Cimatti|Rinaldi Filippo|1929-11-1

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a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



1 novembre 1929

Amatissimo Sig. Don Rinaldi babbo mio buono,


Tra una cosa e l’altra ho fatto un po’ di esercizio di b. m. ed ecco anche il mio rendiconto mensile.


        1. Salute: sempre ottima grazie a Dio. Mi dicono e mi accorgo di essere ingrassato, e non vorrei che il somaro in queste condizioni ricalcitrasse. Cause di questo non le so, sarà l’aria, sarà il vitto o altro. Deo gratias! Ipse fecit nos…

        2. Lavoro: tento di pregare e di lavorare per riuscire a realizzare il desiderio dei Superiori, persuaso però che non riuscirò. Comunque cerco di fare. Ad ogni modo è anche certo che non è con quello che raccoglierà Don Cimatti che si potrà risolvere il problema della missione e dell’opera salesiana in Giappone. Al mio povero modo di vedere, finchè:

a) il problema non sarà studiato in pieno dai Superiori,

    1. non si avranno mezzi proporzionati,

    2. andremo a rilento (e siamo tanto in ritardo) in Giappone potremo avere delle velleità di fare, ma non faremo nulla.

Confido nella Provvidenza in modo assoluto perché non vedo dove sbatterò la testa in questo anno per sostenere le spese e realizzare le nuove. Deo gratias! Bisognerebbe che i missionari fossero messi nelle condizioni in cui lo spirito della nostra regola volle fossero messe le case di formazione, i cui membri cioè non debbano litigare per il pensiero del domani, per darsi così senza preoccupazioni materiali al delicato lavoro. Ma finchè c’è da lottare, trasformarsi in mercanti o in imbroglioni per far dei soldi e sostenere le opere, si è sempre in bilico di contravvenire alla povertà e l’apostolato delle anime passa in seconda linea – e non essendoci i mezzi proporzionati (è la storia delle missioni in generale), si è sempre a terra.

Certo i missionari vedono con dolore tutti questi belli edifici che si costruiscono dai Superiori, bei collegi (quanto pochi sono i collegi di quelli veduti che non abbiano opere murarie o affini – e anche tra i più poveri!) e quando si pensa quanto è poco quello che si può avere in missione per sostenerci materialmente e tenere su le opere iniziate, si pensa e Dio non voglia che si pensi male e si brontoli… Il buon Dio provvederà.

Perdoni per gli sconnessi pensieri che non so neppure perché ho scritto, ma che sono lo stato d’animo genuino di tutti i missionari, specialmente di quelli che sono agli inizi e che se non saranno validamente aiutati rischiano di crescere come i bambini cui manca il latte nei primi anni.

È anche certo che se la Provvidenza manda i mezzi nella proporzione finora inviati (supposto che tutti facciano il possibile per meritarli) sarà perché così è nei disegni della Provvidenza. Certo che i missionari dicono: “se si trovano mezzi non certo indifferenti per fare tante opere murarie o affini, ecc. perché non si trovano per i missionari?”. Che vuole? Si è uomini: si ama la propria missione e si desidererebbe vederla prosperare; e senza enormi sforzi e sacrifizi iniziali si vede che non si può riuscire; ma il missionario non ha la possibilità di fare nulla – e allora? Sarà superbia, sarà quel che sarà, ma gli inizi sono difficili e Deo gratias! Se non potremo fare 31, faremo 30 – ma è certo che quanto ho detto è nell’animo di tutti i missionari che non hanno ancora capitali per sostenere la loro missione.

        1. Pietà. Mi sono sforzato di fare le varie pratiche in comune, certo quando debbo farle da solo trovo maggior difficoltà. Ho bisogno di insistere di più sul raccoglimento e sull’esame di coscienza. Sono davvero l’unica mia forza. Frequenza regolare ai Ss. Sacramenti. Insistendo spero riuscire a dominarmi.

        2. Ss. Regole: mi pare nulla di speciale. Per la s. Purità soliti pensieri in qualche momento davvero assillanti. Strano! Sono più disturbato ora che a 25 o 30 anni. Mi convinco della necessità di limitare il vino – non riesco del resto a finire la misura ordinaria: sono i vini speciali che mi fanno male, in quanto non lasciano nelle condizioni di quiete ordinaria. Per la povertà qualche esagerazione nelle mance, tento di applicare i criteri di Don Bosco, ma in qualche caso esagerato.

        3. Carità. Con tutti pienissimamente d’accordo. Il difetto predominante di tanto in tanto dà fuori: è così bello conoscersi! Alle volte che mi sembra essere tenuto in minor conto dagli altri, mi risento un po’ intimamente. Pensi così la superbia di Don Cimatti che non vuol saperne di elogi, di preferenze… forse più a parole che a fatti.

        4. Inconvenienti. Mi permetta un’impressione avuta girando qua e là. Mi pare di trovare qua e là, come dire? Comodità? nelle nostre case. È vero che forse fui messo nei luoghi migliori, ma quando penso a Don Bosco, non ci capisco più. Comprendo le esigenze igieniche legali, ma non so davvero decidere se è troppo.


Certo che se i Superiori permettono è segno che fin a quel punto non si lede la povertà: ma certo che fa male e penso (perché molte cose si vedono nelle case di formazione) al momento in cui i confratelli sono sbattuti nella realtà, che può essere molto diversa.

Mi pare pure che si beva… è vero che per onorare l’ospite insigne che va a far visita, ma… che non si esageri un po’ troppo?

Qualche confratello (è il caso del nostro buon Don Giacomuzzi a Biella alla casa Rivetti) messo in ambienti un po’ di lusso – idem le suore – non ne soffrirà?

Non so perché abbia scritto queste cose, ma mi fecero impressione e non le volli nascondere al Padre. Non voglia darvi troppo peso – è così matta la mia povera testa, ma che vuole? Nato povero, educato povero, imparata la povertà come la vedo in Don Bosco, alle volte il mio spirito rimane nella perplessità, ed ecco perché ho scritto.

Mi giungono buone notizie e materiali (salute dei confratelli – non abbiamo debiti come risulta dal rendiconto) e spirituali (fecero bene gli esercizi e con tutta regolarità) dalla missione. Deo gratias. Accetti queste povere doverose notizie che le faranno vedere una volta di più il bisogno che ha l’anima mia di essere aiutata colla preghiera, col consiglio, coll’ammonimento.

Preghi dunque e mi aiuti a salvare l’anima mia. L’abbraccia nel Signore il suo

Aff.mo

Don V. Cimatti, sales.