Cimatti|Fumasoni Biondi/1947-12-16

3521 / Fumasoni-Biondi / 1947-12-16 /


a Sua Eminenza Card. Fumasoni-Biondi, Prefetto di Propaganda Fide



Roma, 16 dicembre 1947


Perdoni l’E.V. la libertà che mi sono presa nel presentare questo povero memoriale riassunto.

È il figlio ossequiente che sa di parlare al Padre cui sta tanto a cuore il bene della Chiesa, è il figlio che affida al cuore del Padre quanto può essere da Lui vagliato, controllato, consigliato e corretto.1

Prostrato al bacio della S. Porpora. ecc.

D. V. Cimatti, sales.

Ispettore Opere Sales. in Giappone




Roma, 16 dicembre 1947

Eminenza Reverendissima,


Animato dalla paterna bontà con cui l’E.V. mi accolse nell’udienza dell’undici c.m. oso presentare un memoriale, che riassuma le condizioni di fatto in cui noi missionari salesiani, dal trapasso del potere ecclesiastico al Clero indigeno, ci siamo trovati e ci troviamo nelle nostre relazioni col medesimo clero.

Tale riassunto servirà non foss’altro per la storia, e nello stesso tempo darà modo all’E.V. di coordinare quanto fu certo manifestato anche in altre relazioni, e di poter così dare ai missionari (specialmente salesiani) quei consigli di indirizzo generale o particolare sempre tanto attesi da tutti e tanto utili al bene delle missioni.

Come già l’E.V. conosce, quando nel 1938 si addivenne alla sostituzione della Gerarchia ecclesiastica tenuta dai Missionari stranieri al Clero indigeno, cominciò per la Prefet. Apost. di Miyazaki un periodo penosissimo di dolori materiali e spirituali, causati vuoi dalla guerra, vuoi dal modo di agire davvero inspiegabile dell’Amministratore Apostolico Mons. Ideguchi Ittaro verso la massima parte dei missionari salesiani della zona di Miyazaki. A Lui si unirono anche due dei sacerdoti indigeni che lavoravano nella missione ed un gruppetto di cristiani.

Sono molteplici le cause che si possono addurre per tentare di dare una spiegazione agli avvenimenti. Alcune sono proprie del carattere giapponese:


  1. Il carattere personale dell’Amminis. Apostolico.

  2. Fanatismo patriottico, che, specialmente in tempo di guerra vedeva anche nel missionario straniero la spia, l’elemento pericoloso alla nazione, quindi da immobilizzare, da eliminare.

  3. Desiderio di onori, di comando insito in questo clero, che si adombra per la presenza e per il lavoro di chi forse ha doti migliori e più possibilità di lavoro.

  4. Adattamento opportunistico alle circostanze.

  5. Compromessi o asservimento pauroso (specie in tempo di guerra) alle autorità civili e militari che, certo (ed è naturale il pensarlo), avranno fatto enormi pressioni fisiche e morali per riuscire a sbarazzarsi dello straniero a qualsiasi categoria egli appartenesse.

  6. L’amor proprio che, una volta ferito, non si rimargina forse mai completamente nel cuore del giapponese il quale, per non perdere la faccia, difficilmente dà indietro nelle decisioni prese, anche se sbagliate.


Il Prefetto Apost. straniero uscente, nel fare la consegna amministrativa all’Am. Apost. giapponese che entrava in carica, non lasciava nessun debito, ma neanche nessun deposito alla mano: si iniziò da questo punto il primo scontro.

Il sottoscritto, Pref. Apost. uscente, per dar lavoro ai suoi confratelli, domanda aiuto non solo al nuovo Ammin. Apost., ma anche agli altri. No! recisi e porte chiuse da tutte le parti.

Se non si può vivere di risorse proprie si esca dalla missione – si riinviino i ragazzi, si chiudano le case – i missionari salesiani vivano del lavoro dei campi. Per la Pref. Apost. essere sufficienti due soli missionari. Si domandò che in caso di sfratto dalla casa che si abitava e che si esigeva dall’Ammin. Apost. fosse evacuata, si concedesse ai missionari altra casa e mezzi sufficienti per vivere. Non essendosi aderito a queste giuste richieste, i missionari restarono fermi al loro posto, ottemperando anche così agli ordini e raccomandazioni di Propaganda Fide (avuti in occasione del trapasso dei poteri) e a quelli del loro superiore religioso.

Allora l’Ammin. Apost. col coro dei sacerdoti indigeni, in privato, in pubblica chiesa, inter missarum solemnia e altre funzioni, negli Istituti salesiani davanti agli allievi, si abbandonarono a volgari e plateali diffamazioni contro i missionari salesiani stranieri, che non vogliono obbedire; denigrarono il loro apostolato; il loro sistema educativo.

L’Amministratore Apost. proibì ai cristiani, sotto pena di nullità, di servirsi dei missionari predetti, ed infine sospese per un anno i sacerdoti dalla S. Messa ed amministrazione dei Sacramenti. E non ci fu verso di far ritrarre l’Ammin. Ap. da quanto aveva stabilito1.

Pur essendo chiaro che canonicamente tale pena non aveva effetto, sono state indicibili le torture spirituali che hanno afflitto l’anima di quei poveri missionari, tanto più unite a quelle della prigionia e dell’internamento.

E fu proprio nella dolorosa contingenza dell’imprigionamento dei missionari che l’Amminis. Apost. prese possesso della Scuola, nominò il nuovo Direttore, persuaso che per i missionari la era finita. Il ritorno loro impreveduto in sede, tramutò l’inno della vittoria in nuove forme di torture per i missionari (sopra accennate).

La S. Congregazione di Prop. Fide informata degli avvenimenti (di cui a voce e per iscritto tenni sempre informati S.E. il Delegato Apost., l’Arciv. di Tokyo e il Vescovo di Osaka, come rispettivi Capo e Segretario della nuova organizzazione della Chiesa cattolica di fronte alla legge delle religioni) cambiò l’Amminis. Apos. Mons. Ideguchi con S.E. Mons. Fukahori, Vescovo di Fukuoka.

Ma i missionari salesiani in Giappone intendono di unirsi anche alla presente mia relazione:


  1. Per protestare altamente di questi dolorosi avvenimenti che colpirono in pieno il loro onore e la loro dignità di sacerdoti e di religiosi;

  2. Per deplorare il male avvenuto a tante povere anime, perché, pur di non lasciare lavorare i missionari stranieri, si lasciavano i cristiani senza Messa, senza sacramenti e senza istruzione religiosa;

  3. E per segnalare infine lati troppo caratteristici e reali del clero giapponese, che danno luogo a gravi conseguenze e impediscono quell’intesa e cooperazione col clero indigeno tanto necessaria per fare un po’ di bene specie nell’apostolato missionario.


  1. S.E. il Delegato Apost. non vive la vita del missionario straniero: è tutto per il Clero indigeno. Ad onore del vero si è trovato in momenti terribili di avvenimenti – e malaticcio – è stanco2.

  2. Il clero indigeno non vede di buon occhio i religiosi perché (lo si pensa e si dice) portano via vocazioni ed offerte.

  3. Da parte del Clero indigeno si fanno vere pressioni morali per impedire le vocazioni, tanto per l’elemento maschile che femminile, fino ad andarle a riprendere nella casa religiosa, se entrate in casa religiosa senza il permesso “inaudito parroco”.

  4. Con tanto bisogno di missionari in Giappone, e se ne sollecita la venuta dall’estero, fa pena il vedere Vescovi stranieri, ancora in piena efficienza di forze (S.E. Mons. Chambon già Arciv. di Yokohama, Mons. Breton Vescovo di Fukuoka), ridotti a semplici cappellani di suore ( S.E. Mons. Ross, Vicario Apost. S. J., insegnante di latinetto ai principianti).

  5. Il clero indigeno è scarso di numero (150?). Mantiene fondamentalmente i caratteri accennati all’inizio della relazione – per troppi di loro fu affrettata o inadeguata la preparazione e la posizione di lavoro. I religiosi e missionari stranieri vogliono lavorare. Non è possibile trovare una soluzione che dia modo al Clero indigeno (pur conservandogli la gerarchia) di lavorare quanto può, e contemporaneamente dia modo al clero religioso missionario di continuare con santa libertà il lavoro iniziato con lo spirito della relativa Congregazione cui appartiene, spirito il più delle volte non compreso e non seguito dal clero indigeno secolare, e lavoro di cui ebbe formale mandato quando fu chiamato dalla S. Sede in terra di missione?3

  6. Nelle attuali condizioni i religiosi di Congregazioni esenti vengono a trovarsi alle dipendenze di Ordinari indigeni, che in tante cose non possono comandare senza entrare in urti canonici o cadere in contraddizioni collo spirito della Congregazione religiosa stessa, loro soggetta pel fatto della missione, missione “quae est concredita ordini vel religiosae institutioni”.

  7. Dal punto di vista amministrativo poi l’Amminis. apostolico indigeno, agli effetti della distribuzione dei sussidi mensili, provvede ad un solo missionario che nomina parroco, e dà a questo solo (quando lo dà, che ad es. nella Pref. Apost. di Miyazaki non fu, né si percepisce) il sussidio mensile.

La vita religiosa porta con sé che nelle residenze missionarie convivano almeno due o tre confratelli, che essi pure lavorano nella missione e per la missione. Non sembra opportuno e giusto che chi provvede al parroco, provveda pure al personale ausiliare?


Queste ed altre considerazioni che l’E.V. conosce certamente da altri missionari del Giappone, danno l’impressione che in Giappone ci siano, starei per dire, due Chiese, per cui si rende assai difficile l’intesa e la cooperazione.

Perdoni l’E.V. la libertà che mi sono presa nel presentare questo povero memoriale riassunto.

È il figlio ossequiente, che sa di parlare al Padre, cui sta tanto a cuore il bene della Chiesa, è il figlio che affida al cuore del Padre quanto può essere da Lui vagliato, controllato, consigliato e corretto.

Prostrato al bacio della s. porpora ecc.


D. V. Cimatti, sales.

Ispett. Opere Sales. in Giappone



1 Da: Copia manoscritta e firmata dallo stesso Don Cimatti conservata presso ACG leggermente diversa dalla minuta conservata nell’Archivio Ispettoriale a Tokyo. Per comprendere la relazione qui sotto riportata sarà bene riportare quanto il S. D. scrive al Rettor Maggiore (25 dicembre 1947). Sarà anche bene ricordare che quello che riferì a chi di ragione, era sulla bocca di tutti in Giappone in quel tempo. Certo esisteva una buona dose di malcontento. Le note sono aggiunte in calce della pagina per i Superiori Maggiori.

1 [N.B. Le note di questa lettera sono aggiunte da Don Cimatti stesso] Nota richiamo per i Superiori: I particolari documentati di tutta la questione furono presentati ai Superiori.

2 Nota per i Superiori. Mi era necessaria enorme prudenza nel parlare e nello scrivere sull’argomento e sull’altro del clero indigeno perché creature di P.F.

3 Nota per i Superiori. Si vocifera (e me ne accennava vagamente Mons. Costantini e pare ci sia un caso in Giappone in favore delle Missioni Estere di Parigi) che si pensi di dividere le attuali circoscrizioni (sempre lasciando alla testa la gerarchia giapponese) in vicarie: da una parte il clero indigeno, dall’altra il clero religioso straniero.