Cimatti|Mooney Edward / 1932-10-8

1006 /Mooney Edward / 1932-10-8 /


a S.E. Mons. Edward Mooney, Delegato Apostolico



Takanabe, 8 ottobre 1932

Eccellenza Reverendissima,

Quanto al quesito che mi fa sul proporre cioè alla S. Congregazione l’elevazione della Missione a Prefettura, quid dicam?

Ci capisco così poco in queste questioni!… Ad ogni modo per essere sincero già ne parlai ai Superiori che promisero di studiare la questione – cioè presentai ai Superiori l’idea sull’opportunità della separazione dei poteri ecclesiastici e religiosi, perché tante cose che devono essere tenute separate, nel regime attuale è assai difficile.

Ma attualmente l’opera salesiana come tale ha poco o nulla, e dubito non sia vicino il tempo dell’espansione fuori della missione, né forse siamo bene preparati a farlo, benché il desiderio grande ci sia non solo in noi, ma in vari Ecc. Ordinari, che già intavolarono pratiche coi Superiori, pratiche purtroppo rimaste arenate, perché i Salesiani sono poveri assai.

Quindi non so che ne pensino. È vero che non si oppone all’erezione in Prefettura l’unione dei poteri, ma per me sono sempre del parere che quando una cosa si deve fare, è meglio farla subito.

Personalmente non ne comprendo la necessità (sull’opportunità non saprei decidere). Siamo ancora in pochi, il lavoro non è ancora eccessivamente sviluppato e non ne siamo ammazzati. L’elezione del Prefetto porta con sé naturalmente un riordinamento, ma volere o non volere è un sottrarre uno, che ha sì l’alta autorità, ma a cui non si può affidare lavoro fisso; porta con sé spese, che al momento attuale – mentre lottiamo per i debiti, ecc. – sarebbero un vero aggravio per la missione, con quale reale vantaggio non vedrei…

Non essendovi il Prefetto, quando si vuole fare una festa si invita un Vescovo – è una novità, è un onore, tutti ne sono ammirati ed ha un significato la pompa esterna, e tutti sono contenti.

Ed ora Le apro candidamente il cuore, né vorrei pensasse male, o che Don Cimatti volesse mettere le mani avanti, o che immagini che si pensi a lui nel caso di una nominazione. No, no… Sarei ben piccino e senza testa. Ma è per dirLe schiettamente quanto direi a V. E. e a Roma in quell’occasione.

È da anni che Don Cimatti insiste per essere tolto dalla tortura in cui si trova, presso i Superiori suoi – e stavo proprio in questi giorni per rinnovare formale domanda.

In coscienza, data la mia incompetenza in omnibus (e prego l’E. V. a credermi) e la mia impreparazione a cariche di responsabilità, devo insistere a che mi si tolga da queste contraddizioni. Ho pregato sempre i Superiori a darmi qualsiasi lavoro in qualsiasi posizione ausiliare e mi sembra che grazie a Dio farei del mio meglio per compiere il mio dovere.

Per l’attuale posizione – peggio poi per l’altra – nell’ipotesi infelice che si pensasse al sottoscritto – ci vuole polso fermo, iniziative, ecc.

Date le convinzioni che ho del mio essere, per me lascio in pratica fare quello che suggeriscono gli altri, perché ho la convinzione che fanno e pensano assai meglio di me. E questo non è governo – lo vedo e lo vedono gli altri – e allora? Le parrà superbia – pensi come V. E. crede. Farei di tutto per non accettare, ed insisto con tutte le forze presso i miei superiori.

V. E. risponderà: “Caro Don Cimatti, le ho domandato una cosa e lei finisce in un’altra che non riguarda né me, né lei, non essendo lei chiamato alla nomina!”.

Per aprirLe l’animo dovevo naturalmente cadere in questo problema, che Le dimostra d’altra parte la piccineria di questo povero religioso. Ma siccome mi pare che in questione non c’entri l’obbedienza, così ho voluto manifestarLe l’animo mio, e intorno alla necessità della cosa e intorno all’altro problema, che avrei fatto meglio lasciare nella penna.

Ad ogni modo prego nel caso l’E. V. ad aiutarmi. Nonostante quanto Le ho detto, creda che davvero non so valutare troppo sulla necessità e convenienza della cosa.

L’E. V. faccia liberamente nel Signore. In ogni caso l’opposizione (se si può chiamare così) di Don Cimatti è relate ad personam non ad rem.

Abbia la bontà di scusare se nell’esprimere lo stato d’animo mio ho oltrepassato i limiti della convenienza – ben altro avrei da dirLe di me.1

Mi benedica e preghi per questo povero prete. Dell’E. V. Rev.ma:

Don V. Cimatti, sales.



1 Nella risposta a Don Cimatti S. E. il Deleg. Apost. (12 ottobre 1932) dice fra l’altro: “Adesso mentre la ringrazio del parere espresso, dirò francamente che di mia propria iniziativa non farò niente in proposito. Sono sempre pronto però ad appoggiare una tale eventuale proposta da parte loro…”.