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Codice scheda: ASC A4580123 (Microscheda: 3990C7 ­ 3991A3)
Luogo e data: TORINO ­ 31/12/1904
Autore: RUA MICHELE
Destinatario: F.M.A.
Classificazione: Rua: Circolari, direttive, documenti
Tipo documento e supporto: Circolare ­ Stampa tipografica
Autenticità: Copia
Contenuto: Parla della virtù della carità: Concetti sulla pazienza,
Insegnamento di Gesù e suoi esempi, Esempi di Maria S.ma,
Disposizioni, Preghiera, Pratica di questa virtù.
***
GODE l'animo mio ogni qual volta mi si presenta l'occasione e posso
avere un po' di tempo per indirizzarvi qualche buona parola, che vi
aiuti nella grand'opera da voi intrapresa della vostra perfezione
religiosa, della vostra santità.
Ora voi sapete che la vera perfezione consiste nella carità: charitatem
habete, quod est vinculum perfectionis (1), secondo insegna S. Paolo
che dalla carità di N. S. Gesù Cristo era spronato in tutte le sue opere:
charitas enim Christi urget nos (2). Ma il medesimo S. Paolo,
parlandoci della carità, dice che essa è paziente : charitas patiens est
(3). E appunto di questa pazienza che contraddistingue
(1) COLOSs. III, 14.
(2) 2 CORINTH. V, 14. (3) 1a CORINTH. XIII, 4.
la carità, ed è quindi buon indizio di perfezioue, io desidererei parlarvi
in questa mia. Perciò, dopo alcune parole che vi daranno un giusto
concetto della pazienza, io vi dirò quanto eccellente sia questa virtù e
come la dobbiamo praticare.
Concetti sbagliati della pazienza. ­ Soventi accade di accorgerci che
della pazienza si hanno concetti ben diversi dal vero. poiché alcuni
parlano di essa come di una certa insensibilità naturale e credono per
es. molto paziente chi essendo poco impressionabile poco si risente,
mentre credono impaziente chi non sempre riesce a dissimulare
interamente le spiacevoli impressioni che si sforza di tollerare in pace;
altri vorrebbero dire paziente colui che subisce le contrarietà ed anche
gli insulti solo perchè o non li comprende, o non li può o non li sa
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allontanare, epperciò si chiude in un insulso indifferentismo, mentre
chiamerebbero impazienti coloro i quali sanno resistere ai colpi di chi
insulta a ciò che essi hanno di più sacro, e con nobile fermezza sanno
mantenersi nella via dell'ordine, difendendosi anche vigorosamente,
quando la difesa è legittima e doverosa; altri ancora, giudicando se
medesimi, credono di essere stati pazienti od impazienti secondo che
non ebbero od ebbero molte occasioni di sofferenza o di risentimento.
Vero concetto della pazienza.­Tutti questi sbagliano perchè giudicano
della pazienza o dalle naturali disposizioni dell'individuo, o dal motivo
umano che lo guida, o dalle occasioni che egli ha; mentre invece la
pazienza, di cui intendiamo parlare noi, è una virtù morale basata
sopra motivi soprannaturali e si esercita per la volontà che aiutata
dalla divina grazia sa ben governarsi nelle diverse disposizioni d'animo
e nelle occasioni più o meno frequenti che si possono presentare.
Noi diciamo che ha la virtù della pazienza colui che nelle sofferenze e
contrarietà, sebbene senta l'impeto dell'ira non vi si abbandona, ma sa
comprimersi e contenersi nei limiti assegnati dalla retta ragione
illuminata dalla fede : colui che non potendo o non credendo bene
allontanare da sè una dolorosa prova, non s'inquieta poi: nè si
scoraggia, ma fidato in Dio sopporta in pace il male o la noia che non
può evitare, od ha accettato figlialmente dalle mani di Dio, per mire
superiori; colui in fine che a tal modo si comporta non solo questa o
quella volta in particolare, ma ogni qual volta ne avviene il caso,
per una felice abitudine che ne ha contratta colla santa grazia di Dio e
col suo esercizio. collo sforzo della sua volontà.
***
Pregiudizi del mondo. ­ Or che diremo noi della pazienza intesa a
questo modo, della vera virtù della pazienza? Il mondo, che dello
spirito di Gesù Cristo nulla intende, potrà encomiare talora chi
sdegnoso ribatte un' offesa, come persona che non si lascia sopraffare;
potrà esaltare chi insofferente di certi giusti leganti, fieramente sa
affermare pretesi diritti a mal' intesa libertà ; ma il mondo non calcola
che ascoltando l'indignazione si acuisce la divisione degli animi,
mentre responsio mollis frangit iram (1), con una dolce risposta si
calma l'ira, si fomenta l'unione dei cuori in santa carità: il mondo non
considera che il benessere dell'individuo e della società è la dolce e
sicura conseguenza di ragionevole e paziente sottomissione agli ordini
dei superiori, di Dio.
Insegnamento di Gesù. ­ Il buon Gesù invece indicandoci quali sono

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quelli che lavorano con vero profitto per la vita eterna gua­
(1) Prov. xvi, 1.
dagnando anche il cento per uno, dice essere coloro che portano frutto
mediante la pazienza: fructum afferunt in patientia (1), coloro cioè che
sanno sopportare ogni pena in pace; la qual cosa anzichè debolezza è
tale grandezza d'animo che lo Spirito Santo asserisce che il vero
paziente vale assai più dell'uomo valoroso che il mondo direbbe forte:
melior est patiens viro forti (2). La ragione si è che il valoroso sa
vincere altri, ma il paziente vince se stesso, reprimendo l'ira che gli
bolle in petto ; quindi lo Sp. S. dice ancora che chi è padrone
dell'animo suo è da più che l'espugnatore di fortezze: et qui
dominabitur animo suo expugnatore urbium (3).
Anzi l'Apostolo S. Giacomo ammaestrato da Gesù stesso insegna che la
pazienza è virtù tanto eccellente da costituire un sicuro argomento di
perfezione: patientia opus perfectum habet (4). Chi mai di fatto non
sente che si, merita lode chi fa bene il suo dovere quando ogni cosa
procede con tranquillità e senza contrasti, è assai più da ammirare e si
mostra molto più virtuoso chi eseguisce la volontà di Dio in mezzo alle
contrarietà, persecuzioni e
(1) Luca viii, 15. (2) Prov. xvi, 32. (3) Ib.
(4) Jacob I, 4.
sofferenze d'ogni genere, senza alterarsi, senza sconfortarsi mai? E alla
prova delle tribolazioni che si conoscono i valorosi. come al fuoco si
distingue l'oro e l'argento dalla scoria.
Glorioso esempio dei Santi. ­ E gloriosi in questa prova e per questa
prova si mostrarono i Santi, specie i più tribolati, di ciascun dei quali
ammirata la S. Chiesa canta dicendo che nei tormenti si mantenne
calmo, sereno, paziente: Non murmur resonat, non
quaerimonia ­ Sed corde impavido, mens bene conscia ­ Conservat
patientiam (1).
Colla loro pazienza di fatto noi li vediamo sopportare imperturbabili le
più rudi fatiche, gli stimoli dell'indigenza, le noie dei contrattempi, gli
strazi delle malattie; li vediamo superare l'importunità dei fanciulli, la
sfrontatezza degli adolescenti, le pretese dei superbi, le furie dei
prepotenti, le persecuzioni dei tiranni; ed anche nei momenti più
difficili, nelle pubbliche calamità, quando anche i più forti vengono
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meno, noi vediamo talora questi nostri eroi, sofferenti sì ma con una
calma che da sè s'impone, fatti aiuto e conforto di tutti, volgere le turbe
a sani consigli, far morire sulle labbra altrui l'imprecazione ed il
lamento, piegare gli animi a pren­
(1) Hymn. SS. Mart.
dere con rassegnazione dalle mani di Dio le calamità in isconto dei
proprii peccati, elevare i cuori a migliori speranze; in una parola noi li
vediamo interamente padroni di sè padroneggiare gli altri, sovra dei
quali si elevano collo splendore della soavissima e fortissima loro virtù.
Come mai di fatto non rimanere attoniti nel considerare la figura di S.
Paolo che tanto e con tanta calma sopporta per amore di Gesù? come
non sentirci compresi da riverente maraviglia nel leggere quanto e con
quanta pace hanno sofferto gli altri Apostoli tutti per il bene delle
anime, i martiri che diedero la loro vita per Gesù Cristo, i fondatori
degli ordini a prò dell'umanità e tutti quelli che nella Santa Chiesa per
sè e per altri hanno saputo dare degni frutti di vita eterna? E se i frutti
apportati mediante la pazienza sono così gloriosi, chi non vede quanto
eccellente virtù sia la cristiana pazienza in se medesima?
Gloriosissimo esempio di Maria SS. ­ Ma più alto concetto ancora noi
dobbiamo formarci della pazienza se pensiamo che essa ci rende simili
alla stessa Madre di Dio Maria SS., che per la sua grandezza d'animo
nel sopportar in pace dolori che superano ogni umano intendimento è
addivenuta la Corredentrice del genere umano. I fatti della sua vita da
voi sono conosciuti ed io non ho bisogno di passarveli a rassegna; solo
vi noterò else la profonda conoscenza che Maria aveva della bontà di
Dio e della ingratitudine degli uomini, l'amore indicibile al suo buon
Gesù che vide trattato sì barbaramente, e alle anime che pur prevedeva
non tutte avrebbero approfittato della Redenzione, l'inarrivabile sua
capacità di soffrire per la delicatezza del suo corpo verginale non
alterato dalla colpa d'origine e per l'anima nobilissima di cui Iddio
l'aveva dotata, fecero si che le pene sue furono dai Profeti stessi
paragonate all'immensità del mare: magna est enim velut mare
contritio tua (1) e la S. Chiesa stessa la chiamasse per antonomasia
l'Addolorata. Eppure, vedetela là ai piedi della croce, sulla quale sta
morendo il suo Divin Figliuolo, con che calma eroica e generosità
sovrumana tutto sopporta quel che l'Eterno Padre ha stabilito ed il
medesimo Gesù ha accettato in nostro vantaggio; vedetela là la vera
Virgo dolorosissima meritarsi

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da tutte le genti di essere proclamata Regina dei Martiri perchè
nell'incomparabile sua pazienza tutti li ha superati. Oh virtù grande,
virtù eccelsa, a quale sublimità di eroismo puoi elevare un'umana
creatura !
(1) THREN, ii, 13.
Divino esempio di Gesù. ­ Ma l'eccellenza di questa virtù ci apparirà
più grande, molto più grande ancora se consideriamo che Gesù
medesimo ne ha fatto conte il distintivo della sua vita mortale. Al
comparire in questo mondo Egli non è ricevuto dai suoi: sui eum non
receperunt (1), appena nato è cercato a morte: quaerebant animam
pueri (2), adolescente suda in una bottega da fabbro fino alla virilità:
faber... erat subditus illis (3), uomo formato comincia la sua pubblica
missione e più di prima vien fatto signum cui contradicetur (4) segno
alle contraddizioni, al disprezzo, all'odio de' suoi nemici , che tanto lo
perseguitano finchè, per una serie di umiliazioni e sofferenze atroci, lo
riducono alla morte di croce. Eppure quando mai il buon Gesù emise
una sola parola di lamento? che anzi, come se tutto ciò fosse cosa
desiderabilissima, chiama la sua passione sito battesimo: baptismo
autem habeo baptizari (5), ed a Pietro che per affetto vorrebbe
allontanargli un calice così amaro, dice risolutamente: ritirati, vade
retro (6), ed ai discepoli di Em­
(1) Jo, 1. 11.
(2) MATTH. II. 20.
(3) LUC. II, 51.
(4) Luc. II, 34, (3) Luc. xii, 50. (6) MARC. VIII, 33.
maus che si dimostrano quasi scandolezzati perchè egli ha dovuto
sostenere tante pene, con grande espressione dice: e non sapevate voi
che solo per queste grandi sofferenze il Cristo doveva entrare nella sua
gloria: haec oportuit pati Christum et ita intrare in gloriam suam? (1).
Oh buon Gesù, che lezione ci date mai! Se le sofferenze sostenute con
grande pazienza sono la via alla gloria per il Cristo, quale altra mai
sarà la via alla gloria per i Cristiani suoi seguaci?
Alcune altre considerazioni. ­ La gloria di chi combatte sta nel seguire
le orme del valoroso suo Duce, dell'invitto suo Re, e a noi che siamo
soldati suoi il buon Gesù grida: chi mi vuol seguire rinneghi se stesso e
prenda la sua croce e, se vuol conseguire la vittoria, si armi di molta
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pazienza, perchè il mio regno è regno di conquista e solo quelli che si
sanno fare molta violenza arriveranno a possederlo: violenti rapiunt
illud (2). E a base di questa grande verità, che le pene pazientemente
sostenute per Lui e con Lui conducono alla gloria del Paradiso, Egli va
gridando: beato l'uomo che soffre, beati quelli che piangono , beati
quelli che sono perseguitati, chiamatevi beati quando diranno ogni
(1) Luc. xxiv, 26. (2) MATTH. XI, 12.
male di voi, ecc. ecc. Per questo chi più si addentra nello spirito di
Gesù Cristo più diviene paziente, forte nel sostenere ogni pena non
solo con calma ma con gioia, glorioso di poter assomigliare al buon
Gesù : per questo i Santi gustavano la vita solo quando era segnata
dalla croce, ed amavano morire quando per loro non vi fosse più da
patire; per questo alcuni di essi desideravano fosse loro prolungata la
vita perché non tanto presto cessassero loro le occasioni di soffrire,
pensando che in cielo più non avrebbero avuto l'inestimabile tesoro
delle sofferenze, le quali sostenute con pazienza per Gesù. quante più
sono tanto maggior gloria accumulano per l' anima in Paradiso. Che
dunque più si desidera per essere convinti della grandezza,
dell'eccellenza della virtù di cui vi parlo, della vera pazienza che vi può
condurre a sì alto grado di perfezione, di santità?
Bisogna disporsi. ­ Ma che varrebbe essere convinti ed intimamente
persuasi dell'eccellenza di questa virtù se poi ci perdessimo in isterile
ammirazione per chi la pratica, senza darci attorno per adornarne il
nostro cuore? Noi abbiamo considerato che la pazienza è virtù
eccellentissima perchè è la via che conduce alla gloria del Paradiso, ma
possiamo anche notare di volo che per giungere a quella gloria la
pazienza è necessaria, poichè le prove sono inevitabili e continue,
essendo la vita dell'uomo sopra la terra un continuo combattimento:
militia est vita hominis super terram. (1). Non vi è dunque via di
mezzo: bisogna ci risolviamo e pronunciamo nello spirito nostro un
voglio così forte che scuota ogni torpore e la mente o il cuore e tutte le
nostre forze riduca ad un impegno deciso di cominciare e continuare
con lena sempre maggiore il pratico acquisto di questa virtù.
E questa decisione non basta sia risoluta, ma dev'essere ancora calma,
per poter vedere, prevedere e provvedere alla sicura riuscita di sì bella
impresa. Troppe volte forse dopo di aver promesso e risoluto di essere
pazienti, ci trovammo in seguito al medesimo se non a maggior grado
d'impazienza; e ciò perchè? Perchè la mente nostra convinta in teoria

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non si fermò alla pratica, non rese in cuore sentita la verità che
pazienza non significa insensibilità od esenzione dalle sofferenze,
perchè lo spirito nostro fisso più nella gloria del trionfo che nelle
asprezze del combattimento, rimase
(1) JOB. VII, I.
sorpreso dai contrasti, dalle sofferenze, dalle pene che non aveva
vivamente preveduto; quindi ci lasciammo soverchiare.
Invece se noi siamo praticamente persuasi dì dover combattere sempre
e con ogni genere di difficoltà, dobbiamo prevedere in generale ed in
particolare quali sono le battaglie che dobbiamo sostenere, e
rappresentandoci al vivo il quadro delle sofferenze a citi andiamo
incontro, dobbiamo disporre ed anche violentare il nostro cuore ad
accettarle e sopportarle con forza e generosità. Noi nella calma della
nostra mente dobbiamo prevedere i pretesti coi quali il nemico vorrà
trarci negli inganni del nostro amor proprio, del timore, della troppa
nostra sensibilità per farci disertare o deporre le armi, quindi
dobbiamo mantenere alto il nostro coraggio colla considerazione delle
fortissime ragioni che abbiamo di lottare con tranquillità e fiducia in
ogni tempo fino alla fine. A questo modo il nemico trovandoci
premuniti, anche se ci assale sentirà che gli sappiamo resistere ; e se
per la nostra debolezza riuscisse talora ad infliggerci qualche
momentanea sconfitta, vedrà che tosto ci sappiamo rialzare,
confortando il nostro cuore alla rivincita col pensiero che Dio non
permette siamo tentati sopra le nostre forze, col pensiero che se Egli
non a tutti ha promesso la corona della vittoria, l'ha però assicurata a
quelli che combattono secondo il suo volere: non coronabitur nisi qui
legitime certaverit (1).
Bisogna pregare. ­ Queste disposizioni peraltro non vi possono essere o
non possono raggiungere lo scopo se vanno disgiunte dalla continua
preghiera. Siccome il combattimento dura tutta la vita, così la pazienza
non sarà virtù vera e consistente se non ci accompagna fino al termine
della vita stessa; la pazienza è dunque una virtù che in particolar modo
non può essere disgiunta dalla perseveranza finale. Ora noi sappiamo
che la grazia della finale perseveranza Iddio non la concede se non a
chi prega e gliela domanda espressamente. Sant'Agostino apertamente
lo dichiara: Constat Deum . . . alia nonnisi orantibus praeparasse sicut
usque in finem perseverantiam (2). Oltre ai motivi generali che
abbiamo di pregare per poter compiere qualunque opera buona che ci
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valga per la vita eterna, o per ottenere qualunque altra virtù, vi sono
dunque delle ragioni speciali di pregare e sempre pregare se vogliamo
davvero acquistare la pazienza, in essa temprarci secondo il bisogno e
per essa raggiungere la gloriosa meta dell'eterna felicità a cui
aspiriamo.
(1) 2 THIM. II, 5.
(2) De Dono Perser. Cap. 16
Pratica della pazienza nelle prove comuni a tutti gli uomini. ­ Premesse
queste cose e viste in generale le disposizioni che dobbiamo avere,
scendiamo ora ai particolari ; vediamo quali sono le prove che ci
aspettano e come in esso ci dobbiamo governare. Prima di tutto
ricordiamo che anche solo per la nostra guasta natura umana molte
sono le miserie a cui andiamo soggetti : homo ... brevi virens tempore,
repletur multis miseriis (1). La serie innumerabile delle malattie. le
indecifrabili perturbazioni della nostra mente e del nostro cuore, gli
esquilibrii penosissimi della società ci attestano a coro che la terra è
per noi una vera valle di lacrime: in hac lacrimarum valle (2). Che
varrebbe dunque illuderci? saremmo eterni fanciulli che tra le lacrime
sognano di star meglio in un tempo che non viene mai. E se ci
scoraggiamo? L'avversaria falange delle miserie non iscompare. nè
s'allontana. ma inesorabile si avanza e maggiormente ci opprime. Non
v' è dunque altro partito che disporci alla lotta, indurirci alle fatiche,
alle privazioni , alle contraddi­
(1) JoB. XIV, 1.
(2) Orat. Salve Reg.
zioni, alle sofferenze e fatti forti d'animo ogni cosa tollerare in pace. I
Savi stessi della Grecia che profondamente studiarono le condizioni
della vita umana conobbero questa verità e diedero questo consiglio:
sestine, ed i filosofi dell'antica Roma non seppero farsi altro concetto
dell'uomo veramente formato alla vita che pensandolo imperturbabile
in mezzo allo scrosciare delle avversità: justum et tenacem propositi
virum si fractus illabatur orbis impavidum ferient ruinae (1). Che mai
di fatto sono gli antichi eroi presentati come modelli all'umanità, se
non spiriti temprati che non si turbarono, ma con forte padronanza di
sè sostennero le ire nemiche o la sorte contraria? Eppure essi non
erano illuminati dalla fede e la loro fortezza non poteva arrivare al

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grado di virtù che si contiene nella pazienza cristiana! vorremmo
dunque noi seguaci di Cristo essere nelle pene meno forti de' semplici
pagani?
Pazienza nelle prove speciali dei cristiani. ­ Lo Spirito Santo dice che
più sì richiede da chi ha ricevuto di più : cui multum datum est
multum quaeretur ab eo (2) ora chi non vede quali maggiori aiuti di
grazia abbiamo ricevuto noi che nella legge di grazia
(1) HORATIUS.
(2) Luc. xii, 48.
viviamo una vita di grazia? non è dunque a stupire se a noi cristiani
toccano prove maggiori e le dobbiamo sopportare con maggiore virtù.
Il mondo vi odia : mundus vos odit (1) ci ha detto Nostro Signore,
quindi da chi ha lo spirito del mondo noi più che contraddizioni e
persecuzioni non ci possiamo aspettare. Nessuna sorpresa sarà dunque
per noi vederci considerati come feccia: omnium peripsema (2), derisi
o sarcasticamente scherniti come puerili od ipocriti nelle nostre
pratiche di pietà, trattati come gente pericolosa di cui è lecito
sospettare sempre; nessuna sorpresa vederci giudicati sinistramente
anche nelle nostre opere più belle, tacciati di azioni che neppur
abbiamo sognato, contraddetti quando pur vogliamo essere utili,
sfruttati nelle nostre sostanze, forze, influenze e fatti segno alla più
nera ingratitudine; nessuna sorpresa vederci danneggiati e dipinti
come cupidi dell'altrui, provocati e messi in vista come provocatori,
percossi e presentati come aggressori; nessuna sorpresa, dico, perchè
Nostro Signore tutte queste cose ci ha predetto, facendoci notare che
ce le ha predette : vos ergo videte: ecce praedixi vobis omnia (3): anzi
c'insegnò apertamente che i
1) Jo. XV, 18.
(2) 1a CORINTH. IV, 13. (3) MaRC. XIII, 23.
nemici del nome cristiano sarebbero arrivati al punto di credere d'aver
dato gloria a Dio quando ci avessero messi a morte: venit hora ut
omnis qui interficit vos, arbitretur obsequium se praestare Deo (1). Il
buon Gesù peraltro non ci disse di risentirci, opporre forza a forza, ma
ci suggerì di essere pazienti e a culi ci avesse dato uno schiaffo
presentare l'altra guancia: qui te percutit in maxillam praebe et
alteram (2), a chi ci volesse prendere la tunica cedergli anche il
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mantello : qui vult... tunicam tuam tollere, dimitte ei et pallium (3); ci
disse di pregare per quelli che ci perseguitano, di amare i nostri
nemici, perchè gli amici li sanno amare anche i pagani.
Ma le suddette prove ci vengono immediatamente dagli uomini e la
nostra Santa Fede ce ne presenta altre che ci vengono direttamente da
Dio. Certe leggi che infrenano le nostre passioni sotto pur penose per
la nostra povera natura, eppur Gesù ce le impone ed anzi Ei dichiara di
essere venuto in terra appunto per questo. per armarci contro di noi
non veni pacem mittere sed gladium (4). e S. Paolo ci ribadisce questa
verità predican­
(1) Jo. xvi. 2.
(2) Luc. vi, 29. (3) MATTH. v, 40. (4) MATTH, x, 34.
doci la mortificazione cristiana: semper mortificationem Jesu in
corpore nostro circumferentes (1) e la forma cristiana di vivere dice
essere tale che, se non fosse per ciò che ci aspetta in Paradiso, noi
saremmo quaggiù i più miserabili di tutti gli uomini: miserabiliores
sumus omnibus hominibus (2). E questo è chiaro poichè l'uomo
materiale, che nulla capisce dello spirito di Dio, è tutto nel provvedere
alle materiali esigenze del suo corpo a servizio del quale impegna
anche la sua mente, mentre invece il cristiano deve tenersi in ordine
infrenando il sito corpo colla forza del suo spirito: spinta facta carnis
mortificaveritis (3); e S. Paolo non si contenta di ciò predicare colle
parole ma lo fa col suo esempio, riducendo in sè le ribelli passioni a
servire alla legge della mente, alla legge di Dio: castigo corpus meum et
in servitutem redigo (4). Così si comportano i veri seguaci di Gesù
Cristo, le anime elette più amate dal Signore. Anzi Iddio medesimo per
tale stregua fa passar quelli che predilige: ego quos amo, arguo et
castigo (5), ed al cieco Tobia, mo­
(1) 2 CORINTH. IV, 10. (2) 3a CORINTH. XV, 19. (3) Rom. viii, 13. (4)
1a CORINTH. ix, 27. (5) Apoc. iii, 19.
dello di fedeltà, fa dire dall'Arcangelo: quía acceptus eras Deo, necesse
fuit, ut tentatio probaret te, (1), perchè eri caro a Dio fu necessario che
la sventura ti provasse, come poi Gesù nel medesimo senso disse ai
dite Apostoli che presso di Lui volevano godere particolar favore:
potete voi bere il calice della passione che dovrò bere io stesso: potestis
bibere calicem, quem ego bibiturus sum? (2).

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Il patire adunque ed ogni sofferenza sopportare in pace, con invitta
pazienza, ci rende cari a Gesù, veri seguaci suoi, veri cristiani; e a tal
segno appunto i martiri cristiani si distinguevano dagli altri
condannati ai supplici, dalla calma profonda ed indicibile pazienza con
cui per la divina grazia sopportavano i più fieri tormenti, perdonando
ai loro persecutori e sovra di loro implorando i favori divini, la fede, la
conversione, l'eterna felicità.
Pazienza nelle prove particolari delle anime religiose. ­ Tra i cristiani
però vi sono delle anime che in modo particolare devono rendersi care
a Dio, perchè a Lui interamente consacrate, e queste anime siamo noi
religiosi, noi che per dare a Gesù attestato del nostro maggior amore ci
impegnammo ad abbracciare non solo ciò che Egli ci imponeva,
(1) Tob. xii, 13. (2) MATTH. xx, 22.
ma anche ciò che solo ci consigliava; noi che ci obbligammo a sempre
tendere a maggior perfezione, a sforzarci di salire alle più alte cinte
della santità. E in noi religiosi così legati a Dio e da lui tanto ricolmi di
speciali favori la virtù della pazienza non dovrà essere più perfetta che
la pazienza dei semplici fedeli A questa domanda, che non ci lascia in
dubbio sulla risposta, forse taluno di noi sentirà il bisogno di
abbassare la fronte; ma non confondiamoci e generosi percorriamo
pur questo campo del nostro dovere.
Anzitutto notiamo che le prove comuni a tutti gli uomini e quelle
speciali dei cristiani sono pur tutte prove che toccano a noi che
quantunque religiosi abbiamo sempre un'anima umana e cristiana, ma
poi bisogna ci persuadiamo elce se il mondo odia i cristiani, odierà
molto più le anime religiose, che con Gesù sono più intime; bisogna ci
persuadiamo che le anime religiose saranno da Gesù stesso raffinate
nella virtù con prove più squisite, con prove che non tutti arrivano a
comprendere o ad immaginare. Ma stando anche solo a ciò che
d'ordinario deve trovarsi fra le anime religiose, pur bisogna esclamare
che la vita loro è vera vita crocifissa. La povertà distacca il cuore del
fedele cristiano dal soverchio amore ai beni di questo mondo, ma nel
religioso restringe fin l'uso di essi a limiti che talora fanno ruggire
l'amor proprio; per la castità il religioso deve tenersi all'altezza degli
angeli con uno sforzo, direi, superiore all'umana natura; l'ubbidienza è
grave giogo per tutti, ma sul semplice fedele non pesa come sullo
spirito e sulle azioni tutte del religioso, che nelle mani del superiore ha
consegnata la sua volontà e tutte le sue forze. Come adunque non
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riconoscere che se pel cristiano è scabrosa la via del cielo ed esige da
lui molta pazienza, assai più scabrosa è tal via poi religioso che in tanta
coercizione ha da tenere pensieri, affetti ed azioni, e molto più forte ha
da essere in lui la virtù della pazienza?
E chi ha abbracciata la vita religiosa, in questo rinnegamento di se
stesso ha da vivere non solo di tempo in tempo ed in qualche cosa
particolare, ma continuamente ed in tutto. Non v'è giorno nell'anno in
cui il religioso possa, concedendosi un po' di libertà, disporre
liberamente di sè, del suo tempo, di qualunque oggetto se non in
conformità della Regola professata o secondo la volontà del Superiore.
Il vitto, il vestito, le occupazioni particolari, le stesse pratiche di pietà
non dipendono da lui, ma tutto egli deve ricevere con pazienza ciò che
gli è stabilito, sia o no di suo gusto, facile o difficile purchè a lui non
impossibile.
Bolle talora il sangue nelle sue vene a tanto contrasto colle naturali
inclinazioni, colle abitudini di prima, ma ci deve frenarsi e per la
riflessione sottentrata far sì che la pazienza trionfi e tosto sia in pace.
Ma ecco messo a' suoi fianchi un importuno che gli dà noia, eccone
altri ed altri ancora che lo urtano pel carattere, per le idee, pei modi,
per tutto; ed egli deve comprimere la poco gradita impressione che
riceve e stare tanto sopra di sè fin che non siasi vinto e ridotto col
fuoco della paziente carità a vivere con essi in pace e cordialità. E
quando si sarà messo bene con questi, quando si sarà abituato a quelle
occupazioni, ecco un ordine che repentinamente gli dà altre
occupazioni per lui forse interamente nuove, o lo metterà con altri
compagni che forse non ha mai veduti, di cui ancora non conosce i
gusti, gli umori, le inclinazioni ; quindi eccolo di nuovo nella necessità
di comprimersi e farsi chissà quanta altra violenza per adattarsi ad
altri e mantenere così la pace che deve regnare nella comunità. Oh la
natura, la natura è messa a ben duro cimento! eppure può darsi tale
cimento si rinnovi ogni dì e continui fino al termine della vita, e il
religioso deve sforzarsi di superarlo sempre; quindi ognun vede quanto
ha da essere grande la pazienza per un'anima religiosa. A dir la verità
bisogna conchiudere che se la vita religiosa per la continua violenza
che esige è paragonata al martirio, la pazienza delle anime religiose ha
da uguagliare quella dei martiri, e se la diuturnità delle pene e la
lentezza nel giungere al fine colla morte esigono nel martire una
pazienza ognor più grande, chi può dire quanto grande abbia da essere
la pazienza nella vita religiosa che è appunto chiamata un lento
martirio, perchè le sue pene crocifiggono l'anima e non recano la

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morte? Eppure quest'anima in mezzo a tali pene ha da vivere non solo
calma e rassegnata ma ilare e santamente allegra, chè ad essa
specialmente è rivolto il servite Domino in laetitia, perchè essa
specialmente ha da Dio la celeste unzione della santa allegria: oleo
laetitiae (1).
**
Pazienza della Figlia di M. A. nella sua missione. ­ Ma di questa santa
allegria mi ricordo, o mio buone figlie, che vi parlai nel presentarvi
l'Elenco Generale vostro per l'anno 1902, e allora vi diceva che essa
deve contraddistinguere la Figlia di Maria Ausiliatrice, secondo il
desiderio del nostro amato
(1) Ps. xLIV, 7,
padre D. Bosco. Rileggendo quanto allora vi dissi potrete rilevare che
l'allegria santa, la dolce ilarità io la diceva frutto di grande virtù, di
grande fortezza d'animo, d'invitta pazienzae ora applicando in
particolare a voi ciò elle dissi finora della pazienza, vorrei notare che la
vostra pazienza deve giungere a mantenervi costantemente ilari e
serene.
Questa santa ilarità che rivela l'interna pace, la piena padronanza di sé,
la dolcezza dell'anima forte nei contrasti della vita, la vera pazienza di
cui discorriamo, questa santa ilarità, ripeto, in primo luogo noi
l'abbiamo sempre scorta in volto all'amatissimo nostro Fondatore; egli
ce ne diede un luminoso esempìo nella sua vita così piena di travagli, e
tali ci volle come egli si mostrò ; come dunque voi che siete pure sue
figlie vi potrete presentare diversamente? Poi, oltre all'Immacolata
Vergine Ausiliatrice, la cui anima trapassata dal dolore fu sempre
anima dolcissima: dulcissimam animam... Mariae... doloris gladius
pertransivit (1), il nostro dolce padre D. Bosco ci diede per protettore e
modello il dolcissimo S. Francesco di Sales che colla sua serenità
disarmava i più fieri nemici. S. Francesco di Sales che in mezzo a tanti
contrasti sostenuti nella sua vita mai
(1) Or. Eccl.
non ismentì se stesso, ma sempre ilare, dolce, sereno trasse a sè tante
anime che portò alla fede cattolica, alla perfezione religiosa. In fine
questa dolce carità ilare e paziente D. Bosco la mise come base del suo
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metodo di educazione, come mezzo per avvicinare la gioventù,
attirandola per portarla lontana dai pericoli, istruirla nella religione,
fomentare in essa lo spirito di pietà, renderla sodamente cristiana e a
suo tempo cittadina del cielo. Egli aveva fatta esperienza che senza tale
carità ilare e dolce la gioventù, specie dei nostri tempi, non si sarebbe
potuto guadagnare, ed aveva pur provato quanta fortezza d'animo,
quanto dominio di se stesso, quanta pazienza era necessaria per
superare tutte le noie, difficoltà, pene e contrasti che s'incontrano nella
pratica di tale metodo per educare la gioventù naturalmente irrequieta,
spensierata, testereccia; quindi conchiuse, insegnò e lasciò a noi come
in testamento che il modo più sicuro ed efficace per impossessarsi
della volontà dei giovani e piegarli al bene è la dolce carità, ilare pur
nella pazienza. Come dunque voi, Figlie di Maria Ausiliatrice, che col
medesimo impulso e scopo lavorate a bene della gioventù femminile,
più sensibile ancora alla dolcezza dei modi, come potrete riuscire nel
vostro intento senza !brinarvi a questa paziente carità che nelle
difficoltà, noie e sofferenze vi mantiene calme, dolci, ilari e serene?
Pazienza delle Figlie di M. A. fra di loro. ­ Ma credete voi che tali sarete
colle fanciulle affidate alle vostre cure se prima non cercate di essere
tali fra di voi, che in santa carità dovete amarvi come sorelle? La
pazienza è una gran virtù e la virtù è una buona abitudine, quindi
abituali ne devono essere gli atti, sempre, con tutti e specialmente con
chi più ci avvicina e vive con noi. Studiatevi dunque di formarvi alla
vera pazienza specialmente fra di voi, che siete membri d'una stessa
gran famiglia. L'Apostolo S. Paolo andava ripetendo «Iter alterius
onera portate (1), sopportatevi a vicenda, e la stessa cosa io dico a voi :
sopportate con dolce pazienza e fraterna carità i difetti l'una dell'altra.
La carità non iscopre per impazienza o imprudenza le mancanze altrui
charitas operit multitudinem peccatorum (2), non pensa, non dice
male di nessuno: charitas non cogitat malum (3), anzi un cuore ben
formato alla paziente carità tollera tutto, omnia suffert (4), e con dolce
insinuazione porta chi sbaglia all'emendamento che sempre spera,
(1) GAL. vL,
(2) PETR. IV, 8. (3) COR. xiii, 5. (4) Ib. 7.
omnia sperat (1), poichè tutti suppone di buona volontà e quasi sempre
animati da buona intenzione. Può darsi di fatto che a voi medesime sia
talora occorso di dovervi ricredere sul conto di qualche sorella,
giudicata in un momento di poca padronanza su di voi. e quante volte

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forse meravigliate dapprima di veder ciò che appariva poca delicatezza,
vi trovaste dopo contente di capire che era forte ma fraterna carità ?
Oh non vogliate dunque lasciarvi alla prima impressione, ma
padroneggiatevi, mettetevi in calma e attraverso alla dolce e paziente
carità le cose vi appariranno in color molto migliore. La dolce e forte
virtù della pazienza vi farà trovare soventi irriflessione e non malizia,
inavvertenza e non fredda dimenticanza, poca intelligenza e non
cocciutaggine, impotenza e non negligenza; quindi in voi si rafforzerà
un senso di benevolo compatimento, di pietosa commiserazione
soffocando il risentimento dell'impazienza che talora confina
coll'ingiustizia. E poco giusta ed impaziente assai si mostrerebbe di
fatto quella che avesse parole di rimprovero per chi sbaglia
nell'espressione che non sa ben formolare, o tace perché non sa
esprimersi, o dice ciò che a sua insaputa può far
(1) COrinTH. XIII, 7.
pena: poco giusta ed impaziente assai quella che si oscurasse
all'appressarsi di chi inconsciamente le riuscisse antipatica, urtante, o
seria troppo allontanasse da sè chi giù supera tanta soggezione per
presentarsi, o non ascoltasse che a metà una giusta discolpa che la
ferisce; poco giusta ed impaziente assai quella che si lamentasse di un
ordine che può eseguire, o sussurrasse per disposizioni di cui non vede
che il lato penoso, o malignasse per un avvertimento che ben le sta.
Tutte queste ascoltando più la passione che la virtù, seguendo più
l'impressiono che la ragione, farebbero fra di voi ben tristo figura e
darebbero esempio di ben poca perfezione.
Invece quelle che dolci ed inconcusse nella loro pazienza sempre
hanno una parola amica, sorridono e con grande soavità quietano e
indirizzano chi sbaglia, incoraggiano le timide aiutandole ne' loro
impacci, scusano con grande persuasione chi le avesse l'atto soffrire,
cordialmente accettano le ragioni di chi si discolpa, giubilanti se le
trovano valevoli e spiacenti ma buone sempre, affabilmente buone se
le devono mostrare insufficienti ; quelle che mille volte interrogate
mille volte rispondono con dolcezza, nè si mostrano disgustate se le
domande son di cose assai comuni, nè mortificano rilevandone
l'inopportunità ; quelle che mal corrisposte non si stancano,
mortificate cercano in secreto di risparmiarvi le mortificazioni ; quelle
insomma che vi rendono praticamente sensibile la dolcezza della
paziente carità, ditemi voi se davvero non vi rapiscono. vi confortano.
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vi trascinano al dovere, all'osservanza. alla virtù? E una suora che così
si comporti colle sue sorelle, voi lo vedete che fra le ragazze riuscirà a
guadagnarne i cuori e sodamente indirizzarle al bene, alle pratiche
religiose, alla stabile pietà, al Paradiso.
Tali adunane cercate di essere tutte voi e con così dolce e paziente
carità vogliate sempre trattarvi fra di voi. Penetrando ben dentro
all'anima vostra vedete a che punto vi trovate nell'acquisto di sì
gloriosa virtù, e se scorgete che ancora assai vi resta a fare, risolvete
con pienezza di cuore e pregate, come sopra abbiamo detto,
mettendovi con generosità per avanzare, avanzare sempre. Se poi non
ostante ogni attenzione e buon volere vi occorresse di sbagliare ancora,
non ismarritevi. ma con forza ancor maggiore rimettetevi, correggete
lo sbaglio, umiliandovi anche se occorre con chi vede, o prova, o deve
correggere la vostra impazienza, e avanti, sempre avanti. Perseverando
indefesse in questo santo esercizio, che costa assai ma tanto ci eleva
rendendoci simili e cari al buon Gesù, voi farete passi da gigante nella
via della perfezione, diverrete nelle mani di Dio strumento di
santificazione per chi vi avvicina. sarete di vera consolazione per chi
vive con voi o per voi ; in una parola vi formerete ciò che deve essere
una Religiosa, una vera Figlia di Maria Ausiliatrice.
Di una grazia così grande come è la paziente carità che vi ho descritto,
la vera e dolce pazienza che vorrei vedere in tutte voi fortemente
radicata, vi sia intanto caparra la copiosa benedizione che ben di cuore
mando a ciascuna di voi. Ma ricordatevi sempre che di molte
preghiere, specialmente in questi tempi, ha gran bisogno l'amata
Congregazione e quindi non cessate mai di pregare per essa.
E nelle vostre fervide preghiere vogliate anche ricordare il vostro
Torino, ultimo giorno dell 1904.
Sac. MICHELE RUA.
Secret. D. C. BRETTO.
PS. ­ Quest'anno oltre al ringraziare tutte degli augurii e preghiere che
avete fatto per me. pel Direttor Generale e per le Madri, in occasione
delle Feste Natalizie e Capo d'anno, devo in modo particolare attestarvi
la mia riconoscenza per l'impegno che avete dimostrato nell'ottenermi
dal Signore la guarigione dall'indisposizione che mi aveva incolto. Sì.
ve ne ringrazio proprio di cuore e vi assicuro che pur a vostro

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vantaggio voglio impiegare le forze che per mezzo delle vostre preghiere ho potuto ricuperare. Il buon
Gesù intanto ci benedica tutti e ci dia modo di condurre con noi molte anime in Paradiso.
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