Sogno missionario 2 1883

Secondo sogno missionario di Don Bosco (1883, Settembre 4) MB 16,385-398(cap XIII)


Don Bosco raccontò questo sogno il 4 settembre nella seduta antemeridiana del Capitolo Generale. Don Lemoyne lo mise subito in carta e il Servo di Dio rivide da capo a fondo lo scritto, aggiungendo e modificando. Noi stamperemo in corsivo le parti che nell'originale rivelano la mano del Santo; chiuderemo invece fra parentesi quadre alcuni tratti, che Don Lemoyne introdusse posteriormente a mo' di chiose, mercè ulteriori spiegazioni dategli da Don Bosco. Era la notte che precedeva la festa di S. Rosa di Lima [30 agosto] ed io ho fatto un sogno.Mi accorgeva di dormire e nello stesso tempo mi sembrava di correre molto, a segno che mi sentiva stanco di correre, di parlare, di scrivere e di faticare nel disimpegno delle altre mie solite occupazioni. Mentre pensava se il mio fosse un sogno ovvero realtà, mi parve di entrare in una sala di trattenimento dove erano molte persone che stavano parlando di cose diverse.

Un lungo discorso si aggirò intorno alla moltitudine dei selvaggi che nell'Australia, nelle Indie, nella China,

nell'Africa e più particolarmente nell'America, in numero sterminato sono tuttora sepolti nell'ombra di morte.

- L'Europa, disse con serietà un ragionatore, la cristiana Europa, la grande maestra di civiltà e di Cattolicismo

pare sia venuta apatica per le missioni estere. Pochi sono quelli che sono abbastanza arditi di affrontare lunghe

navigazioni e sconosciuti paesi per salvare le anime di milioni di uomini che pur furono redente dal Figlio di Dio, da Cristo Gesù. Disse un altro: - Che quantità di idolatri vivono infelici fuori della Chiesa e lontani dalla conoscenza del Vangelo nella sola America! Gli uomini si pensano (ed i geografi s'ingannano) che le Cordigliere d'America siano come un muro che divide quella gran parte del mondo. Non è così. Quelle lunghissime catene di alte montagne fanno molti seni di mille e più chilometri in sola lunghezza. In essi vi sono selve non mai visitate, vi sono piante, animati, e poi si trovano pietre di cui colà si scarseggia. Carbon fossile, petrolio, piombo, rame, ferro argento ed oro stanno nascosti in quelle montagne, nei siti dove furono

collocati dalla mano onnipotente del Creatore a benefizio degli uomini. 0 Cordigliere, Cordigliere, quanto mai è ricco il vostro oriente! In quel momento mi sentii preso da vivo desiderio di chiedere spiegazioni di più cose e di interrogare chi fossero quelle persone colà raccolte e in quale luogo io mi trovassi. Ma dissi fra me: - Prima di parlare bisogna che osservi qual gente sia questa! - E volsi curiosamente lo sguardo attorno. Se non che tutti quei personaggi mi erano sconosciuti.


Essi intanto, come se in quel momento soltanto mi avessero veduto, mi invitarono a farmi innanzi e mi accolsero con bontà. Io chiesi allora: - Ditemi, di grazia! Siamo a Torino, a Londra, a Madrid, a Parigi? Ove siamo? E voi chi siete? Con chi ho il piacere di parlare? Ma tutti quei personaggi rispondevano vagamente sempre discorrendo delle missioni. In quel mentre si avvicinò a me un giovane in sui sedici anni, amabile per sovrumana bellezza e tutto raggiante di viva luce più chiara di quella del sole. Il suo vestito era intessuto con celestiale ricchezza e il suo capo era cinto di un berretto a foggia di corona, tempestato di brillantissime pietre preziose. Fissandomi con sguardo benevolo, mi dimostrava un interesse speciale. Il suo sorriso esprimeva un affetto di irresistibile attraenza. Mi chiamò per nome, mi prese per mano ed incominciò a parlarmi della Congregazione Salesiana.

Io ero incantato al suono di quella voce.

Ad un certo punto l'interruppi: - Con chi ho l'onore di parlare? Favoritemi il vostro nome?

E quel giovane: - Non dubitate! Parlate pure con piena confidenza, che siete con un amico.

Ma il vostro nome?

Ve lo direi il mio nome, se ciò facesse di bisogno; ma non occorre, poichè mi dovete conoscere.

- Così dicendo sorrideva.

Fissai meglio quella fisionomia cinta di luce. Oh quanto era bella! E riconobbi allora in lui il figlio del Conte Fiorito Colle di Tolone, insigne benefattore della nostra Casa e specialmente delle nostre Missioni Americane. Questo giovinetto era morto poco tempo prima.

- Oh! voi? dissi io chiamandolo per nome. Luigi! E tutti costoro chi sono?

- Sono amici dei vostri Salesiani, ed io come amico vostro e dei Salesiani, a nome di Dio, vorrei darvi un po' di

lavoro.

- Vediamo di che si tratta. Quale è questo lavoro?

- Mettetevi qui a questa tavola e poi tirate giù questa corda.

In mezzo a quella gran sala vi era un tavolo, sul quale stava aggomitolata una corda, e questa corda vidi che era

segnata come il metro, con linee e numeri. Più tardi mi accorsi eziandio come quella sala fosse posta nell'America del Sud, proprio sulla linea dell' e come i numeri stampati sulla corda corrispondessero ai gradi geografici di latitudine.

Io presi adunque l'estremità di quella corda, la guardai e vidi che sul principio aveva segnato il numero zero.

lo rideva.

E quell'angelico giovinetto: - Non è tempo di ridere, mi disse. Osservate! che cosa sta scritto sopra la corda?

Numero zero.

Tirate un poco I.

Tirai alquanto la corda, ed ecco il numero “I”.

- Tirate ancora e fate un gran rotolo di quella corda.

Tirai e venne fuori il numero 2, 3, 4, fino al 20.

- Basta? dissi io.

- No; più in su; più in sul Andate finchè troverete un nodo! rispose quel giovanetto.

Tirai fino al numero 47, dove trovai un grosso nodo. Da questo punto la corda continuava ancora ma divisa in tante cordicelle che si sparpagliavano ad oriente, ad occidente, a mezzodì.

- Basta? replicai.

- Che numero è? interrogò quel giovane. È il numero 47. 47 Più 3 quanto fa? 50! E più 5? 55! Notate;

cinquantacinque.

E poi mi disse: - Tirate ancora.

- Sono alla fine! io risposi.

- Ora dunque voltatevi indietro e tirate la corda dall'altra parte. Tirai la fune dalla parte opposta, fino al numero I0.

Quel giovane replicò: - Tirate ancora!

- C'è più niente !

- Come! C'è più niente? Osservate ancora! Che cosa c'è?

- C'è dell'acqua, risposi.

Infatti in quell'istante si operava in me un fenomeno straordinario, quale non è possibile descrivere. Io mi trovava in quella stanza, tirava quella corda e nello stesso tempo svolgevasi sotto i miei occhi come un panorama di un paese immenso, che io dominava quasi a volo d'uccello e che stendevasi collo stendersi della corda. Dal primo zero al numero 55 era una terra sterminata che dopo uno stretto di mare, in fondo frastagliavasi in cento isole di cui una assai maggiore delle altre. A queste isole pareva alludessero le cordicelle sparpagliate che partivano dal gran nodo. Ogni cordicella faceva capo ad un'isola. Alcune di queste erano abitate da indigeni abbastanza numerosi; altre sterili, nude, rocciose, disabitate; altre tutte coperte di neve e ghiaccio. Ad occidente gruppi numerosi di isole, abitate da molti selvaggi.

[Pare che il nodo posto sul numero o grado 47 figurasse il luogo di partenza, il centro Salesiano, la missione

principale donde i missionarii nostri si diramavano alle ìsole Malvine, alla Terra del fuoco e alle altre isole di quei paesi dell'America].

Dalla parte opposta poi, cioè dallo zero al io continuava la stessa terra e finiva in quell'acqua da me vista per l'ultima cosa. Mi Parve essere quell'acqua il mare delle Antille, che vedeva allora in un modo così sorprendente, da non essere possibile che io spieghi a parole quel modo di vedere.

Or dunque avendo io risposto: - C'è dell'acqua! - quel giovanetto rispose: - Ora mettete insieme 55 più io. A che

cosa è eguale? Ed io: - Somma 65.

- Ora mettete tutto insieme e ne farete una corda sola.

- E poi?

- Da questa parte che cosa c'è? sul panorama.

- All'occidente vedo altissime montagne, e all'oriente c'è il mare!

[Noto qui che allora io vedeva in compendio, come in miniatura tutto ciò che poi vidi, come dirò, nella sua reale

grandezza ed estensione, e i gradi segnati dalla corda corrispondenti con esattezza ai gradi geografici di latituine, furon quelli che mi permisero dì ritenere a memoria per varii anni i successivi punti che visitai viaggiando nella seconda parte di questo stesso sogno].

Il giovane mio amico proseguiva: - Or bene: queste montagne sono come una sponda, un confine. Fin qui, fin là è la messe offerta ai Salesiani. Sono migliaia e milioni di abitanti che attendono il vostro aiuto, attendono la fede.

Queste montagne erano le Cordigliere dell'America del Sud e quel mare l'Oceano Atlantico.

- E come fare? io ripresi; come riusciremo a condurre tanti popoli all'ovile di Gesù Cristo?

- Come fare? Guardate!

Ed ecco giungere Don Lago (I) il quale portava un canestro di fichi piccoli e verdi: e mi disse: - Prenda, Don Bosco!

- Che cosa mi porti? risposi io guardando ciò che conteneva il canestro.

- Mi hanno detto di portarli a lei.

- Ma questi fichi non sono buoni da mangiare; non sono maturi.

Allora il mio giovane amico prese quel canestro, che era molto largo, ma aveva poco fondo e me lo presentava,

dicendo: - Ecco il regalo che vi fo!

- E che cosa debbo fare di questi fichi?

- E mi accennava un punto (I) Don Angelo Lago segretario particolare di Don Rua, morto in concetto di santità nel 1914

- Questi fichi sono immaturi, ma appartengono al gran fico della vita. E voi cercate il modo di farli maturare.

- E come? Se fossero più grossi!... potrebbero farsi maturare colla paglia, come si usa cogli altri frutti; ma così

piccoli... così verdi... È cosa impossibile.

Anzi sappiate che per farli maturare, bisogna che facciate in modo che tutti questi fichi siano di nuovo attaccati

alla pianta.

Cosa incredibile! E come fare?

Guardate! - E prese uno di quei fichi e lo mise a bagno in un vasetto di sangue; poscia lo immerse in un altro

vasetto pieno di acqua, e disse: - Col sudore e col sangue i selvaggi ritorneranno ad essere attaccati alla pianta e ad essere gradevoli al padrone della vita.

Io pensava: Ma per ciò conseguire ci vuol tempo. E quindi ad alta voce esclamai: - Io non so più che cosa

rispondere. Ma quel caro giovane, leggendo ne' miei pensieri, proseguì: Questo avvenimento sarà ottenuto prima che sia compiuta la seconda generazione.

- E quale sarà la seconda generazione?

- Questa presente non si conta. Sarà un'altra e poi un'altra.

Io parlava confuso, imbrogliato e quasi balbettando nell'ascoltare i magnifici destini che son preparati per la nostra Congregazione, e domandai: - Ma ognuna di queste generazioni quanti anni comprende?

- Sessanta anni!

- E dopo?

- Volete vedere quello che sarà? Venite!

E senza saper come, mi trovai ad una stazione di ferrovia. Quivi era radunata molta gente. Salimmo sul treno

Io domandai ove fossimo. Quel giovane rispose: - Notate bene! Guardate! Noi andiamo in viaggio lungo le

Cordigliere. Avete la strada aperta anche all'Oriente fino al mare. É un altro dono del Signore.

- E a Boston, dove ci attendono, quando andremo?

- Ogni cosa a suo tempo. - Così dicendo trasse fuori una carta ove in grande era rilevata la diocesi di Cartagena. [Era questo il punto di partenza].

Mentre io guardava quella carta, la macchina mandò il fischio e il treno si mise in moto. Viaggiando, il mio amico parlava molto, ma io per il rumore del convoglio non poteva capirlo interamente. Tuttavia imparai cose bellissime e nuove sull'astronomia, sulla nautica, sulla meteorologia, sulla mineralogia, sulla fauna, sulla flora, sulla topografia di quelle contrade, che esso spiegavami con meravigliosa precisione. Condiva frattanto le sue parole con una contegnosa e nello stesso tempo con una tenera famigliarità, che dimostrava quanto mi amasse. Fin dal principio mi aveva preso per mano e mi tenne sempre così affettuosamente stretto fino alla fine del sogno. Io portava talora l'altra mia mano libera sulla sua, ma questa sembrava sfuggire di sotto alla mia quasi svaporasse e la mia sinistra stringeva solamente la mia destra. Il giovinetto sorrideva al mio inutile tentativo.

Io frattanto guardava dai finestrini del carrozzone e mi vedeva sfuggire innanzi svariate, ma stupende regioni.

Boschi, montagne, pianure, fiumi lunghissimi e maestosi che io non credeva così grandi in regioni tanto distanti dalle foci. Per più di mille miglia abbiamo costeggiato il lembo di una foresta vergine, oggi giorno ancora inesplorata. Il mio sguardo acquistava una potenza visiva meravigliosa. Non aveva ostacoli per spingersi su quelle regioni. Non so spiegare come accadesse nei miei occhi questo sorprendente fenomeno. Io era come chi, sovra una collina, vedendo distesa ai suoi piedi una grande regione, se pone innanzi agli occhi a piccola distanza un listello anche stretto di carta, più nulla vede o ben poco: che se toglie quel listello o solo lo alza o abbassa alquanto, ecco che la sua vista può estendersi fino allo estremo orizzonte. Così successe a me per quella straordinaria intuizione acquisita; ma con questa differenza; di mano in mano che io fissavo un punto, e questo punto mi passava innanzi, era come un successivo alzarsi di singoli siparii ed io vedeva a sterminate incalcolabili distanze. Non solo vedea le Cordigliere eziandio quando ne era lontano, ma anche le catene di montagne, isolate in quei piani immensurabili, erano da me contemplate con ogni loro più piccolo accidente. [Quelle della Nuova Granata, di Venezuela, delle tre Guiane; quelle del Brasile, e della Bolivia, fino agli

ultimi confini].

Potei quindi verificare la giustezza di quelle frasi udite al principio del sogno nella gran sala posta sul grado zero. Io vedeva nelle viscere delle montagne e nelle profonde latebre delle pianure. Avea sott'occhio le ricchezze incomparabili di questi paesi che un giorno verranno scoperte. Vedeva miniere numerose di metalli preziosi, cave inesauribili di carbon fossile, depositi di petrolio così abbondanti quali mai finora si trovarono Li altri luoghi. Ma ciò non era tutto. Tra il grado 15 e il 20 vi era un seno assai largo e assai lungo che partiva da un punto ove formavasi un lago. Allora una voce disse ripetutamente: - Quando si verranno a scavare le minere nascoste in mezzo a questi monti, apparirà qui la terra promessa fluente latte e miele. Sarà una ricchezza inconcepibile. Ma ciò non era tutto. Quello che maggiormente mi sorprese fu il vedere in varii siti le Cordigliere che rientrando in se stesse formavano vallate, delle quali i presenti geografi neppur sospettano l'esistenza, immaginandosi che in quelle parti le falde delle montagne siano come una specie di muro diritto. In questi seni e in queste valli che talora si stendevano fino a mille chilometri, abitavano folte popolazioni non ancor venute a contatto cogli Europei, nazioni ancora pienamente sconosciute. Il convoglio intanto continuava a correre e va e va, e gira di qua e gira di là, finalmente si fermò Quivi discese una gran parte di viaggiatori, che passava sotto le Cordigliere, andando verso occidente.

[D. Bosco accennò la Bolivia. La stazione era forse La Paz ove una galleria aprendo passaggio al littorale del

Pacifico può mettere in comunicazione il Brasile con Lima per mezzo di un'altra linea di via ferrata].

Il treno di bel nuovo si rimise in moto, andando sempre avanti. Come nella prima parte del viaggio attraversavamo foreste, penetravamo in gallerie, passavamo sovra giganteschi viadotti, ci internavamo fra gole di montagne, costeggiavamo laghi e paludi su ponti, valicavamo fiumi larghi, correvamo in mezzo a praterie ed a pianure. Siamo passati sulle sponde dell'Uruguay. Mi pensava che fosse fiume di poco corso, ma invece è lunghissimo. In un punto vidi il fiume Paranà che si avvicinava all'Uruguay, come se andasse a portargli il tributo delle sue acque, ma invece dopo essere corso per un tratto quasi parallelamente, se ne allontanava facendo un largo gomito. Tutti e due questi fiumi erano larghissimi [Arguendo da questi pochi dati sembra che questa futura linea di ferrovia partendo da La - Paz, toccherà Santa - Cruz, passerà per l'unica apertura che è nei monti Cruz della Sierra ed è attraversata dal fiume Guapay; valicherà il fiume Parapiti nella provincia Chiquitos della Bolivia; taglierà l'estremo lembo nord della Repubblica del Paraguay; entrerà nella provincia di S. Paolo nel Brasile e di qui farà capo a Rio Janeiro. Da una stazione intermedia nella provincia di S. Paolo partirà forse la linea ferroviaria che passando tra il Rio Paranà e il Rio Uruguay congiungerà la capitale del Brasile colla Repubblica dell'Uruguay e colla Repubblica Argentina].

E il treno andava sempre in giù, e gira da una parte e gira da un'altra, dopo un lungo spazio di tempo si fermò la

seconda volta. Quivi molta altra gente scese dal convoglio e passava essa pure sotto le Cordigliere andando verso occidente. [Don Bosco indicò nella Repubblica Argentina la provincia di Mendoza. Quindi la stazione era forse Mendoza e quella galleria metteva a Santiago capitale della Repubblica del Chilì].

Il treno riprese la sua corsa attraverso le Pampas e la Patagonia. I campi coltivati e le case sparse qua e là indicavano che la civiltà prendeva possesso di quei deserti. Sul principio della Patagonia passammo una diramazione del Rio Colorado ovvero del Rio Chubut [o forse del Rio Negro?]. Non poteva vedere la sua corrente da qual parte andasse, se verso le Cordigliere ovvero verso l'Atlantico. Cercava di sciogliere questo mio problema, ma non poteva orizzontarmi. Finalmente giungemmo allo stretto di Magellano, Io guardava. Scendemmo. Aveva innanzi Punt'Arenas. Il suolo per varie miglia era tutto ingombro di depositi di carbon fossile, di tavole, di travi, di legna, di mucchi immensi di metallo, parte greggio, parte lavorato. Lunghe file di vagoni per mercanzie stavano sui binarii. Il mio amico mi accennò a tutte queste cose. Allora domandai: - E adesso che cosa vuoi dire con questo? Mi rispose: - Ciò che adesso è in progetto, un giorno sarà realtà. Questi selvaggi in futuro saranno così docili da venire essi stessi per ricevere istruzione, religione, civiltà e commercio. Ciò che altrove desta meraviglia, qui sarà tale meraviglia da superare quanto ora reca stupore in tutti gli altri popoli.

- Ho visto abbastanza, io conclusi; ora conducetemi a vedere i miei Salesiani in Patagonia.

Ritornammo alla stazione e risalimmo sul treno per ritornare. Dopo aver percorso un lunghissimo tratto di via, la

macchina si fermò innanzi ad un borgo considerevole. [Posto forse sul grado 47 ove sul principio del sogno aveva visto quel grosso nodo della corda]. Alla stazione non vi era alcuno ad aspettarmi. Discesi dal vapore e trovai subito i Salesiani. Ivi erano molte case con abitanti in gran numero; più chiese, scuole, varii ospizi di giovanetti e adulti, artigiani e coltivatori, ed un educatorio di figlie che si occupavano in svariati lavori domestici. I nostri missionarii guidavano insieme giovinetti ed adulti. Io andai in mezzo a loro. Erano molti, ma io non li conosceva e fra loro non vi era alcuno degli antichi miei figli. Tutti mi guardavano stupiti, come se fossi persona nuova, ed io diceva loro:

- Non mi conoscete? Non conoscete voi Don Bosco?

- Oh Don Bosco! Noi lo conosciamo di fama, ma l'abbiamo visto solamente nei ritratti! Di persona, no certo!

- E Don Fagnano, Don Costamagna, Don Lasagna, Don Milanesio, dove sono essi?

- Noi non li abbiamo conosciuti. Sono coloro che vennero qui una volta nei tempi passati: i primi Salesiani che

arrivarono in questi paesi dall'Europa. Ma oramai scorsero tanti anni (la che sono morti!

A questa risposta io pensavo meravigliato: - Ma questo è un sogno ovvero una realtà? - E batteva le mani una contro dell'altra, mi toccava le braccia, e mi scuoteva, mentre realmente udiva il suono delle mie mani e sentiva me stesso e mi persuadeva di non essere addormentato.

Questa visita fu cosa di un istante. Visto il meraviglioso progresso della Chiesa Cattolica, della nostra

Congregazione e della civiltà in quelle regioni, io ringraziava la Divina Provvidenza che si fosse degnata di servirsi di me come istrumento della sua gloria e della salute di tante anime. Il giovinetto Colle frattanto mi fece segno, che era tempo di ritornare indietro: quindi, salutati i miei Salesiani, ritornammo alla stazione, ove il convoglio era pronto per la partenza. Risalimmo, fischiò la macchina, e via verso il nord. Mi cagionò meraviglia una novità che mi cadde sotto gli occhi. Il territorio della Patagonia nella parte più vicina allo stretto di Magellano, tra le Cordigliere e il mare Atlantico, era meno largo di quello che si crede comunemente dai

geografi. Il treno avanzavasi nella sua corsa velocissima e mi parve che percorresse le provincie, che ora sono già civilizzate nella Repubblica Argentina. Procedendo entrammo in una foresta vergine, larghissima, lunghissima, interminabile. Ad un certo punto la macchina si fermò e sotto gli occhi nostri apparve un doloroso spettacolo. Una turba grandissima di selvaggi stava radunata in uno spazio sgombro in mezzo alla foresta. I loro volti erano deformi e schifosi; le loro persone vestite, come sembrava, di pelli d'animali cucite insieme. Circondavano un uomo legato che stava seduto sopra una pietra. Esso era molto grasso; perchè i selvaggi aveanlo fatto a bello studio ingrassare. Quel poveretto era stato fatto prigioniero e sembrava appartenesse ad una nazione straniera dalla maggiore regolarità dei suoi lineamenti. Le turbe dei selvaggi lo interrogavano ed esso rispondeva narrando le varie avventure, che gli erano occorse nei suoi viaggi. A un tratto un selvaggio si alza e brandendo un grosso ferro che non era spada, ma però molto affilato, si slancia sul prigioniero e con un colpo solo gli tronca il capo. Tutti i viaggiatori del convoglio stavano agli sportelli e alle finestrine dei vagoni attenti

e muti per l'orrore. Lo stesso Colle guardava e taceva. La vittima aveva mandato un grido straziante nell'atto che era colpita. Sul cadavere che giaceva in un lago di sangue si slanciarono allora quei cannibali e fattolo a pezzi, posero le carni ancora calde e palpitatiti sovra fuochi appositamente accesi e, fattele arrostire alquanto, così mezze crude le divorarono. Al grido di quel disgraziato la macchina si era messa in moto e a poco a poco riprese la sua vertiginosa velocità. Per lunghissime ore si avanzò sulle sponde di un fiume larghissimo. E ora il treno correva sulla sponda destra ed ora sulla sinistra di questo. Io non feci caso dal finestrino, su quali ponti facessimo questi frequenti tragitti. Intanto su quelle rive comparivano di tratto in tratto numerose tribù di selvaggi. Tutte le volte che vedevamo queste turbe il giovanetto Colle andava ripetendo: - Ecco la messe dei Salesiani! Ecco la messe dei Salesiani! Entrammo poscia in una regione piena di ani - inali feroci e di rettili velenosi, di forme strane ed orribili. Ne formicolavano le falde dei monti, i seni delle colline; i poggerelli da questi monti e da questi colli ombreggiati, le rive dei laghi, le sponde dei fiumi, le pianure, i declivi, le ripe. Gli uni sembravano cani che avessero le ali ed erano panciuti straordinariamente [gola, lussuria, superbia]. Gli altri erano rospi grossissimi che mangiavano rane. Si vedeano certi ripostigli pieni di animali, diversi di forma dai nostri. Queste tre specie d'animali erano mischiate insieme e grugnivano sordamente come se volessero mordersi. Si vedeano pure tigri, iene, leoni, ma di forma diversa dalle specie dell'Asia e dell'Africa. Il mio compagno mi rivolse eziandio qui la parola e, accennandomi quelle belve, esclamò:

- I Salesiani le mansueferanno.

Il treno intanto avvicinavasi al luogo della prima partenza e ne eravamo poco lontani. Il giovane Colle trasse allora fuori una carta topografica di una bellezza stupenda e mi disse:

- Volete vedere il viaggio che avete fatto? Le regioni da noi percorse?

- Volentieri! risposi io.

Esso allora spiegò quella carta nella quale era disegnata con esattezza meravigliosa tutta l'America del Sud. Di più ancora, ivi era rappresentato tutto ciò che fu, tutto ciò che è, tutto ciò che sarà in quelle regioni, ma senza confusione, anzi con una lucidezza tale che con un colpo d'occhio si vedea tutto. Io compresi subito ogni cosa, ma per la moltiplicità di quelle circostanze, simile chiarezza mi durò per brev'ora e adesso nella mia mente si è formata una piena confusione.Mentre io osservava quella carta aspettando che H giovanetto aggiungesse qualche spiegazione, essendo io tutto agitato per la sorpresa di ciò che avevo sott'occhi, mi sembrò che Quirino (i) suonasse l'Ave Maria dell'alba; ma, svegliatomi, mi accorsi che erano i tocchi delle campane della parrocchia di S. Benigno. Il sogno aveva durato tutta la notte. Don Bosco pose termine al suo racconto con queste parole: - Con la dolcezza di S. Francesco di Sales i Salesiani tireranno a Gesù Cristo le popolazioni dell'America. Sarà cosa difficilissima moralizzare i selvaggi; ma i loro figli obbediranno con tutta facilità alle parole dei Missionari e con essi si fonderanno colonie, la civiltà prenderà il posto della barbarie e così molti selvaggi verranno a far parte dell'ovile di Gesù Cristo. Quasi a conferma delle straordinarie previsioni, passati appena pochi giorni, da Costarica il Vescovo di S. José, monsignor Bernardo Augusto Thiel, dei Signori della Missione, scriveva una lettera a Don Bosco, chiedendo alcuni Missionari Salesiani. Orbene questa città si trova proprio sotto il grado io, menzionato nel sogno. Il Santo stesso, scrivendo al conte Colle l'II febbraio 1884 dirà: “ Il viaggio fatto col nostro caro Luigi i viene spiegando ogni giorno più. In questo momento sembra diventato il punto centrale degli affari. Molto si dice, si scrive, si pubblica per spiegare e attuare i nostri disegni ”. Sempre in relazione con il sogno sulla Patagonia, Don Lemoyne raccolse dalle labbra di Don Bosco queste parole:

-Quando si conosceranno le immense ricchezze che fanno preziosa la Patagonia, questo territorio avrà uno sviluppo di commercio straordinario. Nelle gole dei monti stan nascoste preziose miniere; nella catena delle Ande fra il grado 10° e il 200 vi sono miniere di piombo, di oro e di cose ancor più preziose dell'oro.

Perchè si abbia un'idea del valore di questo sogno, faremo alcuni rilievi più notevoli. Don Bosco ci offre un

complesso di dati positivi, dei quali egli non poteva aver avuto notizia nè da viaggiatori nè da geografi, non essendosi fatta esplorazione di sorta in quelle estreme latitudini nè a scopo turistico nè con finalità scientifiche. A questi elementi se ne aggiungono altri di natura profetica, riguardanti un avvenire più o meno remoto. Sorvolando su questi ultimi, ci limiteremo a quattro particolarità del primo genere; nel che ci soccorrono preziose informazioni favoriteci da Don De Agostini, il salesiano esploratore delle terre australi.

Sia anzitutto la descrizione che Don Bosco fa delle Cordigliere. Da tutti si pensava che esse fossero come un muro divisorio, cioè una catena omogenea, la quale si estendesse da Nord a Sud per più di 30 gradi di latitudine, un cordone unico insomma per elevazione e corso. Invece le esplorazioni e gli studi compiuti da alcuni decenni han dimostrato che le Ande, come osserva giustamente Don Bosco, si trovano sezionate da numerose e profonde depressioni in forma di seni, valli e conche lacustri, e suddivise in gruppi o nodi di catene,

le quali si volgono in opposte direzioni e si presentano affatto differenti fra loro per caratteri geologici e orografici, Siamo dunque agli antipodi della rappresentazione primitiva di una catena formante un'unità geografica. Nella descrizione di Don Bosco, che rappresenta la configurazione verticale delle Ande e gli accidenti modificanti la loro struttura orografica, si riscontra davvero un'impressionante esattezza. Neppure il più autorevole cultore di studi geografici avrebbe potuto in quel tempo lanciare un'affermazione tanto recisa e particolareggiata, com'egli fa; una sì chiara e precisa visione di quei luoghi è dovuta senza dubbio ad un potere che oltrepassa i limiti umani. Che allora s'ignorasse l'esistenza di tanti seni e valli estesissime, basta dare un'occhiata alle carte dell'epoca per esserne convinti. Nei canali patagonici, ad esempio, si erano pur fatte numerose spedizioni idrografiche, cominciando dai celebri viaggi delle navi inglesi Adventure e Reagle al comando di Parker King e di Vitz Roy fra il 1826 e il 1836 e venendo fino a quelli cileni di Simpson, Valverde, Rogera, Serrano dal 1874 al 1889; orbene, eccetto una piccola via seguita dai vapori di grande tonnellaggio, che da Potto Montt si recavano allo Stretto di Magellano attraverso un fitto labirinto di isole e di canali, quasi tutta la costa esterna ad occidente della Cordigliera patagonica era avvolta nel più profondo mistero. Un fatto strabiliante lo conferma. Il seno Baker, il più grande e il più esteso dei fiordi patagonici, le cui diramazioni continentali in profonde depressioni, valli e conche lacustri spezzano per più di quattrocento chilometri

la Cordigliera patagonica fra i gradi 46 e 52 di latitudine Sud, non giunse a conoscenza del mondo se non nel 1898 dopo i viaggi di esplorazione compiuti dal celebre esploratore e geografo Giovanni Steffen, allorchè si erano iniziati rispettivamente dal Cile e dall'Argentina viaggi scientifici per determinare i confini della Cordigliera della Ande. In secondo luogo, Don Bosco descrive ferrovie fantastiche dove allora regnava deserto e solitudine. Oggi le reti ferroviarie nelle repubbliche del Centro e Sud – America hanno raggiunto uno sviluppo prodigioso e attraversano già in molte parti la Cordigliera andina. Alcune linee furono costruite lungo la catena delle Ande e non è lontano il giorno, in cui, avverandosi il sogno del nostro Santo, queste linee uniranno il Nord dell'America allo Stretto di Magellano, attraversando l'intera Patagonia. In terzo luogo Don Bosco asserisce che straricche miniere di carbon fossile, di petrolio, di piombo e di metalli anche preziosi stanno nascoste nelle viscere di quelle montagne, poste ivi dalla mano onnipotente del Creatore a beneficio degli uomini. Chi non sa come d'anno in anno si vengono scoprendo sempre nuovi depositi di minerali in tutta la zona cordiglierana e lungo la costa dell'Atlantico? Particolare importanza ebbe la scoperta del petrolio a Comodoro Rivadavia nel Chubut, avvenuta il 13 novembre 1907, mentre la Direzione generale delle miniere procedeva ad una perforazione in cerca di acqua potabile. Esistono al presente in Comodoro Rivadavia novecento pozzi petroliferi. Altre sorgenti di petrolio furono scoperte negli anni successivi presso i contrafforti subandini di Salta e Jujuy e lungo il Neuquen, per citare soltanto l'Argentina. Esplorazioni e sondaggi continuano tuttora da un capo all'altro della Patagonia, dove compaiono tracce manifeste della presenza di questo ricco minerale. Potenti falde petrolifere si son fatte affiorare anche nella Bolivia, nel Brasile, nella Colombia e nel Venezuela. Importanti giacimenti di carbon fossile si sono trovati sotto la Cordigliera presso Epuyen nel Chubut e a Punta - Arenas. Il piombo forma oggi nell'Argentina la produzione metallica più rilevante con una estrazione di diecimila tonnellate all'anno. Finalmente dell'arcipelago fueghino Don Bosco dice: “ Alcune di queste isole erano abitate da indigeni abbastanza numerosi; altre sterili, nude, rocciose, disabitate; altre tutte coperte di neve e di ghiaccio. Ad occidente, gruppi numerosi di isole, abitate da molti selvaggi ”. Chi ha letto il recente libro di Don De Agostini, ammira quanta verità risplenda in sì specificata descrizione. Sono proprio questi i tre aspetti del paesaggio fueghino: la zona pianeggiante e stepposa abitata dagli indigeni Ona; poi la zona cordiglierana

insulare coperta di nevi perpetue e di ghiacciai immensi; quindi i gruppi numerosi di isole verso occidente, sterili, nude, rocciose, dove vivono gli Indi Alacaluf e Vagan. Anche qui si è costretti a ripetere che tanta precisione non era umanamente possibile se non ad una persona che avesse veduto con i propri occhi quel paesaggio così caratteristico e di così arduo accesso. Crediamo che questo breve saggio sia sufficiente á far comprendere l'importanza del sogno; ulteriori sviluppi delle Missioni salesiane e di opere civili renderanno sempre più evidente le realtà del suo contenuto.