Don Bosco in Vaticano - S. Pietro


LA STATUA DI SAN GIOVANNI BOSCO NELLA BASILICA DI SAN PIETRO


[Bolletino Salesiano Marzo 1936]

Gruppo statuario.

Ora Don Bosco è là, nella nicchia d'onore, 33° tra i Santi Fondatori e Fondatrici di Ordini o Congregazioni Religiose, eternati nel marmo, a documentare l'inesauribile meravigliosa fecondità della Chiesa di Cristo, della «Madre dei Santi».

Il gruppo statuario del peso di 22 tonnellate, tutto in marmo Vittoria delle cave di Massa, della ditta Giorgini, occupa in pieno la nicchia alta m. 6,8o, lasciando sul capo del Santo il giusto margine.

Complimentatissimo lo scultore; S. E. Pietro Canonica, Accademico d'Italia.

La statua di D. Bosco misura da sola m. 4,80 di altezza e, sul piedestallo di m. 1,07, largo m. 2,40, domina con gesto fascinante indicando, come abbiamo detto, l'altare papale, ed avvolgendo in un'ampia carezza paterna le figure del ven. Domenico Savio e Zefirino Namuncurà, rappresentanti la gioventù dei nostri paesi e delle terre di missione.

« Don Bosco è somigliantissimo - ha scritto Giuseppe De Mori ne l'Avvenire d'Italia --. Già il volto del Santo è così personalmente plastico che si presta bene sia alla scultura che alla pittura. Esso tuttavia è mobilissimo a seconda degli atteggiamenti e delle età. Se vi fosse bisogno di una prova basterebbe scorrere le nuovissime pagine di iconografia di Don Bosco che i Salesiani hanno licenziato proprio in questi giorni in una lussuosa pubblicazione (1). Canonica ne ha colto una sintesi fedele che ne esprime con la fisionomia anche il carattere. Ed è riuscito a perfezione. Sentite la gente esclamare: Proprio lui! Come lo si vede in tutte le fotografie! Viceversa è tutt'altro che una fotografia; da essa ha tolto la fedeltà storica dei lineamenti e del carattere per fissarne nei secoli monumentalmente la grandezza spirituale, che gli meritò d'assurgere all'apoteosi di San Pietro in Vaticano proprio in quella che ben può dirsi la nicchia d'onore fra le tante riservate ai Santi Fondatori di Ordini religiosi ».

Trasparente « il carattere meditativo del Santo, la sua forza intellettuale, la sua antiveggenza di santo e d'apostolo. Ciò che sposato al sorriso paterno della sua forte bocca integra bene il suo carattere esuberante di carità e di amore ».

« Anche il gesto è parlante, spontaneo e nel contempo raccolto e austero. Con la mano sinistra tiene sotto la sua protezione due giovanetti che sono la personificazione storica e spirituale della sua missione. Più alto Domenico Savio, l'allievo prediletto, colui che presto lo seguirà nell'onore degli altari. Più piccolo il giovane patàgone Zeffirino Namuncurà, figlio del Gran Cacico, convertito con la sua tribù dal Cardinale Cagliero, che fu come adottato da Don Bosco e dai Salesiani per significare che il suo apostolato della gioventù non conosce limiti di continenti e pregiudizi di razze. Le anime non hanno colore e il sangue redento da Cristo con il suo Sangue è uno solo in tutti i secoli e in tutto il mondo. Colla destra S. Giovanni Bosco addita il Sepolcro venerato del Principe degli Apostoli e i due giovanetti pare pendano dal suo labbro per ascoltare perpetuata nel marmo quella professione di fedeltà al Pontificato Romano ch'è stata la divisa inviolata di Don Bosco. Magnifico atteggiamento, quindi logica composizione che, mentre risponde alla fedeltà storica, non isola la statua di Don Bosco nella sua nicchia, come un puro elemento decorativo, ma ne fa un elemento organico del tempio, legandolo al venerato santuario della cripta vaticana.

« L'insieme, poi, del gruppo statuario è condotto a linee essenziali con armonico equilibrio, direi quasi con musicale elevazione segnata come in un trigramma dal graduale elevarsi delle figure dell'Indio, di Savio e del Santo, fusi insieme nella squadrata monumentalità del Protagonista... ».

« ... Realtà e idealità s'integrano: soddisfano alla nostra esigenza umana di quasi contemporanei e ci aprono del Santo quasi una visione celeste. Ed è certo nell'ordine provvidenziale vedere la statua di Don Bosco alzarsi sopra quella di San Pietro, che fu il sublime ideale della sua romanità. Vederla stagliarsi sopra il medaglione musivo di Pio IX che fu il Papa della sua vita e del suo ideale. Vederla alzarsi sotto gli occhi di Pio XI che elevò la santità di Don Bosco ai supremi onori, dopo esserne stato il testimone negli albori della sua vita sacerdotale che doveva condurlo ai fastigi del Pontificato Romano ».

(Avv. d'Italia, 9-1-1936).

(1) V. Sac. Dott. FEDELE GIRAUDI, L'Oratorio di D. Bosco, S. E. I., L. 50.

Giovanni Cagliero.

Sogni fatti di notte, che rivelano cose oscure o future.
È difficile però distinguere tra le tre categorie. Una volta, non sappiamo quando, don Bosco sognò di trovarsi in San Pietro, dentro la grande nicchia che si apre sotto il cornicione a destra della navata centrale, perpendicolarmente alla statua bronzea di san Pietro e al medaglione in mosaico di Pio IX. Egli non sa capacitarsi come sia capitato lassù. Vuole scendere. Chiama, grida, ma nessuno risponde. Finalmente, vinto dall'angoscia, si sveglia. Un sogno da cattiva digestione, si direbbe. Ma chi guarda quella nicchia di San Pietro in questo 1936 vi vede la grandiosa statua di don Bosco dello scultore Canonica. E allora si capisce che la cattiva digestione non c'entrava.


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Chi entra nella Basilica Vaticana può vedere in alto, nell’ultima nicchia a destra della navata centrale, una grande statua di san Giovanni Bosco, ritratto nel gesto di indicare l’altare e la tomba di Pietro. Accanto a lui stanno due giovani, uno dalle fattezze europee, e l’altro con i tipici tratti somatici della gente sudamericana. È evidente il riferimento ai due giovani santi: Domenico Savio e Zeffirino Namuncurá. Rimane così, fissato nel marmo e nel cuore della cristianità, l’esempio della santità giovanile, e insieme rimane fissata la perenne validità delle intuizioni pedagogiche di Don Bosco. In un secolo e mezzo, in Patagonia, come in Italia e in tante altre parti del mondo, il sistema preventivo ha formato eroi e santi”. (Enrico dal Covolo)




PIETRO CANONICA

Scultore, musicista e pittore


In una dichiarazione autobiografica rilasciata nel febbraio del 1908, lo scultore Pietro Canonica confessava: “…Fin da bambino, io mi sentivo attratto verso tutto ciò che era bello, ed ogni manifestazione d’arte era per me un incanto….disertavo i banchi della scuola, per correre ad ammirare un tramonto sulle rive del Po od il verde dei colli torinesi…”


Sono parole semplici che a ben vedere contengono in sintesi tutta la poetica di questo artista piemontese, nato a Moncalieri nel 1869 e morto a Roma nel 1959.


Nel suo breve discorso autobiografico, infatti, Natura ed Arte si compenetrano fino a confondersi semanticamente l’una con l’altra. Una sorta d’involontario manifesto poetico che trapela attraverso i ricordi e le parole della memoria.


Quello stesso amore giovanile per la Natura ed il Vero, filtrato attraverso una visione artistica idealizzante e un’attenta indagine psicologica, sarà sempre al centro della lunga carriera di Pietro Canonica, artista fedele alla tradizione anche negli anni tumultuosi delle avanguardie storiche a cavallo fra l’ottocento e il novecento.


Un ruolo importante nella formazione dello scultore e nelle sue scelte lo hanno certamente avuto le sue origini piemontesi, la frequentazione dell’Accademia Albertina di Torino e del Circolo degli Artisti Torinesi, in un’Italia ancora non del tutto unita e impegnata nel difficile compito di costruire l’identità degli Italiani.


E’ in questo ambiente, intessuto di impegno morale e civile che si forma il senso estetico di Pietro Canonica. Sempre molto legato alle proprie radici, fu un custode attento ed entusiasta della grande tradizione artistica italiana. Compendiò nelle sue opere la misura e l’equilibrio dell’arte classica, i raffinati moduli del quattrocento fiorentino, la levigata perfezione del neoclassicismo, le inquietudini romantiche, il sentimento ottocentesco.


Il bisogno di esprimere il massimo del sentimento era per me quasi una sofferenza, che si acuiva allorché la materia, non sempre docile, si rifiutava di esprimere, in tutta la sua profondità, ciò che sentivo nel cuore.” - confessa ancora in quel passo autobiografico l’artista…


Eppure Pietro Canonica fu un virtuoso del marmo: di lui dissero che era capace di renderlo “molle e duttile come cera”.


Compiuti gli studi accademici, lo scultore apre giovanissimo uno studio per proprio conto e partecipa alle più importanti esposizioni internazionali: Parigi, Venezia.


Si mette subito in luce. Viene chiamato presso tutte le corti d’Europa, dove fanno a gara per commissionargli opere di vario genere, celebrative, ma soprattutto busti, palpitanti ed incisivi come ritratti, eseguiti con una perizia tecnica rara e una grande sicurezza nel modellato. Gli bastano poche pose per cogliere l’intima essenza di ogni carattere e trasporla nel marmo con abile maestria. Da Buckingham Palace alla corte degli Zar, innumerevoli sono i volti aristocratici che vedono espressa nel marmo la loro più segreta interiorità.


La prima guerra mondiale cancella questo mondo aristocratico che costituiva per l’artista un punto di riferimento oltre che il suo principale committente, ed egli si dedica soprattutto alle grandi composizioni monumentali e celebrative. Numerose sono le piazze italiane che onorano la memoria dei soldati caduti con un’opera di Pietro Canonica. E anche in questo genere, lo scultore piemontese riesce a portare una vena di grazia e di composta dolcezza, come testimonia l’indimenticabile “ritratto” che egli fece del muletto dell’alpino, nell’amatissimo “Monumento all’umile eroe” che si trova nel piazzale antistante la Fortezzuola, sede del Museo dedicato a Pietro Canonica.


Nel 1922 l’artista si stabilisce a Roma. Dapprima l’Amministrazione gli concede in uso come abitazione e studio un locale al Palatino, ma le demolizioni per gli imminenti lavori di riconfigurazione dell’area lo costringono ad abbandonare quella sistemazione. Approda così nel 1926 alla Fortezzuola, un originale edificio turrito, di aspetto medievale, situato al centro di Villa Borghese, nella splendida cornice di Piazza di Siena. Qui Pietro Canonica resterà fino alla morte, avvenuta nel 1959.


Nel corso di questi trenta anni, l’infaticabile e longevo artista continua a creare, dedicandosi anche alla musica e componendo opere liriche che vengono rappresentate con successo. Ma con la medesima dedizione raccoglie pazientemente calchi, modelli al vero, studi preparatori e repliche in marmo delle sue opere più importanti per donarle al Comune di Roma che, poco prima della morte dell’artista, decide di vincolare l’intera collezione alla Fortezzuola, luogo amato da Pietro Canonica proprio perché immerso in quell’incanto naturale che tanto assomiglia all’incanto dell’arte.

Carla Scicchitano


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Opere di Pietro Canonica

I committenti di Pietro Canonica sono state le famiglie aristocratiche e le corti di tutta Europa, i capi di Stato di molti Paesi nel mondo, le Autorità Ecclesiastiche e i tanti Municipi in Italia che, all’indomani della “Grande Guerra”, hanno sentito il dovere di celebrare i caduti con un monumento che ne ricordasse il sacrificio.
E’ per questo che le opere di Canonica si trovano collocate in diverse parti del mondo: Russia, Inghilterra, Olanda, Turchia, Iraq, Città del Vaticano, Colombia, Argentina.

RUSSIA
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Granduchessa M. Paulovna Vladimiro di Russia, 1909 (S. Pietroburgo, Museo Acc.Belle Arti)
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Nicola II czar di Russia; Alexandra Feodorovna, 1910 (S. Pietroburgo, Museo Paulovsk)
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Gen. Conte Alessandro Scherementeff, 1911 (S. Pietroburgo, Museo dell’Ermitage)
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Beatrice, 1910 (San Pietroburgo, Museo Russo)
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Monumento a Nicola Nicolajevich, 1913 (già a Leningrado / distrutto)

INGHILTERRA
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Principessa Victoria d’Inghilterra, 1903 (Londra Buckingham Palace)
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Arthur James Cavedish Bentik, duca di Portland; Winifred Anna Dallas Yorks, duchessa di Portland, 1903-04 (Nottingham Worcksop, Welbeck Woodhouse)
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Edoardo VII, re d’Inghilterra; Alexandra, regina; Principessa Victoria, 1903-04 (Londra, Vestibolo d’ingresso della Osborne House - Isle of Wight)

OLANDA
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Sogni (detta anche Maggio), 1900 (Amsterdam, Stedelijk Museum)

TURCHIA
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Monumento a Kemal Ataturk, 1927 (Ankara , Piazza della Vittoria)
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Monumento a Kemal Ataturk, 1932 (Smirne, Turchia)
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Monumento a Faysal I re dell’Iraq, 1932-33 (già ad Ankara /distrutta)

IRAQ
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Monumento all’Emiro Abdul Muhssin al Sadun, 1932 (Bagdad, Via al Sadun)
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Monumento a Feysal I re dell’Iraq

CITTA’ DEL VATICANO
- Monumento a San Giovanni Bosco, 1935 (Città del Vaticano, Basilica di S. Pietro)
- Monumento funerario a Benedetto XV, 1928, marmo e bronzo (Roma, Basilica di S. Pietro)

COLOMBIA
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Arcivescovo Manuel Y Caycedo, 1953 (Medellin, Colombia)
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Dõna Juana Ranger de Cuellar, 1954 (Cùcuta, Colombia)
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Statua di Simon Bolivar, 1954 (Cùcuta, Colombia)
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Ettore Modiano, 1956 (Cùcuta, Colombia)

ARGENTINA
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Monumento funerario a Josè Figueroa Alcorta, 1935 (Buenos Ayres, Cimitero)


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