare efficacia sulla crescita personale e la comunione ispettoriale e [che vengano] valorizzati mediante la preparazione dei confratelli, e l'aggiornamento delle forme e degli animatori”;

  • organizzare un centro o una équipe ispettoriale di animazione spirituale-culturale, in collegamento con il centro studi salesiano o con il centro di spiritualità, dove esiste.


promuovere la collaborazione con altri gruppi della Famiglia salesiana nel campo della formazione permanente, attraverso iniziative straordinarie o mediante un’azione sistematica e programmata, che può essere proposta e animata da équipes integrate con membri dei diversi gruppi;


mantenere l’apertura verso le istanze di rinnovamento e qualificazione offerte a livello ecclesiale, degli Istituti di vita consacrata e negli ambiti vicini alla nostra missione.


548.L’Ispettore, assistito dal suo Consiglio e avvalendosi del Delegato e della Commissione ispettoriale della formazione, si impegna ad assicurare le condizioni indicate.

Per curare la formazione permanente:

appoggia l’impegno dei confratelli con il contatto personale e offrendo opportunità di rinnovamento;

programma con il suo Consiglio o attraverso la Commissione le attività e le iniziative che stimolano e sostengono la formazione permanente dei confratelli e delle comunità e assume come impegno prioritario di governo la formazione dei principali animatori (Direttori, formatori, delegati);

segue con speciale attenzione la vita ordinaria delle comunità locali;

favorisce la collaborazione inter-ispettoriale.


549.Il Delegato per la formazione, con l’aiuto della Commissione ispettoriale per la formazione, ha il compito di:

sensibilizzare i confratelli e le comunità alla necessità della formazione permanente;

coordinare le diverse iniziative per dare continuità alla formazione;

elaborare contenuti e sussidi ed organizzare servizi appropriati: gli esercizi spirituali rinnovati, le giornate e sessioni di preghiera, i corsi lunghi di rinnovamento, i convegni di aggiornamento per categorie, gli incontri per lo studio dei documenti ecclesiali e salesiani, le segnalazioni bibliografiche;

valorizzare il contributo alla formazione permanente degli altri Delegati e animatori;

mantenere contatto con i Delegati di altre Ispettorie e con il responsabile del coordinamento a livello inter-ispettoriale.



12.4.4 A livello inter-ispettoriale


550.Alcune iniziative per l’animazione della formazione permanente ad un raggio più ampio sono:

forme diverse di collegamento tra le Ispettorie per scambiare esperienze, organizzare programmi e iniziative, elaborare sussidi e appoggiare il lavoro degli animatori;

a livello di Regione, Gruppo linguistico o Conferenze ispettoriali, costituire, secondo la possibilità e la convenienza, centri di formazione permanente. Questi centri offrono in vari modi il loro servizio alle Ispettorie, alle comunità e ai singoli confratelli, organizzando ad esempio corsi o programmi, preparando e distribuendo materiale per l’animazione delle comunità o provvedendo per la traduzione di testi salesiani;

creare, a livello regionale o di Conferenze ispettoriali, gruppi di persone qualificate per gli studi salesiani, con possibilità di servizi, pubblicazioni, seminari e corsi specifici di aggiornamento per confratelli in fase di formazione permanente.


551.I Consiglieri regionali seguono l’attuazione dei programmi inter-ispettoriali di formazione permanente e si mantengono in contatto con gli Ispettori, che ne sono responsabili. A questo scopo favoriscono una maggiore collaborazione e coordinamento tra le Ispettorie.


Il Consigliere Generale per la formazione ha la cura e la responsabilità della formazione integrale e permanente dei confratelli. Stimola e appoggia l’azione delle Ispettorie. D’accordo con il rispettivo Consigliere regionale, richiede loro la programmazione e l’attuazione di linee pratiche per la formazione dei confratelli; ha una cura speciale dell’andamento dei centri di formazione permanente.








13 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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552.Il salesiano, come primo responsabile della propria formazione, cerca di vivere in un atteggiamento costante di risposta vocazionale e di rinnovamento: cura una adeguata pedagogia di vita spirituale personale, fa del quotidiano il tempo privilegiato della formazione, coltiva l’atteggiamento di discernimento e si rende capace di imparare dalla vita; si mantiene aggiornato e aperto agli stimoli della Chiesa e della situazione in particolare dei giovani e degli ambienti popolari; assume la comunità come il naturale ambiente della sua esperienza vocazionale e ne condivide attivamente il cammino; vive l’appartenenza all’Ispettoria e alla Congregazione e accoglie le proposte e le iniziative che vengono da esse.


553.Ogni comunità abbia un programma di formazione permanente che tenga presenti le diverse dimensioni della formazione salesiana, lo verifichi e lo rinnovi annualmente. Nel programma si dia adeguato rilievo al giorno della comunità, ai ritiri mensili e trimestrali, ai momenti di programmazione e di verifica, ai momenti di formazione nella CEP e con la Famiglia salesiana.


554.“Le comunità locali dovranno programmare la propria attività in modo da assicurare ai confratelli la partecipazione ai tempi di preghiera, di riflessione in comune e anche il tempo necessario per un aggiornamento personale continuo”.


555.Il Direttore privilegi l’animazione religiosa e pastorale e la direzione spirituale nella sua comunità. “Suo primo compito è animare la comunità perché viva nella fedeltà alle Costituzioni e cresca nell’unità”. “Ha responsabilità diretta anche verso ogni confratello: lo aiuta a realizzare la sua personale vocazione e lo sostiene nel lavoro che gli è affidato”. Curi la qualità formativa dell’esperienza quotidiana in fedeltà alle Costituzioni e ai Regolamenti, renda effettiva la corresponsabilità e la collaborazione dei confratelli, stimoli la presenza animatrice nella CEP, coltivi la comunione con l’Ispettoria, la Congregazione, la Famiglia salesiana, e con la Chiesa.


556.Il Progetto ispettoriale di formazione includa il Piano di formazione permanente in ordine al rinnovamento spirituale, alla qualificazione pastorale e alla competenza educativa e professionale dei confratelli. La sua elaborazione tenga conto dei diversi ruoli e funzioni e delle diverse età, situazioni e momenti della vita (quinquennio, maturità, anniversari significativi, anzianità…).


557.“Sia offerto periodicamente a tutti i salesiani negli anni della maturità un tempo conveniente per il loro rinnovamento. Le Ispettorie nella programmazione tengano conto di questa esigenza. Ciascun confratello risponda a questo appello anche per il bene della propria comunità”.


558.L’Ispettore anima la formazione integrale e permanente dei confratelli, in primo luogo dando qualità formativa al governo ordinario dell’Ispettoria. Impegni il Consiglio e gli animatori ispettoriali, in particolare la CIF e i Direttori. Sia disponibile alla collaborazione inter-ispettoriale, con la Famiglia salesiana e a livello ecclesiale.


559.La Commissione ispettoriale per la formazione collabora con l’Ispettore e il suo Consiglio nell’animazione del processo di formazione permanente delle comunità e dei confratelli, e nel programma di formazione insieme ai laici. La Commissione offra un itinerario di iniziative di accompagnamento formativo in linea con il progetto ispettoriale di formazione, attenta alle diverse situazioni dei confratelli, secondo le età, la vocazione specifica, i loro diversi ruoli.


560.La condivisione dello spirito e della missione salesiana coi laici richiede una valida formazione insieme, che trova il suo cammino privilegiato nel corretto funzionamento della CEP.

Il progetto ispettoriale di formazione includa le linee della formazione dei salesiani e laici insieme; preveda esperienze, contenuti, responsabili e tempi dedicati alle attività formative.


561.Le Regioni, i Gruppi linguistici o le Conferenze ispettoriali collaborino nelle iniziative e nei programmi di formazione permanente e, secondo la possibilità e la convenienza, costituiscano una équipe o un centro di formazione permanente.

In particolare, si organizzino a livello inter-ispettoriale iniziative periodiche per la qualificazione specifica dei Direttori o di altri gruppi di confratelli. Tali iniziative sono sotto la responsabilità degli Ispettori della Regione o della Conferenza interessata, del Consigliere regionale e del Consigliere per la formazione.


562.Al Consiglio Generale spetta approvare la creazione di centri inter-ispettoriali e regionali di formazione permanente. I responsabili dei centri facciano riferimento al Consigliere Generale per la formazione e ai Consiglieri regionali.


563.Si approfitti delle iniziative organizzate in comunione e collaborazione con altri gruppi della Famiglia salesiana, come pure delle opportunità offerte a livello ecclesiale o inter-congregazionale. “Si sia pronti ad accogliere gli apporti formativi della Chiesa e della società”.


564.“Le Conferenze o Gruppi linguistici devono provvedere una sufficiente aggiornata bibliografia salesiana nella propria lingua. Si auspica inoltre la formazione, a livello regionale, di gruppi di studi salesiani, con possibilità di servizi e pubblicazioni”.


565.Il Consiglio Generale organizzerà iniziative tendenti alla qualificazione specifica degli Ispettori per il loro ruolo di animazione e di governo. Essi trovano opportunità di formazione anche in altre iniziative, ad esempio a livello di Conferenza ispettoriale e di Regione e nelle visite d’insieme.



CAPITOLO DODICESIMO



LA FORMAZIONE PERMANENTE




520.Tutta la vita è vocazione, tutta la vita è formazione.

La formazione iniziale porta all’identificazione con un progetto di vita consacrata che deve essere tradotto in esperienza di vita lungo tutta l’esistenza. La formazione permanente è la grazia e l’impegno che portano a vivere quel progetto “in un dinamismo di fedeltà”. Essa è la continuazione naturale e assolutamente necessaria del processo vissuto nella formazione iniziale.


521.La formazione permanente è una necessità insita nella realtà personale del salesiano e nel cuore della sua vocazione cristiana e salesiana. Per diverse ragioni:

il carattere evolutivo e dinamico della persona umana domanda una costante apertura al rinnovamento in tutte le dimensioni e momenti dell’esistenza;

la vita cristiana è vocazione permanente, sviluppo della grazia battesimale; richiede capacità di discernimento e risposta di fede di fronte alle sfide che la situazione culturale le pone. La Chiesa stessa è in stato di continuo rinnovamento e lo stimola nei suoi membri;

la missione giovanile salesiana, che si rivolge a quella parte di umanità che è sempre nuova e imprevedibile, esige creatività e dinamismo sempre rinnovati: “con le loro sollecitazioni i giovani ci impediscono di fermarci sul passato, ci educano e ci spingono a trovare risposte nuove e coraggiose”;

i ritmi accelerati delle trasformazioni del mondo provocano in modo inquietante e pongono interrogativi che esigono a livello personale e comunitario risposte adeguate (per esempio, le sfide della nuova cultura, della secolarizzazione, dell’evangelizzazione);

l’odierna aspettativa e domanda universale di qualità in tutti i campi esige dalla vita consacrata che sappia mantenere leggibile la sua testimonianza ed efficiente il suo servizio apostolico;

il ruolo animatore della comunità salesiana come nucleo trainante, orientatore e formatore dell’azione pastorale nel nuovo contesto di condivisione con i laici, sottolinea l’urgenza di una ricarica spirituale e apostolica, di un aggiornamento dottrinale e di competenze adeguate e riconosciute.




12.1 NATURA E SCOPO


522.La formazione permanente è un atteggiamento di vita e un “processo globale di rinnovamento” che avvolge persona e comunità nelle diverse situazioni della vita quotidiana.

Essa avviene primariamente nel “quotidiano”, nel compimento stesso della missione: “vivendo in mezzo ai giovani e in costante rapporto con gli ambienti popolari, il salesiano si sforza di discernere negli eventi la voce dello Spirito, acquistando così la capacità d’imparare dalla vita”.

Si dà come esperienza comunitaria, frutto della condivisione fraterna, di rapporti vicendevoli e di una comunicazione di qualità, dello slancio apostolico incarnato in un progetto comune, della centralità di Cristo vissuta e celebrata, e dell’autenticità dello stile di vita evangelica: tutto questo inquadrato nel contesto della Chiesa e della Congregazione.

A un livello più ampio – ispettoriale, interispettoriale o ecclesiale – riceve stimolo e sostegno mediante proposte e iniziative ordinarie e straordinarie di rinnovamento spirituale e pastorale o di aggiornamento.


523.Soggetto di formazione permanente è prima di tutto la persona del salesiano. Nulla può sostituirsi al suo impegno libero e convinto. Nessuno può percorrere per lui l’itinerario del rinnovamento. “Ogni salesiano – dicono le Costituzioni – assume la responsabilità della propria formazione”.

Scopo della formazione permanente è fare in modo che il salesiano viva la vocazione con maturità e gioia, con fedeltà creativa e con capacità di rinnovamento, come risposta permanente al Signore e alle sfide della missione. Tale atteggiamento si esprime nella capacità di discernimento e di riflessione, nell’impegno per un cammino spirituale costantemente coltivato e per uno stile di vita che sostenga la qualità dell’esperienza, e nella ricerca di qualificazione per adempiere la missione con competenza professionale e per animare numerose forze apostoliche.


524.Soggetto della formazione permanente è anche la comunità salesiana, in quanto portatrice e testimone nella Chiesa di un dono dello Spirito, educatrice dei suoi membri, ma anche in quanto bisognosa essa stessa di continuo rinnovamento nella fedeltà a Don Bosco e di discernimento nello Spirito. La comunità è soggetto di formazione permanente nel suo essenziale rapporto educativo con giovani e laici, con coloro con cui condivide lo spirito e la missione; ed è questo rapporto che stimola al rinnovamento anche spirituale e offre motivazioni, criteri di verifica e indicazioni di aggiornamento.

Per questo la comunità, soggetto di un’esperienza spirituale e apostolica, vive secondo un progetto e risponde insieme alla vocazione salesiana.




12.2 L’ESPERIENZA FORMATIVA


525.La formazione permanente mantiene vivo “un generale e integrale processo di continua maturazione, mediante l’approfondimento di ciascuna delle dimensioni della formazione... a partire dalla carità pastorale e in riferimento ad essa”. Essa si avvale di metodi adeguati per persone adulte, metodi che partono dalla loro esperienza e dalle situazioni di vita vissuta.



12.2.1 La dimensione umana


526.La formazione permanente è attenta alla crescita della persona. Stimola e sostiene il cammino di ciascun confratello verso la sua piena maturazione, tenendo conto dell’insieme della propria realtà e dei propri limiti, per lo sviluppo di una personalità equilibrata ed adulta, consapevole della propria identità e fedele ad essa. Promuove in lui l’attenzione alla libertà interiore, all’integrazione affettiva, alla serenità dello spirito, all’amore per la verità e alla coerenza tra il dire e il fare.


Il salesiano maturo sviluppa quella sensibilità che gli permette di aprirsi alla realtà umana circostante e gli dà la capacità di relazionarsi come adulto con altri adulti di tutte le età, specialmente nella propria comunità e con i giovani.

Si sente stimolato dai giovani, che hanno bisogno di trovare in lui un uomo “nuovo”, capace di suscitare emulazione e di risvegliare in loro le ricchezze che portano dentro, le loro risorse umane e i valori evangelici. L’amicizia attenta, il clima di famiglia, la semplicità e la bontà, la promozione della dignità di ogni persona diventano per loro un’esperienza davvero originale, una valida “testimonianza”.

La realtà evolutiva della persona esige attenzione, nelle diverse stagioni della vita, agli aspetti biofisici e psicologici, attraverso l’illuminazione e l’accompagnamento personale e comunitario.


12.2.2 La dimensione spirituale


527.Il salesiano coltiva la vita spirituale come esperienza di Dio nel rapporto con i giovani, nello sguardo credente sugli avvenimenti e nel discernimento; consapevole di essere mediatore della sua presenza e del suo intervento, sperimenta la gioia di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo.

Approfondisce la sua vita spirituale attraverso la condivisione comunitaria dell’esperienza di fede e della missione. Insieme alla sua comunità vive la presenza dello Spirito come “fonte permanente di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano per crescere nell’amore di Dio e degli uomini”.

Cammina secondo l’itinerario spirituale che gli offre la Chiesa e secondo il progetto di vita consacrata che le Costituzioni propongono come pedagogia concreta di santità. Valorizza i momenti forti, come gli Esercizi spirituali, e le occasioni straordinarie di rinnovamento che gli vengono offerte.

Coltiva la radicalità della donazione a Dio e l’unità di vita in Lui, evitando di cadere nella dispersione e nella superficialità. Il filiale dialogo con il Padre lo porta a congiungere lavoro e preghiera e a vivere l’unione con Dio nelle attività ordinarie e in qualunque situazione.


12.2.3 La dimensione intellettuale


528.La dimensione intellettuale della formazione permanente non si limita ad accumulare conoscenze o ad aggiornare competenze, aspetti certamente necessari; aiuta soprattutto a crescere in saggezza per poter vivere con maggior profondità la propria vita consacrata e per abilitarsi a compiere con la competenza richiesta la missione nelle diverse circostanze e situazioni e nei diversi ruoli.


Si manifesta anzitutto in un atteggiamento e in una capacità di unire lavoro e riflessione, in modo tale che si possa vivere con apertura e intelligenza il confronto con le diverse realtà e si possiedano solidi criteri di discernimento coerenti con la visione cristiana, con gli orientamenti ecclesiali e il carisma salesiano.

È da curare anche l’aggiornamento dottrinale e professionale, la conoscenza delle culture dei luoghi in cui si vive e si agisce, la riqualificazione professionale e tecnica per poter affrontare in modo adeguato il servizio educativo pastorale con capacità di animazione e di orientamento di persone, progetti e opere.

Cammino e spinta di formazione permanente è l’apertura agli stimoli che provengono dalla Chiesa universale e particolare, dall’esperienza e dagli orientamenti della Congregazione, specialmente attraverso i Capitoli Generali e gli insegnamenti del Rettor Maggiore, dai programmi e dalle iniziative ispettoriali o inter-ispettoriali.


L’aggiornamento va commisurato all’età, tenendo presente che ogni stagione della vita porta con sé delle sensibilità spirituali, delle preoccupazioni pastorali e degli interessi culturali che, se ben coltivati attraverso lo studio e la riflessione, nutrono la persona del confratello, danno qualità alla sua esperienza e aumentano l’efficacia della sua vita apostolica.



12.2.4 La dimensione educativo-pastorale


529.Il salesiano è chiamato a ravvivare il dono della carità pastorale ricevuto nella sua professione religiosa, così da poter vivere l’impegno educativo e di evangelizzazione, la mistica e l’ascesi della sua piena donazione a Dio e ai giovani, lo slancio del Da mihi animas.


Scuola di formazione è anzitutto il lavoro educativo-pastorale assunto e realizzato come progetto comunitario: esso viene pensato, programmato e verificato insieme, condiviso in una collaborazione ampia e corresponsabile nella CEP, vissuto come esperienza spirituale ed ecclesiale.

La rete di rapporti messi in atto da una CEP viva e operante – scrive il CG24 – è luogo di intensa formazione permanente e tocca gli aspetti umani, pedagogici e salesiani. Questi rapporti veicolano messaggi, abilitano a nuovi linguaggi, favoriscono un ascolto più attento del mondo e della cultura giovanile, specialmente quando la CEP promuove il protagonismo giovanile”.

Attraverso il mutuo dare e ricevere, il salesiano acquista una rinnovata comprensione della sua identità vocazionale, condivide la spiritualità salesiana, aggiorna le sue competenze, diventa capace di animare un ampio ambiente educativo, di accompagnare gruppi e orientare persone.


530.I diversi tipi di ambienti e opere in cui il salesiano è chiamato a operare e i diversi ruoli che gli sono affidati richiedono preparazione specifica e costante impegno di riqualificazione; costituiscono una esigenza e una opportunità di rinnovamento e di valorizzazione delle qualità al servizio della missione, alle quali egli rimane aperto.


Scuola permanente di fede è la sintonia con la missione della Chiesa, le sue urgenze, la comunione pastorale con la Chiesa universale e locale, il rapporto con il mondo giovanile e dell’educazione.



12.3 L’ATTENZIONE AD ALCUNE SITUAZIONI DI VITA


531.Il salesiano è “chiamato a vivere con impegno formativo qualunque situazione, considerandola un tempo favorevole per la crescita della sua vocazione”, sapendo cercare e trovare “ad ogni ciclo vitale un compito diverso da svolgere, un modo specifico di essere, di servire e di amare”.

Alcune situazioni e circostanze particolari segnano l’arco della vita; se affrontate adeguatamente, possono rappresentare tempi e momenti particolarmente adatti per nuovi approfondimenti ed espressioni diverse dell’esperienza vocazionale.

Le stagioni della vita, più o meno prevedibili, sono segnate anche da circostanze personali e da situazioni sociali, culturali o pastorali non prevedibili, ma che incidono su tutta l’esperienza della persona.



12.3.1 Le stagioni della vita


13.1 12.3.1.1 I primi anni di pieno inserimento nel lavoro educativo e pastorale

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532.I primi anni di inserimento pieno nel lavoro pastorale assumono per il salesiano sacerdote e coadiutore un’importanza particolare: essi offrono nuovi stimoli, ma possono anche presentare problemi.

Il passaggio da una vita orientata e accompagnata – qual è quella vissuta nelle comunità formatrici – alla piena responsabilità personale nel lavoro apostolico comporta generalmente un cambiamento di impostazione dell’esistenza, l’adeguamento ad un ritmo diverso di vita e di lavoro, e domanda una sintesi vitale nuova.

Affiorano con maggior forza alcuni bisogni, come l’affermazione di sé, la ricerca di fecondità, la spinta all’iniziativa personale e alla creatività. Nel confronto con la realtà salesiana può farsi strada nel salesiano la tensione, la distanza e la sproporzione tra ciò che ha appreso e ciò che trova nel concreto della vita di ogni giorno. Si può sentire inadeguato di fronte a nuovi ruoli e responsabilità.


533.Il salesiano si impegna perciò ad approfondire le proprie motivazioni e a coltivare l’unità di vita, combattendo la dispersione ed evitando l’isolamento, la solitudine e la caduta di tensione spirituale. Assume con consapevolezza il compito impegnativo di vivere il progetto di Dio nel nuovo contesto di vita ed esprime con modalità nuove la sua fedeltà a Lui.

In questa fase il confratello consolida il senso comunitario, l’atteggiamento di corresponsabilità, la disponibilità alla condivisione; coltiva l’incontro con confratelli di esperienza, capaci di condividere e di accompagnare con amicizia, pazienza e senso spirituale; valorizza le opportunità che lo aiutano ad accrescere l’entusiasmo per Cristo, il rinnovamento spirituale, l’aggiornamento e la riflessione.


534.La comunità cerca di offrirgli un ambiente di famiglia, di dargli fiducia e ampio spazio per svolgere la missione, di aiutarlo a sviluppare le competenze e continuare la sua formazione, e soprattutto lo coinvolge nel cammino spirituale comunitario. Il Direttore è consapevole di avere una particolare responsabilità nell’attenzione fraterna e nell’accompagnamento.


L’Ispettoria segue in maniera speciale i sacerdoti e i coadiutori che si trovano nei primi anni dell’esercizio del loro apostolato. Oltre ad assicurare il sostegno a livello locale, essa offre una forma stabile di appoggio attraverso la quale i confratelli possano trovare gli aiuti necessari per vivere positivamente il loro servizio. Organizza incontri con una certa frequenza per prolungare l’impegno spirituale vissuto durante la formazione iniziale e per offrire opportunità per uno scambio di esperienze e di riflessioni sulla vita comunitaria e sul lavoro apostolico.



13.2 12.3.1.2 Gli anni della piena maturità

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535.La piena dedizione che il confratello dimostra e i ruoli e le responsabilità che assume maturano in lui un senso di sicurezza e di fiducia in se stesso. Questa stabilità lo rende più adatto per un servizio competente nel suo campo, più sereno nell’esercizio dell’autorità, più capace di comporre conflitti e più aperto agli altri, ai loro bisogni e aspirazioni.

Col passare degli anni, tuttavia, possono verificarsi situazioni in cui si sperimenta l’inadeguatezza di fronte alla situazione giovanile, nel confrontarsi con i nuovi contesti culturali e pastorali. Possono sorgere domande riguardanti la propria esperienza nella vita comunitaria, il campo dell’affettività, il cammino spirituale, la fecondità della donazione.

Si richiede da parte del confratello vigilanza per non cadere nel pericolo di una vita “abitudinaria”, di una perdita dello slancio e dell’entusiasmo iniziale, di un attivismo esagerato o di un “individualismo, accompagnato sia dal timore di non essere adeguati ai tempi che da fenomeni di irrigidimento, di chiusura, di rilassamento”.


536.L’Ispettoria sostiene il confratello, offrendogli stimoli di animazione spirituale, opportunità di preparazione per i ruoli affidatigli e anche incontri e iniziative per sostenerlo nei compiti che sta svolgendo e nelle situazioni che deve affrontare.


I Regolamenti chiedono che “sia offerto periodicamente a tutti i salesiani un tempo conveniente per il loro rinnovamento”. Può costituire un momento forte vocazionale, per esempio, in occasione di qualche giubileo di professione o di ordinazione sacerdotale, un periodo prolungato in cui prendere le distanze dalla vita ordinaria per ”rileggerla” alla luce del Vangelo e per confrontarsi con il senso profondo del proprio progetto di vita e consolidare l’unità interiore. L’attivismo cede il passo ad un incontro profondo con se stesso e alla ricerca di interiorità.

In tali occasioni, il salesiano ridefinisce la visione cristiana e salesiana della propria vocazione consacrata e riafferma le motivazioni delle proprie scelte di vita. Assume la propria esistenza con maggior serenità e realismo, con motivazioni più trasparenti, senso di oblatività, nella prospettiva della maturità umana e della paternità spirituale.



13.3 12.3.1.3 L’età avanzata

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537.Il prolungarsi della vita costituisce un dono da accogliere e da valorizzare, una opportunità da vivere salesianamente, secondo le caratteristiche della consacrazione apostolica e dello spirito che dà il tono a tutta la nostra esistenza. Anche per questo momento vocazionale abbiamo davanti come modello e stimolo il nostro padre e fondatore Don Bosco nella sua anzianità e nella malattia; egli non si ripiegò su se stesso, ma si mantenne in perenne contatto con i giovani, pieno di ardore per la missione e le missioni, animatore dei confratelli, totalmente affidato a Dio, preoccupato per gli altri, consapevole del valore apostolico della pazienza e della sofferenza.

Le condizioni personali in cui si giunge e si vive questa stagione sono molto diverse, quanto alla salute, alla possibilità di attività e di servizio e di coinvolgimento nella comunità.


538.È una stagione che presenta doni da valorizzare, rischi da affrontare e ricchezze da condividere. Possono emergere in questo periodo dei limiti da assumere e delle manifestazioni meno positive da superare. C’è chi, dopo anni di forte identificazione con un ruolo o con l’attività professionale, dovendo diminuire i suoi impegni o lasciare certi compiti, si sente quasi emarginato e accetta con difficoltà il processo di invecchiamento. C’è chi, sperimentando l’inadeguatezza di fronte alle situazioni, è meno disponibile al cambiamento e tende a chiudersi.

Per chi si rende disponibile, questo tempo apre la porta a nuove manifestazioni di equilibrio personale, di fraternità e di servizio. Il confratello impara ad invecchiare serenamente, costruendo una presenza preziosa ma diversa nella comunità, alla quale continua ad offrire i grandi valori di cui è portatore, come, ad esempio, la capacità di riflessione, la saggezza, lo sguardo su ciò che è fondamentale e altre caratteristiche proprie di questa età.


539.Il salesiano anziano viene aiutato ad assumere la nuova situazione e ad incarnare in essa il senso profondo della sua vocazione, consapevole che la vita consacrata conserva il suo pieno significato in tutte le circostanze, come disponibilità radicale e continua alla volontà di Dio. Si sforza di vivere pienamente integrato nella comunità fraterna e apostolica, offre le sue risorse di testimonianza e di preghiera, di esperienza, di saggezza e consiglio. Ricerca un alimento spirituale e pastorale adatto e la possibilità di compiere quelle forme di servizio e di apostolato di cui è ancora capace.


Quando poi giunge l’ora della malattia, della sofferenza o della dipendenza anche fisica o l’ora suprema dell’incontro con Cristo, il salesiano è aiutato a vivere fino all’ultimo momento la fedeltà alla consacrazione e a fare della sua vita un dono totale che sbocca nell’unione piena e definitiva con il suo Signore.



12.3.2 Alcune circostanze particolari


540.Non solo le stagioni della vita, abbastanza prevedibili, ma anche le circostanze previste ed impreviste formano il contenuto concreto dell’esperienza vocazionale e della formazione permanente. In qualsiasi età possono sopraggiungere situazioni particolari o momenti che richiedono un nuovo riferimento ai valori e alle motivazioni della nostra esistenza; possono sorgere per cause esterne (cambiamento di comunità o di lavoro, affidamento di nuovi incarichi, insuccessi, difficoltà di comunità) o per cause interne (malattia, problemi di rapporti interpersonali, demotivazioni, nuovi stimoli spirituali, aridità, crisi di fede o di identità, o anche approfondimenti vocazionali, nuovi stimoli spirituali, ecc.).

La carità attenta dei confratelli e del Direttore intuisce questi momenti prima che sia tardi, e offre il sostegno di una maggior fiducia e del necessario accompagnamento.

Il confratello cerca ed è aiutato a cercare l’appoggio qualificato di persone prudenti, che lo illuminano a comprendere la situazione e lo sostengono nel discernerne il significato vocazionale di ciò che sta vivendo. Il Direttore e i confratelli, attenti alla situazione, esprimono con delicatezza e tempestività, nelle forme più adeguate, la loro comprensione, il loro sostegno e l’accompagnamento opportuno.

Questi momenti, vissuti in atteggiamento formativo, possono trasformarsi in occasioni di rinnovato affidamento al Signore, di verità interiore e di vicinanza al mistero della Pasqua.




12.4 L’ANIMAZIONE DELLA FORMAZIONE PERMANENTE


541.L’impegno della formazione permanente come atteggiamento e mentalità, ambiente e pedagogia di vita, itinerario, programma e servizio organizzato è affidato non solo alla responsabilità di ogni confratello ma anche alla comunità ai suoi vari livelli e agli animatori e formatori. Le espressioni di questa risposta permanente in una vita vissuta costantemente come vocazione sono molteplici e differenziate.



12.4.1 A livello personale


542.Come primo responsabile della propria formazione, il salesiano cerca di rispondere alle esigenze sempre nuove della vocazione. Sa che l’identificazione con la vocazione, che lo porta a confrontarsi nel profondo, è il cammino più fecondo di formazione permanente. L’aggiornamento e la qualificazione sono componenti della formazione, ma essa deve raggiungere l’interiorità, la mentalità e il cuore della vita. In questo senso è trasformazione e rinnovamento profondo.

Perciò, docile allo Spirito Santo, il confratello sviluppa le sue attitudini in uno sforzo costante di conversione e di rinnovamento. Impegnandosi in “un processo formativo che dura tutta la vita”, il salesiano valorizza alcune espressioni concrete di questo impegno:


coltiva “la capacità d’imparare dalla vita”, curando la comunicazione, il dialogo e la revisione di vita, specialmente nella comunità e con i giovani, e mantenendo una mentalità aperta e critica, pronta ad ascoltare, ad accogliere, a dialogare;

cura un atteggiamento di discernimento pastorale di fronte alla realtà, usufruendo dei mezzi della vita quotidiana (missione ed esperienza condivise, confronto con gli orientamenti della Chiesa e della Congregazione, attenzione alle situazioni, letture, studio);

si preoccupa per il proprio cammino spirituale o progetto di vita, segue con fedeltà le indicazioni delle Costituzioni, cura la qualità della preghiera, della meditazione e della vita sacramentale, valorizza l’accompagnamento e la riflessione personale, sa darsi tempo per coltivare le sorgenti della consacrazione ed evitare il logorio e la superficialità;

valorizza gli aspetti formativi del cammino quotidiano della sua comunità e approfitta dei momenti straordinari di formazione permanente che gli sono proposti; nella CEP e nei contatti con la Famiglia Salesiana si mantiene aperto alle opportunità di formazione insieme;

cerca di svolgere il proprio lavoro con la competenza richiesta dalle situazioni e dai tempi: è consapevole che animare, educare e guidare nel contesto attuale culturale e religioso significa rendersi capace di affrontare i problemi della vita, del rapporto fede-cultura, del campo etico-morale, della pedagogia spirituale e sacramentale e della dimensione sociale;

ricerca con i superiori il campo di qualificazione più confacente alle sue capacità personali e alle necessità dell’Ispettoria. È sempre disponibile a periodiche riqualificazioni, sia a livello dottrinale che professionale, e coglie le opportunità che gli sono offerte attraverso giornate di studio, conferenze, corsi, incontri pastorali e altre iniziative formative.



12.4.2 A livello locale


543.“Il naturale ambiente di crescita vocazionale – dicono le Costituzioni – è la comunità, dove il salesiano si inserisce con fiducia e collabora con corresponsabilità. La vita stessa della comunità, unita in Cristo e aperta alle esigenze dei tempi, è formatrice: essa per questo deve continuamente progredire e rinnovarsi”.


Ecco alcune attenzioni che contribuiscono a fare realmente della comunità il luogo della formazione permanente:

creare nella comunità un ambiente e uno stile di vita e di lavoro che favoriscano la crescita come persone e come comunità:

  • lo spirito di famiglia dispone all’incontro, pone in atteggiamento di ascolto e di dialogo, crea una mentalità di comune ricerca e discernimento che valorizza l’esperienza di tutti e porta ad imparare nell’esperienza di ogni giorno;

  • un clima di fede e di preghiera rafforza le motivazioni interiori e dispone a viverle con radicalità evangelica e donazione apostolica;

  • una buona impostazione del lavorare insieme, del progetto comunitario e pastorale e delle verifiche favorisce nel salesiano un processo di revisione dei suoi atteggiamenti di vita religiosa e dei suoi metodi di lavoro e il rilancio della qualità della vita e della missione.


valorizzare tutti i tempi, i mezzi e gli aspetti che la vita comunitaria offre per favorire la formazione permanente:

  • i tempi di preghiera comunitaria come la meditazione, la lettura spirituale, la buona notte, i ritiri mensili e trimestrali; i momenti di verifica, partecipazione e corresponsabilità (tra i quali, in particolare, la giornata comunitaria);

  • la comunicazione con la comunità ispettoriale e con la Congregazione e l’accoglienza degli stimoli e degli orientamenti che giungono da esse;

  • l’informazione, le letture, una biblioteca aggiornata;

stabilire un programma annuale di formazione permanente;


assicurare la formazione insieme nella comunità educativo-pastorale mediante incontri di riflessione, programmazione e verifica e le iniziative condivise con altri membri della Famiglia Salesiana.


offrire a chi ne ha bisogno la possibilità di momenti o programmi specifici di rinnovamento e aggiornamento (iniziative, esperienze, corsi, ecc.)


544.Il Direttore è il primo animatore dell’esperienza di formazione permanente nella comunità. Opportunamente preparato, egli:

favorisce un clima e una forma di rapporti interni ed esterni, che danno qualità alla vita quotidiana della comunità (la “direzione spirituale comunitaria, le conferenze, le buone notti, gli incontri”);

comunica ai confratelli il criterio salesiano di vita e di azione; a questo scopo fa conoscere e valorizza come stimoli privilegiati i documenti ecclesiali e salesiani, e coltiva la comunione con l’Ispettoria e la Congregazione;

anima la missione salesiana, corresponsabilizzando l’Assemblea dei confratelli e il Consiglio locale, e promuovendo gli incontri che favoriscono la fraternità, l’aggiornamento e la distensione;

promuove processi relazionali e formativi con la Famiglia Salesiana e con la CEP, curando l’identità carismatica del PEPS, stimolando la comunità salesiana al ruolo specifico di animazione, e approfitta con intelligenza dei mezzi di animazione come l’informazione salesiana ed esperienze concrete di partecipazione.



12.4.3 A livello ispettoriale


545.L’Ispettoria è una comunità formatrice e in formazione.

Essa realizza la missione traducendo in esperienza di vita, in opere ed attività in un contesto storico e geografico ben definito il “Da mihi animas” e il Sistema Preventivo.

Il progetto dell’Ispettoria, l’identità salesiana vissuta e i criteri che orientano il cammino spirituale, la condivisione della missione e dello spirito salesiano con la Famiglia Salesiana e con i laici, e tanti altri aspetti della vita ispettoriale costituiscono la prima forma di animazione della formazione permanente perché offrono un ideale di vita e un modello di riferimento che stimolano a vivere salesianamente.

Non poca incidenza ha in questa prospettiva il rapporto di equilibrio che l’Ispettoria sa conservare tra i fronti di impegno, la qualificazione delle persone, la consistenza qualitativa delle comunità e la significatività della vita salesiana e della missione. In alcune situazioni la formazione permanente dei confratelli e delle comunità riceverà impulso da un nuovo slancio e da nuove aperture apostoliche, in altre si richiederà piuttosto un riadeguamento e una concentrazione in vista della qualità dell’esperienza e del servizio.


546.Vi sono in ogni Ispettoria momenti, strumenti, servizi, e strutture che rendono concreta, in diverse maniere, l’animazione della formazione permanente nella comunità ispettoriale, nelle comunità locali e in ogni confratello.

Sono anzitutto i processi che coinvolgono i confratelli nella verifica e ridefinizione della presenza salesiana ispettoriale, come per esempio i Capitoli e le Assemblee ispettoriali, l’elaborazione e la revisione del Progetto ispettoriale e del Direttorio.

Sono gli incontri dei Direttori, delle varie équipes ispettoriali e dei gruppi di confratelli.

Sono infine tutte quelle iniziative che educano alla capacità di discernimento, stimolano al rinnovamento metodologico, accompagnano gli animatori, qualificano sistematicamente il personale, promuovono l’impegno per la costituzione e la qualità delle équipes e dei centri che possono dare un contributo significativo alla comunità ispettoriale.


547.Alcune condizioni concrete possono incidere sull’esperienza di formazione permanente in Ispettoria, quali:


curare il buon funzionamento del governo e dell’animazione, in particolare la visita ispettoriale annuale, gli esercizi spirituali, il Capitolo ispettoriale (iter di preparazione, celebrazione e realizzazione), l’azione del Consiglio ispettoriale, del Delegato e della Commissione per la formazione;


progettare un’azione programmata, che comporta, in particolare:

  • elaborare “un piano organico di formazione permanente dei confratelli in ordine al loro rinnovamento spirituale, alla loro qualificazione pastorale e alla loro competenza educativa e professionale”;

  • tradurre il suddetto piano in un programma annuale di formazione permanente in Ispettoria;

  • predisporre un piano di qualificazione del personale e impegnarsi, anche con sforzo economico e di personale, a realizzarlo con perseveranza. Fare particolare attenzione alla preparazione di esperti in salesianità e impegnarli nel servizio a favore dei confratelli e delle comunità; assicurare che i confratelli qualificati siano occupati in compiti specifici dentro il progetto dell’Ispettoria e che continuino nell’ambito della loro qualificazione;

  • avere un programma di formazione SDB-laici nel quale si prevedano “contenuti, esperienze e tempi dedicati alla formazione; definizione dei ruoli, dei rapporti e delle modalità di collaborazione tra SDB e laici; coordinamento fra i vari settori e strutture di animazione; ruolo e interventi dell’Ispettore e dei membri del Consiglio ispettoriale nelle attività di formazione; e disponibilità di centri, gruppi e strutture di animazione ispettoriale”;


promuovere incontri:

  • delle équipes ispettoriali, per creare convergenze e preparare le persone per i ruoli che devono assolvere;

  • dei Direttori, dei formatori, degli animatori pastorali, degli economi e di altri confratelli, come occasioni per approfondire l’identità salesiana nelle sue dimensioni educative pastorali. In questi incontri, mentre si trattano aspetti specifici anche di carattere amministrativo e organizzativo, è presente la preoccupazione per la vita religiosa e il progresso spirituale e dottrinale dei salesiani;


offrire e organizzare iniziative particolari:

  • preparare iniziative ordinarie e straordinarie di formazione spirituale e pastorale per tutti i confratelli secondo un programma pluriennale, che tenga presente il progresso della dottrina teologica e le nuove questioni pastorali;

  • fare in modo che gli esercizi spirituali abbiano “una particolare efficacia sulla crescita personale e la comunione ispettoriale e [che vengano] valorizzati mediante la preparazione dei confratelli, e l'aggiornamento delle forme e degli animatori”;

  • organizzare un centro o una équipe ispettoriale di animazione spirituale-culturale, in collegamento con il centro studi salesiano o con il centro di spiritualità, dove esiste.


promuovere la collaborazione con altri gruppi della Famiglia salesiana nel campo della formazione permanente, attraverso iniziative straordinarie o mediante un’azione sistematica e programmata, che può essere proposta e animata da équipes integrate con membri dei diversi gruppi;


mantenere l’apertura verso le istanze di rinnovamento e qualificazione offerte a livello ecclesiale, degli Istituti di vita consacrata e negli ambiti vicini alla nostra missione.


548.L’Ispettore, assistito dal suo Consiglio e avvalendosi del Delegato e della Commissione ispettoriale della formazione, si impegna ad assicurare le condizioni indicate.

Per curare la formazione permanente:

appoggia l’impegno dei confratelli con il contatto personale e offrendo opportunità di rinnovamento;

programma con il suo Consiglio o attraverso la Commissione le attività e le iniziative che stimolano e sostengono la formazione permanente dei confratelli e delle comunità e assume come impegno prioritario di governo la formazione dei principali animatori (Direttori, formatori, delegati);

segue con speciale attenzione la vita ordinaria delle comunità locali;

favorisce la collaborazione inter-ispettoriale.


549.Il Delegato per la formazione, con l’aiuto della Commissione ispettoriale per la formazione, ha il compito di:

sensibilizzare i confratelli e le comunità alla necessità della formazione permanente;

coordinare le diverse iniziative per dare continuità alla formazione;

elaborare contenuti e sussidi ed organizzare servizi appropriati: gli esercizi spirituali rinnovati, le giornate e sessioni di preghiera, i corsi lunghi di rinnovamento, i convegni di aggiornamento per categorie, gli incontri per lo studio dei documenti ecclesiali e salesiani, le segnalazioni bibliografiche;

valorizzare il contributo alla formazione permanente degli altri Delegati e animatori;

mantenere contatto con i Delegati di altre Ispettorie e con il responsabile del coordinamento a livello inter-ispettoriale.



12.4.4 A livello inter-ispettoriale


550.Alcune iniziative per l’animazione della formazione permanente ad un raggio più ampio sono:

forme diverse di collegamento tra le Ispettorie per scambiare esperienze, organizzare programmi e iniziative, elaborare sussidi e appoggiare il lavoro degli animatori;

a livello di Regione, Gruppo linguistico o Conferenze ispettoriali, costituire, secondo la possibilità e la convenienza, centri di formazione permanente. Questi centri offrono in vari modi il loro servizio alle Ispettorie, alle comunità e ai singoli confratelli, organizzando ad esempio corsi o programmi, preparando e distribuendo materiale per l’animazione delle comunità o provvedendo per la traduzione di testi salesiani;

creare, a livello regionale o di Conferenze ispettoriali, gruppi di persone qualificate per gli studi salesiani, con possibilità di servizi, pubblicazioni, seminari e corsi specifici di aggiornamento per confratelli in fase di formazione permanente.


551.I Consiglieri regionali seguono l’attuazione dei programmi inter-ispettoriali di formazione permanente e si mantengono in contatto con gli Ispettori, che ne sono responsabili. A questo scopo favoriscono una maggiore collaborazione e coordinamento tra le Ispettorie.


Il Consigliere Generale per la formazione ha la cura e la responsabilità della formazione integrale e permanente dei confratelli. Stimola e appoggia l’azione delle Ispettorie. D’accordo con il rispettivo Consigliere regionale, richiede loro la programmazione e l’attuazione di linee pratiche per la formazione dei confratelli; ha una cura speciale dell’andamento dei centri di formazione permanente.








14 ORIENTAMENTI E NORME PER LA PRASSI

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552.Il salesiano, come primo responsabile della propria formazione, cerca di vivere in un atteggiamento costante di risposta vocazionale e di rinnovamento: cura una adeguata pedagogia di vita spirituale personale, fa del quotidiano il tempo privilegiato della formazione, coltiva l’atteggiamento di discernimento e si rende capace di imparare dalla vita; si mantiene aggiornato e aperto agli stimoli della Chiesa e della situazione in particolare dei giovani e degli ambienti popolari; assume la comunità come il naturale ambiente della sua esperienza vocazionale e ne condivide attivamente il cammino; vive l’appartenenza all’Ispettoria e alla Congregazione e accoglie le proposte e le iniziative che vengono da esse.


553.Ogni comunità abbia un programma di formazione permanente che tenga presenti le diverse dimensioni della formazione salesiana, lo verifichi e lo rinnovi annualmente. Nel programma si dia adeguato rilievo al giorno della comunità, ai ritiri mensili e trimestrali, ai momenti di programmazione e di verifica, ai momenti di formazione nella CEP e con la Famiglia salesiana.


554.“Le comunità locali dovranno programmare la propria attività in modo da assicurare ai confratelli la partecipazione ai tempi di preghiera, di riflessione in comune e anche il tempo necessario per un aggiornamento personale continuo”.


555.Il Direttore privilegi l’animazione religiosa e pastorale e la direzione spirituale nella sua comunità. “Suo primo compito è animare la comunità perché viva nella fedeltà alle Costituzioni e cresca nell’unità”. “Ha responsabilità diretta anche verso ogni confratello: lo aiuta a realizzare la sua personale vocazione e lo sostiene nel lavoro che gli è affidato”. Curi la qualità formativa dell’esperienza quotidiana in fedeltà alle Costituzioni e ai Regolamenti, renda effettiva la corresponsabilità e la collaborazione dei confratelli, stimoli la presenza animatrice nella CEP, coltivi la comunione con l’Ispettoria, la Congregazione, la Famiglia salesiana, e con la Chiesa.


556.Il Progetto ispettoriale di formazione includa il Piano di formazione permanente in ordine al rinnovamento spirituale, alla qualificazione pastorale e alla competenza educativa e professionale dei confratelli. La sua elaborazione tenga conto dei diversi ruoli e funzioni e delle diverse età, situazioni e momenti della vita (quinquennio, maturità, anniversari significativi, anzianità…).


557.“Sia offerto periodicamente a tutti i salesiani negli anni della maturità un tempo conveniente per il loro rinnovamento. Le Ispettorie nella programmazione tengano conto di questa esigenza. Ciascun confratello risponda a questo appello anche per il bene della propria comunità”.


558.L’Ispettore anima la formazione integrale e permanente dei confratelli, in primo luogo dando qualità formativa al governo ordinario dell’Ispettoria. Impegni il Consiglio e gli animatori ispettoriali, in particolare la CIF e i Direttori. Sia disponibile alla collaborazione inter-ispettoriale, con la Famiglia salesiana e a livello ecclesiale.


559.La Commissione ispettoriale per la formazione collabora con l’Ispettore e il suo Consiglio nell’animazione del processo di formazione permanente delle comunità e dei confratelli, e nel programma di formazione insieme ai laici. La Commissione offra un itinerario di iniziative di accompagnamento formativo in linea con il progetto ispettoriale di formazione, attenta alle diverse situazioni dei confratelli, secondo le età, la vocazione specifica, i loro diversi ruoli.


560.La condivisione dello spirito e della missione salesiana coi laici richiede una valida formazione insieme, che trova il suo cammino privilegiato nel corretto funzionamento della CEP.

Il progetto ispettoriale di formazione includa le linee della formazione dei salesiani e laici insieme; preveda esperienze, contenuti, responsabili e tempi dedicati alle attività formative.


561.Le Regioni, i Gruppi linguistici o le Conferenze ispettoriali collaborino nelle iniziative e nei programmi di formazione permanente e, secondo la possibilità e la convenienza, costituiscano una équipe o un centro di formazione permanente.

In particolare, si organizzino a livello inter-ispettoriale iniziative periodiche per la qualificazione specifica dei Direttori o di altri gruppi di confratelli. Tali iniziative sono sotto la responsabilità degli Ispettori della Regione o della Conferenza interessata, del Consigliere regionale e del Consigliere per la formazione.


562.Al Consiglio Generale spetta approvare la creazione di centri inter-ispettoriali e regionali di formazione permanente. I responsabili dei centri facciano riferimento al Consigliere Generale per la formazione e ai Consiglieri regionali.


563.Si approfitti delle iniziative organizzate in comunione e collaborazione con altri gruppi della Famiglia salesiana, come pure delle opportunità offerte a livello ecclesiale o inter-congregazionale. “Si sia pronti ad accogliere gli apporti formativi della Chiesa e della società”.


564.“Le Conferenze o Gruppi linguistici devono provvedere una sufficiente aggiornata bibliografia salesiana nella propria lingua. Si auspica inoltre la formazione, a livello regionale, di gruppi di studi salesiani, con possibilità di servizi e pubblicazioni”.


565.Il Consiglio Generale organizzerà iniziative tendenti alla qualificazione specifica degli Ispettori per il loro ruolo di animazione e di governo. Essi trovano opportunità di formazione anche in altre iniziative, ad esempio a livello di Conferenza ispettoriale e di Regione e nelle visite d’insieme.