Lectio Biblica 2011-2012, La letizia del pastore


aprile 2012

LA LETIZIA DEL PASTORE


  1. INVOCAZIONE ALLO SPIRITO


Vieni, santo Spirito,

riempi i cuori di coloro che credono in te.

Tu che sei venuto un tempo per farci credenti,

vieni di nuovo per renderci beati.

Vieni, porta a termine ciò che in noi hai cominciato a realizzare.

Sei tu infatti a confermare, a consolidare, a perfezionare e a portare a pienezza.

Il Padre ci ha creati, il Figlio ci ha redenti, compi dunque la tua opera:

vieni a condurci all’intera verità,

al godimento del supremo bene, alla gioia delle gioie.

A una tale gioia ci conduca il Signore Gesù Cristo

che è la via, la verità e la vita. Amen.

Gualtiero di San Vittore (+ 1180)


  1. PAROLA


Filippesi 4, 4-9


Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!


  1. LETTURA


I versetti che immediatamente precedono il nostro brano riportano un’esortazione di Paolo a due donne della comunità, Evodia e Sintiche, perché vadano finalmente d’accordo ed esorta il suo fedele collaboratore, Evodia, ad aiutarle in quest’opera di riconciliazione. Se ricolleghiamo questo frammento a 1,27-2,4 là dove l’apostolo esorta la comunità a vivere nella concordia, ci vien da pensare che questi due testi facessero parte d’una diversa missiva, pur sempre indirizzata alla comunità di Filippi. Tuttavia sono stati inseriti in questa lettera per segnare una degna conclusione com’è nello stile epistolare dell’apostolo; sempre infatti conclude con esortazioni e saluti rituali.


v.4 Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Paolo riprende il motivo della gioia; è un tema che ritorna spesso nelle sue lettere) e, in questa ai Filippesi, in 3,1a: Per il resto, fratelli, siate lieti nel Signore. Ma dobbiamo notare una particolarità: mentre la gioia è normalmente legata a particolari situazioni (paradossalmente, persino alla prigionia dell'apo­stolo cfr. 1,18; 2,17-18); ora l'invito a gioire suona in termini generalissimi e particolarmente insistiti: Siate sempre gioiosi nel Signore. Lo ripeto: siate gioiosi. Quasi a dire che la gioia ha da essere un tratto distintivo del cristiano in ogni circostanza della vita.


E’ importante la precisazione: nel Signore: Cristo morto e risorto è lo spazio in cui i credenti vivono, agiscono e provano i sentimenti più veri; dunque, è nel mistero pasquale che possono trovare la vera gioia, ed è li che vi debbono attingere. Non è un ottimismo facile che sta alla base della gioia cristiana, ma la coscienza di essere uniti a Cri­sto e partecipi della sua vita. E siccome le vicissitudini dell'esistenza sono il luogo storico di questa intima e vitale comunione, ecco che i discepoli possono affrontare ogni tipo di prova senza cedere a de­pressioni o tristezze. Essi infatti sanno che la loro via crucis è par­tecipazione a quella del Signore; ma è una strada che sbocca nella luce del mattino di pasqua. È quindi ricca di significato positivo, quello di una vita che scaturisce pro­digiosamente dalla morte. Per questo vi si può cam­minare, sempre, con profonda gioia. Essa si rivela, in tal modo, non tanto un sentimento legato a circostanze più o meno favorevoli e gratificanti, ma una forza vitale che sorregge in qualunque situazione: è la potenza stessa della pasqua; ecco perché può coesistere con situazioni oggettive di difficoltà e sofferenze come quelle che stanno provando i filippesi.


v. 5 La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! La gioia interiore, suggerisce Paolo, genera oltre che fiducia e serenità nelle prove, anche atteggiamenti di bontà ossia di cordiale accoglienza della vita; ed è una bontà che si fa “amabile” tanto da diventare annuncio e testimonianza per tutti gli uomini. Già lo aveva sottolineato in 2,15: Perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo ad una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo (2,15). E la bontà affonda le sue radici proprio nella speranza, frutto della pasqua. E’ vero che Paolo interpreta la speranza in termini di prossimità cronologica: Il Signore è vicino. Si sa che egli condivide l'at­tesa della fine, a brevissima scadenza, propria del cri­stianesimo primitivo (cfr. 1Ts 4,15 e 1Cor 15,57). Ma anche se tale visione è stata, poco a poco, superata, l’appello di Paolo conserva tutto il suo valore, anche per noi: l'esistenza cristiana, aperta al futuro della venuta liberatrice di Cristo inaugurata dalla pasqua, deve essere vissuta all'insegna della vigilanza e del­l'operosa preparazione all'appuntamento decisivo con il Signore: Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro; voi infatti siete figli della luce e figli del giorno (…) Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri (…) rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza (cfr. 1Ts 5,1-11).


v. 6 Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. Da tutto questo consegue l’esortazione a non lasciarsi dominare da ansiose inquietudini. Il verbo angustiarsi è lo stesso di un famoso passo del discorso della montagna e si può pensare che il nostro testo alluda alla parola di Ge­sù di Nazareth: Perciò vi dico: non siate in ansia per la nostra vita... Non siate dunque in ansia dicen­do: che mangeremo? che berremo? di che ci vesti­remo? ... Non siate dunque in ansia per il domani (Mt 6,25.31.34): chi è in possesso della beatitudine sa cos’è essenziale e relativizza, perciò, tutto ciò che è marginale. Del resto, la seconda parte del versetto: ma in ogni circostanza presentate a Dio le vostre richie­ste pregandolo, supplicandolo e poi ringraziandolo lascia intravedere la ragione dell’atteggia­mento di fiducia appena suggerito: siamo nelle mani di Dio, pronto ad esaudirci e a far scaturire così dalle nostre labbra una preghiera di ringraziamento. Più che di un fideistico provvidenziali­smo, si tratta di una robusta e matura fede nel progetto salvifico divino sulla storia e nel Padre che ha cura dei suoi figli.


v. 7 E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. E’ una conferma della sua fede: Paolo infatti si fa garante per la comunità della pro­messa divina della pace, cioè della salvezza inte­sa come spazio in cui i credenti sono protetti in quanto uniti a Cristo (custodire menti e cuori ossia tutto ciò che pensate e ciò che provate dentro di voi; in altre parole “voi come persone”); ed è un dono che supera ogni capacità umana (intelligenza). Si tratta di una protezione che non esclude le contraddizioni e i dram­mi della storia, ma fa evitare la disperazione di chi li subisce senza alcuna speranza. Da non dimenticare che Paolo si rivolge di fatto a una co­munità perseguitata e in lotta e la sta esortando a battersi con fiducia.


vv 8-9 In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. Qui l’apostolo attinge agli elenchi della filosofia morale stoica, per proporre un insieme di beni etici collocati però nel contesto cristiano; di fatto subito arriva l’esortazione a tradurre in pratica ciò che hanno imparato, ricevuto, ascoltato e osservato in lui (imparare è un verbo che appartiene alla didaché mentre ricevere fa parte della traditio). Ciò sta a dire che tutti i valori autenticamente umani vanno riconosciuti, assunti e promossi ma sempre interpretati alla luce del messaggio cristiano e purificati dal dono di Grazia: questo è l’umanesimo cristiano.


(breve pausa di silenzio per rileggere personalmente il testo)


  1. COSTITUZIONI


Art 17d (Il salesiano) poiché annuncia la Buona Novella, è sempre lieto. Diffonde questa gioia e sa educare alla letizia della gioia cristiana e al senso della festa: “Serviamo il Signore in santa allegria”.


La radice profonda di questa gioia è il Vangelo del Signore, la “Buona Novella” di Gesù di cui il salesiano è annunciatore: In voi dimori la mia gioia (Gv 15,11); si tratta di una gioia piena e duratura: La gioia vostra sia piena... Nessuno ve la potrà togliere (Gv 16,22). Frutto dello Spirito, la gioia nasce dalla convinzione che Dio ci vuole bene, sempre e comunque. E’ uno stato d’animo interiore che, quando traspare all’esterno, diventa linguaggio e contagio assumendo la forma di “allegria”: “Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri” diceva Savio Domenico, ossia: l’irradiazione esterna della pienezza di vita che Dio comunica (santità) è l’allegria. Del resto era Don Bosco stesso che ripeteva spesso il celebre detto attribuito a san Francesco di Sales: “Un santo triste è un tristo santo!” E che all’Oratorio fosse un elemento vitale lo testimonia il fatto che, come intravedeva un ragazzo triste, subito Don Bosco si preoccupava della “salute della sua anima” ed interveniva con sollecitudine; convinto che la manifestazione esterna della gioia interiore fosse un test certo di una positiva relazione con Dio. Vivere la gioia e comunicare la gioia è un elemento così importante nella spiritualità e pedagogia salesiana, che don Ca­viglia lo riteneva l'undicesimo comanda­mento per il salesiano! Non si tratta di una forma alienante che fa vivere in una beata in­coscienza, ma di una vera santificazione della gioia di vivere. L'am­biente salesiano deve far percepire e sperimentare quel clima di gioia che apre i cuori all'ottimismo e alla fiducia, fa accettare con serenità le stesse dure esigenze della vita. Per questo il salesiano è chiamato non solo a vivere personalmente la gioia, ma a diventare un diffusore di gioia e un animatore della festa. Sapendo però, ed accettando, di doverne pagarne il prezzo: nel sogno-visione del pergolato di rose chi osserva il salesiano sempre lieto, entusiasta, ottimista, ha l'impressione di vedere uno che cammina sulle rose; ma le trafitture provocate dalle spine fanno capire che lo spirito salesiano trova in questo atteggiamento di “allegria” uno dei punti più impegna­tivi di ascesi: è una gioia che si alimenta al sacrificio, talvolta arduo, accolto col sorriso sulle labbra, con semplicità e disinvoltura, come cosa del tutto normale, senza atteggiamenti di vittima o di eroe. Nelle immancabili prove il salesiano ripete con Don Bosco: “Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto”.


  1. STIMOLI PER LA MEDITAZIONE


  • Sperimento la gioia come forza vitale che attingo dal quotidiano contatto con la pasqua del Signore celebrata nell’Eucaristia e, se necessario, ricuperata nel sacramento della Riconciliazione?

  • Questa “gioia essenziale” diventa “ottimismo salesiano”, quello che sa cogliere il positivo nelle persone, negli ambienti e nelle culture e lo valorizza per la costruzione del Regno di Dio?

  • Nella comunità religiosa e nell’ambiente educativo diffondo allegria?

  • Contagio i giovani con la gioia di vivere? Li educo ad aver fiducia in Dio soprattutto quando incontrano difficoltà e sofferenze?


(pausa di prolungato silenzio per la meditazione personale)



  1. CONDIVISIONE FRATERNA


  1. PREGHIERA


Ti preghiamo, o Padre,

perché, in mezzo alle difficoltà

della vita e della missione,

non perdiamo mai la speranza

che proviene dalla Pasqua del Tuo Figlio

ma ci lasciamo colmare dalla gioia dello Spirito.

Ti preghiamo, o Padre,

perché sappiamo cogliere

tutto ciò che di positivo esiste

nelle persone e nelle culture

e sappiamo costruire

ambienti carichi di vita e di allegria

che aprono vie alla santità giovanile.

Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

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