vita di san Paolo


vita di san Paolo

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VITA
D
S. PAOLO APOSTOLO
DOTTORE DELLE GENTI
per cura del Sacer.
BOSCO GIOVANNI
TORINO
TIPOGRAFIA DI G. B Paravia e Comp.
1857.

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CAPO I.
Patria, educazione di s. Paolo;
suo odio contro ai Cristiani.
S. Pietro è il principe degli Apostoli,
prim o Papa, Vicario di Gesù Cristo sopra
la terra. Egli fu stabilito capo della Chiesa;
ma la sua missione era particolarm ente
diretta alla conversione degli Ebrei. San
Paolo poi è quell'Apostolo che fu da Dio
in maniera straordinaria chiamato a por-
tare la Luce del Vangelo ai Gentili. Questi
due gran Santi sono dalla Chiesa nominati
le colonne e le fondamenta della Fede,
principi degli Apostoli, i quali colle loro
fatiche, coi loro scritti e col loro sangue '
insegnarono la legge del Signore; — Ipsi
nos docuerunt legem tuam, Domine. Per
questo motivo alla vita di s. Pietro
facciamo succedere quella di s. Paolo. È
vero che questo apostolo non è da
annoverarsi nella serie

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dei papi; ma le fatiche straordinarie da lui
sostenute per aiutare s. Pietro a propagare il
Vangelo, lo zelo, la carità, la dottrina
lasciataci ne' sacri libri, ce lo fanno parer
degno di essere posto a lato della vita del
primo Papa, come forte colonna su cui si
appoggia la Chiesa di Gesù Cristo.
S. Paolo era Giudeo della tribù di
Beniamino. Otto giorni dopo la sua nascita
fu circonciso e gli fu imposto il nome di
Saulo che fu di poi cangiato in quello di
Paolo. Suo padre dimorava in Tarso, città di
Cilicia, provincia dell'Asia Minore.
L'imperatore Cesare Augusto concedette
molti favori a questa città e fra gli altri il
diritto di cittadinanza romana. Onde s.
Paolo essendo nato a Tarso era cittadino
romano, qualità che portava con sé molti
vantaggi; perciocché si poteva godere
dell'immanità dalle leggi particolari di
lutti i paesi soggetti o alleati al romano
impero, ed in qualunque luogo un
cittadino Romano poteva appellarsi al
senato od all'imperatore per essere
giudicato.
I suoi parenti essendo agiati lo mandarono
a Gerusalemme per dargli una
[ 170

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educazione conveniente al loro stato. Il suo
Maestro fu un dottore di nome Gamaliele,
uomo di gran virtù, di cui abbiamo già
parlato nella vita di s. Pietro. In quella
città ebbe la ventura di trovare un buon
compagno di Cipro, chiamato Barnaba,
giovane di gran virtù, la cui bontà di cuore
contribuì molto a temperare 1'animo focoso
del condiscepolo. Questi due giovani si
conservarono sempre leali amici e noi li
vedremo a divenire colleghi nella
predicazione del Vangelo.
Il padre di Saulo era Fariseo, vale a dire
professava la setta più severa fra gli Ebrei,
la quale faceva consistere la virtù in una
grande esterna apparenza di rigore, massima
affatto contraria allo spirito di umiltà del
Vangelo. Saulo seguitò le massime di suo
padre, e poiché il suo maestro era eziandio
Fariseo, così egli divenne pieno di
entusiasmo per accrescerne il numero e
togliere di mezzo ogni ostacolo che si
opponesse a tale scopo.
Era costume presso gli Ebrei di far
imparare ai loro figliuoli un mestiere mentre
attendevano allo studio della Bibbia. Ciò
facevano affine di preservarli

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dai pericoli che seco porta 1'oziosità; ed
anche per occupare il corpo e lo spirito in
qualche cosa che potesse somministrare di
che guadagnarsi il pane nelle gravi
congiunture della vita: Saulo imparò il
mestiere di conciatore di pelli e
specialmente a cucir tende. Egli si segnalava
sopra tutti quelli di sua età pel suo zelo
verso la legge di Mosè e le tradizioni de'
Giudei. Questo zelo poco illuminato lo
rese bestemmiatore, persecutore e feroce
nemico di Gesù Cristo. Egli eccitò i Giudei a
condannare santo Stefano, e fu presente alla
sua morte. E poiché la sua età non gli
permetteva di prender parte all'esecuzione
della sentenza, così egli quando Stefano era
per essere lapidato custodiva le
vestimenta de' suoi compagni e li eccitava
con furia a scagliare pietre contro di lui.
Ma Stefano vero seguace del Salvatore fece
la vendetta dei santi, cioè si mise a pregare
per coloro che lo lapidavano. Questa
preghiera fu il principio della conversione
di Saulo; e s. Agostino dice precisamente che
la Chiesa non avrebbe avuto in Paolo un
apostolo, se il Diacono Stefano non avesse
pregato.
C]

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In quei tempi fu suscitata una violenta
persecuzione contro alla Chiesa di
Gerusalemme e Saulo era colui che
mostrava una smania feroce per disperdere
e mandare a morte i discepoli di Gesù
Cristo. A fine di fomentare meglio la
persecuzione in pubblico ed in privato si
fece a tal uopo autorizzare dal principe dei
sacerdoti. Allora egli divenne qual lupo
affamato che non si sazia di sbranare e
divorare. Entrava nelle case dei Cristiani,
li insultava, li malmenava, li legava o li
faceva caricare di catene perché fossero di
poi strascinati in prigione, li faceva battere
con verghe; insomma adoperava ogni
mezzo per costringerli a bestemmiare il
santo nome di Gesù Cristo, La notizia delle
violenze di Saulo si sparse anche in paesi
lontani di modo che il solo suo nome
incuteva spavento fra i fedeli.
I persecutori non si contentavano di
incrudelire contro alle persone dei
Cristiani, ma, come fu sempre usato dai
persecutori, li spogliavano ancora dei loro
beni e di quanto possedevano in comune.
La qual cosa faceva che molti erano
indotti a campar la vita colle limosine che
i fedeli delle Chiese lontane

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loro inviavano. Ma avvi un Dio che assiste e
governa la sua Chiesa, e quando che meno ci
pensiamo egli viene in soccorso di chi in
lui confida.
CAPO II.
Conversione e Battesimo di Saulo
Anno di Cristo 34.
Il furore di Saulo non poteva saziarsi; egli
non respirava che minacce e stragi contro
ai discepoli del Signore. Avendo inteso
che in Damasco, città distante circa
cinquanta miglia da Gerusalemme, molti
Giudei aveano abbracciata la fede, si sentì
ardere di furibondo desiderio di recarsi
colà a farne strage. Per fare liberamente
quanto gli fosse per suggerire il suo odio
contro ai Cristiani, andò dal principe dei
sacerdoti e dal senato che con lettere lo
autorizzarono di andare in Damasco,
incatenare tutti i Giudei che si dichiarassero
Cristiani e quindi condurli .in
Gerusalemme ed ivi punirli con una
severità capace di arrestare quelli che
fossero stati tentati d'imitarli.
[ 174

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[ 176
Ma sono vani i progetti degli uomini
quando sono contrari a quelli del Cielo,
Dio, mosso dalle preghiere di s. Stefano e
degli altri fedeli perseguitati, volle
manifestare in Saulo la sua potenza e la
sua misericordia. Saulo colle sue lettere
commendatizie pieno di ardore divorando
la strada era vicino alla città di Damasco, e
già gli sembrava di avere i Cristiani fra le
mani. Ma quello era il luogo della divina
misericordia.
Nell'impeto del suo cieco furore, verso il
mezzodì una gran luce, più risplendente
che quella del sole, lo circonda con tutti
quelli che l'accompagnavano. Sbalorditi da
quel celeste splendore caddero tutti a terra
come morti: nel tempo stesso intesero il
rumore di una voce solamente compresa da
Saulo. Saulo, Saulo, disse la voce, perché
mi perseguiti? Allora Saulo ancora più
spaventato ripigliò: Chi siete voi, che
parlate? Io sono, continuò la voce, quel
Gesù che tu perseguiti. Ricordati che è cosa
troppo dura il trar calci contro allo
sperone, il che tu fai resistendo ad un o
più potente di te. Perseguitando la mia
Chiesa, tu perseguiti me stesso; ma questa
d i verrà più fiorente, e non farai male che a
te stesso.
Questo dolce rimprovero del Salvatore
accompagnato dall'unzione interna della
sua grazia raddolcì la durezza del cuore di
Saulo e lo cangiò in un uomo affatto nuovo.
Pertanto tutto umiliato: Signore, esclamò,
che volete che io faccia? Come se dicesse:
Quale è il mezzo di procurare la vostra
gloria? Io mi offro a voi per fare la vostra
santissima volontà.
Gesù Cristo ordinò a Saulo di levarsi su
e andare nella città ove un discepolo lo
avrebbe istruito intorno a ciò che doveva

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fare. Dio, dice s. Agostino, rimettendo a'
suoi ministri 1'istruzione di un apostolo
chiamato in u n a maniera così straordinaria
ci ammaestra che bisogna cercare la sua
santa volontà nell'insegnamento dei
Pastori, che egli ha rivestiti di sua autorità
per essere nostre guide spirituali sopra la
terra.
Saulo essendosi alzato non vedeva più
nulla, sebbene tenesse gli occhi aperti.
Quindi fu d'uopo dargli mano e condurlo a
Damasco, come se Gesù Cristo volesse
condurlo in trionfo. Egli prese alloggio

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nella casa di un negoziante nominato
Giuda; ivi dimorò tre giorni senza vedere,
senza bere e senza mangiare, ignorando
tuttora ciò che Dio volesse da lui.
Eravi a Damasco un discepolo
nominato Anania molto stimato da' Giudei
per la sua virtù e santità. Gesù Cristo gli
apparve e gli disse: Anania! ed egli a lu i:
Eccomi, o Signore. Il Signore soggiunse :
Levati su e va nella via chiamata Diritta, e
cerca di un certo Saulo nativo di Tarso; tu lo
troverai mentre fa orazione. Anania, sentito
il nome di Saulo, tremò e disse: Deh
Signore, dove mai mi mandate! Voi ben
sapete il gran male che ha fatto ai fedeli in
Gerusalemme, ora si sa da tutti che egli è
venuto qu a con pieno potere di legare
tutti coloro che credono nel vostro Nome. Il
Signore replicò: va pure tranquillo, non
temere, perché quest'uomo è un istrumento
scelto da me per portare il mio nome ai
gentili, dinanzi ai re e dinanzi ai figliuoli d'
Israele; perciocché io gli farò vedere quanto
egli debba patire pel mio nome. Mentre
Gesù Cristo parlava ad Anania mandò a
Saulo un'altra visione in cui gli apparve un

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uomo, chiamato Anania, che avvicinandosi a
lui, gl'imponeva le mani per ridonargli la
vista. La qual cosa fece il Signore per
assicurare Saulo che Anania era colui che
mandava per manifestargli i suoi voleri.
Anania obbedì, andò a trovare Saulo,
gl'impose le mani egli disse: Saulo fratello,
il Signore Gesù che ti apparve nella strada,
per cui venivi a Damasco, mi ha mandato a
te, affinché ricuperi la vista e sii ripieno
dello Spirito Santo. Parlando così Anania e
tenendo le mani sul capo di Saulo soggiunse:
apri gli occhi. In quel momento caddero
dagli occhi di Saulo certe scaglie come
squame, ed egli ricuperò perfettamente la
vista.
Quindi Anania soggiunse: ora levati su e
ricevi il Battesimo, e lava i tuoi peccati
invocando il nome del Signore. Saulo si levò
tosto per ricevere il Battesimo; quindi tutto
pieno di gioia ristorò la sua stanchezza con
un po' di cibo. Passati appena alcuni giorni
coi discepoli di Damasco, si mise a predicare
il Vangelo nelle sinagoghe dimostrando
colle sacre Scritture che Gesù era figliuolo
di Dio. Tutti quelli che lo ascoltavano erano
[ 178
]

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pieni di stupore e andavano dicendo: non è
egli costui che in Gerusalemme perseguitava
coloro che invocavano il nome di Gesù e che
è venuto a bella posta a Damasco per
condurli colà prigionieri?
Ma Saulo aveva già superato ogni rispetto
um a no; egli nulla più desiderava che
promuovere la gloria di Dio e riparare lo
scandalo dato; perciò lasciando che
ognuno dicesse di lui quel che voleva,
confondeva gli Ebrei e con intrepidezza
predicava Gesù Crocifisso.
CAPO III.
Primo viaggio di Saulo. - Ritorna a Damasco;
gli sono tese insidie. - Va in Gerusalemme;
si presenta agli Apostoli. Gli appare Gesù
Cristo. — Anno di G. C. 35-6-7.
Saulo alla vista delle gravi opposizioni
che gli si facevano da parte degli Ebrei,
stimò bene di allontanarsi da Damasco per
passare qualche tempo cogli uomini semplici
della campagna ed anche per recarsi
nell'Arabia a cercare altri popoli meglio
disposti a ricevere la fede.

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Dopo tre anni credendo cessata la
tempesta ritornò a Damasco ove con zelo e
forza diedesi a predicare Gesù Cristo; ma gli
Ebrei non potendo resistere alle parole di
Dio, che pel suo ministro loro si
predicavano, presero il partito di farlo
morire. Per meglio riuscire in tale
divisamento lo denunziarono ad Areta re di
Damasco, rappresentandogli Saulo come
perturbatore della pubblica tranquillità.
Quel re troppo credulo ascoltò la calunnia e
comandò che Saulo fosse condotto in
prigione, e perché non fuggisse pose guardie
a tutte le porte della città. Queste insidie
però non poterono tenersi così occulte, che
non ne venisse notizia ai discepoli ed
allo stesso Saulo. Ma come mai poterlo
liberare? Que' buoni discepoli lo
condussero ad una casa che corrispondeva
sopra le mura della città, e messolo in u na
cesta giù lo calarono per la muraglia. Così
mentre le guardie vegliavano a tutte le
porte, e si faceva rigorosissima ricerca in
ogni angolo di Damasco, Saulo liberato
dalle loro m a n i , sano e salvo prende il
cammino di Gerusalemme. Sebbene la
Giudea non fosse il campo affidato allo
zelo, era però santo il
[ 180

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motivo di questo suo viaggio. Egli
riguardava come suo indispensabile dovere
il presentarsi a Pietro dal quale non era
ancora conosciuto, e così dar conio della
sua missione al Vicario di Gesù Cristo.
Saulo aveva impresso terrore sì grande del
suo nome ai fedeli di Gerusalemme che non
potevano credere alla conversione di lui.
Cercava egli di accostarsi ora agli uni, ora.
agli altri, ma tutti paurosi lo fuggivano
senza dargli tempo di spiegarsi. Fu in quella
congiuntura che Barnaba si dimostrò vero
amico. Appena udì raccontare la prodigiosa
conversione di questo suo condiscepolo si
recò tosto da lui per consolarlo; andato
poscia dagli Apostoli raccontò loro la
prodigiosa apparizione di Gesù Cristo a
Saulo, e come esso istruito direttamente
dal Signore non altro desiderava che
pubblicare il santo nome di Dio a tutti i
popoli della terra. A così liete novelle i
discepoli lo accolsero con gioia, e S. Pietro
lo tenne parecchi giorni in sua casa ove non
lasciò di farlo conoscere a' più zelanti
fedeli. Durante quel tempo egli si adoperò
per riparare lo scandalo che in quella
capitale aveva dato colle sue

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violenze contro ai fedeli; né lasciavasi
sfuggire occasione alcuna per rendere
testimonianza a Gesù Cristo in quei luoghi
medesimi in cui 1'aveva bestemmiato e fatto
bestemmiare.
E siccome egli troppo caldamente
stringeva gli Ebrei e confondevali in
pubblico ed in privato, questi gli si levarono
contro risoluti di torgli la vita. Per la qual
cosa i Fedeli lo consigliarono a partire da
quella città. La medesima cosa gli fece
conoscere Iddio, per mezzo di u n a visione.
Un giorno mentre Saulo faceva orazione nel
tempio gli apparve Gesù Cristo e gli disse:
parti presto da Gerusalemme, perché questo
popolo non crederà a quello che tu sei per
dir di me. Paolo rispose: Signore, eglino
sanno come io fui persecutore e
bestemmiatore del vostro santo nome, se
sapranno eh' io mi sono convertito, certo
seguiranno il mio esempio e si convertiranno
anch'essi. Gesù soggiunse: non è così: essi
non presteranno fede alcuna alle tue parole.
Va, io li ho scelto a portare il mio Vangelo
in lontani paesi fra i gentili (Att. apost. cap.
22).
Deliberata così la partenza di Paolo i
discepoli lo accompagnarono a Cesarea,
[ 182

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e di là lo inviarono a Tarso sua patria, colla
speranza che avrebbe potuto vivere con
minor pericolo tra i parenti e gli amici e
cominciare anche in quella città a far
conoscere il nome del Signore.
CAPO IV.
Profezia di Agabo. - Saulo e Barnaba ordinati
vescovi. - Vanno nell'isola di Cipro. -
Conversione del proconsole Sergio. - Castigo
del mago Elima. - Gian Marco ritorna in
Gerusalemme.— Anno di G, C. 40-1-2-3.
Mentre Saulo a Tarso predicava la
divina parola, Barnaba si pose a predicarla
con gran frutto in Antióchia. Alla vista poi
del gran numero di quelli che ogni giorno
venivano alla Fede, Barnaba stimò bene di
recarsi a Tarso per invitare Saulo a venirlo
a coadiuvare. Vennero difatti ambedue in
Antiochia, e quivi colla predicazione e coi
miracoli guadagnarono un gran numero di
fedeli.
In que' giorni alcuni profeti, cioè alcuni
fervorosi cristiani che illuminati da Dio
predicevano l'avvenire, vennero da
Gerusalemme ad Antióchia. Uno di essi di
2 L. C. — An. V, F. TI.

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48
nome Agabo, inspirato dallo Spirito Santo,
predisse una gran carestia che doveva
desolare tutta la terra, come difatti avvenne
sotto all'impero di Claudio. I Fedeli per
prevenire i mali, che questa carestia
avrebbe cagionato risolsero di fare una
colletta e così ciascuno secondo le proprie
forze mandar qualche soccorso ai fratelli
della Giudea. La qual cosa fecero con
molto buon risultato. Per avere poi una
persona di credito presso a tutti, scelsero
Saulo e Barnaba e li mandarono a portare tal
limosina ai sacerdoti di Gerusalemme
perché ne facessero la distribuzione
secondo il bisogno. Compiuta la loro
missione Saulo e Barnaba ritornarono in
Antiochia.
Dimoravano pure in questa città altri
profeti e dottori, tra i quali un certo Simone
soprannominato il Nero, Lucio da Cirene e
Manaem fratello di latte di Erode. Un
giorno mentre essi offerivano i Santi Misteri
e digiunavano, apparve lo Spirito Santo in
maniera straordinaria e disse loro:
separatemi Saulo e Barnaba per l'opera del
sacro ministero a cui li ho eletti. Allora fu
ordinato un digiuno con pubbliche preghiere
[ 184

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e avendo loro imposto le mani, li
consacrarono vescovi. Questa ordinazione
fu modello di quelle che la Chiesa
Cattolica suole fare ai suoi ministri: di qui
ebbero origine i digiuni delle quattro
tempera, delle preghiere e altre cerimonie
che sogliono aver luogo nella sacra
ordinazione. Saulo era in Antiochia
quando ebbe una meravigliosa visione nella
quale fu rapito al terzo cielo, cioè fu
sollevato da Dio a contemplare le cose del
Cielo più sublimi di cui sia capace un
uomo mortale. Egli medesimo lasciò scritto
che ha veduto cose le quali non si possono
esprimere con parole, cose non mai vedute ,
non mai udite, e che il cuor dell'uomo non
può nemmeno immaginare. Da questa
celeste visione Saulo confortato partì con
Barnaba e andò direttamente a Seleucia di
Siria, così chiamata per distinguerla da
un'altra città dello stesso nome che è
situata in vicinanza del Tigri verso la Persia.
Avevano eziandio seco loro certo Giovanni
Marco, non Marco l'Evangelista. Esso era
figliuolo di quella pia vedova nella cui
casa erasi rifuggito S. Pietro quando fu
miracolosamente da un angelo liberato di
prigione. Egli era cugino di

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Barnaba ed era stato condono da
Gerusalemme in Antiochia nell'occasione
che andarono colà a portar le limosine.
Seleucia aveva un porto sul Mediterraneo;
di là i nostri operai evangelici si imbarcarono
per andare all'isola di Cipro patria di S.
Barnaba. Giunti a Salamina, città e porto
considerevole di quell'isola, cominciarono
ad annunciare il Vangelo ai Giudei, e di
poi ai Gentili che erano più semplici e
meglio disposti a ricevere la fede. I due
Apostoli predicando per tutta quell'isola
vennero a Pafo capitale del paese dove
risiedeva il proconsole ossia il
governatore Romano di nome Sergio Paolo.
Qui lo zelo di Saulo ebbe occasione di
esercitarsi a motivo di un mago chiamato Bar
Jesu o Elima. Costui fosse per guadagnarsi il
favore del proconsole, o cavar danaro dalle
sue truffe, seduceva la gente e allontanava
Sergio dal seguire i pii 'sentimenti del suo
cuore. Il proconsole avendo udito a parlare
dei predicatori che erano venuti nel paese
da lui governato, li mandò a chiamare,
affinché andassero a fargli conoscere la loro
dottrina. Andarono tosto Saulo e Barnaba ad
esporgli le verità del Vangelo; ma Elima
[ 186

2.10 Page 20

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21
a! vedersi togliere la materia de' suoi
guadagni, temendo forse peggio, si mise a
guastare i disegni di Dio, contraddicendo
alla dottrina di Saulo e screditandolo presso
al Proconsole per tenerlo lontano dalla
verità. Allora Saulo tutto acceso di zelo e
di Spirito Santo gli gittò addosso gli sguardi:
scellerato, gli disse, arca di empietà e di
frode, figlio del diavolo, nemico d'ogni
giustizia, non ti arresti ancora dal pervertire
le diritte strade del Signore? Or ecco la
mano di Dio pesare sopra di le: fin da questo
momento tu sarai cieco, e per quel tempo
che Dio vorrà non vedrai più la luce del
sole. All'istante gli cadde sugli occhi una
caligine da cui toltagli la facoltà di vedere,
egli andava attorno tentone cercando chi gli
desse la mano.
A quel fatto terribile Sergio riconobbe la
mano di Dio, e mosso dalle prediche di
Saulo e da quel miracolo credette in Gesù
Cristo ed abbracciò la fede con tutta la sua
famiglia. Anche il mago Elima atterrito da
questa repentina cecità, riconobbe la
potenza divina nelle parole di Paolo, e
rinunciando all'arte magica, si convertì,
fece penitenza ed abbracciò

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3.1 Page 21

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22
la fede. In quest'occasione Saulo prese il
nome di Paolo sia in memoria della
conversione di quel governatore, sia per
essere meglio accolto fra i Gentili,
perciocché Saulo era nome ebreo, Paolo in
vece era nome romano.
Raccolto in Pafo non piccolo frutto della
loro predicazione, Paolo e Barnaba con altri
compagni s'imbarcarono alla volta di Perga
città della Pamfilia. Ivi rimandarono a casa
Giovanni Marco che fino allora erasi
adoperato in loro aiuto. Barnaba lo avrebbe
volentieri ancor tenuto; ma Paolo scorgendo
in lui u n a certa pusillanim ità ed
incostanza pensò di rimandarlo a sua madre
in Gerusalemme. Noi vedremo fra breve
questo discepolo a riparare la debolezza or
ora dimostrata e divenire fervoroso
predicatore.
CAPO V.
S. Paolo predica in Antiochia dì Pisidia.
Anno di Gesù Cristo 44,
Da Perga S. Paolo andò con S.
Barnaba ad Antiochia di Pisidia, cosi
detta per distinguerla da Antiochia di
Siria che
[ 188

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23
era la gran capitale dell'Oriente. Avevano
quivi i Giudei, siccome in molte altre città
dell'Asia, la loro sinagoga dove ne' giorni
di sabato si radunavano per ascoltare la
spiegazione della legge dì Mosè e dei
Profeti. Intervennero anche i due apostoli e
con essi molti ebrei e gentili che già
adoravano il vero Dio. Secondo l'uso degli
ebrei i dottori della legge lessero un brano
della Bibbia che diedero di poi a Paolo con
preghiera di dir loro qualche cosa di
edificante. Paolo che non altro aspettava che
l'opportunità di parlare si levò in piedi,
indicò colla mano che facessero tutti
silenzio, e prese a parlare così: « Figliuoli
d'Israele, e voi tutti che temete il Signore,
poiché mi invitate a parlare, vi prego di
udirmi con quell'attenzione che merita la
dignità delle cose che sono per dirvi.»
«Quel Dio che ha scelto i nostri padri
quando erano nell'Egitto e con una lunga
serie di prodigi ha fatto di essi una nazione
privilegiata, ha in particolar maniera onorata
la stirpe di Davidde promettendo che da
questa farebbe nascere il Salvatore del
mondo. Quella grande promessa confermala
da tante profezie, si è finalmente

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24
adempiuta nella persona di Gesù di
Nazaret. Giovanni, cui certamente voi
credete, quel Giovanni, le cui sublimi verità
fecero credere per Messia, gli ha reso la più
autorevole testimonianza dicendo che egli
non si giudicava degno di sciogliere
nemmeno i legacci de' suoi calzari. Voi
oggi, o miei fratelli, voi degni figli
d'Abramo, e voi tutti adoratori del vero Dio,
di qualunque nazione o stirpe siate, voi siete
quelli ai quali è particolarmente
indirizzata la parola di salute. Gli abitanti
di Gerusalemme ingannati dai loro capi non
hanno voluto riconoscere il Redentore che a
voi predichiamo. Che anzi gli diedero la
morte; ma Iddio onnipotente non ha
permesso, siccome aveva predetto, che il
corpo del suo Cristo provasse nel sepolcro la
corruzione. Pertanto nel terzo giorno dopo
la morte lo fece risorgere glorioso e
trionfante.
«Fino a questo punto voi non avete
colpa alcuna, perché la luce della verità
non era ancor giunta fino a voi. Ma tremate
d'or in avanti se mai chiuderete gli occhi;
tremate di provocar sopra di voi la
maledizione fulminata dai profeti contro a
chiunque non vuole riconoscere
C

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25
la grande opera del Signore, il cui
compimento deve aver luogo in questi
giorni.»
Finito il discorso, tutti gli uditori si
ritirarono in silenzio meditando le cose
u di t e da S. Paolo.
Erano però diversi i pensieri che
occupavano le loro m enti. I buoni erano
pieni di gioia alle parole di salute loro
annunciate, ma gran parte de' giudei sempre
persuasi che il Messia dovesse ristabilire
la potenza temporale della loro nazione, e
vergognandosi di riconoscere per Messia
colui che i loro principi avevano
condannato a morte ignominiosa, accolsero
con dispetto la predica di Paolo. Tuttavia si
mostrarono soddisf atti ed invitarono
l'Apostolo a ritornare nel seguente sabato con
anim o però ben diverso. I malevoli per
apparecchiarsi a contraddirlo, e quelli che
temevano il Signore, israeliti e gentili,
per meglio istruirsi e confermarsi nella
fede. Nel giorno convenuto si radunò
immenso popolo, per udire questa nuova
dottrina. Appena S. Paolo si pose a
predicare, subito i dottori della sinagoga
si levarono contro di lui. Opposero
dapprima delle difficoltà; quando poi si
accorsero di non poter

3.5 Page 25

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26
resistere alla forza delle ragioni con cui S.
Paolo provava le verità della fede, si
abbandonarono agli schiamazzi, alle
ingiurie, alle bestemmie. I due apostoli
vedendosi soffocata la parola in bocca con
forte animo ad alta voce esclamarono: «a
voi si doveva in, primo luogo annunziare la
divina parola; ma giacché volete chiudere
dispettosamente le orecchie, e con furore la
rigettate, vi rendete indegni dell'eterna
vita. Noi pertanto ci rivolgiamo ai gentili
per compiere la promessa fatta da Dio per
bocca del suo Profeta quando disse: «io ti ho
destinato per luce dei gentili e per la
salute di essi fino all'estremità della terra.»
I Giudei allora vie più mossi da invidia
e sdegno eccitarono contro gli Apostoli una
fiera persecuzione,
Servironsi di alcune donne che godevano
credito di essere pie ed oneste e con esse
invitarono i magistrati della città, e tutti
insieme gridando e schiamazzando
costrinsero gli Apostoli ad uscire dai loro
confini. Così costretti Paolo e Barnaba
partirono da quello sventurato paese, e
nell'atto della loro partenza secondo il
comandamento di Gesù Cristo scossero
[ 192

3.6 Page 26

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27
la polvere dei loro piedi in segno di
rinunziare per sempre ad ogni commercio con
essi, come uomini riprovati da Dio e colpiti
dalla divina maledizione.
CAPO VI
S. Paolo predica In altre città. Opera un
miracolo a Listri dove di poi vien lapidato e
lasciato per morto, Anno di Gesù Cristo 45,
Paolo e Barnaba cacciati dalla Pisidia si
recarono nella Licaonia, altra provincia
dell'Asia Minore, e si portarono ad Iconio
che ne era la capitale. I Ss. Apostoli cercando
solo la gloria di Dio, dimenticando i mali
trattamenti che avevano ricevuto in
Antiochia dagli Ebrei sì diedero subito a
predicare il Vangelo nella sinagoga. Qui
Iddio benedisse le loro fatiche, ed una
m oltitudine di ebrei e di gentili
abbracciarono la fede. Ma quelli tra gli ebrei
che restarono increduli e si ostinarono
nell'empietà
mossero
un'altra
persecuzione contro gli Apostoli. Gli uni li
accoglievano come uomini mandati da Dio,
gli altri li proclamavano impostori. Per la
qual cosa essendo stati avvisati che

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28
molti di loro, protetti dai principi della
sinagoga e dai magistrati, li volevano
lapidare, andarono a Listri e poi a Derbe
città non molto distanti da Iconio. Queste
città e i paesi vicini furono il campo ove i
nostri zelanti operai si diedero a seminare la
parola del Signore. Fra i molti miracoli che
Dio operò per mano di san Paolo in questa
missione fu luminoso quello che siamo per
riferire.
Era in Listri un uomo storpio fin dalla
nascita che non aveva mai potuto fare un
passo co' suoi piedi. Avendo udito che S.
Paolo operava miracoli strepitosi sentissi
nascere in cuore viva fiducia di poter anche
egli per tal mezzo avere la salute come tanti
altri l'avevano già ottenuta. Ascoltava le
prediche dell'Apostolo, quando egli mirando
fissamente quell'infelice e dal volto
penetrando le buone disposizioni
dell'animo: alzati, gli disse ad alta voce, e
sta diritto sopra i tuoi piedi. A un tal
comando lo storpio si alzò e cominciò a
camminare speditamente. La moltitudine
che era stata presente a tal miracolo si
sentì trasportata da entusiasmo e da
maraviglia: Costoro non sono uomini, si
andava da tutte le
[ 194

3.8 Page 28

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29
parti esclamando, ma sono Dei rivestiti di
sembianze umane discesi dal Cielo in mezzo a
noi. E secondo tale erronea supposizione
chiamavano Barnaba Giove, perché lo
scorgevano di sembiante più maestoso, e
Paolo che parlava con maravigliosa facondia,
chiamavano Mercurio, il quale presso ai
gentili era l'interprete e messaggero di Giove
e il dio dell'eloquenza. Giunta la notizia del
fatto al sacerdote del tempio di Giove, che era
fuori della città, esso giudicò suo dovere di
offrire ai grandi ospiti un solenne sacrifìzio
ed invitare tutto il popolo a prendervi
parte. Preparate le vittime, le corone, e
quanto facesse d'uopo per la funzione,
portarono ogni cosa avanti la casa ove
albergavano Paolo e Barnaba volendo in
tutti i modi far loro un sacrifizio. I due
Apostoli accesi di santo zelo si gettarono
nella turba e in segno di dolore lacerandosi
le vesti gridarono: Olà, che fate, o miseri?
Noi siamo uomini mortali simili a voi, noi
appunto con tutto lo spirito vi esortiamo di
convertirvi dal culto degli Dei al culto di
quel Signore, il quale ha creato il cielo e la
terra, e che sebbene pel passato abbia
tollerato che i gentili seguissero le loro

3.9 Page 29

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30
follie, ha però somministrati chiari
argomenti dell'esser suo e della sua infinita
bontà con opere che lo fanno conoscere
supremo padrone di ogni cosa.
A così franco parlare gli animi si
acquetarono e abbandonarono l'idea di fare
quel sacrificio. I sacrificatori non avevano
ancora totalmente ceduto, e stavano
perplessi se dovessero desistere quando
sopraggiunsero da Antiochia e da Iconio
alcuni Ebrei deputali dalle sinagoghe per
venire a turbare le sante imprese degli
Apostoli. Quei maligni tanto fecero e tanto
dissero che riuscirono a rivoltare tutto il
popolo contro i due Apostoli. Così coloro che
pochi giorni prima li veneravano come Dei,
ora li gridano malfattori, e poiché S. Paolo
aveva singolarmente parlato, perciò la rabbia
fu tutta rivolta contro di lui. Gli
scaricarono addosso tale tempesta di sassi
che credendo di averlo ucciso lo
strascinarono fuori della città. Vedi, o
lettore, qual conto devi fare, della gloria del
mondo: Coloro che oggi ti vorrebbero
innalzare al di sopra delle stelle; domani
forse ti vogliono nel più profondo degli
abissi! Beati coloro che ripongono in Dio la
loro confidenza.
[ 196

3.10 Page 30

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CAPO VII.
S. Paolo miracolosamente risanato. Altre sue
fatiche apostoliche. Conversione di S.
Teda.
I discepoli con altri fedeli, avendo
saputo, o forse veduto ciò che era stato fatto
a Paolo, si radunarono intorno al corpo di
lui piangendolo come morto. Ma ne furono
presto consolati; perciocché o Paolo fosse
veramente morto, o fosse soltanto tutto
pesto nella persona, Iddio in un istante lo
fece ritornare sano e vegeto come prima, a
segno che egli potè levarsi da se medesimo,
e attorniato dai discepoli ritornare alla città
di Listri tra quei medesimi che poco prima
l'avevano battuto a morte.
Ma l'altro giorno uscito da quella città
passò a Derbe, altra città della Licaonia.
Quivi predicò Gesù Cristo e fece molte
conversioni. Paolo e Barnaba visitarono
molte città dove avevano già predicato, e
osservando i gravi pericoli cui trovavansi
esposti coloro che da poco tempo erano
venuti alla fede, ordinarono Vescovi

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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32
e Sacerdoti che avessero cura di quelle
chiese.
Fra le conversioni operate in questa
terza missione di Paolo è molto celebre
quella di S. Teda. Mentre egli predicava
in Iconio, questa giovine lo andò ad
ascoltare. Per lo innanzi ella erasi
applicata alle belle lettere e allo studio
della filosofia profana. Già i suoi parenti
l'avevano promessa ad un giovane nobile,
ricco e molto potente. Trovatasi un giorno ad
ascoltare S. Paolo mentre predicava
intorno al pregio della verginità, si sentì
innamorare di questa preziosa virtù.
All'intendere poi la grande stima che ne
aveva fatto il Salvatore ed il gran premio
che era riserbato in cielo a coloro che
hanno la bella sorte di conservarla, si sentì
ardere di desiderio di consacrarsi a Gesù
Cristo e rinunziare a tutti i vantaggi delle
nozze terrene. Al rifiuto di quelle nozze, agli
occhi del mondo vantaggiose, i parenti di lei
fortemente se ne sdegnarono e d'accordo
collo sposo tentarono ogni strada, ogni
lusinga per farla cangiar di proposito. Tutto
inutile : quando un' anima è ferita
dall'amor di Dio, ogni sforzo umano più
non riesce ad allontanarla dall'oggetto che
[ 198
]

4.2 Page 32

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33
ama. Di fatti i parenti, lo sposo, gli amici
cangiando l'amore in furore, eccitarono i
giudici ed i magistrali d'Iconio contro alla
S. Verginella e dalle minacce passarono ai
fatti.
Ella viene gettata in un serraglio di
bestie affamate e feroci; Teda unicam ente
armata della confidenza in Dio fa il segno
della Santa Croce, e quegli anim ali
depongono la loro ferocia e rispettano la
sposa di Gesù Cristo. Si accende un rogo
entro a cui ella è precipitata; ma fatto
appena il segno della Croce si estinguono
le fiamme ed intanto essa conservasi
illesa. Insomma fu esposta ad ogni genere
di tormenti, e da tutti fa prodigiosamente
liberata. Per le quali cose le fu dato il nome
di protomartire, cioè prima martire tra le
donne, come santo Stefano fu il primo
martire tra gli uom ini. Ella visse ancora
molti anni nell'esercizio delle più
eroiche virtù, e morì in pace in età molto
avanzata.
3 L. C. — An. V, F. II.

4.3 Page 33

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34
CAPO VIII.
S. Paolo va a conferire con s. Pietro. Assiste
al Concilio di Gerusalemme. — Anno di
Cristo 50.
Dopo le fatiche e i patimenti sofferti da
Paolo e da Barnaba nella loro terza
missione, contenti delle anime che loro era
riuscito di condurre all'ovile di Gesù Cristo
ritornarono ad Antiochia di Siria. Colà si
fecero a raccontare ai fedeli di quella città le
maraviglie da Dio operate nella
conversione dei Gentili. Il Santo Apostolo fu
ivi consolato con una rivelazione nella
quale Dio gli comandò di portarsi a
Gerusalemme per conferire con s. Pietro
intorno al Vangelo da lui predicato. Dio
aveva ciò comandato affinché s. Paolo
riconoscesse in s. Pietro il Capo della
Chiesa, e così tutti i Fedeli comprendessero
come i due principi degli Apostoli
predicavano una medesima fede, un solo
Dio, un solo battesimo, un solo Salvator
Gesù Cristo.
Paolo parli in compagnia di Barnaba con-
[ 200

4.4 Page 34

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35
ducendo seco un discepolo di nome Tito,
guadagnato alla fede nel corso di questa
terza missione. Questi è quel famoso Tito
che divenne un modello di virtù, fedele
seguace e coadiutore del nostro santo
Apostolo e di cui noi pure avremo più volle
da parlare. Giunti in Gerusalemme si
presentarono agli apostoli Pietro, Giacomo e
Giovanni che erano considerati come le
principali colonne della Chiesa. Fra le
altre cose fu colà convenuto che Pietro con
Giacomo e Giovanni si applicherebbe in
maniera speciale per condurre i Giudei
alla Fede; Paolo e Barnaba attendessero
principalmente alla conversione de' Gentili.
Dimorò Paolo quindici giorni in quella
città dopo cui ritornò co' suoi compagni in
Antiochia. ivi trovarono i fedeli molto
agitati per una questione derivata da ciò, che
i Giudei volevano obbligare i Gentili a
sottomettersi alla circoncisione e alle
altre cerimonie della legge di Mosè, che
era lo stesso come dire essere necessario
divenire prima buon Ebreo per divenire di
poi buon Cristiano. Le contese andarono
tanto oltre che non potendosi altrimenti
acquietare fu risoluto di inviare Paolo e
Barnaba in Gerusalemme per consultare

4.5 Page 35

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36
il Capo della Chiesa affinché cosi da l u i
f osse decisa la questione.
Noi abbiamo già raccontato nella vita di
s. Pietro come Iddio con u n a m ara-
vigliosa rivelazione aveva a questo
principe degli Apostoli fatto conoscere
che i Gentili venendo alla fede non erano
obbligati alla circoncisione, né alle altre
cerimonie della legge di Mosè; tuttavia
affinché la volontà di Dio fosse da tutti
conos c i u t a , e fosse in modo solenne
sciolta ogni difficoltà, Pietro radunò un
concilio generale che fu il m odello di
tutti i concili che vennero celebrati ne'
tempi avvenire. Colà Paolo e Barnaba
esposero lo stato della questione che fu
da s. Pietro definita e confermata dagli altri
Apostoli nella maniera seguente: «Gli
Apostoli e gli anziani ai fratelli convertiti
dal gentilesimo, che dimorano in Antiochia
e nelle altre parti della Siria e della
Cilicia. Avendo noi inteso che alcuni
venuti di qua hanno turbato ed angustiato
le vostre coscienze con idee arbitrarie, è
sembrato bene a noi qui radunati di scegliere
e mandare a voi Paolo e Barnaba, uomini a
noi carissimi, che sacrificarono la loro vita
pel nome di nostro Signor Gesù Cristo. Con
essi
[202

4.6 Page 36

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37
mandiamo Sila e Gi uda, i quali
consegnandovi le nostre lettere vi
confermeranno a bocca le medesime verità.
Imperciocché fu giudicato dallo Spirito
Santo e da noi di non imporvi altra legge
eccetto quella che dovete osservare, cioè
astenervi dalle cose sacrificate agli idoli,
dalle carni soffocate, dal sangue e dalla
fornicazione, dalle quali cose astenendovi
farete bene. Siatevi con Dio.»
Quest'ultima cosa, cioè la fornicazione,
non occorreva proibirla essendo affatto
contraria ai dettami della ragione e
proibita dal sesto precetto del Decalogo.
Fu però rinnovata tale proibizione
riguardo ai Gentili, i quali nel culto de'
loro falsi Dei pensavano che fosse l e cito,
anzi cosa gradita a quelle immonde
divinità.
Giunti Paolo e Barnaba con Sila e Giuda
in Antiochia pubblicarono la lettera col
decreto del concilio, con cui non solo
acquietarono il tumulto, ma riempirono i
fratelli d'allegrezza riconoscendo ognuno
la voce di Dio in quella di s. Pietro e del
concilio. Sila e Giuda contribuirono
molto a quella comune allegrezza,
perciocché essendo essi profeti, cioè ripieni
dello Spirito Santo e dotati del dono della

4.7 Page 37

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38
divina parola "e di una grazia' particolare
per interpretare le divine scritture, ebbero
molta efficacia per confermare i fedeli nella
fede, nella concordia e nei buoni
proponimenti.
S. Pietro, essendo stato informato dei
progressi straordinari che il Vangelo
faceva in Antiochia, volle anch'egli venire a
visitare que' fedeli cui egli aveva già per
più anni predicato e tra cui aveva per sette
anni tenuta la Sede Pontificia.
Mentre i due principi degli Apostoli
dimoravano in Antiochia avvenne che
Pietro per compiacere agli Ebrei praticava
alcune cerimonie della legge mosaica; la
qual cosa era cagione di una certa
avversione per parte de' Gentili senza che
s. Pietro ne fosse consapevole. S. Paolo
venuto a notizia di questo fatto avvisò
pubblicamente s. Pietro, il quale con
ammirabile umiltà ricevette l'avviso
senza proferire parole di scusa; anzi
d'allora in poi divenne am icissimo di s.
Paolo e nelle sue lettere non soleva
chiamarlo con altro nome se non con
quello di fratello carissimo. Esempio
degno di essere imitato da quelli che in
qualche maniera sono avvisati dei loro
difetti.
[204

4.8 Page 38

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39
CAPO IX.
Paolo si separa da Barnaba - Percorre varie
città dell'Asia - Dio lo manda in
Macedonia - A Filippi converte la
famiglia di Lidia. — Anno di Cristo 51.
Paolo e Barnaba predicarono qualche
tempo il Vangelo nella città di Antiochia
adoperandosi eziandio per diffonderlo nei
paesi vicini. Non molto dopo venne a Paolo
in pensiero di visitare le chiese a cui aveva
predicato. Disse pertanto a Barnaba: parmi
bene che ritorniamo a rivedere i fedeli di
quelle città e terre dove abbiamo
predicato, per vedere come tra loro vadano
le cose di religione. Nulla stava più a
cuore a Barnaba, e per ciò fu tosto d'accordo
col Santo Apostolo; ma gli propose di
condurre anche seco quel Giovanni Marco
che avevali seguiti nell'antecedente
missione, e li aveva poi lasciati a Perga.
Forse esso desiderava di cancellare la
macchia che si era fatta in
quell'occasione, perciò voleva di nuovo
essere in loro compagnia. S. Paolo non
giudicava così: tu vedi, diceva a Barnaba,
che costui non è

4.9 Page 39

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[206
40
uomo da potersene fidare; certamente ti
ricordi come giunti a Perga della Panfilia ci
abbandonò. Barnaba teneva fermo
dicendo che si poteva ricevere e
adduceva buone ragioni. Non potendo i due
Apostoli andare d'accordo deliberarono di
separarsi l'un dall'altro e andare per istrada
diversa.
Cosi Iddio fece servire questa diversità
di sentimento a sua maggior gloria; perché
così separati portarono la luce del Vangelo
in più luoghi, il che non avrebbero fatto
andando amendue insieme.
Barnaba andò con Giovanni Marco
nell'Isola di Cipro e visitò quelle chiese
dove aveva con s. Paolo predicato
nell'antecedente missione. Questo
Apostolo lavorò molto per dilatare la fede
di Gesù Cristo e f inalm ente fu coronato
del martirio in Cipro sua patria. Giovanni
Marco questa volta fu costante, e lo
vedremo poi fedele compagno di s. Paolo
che ebbe a lodar molto lo zelo e la carità
di lui. —
S. Paolo preso seco Sila, colui che eragli
stato posto per compagno a portare gli aiuti
del concilio di Gerusalemme in
A n t iochia, intraprese il suo quarto
viaggio e andò a visitare varie chiese da
lui fondate. Si recò dapprima a Derbe, di
poi

4.10 Page 40

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a Listri, dove alcun tempo addietro il
santo Apostolo era stato lasciato per
morto. Ma Iddio voleva questa volta
compensarlo di quanto aveva prim a
sofferto.
Egli trovò colà un giovanetto da lui
convertito nell'altra missione, di nome
Timoteo. Paolo aveva già conosciuta la
bell'indole di questo discepolo, e
nell'animo suo aveva designato di farne un
cooperatore del Vangelo, cioè consacrarlo
prete e prenderselo per compagno ne' suoi
lavori apostolici. Prima però di
conferirgli la sacra ordinazione Paolo ne
dimandò informazioni dai fedeli di Listri,
e trovò che tutti levavano a cielo questo
buon giovane magnificando la sua virtù, la
modestia, il suo spirito di orazione; e ciò
dicevano non solo que' di Listri ma
eziandio quelli d'Iconio e delle altre
città vici ne, e tutti presagivano in
Timoteo un zelante sacerdote ed un santo
Vescovo.
A queste luminose testimonianze Paolo
non ebbe più alcuna difficoltà di
consacrarlo sacerdote. Paolo adunque preso
seco Timoteo con Sila continuò la visita
delle chiese, raccomandando a tutti di
osservare e tenersi fermi alle decisioni del
concilio di Gerusalemme. Così avevano

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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42
fatto que' di Antiochia e così fecero in
ogni tempo i predicatori del Vangelo per
accertare i fedeli di non cadere in errore;
stare ai decreti, agli ordini de' concili e del
Romano Pontefice successore di s. Pietro.
Paolo co' suoi compagni traversò la
Galazia e la Frigia per portare il Vangelo
nell'Asia, ma lo Spirito Santo glielo vietò.
Per facilitare 1'intelligenza delle cose che
siamo per raccontare è bene qui notar di
passaggio come per la voce Asia in senso
largo s'intenda una delle tre parti del
mondo. Suole poi appellarsi Asia Maggiore
tutta l'estensione dell'Asia ad eccezione di
quella parte che si appella Asia Minore
oggidì Anatolia, che è quella penisola
compresa fra il Mare di Cipro, l'Arcipelago e
il Mar Nero. Fu eziandio chiamata Asia
proconsolare una parte dell'Asia Minore
più o meno estesa secondo il numero delle
province affidate al governo del proconsole
Romano. Qui per Asia, ove divisava di
andare s. Paolo, intendesi una porzione
dell'Asia proconsolare posta attorno ad
Efeso e compresa fra il monte Tauro, il Mar
Nero e la Frigia.
S. Paolo allora pensò di andare nella
[ 208

5.2 Page 42

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43
Bitinia che è un'altra provincia dell'Asia
Minore un po' più verso il Mar Nero, ma
neppure ciò gli fu da Dio permesso. Per la
qual cosa ritornò indietro e andò a Troade
che è una città e provincia ove anticamente
era un a famosa città appellata Troia. Dio
aveva riserbato ad altro tempo la
predicazione del Vangelo a que' popoli; per
ora lo voleva inviare ad altri paesi.
Mentre s. Paolo era' nella Troade gli
apparve un Angelo vestito da uomo ad uso
dei Macedoni, il quale stando in piedi innanzi
a lui si fece a pregarlo così: Deh, abbi pietà
di noi; passa nella Macedonia e vieni in
nostro soccorso. Da questa visione s.
Paolo conobbe la volontà del Signore, e
senza più si preparò a passare il mare per
recarsi in Macedonia.
Nella Troade si unì a s. Paolo un suo
cugino di nome Luca che gli riuscì di
grande aiuto nelle sue fatiche apostoliche.
Egli era un medico di Antiochia di grande
ingegno, che scriveva con purezza ed
eleganza il greco. Egli fu per Paolo quello
che S. Marco era per S. Pietro; e al pari di
lui scrisse il Vangelo che noi leggiamo sotto
il nome di Vangelo secondo Luca. Anche

5.3 Page 43

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44
il libro intitolato Atti degli Apostoli da cui
noi ricaviamo quasi tutte le cose che
diciamo di S. Paolo, è opera di S. Luca.
Da che egli si pose per compagno del
nostro Apostolo non vi fu più né pericolo
né fatica né patimento che abbia potuto
scuotere la sua costanza.
Paolo adunque, secondo l'avviso
dell'angelo, insieme con Sila. Timoteo e
Luca s'imbarcò da Troade, navigò
l'arcipelago (che divide l'Europa
dall'Asia) e con prospera navigazione
arrivò all'isola di Samotracia, quindi a
Napoli, non la capitale del regno di Napoli,
ma una piccola città sul confine della
Tracia e della Macedonia. Senza punto
arrestarsi l'Apostolo andò direttamente a
Filippi città principale, così nominata
perché fu edificata da un Re di quel paese
nominato Filippo. Cola si fermarono per
qualche tempo.
In quella città gli Ebrei non avevano
Sinagoga, sia che ne fossero proibiti, sia
che fossero troppo pochi in numero.
Avevano solo una Proseuca ovvero luogo
di orazione, che noi chiamiamo Oratorio. In
giorno di sabato Paolo co' suoi compagni
uscì dalla città sulla riva di un fiume ove
trovarono una proseuca con entro alcune
[ 210
]

5.4 Page 44

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45
donne. Si posero tosto a predicare il
regno di Dio a quella sem plice udienza.
Una mercantessa di nome Lidia fu la
prim a ad essere da Dio chiamata; sicché
essa e la sua famiglia ricevettero il
Battesimo.
Questa pia donna, grata ai benefizi
ricevuti, così pregò i m aestri ed i padri
dell'anim a sua: se voi mi giudicate fedele
a Dio n o n mi negate una grazia appresso
quella del Battesimo che da voi riconosco.
Venite in casa mia, dim orate quanto vi
piace e consideratela come vostra. Paolo
non voleva accondiscendere, ma ella fece
tali istanze che. egli dovette accettare.
Ecco il frutto che produce la parola di Dio
quando è bene ascoltarla. Essa genera la
fede; ma deve essere u d i t a e «spiegata dai
sacri m inistri, siccome diceva il
medesimo S. Paolo; fides ex auditu,
auditus autem per verbum Christi.

5.5 Page 45

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46
CAPO X.
S. Paolo libera una fanciulla dal demonio. - È
battuto con verghe. - Vien posto in prigione -
Conversione del carceriere e della sua
famiglia. — Anno di C. 51.
S. Paolo co' suoi compagni andavano or
qua or là spargendo il seme della parola di
Dio per la città di Filippi. Un giorno
andando alla proseuca ebbero ad incontrare
una pitonessa che noi diremmo maga o
strega. Ella aveva indosso un demonio che
parlava per bocca di lei e indovinava molte
cose straordinarie; la qual cosa dava molto
vantaggio a' suoi padroni; poiché la gente
ignorante l'andava a consultare e per farsi
astrologare doveva pagare bene i consulti.
Costei adunque si mise a seguitare S. Paolo e
i suoi compagni gridando loro dietro così:
questi uomini sono servi dell'altissimo
Iddio; essi vi mostrano la strada della salute.
S. Paolo la lasciò dire senza por mente, finché
annoiato e sdegnato si volse a quello
spirito maligno, che parlava per bocca di lei
e disse in tuono minaccioso : In nome di
[212

5.6 Page 46

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47
Gesù Cristo ti comando che tu esca
sull'istante da questa fanciulla. Il dire e il
fare fu una cosa sola, perché costretto dalla
potente virtù del nome di Gesù Cristo,
dovette uscire da quel corpo, e per la sua
partenza la maga rimase senza magìa.
Voi, o lettori, comprenderete la ragione
per cui il dem onio lodava S. Paolo, e
questo santo apostolo ne abbia rifiutate le
lodi. Lo Spirito maligno voleva che S.
Paolo lo lasciasse in pace, e così \\\\ volgo
credesse che fosse la medesima dottrina
quella di Paolo e le indovinazioni di
quella indemoniata. Il santo Apostolo
volle dimostrare che non eravi alcun
accordo tra Cristo e il demonio, e rifiutando
le sue adulazioni dimostrò quanto fosse
grande la potenza del nome di Gesù C. sopra
tutti gli spiriti dell'inferno.
I padroni di quella fanciulla avendo
veduto che col demonio era andata ogni
speranza di guadagno, si sdegnarono
fortemente contro S. Paolo, e senza
aspettare sentenza alcuna presero lui e i
suoi compagni e li condussero al Palazzo
della Giustizia. Giunti alla presenza de'
giudici dissero: questi uom ini di razza
Ebrea mettono sossopra la nostra città per
introdurre

5.7 Page 47

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48
una religione nuova che certamente è un
sacrilegio. Il popolo sentendo che era
offesa la religione montò in furore e si
scagliò contro di loro da tutte le parti.
I medesimi giudici si mostrarono pieni di
dolore e stracciandosi di dosso le vesti,
senza fare alcun processo, senza
esaminare se vi fosse delitto o no, li fecero
battere fieramente con verghe, e quando
furono o sazii o stanchi di batterli,
ordinarono che Paolo e Sila venissero
condotti in prigione, imponendo al
carceriere di guardarli colla massima
diligenza. Costui non solo li serrò nella
prigione, ma per vie più assicurarsi
strinse i loro piedi tra i ceppi. Quei santi
uomini nell'orrore della carcere, coperti di
piaghe, lungi dal lamentarsi, giubilavano di
allegrezza e lungo la notte andavano
cantando lodi a Dio. Gli altri prigionieri
ne erano meravigliati.
Era la mezzanotte e cantavano tuttora e
benedicevano Iddio, quando d'improvviso
sentesi un fortissimo terremoto che con
orribile scroscio fa tremar fin dalle
fondamenta quell'edifìzio. A questa scossa
cadono le catene ai prigionieri, si rompono i
loro ceppi, le porte della prigione si
[214

5.8 Page 48

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49
aprono, e tutti i detenuti si trovano posti
in libertà. Si destò il carceriere e correndo
per sapere che fosse avvenuto, trovò
aperte le porte. Allora egli più non
dubitando che i prigionieri fossero fuggiti, e
perciò forse egli stesso dovesse pagarla
colla testa, nell'eccesso del dolore corre,
sfodera una spada, 1' appunta al petto e già
sta per uccidersi. Paolo, o pel chiaror della
luna o al lume di qualche lampada, veduto
quell'uomo in tal"alto di disperazione,
fermali, si pose a gridare, non farti alcun
male, eccoti siamo qui tutti. Rassicurata da
queste parole si acquieta alcun poco, e
fattosi portar lume entrò nel carcere e
trova i prigionieri ciascuno a suo posto.
Preso da meraviglia e mosso da un interior
lume della grazia di Dio, tutto tremante si
getta a' piedi di Paolo e di Sila dicendo:
signori, che debbo io fare per esser salvo?
Ognuno può immaginarsi quanta alle-
grezza abbia provato Paolo in suo cuore a
tali parole! egli si volse a lui e rispose:
credi nel Figliuol di Dio Gesù Cristo e
sarai salvo tu e tutta la tua famiglia.
Quel buon uomo senza frapporre indugio
condusse in casa i santi prigionieri, lavò
4 L. C. — M. V, F. IT.

5.9 Page 49

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50
loro le piaghe con quell'amore e riverenza
che avrebbe fatto a suo padre. Radunata di
poi la sua famiglia furono ammaestrati
nelle verità della fede. Ascoltando essi con
umiltà di cuore la parola di Dio,
impararono in breve quanto era
necessario per diventare cristiani. Sicché
s. Paolo vedendoli pieni di fede, e della
grazia dello Spirito Santo, tutti li
battezzò. Quindi si posero a ringraziare
Iddio dei benefizi ricevuti. Quei nuovi
fedeli vedendo Paolo e Sila sfiniti e
cadenti per le battiture e pel lungo
digiuno, corsero tosto ad apprestar loro la
cena, colla quale furono ricreati. I due
Apostoli provarono maggior conforto per le
anim e che avevano guadagnate a Gesù
Cristo; laonde pieni di gratitudine verso
Dio ritornarono in prigione aspettando
quelle disposizioni che la divina
Provvidenza avrebbe fatto conoscere a loro
r i guardo.
Intanto i magistrati si pentirono di aver
fatto battere e chiudere in prigione coloro
ai quali non avevano potuto trovare colpa
di sorta, e mandarono alcuni uscieri a dire
al carceriere che lasciasse in libertà i due
prigionieri. Lietissimo di tale notizia il
carceriere corse tosto a comunicarla agli
[216

5.10 Page 50

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51
Apostoli. Voi, disse, potete sicuram ente
andarvene in pace. Ma a Paolo sembrò
doversi fare altrimenti. Se fossero così di
nascosto fuggiti sarebbesi creduto esser
eglino colpevoli di grave misfatto, e ciò
con danno del Vangelo. Egli pertanto chiamò
a sé gli uscieri e disse loro: i vostri
magistrati senza aver cognizione di questa
causa, senza alcuna forma di giudizio,
hanno pubblicamente fatto battere noi che
siamo cittadini romani; ed ora di nascosto
ci vogliono mandar via? Certo no n sarà
così: vengano essi stessi e ci conducano
fuori della prigione. Quei messi portarono
ai magistrati questa risposta; i quali avendo
inteso che erano cittadini romani furono
presi da forte timore, imperciocché il
battere un cittadino romano era delitto
capitale. Per la qualcosa vennero tosto
alla prigione e con benigne parole si
scusarono di quanto avevano fatto, e trattili
onoratamente di prigione li pregarono di
voler uscire dalla città. Gli Apostoli vennero
tosto alla casa di Lidia, ove trovarono i
c om pagni immersi in costernazione a
cagione di loro; e ne furono grandemente
consolati al vederli posti in libertà. Dopo
di che partirono dalla città di Filippi. Così
quei

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6.1 Page 51

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[218
52
cittadini rigettarono le grazie del Signore
per le grazie degli uomini.
CAPO XI.
S. Paolo predica in Tessalonica - Affare di
Giasone. Va a Eterea ove è di nuovo
disturbato dagli Ebrei. Anno di Cristo 52.
Paolo co' suoi compagni partì da Filippi
lasciando ivi le due famiglie di Lidia e del
carceriere guadagnate a Gesù Cristo.
Passando egli per la città di Anfipoli e di
Apollonia pervenne a Tessalonica, città
principale della Macedonia molto famosa
pel suo commercio e pel suo porto
sull'Arcipelago. Oggidì è della
Salonicchio. Ivi Iddio aveva
apparecchiato al santo Apostolo molti
patimenti e molte anime da guadagnare a
Cristo. Egli si mise a predicare, e per tre
sabati continuò a provare colle sacre
Scritture che Gesù Cristo era il Messia, il
Figliuolo di Dio, che le cose a lu i
avvenute erano state annunziate dai
Profeti, perciò doversi o rinunziare alle
profezie o credere alla venuta del Messia. A
tale predicazione alcuni credettero ed
abbracciarono la Fede;

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53
ma altri, specialmente Ebrei, si mostrarono
ostinati e con grande odio si levarono
contro di s. Paolo. Postisi alla testa di
alcuni malvagi della feccia del popolo si
radunarono, e a squadre a squadre misero a
rumore tutta la città. E poiché Sila e
Paolo, avevano preso alloggio presso un
certo Giasone, corsero tum ultuando alla
casa di lui per trarli fuori e condurli
davanti al popolo. I fedeli se ne accorsero
per tempo e riuscirono a trafugarli. Non
potendoli più trovare presero Giasone
insieme con alcuni fedeli e li
strascinarono dinanzi ai Magistrati della
città, gridando a gran voce: questi
turbatori del genere umano sono venuti
anche qua da Filippi; e Giasone li accolse
in casa sua; ora costoro trasgrediscono i
decreti e violano la maestà di Cesare
affermando esservi un altro Re, cioè Gesù
Nazareno. Queste parole riscaldarono i
Tessalonicesi e fecero montare in furore, i
medesimi magistrati. Ma Giasone avendoli
assicurati che non si volevano fare tum ulti,
e che qualora avessero chiesti que'
forestieri, egli li avrebbe loro presentati,
si mostrarono paghi; e si acquietò il tumulto.
Ma Sila e Paolo vedendo inutile ogni fatica
in quella città

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[ 220
JL
54
seguirono i consigli de' Fratelli e si
recarono a Berea, altra città di quella
provincia.
A Berea Paolo si mise a predicare nella
Sinagoga degli Ebrei, cioè si pose nello
stesso pericolo, da cui poco prima era stato
quasi per miracolo liberato. Ma questa volta
il suo coraggio fu largamente
ricompensato. I Bereesi con grandissima
avidità ascoltarono la parola di Dio. Paolo
allegava sempre quei tratti della Bibbia che
riguardavano a Gesù Cristo, e gli uditori
correvano tosto a riscontrarli e a verificare
i testi da lui citati; e trovandoli
corrispondere con scioltezza, si piegavano
alla verità e credevano al Vangelo. Così
faceva il Salvatore cogli Ebrei della
Palestina quando li invitava a leggere
attentamente le Sacre Scritture. Scrutamini
scripturas, et ipse testimonium perhibent
de me.
Però le conversioni avvenute in Berea
non poterono stare nascoste tanto che non
ne pervenisse notizia a quelli di
Tessalonica. Gli ostinati Ebrei di questa
città corsero in gran numero a Berea per
guastar l'opera di Dio e impedire la
conversione de' Gentili. S. Paolo era
principalmente

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55
cercato come colui che sosteneva in
particolar maniera la predicazione. I
Fratelli veggendolo in pericolo il fecero da
persone fidate accompagnare segretamente
fuori della città e per vie sicure lo
condussero ad Atene. Rimasero però in
Berea Sila e Timoteo. Ma Paolo nel
licenziare coloro, che l'avevano
accompagnato, raccomandò loro con gran
premura che dicessero a Sila e a Timoteo di
venirlo a raggiungere il più presto
possibile.
I santi Padri nell'ostinazione degli Ebrei
di Tessalonica ravvisano quei Cristiani i
quali non paghi di non approfittare eglino
stessi dei benefizi della religione, cercano
allontanarne gli altri, la qual cosa fanno o
calunniando i sacri ministri, o
disprezzando le cose della medesima
religione.
II Salvatore dice a costoro : a voi sarà tolta
la mia vigna, cioè la mia religione, e sarà
data ad altri popoli che la coltiveranno
meglio di voi e riporteranno frutti a suo
tempo. Minaccia terribile, ma che pur
troppo si è già avverata e si va avverando in
molli paesi ove un tempo fioriva la cristiana
religione i quali presentemente vediamo
immersi nelle f olle tenebre

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56
dell'errore, del vizio e del disordine Dio
ci scampi da questo flagello!
CAPO XII.
Stato religioso degli Ateniesi - S. Paolo
nell'Areopago - Conversione di s. Dionigi.
Anno di Cristo 52.
Era Atene una delle più antiche, più
ricche, più commercianti città del mondo. Ivi
la scienza, il valor militare, i filosofi, gli
oratori, i poeti furono sempre i maestri del
genere umano. Gli stessi romani avevano
mandato in Atene per raccogliere leggi che
portarono a Roma come oracoli di saggezza.
Eravi inoltre un Senato d'uomini
considerati specchio di virtù, giusti e
prudenza ; essi erano chiamati Areopagiti da
Areopago luogo dove avevano il tribunale.
Ma con tanta scienza giacevano immersi
nella più vergognosa ignoranza delle cose
di religione. Le sette dominanti erano
quella degli Epicurei e quella degli Stoici,
Gli Epicurei negavano a Dio la creazione del
mondo e la Provvidenza, né ammettevano
premio o pena
[ 222
]

6.6 Page 56

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57
nell'altra vita, perciò ponevano la
beatitudine nei piaceri della terra. Gli
Stoici riponevano il sommo bene nella
sola virtù, e tacevano l'uom o in alcune
cose maggiore del medesimo Iddio, perché
credevano di avere la virtù e la sapienza da
se medesimi. Tutti poi a d o ravano più dei, e
non vi era delitto che non fosse favorito
da qualche insensata divinità.
S. Paolo, uomo oscuro, tenuto a vile
perché Giudeo, doveva a costoro predicar
Gesù Cristo anche Giudeo, morto in croce,
e ridurli ad adorarlo per vero Dio. Perciò
Dio solo poteva fare che le parole di s. Paolo
potessero cangiar cuori così inveterati nel
vizio e alieni dalla vera virtù, e fare che
abbracciassero e professassero la santa
cristiana religione.
Mentre Paolo stava aspettando Sila e
Timoteo, provava in suo cuore
compassione per quei miseri ingannati, e
secondo il solito mettevasi a disputare
cogli Ebrei e con tutti quelli che si
abbattevano in lui ora nelle sinagoghe,
ora nelle piazze. Gli Epicurei e gli Stoici
vennero anch'essi con lui a disputa, e non
potendo resistere alle ragioni andavano
dicendo: che vorrà

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58
dire' questo ciurmadorel Altri dicevano: pare
che costui ci voglia mostrare qualche nuovo
Dio. Il che dicevano perché udivano nominar
Gesù Cristo e la risurrezione. Alcuni altri
volendo operare con maggior prudenza
i n v i t a r o n o Paolo a recarsi nell'Areopago.
Come giunse in quel magnifico Senato, gli
dissero : si potrebbe sapere qualche cosa
di questa tua nuova dottrina? Imperciocché
tu ci suoni all'orecchio cose n o n mai da
noi udite. Desideriamo di sapere la realtà di
quanto insegni.
Alla notizia che un forestiero doveva
parlare nell'Areopago accorse gran calca di
gente.
Convien qui notare che fra gli Ateniesi
era severamente proibito di dire la minima
parola contro alle loro innumerevoli e
stupide divinità, e reputavano delitto
capitale il ricevere od aggiungere tra di loro
qualche Dio forestiero, che non fosse
attentamente esaminato e proposto dal
Senato. Due filosofi di nome Anassagora
l'uno, Socrate l'altro, solo per aver
lasciato conoscere che non potevano
ammettere tante ridicole divinità,
dovettero perdere la vita. Da queste cose
intendesi f acilm ente il pericolo in cui
era s. Paolo predicando il vero Dio
[224

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59
a quella terribile assemblea e cercando
di atterrare tutti i loro dei. —
Il santo Apostolo adunque vedendosi in
quell'augusto Senato e dovendo parlare Ai
più sapienti degli uomini, giudicò bene di
prendere uno stile e un modo di ragionare
assai più elegante che non faceva. E
poiché quei Senatori non ammettevano
l'argomento delle scritture, egli pensò di
farsi strada a parlare colla forza della
ragione. Levatesi pertanto in piedi e fattosi
da tutti silenzio così incominciò:
a Uomini Ateniesi, io vi vedo in tutte le
cose religiosi fino allo scrupolo. Imperocché
passando per questa città e considerando i
vostri simulacri ho trovato anche un altare
con questa iscrizione: al Dio Ignoto. Io
adunque vengo ad annunciarvi quel Dio che
voi adorate senza conoscere. Egli è quel Dio
che ha fatto il mondo e tulle le cose che in
esso esistono. Egli è il padrone del Cielo e
della terra, perciò non abita in templi
fatti dagli uomini. Né egli è servito dalle
mani dei mortali quasi avesse bisogno di
loro; che anzi egli è colui che da a tutti la
vita, il respiro e tulle le COSÌ. Egli fece che
da un uomo solo discendessero tutti gli
altri, la cui

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68
cerimonie prescritte dalla legge di Mosè.
Adempiuta una parte del suo voto san
Paolo in compagnia di Aquila e di Priscilla
si imbarcò alla volta di Efeso città
dell'Asia minore. Secondo il suo costume
Paolo andò a visitare la Sinagoga e
disputò più volte cogli Ebrei. Pacifiche
furono queste dispute, anzi gli Ebrei lo
invitarono a fermarsi di più; ma Paolo
voleva proseguire il suo viaggio a fine di
trovarsi in Gerusalemme e compiere il suo
voto. Diede però parola a quei Fedeli di
ritornarvi, e quasi per caparra del suo
ritorno lasciò appresso di loro Aquila e
Priscilla. Da Efeso s. Paolo s'imbarcò per la
Palestina e giunse a Cesarea ove
sbarcando s' incamminò a piedi verso a
Gerusalemme. Andò a visitare i Fedeli di
questa Chiesa, e adempiute le cose, per le
quali egli aveva principalmente intrapreso
questo viaggio venne ad Antiochia, ove
fece qualche tempo dimora.
Tutto è degno di ammirazione in questo
grande Apostolo. Noi notiamo qui
solamente una cosa che egli caldamente
raccomanda ai Fedeli di Corinto. Per dar
loro un importante avviso con cui
[234 ]

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69
mantenersi fermi nella fede: o fratelli,
egli scrive, per non cadere nell'errore,
tenetevi alle tradizioni imparate dal mio
discorso e dalla mia lettera. Itaque, fra-
tres, state et tenete traditiones quas didi-
cistis sive per sermonem sive per epistolam
nostram. Colle quali parole s. Paolo
comandava di avere la medesima
riverenza per la parola di Dio scritta e
per la parola di Dio tramandata per
tradizione siccome insegna la Chiesa
cattolica.
CAPO XIV.
Apollo in Efeso - II sacramento della Cresima -
S. Paolo opera molti miracoli. - Fatto di
due esorcisti Ebrei — Anno di Cristo 55.
S. Paolo dimorò qualche tempo in
Anliochia, ma vedendo quei fedeli
abbastanza provveduti di sacri pastori
deliberò' di partire per visitare di nuovo i
paesi ove egli aveva già prima predicato.
Questo è il quinto viaggio del nostro Santo
Apostolo. Egli andò nella Galazia, nel Ponto,
nella Frigia e nella Bitinia; dipoi,
secondo la promessa fatta, ritornò ad Efeso
dove Aquila e Priscilla lo aspettavano.

7 Pages 61-70

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70
Ovunque fa accolto, come scrive egli
stesso, quale angelo di pace.
Fra la partenza ed il ritorno di Paolo in
Efeso si recò in questa città un Giudeo di
nome Apollo. Esso era un uomo eloquente e
profondamente istruito nella Sacra
Scrittura. Adorava il Salvatore e lo
predicava eziandio con zelo, ma non
conosceva altro Battesimo se non quello
predicato, da s. Giovanni Battista. Aquila
e Priscilla si accorsero che egli aveva
un'idea assai confusa dei Misteri della
Fede, e chiamandolo a sé lo istruirono
meglio nella dottrina, vita, morte e
risurrezione di Gesù Cristo.
Desideroso costui di portare la parola di
salute ad altri popoli, deliberò di passare
nell'Acaia cioè nella Grecia. Gli Efesini
che da qualche tempo si specchiavano nelle
sue virtù e che cominciavano ad amarlo
come padre, vollero accompagnarlo con una
lettera, in cui lodavano molto il suo
zelo, e lo raccomandavano ai Corinti, Egli
difatti fece gran bene a quei Cristiani.
Quando l'Apostolo giunse in Efeso trovò
parecchi fedeli istruiti da Apollo, e volendo
conoscere lo stato di queste anime, egli
[236

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71
dim andò se avevano ricevuto Io Spirilo
Santo; vale a dire se avevano ricevuto il
Sacramento della Cresima, che solevasi in
quei tempi amministrare dopo il Battesim o
e in cui conferivasi la pienezza dei doni
dello Spirito Santo. Ma quella buona
gente rispose: noi non sappiamo nemmeno
che vi sia uno Spirito Santo. Meravigliato
l'Apostolo di tale risposta, e avendo
inteso che avevano ricevuto soltant o il
Battesimo di s. Giovanni Ballista, comandò
che fossero nuovamente battezzati col
Battesim o di Gesù Cristo* cioè nel nome
del Padre, del Figliuolo, dello Spirito Santo.
Dopo di che Paolo im ponendo le mani
amministrò loro il Sacramento della
Cresima, e quei nuovi fedeli ricevettero n o n
solo gli effetti invisibili della grazia, ma
eziandio i segni particolari e manifesti
dell'onnipotenza divina, il che rendevano
manifesto parlando speditamente le lingue
che prima non intendevano, predicendo
le cose future, e i n terpretando la sacra
scrittura.
S. Paolo predicò per tre mesi nella
sinagoga confortando gli Ebrei a credere
in Gesù Cristo. Molti credettero, ma parecchi
mostrandosi ostinati bestemmiavano

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perfino il Santo nome di Gesù Cristo.
Paolo e per 1'onor dei Vangelo da questi
empi deriso e per fuggire la compagnia dei
malvagi cessò dal predicare nella
sinagoga, ruppe ogni comunicazione con
loro e si ritirò a casa di un gentile
cristiano di nome Tiranno che faceva il
maestro di scuola. S. Paolo fece di quella
scuola una Chiesa di Gesù Cristo, ove
predicando e spiegando le verità della
fede attirava Gentili ed Ebrei da tutte le
parti dell'Asia.
Dio* aiutava 1'opera sua confermando
con prodigi inauditi la dottrina dal suo
servo predicata. I pannolini, gli asciugatoi e
le fasce che avevano servito o toccato il
corpo di Paolo erano portate q u a e là e
poste sugli infermi e sopra gli
indemoniati, e ciò bastava perché tosto
fuggissero le malattie e gli spiriti
immondi. Fu questa una meraviglia non
mai udita, e Iddio volle certamente che
un tal fatto fosse registrato nella Bibbia
per confondere coloro che hanno tanto
declamato e tuttora declamano contro alla
venerazione che i Cattolici prestano alle
sacre reliquie. Forse vogliono essi
condannare di superstizione que' primi
[ 238

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73
Cristiani, i quali applicavano sopra gli
ammalati i fazzoletti che avevano toccato il
corpo di Paolo? Cose, che s. Paolo non
aveva mai proibito e che Dio dimostrava
di approvare con miracoli?
Per l'invocazione del nome di G. Cristo
a far miracoli avvenne un fatto assai
curioso. Fra gli Efesini erano molti che
pretendevano di cacciare i demoni dai corpi
con certe parole magiche oppure usando
radici di erbe, o profumi. Ma i loro risultati
riuscivano sempre poco favorevoli. Anche
gli esorcisti Ebrei al vedere che fino le
vesti di Paolo cacciavano i demoni, ne
furono presi da invidia, e si provarono,
come faceva s. Paolo, di usare il nome di G.
Cristo per cacciare il demonio da un uomo.
Io ti scongiuro, andavano dicendo, o
spirito malvagio, e ti comando di uscire da
questo corpo per quel Gesù che è predicato
da Paolo. Il demonio sapeva le cose
meglio di loro e per bocca
dell'indemoniato rispose: Io conosco
Gesù e so altresì chi è Paolo; ma voi siete
impostori. Qual diritto avete sopra di me?
Ciò detto si avventò sopra di loro, li
malmenò e li percosse in guisa che d u e di
loro a stento poterono

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74
fuggire tutti feriti, e cogli abiti fatti a pezzi.
Questo fatto strepitoso essendosi
divulgato per tutta la città cagionò gran
timore, e nessuno più ardiva nominare il
Santo nome di Gesù Cristo se non con
rispetto e venerazione.
CAPO XV.
Sacramento della Confessione - Libri perversi
bruciali - Lettera ai Corinti - Sollevazione
per la dea Diana - Lettera ai Galati — Anno
di Cristo 56-57.
Iddio sempre misericordioso sa ricavare
il bene dai medesimi peccali. Il fatto dei
due esorcisti così malmenati da
quell'indemoniato mise gran paura in tutti
gli Efesini e tanto gli Ebrei quanto i
Gentili si affrettavano di rinunziare al
demonio e di abbracciare la fede. Fu allora
che molti di quelli, i quali avevano
creduto, venivano in gran numero a
confessare e a dichiarare il male commesso
nella loro vita per ottenerne il perdono.
Veniebant confitentes et annuntiantes actus
suos. Act. 19. È questa una chiara
testimonianza della Confessione
sacramentale
[ 240

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75
comandata dal Salvatore e praticata fin da'
tempi apostolici.
Prim o frutto della confessione e del
pentimento di quei fedeli fu di allontanare
da sé le occasioni del peccato. Perciò tutti
quelli che avevano libri perversi, cioè
contrari a' buoni costumi o alla religione, li
consegnavano perché fossero bruciati.
Tanti ne portarono, che, fattone un mucchio
sulla piazza, ne fecero un falò alla presenza
di tutto il popolo, reputando cosa migliore
bruciare quei libri nella vita presente per
evitare il fuoco eterno dell'inferno. Il
valore di quei libri formava u n a somma
che corrisponde quasi a cento mila franchi.
Niuno però cercò di venderli, perciocché
sarebbe stato un porgere ad altri occasione
di far male, la qual cosa non è mai permessa.
Mentre queste cose succedevano, giunse
da Corinto in Efeso Apollo con altri
annunziando essere nate discordie tra que'
fedeli. Il s. Apostolo si adoperò a porvi
rim edio con una lettera, in cui
raccomanda loro l'unità di Fede,
l'ubbidienza ai propri pastori; la carità
vicendevole e specialmente verso i
poveri. Inculca ai ricchi di no n
imbandire lauti banchetti ed abbandonare

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76
i poveri nella miseria, insiste poi che
ciascuno purifichi la sua coscienza prim a
di accostarsi al corpo e al sangue di Gesù
Cristo, dicendo: colui che mangia quel corpo
e beve quel sangue indegnamente , mangia
il proprio giudizio e la propria condanna.
Era pure accaduto che un giovine aveva
commesso grave peccato con sua matrigna.
II Santo per farne apprendere il debito
orrore comandò che quello fosse per
qualche tempo separato dagli altri fedeli
affine di farlo ritornare in se stesso. È
questo un vero esempio di scom unica,
come appunto pratica ancora la Chiesa
Cattolica, quando per gravi delitti
scomunica, ossia dichiara separati dagli
altri quei Cristiani che ne sono colpevoli.
Paolo mandò il suo discepolo Tito a portare
questa lettera a Corinto. Il frutto pare che
ne sia stato molto copioso.
Egli era in Efeso quando si destò contro di
lui una terribile persecuzione per arte di un
orefice chiamato Demetrio. Costui
fabbricava piccoli templi d'argento entro cui
si poneva u na statuetta della dea Diana,
divinità venerata in Efeso e in tutta l'Asia.
Ciò gli produceva commercio e gran
guadagno. Perciocché la maggior parie dei
[242

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77
forestieri che venivano alle feste di Diana
portavano via seco loro questi segni di
devozione. Demetrio ne era l'artefice
principale, è con ciò somministrava lavoro e
sostentamento alle famiglie di molti operai.
Di mano in mano che cresceva il numero de'
Cristiani diminuiva quello dei compratori
delle statuette di Diana. Laonde un giorno
Demetrio radunò un gran numero di
cittadini, e dimostrò come non avendo essi
altri mezzi per vivere, Paolo li avrebbe tutti
fatti morir di fame. Almeno, egli
soggiungeva, non si trattasse che del nostro
privato interesse; ma il tempio della nostra
gran Dea cosi celebrato in tutto il mondo è
per essere abbandonato. A queste parole
viene interrotto da mille diverse voci
che gridavano colla più furiosa
confusione: la gran Diana degli Efesini!
La gran Diana degli Efesini! Tutta la città
si pone sossopra; corrono schiamazzando in
cerca di Paolo e non potendolo tosto
trovare strascinano seco loro due suoi
compagni di nome Gaio ed Aristarco. Un
Giudeo per nome Alessandro volle parlare.
Ma appena poté aprire la bocca, che da latte
parli si misero a gridare con voce ancor più
forte : La gran Diana degli Efesini :

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78
quanto è mai grande la Diana degli Efesini. Il
quale grido fa ripetuto per due ore intere.
Paolo voleva avanzarsi in mezzo al tumulto
per parlare, ma alcuni fratelli conoscendo
che sarebbesi esposto ad una certa morte,
glielo impedirono. Dio però, che ha in mano
il cuore degli uomini, restituì piena calma tra
quel popolo in un modo inaspettato. Un uomo
savio, un semplice segretario, e da quanto
appare, amico di Paolo, riuscì a calmare quel
furore. Appena poté parlare: e chi è, si fece a
dire, chi è che non sappia avere la città di
Efeso u n a divozione ed un culto
particolare verso la gran Diana figliuola di
Giove? Essendo tale cosa da tutti creduta,
voi non dovete turbarvi né appigliarvi a così
temerario rimedio, quasi possa cadere in
dubbio tal devozione da tutti i secoli
stabilita. Quanto a Gaio ed Aristarco vi
dirò che eglino non sono convinti di
alcuna bestemmia contro a Diana. Che se
Demetrio ed i suoi compagni hanno qualche
cosa con essi, portino la loro causa dinanzi
al tribunale. Che se noi continuiamo in queste
pubbliche dimostrazioni saremmo accusati di
sedizione. A quelle parole il
[244

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79
tumulto si acquietò, ed ognuno fece
ritorno pei fatti suoi.
Dopo questa sommossa Paolo voleva
tosto partire per la Macedonia, ma dovette
ancora sospendere la sua partenza a motivo
di alcuni disordini avvenuti trai fedeli della
Galazia. Alcuni falsi predicatori si diedero
a screditar s. Paolo e le sue predicazioni
asserendo che la dottrina di lui era
diversa da quella degli altri Apostoli e
che la circoncisione e le cerimonie della
legge di Mosè erano assolutamente
n e cessarie.
Il santo Apostolo scrisse una lettera in
cui dimostra la conformità di dottrina tra lui
e gli altri Apostoli; prova che molle cose
della legge di Mosè non erano più
necessarie per salvarsi; raccomanda di
guardarsi bene dai falsi predicatori e
gloriarsi solamente in Gesù, nel cui nome
augura pace e benedizioni.
Spedita la lettera ai fedeli della Galazia
egli partì per la Macedonia dopo d'essere
dimorato tre anni in Efeso, cioè dall'anno
cinquantesimo
quarto
all'anno
cinquantesimo settimo di G. Cristo.
Durante il soggiorno di s. Paolo in Efeso
Dio gli fece conoscere in spirito che lo

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8.1 Page 71

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[246
80
chiamava nella Macedonia, nella Grecia, in
Gerusalemme e a Roma.
CAPO XVI.
S. Paolo ritorna a Filippi - Seconda lettera ai
fedeli di Corinto - Va in questa città -
Lettera ai Romani - Sua predica prolungata
in Troade - risuscita un morto. — Anno di
Cristo 58.
Prima di partire da Efeso, Paolo convocò
i discepoli e fatta loro u n a paterna
esortazione li abbracciò teneramente, indi si
pose in viaggio verso la Macedonia.
Desiderava di fermarsi qualche tempo a
Troade, ove sperava pure di incontrar il
suo discepolo Tito; ma non avendolo
trovato, mosso dal desiderio di presto
intendere da lui lo stato della Chiesa di
Corinto, partì da Troade, attraversò
l'Ellesponto, che oggidì chiamasi stretto
dei Dardanelli e passò nella Macedonia, ove
dovette molto patire per la fede.
Ma Dio gli preparò una grande
consolazione coll'arrivo di Tito che lo
raggiunse nella città di Filippi. Quel
discepolo espose al santo Apostolo come la
sua lettera

8.2 Page 72

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81
aveva prodotto salutari effetti tra i Cristiani
di Corinto, che il nome di Paolo era
carissimo a tutti e che ognuno ardeva del
desiderio di presto vederlo.
Per dare in certa maniera sfogo ai paterni
sentimenti del suo cuore l'Apostolo scrisse da
Filippi una seconda lettera nella quale si
dimostra tutta tenerezza verso di quelli che
si conservavano fedeli, e riprende alcuni che
cercavano di pervertire la dottrina di G.
Cristo. Avendo poi inteso che quel giovane,
scomunicato nella sua prima lettera, si era
sinceramente convertito, anzi udendo da
Tito che il dolore lo aveva quasi spinto alla
disperazione, il santo Apostolo raccomandò
di usargli riguardo, lo assolvette dalla
scomunica, e lo restituì alla comunione dei
fedeli. Colla lettera raccomandò molte
cose a viva voce da comunicarsi per mezzo di
Tito che ne era il portatore.
Accompagnarono Tito in questo viaggio altri
discepoli tra i quali s. Luca da alcuni anni
Vescovo di Filippi. S. Paolo consacrò s.
Epafrodito Vescovo per quella città e così
s. Luca divenne nuovamente compagno del
Santo suo maestro nelle fatiche
dell'Apostolato.
Dalla Macedonia Paolo si portò a
Cor i n t o , dove ordinò quanto riguardava
la celebrazione dei santi misteri,
siccome aveva prom esso nella sua
prim a lettera , il che si deve in ten dere
di quei riti che in tutte le Chiese
comunemente si osservano, come sarebbe il
digiuno prima della Santa Comunione
ed altre cose simili che riguardano
l'amministrazione dei Sacramenti.
L' Apostolo passò l ' i n v e r n o in questa
città adoperandosi a consolare i suoi
figliuoli in Gesù Cristo, che non si saziavano
di ascoltarlo e di ammirare in lui uno
[ 248

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zelante pastore ed un tenero padre.
Da Corinto estese pure le sue
sollecitudini ad altri popoli e
specialmente ai Romani già convertiti alla
fede da s. Pietro con m olti anni di fatiche e
di patim enti. Aquila con altri suoi amici,
avendo inteso che era cessata la
persecuzione, eransi di nuovo recati a
Roma. Paolo seppe da loro, che in quella
metropoli dell'impero erano insorte
dissensioni tra Gentili ed Ebrei. I Gentili
rimproveravano gli Ebrei perché non avevano
corrisposto ai benefizi ricevuti da Dio, avendo
ingratamente messo in croce il Salvatore;
gli Ebrei dal loro canto facevano rimproveri
ai Gentili

8.4 Page 74

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83
perché avevano seguito l'idolatria e
venerate le più inf am i divinità. Il santo
Apostolo scrisse la sua famosa lettera ad
Romanos tutta piena di sublim i argomenti
che egli tratta con quell'acutezza
d'ingegno, che è propria di un uomo dotto e
santo e che scrive inspirato da Dio. Non è
possibile di abbreviarla senza pericolo di
variarne il senso. Essa è la più lunga, la più
elegante di tutte le altre e più piena di
erudizione. Ti esorto, o lettore, di
leggerla attentamente, ma colle debite
interpretazioni che soglionsi unire alla
volgata. Essa o la sesta lettera di s. Paolo e
fu scritta dalla città di Corinto l'anno
cinquantesimo ottavo di G. Cristo. Ma pel
grande rispetto, che in ogni tempo si ebbe
per la dignità della Chiesa di Roma , è
annoverata la prima tra le quattordici
lettere di questo s. Apostolo. In questa
lettera s. Paolo non parla di s. Pietro perché
esso era occupato nella fondazione di altre
chiese. Essa era portata da u na diaconessa
ovvero monaca di nome Feba, che l'Apostolo
raccomanda molto presso ai fratelli di
Roma. Volendo s. Paolo partire da Corinto
per avviarsi a Gerusalemme venne a sapere
che gli Ebrei studiavano dì tendergli

8.5 Page 75

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84
insidie nel cammino ; perciò, in luogo di
imbarcarsi nel Porto Genereo per
Gerusalemme, Paolo tornò indietro e
continuò il viaggio per la Macedonia. Lo
accompagnarono Sosipatro figliuolo di
Pirro di Berea; Aristarco e Secondo di
Tessalonica, Gaio di Derbe, e Timoteo di
Listri, Tichico e Trofimo di Asia. Costoro
vennero in compagnia di lui fino a Filippi,
dipoi, ad eccezione di Luca, passarono a
Troade con ordine di aspettarlo colà
mentre egli sarebbesi trattenuto in questa
città fin dopo le feste pasquali. Passata
questa solennità Paolo e Luca in cinque
giorni di navigazione giunsero a Troade e vi
si fermarono sette giorni.
Accadde che la vigilia della partenza di
Paolo, era primo giorno della settimana,
cioè giorno di Domenica, in cui i fedeli
solevano radunarsi per ascoltare la parola
di Dio ed assistere ai divini sacrifici. Fra
le altre cose facevano lo spezzamento del
pane, cioè celebravano la Santa Messa, a cui
partecipavano i fedeli ricevendo il corpo
del Signore sotto la specie del pane. Fin
d'allora la Messa giudicavasi 1'atto più
sacro e più solenne per la santificazione
del giorno festivo.
[250

8.6 Page 76

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85
Paolo, che era per partire all'indomani,
prolungò il discorso a notte alquanto
avanzata e per illum inare il cenacolo
erano state accese molte lam pade. Il
giorno di Domenica, l'ora notturna, il
cenacolo nel terzo piano della casa, le
molte lam pade accese attrassero immensa
f olla di gente. Mentre tutti erano intenti al
ragionamento di Paolo, un giovanetto di
nom e Bulico, o per desiderio di vedere
l'Apostolo o per poterlo meglio ascoltare
era montato sopra una finestra e si assise sul
davanzale. Óra sia pel caldo che ivi faceva;
sia per l'ora larda o forse per la stanchezza,
fatto sta che quel giovanetto si addormentò;
e nel sonno abbandonandosi al peso del
proprio corpo cadde giù sul lastrico della
pubblica strada. Si ode un lamento a
risuonare per l'assemblea; corrono e
trovano il giovane senza vita.
Paolo discende subito a basso, e postosi
colla persona sopra il cadavere, lo
benedice, lo abbraccia e col suo fiato o
piut tosto colla viva fede in Dio lo
restituisce a nuova vita. Operato questo
miracolo , senza badare agli applausi che da
tutte parti si facevano, egli montò di nuovo
nel

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86
cenacolo e continuò a predicare fino a
giorno.
La grande sollecitudine dei fedeli di
Troade per assistere alle sacre funzioni deve
servire di eccitamento a tutti i Cristiani
a santificare i giorni festivi con opere di
pietà,
specialmente
coll'udire
devotamente la Santa Messa e
coll'ascoltare la parola di Dio anche con
qualche i n comodo.
CAPO XVII.
Predicaci! s. Paolo a Mileto - Suo viaggio fino a
Cesarea - Profezia di Agabo. — Anno di
Cristo 58.
Sciolta quell'adunanza che aveva durato
circa ventiquattro ore l'instancabile
Apostolo partì co' suoi compagni per
Mitilene nobile città dell'isola di Lesbo.
Di qui proseguendo il viaggio in pochi
giorni giunse a Mileto città della Caria,
provincia dell'Asia minore. L'Apostolo
non aveva voluto fermarsi ad Efeso per non
essere obbligato da que' Cristiani, che
teneramente l'amavano, a sospendere di
troppo il suo cammino.
[ 252

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87
Egli affrettavasi affine di giungere a
Gerusalemme per la festa di Pentecoste. Da
Allieto Paolo mandò in Efeso a
partecipare il suo arrivo ai vescovi ed ai
preti di quella città' e delle province
vicine invitandoli a venirlo a trovare
ed anche conferire con lui intorno alle
cose della fede, seppure avesse fatto
mestieri. Vennero in gran num ero.
Quando s. Paolo si vide circondato da
que' venerandi predicatori del Vangelo,
cominciò ad esporre loro le tribolazioni
sofferte giorno e notte per le insidie dei
Giudei, « Ora io vado a Gerusalemme, egli
diceva, colà guidato dallo Spirito Santo
il quale, in tutti i luoghi ove io passo, mi fa
conoscere le catene e le tribolazioni che in
quella città mi aspettano. Ma nulla di ciò
mi spaventa, ne fo la m ia vita più
preziosa del mio dovere. A me poco
importa vivere o morire, purché io termini
la m ia carriera rendendo gloriosa
testimonianza al Vangelo che Gesù Cristo
rni ha affidato. Voi non vedrete più la
m ia faccia, ma badate a voi stessi e a tutto
il gregge sopra cui lo Spirito Santo vi ha
costituiti vescovi per governare la Chiesa
di Dio da lui acquistala col

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[254
88
prezioso suo sangue. » Quindi passò ad
avvisarli che dopo la sua partenza
sarebbero insorti lupi rapaci e uomini
perversi per guastare la dottrina di Gesù
Cristo. Dette queste parole si posero tutti in
ginocchio e fecero insieme orazione.
Niuno poteva contenere le lacrime, e tutti
si gettavano sul collo di Paolo
imprimendogli mille baci. Ed erano
specialmente inconsolabili per quelle
parole, che non avrebbero più veduta la
sua faccia. Per godere ancora alcuni
momenti la dolce di lui compagnia lo
accompagnarono fino alla nave, e non senza
una specie di violenza si separarono dal
loro caro maestro.
Paolo insieme co' suoi compagni da
Mileto passò all'isola di Coo, molto
rinomata per un tempio dei Gentili
dedicato a Giunone e ad Esculapio. Il
giorno dopo giunsero a Rodi, isola molto
celebre specialmente pel suo colosso, che
era una statua di straordinaria altezza e
grossezza. Di là vennero a Patara città
capitale della Lidia, molto rinomata
per un gran tempio dedicato al Dio Apollo.
Di qui navigarono fino a Tiro ove la nave
doveva lasciare i1 suo carico. Tiro è la città
principale della Fenicia

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89
ora della Tor sulle rive del Mediterraneo.
Appena sbarcali trovarono alcuni profeti che
andavano pubblicando i mali che al santo
Apostolo sovrastavano in Gerusalemme, e
lo volevano distogliere da quel viaggio.
Ma egli dopo sette giorni volle partire.
Quei buoni Cristiani colle mogli e co'
loro ragazzi lo accompagnarono fuori della
città, ove piegate le ginocchia sul lido
fecero secolui orazione. Quindi scambiatisi
i più cordiali saluti s'imbarcarono e
vennero accompagnati dagli sguardi dei
Sidonesi finché la lontananza della nave li
tolse di vista. Giunti in Tolemaide si
fermarono un giorno per salutare e
confortare quei Cristiani nella fede;
continuando poscia il loro cammino
giunsero a Cesarea.
Ivi Paolo fu accolto con giubilo dal
diacono Filippo. Questo santo discepolo
dopo di aver predicato il Vangelo ai
Samaritani, all'eunuco della regina Candace
e in molle città della Palestina, aveva fissato
il suo domicilio a Cesarea per attendere alla
coltura di quelle anim e che egli aveva in
Gesù Cristo rigenerate.
Venne in quei tempi in Cesarea il profeta
Agabo, e andato a far visita al

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90
santo Apostolo, gli tolse da dosso la
cintura e legatisi con essa i piedi e le mani:
ecco, disse, quanto lo Spirito Santo
apertam ente mi dice: l'uomo a cui
appartiene questa cintola, sarà in questa
guisa legato da' Giudei in Gerusalemme.
La profezia di Agabo commosse tutti gli
astanti, perciocché venivano sempre più
resi manifesti i mali che erano al santo
Apostolo preparati in Gerusalemme; onde
gli stessi compagni di Paolo piangendo lo
pregavano di non andarvi. Cui Paolo
coraggiosamente rispondeva: Deh! vi
prego, non piangete. Con queste vostre
lagrime n on fate altro che accrescere
afflizione al mio cuore. Sappiate che io
sono pronto non solo a patire le catene, ma
ad incontrare anche la morte pel nome di
G. Cristo.
Allora tutti ravvisando la volontà di Dio
nella fermezza del santo Apostolo dissero
ad u n a voce: sia fatta la volontà del
Signore. Ciò dello partirono alla volta di
Gerusalemme con un cerio Giasone che era
stato discepolo e seguace di G. Cristo. Egli
aveva dimora fìssa in Gerusalemme ed
andava seco loro per albergarli in casa sua.
[256
]

9.2 Page 82

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91
CAPO XV11I.
S. Paolo si presenta a s. Giacomo - Gli Ebrei
gli tendono insidie - Parla al popolo -
Rimprovera il sommo Sacerdote. Anno di
Cristo 59.
Noi passiamo a raccontare una lunga
serie di patimenti e di persecuzioni dal
santo Apostolo tollerate in quattro anni di
prigionia. Dio volle preparare il suo servo
a questi combattimenti con farglieli molto
prima conoscere; perciocché i mali previsti
cagionano minore spavento e l'uomo è più
disposto a sostenerli. Giunto Paolo e i
suoi compagni a Gerusalemme, furono
accolti dai Cristiani di questa città coi
segni della più grande benevolenza, li
giorno dopo andarono a visitare il
Vescovo della città, che era s. Giacomo il
Minore, presso cui eransi pure r ad unali i
sacerdoti primarii della Diocesi. Paolo
raccontò loro le meraviglia che Iddio
aveva operate pel suo ministero presso i
Gentili. Di che tutti ringraziarono di cuore
il Signore.

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92
Si fecero però premura di avvisare Paolo
dei pericolo che gli sovrastava. Molti Ebrei,
gli dissero, si convertirono già alla fede e
di costoro parecchi sono tenacissimi della
circoncisione e delle cerimonie legali. Ora
sapendosi che tu dispensi i Gentili da queste
osservanze avvi un astio terribile contra
di te. Fa mestieri adunque che dimostri come
tu non sei nemico degli Ebrei. Fa in questa
maniera: nell'occasione che quattro Ebrei
devono in questi giorni compiere un voto, tu
prenderai parte alla funzione e farai per loro
le spese che occorrono per questa solennità.
Aderì prontamente Paolo al savio
consiglio, e prese parte a quell'opera di
pietà. Si recò nel tempio e la funzione era sul
finire, quando alcuni Giudei venuti
dall'Asia eccitarono il popolo contro di lui
gridando: aiuto Israeliti, aiuto. Quest'uomo
è colui che va per tutto il mondo
predicando contro al popolo, contro alla
legge e contro a questo medesimo tempio.
Egli non ha dubitato di violarne la santità
con introdurvi dentro de' Gentili.
Sebbene tali cose fossero una calunnia,
tuttavia si mise a rumore tutta la città
[258

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93
e fattosi gran concorso di popolo, presero s.
Paolo, lo strascinarono fuori del tempio
per metterlo a morie come bestemmiatore.
Ma il rumor del tumulto essendo giunto al
tribuno Romano, questi tosto accorse colle
sue guardie. I sediziosi vedendo le guardie
cessarono di percuotere Paolo e lo
consegnarono al tribuno, che fattolo legare
ordinò che fosse condotto nella torre
Antonia, che era una fortezza ed un
quartiere di soldati vicino al tempio. Lisia,
tale era il nome del tribuno, desiderava di
sapere il motivo di quel tumulto, ma nulla
potè sapere, perché le grida e gli schiamazzi
del popolo soffocavano ogni voce. Mentre
Paolo montava i gradini della fortezza, fu
mestiere che i soldati lo portassero sulle
braccia per toglierlo dalle mani de' Giudei
i quali non potendolo aver in loro potere
andavano schiamazzando : uccidilo, levalo
dal mondo.
Quando poi stava per entrare nella
torre parlò così in greco al tribuno: mi è
permesso dirti una parola? Il tribuno si
meravigliò che egli parlasse greco e gli
disse: Sai tu il greco? Non sei tu
quell'Egiziano che poco fa eccitasti una

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94
ribellione e teco nel deserto conducesti
quattro mila assassini? No certamente,
rispose Paolo: io sono Giudeo, cittadino
di Tarso, città della Cilicia. Ma di grazia
mi permetti di parlare al popolo? La qual
cosa essendogli stata concessa Paolo dai
gradini della torre alzò alquanto la mano,
aggravata dal peso delle catene, die' segno
al popolo di tacere e si fece ad esporre
quello che riguardava alla sua patria, alla
sua conversione ed alla sua
predicazione; e come Iddio lo aveva
destinato a portare la fede tra i Gentili.
Il popolo lo aveva ascoltato con profondo
silenzio fino a queste ultime parole; ma
quando intese a parlare de' Gentili, come
agitato da m ille f urie, proruppe in grida
forsennate, e chi per sdegno gettava a terra
le proprie vesti, chi spargeva in aria la
polvere, e tutti gridavano: costui è
indegno di vivere, sia tolto dal mondo.
Il tribuno che nulla aveva capito del
discorso di s. Paolo, perché aveva parlato in
lingua ebraica, temendo che il popolo
venisse a gravi eccessi com andò a suoi di
condur Paolo nella fortezza, dipoi flagellarlo,
e metterlo alla tortura per costringerlo cosi
a svelare la cagione
[260

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95
della sedizione. Ma Paolo, che sapeva non
essere ancora venuta 1'ora, in cui dovesse
patire sim ili mali per amor di G. Cristo, si
volse al centurione incaricato di far
eseguire quell'ordine ingiusto: e ti pare,
gli disse, che sia lecito di flagellare un
cittadino romano, senza che sia
condannato? Udendo tale cosa il
centurione corse dal tribuno dicendogli:
Qual cosa tu sei mai per f a r e ? Non sai che
quest'uomo è cittadino R o m a n o ?
Il tribuno ebbe paura: perché aveva
f atto legare Paolo, la qual cosa portava
pena di morte. Si recò egli stesso da Paolo e
gli disse: d im m i: sei tu veramente
cittadino Romano? Egli rispose:
lo sono veramente. Io, soggiunse il tribuno,
ho comperato a ben caro prezzo tal diritto
di cittadinanza romana. Ed io, replicò
Paolo, ne godo per la m ia n a scita. Ciò
saputo fece sospendere l'ordine di mettere
Paolo alla tortura, ed il trib u n o stesso ne
fu in apprensione, e s t u diò un altro
mezzo per sapere le accuse che si facevano
dai Giudei contro di lui. Ordinò che il dì
seguente si radunassero
I1 senato e t u t t i i sacerdoti Ebrei, indi,

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96
fatte togliere le catene a Paolo, lo fece venire
in mezzo al concilio.
L'Apostolo fissati gli occhi in quella
assemblea: io, disse, o fratelli, fino a questo
giorno ho camminato dinanzi a Dio con
buona coscienza. Appena udite queste parole
il Sommo Sacerdote, di nome Anania,
comandò ad uno degli astanti che desse a
Paolo una forte guanciata. L'Apostolo non
giudicò di tollerare sì grave ingiuria; e
colla libertà e zelo che usavano gli antichi
profeti: muraglia imbiancata, gli disse, Dio
percuoterà te, siccome tu hai fatto percuotere
me, perché fingendo di giudicare secondo la
legge mi fai percuotere contro alla legge
medesima. Udite queste parole, tutti si
risentirono. Olà, gli dissero, hai tu
l'ardimento di maledire il sommo Sacerdote.
Perdonatemi, o fratelli, rispose Paolo, io non
sapeva che questi fosse il principe de'
Sacerdoti, perciocché ben conosco la legge
che proibisce di maledire il principe del
popolo.
Paolo non aveva conosciuto il principe
de' sacerdoti o perché egli non aveva le
divise del suo grado, o non parlava e non agiva
colla dignità che a tal persona si conveniva.
[262

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[264
97
Né s. Paolo malediceva Ananìa ma
prediceva i mali che sarebbero per
piombare sopra di lui come di fatti
avvennero. Per cavarsi in qualche maniera
dalle mani de' suoi nem ici Paolo unì la
semplicità della colomba alla prudenza
del serpente, e sapendo essere 1'adunanza
composta di Sadducei e di Farisei, pensò
di mettere divisioni tra di loro
esclamando: Io, fratelli, - sono Fariseo,
figliuolo ed allievo de' Farisei. Il motivo
per cui sono chiamato in giudizio è la
m i a speranza nella risurrezione de'
morti. Queste parole fecero nascere gravi
dissensi tra gli uditori; chi era contro di
Paolo, chi a favore di lui.
Intanto si alzò un clamore che faceva
temere gravi disordini. Il tribuno, le-
mendo che i più arrabbiati si avventassero
contro di Paolo e lo facessero in brani,
ordinò ai soldati che lo togliessero dalle
loro mani e lo riconducessero nella torre.
Dio però volle consolare il suo servo di
quanto aveva patito in quella giornata.
Nella notte gli comparve e gli disse: fatti
anim o: dopo di avermi reso testimonianza
in Gerusalemme, tu farai altrettanto in
Roma.
1 L. C. — An. V, F. li.
98
CAPO XIX.
Quaranta Giudei si obbligano con voto di
uccidere s. Paolo - Un suo nipote scopre la
trama. - È traslocato a Cesarea — Anno di
Cristo 59.
I Giudei veduto fallito il loro disegno
passarono la seguente notte in vari progetti.

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Quaranta di loro presero la disperata
risoluzione di obbligarsi con voto a non
più né mangiare né bere prima che non
avessero ucciso Paolo. Ordita questa
congiura si recarono dai principi dei
Sacerdoti e dai seniori raccontando loro il
fatto proponimento. Per aver quel ribaldo
nelle mani, soggiunsero: noi abbiamo
trovata u n a via ben sicura; resta solo che
voi ci diate la mano. Fate sapere al tribuno
in nome del Sinedrio che voi avete ancora
da esaminare alcuni articoli della causa di
Paolo; e che però dimani ve lo presenti
nuovamente. Egli di certo accondiscenderà a
questa dimanda. Ma state sicuri che prima
che Paolo sia condotto dinanzi a voi, noi
con

9.10 Page 90

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99
queste mani lo faremo a brani. I seniori
lodarono il progetto e promisero di
coadiuvarli. O sia che qualcheduno de'
congiurali non abbia serbato il segreto; o
sia che non abbiano badato a chiudere
l'uscio quando ordirono il loro progetto,
certo è che furono scoperti. Un figliuolo
della sorella di Paolo seppe ogni cosa e
corso alla torre, ebbe modo di passare in
mezzo alle guardie, presentarsi allo zio,
e raccontargli il filo di tutta la tram a.
Paolo istruì bene il nipote sulla maniera
di regolarsi. Chiam ato poscia un ufficiale
che gli stava per guardia dissegli: Ti prego
di condurre cotesto giovanotto al
capitano, egli ha qualche cosa a
comunicargli.
Il centurione il menò dal capitano e gli
disse: quel Paolo che è in prigione mi
pregò di condurli questo giovanetto
perché ha cosa im portante a dirli.
Il capitano prese per mano il giovanetto e
portatolo seco in disparte, gli dimandò
che cosa volesse dirgli. I Giudei, egli
rispose, si radunarono insieme per venirti a
pregare dimani, che tu voglia di nuovo
condur Paolo nel concilio sotto colore di
voler fare più sottile esame della

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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100
causa di lui. Ma tu non voler credere:
sappi che gli tendono insidie, e quaranta
di loro si sono obbligati con voto
orribile di non più mangiare né bere finché
non 1'abbiano ucciso. Ed ora stanno
apparecchiati per farlo in pezzi, passando
dalla torre al concilio. Or tu sai quel che
bisogna fare. Bravo, disse, il capitano, hai
fatto bene a dirm i tali cose. Ora vattene
pure, ma n o n dire ad alcuno che tu me
1'abbia fatto sapere.
Da questa disperata risoluzione
comprese Lisia che il ritenere più a lungo
Paolo in Gerusalemme era lasciarlo in
pericolo, da cui forse non lo avrebbe
potuto salvare.
Perciò senza mettere tempo in mezzo
egli chiamò d u e centurioni e loro parlò
così: mettete all'Ordine 200 soldati di
armatura ordinaria e altrettanti armati di
lancia con settanta uomini a cavallo ed
accompagnino Paolo fino a Cesarea.
Preparate anche u na cavalcatura per lui
onde sia condotto colà sano e salvo, e si
presenti al governatore Felice. Il tribuno
accompagnò Paolo con una lettera al
Governatore che è del tenor seguente:
« Claudio Lisia all'ottimo Governatore
[266
]

10.2 Page 92

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101
Felice salute. Ti mando quest'uomo che,
preso dai Giudei, era sul punto di essere da
loro ucciso. Sopravvento co' miei soldati
lo tolsi dalle loro mani avendo saputo che
è cittadino romano. Volendo poi
informarmi qual delitto avesse commesso
lo condussi nel Sinedrio, e trovai che
egli era accusato per conto di certe gare
di religione. Del resto io non ho trovato
in lui cosa alcuna che meriti morte o
prigione. Ma essendomi or ora riferito
che gli è tram ata la morte, ho pensato
bene di mandarlo a te, invitando nel tempo
stesso i suoi accusatori che vadano a dire
dinanzi al tuo Tribunale quanto loro
occorre contro di lui. Sta sano.
In esecuzione degli ordini ricevuti quella
medesima notte i soldati partirono con
Paolo e lo condussero ad Antipatride che
è u n a città posta a m età cammino tra
Gerusalemme e Cesarea. A quel punto di
strada non temendo più di essere assaliti
dai Giudei, rimandarono 400 soldati a
Gerusalemme, e Paolo accompagnato dai
soli 70 a cavallo giunse il dì seguente a
Cesarea.
Così Iddio in una maniera la più
semplice liberava il suo Apostolo da un

10.3 Page 93

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grave pericolo, e faceva conoscere che i
progetti degli uomini tornano sempre vani
quando sono contrari al volere divino.
CAPO XX.
Paolo dinanzi al governatore Felice. - I suoi
accusatori e la sua difesa. Anno di Cristo 59.
Il dì seguente Paolo giunse a Cesarea, e
fu presentato ai Governatore colla le ttera
del capitano Lisia. Letta la lettera, il
Governatore tirò Paolo in disparte e inteso
come egli era di Tarso, io, dissegli, ti
ascolterò quando saranno giunti i tuoi
accusatori. Intanto lo fece condurre nella
prigione del suo palazzo.
I quaranta congiurati quando si videro
fallito il colpo rimasero sbalorditi. Giova
credere che senza badare al voto fatto siansi
posti a mangiare e bere per continuare la
loro trama. D'accordo e i n sieme, col
sommo sacerdote, coi seniori e con un certo
Tertulto, che aveva fama di robusto oratore,
partironsi alla volta di Cesarea, dove
giunsero cinque giorni dopo
[268

10.4 Page 94

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403
l'arrivo di Paolo. Venuti tutti alla presenza
del Governatore, Tertullo prese a parlare
così contro di Paolo. Abbiamo trovato
quest'uomo pestilenziale che suscita
rivoluzioni fra gli Ebrei per tutto il mondo.
Egli è il capo della setta de' Nazarei. Costui
ha altresì tentato di profanare il nostro
tempio, e noi avendolo colto volevamo
giudicarlo secondo la nostra legge; ma
sopravvenendo il capitano Lisia ce lo cavò
a viva forza dalle mani. Esso ordinò che gli
accusatori di esso Paolo dovessero a le
presentarsi. Ora noi siamo qui. Da lui
medesimo, esaminandolo, potrai avere
piena notizia dei delitti che noi
gl'imputiamo. Quanto aveva asserito
Tertullo fu tutto confermato dai Giudei
che si trovavano presenti.
Paolo avuta permissione dal Governatore
di rispondere prese a difendersi così:
Poiché, ottimo Felice, da parecchi anni
governi questo paese, tu sei certamente in
grado di conoscere le cose qui avvenute.
Perciò di buon grado intraprendo a
giustificarmi davanti a te. Credo che ti sia
noto non essere p iù di dodici giorni da che
io venni a fare le mie divozioni in
Gerusalemme. In questo breve spazio di
tempo niuno certamente può dire di avermi
trovato

10.5 Page 95

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404
nel tempio, o nelle sinagoghe o in altro
luogo pubblico o privato a disputare con
alcuno, o radunar gente, e tirarmi dietro
concorso di popolo. Perciò essi non
possono provare alcuna cosa di quanto
asseriscono. Ma io ti posso assicurare che
credo con essi ai profeti, alla legge di
Mosè, alla risurrezione dei morti; perciò io
servo a Dio Padre, e procuro sempre che la
mia coscienza abbia nulla a
rimproverarmi né davanti a Dio, né davanti
agli uomini. Dopo molti anni di assenza i o
sono ritornato in Gerusalemme per
portarvi le limosine altrove raccolte a
favore dei poveri di questi paesi e per
adempire alcuni miei voti. I Giudei mi
trovarono nel tempio occupato in tali
esercizi di pietà, purificatlo come comanda
la legge senza radunar gente, né cagionar
tumulto. Quei che mi hanno trovato sono
alcuni Giudei dell'Asia, i quali, se
avevano qualche cosa a deporre contro di
m e , dovevano venir qui per accusarmi.
Neppure quelli che sono qui presenti
possono dire che io sia stato convinto di
qualche colpa nel medesimo concilio: ad
eccezione che vogliamo chiamare colpa
[ 270

10.6 Page 96

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105
l'aver detto che io credo alla risurrezione
dei morti. » Fin qui Paolo.
I suoi accusatori rimasero confusi, e
guardandosi l'un l'altro non trovavano
parole da profferire. Il medesimo governatore,
già inclinato a favore dei cristiani, sapeva
come essi, ben lungi dall'essere uomini
sediziosi, erano i più docili e i più fedeli
fra i suoi sudditi. Ma n o n volle profferir
sentenza e si riserbò di udirlo
nuovamente quando il capitano Lisia
fosse venuto da Gerusalemme a Cesarea.
Frattanto comandò che Paolo fosse meglio
trattato e sciolto dalle catene potesse
essere vi sitato ed assistito da' suoi parenti
e amici.
Qualche tempo dopo il Governatore forse
per appagare sua moglie, che era Giudea,
fece venire Paolo alla sua presenza per
udirlo a parlare di religione. L'apostolo
espose così al vivo le verità della fede, il
rigore de giudizi che Dio sarà per fare
degli empi nell'altra vita, che Felice
spaventato e commosso: basta, disse, per
ora. Ti ascolterò di nuovo a tempo più
comodo. Difatti fece più altre volle
chiamare l'apostolo, ma non per istruirsi
nella fede; bensì colla speranza di farsi dare
qualche somma di danaro, onde lasciar

10.7 Page 97

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406
il santo apostolo in libertà. Perciò sebbene
egli conoscesse l'innocenza di Paolo,
nulladimeno lo fece tener due anni
prigione in Cesarea. — Così fanno quei
cristiani che o per temporale guadagno, o
per piacere agli uomini vendono la
giustizia, e violano i più sacri doveri della
coscienza e della religione.
CAPO XXI.
Paolo dinanzi a Festo. - Sue parole al re
Agrippa. Anno di Cristo 60.
Erano ornai due anni da che il santo
apostolo era tenuto prigione, quando a
Felice succedette un altro governatore di
nome Festo. Tre giorni dopo del possesso
di sua carica il novello governatore andò
in Gerusalemme e subito i principi de'
sacerdoti ed i primari Giudei si r e carono a
lui per rinnovare le accuse contro al santo
Apostolo. Gli domandarono come favore
particolare ch'egli lo facesse condurre a
Gerusalemme, per essere giudicato nel
sinedrio; ma ciò dicevano con anim o di
farlo assassinare lungo la strada,
[272

10.8 Page 98

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107
Festo, forse già avvisato di non fidarsi di
loro, rispose che egli doveva presto ritornare
in Cesarea; quelli tra di voi, diceva, che
ha nn o qualche cosa da dire contro di
Paolo, vengano anch'essi colà ed ascolterò le
loro accuse.
Dopo alcuni giorni Festo ritornò a
Cesarea e con lui i Giudei accusatori di
Paolo. Il dì seguente fece venire il santo
Apostolo davanti al suo tribunale, e i
Giudei gli fecero molte gravi accuse, senza
però poterne addurre le prove. Paolo rispose
loro con poche parole, e i suoi accusatori si
tacquero. Se n o n che Festo bramando di
acquistarsi la benevolenza degli Ebrei, gli
dom andò se voleva andare a
Gerusalem m e per essere giudicato nel
gran Sinedrio in sua presenza. Accortosi
Paolo che Festo inclinata a riporlo nelle
mani de' Giudei: io, rispose, non ho fatto
alcun male contro agli ebrei, come tu hai
benissimo inteso; che se in me avvi qualche
colpa, fossi anche reo di morte, non mi
spavento, ma voglio essere giudicato al
tribunale di Cesare, a lui mi appello.
Questo appello del nostro Apostolo era
giusto e secondo le leggi romane;
perciocché quel governatore dimostravasi

10.9 Page 99

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108
disposto a dare un cittadino romano,
conosciuto innocente, in potere degli
Ebrei, che a qualunque costo il volevano
morto. I santi padri riflettono, che non il
desiderio della vita, ma il bene della
Chiesa, lo inspirò di appellarsi a Roma,
dove por divina rivelazione sapeva
quanto doveva lavorare per la gloria di Dio
e per la salute delle anime.
Festo dopo di aver conf erito col suo
consiglio rispose: ti sei appellato a Cesare,
a Cesare andrai.
Non molti giorni dopo venne a Cesarea il
re Agrippa, figliuolo di quell'Agrippa che
aveva fatto morire S. Giacomo il maggiore e
mettere in prigione S. Pietro. Egli era venuto
con sua sorella, di nome Berenice, a fare i
dovuti complimenti al nuovo governatore
della Giudea. Essendosi ivi trattenuti vari
giorni, Festo loro parlò del processo di
Paolo. Agrippa dimostrò desiderio di udirlo.
Per appagarlo Festo fece addobbare u n a
sala con molla pompa, e invitando
eziandio all'udienza i tribuni e gli altri
magistrati fece condurre Paolo alla presenza
di Agrippa e di Berenice. Ecco, disse Festo,
quell'uomo contro cui ricorse a me tutta
la moltitudine de' Giudei, protestando con
[274

10.10 Page 100

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grandi clamori essere egli indegno di
vivere; io però non ho trovato in lui colpa
di morte. Nondimeno essendosi appellato al
tribunale dell'imperatore, io debbo
mandarlo a lui. Ma poiché non ho alcuna
cosa certa da scrivere al nostro sovrano,
ho giudicato bene di condurlo davanti a
voi, e principalm ente avanti a te, o re
Agrippa, acciocché lo ascolti, lo interroghi,
e dipoi mi dica che cosa debba scrivere,
non parendomi cosa conveniente mandare
un prigioniero a Roma senza dare
informazioni intorno alla causa di sua
prigionia.
Agrippa rivoltosi a Paolo disse: ti è
permesso di parlare per tua difesa. Paolo
cominciò a parlare così: «io mi giudico
veramente fortunato, o Re, che oggi mi sia
dato di fare le mie difese in tua presenza
contro le accuse de' Giudei. Ti prego
adunque di ascoltarmi colla solita tua
bontà. Tutti i Giudei sanno come nella
m ia gioventù ho professata la setta de'
Farisei. Anche presentemente io sono
accusato dagli Ebrei perché credo alla futura
risurrezione. Io però secondo i pregiudizi
della mia setta giudicai di fare una crudel
guerra contro di Gesù Nazareno. Il che

11 Pages 101-110

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11.1 Page 101

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110
feci primieramente in Gerusalemme,
occupandomi a tutta possa per bestemmiare
e far bestemmiare il suo nome. Non solo
nella Giudea ma nei paesi stranieri mi diedi
a perseguitare i cristiani. Per tale effetto
colla facoltà dei principi dei sacerdoti io
mi portava a Damasco, quando, sul
mezzogiorno, nella pubblica strada vidi a
risplendere intorno a me e intorno a
quelli di m ia compagnia u n a luce più
viva di quella del sole. Tutti fummo gettati a
terra; io solo intesi u n a voce che nel mio
linguaggio nativo diceva: Saulo, Saulo, e
perché mi perseguiti? Qui avendo io
dimandato chi egli fosse, mi udii replicare
essere egli quel Gesù contro al quale io
promoveva il fuoco della persecuzione.
Soggiunse essermi apparso per mandarmi a
portare la luce del Vangelo ai gentili, per
aprire loro gli occhi", liberarli dalla potestà
di Satana, e condurli a Dio mediante la fede
in lui e la penitenza,
«Così confortato da Dio mi diedi a
predicare in tutte le parti della Giudea e
finalmente ai gentili, ripetendo a tutti che
facessero opere degne di penitenza.
Unicamente per questa mia predicazione
[276
]

11.2 Page 102

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M4
i giudei avendomi veduto nel tem pio mi
arrestarono e fecero ogni loro sforzo per
uccidermi. Ma coll'aiuto divi no ho finora
attestato in faccia a tutto il mondo come
Gesù Cristo ha patito, è morto e che di poi è
risorto glorioso per non mai più morire,
cose tutte predette da Mosè e dai profeti. »
Festo interruppe questo discorso
dell'Apostolo e ad alta voce esclamò: tu
sei pazzo, o Paolo, il molto studio e le
molte lettere li hanno sconvolto il
cervello. A cui Paolo: io non son pazzo, o
ottimo Festo, né questi miei discorsi sono
da pazzo, ma di verità e di buon senso. Il
Re, alla cui presenza io parlo, deve essere
certamente informato di tali cose. Io credo
che egli le sappia tutte, essendo
succedute pubblicamente. Credi, o Re
Agrippa, ai profeti? Io son certo, che tu
presti loro un' i nt e ra credenza.
Interruppe Agrippa dicendo: poco ci
manca, o Paolo, che tu mi faccia cristiano.
Ed io, replicò Paolo, prego Iddio che nulla
ci manchi, sicché non solo tu, o Re, ma
ancora tutti quelli che mi ascoltano, in
questo medesimo giorno

11.3 Page 103

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112
divengano come sono io, ma senza queste
catene.
Allora il Re, il Governatore, Berenice e
gli altri assessori si alzarono, e ritiratisi in
disparte si consigliarono sul parere da
proferire. Conchiusero tutti di non trovare
in Paolo cosa alcuna che meritasse o morte
o catene né alcun'altra benché minima
pena.
Agrippa disse, chiaramente a Festo, che
lo avrebbe potuto mettere in libertà se
egli non si fosse appellato a Cesare.
Così il ragionamento di Paolo, che
avrebbe dovuto convertire tutti quei
giudici, servì a nulla, perché essi chiusero
il cuore alle grazie che Dio voleva loro
compartire. È questa un'immagine di quei
cristiani che ascoltano la parola di Dio,
ma non si risolvono di mettere in pratica
le buone inspirazioni che talora sentonsi
nascere in cuore.
[278

11.4 Page 104

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CAPO XXII.
S. Paolo è imbarcato per Roma - Soffre una
terribile burrasca, da cui è salvato co' suoi
compagni. Anno di Gesù Cristo 60.
Come fu da Festo deciso che Paolo
sarebbe stato condotto a Roma per mare,
venne affidato insieme con molti altri
prigionieri ad un centurione di nome
Giulio. Con lui erano i suoi due fedeli
discepoli Aristarco e Luca. Montarono essi
in u n a nave che veniva da Adrumeto, città
marittima dell'Africa. Costeggiando la
Palestina giunsero a Sidone il giorno
seguente. Il centurione, che li
accompagnava, si accorse tosto che Paolo
non era uomo volgare, e ammirandone le
virtù cominciò a trattarlo con riguardo, e
sbarcati a Sidone gli diede piena licenza di
visitare gli amici, trattenersi con essi e
ricevere qualche ristoro.
Da Sidone navigarono lungo le coste
dell'isola di Cipro, e poiché il vento era
alquanto contrario, traversarono il mare
della Cilicia e della Panfilia, che è una
8 L. C. — An V, F. 1T.

11.5 Page 105

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parte del Mediterraneo, e giunsero a Mirra
città della Licia. Quivi il centurione
avendo trovato u n a nave, che da
Alessandria andava in Italia con carico di
frumento, trasportò sopra di essa i suoi
passeggieri, ma navigando assai
lentamente durarono gran fatica per
giungere fino all'isola di Creta, che oggidì
si n o m in a Candia. Fermaronsi alquanto
ad un luogo dello Boniporto vicino a Salassa
città di quell'isola.
Essendo la stagione mollo avanzata,
Paolo certamente inspirato da Dio esortava i
marinari a non arrischiarsi di continuare la
navigazione per un tempo così pericoloso.
Ma il pilota ed il padrone della nave
facendo niun conto delle parole di Paolo
affermavano che nulla eravi a temere.
Partirono dunque affine di pervenire ad un
altro porto di quell'isola dello Fenice,
sperando di poter colà passare con maggior
sicurezza l'inverno. Ma fatto breve cammino
la nave fu scossa da un forte vento, cui non
potendo resistere, i naviganti si videro
costretti di abbandonar se stessi e la nave a
discrezione delle onde. Pervenuti a Candia,
- che è un'isola. Un poco distante
[ 280

11.6 Page 106

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445
da Candia, si accorsero di essere vicini ad un
banco di sabbia, e tem endo di rompere la
nave contro di esso, si sforzavano per
prendere altra direzione. Ma infuriando
vie più la burrasca, ed agitandosi sempre più
la nave, si trovarono tutti in gran pericolo.
Gettarono nelle acque le merci, di poi gli
arredi e gli a rm am enti della nave per
alleggerirla. Tuttavia dopo parecchi giorni
non apparendo p i ù né sole né stelle, e la
tempesta im perversando maggiormente
pareva perdut a ogni speranza di salvezza. A
questi m ali si aggiungeva che, o per la
nausea del mare in burrasca, o per la paura
della morte, niuno pensava a mangiare. La
qual cosa tornava di gran danno; perciocché
ai marinai mancavano le forze per
governare la nave. Si pentirono allora di n o n
aver secondato il consiglio di Paolo, ma era
tardi.
Paolo vedendo lo scoraggiamento tra i
marinari e tra i passeggeri, animato dalla
fiducia in Dio li confortò parlando loro
così: ecco fratelli, voi dovevate credere a
me e non partirvi da Creta; così avremmo
risparmiato queste perdite e queste
disgrazie. Nondimeno fatevi

11.7 Page 107

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116
coraggio, credetemi, a nome di Dio vi
assicuro, che nessuno di noi si perderà;
solamente la nave andrà in pezzi.
Imperciocché questa notte mi è apparso
l' angelo del Signore e mi disse: non
temere, o Paolo, tu devi essere presentato
a Cesare; e per tuo riguardo Dio dà la
vita a tutti coloro che navigano teco. Per
la qual cosa fate cuore, o fratelli, ogni cosa
avverrà come fu da Dio promessa.
Intanto erano già scorsi quattordici
giorni dacché pativano tale burrasca, ed
ognuno credevasi da un momento all'altro
di essere ingoiato dalle onde. Era la
mezzanotte, quando nel buio delle tenebre
parve ai marinari di avvicinarsi a terra. Per
accertarsene gettarono giù in mare le
àncore, ossia lo scandaglio, e trovarono
l'acqua solo, alla venti piedi, dipoi
solamente quindici. Temendo allora di
dare in qualche scoglio gettarono giù
quattro àncore per fermare la nave,
aspettando la luce del giorno che loro
facesse vedere dove erano.
In quel momento entrò in pensiero ai
marinai di fuggire dalla nave e tentare di
salvarsi su quella terra che loro pareva
vicina. Paolo sempre guidato da lume
[ 282

11.8 Page 108

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\\\\1
divino voltosi al centurione ed ai soldati
disse: se costoro n o n rimangono, voi non
potrete essere salvi, perché Dio non vuole
essere tentato a far miracolo. A queste
parole tutti si tacquero, e si tennero al
consiglio di Paolo. Sul far del giorno il
santo apostolo diede un'occhiaia a quelli
che erano sopra la nave e rim irandoli tutti
spossati dalle fatiche e sfiniti dal digiuno
si fece loro a parlare così: fratelli, corre il
decimoquarto giorno dacché aspettando
maggior tranquillità non avete più
gustato cosa alcuna. Ora vi prego di non
lasciarvi così morir d'inedia, io vi ho già
assicurati, e vi assicuro tuttora che neppure
uno de' vostri capelli perirà. Coraggio
adunque. Ciò detto Paolo prese del pane,
rese grazie a Dio, lo spezzò, e alla presenza
di tutti si mise a mangiare. Allora tutti
fecero cuore, e mangiarono insieme con lui,
ed erano in numero dì 276.
Ma continuando la furia dei venti e
delle onde furono costretti a gettare in mare
anche il frumento che avevano serbato per
loro uso. Fattosi giorno parve loro di vedere
un seno, e sì adoperavano per ispingere la
nave colà e cercare salvezza, Ma sospinta
dalla

11.9 Page 109

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M8
gagliardia de' venti la nave andò a battere
in u n a lingua di terra coperta dall'acqua,
sicché com inciò a rompersi e sfasciarsi.
Vedendo l'acqua penetrare da varie fessure
della nave, i soldati volevano prendere il
crudele partito di ammazzare tutti i
prigionieri sia per alleggerire la nave,
sia perché non fuggissero dopo essersi
salvati a nuoto.
Ma il centurione, che amava Paolo e
voleva salvarlo, non approvò tal consiglio,
anzi ordinò che quelli i quali sapessero
nuotare, si gittassero in mare per giungere
a terra; gli altri furono fatti montare sopra
alcune tavole o sopra frammenti di barca;
e così giunsero tutti sani e salvi al lido.
CAPO XXIII.
S. Paolo nell'isola di Malta; è liberato dal
morso di una vipera; è accolto in casa di
Publio, di cui guarisce il padre — Anno di
Cristo 60.
Né Paolo né i suoi compagni avevano
conoscenza della terra sopra cui eransi
[284

11.10 Page 110

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419
gettati dal mezzo delle onde. Informatisi
dai prim i che incontrarono seppero che
quel luogo appellavasi Melita oggidì Malta,
che è un' isola del Mediterraneo posta tra
1'Africa e la Sicilia. Alla notizia di quel
gran numero di forestieri che a guisa di
sorci e di pesci erano usciti dalle onde del
mare corsero quei popolani e sebbene
barbari furono inteneriti al vederli così
stanchi, sfiniti e tremanti pel freddo, e a
fine di riscaldarli accesero un gran fuoco.
Paolo altresì, sempre attento ad
esercitare opere di carità, andò a
raccogliere un fascio di sarmenti. Or mentre
li metteva sopra il fuoco, una vipera che era
dentro intorpidita dal freddo, scossa dal
calore saltò fuori e coi denti si attaccò alla
mano di Paolo. Quei barbari al vedere così la
bestia pendente dalla sua mano si fecero
cattiva opinione di Paolo e andavano gli
u n i agli altri dicendo: bisogna che costui
sia un omicida o qualche gran scellerato;
egli scampò appena dai mare, ora la vendetta
del cielo lo colpisce sopra la terra. Ma
quanto dobbiamo guardarci dal giudicare
temerariamente del nostro prossimo!

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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Paolo ravvivando la fede in Gesù Cristo,
che aveva assicurato ai suoi Apostoli che né
serpenti né veleni avrebbero loro recato
alcun danno, Paolo, dico, scossa la mano,
gittò la vipera nel fuoco e non ricevette
alcun male. Quella buona gente stava
aspettando, che entrato il veleno nel
sangue di Paolo, egli dovesse gonfiare e cader
morto fra pochi istanti, siccome accadeva a
quelli che avevano la disgrazia di essere
morsi da quegli animali. Aspettarono un bel
pezzo e veduto che nulla gli avveniva di
male, cangiato il giudizio in contrario,
dicevano che Paolo era un qualche Dio
disceso dal cielo. Forse credevano che egli
fosse Ercole creduto Dio e protettore di
Malta. Dicono le favole, che Ercole essendo
ancora bambino abbia ucciso un serpente,
detto perciò ofidico cioè uccisore di serpenti.
Iddio confermò questo primo prodigio
con un altro ancora più strepitoso e
permanente; perciocché fu tolta ogni forza di
veleno ai serpenti di quell'isola, sicché
da quell'epoca in poi non si ebbe più a
temere il morso delle vipere. Che più? Si
vuole che la medesima terra
[286

12.2 Page 112

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dell'Isola di Malta portata altrove sia
rimedio sicuro contro ai morsi delle vipere
e dei serpenti.
Il governatore dell'Isola, che era un
principe di nome Publio, uomo molto
ricco, come seppe il modo meraviglioso con
cui que' forestieri erano stati salvati dalle
acque, e informato o essendo stato
testimonio del miracolo della vipera, egli
mandò ad invitare Paolo e i suoi compagni
che erano colà approdati in n u mero di 276. Li
accolse in casa sua e gli onorò per tre giorni
dando loro alloggio e vitto a sue spese.
Dio n o n lasciò senza ricompensa la
liberalità e cortesia di Publio. — Egli
aveva suo padre in letto travagliato da
febbri e da grave dissenteria che lo avevano
condotto al punto di morte. Paolo andò a
vedere l'ammalato, e dopo avergli delle
alcune parole di carità e di consolazione,
si pose a pregare. Levatesi di poi in piedi si
avvicinò al letto, impose le m a n i sopra
l'infermo che rimase sull'istante guarito.
Cosicché il b uo n vecchio libero da ogni
male con piena sanità corse ad abbracciar
suo figliuolo benedicendo Paolo e quel
Dio che egli predicava. Publio, suo padre
e

12.3 Page 113

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122
la sua famiglia (cosi assicura s. Giovanni
Gris.) pieni di gratitudine verso il grande
Apostolo si fecero ammaestrare nella fede
e ricevettero per mano di Paolo il
b a t tesimo.
Sparsa la notizia della guarigione
miracolosa del padre di Publio, tutti quelli
che erano ammalati o avevano infermi di
qualunque malattia andavano o si
facevano portare ai piedi di Paolo, ed egli
benedicendoli in nome di G. C. li
rimandava tutti sanati, benedicendo Iddio
e credendo al Vangelo. In breve tempo
tutta quell'isola ricevette il Battesimo, e
abbattuti i templi degli Idoli, furono
consacrati al culto del vero Dio.
CAPO XXIV.
Viaggio dì san Paolo da Malta a Siracusa -
Predica in Reggio - Suo arrivo in Roma —
Anno di Cristo 60.
I maltesi erano pieni di entusiasmo per
Paolo e per la dottrina da lui predicata, per
modo che oltre di venire in folla alla fede
andavano eziandio a gara
[ 288

12.4 Page 114

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423
per somministrare a l u i e a suoi compagni
quanto occorreva e pel tempo che
dimorarono in Malta, e per fare il viaggio fino
a Roma. Paolo dimorò in Malta tre mesi, a
motivo dell'inverno in cui il mare n o n è
navigabile. Si vuole comunemente che in
quello spazio di tempo egli abbia avviato
Publio nella perfezione cristiana, e che
prim a di partire lo abbia ordinato
vescovo di quell'Isola; il che certamente a
quei fedeli tornò di grande consolazione.
Venuta la primavera e decisa la partenza
per Roma, il centurione Giulio si aggiustò
con una nave che da Alessandria andava
verso l'Italia, e che per insegna aveva due
dei chiamati Castore e Polluce, che gli
idolatri credevano protettori della
navigazione. Con gran rincrescimento dei
Maltesi s'imbarcarono verso la Sicilia, che è
un' isola molto vicina all'Italia, e favoriti
dal vento giunsero in breve a Siracusa, città
principale di quest'Isola. Quivi il
Vangelo era già stato predicato da s.
Pietro, il quale vi aveva ordinato
vescovo s. Marciano. Questo degno Pastore
volle albergare in sua casa il santo
Apostolo e gli fece celebrare

12.5 Page 115

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124
i santi misteri in una grotta con grande
allegrezza di lui e di quei fedeli. Una Chiesa
antichissima, che sussiste ancora oggidì in
quella città, è dedicata al nostro santo
Apostolo e si crede che sia stata innalzata
sopra la grotta medesima ove s. Paolo aveva
predicato la parola di Dio, e celebrati i
divini misteri.
Partendo da Siracusa costeggiò l'isola
della Sicilia, passò il porto di Messina e
giunse co' suoi compagni a Reggio città e
porto della Calabria, vicinissimo alla
Sicilia. Quivi si fermò un giorno.
Accreditati storici di quel paese
raccontano molte cose maravigliose
operate da s. Paolo in quella breve dimora;
tra cui io scelgo il fatto seguente. I
Reggiani, che erano idolatri, avendo
udito essere approdato nel loro porto una
nave coll'insegna di Castore e Polluce da
loro molto onorati, corsero affollati a
vederla. Paolo volle approfittare di quel
concorso per predicare G. Cristo. Ma non
Io volevano ascoltare. Onde egli mosso
dalla fede in quel Gesù che per sua mano
aveva operate tante meraviglie trasse fuori
un mozzicone di candela, di poi esclamò: Vi
prego di lasciarmi parlare
[ 290

12.6 Page 116

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425
almeno per quel poco di tempo, che durerà
questo pezzetto di candela a consumarsi.
Accolsero la condizione colle risa e si
acquietarono.
Paolo pose quel cerino sopra una colonna
di pietra posta sul lido. Di presente tutta la
colonna prese fuoco, e comparve una gran
fiamma, che gli servì di torchia ardente.
Egli ebbe tempo abbondante da
ammaestrarli, perciocché quei barbari,
sbalorditi a tal miracolo, stettero
mansuetamente ad ascoltar Paolo quanto
volle parlare; né alcuno ebbe l'ardire di
disturbarlo. La fede vi fu ricevuta, e sopra
il luogo del miracolo fu innalzata u n a
magnifica Chiesa al vero Dio. Sull'altare
maggiore venne collocata quella colonna, e
per conservare la memoria di quel prodigio
fu stabilita una solennità con uffizio
proprio. Nella messa poi si legge un oremus
che si traduce così: O Dio, che alla
predicazione dell'Apostolo Paolo,
rispondente divinamente una colonna di
pietra, vi siete degnato di instruire i popoli
di Reggio col lume della fede, concedeteci,
ve ne preghiamo, che meritiamo di avere in
cielo intercessore

12.7 Page 117

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126
colui che abbiamo avuto predicatore del
Vangelo in terra (Gesari; ali. ap. v.2).
Dopo quel giorno invitali da un tempo
favorevole Paolo e i suoi compagni
s'imbarcarono per Pozzuolo, città della
Campania, distante nove miglia da Napoli.
Quivi fu grandemente consolato per
1'incontro di parecchi che avevano già
abbracciata la fede loro predicata da san
Pietro alcuni anni prima.
Quei buoni cristiani provarono anch'essi
grande consolazione e pregarono Paolo di
rimanere seco loro sette giorni. Paolo,
avutane licenza dal Centurione, dimorò
quel tempo, e in giorno festivo parlò alla
piena adunanza di quei fedeli.
Le novelle dell'arrivo del grande
Apostolo in Italia erano già pervenute a
Roma, ed i fedeli di quella città, bramosi di
conoscere in persona l'autore della
famosa lettera che loro era stata scritta da
Corinto, vennero a incontrarlo fino al
Foro di Appio, oggidì Fossa nuova, che è
una citta distante, circa 50 miglia da
Roma. Continuando il cammino,
giunsero alle Tre Taverne che è un
luogo distante circa 30 miglia da
Roma, dove
[ 292
l

12.8 Page 118

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427
ne trovò molti altri che erano vernuti fin là
per fargli festevole accoglienza.
Accompagnato da quel gran numero di
fedeli che non si potevano saziare di
specchiarsi in quel gran ministro di G. C.
egli giunse in Roma come condotto in
trionfo. Ivi la fede cristiana, come si è
detto, era già stata predicala da san
Pietro, il quale da diciotto anni vi t e neva
la sede Pontificia.
CAPO XXV.
Paolo parla agli Ebrei e predica loro G. C.
Progresso del Vangelo in Roma.
Anno di Cristo 61.
Paolo giunto a Roma fu consegnato al
prefetto del pretorio, cioè al generale delle
guardie pretoriane, così appellale perché
era loro special cura di custodire la
persona dell'imperatore. Il nome di
quell'illustre romano era Afranio Burro, di
cui la storia fa molto onorevole
menzione. Giulio centurione si die'
premura di raccomandare Paolo a quel
prefetto che lo trattò con singolarissima
benignità.

12.9 Page 119

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128
Le lettere dei governatori Felice e Festo, che
certamente dovevano aver fatto conoscere la
innocenza di lui, la buona testimonianza
che gli rese il centurione Giulio fecero
mettere Paolo in buona opinione e riverenza
presso Burro i1 quale diedegli piena
licenza di vivere da solo dovunque gli
fosse piaciuto, a sola condizione che fosse
guardato da un soldato, quando usciva di
casa. Paolo però aveva sempre al braccio la
catena quando era in casa; che se usciva, la
catena che legavagli il braccio, passava
dietro a tenergli seco legato il soldato che
lo accompagnava; di maniera che quel
soldato era sempre attaccato con Paolo per
la medesima catena. Il santo Apostolo affittò
u n a casa, nella quale prese alloggio egli co'
suoi compagni, tra cui sono specialmente
nominali Luca, Aristarco e Timoteo, quel
fedele suo discepolo di Listri.
Tre giorni dopo il suo arrivo egli mandò
ad invitare i principali Ebrei che
dimoravano in Roma, pregandoli di venire a
lui nel suo alloggio. Raccoltisi in buon
numero egli loro parlò cosi: io non vorrei
che lo stato in cui mi vedete, e le catene da
cui sono legato vi mettessero
[294 ]

12.10 Page 120

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129
cattiva opinione di me. Dio sa che ho
fatto nulla contro al mio popolo, né contro
alle usanze e leggi di m ia patria. Fui
incatenato in Gerusalemme, di poi messo
in mano dei Romani. Costoro mi
esaminarono, e non avendo trovato in me
cosa che meritasse castigo, volevano
rimandarmi libero; ma opponendosi
fortemente gli Ebrei, fui costretto di
appellarmi a Cesare.
Questa è la sola cagione per cui sono
stato condotto a Roma. Io qui non voglio
accusare i m iei fratelli, ma desidero di far
sapere a voi il m otivo della m ia venuta, e
nel tempo stesso parlarvi del Messia e della
Risurrezione che è appunto il m otivo di
queste catene. Sopra questa materia desidero
m olto di potervi aprire l'animo mio.
A tali parole i Giudei risposero:
veramente a noi né furono scritte lettere
dalla Giudea né alcuno venne a
rapportarci cosa contro di te. Siamo an c h e
noi nel più vivo desiderio di sapere i
tuoi sentim enti, perciocché noi sappiamo
che la setta de' cristiani è contraddetta
per tutto il mondo.
Paolo accettò volentieri l'invito, e
9 L, C. — An, V, F. li.

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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430
assegnando loro un giorno si raccolse un
gran numero di Giudei nella casa di lui.
Egli allora prese ad esporre la dottrina di
Gesù Cristo, la divinità della sua persona,
la necessità della fede in lui, confermando
ogni cosa colle parole de' Profeti e di Mosè.
Tale era il desiderio di ascoltare e tale
l'ansietà di predicare, che il discorso di
Paolo fu prolungato da mattina fino a sera.
Tra gli Ebrei che lo ascoltavano molti
credettero ed abbracciarono la fede, ma
parecchi gli si o pposero fortemente.
Il santo Apostolo vedendo tanta
ostinazione da parte di coloro che
avrebbero dovuto essere i primi a credere,
disse loro queste dure parole: di questa
inflessibile ostinazione che io scorgo qui
tra di voi in Roma, come pure ho trovato
in tulle le parti del mondo, la colpa è vostra.
Questa vostra durezza fu già predetta dal
profeta Isaia, quando disse : vattene a questo
popolo e gli dirai: voi udirete colle
orecchie, ma non intenderete, vedrete cogli
occhi ma non ravviserete nulla; perché
questo popolo è ingrassato e impinguato, e
tiene turate le orecchie e chiusi gli occhi.
[296

13.2 Page 122

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Siatevi pur sicuri, proseguiva Paolo, che
la salvezza che voi non volete, Dio non ve
la darà; anzi la porterà ai Gentili, che
l'accoglieranno.
Le parole di Paolo furono quasi inutili
agli Ebrei. Essi partirono da lui
continuando le gare e le vane discussioni
sopra le cose udite senza aprire il cuore
alla grazia che loro si offeriva. Pel che
altamente addolorato Paolo si volse ai
Gentili che con umiltà di cuore lo
andavano ad ascoltare ed in gran numero
abbracciavano la fede.
Il santo Apostolo esprime egli medesimo
la grande sua consolazione pel progresso
che faceva il Vangelo durante la sua
prigionia scrivendo ai fedeli di Filippi:
Quando voi, o fratelli, avete saputo che io
era tenuto in prigione a Roma, ne avrete
provato pena, non tanto pel conio della
mia persona, quanto per la predicazione
del Vangelo. Sappiate adunque che è ben
altrimenti. Le mie catene sono tornate ad
onore di G. C. e servirono a farlo meglio
conoscere non solamente a quelli della
città che venivano da me per farsi istruire
nella fede, ma nella corte e nel palazzo del
medesimo

13.3 Page 123

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imperatore. Di questo dovete meco
rallegrarvi e ringraziare Iddio.
CAPO XXVI.
S. Luca. - I Filippesi mandano sussidii a S.
Paolo. - Malattia e guarigione di Epa-
frodito. - Lettera ai Filippesi. - Conversione
di Onesimo. Anno di G. C. 61.
Quanto abbiamo finora detto delle azioni
di S. Paolo fu quasi letteralmente
ricavato dal libro degli atti degli Apostoli
scritto da S. Luca. Questo predicatore del
Vangelo continuò ad essere fedele
compagno di S. Paolo; egli predicò il
v an gelo nell'Italia, nella Dalmazia, nella
Macedonia, e terminò la vita col martirio
in Patrasso città dell'Acaja. Egli era
medico, pittore e scultore. Ci sono molte
statue e molte pitture della B. Vergine
venerate in diversi paesi che si
attribuiscono a S. Luca. Ritorniamo a S.
Paolo.
Due fatti sono specialmente memorabili
nella vita di questo santo Apostolo mentre
era prigione in Roma. Uno riguardo ai
fedeli di Filippi, l'altro alla conversione di
Onesimo.
[ 298

13.4 Page 124

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433
Fra i molti popoli a cui il santo Apostolo
predicò il Vangelo niuno gli diede maggiori
segni di affezione quanto i Filippesi. Essi gli
avevano già somministrato copiose
limosine quando predicava nella loro città,
in Tessalonica ed in Corinto.
Come poi intesero che Paolo era tenuto
prigioniero a Roma, s'immaginarono che
fosse nel bisogno, perciò fecero u na
considerevole colletta; e perché riuscisse
p iù cara ed onorevole la inviarono per
mano di S. Epafrodito loro vescovo.
Questo santo prelato giunto a Roma trovò
Paolo che non solo aveva bisogno di sussidii
pecuniarii ma di assistenza personale; poiché
egli era andato soggetto a grave infermità
cagionatagli dalla prigionia. Epafrodito si
diede a servirlo con tanta sollecitudine,
carità e fervore che divenuto esso stesso
ammalato già trovavasi in punto di morte.
Ma Dio volle ricompensare la carità del
santo e fare sì che non si aggiungesse
afflizione sopra afflizione al cuore di Paolo,
e gli ridonò la sanità.
I Filippesi come seppero che Epafrodito
era mortalmente ammalato furono immersi
nella più profonda costernazione. Per la
qual cosa Paolo stimò bene di rimandarlo

13.5 Page 125

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134
a Filippi con una lettera in cui significa il
motivo che l'indusse a rimandar loro
Epafrodito che chiama suo fratello,
cooperatore, collega e loro Apostolo. Gli
esorta quindi a riceverlo con tutta allegrezza
e ad onorare ogni persona di simil merito
che ad imitazione di lui sia pronta a dar la
propria vita pel servizio di Cristo. Dice
anche ai Filippesi che avrebbe loro quanto
prima mandato Timoteo, affinchè gli
portasse nuove precise di quella
cristianità: dice eziandio che sperava di
esser posto in libertà, e di poterli ancora
una volta vedere.
Epafrodito fu accolto dai Filippesi come
un angelo mandato dal Signore e la lettera di
Paolo riempì il cuore di quei fedeli della più
grande consolazione.
L'altro fatto che rende celebre la
prigionia di S. Paolo fu la conversione di
Onesimo servo di Filemone ricco cittadino
di Colossi città della Frigia. Questo
Filemone era stato guadagnato alla fede da
S. Paolo, e corrispose così bene alla grazia
del Signore che egli era considerato come
modello dei cristiani, e la sua casa era
chiamata chiesa perché era sempre aperta
per le pratiche di pietà e per
[300

13.6 Page 126

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435
l'esercizio della carità verso i poveri. Egli
aveva molti schiavi che lo servivano, e fra
essi uno di nome Onesimo. Questi essendosi
dato sventuratamente ai vizi aspettò
l'occasione di farla franca e r u bando una
grossa somma di danaro al padrone fuggì a
Roma. Colà dandosi alla crapula e ad altri
stravizzi consumò il danaro rubato, e in breve
si trovò nella più grande miseria.
Casualmente egli udì a parlare di S. Paolo
che forse aveva veduto e servito in casa del
suo padrone. La carità e benignità del
santo Apostolo gli inspirarono confidenza, e
deliberò di presentarsi a lui. Andò e
gettatoglisi ginocchioni ai piedi gli manifestò
il suo fallo e lo stato infelice dell'anima
sua, e si commise tutto nelle sue mani.
Paolo ravvisò in quello schiavo un vero
figliuol prodigo. L'accolse con bontà
siccome faceva con tutti, e dopo d'avergli
fatto conoscere la gravezza del suo fallo e
l'infelice stato dell'anima sua si diede ad
istruirlo nella fede. Quando conobbe in lui le
disposizioni necessario per fare un buon
cristiano lo battezzò nella medesima carcere.
Il buon Onesimo come ebbe ricevuta la
grazia del battesimo rimase

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436
pieno di gratitudine e di affetto verso il suo
padre e maestro, e cominciò a dargliene
segno servendolo lealmente nelle
necessità di sua prigionia. Paolo
desiderava di tenerlo presso di sé, ma egli
non volle farlo senza il permesso di
Filemone. Pensò pertanto di mandare
Onesimo stesso dal suo padrone. E poiché
esso non osava presentarsi a lui, Paolo
volle accompagnarlo con u n a lettera
dicendogli: prendi questa lettera e va dal
tuo p a drone, e sia sicuro che tu otterrai
più di quanto desideri.
CAPO XXVII.
Lettera di s. Paolo a Filemone.
Anno di Gesù Cristo 62.
La lettera di s. Paolo a Filem one è la
più facile e più breve delle altre lettere
di questo s. Apostolo, e poiché per la
bellezza dei sentimenti può servire di
modello a qualsiasi cristiano, perciò si
offre intera al benevolo lettore. È del
tenore seguente:
« Paolo prigioniero per la fede di G. C.
[ 302

13.8 Page 128

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437
e Timoteo suo fratello al nostro caro
Filemone, nostro cooperatore, ad Appia
nostra sorella carissima, ad Archippo com-
pagno delle nostre fatiche ed a tutti i
fedeli che sogliono radunarsi in tua casa.
Dio Padre e G. C. Signor nostro vi ac-
cordino la grazia e la pace.
«Ricordandomi continuamente di te
nelle mie orazioni, o Filemone, io rendo
grazie al mio Dio nell'udire la tua fede e
la tua grande carità verso di tutti i fedeli.
Ringrazio pure Iddio nell'udire la
liberalità proveniente dalla tua fede cotanto
manifesta agli occhi di tutti, per le opere
buone che si praticano nella vostra casa
per amore di G. Cristo. Noi, o fratello
carissimo, fummo ricolmi di allegrezza e
di consolazione sapendo che i fedeli
hanno trovato tanto sollievo dalla tua
bontà. Quindi sebbene io possa prendermi
in (T. G. un' intera libertà d i ordinarli
una cosa che è di tuo dovere; pure atteso
l'amore che ti porto, voglia piuttosto
supplicarli, ancorché io sia quale io sono a
tuo riguardo, vale a dire, ancorché io sia
Paolo già vecchio e attualmente
prigioniero per la fede di Gesù Cristo.
« La preghiera che io ti fo è per Onesimo

13.9 Page 129

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438
mio figliuolo da me generato nelle mie
catene, il quale altre volte ti fu inutile, ma
che ora sarà utilissimo così a me come a te.
Io te lo mando e ti prego di riceverlo come
mie viscere. Aveva pensato di ritenerlo
presso di me, affinchè esso mi prestasse
qualche servigio in vece tua, trovandomi
nelle catene che porto per amore del
Vangelo ; ma nulla ho voluto fare senza il
tuo consenso, perché desidero che il bene
che ti propongo sia pienamente volontario,
non già sforzato. Egli forse è stato per
qualche tempo separato da te affinchè tu lo
riacquisti per sempre, e non lo riacquisti
come semplice schiavo, ma come quello
che di schiavo è di v e nuto uno dei
prediletti nostri fratelli. Che se egli è caro
a me, quanto non lo deve essere a te,
appartenendoti e secondo il mondo e
secondo il Signore.
«Se dunque mi riguardi come
strettamente unito con te, ricevilo come
riceveresti me stesso. Se egli ti ha recato
qualche danno o se ti è debitore di qualche
cosa mettilo a mio conto. Io Paolo che ti
scrivo di propria mano, io te la restituirò,
per non dirti che tu mi sei debitore di te
stesso. Sì, o fratello, mi aspetto
[ 304

13.10 Page 130

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439
di ricevere da te la gioia nel Signore.
Dammi questa sensibile consolazione a
nome del Signore! Ti scrivo questo,
appoggiato alla confidenza che ho in te,
perché sono persuaso di ottenere più che
non dimando. Ti prego altresì di
prepararmi un alloggio, perché io spero
che Dio pel merito delle vostre preghiere,
mi restituirà un'altra volta a voi.
« Epafra che è al par di me
prigioniero per amor di G. C. ti saluta
insieme con Marco, con Aristarco, con
Dema, con Luca che sono i miei aiuti e i
miei compagni. La grazia di Nostro
Signor G C. sia col vostro spirito. Amen.
» Fin qui la lettera.
Epafra di cui parla qui s. Paolo era
stato da lui convertito alla fede, quando
predicava nella Frigia. Divenuto poi
Apostolo di sua patria fu creato vescovo
di Colosso. Andò egli a Roma per visi-
tare s. Paolo e fu posto con lui in
prigione. Essendo poi stato messo in
libertà ritornò a governare la sua chiesa di
Colosso, dove finì la vita colla corona del
martirio.
Marco, di cui qui si favella, è Giovanni
Marco, che dopo aver faticato molto con
s. Barnaba nella predicazione del Vangelo

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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140
erasi dipoi unito a s. Paolo e così aveva
lungamente riparata la debolezza dimostrala
quando abbandonò s. Paolo e s. Barnaba per
recarsi a casa.
Giunto Onesimo a Colosso si presentò
colla lettera al suo padrone che lo accolse
colla massima amorevolezza, contento di
ricuperare non uno schiavo, ma un
cristiano. Gli diede ampio perdono, e
poiché dalla lettera del santo Apostolo
aveva conosciuto che Onesimo avrebbegli
potuto rendere qualche servigio, lo
ri mandò a lui con mille saluti e con mille
benedizioni.
Questo servo si mostrò veramente fedele
alla vocazione di cristiano. S. Paolo
vedendolo adorno delle virtù e della scienza
necessaria per fare un predicatore del
Vangelo, lo ordinò prete e più tardi lo
consacrò vescovo di Efeso. Egli riportò la
corona del martirio e la Chiesa cattolica ne
fa memoria il 6 febbraio.
[ 306

14.2 Page 132

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CAPO XXVIII.
S. Paolo scrive ai Colossesi, agli Efesini ed
agli Ebrei. Anno di Cristo 62.
Lo zelo del nostro Apostolo era
instancabile, e poiché le sue catene lo
tenevano a Roma, egli s'ingegnava o di
mandare i suoi discepoli o scriveva lettere
ovunque ne avesse conosciuto il bisogno.
Fra le altre cose fu a lui rif erito che in
Colosso, ove abitava Filemone, erano insorte
questioni a motivo di alcuni falsi predicatori
che volevano obbligare alla circoncisione
ed alle cerimonie legali tutti i gentili che
venivano alla fede. Di più erano giunti
ad introdurre un culto s u perstizioso degli
angeli. Paolo, come Apostolo dei Gentili,
informato di quelle pericolose novità,
scrisse una lettera che bisognerebbe esporre
da capo a fondo per gustarne la bellezza e la
sublimità de' sentimenti. Meritano però di
essere notate le parole che riguardano alla
tradizione. — Le cose, egli dice, che mi
stanno maggiormente a cuore, vi saranno
dette

14.3 Page 133

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443
verbalmente da Tichico e da Onesimo, che
per tal fine sono a voi inviati. — Le quali
parole dimostrano come l'Apostolo aveva
cose di grande importanza non scritte, ma
che mandava a comunicare verbalmente in
forma di tradizione.
Una cosa che cagionò non lieve
inquietudine al nostro Apostolo furono le
notizie di Efeso. Quando egli trovavasi in
Mileto e convocò i primari pastori, aveva
loro detto che per i mali cui doveva
sopportare, credeva che non avrebbero più
veduto la sua faccia. La qual cosa lasciò
quegli affezionati fedeli nella massima
costernazione. Il santo Apostolo fatto
consapevole della tristezza che travagliava
gli Efesini, scrisse una lettera per consolarli.
Fra le altre cose raccomanda di
considerare G. C. capo della Chiesa e di
tenersi a lui uniti nella persona de' suoi
apostoli. Raccomanda caldamente di star
lontani da certi peccati che si devono
nemmeno nominare fra i cristiani. — La
fornicazione, egli dice, l'impurità e
l'avarizia, non siano neppure nominati tra voi.
Gap. 5, vers. 3.
Indirizzando poi il discorso alla
[308
]

14.4 Page 134

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143
giov en tù dice queste affettuose parole:
«Figliuoli, ve lo raccomando per amor del
Signore, siate ubbidienti ai vostri genitori:
perché è cosa giusta. Onora il tuo padre e
la madre tua, dice il Signore. Se tu
osserverai questo comandamento sarai
felice e vivrai lungamente sopra la terra.»
Di poi parla così ai genitori: «E voi, o
padri, non provocate all'ira i vostri figliuoli
, ma allevateli nella disciplina e nella
istruzione del Signore. Voi, o servi,
ubbidite ai vostri padroni, come a Gesù
Cristo, non per piacere agli uom ini, ma
per fare la volontà di Dio. Voi poi, o
padroni, fate altrettanto riguardo a' vostri
servi, ponendo da parte l'asprezza,
ricordandovi bene che il vostro e il loro
vero padrone è nei cieli; e che egli non è
accettator di persone.»
Questa lettera fu portata ad Efeso da
Tichico, quel fedele discepolo che con
Onesimo aveva portata la lettera scritta ai
Colossesi.
Da Roma scrisse egli pure la sua lettera
agli Ebrei, cioè ai Giudei della Palestina
convertiti alla fede. Il suo scopo era di
consolarli e premunirli contro alle
seduzioni di alcuni altri Giudei. Dimostra

14.5 Page 135

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Ui
egli come i sacrifizi, le profezie, la legge
antica eransi verificate in G. C., - e che a
lui solo si deve rendere onore e gloria per
tutti i secoli. Insiste di stare costantemente
uniti al Salvatore colla fede, senza la
quale niuno può piacere a Dio ; ma che
questa fede non giustifica senza le opere.
CAPO XXIX.
S. Paolo è messo in libertà. — Martirio di s,
Giacomo il Minore. Anno di Cristo 63.
Erano già scorsi quattro anni dacché il
santo Apostolo era tenuto in prigione; due
li aveva passati in Cesarea, due a Roma.
Nerone l'aveva fatto comparire dinanzi al suo
tribunale, e ne aveva conosciuta
l'innocenza; ma fosse per odio contro alla
religione cristiana, o per noncuranza di quel
crudele imperatore, egli aveva sempre
rimandato Paolo in prigione. Finalmente si
risolse di donargli compiuta libertà, il motivo
di questa deliberazione si attribuisce
comunemente ai grandi rimorsi che quel
tiranno provava per le nefandità
[ 310

14.6 Page 136

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145
da lui commesse. Egli era giunto fino a far
assassinare sua madre. Dopo tali misfatti ne
provava i più acuti rimorsi, perciocché gli
uomini comunque scellerati non possono a
meno di sentire in loro stessi i flagelli
della coscienza.
Nerone adunque per acquietare in qualche
maniera l'animo suo pensò di fare alcune
opere buone e fra le altre donare la libertà
a Paolo. Fatto così padrone di se stesso il
grande Apostolo si valse della libertà per
portare con maggior ardore la luce del
Vangelo ad altre più remote nazioni.
Forse taluno domanderà, che cosa abbiano
fatto gli Ebrei di Gerusalemme quando si
videro Paolo tolto dalle mani. Lo dirò in
breve. Eglino rivolsero tutto il loro furore
contro a s. Giacomo detto il minore, vescovo
di quella città. Era morto il governatore
Festo; il suo successore non era ancora
entrato in carica: i Giudei approfittarono di
quell'occasione per portarsi in folla dal
sommo sacerdote, chiamato Anano, figlio di
quell'Anna, e cognato di quel Caifasso che
avevano fatto condannare il Salvatore.
Riusciti a farlo condannare temevano
10 L. C. — /fu. V. F. TI.

14.7 Page 137

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146
grandemente il popolo che lo amava qual
tenero padre e si specchiava nelle sue
virtù; ed era da tutti nominato il Giusto.
La storia ci dice che egli pregava con tale
assiduità che la pelle dei suoi ginocchi era
divenuta come quella del cammello.
Non beveva né vino né altro liquore che
potesse ubriacare; era rigidissimo nel
digiunare, parco nel mangiare, nel bere e nel
vestirsi. Ogni cosa superflua donavala ai
poveri.
Malgrado queste belle qualità, quegli
ostinati trovarono modo di dare alla
sentenza almeno apparenza di giustizia
con un'astuzia degna di loro. D' accordo col
sommo sacerdote i Sadducei, i Farisei, e
gli Scribi fanno un tumulto, e corrono da
Giacomo dicendo fra mille schiamazzi:
bisogna che tu immediatamente cavi di
errore questo innumerevole popolo, il quale
crede che Gesù possa essere il Messia
promesso. E poiché tu sei chiamato il
Giusto tutti credono in te, perciò monta
sulla somm ità di questo tempio, affinchè
ognuno possa vederti e udirti e rendi
testimonianza alla verità.
Lo condussero adunque sopra di
[ 312

14.8 Page 138

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U7
un' alta loggia al di fuori del tempio, e
quando lo videro colassù, esclamarono con
finzione: O uomo giusto, dicci qualcosa abbiasi
a credere di Gesù crocifisso. Il luogo non
poteva essere più solenne. O rinnegare la
fede, o proferendo parola a favore di G. C.
essere tosto messo a morte. Ma lo zelo del
santo Apostolo seppe trarre tutto il
vantaggio da quella occasione.
«E perché mai, egli esclamò ad alta
voce, perché m'interrogate voi sopra Gesù
figliuolo dell'uomo ed insieme figliuolo di
Dio. Invano affettate voi di richiamare in
dubbio la mia fede in questo vero
Redentore. Io dichiaro in faccia a voi che
egli sta in cielo assiso alla destra di Dio
onnipotente, donde verrà a giudicare
tutto il mondo.» Molti credettero in G. G.
e nella semplicità dell'anima loro
cominciarono ad esclamare: Gloria al
figliuolo di Davide.
I Giudei ingannati nella loro
aspettazione si misero furiosamente a
gridare: egli ha bestemmiato: sia
sull'istante precipitato giù e tolto di vita.
Corsero su immediatamente e Io
precipitaron sopra il lastrico della piazza.

14.9 Page 139

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148
Non mori sull'istante, e potutosi rialzare
posesi ginocchioni e ad esempio del
Salvatore invocava la divina misericordia
sopra i suoi nem ici dicendo: perdonale, o
Signore, perciocché essi non sanno che
cosa si facciano.
Allora i furibondi suoi nemici ad
istigazione del Pontefice gli lanciarono
addosso una grandine di sassi, finché vi corse
uno che datogli un colpo di stanga sul
capo lo stese morto. Molti f edeli vennero
trucidati con questo Apostolo e sempre per
la medesima causa cioè in odio del
cristianesimo, V. Eusebio Stor. Ec.
CAPO XXX.
Altri viaggi di s. Paolo - Scrive a Timoteo e
a Tito - Suo ritorno a Roma — Anno di
Cristo 68.
Sciolto s. Paolo dalle catene della
prigione volse il cammino verso quei luoghi
ove aveva divisato di andare. Egli adunque
andò nella Giudea a vedere gli Ebrei; ma vi
si fermò poco perché quegli ostinati davano
già opera a riaccendere
[314

14.10 Page 140

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449
la primitiva persecuzione. Andò a
Colosso secondo la promessa fatta a
Filemone. Si recò a Candia dove predicò il
Vangelo e dove ordinò Tito vescovo di
quell'Isola. Ritornò nell'Asia a visitare le
chiese di Troade, a Iconio, a Listri, a
Mileto, a Corinto, a Nicopeli, a Filippi.
Da questa città scrisse una lettera al suo
Timoteo che aveva ordinato vescovo di
Efeso.
In questa lettera l'Apostolo gli da
parecchie regole per la consacrazione
dei vescovi e dei sacerdoti, e per
l'esercizio di molte cose riguardanti alla
disciplina ecclesiastica. Quasi nello
stesso tempo scrisse una lettera a Tito,
vescovo di Creta e gli dà quasi i medesimi
avvisi dati a Timoteo, e lo invita a venirlo
presto a vedere.
Si crede comunemente che egli sia
andato a predicare nella Spagna e in molti
altri luoghi. Impiegò cinque anni in
missioni e fatiche apostoliche. Ma i fatti
particolari di questi viaggi, le
conversioni per sua cura operatesi ne'
varii paesi non ci sono conosciute.
Diciamo solo con s. Anselmo «che il santo
Apostolo corse dal mar Rosso fino
all'Oceano

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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150
portando ovunque la luce della verità. Egli
fu come il sole che illumina tutto il mondo
dall'oriente all'occidente sicché piuttosto
a Paolo era mancato mondo e popoli da
convertire, che Paolo sia mancato ad alcuno
degli uomini. Questa è la misura del suo
zelo e della sua carità.» Mentre Paolo era
occupato nelle fatiche dell'apostolato, seppe
che in Roma era scoppiata u n a fiera
persecuzione sotto all'impero di Nerone.
Paolo s'immaginò tosto il bisogno grave di
sostenere la fede in simili occasioni, e prese
immediatamente il cammino verso Roma.
Giunto in Italia egli trovò ovunque
pubblicati i bandi di Nerone contro ai
fedeli. Sentiva i delitti e le calunnie loro
imputate; ovunque vedeva croci, roghi e
altri generi di supplizi preparati ai
confessori della fede, e ciò raddoppiava in
Paolo il desiderio di trovarsi presto tra que'
fedeli. Giuntovi appena, come colui che
offeriva a Dio se stesso, si diede a predicare
nelle pubbliche piazze, nelle sinagoghe
tanto ai Gentili quanto agli Ebrei. A questi
che si erano quasi sempre dimostrati ostinati
predicava imminente 1' adempimento delle
profezie
[316

15.2 Page 142

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del Salvatore, con cui era predetta la
distruzione della città e del tempio di
Gerusalemme colla dispersione di tutta
quella nazione. Suggeriva però un mezzo
onde evitare i divini flagelli, cioè
convertirsi di cuore e riconoscere il loro
Salvatore in quel Gesù che avevano
crocifìsso.
Ai Gentili predicava la bontà e la
misericordia di Dio che li invitava a
penitenza; che perciò lasciassero il
peccato, mortificassero le passioni e
abbracciassero il Vangelo. A tale
predicazione confermata da continui
miracoli gli uditori venivano in folla a
chiedere il Battesimo. Così la Chiesa
perseguitata col ferro, col fuoco e con
m ille terrori compariva più bella e più
fiorente e accresceva ogni dì il numero de'
suoi eletti.
Che p i ù ? S. Paolo spinse tanto oltre
il suo zelo e la sua carità che giunse a
guadagnare un certo Proclo intendente
del palazzo imperiale, e la medesima
moglie dell'imperatore. Costoro
abbracciarono con ardore la fede e
morirono martiri.

15.3 Page 143

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CAPO XXXI
S. Paolo è di nuovo messo in prigione - Scrive
la seconda lettera a Timoteo - Suo martirio
Anno di Cristo 69-70.
Con s. Paolo era eziandio venuto a Roma
s. Pietro, che da 25 a n n i ivi teneva la sede
della cristianità. Esso era eziandio andato
altrove a predicare la fede, e come fu
informato della persecuzione suscitata
contro ai Cristiani ritornò tosto a Roma.
Lavorarono di comune accordo i due principi
degli Apostoli finché Nerone indispettito
per le conversioni che eransi fatte nella sua
corte, e più ancora per la morte
ignominiosa toccata al mago Simone
(come raccontammo nella vita di s. Pietro)
ordinò che fossero col massimo rigore
ricercati s. Pietro e s. Paolo e condotti
nella carcere Mamertino appiè del colle
Capitolino. Nerone aveva in animo di far
tosto condurre i due Apostoli al supplizio, ma
ne fu distolto da affari politici e da un a
congiura tramata contro di l ui . Di più egli
aveva deliberato
[ 318

15.4 Page 144

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di rendere glorioso il suo nome tagliando
1'istmo di Corinto che è una lingua di terra
larga circa 9 miglia Questa impresa non si
potè effettuare, ma lasciò un anno di tempo
a Paolo per guadagnare ancora anime a Gesù
Cristo.
Egli riuscì a convertire molti
prigionieri, alcune guardie ed altri
ragguardevoli personaggi, che per desiderio
d'istruirsi o per curiosità l'andavano ad
ascoltare; perciocché s. Paolo durante la
sua prigionia poteva essere liberamente
visitato, e scriveva lettere ove ne avesse
conosciuto il bisogno. Egli è dalla
prigione di Roma che scrisse la seconda
lettera a Timoteo.
In questa lettera l'Apostolo annunzia
vicina la sua morte, dimostra vivo
desiderio che lo stesso Timoteo andasse a
lui per assisterlo, essendo quasi da tutti
abbandonato. Questa lettera si può
chiamare testamento di s. Paolo; e fra le
molte cose somministra eziandio una delle
maggiori prove in favore della tradizione.
Quello che tu hai udito da me, gli dice,
procura di farlo intendere ad uomini religiosi e
capaci d'inculcarlo agli

15.5 Page 145

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154
altri dopo di te. Dalle quali parole
apprendiamo che oltre la dottrina scritta vi
sono delle altre verità non meno utili e
certe che devono essere trasmesse da voce
in voce con una successione non interrotta
per tutti i tempi avvenire.
Dà poi molti utili avvisi a Timoteo per
la disciplina della Chiesa, per conoscere
varie eresie che si andavano seminando fra i
Cristiani. E per mitigare la ferita che la
novella di sua morte imminente gli avrebbe
cagionato lo incoraggisce così: non li
contristare per me, anzi, se mi vuoi bene,
rallegrati nel Signore. Io ho combattuto da
buon soldato, ora ho terminato il mio
corso, ho mantenuta a Cristo la fede. Nel
resto nulla più mi rimane a desiderare se
non la corona di gloria che il Signore Iddio
giusto giudice mi renderà in quel giorno,
quando io consumato il sacrificio di mia
vita, mi presenterò a lui. Tal corona non
solo renderà a me, ma a tutti quelli che
con opere buone si preparano a riceverla in
quella sua venuta.
Paolo ebbe nella sua prigione un
conforto da un certo Onesiforo. Essendo
costui venuto a Roma ed avendo inteso
[320

15.6 Page 146

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455
che Paolo, suo antico maestro e padre in
Gesù Cristo, era in carcere, lo andò a
trovare e si offerì di servirlo. L'Apostolo
provò grande consolazione di cosi tenera
carità e scrivendo a Timoteo gli fa molti
elogi e gli prega da Dio larga ricompensa. «
Faccia Dio, gli scrive, misericordia alla
famiglia di Onesiforo, il quale lungamente
mi ha servito, e non si recò a vergogni di
vivere meco nelle catene; il Signore gli usi
in quel gran giorno quella stessa
misericordia che usò verso di me. Né queste
sono le sole sue opere buone; tu ben sai
quanti servigi egli mi abbia già prima
prestato in Efeso. »
Intanto Nerone ritornò da Corinto tutto
indispettito perché l'affare dell'istmo non
era riuscito. Si pose con rabbia maggiore a
perseguitare i Cristiani ; e il suo primo atto
fu di far eseguire la sentenza di morte
contro a s. Paolo. Primieramente egli fu
battuto colle verghe, e mostrasi ancora in
Roma la colonna a cui era legato quando
sostenne quella flagellazione. È vero che
con essa egli perdeva il privilegio di
cittadinanza romana, ma acquistava il
diritto di cittadino del cielo, perciò
provava la più grande gioia nel

15.7 Page 147

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156
vedersi rassomigliato al suo divin
maestro. Questa battitura era 1'apparecchio
per essere di poi decapitato.
Paolo era condannato a morte perché
aveva oltraggiato gli Dei; per questo solo
titolo era permesso di tagliare la testa ad un
cittadino romano. Bella colpa! essere
riputato empio perché in luogo di adorare i
sassi ed i demoni si vuole adorare il solo
vero Dio e il suo figliuolo Gesù Cristo. Dio
gli aveva già prima rivelato il giorno e
l'ora della sua morte; per la qual cosa
provava una delizia già tutta celeste.
Cupio, andava esclamando, cupio dissolvi et
esse cum Christo. Desidero di essere
svincolato da questo corpo per unirmi a
G. C. Finalmente da u n a masnada di
sgherri egli fu tratto di prigione e condotto
fuori di Roma per la porta che dicesi di
Ostia e facendolo camminare verso una
palude lungo il Tevere, giunsero ad un
luogo chiamato acque Salvie circe tre
miglia lontano da Roma.
Raccontano che u na matrona, chiamata
Plautilla, moglie di un Senatore Romano,
al vedere il santo Apostolo malconcio nella
persona e condotto a morte si pose
[ 322

15.8 Page 148

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487
dirottamente a piangere. S. Paolo la
consolò dicendole: non piangere, io ti l a -
scierò tal memoria di me, che ti sarà molto
cara. Dammi il tuo pannolino. Ella glielo
diede. Con questo pannolino furono al
Santo bendati gli occhi prima di essere
decapitato. E per ordine del Santo fu da
pia persona restituito sanguinoso a
Plautilla che lo serbò come reliquia.
Giunto Paolo al luogo del supplizio piegò
le ginocchia e colla faccia innalzala al
Cielo raccomandò a Dio l'anima sua e la
Chiesa; di poi chinò il capo e ricevette il
colpo della spada che glielo troncò dal
busto. L'anima sua volò a trovare quel
Gesù che da tanto tempo bramava di
godere.
Gli angeli lo accolsero e lo introdussero fra
immenso giubilo a partecipare della
felicità del cielo. Egli è certo che il primo
a cui egli dovette render grazie fu santo
Stefano al quale dopo Gesù era debitore
della sua conversione e della sua salvezza.

15.9 Page 149

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158
CAPO XXXII.
Sepoltura di s. Paolo - Meraviglie operate
alla sua tomba - Basilica a lui dedicata.
Il giorno che s. Paolo fu fatto morire
fuori di Roma alle acque Salvie fu lo
stesso in cui s. Pietro riportò la palma del
martirio a pie del monte Vaticano il 29
giugno; essendo s. Paolo in età d'anni 65.
Il Baronio, che chiamasi padre della
Storia Ecclesiastica, racconta come la
testa di s. Paolo appena tagliata dal corpo
grondò latte in luogo di sangue. Due
soldati alla vista di tal miracolo si
convertirono a G. C. La sua testa poi
cadendo a terra fece tre salti, e dove toccò
la terra zampillarono tre fonti di acqua
viva. Per conservare viva memoria di
questo glorioso avvenimento fu innalzata
una chiesa le cui mura racchiudono queste
fontane, le quali ancora oggidì chiamansi
fontane di s. Paolo. V. Baronio an. 69-70.
Molti viaggiatori (v. Cesari e Tillemond)
si recarono sul luogo per essere
testimoni
[ 324

15.10 Page 150

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di questo fatto, e ci assicurano che quelle
tre fonti da loro vedute e gustate hanno un
gusto come di latte. In quei primi tempi era
grandissima la sollecitudine dei Cristiani
per raccogliere e seppellire i corpi di coloro
che davano la vita per la fede. Due donne
chiamate una Basilissa, l'altra Anastasia
studiarono il modo e il tempo di avere il
cadavere del santo Apostolo, e di notte gli
diedero sepoltura due miglia lungi dal
luogo ove aveva sofferto il martirio, a
distanza di un miglio da Roma. Nerone per
mezzo delle sue spie conobbe 1'opera di
carità di quelle pie donne e questa bastò
perché le facesse morire troncando loro le
mani, i piedi, di poi la testa.
Quantunque i Gentili sapessero che il
corpo di Paolo era stato seppellito dai
Fedeli non poterono però mai saperne il
luogo. Ciò era solamente noto ai Cri-
stiani, i quali lo tenevano segreto come il
più caro tesoro, e gli rendevano quel
maggior onore che potevano. Ma la stima
che i Fedeli avevano di quelle reliquie
giunse a tale che alcuni mercanti'
d'Oriente venuti a Roma tentarono di rubarle
e portarsele nel loro paese come

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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160
appartenenti ad un uomo del loro paese.
Segretamente lo sotterrarono nelle
catacombe due miglia distanti da Roma,
aspettando tempo propizio per trasportarlo.
Ma nell'atto che volevano compiere il loro
disegno, si levò un orribile temporale con
lampi e fulmini terribili, sicché furono
costretti di abbandonare l'impresa. Saputasi
tal cosa, i Cristiani di Roma andarono a
prendere il corpo di Paolo e lo portarono al
suo primo luogo lungo l a via di Ostia.
Al tempo di Costantino il grande fu
fabbricata una basilica superba ad onore e
sopra il sepolcro del nostro apostolo. In
ogni tempo Re, e Imperatori, d i m e n tichi
della loro grandezza, pieni di timore e di
venerazione si recarono a quel sepolcro per
baciare la cassa che raccoglie le ossa del
santo Apostolo.
Gli stessi Romani Pontefici non sì
accostavano né si accostano al luogo della
sua sepoltura se non pieni di venerazione, e
non mai permisero che alcuno spiccasse
particella di quelle ossa venerande. Vari
principi e re ne fecero vive istanze; ma
niun Papa giudicò di poterli soddisfare.
Questa grande riverenza era molto
accresciuta
[ 326

16.2 Page 152

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dai continui miracoli che a quel sepolcro
si facevano. S. Gregorio Magno ne riferisce
molti e assicura che niuno entrava in quel
tempio a pregare se non tremando. Quelli
poi che avessero osato di profanarlo e
tentato di trasportarne anche una piccola
particella erano da Dio puniti con
manifesta vendetta.
Gregorio XI fu il primo che in una
pubblica calamità quasi costretto dalle
preghiere e dalle istanze del popolo di
Roma prese il capo del Santo, lo levò in
alto, lo mostrò alla moltitudine che
piangeva di tenerezza e di divozione, e
sull'istante lo ripose donde lo aveva tolto.
Ora il capo di questo grande Apostolo è
nella chiesa di S. Giovanni di Laterano, il
rimanente del corpo fu sempre conservato
nella basilica di S. Paolo lungo la via di
Ostia un miglio da Roma.
Anche le sue catene furono soggetto di
divozione presso i fedeli cristiani. Per
contatto di quei ferri gloriosi si operarono
molti miracoli, e i più grandi personaggi
del mondo riputarono sempre reliquia
preziosa il poter avere un po' di limatura di
quelle.
1 1 . L. C - An V, F. li

16.3 Page 153

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162
CAPO XXXIII.
Ritratto di S. Paolo. - Immagine del suo
spirito. - Conclusione.
Affinché rimanga meglio impressa la
divozione verso di questo principe degli
Apostoli giova dare un'idea del suo corpo
e del suo spirito.
Paolo era di aspetto e di presenza non
molto avvenente, siccome dice egli stesso.
Era di statura piccolo, di complessione
forte e robusta, e ne diedero prove le
lunghe e gravi fatiche da lui sostenute
nella sua carriera, senza essere mai stato
ammalato ad eccezione dei mali
cagionatigli dalle catene e dalla prigionia.
Solamente sul finire de' suoi giorni
camminava alquanto curvo. Egli aveva la
faccia bianca, la testa piccola e quasi del
tutto calva. Il che dimostrava un carattere
sanguigno e focoso. Aveva la fronte larga,
sopracciglio nero e abbassato, naso
aquilino, barba lunga e fìtta. Ma gli occhi
suoi erano al sommo vivaci e brillanti, con
un' aria dolce che temperava l'impeto
[328

16.4 Page 154

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de' suoi sguardi. Questo è il ritratto del suo
corpo. Ma che diremo del suo spirito? Noi
lo conosciamo da' suoi scritti medesimi.
Egli aveva un ingegno acuto e sublime,
animo nobile, cuore generoso. Era tale il
suo coraggio e la sua fermezza che traeva
forza e vigore dalle stesse difficoltà e dai
pericoli. Egli era versatissimo nella scienza
della religione Ebrea. Era profondamente
erudito nelle sacre scritture, e tale scienza
aiutata dai lumi dello Spirito Santo e dalla
carità di G. C, lo rese quel grande Apostolo
che fu soprannominato il dottore dei
Gentili. S. Giovanni Crisostomo
devotissimo del nostro santo desiderava
grandemente di poter vedere S. Paolo dal
pulpito, perché, egli dice, i più grandi
oratori dell'antichità sarebbero apparsi
languidi e freddi in paragone di lui. Non
occorre dire alcuna cosa delle virtù di
lui, giacché quel tanto che abbiamo finora
esposto non è altro che una tessitura delle
virtù eroiche, le quali in ogni luogo, in
ogni tempo, e con ogni genere di persona
egli fece risplendere. Per conclusione però
di quanto abbiamo

16.5 Page 155

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164
detto di questo gran santo merita di essere
notata una virtù che egli ha fatto sopra ogni
altra risplendere, la carità verso il prossimo
e 1'amor verso Dio. Egli sfidava tutte le
creature a separarlo dall'amore del suo
Divin Maestro. Chi mi separerà, andava
egli esclamando, dall'amor di G. C. ? forse
le tribolazioni o le angustie, o la fame, o la
nudità, o i pericoli, o le persecuzioni? No
certamente. Io son certo che né la morte né
la vita, né gli Angeli, né i principati, né le
virtù, né il presente, né l'avvenire, né
alcuna creatura ci potrà separare dall'amore
di Dio che è fondato nel nostro Signor G. C.
Questo è il carattere del vero cristiano:
essere disposto a tutto perdere, a tutto patire
piuttosto che dire o fare la minima cosa che
sia contraria all'amor di Dio.
S. Paolo passò più di 30 anni di sua vita
nemico di G. C.; ma appena fu dalla sua
celeste grazia illuminato, si diede tutto a
lui, né mai più da lui si separò. Impiegò di
poi oltre 36 anni nelle più austere
penitenze, nelle più dure fatiche, e ciò per
glorificare quel Gesù che aveva
perseguitato.
[ 330

16.6 Page 156

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165
Cristiano lettore, forse tu che leggi ed io
che scrivo, avremo passato una parte
della vita nell'offesa del Signore! Ma non
perdiamoci di animo: avvi ancora tempo
per noi; la misericordia di Dio ci
attende. Ma non differiamo la
conversione perché se noi aspettiamo a
domani ad aggiustare le cose dell'anima,
corriamo grave rischio di non aver più
tempo. S. Paolo faticò 36 anni nel
servizio dei Signore; ora da 4800 anni
gode l'immensa gloria del cielo, e la
godrà per tutti i secoli. La medesima
felicità è parimenti preparata per noi;
purché ci diamo a Dio mentre abbiamo
tempo e purché siamo perseveranti nel
santo servizio sino al fine. È nulla
quello che si patisce in questo mondo,
ma è eterno quello che godremo
nell’altro. Così ci assicura lo stesso S.
Paolo.
Con approvazione della Revisione Ecclesiastica.

16.7 Page 157

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[332
INDICE
CAPO I - Patria, educazione di Saulo, suo
odio contro ai Cristiani . . Pag. 3
» II. Conversione e Battesimo di Saulo »
» III. Primo viaggio di Saulo. - Ritorna a
Damasco; gli sono tese insidie. - Va, in
Gerusalemme; si presenta agli Apostoli. Gli
appare Gesù Cristo . . . . . . 13
» IV. Profezia di Agabo - Saulo e Bamaba
ordinati vescovi, - fanno nell'isola di
Cipro. - Conversione del proconsole Sergio.
Castigo del mago Elima. - Gian Marco
ritorna in Gerusalemme . . » li
« V. S. Paolo predica in Antiochia di
Pisidia. . . . . . . . . . . . 22
» VI. S. Paolo predica in altre città. Opera
un miracolo a Listri dove di poi vien
lapidato e lasciato per morto . » 21
» VII. S. Paolo miracolosamente risanato.
Altre sue fatiche apostoliche. Conversione di
s. Teda . . . . . . . . 31
» VIII. S. Paolo va a conferire con s. Pietro.
Assiste al concilio di Gerusalemme» 34
» IX. Paolo si separa da Barnaba. - Percorre
varie città dell'Asia. - Dio lo manda in
Macedonia.* A Filippi converte la famiglia di
Lidia . . . . » 33
» X. S. Paolo libera una fanciulla dal
demonio. - E battuto con verghe. - Vien
posto in prigione. - Conversione del

16.8 Page 158

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167
carceriere e della sua famiglia . . Pag. 46 CAPO
XI. S. Paolo predica in Tessalonica. - Affare di
Giasone. - Va a Berea ove è di nuovo disturbato
dagli Ebrei . . . » 52 »
XII. Stato religioso degli Ateniesi. - S. Paolo
nell' Areopago. - Conversione di s.Dionigi. . . .
. . . . . . • > 56
XIII. S. Paolo a Corinto. - Sua dimora in casa
di Aquila. • Battesimo di Crispo e di Sostene.
- Scrive ai Tessalonicesi. - Ritorno ad
Antiochia. . . . . . . 62
XIV. Apollo in Efeso. - II Sacramento della
Cresima. S. Paolo opera molti miracoli. -
Fatto di due esorcisti Ebrei. »
• XV. Sacramento della Confessione. - Libri
perversi bruciati. - Lettera ai Corinti. -
Sollevazione per la dea Diana. - Lettera, ai
Galati . . . . . . . y 1^
» XVI. S. Paolo ritorna a Filippi, - Seconda
lettera ai fedeli di Corinto. - Va, in questa
città. - Lettera ai Romani. - Sua predica
prolungata in Troade. - Risuscita un morto
. . . . . - . . » 80
» XVII. Predica di s. Paolo a Mileto. - Suo
viaggio fino a Cesarea. Profezia di
Agabo . . . . . . . . . . . $6
» XVIII. S. Paolo si presenta a s. Giacomo.
- Gli Ebrei gli tendono insidie. - Parla al
popolo. - Rimprovera il sommo Sacerdote .
. . . . . . . . . . » 91
» XIX. Quaranta Giudei si obbligano con voto
di uccidere s. Paolo. - Un suo nipote scopre la
trama. - È traslocato a Cesarea* !>S
XX. Paolo dinanzi al governatore Felice. - I
suoi accusatori e la sua difesa»

16.9 Page 159

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468
CAPO XXI. Paolo dinanzi a Festo. • Sue parole al
re Agrippa . . . . . Pag. 106
» XXII. S. Paolo è imbarcato per Roma. - Soffre
una terribile burrasca da cui è salvato co'
suoi compagni . . . . » 113
» XXIII. S. Paolo nell'isola di Malta; è
liberato dal morso di una vipera ; è accolto in
casa di Publio, di cui guarisce il padre
. . . . . . . . . . . 118
» XXIV. Viaggio di s. Paolo da Malta «
Siracusa - Predica in Reggio. - Suo arrivo in
Roma.. . . . . . . . ^ 122
» XXV. Paolo parla agli Ebrei e predica loro
G. C. - Progresso del Vangelo in Roma
. . . . . . . . . . . » 127
» XXVI. S. Luca. - I Filippesi mandano
sussidii a s. Paolo. - Malattia e guarigione di
Epafrodito. - Lettera ai Filippesi. -
Conversione di Onesimo , . » 132
» XXVII. Lcttera di s. Paolo a Filemone» 136
- XXVIII, S. Paolo scrive ai Colossesi, agli
Efesini ed agli Ebrei . . . . " 141
» XXIX. S. Paolo è messo in libertà. - Martirio
di s. Giacomo il Minore . » 144
» XXX. Altri viaggi dì s. Paolo. - Scrive a
Timoteo e a Tito. - Suo ritorno a Roma
. . . . . . . . . . . . 148
« XXXI. S. Paolo è di nuovo messo in
prigione. - Scrive la seconda lettera a
Timoteo. - Suo martirio. . . . . » 155
» XXXII. Sepoltura di s. Paolo. - Maraviglie
operate alla sua tomba. • Basilica a lui
dedicata . . . . . . . . . 158
« XXXIII. Ritratto di s. Paolo. - Immagine del
suo spirito. - Conclusione .. • 102
[ 334
]