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Codice scheda: ASC A4570203 (Microscheda: 3977C6/9)
Luogo e data: TORINO ­ ­­/03/1873
Autore: RUA MICHELE
Destinatario: DIRETTORI SALESIANI
Classificazione: Rua: Circolari, direttive, documenti
Tipo documento e supporto: Minuta di lettera ­ Manoscritto
Autenticità: Firma autografa
Contenuto: Minuta di circolare (ms. allogr. con correzioni aut. di D.
Rua) per informare i confratelli su: salute e visita di D. Bosco a Roma,
terremoto del 12.03.1873, prossimo arrivo all'Oratorio di Torino di un
gruppo di giovani romani.
***
[Torino, marzo 1873]
Venendo a voi, amati fratelli per la seconda volta con notizie del nostro
padre Don Bosco, devo dapprima farvi noto lo stato della sua salute in
questa sua assenza, e godo di poterla annunziare sempre
discretamente buona, e prospera, e questo mercé le vostre continue
preghiere; continuate. In Roma è movimento generale per Don Bosco;
tutti vogliono vederlo, dirgli una parola; dal mattino per tempo fino ad
ora tarda della sera ha mai un momento di libertà; sempre attorniato
da mille che lo vogliono vedere e se possono parlarci. Abbiamo da una
lettera del 13 marzo che alle ore nove del 12 marzo, si sentì in Roma
una terribile scossa di terremoto che durò circa 2 minuti primi, e
rendono grazie al cielo che non sia più a lungo durata, che se 2 soli
minuti di più fosse durata, Roma sarebbe andata in rovina. Si teme che
questo si rinnovi per lo stato presente del cielo. In conseguenza di
questo si aprirono nell'agro Romano varie voragini. Non si ebbe a
deplorare alcun disastro grande, solo abbiamo che in Roma vi fu una
terribile paura; ed invero, il sentire all'improvviso suonare e campani e
campanelli, il vedersi piegare addosso le muraglie, il sentirsi mancare
il pavimento da sotto i piedi, questo sarebbe bastante per incutere
timore a qualsivoglia uomo benché coraggioso.
Il 13 marzo Don Bosco ebbe una visita di una deputazione inglese, la
quale essendo andata a Roma per parlare a S. S. Pio IX, sapendo che
Don bosco era a Roma, andarono tosto a trovarlo e si adoperarono a
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tutt'uomo per cavargli di bocca che avrebbe messo un Collegio anche
in Inghilterra. Come si sia cavato Don Bosco non lo sappiamo. Per
conoscere quanta sia la stima che i Romani non solo ma anche i
Bolognesi, i Parmigiani ecc... hanno verso Don Bosco, sentite:
Nel convoglio che già dicemmo essere stato in gran pericolo per il
mancamento di una vite della ruota maggiore e per lo spostamento
delle rotaie, erano molte altre persone e fra le altre una di distinto
casato; or bene quando già si credeva di tombolare dagli Appennini, gli
pervenne all'orecchio che nello stesso convoglio eravi Don Bosco, ed
ebbe tanto sollievo al pronunziarsi di questo nome che subito disse:
oh, se c'è Don Bosco con noi, non c'è nulla a temere, che se anche
dovessimo tombolare a fondo, non ci faremo alcun male, e questo
episodio venne riferito a Don Bosco stesso in Roma.
Singolare poi è l'amore che apertamente gli manifestano i Romani; i
quali anche dei più ricchi si reputano felici, se possono ottenere da
Don Bosco una visita, una messa, o almeno almeno una parola. È
meraviglia, come Don Bosco così lontano, immerso in tanti affari non
si possa dimenticare dei suoi figli; eppure, egli non parla che de' suoi
figli; sia che parli, sia che operi, che scriva, tutto fa per i suoi figli; e
noi? Oh! Guardiamo almeno di compensarlo con la nostra buona
condotta, affinché richiedendo della nostra notizie, possa averele
consolanti, che lo compensino di tante fatiche.
Fra non molto avremo a Torino una carovana di giovanetti Romani, fra
cui un giovanetto che fa da chierico nella celebre Basilica di San Pietro
in Vaticano. Un giorno mentre Don Bosco si portava alla sua dimora,
percorrendo per le vie di Roma, gli passavano dal lato alcune squadre
di bersaglieri; quand'ecco uno si spicca dalle file e corre a baciare la
mano a Don Bosco. Esso gli chiamò chi fosse ed intese che era un
giovane antico dell'Oratorio certo Ferrero Luigi di Carignano.
Varie persone parlando con Don Bosco, ed interrogandolo sugli affari
presenti della Chiesa, ed anche futuri, ebbero in risposta che per tutto
il 73 non vi sarebbe alcun segno di tranquillità alla Chiesa, e che questa
pace non sarebbe alla Chiesa, se non col finire dell'anno 1878. Già fin
dall'anno 47 interrogato su ciò, rispondeva lo stesso; ne vedremo
l'esito.
Una sera trovavasi Don Bosco col suo segretario, e dietro loro venivano
due personaggi di alto affare. Questi non conoscevano Don Bosco di
persona e discorrendo fra loro a voce un po' alta dicevano, che gli affari
presenti vi sarebbe Don Bosco solo che potrebbe aggiustarli e superare
tutte le difficoltà. E Don Bosco a due passi da loro rideva pensando al

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proverbio: lupus est in fabula.
Richiesto Don Bosco di andare a dare la benedizione ad un giovanetto
paralitico, vi andò, lo benedisse, e poscia assicurò i parenti che per
Pasqua sarebbe interamente guarito.
Ebbe già un abboccamento col ministro Lanza e spera di tenerne altri
ancora. Le parole di Don Bosco sono accolte benevolmente dai
ministri, e speriamo che facciano breccia nei loro cuori. In vista dei
tanti atti d'amore che gli italiani non solo, ma gli estranei ancora
professano a Don Bosco, della confidenza illimitata che pongono in lui,
noi, che gli siamo figli, quanto maggiormente dovremmo amarlo,
quanta confidenza dovremmo avere di lui! Sì, quello che non abbiamo
fatto per il passato, facciamolo per il futuro, amiamo tanto il nostro
Padre, per lui preghiamo, affinché possa egli come buon capitano
condurci all'acquisto del regno dei cieli.
Addio, addio
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