Cimatti|Rossi Ambrogio / 1931-1-20

696 /Rossi Ambrogio / 1931-1-20 /


a Don Ambrogio Rossi, suo ex-allievo a Valsalice1



Miyazaki, 20 gennaio 1931


Carissimo Don Ambrogio,

Grazie della tua che mi ha spiegato tante cose. Casco dalle nuvole nel leggere che tu possa aver pensato che Don Cimatti abbia sminuito pel sentito dire, l’affetto vivissimo che ha sempre nutrito e nutre all’anima tua.

Ho sentito gli apprezzamenti di Don Pasotti, di Don Braga e non so chi altri, del Sig. Don Ricaldone.

Può essere che abbia espresso le mie idee (non credo nella forma detta da Don Pasotti), ma non potevo giudicare (e d’altra parte non stava me il giudicare) non avendo i dati di fatto.

Vidi alla partenza come li trattavano i tuoi – pensai “Deo gratias! gli vogliono bene” – pensai pure “trattandoli così filialmente, se ne risentiranno in seguito, trovando dei nuovi superiori, maniere diverse” e a mio povero modo di pensare, per equilibrare, durante il viaggio buttai molta acqua sul fuoco (come si suol dire), nelle quotidiane conferenze. Non so che effetto abbiano prodotto.

Può essere che abbiano pensato che Don Cimatti non voleva bene alla casa di Ivrea e all’indirizzo della medesima, mentre ne sono sempre stato ammirato ed edificato nelle poche volte che sono venuto.

Sulla tua maniera di trattare che dirti? Siccome non so come trattavi (salvo i momenti dell’addio, che non sono momenti ordinari) cosa debbo dirti?

Don Cimatti sa che sente ancor più di te – oh, mio Ambrogio, incomparabilmente più di te – e sa che molti chierici gli volevano e vogliono bene. Pel bene dell’anima mia, mi feci il proposito: “I modi paterni a 40 anni” ed ora vedo (e ne sono consigliato) che per la formazione di questi chierici è meglio evitare ogni esteriorità o segni di sentimentalità anche ora.

Più si diventa vecchi e più si diventa sensibili… ed è difficile dire e farsi dire ciò che in queste manifestazioni sentano questi nostri figliuoli.

Mi costa, ma mi sforzo di adottare il metodo di Don Bosco e di Don Rua: in privato, anche in casi speciali di crisi, grande riservatezza.

Può darsi che vedendo la libertà che con te usavano in pubblico, altri abbia pensato che identica libertà c’era in privato… e allora dicerie, fantasticherie.

Può essere, vedi (ma in questo c’entrano i Superiori e non tu o i direttori degli istituti missionari), che le esplosioni più o meno felici di Don Pasotti o in genere dei missionari sulle case missionarie che in missione sono coll’acqua alla gola – e vedono che nelle retrovie ci sono case belle e più che belle – e allora nasce nella testa un intruglio per cui si vede anche più nero di quello che è, anche in cose che non hanno relazione diretta. Ma questo che c’entra con te? Ti ho detto questo, come mio pensiero, e credo sia il vero. I Superiori conoscono questo stato di cose – ed ho la convinzione che questo sia il vero modo. Che vuoi? L’uomo è sempre uomo. Toccalo sul vero vivo (l’interesse, il bisogno) e se non diventa socialista, comunista, manca poco.

Ho espresso questo ad Ambrogio come se fosse in confessione – e siccome ho promesso ai Superiori di non parlarne – intendo di non averne parlato. I Superiori sanno. Ho creduto opportuno nel Signore dire questo pel bene dell’anima tua: per me tutto il nodo è qui.

D’altra parte è così chiaro il linguaggio dei Superiori, che mi pare tu non devi temere di nulla e andar avanti serenamente in Domino, specialmente se sei sicuro che tu e gli altri non se ne risentono.

Per le altre varie cose… la mia calligrafia non l’hanno mai imitata… L’aff.mo in Don Cimatti era per ridere e so chi qualche volta l’ha usato (i più farabutti… che grazie a Dio stanno per arrivare in porto come preti)… per il pianto d’addio è venuto qualche volta il nodo alla gola anche a me… Non bisogna pensare a queste cose.

Concludendo, mi pare che se appunti ci furono, ed è meglio che qualcuno ce li faccia notare – (oh! se fosse edificante che Don Cimatti ti raccontasse le stoccate sentite da ogni ceto di confratelli… dall’alto in basso… se scala ci può essere fra noi).

Non è nello spirito e in qualche manifestazione esterna, che, ripeto, quando siamo sicuri che non fa male a noi e agli altri, non c’è certo male ad usarla, benché non sia prudente, e se è vero quanto ci dicono di Don Bosco e di Don Rua, essi non hanno usato.

Don Cimatti fosse sicuro di non scandalizzare farebbe altro che quello che puoi avere fatto tu… Delle volte si ha da trattare con vere anime perdute a riacquistare le quali non so che si farebbe.

L’esperienza mi ha pure fatto vedere in pratica la verità di quanto dice Don Bosco e i regolamenti sul modo di trattare: quindi la cautela non è mai troppa.

Eccoti i miei poveri pensieri che non so se saranno riusciti chiari con tutte le parentesi.

Mi pare di doverti dire nel Signore:

a) Avanti secondo le direttive dei Superiori anche nelle esteriorità.

b) Don Cimatti non si è mai sognato di dovere o volere sminuire di un ette l’affetto sincero verso Ambrogio.

c) Se nella tua vita ti capita qualche altra cosa di simile canta “Bonum mihi quia humiliasti me” [scritto in musica] e dopo tutto le umiliazioni, meritate o no, non fanno del male.

Godo che la Romagna sia rappresentata. Prega e fa’ pregare. Sei nel lavoro più vicino all’elemento che desidera Don Bosco… e Don Cimatti ha un po’ di diritto di essere ricordato perché ha fatto il discorsetto inaugurale nella benedizione della Prima Pietra della tua casa. Beato te che vivrai fra i disagi… Merces nostra copiosa in coelis. Un abbraccio (te lo posso dare a 20 mila Km) da chi ti pensa con immutato affetto cotidie.

Tuo

Don V. Cimatti, sales.



1 La prima parte della lettera riguarda l’agire di Don Rossi, direttore dell’Istituto Miss. Card. Cagliero di Ivrea; la parte conclusiva, di lui trasferito a Direttore dell’Istituto Mission. Conti Rebaudengo di Torino. Naturalmente Don Rossi era stato ex-allievo di Don Cimatti a Valsalice.