1110 ricaldone


1110 ricaldone

1110 / Ricaldone Pietro BS / 1933-6-1 /


1 a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani

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L’oratorio di Don Bosco in Giappone1


Miyazaki, 1 giugno 1933

Rev.mo ed amat.mo Padre,


Lei attende, lo so, le nostre notizie; e non meno desiderosi delle sue, di quelle dei fratelli, allievi, benefattori e amici sono i suoi figli lontani specialmente sono desiderosi delle sue, sempre gradite, ansiosamente attese, perché confortatrici, eccitanti, risolventi sempre i nostri difficili problemi. Ho pensato che nel mese in cui ricordiamo il suo onomastico, le sarà gradito augurio e dono, conoscere il lavoro in Giappone in quest’opera fondamentale dello spirito salesiano, opera che, come altrove, anche fra questi popoli, sono sicuro porterà col tempo i mirabili frutti di educazione cristiana noti ormai in tutto il mondo.

Intanto abbiamo voluto mantenere il nome “ORATORIO”, benché in Giappone le adunanze libere dei ragazzi siano note anche con altri nomi: “scuole domenicali”, adunanze, società di ragazzi e simili, che noi pure usiamo per farci capire più facilmente.

Se può variare il nome, lo spirito informativo è sempre quello, diretto e chiarissimo se si tratta dei figli di cristiani, indiretto e con certe limitazioni di prudenza, se si tratta di giovani appartenenti ad altre religioni che in genere formano la nostra massa di frequentanti. Ed è chiaro. Il tipo umano del ragazzo in fondo è sempre quello, ma il tipo nazionale è ben diverso, e bisogna mettersi, specialmente in Giappone, da questo punto di vista, che vuol dire conoscenza di un mondo di problemi formidabili, se non si vuol andare a rischio, di rovinare, invece di edificare. Mettiamoci nella realtà di fatto. Il Giappone moderno come potenza mondiale in una settantina d’anni è giunto al punto a cui si trova – e tutti lo sanno – ma bisogna ricordare che il Giappone ha conservato e voluto conservare del vecchio Giappone molto più di quello che ha preso e ha voluto prendere ad imprestito dalla civiltà occidentale. L’essenziale della vita materiale e sentimentale, il culto dell’arte antica e più l’attacco fortissimo alla religione degli avi, e tutta la sua vita intima è intatta e rispettata. Ha europeizzato o americanizzato gli organi della difesa nazionale, la sua politica e amministrazione, le sue istituzioni giudiziarie e le sue leggi. Per riuscire in questo ha avuto bisogno di enormi capitali creati con commercio e industria all’occidentale, ed in parte ispirarsi alla formazione mentale degli uomini che dovevano servire a questa trasformazione, con organizzare un nuovo sistema d’insegnamento.

E c’è riuscito, c’è mirabilmente riuscito.

Mi pare giusta l’opinione di quelli che pensano che il Giappone moderno si è europeizzato per meglio resistere all’Europa e per meglio restar giapponese. Noi missionari che dobbiamo parlare alle anime sentiamo più di qualsiasi altro la verità di cui sopra, e penso che la vera difficoltà del progresso dell’apostolato cattolico in Giappone sia da riconoscersi proprio in questa posizione di spirito del giapponese di fronte allo straniero…

Ah, amatissimo Sig. Don Ricaldone, come è chiaro e come ce lo fanno capire, come ce lo fanno capire in tutti i sensi, anche se non volessimo, che siamo stranieri…

Ammessa questa linea prudenziale, come si svolge la vita dell’Oratorio in Giappone? Abbiamo le riunioni quotidiane, diurne e serali, settimanali (giorni di festa), mensili. Là dove il missionario comincia il suo lavoro fuori residenza con un ritmo costante, si circonda di ragazzi. Sono buoni richiami per le famiglie. Li raduna, li tiene allegri con discorsetti, con piccoli divertimenti, con qualche regaluccio. Se può mantenere il contatto almeno mensile non è seme buttato, conosce famiglie, stringe relazioni, distribuisce libri – e fa propaganda insomma – potrà organizzare qualche serata per il gran pubblico con musica, proiezioni, discorsi e dopo un certo lavoro può sperare l’organizzazione d’un piccolo gruppo di volenterosi dello studio della religione.

Gli può capitare di peggio – si spargono dicerìe sul conto della religione cattolica – i maestri proibiscono di andare alla riunione – genitori confermano, ed il missionario si trova solo, solo… Ah, che strette al cuore!

Là dove si può avere già un posto, che può avere la visita settimanale od una residenza stabile non rimane difficile la riunione dei nostri giovani alla domenica o nei giorni di vacanza scolastica o anche quotidianamente. Ogni giorno, di ritorno dalla scuola (orari unici differentissimi) i volenterosi passano alla missione e dopo un po’ di ricreazione i cristiani hanno l’istruzione catechistica e i pagani un discorsetto morale, secondo le varie circostanze e ambienti. È qui dove la prudenza e lo zelo del missionario devono destreggiarsi a tutto potere. Se vi sono ambienti in cui anche ai pagani si possono insegnare le verità religiose (che dopo tutto non capiscono – non possono poi praticare in famiglia), ve ne sono di quelli in cui basterebbe parlare direttamente di religione per vedere sfollata l’adunanza. E allora? Si tengono conversazioni morali – le vite dei santi, brani dell’antico Testamento, la vita di Gesù, la storia civile, ecc. forniscono insieme ai dettami della morale naturale dei buoni spunti – si fa cantare qualche bel canto scolastico – si prepara qualche lavoruccio per la rappresentazione domenicale, e dopo un po’ di ricreazione, i cristiani recitano le orazioni, si dà la buona notte ed ognuno torna alla famiglia, dove è atteso per aiutare la mamma nei piccoli lavori di casa, nell’assistenza dei fratellini, e per fare i suoi compiti scolastici.

Quando è possibile si dà la comodità nella missione di compiere questi lavori, ed allora gli oratoriani si riuniscono in apposita sala, e così il DOPO SCUOLA entra in funzione, come pure a tarda sera in qualche residenza funziona la scuola serale. Sono pure emanazione della vita oratoriana per i più grandicelli scuole ed insegnamenti speciali, come i GRUPPI DEL VANGELO, la SCUOLA D’ARMONICA, le riunioni del circolo giovanile, che periodicamente vengono effettuandosi.

Alla domenica l’Oratorio prende specialmente nel pomeriggio il ritmo ordinario dei nostri oratori in Italia. Funzioni religiose, divertimenti, riunioni, gare, ecc. la vita insomma caratteristica dell’Oratorio di Don Bosco. Il fanciullo giapponese gioca volentieri a qualsiasi gioco, e non c’è da infastidirsi troppo per farlo giocare… a quei giochi che desidera… e ne sa un finimondo, appresi in famiglia e a scuola.

Caratteristica, l’incostanza e mancanza di resistenza, se volete imporgliene uno. Dopo pochi minuti fate il deserto intorno a voi.

L’aspetto caratteristico dell’Oratorio è alla sera. Si cerca tutte le domeniche di fare qualche divertimento (teatro, musica, proiezioni luminose, ecc.) a cui sono invitati ragazzi e pubblico. Il locale si popola del mondo fanciullesco e delle buone mamme e dei babbi… e di tanti che non sono certo iscritti all’Oratorio. E si fa un po’ di tutto… Rappresentazioni con proiezioni, musica, declamazione, danze (oh, le graziose danze giapponesi!), pantomime (si sono in queste ormai resi celebri i nostri chierici).

Quasi tutte le residenze hanno la sezione drammatica ed il repertorio va arricchendosi, tanto che spero si potrà presto dar inizio alla stampa della nostra collana drammatica. Il fanciullo, il giovane giapponese ben ammaestrato ha attitudini magnifiche alla declamazione – come pure le ragazze alla danza (caratteristica del giapponese) – e non c’è da penar molto a insegnare qualche lavoretto anche improvvisato. Se ben preparati non mancano di efficacia drammatica. Gli allievi della scuola tipografica Don Bosco di Oita, il Circolo giovani di Beppu e la sezione drammatica di Miyazaki si sono già prodotti con discreti lavori, ed anche le piccole residenze di Takanabe, Tano e Miyakonojo incominciano a debuttare discretamente. Molti ci domandano: “Perché voi Salesiani vi date tanto attorno per queste adunanze?”. Mi sono domandato sempre: “Possibile che queste nostre riunioni domenicali che a centinaia e centinaia richiamano i nostri cari ragazzi, debbano restare infruttuose? Possibile, che, se per ipotesi anche nessuno dei nostri ascoltatori pagani divenisse subito cristiano, la buona parola udita, veduta, meditata – il gaudio spirituale suscitato dall’azione dei giovani attori – possibile dico, non debba condurre a qualche buon risultato?”.

È con questa tenace persuasione, è con questa speranza efficace, mio buon Padre, è con questa fede ineluttabile negli insegnamenti di Don Bosco che i suoi figli del Giappone le presentano i loro oratori, minuscoli per ora, tirannia di locali e di mezzi che però benedetti da Lei dovranno fiorire in olezzanti giardini di bene e di rigenerazione sociale. Noi vediamo e vedremo ben pochi risultati del nostro lavoro, ma seminiamo, seminiamo instancabilmente… Altri mieterà.

Se dobbiamo prevedere dall’albeggiare il meriggio, c’è buon motivo a sperare. Non possiamo paragonare i nostri oratori a quelli d’Italia, né vogliamo entrare in gara. In molti casi l’Oratorio in Giappone è la camera del primo Oratorio di Don Bosco al Rifugio, col vantaggio che nella casa giapponese non essendovi mobili propriamente detti, diventa più capace, e accoccolati sui tatami (stuoie giapponesi) può pensare ai nostri ragazzi come le acciughe nei barili. A Takanabe in una saletta di non più di 60 mq tutto compreso, palco (al medesimo livello degli spettatori), tavolo per la macchina proiezioni, ecc. facciamo entrare da 150 a 200 ragazzetti… A Miyakonojo, quando non piove, per ristrettezza del locale si fa rappresentazione all’aperto… È più comodo, e d’estate si respira: per il prossimo inverno il Signore provvederà. Nelle altre residenze si dispone già di un modesto salone, che ogni domenica si riempie – battono sempre sui 200, trecento in generale, e noi li consideriamo tutti della famiglia oratoriana. Nostro scopo per ora è attrarli – trovino alla Missione cattolica modo di essere contenti e soddisfatti – vedendo nel missionario anche se straniero, l’amico che vuole il loro bene – vogliamo attrarli alla missione per consacrarli a Dio… Nessuno di loro, forse neppure uno si convertirà, ma divenuti grandi, padroni della loro libertà, responsabili di sé, passando vicino alla missione cattolica, non crederanno alle sciocche viete panzane che si vogliono far loro credere: “Missionari cattolici tagliano la testa ai fanciulli – strappano ai morenti il fegato per far medicine e così arricchire – sono qui per conquistare il Giappone”. Oh, no! Come fanno ora, saluteranno per via a piena voce il missionario come amico di antica data – come fanno ora, gli andranno incontro col loro ineffabile sorriso e col grazioso inchino gli diranno l’affetto riconoscente – più d’ora, conosceranno lo scopo del nostro lavoro, permetteranno ai loro figli di approfittarne, e forse essi stessi ne approfitteranno.

Come vede, amato Padre, è opera diuturna di trasformazione d’idee e di coscienze… restando giapponesi (e bisogna che restino tali), bisogna che questi tesori, che Dio ci ha affidati, diventino suoi, solo suoi e tutti suoi.

In missione il terreno è più sterile, più difficile a dissodare. Alla capitale, a Tokyo, penso, vi siano meno prevenzioni, pur essendovi non minori difficoltà: è il cuore giapponese, ed è detto tutto, ed è la capitale. Ad ogni modo gli inizi sono consolanti.

Da trecento a quattrocento la frequenza quotidiana all’oratorio – già ottanta iscritti alla scuola serale. Ed anche là si cerca di occupare tutto, salette, corridoi… Bene, Bene. Mi pare di vederla sorridere di contentezza, come facciamo noi. Poveri di spazio e di mezzi, come Don Bosco…

Meglio così: nel silenzio e nella speranza sarà la nostra fortezza. In questi gusci di noce, pigiati coi nostri giovani, ci si sente più vicini, cuore a cuore… Meglio così. Il piccolo, il miniato, il cesellato è caratteristica del Giapponese.

Ci aiutino Maria A. e Don Bosco al grande miracolo di cesellare queste anime e condurle a Dio.

E Lei, amato Padre… faccia scendere la sua benedizione copiosa su queste opere fondamentali per la vitalità della missione e dell’Opera salesiana nell’Estremo Oriente.

Suo aff.mo figlio

Don Vincenzo Cimatti, sales.




1 Manoscritto, pubblicato in B. S. Ottobre 1933.