3562 / Ricaldone Pietro / 1948-5-2 /
a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani
2 maggio 1948
Rev.mo ed amat.mo Sig. D. Ricaldone,
Le mie peregrinazioni e l’indisposizione del nostro amato Superiore mi hanno impedito di compiere il mio dovere mensile del rendiconto di aprile. Vi supplisco brevissimamente, comprendendo le circostanze.
Grazie a Dio né per la salute materiale, né per quella spirituale ho da segnalare cose speciali. Per la mia anima tento di continuare il lavoro che mi sono proposto negli ultimi esercizi, e mi pare che la buona volontà non venga meno, pur essendo assai esigui i risultati che constato.
Per i Ss. Voti, regole, pratiche di pietà, ecc., tutto regolare, pur dovendo il più delle volte farle fuori casa, nei viaggi, ecc., colle rispettive conseguenze. Nelle case in cui mi sono trovato, mi pare di aver notato buon spirito, lavoro, giocondità tanto nei confratelli che nei giovani. Disagio dell’Ispettoria Adriatica qua tale (non saprei come dire… non è emiliana, né toscana, né romana… sarà la geografia, sarà il carattere degli abitanti, mah!).
Avvicinandosi la partenza (26 Maggio):
Avrei bisogno dei decreti di erezione dell’Associazione dei devoti di Maria Aus. nelle nostre nuove case e in quelle distrutte (in alcune che stanno per essere erette).
Diploma di cooperatori in varie lingue. In Giappone ho la firma del Rettor M. in timbro di gomma – ebbi l’autorizzazione di usarlo (naturalmente solo per apporto di diplomi giapponesi). Penso usufruire ancora di tale permesso per tutti i diplomi (non avendo alla mano l’elenco di quelli cui si deve rilasciare, né funzionando ancora la posta in Giappone).
Vi è qualche benefattore insigne in Giappone cristiano ed anche qualche pagano. Come si potrebbe manifestare la riconoscenza nostra? Ha il R. M. qualche diploma o medaglia o altro di speciale?
Per tutto questo, per carità, Lei amat.mo Padre, non si disturbi, mi dica solo a chi debbo rivolgermi.
Spero di aver comodità di parlarle prima del saluto finale. E permetterà che con franchezza filiale non le nasconda che parto profondamente addolorato, non avendo i Superiori creduto opportuno di aderire a quanto da anni e ripetutamente ho esposto ai Superiori: “cambio di guardia”. Posso rifugiarmi nel “quod differtur non aufertur” ma, secondo il mio povero parere, era proprio questo periodo ricostruttivo il “tempus acceptabile” per il Giappone salesiano, il “dies salutis”, e anche per questo povero uomo. Il Signore e i Superiori non hanno creduto bene esaudirmi – e mi sta bene, ché troppe ne ho da scontare… e scontiamo. Canto il “bonum mini quia humiliasti me”… e mi prude la penna, la mente e il cuore per musicarlo.
Ma capirà, amatissimo Padre, che coll’intima persuasione e coscienza che ho sulla necessità manifestata ai Superiori – creda pure – sentita anche dai confratelli (e il povero D. Cimatti sa quello che pensano), il ritorno mio nelle condizioni in cui mi tengono i Superiori rappresenta non la costruzione, l’organizzazione, il rassodamento di quanto c’è, ma il contrario.
Questo è il mio vero stato d’animo. L’unica mia preghiera è che si realizzi solo per me e per tutti i miei la volontà di Dio.
Come non è D. Cimatti che ha costruito quanto modestamente si è fatto laggiù, ma il Signore e i buoni confratelli (so già le cose mirabili fatte durante la mia permanenza in Italia) così sarà il Signore e i confratelli che difenderanno la mia insipienza.
Mio buon Padre, grazie a Dio, anche con questo magone in mente e in cuore, mi pare di essere calmo e indifferente, perché al postutto quando ho parlato ai Superiori secondo coscienza e verità, posso dire al Signore: “Pensateci Voi, caro Gesù!”.
Mi perdoni e mi creda suo figlio
D. V. Cimatti, sales.