Lectio Biblica 2011-2012, Lo zelo del pastore


gennaio 2012

LO ZELO DEL PASTORE



  1. INVOCAZIONE ALLO SPIRITO


O Spirito, rimani in me, non lasciarmi solo, così, quando verranno i miei nemici che sempre cercano di divorare la mia anima, trovandoti in me, subito fuggiranno e nulla potranno contro di me, vedendo te, di tutti il più forte, assiso all’interno di quella dimora che è la mia povera anima.

Sì, o sovrano: come ti sei ricordato di me quando, mentre ero nel mondo e non sapevo, tu stesso mi hai scelto, separato dal mondo e posto alla presenza della tua gloria, così anche ora custodiscimi nella stabilità interiore senza che nessuno possa più privarmi dell’intimità con te.

In questo modo, grazie alla continua tua visione, io che sono morto, vivrò, e povero, possedendo te, sarò ricco: sarò più ricco di tutti i re, e sarò rivestito di te in ogni istante. Mi delizierò di beni ineffabili, poiché tu sei ogni bene, ogni gloria e ogni delizia.

A te si addice la gloria, o santa, consustanziale e vivificante Trinità, nel Padre, nel Figlio e nello Spirito santo venerata, conosciuta, adorata e celebrata da tutti i credenti, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.


Simeone il Nuovo Teologo (949-1022)


  1. PAROLA


Filippesi 1, 27-30


Vi dico soltanto: Comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo, affinché, sia che venga e vi veda, sia che resti lontano e mi si informi sul vostro conto, possa costatare che siete saldi in uno stesso atteggiamento spirituale e che unanimamente insieme lottate per la fede nel vangelo, senza lasciarvi per nulla intimidire dagli avversari. È l'indizio per essi della perdizione e della salvezza per voi. E tutto questo ha la sua origine in Dio, perché egli vi ha fatto grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta in cui mi avete visto impegnato e che tuttora combatto, come sapete.


  1. LETTURA


Dopo aver informato la comunità sulla sua situazione di prigioniero, Paolo si preoccupa del comportamento dei cristiani che ha lasciato a Filippi. Nella sezione di cui fa parte il nostro brano si possono distinguere quattro unità letterarie: la prima (1,27-30) è incentrata nel motivo della lotta per la fedeltà al vangelo di fronte alle pressioni e ostilità esterne; l'unione ecclesiale speci­fica la seconda (2,1-4); un inno cristologico caratte­rizza il brano 2,5-11 introdotto dall'esortazione: Com­portatevi tra voi come si addice a quelli che sono in Cristo Gesù; 2,12-18 assomma raccomandazioni dell'apostolo ed espressioni dei suoi sentimenti di prigioniero. Sullo sfondo emerge con sufficiente chia­rezza il seguente quadro della situazione della chiesa filippese: la presenza temibile di avversari esterni (1,28) e all'interno contrapposizioni non meglio preci­sate (2, 1ss.). Appare con tutta evidenza lo zelo pastorale dell'a­postolo per i credenti di Filippi.


v. 27-28a Compor­tatevi in maniera degna del vangelo di Cristo affinché, sia che venga e vi veda, sia che resti lontano e mi si informi sul vostro conto, possa constatare che siete saldi in uno stesso atteggiamento spirituale e che unanimamente insieme lottate per la fede nel vangelo, senza lasciarvi per nulla intimidire dagli avversari. Vivere un'esistenza de­gna di Dio (cf. 1Ts 2,12) è il para­metro su cui i filippesi sono chiamati a misurarsi. La loro vita deve essere coerente con la scelta di adesione al vangelo anche a fronte di notevoli difficoltà. Nella città macedone la fedeltà era messa a dura prova dall'aggres­sività di innominati avversari (v.18) probabilmente i pagani della città, tanto più che nella colonia romana era fiorente il culto del­l'imperatore, chiaramente alternativo alla professione di fede cristiana: Gesù Cristo è il Signore! (2,11). L'apostolo fa valere anzitutto l'esigenza della saldez­za nella lotta. È necessario resistere e battersi con decisione per non venir meno alla propria adesione di fede e per difendere la causa del vangelo. A questo scopo pe­rò appare indispensabile che la comunità manifesti unità d'intenti e di propositi: i filippesi devono far quadrato, come un esercito schierato a battaglia, e non lasciarsi prendere dal panico per la serietà della lotta. Di questo l’apostolo vuole essere rassicurato augurandosi di poter venire pre­sto a Filippi per rendersene conto con i propri occhi, o almeno, pur lontano, essere informato di questa loro compattezza nella lotta a difesa della fede. La sua partecipazione alla sorte della comunità è incondizionata, sia da vicino che da lontano.


v. 28b. È l'indizio per essi della perdizione e della salvezza per voi. Paolo non si limita a lanciare appelli alla resistenza nella fede e alla mobilitazione spirituale di tutta la comunità; intende anche creare nei filippesi una lucida coscienza cristiana. Eccolo spalancare davanti a loro vasti orizzonti di comprensio­ne. Sappiano anzitutto che l'attiva fedeltà nella persecuzione è indizio rivelatore della loro predestinazione alla salvezza, mentre per i persecu­tori ciò vuol dire perdizione. Chi legge le vicende storiche con gli occhi della fede scopre questo senso profondo: agli oppressi che non pie­gano le ginocchia in segno di resa arriderà un futu­ro salvifico; invece un destino di rovina spetterà agli oppressori. Il giudizio ultimo di Dio valuterà il presente storico secondo tale criterio di sovvertimento radicale delle situazioni attuali. Ancor più denso il passo 2 Ts 1,5-7: E’ questo un segno del giusto giudizio di Dio, perché siate fatti degni del regno di Dio, per il quale appunto soffrite. È certamente giusto che Dio paghi con l'afflizione quelli che vi affliggono e voi, gli afflitti, con un riposo goduto con noi, quando dal cielo ap­parirà il Signore Gesù tra gli angeli della sua po­tenza.


v. 29-30 E tutto questo ha la sua origine in Dio, perché egli vi ha fatto grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui, sostenendo la stessa lotta in cui mi avete visto impegnato e che tuttora combatto, come sapete. I filippesi devono sapere che al­l'origine della loro esistenza, così esposta alla persecuzione e quindi impegnata in una dura lotta, sta il volere di Dio (v. 28c). Non sono vittime di un destino atroce, né di una disgrazia fatale e neppure sono soggetti a un'accidentalità priva di significato. Tutto invece rien­tra nel progetto del Padre e porta paradossalmente il marchio del dono: egli vi ha fatto grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui. La prospettiva in cui Paolo si muove è certamente quella del martirio. Già il Primo Testamento conosceva questo ideale, come testimoniano i libri dei Maccabei. Per amore della leg­ge mosaica e delle tradizioni religiose del popolo i pii giudei non si erano piegati al persecutore straniero ed avevano preferito pagare di persona piuttosto che venir meno alla fedeltà monoteistica. La tradizione evan­gelica poi conosce il motivo della passione che i disce­poli sono chiamati a soffrire per amore di Cristo e della causa del vangelo (cfr. Mc 8,35). L'apostolo si pone in questo solco tradizionale e ne vuole fare partecipi i filippesi che, per la loro cultura e sensi­bilità ellenistica, vi erano del tutto estranei. Da parte sua, accentua il fatto che la comunità filippese gli è accomunata alla sua personale passione (v. 30); le circostanze esterne sono diverse, ma è lo stesso martirio che soffrono, l'uno e l'altra, perché in lotta per la medesima cau­sa di Cristo e del vangelo. L'esortazione, come si può vedere, scaturisce da un'e­sperienza sofferta e ha il peso di una testimonianza di vita. L'appello a lottare viene da chi si trova già nella mischia.


(breve pausa di silenzio per rileggere personalmente il testo)


  1. COSTITUZIONI


Art. 4 La nostra Società è composta di chierici e di laici che vivono la medesima vocazione in fraterna complementarietà (…) Don Bosco, ispirandosi alla bontà e allo zelo di San Francesco di Sales, ci ha dato il nome di Salesiani e ci ha indicato un programma di vita nella massima “Da mihi animas, coetera tolle”.


Che Don Bosco interpretasse la missione come una “lotta”, alla stregua di Paolo, ci è ben noto. Lo stesso titolo mariano di “Ausilio dei cristiani” lo colloca in un contesto di battaglia contro i nemici della fede, e le tante iniziative da lui adottate (basti pensare alle “Letture cattoliche!”) per difendere la fede, la Chiesa e il papato ne sono prova più che evidente. Lotta però non solo “contro”, ma anche e soprattutto “per” nel senso di “conquistare anime” a Dio. Un’espressione, questa, che va decifrata alla luce dell’immagine missionaria della pesca là dove Luca traduce la promessa del Signore Vi farò pescatori d’uomini con vi farò pescatori per la vita. Ci possono sconcertare sia l’asprezza della polemica che Don Bosco ingaggiò con gli oppositori della fede sia l’insistenza quasi ossessiva per la salvezza delle anime. Il fatto è che questa fu l’idea centrale di Don Bosco, quella che Antonio Sicari chiama l’“idea totalizzante”, tanto che – afferma l’Autore - “le espressioni che possono sembrare intolleranti fanno parte appunto di quell'idea totalizzante”.


Sentiamo la testimonianza di Don Rua: «Fin dai primi tempi della sua ordinazione sacerdotale, Don Bosco prese per sua "divisa" le parole di san France­sco di Sales: "Da mihi animas, coetera tolle", che volle scritte nella sua camera a grandi caratteri; e queste parole furono veramente la norma di tutta la sua vita. Per la sal­vezza delle anime si diede con tanto ardore all'educazione della gioventù; per la salvezza delle anime frequentava le prigioni, gli ospedali, le scuole pubbliche e private, scri­veva incessantemente libri di grande edificazione e istru­zione; si dava alla predicazione in Torino e in varie città del Piemonte, dettandovi esercizi, missioni, ecc. Per la sal­vezza delle anime non guardava a sacrifici, a fatiche, a pe­ricoli. Perfino sulle piazze, sulle pubbliche vie faceva sen­tire la Parola di Dio, specialmente nelle occasioni in cui, non bastando la chiesa a contenere la moltitudine che si affollava ad ascoltarlo, doveva predicare sulla piazza».




L’articolo costituzionale dopo aver affermato che una medesima vocazione lega insieme i membri della Congregazione, cita San Francesco di Sales per far capire in cosa consiste la missione salesiana e come lo stile missionario che ci è proprio. Perché è altrettanto vero che Don Bosco attinse da San Francesco quattro elementi che, fusi insieme, daranno vita al suo particolare modo di essere educatore ed evangelizzatore tra i giovani. Il primo è l’umanesimo, ossia la valutazione fondamentalmente positiva della natura umana nonostante le devastazioni del peccato; di qui l’impegno a valorizzare quanto di bene si trovava nel singolo soggetto come anche nelle culture e negli ambienti di vita (è l’elemento di “ragione” nel suo sistema educativo). Il secondo è la franchezza della verità e il coraggio nell’annunciare e testimoniare il vangelo con chiunque ed ovunque, “Don Bosco è prete sempre e dovunque”. Il terzo è la metodologia della relazione personale diretta, cordiale, rispettosa, ancor più, amicale ed affettuosa, per aprire il cuore al dono di grazia (in Don Bosco diverrà l’amorevolezza). Il quarto è l’instancabile zelo per raggiungere il maggior numero possibile di persone senza mai risparmiarsi e con una fantasia inesauribile nel ricercare mezzi ed occasioni per la diffusione del Vangelo. L’articolo costituzionale dice che tutto questo, diventa per noi salesiani, “un programma di vita”.


  1. SPUNTI PER LA MEDITAZIONE


  • Porto in me questa “passione dominante”? E’ questa l’“idea totalizzante” che spiega ciò che sono e ciò che faccio, dando unità e vigore alla mia esistenza di salesiano?

  • Mi prodigo con tutto me stesso per la causa dell’evangelizzazione e l’impegno di educazione?

  • Ho il coraggio dell’annuncio esplicito, sempre declinandolo sulla metodologia pastorale ed educativa di San Francesco di Sales e di Don Bosco?

  • So utilizzare gli argomenti d’una “sana” apologetica per difendere la fede ed avviare i giovani alle verità del vangelo?

  • Sfuggo alla “logica dell’impresa” così che so vedere anche nelle difficoltà il dispiegarsi del disegno di Dio per la salvezza del mondo?

  • Nella comunità, contribuisco all’unità d’intenti e di iniziative per rendere sempre più efficace la missione?


(pausa di prolungato silenzio per la meditazione personale)


  1. CONDIVISIONE FRATERNA


  1. PREGHIERA


O Signore,

che a noi tutti

chiedi di esprimere

le ricchezze dell’unica vocazione salesiana,

vivendo uniti tra noi come Tua famiglia,

concedi che nella fraternità

sappiamo far fruttificare il nostro carisma

a servizio di tutta la Chiesa,.

Aiutaci a dare a Te testimonianza con la bontà e lo zelo

di San Francesco di Sales nostro Patrono,

per diffondere efficacemente nel mondo

il programma datoci dal nostro Fondatore

da mihi animas cetera tolle”

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