Da Don Bosco Educatore|Doc. H – testo a stampa dell’edizione italiana separata Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a mare

Doc. H – testo a stampa dell’edizione italiana separata Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a mare. Scopo del medesimo esposto dal Sacerdote Giovanni Bosco con appendice sul sistema preventivo nella educazione della gioventù. Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1877.

B = redazione manoscritta di don Gioachino Berto

B2, B3 = successivi interventi di don Berto

Bb = interventi di don Bosco sul ms B

D = redazione manoscritta italiana per l’edizione bilingue

D2 = interventi successivi del redattore del ms D

Db = interventi di don Bosco sul ms D

Dc = testo contenuto nel foglio aggiunto al doc. D tra pag. 28 e 29

F = testo italiano a stampa dell’edizione bilingue

 

Inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza a mare

Scopo del medesimo esposto dal Sacerdote Giovanni Bosco

con appendice sul sistema preventivo nella educazione della gioventù

 

INAUGURAZIONE

   Il Patronato di S. Pietro aperto nella città di Nizza in favore dei fanciulli pericolanti fu dai Nicesi accolto con grande benevolenza. Tutti però desideravano che la Pia Istituzione venisse con una festa di famiglia inaugurata, affinché ognuno fosse in certo modo pubblicamente assicurato che i loro voti erano appagati.

   L’Autorità ecclesiastica e le Autorità civili ne accolsero con piacere e cordiale approvazione l’invito. Il Sig. Cav. Raynaud Sindaco della Città trattenuto da affari imprevisti fu rappresentato dal Cav. Toselli assessore. Monsig. Pietro Sola col Clero della cappella vescovile venne a pontificare solennemente.

   I giornali avendo pubblicato tale inaugurazione ognuno presumeva l’intervento di molti cittadini; ad evitare quindi la confusione nella ristrettezza del sito si indirizzò una circolare a coloro che potevano più specialmente essere interessati.|

   La circolare era del tenore seguente:

   "Lunedì 12 corrente, alle due e mezzo pomeridiane Monsig. Vescovo inaugurerà il Patronato di S. Pietro, Piazza d’armi, Nº1, antica villa Gautier. Questo edifizio e giardino venne testè acquistato e destinato a raccogliere fanciulli abbandonati per far loro apprendere un mestiere. Colla persuasione che quest’opera eminentemente popolare e moralizzatrice incontrerà certamente la simpatia di tutte le persone che prendono parte a quanto contribuisce al bene della classe operaia, il Comitato vi prega di voler onorare di vostra presenza questa funzione.

Monsig. PIETRO SOLA Vescovo.

Sac. GIO. BOSCO Superiore.

Sac. GIUS. RONCHAIL Direttore.

Il Comitato: Conte DI BÉTHUNE.

Conte MICHAUD DE BEAURETOUR.

Conte DE LA FERTÉ-MEUN.

Avv. ERNESTO MICHEL.

Barone HÉRAUD.

C. GIGNOUX.

AUGUSTE FARAUT (1).

    Nizza, 9 Marzo 1877. |

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    (1) Mentre si affidava alle stampe il ragguaglio di questa inaugurazione una dolorosa notizia viene ad amareggiare profondamente i nostri cuori. L’Avvocato Augusto Faraut modello di vita cristiana, zelanteconfratello di S. Vincenzo che si faceva tutto a tutti per beneficare, egli non è più. Avendo sempre goduta sanità e

robustezza invidiabile, sul fiore di sua età era rapito da morte immatura il 31 marzo

testè spirato. Il Direttore del Patronato di S. Pietro ne dà comunicazione al Sac.

Bosco con questa breve lettera:

Amatissimo Signor Don Bosco

    Giunsi or sono poche ore a S. Giovanni per le confessioni pasquali di questa popolazione; ma partii da Nizza col cuore addolorato, lasciando i nostri giovanetti in costernazione. Stamane appresi con vero rincrescimento che ieri sera alle dieci e mezzo l’Avvocato Faraut nostro amico, nostro benefattore, nostro appoggio, era morto. Pochi giorni sono era venuto a farci visita: seppi dipoi che era un poco indisposto. Tutti i giorni andavamo a chiedere notizie di lui e solo venerdì a mezzogiorno il Barone Héraud suo zio mi disse che stava meglio. Ieri sera il sig. Barone andò a fargli visita alle sette e ne fu contento avendo visto che egli sorridendo prendeva parte agli scherzi che si preparavano per la lotteria in favore della Biblioteca popolare gratuita, della quale il sig. Avvocato era pure uno dei fondatori. Alle otto e mezzo un accesso cerebrale lo colpì ed in breve ora lo condusse all’altra vita. Lascia un gran vuoto in Nizza, la povera sua moglie con due ragazze, delle quali una ancora di pochi mesi, vedova di 25 anni, e tanti poveri che piangono la sua morte. Per noi in particolare è una vera sventura. Egli era Cooperatore Salesiano e fu dei primi e dei più zelanti. Ho tosto ordinato preghiere, comunioni, messe tra noi pel riposo eterno dell’anima del compianto Avvocato e lo raccomando eziandio alle preghiere dei giovani dell’Oratorio e di tutti i confratelli.

    S. Giovanni di Villafranca, 1 aprile 1877.

Aff.mo figlio

Sac. GIUS. RONCHAIL.

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In Chiesa. – Musica religiosa eseguita dagli allievi dell’Istituto – Scopo dell’opera esposto dal Sac. Bosco – Benedizione col SS. Sacramento in forma solenne impartita da Monsig. Vescovo. |

Nel giardino. – Dialogo composto da Monsig. Sola – Musica e tratte-

nimenti diversi – Visita delle sale, delle scuole e dei laboratori.

   Nel giorno stabilito, assai prima del cominciamento delle fun-

zioni, la piccola cappella e le camere attigue erano stivate di gente

accorsa. Il cortile nelle allée che lo dividono e lo fiancheggiano era

ornato di molte bandieruole a diversi colori. I giovanetti dello Stabili-

mento eseguirono vari pezzi musicali a soprano, a contralto e a cori. Ognuno era meravigliato come in così breve tempo gli allievi avessero potuto tanto progredire in quest’arte civilizzatrice del cuore umano. Finito il canto dei Vespri il Sac. Bosco esponeva lo scopo dell’Istituto colle seguenti parole:

Eccellenza Reverendissima,

e Rispettabilissimi Signori Benefattori,

   La vostra presenza, Eccell. Rev.ma, Onorevole Sig. Sindaco, Rispettabili Signori, mi torna della più grande consolazione, perché mi dà opportu|nità di potervi pubblicamente ringraziare della carità usatami nella persona dei poveri fanciulli del Patronato di S. Pietro. Nel tempo stesso mi è pur dato di liberamente esprimere lo scopo di un’opera, che da voi fondata, da voi sostenuta, tante volte oggetto della vostra carità, che ora umilmente, ma caldamente intendo porre e inalterabilmente conservare sotto la benevola vostra protezione. Ma affinché io possa darvi una idea chiara dell’Istituto da voi protetto, vi prego di ascoltare una breve istoria, che non deve tornarvi discara e gioverà a farci conoscere quanto desideriamo. Ascoltate.

STORIA.

   Alcuni anni or sono il Vescovo di questa Diocesi si recava a Torino, e dopo aver parlato di altre cose lamentava una moltitudine di ragazzi esposti ai pericoli dell’anima e del corpo, ed esprimeva ardente desiderio di provvedere al loro bisogno. Poco dopo due signori di questa medesima città(2) a nome dei Confratelli di S. Vincenzo de’

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    (2) Il Barone Héraud e l’Avvocato Ernesto Michel.

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Paoli esprimevano lo stesso rincrescimento soprattutto pei molti fanciulli, che nei giorni festivi correvano per le vie, vagavano per le piazze rissando, | bestemmiando, rubacchiando. Ma crebbe assai il dolore di quei due benefattori degli infelici, quando si accorsero che quei poveri ragazzi dopo la vita di vagabondo, dopo aver cagionati disturbi alle pubbliche autorità per lo più andavano a popolare le prigioni. Gran Dio, esclamavano, non si potrà impedire la rovina di tanti giovanetti, che si possono chiamare infelici, non perché perversi, ma solamente perché abbandonati? Abbiamo, è vero, i Patronati Domenicali che danno qualche utilità, ma non provvedono abbastanza alla necessità di taluni che vivono senza tetto, senza vitto e senza vestito. A ciò si aggiunge la penuria di Sacerdoti, cui rimanga tempo libero di potersi occupare di questo importante ministero.

   Fu allora che coll’approvazione dell’amatissimo Vescovo di questa Diocesi i prelodati Signori scrissero lettere e poi vennero in persona a Torino per osservare colà un ospizio destinato a somigliante classe di fanciulli(3). Vennero, fummo tosto intesi sulla necessità di

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    (3) Si allude all’Oratorio di S. Francesco di Sales dove sono raccolti circa 900 poveri giovanetti destinati a diversi mestieri, a diversi rami di studio secondo le varie propensioni e capacità.

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una casa dove fossero attivati i laboratorii, raccolti i più abbandonati, istruiti, avviati a qualche mestiere. Ma dove trovare questa casa, e quando si trovasse come comperarla, e con quali mezzi sostenerla? Questa casa doveva aprirsi qui in Nizza a favore dei ra|gazzi di questa città: in Nizza che è città della carità, della beneficenza, città eminentemente cattolica. Quindi riguardo ai mezzi materiali abbiamo unanimi data questa risposta: "I Confratelli della Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli faranno quello che possono: Nizza poi non ci negherà il suo caritatevole appoggio. Si tratta del bene della società, si tratta di salvar anime, Dio è con noi, Egli ci aiuterà".

   Ed ecco due preti partire da Torino colle mani in mano senz’altro corredo che la fiducia nella provvidenza del Signore e nella carità dei Nicesi. Quei due preti furono accolti da tutti con grande benevolenza, perché da tutti si giudicava necessario un Istituto per dare ricetto ai fanciulli pericolanti. Fu allora, o Signori, che voi avete veduto il vostro Vescovo, qual buon pastore, nella sua grave età d’anni 85 correre di piazza in piazza, di via in via, cercando un sito, un asilo per gli orfanelli, per la pericolante gioventù. Quest’asilo fu trovato

in via Vittorio, Nº21; e i Confratelli di S. Vincenzo de’ Paoli se ne

addossarono temporariamente la pigione.

   Monsig. Vescovo inaugurava il novello Patronato, benediceva la cappella, celebrava la santa Messa nel giorno 28 novembre 1875 esprimendo con apposito sermone la sua grande consolazione pel granello di senapa seminato, da cui egli sperava incremento e vantaggio. Il nascente Istituto venne detto di S. Pietro in ossequio al Vescovo che | lo inaugurava, in onore di S. Pietro Principe degli Apostoli e in omaggio al Sommo Pontefice Pio IX che degnavasi mandare una speciale benedizione all’Istituto, ai Benefattori, ed a tutti i promotori di esso, aggiungendo la generosa offerta di due mila franchi. Non si pose indugio, si cominciò tosto a raccogliere ragazzi nei giorni festivi, se ne ricoverarono alcuni de’ più abbandonati. Tutto però questo locale consisteva in alcune camere a pian terreno e sotterra. Ma a che giovavano poche camere in confronto di tanti fanciulli, che ad ogni momento chiedevano riparo alla loro sventura? Il locale era ristretto, i ricoverati dovevano essere pochi, peraltro aveva bastato ad assicurarci, che i fanciulli discoli, cui talora si giudica infruttuosa la stessa cristiana educazione, se possono allontanarsi dal pericolo dei compagni, delle cattive stampe, chiusi in luogo appartato, con facilità si riducono sul buon sentiero, divengono utili cittadini, decoro della patria, gloria della nostra santa religione. Quel piccolo gregge, quel piccolo numero di ricoverati rese viè più manifesta la necessità di provvedere al crescente numero dei poveri fanciulli in più larga sfera, quindi si cercò altro edificio, che servisse di ricovero ed un giardino capace a trattenere gli esterni in piacevole ed onesta ricreazione nei giorni festivi. Questo luogo si trovò ed è la villa Gautier, dove noi, Rispettabili Signori, presentemente siamo radunati. Questo | sito venne riputato assai opportuno, perché fuori dei tumulti della città, ma abbastanza vicino per gli esterni che vi possono intervenire. Dopo molte incumbenze questo stabilimento fu convenuto nella somma di (100,000) centomila franchi tra acquisto e spese accessorie. Mediante l’offerta del S. Padre e di altre caritatevoli persone si è già pagata la metà: speriamo che l’altra metà sarà poco alla volta pagata.

   Ora, o Signori, se volgiamo lo sguardo intorno a noi al mezzodì ci si presenta un sito chiuso con uno steccato: esso èrimesso alla Società di S. Vincenzo de’ Paoli per le loro opere di carità . Altra frazione di giardino, in parte opposta e dietro alla casa, serve a trattenere gli artigianelli esterni raccolti da varie parti della città, che vengono qui a passare il giorno festivo. A poca distanza da questi, ma intieramente separati, fanno ricreazione gli interni, cioè quelli che sono ricoverati e vivono nella casa che inauguriamo. Rimane ancor libero un tratto di giardino, e questo sarà destinato all’opera del Giovedì, che ha per fine di raccogliere i giovanetti studenti, trattenerli con trastulli, con ginnastica, con declamazione, con musica, col teatrino, affinché possano passare la giornata lungi dai pericoli e con qualche vantaggio della scienza e della moralità. Ma tutte queste categorie di allievi prima di prendere parte ai loro divertimenti compiono sempre i loro religiosi doveri. |

   Se poi voi, o Signori, avrete la degnazione di visitare questo edifizio, troverete alcune camere ridotte a cappella, ed è appunto la chiesuola che noi presentementeoccupiamo . Altri appositi locali servono di cucina, di refettorio, di dormitorio pei fanciulli dell’Ospizio; seguono poi locali per le scuole di canto, di suono, di catechismo, di lettura che si fa di giorno e più ancora per gli esterni che in numero assai notevole frequentano le scuole serali. In altra località lavorano i calzolai, i sarti, i falegnami, i legatori da libri che sono i laboratorii degli allievi dell’umile nostro Istituto.

   È questa la piccola storia ch’io desiderava, anzi doveva esporvi affinché sempre più siamo riconoscenti alla bontà del Signore che dal niente sa ricavare ciò che Egli giudica convenire all’adempimento de’ suoi adorabili voleri. |

SCOPO DI QUESTO ISTITUTO.

   All’udire parlare di scuole, di mestieri, d’interni, d’esterni, di operai adulti e di artigianelli voi mi direte: Di qual condizione sono questi giovani? che è quanto dire: Qual è lo scopo di quest’Istituto?

   È questa una domanda giusta ed opportuna cui rispondo tostamente.

   Vi sono due categorie di allievi: una degli esterni, che intervengono a passare il giorno del Signore, e lungo la settimana frequentano le scuole serali. L’altra categoria è degli interni, la cui condizione politica, morale, educativa potete di leggieri conoscere dal fatto che vi prego di ascoltare. Un giovanetto si presentò questa mattina chiedendo ricovero. — Chi sei tu? gli fu chiesto. — Io sono un fanciullo, un povero orfanello. — Non vive più tuo padre? — Egli è morto prima che io potessi conoscerlo. — E tua madre? — Mia madre è nella massima miseria e non potendomi dar pane, mi mandò a cercarmi di che vivere. — Come ti guadagni il pane? — Io vo guadagnando il pane suonando il violino. — Dove? — Nelle osterie e nei caffè, ma se potrò imparar bene la musica spero più tardi andare a suonare nei teatri e così guadagnarmi del danaro. — Quanti anni hai? — Ne ho 15 in 16. | — Sai leggere e scrivere? — Molto poco. — Sei già promosso alla santa comunione? — Non ancora. — Datogli poi un breve esame sulla sua istruzione religiosa si conobbe che egli ne ignorava le parti più elementari e che per soprappiù versava nel massimo pericolo di perdere l’onore, l’anima ed essere condotto cogli infelici abitatori delle prigioni(4).

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    (4) Terminate le sacre funzioni gli uditori del fatto erano ansiosi di vedere il giovanetto, a cui si alludeva. Si raccolsero pertanto nel giardino e formato un circolo, apparve il nostro violinista, che in presenza di tutti diede un concerto musicale. Uno degli spettatori maravigliato della disinvoltura del suonatore e commosso per gli abiti meschini che coprivano la povera creatura, spiccò un mandato perché ei venisse immediatamente fornito di vestiario alla Conferenza di N. Signora di Nizza. All’indomani presentossi col suo violino per ricevere il vestito e rallegrò con qualche suonatina le caritatevoli Signore che si erano colà radunate a lavorare pei poveri.

   Il giovanetto è tuttora nel Patronato e mostra buon volere di istruirsi nella scienza e nella religione.

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   Il giorno dopo (13 marzo) si presentò un altro giovanetto di 16 anni che non si era mai né confessato né comunicato. Era orfano, forestiero, sprovvisto di ogni cosa e già assai innoltrato nella via del male. Fu tostamente accolto. Il giorno 14 dello stesso mese fu incontrato un altro ragazzo che disperatamente i parenti collocarono in un ospizio di protestanti. Il ragazzo abborrendo le cose che colà udiva contro i cat|tolici, riuscì a fuggire, ma ne fu ricercato e per forza ricondotto; potè fuggire la seconda volta e fu allora che per buona ventura incontrò il Direttore del Patronato di S. Pietro, che, inteso il tristo caso, lo accettò immediatamente. Da questi e da altri fatti simiglianti potrete comprendere quale sia la condizione dei nostri giovani. Raccogliere poveri e pericolanti ragazzi, istruirli nella religione, collocare gli esterni a lavorare presso ad onesto padrone, gli interni occuparli nei laboratori stabiliti qui nella casa, far loro apprendere un mestiere con cui potersi a suo tempo guadagnare il pane della vita. Voi mi domanderete ancora a questo proposito: I giovani di questa fatta sono molti? Gli esterni sono in numero assai notabile, ma gli interni per ora sono solamente 65: sono però oltre a duecento quelli che dimandano con urgenza di essere ricevuti, e ciò avrà luogo di mano in mano che avremo locale preparato, si andrà ordinando la disciplina e la divina Provvidenza ci manderà mezzi per mantenerli.

   A questo punto della nostra esposizione voi mi farete un’altra ragionevole domanda. La strettezza del luogo, la moltitudine di richieste d’accettazioni, le riparazioni, le ampliazioni de’ locali, anzi di questa chiesa stessa, dove siamo, reclamano un edifizio più vasto, più alto che possa meglio servire alla celebrazione della messa, per ascoltare le confessioni, per fare il catechismo | pei piccoli, per la predicazione degli adulti e per coloro stessi che abitano qui vicino. Queste cose sono indispensabili affinché questo Istituto possa conseguire il suo fine, che è il bene dell’umanità e la salvezza delle anime. Ora come provvedere a tanti bisogni che occorrono? Come trovare il danaro indispensabile per dar pane agli interni, vestirli, provvederli di maestri, assistenti, capi d’arte? Come continuare i lavori intrapresi equelli che dovrebbonsi incominciare.

   È tutto vero, anzi io soggiungo ancora, che per sostenere le opere già incominciate si dovettero contrarre parecchi debiti, e questa medesima casa è soltanto pagata per metà; cioè vi sono ancora oltre a cinquantamila franchi da pagare. Malgrado tutto questo non dobbiamo sgomentarci. Quella Provvidenza Divina che qual madre pietosa veglia su tutte le cose, che provvede agli uccelli dell’aria, ai pesci del mare, agli animali della terra, ai gigli del campo, non provvederà a noi che davanti al Creatore siamo di gran lunga più preziosi di quegli esseri materiali? Di più; quel Dio che in voi, nei benefici vostri cuori, ha inspirato il generoso pensiero di promuovere, di fondare, di sostenere finora quest’opera, non continuerà ad infondere grazia, coraggio e somministrarvi i mezzi per continuarla? Più ancora: Quel Dio che con niente fece sì che si fondassero degli Istituti, in cui sono raccolti oltre a quattordicimila fanciulli, senza che | per loro vi sia nemmeno un soldo preventivo, quel Dio vorrà forse lasciarci ora mancare il suo aiuto in queste opere, che tutte tendono a sollevare la classe più abbandonata e più bisognosa della civile società, a sollevare le anime più pericolanti, quelle anime per cui fu creato il cielo e la terra e tutte le cose che nel cielo e sulla terra si contengono: quelle anime per cui l’adorabile nostro Salvatore ha donato fin l’ultima goccia del suo Sangue?

   No, adunque, niun dubbio, niun timore che possa mancarci l’aiuto del Cielo. Non facciamo questo torto alla Divina Bontà, non facciamo questo torto alla vostra Religione ed alla vostra grande e tante volte esperimentata generosità. Io son certo che quella carità che vi mosse a fare tanti sacrifizi in passato, non permetterà giammai che rimanga imperfetta un’opera così felicemente incominciata.

   Questa speranza, oltre alla bontà dei vostri cuori, ha pure un altro saldo fondamento che si appoggia nella grande mercede che voi tutti cercate, e che Dio assicura alle opere di carità. |

MERCEDE.

   Dio è infinitamente ricco e di generosità infinita. Come ricco può darci largo guiderdone per ogni cosa fatta per amor suo; come padre di generosità infinita paga con buona ed abbondante misura ogni più piccola cosa facciamo per suo amore.Voi, dice il Vangelo, non darete un bicchiere d’acqua fresca in mio nome ad uno dei miei minimi, ossia ad un bisognoso, senza che abbia la sua mercede.

   L’elemosina, ci dice Dio nel libro di Tobia, libera dalla morte, purga l’anima dai peccati, fa trovare misericordia nel cospetto di Dio, e ci conduce alla vita eterna. Eleemosina est quae a morte liberat: purgat peccata, facit invenire misericordiam et vitam aeternam.

   Fra le grandi ricompense avvi pure questa che il Divin Salvatore reputa fatta a se stesso ogni carità fatta agli infelici. Se noi vedessimo il Divin Salvatore camminare mendico per le nostre piazze, bussare alla porta delle nostre case, vi sarebbe un cristiano che non gli offra generosamente fin l’ultimo soldo di sua borsa? Pure nella persona dei poveri, dei più abbandonati è rappresentato il Salvatore.Tutto quello, Egli dice, che farete ai più abbietti lo fate a me stesso . Dunque non sono più poveri fanciulli che | dimandano la carità, ma è Gesù nella persona de’ suoi poverelli.

   Che diremo poi della mercede eccezionale che Dio tiene riservata nel più importante e difficile momento in cui sarà decisa la nostra sorte con una vita o sempre beata o sempre infelice? Quando noi, o Signori, ci presenteremo al tribunale del Giudice Supremo per dar conto delle azioni della vita, la prima cosa che amorevolmente ci ricorderà non sono le case fabbricate, i risparmii fatti, la gloria acquistata o le ricchezze procacciate: di ciò non farà parola, ma unicamente dirà: Venite, o benedetti dal Padre mio Celeste, venite al possesso del regno che vi sta preparato. Io aveva fame, e voi nella persona dei poveri mi avete dato pane; aveva sete e voi mi deste da bere; io era nudo, e voi mi avete vestito; era in mezzo d’una strada, e voi mi avete dato ricovero. Tunc dicet Rex his qui a dextris eius erunt: Venite, benedicti patris mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi. Esurivi enim et dedistis mihi manducare; sitivi et dedistis mihi bibere; hospes eram et collegistis me; nudus et cooperuistis me (Matth. cap. 25, vers. 54-56).

   Queste e più altre parole dirà il Divin Giudice siccome stanno registrate nel Vangelo: dopo di che darà loro la benedizione e li condurrà al possesso della vita eterna.

   Ma Dio padre di bontà, conoscendo che il no|stro spirito è pronto e la carne assai inferma, vuole che la nostra carità abbia il centuplo eziandio nella vita presente. In quanti modi, o Signori, su questa terra Dio ci dà il centuplo delle opere buone? Centuplo sono le speciali grazie di ben vivere e di ben morire; sono la fertilità delle campagne, la pace e concordia delle famiglie, il buon esito degli affari temporali, la sanità dei parenti e degli amici; la conservazione, la buona educazione della figliuolanza. Ricompensa della carità cristiana è il piacere che ognuno prova nel cuor suo nel fare un’opera buona. Non è grande consolazione quando si riflette che con una piccola limosina si contribuisce a togliere degli esseri dannosi alla civile società per farli divenire uomini vantaggiosi a se stessi, al suo simile, alla Religione? Esseri che sono in procinto di diventare il flagello delle autorità, gli infrattori delle pubbliche leggi e andare a consumare i sudori altrui nelle prigioni, e invece metterli in grado di onorare la umanità, di lavorare e col lavoro guadagnarsi onesto sostentamento, e ciò con decoro dei paesi in cui abitano, con onore delle famiglie a cui appartengono?

   Oltre a tutte queste ricompense che Dio concede nella vita presente e nella futura, avvene ancor una che devono i beneficati porgere ai loro benefattori. Sì, o Signori, noi non vogliamo defraudarvi di quella mercede che è tutta in nostro potere. — Ascoltate: |

   Tutti i preti, i chierici, tutti i giovani raccolti ed educati nelle case della Congregazione Salesiana e più specialmente quelli del Patronato di S. Pietro, innalzeranno al cielo mattino e sera particolari preghiere pei loro benefattori. Mattina e sera i vostri beneficati con apposite preghiere invocheranno le divine benedizioni sopra di voi, sopra le vostre famiglie, sopra i vostri parenti, sopra i vostri amici. Supplicheranno Dio che conservi la pace e la concordia nelle vostre famiglie, vi conceda sanità stabile e vita felice, da voi tenga lontano le disgrazie tanto nelle cose spirituali quanto nelle cose temporali, e a tutto ciò aggiunga la perseveranza nel bene, e, al più tardi che a Dio piacerà, i vostri giorni siano coronati da una santa morte. Se poi nel corso della vita mortale, o Signori, avremo la buona ventura di incontrarvi per le vie della città od in qualsiasi altro luogo, oh sì allora ricorderemo con gioia i benefizi ricevuti e rispettosi ci scopriremo il capo in segno d’incancellabile gratitudine sulla terra, mentre Iddio pietoso vi terrà assicurata la mercede dei giusti in Cielo. Centuplum accipietis et vitam aeternam possidebitis.

   Terminato il sermoncino di opportunità alcuni uditori spontaneamente giudicarono di fare una questua che fu copiosa oltre l’aspettazione. Le persone erano in numero assai limitato per la strettezza del luogo, quasi tutti dei soliti benefattori, sicché si era giudicato opportuno di nem|meno raccomandare la limosina. Tuttavia risultò di circa mille cinquecento franchi.

   Dopo la sacra funzione si visitò eziandio una sala dove sopra alcune tavole stavano esposti oggetti per una piccola lotteria in favore dei giovanetti del Patronato. Essendosi sparsa la voce che quella lotteria doveva impiegarsi a comperar pane ai giovanetti del Patronato, vi si fece un notabile spaccio di biglietti.

   Così abbiamo avuto un motivo di più per ringraziare i nostri benemeriti uditori e di essere ognor più riconoscenti alla divina bontà, che in tanti modi e ad ogni momento ci porge novelli argomenti di lodarla e benedirla ora e per tutti i secoli. |

 

IL SISTEMA PREVENTIVO

NELLA EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ

   Più volte fui richiesto di esprimere verbalmente o per iscritto alcuni pensieri intorno al così detto sistema preventivo che si suole usare nelle nostre case. Per mancanza di tempo non ho potuto finora appagare questo desiderio, e presentemente ne do qui un cenno, che spero sia come l’indice di quanto ho in animo di pubblicare in una operetta appositamente preparata, se Dio mi darà tanto di vita da poterlo effettuare, e ciò unicamente per giovare alla difficile arte della giovanile educazione. Dirò adunque: in che cosa consista il Sistema Preventivo, e perché debbasi preferire: sua pratica applicazione, e suoi vantaggi.

I. In che cosa consista il Sistema Preventivo

e perché debbasi preferire.

   Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far cono|scere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove è d’uopo, il meritato castigo. In questo sistema le parole e l’aspetto del Superiore debbono essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti.

   Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle prescrizioni.

   Diverso, e direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evenienza, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze.

   Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi. Sembra che questo sia preferibile per le seguenti ragioni: |

   I. L’allievo preventivamente avvisato non resta avvilito per le mancanze commesse, come avviene quando esse vengono deferite al Superiore. Né mai si adira per la correzione fatta o pel castigo minacciato oppure inflitto, perché in esso vi è sempre un avviso amichevole e preventivo che lo ragiona, e per lo più riesce a guadagnare il cuore, cosiché l’allievo conosce la necessità del castigo e quasi lo desidera.

   II. La ragione più essenziale è la mobilità giovanile, che in un momento dimentica le regole disciplinari, i castighi che quelle minacciano: perciò spesso un fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena, cui egli non ha mai badato, che niente affatto ricordava nell’atto del fallo commesso e che avrebbeper certo evitato se una voce amica l’avesse ammonito.

   III. Il sistema Repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti; e si è osservato che i giovanetti non dimenticano i castighi subìti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotere il giogo ed anche di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che sono terribili le reminiscenze della gioventù; e che dimenticano facilmente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmente quelle degli educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vecchiaia vendicarono bruttamente certi castighi toccati giustamente in tempo di loro | educazione. Al contrario il sistema Preventivo rende amico l’allievo, che nell’assistente ravvisa un benefattore che lo avvisa, vuol farlo buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal disonore.

   IV. Il sistema Preventivo rende affezionato l’allievo in modo che l’educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo dell’educazione, sia dopo di essa. L’educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora che si troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio. Per queste e molte altre ragioni pare che il sistema Preventivo debba preferirsi al Repressivo. |

II. Applicazione del sistema Preventivo.

   La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di S. Paolo che dice: Charitas benigna est, patiens est; omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet. La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo. Perciò soltanto il cristiano può con successo applicare il sistema Preventivo. Ragione e Religione sono gli strumenti di cui deve costantemente far uso l’educatore, insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere ubbidito ed ottenere il suo fine.

   I. Il Direttore pertanto deve essere tutto consacrato a’ suoi educandi, né mai assumersi impegni che lo allontanino dal suo uffizio, anzi trovarsi sempre co’ suoi dipendenti tutte le volte che non sono obbligatoriamente legati da qualche occupazione, eccetto che siano da altri debitamente assistiti.

   II. I maestri, i capi d’arte, gli assistenti devono essere di moralità conosciuta. Il traviamento di un solo può compromettere un Istituto educativo. Si faccia in modo che gli allievi non siano mai soli. Per quanto è possibile gli assistenti li precedano nel sito dove devonsi raccogliere; si trattengano con loro fino a che siano da altri assistiti; non li lascino mai disoccupati. |

   III. Si dia ampia facoltà di saltare, correre, schiamazzare a piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla moralità ed alla sanità. Si badi soltanto che la materia del trattenimento, le persone che intervengono, i discorsi che hanno luogo non siano biasimevoli.Fate tutto quello che volete, diceva il grande amico della gioventù S. Filippo Neri, a me basta che non facciate peccati.

   IV. La frequente confessione, la frequente comunione, la messa quotidiana sono le colonne che devono reggere un edifizio educativo, da cui si vuole tener lontano la minaccia e la sferza. Non mai annoiare né obbligare i giovanetti alla frequenza de’ santi Sacramenti, maporgere loro la comodità di approfittarne. Nei casi poi di esercizi spirituali, tridui, novene, predicazioni, catechismi si faccia rilevare la bellezza, la grandezza, la santità di quella Religione che propone dei mezzi così facili, così utili alla civile società, alla tranquillità del cuore, alla salvezza dell’anima come appunto sono i santi Sacramenti. In questa guisa i fanciulli restano spontaneamente invogliati a queste pratiche di pietà, vi si accosterannovolentieri (5).

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    (5) Non è gran tempo che un ministro della Regina di Inghilterra visitando un Istituto di Torino fu condotto in una spaziosa sala dove facevano studio circa cinquecento giovanetti. Si maravigliò non poco al rimirare tale moltitudine di fanciulli in perfetto silenzio e senza assistenti. Crebbe ancora la sua maraviglia quando seppe che forse in tutto l’anno non avevasi a lamentare una parola di disturbo, non un motivo di infliggere o di minacciare un castigo. — Come è mai possibile di ottenere tanto silenzio e tanta disciplina? dimanda: ditemelo. E voi, aggiunse al suo segretario, scrivete quanto vi dice. — Signore, rispose il Direttore dello Stabilimento, il mezzo che si usa tra noi non si può usare fra voi. — Perché? — Perché sono arcani soltanto svelati ai cattolici. — Quali? — La frequente confessione e comunione e la messa quotidiana ben ascoltata. — Avete proprio ragione, noi manchiamo di questi potenti mezzi di educazione. Non si può supplire con altri mezzi? — Se non si usano questi elementi di religione, bisogna ricorrere alle minacce ed al bastone. — Avete ragione! avete ragione! O religione, o bastone, voglio raccontarlo a Londra. —

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   V. Si usi la massima sorveglianza per impedire che nell’Istituto siano introdotti compagni, libri o persone che facciano cattivi discorsi. La scelta d’un buon portinaio è un tesoro per una casa di educazione.

   VI. Ogni sera dopo le ordinarie preghiere, e prima che gli allievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi alcune affettuose parole in pubblico dando qualche avviso, o consiglio intorno a cose da farsi o da evitarsi; e studii di ricavare le massime da fatti avvenuti in giornata nell’Istituto o fuori;ma il suo parlare non oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa è la | chiave della moralità, del buon andamento e del buon successo dell’educazione.

   VII. Si tenga lontano come la peste l’opinione di taluno che vorrebbe differire la prima comunione ad un’età troppo inoltrata, quandoper lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella comunione pasquale. Questo serve a farci conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo alla santa Comunione. Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all’età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell’anima benedetta.

   VIII. I catechismi raccomandano la frequente comunione, s. Filippo Neri la consigliava ogni otto giorni ed anche più spesso. Il Concilio Tridentino dice chiaro che desidera sommamente che ogni fedele cristiano quando va ad ascoltare la santa Messa faccia eziandio la comunione. Ma questa comunione sia non solo spirituale, ma bensì sacramentale, affinché si ricavi maggior frutto da questo augusto e divino sacrifizio. (Concilio Trid., sess. XXII, cap. VI). |

III. Utilità del Sistema Preventivo.

   Taluno dirà che questo sistema è difficile in pratica. Osservo che da parte degli allievi riesce assai più facile, più soddisfacente, più vantaggioso. Da parte poi degli educatori racchiude alcune difficoltà, che però restano diminuite, se l’educatore si mette con zelo all’opera sua. L’educatore è un individuo consacrato al bene de’ suoi allievi, deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine, che è la civile, morale, scientifica educazione de’ suoi allievi.

   Oltre ai vantaggi sopra esposti si aggiunge ancora qui che:

   I. L’allievo sarà sempre amico dell’educatore e ricorderà ognor con piacere la direzione avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori. Dove vanno questi allievi per lo più sono la consolazione della famiglia, utili cittadini e buoni cristiani.

   II. Qualunque sia il carattere, l’indole, lo stato morale di un allievo all’epoca della sua accettazione, i parenti possono viveresicuri , che il loro figlio non potrà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli che per molto tempo | furono il flagello de’ parenti e perfino rifiutati dalle case correzionali, coltivati secondo questi principii, cangiarono indole, carattere, si diedero ad una vita costumata, e presentemente occupano onorati uffizi nella società, divenuti così il sostegno della famiglia, decoro del paese in cui dimorano.

   III. Gli allievi che per avventura entrassero in un Istituto con triste abitudini non possono danneggiare i loro compagni. Né i giovanetti buoni potranno ricevere nocumento da costoro, perché non avvi né tempo, né luogo, né opportunità, perciocché l’assistente, che supponiamo presente, ci porrebbe tosto rimedio.

Una parola sui castighi.

   Che regola tenere nell’infliggere castighi? Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi; dove poi la necessità chiedesse repressione, si ritenga quanto segue:

   I. L’educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo, ma un castigo che eccita l’emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai. |

   II. Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per castigo. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che uno schiaffo. La lode quando una cosa è ben fatta, il biasimo, quando vi è trascuratezza, è già un premio od un castigo.

   III. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e pazienza per fare che l’allievo comprenda il suo torto colla ragione e colla religione.

   IV. Il Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle leggi di disciplina, affinché l’allievo non si possa scusare dicendo: Non sapeva che ciò fosse proibito.

   Gli Istituti che metteranno in pratica questo sistema, io credo che potranno ottenere grandi vantaggi senza venire né alla sferza, né ad altri violenti castighi. Da circa quarant’anni tratto colla gioventù, e non mi ricordo d’aver usato castighi di sorta, e coll’aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desiderava, e ciò da quegli stessi fanciulli, cui sembrava perduta la speranza di buona riuscita. |

 

INDICE DELLE MATERIE

INAUGURAZIONE del Patronato di S. Pietro

Discorso del Rev. D. Bosco

Storia

Scopo dell’Istituto

Mercede

 

IL SISTEMA PREVENTIVO

NELLA EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ.

I. In che consista il Sistema Preventivo, e perché debbasi preferire

II. Applicazione del Sistema Preventivo

III. Utilità del Sistema Preventivo

Una parola sui castigh

V. nihil obstat.

Taurini, 3 Augusti 1877.

Joseph Zappata Vic. Gen.