Cimatti|Ricaldone Pietro / 1932-5-1

935 /Ricaldone Pietro BS / 1932-5-1 /


a Don Pietro Ricaldone, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani



Miyazaki, 1 maggio 1932


Ancora le nostre difficoltà…1


M. R. ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,

All’inizio del mese per noi dolcissimo della Vergine nostra Ausiliatrice permetta che colle nostre notizie personali le continui a dare quelle generali, che a Lei pure tanto interessano e che danno ai nostri cari benefattori un esatto conto delle condizioni caratteristiche di fronte al gran problema dell’apostolato quale è da noi provato. Al leggere le mie povere relazioni, Lei forse ed altri avranno pensato e detto: “Mah! Povero uomo! Non fa che parlare di difficoltà!… E chi non lo sa che in tutte le missioni si incontrano difficoltà caratteristiche, che individuano proprio la missione, e ne formano la sua gloria?”.

Sì, sì… Come al fronte unico della gran guerra, dove c’era per tutti posto a compiere imprese eroiche… Ma che vuole, amato Sig. Don Ricaldone, l’enumerare anche solo le difficoltà è conforto per noi – istruzione per gli altri ed eccitamento all’azione per entrambi… Dunque sopporti ancora – compatisca – ci guidi ed aiuti.

Già le dissi delle nostre difficoltà economiche… Non sono finite… anzi…

Le accennai alle difficoltà desunte dal carattere storico e psicologico di questo popolo e della sua organizzazione attuale iniziata nel 1868, sulla base delle grandi nazioni, tra cui si assise. Voglio in questi spunti scheletrici accennarle a quelle più delicate desunte dalle relazioni del Cattolicismo colle altre religioni, specie con quella dello Stato.


Religioni e manifestazioni religiose


Si può pensare in Giappone a tre grandi classi di religioni antagoniste al cattolicismo: le varie, numerose, disunite sette della Riforma e qualche setta religiosa più moderna (tipo America del Nord) o areligiosa (tipo Russia) – il buddismo, e la religione di Stato o shintoismo.

È difficile citare delle cifre che diano un’idea chiara della potenzialità delle singole religioni, che si deve pur confessare non stanno inattive… anzi…

Una statistica ufficiale di pochi anni fa elevava a oltre 88.000 i luoghi di culto shintoista e oltre 70.000 quelli di culto buddista, più 5870 luoghi di predicazione contro oltre l800 appartenenti a varie sette e a 200 appartenenti ai cattolici (compresi gli ordini e congregazioni religiose). Oggi i luoghi di culto cattolici sono saliti a 350, ma non so dire, se proporzionalmente siano cresciuti anche gli altri. È chiaro! Si è di fronte ad un vero blocco pagano, più o meno tinto di colorito religioso o areligioso, ma è un blocco formidabile, che quando poi si tratta di far contro al Cattolicismo, coalizza le forze…


Spirito religioso dei giapponesi


Ma insomma, i giapponesi sono religiosi? Ecco un problema interessantissimo. In ogni parte vi sono templi, piloni, luoghi di culto, si fanno pellegrinaggi, voti… In casa tutti hanno l’altare degli antenati; cerimonie religiose si fanno in casa e ai templi, vi sono feste mensili, annuali, ecc.

Gli altri culti sono liberamente propagati… Sono dunque indifferenti? O trattano i loro dei solo con quella gentilezza così propria della loro razza? O desiderosi e curiosi del nuovo, abbracciano la novità religiosa, per poi ritornare come erano prima? È ateismo? È dubbio? Ci credono proprio? Sono buddisti, shintoisti? O l’uno o l’altro? – Non possiamo certo noi legiferare in questo campo delicato, noi che da pochi anni viviamo in questo bel paese. Ma Lei trova ad es. delle famiglie di quattro o sei individui, ed ognuno appartenente a religioni diverse o a sette diverse di una stessa religione. E pare vanno d’accordo. Trova dei genitori che lasciano la piena libertà ai figli di studiare e praticare una religione diversa da quella da loro professata. Trova tanti che partecipano indifferentemente alle feste di qualsiasi religione, e non per pura curiosità, ma effettivamente… E allora?

Mi pare si possa dire che il loro atto di fede non è donazione totale dell’essere alla divinità – non vi danno certo il senso nostro – la loro pietà non trova bisogno di comunicarsi alle anime vicine.

Tutta la somma della verità dei loro dei è la tradizione, che però non si presenta come forma dogmatica. Vi entra la fantasia e la sensibilità – è suscettibile di aggiunte – non si impone alla ragione per vincerla e umiliarla. Il giapponese non spinge la credenza fino alla certezza, né l’incredulità alla negazione – sanno coordinare lo shintoismo, che divinizza la natura e la bontà delle cose, col buddismo che risolve tutto in sapore di illusione e di tristezza, e col protestantesimo che gli dice: “credi, e fa quel che vuoi”, e non facendosi troppe domande, non preoccupandosi di troppe ricerche, vivono in un’atmosfera religiosa dolce, tranquilla, leggera, che si culla in semplicità, in manifestazioni cerimoniose, in quanto di imprevisto può eccitare il sentimento, la fantasia… E lei vedrà il Giapponese collocare il suo Dio indifferentemente ai bordi di un ruscello o di una cascatella o di una roccia dalle forme strane o ai piedi di un magnifico pino… O come spaventapasseri con ritagli di carta nei campi biondeggianti di grano o di riso… Passando dall’estrema semplicità puerile di manifestazione religiosa alla suprema maestosità di culto nei grandi e magnifici templi. Ma v’ha di più. “Il Giappone è la terra degli Dei – i giapponesi sono figli degli dei, e come tali partecipano alla saggezza divina. Sono quindi felici, infallibili – ecco perché si ritengono di specie diversa della nostra – ecco una delle fonti del loro orgoglio nazionale”.

E agli antenati, e a quelli che hanno benemeritato della patria innalzano templi monumentali, dicono, come segno di fedeltà e venerazione verso gli antenati, specie della casa imperiale e come segno di amore verso la medesima; ma tutta l’atmosfera di tutti i santuari, i ministri, le offerte e le cerimonie sono religiose, e scriveva bene il Vergot in “Pensiero Missionario”: “La libertà religiosa è garantita a tutti in Giappone, soltanto si richiede anche da ognuno che, come giapponese, mantenga gli antichi costumi patriottici, ritenuti dal Governo non religiosi, per quanto si manifestino in forme religiose. Tale è il punto di vista governativo, comprensibile in un governo, nella mente del quale la religione, la venerazione verso gli antenati e il patriottismo sono confusi come in una nebbia, e che naturalmente ha tutto l’interesse che i costumi ed usi tradizionali, blandenti l’orgoglio nazionale e favorevoli sia alla sicurezza di Stato sia alla fedeltà al trono, resistano”, come cantano nel loro inno nazionale, finché una pietra si converta in roccia dove s’abbarbichi il più folto muschio. Da ciò la vigile sorveglianza e il controllo degli organi dello Stato sul funzionamento, insegnamento, propaganda delle altre religioni e più l’incertezza dell’atteggiamento dei cattolici a questo riguardo, finché non verrà una chiara decisione da parte della Chiesa, e i gravi conflitti di coscienza nei cattolici che debbano partecipare a tali cerimonie.

Si cammina sui rasoi insomma… E non volendo più oltre dilungarmi passo sopra alle difficoltà presentate dallo svolgersi delle altre forme religiose, che domandano tanto poco di partecipazione attiva di convinzione e di azione – e permettono tanta libertà in ogni campo… E se la pigliano coi cattolici che invadono il loro campo. Amatissimo Sig. Don Ricaldone, i suoi figli del Giappone, che provano nella pratica quotidiana la lotta sorda, nascosta, vigile, proveniente da questa parte, da tempo, Lei lo sa, fedeli a Don Bosco nella zona loro affidata si sono buttati ai giovani… Solo di qui verrà la futura salvezza… E molto di più potranno fare quando il Signore manderà i mezzi per potere invadere santamente i grandi centri, ove brulicano a migliaia e migliaia (e Lei l’ha constatato coi suoi occhi) i giovani desiderosi di istruirsi, di farsi una posizione e trovare chi li metta sulla strada del bene. O Signore, quando sarà quel giorno? Lo affretti, Lei, lo affrettino i nostri fratelli, amici e cooperatori colla preghiera e colla loro carità.

Tutto suo aff.mo

Don V. Cimatti, sales.

1 R. M. 287, manoscritto. Riportato quasi letteralmente in B. S. Settembre 1932.