Cimatti|Ricaldone Pietro / 1936-11-7

1758 / Ricaldone Pietro / 1936-11-7 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Miyazaki, 7 novembre 1936

M. R. Sig. Don Ricaldone,

Grazie della sua carità premurosa. Le lettere che mi invia le avevo ricevute poco prima. Inizio del mese: mio rendiconto.

SALUTE: bene, ma non sono come prima: è naturale; tento di stare preparato perché penso che morrò senza dover disturbare troppi. Vedrà che il cuore, che mi ha sempre dato da fare in vita, sarà il [più] colpito… preghi per me.

LAVORO: Ormai tutto il mio lavoro e di quelli che hanno più responsabilità è concentrato nello sbarcamento vita. Non so come fare a provvedere ed aiutare convenientemente. Tale preoccupazione, che si risente fortissima da Don Tanguy, Don Carò e Don Cavoli, impedisce che si possa lavorare con tranquillità e frutto. Nervi tesi… si finisce coll’esaurirsi, non solo, ma col rendere dannoso il poco che si può fare. Quando poi penso che questo proviene dalla mia insipienza, ed ha i suoi riflessi nel campo spirituale dei confratelli e delle anime, accresce in me la forte persuasione della necessità in coscienza del domandato esonero. Non ho ancora scritto alla S. Sede in attesa del Visitatore da anni promesso e atteso. Per me credo nella visita ad un innovamento generale, se avrà pugni di ferro e non avrà fretta.

Quanto alla questione Osaka, arrepta occasione, ne accennerò a S. Ec. Per me (ma Lei sa che valga il mio parere) fu un’occasione buona perduta. Il Visitatore se ne convincerà. È necessario ed urgente espandersi nei grandi Centri. Non posso comunicare per lettera pensieri delicatissimi in materia, perché troppo spesso la nostra posta è controllata. Ad ogni modo fiat voluntas Dei. La nuova missione, vedrà, che è quella a Nord di Tokyo, non conosco né posti né persone: ma salesianamente bisogna sfondare i centri, come dissi prima 1.

Grazie del nuovo personale, che non conosco (salvo Don Bovio). Ah, fosse qui ora il Visitatore! Naturalmente si acuisce la questione materiale. Se i Superiori non mi aiutano, è débacle completa. Mi arrabatto in tutte le forme: ho già scritto al Signor Don Giraudi, per me non vedo altre vie.

a) O un prestito

b) O che si possa ottenere l’invio di quanto si può raccogliere in Italia. Poi vi è la via, la regia via della Provvidenza. Supplico dunque…

Per la PIETÀ, Ss. VOTI: nulla di speciale – Idem per il resto.

I confratelli generaliter bene di corpo – alcuni deboli o ammalati (Arri, Rodriguez, Paulin). Di spirito, lo sa il Signore.

Non riesco ad affiatare i missionari nella carità di Cristo. Il desiderio di fare del bene – e che questo riesca e sia veduto negli effetti, crea, non so se chiamarle, naturali gelosie, spirito di critica alle persone e alle opere. Per me non ci può essere benedizione di Dio, se non c’è la perfetta carità. Quid dicam? Prego – le mie parole unitive finiscono collo slegare di più – il Signore pigli me, mi tolga di mezzo, e tutto andrà bene.

L’uomo indicato (secondo me) per aggiustare la situazione è Don Tanguy – ma bisogna dar tregua agli animi per la questione materiale: per me confesso la mia impotenza assoluta nelle condizioni attuali, e lo stato delle cose si va aggravando ogni giorno più 2.

Invio Don Liviabella nella speranza che si possa realizzare qualche cosa. E domando fin d’ora l’autorizzazione di poter inviare nel prossimo anno 1937 Don Margiaria in America del Nord: ma ho bisogno per questo (mi dice Don Margiaria) del nulla osta del Rettor Maggiore.

Ed eccole le mie miserie materiali – ma sono superiori quelle spirituali, per le quali domando preghiere. Vero cencio e peggio. Confido però in Lui.

Per i voti e Ss. Regole nulla di speciale.

Sa solo il Signore quanto agonizzo per questo stato di cose, ma non faccio che ripetere il fiat voluntas tua, Domine.

Mi aiuti fortemente materialmente e non mi neghi (so che lo fa) preghiere speciali a Maria A. e a Don Bosco.

Mi butto come bambino nelle sue mani; mi aiuti in tutti i sensi.

Ossequi da tutti.

Suo

Don V. Cimatti


1 Sembra si volesse affidare ai Salesiani la provincia a nord di Tokyo: Urawa, che poi andò ai francescani canadesi espulsi da Kagoshima.

2 Si tenga presente che tra i missionari c’erano: Don Marega, Don Lucioni, poi Don Carò e anche Don Cavoli: persone impossibili a mettersi insieme; si pensi poi allo stato economico in cui si trovava Don Cimatti, che era stato costretto a usare parte dei soldi della missione per lo studentato, soldi che nonostante le ripetute richieste non sembra sia riuscito ad avere dai Superiori… Don Tanguy certo non sarebbe stato capace di fronteggiare la situazione.