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Codice scheda: ASC A4580120 (Microscheda: 3989C2/E3)
Luogo e data: TORINO ­ 31/12/1902
Autore: RUA MICHELE
Destinatario: F.M.A.
Classificazione: Rua: Circolari, direttive, documenti
Tipo documento e supporto: Circolare ­ Stampa tipografica
Autenticità: Copia
Contenuto: Si intrattiene sulla devozione al S.Cuore di Gesù, con
riflessioni desunte dal Vangelo. Si sofferma su mansuetudine e umilta`
come virtù da imitarsi esull'amore di Gesù, portato fino alla Croce.
***
ALLE FIGLIE
Di
Maria SS. Ausiliatrice
L'anno passato invece di unire al vostro Elenco Generale la lettera che
soglio mandarvi in questa circostanza, pensai di spedirne
separatamente una copia a ciascheduna di voi. Tal cosa non solo
incontrò il vostro gradimento, ma vi fece anche del bene. Nella
speranza che questo bene si rinnovi e continui, continuerò io pure a
fare come ho fatto l'anno scorso.
L'argomento della Santa Allegria non vi fu discaro; ma ora io vorrei
potervi condurre al fonte stesso di questa santa allegria, vorrei
condurvi al Buon Gesù, i cui precetti rallegrano i cuori: Justitiae
Domini rectae laetificantes corda (1), vorrei condurvi al Sacro Cuore di
Gesù perchè ivi attingiate, con vero gaudio dell'anima, la soda virtù che
vi deve infor­
(1) Ps. XVIII, 8.
mare: haurietis aquas cum gaudio de fontibus Salvatoris (1).
Con mia grande consolazione appresi che la divozione al Sacro Cuore
di Gesù, secondo il desiderio che altra volta io ne mostrai, anche tra le
Figlie di M. A. è praticata con islancio di soda pietà. Ma non è iu
genere della Divozione al Sacro Cuore di Gesù che ora voglio parlarvi ;
piuttosto vi esporrò qualche pensiero per aiutarvi in ciò che di questa
divozione forma la parte più essenziale, più gradita a Gesù stesso, più
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vantaggiosa per le anime nostre: voglio dire l'imitazione delle virtù del
Sacro Cuore.
Un giorno il Buon Gesù, dopo di avere ringraziato il suo Eterno Padre
perché voleva rivelate alle anime semplici certe verità tenute occulte ai
sapienti e prudenti del inondo, dopo di aver chiamati a sè tutti coloro
che sentono bisogno di conforto, volendo in poche parole dire ciò che
dobbiamo fare per gustar la vera pace dell'anima, uscì in questa
sentenza : imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore e
troverete riposo alle anime vostre: discite a me quia mitis sum et
humilis corde et invenietis requiem animabus vestris (2).
(1) IsAIA, XII, 3. (2) MATH. XI, 29.
Quale rivelazione in queste parole ! Come doveva mai il Buon Gesù
indicare più chiaramente le virtù che desidera imitiamo nel suo Sacro
Cuore? Poniamoci adunque a studiare in Lui la mansuetudine e
l'umiltà per ricopiarle in noi meglio che ci sarà possibile, ed Egli ci
aiuti colla sua santa grazia.
La prima riflessione che vorrei facessimo in questo studio è che la
stessa Increata Sapienza Gesù ci fa da Maestro e usa con noi il metodo
che una madre usa col suo bambino. Essa, sotto gli occhi del figlio suo
compie l'azione che gli vuol far apprendere e poi gli dice: fa come ho
fatto io; e Gesù comincia Egli stesso dal fare gli atti di virtù che vuole
insegnare a noi : coepit facere et docere (1) e poi ci ammaestra dicendo
imparate da me: discite a me. fate secondo l'esempio che io vi ho dato.
E alla scuola di un tale Maestro che ci mostra tanta affabilità, potremo
noi non sentirci in cuore ardentissimo desiderio di approfittare delle
sue lezioni, seguendo i suoi sublimi ed amorevoli esempi?
Dice: discite a me quia mitis sum, imparate da me ad essere mansueti,
ossia imparate da me ad essere pazienti con chi vi dà noia, pronti a
beneficare ancora chi vi facesse del male,
tolleranti con chi sbaglia, cedevoli ove si può coi contradditori, affabili
con tutti, ritenuti nel giudicare, delicati nell'avvertire; insomma di
cuore sempre buono, sempre dolce, con parole che rivelando la calma
dell'anima in pace, ad altri comunicano l'interna soavità che scende ai
cuori come balsamo di salute. E che tutto questo ed altro ancora di
questo genere comprenda la mansuetudine che Gesù ci inculca, basta
aprire il Santo Vangelo per esserne convinti.
Eccolo là il Buon Gesù in mezzo ad una turba di fanciulli portati a Lui
perchè li benedica. Gli Apostoli ne sono seccati e vogliono allontanarli:

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Dia Gesù soavemente dice: oh lasciate che i pargoletti vengano a me,
poichè di questi tali è il regno dei cieli : sinite parvulos venire ad me,
talium est enim regnum
coelorum (1) ; mostrando così che di loro non si annoiava ma si
deliziava: deliciae meae esse cum filiis hominum (2).
Un'altra volta avendo Gesù ricevuto un affronto dai Samaritani,
indignati i discepoli di Lui Giacomo e Giovanni dissero: Signore, vuoi
tu che noi comandiamo che piova fiamme dal cielo, e li divori?
Domine, vis dicimus
ut ignis descendat de coelo, et consumat
(1) MATH. XIX, 14. (2) Provv. VIII, 31.
illos? (1). Ma Egli rivoltosi ad essi li sgridò, dicendo: Non sapete a
quale spirito apparteniate. Il Figliuol dell'uomo non è venuto per
disperdere gli uomini ma per salvarli: filius
ho­minis non venit animas perdere sed salvare (2). A questo modo
Gesù difende i suoi offensori praticando ciò che poi apertamente
insegnò e ci fece insegnare, di render bene per male: vince in bono
malum (3).
Una povera donna colta in grave fallo, per cui doveva essere lapidata,
viene condotta innanzi a Lui da molti che tumultuando ostentavano
più zelo per la legge, di ciò che avessero in cuore di amore per la virtù.
Egli tocco da pietà per lei, con un tratto di sua sapiente bontà, la salva
costringendo i suoi accusatori a ritirarsi confusi con dire che a
scagliare la prima pietra su quella infelice fosse tra di loro chi fosse
senza peccato: qui sine peccato est vestrum primus in illam lapidem
mittat (4), insegnando così col fatto che la tolleranza con chi sbaglia
non nuoce alla giustizia ed è tanto cara al suo Cuore.
Aveva Gesù operato uno stupendo miracolo restituendo l'uso della
mano ad uno che l'a­
(1) LUC. IX, 51. (2) Ib. IX, 56.
(3) Rom. XII, 21. (4) Io. VIII, 7.
veva attrappita; ma era in sabato, ed i suoi nemici glie ne volevano fare
un capo di accusa. Egli dolcemente li convince che come in sabato era
lecito trarre in salvo una pecorella caduta in una fossa, così pure era
lecito in sabato salvare un povero uomo da un malanno così grave; ma
quelli si infuriano ed Egli per non contrastare si ritira, praticando ciò
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che il Profeta aveva predetto di Lui che non avrebbe litigato, nè
gridato: non contendet neque clamabit (1).
E l'affabilità sua con tutti è dimostrata dalla confidenza che ispirava
alle turbe che continuamente lo assiepavano, alla gente del volgo e ai
signori, ai dotti e agli ignoranti, a povere donnicciuole che gli
portavano i loro bambini da benedire, a semplici fanciulli che a Lui
domandavano la via dell'eterna salute ; è dimostrata
dall'interessamento, che aveva per coloro che soffrivano, sollevandoli
nelle loro pene, provvedendo ai loro bisogni, confortandoli in ogni
circostanza ; ù dimostrata ad evidenza dall'affezione che per Lui
avevano gli Apostoli , i quali alla sua sequela si sentivano trattati con
tanta bontà che rapiva loro il cuore e li disponeva a fare per amor suo
qualunque sacrificio, pronti anche a dare la vita per Lui
(1) MATH. XII, 19.
come quando vollero accompagnarlo nel suo pericoloso ritorno in
Giudea, dicendo: andiamo noi pure e moriamo con Lui: eamus et nos
et moriamur cum eo (1).
La sua ritenutezza poi nel giudicare fu veramente ammirabile. Egli che
pur era costituito dal Padre giudice dei vivi e dei morti constitutus est a
Deo Judex vivorum et mortuorum (2), richiesto un giorno di
pronunciarsi in una questione che un cotale aveva con suo fratello, non
essendo ciò necessario, bellamente si rifiutò dicendo che non ne aveva
il mandato: homo quis me constituit judicem... super vos? (3). E
poichè il tempo di giudicare il mondo non era ancor venuto, Egli si
dimostrava schivo dal giudicare, per non condannare, e talora diceva:
io non giudico nessuno: ego non judico quemquam (4) e talaltra: se
qualcuno non avrà fatto caso delle mie parole io non lo giudico, non lo
condanno, perchè non sono venuto per giudicare il mondo, ma per
salvare il mondo: non enim veni ut judicem mundum, sed ut salvificem
mundum (5). Quindi inculcava a noi di non giudicar
(1) Io. XI, 16. (2) Act X, 42. (3) Luc. XII, 14. (4) Io. VIII, 15. (5) Ib. XII,
47,
nessuno se non vogliamo essere giudicati: nolite judicare ut non
judicemini (1).
E quando voleva ammonire qualcuno quanta dolcezza per non
isconcertarne l'animo, quale insinuazione per fare che l'avvertimento

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fosse preso con buona volontà! Col Fariseo che lo aveva ospitato usa
una lunga circonlocuzione per fargli capire che non giudicava bene la
penitente Maddalena; con Giuda stesso che veniva per tradirlo usa
termini delicatissimi per espugnarne il cuore, e alla lunga facendogli
notare l'empietà che in quel punto medesimo compiva, lo chiama
ancor amico: amice, ad quid venisti? (2); con chiunque poi non si
mostrava mai imperioso, ma piuttosto pregava dicendo: noli, nolite,
non voler far questo, non vogliate far quello, mirando così a
guadagnarne la volontà colle sue ineffabili maniere.
Ma non si terminerebbe più se volessimo rilevare tutte le finezze di
quel Cuore divino , inesauribile per bontà. Gli esempi ora addotti sono
come una goccia attinta dall'Oceano, e voi medesime, che della vita di
Gesù formate il miglior pascolo alla vostra pietà, sapete come Egli,
venuto fra noi per puro e disinteressatissimo amore, tratto solo dalla
carità colla quale da tutta l'eternità ci ha
(1) MATH. VII, 1. (2) Ib. XXVI, 50,
amati: in charitate perpetua dilexi te (1) anzichè adirarsi per la nostra
iniquità volle sacrificarsi tutto per liberarci dall'ira di Dio che gravitava
sopra di noi, volle profondere infiniti tesori per migliorare la nostra
condizione. Ed ancora quando gli uomini, invece di corrispondere alla
sua inenarrabile misericordia e generosità, mostravano la più
stomachevole noncuranza, la più mostruosa sconoscenza, e nel delirio
feroce della loro malizia a Lui preparavano la più crudele delle
passioni, Egli volle in quel punto medesimo, a vantaggio loro, dar
fondo, per così esprimermi, alle risorse infinite della sua Potenza,
Sapienza e Bontà, alle sue infinite ricchezze, istituendo il Sacramento
dell'amore. Ed anche quando inchiodato da noi e per noi sulla croce,
sentiva gli scherni de' Farisei e gli urli insani della plebe che insultava
alle sue agonie, raccolti gli ultimi spiriti vitali volle ancora elevare una
preghiera per quei perfidi esclamando: Pater dimitte illis; nesciunt
enim quid faciunt (2), Padre, perdona a loro perchè non sanno ciò che
fanno, e spirava come vero Agnello di Dio, che sacrificato per noi non
sa adirarsi, mostrando con quanto di ragione, fattosi maestro di
mansue
(3) Io. xxxi. :3. (2) Luc. xxiii, :34.
tudine possa gridare a noi: discite a me quia mitis sum, quia mitis sum.
E a quel grido divino come ci siamo commossi noi? come ci siamo
impegnati ad imitare Gesù che ci si propone per modello ? Oh ! ditemi,
mie buone figlie, a che punto siete voi giunte nel dominare in voi i moti
di quell'ira che potrebbe rendervi tanto difformi dal Buon Gesù? E se
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pur vi pare d'aver fatto qualche passo innanzi nel frenare la
impetuosità, la. grande suscettibilità del vostro carattere, sentite voi di
avere ciò fatto secondo il cuore di Gesù, per l'amore che a Lui vi deve
legare, sforzandovi di sempre avanzare noti solo nella dolcezza dei
modi esteriori ; ma, ciò elio più importa, ancora nella mitezza de'
sentimenti interiori?
Da brave su; date uno sguardo alla vita vostra e dite a voi stesse :
nessuna mai tra le vostre consorelle, tra le ragazze, tra le persone che
hanno da fare con voi, ha potuto notare dal vostro contegno che essa vi
è causa di noia o di fastidio, perchè voi avete sempre saputo frenare in
voi ogni moto contrario alla dolce carità del Buon Gesù? Nessuno ha
mai potuto sospettare che certi rifiuti destramente motivati, certe
parole dolci di sapor agretto, certi sorrisi annebiati, certe scuse
debolucce anzi che no, certe gentilezze semipungenti non fossero
il velo troppo rado di un risentimento mal compresso? Nessuno,
proprio nessuno avrà mai potuto pensare che in quelle zelanti, vivaci
parole di condanna di un difetto in genere, voi aveste in mira di colpire
questa o quella in particolare verso cui vi mostrate poco tolleranti? E
quel più o meno mellifluo, ma troppo insistente ragionare per
convincere chi non laa pensa come voi, non potrebbe rivelare in voi
uno spirito poco cedevole. che mette sovente a dura. prova la pazienza
altrui ? E quei giudizi così pronti, così vivi. formolati nella vostra
mente e talora anche nelle vostre parole, provano forse la vostra
ritenutezza e la cura benevola che voi avete del buon nome altrui ? E
quando vi credete in diritto o in dovere di avvertire di qualche difetto
una compagna, una ragazza . una qualsiasi persona, vi assicurate voi
sempre che l'animo vostro sia in perfetta calma, la mente vostra
chiaramente illuminata sulla verità della cosa, la parola vostra
misurata secondo il momento, le forze, le disposizioni di chi l'ha da
ascoltare? Insomma chi sente voi , chi vi vede può dir sempre di
contemplare in voi un'immagine vivente, del dolcissimo, del mitissimo
Gesù di cui siete spose?
Peraltro non è solo la mansuetudine che vuole impariamo da Lui, ma
ancora l'umiltà. e l'umiltà di cuore, La mansuetudine frena i
moti dell'ira che offuscando la ragione più non ci lascia vedere i motivi
che si hanno di tollerare ciò che ci contraria; ma l'umiltà fiacca la
superbia che in noi è fonte d'ogni disordine: initium omnis peccati est
superbia (1). La superbia esagerando il concetto che dobbiamo avere di
noi e solleticando il nostro amor proprio ci fa cercare grandezze ed
onori indebiti, ci rende intolleranti d'ogni sommissione e il superbo

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diviene un ribelle che col fatto dice a Dio: non serviam (2) non ti voglio
servire; quindi con Dio non avrà mai pace: Deus superbis resistit (3).
L'umile invece tutto a Dio si sottomette di cuore, epperciò il Signore
posa sovra di lui la sua compiacenza : humilibus dat gratiam (1) ; tanto
che alle parole di lui schiude la fonte delle sue misericordie : Oratio
humiliantis se nubes pertransibit... et non descendet donec Altissimus
aspiciat (5) e la preghiera dell'umile diviene così onnipotente presso
Dio. E il Buon Gesù che tutto si compiace del nostro bene, volendo
renderci oggetto di compiacenza al Suo Eterno Padre, volendo farci
partecipi della sua onni­
(1) Eccli. x, 15.
(2) IereM, II, 20. (3) Jacob. IV, 6. (4) 1 Petr. V, 5. (5) Eccli. xxxv, 21.
potenza presso di Lui , ci invita a praticare l'umiltà, dietro l'esempio
che ce ne dà Egli medesimo: discite a me quia sum humilis corde.
Ed ecco subito il conto che c'insegna a fare delle grandezze, degli onori
di questo mondo. Egli, Dio uguale al Padre, Re di tutti i secoli scende
fra di noi e per sua reggia sceglie una grotta, per trono una mangiatoia,
per cortigiani pochi e rozzi pastori; Egli Creatore dell'Universo, che a
tutto e a tutti provvede in abbondanza, ha per opulenza lo squallore
della povertà, è bisognoso di tutto; Egli corteggiato da milioni di angeli
che gli cantano gloria nel più alto de' cieli è da tutti abbandonato ed ha
per plauso il silenzio d'un antro romito; Egli Onnipotente, che tiene il
mondo in pugno, Mundum pugillo continens (1) s'è fatto debole
bambino che non si regge da sè e colla fuga dei suoi si sottrae all'ira
insidiosa d'un re della terra. Il suo onore adunque dov'è ? dov'è la sua
grandezza? Oh come è conquisa la nostra superbia
Ma quel bambino è cresciuto e s'è fatto un fanciullo così soave che
forma l'incanto di Giuseppe e di Maria; ma chi d'altri si occupa di Lui?
chi ne parla? Per un mo­
(1) Hymn. B. M. V.
mento in Gerusalemme i dottori del tempio restano ammirati alla
prudenza delle suo risposte, ma poi tutto rientra nel silenzio, e Gesù, la
Sapienza Incarnata, venuta al mondo per diffondere i tesori della
celeste dottrina, ci dà il portentoso esempio d'una vita nascosta che
dura per ben trent'anni. Egli cui ubbidiscono il vento ed il mare:
Ventus et mare obediunt Ei (1), da' cui cenni pendono gli angeli del
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cielo, pure come il più ossequente ed amorevole dei figli ubbidisce a
Maria sua madre, ubbidisce a S. Giuseppe: erat subditus illis (2) ; e
nell'umile ubbidienza passa gli anni più belli della sua vita, nei lavori
volgari d'una povera bottega da fabbro legnaiuolo, tanto che ognuno lo
riconosce all'appellativo di fabbro, figliuolo del fabbro, faber (3), fuori
filius (4). E noi che tali cose conosciamo possiamo talora assecondare
l'ambizione, e siamo seguaci di Gesù?
Il tempo di farsi conoscere però è venuto, e almeno adesso metterà in
mostra la sua potenza, e volgendosi agli influenti del mondo si farà
strada tra gli uomini, che allo splendore della sua grandezza lo
riconosceranno per
(1) MARC. IV, 40. (2) Luc. II, 51. (3) MARc. vi, 3. (4) MATH. XIII, 55.
l'aspettato Messia. Così avrebbe suggerito il nostro amor proprio;
invece Gesù tiene precisamente la via opposta. Confuso tra le turbe si
presenta a S. Giovanni per farsi battezzare, quindi s'interna nel deserto
ove neppur Satana lo riconosce. Uscito di là si circonda di pochi e
poveri pescatori e si aggira per le vie e per le piazze ove lo ascolta il
popoletto, mentre i maggiorenti lo evitano o l'avvicinano solo per
contraddirlo, e se pur taluno di essi, tocco dalle sue parole, si reca da
Lui per esserne ammaestrato, sceglie le ore notturne percbè altri non
lo sappia. È vero che i miracoli da Lui operati per provare la divinità
della sua missione parlano per Lui, ma Egli raccomanda che si taccia,
non vuole che se ue meni rumore, e quando il popolo lo esalta e vuole
crearlo re Egli si cela e si allontana, lasciando a tutti l'esempio del
come va trattata la vanagloria di quaggiù.
Ma almeno tra i suoi, tra quelli che già lo conoscono per quel che è,
Egli permetterà qualche distinzione in suo onore. No, no, neppur
questo ; ma per istampare profondamente nel nostro cuore che presso
Dio gli ultimi saranno i primi : Sic erunt novissimi primi, et primi
novissimi (1), e che il maggiore
(1) MATH. XX, 16.
ha da tenersi come l'ultimo, così pratica Egli stesso dicendo che non
era venuto per farsi servire ma per servire: Filius hominis non venit
ministrari, sed ministrare (1). E negli ultimi giorni della sua vita sopra
la terra, per meglio ribadire questa lezione, Egli Maestro e Signore,
volle lavare umilmente i piedi a ciascuno degli Apostoli e a Pietro, che

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per venerazione si rifiutava, disse tali parole che subito lo quietarono.
Che dunque ci vuole di più per conoscere quanta umiltà albergasse in
quel Cuore divino?
Ma non basta, poichè Gesù non solo non cerca gli onori che gli
spetterebbero, non solo si comporta come l'ultimo di tutti: novissimus
virorum (2) ; ma ancora sostiene con dignità e calma le villanie ed
umiliazioni che certo non poteva meritare. Sono gravi talora e ben
umilianti gli insulti che a Lui si fanno, ma Egli, purche sia salvo l'onore
del suo Eterno Padre, non fa parola, non si difende e tutto subisce in
pace. È detto per villania un Samaritano ed Ei non ne fa caso; è
chiamato sovvertitore della plebe e non emette una parola di lamento;
davanti al giudice romano son fatte molte e molte accuse
(1) MATH. XX, 28. (2) ISAI. LIII, 3.
a suo carico ed Ei non si commuove; tanto che il Preside stesso è
fortemente meravigliato come un uomo possa tacere e rimanere calmo
e sereno, come Gesù si mostrava, sotto la tempesta di ingiurie così
atroci ; tanto più che Pilato capiva nulla aver fatto Gesù di ciò che gli si
attribuiva : nullam invenio in eo causam (1). Ma quel povero pagano,
educato alla boria di Roma superba, non poteva comprendere una
virtù che neppur conosceva di nome, non poteva penetrare i misteri
dell'umiltà del Sacro Cuore di Gesù.
E di noi medesimi chi può penetrare in quell'abisso senza fondo? Nella
via delle umiliazioni il Buon Gesù, secondo l'espressione del Profeta,
doveva essere saturato di obbrobrii Saturabitur opprobriis (2), e così di
fatto Egli volle coronare la sua vita. Venduto da uno dei suoi più intimi
, per la vil somma di trenta danari , e abbandonato da tutti gli altri,
Egli che con una parola aveva fatto indietreggiare e cadere i suoi
nemici : abierunt retrorsum et ceciderunt in terram (3).
si dà spontaneamente nelle loro mani. Arrestato come un infame
malfattore, mentre non aveva fatto che del bene: pertransit be­
(1) IOAN. XVIII, 38. (2) Thren. III, 30. (3) IOANN. xvIII, 6.
nefaciendo (1), in mezzo agli sgherri per suo scorno maggiore è
condotto legato per quelle vie. che pochi giorni prima aveva percorso
trionfalmente. Tradotto da un tribunale all'altro Egli è avvilito,
schiaffeggiato, tre volte negato dal capo stesso dei suoi Apostoli,
trattato conte pazzo e fatto segno a' lazzi inverecondi di una soldatesca
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senza onore. Posposto al feroce Barabba dal popolo, quantunque Pilato
lo riconosca senza colpa, pure lo condanna al supplizio degli schìavi e
legato ad una colonna è barbaramente flagellato; quindi viene lasciato
al feroce arbitrio di militi senza cuore. Essi gettatogli sulle spalle un
cencio di porpora, come a re da burla, gli fanno tenere in mano uno
scettro di canna fessa e gli comprimono sul capo una raccapricciante
corona di spine, che gli dà tali spasimi che solo colla sua forza divina Ei
può sostenere. Oh povero Gesù! e come mai non si muovono le celesti
coorti a difendere l'onore del loro Re calpestato come vil verme della
terra? Ma Gesù stesso le trattiene perchè vuol essere saturato di
obbrobrii, per fiaccare in sè la nostra superbia che ci rese ribelli a Dio,
per farsi vero maestro di quell'umiltà che suscita le divine misericordie
e ci fa salvi.
(1) Act. x, 38.
Ridotto a tale stato il buon Gesù non è più riconoscibile: et non erat
aspectus (1), e ad un cuore non interamente efferato non può ispirare
che compassione. Pilato se ne persuade e per questo mezzo tenta di
salvarlo dalla morte. Lo fa dunque venire a sè e disfatto come si trova
lo presenta a quel popolo che Gesù aveva tanto beneficato. Ma, oh
confusione pel povero Gesù! il popolo lo riconosce e lo insulta
maggiormente e come un forsennato grida: a morte, a morte ; alla
croce, alla croce. ­ Ma la morte di croce è il peggiore e il più infame dei
supplizi e Gesù è pur figlio di Davide il più grande dei vostri Re! ­ Non
importa, anzi è appunto questo che vogliono i Farisei inveleniti perchè
aveva scoperta la loro iniquità, lo vogliono non solo morto ma
infamato, per rifarsi a modo loro delle patite disdette. Ed ecco che il
Buon Gesù, come un ribaldo, estenuato qual è, viene costretto a
portare sulle sue spalle per l'erta del Calvario lo strumento del suo
supplizio. Per la debolezza cade sfinito sotto la croce due volte, e due
volte come un giumento è costretto colle percosse a rialzarsi ; cade la
terza volta e finalmente lo sgravano di quel peso, ma per tema che
morendo per via non isfugga all'onta di vedersi crocifisso. Giunto sulla
cima
(1) Isai. LIII, 2.
ferale viene spogliato e barbaramente inchiodato alla croce, al cospetto
di una turba infinita di gente accorsa per assistere alla consumazione

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del massimo de' delitti.
Ed eccolo là il Diletto dell'Eterno Padre sollevato tra cielo e terra, in un
mare di dolore e d'ignominia, condannato come un sovvertitore
politico mentre s'era sottratto quando volevano farlo Re, provocato
con ischerno a liberare se stesso poiché altri aveva liberati; eccolo là
frammezzo a due ladroni crocifissi ai suoi fianchi per maggior
umiliazione, a compimento di quanto aveva detto il Profeta:
cum sceleratis reputatus est (1); fu confuso cogli scellerati. E Gesù che
è pur sempre il Re della gloria, la compiacenza infinita dell'Eterno
Padre, la luce che delizia in estasi d'amore i felici comprensori del
Paradiso, veramente saturo di dolore e di obbrobrii, china il capo e
spira sul tronco infame della croce, abbandonato dai discepoli, vilipeso
dal popolo, vituperato dai sacerdoti e pur potendo disporre
diversamente, così permette Egli stesso non solo per liberare noi
dall'eterna confusione, ma ancora per insegnarci ad avere in nessun
conto la stima del mondo, a non temere le umiliazioni che ci toccano
nell'esercizio del nostro dovere, per renderci forti
(I) Isai. LIII, 12 .
in quella profonda umiltà a cui è informato il suo divin Cuore nostro
modello e nostro
conforto : discite a me quia sum humilis corde.
Davanti ad un esempio di questa fatta che diremo noi? quali
sentimenti si svolgeranno nello spirito nostro? Gesù mansuetissimo in
tante pene è sitibondo di umiliazioni, e noi con che cuore accettiamo
quelle che la vita ci presenta? Gesù Re della gloria calpesta gli onori di
quaggiù, e noi con quale generosità vi rinuncieremo? O mie buone
figlie, se anche a questo punto scendete ben dentro all'anima vostra la
troverete voi imbevuta d'umiltà sincera e cordiale come Gesù l'ha
dimostrata? Gli esempi lasciati da Lui formano l'oggetto delle vostre
riflessioni, il termine delle vostre aspirazioni, dei vostri sforzi continui
per poterli imitare colla sua santa grazia?
Se voi sentite o immaginate di avere qualche qualità che vi distingue
per famiglia, studio, lavoro od altre doti personali è sempre da voi
compressa una vana compiacenza che vi solletica, specie quando vi si
fa sentire una imprudente parola di lode, o per vostro maggior
incoraggiamento taluno lascia conoscere che non vi crede l'ultima fra
tutte? Se intorno a voi la Divina Provvidenza e l'ubbidienza hanno
collocato persone che non troppo v'intendono per età, per limitazione
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d'ingegno o diver­
sità d'educazione sentite in voi cordiale impegno per adattarvi a loro, o
assecondate il desiderio di essere con chi più vi aggrada col pretesto di
fare maggior bene? E se il Signore ha disposto che dobbiate ubbidire a
chi credete da meno di voi perchè più giovane, meno letterata, di modi
meno fini, o voi giudicate impari alla sua posizione perchè non vede le
cose come voi, o stimate di carattere difficile perchè non sempre vi
sorride e vi asseconda, allora in voi lo spirito spontaneamente vi porta
a piegarvi di mente e di cuore all'ubbidienza o a liberarvi da quella
sottomissione poco a voi gradita? E quando l'occupazione impostavi
non fosse di genere elevato come prima, non vi sfuggono parole di
maraviglia come se a voi non si dovessero più assegnare umili uffici, o
non s'oscura il vostro volto come se foste offese, o benanco non vi
industriate con pretesti e sorprese per liberarvi da quell'incarico che sì
bene vi eserciterebbe nell'umiltà che vi manca e averne un altro che
asseconda l'amor proprio che vi accieca? E quando, forse per
inavvertenza, qualcuna usa con voi qualche parola poco misurata, o
non pienamente conforme a verità, o non rilevante appieno i vostri
meriti veri o supposti e vi trovate così ferite nel concetto che volete si
abbia di voi, l'immagine di Gesù vilipeso, che
tace e sopporta, subito vi occorre alla mente per eccitare la vostra
volontà ad un atto di vera e cordiale umiltà come Gesù desidera da voi?
E se per qualche mala intelligenza vedeste tutto mutare intorno a voi ,
con voi oscure le uguali, incerte le Superiore, meno rispettose le
dipendenti; se permettendolo Iddio, per qualche causa che voi sapete o
anche noti sapete di aver dato, vi toccassero dei rimproveri che non
credete di aver meritato ; se a vostra prova il Signore permettesse che
vi credeste, in casa o fuori, prese di mira, contraddette a bella posta,
perseguitate dall'invidia, disprezzate colla noncuranza, menomate
nella riputazione, combattute per sistema, oh allora, allora vi
rifuggiereste voi ai piedi di quella croce su cui, per disposizione del suo
Eterno Padre, dopo una sì lunga e non interrotta serie di gravi
umiliazioni, il Buon Gesù spirò per noi come il più vile, il più infame
malfattore di questo mondo? Eppure così desidera il Buon Gesù che
noi facciamo, poichè continuamente al cuore ci grida: imparate,
imparate da me.
Oh vogliamo, sì vogliamo una buona volta, farla finita col nostro amor
proprio per darci interamente all'amore di Gesù, che investendo i
nostri cuori coi suoi ardori divini in sè ci trasformi come il ferro dal
fuoco è trasformato

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in fuoco; vogliamo fiaccare la nostra superbia che in noi sì fortemente
s'è radicata, vogliamo comprimere l'ira che tanto si oppone alla dolce
carità, quella carità che sola ci dovrebbe spronare, sempre ci deve
accompagnare, tutti ci deve unire fraternamente nel Cuore di Gesù, col
farci tollerare in pace i difetti altrui nell'umile riflesso che difettosi,
molto difettosi siamo noi pure. A questo modo trasformati, ridotti a
quell'umile mansuetudine e mansueta umiltà che Gesù coll'esempio e
colle parole ha voluto stampare nel nostro cuore, divenuti immagini
viventi di Lui che a noi porge il suo divin Cuore da imitare, non solo
non paventeremo più le prove della vita, ma gusteremo quella pace
dell'animo che Egli ci ha promesso : invenietis requiem animabus
vestris, quella pace che le traversie di quaggiù non valgono a superare,
mentre essa stessa supera ogni umano intendimento: pax Dei quae
exsuperat omnenm sensum (1), quella pace dei forti che faceva dire a
S. Paolo: sono inondato dall'allegrezza in mezzo a tutte le nostre
tribolazioni: superabundo gaudio in omni tribulatione nostra (2). A
questo modo si compierà ciò che a principio vi desiderava che la Santa
Allegria a larghi sorsi beviate nell'imitazione
(1) Philip. iv, 17.
(2) 2 Corinth. vii, 4.
del Sacro Cuore Gesù, attingendo l'acqua dalla divina grazia con
grande gaudio dalle fonti del Divin Salvatore.
Pertanto nella dolce speranza che questo voto pienamente si realizzi in
ciascheduna di voi, mentre alle vostre fervide preghiere raccomando
me e tutta la Congregazione, implorando l'aiuto della potentissima
nostra Patrona Maria SS. Ausiliatrice, come il nostro caro Padre D.
Bosco vi benedirebbe, vi benedico io pure con effusione di cuore,
perchè vi sono.
Torino, ultimo giorno del 1902.
Aff.mo Padre in G. C.
SAC. MICHELE RUA.
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