550 rincaldone


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1.1 550 /Ricaldone Pietro / 1930-3-10 /

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a Don Pietro Ricaldone, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani



Miyazaki, 10 marzo 1930

Mio Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,


Conforto, gioia, speranza si riversano alla lettura della sua carissima e più un senso di viva riconoscenza per le preziose norme, su cui tutti ci modelleremo per fare sì che tutto proceda bene.

Riconoscenza speciale per parte mia che più di tutti sento di averne bisogno, per non rovinare le cose. Che vuole? Il Signore mi ha dato un cuore che si effonde troppo e fanno specialmente per me le osservazioni ultime che già ho cominciato ad attuare.

Grazie del bene fatto all’anima mia, e come sempre, intendo (perché è in me sentito e preciso dovere) rinnovarle la persuasione della mia inettitudine e pregare i Superiori a buttarmi in un canto come minimo gregario.

Ho ricevuto la Provvidenza di cui Lei fu ministro e per qualche mese tireremo avanti. Ho cieca fiducia nella Provvidenza che deve in quest’anno darmi i mezzi di togliere i nostri chierici dalla situazione in cui sono: la presente non può essere casa di formazione e per la strettezza del luogo (ci liberi Gesù dal gran caldo pel bene delle anime dei confratelli) e per essere sulla pubblica via, avendo di fronte bettole, e per la privazione di tante cose.

È bene che sia cominciato così, ma non si può continuare. Le ho già detto che per me confido poco negli aiuti di Don Torquinst – me li auguro conformi al necessario, ma temo il superfluo e più le viste particolari dell’individuo, che potrebbero portarci in campi da cui non so come faremmo a cavarci. E con me la pensa così anche Don Piacenza.

Ad ogni modo siamo tutti strumenti nelle mani di Dio che sa quanto abbiamo bisogno. Farò del mio meglio e faremo tutti del nostro meglio, ma mio amato Sig. Don Ricaldone, accoglienza fraterna, affettuosa, non saprei far altro – più le comodità possibili in Giappone.

Non posso, né so far altro.

Creda, amatissimo Sig. Don Ricaldone, per me (sono matto, vero?) ho paura (non so perché) dei denari di Don Torquinst. E glieli ho domandati e sarò obbligato a domandarli, ma ho paura per la Congregazione. Il Signore sa e farà fare le cose per il bene.

Per ora le residenze sono a posto ed il lavoro procede. Lei mi parla di stasi, ma se si lavora, il lavoro si moltiplica e in Giappone ciò che porta via molto è il lavoro singolo, non potendo essere troppo forte quello in massa.

Certo, fra due anni tutti i missionari saranno ben sollevati. Ma Lei ci aiuti.

Insisto fin d’ora, pensi in tempo al nuovo personale pel prossimo anno.

        1. Almeno un buon prete,

        2. Almeno due buoni chierici che debbano fare il tirocinio e che possano far scuola (pensi che trasportandosi a Takanabe la casa, non si può andare su e giù tanto facilmente).

        3. Un buon coadiutore o due (ci vorrebbe un panettiere e uno di campagna).

        4. Almeno 8 chierici per il primo anno di filosofia.

Amatissimo Sig. Don Ricaldone, la ricordiamo tutti tutti tutti e la ringraziamo di quanto ha fatto e fa per noi. Ma ricordi che pel Giappone, più si tarda e più non arriveremo a influire neppure indirettamente sulla marea proletaria operaia che avanza rapidamente. Preghi e faccia pregare per la sbudellata missione perché ha alla testa un gnocco come

Don Vincenzo Cimatti, sales.


P.S. - Per le notizie dolorose della Cina mi sono messo a disposizione: se per rifugio o in altra forma possiamo essere utili, eccoci pronti a tutto. Fra una decina di anni, se non prima, la volta sarà del Giappone. Deo gratias per chi ci sarà.