Cimatti|Ricaldone Pietro / 1939-5-31

2287 / Ricaldone Pietro / 1939-5-31 /




LA MADONNA DI DON BOSCO IN GIAPPONE1


31 maggio 1939


Rev.mo ed amatis.mo Sig. Don Ricaldone,

Al chiudersi del mese di Maggio, anche i suoi figli del lontano Giappone, come modesto omaggio riassuntivo per onorare la Mamma celeste, vogliono parlare di Lei ai nostri cari Cooperatori e Cooperatrici.

Quando quattordici anni fa siamo arrivati in Giappone, era naturale e doveroso per noi propagare la devozione alla Madonna sotto il bel titolo di Ausiliatrice o di Madonna di Don Bosco.

Trovammo già il terreno preparato perché nelle cristianità giapponesi ab antiquo è fondamentale la devozione alla Madonna.

L’opera di evangelizzazione del Giappone, iniziata da S. Francesco Saverio il 15 Agosto 1549, festa dell’Assunzione di Maria, è sostanzialmente a base di preghiera e di catechismo, di devozione a Gesù Crocifisso e alla Vergine. Prima di tutto il Santo fa pregare i catecumeni e neofiti col segno della croce col Pater e Ave, affinché sappiano domandare a Dio l’accrescimento della fede e la grazia di osservare la sua legge. Fa’ loro recitare il Confiteor per abituarli alla confessione quotidiana dei peccati, dà loro in mano la corona del Rosario.

Non avendo altri oggetti di pietà a disposizione, S. Francesco dona ai primi cristiani piccoli sacchetti di seta, che contenevano scritto di sua mano il Credo o i SS. nomi di Gesù e di Maria.

Al primo convertito Michele, messo a capo della incipiente prima cristianità, dona un’immagine della Madonna ed una disciplina. L’immagine di Maria sarà buona medicina per le anime. “Quando voi desiderate il perdono dei peccati, inginocchiatevi davanti all’immagine e pregate Nostra Signora di ottenervi il perdono dal suo Figlio”.

La disciplina era per la sanità del corpo. “Se qualche cristiano o pagano è assalito dalle febbri, gli si diano dolcemente tre colpi di questa disciplina, invocando i santissimi Nomi di Gesù e di Maria, e l’ammalato guarirà”.

Alla sua partenza dal Giappone (1551) S. Francesco lascia quattro o cinque cristianità con circa duemila neofiti: piccole oasi nel gran deserto di anime, ma il seme è gettato. Accudito amorevolmente dai Padri della Compagnia di Gesù, e più tardi dai Francescani (1593), dai Domenicani (1601) e dagli Agostiniani, dà frutti ubertosi di conversioni, e Maria maternamente vigila sempre sul lavoro dei missionari.

Scoppia e infuria la persecuzione per 259 anni. Il lavoro di apostolato fatto dai missionari in profondità, poggiato sulla granitica base di Gesù Crocifisso, e nascosto sotto il materno manto di Maria, non perirà. La scintilla della fede è affidata alla fedeltà degli umili cristiani, difesa da un’organizzazione forte e semplice.

Anche nel tempo della persecuzione stringe sul suo petto la formula della fede e i SS. Nomi di Gesù e di Maria o sgrana devotamente la Corona del Rosario, questa ammirabile fonte, che non cessa di abbeverare le anime delle acque della grazia; anche in questo tempo la statuetta della Vergine (sia pure sotto le forme della Kannon buddista) orna le povere dimore dei perseguitati.

La Chiesa giapponese sembra annientata per la diuturna, sistematica lotta: ma non dispera; ben si può dire di Lei “in silentio et in spe erit fortitudo eius”.

La Società delle Missioni Estere di Parigi dall’anno 1844 invia i suoi missionari. Fra di essi Padre Forcade riesce a sbarcare, e mette il Giappone sotto il patrocinio del Purissimo Cuore di Maria.

Finalmente nel 1858 il Giappone apre i suoi porti alle potenze straniere, e con esse rientrano i missionari. A Nagasaki si erge la prima chiesa dedicata alla Regina dei martiri e ai martiri giapponesi: e così Maria riprende il possesso del suo trono, e vi chiamerà attorno i discendenti dei cristiani rimasti fedeli.

Ed essi si manifesteranno al missionario, proprio davanti alla statua della Madonna, che li riaffida così ai loro pastori.

È nota in Giappone la leggenda del martire Bastiano, cui si attribuiscono profezie, che sostenevano il coraggio e le speranze dei cristiani. “Guardate verso l’alto mare! Ecco i vascelli delle prue dipinti in nero, e coll’insegna e il nome di Maria sulle vele. Ritorneranno dopo sette generazioni i missionari: quelli che li ascolteranno saranno salvi. E allora potranno di nuovo in pubblico pregare e cantare i cantici di gioia”. E come è bello pensare ai tribolati cristiani del periodo delle persecuzioni, che dalle loro isole vanno esplorando sul vasto mare l’arrivo delle navi nere su cui sventola [al vento] il vessillo di Maria, e che devono portare i loro missionari!

Si può dire che presentemente la massima parte degli ordini e congregazioni maschili e femminili cooperano all’apostolato missionario, fiancheggiando i missionari propriamente detti e coadiuvandone gli sforzi con numerose opere scolastiche, di assistenza sociale e di beneficenza.

È naturale che tutti, nessuno escluso, propagano la devozione alla Madonna, secondo lo spirito delle rispettive istituzioni. Oh, il concetto di mamma, così caro e compreso dal cuore del giapponese, ha certo una grande efficacia nella propaganda cattolica. E Maria non è la mamma nostra? Non anche la mamma loro?

Anche i Figli di Don Bosco, benché ultimi arrivati nel lavoro dell’apostolato missionario in Giappone, non potevano non propagare la devozione alla “Madonna di Don Bosco”, non solo nella Prefettura Apostolica di Miyazaki loro affidata, ma anche per tutto l’Impero. Si sparsero statue, immagini, medaglie; si fece nota l’Associazione dei devoti di Maria A., aggregata canonicamente alla centrale di Torino; si istituirono associazioni religiose intitolate al suo nome, si celebrarono con solennità le sue feste; i sacerdoti fanno molto uso della benedizione di Maria A.; ed i nostri poveri cristiani concorsero nel modesto limite delle loro forze all’ampliamento della nostra cara Basilica; una delle nostre cappelle (Beppu) è dedicata al suo nome.

Dal canto loro le buone Figlie di Maria Ausiliatrice (che proprio il 24 di maggio fecero il loro ingresso in Tokyo) non stanno colle mani in mano, e gareggiano coi salesiani per amare e far amare la Madonna.

Anche le belle arti in Giappone cominciano a portare il loro contributo per onorare Colei che è tutta santa, tutta bella, ragione della nostra speranza.

Non è difficile sentirla lodare colle produzioni musicali dei massimi artisti musicali – già si fanno buone riproduzioni dei capolavori di pittura, e tentativi di lavori prettamente giapponesi in questo campo raccolgono il plauso e l’incoraggiamento di quanti sta a cuore il culto della Vergine santa, anche come mezzo fondamentale di apostolato, essendo Maria la Regina degli Apostoli.

Oh, desidereremmo di essere tutti altrettanti Don Bosco per propagarne la devozione, il culto, e più per sentirne i benefici effetti.

Preghi per noi amatis.mo Padre e ci benedica.

Don V. Cimatti



1 R. M. 931: manosc. inedito.