Cimatti|Ricaldone Pietro /1943-1-…

2944 / Ricaldone Pietro / 1943-1-… /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Nostri decennali1


Gennaio 1943

Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,


Non fosse altro che per non lasciar disperdere memorie che ci richiamano tanti avvenimenti, persone care già scomparse, abbiamo voluto richiamare alla memoria e solennizzare come meglio si poteva due nostri decennali: l’inizio del nostro lavoro in missione nella zona di Miyakonojo e quella più importante, della nostra entrata in Tokyo.

È una bella occasione per ringraziare il Signore e quanti hanno cooperato in questo decennio al lavoro compiuto; è un buon eccitamento e per i benefattori che possono controllare il bene che hanno compiuto e per noi che possiamo fare un buon esame di coscienza, fonte di propositi, di correzioni, di miglioramenti.

Dieci anni sia pure di modesto lavoro danno davvero modo di toccare con mano la bontà del Signore, la carità dei cooperatori nostri, e lo sforzo di tanti per realizzare nel campo loro affidato la gloria del Signore e la salute delle anime.

Per sommi capi le fasi riassuntive del lavoro compiuto nel decennio.


Il 12 Gennaio 1933 entravano in Tokyo i primi salesiani, chiamativi dall’Arciv. Mons. Chambon, per assumere il lavoro nella zona Mikawajima (parte Nord-Est di Tokyo) dipartimento di Arakawa, che tra i 35 dipartimenti in cui è divisa la capitale è il primo per densità di popolazione e noto fra i più poveri.

Mikawajima ne è il centro. Fu qui che il nostro indimenticabile Don Piacenza cominciò il suo apostolato salesiano. Come sarebbe bello ed edificante ricordare le impressioni e le vicende di quei primi giorni, che si può dire furono caratteristica iniziale di tutte le nostre opere in Giappone, cioè sperimentare la mancanza di tutto, assaporando le gioie della povertà e semplicità della vita, unita alla manifestazione cordiale di care anime buone che venivano incontro alle prime necessità. Il primo incontro coi cristiani; il primo incontro coi fanciulli; le inevitabili prime difficoltà, i primi successi, le prime disillusioni: comprensioni e non corrispondenze… Le gare, i divertimenti, le premiazioni…

Non sono novità, perché le caratteristiche degli inizi delle opere salesiane di tutto il mondo… E anche qui i poveri salesiani sforniti di esperienza personale, si sforzarono di fare modestamente quanto avrebbe a loro modo di vedere fatto Don Bosco.

I risultati? I cristiani adunati il giorno dell’apertura della Parrocchia non superavano i 25. Oggi sono 396 (100 famiglie di cui 196 uomini e 204 donne) comprese le comunità religiose, cui si possono aggiungere quelli dell’Opera dell’Università cattolica, dipendente da questa parrocchia, raggiungendo così il numero di 516 cristiani.

Cifra davvero assai modesta se si pensa al numero di 600.000 abitanti nella circoscrizione della Parrocchia, che dà modo al missionario di esclamare ben a ragione il “Messis multa” di Gesù e di chiamare a raccolta quante anime buone desiderano cooperare all’avvento del Regno del Signore in questo grande paese.

Durante i dieci anni si amministrarono 507 battesimi, 286 cresime, 55 matrimoni. Morti 173.

Crescendo il numero dei cristiani si organizzarono nella parrocchia associazioni religiose di vario genere, fra cui primeggiarono l’Associazione dei devoti di Maria A., i Cooperatori, l’Opera del Sacro Cuore, ecc. più altre associazioni di attività sociale e di carità, proprie del Giappone e dell’Azione Cattolica, quali le Unioni cattoliche maschili e femminili, Società di mutuo soccorso e varie sorte dalle circostanze del momento, in servizio della patria e della parrocchia.

Vennero poi man mano prendendo piede le opere cosiddette sociali per venire in aiuto, secondo lo spirito salesiano e secondo le direttive del Paese alle numerose necessità dell’ambiente in cui si trova la parrocchia. Il dipartimento Arakawa in cui è eretta, fra i 35 dipartimenti di Tokyo occupa il primo posto per la popolazione e anche il primo per densità della medesima. La regione di Mikawajima che ne è il centro, è, si può dire, anche il centro dei bisognosi della capitale. Si fondò quindi l’Asilo Don Bosco (Gennaio 1933) – il gruppo Esploratori “Amor patrio” (Aprile 1936) che si rese noto in tutta la nazione e che venne in seguito incorporato nel gruppo esploratori nazionali – il dispensario “Don Piacenza” (Giugno 1936) unito l’anno scorso all’Opera Betania per la difesa contro la tubercolosi.

Naturalmente a queste opere che sono sotto la protezione legale fanno corona l’Oratorio quotidiano (collo stabilirsi delle Figlie di Maria A. a Tokyo passò a loro la sezione femminile) – la scuola serale Don Bosco – dopo scuola, scuola di soroban (calcolo) e scuola di lingue e musica. In cifre si può così valutare il lavoro: in media:


Asilo annuale2118decennio635.480

Dispensario “13.098 “89.068

Oratorio “1.869 “198.531

Scuola serale “ 1.320 “151.259

Esploratori “160 “1.500

Escursioni festive 325 “6.500

Scuola soroban 247 “15.580

Bazar di beneficenza 31 “11.776

Divertimenti famil. 240 “169.000

Unione Madri (asilo) 45 “2.700


Tali risultati ed altri più intimi non esprimibili in cifre sono certo frutto del lavoro dei missionari, dei cristiani e di quanti cooperarono (maestri, medici, infermiere) ma specialmente frutto dell’aiuto dei cooperatori che con simpatia e zelo non lasciarono di venir in aiuto e col consiglio e coi mezzi. È doveroso ricordare fra i primi il Ministero della pubblica beneficenza (Opere sociali) di Tokyo, della città di Tokyo, del Municipio e delle Società e banche di beneficenza: a tutti dobbiamo rivolgere il più fervido ringraziamento e domandare anche per l’avvenire la benevola assistenza.

La festa religiosa e la commemorazione fu condecorata colla parola di S. E. Mons. Doi Arcivescovo di Tokyo che si espresse in questi termini: “Oggi, in occasione del solenne decennio della fondazione della Parrocchia di Mikawajima è per me un grande onore dire qualche parola di felicitazione. Non vi è bisogno di dire che fin da quando 10 anni fa si cominciò per mezzo dei salesiani a piantare il seme della santa dottrina, il continuo tendere della parrocchia allo sviluppo e l’ottenere la floridezza che oggi vediamo, sono certamente grazie del Signore dovute all’intercessione di S. G. Bosco: ma d’altra parte sapendo che hanno in ciò gran parte i continui sacrifici e sforzi dei salesiani e l’assoluta cooperazione dei fedeli cristiani, non posso non manifestare a voi tutti il mio ringraziamento e la mia commozione.

Fra le parole che Don Bosco ripeteva ai suoi cari discepoli ci sono anche queste: “Sii sano, studioso e santo!”, ed io credo che proprio queste tre cose siano quelle che oggi ci sono più che mai necessarie. Ed infatti: “Mens sana in corpore sano”: solo coloro che hanno uno spirito sano possono oggi far fronte all’eccezionale situazione della patria e della Chiesa. Anche lo studio è oggi sommamente richiesto in ogni cittadino. È insegnamento di Gesù Cristo che dobbiamo fuggire l’indolenza e rendere duplicati al Padre celeste i talenti che ad ognuno sono stati dati. Solo chi si applica seriamente riesce vittorioso nella battaglia del cielo e della terra. E specialmente la santità è necessaria in tutti i tempi, specie poi in questi. Farsi santo vuol dire osservare le leggi dell’ordine stabilito da Dio e dallo Stato: facendoci santi possiamo promuovere la moralità in mezzo alla società, cooperare alla correzione delle cattive tendenze della società stessa e contribuire allo stabilirsi di un giusto ordine. In questo giorno mentre invochiamo Don Bosco, stampiamoci nel cuore le parole del santo: rinnoviamoci nella risoluzione del binomio: “Religione e Patria” e sempre più lavoriamo per la loro prosperità e diffusione. Queste le mie parole per la fausta ricorrenza”.

Al Signore la gloria – onore a quanti hanno cooperato direttamente e indirettamente a procurarla – l’augurio che il prossimo decennio veda centuplicato il bene fatto finora alla maggior gloria di Dio e per la salute delle anime.

In forma assai più modesta si ricordò il decennio del nostro lavoro a Miyakonojo.

Le fasi furono narrate a suo tempo nel Bollettino Salesiano ed anche quella residenza missionaria può contare le sue glorie, le sue difficoltà. Nonostante le difficoltà del momento, specie in quella zona, il bravo Don Bernardi con vero spirito di sacrificio tiene uniti i suoi cristiani, continua il suo oratorio, e può ben cantare: L’“euntes et flentes mittentes semina sua”... nella ferma speranza del “venientes cum exultatione”...

Come vede, caro Padre, non cose fastose, ma dissodamenti irrigati di sudore e di lagrime e di sacrifici… Gli effetti?… Sa il Signore.

A noi il compito di seminare a piene mani, con incrollabile fede, “in spem contra spem credentes” ed attendendo il frutto, che noi non vedremo che assai parzialmente… “in patientia”.

Ci benedica tutti.

Suo

Don V. Cimatti, sales.

1 Queste lettere al Rettor Maggiore non poterono essere spedite, ma venivano coservate per la cronaca e per essere consegnate nel dopoguerra.