Lectio salesiana Salesiana 2011-2012, La comunità educativa

Dicembre 2011


ART. 47 La comunità educativa ed i laici associati al nostro lavoro


Realizziamo nelle nostre opere la comunità educativa e pastorale. Essa coinvolge, in clima di famiglia, giovani e adulti, genitori ed educatori, fino a poter diventare un’esperienza di Chiesa, rivelatrice del disegno di Dio.

In questa comunità i laici, associati al nostro lavoro, portano il contributo originale della loro esperienza e del loro modello di vita.

Accogliamo e suscitiamo la loro collaborazione e offriamo la possibilità di conoscere e approfondire lo spirito salesiano e la pratica del Sistema Preventivo.

Favoriamo la crescita spirituale di ognuno e proponiamo, a chi vi sia chiamato, di condividere più strettamente la nostra missione nella famiglia salesiana.


L’articolo mette in evidenza sin dalle prime battute che il salesiano si caratterizza per le relazioni che è chiamato ad instaurare. E’ un movimento vitale, che si allarga e coinvolge in un dinamismo che va dall’interiorità personale alla visibilità pastorale, dalla comunità religiosa alla comunità educativo pastorale. Infatti la passione per Gesù e per la salvezza delle anime non può mai essere assunta e intesa come esclusivo impegno personale, ma è segnata fin dalle sue origini da una grazia comunionale che ci consacra ed invia ai giovani in comunità, e che impronta tutto il nostro essere ed operare. “La nostra vita di discepoli del Signore è una grazia del Padre che ci consacra […]. La missione apostolica, la comunità fraterna e la pratica dei consigli evangelici sono gli elementi inseparabili della nostra consacrazione, vissuti in un unico movimento di carità verso Dio e verso i fratelli”.1


Questa grazia di unità viene ora fotografata nella sua dimensione di frutto pastorale.

Realizzare la comunità educativo pastorale, chiede in primo luogo ai salesiani di riconoscere il fatto che la missione non ci appartiene come singoli, ma è sempre un manifestare quella carità del Buon Pastore, che annuncia il Padre e ci salva coinvolgendoci nel suo progetto d’amore, edificando la comunità ecclesiale nel segno della comunione.


Nell’esperienza di don Bosco si ravvisa questa inclinazione a cercare ed a formarsi collaboratori laici ed ecclesiastici, giovani e adulti, che fossero capaci di assumere il suo stesso impegno della missione giovanile. Ai laici cooperatori raccomandava: “Bisogna unirci tra noi e tutti con la Congregazione. Uniamoci dunque con il mirare allo stesso fine e con l’usare gli stessi mezzi per conseguirlo. Uniamoci come una sola famiglia con i vincoli della fraterna carità”.2 Anche il CG 24 dedica alcune righe a descrivere il processo che, riconosciuto nella prassi del fondatore, va dalla comunità SDB alla CEP. “Don Bosco è stato condotto dal Signore a fondare una comunità di consacrati perché fosse lievito per la molteplicità dei servizi, animazione spirituale per quanti si dedicano all’educazione, garanzia di continuità nella missione ai giovani. Ma fin dagli inizi Don Bosco ha coinvolto dei laici che hanno contribuito alla definizione del progetto, arricchito l’efficacia educativa, diffuso il carisma. E’ nata così quella che oggi noi chiamiamo la CEP. Di essa la comunità dei consacrati è nucleo animatore”.3 La testimonianza di una progettualità condivisa ed attuata in sinergia nello spirito del Vangelo è inoltre una forma efficace di annuncio. Solo una comunità unita ed evangelizzata è credibile ed evangelizza.4 La comunità educativa è così chiamata ad un continuo cammino che la rende sempre più autentica esperienza di Chiesa. E come la Chiesa è la famiglia dei figli di Dio, animata dallo Spirito, così la comunità educativa, più che per l’organizzazione e la ripartizione dei ruoli – che non possono mancare - vive e si caratterizza per il clima di famiglia.


Accoglienza e conoscenza, dialogo, reciproca accettazione e collaborazione, preghiera e formazione, riflessione e progettazione, verifica degli obiettivi. Tutto vissuto nel segno della semplicità e bontà familiare. Non per un generico star bene insieme che rischia di chiudersi e morire in sterili discussioni di corto respiro, o in pseudo priorità “interessate” di pochi o di qualche rappresentante di gruppi e/o associazioni che siedono al tavolo di progettazione. Occorre uno sguardo globale e sintetico nella specificità della missione giovanile di cui i Salesiani in forza della loro consacrazione devono esserne i custodi e garanti. “Il progetto esige una certa pianificazione pastorale, specificazione di obiettivi, tempi di revisione e valutazione; un insieme di intelligenti preoccupazioni pastorali che riuniscano i membri della comunità a riflettere insieme e apostolicamente su ciò che si deve fare in ogni luogo e situazione”.5


Tutti gli interessati al fatto educativo e pastorale “giovani e adulti, genitori ed educatori” devono essere coinvolti per unire le forze ed elaborare insieme il progetto comune a favore della gioventù, portando ciascuno la ricchezza che gli è propria. La diversità di competenze e un buon numero di persone assicurano anche una analisi più attenta ed aderente ai bisogni dell’ambiente e del contesto giovanile in cui si opera. Già don Bosco era cosciente di questa necessità: “unire le forze dei buoni per giovarsi vicendevolmente nel fare il bene”.6 Il progetto è importante, ma questo deve mordere sulle reali domande di senso che attraversano i giovani, domande talvolta inespresse, ma che vanno suscitate ed educate alla scuola del Vangelo.


Tutto ciò esige di riconoscere, approfondire e sviluppare insieme la coscienza della missione comune, la corresponsabilità di tutti coloro che fanno parte della CEP favorendo le competenze e le doti dei singoli e la condivisione delle esperienze. “ Il coinvolgimento pieno e responsabile dei laici nella missione della Chiesa e della Congregazione fa crescere la corresponsabilità. […] Si tratta di creare o d’intensificare un rapporto nuovo tra gli SDB e i laici, rispettoso dell’identità e della funzione propria di ognuno, senza confusione di ruoli. La corresponsabilità […] si manifesta soprattutto nella CEP e nei suoi organismi di governo e di animazione”.7 I laici sono dunque preziosi ed indispensabili nella comunità educativa, perché lo sono per la Chiesa8 e quindi anche per la vita consacrata. “Uno dei frutti della dottrina della Chiesa come comunione, in questi anni, è stata la presa di coscienza che le sue varie componenti possono e devono unire le loro forze, in atteggiamento di collaborazione e di scambio di doni, per partecipare più efficacemente alla missione ecclesiale. […] I rapporti con i laici, […] per gli istituti impegnati sul versante dell’apostolato si traducono anche in forme di collaborazione pastorale”.9 “La partecipazione dei laici, non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone un’interpretazione più spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici. In qualunque ministero siano impegnate, le persone consacrate ricorderanno, pertanto, di dover essere innanzi tutto guide esperte di vita spirituale […]. A loro volta i laici offrano alle famiglie religiose il prezioso contributo della loro secolarità e del loro specifico servizio”.10


Il ruolo dei Salesiani di don Bosco non si esaurisce però nella convocazione e nel coivolgimento. La comunità salesiana è “nucleo animatore”11 della comunità educativa.

Occorre dunque formare e formarsi insieme in un quadro di riferimento carismatico comune. L’articolo costituzionale raccomanda infatti di far “conoscere e approfondire lo spirito salesiano e la pratica del sistema preventivo”. Senza questa trasmissione carismatica la CEP corre il rischio di perseguire progetti e finalità che - pur con le migliori intenzioni - non sono riconoscibili, se non in forma molto sbiadita, come appartenenti alla vera spiritualità salesiana. Quest’ultima sottolineatura chiede anche agli SDB di essere disponibili a favorire la crescita spirituale di tutti e di ciascuno.


L’attenzione al cammino personale di ogni giovane o educatore che offre tempo e doti partecipando attivamente alla comunità educativa è per noi salesiani un impegno ineludibile e vera garanzia di comunione e di futuro. Questa attenzione si estende naturalmente per noi salesiani al campo vocazionale convinti che nella realizzazione della propria vocazione risiede la pienezza della vita in Cristo. Il nostro Rettor Maggiore ci offre a questo riguardo un suggerimento per aiutarci a sviluppare una cultura vocazionale.

Fare della comunità educativo-pastorale un ambiente di famiglia con testimoni vocazionali significativi. I giovani vivono in un ambiente massificato, nel quale non si sentono né riconosciuti né accolti; essi devono meritarsi e conquistarsi tutto, cosicché i più deboli o i meno preparati restano emarginati e dimenticati. […] Nell’ambiente di famiglia tipicamente salesiano il giovane si sente accolto e apprezzato gratuitamente; sperimenta rapporti di fiducia con adulti significativi; si sente coinvolto nella vita di gruppo; sviluppa protagonismo e responsabilità; impara a costruire la comunità educativa ed a sentirsi corresponsabile del bene comune; trova momenti di riflessione, di dialogo e di sereno confronto. Questo è l’ambiente migliore per lo sviluppo di una cultura vocazionale”.12


Spunti per la riflessione:

  • La comunità Salesiana sa coinvolgere nella CEP giovani e adulti, genitori ed educatori in un clima di famiglia?

  • Viviamo una sostanziale corresponsabilità nel rispetto dei ruoli dei singoli?

  • Oltre al calendario degli impegni e la divisione dei compiti c’è un percorso comune di preghiera e formazione? Si conosce e approfondisce il sistema preventivo?

  • Siamo accompagnatori attenti e sensibili alla crescita spirituale personale dei laici nostri collaboratori? Proponiamo a coloro che mostrano di possederne “lo spirito”di far parte della Famiglia Salesiana?



Preghiera


O Dio nostro Padre,

suscita nelle nostre comunità

cristiani laici competenti e generosi.

Il tuo Spirito li ispiri e li guidi nel compito

di educare con noi i giovani

e di far avanzare il Tuo Regno nei loro cuori.


Aiuta i genitori a prendere viva coscienza

Della loro responsabilità di primi

educatori dei loro figli.

La fede e la carità ispirino le nostre relazioni,

perché insieme possiamo realizzare

una vera esperienza di Chiesa.

Per Gesù Cristo nostro Signore.

Amen.

1 Cost. 3

2 BS, gennaio 1878

3 CG 24, n. 155

4 Cf. CG 21, 62

5 E. Vigano, L’Interiorità Apostolica, Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1995, 94

6 G. Bosco, Regolamento dei cooperatori Salesiani 1876, I

7 CG 24, n. 117

8 Cf. GS, 33

9 VC, 54

10 Ibi, 55

11 Reg. 5 e CG 24, 159

12 P. Chàvez Villanueva, Venite e vedrete, Strenna 2011, 24

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