Da Don Bosco Educatore|Un giorno di festa all’oratorio di S. Francesco di Sales

Un giorno di festa all’oratorio di S. Francesco di Sales 

 

   FESTA ALL’ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES. – È stata la domenica ora scorsa un giorno di solenne e lietissima festa pei buoni giovanetti dell’Oratorio di S. Francesco di Sales. Orazio, il quale aveva insegnato, che omne tulit punctum qui miscuit utile dulci, non si sarebbe pensato, che il cristianesimo avrebbe suscitato di tali uomini, i qualiper segreto e soave impulso della divina grazia, o, come altri direbbe, per felicità di natura, avrebbero in ogni atto largamente applicato quella sua massima, non per guadagnarsi gli applausi, ma per avviare turbe di gente sulla strada del cielo. E uno di cotali uomini è appunto l’egregio e benemerito sacerrdote D. Bosco. Del che han potuto averne una prova quelli che ieri furono all’oratorio. Si celebrava la festa del Santo titolare di quella chiesa, e tutta la giornata fu così saviamente distribuita ed avvicendata in cose dilettevoli e sante, che essa passò tutta intiera come un momento a quella moltitudine di giovanetti. Vi fu sul mattino una comunione generale, alla quale si accostarono più di quattrocento fanciulli radianti nel volto per santo gaudio. Vi fu quindi messa solenne, stata cantata dal professore Ramello, che con amore e con gioia da circa un anno aiuta D. Bosco nella santa opera affidatagli dalla Divina Provvidenza. La musica dell’orchestra era composta tutta di quei giovanetti, parte studenti, parte artisti, buoni in generale, alcuni ottimi. Chiunque conosca l’indole irrequieta e mobilissima dei fanciulli, avrebbe agevolmente fatto le meraviglie, che regnasse in quella stipata chiesa tanto raccoglimento, e tanta divozione, e cioè senza gran numero d’assistenti. Pure è così, basta a contenerla nel dovere la virtuale presenza del caro lor Direttore. Il dopopranzo fu rallegrato da belle e svariate sinfonie di quella banda, e reso incantevole da’ lieti ed onesti sollazzi di tutta quella vivacissima turba. Dopo il vespro ebbe luogo il battesimo d’un moro adulto, solennemente amministrato dall’Ill.mo e Rev.mo Monsig. Balma, stando a patrini il conte e la contessa di Clavesana, ai quali il suddetto moro va debitore della doppia sua redenzione temporale e spirituale. Compiuto il santo rito, Monsignore, salito all’altare, pronunziò non istudiate, ma commoventi paroelin proposito, le quali furono con frutto e religiosamente ascoltate dall’affollata udienza.

   Terminate così le funzioni religiose colla benedizione del SS. Sacramento, si passò alla distribuzione dei premii, presieduta pur essa dall’esimio Prelato. I premiandi erano parte studenti e parte artisti, né furono i superiori, che quelli aggiudicarono, ma il libero e coscienzioso voto dei compagni. La solita banda rallegrava gli intermezzi. — Fu chiusa la distribuzione con un canto popolare intitolato: Pianto dei Romani per la partenza di Pio VII, egregiamente eseguito dal giovane Tomatis Carlo con un coro di più di venti voci.

   Dovette allora Monsignore privare di sua presenza quella cara gioventù da lui benedetta, ma certo porterà con sé lungamente tenera ricordanza di sì devota e lieta funzione, come resteranno incancellabili nel cuore di que’ giovani e le savie sue parola e i paterni suoi modi.

   Restava ancora la rappresentazione d’un dramma intitolato: Baldini, bellissimo soggetto morale ed educativo. Si tratta d’un nobile cuore, che, trascinato dai cattivi consigli d’un compagno sulla via del delitto, giunge fino al segno di farsi capobanda di briganti. Ma la memoria di sua madre opportunamente rinverditagli, lo richiam all’onore ed alla virtù. La capace e lunga sala, che serve di studio, illuminata a gasse, fu prestamente convertita in teatro. I giovani attori si fecero tutti onore, ma sovratutti si guadagnò la simpatia e gli applausi il signor Fumero, stato allievo della casa. Finito il dramma, e rialzato di nuovo il sipario, si vide sulla scena un’urna e un giovane, che andava a depositarvi sopra una ghirlanda di fiori. Quando a poco a poco esce dietro dell’urna un’ombra biancovestita e con in mano una fiaccola, che con bellissimo e funereo canto prese a rimproverare al giovane suo figlio la vanità de’ suoi giacinti, e la sterilità delle sue lagrime. Era l’ombra di Vinciguerra, e l’esecutore il già lodato Tomatis, pittore.

   In cotal modo miscendo utile dulci, con grandissimo senno e con paterno amore l’esimio e reverendo D. Bosco seppe in un giorno solo santificare e rallegrare tanta gioventù, che egli ama come suoi figli, e cui essi amano come lor padre.