Cimatti|Ricaldone Pietro/ 1936-11-15

1764 / Ricaldone Pietro /1936-11-15 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Miyazaki, 15 novembre 1936

Amatissimo Padre,

Eccole i nostri cari Don Liviabella e Merlino che portano i voti, le preghiere, i saluti di tutti. La loro venuta pur mettendoci in condizioni di difficoltà fu ben veduta ed approvata da tutti i confratelli, che volentieri si sono addossate le rispettive parti. Ne spero bene per loro, per i loro parenti, per la missione ed opera nostra, essendo anime buone. Don Liviabella pure al corrente di molte cose – vir simplex et rectus. La prossima preannunciata visita poi produrrà certo buoni frutti. Deo gratias! È da tempo che canterei volentieri il “nunc dimittis” pur rimettendomi con amore alla volontà di Dio.

Ed avendo occasione di inviare a mano l’acclusa è bene che Lei sia informata di molte nuove, che se da quando le missioni sono in Giappone ci sono sempre state, ora si vanno sempre più addensandosi, e non ci sarebbe da meravigliarsi di qualche brutta improvvisata.1

Il partito militare e chi ha interesse a che il cattolicismo non si propaghi, sotto la lustra che gli stranieri sono spie, tentano tutti i modi di screditarli – e siccome la massima parte sono missionari, è facile il passaggio: “I cattolici sono spie”, tramano contro lo Stato – falsano lo spirito giapponese, ecc., accuse vecchie, dei tempi di S. Francesco Saverio. Specialmente dove siamo noi, lontani dai grandi centri; si sentono naturalmente di più le accuse e le conseguenze. Lei conosce (ne hanno parlato i giornali e riviste “Civiltà Cattolica”) i provvedimenti della Santa Sede al riguardo – ma probabilmente anche per questo siamo in ritardo – e ci si crede poco.

Ci furono certo molte cattive direzioni (a vederle ora – allora non potevano far diverso) da parte dei primi missionari dopo le persecuzioni (cioè separazione dei cristiani dalla vita civile per la non comunicazione “cum paganis” – molto, troppo nazionalismo), ma in fondo, il vero fondo è o l’odio o l’ignoranza per Gesù.

Lei sa il disastro della missione di Kagoshima (Mons. Roy gliene avrà parlato), non vi sono più missionari ed i cristiani soffrono vera persecuzione, se non uso Nerone, uso Giuliano l’Apostata. Conclusione: forse alla fine del mese sarà nominato Prefetto un prete giapponese e qualche prete con lui sostituirà i frati, che o ritorneranno in Canada, o staranno in convento, o andranno in altra missione. Alla fine dell’anno sarà nominato Arcivescovo di Tokyo un giapponese.

Ma basteranno queste provvisioni ad acquietare gli allarmi dei militari?

Si dice che secondo il loro piano tutto il Kyushu verrebbe trasformato come base militare per tutto l’Impero, e quindi evacuazione di tutti gli stranieri.

Pare si sia detto in alto loco che si comincerà da Miyazaki, proprio la zona in cui c’è niente da difendere… Ad ogni modo il fanatismo della difesa nazionale fa vedere nemici che possono venire da ogni parte.

Può comprendere dunque che camminiamo sui rasoi – far troppo si dà nell’occhio – far nulla è male – stare nel giusto mezzo e mantenersi in equilibrio è difficile. Lei non può darsi l’idea dell’esosità della polizia del Giappone – i missionari (un po’ tutti nervosi) temono un giorno o l’altro di scattare… come già è avvenuto.

Come Lei sa, il partito militare ha la sua polizia speciale, lo Stato ha la sua speciale, ed in Giappone i poteri sono e legislativo e esecutivo e giudiziario e poliziesco.

Anche S. E. il Delegato Apostolico insiste: “Salesiani! Opere vostre, opere vostre nei grandi centri!”. Che ne avverrà? Siamo nelle mani di Dio. Ah, avessimo già dei buoni preti giapponesi!

Secondo problema sulla necessità di opere nei grandi centri è il problema del lavoro. Ogni missione giapponese, specie per le cose dette prima, non ha lavoro intensivo (non si può pescare con la rete), bisogna dunque per non morire, estendersi. Oh, da quanto attendo il Visitatore! Per me è il problema della vita spirituale dei confratelli… Ah! La missione, specie in Estremo Oriente, è davvero terribile. O vita di comunità – ed allora il lavoro è scarso – o vita isolata e allora gli altri inconvenienti.

Problema dei mezzi, difficili a reclutarsi in posto. Necessità di trovare basi per l’avvenire delle opere che valgano a proseguire: affidarle cioè a mani giapponesi. Su noi non si ha fiducia. Se fossi vicino potrei dire di più.

Come Le dissi, al momento attuale, sono solo. Uno che mi capisca e che condivida – pur alle volte lasciandosi cadere nello scoraggiamento – è il nostro Don Tanguy. Con gli altri parlo d’ufficio… ma… per cento e un motivo… sono tutti ottimi e cari confratelli. Oh, molto più di me, ma che vuole? Lei conosce.

Come già dissi: mi sono buttato nelle mani di Dio, mi pare completamente. Soffro, ed è meglio soffrir da solo, che far soffrire altri, che già hanno i loro cumuli di sofferenze per malattie, contrarietà dall’interno e dall’esterno, ecc.

Come già le dissi vedano i nostri Superiori di venirmi incontro con aiuti, se no, non so come fare, non so come fare ad alimentare i confratelli. Domando per il pane, non per altro.

Don Liviabella anche spiegherà, ma la realtà è che imploro un pronto aiuto. Mi butto filialmente nelle sue mani e mi dico

Suo aff.mo

Don V. Cimatti, salesiano

1 Il contenuto di questa lettera, se fosse stata mandata per posta sarebbe stato compromettente. Le lettere erano spesso controllate dai militari, che in questi anni presero il controllo del governo. La cacciata del Francescani da Kagoshima dimostra il pericolo a cui si andava incontro.