Cimatti|Ricaldone Pietro /1945-2-…

3171 / Ricaldone Pietro / 1945-2-… /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



COSTUMANZE GIAPPONESI DI STAGIONI1


Febbraio 1945

Rev.mo ed amat.mo Sig. D. Ricaldone,


È sempre gradito per i suoi figliuoli passare un po’ di tempo col padre col notiziario del mese. Ma non sempre ci possono essere novità speciali nel campo dell’apostolato, e per rallegrare Lei e i nostri cari cooperatori, penso siano gradite ed utili anche notizie folkloristiche. Eccone una:

La raccolta di erbe mangerecce (tsumi-kusa).

I Giapponesi sono vegetariani, ed anche ammiratori della natura. Questi due elementi costituiscono, fusi in uno, un temperamento caratteristico del popolo giapponese, manifestato in diverse forme nella vita quotidiana, ad es. è di questo genere la raccolta delle erbe mangerecce: si tratta di una scampagnata che si fa in comitiva, per raccogliere le erbe mangerecce spuntate in primavera.

In Italia si va per funghi, per fiori campestri.

La parola “kusa” significa erba, ma quando i Giapponesi dicono “kusa” essi vogliono indicare “erba non mangereccia”, e qualche volta vogliono indicare genericamente tutte le erbe, mangerecce e non mangerecce, in contrasto cogli alberi.

Le erbe che vengono raccolte nella primavera per essere cucinate sono il crescione, la coda cavallina, la felce maschia, il dente di leone, il radicchio, la cicoria…

In Italia sono comunissime le felci di cui i Giapponesi sono ghiotti. I getti teneri sono buoni come gli asparagi dei campi. Provare per credere.

I Giapponesi si divertono al sommo nel recarsi in campagna aperta in cerca di queste erbe mangerecce, sia per la scampagnata, sia per la gioia di portare a casa, al ritorno, ciò che ognuno ha potuto raccogliere. Come ad es. la pesca individuale non ha come scopo principale la quantità né il valore della raccolta, ma è la gioia intima di stare in contatto diretto con la natura per una giornata, e trovare in essa ciò che è utile all’alimentazione di quel giorno.

Già nel libro più antico delle poesie giapponesi, si trova una poesia breve di 5 versi (rispettivamente formati di 5-7 -5;7-7 sillabe) che dice:


Io che sono venuto

per raccogliere le erbe fresche

della pianura di Kasuga…

ho passato una notte sdraiato nel campo,

incantato dalla dolce bellezza della pianura”.


I compositori dei poemetti satirici (poeti anonimi del volgo), ne hanno lasciato numerosi saggi sull’argomento. Eccone alcuni:


Gettando via le erbe raccolte,

si danno ad una fuga pazzesca.

Oh! è un pezzo di corda marcita!

La gente della città, elegante ed effeminata

e che conosce poco le piante

si era spaventata, credendo di aver trovato fra le piante

un rettile, ed era un pezzo di corda”.


Si trasforma in recipiente dell’erbe raccolte

la manica larga della serva.

Perché chi ha raccolto le piante non ha portato con sé

nessun recipiente, e può servire assai bene

la lunga manica del kimono”.


Le comitive sono svariatissime: composte di vecchi, giovani e bimbi spensierati di ogni sesso e di ogni età, che passa una giornata di dolce tepore in campagna, forma un bel quadro in questa stagione del principio di primavera.

Forse sotto questa forma non si usa tra noi, ad ogni modo ha il suo lato pratico ed utilitario, ed anche questo dettaglio della vita giapponese serve a farla sempre meglio conoscere e valorizzare.

Unendosi a queste compagnie o promovendole, è chiaro, che si possono avere buone occasioni di avvicinamenti, relazioni utili al missionario, che non deve trascurare gli umili mezzi pur di far del bene.

Mi pare che il pensiero di D. Bosco, che il buon educatore deve amare quanto il fanciullo ama nel bene, può applicarsi anche al missionario.

Che cosa augurerò, buon Padre? Venga tra noi e le faremo gustare anche i sapori delle erbe mangerecce del Giappone: ma non dimentichi di portare un po’ di olio d’oliva… Noi certo è da anni che non si vede.

Preghi per noi.

Suo

D. V. Cimatti, sales.



1 inedito.